RELAZIONE Individuazione delle procedure da adottare per ... · privato (Astrazeneca, Solvay,...
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46100 Mantova
tel. 0376 432565
fax. 0376 432563
www.provincia.mantova.it
Comitato Unico di Garanzia
per le pari opportunità, la valorizzazione del
benessere di chi lavora e contro le discriminazioni ai
sensi della legge 04/11/2010 n. 183
RELAZIONE
Individuazione delle procedure da adottare per attivare forme di telelavoro
presso la Provincia di Mantova
Il Comitato Unico di Garanzia
La Provincia di Mantova nel settembre 2011 ha istituito il "Comitato unico di garanzia per
le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le
discriminazioni".
Il CUG, i cui componenti restano in carica 4 anni, sostituisce il Comitato per le Pari
Opportunità e il Comitato Paritetico sul fenomeno del mobbing.
Opera in stretto raccordo con il vertice dell'amministrazione ed esplica le proprie attività
nei confronti di tutto il personale dell'ente; è formato da componenti designati da ognuna
delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e da un uguale numero di
rappresentanti dell'Amministrazione, nonché da altrettanti componenti supplenti.
L’operato del CUG parte dal principio secondo il quale un contesto lavorativo improntato al
benessere dei lavoratori e delle lavoratrici è elemento imprescindibile per garantire il
miglior apporto sia in termini di produttività, efficienza organizzativa e qualità dei servizi
resi che di affezione al lavoro e senso di appartenenza.
I Compiti del CUG, stabiliti dall’art. 57 del d. lgs. 30/03/2001 n. 165, e ulteriormente
specificati dalla direttiva emanata dai Dipartimenti della Funzione Pubblica e per le Pari
Opportunità del 4 marzo 2011, consistono in:
- promuovere e sostenere i principi di parità, pari opportunità e tutela nei confronti di
qualsiasi discriminazione (di genere e non);
- favorire l'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico attraverso la realizzazione di
un ambiente di lavoro caratterizzato da benessere organizzativo e rispetto dei principi di
pari opportunità;
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- proporre piani per favorire l'uguaglianza sul lavoro tra uomini e donne e la cultura della
parità, le politiche di conciliazione vita e lavoro, il benessere lavorativo e interventi quali
indagini di clima, codici etici e di condotta;
- formulare pareri su: progetti di riorganizzazione dell'amministrazione di appartenenza,
piani di formazione del personale, orario di lavoro (flessibilità e orario di lavoro, part-time,
congedi, formazione, progressioni di carriera), interventi di conciliazione tra tempi di vita e
tempi di lavoro, criteri di valutazione del personale, contrattazione integrativa sui temi che
rientrano nelle proprie competenze;
- verificare i risultati delle azioni e dei progetti in materia di conciliazione vita e lavoro, gli
esiti delle azioni di promozione del benessere organizzativo e di prevenzione del disagio
lavorativo, delle azioni di contrasto alle violenze morali o psicologiche nel luogo di lavoro,
interventi di contrasto ad ogni forma di discriminazione nelle condizioni di lavoro, nella
formazione professionale, negli avanzamenti di carriera e nella sicurezza sul lavoro.
Nell’ambito delle proprie prerogative, il CUG in data 27/03/2013 con nota prot. n.
11/CUG/RIA/2013/U ha trasmesso al Presidente della Provincia, al Direttore Generale ed
al Segretario Generale la Relazione annuale 2012 contenente il Piano d’azione per
l’annualità 2013: tale piano d’azione prevede, tra gli ambiti d’intervento, il tema
dell’«approfondimento rispetto a modalità operative per rendere concreto il ricorso a forme
di telelavoro».
Il telelavoro
Per quanto concerne la Pubblica Amministrazione, il telelavoro trova una sua puntuale
definizione all’art. 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70.
Per "telelavoro" si intende la prestazione di lavoro eseguita dal dipendente di una delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di
lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di
tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che consentano il collegamento
con l'amministrazione cui la prestazione stessa inerisce.
Esperienze di telelavoro
Numerose sono le esperienze di telelavoro maturate in questi anni nella Pubblica
Amministrazione.
Lo studio predisposto per conto della Consigliera di Parità Regionale e di Regione
Lombardia nel 2009, dal titolo “Strumenti di conciliazione lavoro-famiglia: dalle esperienze
alle proposte - Il telelavoro e il lavoro mobile”, a cura di Anna M. Ponzellini, ha selezionato
nove esperienze di telelavoro, di cui cinque nella Pubblica amministrazione (Provincia di
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Milano, Provincia di Torino, Comune di Cremona, Inail; Università di Verona) e quattro nel
privato (Astrazeneca, Solvay, Boehringer-Ingelheim, Cna di Bologna).
Sono peraltro state acquisite le esperienze di Regione Lombardia, Provincia di Bergamo,
ASL della provincia di Mantova, solo per rimanere in Lombardia.
Le sperimentazioni avviate sui territori circostanti hanno previsto interventi di telelavoro
misti in cui il lavoratore svolge parte della prestazione lavorativa presso la propria
residenza/domicilio e parte presso la sede di ufficio prevedendo così una suddivisione
dell’orario di lavoro settimanale.
In particolare, l’Asl della provincia di Mantova ha avviato il telelavoro in via sperimentale
internamente all’Ente avvalendosi dei finanziamenti ministeriali ex art. 9 legge 53/2000
“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi della città”.
Gli interventi di telelavoro attivati in Asl, conclusi alla data del 31/12/2013, sono stati
cinque tra cui un’azione ha coinvolto un profilo dirigenziale.
Peculiare, per quanto maturato all’interno di una Provincia Autonoma, è l’esperienza della
Provincia di Trento.
La Provincia Autonoma di Trento nella sperimentazione ha previsto il coinvolgimento
iniziale e costante, durante le successive fasi progettuali, di dirigenti e dipendenti
attraverso la rilevazione di motivazioni, bisogni e orientamenti verso il telelavoro. La
Provincia di Trento ha individuato indicatori misurabili e certi che sono stati monitorati dal
Gruppo di lavoro ex ante, in itinere e ex post.
I contenuti dello studio della Consigliera di Parità Regionale
Secondo i dati della Commissione europea, il telelavoro è in costante crescita in tutto il
mondo: in Europa ha superato i 9 milioni di lavoratori mentre negli Stati Uniti sono già oltre
15 milioni. In Italia, i telelavoratori stimati sono solo 800 mila, la percentuale di
telelavoratori sul totale è la più bassa dei Paesi UE.
Eppure, dallo studio emerge che il telelavoro determina vantaggi per tutti.
Il telelavoro comporta benefici significativi per le imprese, le amministrazioni, i lavoratori.
I principali benefici per le imprese e le amministrazioni sono rappresentati dalla flessibilità
organizzativa, dall’aumento della produttività, dall’aumento della motivazione dei
dipendenti.
I benefici per i lavoratori sono ancora più evidenti. I principali: riduzione del costo e del
tempo di trasporto, opportunità per residenti di aree di difficile mobilità, flessibilità d’orario
(non sempre), migliore equilibrio tra vita professionale e vita familiare.
I benefici per la società e per l’economia sono decisamente importanti: riduzione della
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congestione del traffico, riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico, un
ponte verso il lavoro per persone con difficoltà (soggetti svantaggiati, persone con familiari
disabili, genitori con bambini da curare).
I benefici per i genitori: lavorare da casa, in tutte le modalità, è comunque una opportunità
importante per chi ha impegni di cura difficili da delegare, lavorare con tecnologie mobili e
orari flessibili consente di non abbandonare il lavoro, rientrare presto dalla maternità,
evitare il part-time alle donne che hanno un figlio, Internet, i business networks, le
professional communities consentono comunque alle donne che lavorano a distanza di
evitare l’isolamento, mantenere i rapporti con i colleghi, coltivare relazioni professionali,
ampliare il proprio mercato, sviluppare le proprie competenze.
Perché in Italia si è diffuso così poco?
Le ragioni sono diverse. Da un lato il tessuto economico italiano è formato in larga misura
da piccole e medie imprese: questo da un lato significa che le imprese sono già molto
distribuite sul territorio (questa è in altri Paesi una delle ragioni della creazione di “uffici
satellite”), dall’altro significa che si tratta di imprese dove vi è maggiore difficoltà a studiare
sistemi di telelavoro, che potrebbero alla fine riguardare un numero molto esiguo di
dipendenti. Nel caso delle piccole imprese, tra l’altro, è possibile che gran parte del
telelavoro sia informale, ovvero che l’incidenza sia maggiore ma non venga rilevata.
Una seconda ragione, più preoccupante, è che il telelavoro non si è diffuso proprio nel
settore che all’estero, e soprattutto in Usa già dagli anni 80, ha la più alta incidenza di
telelavoratori, ovvero la Pubblica amministrazione. Qui il ritardo è più evidente ed è dovuto
a molti fattori: arretratezza tecnologica, difficoltà all’innovazione organizzativa, ruolo e
cultura dei capi affliggono la gran parte (non tutti) dei luoghi di lavoro pubblici. Questa
situazione penalizza soprattutto le donne, che nella P.A. sono presenti in larga misura e in
grande maggioranza proprio sulle posizioni amministrative che sono ampiamente
telelavorabili.
Una terza ragione viene dallo studio attribuita ad un certo atteggiamento sindacale ed al
“modo con cui si rapporta con tutte le novità che emergono dal mondo del lavoro per la
minaccia che l’innovazione comporta per il suo consolidato modello di rappresentanza. Nel
criticare il telelavoro come modo di lavorare che penalizza le donne perché “impedisce di
socializzare” o “le riporta a casa”, è facile scorgere il timore che il venir meno del luogo
tradizionale del lavoro – la fabbrica fordista – e forse anche del tempo tradizionale del
lavoro – l’orario standard giornaliero – metta in crisi la sua capacità di contattare i
lavoratori (anche per loro “a vista”), di organizzarli e di controllare il lavoro”.
Lo studio evidenzia infine i risultati dell’indagine svolta, dalla quale emergono esperienze
di successo e criticità.
Tralasciando per brevità gli aspetti riguardanti le imprese private, importa qui segnalare
che lo studio registra passi avanti significativi fatti anche da alcune amministrazioni
pubbliche e società per azioni a capitale pubblico, come alcune amministrazioni locali (le
Province di Milano e Torino, il Comune di Cremona, l’Università di Verona), l’Inail, le Poste
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italiane. “Chi parla di soluzioni onerosa per la pubblica amministrazione, sbaglia: i costi
sono davvero contenuti, basta l’Adsl e un software per collegarsi all’intranet”.
Inoltre, alcuni lavori si possono fare off-line: questo amplia di molto la platea dei potenziali
fruitori, come è successo all’Università di Verona dove “il telelavoro si è esteso da benefit
per le emergenze conciliative ad opzione possibile – naturalmente solo per alcuni giorni la
settimana - per tutti i lavoratori che hanno problemi di distanza dalla sede. Sfruttando il
fatto che non tutti lavoravano nello stesso momento, almeno in una prima fase è stato
possibile la condivisione di personal computer e connessioni flat rate”, commenta Donata
Gottardi, ordinaria di Diritto del Lavoro presso l’università e ideatrice del progetto.
Ma allora qual è il problema? “Il telelavoro stravolge la cultura organizzativa del settore
pubblico: timbratura del cartellino, presenza, contatto diretto, lavoro per adempimenti...”.
Ma non solo, aggiungiamo noi dopo le interviste, molti dirigenti pubblici a volte non hanno
proprio idea delle possibilità della tecnologia, amplificano problemi semplici, sopravalutano
i costi. “E’ un peccato che a volte non ci sia sensibilità e competenza necessaria da parte
delle amministrazioni, visto che in parecchi casi col telelavoro si potrebbe andare anche
oltre i problemi strettamente connessi alle esigenze di conciliazione e risolvere i casi della
mobilità difficile, penso per esempio ai e alle dipendenti che abitano in zone isolate”,
commenta Clara Bassanini di Pari e Dispari, alla luce di una esperienza pluriennale nel
campo della consulenza agli enti locali sulle politiche di genere.
E’ molto diversa la situazione delle aziende e amministrazioni pubbliche che hanno
introdotto il telelavoro: l’obiettivo iniziale è sempre di tipo sociale: “Si introduce per
permettere ai dipendenti che hanno dei problemi di conciliazione, di alleviare la loro
situazione di disagio”, commenta Enrico Chiais, dirigente della Provincia di Torino che ha
attivato alcune postazioni da casa e quattro telecentri per le dipendenti con problemi di
famiglia (in genere si tratta di assistenza di anziani o disabili, visto che l’età media nella
amministrazione non contempla che pochi casi di maternità). Questo significa stare anche
dentro le strette compatibilità del negoziato col sindacato: telelavoro come diritto per
alcune/i, magari anche a scapito della produttività della mansione. Non che sia sbagliato in
sé, anzi. Però forse è sbagliato che sia negato ad altre occupazioni dove magari i ritorni in
termini di produttività sarebbero più alti perché “non ci sono le condizioni soggettive”.
Insomma, come già a suo tempo il part-time, il telelavoro nelle amministrazioni pubbliche
nasce lontano da obiettivi di produttività e di mercato dei talenti, nasce già dall’inizio come
“costo” tecnico-organizzativo, piuttosto che come obiettivo di performance.
Analogamente, dal punto di vista delle modalità di lavoro, nel pubblico il telelavoro sarà più
spesso quello “strutturato”: full-time, estremamente regolato sui tempi e sulle procedure,
concesso solo agli “aventi diritto”, in quanto presentano caratteristiche precise di difficoltà
per la conciliazione, e lungo una precisa lista di priorità: bambini fino a 8 anni, anziani e
disabili, distanza dal luogo di lavoro. Questo spiega anche perché gli ambiti di
applicazione nel pubblico appaiano spesso “prudenti”: preferenza per il lavoro on-line da
casa o per i telecentri - dove il lavoro si svolge esattamente come nell’ufficio centrale – per
la Provincia di Torino; solo per situazioni di emergenza – e durata massima un anno – per
Inail. Alla fine è legittimo chiedersi - qualcuno lo fa – quale sia il reale impatto sulla
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conciliazione: “Forse poco, a queste condizioni: servirebbero altri strumenti, come la
flessibilità degli orari”, commenta Chiais (Provincia di Torino).
In conclusione, una riflessione va fatta – e, come abbiamo visto, tra gli addetti ai lavori è
già in corso - sul telelavoro pubblico. Sempre tenendo fermo l’obiettivo del favorire le
personali esigenze dei/delle dipendenti di migliorare l’equilibrio delle loro vite, bisogna
prendere atto che la rigidità del modello tradizionale di “lavoro a casa” (o in sedi
decentrate) aiuta troppo poco. Le tecnologie già ora permettono di andare anche nelle
organizzazioni pubbliche verso le forme più flessibili del lavoro mobile: basta avere il
coraggio di fare il passo successivo.
Col lavoro a distanza l’assenteismo cala, la produttività aumenta.
Tutti gli intervistati concordano sul fatto che l’assenteismo dei dipendenti in telelavoro si
riduce di molto: anche in caso di malattia lieve, visto che non deve uscire di casa, il
lavoratore spesso non interrompe il lavoro e comunque più difficilmente chiede permessi
per le malattie dei bambini o altre ragioni: il progetto e.work (Provincia di Milano) segnala
che tutti i dirigenti giudicano positivamente l’esperienza, tra l’altro perché “diminuiscono le
assenze della lavoratrice-madre, in quanto può autogestirsi le emergenze”, anche Enrico
Chiais, dirigente della Provincia di Torino che ha attuato una sorta di decentramento verso
uffici periferici (anche comunali) per aiutare i/le dipendenti con problemi di famiglia, si dice
soddisfatto dell’esperienza “perché diminuendo i disagi si sono ridotte le assenze”.
L’aumento della produttività viene in molti casi anche da cambiamenti importanti nel
rapporto col lavoro. “L’autonomia nella organizzazione del lavoro ha fatto aumentare la
motivazione e la soddisfazione delle dipendenti coinvolte e prodotto un oggettivo
miglioramento qualitativo e quantitativo della prestazione lavorativa”, ci dice Fabricatore
(Astrazeneca) mentre alla Provincia di Milano, il monitoraggio finale dei risultati è ancora
più esplicito: le lavoratrici non solo hanno avuto vantaggi di flessibilità ma “constatano il
rafforzamento della responsabilità e il miglioramento della capacità di autodisciplinarsi e di
auto organizzarsi: in pratica, un risultato importante in termini di crescita dell’autostima”,
come scrive Scaldalai.
Quando è misurabile comparativamente, anche il rendimento medio del lavoro aumenta. Il
caso più eclatante, in Italia è quello di Poste italiane che ammettono aumenti del
rendimento dei lavoratori in remote working fino al 30% e cali dell’assenteismo fino al
25%. Per non parlare del fatto che dove il telelavoro è diffuso a livello di massa, calano di
molto anche i costi aziendali per gli spazi immobiliari e i costi di trasporto (e la perdita di
tempo) dei dipendenti: British Telecom, per fare un esempio, dopo dieci anni di telelavoro
ha risparmiato 300 milioni di euro di spesa per gli immobili e 1.800 anni di tempi di
trasferta per il personale. Ma anche se piccolissima scala, l’effetto è molto evidente: “Per
un programmatore come me, lavorare da casa ha vantaggi indubbi dal punto di vista della
concentrazione, visto che in ufficio le interruzioni telefoniche e fisiche erano continue..”, ci
racconta Franco G. che lavora per una azienda di produzione software.
Secondo alcuni modelli, il 60% del lavoro che si svolge nelle aziende potrebbe essere
eseguito tranquillamente da casa, con tutti i criteri di sicurezza e privacy che le attuali
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tecnologie permettono. Eppure la semplice analisi empirica mostra che non è solo
questione di tecnologia, ma anche di cultura. La cultura della presenza e del tempo è dura
a morire: sono pochi i dirigenti che quando chiamano una delle persone con cui lavorano e
sentono che è in giro non lo considerano un problema, anche se qualcuno c’è: “quando
questo succede penso semplicemente che magari lavorerà a mezzanotte cercando un
equilibrio personale tra impegni familiari e di lavoro”, afferma il manager di una
multinazionale americana dell’informatica.
Da noi, persino nelle aziende informatiche, le cose sono diverse. Una delle nostre
testimonianze riguarda un lavoratore informatico, che gestisce sistemi da remoto (le
aziende-clienti sono all’estero), fa quindi un’attività che non prevede la presenza fisica in
azienda. Per gravi problemi familiari ha chiesto di poter lavorare da casa – il lavoro
sarebbe esattamente lo stesso – ma si è sentito rispondere che l’azienda non è d’accordo,
perché teme che tutti potrebbero restare a casa “a farsi i loro porci comodi”. La stessa
dirigente della Provincia di Milano che ha portato avanti con entusiasmo la
sperimentazione di cui abbiamo riferito, confessa che questa esperienza, attualmente
legata a ragioni di conciliazione, non potrebbe facilmente essere estesa a tutti i dipendenti:
il timore, magari non confessato, dell’alta dirigenza pubblica, è “che i dipendenti,
specialmente i maschi, se ne approfittino per fare un'altra attività”.
Al datore di lavoro non piace il fatto che un suo dipendente non sia presente fisicamente
perché non è possibile controllarlo, vedere che cosa sta facendo. In Italia siamo ancora
ancorati al modello gerarchico burocratico, si tende a voler avere un controllo fisico della
presenza del lavoratore e del tempo lavorato. In pratica, è opinione dominante che il
lavoratore, se sta al suo posto di lavoro, produce di più e meglio e che non c’è niente che
possa sostituire la supervisione “a vista”. Come ci ha detto Francesco Ferrari,
Responsabile Sviluppo Organizzativo e Risorse Umane di Cna di Bologna, vale ancora il
principio che “l’occhio del padrone ingrassa il cavallo”. Per non parlare del fatto che, nei
ruoli manageriali e dei professionals, in Italia l’abitudine a vere e proprie forme di
“presenzialismo” sono molto diffuse e la cultura del “visibile quindi fedele” è difficile da
sconfiggere: Franco G., un informatico intervistato ricordava che “anche se l'azienda dove
lavoro è forse una delle più evolute e moderne, quando ho scelto il lavoro mobile ho avuto
problemi a convincere i miei capi che un lavoratore da casa spesso produce di più di
quello che si ferma in ufficio fino a tardi, per farsi vedere o magari solo per sfruttare la
connessione veloce a Internet!”.
Insomma, il controllo è uno dei problemi più importanti - anzi forse “il” problema – quando
si parla di telelavoro. Eppure la gran parte delle attività sono misurabili (se non misurate) e
anche nella pubblica amministrazione il controllo di gestione è quasi dappertutto una
realtà. E allora? Tecnicamente il passaggio è già possibile, culturalmente no: c’è difficoltà
e pigrizia a modificare abitudini consolidate.
Innanzitutto bisogna fare l’analisi delle attività e della loro telelavorabilità: “Non tutte le
nostre attività si possono lavorare a distanza”, dichiara Ferrari (Cna), “una parte del lavoro
è di contatto face-to face col cliente ed è difficile risolvere il problema solo dirottando sul
cellulare le chiamate telefoniche o assicurandosi la reperibilità del dipendente in alcune
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fasce orarie. Il lavoro di back-office invece si può fare da casa: questo comporta la
ricostruzione di alcune mansioni da affidare a chi lavora a distanza”.
In secondo luogo, bisogna definire i risultati misurabili che ci si attende da ciascuno. Dove
c’è esperienza di controllo di gestione, come alla Provincia di Milano, non c’è problema: “si
fa riferimento agli standard di produzione”, conferma Scaldalai. E proprio i dirigenti della
Provincia di Milano confermano che il significativo passo avanti col telelavoro è proprio “la
certezza del risultato”. Dove non c’è già questa cultura, il lavoro da fare è in questa
direzione. All’Inail, dove il telelavoro è molto diffuso ma solo per ragioni di emergenza
familiare (dura al massimo 1 anno), si è risolto il problema “assegnando alla/al dipendente
un progetto speciale, in genere il recupero di un arretrato o qualcosa di simile”, ci dice
Ninci: in questo modo si è evitato il problema di definire i risultati attesi dai ruoli così come
sono attualmente organizzati. Ma in genere, se manca un lavoro preventivo di analisi delle
attività e di lavoro per obiettivi, questa è la parte più difficile.
Quando i risultati attesi sono stabiliti, basta solo controllare se i risultati vengono raggiunti,
adeguare gli obiettivi di volta in volta, sanzionare il non raggiungimento dei risultati.
Certamente, “nelle posizioni meno strutturate, i capi fanno più fatica, il loro controllo è più
discrezionale e a qualcuno può non piacere” fa notare Sborlino (Solvay).
Come si vede, il grande lavoro da fare viene prima di varare il lavoro a distanza. Consiste
in un grande sforzo organizzativo di analisi delle attività e delle mansioni, di loro
riformulazione quando è necessario, di introduzione di nuovi sistemi di controllo in base ai
risultati e tutto il cambiamento che questo comporta nella cultura aziendale e nei
comportamenti dei responsabili e dei dipendenti.
Capi e colleghi: il lavoro a distanza interroga la struttura delle relazioni interne
In conclusione, possiamo dire che il problema dei capi esiste ma solo quando non ci sono
un disegno organizzativo e un sistema di controllo adeguati e quindi anche una buona
cultura aziendale di sostegno. Il problema dei colleghi si verifica solo in qualche caso, in
particolare nelle realtà dove il telelavoro è una specie di benefit non disponibile per tutti. In
ogni caso, comunque, la rete delle relazioni interne – tra colleghi e tra capi e collaboratori -
richiede molta attenzione e qualche maggiore formalizzazione: cosa che alla fine migliora
anche il lavoro interno.
Chi lavora a distanza è contento, di più se il lavoro è flessibile (anche se qualcuno torna
volentieri in azienda)
Le interviste di monitoraggio della sperimentazione in Solvay – telelavoro classico
“homebased” per madri e padri di bambini entro l’anno di età - raccontano di una ampia
soddisfazione delle lavoratrici (valutazione media: 4,84 su scala 1-5).
Nei quasi dieci anni di applicazione all’Università di Verona, il telelavoro – inizialmente
“azione positiva”, legato alle lavoratrici ma poi esteso come possibile opzione a tutti in
base ad alcuni criteri sociali e organizzativi – ha avuto un grande successo. Le richieste
sono moltissime, “tanto che – commenta Gottardi,– siamo stato costretti ad irrigidire i
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criteri di accesso, cosa che non volevamo fare: non è sempre facile distinguere in base a
criteri oggettivi il reale stato di bisogno...”.
Sono soddisfatte dell’esperienza le lavoratrici che hanno sperimentato l’e.work alla
Provincia di Milano. Ed è interessante che sottolineino al primo posto aspetti di crescita
professionale:una migliore capacità di auto-organizzarsi, rafforzamento della
responsabilità, una visione più completa del processo di lavoro. Tra le criticità, viene
evidenziata qualche maggiore difficoltà di rapporto con i colleghi, ampiamente
controbilanciata dai benefici di una gestione più serena del ruolo familiare. Scaldalai ritiene
che si tratti di aspetti “in parte fisiologici, in parte risolvibili sul piano organizzativo,
migliorando il flusso di comunicazione” .
Anche i risultati della Provincia di Torino sono incoraggianti. Lavoratrici e lavoratori che
hanno lavorato nei telecentri hanno potuto risolvere almeno in parte l’esigenza di essere
più presenti in famiglia, avendo ridotto i tempi di pendolarismo. Anche qui qualche
problema organizzativo, in questo caso dovuto alla necessità di dividere gli spazi con
lavoratori addetti ad altre funzioni.
Anche ad Astrazeneca, dove il telelavoro è parziale (alcuni giorni a casa, alcuni in
azienda), i risultati della sperimentazione sono stati così buoni che si è deciso di
confermarla alle sperimentatrici ed estenderla come normale alternativa di lavoro. In
questo caso, dice Fabricatore: “qualche timore di isolamento è stato scongiurato
dall’elevata flessibilità dei giorni telelavorabili che viene concordata tra manager e
collaboratore”. Le fa eco una dipendente in telelavoro Miranda F., che dice “La lontananza
dall’azienda non pesa perché il contatto c’è, giornaliero, sia col capo che coi colleghi,
inoltre telelavoro solo due giorni la settimana”.
Non cambierebbe per nulla al mondo la soluzione che ha trovato - lavorare per metà a
casa e per metà in ufficio - Pier Enzo W., dipendente di una multinazionale chimica che ha
sede nel milanese: “Faccio un lavoro che mi piace, esco ogni tanto coi colleghi, mantengo
la vita privata. Non sarebbe così, se passassi tutto il mio tempo in ufficio o tutto a casa”.
Ma c’è anche qualcuno che torna volentieri in azienda. E non potrebbe non essere così.
All’Inail, il telelavoro è concesso per un anno, quindi poi le lavoratrici rientrano in ufficio e,
come ci racconta Ninci, “in genere anche quelle che hanno i bambini piccoli sono contente
di ritornare alle consuete relazioni con colleghi e capi”. Tanto sanno che, in caso di
necessità, potranno riprendere il telelavoro quando vorranno.
Gruppo di lavoro per l’avvio della sperimentazione del telelavoro
In seguito ad un inquadramento giuridico normativo del telelavoro e ad un
approfondimento delle sperimentazioni avviate da Enti locali sul tema con particolare
riguardo al territorio regionale, il CUG ha presentato una proposta di intervento operativa,
previa valutazione e verifica delle condizioni di fattibilità tecniche e di contesto, al Direttore
Generale e alla Dirigente del Settore Risorse Sviluppo Organizzativo e Affari Istituzionali.
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La proposta di intervento nasce quale opportunità innovativa di flessibilità tecnico-
organizzativa della prestazione lavorativa in un contesto normativo e temporale delineato
dal disegno di riforma nazionale delle Province italiane contenente un possibile riassetto
organizzativo delle stesse attraverso la soppressione e l’accorpamento delle funzioni
esercitate.
Con nota del 18 luglio u.s. prot. n. 148/2013- Dir Gen a firma del Direttore Generale della
Provincia di Mantova è stato costituito il Gruppo di lavoro per l’avvio della sperimentazione
del telelavoro presso la Provincia di Mantova e contestualmente è stato convocato un
primo incontro in data 30 luglio u.s.
La finalità della costituzione di un Gruppo di Lavoro per l’avvio di una sperimentazione sul
telelavoro si sintetizza nella necessità di pervenire ad un inquadramento della tematica
trasversale ai diversi settori/servizi coinvolti.
Il Gruppo di lavoro si è incaricato di redigere un documento di sintesi di valutazione delle
condizioni di fattibilità dell’intervento da trasmettere al Direttore Generale e alla Dirigente
del Settore Risorse Sviluppo Organizzativo e Affari Istituzionali.
Successivamente il documento oggetto di confronto dovrà essere presentato alla
Conferenza Dirigenti per una condivisione delle linee di azione.
L’integrazione delle diverse professionalità e delle competenze espresse dai componenti
risulta fondamentale per un approccio integrato e condiviso sul tema del telelavoro.
Sono presenti all’interno del Gruppo di lavoro i seguenti componenti in rappresentanza dei
relativi Servizi:
- Federico Tellini per il Servizio Risorse umane e Organizzazione;
- Matteo Zaniboni per il Servizio Sistemi informativi e supporto all'Innovazione e
semplificazione interna ed esterna;
- Chiara Sarzi Braga per il Servizio Controllo di Gestione e Statistica;
- Enrica Pistoni per il Servizio Sicurezza sul lavoro, Progettazione Manutenzione
edilizia
Sono, inoltre, presenti Sandro Bellini e Alessandra Tassini, rispettivamente Presidente e
componente del Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del
benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG).
Sono stati realizzati due incontri, in data 30 luglio e 2 settembre 2013, dai quali sono
emersi i contributi, in termini di valorizzazione delle opportunità e delle criticità, della
sperimentazione del telelavoro presso l’Amministrazione Provinciale.
Gli aspetti caratterizzanti il telelavoro su cui il Gruppo di lavoro costituito si è trovato a
riflettere sono:
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• postazione di lavoro (arredamenti, conformità alla normativa in materia di sicurezza
e prevenzione, tutela della salute);
• collegamenti informativi, telematici e telefonici;
• istituti contrattuali collegati alla gestione del personale (ferie, permessi, malattia,
ticket);
• indicatori quali-quantitativi, chiari, concreti, misurabili, di verifica dell’adempimento
della prestazione lavorativa.
Alessandra Tassini ha illustrato nel corso del primo incontro, in data 30 luglio u.s., ai
presenti l’approfondimento delle fonti normative disciplinanti il telelavoro a partire dall’art.
4 della legge Bassanini ter n. 191/1998 che prevede in capo alle P.A. in un’ottica di
razionalizzazione dell’organizzazione del lavoro e di economie di gestione la possibilità di
avvalersi di forme di lavoro a distanza.
L’intervento deve essere attuato previa installazione, nell’ambito delle disponibilità di
bilancio, di apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici e
autorizzazione ai propri dipendenti a svolgere, a parità di salario, la prestazione lavorativa
in luogo diverso dalla sede di lavoro con determinazione delle modalità per la verifica
dell’adempimento della prestazione originaria.
La legge Bassanini ter rinvia al successivo Regolamento recante la disciplina del
telelavoro nelle pubbliche amministrazioni approvato con D.P.R. n. 70/1999.
In particolare emerge la necessità per l’Ente di monitorare il regolare svolgimento della
prestazione lavorativa attraverso la richiesta di un report quotidiano o settimanale di
rendicontazione del lavoro svolto al proprio Dirigente/Posizione Organizzativa.
Deve essere definita una fascia di reperibilità telematica/telefonica nel cui ambito il
dipendente si renda disponibile ad essere contattato dal Dirigente e dai colleghi.
La postazione di lavoro deve essere in regola con le principali norme in materia di tutela
della salute e della sicurezza dei lavoratori in particolare quelle di cui al D.Lgs n. 81/2008
e s.m. i.
L’Ente garantisce al lavoratore la copertura assicurativa INAIL e polizza assicurativa per
danni a cose o a terzi derivanti dallo svolgimento di attività di telelavoro.
L’Ente individua le attività telelavorabili o attraverso una apposita unità di progetto
costituita da differenti professionalità interne all’Ente (Ufficio Personale, medico del lavoro,
esperto di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, esperto di
sistemi informativi e un segretario scelto tra i funzionari dell’Ufficio Personale) come
indicato dall’esperienza di telelavoro avviata da Regione Lombardia o attraverso le
indicazioni del Dirigente del Settore cui il telelavorante appartiene.
Di seguito si riportano le riflessioni emerse dai diversi componenti ai fini dell’avvio della
sperimentazione.
12
Settore Risorse umane e Organizzazione, Affari Generali e Istituzionali - Servizio
Risorse umane e Organizzazione – Federico Tellini
Oggetto di approfondimento ha riguardato l’inquadramento giuridico e normativo del tema
del telelavoro con una particolare attenzione alle eventuali differenze di trattamento del
telelavoratore rispetto al lavoratore ordinario (gestione orario di lavoro, rendicontazione
permessi, ticket, ferie) in applicazione alla normativa vigente.
Rapporto di lavoro e modalità avvio telelavoro:
Il telelavoro non comporta l’instaurazione di un diverso rapporto di lavoro, ma realizza solo
una variazione organizzativa del rapporto di lavoro che incide esclusivamente sulle
modalità spaziali e temporali della prestazione lavorativa. L’inserimento nel progetto di
telelavoro non comporta per il lavoratore alcuna modifica alla natura giuridica del proprio
rapporto di lavoro subordinato, fatti salvi alcuni aspetti legati alle particolari modalità di
svolgimento della prestazione. Le Amministrazioni consultano preventivamente per l’avvio
di singole esperienze di telelavoro le Organizzazioni Sindacali sui contenuti dei progetti di
telelavoro. A livello di Amministrazione, la concertazione ha per oggetto le modalità di
realizzazione dei progetti e l’ambito delle professionalità impiegate mediante il telelavoro.
Orario di lavoro e istituti contrattuali connessi alla prestazione lavorativa:
Il trattamento retributivo, tabellare e accessorio, è quello previsto dalla contrattazione
collettiva, nazionale, integrativa e decentrata, che si applica ai lavoratori del comparto. Del
pari, per la parte normativa (ad es.: fruizione di ferie, festività e permessi, aspettative, ecc.)
si applica al lavoratore la disciplina contrattuale prevista per la generalità dei lavoratori del
comparto. Di norma l’orario di lavoro viene svincolato dal normale orario previsto per il
resto del personale, divenendo estremamente flessibile, fatti salvi i limiti della reperibilità e
dei rientri periodici. L’orario di lavoro viene distribuito nell’arco della giornata a discrezione
del dipendente che gestisce l’organizzazione del proprio tempo di lavoro in relazione
all’attività da svolgere. L’art. 6, comma 1, del CCNQ 23 marzo 2000, in via generale, ha
disposto che “avendo riguardo agli obiettivi e alle modalità attuative del progetto, allo
scopo di valorizzare l’autonomia nella gestione del tempo e dell’attività lavorativa, la
prestazione del telelavoro è orientata a modelli innovativi di distribuzione dell’orario di
lavoro”, ferma restando la stessa quantità oraria globale prevista per il personale che
presta la sua attività nella sede. L’unico limite effettivo a tale autonomia è rappresentato
dall’obbligo di reperibilità in base al quale il dipendente deve essere a disposizione, per
comunicazioni di servizio dell’amministrazione in due periodi di un’ora ciascuno nell’ambito
di ciascuna giornata di lavoro. Gli enti definiscono, in relazione alle caratteristiche dei
progetti da realizzare, di intesa con i dipendenti interessati, la frequenza dei rientri nella
sede di lavoro originaria, che non può comunque essere inferiore ad un giorno per
settimana. L’unica previsione contrattuale specifica è quella dell’art.1, comma 5, del CCNL
del 14.9.2000 che per effetto della distribuzione discrezionale del tempo di lavoro esclude
la possibilità di prestazioni di lavoro straordinario e la fruizione dei permessi brevi ed altri
istituti che comportino riduzione di orario. Per i giorni in cui la prestazione lavorativa è
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svolta in telelavoro è esclusa la spettanza del buono pasto, in considerazione del fatto
che non vi è alcun collegamento causale tra l’erogazione di tale beneficio (che non riveste
natura retributiva ma assistenziale) e il servizio sostitutivo della mensa dal momento che la
prestazione viene svolta presso il proprio domicilio e articolata secondo ampia autonomia.
Resta inalterata la disciplina delle ferie, della malattia, della maternità e paternità, e dei
permessi giornalieri previsti dalla normativa contrattuale e da specifiche disposizioni di
legge.
Adempimento della prestazione lavorativa
La verifica dell’adempimento della prestazione è effettuata dal dirigente, alla stregua di
criteri predefiniti dall’amministrazione che deve individuare i parametri qualitativi e
quantitativi delle prestazioni orientati ai risultati. La valutazione della produttività del
lavoratore si svolge secondo i medesimi criteri utilizzati per la valutazione della
prestazione lavorativa svolta in sede. In ogni caso si tratta di aspetti che devono essere
oggetto di disciplina nel progetto di telelavoro.
La prestazione lavorativa nel telelavoro- definizione obiettivi, attività, strumenti e indicatori
Riguardo alla strutturazione dei progetti di telelavoro: nell'ambito degli obiettivi fissati
annualmente, l'organo di governo di ciascuna amministrazione, sulla base delle proposte
dei responsabili degli uffici dirigenziali generali o equiparati, individua gli obiettivi
raggiungibili mediante il ricorso a forme di telelavoro, destinando apposite risorse per il
suo svolgimento. Il ricorso a forme di telelavoro avviene sulla base di un progetto generale
in cui sono indicati: gli obiettivi, le attività interessate, le tecnologie utilizzate ed i sistemi di
supporto, le modalità di effettuazione secondo principi di ergonomia cognitiva, le tipologie
professionali ed il numero dei dipendenti di cui si prevede il coinvolgimento, i tempi e le
modalità di realizzazione, i criteri di verifica e di aggiornamento, le modificazioni
organizzative dove necessarie, nonché i costi e i benefìci, diretti e indiretti. Il progetto
definisce la tipologia, la durata, le metodologie didattiche, le risorse finanziarie degli
interventi di formazione e di aggiornamento. Il progetto è approvato dal dirigente o dal
responsabile dell'ufficio o servizio nel cui ambito si intendono avviare forme di telelavoro,
d'intesa con il responsabile dei sistemi informativi, dove presente. Quando siano
interessate più strutture, il progetto è approvato dal responsabile dell'ufficio dirigenziale
generale od equiparato. L'amministrazione assegna il dipendente al telelavoro sulla base
di criteri previsti dalla contrattazione collettiva, che, fra l'altro, consentano di valorizzare i
benefìci sociali e personali del telelavoro.
Idoneità dell’ambiente di lavoro e conformità alle norme generali in materia di prevenzione
e sicurezza
La prestazione di telelavoro può effettuarsi nel domicilio del dipendente a condizione che
sia disponibile un ambiente di lavoro di cui l'amministrazione abbia preventivamente
verificato la conformità alle norme generali di prevenzione e sicurezza delle utenze
domestiche. Il progetto di telelavoro determina i criteri, orientati ai risultati, per
l'individuazione di parametri qualitativi e quantitativi delle prestazioni da svolgere mediante
ricorso al telelavoro. La verifica dell'adempimento della prestazione è effettuata dal
14
Dirigente, alla stregua dei predetti parametri. La contrattazione di comparto prevederà
forme di copertura assicurativa delle attrezzature in dotazione e del loro uso. Ciascun
progetto conterrà la possibilità che siano disposti, con frequenza media da definirsi
eventualmente nella contrattazione di comparto, rientri periodici del lavoratore presso la
sede di lavoro. L'amministrazione deve garantire che la prestazione di telelavoro si svolga
in piena conformità con le normative vigenti in materia di ambiente, sicurezza e salute dei
lavoratori. Gli enti, nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento della
sperimentazione del telelavoro, stipulano polizze assicurative per la copertura dei seguenti
rischi:danni alle attrezzature telematiche in dotazione del lavoratore, con esclusione di
quelli derivanti da dolo o colpa grave;danni a cose o persone, compresi i familiari del
lavoratore, derivanti dall’uso delle stesse attrezzature.
Le voci di costo a carico dell’Ente
1. postazione di lavoro con requisiti ergonomici, strumenti informatici e linea telefonica dedicata. Installazione e manutenzione. Oneri di impianto e di esercizio.
2. Rimborsi spese consumi energia elettrica e telefonici;
3. Copertura assicurativa – stipula Polizza ad hoc per danni;
4. Allargamento posizione INAIL;
5. Formazione specifica mirata del telelavoratore;
6. Verifiche dell’ambiente di lavoro: spazio idoneo, impianti a norma, abitabilità, idoneità tecnica locali: Medico competenze, servizio sicurezza, servizi informatici.
7. Altri costi indiretti sono legati all’adeguamento delle procedure ed alle misure organizzative necessarie per avvio del telelavoro: Predisposizione del progetto generale e individuale, fase sindacale, bandi di selezione interna, modifica contratti di lavoro, ecc.
Settore Sistemi informativi - Servizio Sistemi informativi e supporto all'Innovazione
e semplificazione interna ed esterna – Matteo Zaniboni
Oggetto di approfondimento sono stati i collegamenti informativi e telematici necessari per
l’avvio di una sperimentazione di telelavoro.
Le valutazioni emerse:
- incompatibilità sistemi informativi (rete) perché l’attuale rete provinciale si configura
come un sistema chiuso. Le sedi provinciali sono collegate tra loro con linee
dedicate e gli apparati che presidiano la rete (firewall) impediscono l’accesso da
stazioni esterne. Gli accessi dalla rete verso l’esterno (internet) avvengono da un
punto unico. Occorrerebbe ristrutturare e riorganizzare la rete informatica attraverso
l’affidamento a società operanti in tale ambito per creare accessi attraverso linee
esterne oppure potenziare la struttura interna prevedendo in tal caso un aumento
dei relativi costi;
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- attrezzature: sarebbe necessario l’acquisto di doppie attrezzature ipotizzando forme
di telelavoro misto da svolgersi in parte in ufficio e in parte presso l’abitazione del
telelavorante;
- assistenza: le risorse umane interne impiegate al Settore dei Sistemi Informativi
non sono numericamente sufficienti per garantire l’assistenza sul territorio per
eventuali guasti o malfunzionamenti dei PC presso la residenza/domicilio del
telelavorante;
- timbrature: difficile definire la data di inizio e fine dell’attività lavorativa giornaliera.
Dalla postazione informatica presso la propria abitazione per il lavoratore è
possibile attualmente connettersi alla Intranet Provinciale ma solo per visualizzare
e richiedere ferie, permessi. Sarebbe necessario un intervento diretto di
riorganizzazione. I programmi dovrebbero essere analizzati uno ad uno per
verificare la possibilità di connessione esterna.
Matteo Zaniboni precisa che, al fine di superare la prima criticità sopra richiamata,
risulterebbe necessaria una analisi di fattibilità per individuare gli interventi necessari a
consentire al sistema della Provincia di avere ulteriori accessi dall’esterno. L’eventuale
successiva attività di riorganizzazione della struttura informatica dovrebbe poi costituire
oggetto di appalto esterno tramite l’affidamento di un incarico dedicato.
I costi dal punto di vista della strumentazione informatica:
- un importo massimo di 1.700/1.800 euro per 1 pc, scanner e stampante;
- un importo di circa 2.000 euro + iva in caso di collegamento internet HDSL di 2
megabyte (da utilizzare per esigenze particolari);
- i seguenti importi in caso di ADSL (si indicano tre diverse soluzioni, dalla meno alla più
performante, da scegliere in funzione delle esigenze):
Soluzione 1)
1. Connettività Profilo Consip4 accesso ADSL 20M Adaptive con BMG 32k, router
compreso (Elsag 201ADSL).
2. Banda Internet profilo Consip4 (INT1) pari a 32k (sia Up che Down)
Canone anno = 613,08 €
Soluzione 2)
1. Connettività Profilo Consip4 â accesso ADSL 7M con BMG 64k, router compreso
(Elsag 201ADSL).
2. Banda Internet profilo Consip4 (INT2) pari a 64k (sia Up che Down)
Canone anno = 821,64 €
Soluzione 3)
1. Connettività Profilo Consip4 accesso ADSL 7M con BMG 128k, router compreso (Elsag
201ADSL).
16
2. Banda Internet profilo Consip4 (INT3) pari a 128k (sia Up che Down)
Canone anno = 1.118,64 €.
Settore Progettazione-Manutenzione Edilizia e Sicurezza - Servizio Sicurezza sul
lavoro, Progettazione Manutenzione edilizia – Enrica Pistoni
Oggetto di approfondimento ha riguardato la conformità dell’ambiente di lavoro alle
disposizioni previste dal D.Lgs n. 81/2008 e s.m.i.
E’ in capo al datore di lavoro, per la Provincia il Direttore Generale, l’obbligo di valutazione
di tutti i rischi per la sicurezza e la salute cui vanno soggetti i lavoratori durante la loro
attività conformemente a quanto prescritto dal D.Lgs 81/2008 art. 17.
L’art. 28 del D.Lgs 81/2008 specifica che tale valutazione influisce anche nella scelta delle
attrezzature di lavoro e nella sistemazione dei luoghi di lavoro.
In base all’art.62 del D.Lgs 81/2008 sono definiti luoghi di lavoro unicamente i luoghi
destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva,
nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda e devono rispettare tutte le numerose
prescrizioni contenute negli articoli ed allegati citati (organizzazione degli spazi e loro
dimensioni, elementi e materiali costruttivi, impianti, servizi, certificazioni di agibilità).
Nel caso del telelavoro è, quindi, necessario chiarire se il luogo dove si svolgerà l’attività
sia di pertinenza dell’Ente o meno. Per definizione il telelavoro si svolge all’interno del
domicilio del lavoratore, che evidentemente non è nella disponibilità giuridica dell’Ente.
E’,quindi, rilevante stabilire dove si fermino i compiti e le responsabilità del Datore di
lavoro in questo caso.
L’art. 3 comma. 10 del D.Lgs 81/2008 specifica le modalità di applicazione della normativa
di sicurezza nel caso del telelavoro:
a) si applicano le disposizioni del titolo VII della norma, “Attrezzature munite di
videoterminali”, dall’art. 172 all’art. 178, che interessano sia le attrezzature (schermo,
tastiera, piano di lavoro, sedile) sia l’ambiente in cui si svolge l’attività (spazio,
illuminazione, livello di rumore, radiazioni, microclima), sia l’interfaccia uomo-macchina
(adeguatezza del software, modalità del controllo, ritmo di funzionamento, etc). Il
Datore di lavoro, in base all’art. 174, ha una serie di obblighi precisi nella valutazione
del rischio: a) rischi per la vista e per gli occhi, b) problemi legati alla postura e
all’affaticamento fisico o mentale, c) condizioni ergonomiche e ambientali.Il
videoterminalista è sottoposto così a Sorveglianza sanitaria da parte del medico
competente attraverso visite periodiche che ne certificano l’idoneità alla mansione.
b) In base al dettato dell’art. 175 il lavoratore ha diritto ad una interruzione della sua
attività mediante pause o cambiamento di attività. Le modalità di tali interruzioni sono
stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale in assenza il lavoratore ha
comunque diritto ad una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione
continuativa al videoterminale.
17
Le attrezzature, se fornite dal datore di lavoro, devono rispettare i requisiti prescritti dalla
normativa. Se il telelavoratore usa il computer di sua proprietà, oltre i requisiti di cui sopra
lo stesso deve: 1) essere a norma C.E.; 2) essere soggetto a regolare manutenzione; 3)
consentire idoneo/sicuro trasferimento di dati;
Ai dipendenti che avvieranno la sperimentazione di telelavoro deve essere effettuata una
formazione mirata.
Al datore di lavoro è riconosciuta la facoltà di accedere alla postazione di telelavoro per
verificare la corretta applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza. Analogo diritto
è riconosciuto alle rappresentanze dei lavoratori ed alle autorità competenti. Gli accessi
all’abitazione vanno concordati preventivamente ed in accordo con il telelavoratore. Il
datore di lavoro deve adottare misure contro l’isolamento lavorativo del telelavoratore
Particolare attenzione va anche posta sugli orari di lavoro del telelavoratore, che devono
essere organizzati in modo da consentire il recupero psico-fisico. Nel caso di lavoro
notturno (per il D.Lgs. 66/2003 “lavoro prestato in un periodo di almeno sette ore
compreso fra la mezzanotte e le cinque del mattino”) la necessità del recupero è
amplificata e, dopo un certo numero di turni, scatta l’ obbligo della sorveglianza sanitaria
da parte del medico competente.
Accanto alla revisione della normativa è stato effettuato un esame speditivo della
documentazione disponibile in internet su sperimentazioni di telelavoro già effettuate, in
particolare da INAIL, ACI, oltre che dall’ASL di Mantova. INAIL, che ha predisposto una
circolare apposita, ha richiesto ai dipendenti interessati una nutrita serie di documenti
attestanti l’idoneità degli spazi disponibili allo scopo nelle proprie abitazioni. In particolare
riguardo l’agibilità/abitabilità e la conformità degli impianti elettrici, di riscaldamento, di
illuminazione. In assenza di tali requisiti, il lavoratore non può avere accesso all’istituto del
telelavoro.
Servizio Controllo di Gestione e Statistica – Chiara Sarzi Braga
Oggetto di approfondimento ha riguardato la definizione di un sistema di monitoraggio e di
valutazione delle attività telelavorabili.
L’individuazione degli ambiti di possibile applicazione della modalità lavorativa del
Telelavoro all’interno dei Settori dell’Ente comporta l’individuazione dei processi, che si
possono svolgere, per intero o solo in parte, in telelavoro.
Tali attività dovranno rispondere ai seguenti requisiti come suggerito dalla scheda di
valutazione proposta dal Formez nell’ambito del progetto “Lavoro pubblico che cambia –
Linea telelavoro”.
1. Si tratta di un'attività riguardante la creazione, elaborazione e trasmissione delle informazioni?
18
2. Si tratta di un attività che non prevede il contatto personale diretto con l'utenza presso un ufficio o uno sportello?
3. Si tratta di un'attività che non richiede incontri frequenti e riunioni "face to face" con i colleghi?
4. Si tratta di un'attività che non richiede incontri frequenti e riunioni "face to face" con i superiori?
5. Le comunicazioni con i dirigenti possono aver luogo con la medesima efficacia e livello di soddisfazione anche mediante strumenti telefonici e telematici?
6. Le comunicazioni con i colleghi possono aver luogo con la medesima efficacia e livello di soddisfazione anche mediante strumenti telefonici e telematici?
7. Le comunicazioni con gli utenti non sono necessarie o possono aver luogo con la medesima efficacia e livello di soddisfazione anche mediante strumenti telefonici e telematici?
8. L'output da realizzare può essere chiaramente definito e la prestazione può essere misurata in modo preciso?
9. E' possibile fissare scadenze entro cui devono essere svolte le prestazioni richieste?
10. I lavoratori coinvolti non evidenziano resistenze insormontabili verso l'utilizzo di tecnologie informatiche?
11. I dirigenti dei lavoratori coinvolti ritengono utile il ricorso al telelavoro nella propria unità organizzativa?
12. I lavoratori coinvolti sono disponibili a telelavorare?
Le attività dovranno essere valutate rispondendo ai quesiti con un punteggio da 0 a 1 dove
lo “0” rappresenta la risposta negativa e 1 la risposta positiva. La somma dei punteggi
determinerà l’indice di telelavorabilità sulla base del quale verranno definite le successive
valutazioni per determinare la percentuale di telelavorabilità dell’attività in esame (vedi
fig1).
Due sono i possibili percorsi per l’individuazione delle attività telelavorabili:
1. Analisi sistematica di tutte le attività dell’Ente sulla base della griglia di criteri di individuazione di attività telelavorabili (fig.1) attraverso un ciclo di consultazioni con Dirigenti e titolari di P.O. per poter individuare in modo dettagliato le attività e i processi che si prestano come telelavorabili. Attualmente, infatti, le informazioni disponibili non consentono una mappatura esaustiva e dettagliata delle attività dell’Ente tale da poter definire un’attività telelavorabile o meno. A tal fine sarà in ogni caso decisivo e determinante il supporto del Dirigente del settore in cui tale attività dovesse venire svolta.
2. Valutazione delle attività a fronte della presentazione di specifici casi/richieste da parte del Dirigente affiancato da un Gruppo di lavoro che provvederà ad analizzarne le caratteristiche sulla base dei 12 parametri suggeriti dal Formez, calcolando l’indice di telelavorabilità sulla base del quale l’attività in oggetto potrà essere dichiarata o meno telelavorabile e oggetto di futura sperimentazione.
Una volta giudicata l’attività telelavorabile e avviato il processo di sperimentazione sarà
necessario mettere a punto un sistema di valutazione e monitoraggio dell’attività svolta dal
telelavoratore che vada ad integrare e rafforzare quello esistente.
19
Figura 1
SCHEDA INDICI DI TELELAVORABILITA’ DELLE ATTIVITA’ LAVORATIVE
Informazioni X 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 *
Denominazione dell'attività
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tele
lavo
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Indice di Telelavorabilità
Attività 1 0 0,5 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 10,5
Attività 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 12
Attività 3 0 0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 1 9
Attività 4 1 1 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 10
20
SINTESI E CONCLUSIONI
Gli obiettivi
Nell’ambito delle proprie funzioni, il CUG in data 27/03/2013 con nota prot. n.
11/CUG/RIA/2013/U ha trasmesso al Presidente della Provincia, al Direttore Generale ed
al Segretario Generale la Relazione annuale 2012 contenente il Piano d’azione per
l’annualità 2013: il Piano prevede, tra gli ambiti d’intervento, il tema dell’«approfondimento
rispetto a modalità operative per rendere concreto il ricorso a forme di telelavoro».
Il CUG ha presentato una proposta di intervento operativa, previa valutazione e verifica
delle condizioni di fattibilità tecniche e di contesto, al Direttore Generale e alla Dirigente
del Settore Risorse Sviluppo Organizzativo e Affari Istituzionali.
La proposta di intervento nasce quale opportunità innovativa di flessibilità tecnico-
organizzativa della prestazione lavorativa in un contesto normativo e temporale delineato
dal disegno di riforma nazionale delle Province italiane contenente un possibile riassetto
organizzativo delle stesse attraverso la soppressione e l’accorpamento delle funzioni
esercitate.
Con nota del 18/07/2013 prot. n. 148/2013 - Dir Gen a firma del Direttore Generale della
Provincia di Mantova è stato costituito il Gruppo di lavoro per l’avvio della sperimentazione
del telelavoro presso la Provincia di Mantova.
Il Gruppo di lavoro si è proposto di redigere un documento di sintesi di valutazione delle
condizioni di fattibilità dell’intervento da trasmettere al Direttore Generale e alla Dirigente
del Settore Risorse Sviluppo Organizzativo e Affari Istituzionali.
Successivamente il documento dovrà essere presentato alla Conferenza Dirigenti per una
condivisione delle linee di azione e la successiva eventuale predisposizione di un progetto
generale disciplinante il ricorso a forme di telelavoro da sottoporre all’approvazione
dell’organo di governo dell’Amministrazione.
Le esperienze ed i vantaggi del telelavoro
Numerose sono le esperienze di telelavoro maturate in questi anni nella Pubblica
Amministrazione.
Ai fini della redazione del presente documento sono state analizzate le esperienze di
Regione Lombardia, Provincia di Bergamo, ASL della provincia di Mantova, solo per
rimanere in Lombardia, nonché della Provincia Autonoma di Trento.
E’ inoltre stato acquisito uno studio predisposto per conto della Consigliera di Parità
Regionale e di Regione Lombardia nel 2009, dal titolo “Strumenti di conciliazione lavoro-
famiglia: dalle esperienze alle proposte - Il telelavoro e il lavoro mobile”, a cura di Anna M.
Ponzellini, il quale ha selezionato nove esperienze di telelavoro, di cui cinque nella
Pubblica amministrazione (Provincia di Milano, Provincia di Torino, Comune di Cremona,
Inail; Università di Verona) e quattro nel privato (Astrazeneca, Solvay, Boehringer-
21
Ingelheim, Cna di Bologna).
Dallo studio predisposto per conto della Consigliera di Parità Regionale emerge che “il
telelavoro determina benefici significativi per le imprese, le amministrazioni, i lavoratori”.
“I principali benefici per le imprese e le amministrazioni sono rappresentati dalla flessibilità
organizzativa, dall’aumento della produttività, dall’aumento della motivazione dei
dipendenti”.
“I benefici per i lavoratori sono ancora più evidenti; i principali: riduzione del costo e del
tempo di trasporto, opportunità per residenti di aree di difficile mobilità, flessibilità d’orario,
migliore equilibrio tra vita professionale e vita familiare”.
“Anche i benefici per la società e per l’economia sono decisamente importanti: riduzione
della congestione del traffico, riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico, un
ponte verso il lavoro per persone con difficoltà (soggetti svantaggiati, persone con familiari
disabili, genitori con bambini da curare)”.
“Interessanti i benefici per le donne: lavorare da casa, in tutte le modalità, è comunque
una opportunità importante per chi ha impegni di cura difficili da delegare, lavorare con
tecnologie mobili e orari flessibili consente di non abbandonare il lavoro, rientrare presto
dalla maternità, evitare il part-time alle donne che hanno un figlio”.
“Peraltro, i maggiori ritardi nell’utilizzo di forme di telelavoro si registrano nella Pubblica
Amministrazione. Qui il ritardo è dovuto a molti fattori: arretratezza tecnologica, difficoltà
all’innovazione organizzativa, ruolo e cultura dei capi”.
“Nella Pubblica Amministrazione la cultura della presenza e del tempo è dura a morire.
Sono pochi i dirigenti che quando chiamano una delle persone con cui lavorano e sentono
che è in giro non lo considerano un problema, anche se qualcuno c’è”.
“Al datore di lavoro non piace il fatto che un suo dipendente non sia presente fisicamente
perché non è possibile controllarlo. In Italia siamo ancora ancorati al modello gerarchico
burocratico, si tende a voler avere un controllo fisico della presenza del lavoratore e del
tempo lavorato”.
“Insomma, il controllo è uno dei problemi più importanti - anzi forse “il” problema – quando
si parla di telelavoro. Eppure la gran parte delle attività sono misurabili (se non misurate) e
anche nella pubblica amministrazione il controllo di gestione è quasi dappertutto una
realtà. E allora? Innanzitutto bisogna fare l’analisi delle attività e della loro telelavorabilità.
In secondo luogo, bisogna definire i risultati misurabili che ci si attende da ciascuno.
Quando i risultati attesi sono stabiliti, basta solo controllare se i risultati vengono raggiunti,
adeguare gli obbiettivi di volta in volta, sanzionare il non raggiungimento dei risultati”.
Nella Pubblica Amministrazione l’obiettivo iniziale è sempre di tipo sociale: “Si introduce
per permettere ai dipendenti che hanno dei problemi di conciliazione, di alleviare la loro
situazione di disagio”.
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Tuttavia, “col lavoro a distanza l’assenteismo cala, la produttività aumenta”.
Dallo studio emerge che, “anche in caso di malattia lieve, visto che non deve uscire di
casa, il lavoratore spesso non interrompe il lavoro e comunque più difficilmente chiede
permessi per le malattie dei bambini o altre ragioni”; ad esempio, “diminuiscono le
assenze della lavoratrice-madre, in quanto può autogestirsi le emergenze”.
D’altra parte, “l’autonomia nella organizzazione del lavoro ha fatto aumentare la
motivazione e la soddisfazione delle dipendenti coinvolte e prodotto un oggettivo
miglioramento qualitativo e quantitativo della prestazione lavorativa”; inoltre, le lavoratrici
che hanno utilizzato forme di telelavoro non solo hanno avuto vantaggi di flessibilità, ma
“constatano il rafforzamento della responsabilità e il miglioramento della capacità di
autodisciplinarsi e di auto organizzarsi: in pratica, un risultato importante in termini di
crescita dell’autostima”.
“Quando è misurabile comparativamente, anche il rendimento medio del lavoro aumenta.
Il caso più eclatante, in Italia, è quello di Poste italiane che ammettono aumenti del
rendimento dei lavoratori in remote working fino al 30% e cali dell’assenteismo fino al
25%”.
Infine, dallo studio emerge che “chi lavora a distanza è contento, di più se il lavoro è
flessibile”.
Le indicazioni del Gruppo di lavoro
Gli aspetti caratterizzanti il telelavoro su cui il Gruppo di lavoro costituito si è trovato a
riflettere sono:
• postazione di lavoro (arredamenti, conformità alla normativa in materia di sicurezza
e prevenzione, tutela della salute);
• collegamenti informativi, telematici e telefonici;
• istituti contrattuali collegati alla gestione del personale (ferie, permessi, malattia,
ticket);
• indicatori quali-quantitativi, chiari, concreti, misurabili, di verifica dell’adempimento
della prestazione lavorativa.
Le fonti normative disciplinanti il telelavoro partono dall’art. 4 della legge Bassanini ter n.
191/1998 che prevede in capo alle P.A., in un’ottica di razionalizzazione
dell’organizzazione del lavoro e di economie di gestione, la possibilità di avvalersi di forme
di lavoro a distanza.
La legge Bassanini ter rinvia al successivo Regolamento recante la disciplina del
telelavoro nelle pubbliche amministrazioni approvato con D.P.R. n. 70/1999.
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In particolare emerge la necessità per l’Ente di monitorare il regolare svolgimento della
prestazione lavorativa attraverso la richiesta di un report quotidiano o settimanale di
rendicontazione del lavoro svolto al proprio Dirigente/Posizione Organizzativa.
L'organo di governo di ciascuna amministrazione, sulla base delle proposte dei
responsabili degli uffici dirigenziali generali o equiparati, individua gli obiettivi raggiungibili
mediante il ricorso a forme di telelavoro, destinando apposite risorse per il suo
svolgimento.
Il ricorso a forme di telelavoro avviene sulla base di un progetto generale in cui sono
indicati: gli obiettivi, le attività interessate, le tecnologie utilizzate ed i sistemi di supporto,
le modalità di effettuazione secondo principi di ergonomia cognitiva, le tipologie
professionali ed il numero dei dipendenti di cui si prevede il coinvolgimento, i tempi e le
modalità di realizzazione, i criteri di verifica e di aggiornamento, le modificazioni
organizzative dove necessarie, nonché i costi e i benefìci, diretti e indiretti.
Le sperimentazioni avviate sui territori circostanti hanno previsto interventi di telelavoro
misti in cui il lavoratore svolge parte della prestazione lavorativa presso la propria
residenza/domicilio e parte presso la sede di ufficio prevedendo così una suddivisione
dell’orario di lavoro settimanale.
L’intervento deve essere attuato previa installazione, nell’ambito delle disponibilità di
bilancio, di apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici e
autorizzazione ai propri dipendenti a svolgere, a parità di salario, la prestazione lavorativa
in luogo diverso dalla sede di lavoro con determinazione delle modalità per la verifica
dell’adempimento della prestazione originaria.
Deve essere definita una fascia di reperibilità telematica/telefonica nel cui ambito il
dipendente si renda disponibile ad essere contattato dal Dirigente e dai colleghi: il
dipendente deve essere a disposizione in due periodi di un’ora ciascuno nell’ambito di
ciascuna giornata di lavoro.
La postazione di lavoro deve essere in regola con le principali norme in materia di tutela
della salute e della sicurezza dei lavoratori in particolare quelle di cui al D.Lgs n. 81/2008
e s.m. i.
L’Ente garantisce al lavoratore la copertura assicurativa INAIL e polizza assicurativa per
danni a cose o a terzi derivanti dallo svolgimento di attività di telelavoro.
L’Ente individua le attività telelavorabili o attraverso una apposita unità di progetto
costituita da differenti professionalità interne all’Ente (Ufficio Personale, medico del lavoro,
esperto di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, esperto di
sistemi informativi e un segretario scelto tra i funzionari dell’Ufficio Personale) come
indicato dall’esperienza di telelavoro avviata da Regione Lombardia o attraverso le
indicazioni del Dirigente del Settore cui il telelavorante appartiene.
A tal fine, si propone che la valutazione della telelavorabilità delle attività sia effettuata a
fronte della presentazione di specifici casi/richieste da parte del Dirigente affiancato da un
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Gruppo di lavoro che provvederà ad analizzarne le caratteristiche sulla base dei 12
parametri suggeriti dal Formez.
Nella individuazione delle attività telelavorabili, occorre verificarne la compatibilità con i
sistemi informativi (rete), perché l’attuale rete provinciale si configura come un sistema
chiuso.
Le voci di costo da considerare sono:
- postazione di lavoro con requisiti ergonomici, strumenti informatici e linea telefonica
dedicata. Installazione e manutenzione. Oneri di impianto e di esercizio;
- rimborsi spese consumi energia elettrica e telefonici;
- copertura assicurativa – stipula Polizza ad hoc per danni;
- allargamento posizione INAIL;
- formazione specifica mirata del telelavoratore;
- verifiche dell’ambiente di lavoro: spazio idoneo, impianti a norma, abitabilità, idoneità
tecnica locali: Medico competente, servizio sicurezza, servizi informatici;
- altri costi indiretti sono legati all’adeguamento delle procedure ed alle misure
organizzative necessarie per avvio del telelavoro: predisposizione del progetto generale e
individuale, fase sindacale, bandi di selezione interna, modifica contratti di lavoro, ecc.
In talune esperienze di telelavoro (es. A.S.L. Mantova), alcuni dei suddetti costi
(postazione di lavoro con requisiti ergonomici, linea telefonica) sono stati posti in capo al
telelavoratore, come requisito da possedere ai fini dell’accesso al bando.
I costi dal punto di vista della strumentazione informatica sono quantificabili in un importo
massimo di 1.700/1.800 euro per 1 pc, scanner e stampante; per il collegamento DSL il
canone annuo può variare tra un minimo di 613,08 € e massimo di 2.000 euro + iva, per i
collegamenti più performanti.