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RASSEGNA STAMPA SCIENTIFIC FORUM SCIENTIFIC VIEWS ON MIGRATIONS DATA 13.10.2018

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RASSEGNA STAMPA

SCIENTIFIC FORUM

SCIENTIFIC VIEWS ON MIGRATIONS

DATA

13.10.2018

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27/09/2018

Pag. 16 La Regione Ticino

Migrazione, un forum per approfondire Porte aperte allOrto Gelso

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Data: 30.09.2018 Testata: InDies.it

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Rivista di Lugano6962 Viganello091/ 923 56 31rivistadilugano.ch/

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Esperti affrontano diversi aspetti del fenomeno

Sguardi sulle migrazioni all'Usi

Che cosa sappiamo del fenomeno migratorio, che spinge gli esseriumani a spostarsi verso altre terre? Un tema difficile, che va a toc-care difficoltà concrete, sofferenze, lacerazioni politiche. Per ripor-tare la discussione su un terreno più ampio, che affondi le radici ne-gli studi storici, economici e sociali, la Fondazione Ibsa di Lugano,in collaborazione con L'ideatorio dell'Usi, propone il forum«Sguardi scientifici sulle migrazioni», sabato 13 ottobre dalle 10 al-

le 17 nell'auditorium dell'Usi (via Buffi 13).Nove esperti affronteranno diversi aspetti delle migrazioni: l'im-patto economico e finanziario, i problemi legati alla salute, i temisociali e altri ancora. Gli interventi dei relatori, moderati da Gio-vanni Pellegri e da Telmo Pievani, saranno in italiano o in inglesecon traduzione simultanea. Durante il forum, l'attore Igor Horvatleggerà alcuni brani.I contenuti della giornata saranno quindi ripresi dall'artista cilenoAlfredo Jaar durante una conferenza che si terrà nella sala del re-fettorio del Lac lunedì 15 ottobre alle 18.15, nel quadro della rasse-gna di incontri «Metamorfosi». L'ingresso al forum è libero conpranzo offerto, previa registrazione su www.ibsafoundation.org.

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Datum: 11.10.2018

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SocietàSiamo umani proprio in quan to mi rantifilosofo Telmo Pievani: «Gli spostamenti sono stati il combustibile della nostra evoluzio ne e hanno rafforzato la specie»

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Corriere del Ticino6903 Lugano091/ 960 31 31www.cdt.ch

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Nel 2017 si contavano nel mondo 68,5 milioni di persone che hanno dovuto la-sciare la loro residenza a causa di conflitti, discriminazioni, povertà o catastro-fi naturali. Cifre di ben altro spessore rispetto alla crisi del Mediterraneo, dove nel2017 ci sono stati 171.635 sbarchi. La questioni dei migranti è quindi molto piùcomplessa dell'immagine del barcone stracolmo di uomini, donne e bambiniche tenta di varcare il «Mare nostrum». I dati indicano che, di questi 68,5 milio-ni, 40 milioni si riferiscono a spostamenti interni ai Paesi, spesso poveri; 25,3 mi-

lioni sono persone alle quali è stato riconosciuto lo statuto di rifugiati e 3,2 mi-lioni sono i richiedenti l'asilo. L'85% di queste persone sono a carico di nazionipovere. Malgrado la percezione di una crisi senza precedenti, i dati in verità di-cono che in Europa non stiamo vivendo una crisi epocale e men che meno un'in-vasione di rifugiati. A Lugano, sabato 13 ottobre, IBSA Foundation, in collabora-zione con L'ideatorio dell'Università della Svizzera italiana (USI), propone unconvegno pluridisciplinare per cercare di capire questo fenomeno. Ne discutia-mo con Telmo Pievani, membro del comitato scientifico del simposio.

PAGINE DI

GIOVANNI PELLEGRI

Nell'ultimo secolo abbiamo vissutoesodi di ben altre dimensioni di quelle at-tuali: come i 7 milioni di rifugiati della Pri-

ma guerra mondiale, o i 60 milioni dellaSeconda guerra mondiale, senza dimen-ticare la crisi dei rifugiati del Vietnam oquella del popolo armeno. Nell'Ottocen-to vi sono state migrazioni epocali a par-tire dall'Europa, per la carestia delle pa-tate in Irlanda, per la perdita dei posti dilavoro dovuta all'epidemia di fillosserasulle viti e per altre gravi crisi economi-che. La nostra percezione dell'attuale cri-

si migratoria è evidentemente influenza-ta da altri meccanismi e non solo dai datireali: immaginari e paure si mescolano acondizionamenti culturali ma anche esoprattutto alle inevitabili distorsioni me-

diatiche. I fatti reali arretrano davanti alle

rappresentazioni e alle reazioni emotive.«Per capire davvero il fenomeno migra-torio e umano - ricorda l'evoluzionistaTelmo Pievani, professore associato alDipartimento di Biologia dell'Universitàdegli studi di Padova -è necessario spin-gersi nel tempo profondo dell'evoluzioneumana. Così facendo, apparirà in tutta lasua modestia l'approccio di coloro chevedono nelle migrazioni umane contem-poranee che incidono sull'area mediter-ranea una "emergenza" di cui stupirsi o,ancor peggio, una "invasione"». Lo spo-stamento fisico è infatti un adattamento

umano antichissimo, per far fronte aicambiamenti ambientali e climatici.

sapiens nasce circa 200 mila an-

ni fa in Africa orientale», ricorda Pievani,

autore di un recente saggio sulle migra-zioni (V. Calzolaio, T. Pievani, Libertà di

migrare, Einaudi, Torino, 2016). «Tutti noi

europei "autoctoni" discendiamo da po-polazioni di Homo sapiens fuoriuscite apiù riprese dall'Africa tra 85 e 60 mila an-ni fa. Nel nostro genoma, siamo tutti afri-

cani. Camminando siamo arrivati in ogni

continente. Ma le migrazioni non sposta-

no solo persone, influenzano anche lalenta evoluzione biologica e acceleranol'evoluzione culturale, che, rispetto aquella biologica, è assai più veloce».

Gli esodi di ieri e di oggiPotremmo essere tutti d'accordo su que-sti concetti, ma oggi è tutto diverso: quan-

do 10.000 anni fa le persone migravano,le frontiere non esistevano, gli Stati e i lo-

ro complessi sistemi sociali ed economi-

ci non si erano ancora sviluppati. Nonc'erano dogane, trattati internazionali opermessi di soggiorno. «Certo - aggiungePievani - ma dal mio osservatorio nonposso far altro che constatare una sottilema tenace filigrana storica che si dipananei milioni di anni, svelandoci i vincoliprofondi del fenomeno migratorio uma-no, quello più forzato (i profughi) e quel-lo con maggior grado di libertà (gli altrimigranti). Ha scarso senso interpretare iflussi contemporanei come se fossero unevento eccezionale, una contingenza delmomento, un'emergenza. Il tempo pro-fondo dell'evoluzione insegna il contra-rio: il fenomeno migratorio è strutturalee costitutivo della nostra identità di spe-

cie. Siamo umani in quanto migranti. Evero che con la nascita dei confini tra Sta-

ti nazionali le migrazioni sono diventateun fenomeno estremamente complesso.Si migra ovunque e comunque, talora so-

lo per sfuggire a nuove forme di violenza,

oppure agli effetti nefasti di un'economia

predatoria che altera il clima globale e de-

paupera gli ecosistemi. Si migra a causadi ecosistemi locali resi instabili e sogget-

ti a fenomeni atmosferici estremi. Nel si-

stema globale dell'informazione, la retetanto delle emigrazioni quanto delle im-migrazioni viene poi alimentata da biso-gni materiali, certo, ma anche da legitti-me aspirazioni immateriali, dallo sposta-

mento in cerca di una vita migliore o co-munque di una vita diversa, di un interes-

se, opportunità, vocazione, passione, perscelta individuale o della propria comu-nità d'origine oppure su richiesta del Pae-

se d'arrivo».

Il diritto di restareEsiste quindi un diritto alla migrazione?«Sì, ci sono situazioni nelle quali ognuno

di noi migrerebbe, così come i nostri an-

tenati lo hanno fatto nel passato, ma inquesto quadro vi è però un altro elemen-to importante che viene spesso dimenti-cato: il diritto di restare, di non migrare.Spesso sentiamo prevalere egoismi na-zionali e in questo modo il quadro d'in-sieme, sociale e geografico, sfugge ineso-rabilmente. Allo stesso tempo perdiamodi vista chi continua a non migrare e sof-

fre sempre di più nelle sue terre non aven-

do il diritto di restare, perdiamo di vistaanche chi continua a migrare all'internodel proprio Paese fra grandi disugua-glianze e non viene riconosciuto».Il tema della migrazione è complesso, «e

a volte dimentichiamo - conclude Pieva-ni - che anche storia dell'uomo ha moltoda dire: la migrazione è stato il combusti-le della nostra evoluzione e ha rafforzatola nostra specie. Se la diversità diminui-sce l'evoluzione rallenta. Molti studi han-

no chiaramente dimostrato che più uni-formiamo una popolazione più la rendia-

mo debole, e questo vale anche a livelloculturale». Insomma, senza affogare ininutili sentimentalismi con interpretazio-

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ni forse un po' troppo semplicistiche manemmeno assuefarsi al dramma di milio-

ni di persone che vivono delle condizionidrammatiche, l'attuale situazione può di-venire un oggetto di riflessione persona-le e di educazione collettiva. Perché la mi-

grazione porta con sé non solo visioniscientifiche, politiche e storiche, ma an-che e soprattutto i temi più complessi econtraddittori della nostra personaleumanità: l'apparente sicurezza della no -

stravita e l'evidente sua vulnerabilità, l'ac-

coglienza e il rifiuto della diversità, l'egoi-

smo e la solidarietà, il conforto del noto el'apertura all'ignoto, il «noi» e gli «altri da

noi», la dignità dell'essere umano e il suo

disprezzo, l'impotenza delle nostre azio-ni e il cambiamento che ognuno di noipuò introdurre. Coscienti che questi temihanno contraddistinto da sempre la cre-scita personale e l'evoluzione della spe-cie umana e delle sue culture.

Nessuna emergenzaLa percezione

dell'attuale

crisi migrato-

ria è influenza-

ta da distorsio-

ni mediatiche

UMANITA IN CAMMINO Immagini di migranti in cammino sulla tristemente no-ta «rotta balcanica». Coloro che cercano di arrivare in Europa sono però solo unaminima parte di chi, nel mondo, ha dovuto lasciare la propria patria a causa diguerre, povertà o discriminazioni. (Foto EPA)

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IL FORUM

SGUARDI SCIENTIFICISULLE MIGRAZIONI

L'homo sapiens è una specie che non

sta ferma: cammina e migra. La suaevoluzione, la sua cultura, le sue lin-gue sono il frutto di migliaia di anni di

spostamenti. Anche negli ultimi seco-li l'uomo non ha smesso di migrare:verso le Americhe, verso l'Australia e

oggi anche verso l'Europa. Durante un

simposio che si terrà sabato 13 otto-bre all'Università della Svizzera italia-

na (Lugano), 10 esperti cercherannodi leggere il fenomeno migratorio alla

luce di diverse discipline. Tra i relato-ri troviamo Telmo Pievani, evoluzioni-

sta; Bernardo Fantini, storico dellemedicina; Anja Klug, responsabiledell'ufficio per la Svizzera dell'AltoCommissariato delle Nazione Uniteper i rifugiati; Mark Maslin, climatolo-go; Guido Alfani, economista; Gianlu-

ca Grossi, fotoreporter; Daria Pezzoli

Olgiati, storica delle religioni; Federi-ca De Rossa Gisimundo e Pascal Ma-

hon esperti di diritto e Federico Ram-pini, giornalista. Il Simposio è organiz-

zato da IBSA Foundation in collabora-

zione con L'ideatorio dell'USI. I posti a

disposizione sono esauriti. Informa-zioni sul sito di IBSA Foundation:www.ibsafoundation.org.

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Data: 12.10.2018 Testata: Repubblica.it

Blog Blog

ESTREMO OCCIDENTEFederico Rampini

12 OTT 2018

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Domani a Lugano: Marx e la questione irlandeseOvvero: un punto di vista sull'immigrazione che era "politically correct" nel 1870, è diventato

impronunciabile oggi? E' vietato studiare l'effetto depressivo dell'immigrazione sui salari? Non la pensa

così Lord Robert Skidelsky, l'erede di Keynes...

DATA: Sabato 13 ottobre

ore 10:00 inizio Forum Fondazione IBSA "Sguardi scientifici sulle migrazioni"

ore 14:30 intervento Federico Rampini

“L'impatto economico della manodopera straniera dalla Questione Irlandese di Karl Marx (1870) a

Brexit/Trump” con proiezione ppt

SEDE: Auditorium USI Università della Svizzera italiana, Via Giuseppe Buffi, 13 - Lugano

Scritto in America economia, demografia, diritti umani, immigrazione, lavoro sindacati, povertà | Nessun Commento »

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Data: 12.10.2018 Testata: Makemefeed.it

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Data: 13.10.2018 Testata: Radio Popolare

La Terra di mezzo

13 OTTOBRE 2018

La Terra di Mezzo di sab 13/10

La Terra di Mezzo di sab 13/10

Conduttori

Sara Milanese

In onda

sabato dalle 11.30 alle

12.30

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Sguardi scientifici percomprendere il complessofenomeno delle migrazioni:la fondazione Ibsa organizzadomani a Lugano, unconvegno per andare al di là

di propaganda e pregiudizie allargare lo sguardo, dallasociologia all'antropologia.Intervista alla storica dellereligioni Daria Pezzoli-Olgiatie al climatologo Mark Maslin.

I volti dei migranti

4

È importante saper leggere criticamente le immagini e capire quali sono le prospettive che trasmettono'

.t.

i

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di Ivo SilvestroMigranti, profughi, rifugiati, invasori.Già le parole sono difficili, quando si par-la di quella che sembra essere un'emer-genza globale. O forse è solo questione dipercezione, distorta da pregiudizi ance-strali, mass media vecchi e nuovi, oppor-tunismo politico. Il che rende difficile af-frontare il tema in modo sereno.Sui migranti - utilizziamo questo termi-ne, neutro e generico -è necessario unosguardo scientifico, obiettivo, critico. Omeglio una pluralità di sguardi, vista lacomplessità e la delicatezza del tema, e"Sguardi scientifici sulle migrazioni" èproprio il titolo del convegno che si terràdomani nell'Auditorium dell'Università

della Svizzera italiana, dalle 10 alle 16.30,organizzato dalla Fondazione Ibsa perla ricerca scientifica in collaborazionecon l'Ideatorio (info e iscrizioni:www.ibsafoundation.org). Dalla storiadell'uomo all'antropologia, dalla pale-ontologia al diritto, sono molti gli aspettiche saranno affrontati, tra i quali vi è an-che quella distorsione della percezionedalla quale siamo partiti. E infatti utilechiedersi non solo che cosa conosciamodei migranti, ma anche come lo cono-sciamo. E la risposta è semplice: innan-zitutto attraverso immagini: fotografiedi barconi alla deriva, di campi profughi,di persone dietro le barriere di qualchefrontiera. Immagini che non rappresen-tano solo sé stesse: «Quando vediamoun'immagine, non vediamo solo quellaimmagine ma "attiviamo" anche le im-magini che abbiamo visto e assimilatoin precedenza, un corpus che varia daindividuo a individuo ma nel quale sonopresenti anche molti elementi comuni»ci racconta Daria Pezzoli-Olgiati, profes-soressa di Storia e scienze delle religionialla Ludwig-Maximilians-Universiffit diMonaco di Baviera, una delle relatrici delconvegno.

Le immagini, quindi, non illustranosemplicemente la realtà.No, in un certo senso le immagini la co-struiscono, perché contribuiscono a for-mare il modo in cui pensiamo e vediamoil mondo. Lidea che le immagini e la re-

altà interagiscano è la premessa dellemie ricerche.

La realtà viene manipolata o, perusare un termine non connotato ne-gativamente, trasformata dalle im-magini?Noi parliamo proprio di "costruzionedella realtà". Lidea del mattone che creala casa è una bella metafora per spiegarequello che intendo dire: le immagini chevediamo creano delle immagini mentalicon cui noi percepiamo la realtà. Al pun-to che se noi incontriamo qualcuno chenon corrisponde alle immagini del mi-grante che abbiamo interiorizzato, non

lo riconosciamo come tale, perché ci sor-prende visto che non corrisponde allenostre aspettative stereotipe.Non parlerei comunque di una manipo-lazione in senso negativo, anche se le im-magini possono essere usate a scopo ma-nipolatorio. Le fotografie o le opere au-diovisive permettono di percepire feno-meni indipendentemente dallo spazio edal tempo, sono disancorate da questedue dimensioni. E quindi mediano sem-pre la percezione che noi abbiamo diquanto accade in altri luoghi e momentie, in questo senso, costruiscono letteral-mente la visione che noi abbiamo di que-sti fenomeni. Per questo è importante sa-per leggere criticamente le immagini ecapire quali sono le prospettive che tra-smettono. Oggi le immagini circolanomolto velocemente e indipendentemen-te dalle narrazioni che le accompagnano:le immagini hanno un impatto moltoforte, coinvolgono in maniera diversa daaltri linguaggi.

Ma è possibile avere un'immagineche rappresenti in maniera obiettivala realtà dei migranti, diciamo deimattoni adatti per lo scopo? Oppure,trattandosi di un fenomeno complesso,ogni immagine in quanto particolareè necessariamente parziale?Parziale, perché ogni immagine ha ne-cessariamente un punto di vista. È scat-tata all'altezza degli occhi o dall'alto? Acolori o è in bianco e nero? Presenta laprospettiva di chi è in viaggio o di chi ac-coglie? Non esiste un'immagine neutra,

perché ogni immagine ha forzatamenteun suo punto di vista. Il trucco non stanella ricerca di una immagine imparzia-le, ma nell'interpretazione attenta delleimmagini nella loro parzialità.

In concreto, che cosa veicolanole immagini dei migranti?Facciamo un esperimento: confrontia-mo mentalmente le immagini di mi-granti dietro delle sbarre con quella delcorpo del piccolo Aylan tra le braccia delpoliziotto. Rappresentano il fenomenodella migrazione con connotazioni op-

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poste e con potenziali emotivi diversi:l'una mette una barriera e quindi distac-co tra lo spettatore e la massa di migran-ti, l'altra richiede un'identificazioneemotiva e provoca un sentimento di vici-nanza.

Però l'immagine dietro le sbarre puòessere una denuncia delle condizioniinumane subite dai migranti.Però crea una distanza: chi guarda lafoto è sempre dalla parte giusta dellarete. Inoltre ritorno sul fatto che le im-magini non viaggiano mai da sole: l'im-magine di una gabbia evoca le immaginisimili che già conosciamo. E se pensia-mo ai leoni nello zoo, siamo ben contentidi essere protetti da quelle sbarre!

Lei insegna scienze e storia dellereligioni. E la religione è parte dellapercezione dei fenomeni migratori.

Ma non da sempre. Negli anni Settantac'erano forti flussi migratori, ma si parla-va di turchi, algerini eccetera: le personeerano definite secondo la loro apparte-nenza nazionale e/o etnica. Dopo 1'11 set-

tembre, sulla scia delle tensioni provoca-te dal terrore, la religione viene usatacome caratteristica discriminatoria delmigrante. In questo modo, i discorsi pub-blici rendono l'altro altro in forza di unapresunta appartenenza religiosa. Ma,come tutti sappiamo, non è semplice de-finire la religione di una persona, le con-vinzioni e pratiche sono di carattere per-sonale. Inoltre il mondo delle religioni èestremamente differenziato e le nostreconoscenze in materia spesso, purtrop-po, modeste.

IL CLIMA

Aspettando gli effetti del riscaldamento globaleSe il pomeriggio di sabato sarà dedicatoalle scienze umane e sociali - con laprofessoressa Pezzoli-Olgiati affianca-ta dalla responsabile per la Svizzeradell'Alto commissariato delle NazioniUnite per i rifugiati Anja Klug, dallostorico dell'economia Guido Alfani edai giuristi Federica De Rossa Gisimun-do e Pascal Mahon la mattinata ri-guarderà le scienze naturali, con il filo-sofo e biologo Telmo Pievani, il fotore-porter Gianluca Grossi, lo storico dellamedicina Bernardino Fantini e il clima-tologo Mark Maslin.

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Perché il riscaldamento globale è spes-so indicato come una delle cause deiflussi migratori. Ma c'è chi non è d'ac-cordo con questa lettura, tra cui appun-to Maslin, professore all'University Col-lege London. «Al momento non ci sonoprove che problemi ambientali e muta-menti climatici siano la causa di migra-zioni» ci racconta. «Secondo alcuni lacrisi siriana è dovuta ai cambiamenticlimatici, tuttavia la siccità che ha col-pito la Siria ha colpito anche la Libia,Israele ed Egitto, ma senza migrazionidi massa».

I flussi migratori attuali, prosegue Ma-slin, «sono di natura economica - per-sone che si recano in un altro Paese perguadagnare soldi e sostenere la propriafamiglia - oppure legati a guerre e con-flitti».

Non è insomma una questione di ri-scaldamento globale ma di (mal)gover-no, di povertà. «Per adesso» precisa su-bito Maslin: «Per il futuro, la Bancamondiale, le Nazioni Unite e l'Ipcc(Gruppo intergovernativo sul cambia-mento climatico, ndr) hanno avvisatoche le alterazioni ambientali sono unostress per le società e possono costrin-gere le persone a muoversi». L'esempioclassico è il Bangladesh: «Un innalza-mento del livello del mare di un metroporterebbe all'allagamento del 20 percento del territorio». Con le conseguen-ze migratorie, interne ed esterne, che èfacile immaginare.

Le sfide dell'Antropocene

Conseguenze dell'impatto delle attivitàumane sul pianeta: siamo diventati ilprincipale fattore di mutamento geolo-gico ed ecologico, tanto che alcuni stu-diosi - tra cui appunto Maslin - sosten-gono che dovremmo ribattezzare l'at-tuale era geologica in 'Antropocene".«Abbiamo acquisito una sorta di super-potere geologico» spiega Maslin, ag-giungendo che «i mutamenti climaticisono solo l'ultima delle cose che abbia-mo cambiato, sulla Terra». Prima, infat-

ti, «abbiamo tagliato 3 trilioni di alberi,metà di quelli presenti sul pianeta; ognianno spostiamo più suolo di quantofacciano tutti i processi naturali messiassieme; abbiamo prodotto abbastanzacemento da coprire tutto il globo, ocea-ni inclusi, con uno strato spesso 2 milli-metri; se prendiamo il peso dei mam-miferi terrestri, il 30 per cento siamonoi esseri umani, il 67 per cento sonoanimali da allevamento o da compa-gnia e appena il 3 per cento è rappre-sentato dagli animali selvatici che ve-diamo in televisione».Il fatto è che «presi singolarmente sia-mo piccoli e deboli, ma come specie -con 7,5 miliardi di individui - siamoestremamente potenti e dobbiamo de-cidere come usare questo potere: se ri-durre il nostro impatto ambientale, selimitare il riscaldamento globale, oppu-re no».

Siamo quindi vicini al collasso? «No,non penso che rischiamo il collasso, nelfuturo immediato; ma se non cambia-mo, se continuiamo su questa strada, ciarriveremo di certo: l'economia globaleè raddoppiata negli ultimi 25 anni, unritmo insostenibile per l'ambiente». Ilche non significa mandare in pensionel'attuale sistema economico, visto chetra i problemi Maslin cita «il sistemanon capitalistico dei combustibili fossi-

li, con nazioni che sussidiano le fontifossili rendendole competitive: secon-do il Fondo monetario internazionale,miliardi di dollari vanno in aiuti stataliai carburanti fossili, in Paesi comeCina, Stati Uniti, Norvegia, Nigeria... Sevogliamo proteggere il clima dobbiamoporre fine a questo schema e lasciareche l'economia premi le fonti rinnova-bili».

La resilienza migratoria

Tornando alle migrazioni, quello trat-teggiato da Maslin è un futuro incerto,con i problemi dovuti al clima ad ag-giungersi a povertà e conflitti. «Dobbia-mo aspettarci conseguenze sulla pro-duzione di cibo, sull'economia dei Pae-si, sul sostentamento della popolazionema tutto questo può essere compensa-to da un buon governo».In concreto? «Le soluzioni sono com-plesse, ma un primo passo è rendere lecose più eque, tra Paesi e all'interno deiPaesi: dobbiamo garantire che anche lepersone più povere abbiano delle risor-se economiche, per aumentare la lororesilienza: quando c'è una carestia, lepersone non muoiono di fame perchénon c'è cibo, ma perché non ci sono ab-bastanza soldi per comprare cibo».

In futuro il clima si aggiungerà a guerre e povertà

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Data: 12.10.2018 Testata: Tio.ch

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Data: 13.10.2018 Testata: Corriere della Sera

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Subject: Fondazione IBSA

Date: 15.11.2018 Publication: Radici online

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Link: https://radici.online/15-novembre-2018-oltre-la-collina-newsletter-31/

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Subject: Fondazione IBSA

Date: 15.11.2018 Publication: Radici online -

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