Relazione Medico (verona)

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1 2 3 4 5 Infatti in molte realtà territoriali, compresa la mia, le ASL non hanno ottemperato alla norma che prescrive l’apertura di canali privilegiati per l’accesso a visite specialistiche o esami strumentali. Questa situazione può, in certi casi, rallentare una diagnosi. 6 7 Perché non è più solamente un rapporto medico paziente avente per oggetto la diagnosi e la cura, ma si passa dalla gestione della malattia a quello dello stato di salute, ossia al benessere dell’utente. 8 9 10

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Circa il 4% della popolazione anziana sia non autosufficiente. L’utente tipo ha

un’elevata comorbilità ed una polifarmacoterapia, con uno stato di salute

precario a rischio di fluttuazioni rapide dello stao di salute con spiccata

tendenza a sviluppare complicanze (scompenso a cascata). Astenia e adinamia

non completamente giustificate dalle singole patologie presenti. Rischio

iatrogeno. Lento recupero. Frequente richiesta di intervento medico con

ospedalizzazione. Povertà e solitudine.

Un paziente generalmente ignorato dalla medicina tradizionale perché poco

gratificante, scomodo, costoso.

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Infatti in molte realtà territoriali, compresa la mia, le ASL non hanno

ottemperato alla norma che prescrive l’apertura di canali privilegiati per

l’accesso a visite specialistiche o esami strumentali.

Questa situazione può, in certi casi, rallentare una diagnosi.

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La presenza del medico va prevista obbligatoriamente, ma la

condizione irrinunciabile è che, qualunque sia la provenienza e la

condizione del medico, questi abbia un rapporto di corresponsabilità

formale con la direzione della residenza e non da altre direzioni, quando

opera all’interno della RSA, anche se la sua provenienza è

dall’ospedale, dalla ASL o dalla medicina di base. La “reperibilità”

medica non può essere considerata sufficiente agarantire l’attività

sanitaria richiesta in RSA e può essere ammessa solo per orari e

interventi di tipo straordinario (notturni, festivi).

Perché non è più solamente un rapporto medico paziente avente per

oggetto la diagnosi e la cura, ma si passa dalla gestione della malattia a

quello dello stato di salute, ossia al benessere dell’utente.

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Per sensibilità, intelligenza e cultura geriatrica si intende, per esempio, essere

vicini e dare sollievo alle famiglie che vivono il senso di colpa di che è

costretto a ricorrere al ricovero in struttura dopo aver provveduto a prestare

direttamente assistenza del proprio caro; affrontare caso per caso le diverse

situazioni senza ledere la dignita e libertà dell’individuo malato (Trabucchi). È

importante anche la preparazione clinica, culturale, psicologica di fronte alle

persone morenti, perché la morte fa parte del mondo culturale della geriatria.

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Tutto quanto detto comporta il passaggio da un approcio bio sanitario a quello

bio-psico-sociale come richiama l’Art. 3 del codice deontologico medico, a

testimonianza della valenza assoluta di questi principi in campo medico, a

prescindere dai vari contesti.

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Il lavoro medico porta a crescenti specializzazioni e frammentazione

dei compiti assegnati ai singoli sanitari per un singolo trattamento

(équipe). Esempio: nel caso di un intervento chirurgico, possono essere

coinvolti più medici specialisti, ognuno dei quali investito del proprio

compito. In questo caso, come sono individuate e ripartite le

responsabilità? Un principio che ci viene in aiuto, adottato dalla

giurisprudenza e dalla dottrina, è quello dell’affidamento, secondo il

quale ciascun componente dell’équipe medica può legittimamente

fidarsi delle competenze specialistiche dei colleghi. Esempio, il

chirurgo farà affidamento sulla competenza del cardiologo per le

valutazioni preoperatorie. Un limite a questo “affidarsi” è quello dei

principi generali dell’arte medica, quindi un medico potrà essere

dichiarato corresponsabile degli atti compiuti da un collega quando

questi erano riconoscibili come sbagliati da un professionista medio.

La responsabilità all’interno dell’équipe medica può essere orrizzontale

o verticale. La prima si ha quando i componenti l’équipe sono di pari

livello gerarchico. La seconda quando c’è un capo. Esempio: l’ex

primario è responsabile oltre che della sua condotta anche di quella dei

subalterni, in quanto suo compito è la vigilanza sull’attività e sulla

disciplina del personale sanitario, la formulazione della diagnosi

definitiva e l’indirizzo e la verifica sulle prestazioni di diagnosi e cura

nel rispetto dell’autonomua del personale assegnatogli. È il garante dei

suoi pazienti.

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È difficile individuare con precisione i confini delle responsabilità

del medico all’interno di un’équipe interdisciplinare in cui è l’unica

figura medica presente. Questo perché le responsabilità che

insorgono in capo all’équipe ospedaliere non possono essere

assimilate a quelle che insorgono in capo a quelle operanti in RSA,

in quanto nelle seconde è coniugata l’opera del personale medico a

quello di estrazione socio assistenziale ( es: educatore) e quindi

l’attività sanitaria è completata dalle prestazioni di altro personale

socio sanitario con compiti diversi. Inoltre giurisprudenza e dottrina

non forniscono un grande contributo e manca una normativa

nazionale di coordinamento. Dire che è difficile individuarne i

confini, non vuol dire non sapere che la responsabilità della

diagnosi e della cura è tutta sua, non potendola condividere con

nessun altro. Quindi è responsabile esclusivamente del proprio

operato, anche in virtù del fatto che i vari componenti dell’équipe

godono di pari dignità e che generalmente la responsabilità

complessiva dell’operato dei vari professionisti è posta in capo ad

un coordinatore responsabile.

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Ritenendo che il medico sia responsabile esclusivamente del proprio operato,

propongo, per interpretazione analogica, una soluzione basata sulla

ripartizione orizzontale delle responsabilità e sul principio dell’affidamento.

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Ma dire che il compito di diagnosi e cura, e la relativa responsabilità, è tutto

suo, non vuol dire che non si possa fare qualcosa per “garantire” un maggior

grado di precisione, di successo, diminuendo così lo stress “da prestazione”.

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La VMD può essere fatta con strumenti di prima generazione (utilizzando

varie scale geriatriche a seconda delle caratteristiche dell’anziano: ADL,

Barthel, Tinetti, MMSE; UCLA….) oppure di seconda generazione (es:

VAOR; VALGRAF; SVAMA) che hanno il pregio di essere omnicomprensivi,

evidenziano le cause consentono la diagnosi eziologica e sono finalizzati alla

pianificazione dell’assistenza. Inoltre sono specifici per i diversi ambiti

assistenziali.

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La VMD tiene conto delle malattie presenti e o passate e anche de contesto

socio ambientale, deklle peculiarità psichiche, funzionali, e della terapia

assunta per gli effetti collaterali.

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Tale metodologia trova fondamento nel fatto che la VMD non

può prescindere dalla collaborazione tra più figure

professionali.

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