rassegna di nuova musica

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rassegna di nuova musica Programma Stefano Scodanibbio Produzione Gianluca Gentili Consulenza artistica Tonino Tesei www.rassegnadinuovamusica.it in collaborazione con Associazione Sferisterio Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Rai Radio3

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rassegna di nuova musica

Programma Stefano Scodanibbio

Produzione Gianluca Gentili

Consulenza artisticaTonino Tesei

www.rassegnadinuovamusica.it

in collaborazione con Associazione Sferisterio

Fondazione Orchestra Regionale delle Marche

Rai Radio3

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12 lunedì

Edison Denisov Sonata [1970]

Federico Mondelci sassofono Filippo Farinelli pianoforte Alfred Schnittke A Paganini [1982]

Marco Rogliano violino

Galina Ustvolskaya Sonata n. 6 [1988]

Marino Formenti pianoforte

Arvo Pärt Für Alina [1976]

Marino Formenti pianoforte

Sofija Gubajdulina Rejoice! [1981]

Marco Rogliano violino Rohan de Saram violoncello

13 martedì

Sergej Prokof’ev Sarcasmes [1915]

Marino Formenti pianoforte

Arvo Pärt Pari intervallo [1976] versione per cinque contrabbassi di Daniele Roccato

Daniele RoccatoFrancesco PlatoniAlessandro Schillaci Maurizio BucciGiacomo Piermatti

Sofija Gubajdulina Sonata [1975]

Daniele Roccato contrabbasso Fabrizio Ottaviucci pianoforte

Galina Ustvolskaya Grand Duet [1977] Rohan de Saram violoncello Marino Formenti pianoforte

“La Rassegna di Nuova Musica, per rigore di scelte ed eccellenza d’esecuzioni senza rivali...si svolge annualmente in Macerata. Il Teatro Lauro Rossi non sembra sufficiente sempre per adunare giovani ascoltatori entusiasti, come occorse nel 2007 per la presenza di Karlheinz Stockhausen, l’ultima volta in Italia.” Mario Bortolotto

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14 mercoledì

Alfred Schnittke Quartetto n. 2 [1980]

Marco Rogliano violino IGiacomo Coletti violino IILadislao Vieni violaRohan de Saram violoncello

Galina Ustvolskaya Composizione n. 2 “Dies irae” [1972/73]per otto contrabbassi, pianoforte e cubo di legno

Ludus GravisFabrizio Ottaviucci pianoforteLaura Mancini cubo di legnoStefano Scodanibbio direttore

Arvo Pärt Fratres [1977 rev. 1983]per orchestra d’archi e percussioni

Tito Ceccherini direttoreOrchestra Filarmonica Marchigiana

Sofija Gubajdulina Introitus [1978]per pianoforte e orchestra da camera

Fabrizio Ottaviucci pianoforteTito Ceccherini direttoreOrchestra Filarmonica Marchigiana

15 giovedì

Igor Stravinskij Le sacre du printemps [1913]versione dell’autore per pianoforte a quattro mani

Belli Piano Duo

Galina Ustvolskaya Sinfonia n. 5 ”Amen” [1989/90]per oboe, tromba, tuba, violino, percussioni e voce recitante

Tito Ceccherini direttoreOleg Rumyantsev voce recitanteOrchestra Filarmonica Marchigiana

Sofija Gubajdulina De profundis [1978]

Claudio Jacomucci fisarmonica Alfred Schnittke Moz-Art à la Haydn [1977]

Tito Ceccherini direttoreOrchestra Filarmonica Marchigiana Dmitrij Šostakovič Valzer n. 2 [1956]

Tito Ceccherini direttoreOrchestra Filarmonica Marchigiana

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Edison Denisov Tomsk 1929 - Parigi 1996 Nel suo stile compositivo, che si è evoluto dalle tecniche seriali verso una sempre maggiore linearità di scrittura melodica e ritmica, D. ha volutamente limitato il proprio vocabolario e rare sono le citazioni del passato o le incursioni in altri generi musicali, tranne per il riferimento al jazz. Dopo essersi laureato in matematica, grazie al sostegno di D. Šostakovič poté compiere gli studi musicali al Conservatorio di Mosca, dedicandosi in particolare allo studio dei classici del Novecento (Stravinskij, Bartók), della seconda scuola di Vienna e delle avanguardie contemporanee. Dal 1961 fino alla morte fu docente di composizione, analisi musicale e strumentazione al conservatorio di Mosca. La sua opera subì gravi limitazioni in patria a causa delle direttive estetiche del governo e delle associazioni ufficiali preposte, e solo alla fine degli anni Ottanta i suoi lavori cominciarono a essere regolarmente eseguiti e conosciuti in patria e all’estero. Tra le composizioni degli anni Sessanta e Settanta ricordiamo la cantata Le soleil des Incas (1964), Signes en blanc per piano (1974), il ciclo La vie en rouge su testi di B. Vian (1973), il Concerto per violino (1977). Dagli anni Ottanta, periodo di maggior maturità compositiva, hanno visto la luce tra gli altri il Requiem (1980), le opere L’écume des jours (1981) e Quatre filles (1986), i Concerti per viola (1986), oboe (1986), clarinetto (1989), chitarra (1991) e per flauto, clarinetto e orchestra (1996). Oltre al Requiem, temi religiosi trovano spazio nelle due Sinfonie (1987 e 1996) e negli oratori Histoire de la vie et de la mort de notre Seigneur Jésus Christ (1992) e Morgentraum (1993).

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“… il silenzio è come un baratro su cui è sospesa l’anima dell’uomo e la musica riuscirà forse a superare l’orrore del silenzio e ad ammaliare il caos …” Osip Mandel’štam

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Sofija Gubajdulina Čistopol 1931

Esponente tra i più autorevoli del panorama musicale internazionale, alla base della sua musica, oltre che una personale appropriazione delle tecniche compositive del Novecento, vi è una fitta rete di riferimenti culturali, derivati dalle radici tatare, dalla consuetudine con strumenti popolari e rituali di diverse tradizioni asiatiche, russe e caucasiche, e dalla frequentazione della letteratura e dell’arte occidentale. Elemento determinante nella sua produzione è la dimensione religiosa, fondata in larga misura sulla filosofia di N. Berdjaev e accompagnata da una radicata convinzione circa le proprietà mistiche della musica. Ha compiuto gli studi di piano e composizione al Conservatorio di Kazan´, perfezionandosi a Mosca con N. Pejko e V. Šebalin. Nel 1992 si è trasferita in Germania. Come molti compositori sovietici della sua generazione, ha incontrato numerose difficoltà a causa delle direttive estetiche e ideologiche degli organismi culturali

ufficiali; importante in questo quadro il sostegno negli anni Sessanta e Settanta di compositori ed esecutori come D. Šostakovič e G. Kremer (al quale è dedicato il concerto per violino Offertorium, 1980-86). Dai primi anni Ottanta la sua notorietà si è rapidamente accresciuta, prima in Occidente poi in patria. La sua produzione ha mantenuto una marcata unitarietà, pur avendo attraversato sensibili evoluzioni della tecnica compositiva. I suoi primi lavori, improntati al serialismo, ruotano intorno a temi religiosi sulla scia di O. Messiaen: Rubaijat per baritono e orchestra (1969), In croce per violoncello e organo (1979). Dagli anni Ottanta è divenuta famosa negli ambienti internazionali, componendo alcuni quartetti, musica sacra e un ciclo di concerti per strumento solo e orchestra. Ricordiamo inoltre: Vivente-non vivente (1970); Stupeni (“Gradini”, 1972-1992); Sem´ slov (“Le sette parole”, 1982) per violoncello, bajan e archi; la sinfonia Stimmen... Verstummen... (1986); gli “omaggi letterari” Hommage à Marina Cvetaeva (1984) e Hommage à T. S. Eliot (1987-1991); il Concerto per viola e orchestra (1996); Im Schatten des Baumes (1998) per strumenti tradizionali giapponesi e orchestra; Johannes-Passion (1999-2000); Light of the end (2003) per orchestra; Verwandlung (2004) per trombone, quartetto di sassofoni, violoncello, contrabbasso e tam-tam. Più recentemente ha composto The deceitful face of hope and despair (2005) per flauto e orchestra; Feast during a plague (2006) per orchestra ; The lyre of Orpheus (2006) per violino, percussioni e archi.

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Arvo Pärt Paide 1935

Dopo le esperienze nella musica d’avanguardia, negli anni Sessanta la sua produzione subì una svolta, segnata dall’interesse per il canto gregoriano e la musica antica. Da allora si è dedicato prevalentemente alla musica sacra, elaborando uno stile proprio, ascetico e di matrice minimalista, basato su antichi procedimenti compositivi, dove la voce assume un ruolo determinante. Diplomatosi al conservatorio di Tallin, dalle iniziali influenze di Prokof´ev e Šostakovič si è poi orientato verso la musica seriale e le tecniche collagistiche. Nel 1980 ha ottenuto la cittadinanza austriaca e nel 1981 si è stabilito a Berlino. Dopo la composizione di Pro et contra, per violoncello e orchestra (1966), Credo (1968, accolto da violente critiche in Unione Sovietica per il suo contenuto religioso) e la cantata Laul armastatule (1973), P. ha attraversato un lungo periodo di silenzio e di studio, dedicato soprattutto alla musica medievale e rinascimentale e al canto

gregoriano, nel corso del quale ha posto le basi della susseguente svolta stilistica. Ne è emerso uno stile ricco di risonanze mistiche e religiose, basato su antichi procedimenti compositivi e su un materiale musicale rarefatto, ridotto a un semplice arpeggio, o scala, o più spesso una triade. Come nel suono delle campane (tintinnabuli), in questa musica sono compresenti semplicità e complessità, densità di assonanze, stasi apparente e molteplicità di armonici. Il riferimento religioso è esplicitato dalla rinunzia all’”armamentario moderno” in favore di una rinnovata essenzialità anche nelle tecniche impiegate, e si estende a tutta la produzione, vocale e strumentale. Il lungo silenzio si è concluso nel 1976 con Aliinale (“Per Alina”), seguito da Tabula rasa (1977), Fratres (1977), Cantus in memoriam Benjamin Britten (1980), composizioni che hanno portato P. al successo internazionale facendone uno degli autori più seguiti negli ultimi anni del Novecento. Le opere successive vedono una marcata prevalenza di musica sacra. Ricordiamo Passio Domini nostri Jesu Christi secundum Joannem (1981-82), Magnificat (1989), Berliner Messe (1991), Litany (1994), Kanon pokajanen (“Canone di pentimento”, 1997), Como anhela una cierva (Salmi 42 e 43, 1998), La Sindone (2006).

“… la Russia è solo il limite estremo della facoltà terrestre di comprendere …” Marina Cvetaeva

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Sergej Prokof´ev Sonzovka, Ekaterinoslav 1891 - Mosca 1953

Figura di primo piano del modernismo musicale novecentesco, P. affiancò alla carriera internazionale di pianista quella di compositore, con una ricca produzione che abbraccia ogni genere musicale. Versatile ed eclettico, assimilò in una sintesi originale le conquiste della musica europea e lo spirito della tradizione russa. Dopo i primi studi privati, completò la sua formazione al conservatorio di San Pietroburgo. Studiò con S. Taneev, poi con A. K. Ljadov e N. Rimskij-Korsakov la composizione, con A. N. Esipova il pianoforte. Gli studi condotti nell’ambito della tradizione russa si innestarono sull’interesse per la musica occidentale d’avanguardia, che si diffondeva in quegli anni a San Pietroburgo grazie alle serate ideate dal coreografo S.P. Djagilev. Dal 1918 in poi viaggiò quale concertista in America, Inghilterra, Francia. Dal 1918 al 1921 P. fu negli Stati Uniti, dove ottenne trionfali successi come pianista, ma anche aspre critiche per l’accentuato modernismo della sua musica. Tornato nell’URSS nel 1936, aderì all’ideologia socialista, fu per vari anni direttore del conservatorio musicale di Mosca e nel 1944 ebbe il premio Stalin. Ottenne riconoscimenti ufficiali dalle autorità del regime, ma anche accuse e fu costretto a una pubblica autocritica e alla composizione di lavori di circostanza. I suoi soggetti principali furono: l’arcano mondo “barbarico” che si infuoca, per esempio nella Suite sciita (1914); il fiabesco e caricaturale (opera l’Amore delle tre melarance, 1919; Pierino e il lupo, 1936); l’energico impeto (5 concerti per pianoforte e orchestra). Altre felici “poesie musicali” di P. vanno peraltro considerate la Sinfonia classica (1917), i balletti Chout (1914) e Le fils prodigue (1929). P. scrisse inoltre le opere Il giocatore (1916), L’angelo di fuoco (1928), Guerra e pace (1942), i fortunati balletti

Romeo e Giulietta (1938) e Cenerentola (1945), musiche di scena e per film (tra cui quelle per Aleksandr Nevskij e Ivan Groznyj di Ejzenštejn), altre sei sinfonie, concerti per violino e pagine pianistiche e da camera.

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Alfred Schnittke Engels 1934 - Amburgo 1998

Dopo i primi studi a Vienna, si formò al conservatorio di Mosca, dove insegnò strumentazione dal 1962. Partito da posizioni inizialmente in sintonia con la tradizione sovietica (lavori impegnativi, ma poco aggiornati linguisticamente), approdò negli anni Sessanta alle tecniche seriali, per giungere nel decennio successivo a una sintesi di stile e di linguaggi aperta a influenze estranee (jazz, forme antiche, polifonia, Mahler, corale russo, Minnesänger). In seguito, influenzato dagli ultimi esiti di Šostakovič, pervenne alla creazione di strutture ampie e complesse, senza rinunciare alla comunicatività. Nel 1990 ottenne la cittadinanza tedesca, pur conservando quella russa. Agli inizi degli anni Settanta, abbandonata la cattedra al Conservatorio di Mosca per divergenze con gli organi direttivi, contrari al suo sperimentalismo, approdò al cosiddetto polistilismo, un serrato confronto fra elementi stilistici disparati, accostati, sovrapposti

e stratificati in un difficile eppur vitale equilibrio fra ricerca di riferimenti nel passato e tensione verso il futuro. Dalla fine degli anni Settanta, le sue composizioni ebbero accoglienza sempre più favorevole in Europa, mentre furono ostacolate in patria fino al momento della Perestrojka. Ricordiamo la I sinfonia (1969-72), cui sono seguite la II (1979, con il sottotitolo di Missa invisibilis), III (1981), IV (1984), V (1988), VI e VII (ambedue 1993), VIII (1994) e IX sinfonia (1996-97); il Quintetto con pianoforte (1972-76) e Requiem (1974-75), testimoni di una dimensione spirituale sempre più importante; il balletto Peer Gynt (1986); le opere La vita con un idiota (1990-91), Gesualdo (1993) e Doktor Faustus (1995).

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Dmitrij Šostakovič San Pietroburgo 1906 - Mosca 1975

Studiò composizione con M. Steinberg e A. Glazunov. Esordì nel 1926 con la prima sinfonia, che fu accolta con favore. Del 1930 sono il balletto Zolotoj vek (“L’età dell’oro”) e l’opera teatrale Nos (“Il naso”) tratta da N. V. Gogol´, sferzante satira della burocrazia e del conformismo condotta attraverso un linguaggio musicale spigoloso e brillante. Nel 1934 fu rappresentata per la prima volta a Leningrado l’opera in 4 atti Ledi Makbet Mcenskogo uezda (“La lady Macbeth del distretto di Mzensk”), su libretto dello stesso Š., tratto dal racconto omonimo di N. S. Leskov. Nonostante il successo di pubblico, nel 1936 l’opera, giudicata non conforme ai dettami del realismo socialista, fu tolta dalle scene sovietiche, per essere ripresentata nel 1963 a Mosca con alcune varianti e con il titolo di Katerina Izmajlova. A partire dalla quinta sinfonia (1937) Š. si allontanò dal solco delle avanguardie musicali per rivolgersi a un tipo di linguaggio più tradizionale. Nonostante ciò, e a dispetto dell’enorme successo della settima sinfonia (detta di Leningrado, 1941), nel 1948 la sua musica fu condannata come “formalista” da parte del Comitato centrale del PCUS. Dall’avvento di Chruščëv, Š. riprese a godere i favori del regime sovietico. Tra le sue ultime composizioni si segnalano il poema per basso, coro e orchestra Kazn´ Stepana Razina (“L’esecuzione di Stepan Razin”, 1964), e il poema sinfonico Oktjabr (“Ottobre”, 1967). La sua vasta produzione comprende opere teatrali (oltre a quelle citate si ricorda

l’incompiuta Igrok “Il giocatore”, 1942-43, tratta da Dostoevskij), balletti, musiche di scena, 15 sinfonie, concerti, composizioni da camera, musiche per film.

“ … um Oriente ao oriente do Occidente …” Fernando Pessoa

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Igor Stravinskij Oranienbaum 1882 - New York 1971

Fu avviato presto agli studi musicali, che completò sotto la guida di N. A. Rimskij Korsakov. Decisivo per l’avvenire di S. fu l’incontro con S. P. Djagilev che, intuito il valore del musicista, gli commissionò il balletto L’oiseau de feu, lavoro rappresentato con grande successo a Parigi nel 1910. L’interessamento suscitato diventò accesa ammirazione dopo la rappresentazione del balletto Petruška (Parigi, 1911). Seguì il balletto Le sacre du printemps, la cui partitura segna una data fondamentale nella storia della musica contemporanea: il lavoro andò in scena a Parigi nel 1913. Da allora in poi la vita di S. coincise con lo sviluppo della sua attività creatrice. Abbandonata definitivamente la Russia, egli visse in Svizzera e per molti anni in Francia, componendo attivamente e dirigendo o suonando sue opere. Nel 1914 iniziò la composizione di un altro balletto, Les noces, scene coreografiche russe per soli, coro, quattro pianoforti e percussioni; il lavoro fu compiuto più tardi, nel 1923. Nel 1918 compose l’Histoire du soldat, azione mimata con voce recitante e sette strumenti. Seguirono: il balletto cantato Pulcinella (1920); l’Ottetto per fiati (1923); l’opera-oratorio Oedipus rex (1927); la Symphonie des psaumes (1930); il balletto Jeu de cartes (1937). Nel 1938 si trasferì negli USA. Fra i lavori da lui scritti in America figurano: la Sinfonia in do (1940); l’Ebony Concerto (1945); la Sinfonia in tre movimenti (1945); l’opera The rake’s progress (1951). In una sommaria classificazione dell’opera stravinskiana si possono distinguere tre grandi periodi chiamati rispettivamente russo, neoclassico e seriale. Nel primo periodo, che

comprende lavori quali L’oiseau de feu, Petruška, Le sacre du printemps, la musica aderisce a un programma, a un soggetto, a un testo, mentre nel secondo periodo, che va all’incirca dal balletto Pulcinella all’opera The rake’s progress, si manifesta la tendenza verso una musica “oggettiva”, classicheggiante, astratta. Mentre nelle opere del primo periodo abbondano i moduli espressivi ricavati dalla musica russa, in quelle del periodo neoclassico sono frequenti i “ritorni” allo stile di altri musicisti. Sia le opere del periodo russo, sia quelle del periodo neoclassico sono caratterizzate musicalmente da un linguaggio a base diatonica, che appare diametralmente contrapposto al linguaggio cromatico usato da Schönberg e dai suoi allievi della corrente dodecafonica: si può dire anzi che S. e Schönberg abbiano segnato le due strade divergenti su cui si è indirizzata in prevalenza la musica del XX secolo. Questa scissione, che sembrava inconciliabile, ha trovato uno sbalorditivo superamento nelle opere scritte da S. dopo The rake’s progress: gradualmente, a partire dalla Cantata del 1952, S. ha adottato procedimenti seriali che hanno portato la sua musica ad accostarsi a quella della scuola viennese, sempre mantenendo, tuttavia, caratteristiche personali inconfondibili.

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Galina Ustvolskaya Pietrogrado 1919 – San Pietroburgo 2006

Il catalogo della Ustvolskaya, si divide in due blocchi: un primo gruppo costituito da opere che assecondano i dettami antiavanguardistici del regime e che sfruttano la lezione dello Šostakovič moderato (del quale la compositrice era stata allieva), un secondo, si distribuisce lungo il primo arco della sua carriera ed è stato in seguito rinnegato in gran parte dall’Ustvolskaya, espungendo questi lavori dal catalogo ufficiale. Un secondo gruppo di opere, che vedono la luce già all’inizio anni Cinquanta, esemplificano l’originalità assoluta dello stile compositivo della Ustvolskaya […]. Questo secondo gruppo di opere è rimasto per lungo tempo allo stato di lavori “conservati nel cassetto”, non pubblicati e ineseguiti, ma anche dopo il 1968 e definitivamente dopo il 1990, quando è scoppiato il caso “Ustvolskaya”, la produzione ha continuato ad essere molto controllata in termini quantitativi, tanto che il catalogo delle opere “legittimate” dalla compositrice si ferma a 25 lavori, non molto superiori a sette ore di musica complessiva. Galina Ustvolskaya non lascia per nessuna ragione San Pietroburgo, non accetta di buon grado onorificenze, inviti, interviste, mantiene una severità assoluta nei confronti del suo pubblico, visto che lo invita a non analizzare, teorizzare o vagliare esteticamente la sua musica. Non vuole farsi fotografare, vuole che la sua musica sia soltanto ascoltata senza cornici culturali, pretende che i suoi lavori siano senza riferimenti a quanto fatto da altri compositori, rivendica una vocazione profondamente mistica per le sue opere (già in molti si sono affrettati a notare le tangenze “esistenziali” con il caso Giacinto Scelsi).

La musica di Galina Ustvolskaya, dominata dalla presenza del pianoforte, con cui lei ama spesso improvvisare (altra tangenza con Scelsi), si basa frequentemente sulla figura retorica dell’ostinato, supportata da cadenze ritmiche vigorose e regolari. È musica nervosa, non pacificata, spesso semplice nella costruzione, ma capace di intraprendere le strade più impervie, più feroci (spesso il filo compositivo si riduce a scheletri verticali, catene accordali che concedono poco alla melodia). Pier Luigi Basso Fossali

“… nulla al mondo è necessario più della musica …” Aleksandr Blok

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note alle composizioni

Edison Denisov Sonata

Composta durante l’estate del 1970, la Sonata per sassofono contralto e pianoforte enfatizza la scienza e la particolare arte di Edison Denisov. Il compositore russo manifesta in quest’opera le evidenti qualità di precisione, eloquenza, lirismo e dinamica, con una concisione di stile esemplare. L’opera è divisa in tre movimenti: Allegro – Lento – Allegro moderato. Denisov è rimasto fedele al suo stile post-seriale. Altrove egli ha osservato che ama il jazz (Duke Ellington, Miles Davis, Thelonious Monk e Oscar Peterson) e che ha il culto della memoria dei canti popolari russi. Egli non ha composto per sassofono precedentemente, e considerando i differenti stili di scrittura che caratterizzano i tre movimenti di questa Sonata, egli ha sperimentato ed esplorato i comportamenti espressivi dello strumento. In effetti, come nella Sinfonia (1968-69) di Luciano Berio, i tre movimenti della Sonata sono nettamente differenziati, ciascuno ha il suo particolare linguaggio musicale. Una serie di dodici suoni […] serve da base per il primo e terzo movimento […]. Questi due movimenti esterni servono come cornice per il movimento centrale che contiene una linea monodica di carattere improvvisativo, con melismi ispirati ai canti popolari. Jean-Marie Londeix

Alfred Schnittke A Paganini

A Paganini per violino solo, composto nel 1982, è stato eseguito la prima volta a Leningrado il 29 settembre 1982 da Oleg Krysa.Scrive Aleksandr Ivaškin: “Il peso maggiore nelle opere di Schnittke degli anni Sessanta ricade sul violino […]. Lo stretto rapporto artistico con violinisti di eccezionale levatura, come Mark Lubockij e successivamente con Gidon

Kremer, divenne un autentico catalizzatore nell’attività del compositore. Da questo momento in poi, fino alla metà degli anni Ottanta, le maggiori idee maturarono proprio nell’alveo delle opere per violino”.Il nucleo di A Paganini è rappresentato da una serie di brevi citazioni dei famosi Capricci op. 1, racchiuse tutte da una introduzione e una coda di matrice prettamente schnittkeiana. Nella prima e ultima parte del brano, l’autore si limita, a tratti, ad accennare movenze paganiniane come per trovare una certa distanza dal modello. “Tutto questo” afferma Schnittke “per essere lontani e vicini allo stesso tempo”.Tonino Tesei

Galina Ustvolskaya Sonata n. 6

A sfogliare il volume che contiene le sei sonate per pianoforte di Galina Ustvolskaya si resta non poco sconcertati. L’abitudine a situare, a trovare ascendenze e modelli viene immediatamente sconfitta da quei pentagrammi sui quali senza divisioni di battuta si susseguono le note con una frugalità che ignora deliberatamente qualsiasi articolazione ritmica di una certa complessità […]. La dimensione storica e romantica del pianoforte è completamente trascesa e lo strumento diviene qualcosa come una tastiera sulla quale eseguire mentalmente i propri pensieri che si dipanano in un gioco di polifonie virtuali. Pure, ad ascoltarlo, il pianoforte della Ustvolskaya risulta quanto mai concreto, a mezza via tra la più ascetica scrittura di Bach e uno strumento a percussione ligneo. Il mondo sonoro descritto da questo strano strumento è in continua espansione: dalla Prima Sonata scritta nel 1946 alla Sesta che nasce nel 1988, si passa da un’austera monodia a una scrittura dalle molte dimensioni. Lo stile percussivo acquista una superiore densità grazie alla tecnica dei cluster mobili e il vecchio contrappunto “nota contro nota” diviene un contrappunto di grappoli di suoni. Enzo Restagno

“… cambierei la felicità di tutto l’Occidente contro la maniera russa di essere triste …” Friedrich Nietzsche

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Arvo Pärt Für Alina

Für Alina [1976] è il mio primo lavoro che appartiene allo stile tintinnabuli, ed è strutturata anch’essa in modo molto razionale. La sua melodia l’ho prelevata a caso dai miei quaderni di esercizi, come se fosse una melodia morta che non significava nulla per me. L’ho organizzata ritmicamente in maniera molto primitiva: ho costruito un piccolo edificio, una piccola architettura. A quella melodia ne ho quindi associata una seconda seguendo le regole molto semplici dello stile tintinnabuli, cosicché le tre note di una tonalità fissa – Si minore – formano la melodia inferiore. Nutrivo forti dubbi sul fatto che quella che avevo creato fosse vera musica, avevo bisogno di tempo per rendermene conto. Nonostante sapessi che quella che io consideravo la mia scoperta non era nata per caso, quel componimento mi sembrava troppo semplice. […] Ora però capisco che tutto era molto più serio di quanto potessi allora immaginare. Ancora non riuscivo a comprendere appieno quali possibilità si aprissero davanti a me grazie a quel modo di procedere; non riuscivo neppure a rendermi conto chiaramente se quella musica si dovesse leggere in senso orizzontale o in senso verticale. Era polifonia o qualcos’altro? Avrei potuto impiegare anche più di due melodie? Ero assillato da mille dubbi, che però non sono durati a lungo.Arvo Pärt, 2003

Sofija Gubajdulina Rejoice!

La Sonata Rejoice [Gioisci, 1981] si compone di 5 parti: I – “Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (da Giovanni); II – “S’allieti in cuor” (Salmo 105); III – Gioisci, Rabbi” (da Matteo); IV – “E ritorna alla tua casa” (da Luca); V. “Ascolta te stesso”. […] Nell’ispirazione di Gubajdulina la Sonata Rejoice assume i contorni di una messa strumentale: I parte – Kyrie; II – Gloria; III – Credo; IV – Agnus Dei; V – Gratias. L’interesse di Gubajdulina per la creazione di una sonata-messa è cresciuto con la scoperta della contrapposizione simbolica tra vibratio e

flautatio, come tra “qui” e “la”. Nell’idea ispiratrice della Sonata, il mondo celeste, associato al flautato aereo, incorporeo e misterioso, compare attraverso microscopici movimenti sulla corda. […] Un secondo aspetto dell’idea ispiratrice non è legato al modo di produzione del suono bensì alla correlazione di tipo drammaturgico tra violino e violoncello in quanto partner nell’insieme strumentale. In questo caso acquistano particolare significato le proprietà timbriche e di registro degli strumenti partecipanti. La struttura delle cinque parti che compongono il ciclo della sonata fa sì che nelle parti dispari i due strumenti si contrappongano l’uno all’altro, mentre nelle parti pari, al contrario, essi si fondono nella sonorità generale. La I parte è costituita da due grandi assoli successivi, prima quello del violino, poi il violoncello. […] Nella II parte le note di violino e violoncello si fondono nel flusso generale di rapidi passaggi cromatici […]. L’inizio della III parte ripropone due grandi momenti solistici, prima del violoncello e poi del violino, ai quali subentra successivamente un contrastato dialogo tra i due “personaggi”. La III parte si conclude con l’unione degli strumenti in un comune e drammatico “gesto”. Nella IV parte violino e violoncello suonano armonicamente uniti. La V parte vede i due strumenti nuovamente contrapposti sotto l’aspetto registrico e melodico: il violino procede verso il proprio registro più acuto, il violoncello, al contrario, verso il registro più grave. L’ultima battuta dell’opera riporta i due strumenti all’unisono.Valentina Cholopova

Sergej Prokof’ev Sarcasmes

Le prime composizioni di Prokof’ev destinate al pianoforte […] discendono direttamente dal virtuosismo di Liszt filtrato attraverso il decadentismo fin de siècle di Skriabin […], sebbene cominci a manifestarsi un modo nuovo di porsi di fronte al pianoforte, percussivo, appunto. […] I Sarcasmes, composti nel 1915, se per taluni aspetti rinviano al demonismo lisztiano, d’altro canto già introducono un elemento

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assolutamente sconosciuto dal pianismo del XIX secolo: la politonalità, cioè una multiforme strutturazione della tradizionale figura melodica e del tradizionale campo armonico, con automatica sfaccettatura del tessuto tonale ridotto a frenetico carosello di atteggiamenti appartenenti alla sfera d’influenza della musica del passato a cui si sottrae l’assoluta univocità dei gradi della scala; di qui la vena parodistica, il grottesco, lo scatto mordente, l’aggressività dissonante. Armando Gentilucci

Arvo Pärt Pari intervallo

Il titolo Pari intervallo (originale per organo) descrive il suo materiale musicale in modo molto più specifico: un paio di voci melodiche si muovono in modo rigorosamente parallelo, prevalentemente per moto congiunto, con l’interrelazione di due voci tintinnabuli. Infatti, è la voce melodica superiore che effettivamente conduce il discorso accompagnata due ottave e una terza più bassa dalla seconda voce melodica. Ci sono sei frasi di 12 misure ciascuna (una nuova nota melodica per misura), e ciascuna di esse comincia con una delle note della triade, muovendo prima sopra la triade, poi sotto per fermarsi sulla tonica […]. Questa sommaria descrizione fa un po’ un resoconto della cupa bellezza del pezzo che immediatamente avvolge l’ascoltatore. È stato composto nel 1976 in memoria di un amico defunto ed è un superbo esempio dell’elegiaco modo che permea Cantus e il più recente Silouan’s Song.Paul Hillier

Sofija Gubajdulina Sonata

Durante i primi anni della maturità artistica Sofija Gubajdulina ha creato molti lavori cameristici tra cui i fantasiosi duetti per contrabbasso e pianoforte Pantomima e Sonata. Scritta nel 1975, la Sonata è in un unico movimento ed è caratterizzata da una serie di assoli del contrabbasso ai quali si

contrappone il pianoforte. Negli episodi solistici il contrabbasso esprime opposte polarità nell’ambito della produzione del suono e delle figure musicali: legato-staccato, tasto-ponticello, tenuto-glissato, normale-col legno, tenuto-tremolato, basso-acuto, arco-pizzicato. Tutti questi elementi del discorso musicale – a volte rivestiti di significati simbolici – entrano in contrasto secondo il principio delle opposizioni binarie frequente in Gubajdulina. Ma soprattutto il pizzicato (normale o glissando) e lo slancio musicale con l’arco creano un quadro di grande efficacia dinamica. Il brano termina con un cupo e misterioso episodio di commiato. Tonino Tesei

Galina Ustvolskaya Grand Duet

“Suonare con estrema energia e una grande forza, con espressività, creatività e immaginazione”. Galina Ustvolskaya ha chiesto che questa indicazione esecutiva venisse stampata nella nuova edizione del Grand Duet per violoncello e pianoforte, realizzata dalle Edizioni Sikorski all’inizio degli anni Novanta. Il Grand Duet fu eseguito per la prima volta da Oleg Stolpner e Oleg Moslov nel 1977 a Leningrado da una partitura piena di imprecisioni pubblicata in Russia. Da allora i grandi interpreti e il pubblico si sono entusiasmati per quest’opera. Secondo il compositore Boris Tichtchenko, un allievo della Ustvolskaya, questo “è un lavoro di grandi dimensioni e di passioni forti”. Una “furiosa tensione” domina i primi quattro movimenti. Un martellamento nel registro acutissimo in un fortissimo esacerbato, è accompagnato da cluster (come “colpi di timpani”) nel registro bassissimo. Si presenta allora una melodia molto semplice, simile a un corale gregoriano, accompagnata da armonie dissonanti. Il secondo movimento è ugualmente dominato da una forza penetrante e concentrata che assume, nel terzo movimento, “titaniche proporzioni” come “blocco di granito” dominato dai trilli del pianoforte e dalla pesante andatura del violoncello.

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Nel quarto movimento, il pianoforte enuncia “un tema estremamente espressivo nel piano tonale e ritmico, energia e forza di volontà, ma anche implorazione e lamentazione”. Il quinto movimento occupa la metà dell’intero lavoro. Qui la musica è talvolta perfettamente calma. “Due volte il materiale intriso di ira del primo movimento fa irruzione nel finale, ma nel complesso è l’idea della pace che domina l’atmosfera”. Per concludere, allora, “cinque movimenti per due strumenti contengono un’intera sinfonia”. Come in tutte le composizioni di Galina Ustvolskaya poche note fanno molta musica.Sigrid Neef

Alfred Schnittke Quartetto n. 2

Ritroviamo una diretta citazione di canti ortodossi nel Secondo Quartetto per archi (1980), in cui vengono citati alcuni esempi di canto religioso antico-russo tratti dalla raccolta di N. Unspenskij. Nel primo, secondo e quarto movimento, in particolare, risuona l’inno liturgico “Il nome del Signore”; nel secondo e quarto movimento l’inno “Con i cherubini”; nel terzo movimento la poglasica e la stichina pasquale (generi appartenenti all’innografia antico-russa) “Dio ha invocato”. Il compositore costruisce con enorme cura l’intero tessuto sonoro su queste citazioni variamente modificate. Spesso, come negli Inni, esse appaiono in una chiara forma melodica, talvolta invece rimangono nascoste in una tumultuosa fattura strumentale, che ricorda allo stesso tempo gli arpeggi romantici e i momenti di eterofonia strumentale delle opere di György Ligeti. […] Il Quartetto è dedicato alla memoria di Larissa Šepit’ko, regista e amica di Schnittke, morta prematuramente in un incidente automobilistico. Benché in questo lavoro […] manchi un programma vero e proprio, sono gli stessi temi degli inni antico-russi a essere simbolicamente legati al pensiero della morte.Aleksandr Ivaškin

Galina Ustvolskaya Composizione n. 2 “Dies irae”

L’opera della Ustvolskaya possiede anche uno specifico religioso sul quale è lei stessa a richiamare l’attenzione: “Per quanto non religiose in senso liturgico, le mie opere sono piene di spirito religioso, e secondo me possono produrre il loro effetto migliore in una chiesa, senza introduzioni e senza analisi scientifiche. In una sala da concerto, ovvero in un ambiente profano, esse producono un’impressione completamente diversa”. Questo intendimento religioso ma non liturgico è particolarmente evidente in un trittico, Compositio n. 1-2-3, scritto fra il 1970 e il 1975. I titoli delle tre composizioni suonano rispettivamente Dona nobis pacem, Dies irae, Benedictus qui venit e ci mettono di fronte a organici strumentali veramente singolari. Ottavino, tuba e pianoforte per Dona nobis pacem, 8 contrabbasi, pianoforte e percussioni per Dies irae, 4 flauti, 4 fagotti e pianoforte per Benedictus qui venit. […] Il proposito di raggiungere il massimo della comunicazione con il minimo dei mezzi sottintende naturalmente un principio ascetico che è la negazione di qualunque retorica, ma affinché il miracolo della massima comunicazione si compia occorre che i mezzi minimi posseggano qualcosa come una sublime frugalità. È proprio nella ricerca di questa frugalità, che è poi la capacità di illuminare interiormente la materia sonora, che la Ustvolskaya ha la mano felice. Esemplare risulta in tal senso il Dies irae, ove le sonorità degli otto contrabbassi e del pianoforte raggiungono una rara concentrazione di staticità e di violenza percussiva. L’orizzonte oscuro disegnato dai contrabbassi è fatto essenzialmente di note tenute, ma in quella massa compatta gli accenti, la variazioni della dinamica, i tremoli e i pizzicati sono in grado di produrre angosciose perturbazioni. Il pianoforte con accordi-cluster di varia estensione […] e con l’ausilio delle percussioni (cubo di legno) introduce nel plumbeo scorrimento di quella materia sonora pulsazioni violente destinate a suscitare nella coscienza dell’ascoltatore visioni apocalittiche. Enzo Restagno

“… l’unica cosa che si può insegnare è quella di perseverare coraggiosamente nel cammino della ricerca …” Sofija Gubajdulina

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Arvo Pärt Fratres

Fratres è stato scritto nel 1977 e revisionato nel 1983. Questa versione è per orchestra d’archi, con claves e grancassa. I violoncelli e i contrabbassi suonano un pedale di quinta vuota (La-Mi) per tutta la durata del pezzo, procedimento tipico dell’organum medievale e di diverse forme di musica orientale. Attraverso questo simbolo dell’eternità la grancassa e le claves ripetono un modulo di due misure di 6/4. Tra ogni reiterazione, i violini (divisi in tre parti) producono delle false relazioni fluttuando in ritmi additivi di 7+9+11/4. Qui non esiste uno sviluppo, salvo per la progressione dinamica della percussione, che induce le viole e i violoncelli a sostenere i violini. L’aumento dinamico conferisce alle false relazioni degli archi un carattere molto “passionale”. Questo crescendo della dinamica e la tensione implicita delle false relazioni conducono al punto culminante del pezzo, senza che gli elementi tematici vengano sostanzialmente trasformati. Dopo questo culmine, la dinamica diminuisce e alla fine non resta più che il suono lontano della grancassa e del pedale. Wilfrid Mellers

Sofija Gubajdulina Introitus

Con Introitus volevo cominciare un ciclo immaginario di messe musicali, messe strumentali, senza parole, senza canto […], un ciclo di opere per strumenti solisti, Introitus, Offertorium, Graduale e Communio. […] Ho già composto Introitus e Offertorium, il Graduale si può vederlo in quel mio lavoro che s’intitola Stupeni [Gradi]. Per Communio non so ancora quale sarà lo strumento protagonista. Attraverso le metafore musicali vorrei penetrare nella sostanza viva della messa e ho pensato a quattro diversi tipi di metafore. Ho scelto quattro differenti spazi sonori da inserire nella parte introduttiva della messa [Introitus]: lo spazio infracromatico, quello cromatico, quello diatonico e quello pentatonico. In ciascuno di questi appaiono

intonazioni di preghiere composte di tre suoni molto ravvicinati. Esistono passaggi graduali ma non sistematici tra uno spazio e l’altro. […] Dopo un’introduzione di tipo infracromatico entra il pianoforte con procedimenti rigorosamente diatonici, sicché sommando la parte del pianoforte a quella dell’accompagnamento si constata come infracromatico e diatonico agiscano simultaneamente. Le intonazioni di preghiere […] cambiano significativamente inflessione passando da uno spazio all’altro. Nell’ambito infracromatico la distanza fra i suoni è molto stretta, quasi invisibile, nell’ambito cromatico diventa più definita e molto più espressiva. Negli ambiti diatonico e pentatonico distanza e caratterizzazioni si fanno ancora più evidenti. […] Esistono passaggi continui tra uno spazio e l’altro e talvolta realizzo un’unione verticale dei quattro modi. Nel finale, per esempio, dove desidero di raggiungere un effetto festoso e solenne. Qui il pianoforte con tutti i suoi tremoli canta come un uccello angelico mentre gli archi eseguono passaggi molto espressivi che si contrappongono al procedere infracromatico dei fiati. […] In ogni epoca esiste l’attualità di una certa forma, un modo più consono di narrare la vita interiore. […] La forma del concerto, che è quella in cui io opero la mia trasformazione, si configurava in passato come la rappresentazione delle gesta di un eroe (il solista) sullo sfondo di una massa (l’orchestra). Oggi questo processo di glorificazione dell’eroe non ha più senso e mi sento di paragonare il ruolo del solista a quello di una persona che varca la soglia di un tempio. Lo sviluppo della vicenda musicale viene quindi a coincidere con la descrizione dei sentimenti che nascono durante la permanenza nel tempio. I rapporti tra il solista e l’orchestra saranno dunque diversi; non mireranno più alla glorificazione dell’eroe, ma al raggiungimento di una vibrazione religiosa che coinvolge il suo destino e quello della moltitudine in una condizione che noi russi chiamiamo “Ambiente di cattedrale”.Sofija Gubajdulina,1991

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Igor Stravinskij Le sacre du printemps

Per capire il carattere di base del Sacre du printemps […] va tenuto presente il riferimento alla Russia primitiva dichiarato nel sottotitolo “quadri della Russia pagana” e al suo folklore. Il Sacre ha numerose ascendenze di ordine narrativo e iconografico […] ma non segue un vero e proprio soggetto drammatico: nelle due parti accosta “quadri” collegati da una tensione interna che sfocia nell’inquietante e conclusiva “Danza sacrale dell’eletta”. Con questa composizione per la prima volta l’autore voltò le spalle in maniera radicale e non scontata alla scrittura tonale: lo fece con atteggiamento personalissimo e provocatorio, congelando il materiale musicale in blocchi sonori che si susseguono con irruenza e varietà […]. Al di là dell’aneddotica che ha accompagnato l’infelicissima prima […] è evidente che il 29 maggio 1913 s’è dischiusa una rivoluzione espressiva che forse soltanto oggi si può apprezzare pienamente. Con il Sacre l’ingresso della musica moderna nella società del tempo fu postulata con determinazione unica. La sua aggressività fonica inusitata sancì la definitiva archiviazione del Romanticismo […]. Ogni concezione ottocentesca rimase travolta dal “barbarico” ritmo di una composizione che per prima cosa si offrì al pubblico non più come confessione o riversamento sentimentale d’autore, ma come il frutto di una meditazione artistica calcolata, di un’oggettiva equazione compositiva in cui il musicista metteva in moto e regolava forze musicali non naturali, non intimamente connaturate al sentir dell’uomo […]. Non che l’ispirazione del Sacre sia riassumibile nella semplice meccanicità costruttivista o parafuturista. La stringente logicità della costruzione delinea piuttosto una tensione espressiva e un’aspra poetica teatrale, ora furibondamente drammatica ora liricamente estenuata […] che non vengono meno in nessuno dei tredici quadri. Il celebre spunto iniziale del fagotto, spinto nelle regioni strumentali acute […] a esplorare spazialità timbriche inattese, apre il Sacre con

un suggestivo tema orientaleggiante sul quale si sovrappone il brulichio orchestrale che vuol simboleggiare la natura in disordinato e irrefrenabile sboccio. Poi entra in scena l’uomo con la danza degli “auguri primaverili” che rappresenta il primo esempio sorprendente di come il ritmo stravinskiano diventi un mezzo espressivo fondamentale: sappia ‘raccontare’ e cantare, sia un elemento di unione e non soltanto di disgregazione. Ciò diventa paradigmatico nella danza finale costruita con un procedimento che Alfredo Casella definì “rubato ritmico”, consistente nell’accostare in continuazione battute di valore diverso, per un effetto parossistico elettrizzante e irresistibile. Angelo Foletto

Galina Ustvolskya Sinfonia n. 5

La Quinta Sinfonia acquista più che mai l’apparenza di una liturgia. Scritta nel 1989 reca il sottotitolo “Amen”, dura una decina di minuti e presenta un organico composto da oboe, tromba, tuba, violino, percussioni [cubo di legno] e una voce recitante maschile che recita il “Padre nostro”; la Ustvolskaya prescrive che questo interprete sia vestito completamente di nero. Probabilmente questa sinfonia raggiunge il massimo di frugalità e impegno drammatico consegnandoci l’immagine di una musica in cui le aspirazioni ideali hanno trasceso e sublimato il rapporto con la storia. Proprio l’essere stati drammaticamente sospinti fuori della storia negli anni di Stalin ha contribuito a far nascere questi mondi silenziosi e privati […]. Trascendere il rapporto con la storia non vuole dire però reciderlo; capita anzi che il battito della storia si faccia più lontano e più lieve, ma non per questo meno penetrante. Enzo Restagno

“… laddove c’è ritmo, c’è musica, così come laddove batte un polso c’è vita …” Igor Stravinskij

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Sofija Gubajdulina De profundis

Il De profundis è un brano in un unico movimento per fisarmonica, composto nel 1978 e dedicato a Fridrich Lips. Si tratta del primo lavoro di Sofija Gubajdulina per tale strumento, nonché del primo momento creativo legato al nome dell’insigne musicista sovietico Fridrich Lips. […] Rivolgendosi per la prima volta alla fisarmonica, strumento estraneo alla compagine orchestrale e alla tradizione accademica europea, Sofija Gubajdulina seppe trasformarla fino a renderla irriconoscibile, trattando le sue possibilità in maniera polarmente opposta al ruolo consuetamente riconosciuto a questo strumento. […] La fisarmonica, provvista di mantice, similmente all’organo, viene in parte percepita da Gubajdulina come un organo in miniatura, ma non soltanto. Proprio quelle innovazioni tecniche introdotte da Lips hanno reso possibile ampliare la “gamma d’espressione” fino a raggiungere le intonazioni naturalistiche del lamento, del sospiro e del respiro. La fisarmonica diventa una persona viva, una creatura viva. […]Gubajdulina utilizza i più diversi modi espressivi della fisarmonica: il colore del cluster, sia mobile sia immobile, il suono emesso dallo sfiatatoio, accordi di vario tipo ed effetto, come la sommessa coralità, la solennità di un inno, veloci passaggi turbinanti, energici momenti di toccata, inquieti tremolando e così via. Ciò che in questo strumento più affascina la compositrice è la capacità di “respirare”, estranea a tutti gli altri strumenti di una orchestra sinfonica. […] Il salmo (De profundis) in sé non rappresenta né il soggetto né il programma del lavoro di Gubajdulina, esso però si riflette simbolicamente nella sua musica. Ciò che viene a crearsi è l’immagine della sofferenza umana “nel profondo”. L’intonazione corale intende esprimere la “speranza” umana e l’idea generale del “Canto delle ascensioni” pervade tutta l’opera che, dai toni più gravi dello strumento, procede verso un registro acuto e luminoso.

La struttura del De profundis è raffrontabile a quella del Detto-I per organo. Anche in questo caso, infatti, abbiamo tre grandi periodi, uno sviluppo formale in tre grandi volute, ognuna delle quali si conclude con un corale di accordi. All’interno delle tre volute abbiamo tre temi contrastanti o, più esattamente, tre immagini, nelle quali muta il materiale musicale: le profondità della sofferenza, la dolorosa ascensione e lo splendore della grazia. Valentina Cholopova

Alfred Schnittke Moz-Art à la Haydn

In una prospettiva più giocosa sembra collocarsi Moz-Art à la Haydn, per due violini, due piccole orchestre da camera, contrabbasso e direttore, come lascia intendere la più sottile estrosità dell’incrocio polistilistico. La provocazione creativa è data da un frammento, la parte del violino, unica superstite di una Pantomima (K. 416d) composta da Mozart nel febbraio 1783 e la cui musica Schnittke immagina di aver ascoltato in sogno, nella notte tra il 23 ed il 24 febbraio 1976, a Mosca. La singolare apparizione dà vita dunque al gioco, consistente nell’integrare la melodia isolata con tutta una serie di elementi che il compositore desume dal bagaglio linguistico della contemporaneità, con un ricorso quindi alla politonalità, alla poliritmia, ai clusters, senza trascurare la stessa organizzazione spaziale del suono, attraverso cambiamenti nella disposizione dei posti degli esecutori ed anche l’organizzazione scenografica, dal punto di vista dell’illuminazione, dell’esecuzione. Si ricrea, in certo qual modo, lo spirito della Pantomima (che in Mozart vedeva protagoniste alcune maschere italiane) con i suonatori che alla fine abbandonanola scena – richiamo appunto alla Sinfonia “degli addii” di Haydn – lasciando solo il direttore che continua a battere a vuoto le ultime battute dell’Andante. L’opera, composta nel 1977, è stata eseguita la prima volta il 30 dicembre 1983 a Tbilisi. Gian Paolo Minardi

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Dmitrij Šostakovič Valzer 2 dalla Suite for Variety Stage Orchestra

La Suite for Variety Stage Orchestra è formata da otto movimenti: I. Marcia; II. Danza 1; III. Danza 2; IV Piccola polka; V. Valzer lirico; VI. Valzer 1; VII. Valzer 2; VIII. Finale. Nella prefazione alla partitura, edita nel 2006 da DSCH Publischers di Mosca nell’ambito della sua edizione delle opere complete di Dmitrij Šostakovič, il musicologo Mauaschir Iakubow scrive: “Per lungo tempo la Suite for Variety Stage Orchestra fu erroneamente identificata con Suite for Jazz Orchestra n. 2. Essa diventò famosa sotto il nome di Suite for Jazz Orchestra n. 2, e divenne parte del repertorio di diverse orchestre comparendo in registrazioni discografiche con il nome sopracitato. Comunque, la vera Suite for Jazz Orchestra n. 2, in base alle fonti e ai documenti della stampa nel percorso della sua prima esecuzione, fu scritta nel 1938 ed è formata da tre movimenti: I. Scherzo; II. Ninna nanna; III. Serenata. […] La Suite for Variety Stage Orchestra è costituita da musica da balletto, musica funzionale e musica da film, scritta da Šostakovič tra gli anni ‘30 e ‘50. Le ultime parti della Suite sono la musica per il film The First Echelon (op. 99) [Il primo contingente, sceneggiatura e regia di N. Podgodin, M. Kalatozow, 1956, Mosfilm] scritta nel 1955-56 […]. Il settimo movimento (Valzer 2) è un’esatta duplicazione del valzer del film The First Echelon, con un altro sviluppo del tema principale aggiunto alla fine”. Il Valzer 2 è stato usato da Stanley Kubrick come colonna sonora del suo ultimo capolavoro Eyes Wide Shut (1999). Tonino Tesei

“… scrivo solo quando sono in uno stato di grazia. Poi lascio che il mio lavoro riposi per molto tempo. Quando il tempo arriva lo faccio conoscere e se quel tempo non arriva semplicemente lo distruggo. Non ho mai accettato commissioni …” Galina Ustvolskaya

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interpreti

Belli Piano Duo

Debutta nel 2008 col CD Wergo “Mythical Dances” con due delle più importanti e virtuosistiche opere per pianoforte a quattro mani: La sagra della primavera di Stravinsky e Makrokosmos IV di George Crumb. La critica internazionale lo ha accolto entusiasticamente: “… eccellente interpretazione…ci motiva a voler ascoltare di più dal Belli Piano Duo” (All Music Guide); “…Interpretazione impeccabile. Frizzante, attacchi articolati, ottimo bilanciamento delle armonie e un’illuminante chiarezza sono il marchio di garanzia di questa esecuzione…” (Audaud); “...esecuzione di prim’ordine” (Gramophone).È imminente l’uscita del CD Music for a summer evening dove il Belli Piano Duo esegue opere del Novecento ispirate alla musica di Bach.

Enrico Belli si forma con Franco Scala prima al Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro, poi all’Accademia “Incontri col Maestro” di Imola dove segue numerosi Master con pianisti quali V. Ashkenazy, L. Berman e M. Pollini. Fondamentali l’incontro e gli studi con il musicologo Piero Buscaroli. Nel 1999 si aggiudica il Primo Premio al Concorso Internazionale “F. Schubert” di Dortmund. Negli anni seguenti si esibisce nelle maggiori città europee in recital e con orchestra con direttori quali G. Kuhn, V. Jurowsky e P. Olmi.Il recente progetto, che prevede l’incisione dei 4 Volumi di Makrokosmos di Crumb abbinati ad importanti opere del passato è iniziato con Primeval Sounds, pubblicato dall’etichetta Wergo nel 2007, ed accolto entusiasticamente dall‘autore e dalla critica internazionale: “Interpretazione straordinaria” (Klassik.com); “Un formidabile pianista” (Classicstoday); “Questa interpretazione dei Preludi di Debussy è tra le migliori… La sensibilità di Belli non conosce confine” (Fanfare).

Olivia Stocco si è esibita in recital nelle maggiori città italiane in Spagna, Finlandia e USA. Nel 2005 Fabio Vacchi le ha affidato la prima esecuzione assoluta della sua opera pianistica Echi d’Ombre registrata per RAI-Radio3.Attiva anche in campo cameristico, ha collaborato, tra gli altri, con i membri del Quartetto Prometeo, il ballerino Michele Simonetti e l’attore Piergiorgio Cinì.Ha ideato e cura il PERPIANOSOLO Meeting, manifestazione giunta quest’anno alla VIII edizione.

“ … quelli che amano la mia musica si astengano da qualsiasi analisi …” Galina Ustvolskaya

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Tito Ceccherini

Nato a Milano nel 1973, ha compiuto gli studi musicali al Conservatorio “Verdi”, sotto la guida di Giovanni Carmassi (pianoforte), Alessandro Solbiati (composizione) e Vittorio Parisi (direzione d’orchestra). Si è perfezionato in Germania, Russia ed Austria, proseguendo gli studi di direzione d’orchestra con Gustav Kuhn e Sandro Gorli eseguendo corsi con John Eliot Gardiner e Gianluigi Gelmetti.È fondatore e direttore dell’Ensemble Risognanze, dedito all’interpretazione della musica del XX secolo ed alla diffusione dell’opera di Niccolò Castiglioni. Con questo gruppo ha affrontato un ampio repertorio di composizioni del Novecento storico e di compositori contemporanei, fra cui molte prime esecuzioni di brani scritti espressamente per il gruppo. L’ensemble è regolarmente ospite dei Tiroler Festspiele, ove ha recentemente riscosso vivo successo con la messa in scena dell’opera Luci mie traditrici di Salvatore Sciarrino. La registrazione dal vivo di questo spettacolo, pubblicata in CD da Stradivarius, è stata insignita del prestigioso premio “Choc” dalla rivista “Le Monde de la musique”.Negli ultimi anni ha approfondito l’interpretazione del repertorio barocco e delle prassi esecutive d’epoca. Con l’Ensemble Rocinante ha effettuato una tournée in Finlandia ed Estonia, seguita dalla pubblicazione di un CD händeliano con Angelo Manzotti (Callisto Records). Attualmente collabora col gruppo milanese Arcomelo.Vincitore del concorso Allegro Vivo - Kammermusik Festival Austria; è attualmente direttore della «Camerata der Sommerakademie» nello stesso festival.Svolge attività concertistica in Italia ed all’estero, invitato da orchestre quali l’Orchestre National d’Ile de France, l’Orchestra Filarmonica di Sarajevo, I Pomeriggi Musicali di Milano, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, l’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia-Giulia, l’Orchestra Milano Classica, l’Orchestra Guido Cantelli, l’Orchestra di Minsk, il Divertimento Ensemble, etc. Nel 2001 ha debuttato al Teatro Massimo Bellini di Catania ne I Puritani, nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Bellini.Assistente di Gustav Kuhn, ha collaborato con lui in produzioni sinfoniche ed operistiche in Europa ed in Giappone; ha curato la preparazione della compagnia di canto e dell’orchestra per l’intero Ring des Nibelungen (Tiroler Festpiele Erl), per Ariadne auf Naxos e Capriccio di Strauss (Teatro di San Carlo, Napoli), nonché per il ciclo completo delle Sinfonie di Beethoven. Dal 1995 è membro dell’Accademia di Montegral.Ha svolto attività didattica in Europa ed in Giappone. Insegna al Landeskonservatorium di Innsbruck, dove è titolare della cattedra di direzione d’orchestra ed esercitazioni orchestrali.

Giacomo Coletti

Nato a Pescara nel 1988 intraprende lo studio del violino all’età di 8 anni con il M° Andrzej Hanzelewicz prima e con il M° Mario Ferraris (violino di spalla del Teatro “Alla Scala” di Milano) due anni dopo.All’età di 15 anni entra al Conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara nella classe del M° Franco Mezzena con il quale svolge importanti master ad Oxford, suonando nella prestigiosa “Holywell Music Room”, a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, eseguendo recital con Sonate di Mozart e Schubert, partecipando da solista al Ticino Musica Festival di Locarno.

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Ha altresì avuto numerose esperienze in ambito orchestrale prestando collaborazioni, per la maggior parte come violino di spalla, con l’Orchestra Sinfonica di Pescara, l’Orchestra Sinfonica dell’Ateneo “Gabriele D’Annunzio”, l’Orchestra Filologica Giovanile “Arcangelo Corelli”, la Corelli Chamber Orchestra, l’Orchestra “Musicarchetipi”, l’Orchestra del Teatro Marrucino di Chieti, l’Orchestra “Arsmusica”, l’Abruzzo Chamber Orchestra .Vanta collaborazioni artistiche con importanti direttori d’orchestra quali Claudio Desderi, Donato Renzetti, Dario Lucantoni, Gilberto Serembe, Antonio Cericola, Pasquale Veleno.Consegue la laurea in discipline musicali ad indirizzo solistico-interpretativo con il M° Marco Rogliano all’età di 21 anni al Conservatorio “G. B. Pergolesi” di Fermo con il massimo dei voti e la lode.Si è esibito in prestigiose sale italiane come, ad esempio, il “Teatro dell’Aquila” di Fermo, “L’oratorio di San Rocco” di Bologna, il “Teatro Massimo” di Pescara, la “Villa di Poggio Imperiale” a Firenze, il “Cortile di Palazzo Altemps” (Museo nazionale Romano) a Roma, la “Basilica S.Vitale” a Roma.Collabora con personalità musicali quali Maurizio Sciarretta, Cesare Chiacchiaretta, Francesco Manara, Danilo Rossi, Maria Conti Gallenti, Fernando Caida Greco, Irina Vinogradova, Marco Rogliano, Ivan Monighetti.Particolarmente importante per la sua formazione musicale l’incontro con il grande pedagogo Zakhar Bron, con il quale svolge numerose lezioni. Suona in occasione del Recital Finale dei Migliori Allievi scelti ad insindacabile giudizio dal M° Bron. Nel Marzo 2009 forma il duo con la pianista Caterina Roberti nato dall’intensa e radicale affinità artistica e da una profonda intesa musicale dei due musicisti che determina unanimi ed entusiastici consensi.

Rohan de Saram

Nato a Sheffield da genitori cingalesi, ha cominciato a studiare il violoncello in giovane età con Gaspar Cassadò a Siena, con John Barbirolli nel Regno Unito e con Pablo Casals a Puerto Rico, debuttando nel 1960 alla Carnegie Hall con la New York Philharmonic Orchestra. Vincitore di diversi premi internazionali, si è esibito in molti paesi d’Europa, Asia, America, Australia come solista e per le maggiori orchestre del mondo. Ha lavorato con i più famosi direttori e compositori, tra i quali Adrian Boult, Seiji Ozawa, William Steinberg, Zubin Mehta, Colin Davis, Zoltán Kodály, Dmitri Shostakovich, Francis Poulenc. Compositori come Xenakis e Berio hanno scritto brani appositamente per lui. Nonostante sin da adolescente si sia fatto un nome come musicista classico, è conosciuto soprattutto come eccelso esecutore del repertorio contemporaneo e come membro (dal 1979) del Quartetto Arditti, con il quale si è esibito in tantissimi festival e sale da concerto di tutto il mondo. Oltre a insegnare e a suonare un vasto repertorio come solista, in duo, in trio e in ensemble, de Saram si dedica alla musica d’improvvisazione ed è coinvolto in molti progetti legati alla musica orientale. Grazie ai suoi studi sul ritmo dei tamburi e sulle melodie della musica tradizionale dello Sri Lanka, inserisce spesso nei suoi recital performance con il Kandyan drum, strumento tradizionale cingalese. Nel dicembre 2004 viene insignito della laurea ad honorem dall’Università di Peradeniya e nel 2005 riceve il “Deshamaniya”, un riconoscimento nazionale conferito dal presidente dello Sri Lanka.

“… Čechov soleva dire che lui scriveva di tutto, tranne delazioni. E io la penso allo stesso modo. Il mio è un punto di vista assai poco aristocratico …” Dmitri Šostakovič

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Filippo Farinelli

Si è diplomato in Pianoforte al Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia. Ha studiato musica da camera con Francesco e Angelo Pepicelli e composizione con Stefano Bracci. Si è perfezionato con Paolo Vergari ed ha seguito Masterclasses, fra gli altri, con Dario De Rosa, Irwin Gage e Dalton Baldwin. Ha conseguito inoltre il Diploma di Musica Vocale da Camera al Conservatorio “L. Campiani” di Mantova sotto la guida di Thomas Busch, il Diploma Accademico di II livello all’Istituto Musicale “G. Briccialdi” di Terni, e ha frequentato un corso postgraduate di specializzazione nel repertorio liederistico alla Universität für Musik und Darstellende Kunst di Vienna, nella classe di Charles Spencer. Collabora da tempo con il sassofonista Federico Moldelci di cui è pianista accompagnatore dei corsi di perfezionamento da lui regolarmente tenuti al “Festival delle Nazioni” di Città di Castello. Suona stabilmente con il sassofonista David Brutti, Duo Disecheis, con il quale si è perfezionato all’Accademia Pianistica di Imola con Pier Narciso Masi, conseguendo il diploma triennale di Musica da Camera e distinguendosi con l’attribuzione del Master. È stato premiato in numerosi concorsi cameristici nazionali ed internazionali fra cui il Premio Città di Trapani (III Premio) e il Gaudeamus Interpreters Competition di Amsterdam (II premio). Ha effettuato registrazioni per l’etichetta Materiali Sonori (San Giovanni Valdarno, Firenze), Max Research (Arezzo), Aliamusica (Parma), Domanimusica e Rai Radio Tre (Roma).

Marino Formenti

Salutato dal Los Angeles Times come il “Glenn Gould del XXI secolo”, Marino Formenti si è imposto soprattutto grazie alle sue interpretazioni di musica moderna e contemporanea e all’intenso dialogo tra passato e presente, come i recenti programmi Seven last words e Kurtag’s Ghosts dimostrano. La sua ricerca lo porta spesso anche a sperimentare al di là della forma del concerto, con concerti-installazioni, performances ecc. (Missa, Piano Trips, Nothing is Real, The Party, Piano Integral). È regolare ospite dei maggiori festival e istituzioni concertistiche mondiali, come il Lincoln Center di New York, i Festival di Salisburgo, Lucerna, Edinburgo, Bregenz, Scheswig-Holstein, Aspen, Ravinia, il Festival Lockenhaus di Gidon Kremer, le Berliner Festwochen, la Philharmonie e il Konzerthaus di Berlino, il Musikverein e il Konzerthaus di Vienna, le Filarmonie di Colonia e Budapest, la Rachmaninov Hall di Mosca e Filarmonia di San Pietroburgo, la Suntory Hall di Tokyo. Ha suonato con la Cleveland Orchestra, i Los Angeles Philharmonics, la Gustav Mahler Chamber Orchestra, i Münchner Philharmoniker, l’Orchestre de la Suisse Romande. l’Orchestre de Radio France e le più importanti orchestre radiotelevisive tedesche e austriache, e con direttori come Franz Welser Möst, Kent Nagano, Esa Pekka Salonen, Gustavo Dudamel, Daniel Harding. Collabora con alcuni dei più importanti compositori viventi, da Helmut Lachenmann a György Kurtág e Salvatore Sciarrino.Nel 2009 è stato Artist in Residence al Kunstfest Weimar di Nike Wagner. Nel settembre 2010 terrà a battesimo Nowhere, un progetto di indagine sul pubblico e privato musicale, durante il quale il pianista vive e suona incessantemente, per 8 giorni di seguito, nello stesso spazio pubblico. Per il Centro Dramaturgico Nacional spagnolo realizzerà insieme all’enfant terrible Rodrigo Garcia un progetto di teatro musicale sulle Sette Ultime Parole di Cristo in Croce di Joseph Haydn, già alla base di Seven last words. Col progetto pianistico Kurtag’s Ghosts si è esibito a Lucerna, Vienna, New York, San Francisco, Salisburgo, Berlino. Il San Francisco Chronichle ha scritto in questa occasione: “Quello che Joyce ha fatto al romanzo, Formenti sembra voler fare del “… Čechov soleva dire che lui scriveva di tutto, tranne delazioni. E io la penso allo stesso modo. Il mio è un punto di vista assai

poco aristocratico …” Dmitri Šostakovič

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concerto. Con risultati indimenticabili.” Anche il recente, doppio CD Kurtag’s Ghosts ( KAIROS ), nato da questo progetto, è stato recensito con grande entusiasmo da tutta la stampa d’oltralpe e americana. Nel 2011 presenterá a Amburgo il suo nuovo programma Liszt Inspections.Come direttore, già assistente di Kent Nagano e Sylvain Cambreling, si è esibito in molte produzioni e concerti, al Teatro alla Scala, alla Salle Pleyel di Parigi, al Festival di Vienna, per l’ Accademia di Santa Cecilia di Roma, al Konzerthaus di Vienna, Konzerthaus di Berlino, al Festival Wien Modern, con Klangforum Wien, al Ravenna Festival ed al nuovo Festival Koinè di Milano.Su invito di Maurizio Pollini ha diretto un progetto al suo fianco con musiche di Luigi Nono a Milano, Roma, Parigi. Ha concepito e diretto il suo PARTY al Ravenna Festival, MEC Los Angeles, Curva Minore a Palermo, e lo scorso anno è stato ospite di questa Rassegna Musicale.Ha tenuto a battesimo la prima austriaca dell’opera Der Protagonist di Kurt Weill e nell’aprile 2010 all’Odeon di Vienna dirigerà la prima mondiale della versione da camera dell’opera L’Angelo di Fuoco di Prokofiev. Ha registrato per numerose case discografiche, tra cui KAIROS, col legno e BIS, riscuotendo critiche entusiastiche da parte della stampa europea e americana e aggiudicandosi numerosi riconoscimenti.È stato membro per diversi anni dell’Ensemble Klangforum Wien. Docente straordinario al Konservatorium di Vienna, nel 2010 sarà docente al Festival di Darmstadt.È vincitore del BELMONT-Award 2009 della Forberg-Schneider-Stiftung di Monaco.

Ludus Gravis

Ensemble di contrabbassi dedito all’esecuzione di musica contemporanea, nasce dall’incontro di Stefano Scodanibbio con Daniele Roccato e il suo gruppo di allievi e debutta nel marzo 2010 all’Auditorio Nacional di Madrid.Data la sua straordinaria originalità, Ludus Gravis si pone come un’autentica novità nel panorama concertistico internazionaleIl repertorio comprende brani di John Cage, Arvo Pärt, Terry Riley, Stefano Scodanibbio, Galina Ustvolskaya.I componenti di Ludus Gravis sono: Daniele Roccato (primo contrabbasso), Stefano Battaglia, Maurizio Bucci, Paolo Di Gironimo, Simone Masina, Giacomo Piermatti, Francesco Platoni, Alessandro Schillaci.

Claudio Jacomucci

È considerato uno dei più dotati ed originali fisarmonicisti sulla scena internazionale. Il suo lavoro ha contribuito a sviluppare nuove tecniche esecutive, una pedagogia innovativa, ad accrescere ed emancipare il repertorio fisarmonicistico e a presentare il suo strumento in mondi artistici diversi. I suoi interessi spaziano dalla musica barocca, Novecento storico, musica contemporanea, tradizionale, multimediale all’improvvisazione. È anche compositore di brani solistici ed elettroacustici.Vincitore di concorsi internazionali come il Grand Prix International d´Accordeón di St. Etienne (Francia 1988), Trofeo Mundial C.M.A. a Cuenca (Spagna 1990), Premio Cittá di Castelfidardo (Italia 1990) ed Arrasate Hiria (Paesi Baschi 1994), Orpheus 2008 con Wonderlands (per il miglior disco di fisarmonica classica del 2008).

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Ha presentato prime esecuzioni di brani di Luciano Berio, Franco Donatoni, György Kurtag, Luis De Pablo, Boris Porena, etc. (spesso a lui dedicati) e di proprie composizioni.Ha suonato in Europa, USA, Cina, Messico, Russia in numerosi festival e istituzioni come la Cornell University (USA), Filarmonica di Berlino, Concertgebouw (Amsterdam), Sala Oliver Messiaen (Parigi), Teatro alla Scala (Milano), Fondazione Gaudeamus (Amsterdam), Festival Synthese (Bourges), Nuova Consonanza (Roma), Sala Chavez - Unam (Città del Messico), Accademia Sibelius (Helsinki), Royal Academy of Music (Londra).È fondatore ed insegnante dell’Accademia Fisarmonicistica Italiana a Urbino e tiene masterclass in tutto il mondo.Lavora con la coreografa e danzatrice Kathleen Delaney, esplorando le possibilità compositive tra movimento e suono nei diversi aspetti: interazioni live, musica elettroacustica e video-dance.

Federico Mondelci

Ha studiato sassofono al Conservatorio Statale di Musica “G. Rossini” di Pesaro diplomandosi con lode nel 1979. Ha anche studiato canto, composizione e direzione d’orchestra. Nel 1981 si è diplomato al Conservatorio Superiore di Bordeaux sotto la guida di Jean-Marie Londeix con il conferimento di Medaglia d’oro all’unanimità.Da allora Federico Mondelci è apparso solista con le più importanti Orchestre, tra le quali l’Orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala diretta dal M° Seiji Ozawa.L’esibizione al Festival di San Pietroburgo e alla sala Tchaikovsky di Mosca lo ha portato ad una stretta collaborazione con la Moscow Chamber Orchestra e il loro CD con i Tanghi di Piazzolla per la casa americana Delos ha ricevuto critiche esaltanti. La sua discografia, principalmente con le etichette Delos e Chandos, comprende il repertorio solistico con orchestra, il duo con pianoforte e il quartetto. Altri dischi riflettono il suo entusiasmo per la musica contemporanea come il CD edito dalla RCA con composizioni di autori italiani e il CD monografico su Giacinto Scelsi, edito dalla INA in Francia, che ha ottenuto il “Diapason d’Or”.Nel luglio 2002, in Germania, ha eseguito il Concerto di Glazunov con “I Solisti di Mosca” diretti da I. Bashmet. Nel marzo 2003 ha eseguito in prima europea il Concerto Cyberbird per sassofono, pianoforte e orchestra di Takashi Yoshimatsu con la BBC Philarmonic Orchestra a Manchester.Nel giugno 2004 ha eseguito il Concerto di Glazunov alla Filarmonica di San Pietroburgo e di nuovo nel 2005, alla sala Tchaikovsky di Mosca nell’ambito della Stagione della Filarmonica.Nella stagione 2009/2010 ha in programma numerose tournée estere tra cui USA, Russia, Nuova Zelanda, Thailandia. Accanto all’attività internazionale di solista Federico Mondelci affianca una importante attività di direttore d’orchestra collaborando con solisti di fama internazionale come Ilya Grubert, Michael Nyman, Kathryn Stott, Pavel Vernikov, Nelson Goerner, Francesco Manara, Luisa Castellani.È docente di sassofono al Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro, direttore artistico dell’Ente Concerti di Pesaro e direttore della ISO - Italian Saxophone Orchestra, da lui stesso fondata nel 1995.È inoltre fondatore dell’Italian Saxophone Quartet che dal 1985 si esibisce con successo in ambito internazionale.(www.federicomondelci.com)

“… Nono ha dimostrato che la musica contemporanea non può essere soltanto e puramente razionale …” Alfred Schnittke

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Orchestra Filarmonica Marchigiana

Fondata nell’anno 1985 ed oggi gestita dalla Fondazione Orchestra Regionale delle Marche (FORM), è una delle tredici Istituzioni Concertistiche Orchestrali italiane (ICO) riconosciute dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Attualmente il M° Donato Renzetti ne è il Direttore Principale ed Artistico.Formata per la maggior parte da valenti musicisti marchigiani, fra cui molti giovani, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana affronta con notevole flessibilità il repertorio sia lirico, sia sinfonico, distinguendosi di conseguenza per una particolare duttilità sul piano artistico-interpretativo, come rilevato da tutti gli interpreti e i direttori d’orchestra che con essa hanno collaborato.Nel corso della sua attività, consistente principalmente nella realizzazione della Stagione Sinfonica in ambito regionale e nella partecipazione alle più importanti manifestazioni a carattere lirico delle Marche (Teatro Pergolesi di Jesi, Sferisterio Opera Festival di Macerata, Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro delle Muse di Ancona), si è esibita con grandi interpreti come Gidon Kremer, Natalia Gutman, Vladimir Ashkenazy, Andrea Bacchetti, Alessandro Carbonare, I solisti della Scala, avvalendosi della guida di direttori di prestigio internazionale, quali Gustav Kuhn (Direttore Principale dal 1997 al 2003), Woldemar Nelsson (Direttore Principale Ospite dal 2004 al 2006), Daniel Oren, Donato Renzetti, Bruno Campanella, Corrado Rovaris, Anton Nanut.Rivolge una particolare attenzione alla valorizzazione dei compositori marchigiani del passato, soprattutto Pergolesi, Rossini e Spontini, promuovendo nel contempo l’attività dei maggiori compositori marchigiani contemporanei. Collabora con gli Enti e le Associazioni concertistiche più prestigiose delle Marche. Realizza inoltre circuiti di concerti destinati al pubblico scolastico.Dal 1998 al 2002 è stata orchestra principale del Festival Snow & Symphony di St. Moritz. Nel maggio del 2003 ha effettuato una tournèe di concerti in Austria con il sostegno del Consolato Italiano di Innsbruck e all’Istituto Italiano di Cultura. Nel 2005 è stata invitata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad eseguire, in collaborazione con il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, il tradizionale Concerto di Fine Anno al Quirinale sotto la direzione del Maestro Donato Renzetti, riscuotendo apprezzamenti critici e un grande successo di pubblico. Nel 2006, in occasione dei 250 anni dalla nascita di Mozart, ha realizzato con il contributo dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Macerata il progetto “Sinfonie d’organo”, un concerto itinerante teso alla valorizzazione del patrimonio degli antichi organi delle Marche nello splendore artistico dei luoghi che li ospitano.Nel Natale del 2006, sotto la direzione di Corrado Rovaris, ha eseguito in tournée a Roma, Betlemme e Gerusalemme il Concerto per la Vita e per la Pace, con il soprano Cinzia Forte e il violoncellista Enrico Dindo. Il concerto è stato trasmesso in differita su Rai1 e su Radio3.L’Orchestra Filarmonica Marchigiana è presente sul mercato discografico con numerose incisioni, tra cui si segnalano: La Serva Padrona e Stabat Mater di G.B. Pergolesi, Guntram di R. Strauss, Rossini Ouvertures, Le nozze di Figaro di W.A. Mozart, Oberto Conte di San Bonifacio e Preludi e Ouverture di G. Verdi. Nel 2003 è uscito il DVD dell’opera L’elisir d’amore di Donizetti realizzato dalla Rai, mentre nel 2004 il CD Sinfonia n. 9 di G. Mahler e il DVD dell’opera I racconti di Hoffmann di Offenbach.

“ … oggi i compositori hanno capito che anche il colore della musica è in grado di offrire un’informazione musicale …” Edison Denisov

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Laura Mancini

Nasce a Città di Castello (PG) il 21/06/1984. Intraprende lo studio delle percussioni molto presto e nel 2008 si diploma con lode sotto la guida del M° Domenico Fontana al Conservatorio di Musica di Perugia.Ha frequentato corsi di perfezionamento con il M° Stefano Cantarelli e seminari con solisti di calibro internazionale quali L. H. Stevens e N. Rosauro. Ha già all’attivo numerose esperienze in qualità di solista (marimba, vibrafono, percussioni), in ensemble di sole percussioni (Tetraktis Percussioni, Agathà, Guitar percussion ensemble) e collaborazioni con orchestre italiane quali: Orchestra del Teatro Regio di Parma, Orchestra Sinfonia Veneta, Orchestra sinfonica di Perugia e dell’Umbria, Orchestra Sinfonica di Terni, Brass ensemble del Conservatorio di Perugia, Corciano Festival ensemble, Orchestra dell’Università degli Studi di Perugia, United Artists for Peace Chamber Orchestra, Orchestra da camera A. Onofri. Nel 2007 si laurea in Ingegneria Civile all’Università degli Studi di Perugia.

Fabrizio Ottaviucci

Si è brillantemente diplomato in pianoforte al Conservatorio di Pesaro sotto la guida di Paola Mariotti; ha inoltre studiato Composizione e Musica Elettronica.Ha tenuto concerti nelle più importanti città italiane e tedesche e tournèe negli USA, Canada, Messico, Inghilterra, Spagna, India. È stato più volte invitato a prestigiosi festival e rassegne come Festival Pontino, Rassegna di Nuova Musica Macerata, Milano Musica, “Traiettorie” Parma, Accademia S. Cecilia, Nuova Consonanza Roma, Aterforum Ferrara, Evento Suono Pesaro, Amici della Musica Palermo, Centro d’Arte Padova, S. Maternus Köln, Tonhalle Düsseldorf, Festival Internacional Cervantino Guanajuato, Jazz Festival di Bristol, Frankfurt, Berlin, Vigo, ecc. Di particolare importanza la sua attività nella musica contemporanea, nella quale ha collaborato con partner di grande prestigio quali Rohan de Saram, Stefano Scodanibbio, Mike Svoboda, Mario Caroli, Manuel Zurria, Francesco Dillon, Aldo Campagnari, Tara Bouman, Markus Stockhausen con il quale collabora intensamente dal 1986 anche nei repertori tradizionali.Ha eseguito prime assolute dei compositori Stefano Scodanibbio,Tonino Tesei, Fernando Mencherini, Ivan Vandor, Gilberto Cappelli, Albero Caprioli. Ha studiato l’opera pianistica con Giacinto Scelsi.Attivo anche sul piano della sperimentazione, ha tenuto concerti con Gary Peacock, Robyn Schulkowsky, Paolo Giaro, Mark Naussef, Conny Bauer.Ha registrato per la ECM Monaco, CMP Köln, AMIATA Firenze, SPLASH R. Milano, WISTERIA Amsterdam, AKTIVRAUM Köln, STRADIVARIUS e WERGO.Diversi concerti sono stati registrati e trasmessi da Rai Radio3.Vive ad Assisi dove dirige il progetto “laboratorio di musica intuitiva”.

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Daniele Roccato

Contrabbassista solista fra i più attivi e prolifici, si è esibito in alcuni dei palcoscenici più prestigiosi a livello internazionale.Si è dedicato alla valorizzazione del contrabbasso come strumento solista attraverso la trascrizione, la diffusione del repertorio originale della seconda metà del Novecento e la promozione di nuove musiche senza distinzione di generi e stili.Ha trascritto ed eseguito brani di Marais, Bach, Beethoven, Brahms, Schumann, Schubert, Debussy, Shostakovich, Hindemith, Webern, Berg, Schoenberg, Pärt e molti altri.Nei suoi progetti si propone con contrabbasso solo, duo con pianoforte, duo con fisarmonica, contrabbasso e orchestra, in formazioni con vibrafono e percussioni, con elettronica e action painting, con voce recitante, con percussioni e video-art, con live electronics e danzatrice. Nella sua personale ricerca e interazione con le varie forme d’arte ha collaborato con personalità del teatro (David Riondino, Sebastiano Lo Monaco), della letteratura (Vitaliano Trevisan), del jazz (Richard Galliano), della danza (Carla Fracci, Gry Kipperberg) e del pop (Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Roberto Vecchioni). Ha composto le musiche per la pièce teatrale Solo et Pensoso di Vitaliano Trevisan.Titolare della cattedra di contrabbasso al Conservatorio di Musica di Perugia, è spesso invitato a tenere seminari in prestigiose Accademie e Università. Viene regolarmente invitato a far parte della giuria di concorsi internazionali.È nato ad Adria nel 1969 e da anni vive a Roma.

Marco Rogliano

Avviato prestissimo allo studio della musica, si è diplomato al Conservatorio S. Cecilia di Roma sotto la guida di Antonio Salvatore.Perfezionatosi con Ruggiero Ricci, Riccardo Brengola e Salvatore Accardo, fa il suo debutto internazionale come solista nel 1989 eseguendo il Concerto di Sibelius con la Helsingborg Symphony Orchestra diretta da Ari Rasilainen.Premiato ai concorsi internazionali Bucchi di Roma, ARD di Monaco, East and West Artists di New York, ha tenuto concerti solistici e cameristici nelle più importanti istituzioni italiane e straniere collaborando con direttori come Lior Shambadal, Gunther Neuhold, Marco Angius, Fabio Maestri, Tito Ceccherini e strumentisti del calibro di Alexander Lonquich, Gianluca Luisi, Roberto Cominati, Andrea Lucchesini, Maurizio Baglini, Shuku Iwasaki, Salvatore Accardo, Enrico Dindo, Ingolf Turban, Reiko Watanabe, Danilo Rossi, Bruno Giuranna, Rocco Filippini, Franco Petracchi, Mario Caroli, Giampaolo Pretto, Alessandro Carbonare, Fabrizio Meloni, Alessio Allegrini, Jonathan Williams.Ha ottenuto il prestigioso premio “Diapason d’Or” con la sua incisione di Allegoria della Notte per Vl. e orch. di Salvatore Sciarrino per Kairos con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, diretta da Tito Ceccherini, ed i 24 Capricci di Paganini incisi per la Tactus (secondo italiano dopo Salvatore Accardo) gli hanno procurato un grande successo internazionale di critica su riviste come Fanfare, Gramophone, Diapason (5 stelle) e Le Monde de la Musique (4 stelle).Ha inoltre inciso in Prima Assoluta l’Humoreske e la Leggenda per violino e orchestra di Respighi per Inedita, l’integrale per violino e pianoforte di Respighi e le Quattro Stagioni di Vivaldi con “Stagioni” di Guarnieri per Tactus.

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Nel 1996, Salvatore Accardo lo ha invitato personalmente come Primo Violino Solista della sua Orchestra da Camera Italiana e dal 2001 ricopre lo stesso ruolo nell’Ensemble Cameristico “I Solisti di Pavia” fondato e diretto da Enrico Dindo.Tiene il Corso di Perfezionamento in Violino all’Accademia Musicale di Pavia. Ha recentemente debuttato come solista insieme al violinista Ingolf Turban nella Grosser Saal della Filarmonica di Berlino dietro invito di Lior Shambadal e dei Berliner Symphoniker. Nel luglio 2009 debutterà in Cina con il Quarto Concerto di Paganini assieme all’Orchestra Sinfonica di Macao.Marco Rogliano suona su un Nicola Bergonzi (Cremona,1790) affidatogli dalla Fondazione Maggini di Langenthal (Svizzera). Gli è stato conferito il Premio Scanno 2008 per la Musica.

Oleg Rumyantsev

Nato nel 1976, slavista per professione e musicista per diletto, conclude il dottorato di ricerca alla Ca’ Foscari di Venezia e ora insegna russo come lettore alle Università di Macerata e Urbino; autoproduce alcuni lavori di musica sperimentale.

Stefano Scodanibbio

Contrabbassista e compositore, è nato a Macerata il 18.6.1956.Ha studiato contrabbasso con Fernando Grillo, composizione con Fausto Razzi e Salvatore Sciarrino, musica elettronica con Walter Branchi, storia della musica con Michelangelo Zurletti.Il suo nome è legato alla rinascita del contrabbasso negli anni ‘80 e ‘90, ha infatti suonato nei maggiori festival di musica contemporanea numerosi pezzi scritti appositamente per lui da compositori quali Bussotti, Donatoni, Estrada, Ferneyhough, Frith, Globokar, Sciarrino, Xenakis.Nel 1987, a Roma, ha tenuto una maratona di 4 ore non-stop suonando 28 brani per contrabbasso solo di 25 autori.Ha collaborato a lungo con Luigi Nono (“arco mobile à la Stefano Scodanibbio” è scritto nella partitura del Prometeo) e Giacinto Scelsi.John Cage, in una delle sue ultime interviste, ha detto di lui :“Stefano Scodanibbio is amazing, I haven’t heard better double bass playing than Scodanibbio’s. I was just amazed. And I think everyone who heard him was amazed. He is really extraordinary. His performance was absolutely magic”.Suona regolarmente in duo con Rohan de Saram e Markus Stockhausen.Nel 1996 è stato insegnante di contrabbasso ai Darmstadt Ferienkurse, inoltre ha impartito Master Class e Seminari in diversi luoghi: Rice University di Houston, Berkeley University, Stanford University, Oberlin College, Musikhochschule Stuttgart, Conservatoire de Paris, Conservatorio di Milano, ecc.Ha composto più di 50 lavori principalmente per strumenti ad arco (Sei Studi per contrabbasso solo, Six Duos per tutte le combinazioni dei quattro archi, Concerto per contrabbasso, archi e percussioni, 4 Quartetti, ecc.) e per quattro volte le sue

“… volevo soltanto una linea musicale che fosse portatrice di un’ anima, come quella che esisteva nei canti di epoche lontane …” Arvo Pärt

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composizioni sono state selezionate dalla SIMC, Società Internazionale di Musica Contemporanea (Oslo 1990, Città del Messico 1993, Hong Kong 2002, Stoccarda 2006).Nel giugno 2004 ha eseguito la prima esecuzione della Sequenza XIVb di Luciano Berio, una propria versione per contrabbasso dall’originale Sequenza XIV per violoncello.Attivo nella Danza e nel Teatro ha lavorato con coreografi e danzatori come Virgilio Sieni, Hervé Diasnas e Patricia Kuypers e con il regista Rodrigo García.Il suo lavoro di Teatro Musicale Il cielo sulla terra, con le scene di Gianni Dessì e la drammaturgia di Giorgio Agamben, è stata eseguito a Stoccarda nel giugno 2006, replicato a Tolentino nel luglio dello stesso anno e ripreso a Città del Messico nell’agosto del 2008. Ha registrato per Montaigne Auvidis, col legno, Mode, New Albion, Dischi di Angelica, Ricordi, Stradivarius, Wergo.Di particolare rilievo le sue collaborazioni con Terry Riley e con Edoardo Sanguineti.Nel 1983 ha fondato e da allora dirige la Rassegna di Nuova Musica di Macerata.

Ladislao Vieni

Comincia gli studi musicali nel Conservatorio della sua città, Bologna. Studia la viola con Angelo Bartoletti e Augusto Vismara. Segue corsi di perfezionamento con i violisti Dino Asciolla, Bruno Giuranna, Piero Farulli e Jurij Bashmet, frequentando istituti di musica quali la Fondazione “W. Stauffer” a Cremona, la Scuola di Musica di Fiesole e l’Accademia Musicale Chigiana a Siena. Nel 2006 consegue la Laurea in Musica da camera al Conservatorio G. B. Pergolesi di Fermo.Si dedica allo studio del repertorio cameristico sotto la guida di importanti musicisti, quali Enzo Porta, Pavel Vernikov, Kostantin Bogino, Maureen Jones, Alain Meunier, Berl Senovski e i membri del Quartetto Amadeus. Studia inoltre musica barocca con Giorgio Pacchioni e musica jazz con Franco D’Andrea. Svolge intensa attività cameristica nelle più varie formazioni e come solista con orchestra.Ha collaborato con diverse orchestre tra cui l’Orchestra della RAI, l’Orchestra “Arturo Toscanini”, spesso come prima viola. Risultato vincitore (1° classificato) dei concorsi per orchestra all’Arena di Verona e all’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diventa componente di ruolo di quest’ultima, dove lavora fino al ‘94, anno in cui vince il concorso per la docenza di Musica da Camera nei Conservatori. Nel ’95 entra a far parte dell’Ensemble Koinè, un gruppo con organico molto flessibile che pone particolare attenzione alla musica dal ‘900 in poi. Sempre dal 1995 per tre anni è stato prima viola dell’ Orchestra Internazionale d’Italia con la quale ha effettuato importanti tournées all’estero, suonando con importanti solisti come J. Bell, J. Carreras, B. Giuranna, I. Gruber, L. Kavakos, V. Mullova, I. Oistrakh, J. P. Rampal e M. Rostropovič, G. Kremer, N. Gutman. Dal 1998 collabora come prima viola con la FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana. Nel 2000 ha suonato per la rassegna “Verona Jazz” partecipando al progetto Carla Bley Fancy Chamber Music di Carla Bley e Steve Swallow. Insegna Musica da Camera al Conservatorio “Gioachino Rossini” di Pesaro.

“ … mi sono reso senza dubbio colpevole di atonalità! …” Sergej Prokof’ev

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“… rinunciando al serialismo non ho semplicemente rinunciato all’idea di un ordinamento strutturale. Cerco semplicemente di sottometterlo al sentimento. Io, non soltanto per poter comporre musica ma anche per potere fisicamente esistere, devo partire dal fatto che il mondo spirituale ha un suo ordine, che in esso vi sono formule e leggi …” Alfred Schnittke

“… nella Sagra della primavera non sono stato guidato da sistemi di sorta. Quando penso agli altri compositori del tempo che mi interessano, Schönberg, Berg e Webern, la loro musica mi sembra molto più teorica. Ed è sorretta da una grande tradizione. Nel comporre la Sagra avevo solo l’aiuto del mio orecchio. Udivo e scrivevo ciò che udivo …” Igor Stravinskij

“… le radici della musica risiedono nell’unisono. Una voce sola: è quella la radice. È come un’unica parola, un unico pensiero. Il resto è solo decorazione, forma. La potenza della musica sta in una frase, in una frase all’unisono. È questa l’immagine della musica, il suo profilo …” Arvo Pärt

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Direttore di palcoscenico Paolo Appignanesi

Registrazioni audio e sito web Andrea Lambertucci

Foto Fabio Falcioni

Amministrazione Maria Sara Rastelli, Roberta Spernanzoni, Cecilia Torresi

Segreteria Paola Pierucci

Collaborazione Virginia Mazzoni

Si ringraziano:

Luciano Messi direttore dell’organizzazione artistica e tecnica di Sferisterio Opera FestivalFabio Tiberi direttore generale della Fondazione Orchestra Regionale delle Marche gli uffici amminstrativi della Fondazione Orchestra Regionale delle MarcheFrancesca Paternesi

Le foto di copertina sono tratte dal libro Absolument moderne (2007) edito da Quodlibet