Ragione Libera 07 2011

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SOMMARIO|RAGION LIBERA

13 L’INTERVENTODiana BraccoFerruccio DardanelloAndrea Tomat

18 IN COPERTINAMario Draghi

24 STATUTO DELLE IMPRESEGiuseppe TripoliRaffaello Vignali

30 POLITICA ECONOMICAMaurizio SacconiPaolo RomaniIvan MalavasiUgo Margini

38 CONSUMILuigi Bordoni

40 STRATEGIE PER LE PMIVincenzo BocciaGianluigi ViscardiGiancarlo CoròGiangiacomo NardozziLuigi LucchettiPier Andrea Chevallard Bernhard Scholz

56 GIOVANI E IMPRESAJacopo MorelliMarco ColomboNicola Motolese

66 E-GOVERNMENTRenato Brunetta

70 CAVALIERI DEL LAVOROBenito BenediniMaurizio MarinellaDebora PaglieriDiana Theodoli Pallini

84 IMPRENDITORI DELL’ANNOGiovanni Romano Valter MeschiniNicola BertoTiziano BrugnoliAntonietta AndrianiNicola Saponaro

Domenico TavarilliGiampaolo FerrariMassimo BononGiuseppe FavaMario ZanardoMaurizio LustroVitantonio ColucciAlberto FantiniStefano RivaraPiero, Piergregorioe Pieremilio GarbellottoGiampiero RossiFederico PizzoccheriItalo PilengaGiuseppe ZorzettiFrancescoe Carlo BernardiLucio SpadottoPaolo Villa

152 INNOVAZIONEMario Moretti PolegatoEnnio Lucarelli Claudio RovedaGiancarlo Dani

162 DISTRETTI INDUSTRIALI Valter TaranzanoMassimo Giordano

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170 TURISMOCaterina CittadinoPaolo RubiniBernabò BoccaElena DavidBeatrice Cozzi Parodi

190 CONSULENZA D’IMPRESAEzio Lattanzio Marco BeltramiFerdinando Pennarola

202 ACCESSO AL CREDITOFrancesco Bellotti Pietro Mulatero

210 DIRITTO DEL LAVOROMassimo Navach

214 CONSULENZA Alfio Catalano

216 SICUREZZA SUL LAVOROSalvatore Sergio

218 INGEGNERIAGiuseppe Bassi

222 RINNOVABILIPierluigi Carini

224 MATERIALI ECOLOGICIAlessandro Saviola

228 RIQUALIFICAZIONEPaolo Andreini

232 TUTELA DEL BRANDAdriano VanzettiFabrizio Bianchi SchierholzAndrea Barchiesi Gian Giacomo Ferraris

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Per tornare ad avere una crescita econo-mica sostenuta e un aumento della pro-duttività è necessario difendere il nostro

comparto manifatturiero, riorientando la poli-tica industriale sulla ricerca e sull’innovazione.Solo introducendo nuovi prodotti e nuovi pro-cessi produttivi e, adottando tecnologie avan-zate, le imprese potranno aumentare la loroefficienza, battere la concorrenza e conquistarenuovi mercati.

Le ultime stime di Confindustriaci dicono che la ripresa non è

più un miraggio. La produ-zione sta ripartendo, an-

che se per arrivare ailivelli pre-crisi, civorrà ancora

tempo, e a mio pa-rere il peggio sarà dav-

vero dietro le spalle soloquando risaliranno i livelli oc-

cupazionali. Per questo bisognaagire subito per sostenere la crescita. In-

fatti, se da un lato è certamente giusto ta-gliare sprechi e riqualificare la spesa pub-blica tenendo d’occhio i conti del Paese,dall’altro occorre anche investire sul fu-turo puntando soprattutto sulla ricerca esull’innovazione, sulla semplificazione esulle infrastrutture. In questo momentostare vicino alle imprese, soprattutto quellepiccole che più hanno sofferto la crisi, e ailoro lavoratori è una priorità.

Confindustria propone di adottare unprogramma operativo di medio-lungo ter-mine, con obiettivi chiari, strumenti effi-caci e flessibili, tempi rapidi e risorse finan-ziarie adeguate e certe nel tempo. Inparticolare, deve essere perseguito l’obiet-

tivo del 2% del Pil in investimenti in R&S,destinando un miliardo di euro di risorsepubbliche ogni anno per i prossimi cin-que anni. È questo l’approccio anche dellanuova politica Ue di “Europa 2020”, incui si ripete con forza la centralità della ri-cerca e dell’innovazione per assicurare svi-luppo, si richiama il ruolo delle imprese ela necessità di guardare ai risultati concretidegli interventi, alla messa a sistema dellerisorse finanziarie e a una governance piùforte e integrata.

Proponiamo di rendere il credito d’impo-sta per gli investimenti in ricerca e svi-luppo una misura strutturale automaticaper i prossimi cinque anni. In passato ilcredito d’imposta in R&S ha avuto effettimolto positivi, con un’ampia partecipa-zione (29.000 imprese hanno presentatorichieste idonee) per un ammontare dicirca 2,5 miliardi di euro. Purtroppo, però,l’effetto disincentivante legato al click dayha introdotto elementi d’incertezza per leimprese che ne hanno fatto richiesta. Inol-tre, riteniamo importante realizzare grandiprogetti nazionali di ricerca e innovazionemettendo a sistema risorse pubbliche e pri-vate su grandi temi strategici per il Paese.Infine, superare il digital divide e dotare,entro il 2015, l’intero territorio di bandalarga con una copertura a 20 Mb/s, elevataa 100 Mb/s per i distretti industriali e igrandi centri urbani, e realizzare la com-pleta digitalizzazione della pubblica am-ministrazione.

Diana Bracco,

vicepresidente

di Confindustria

per Ricerca

& Innovazione

L’INTERVENTO|RAGION LIBERA

LA RICERCA CI AVVICINA ALL’EUROPA

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L’INTERVENTO|RAGION LIBERA

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MODERNIZZAREL’ECONOMIA ITALIANA

Idati certificano che la crisi è alle spalle eche la ripresa si sta consolidando. Entitàe distribuzione tra settori e territori, però,appaiono ancora discontinue, frammen-

tate e a tratti fortemente squilibrate, in partico-lare a sfavore del Sud e dell’artigianato. Final-mente i segni “meno” davanti agli indicatorisono tornati a essere un’eccezione, ma seguardiamo con attenzione i numeri ci rendia-mo conto che è indispensabile intervenire conpolitiche di sistema per sostenere quella che re-sta una ripresa debole.

La forza della ripresa è in questo momen-to tutta concentrata nell’export, per

cui i settori che ne risentono fa-vorevolmente sono quelli più

aperti ai mercati. Chi nonriesce a stare in questetraiettorie, rischia la

marginalizzazione. I be-nefici maggiori si concentra-

no soprattutto nelle regioni delNord, tradizionalmente più mani-

fatturiere, nella fascia adriatica, in par-te del Centro e in alcune, purtroppo piccole, re-altà del Mezzogiorno. Ma fare made in Italy nonbasta più, per essere competitive le nostre im-prese oggi devono saper coniugare la bontà diquello che fanno con un’efficienza organizzati-va sempre più elevata.Da più parti si sottolinea come la crisi possa es-sere il punto di partenza per un ripensamentocomplessivo dei modelli di sviluppo finoraadottati. Da questo punto di vista, l’attenzioneall’ambiente viene identificata come una delledirettrici da seguire per stimolare la crescita e,al contempo, rendere più equi e sostenibili i pro-cessi economici. Date le caratteristiche struttu-rali del nostro tessuto produttivo, la green eco-nomy made in Italy può essere una risposta con-creta e innovativa all’esigenza di imboccare un

nuovo sentiero di sviluppo. In altri termini, lacrisi può essere un’occasione per modernizzarel’economia italiana e assicurarsi competitività inun settore produttivo che diventerà sempre piùcruciale.I dati delle nostre ultime indagini dimostranocome la strada sia già stata intrapresa da mol-ti: il 30% delle pmi si dimostra particolarmen-te sensibile a investire in prodotti e tecnologievolte a conseguire risparmi energetici e a mini-mizzare l’impatto ambientale. Un interesseche sale al 37% per le imprese di media dimen-sione e per le aziende specializzate nelle produ-zioni agroalimentari. A livello territoriale, il Sudè l’area geografica in cui appare più consisten-te - 38% - la percentuale di imprese che nei pros-simi anni investiranno in prodotti e tecnologiea minor impatto ambientale.Grazie alla forza dell’export, una buona parte del-l’Italia produttiva ha dunque doppiato la boa del-la crisi e si è avviata fuori dalle secche. Tuttavia,oltre la metà delle imprese - gran parte di quel-le del commercio e dei servizi - resta ancora in-dietro e rischia di perdere ulteriormente terreno.Se la dinamica dei consumi interni e degli inve-stimenti pubblici non ritornerà presto su livelliaccettabili, è realistico pensare a un altro anno dif-ficile sul fronte interno, con conseguenze nega-tive sul recupero dei livelli occupazionali.Attuare la riforma fiscale, alleggerendo il peso suimprese e lavoro, rilanciare i consumi interni erestituire centralità e fiducia all’imprenditore nel-le condizioni di accesso al credito: sono tutti pas-saggi determinanti per permettere a chi è rima-sto indietro di imboccare la via della crescita econtribuire così a ridurre gli squilibri che ci pe-nalizzano. Senza dimenticare la necessità di man-tenere alto l’impegno a semplificare la macchi-na pubblica per renderla più efficiente a tutti ilivelli. La sfida per uno Stato davvero modernoè la sfida dell’Italia dei prossimi anni.

Ferruccio Dardanello,

presidente

di Unioncamere

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L’INTERVENTO|RAGION LIBERA

LA SVOLTA NECESSARIA,DALLA DIFESA ALL’AZIONE

La classe politica, nazionale elocale, deve porsi comeobiettivo prioritario il soste-gno alla crescita e all’inizia-

tiva imprenditoriale con tutti gli stru-menti possibili: in ambito finanzia-rio, fiscale, amministrativo, infra-strutturale, energetico. Accanto a ciòva avviata una reale semplificazionedella burocrazia che imprigiona leimprese. C’è soprattutto bisogno dicertezza sulla realizzabilità degli in-

vestimenti. Serve una leader-ship politica forte e auto-

revole che rilanci lepolitiche industria-

li in un quadrodi normecerto e pra-

ticabile.Sulle pmi venete, e

non solo, pesano an-cora l’indebitamento ri-

spetto al fatturato e al capi-tale di rischio, una maggiore inciden-

za dei debiti a breve e una propensio-ne alla capitalizzazione ancora insuf-ficiente. Il governo, su sollecitazionedi Confindustria, ha dato primi segna-li significativi accettando le nostre ri-chieste relative alla possibilità di riva-lutazione del patrimonio immobi-liare, al bonus aggregazioni e al poten-ziamento del fondo di garanzia per lepmi, strumenti sicuramente utili manon ancora efficaci. Crescere impo-ne alle aziende di investire in inno-vazione e internazionalizzazione, equesto richiede trasformazioni di-mensionali, maggiore capacità d’in-tegrazione e una gestione finanzia-

ria più evoluta e strutturata.Siamo cresciuti nelle esportazioni,sommando i rischi di una ripresastentata con quelli degli investimen-ti su nuovi mercati. Per mantenere lacrescita è ora necessario continuare apuntare su fattori strategici e compe-titivi quali: ricerca, innovazione, inve-stimenti su nuovi prodotti, processi diformazione e progetti di filiera. Allostesso tempo, con la Regione Venetoe il sistema camerale, stiamo lavoran-do per facilitare le aggregazioni di im-prese rispetto a progetti di sviluppodelle attività all’estero, proprio per con-sentire anche ai più piccoli di segui-re questa strada.Lo scenario futuro non appare anco-ra sufficientemente stabile da garan-tire una significativa ripresa del-l’economia regionale. La fase d’asse-stamento iniziata alla fine del 2009non ha prodotto un rilancio incisi-vo dell’attività produttiva e sul pia-no occupazionale rimane remota laprospettiva di una nuova fase di cre-scita. È necessario passare da una fasedifensiva a una attiva. Servono deci-sioni e politiche dirette a sostenerela crescita, a inserire il territorio neinuovi centri della crescita e dello svi-luppo mondiali. Servono soprattut-to orientamenti consapevoli che le ri-sorse pubbliche utilizzabili sarannoin continua, rapida diminuzione.Massima attenzione andrà riservataalle riforme a costo zero, alla ricer-ca di competitività e concorrenza, alcontrollo della spesa pubblica e al mi-glioramento della produttività degliapparati pubblici.

Andrea Tomat

Presidente

di Confindustria

Veneto

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Una carriera folgorante quella di Mario Draghiche sarà il prossimo presidente della Bce.La sua nomina rappresenta un successo ancheper il Governo italiano. Da novembre spetterà a luireggere le sorti monetarie del Vecchio Continente

UN ROMANO PRUSSIANO ALLA BCEdi Giancarlo Mazzuca

Da buon italiano non è ilmassimo sentirselo dire,ma negli Stati UnitiMario Draghi, per gli

amici Supermario - governatore diBankitalia nonché, da novembre,nuovo presidente della Banca centraleeuropea -, non è chiamato “the ita-lian”, ma “the unitalian”. Cioè nelsenso che, pur essendo “romanacciode Roma”, non ha tutti i difetti e ledebolezze che gli stranieri ci attribui-scono. Insomma, è un italiano atipicoe, forse, proprio per questo è riuscitoa spiccare il volo per Francoforte dovesiederà sulla poltrona finora occupatada Jean-ClaudeTrichet. Così va ilmondo, ma l’importante è che, final-mente, ci sia la bandierina bianco-rosso-verde nella sala dei bottonidell’Europa delle monete, anzi dellamoneta unica. Un grandissimo rico-noscimento che, da almeno quindicianni, attendevamo perché non era-vamo più stati al “top” dai tempi incui Romano Prodi, gioco di parole aparte, approdò alla guida della Com-missione Ue di Bruxelles. Merito,

dunque, di Draghi, ma merito anchedel nostro governo, se oggi, final-mente, riusciamo a colmare la lacuna. Certo, a leggere il curriculum delprossimo inquilino di Eurotower,verrebbe da dire che non ci volevacerto una cartomante per pronosti-cargli una carriera folgorante: lo la-sciavano prevedere le varie tappedella sua vita e, in tal senso, con-cordo con quanto detto da un altroamericano che ha paragonato Dra-ghi a Bill Bradley, capace di primeg-giare sia nello sport (campione dibasket anche in Italia) sia in politica.Dopo la laurea in economia alla “Sa-pienza” di Roma (relatore il profes-sore Federico Caffé, quello che è poiscomparso nel nulla), eccolo studiarea Boston al Massachusetts Instituteof Tecnology, il mitico Mit, con ilpremio Nobel Franco Modiglianiche ho avuto la fortuna di intervi-stare due volte e che mi parlava giàentusiasticamente (eravamo neglianni Novanta) di Supermario: co-tanto nome... del resto, anche chiaveva studiato con lui dai gesuiti di ›

RAGION LIBERA|IN COPERTINAMario Draghi

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Roma (è il caso di Luigi Abete, at-tuale presidente della Bnl), ha un ri-cordo eccellente di quel giovaneliceale che, forse, proprio dai seguacidi Loyola ha adottato quel fare car-dinalizio e riservato che l’ha semprecontraddistinto.Dopo qualche esperienza da profes-sore universitario, Supermario si sco-pre molto operativo e mette subito ilcappello, dal 1984 al 1990, allaBanca Mondiale come direttore ese-cutivo. È davvero uomo dalle milleesperienze e riesce a intervallare la-vori all’estero, come responsabile diorganismi internazionali, ad attivitàin Italia, ovviamente sempre al ver-tice. E così, proprio in quegli anniNovanta, tiene le redini, assieme aquel “sottile” stratega di GiulianoAmato, delle privatizzazioni nel Bel-paese: lo ricordo a bordo del panfiloBritannia, il panfilo della regina Eli-sabetta, intento a convincere i ban-chieri di mezzo mondo, tra unbreakfast e un tè delle cinque, sullabontà degli acquisti di pezzi di so-cietà italiane. E dopo? Eccolo dinuovo finanziere “globetrotter”,come vicepresidente della GoldmanSachs, e nel 2005, il ritorno in patria- quel ritorno che sembrava defini-tivo ma non lo era -, a reggere le sortidi Palazzo Koch in un momentomolto tempestoso per le sorti del-l’istituto centrale coinvolto nella vi-cenda Unipol-Fazio che si è conclusa,qualche settimana fa, con la con-danna dell’ex-governatore. Corsi e ri-corsi: nel 2011 è l’ora della Bce. Equando finirà a Francoforte, tra tantianni, magari ce lo ritroveremo in Ita-lia per un posto di grandissima re-sponsabilità al governo: con Draghinon ci si stanca mai...Peccato solo che lo sbarco allabanca europea sia stato, in qualchemodo, ostacolato dalla resistenza diLorenzo Bini Smaghi, attuale mem-

bro del board della Bce, che avrebbedovuto lasciare subito il suo posto afavore di un francese, secondo l’ac-cordo raggiunto da Berlusconi conSarkozy, ma che, fino all’ultimo, hafatto le bizze: solo dopo un lungobraccio di ferro ha promesso al capodell’Eliseo di dare “forfait” entro di-cembre sperando, magari, di succe-dere allo stesso Draghi in viaNazionale ed entrando in lizza coni favoriti Vittorio Grilli e FabrizioSaccomanni. Quella che sembravauna fumata bianca al primo turnoha rischiato, così, di trasformare ilgovernatore nell’eminenza che entrapapa in conclave e ne esce da cardi-nale. E non certo per colpa sua. Ep-

pure, persino i tedeschi - la Bildaveva sparato un titolo a effetto sulnostro candidato: “Mamma mia,per ogni italiano l’inflazione è unfatto naturale come il sugo sullapasta” - hanno dato il loro “impri-matur” definendolo, alla fine, un“romano prussiano”. Ma i veri problemi, per il nuovo reg-gitore delle sorti monetarie continen-tali, cominceranno in novembrequando sarà formalizzata la staffettaal vertice. Il compito che attende Su-permario è, infatti, proibitivo. Nonbasta la salute cagionevole di Atene,sull’orlo del “default”, e di tutti i Paesi“maiali” (i cosiddetti Pigs: Portogallo,Irlanda, Grecia e Spagna) che versano

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in cattive condizioni finanziarie. Il ri-schio è, infatti, che il contagio si dif-fonda a tutto il vecchio continente, acominciare proprio dal Belgio e dal-l’Italia. A quel punto, tenere in rottala nave europea in mezzo alla tempe-sta sarebbe davvero un’impresa dadraghi così come la difesa a oltranzadell’euro. Insomma, l’eredità cheprenderà in consegna il terzo presi-dente della Bce (dopo l’olandeseDuisemberg e il francese Trichet), èparticolarmente gravosa, dopo unacrisi finanziaria che sta scuotendo datre anni il mondo industrializzato,con pesanti ripercussioni sulle ban-che e sull’erario degli stessi Stati.Quale sarà la ricetta di Draghi all’Eu-

rotower? Sarà la stessa che ha adot-tato per sei anni a Palazzo Koch: in-nanzitutto, verrà richiesto ai partnersun grande rigore finanziario per fer-mare il pozzo di San Patrizio deiconti pubblici, anche in vista del tra-guardo del 2014 indicato dalla Uecome termine unico per risanare i bi-lanci dei Paesi membri. In tal senso,le idee di Supermario non si disco-stano molto da quelle del “divin Giu-lio” (Tremonti), anche se, in passato,i due non si sono sempre trovati d’ac-cordo sulle misure economiche davarare. Ma il nuovo “numero uno” diFrancoforte è anche consapevole che,senza una ripresa economica ade-guata, l’Europa resterà schiacciata tra

L’eredità che prenderàin consegna è gravosa,dopo una crisi finanziariache sta scuotendoil mondo industrializzato

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gli Stati Uniti, sia pure malconci, diObama e i nuovi colossi (Cina eIndia) che si sono affacciati sullo sce-nario mondiale. Così, come Tre-monti, Draghi assomiglia, dunque, aun viandante che cammina su unostrettissimo e impervio sentiero tradue strapiombi: da una parte la vora-gine del debito pubblico, dall’altra ilburrone della recessione.Ma Draghi ha anche un cuore. Qual-che anno fa, appena nominato gover-natore, partecipò, a Milano, al

premio giornalistico “È Group” diGiancarlo Aneri: aveva vinto France-sco Giavazzi e lui volle fargli una sor-presa sostenendo che l’amico «erauno dei pochi che sapeva spiegarel’economia alla gente che vuole ca-pire le cose». A colazione, aveva difronte Antonio Ricci, quello di “Stri-scia la notizia”, e confessò candida-mente che era un suo ammiratore.Chissà se, a Francoforte, avrà ancoratempo per vedere, alla sera, la tra-smissione...

Draghi è anche consapevole che, senza unaripresa economica adeguata, l’Europa resteràschiacciata tra i colossi dello scenario mondiale

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«Il sistema imprenditorialeitaliano è estremamentedifferenziato, sui terri-

tori, per settori e anche all’internodegli stessi settori. Non si può quindiparlare di una micro o piccola im-presa tipo e di comportamenti com-petitivi standard». Inizia così l’analisidel tessuto economico del nostroPaese fatta da Giuseppe Tripoli, pertutti Mr. Pmi, figura voluta dal-l’Unione europea come portavocedelle istanze delle piccole e medie im-prese in sede comunitaria. «In questiprimi mesi di lavoro ho avuto la pos-sibilità di confrontarmi con tanti im-prenditori nel corso di numerosiincontri in giro per l’Italia. Ho potutoverificare come sicuramente sia avve-nuto, e in parte è ancora in corso, unpassaggio culturale all’interno del si-stema delle pmi. Va maturando unaconsapevolezza, sempre più diffusa:che l’internazionalizzazione, l’innova-zione e la qualità sono elementi stra-tegici senza i quali non solocompetere e crescere, ma probabil-mente pure sopravvivere, è semprepiù difficile».

Le esportazioni rappresentanooggi un’ancora di salvezza permolte aziende. Come stanno an-dando le cose? «L’internazionalizzazione è una stradasegnata. La nostra pur modesta ri-presa continua a essere trainata dalleesportazioni: già a marzo si è regi-strata una notevole crescita per il no-stro export, che aumenta di unquarto in valore a livello complessivo(più 25,1% su gennaio 2010), trai-nato dagli ottimi risultati in ambito

«Ma quale retroguardia, le nostrepmi sono competitive». GiuseppeTripoli spinge l’acceleratore sulloStatuto delle imprese, in viadi approvazione definitivaal Parlamento

UNA NUOVA CULTURA D’IMPRESASI STA AFFERMANDO NEL PAESE

di Luca Donigaglia

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RAGION LIBERA|STATUTO DELLE IMPRESE

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Giuseppe Tripoli

extra-europeo (più 35,3%), un incre-mento quasi doppio rispetto a quelloregistrato in Europa (18,8%). In par-ticolare, per quanto concerne i mer-cati Extra-Ue, l’Italia inizia il nuovoanno da secondo esportatore euro-peo, con una crescita del 31,5% (perun valore di 13,8 miliardi di euro),superando i francesi (più 16,7% per13,6 miliardi di euro), e secondi soloalla Germania (più 30,7% per un va-lore di 30,2 miliardi di euro). Si con-ferma dunque come stianocambiando le rotte del made in Italy,con il progressivo spostamento delleimprese italiane verso i Paesi chestanno trainando la ripresa mondiale.Tendenza, questa, che già nel 2010aveva portato al 70% il contributodei Paesi extra-europei al surplusmade in Italy. Certo, non sono tutterose e fiori: in un mercato che si èoramai globalizzato, la situazionecompetitiva con cui le nostre imprese

devono fare i conti diviene più com-plessa. Si pensi solo ai costi della logi-stica, della tutela della proprietàindustriale e dei marchi, ai fenomenidi contraffazione e così via».

Come agire nell’immediato per leimprese italiane? «Dobbiamo velocemente riuscire aincrementare il numero assoluto diimprese in grado di essere stabilmentepresenti sui mercati internazionali,che al momento sono solo 9mila circasu 180mila imprese esportatrici. C’e’sicuramente bisogno di un migliorcoordinamento nell’azione dei diversisoggetti pubblici coinvolti nel soste-gno alle imprese, contenendo i costi erafforzando la presenza sui mercatiesteri a maggiori prospettive di cre-scita. Ma soprattutto, dobbiamopuntare con decisione a fare sistematra i diversi attori, pubblici e privati.Si pensi al ruolo delle grandi banchefortemente internazionalizzate, o alle ›

La nostrapur modesta ripresacontinua a esseretrainata dalleesportazioni

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potenzialità di creazione di nuovi bu-siness e accompagnamento delleaziende collegate alla presenza dellemaggiori società di consulenza suimercati emergenti. Il tutto in una lo-gica di “rete tra le reti” italiane già at-tive all’estero».

Soprattutto le pmi non fannorete per timore di perdere la pro-pria autonomia. Con quali inter-venti di sostegno sul fronte delcredito il governo tenta di scioglierequesto nodo? «Forse sorprenderà sapere come l’at-tesa di una qualche forma di incen-tivo pubblico non sia in assoluto ilmotivo che sta spingendo numeroseimprese a considerare con interesse laprospettiva di dare, attraverso la sot-toscrizione di un contratto di rete,stabilità e un orizzonte strategico dipiù lungo respiro alle numerose colla-borazioni, spesso informali, con altreimprese già in essere. Abbiamo recen-temente realizzato una serie di inter-viste a imprese che hanno sottoscrittoun contratto di rete negli ultimi mesi:alla domanda sulle motivazioni che liha spinti, gli imprenditori hanno ri-

sposto: “per consolidare collabora-zioni già avviate offrendo un serviziointegrato alla clientela” o “per com-pletare la filiera produttiva”, “perscambiare un know-how utile”, “percondividere i costi di una figura ma-nageriale particolarmente qualifi-cata”. Nessuno ci ha risposto “perchéci sono degli incentivi o per le agevo-lazioni fiscali” accordate. La logica è,piuttosto, quella del “ben vengano gliincentivi, se ci sono”, ma non è quellala motivazione prioritaria per intra-prendere la strada della crescita di-mensionale esterna attraversoun’aggregazione in rete».

Come stanno procedendo i con-tratti di rete oggi in Italia? I numerisono positivi? «Sono 340 le aziende che risultanoinserite in 63 contratti di rete in 17diverse regioni italiane. Di queste il79% ha meno di 50 dipendenti e il43% ha meno di 10 dipendenti.Quelli dei contratti registrati sononumeri che vediamo crescere digiorno in giorno. Il contratto di retenon è naturalmente una panacea pertutte le piccole imprese, ma ritengo si

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RAGION LIBERA|STATUTO DELLE IMPRESEGiuseppe Tripoli

tratti sicuramente di uno strumentoche nei prossimi anni sarà centraleper supportarne la crescita dimensio-nale, in particolare nei loro processidi innovazione e internazionalizza-zione».

Tra le misure governative a soste-gno dell’universo pmi, ci sono “Im-presa in tre giorni” e gli sportelliunici telematici. Ovvero, misureanti-burocratizzazione. A chepunto siamo?«Secondo un recente studio del-l’Unione europea, in Italia l’aper-tura di una nuova attivitàimprenditoriale sembra restare an-cora troppo onerosa rispetto, adesempio, di quanto avviene in Paesinostri concorrenti. Ai neo impren-ditori è richiesto un investimentoper l’avvio superiore ai 2.500 euro,a fronte di meno di 800 in Germa-nia e di cifre ancora inferiori inFrancia e Regno Unito. Tuttavia, inquesti ultimi anni, l’Italia ha com-piuto importanti passi avanti. Laserie di processi di semplificazione,già avviati, sono ora in corso diperfezionamento, attraverso la ri-

forma (telematizzazione) dei Suap.Oggi sono oltre 4.000 i comuniche ne dispongono direttamente oche ne hanno delegato la realizza-zione alla locale Camera di Com-mercio, con una copertura pari aoltre il 60% della popolazione. Enon dimentichiamo l’impegno perla diffusione della posta elettronicacertificata nelle imprese, in gene-rale la continua attenzione all’eli-minazione delle eccessive pastoieburocratiche che gravano sul si-stema imprenditoriale. Qualsiasinuova misura introduciamo, co-munque, non sarà mai abbastanzase non riusciremo a mutare la “fi-losofia di fondo” che finora ha in-dirizzato il rapporto tra pubblicaamministrazione e sistema pro-duttivo: da un ottica di controlloe vigilanza sulle imprese a unameno vessatoria e penalizzantebasata sulla fiducia, la stessa cheha portato all’introduzione dellaScia, la segnalazione certificata diinizio attività al posto della piùrestrittiva Dia, dichiarazione diinizio attività».

Cosa cambierà in concreto con loStatuto delle imprese? «Con lo Statuto delle imprese si se-gnerà un passaggio fondamentalenella costruzione di un rapporto piùequilibrato e paritetico tra pubblicaamministrazione e imprese: queste, incoerenza con il dettato dell’articolo41 della Costituzione, acquistanopiena cittadinanza e viene ricono-sciuto il ruolo sociale delle imprese edegli imprenditori. Tra i passaggichiave della norma vorrei poi ricor-dare l’attenzione sui ritardati paga-menti da parte della pubblicaamministrazione, sancendo, ad esem-pio, la nullità della rinuncia da partedelle imprese agli interessi moratoriintervenuta dopo la stipula del con-tratto con la Pa. La certezza dei tempidi pagamento alle imprese è infatti unelemento di civiltà giuridica, oltre cheuna delle condizioni di competitività.Nella veste di Mr. Pmi, è mia inten-zione impegnarmi affinché la speci-fica direttiva europea, la 7 del 2011,entrata in vigore lo scorso 16 marzo,possa avere un veloce recepimentoanche nel nostro ordinamento».

Dobbiamo puntarecon decisionea fare sistema trai diversi attori,pubblici e privati

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Elaborato dopo aver ascoltatole associazioni delle imprese,le Regioni, gli enti locali e il

sistema camerale, lo Statuto delleimprese, ottenuto il sì della Cameradei deputati, ora è in esame nell’al-tra ala del Parlamento. «Deregola-mentare e semplificare» sono iprincipali cambiamenti previsti dalprogetto di legge presentato dal-l’onorevole del Pdl Raffaello Vi-gnali, vicepresidente dellacommissione Attività produttive,commercio e turismo di Monteci-torio. Le pmi rappresentano una ri-sorsa per il nostro Paese ed è perquesto che è giunto il momento digarantire loro dei diritti. Bisogna,infatti, «passare dal sospetto alla fi-ducia verso chi intraprende» e so-prattutto le banche devono tornare«a essere uno strumento a serviziodel risparmio e dello sviluppo delleimprese». Il governo ha inoltrecompreso «che le risorse per la ri-presa non stanno nell’apparatopubblico, ma nella libertà, nell’ini-ziativa e nella responsabilità dellepersone».

Onorevole Vignali, lo Statutodelle imprese è arrivato in aulaalla Camera lo scorso 14 marzo:

qual è lo stato dell’arte del prov-vedimento? «Lo abbiamo approvato a Monteci-torio il giorno successivo, con nes-sun voto contrario e nessunaastensione, quasi un record. Al Se-nato sono state fatte molte audi-zioni: dopo il voto in commissione,l’approdo in aula è previsto entroluglio. Quindi tornerà alla Cameraper la terza lettura, che dovrebbeessere quella definitiva. Insomma,siamo in dirittura d’arrivo».

Con questo testo siete riusciti amettere d’accordo tutte le asso-ciazioni di categoria, cosa affattoscontata in Italia. C’è chi ha par-lato di “rivoluzione coperni-cana”. Come è stato possibile?«Verrebbe da dire semplicemente…lavorando! Lo Statuto non è nato atavolino, ma da anni di frequenta-zione dei capannoni delle imprese,delle botteghe artigiane e del com-mercio, di rilevazione dei bisognidelle imprese e di rapporto con

Uno Stato che rappresenti per gli imprenditori non unostacolo ma un valido sostegno. Attorno a questo principioè stato costruito lo Statuto delle imprese, ideato daRaffaello Vignali e ora in discussione a Palazzo Madama

FIDUCIA NEI CONFRONTIDEGLI IMPRENDITORI

di Luca Donigaglia

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RAGION LIBERA|STATUTO DELLE IMPRESE

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Raffaello Vignali

quelle grandi persone che sono ipiccoli imprenditori. La “rivolu-zione copernicana” è di tipo cultu-rale: passare dal sospetto allafiducia nei confronti degli impren-ditori e partire dai piccoli. Su que-sto non è stato difficile per leassociazioni ritrovarsi e suggerireproposte comuni. Come non èstato difficile fare convergere tuttele forze politiche, a cominciaredalla commissione Attività produt-tive, un luogo in cui si lavora per ilbene comune, anche con posizionidiverse. Posso dire che in tre anninon ho assistito a un solo minutodi “teatrino”, ecco».

Spesso si dice che soprattutto lepiccole e medie imprese nel no-stro Paese non fanno rete per ti-more di perdere la propriaautonomia. Come superare que-sto blocco, ammesso che ci sia?«La cultura delle imprese italianestoricamente non è darwiniana macollaborativa. Da sempre le im-prese italiane fanno rete, come di-mostra il fenomeno dei distretti. Èstato negli anni 80 e 90 che la retesi è smarrita, almeno in parte, per-ché il mercato “tirava” per tutti esi è insinuata in molti l’idea dipoter fare da soli. Anche certe de-localizzazioni selvagge hannospinto in questa direzione, per laprecisione. Con l’avvento dellaglobalizzazione prima e, con lacrisi poi, i nostri imprenditorihanno capito che da soli sarebberomorti. Vedo nascere reti formali einformali da 10 anni. Vedo im-prenditori di ogni dimensione,anche micro, che si mettono in-sieme per andare all’estero, perporre in comune le reti commer-ciali, per realizzare insieme nuoviprodotti, per dialogare con i cen-tri di ricerca, per creare gruppi

d’acquisto per le materie prime,per godere di più considerazioneda parte delle banche. Le reti nontolgono autonomia alle imprese,anzi la esaltano. Come diceva ilgrande Gilbert Keith Chesterton,“uno più uno non fa due; fa duemila volte uno”, insomma».

In questa fase di lenta uscitadalla crisi, con quali interventi diincentivo o di sostegno sul frontedel credito il Governo opera a so-stegno del settore? Nel recenteDecreto Sviluppo come si inter-viene in generale a sostegno dellepiccole e medie imprese? «Il governo Berlusconi ha incre-mentato fortemente il Fondo cen-trale di garanzia, uno strumentoessenziale che opera in modo sussi-diario ai Confidi. Ha allargato lepossibilità di operare per Cassa de-positi e prestiti e Sace. Ha pro-mosso la moratoria per i debitidelle imprese verso le banche. Sista impegnando in ogni sede inter-nazionale per evitare che Basilea 3determini una contrazione del cre-dito per le imprese. Nello Statuto èprevista una riserva per le pmi dialmeno il 60% di ogni incentivo.Nel Decreto Sviluppo ci sonomolti provvedimenti che vanno asostegno delle piccole e medie im-prese: dall’eliminazione delle gana-sce fiscali alla semplificazione, allarevisione al rialzo delle soglie perl’affidamento dei lavori a trattativaprivata, che privilegia le impresepiccole e quelle del territorio. Ma,ovviamente, tutte le pmi - e io conesse - attendono molto dalla ri-forma fiscale promessa da Berlu-sconi e da Tremonti. Si aspettanouna riforma che dopo la stabilità cigarantisca la crescita; perché senzacrescita, nel medio periodo, nonavremo nemmeno stabilità».

A sinistra, Raffaello

Vignali, vicepresidente

della commissione

Attività produttive,

commercio e turismo di

Montecitorio

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Nel primo trimestre 2011 lacrescita tendenziale del nu-mero degli occupati in Ita-

lia si è rafforzata, raggiungendo lo0,5% (116mila unità). Lo dice l’Istat,secondo cui il risultato è dovutoesclusivamente allo sviluppo dell'oc-cupazione femminile. E se da unaparte continua il calo dell'occupa-zione italiana (-160mila unità),quella straniera aumenta significati-vamente (+276mila), nonostante il

relativo tasso di occupazione sia an-cora in discesa rispetto allo stesso pe-riodo del 2010, dal 62,8% al 62,4%.In confronto al recente passato, inol-tre, la riduzione dei lavoratori concontratto a tempo indeterminato èmolto più contenuta (-0,1%, pari a19mila unità), mentre continua acrescere il numero dei dipendenti atermine (+4,1%, 84mila unità), ingran parte nell'industria in sensostretto. Ma soprattutto, per la prima

Nonostante si rafforzi la crescita tendenzialedegli occupati, per le imprese restano alte le difficoltàdi reperimento. E il ministro Sacconi parladi «forte disallineamento di competenze»

LA DISOCCUPAZIONE FRENAMA AUMENTA TRA I GIOVANI

di Leonardo Rossi

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RAGION LIBERA|POLITICA ECONOMICAMaurizio Sacconi

volta dall’inizio del 2008, il numerodei disoccupati registra una ridu-zione su base tendenziale (-5,2%,pari a -118mila unità): nel primo tri-mestre il tasso di disoccupazione èpari all’8,6% (era 9,1% nel primotrimestre 2010); rispetto a un annoprima, l’indicatore diminuisce sia pergli uomini (-0,2%) che, in misuraancor più ampia, per le donne (-0,9%). Al contrario, il tasso di disoc-cupazione dei giovani tra 15 e 24anni aumenta dal 28,8% del primotrimestre 2010 al 29,6%, con unpicco del 46,1% per le donne delMezzogiorno. Cresce anche la popo-lazione inattiva: qui il tasso si porta al37,8% (+0,2% rispetto a un annoprima).Un dato che però cozza con la rile-vazione Excelsior relativa al terzotrimestre, secondo la quale le im-prese prevedono di incontrare dif-ficoltà nel reperire oltre il 17% deilavoratori che intendono assumere:a livello geografico le difficoltàmaggiori sono segnalate dalle im-

prese del Centro (oltre il 19% deicasi), mentre quelle del Mezzo-giorno segnalano questo tipo di dif-ficoltà solo per 13,7% del personaleda assumere. Per quanto riguardainvece la tipologia di lavoro, unamarcata differenza si osserva invecetra assunzioni stagionali (meno del13%) e non stagionali (quasi il20%); le difficoltà di reperimentosono differenziate poi anche fra in-dustria (quasi 20%) e servizi(16,3%), ma in entrambi i settorivi sono comparti che più di altri in-contrano difficoltà a reperire il per-sonale che intendono assumere(imprese del legno, metallurgiche edei prodotti in metallo e servizi in-formatici, avanzati alle imprese,socio-assistenziali e sanitari). La dif-ficoltà di reperimento non apparemolto differenziata per classe di-mensionale delle imprese, passandoda un minimo del 14,5% nellaclasse 50-249 dipendenti a un mas-simo del 20% circa nelle impresecon almeno 500 dipendenti; è però

interessante rilevare che al cresceredella dimensione aumenta la diffi-coltà dovuta al ridotto numero dicandidati e decresce invece quelladovuta alla loro inadeguatezza. Secondo il ministro del Lavoro Mau-rizio Sacconi, nel complesso si trattadi dati da cui «si evince il forte disal-lineamento di competenze che pena-lizza i nostri giovani. A questo scoposono state prodotte le recenti riformedel sistema educativo come dei con-tratti di apprendistato al fine di rea-lizzare mediante l’integrazione traapprendimento e lavoro la maggioreoccupabilità dei giovani».In questo scenario che chiede indub-biamente anche certezze a livellocontrattuale, assume poi notevoleimportanza l’accordo recentementefirmato tra Confindustria e sindacati:«In un Paese – ha detto il ministroSacconi – nel quale il pluralismo sin-dacale è particolarmente accentuatoe le relazioni industriali sono parti-colarmente intense è davvero essen-ziale che tutte le grandiorganizzazioni dell'industria abbianoraggiunto un accordo sul sistemadelle regole comuni. È infatti inte-resse di tutti che le parti definiscanotra di loro, senza cercare soluzioni at-traverso la via giudiziaria, le regole inbase alle quali gli accordi possono es-sere sottoscritti anche a maggioranzae ciononostante applicarsi a tuttisenza conflitti né incertezze. E ciò èin particolare importante per i con-tratti aziendali ai quali dovrà esseresempre più riconosciuta la capacitàdi regolare tutti gli aspetti del lavoroe della produzione con il connessoaumento detassato dei salari».

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Mentre il Paese vive setti-mane difficili tra le oscil-lazioni dei mercati e

l’obiettivo del pareggio di bilancio nel2014, l’economia e le imprese conti-nuano a mostrare segni di sofferenza.Ma il tessuto produttivo italiano nonsembra voler stare con le mani inmano: secondo il presidente diUnioncamere, Ferruccio Dardanello,sono già infatti 13mila le pmi mani-fatturiere che «stanno scommettendosulle opportunità del gioco di squa-dra e fanno già parte o hanno inten-zione di inserirsi all’interno di unarete». Secondo il Rapporto Unionca-mere 2011, inoltre, un terzo di que-ste reti si allunga ormai al di fuori deiconfini regionali, soprattutto per leimprese del Nord e per quelle dimedie dimensioni; tra le diverseforme di collaborazione, la più clas-sica e diffusa è quella delle reti di pro-duzione, fondate sullo scambio diinformazioni e sulla co-progettazioneper il miglioramento del processo, ilcui perno operativo è nei rapporti disubfornitura. A esse fa riferimento il21,5% delle imprese più piccole con-siderate nell’indagine di Unionca-mere e poco più del 25% di quelle dimedie dimensioni. Al secondo postofigurano gli accordi per il migliora-mento delle attività di logistica, ov-vero di organizzazione delladistribuzione dei prodotti oltre chedella gestione di alcune attività in-terne all’impresa, mentre a seguire visono l’acquisto in comune di forni-ture, le reti di trasferimento di know-how e quelle finalizzate ad attività diimportazione o esportazione.

Mentre il Paese attraversa unafase delicata, il tessuto produttivosi riorganizza mettendosi in rete.In attesa della riforma annunciatadal ministero dello Sviluppoeconomico

STATUTO DELLE IMPRESE E INCENTIVIPER FAR RIPARTIRE LE PMI

di Leonardo Rossi

Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani

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RAGION LIBERA|POLITICA ECONOMICAPaolo Romani

Dal canto suo, il ministro dello Svi-luppo economico, Paolo Romani, harecentemente parlato di un sistemaproduttivo che, nonostante sia «piùflessibile perché composto in mas-sima parte da pmi» e per questo «ciha consentito di resistere meglio dialtri alla crisi finanziaria», si trova «datroppo tempo in difesa». Come ripar-tire all’attacco? Un suggerimento èvenuto qualche tempo fa da Giu-seppe Tripoli, ovvero “mister Pmi”,che nel corso di un’audizione pressola commissione Industria, commer-cio e turismo del Senato è tornato abattere sul tasto dello Statuto delleimprese, considerato «un fondamen-tale strumento per riconoscere ilruolo nell’economia e nella societàdelle piccole e medie imprese e perstabilire un rapporto più positivo conla pubblica amministrazione, basatosulla certezza dei tempi e sull’elimi-nazione degli adempimenti inutili».«È importante – ha affermato Tripolinel corso dell’audizione – che il Se-nato approvi rapidamente lo Statuto

delle imprese, che ha già avuto una-nime consenso alla Camera nel mesedi marzo, per rispondere alle esigenzedi sviluppo e competitività delle stessee dare attuazione alla direttiva euro-pea sullo Small Business Act. Con loStatuto delle imprese – ha conclusoTripoli – si avvia un percorso di mag-giore attenzione verso le imprese cheavrà ogni anno uno step fondamen-tale nella legge annuale sulle Pmi, inmodo che possano essere rimossi tutti

quegli ostacoli normativi che ne fre-nano le potenzialità di crescita».Nel frattempo, c’è attesa anche perl’annunciata riforma degli incentivi.Secondo il ministro Romani do-vremo attenderci «una semplifica-zione radicale delle procedure el'abolizione di vecchie norme conl'eliminazione di più di 30 leggi na-zionali». Allo studio del Mise anche«la possibilità di destinare il 50%delle risorse per gli incentivi alle Pmi»e «facilitazioni, ad esempio i voucher,per le imprese che vorranno aggre-garsi con il contratto di rete o attra-verso consorzi e cooperative». In ognicaso, ha garantito Romani, «stiamopensando a un’integrazione gradualetra vecchio e nuovo ordinamento siaper garantire il buon funzionamentodel sistema sia per accompagnare congradualità le imprese nella novitàdella riforma che entrerà in vigore dalgennaio 2012». Di certo, secondoRomani, si tratterà di «una riformadecisiva».

Secondo Unioncamere sono già 13milale pmi manifatturiere che fanno parte ohanno intenzione di inserirsi in una rete

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“L’Italia è di fronte a unbivio tra il ritorno allacrescita e il rischio di re-

cessione. Gli impegni assunti in sedeeuropea e il severo giudizio dei mer-cati finanziari, sempre pronti a met-tere sotto pressione la solidità dellanostra finanza pubblica, ci impon-gono di perseguire senza indugio unrigoroso percorso di controllo deiconti pubblici. Non possiamo, tutta-via, correre il rischio di perdere di vistal’obiettivo dello sviluppo che è l’unicoin grado di garantire il benessere deicittadini, la sostenibilità del modellodi welfare e il futuro delle giovani ge-nerazioni”. È questo l’appello al “si-stema Italia” di Ivan Malavasi,presidente di Rete Imprese Italia, as-sociazione che riunisce Casartigiani,Cna, Confartigianato, Confcommer-cio e Confesercenti, lanciato nel corsodella recente audizione sulla manovraeconomica alle commissioni Bilanciodel Senato e della Camera.

Presidente Malavasi, dunque iltraguardo è duplice: controllo deiconti e promozione dello sviluppo.La manovra del Governo favoriscequesto percorso? «La manovra economica, corretta-mente impostata in un’ottica plurien-

nale per dare chiari segnali sulle lineedi intervento future, e costruita con ilrigore e la severità imposta dai vincolieuropei, difficilmente potrà assicurareil raggiungimento di questo dupliceobiettivo. Troppo timido è il taglio aicosti della politica, troppo ampio ilpeso del prelievo fiscale addizionale.Dall’insieme degli interventi previstidalla manovra - decreto sullo svi-luppo, legge delega per la riforma fi-scale e disegno di legge sullasemplificazione - a giudizio di ReteImprese Italia non emerge una spintasufficiente per intraprendere un per-corso di crescita virtuoso e duraturo.Quel percorso fatto di immediate ri-forme strutturali e credibili liberaliz-zazioni, le uniche che possanorafforzare, nella valutazione degli in-vestitori, la sensazione che l’Italiaabbia recuperato le condizioni per ri-solvere i suoi problemi di crescita».

Il mondo sta tornando a correre,l’Europa un po’ meno ma è in ri-presa, l’Italia resta indietro perchénon cresce. Che fare? «Le mutate condizioni dell’econo-mia globale e la forte competizionecon le piattaforme produttive emer-genti ci obbligano a un cambio diprospettiva che permetta al Paese di

«Subito il patto fiscale col governo, sui mercati servecoesione». È questo il monito di Ivan Malavasi, presidentedi turno di Rete Imprese Italia, per traghettare il Paesefuori dalle difficoltà economiche e dalle turbolenze deimercati finanziari

PER AGGANCIARE LA RIPRESASERVE UN CAMBIO DI PROSPETTIVA

di Luca Donigaglia

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Ivan Malavasi,

a capo di Cna

e presidente di turno

di Rete Imprese Italia

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RAGION LIBERA|POLITICA ECONOMICAIvan Malavasi

agganciare in modo solido il trend dicrescita mondiale. A questo fine ser-vono la coesione e il contributo ditutte le componenti sociali ed eco-nomiche del Paese che si devono im-pegnare per un nuovo e strategicoprogetto di sviluppo».

Ci sono diversi capitoli della ma-novra su cui, a vostro giudizio, bi-sognerebbe puntare. Citiamoesempi concreti di cosa va e cosanon va?«Sugli studi di settore, ad esempio,giudichiamo inaccettabile la normache elimina l’obbligo per l’Agenziadelle Entrate di motivare la riaperturadelle indagini sui contribuenti unavolta che essi siano risultati congruicon gli studi di settore. Per quanto ri-guarda la liberalizzazione degli oraridei negozi, poi, consideriamo negati-vamente la scelta del governo di mo-dificare in via sperimentale ladisciplina nei comuni turistici e nellecittà d’arte. La riduzione dal 10% al4% della ritenuta operata dalle ban-

che e dalle Poste sui bonifici per le ri-strutturazioni energetiche degli edi-fici, invece, crediamo sia una scelta daaccogliere con favore: è un significa-tivo passo avanti che deve portare a ul-teriori riduzioni per evitare alleimprese di subire ritenute che, in si-tuazioni di margine di guadagno ri-dotti, possano trasformarsi in creditid’imposta».

Dopo le fibrillazioni dei mercatie le perdite a Piazza Affari, il nostroPaese deve temere gli speculatori?Cosa può fare il governo per reagiredi fronte alla flessione delle Borse? «La crisi europea dei debiti sovrani hainteressato anche i titoli di Stato ita-liani, come è testimoniato dall’allarga-mento dello spread tra Btp e Bundtedeschi. Bisogna reagire con tempe-stività e determinazione, con respon-sabilità e coesione. Per Rete ImpreseItalia occorre che nella manovra cor-rettiva dell’andamento dei conti pub-blici siano inseriti miglioramentiqualitativi che ne lascino però inva-

La competizionecon le piattaformeproduttive emergentici obbliga a un cambiodi prospettiva

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riati i saldi complessivi. Contempora-neamente, va messo in campo - daparte delle istituzioni e delle forze po-litiche, così come da parte delle forzesociali - uno sforzo straordinario perl’attivazione di tutte le scelte di ri-forma utili all’accelerazione del passodi crescita del nostro Paese. Sarà inol-tre utile verificare, fin d’ora, l’opportu-nità di anticipazione temporale diparte delle misure recate dal decreto-manovra, nonché di ulteriori inter-venti in materia di riduzione dellaspesa pubblica e dei costi della poli-tica, di contrasto e recupero dell’eva-sione, di rilancio delle privatizzazioni.In questo scenario, un rafforzato con-certo d’azione europeo è indispensa-bile».

Il federalismo fiscale può esseredavvero utile per razionalizzare laspesa pubblica? «Come categorie abbiamo sempreposto l’accento sulla necessità che l’at-tuazione del federalismo rappresentil’occasione per raggiungere ambiziosiobiettivi di riduzione e riqualifica-zione della spesa delle Regioni e deglienti locali e contemporaneamente diriorganizzazione e razionalizzazionedelle funzioni e dei ruoli dei diversi li-velli di governo locale. Questo te-

nendo presente che la spesa delle am-ministrazioni locali (Regioni, Pro-vince e Comuni) rappresenta circa unterzo del totale della spesa pubblicaitaliana».

È possibile immaginare un nuovo“patto” che, magari attraverso unaresponsabilità nella gestione dellaspesa pubblica, crei le premesse peruna riduzione generalizzata dellapressione fiscale? «Tenuto conto dell’obiettivo del pa-reggio del bilancio che dovrà essereconseguito entro il 2014 e dei sacrificia cui le diverse componenti della so-cietà saranno chiamate, è indispensa-bile che dall’attuazione delfederalismo non derivino aumentidella pressione fiscale per le famiglie eper le imprese. È invece è necessarioche lo Stato dia un forte segnale dicredibilità ridimensionando e conte-nendo i propri costi soprattutto sulversante della spesa improduttiva edegli sprechi. Rete Imprese Italia ri-badisce la necessità di accompagnarel’attuazione del federalismo con la co-struzione di un nuovo patto fiscaleche, attraverso l’attribuzione di mag-giore responsabilità nella gestionedella spesa pubblica ai diversi livelli digoverno, crei le premesse per una ri-duzione della pressione fiscale nel suocomplesso in un quadro di sostanzialecoordinamento con la imposizione fi-scale statale. Deve essere questo il cri-terio guida del lavoro nei prossimimesi, ma non si può non sottolineareche i primi decreti legislativi di attua-zione del fisco municipale (perquanto riguarda l’Imu e l’addizionaleIrpef ), di quello provinciale (perquanto concerne l’imposta sulle assi-curazione Rca) e di quello regionale(in relazione al possibile aumento dal2013 dell’addizionale regionale all’Ir-pef) sembrano non andare in questadirezione».

Dal federalismonon devono derivareaumenti dellapressione fiscale perfamiglie e imprese

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RAGION LIBERA|POLITICA ECONOMICAUgo Margini

«Chiediamo più “peso”per le imprese del ter-ziario che nel 2010

hanno contribuito alla formazionedel valore aggiunto del nostro Paeseper oltre il 47% e alla costruzionedell’occupazione per oltre il 40%».Parte da qui l’analisi della situazioneeconomica italiana del vicepresidentedi Confcommercio Ugo Margini.Fotografia che è anche l’occasioneper chiedere al governo più atten-zione al terziario attraverso l’ado-zione di buone regole di apertura deimercati e infrastrutture efficienti.

Come è stato accolto dal-l’Ascom-Confcommercio l’au-mento dell’Iva di cui si è parlatonell’ambito della delega fiscale col-legata all’ultima manovra econo-mica? «Siamo contrari all’ipotesi di unoscambio tra la riduzione delle aliquoteIrpef e l’innalzamento delle aliquoteIva. Una simile manovra, infatti, nongioverebbe alla crescita e all’occupa-zione. Che, al contrario, avrebberonecessità di una più robusta dinamicadella domanda interna e in particolaredei consumi delle famiglie che, peral-tro, rallenteranno nell’anno in corsofacendo registrare un incremento

complessivo pari ad appena lo 0,7%e, nel 2012, pari all’1,2%».

Gli ultimi dati Istat dicono chein Italia un giovane su tre è senzalavoro, mentre al sud è disoccupatauna donna su due. Crede che lastrada per uscire definitivamentedalla crisi sia quella di rilanciare iconsumi?«Da troppo tempo l’Italia crescetroppo poco. E anche dopo la crisi,sembra confermarsi per il nostroPaese un percorso di crescita lenta,modesta, fragile, che non basta pertenere il passo dell’Europa, per rias-sorbire disoccupazione e costruirenuova occupazione, per recuperare ildivario del Mezzogiorno. In questocontesto, abbiamo quindi la neces-sità di più ambizione per la crescitadel Paese. Per questo occorre, anzi-tutto, che ognuno faccia la propriaparte perché da solo non ce la fa nes-suno, soprattutto il Paese nel suocomplesso. E da soli non ce la fannoné il mondo delle imprese né ilmondo del lavoro, che hanno vitalenecessità di buone regole di aperturadei mercati e infrastrutture pubbli-che efficienti».

Tra il 2009 e il 2010, in partico-lare, hanno chiuso in Italia 130mila

esercizi al dettaglio: cosa chiedete algoverno per uno slancio vero e perinvertire questa tendenza? «Chiediamo più “peso” per le im-prese del terziario di mercato - ilcommercio, il turismo, i servizi allepersone e alle imprese, il sistema deitrasporti e della logistica - che nel2010 ha contribuito alla formazionedel valore aggiunto del nostro Paeseper oltre il 47% e alla costruzionedell’occupazione per oltre il 40%.Quando si parla dell’economia realedel Paese, sarebbe dunque davveroora che, nelle famose “stanze dei bot-toni”, questi dati pesassero di più. Perdirla in breve, il commercio italianorichiede e merita tutte le regole e lepolitiche utili a rafforzarne il rap-porto vitale con le nostre città».

Il vicepresidente di Confcommercio lancia l’allarme suiconsumi delle famiglie che crescono meno di quantoprevisto e, secondo le stime, stenteranno anche nel 2012.Per questo chiede al governo più sostegno al terziario

LE IMPRESE DEL TERZIARIOCHIEDONO PIÙ ATTENZIONE

di Luca Donigaglia

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VERSO UN NUOVO APPROCCIO AL CONSUMOCentromarca ha intensificato le relazioni con le associazioni dei consumatori e promosso viaggi di studio nei centri d’eccellenza dell’industria di marca: quando il futuro è nella collaborazione

di Elisa Fiocchi

Circa duecento tra le più importantiimprese italiane e multinazionali pre-senti nel settore del largo consumo

fanno riferimento a Centromarca, l’associa-zione dell’industria di marca, e al ruolo di ri-levanza che essa occupa nel contesto econo-mico nazionale in termini di investimentidestinati a innovazione, sviluppo, comuni-cazione, valorizzazione dei talenti. Il presi-dente Luigi Bordoni fa il punto sulla situa-zione generale dell’economia, dei consumi esull’esigenza di un approccio di sistema checoinvolga industria, distribuzione, editoria eassociazioni dei consumatori. «La condivi-sione delle informazioni, la costruzione dirapporti fiduciari - nel rispetto delle preroga-tive dei diversi stakeholder - è fondamentalee rappresenta un approccio più consapevole ematuro al tema del consumo, che costituisce

un elemento centrale della vita nella societàcontemporanea».

Qual è lo stato di salute della marca inItalia?«Nonostante la crisi, la fedeltà alle grandimarche è molto elevata. Il 70% degli acqui-sti, infatti, privilegia i prodotti più famosi.Alta qualità, innovazione, sicurezza sonopunti di riferimento per le famiglie, assiemealla crescente attenzione per la sostenibilitàambientale. Cresce anche la diffidenza per iprodotti anonimi, commercializzati a prezzitalmente bassi da far sorgere dubbi sul livelloqualitativo e quindi sulla sicurezza. La consa-pevolezza che a diversi prezzi corrispondonodiverse qualità è ben presente negli italiani».

La quota di mercato delle grandi marcheperò scende, mentre le marche commer-ciali crescono.

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Luigi Bordoni RAGION LIBERA|CONSUMI

«È un calo fisiologico dovuto all’ingresso nelmercato di nuove alternative di offerta, tra lequali le private label. Dal nostro punto di vi-sta questo è un normale assestamento delmercato, in cui la quota dei prodotti di marcaè elevatissima rispetto al resto d’Europa e aipaesi industrializzati».

Nel complesso il quadro dei consumi nonè positivo, come ha ribadito nel corso dellarecente assemblea di Centromarca. Come sista evolvendo la situazione?«I consumi non crescono e all’orizzonte nonsi vedono segni di un’inversione di tendenza.La spesa delle famiglie è limitata sia dall’an-damento stagnante dei redditi sia dall’ero-sione del risparmio, un fenomeno senza pre-cedenti nel nostro Paese. La filiera del largoconsumo ha da tempo assunto l’impegno el’onere di sostenere i consumi mediante ilcontenimento dei prezzi che, nell’ultimo de-cennio, sono cresciuti mediamente la metàdell’inflazione. Nel contempo, però, comeha rimarcato in parlamento anche il presi-dente dell’Antitrust, per i beni e servizi fornitidai settori in cui non vi è piena concorrenza,i costi per le famiglie sono stati il doppiodell’inflazione».

Per quali ragioni, Centromarca premeper l’avvio di un piano di liberalizzazioni?«È tra le riforme strutturali più urgenti sevogliamo favorire la crescita dei consumi. Leliberalizzazioni rappresentano l’intervento piùrapido e diretto per generare risorse per le fa-miglie (3.200 euro l’anno, secondo uno stu-dio di Cermes Bocconi), rilanciare la do-manda e quindi alimentare essenzialimeccanismi di sviluppo. È il momento difare fronte comune e attuare interventi coor-dinati fra produttori, distributori, organizza-zioni dei consumatori e mezzi d’informazione

per alimentare la necessaria domanda politicain questa direzione».

Come si rilanciano i consumi nella distri-buzione moderna? «L’enfasi quasi esclusiva posta sul fattore con-venienza ha determinato in questi anni effettinegativi per la filiera: dalla banalizzazione deiprodotti ai rischi per l’affidabilità e la sicu-rezza. Dobbiamo invece lavorare insieme perrestituire valore all’offerta perché la compres-sione dei margini e della redditività ha com-portato il calo delle risorse disponibili per gliinvestimenti in innovazione, in comunica-zione e per il mantenimento dei livelli occu-pazionali».

A tal proposito, quale rapporto di collabo-razione sussiste tra industria e distribuzione?«Il fatto che la quasi totalità delle industrie la-menti unfair commercial practices e rinunciad attivare forme di contrasto per timore diritorsioni - a rilevarlo è un’indagine dellaCommissione europea - dovrebbe convincerei fornitori e i distributori a concordare formedi inquadramento e regolamentazione deirapporti. Farlo significherebbe tutelare i for-nitori di tutte le dimensioni e settori da pra-tiche come i ritardi dei pagamenti o la man-cata finalizzazione dei contributipromozionali. Ciò comporterebbe effetti po-sitivi anche per i distributori corretti, ponen-doli al riparto dalle alterazioni della concor-renza determinate dai comportamenti di chiagisce al di fuori delle regole».

Luigi Bordoni,

presidente

di Centromarca

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Amaggio, per la prima voltanella storia del sistemaconfindustriale, le assise

generali di Confindustria e PiccolaIndustria si sono tenute congiunta-mente. La Piccola Industria ha, in-fatti, unito nella formulastraordinaria delle assise nazionalianche il tradizionale convegnobiennale di riflessione pubblica. Inun momento delicato per i destinidel Paese, la mobilitazione di quasi6mila imprenditori ha permesso digettare le basi per un intervento or-ganico di politica economica. «Lapiccola industria, come è emersodalle assise generali di Confindu-stria a Bergamo, è portatrice diprogetti - ha avuto modo di dichia-rare il presidente della Piccola In-dustria Vincenzo Boccia - e il suoruolo non è quello di antagonistadel sistema, ma quello di parte at-tiva nella realizzazione di una poli-tica economica in grado di favorirelo sviluppo. Perché Confindustriaè cambiata: l'80% delle imprese ha

meno di 50 dipendenti e solo il20% ne ha più di 100». Boccia hapiù volte ribadito come la PiccolaIndustria, e l'associazione nel suocomplesso, identifichi un corpo in-termedio dello Stato, chiamato adagire in maniera perentoria per «su-perare incertezze e ritardi e inaugu-rare una nuova stagione disviluppo». Gianluigi Viscardi, presidente delcomitato Piccola Industria dellaterritoriale di Bergamo, che haospitato sia l'assise del 7 maggioche il comitato centrale della Pic-cola Industria del giorno prece-dente, ha dal canto suo evidenziatocome la scelta della location perl'appuntamento rappresenti un ri-conoscimento per l'intera provin-cia: «Bergamo ha meritato questeassise, un successo per le impresedel territorio». Viscardi ha, infatti,avuto l'occasione di sottolinearequanto le aziende bergamasche ab-biano saputo rimboccarsi le mani-che, implementando l'innovazione

per crescere e uscire dalla crisi. Lostesso Viscardi, in un messaggiocongiunto con Ambra Redaelli,presidente Piccola Industria diConfindustria Lombardia, solleci-tando la partecipazione alle assiseaveva puntato il dito contro“l'analfabetismo d'impresa”, ossial'incapacità strutturale a compren-dere le ragioni dell'impresa e a ri-conoscerne natura e portata: ènecessario «che l'Italia sviluppi alpiù presto una strategia che so-stenga tutte quelle imprese chesono sopravvissute alla crisi, pun-tando su nuovi prodotti, nuoviprocessi produttivi e tecnologieavanzate. In questo l'azienda,grande o piccola che sia, non è di-versa dalla ricerca tecnico-scienti-fica. Condivide con essa lo stessodestino di motore di crescita cultu-rale, oltre che economica. E comela ricerca, anche l'impresa cresce eprospera ovunque le siano garantitele condizione adeguate». Come rimarcato più volte anche da

Dalle Assise generali di Confindustria edi Piccola Industria è emersa la volontàdi definire una piattaforma per lamodernizzazione del Paese. Ne parlanoVincenzo Boccia e Gianluigi Viscardi

L’ITALIA CHE VOGLIAMO GUARDA AL FUTURO DELLE IMPRESE

di Leonardo Testi

Page 39: Ragione Libera 07 2011

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Le proposte degli industriali

Vincenzo Boccia, le imprese italianeda parte loro stanno già facendomolto - e continueranno a farlo -per intraprendere un effettivo per-corso di crescita: non solo far bene ipropri prodotti, ma anche alimen-tare la propensione all'innovazione,aprirsi ai mercati esteri e attribuireun assetto manageriale alla gestioned'impresa. Ma tutto ciò non bastapiù. La politica industriale nazio-nale deve traghettare le Pmi lungoun assetto che le renda competitivesugli scenari internazionali, agendopertanto su nodi cruciali quali fisco,energia, carenza di infrastrutture,burocrazia e costi della politica. In-tervenendo davanti alla commis-sione Attività produttive dellaCamera in merito allo Small busi-ness act, il presidente della Piccolaindustria di Confindustria ha invo-cato un piano di politica economicache crei le condizioni per liberare lepotenzialità ancora inespresse nelnostro Paese: «realizzando, assiemea una politica di rigore della pub-

blica amministrazione finalizzata alcontenimento della spesa corrente,il rapido investimento per lo svi-luppo delle imprese delle risorse chesi andranno così a liberare». Se, daun lato, si deve tener conto delleesigenze finanziarie delle aziende,dall'altro è importante agevolare lacapacità di investimento delle re-altà produttive attraverso incentivifiscali. E poi c'è l'accesso al credito e, ingenerale, il rapporto con le banche.Boccia ha fatto parte della delega-zione di Abi, Confindustria, Alle-anza delle cooperative e ReteImprese Italia che, a fine giugno,ha presentato a Bruxelles un'inizia-tiva comune per arginare le riper-cussioni che Basilea 3 potrebbeesercitare sull'andamento delle im-prese e sull'erogazione del credito.«Da tempo lavoriamo a un rap-porto di dialogo con il mondo ban-cario, in base alla riflessione che unsistema creditizio forte ha bisognodi imprese forti e viceversa».

La politica industrialenazionale devetraghettare le pmilungo un assetto chele renda competitive

In apertura,Vincenzo Boccia, presidente

Piccola Industria di Confindustria.

Sopra, Gianluigi Viscardi, numero uno

della Piccola Industria Bergamo

RAGION LIBERA|STRATEGIE PER LE PMI

Page 40: Ragione Libera 07 2011

«Sta a noi risolverlo, ma perrisolverlo dobbiamoprima di tutto ricono-

scerlo, cosa che non sempre avviene,e poi occuparcene, metterlo al cen-tro della politica». Il problema inquestione è l’eccessiva lentezza checontraddistingue la crescita econo-mica italiana, un tema troppo alungo sottovalutato, come rilevaGiangiacomo Nardozzi, docente dieconomia politica presso il Politec-nico di Milano e curatore, insiemeal direttore del centro studi di Con-findustria Luca Paolazzi, del rap-porto “Costruire il futuro. Pmiprotagoniste: sfide e strategie”, illu-strato lo scorso maggio a Bergamonel corso del Consiglio centrale dellaPiccola Industria. «Non è un pro-blema di oggi, ma la crisi l’ha aggra-vato – prosegue Nardozzi –. I dati cidicono che l’economia italiana èquella che più ha sofferto della crisie che meno ha recuperato negli ul-timi due anni. Le previsioni per que-sto e per il prossimo anno, scontanouna crescita del Pil italiano pari acirca un terzo di quella francese, unquarto di quella tedesca. La que-stione sta attirando l’attenzione deimercati finanziari che giudicano la

sostenibilità del debito pubblico - eil nostro come sappiamo è enorme -guardando non solo alle manovre diriduzione del deficit, ma soprattuttoalla possibilità di ripagarlo, che di-pende dalla crescita».

Quale può essere il contributodelle Pmi alla crescita del Paesee cosa le frena oggi in modo par-ticolare?«Il contributo che le Pmi danno, eancor più possono dare, alla crescitaè importantissimo in un’economiacome la nostra che ha perso granparte delle grandi imprese. In parti-colare nel settore manifatturiero, incui l’Italia è settima nel mondo - e se-conda in Europa dietro la Germania- che costituisce il grosso delle espor-tazioni, cioè delle vendite ai paesi piùdinamici del nostro, i quali costitui-scono a loro volta fonte di dinami-smo anche per l’Italia contribuendo,direttamente e indirettamente, al Pilper più di un terzo, secondo una re-cente stima del centro studi di Con-findustria. Bisogna però intendersiquando si parla di pmi e distinguerealmeno tra le medie, che stanno tra i50 e i 500 dipendenti, e quelle pic-cole, ma non micro, di dimensioniinferiori. Il contributo maggiore alla

crescita lo danno le circa 4000 medieimprese (il quarto capitalismo del-l’indagine Mediobanca Unionca-mere), anche perché mobilitanomolte piccole locali come fornitori.Tra le piccole, troviamo vari casi divera e propria eccellenza e di leader-ship mondiale. Ma molte sono fre-nate nel loro sviluppo da una bassapropensione a crescere di dimen-sioni, da una concentrazione delleloro vendite sul mercato interno o dauna internazionalizzazione poco evo-luta, con un limitato avvicinamentoalla clientela locale».

Parlando di crescita, fondamen-tale è l’innovazione, non solo diprocesso e di prodotto, ma delmodo stesso di fare impresa. Comele aziende possono incrementare illoro valore?«In “Costruire il futuro” sottoline-iamo che oggi, per essere imprendi-tori, non basta far bene i propriprodotti. Bisogna mettere l’innova-zione davanti a tutto ed essere inno-vatori a tutto campo, sfruttando il“capitalismo globale della cono-scenza” nella concezione di nuoviprodotti così come nei modi di farli,di presentarli, di organizzare l’im-presa. Vale più che mai la defini-

La competitività delle pmi italiane si gioca oggi sul filodel “capitalismo globale della conoscenza”. Perché, comespiega l’economista Giangiacomo Nardozzi, «il valoredell’impresa non viene solo dalla qualità di ciò cheproduce, ma dall’idea che ci sta dietro»

IMPRENDITORI INNOVATORIPER INSEGUIRE LA CRESCITA

di Francesca Druidi

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RAGION LIBERA|STRATEGIE PER LE PMIGiangiacomo Nardozzi

zione di imprenditore di Schumpe-ter, con i suoi connotati di leader neiconfronti dei fornitori, dei lavora-tori, dei clienti coinvolti nella con-cezione e nella distribuzione deiprodotti. Il valore dell’impresa nonviene solo dalla qualità di ciò cheproduce, ma soprattutto dall’ideache ci sta dietro, dalla sintonia conil modo di pensare con la clientela ditutto il mondo, dalle soluzioni of-ferte ai suoi problemi».

Può tracciare, in definitiva,l’identikit della pmi vincente oggiin Italia? «Ci sono varie alternative per averesuccesso a livello di piccole impresee, di conseguenza, per crescere. Esono alternative che possono anchesovrapporsi, combinarsi. Si può, adesempio, essere fornitori globalianche in piccoli, ma significativi,segmenti della filiera. Si può passareda una produzione consolidata dinicchia ad applicare i propri saperead altri prodotti, trasformando il corebusiness in core competence, repli-cando cioè la specializzazione acqui-sita. In altri casi, decisivo può esserel’upgrading qualitativo con un ri-orientamento dell’offerta verso seg-menti più elevati in termini di valoreaggiunto, che consente di ridurre laforte concorrenza da parte dei nuoviproduttori. In tutti i casi, sono co-munque necessari rapporti interna-zionali non limitati alle soleesportazioni».

Più cultura d’impresa per argi-nare le carenze di cui ancora sof-frono le Pmi italiane, come adesempio la propensione a rima-nere legati alla conduzione fami-liare. Cosa serve per un definitivosalto di qualità?«Purtroppo i cambiamenti necessariper porsi in posizioni vincenti, pur es-sendo alla portata delle piccole im-prese, trovano resistenze da parte

degli imprenditori. C’è diffusa co-scienza della necessità di assumereuna dimensione adeguata per esserecompetitivi ma nello stesso tempo,pur riconoscendo che occorre di-sporre di nuovi capitali, si è restii adaprire l’azienda a soci esterni o anchead aggregazioni per timore di perdereil controllo dell’impresa. Inoltre, laconduzione familiare fa ancora pre-mio su una gestione manageriale e,anche nei casi di passaggi generazio-nali, si preferiscono soluzioni all’in-terno della famiglia. Tuttavia, dallepiccole imprese di Confindustria èemerso un interesse di conoscere lestrategie vincenti che indica almenola disponibilità a considerare l’oppor-tunità del “salto di qualità”».

Occorre un sistema Paese mag-giormente orientato alla competiti-vità e allo sviluppo, in grado dicreare le condizioni ottimali per lacrescita. E questo processo dipendeinnanzitutto dalle scelte della poli-tica, ma può partire anche dalle im-prese. Quali priorità individua? «Questa è la grande sfida da vincere.La nostra economia cresce poco so-prattutto perché è poco competitivoil Paese, ma ciò indica anche che c’èun grosso potenziale da liberare chenon hanno i paesi che sono già com-petitivi. Le stime disponibili indicanoche la crescita del Pil potrebbe più cheraddoppiare, se risolvessimo le que-stioni che rendono difficile la vitadelle imprese, ma anche dei cittadini.Si tratta di fattori arcinoti, relativi alleprestazioni della Pubblica ammini-strazione –burocrazia, giustizia civile,istruzione–, alle infrastrutture, allaconcorrenza nei servizi. Certo, spettaalla politica agire. Ma, siccome latitanon da oggi, credo ci voglia unagrossa e continua pressione da partedelle imprese, che dovrebbero faredella crescita la madre di tutte le ri-vendicazioni».

In alto,

Giangiacomo Nardozzi,

docente di economia

politica presso il

Politecnico di Milano

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Dal consiglio centrale dellaPiccola industria il 6maggio scorso, vigilia

delle Assise generali di Bergamo, èpartita un’importante riflessionesull’identità e sulle prospettive delmondo imprenditoriale e in gene-rale delle piccole realtà produttivedel Paese. In quell’occasione èstato presentato il rapporto “Co-struire il futuro. Pmi protagoniste:sfide e strategie” e uno dei capi-toli, “Piccolo è ancora bello? Ri-tratto di Pmi in Confindustria” èstato realizzato sulla base dei datiemersi da una ricerca coordinatadal centro studi Confindustria econdotta da Demos&Pi che hacoinvolto un campione di pmimanifatturiere associate a Confin-dustria con meno di 250 addetti.A commentare e delineare le pos-sibili traiettorie di sviluppo diquesti veri e propri motori propul-sivi del sistema economico ita-liano è Giancarlo Corò, docentedi economia politica presso l’uni-versità Ca’ Foscari di Venezia emembro del gruppo di ricerca in-terno a Demos&Pi.

Luci e ombre della piccola in-dustria italiana. Sotto quali pro-fili le nostre imprese risultanoancora competitive sul piano in-ternazionale e quali gli elementidi criticità per i quali, invece, se-gnano il passo?«L’industria italiana ha ancoramolte frecce al proprio arco. Lodimostra la tenuta nelle quote nelcommercio internazionale, pur afronte del ruolo sempre maggioredelle economie emergenti, che sisono ulteriormente rafforzate neldopo-crisi. Il dato saliente è, tut-tavia, la forte eterogeneità delleimprese di successo: non è tanto ilsettore né solo la dimensione aspiegare la capacità di competere,bensì un mix di fattori comel’apertura internazionale, la capa-cità di partecipare a filiere produt-tive, di mettere in campo adeguatiinvestimenti in tecnologia e, so-prattutto, una buona dotazione dicapitale umano, dove non deve es-sere sottovalutata una certa dosedi “manualità”, condizione permantenere e sviluppare una cul-tura del prodotto che il mondo ci

Per l’economista Giancarlo Corò, la crescitadella piccola industria italiana passa attraversola promozione delle reti d’impresa el’internazionalizzazione. Ma soprattutto dipendeda un “sistema Paese” realmente competitivo

PICCOLE E GRANDI NON CONTA,L’IMPORTANTE È METTERSI IN RETE

di Francesca Druidi

Giancarlo Corò, docente

di Economia politica

presso l’Università

Ca’ Foscari di Venezia

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RAGION LIBERA|STRATEGIE PER LE PMIGiancarlo Corò

invidia. Le criticità maggiori sononelle formule imprenditorialichiuse, dove lo sviluppo del busi-ness viene sacrificato al controllofamiliare e dove le relazioni indu-striali oscillano fra paternalismo evecchi conflitti capitale-lavoro».

La strada maestra dell’Italiasembra essere sempre quelladelle esportazioni. Come ali-mentare questa vocazione difronte alle nuove sfide lanciatedai mercati?«L’export è importante sia per ra-gioni congiunturali sia strutturali.La domanda mondiale - diversa-mente da quella interna - sta in-fatti crescendo a ritmi sostenuti eper agganciare la ripresa in corso èdunque necessario essere collegatiai mercati più dinamici. Questastrategia diventerà sempre più im-portante in quanto la geografiadella ricchezza è destinata a cam-biare: secondo le stime dell’Ocse,nel sud-est asiatico ci sono giàoggi mezzo miliardo di consuma-tori equiparabili a quelli occiden-tali, ma nel 2030 diventerannooltre 3 miliardi. Tuttavia, per ser-vire questi mercati non è suffi-ciente esportare, ma bisognaanche investire su catene produt-tive e distributive internazionali.Molte nostre piccole imprese, chepure hanno prodotti interessanti,rischiano però di essere tagliatefuori da questo processo».

Se piccolo non è più bello e unnuovo modello industriale ne-cessariamente s’impone, qualicaratteristiche lo dovrebberoconnotare, tenuto conto dellepeculiarità produttive italiane?«In Italia abbiamo molte piccoleimprese e poche grandi. Il pro-blema è il secondo elemento, nonil primo. La crescita dimensionale

è sicuramente una strategia daperseguire ma non è l’unica e, so-prattutto, è sbagliato mettere incontrapposizione grandi e piccoleimprese. Piuttosto bisogna crearereti fra imprese, dove le grandisvolgono ovviamente un ruolo di-verso dalle piccole. Mettere in retel’imprenditorialità, che rimane unfattore decisivo dello sviluppo mo-derno, apre interessanti prospet-tive anche per le associazionid’impresa che devono abbando-nare le tradizionali politiche di-stributive e mettersi invece alservizio di progetti per l’innova-zione e l’internazionalizzazione direti imprenditoriali».

Quale ruolo le pmi possono,quindi, svolgere nel futuro? Im-plementando quali fattori inparticolare?«Le piccole imprese avranno unruolo chiave su almeno tre fronti.Il primo è quello della creatività edell’innovazione in quanto nuovetecnologie e combinazioni pro-duttive si sviluppano più facil-mente all’interno diorganizzazioni focalizzate, sianoesse vere e proprie start-up, op-pure spin-off generate da altre im-prese. Molti nostri distretti nesono testimonianza, ma lo è anchela Silicon Valley. Il secondo èquello della qualità e dell’industriasu misura in quanto fattori com-petitivi che richiedono reti flessi-bili e decentrate di produzione.Basti pensare alla bioedilizia: se lesoluzioni tecnologiche sono pro-dotte da grandi gruppi industriali,il mercato finale è in mano a tantipiccoli produttori che adattano epersonalizzano i singoli moduli. Ilterzo è quello dei servizi professio-nali e del terziario avanzato cheriassume, in qualche modo, i

primi due. Ma, anche in questocaso, vale il principio della com-plementarietà dimensionale: pic-cole e grandi imprese non vannoviste come alternative, bensì com-ponenti di una rete di divisionedel lavoro».

Se a incidere sono anche fat-tori esterni all’economia, qualedeve essere il contributo speci-fico della politica, delle istitu-zioni e delle associazioni dicategoria?«Oggi per competere non bastanole sole capacità imprenditoriali emanageriali. Non basta nemmenoavere disponibilità finanziarie e unbuon capitale umano. Serve ancheun “sistema Paese” che assicuri unabase efficiente di servizi, infrastrut-ture e regole comuni. In altri ter-mini, serve una giustizia chefunzioni in tempi ragionevoli, unsistema di relazioni industriali serioe responsabile, un buon sistemaeducativo e culturale, una rete mo-derna di infrastrutture logistiche,comunicative, energetiche e am-bientali. L’Italia è carente in moltidi questi fattori. Ciò nonostante haapparti pubblici e costi della poli-tica spropositati, che portano unapressione fiscale fra le più alte almondo. Questa situazione è diven-tata insostenibile per molte im-prese, al punto che il problema nonè più solo l’incapacità di attirare in-vestimenti dall’estero, ma di tratte-nere quelli nazionali. Anzi, il veropericolo è che ad andarsene dall’Ita-lia sia la parte migliore dell’indu-stria nazionale, quella già presentesui mercati più dinamici e che puòscegliere più liberamente dove inve-stire i profitti. Bisogna stare moltoattenti, perché questa tendenza puòdiventare una slavina che travolgetutta l’economia».

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Lo smalto innovativo scuote la ripresa e dà persino risultatibrillanti. Ma sulle pmi milanesi continuano a pesare altremisure, la pressione fiscale prima di tutto. L’analisi di LuigiLucchetti, presidente della Piccola Impresa di Assolombarda

I “MOTORI” INSTANCABILIDELLE PICCOLE IMPRESE MILANESI

di Paola Maruzzi

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RAGION LIBERA|STRATEGIE PER LE PMILuigi Lucchetti

Expo 2015 come reale oppor-tunità per le imprese, go-verno del territorio, mobilità,

infrastrutture, sviluppo della filieradella salute, del turismo e dellagreen economy. Sono alcuni deitemi cruciali che Luigi Lucchettimette sul piatto per aumentare lacompetitività delle pmi milanesi. Ilmessaggio ritorna attuale e coerenteanche nel più ampio quadro nazio-nale. Ai vertici di ConfindustriaEmma Marcegaglia, introducendol’appuntamento dell’Assise di Ber-gamo, ha sottolineato quanto que-sto sia un «momento di grandedifficoltà per le pmi e non solo, ag-gravato nel nostro Paese da un con-flitto istituzionale». Doverosoquindi, chiedere, uno sforzo di si-stema e spingere le associazioni dicategoria a offrire risposte concrete.

L’obiettivo di Assolombarda èlavorare sul territorio, tessendo re-lazioni costruttive tra imprese eistituzioni. Quanto c’è ancora dafare?«In un momento difficile come que-sto il rapporto con le istituzioni èfondamentale, siano esse di naturagovernativa, associativa o finanzia-ria. Per sostenere la pressione com-petitiva globale, sentita in particolarmodo dalle piccole imprese, dob-biamo massimizzare tutte le risorsedisponibili. Forse manca un coordi-namento più efficace dal punto isti-

tuzionale e sicuramente manca an-cora la fiducia da parte delle banche,un capitolo davvero complicato.Quest’ultime devono sì rispettare iparametri nazionali, ma dovrebberocomprendere che il contesto territo-riale italiano ha degli handicap danon sottovalutare».

La competizione tra imprese,soprattutto in campo internazio-nale, oggi si gioca sulla cono-scenza. Diventa centrale, quindi,il rapporto con università e centridi ricerca. Ma le imprese italiane,soprattutto le pmi, investonopoco in ricerca. Quali politichedunque attuate per un’inversionedi tendenza?«Dire che le pmi investono poco ètroppo generico. Bisogna scenderenello specifico delle aree territoriali.Le pmi milanesi non sono ostili aquesto fattore competitivo e inno-vano soprattutto i processi più che iprodotti, dimostrando anche di es-sere capaci di mettersi in rete. Ilpunto è che lo fanno in maniera in-diretta, implicita. Quindi, seppurequalcosa si muove, le imprese nonbrevettano le innovazioni, non lerendono visibili, non le mettono albilancio. Si origina così un’errata va-lutazione e un ovvio svantaggio ri-spetto ai paesi in cui, al contrario,c’è più attenzione. Sostenere l’inno-vazione non è semplice, perché è unpo’ un cane che si morde la coda:

alla sua origine c’è il profitto, che asua volta dipende dallo sviluppo edalla marginalità sui prodotti. Maquando quest’ultima viene stroncatada un’eccessiva pressione fiscale di-venta difficile trovare le risorse perinnovare. Da parte nostra cer-chiamo di creare un contesto favore-vole allo sviluppo dellecompetitività, promuovendo unalogica di rete non lesiva per le sin-gole parti».

Dunque il fisco continua a es-sere la nota dolente?«Purtroppo è così. Ecco che nell’As-sise di Bergamo è stato fondamen-tale il focus sulla pressione fiscale,che toglie risorse all’innovazione eallo sviluppo».

I fondi per offrire garanzia alleoperazioni di credito delle pmi èin crisi. Quali altre strade alterna-tive battere allora? «Il vero problema è l’accessibilità.Con gli anni duri che stiamo vi-vendo e con l’attuale pressione fi-scale, è difficile non avere aziende inperdita. L’importante, però, è capirese queste lacune siano strutturali osemplicemente fisiologiche, antica-mera di un miglioramento. Bisognache le istituzioni pubbliche finanzia-rie abbiano più coraggio nel soste-nere le pmi che hanno un ratingsufficiente per accedere ai fondi digaranzia, e che comunque dimo-strano di avere delle possibilità di

Luigi Lucchetti,

presidente

della Piccola Impresa

di Assolombarda

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sviluppo. È uno sforzo che auspi-chiamo, ma che spesso vediamo ne-gato. Si cerca quindi di sopperiremettendo assieme le forze, facendorete».

Innovazione in direzione Ict: ache punto è il tessuto imprendito-riale milanese?«Siamo consapevoli dell’assolutaimportanza dell’Ict, soprattutto allaluce del gap che isola l’Italia e, piùin generale, l’Europa. Riparame-trando la densità di popolazione tral’Asia e l’area occidentale, emergeche siamo indietro di tre punti. Tut-tavia, in un certo senso, Milano èun oasi felice. Attraverso indaginiabbiamo “mappato” le imprese in-formatizzate e abbiamo visto chesono nettamente più competitive.Stiamo entrando nell’ottica di faresviluppo, anche se il problema dellapressione fiscale rimane centraleanche per far volare l’Ict».

La crisi ha avuto il merito di ri-mettere le imprese al centro.Come evitare che questo processo

non si dissolva nuovamente?«Semplicemente cercando di far ca-pire che l’impresa è un valore per ilpaese, per il suo sviluppo, per il be-nessere generale. In questo facciamogrande fatica. Gli imprenditori nonvogliono entrare nelle sfere politi-che. Al contrario chiediamo che leistituzioni si facciano promotori disviluppo».

Volendo fotografare i compartimigliori di quest’ultimi mesi?«Il quadro è complicato. Tra tuttispiccano la sanità e la meccanica,che stanno avendo un tasso di svi-luppo importante. Dentro la filieradella sanità c’è tutto: tecnologia, be-nessere, valore aggiunto, modo diessere. La meccanica ha poi tenutoin piedi l’economia locale e stadando buoni segnali di recupero.Ma non dimentichiamo che laLombardia è il cuore dell’Ict ita-liano. In vista dell’Expo, non trala-scerei l’alimentare e il turismo, duesettori che potranno essere valoriz-zati se gestiti bene».

Sostenerel’innovazionenon è semplice,alla base c’è sempreil profitto

Luigi LucchettiSTRATEGIE PER LE PMI|RAGION LIBERA

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La crescita del nostro Paese èstata sempre guidata dalleesportazioni, un fenomeno

che rappresenta ora anche la via diuscita dalle difficoltà economiche.La sfida sui mercati esteri riguardadirettamente la piccola e media im-presa che è protagonista nel nostrosistema economico. È così anche perla realtà imprenditoriale milaneseche continua a credere nei mercatiinternazionali. L’export lombardo,infatti, nel 2010 è aumentato del14%, sfiorando quota 94 miliardi dieuro. Milano, inclusa Monza, rap-presenta il 36,5% di questo valore.I margini di miglioramento sono altima la debolezza strutturale impedi-sce soprattutto alle piccole impresedi imporsi con maggiore efficacia suimercati internazionali dove è piùforte la crescita. «Come Camera diCommercio del capoluogo lom-bardo, attraverso Promos – spiega ilsegretario generale Pier Andrea Che-vallard – affianchiamo le pmi nelloro percorso di internazionalizza-zione offrendo una conoscenza ap-profondita e una rete strutturata chesi avvale di sedici uffici nel mondo».

Creatività e made in Italy rie-scono sempre ad attrarre i nuovimercati esteri?«In questa fase delicata di rilanciodella nostra economia diventa an-cora più importante puntare suifattori di competitività che ren-dono il made in Italy conosciutonel mondo per qualità, capacità in-novativa e creatività. Nella modamilanese, ad esempio, dal 1980sono stati realizzati 1.750 brevettie in questo settore la Lombardiasupera Parigi. Fashion e design a

Milano producono una ricchezzapari a 13 miliardi di euro all’anno,il 13% del dato nazionale. Sonopilastri della nostra economia chevanno continuamente sostenuti evalorizzati anche attraverso la ca-pacità di fare sistema. Proprio conl’obiettivo di far dialogare le di-verse realtà legate alla moda, la Ca-mera di commercio di Milano,attraverso la sua azienda specialePromos, ha avviato da un anno lamanifestazione “Milano FashionCity”. Questo progetto, realizzato

Fashion e design fanno conoscere Milano nel mondo.La Camera di Commercio, assicura il segretario generalePier Andrea Chevallard, accompagna le impresenel loro processo di internazionalizzazionee stimola la loro capacità di fare sistema

GLI IMPRENDITORI PUNTANOSUI MERCATI INTERNAZIONALI

di Renata Gualtieri

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RAGION LIBERA|STRATEGIE PER LE PMI

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Pier Andrea Chevallard

in collaborazione con le principaliistituzioni e associazioni del set-tore, si sviluppa per un mese in-torno alle settimane della modadonna creando sinergie tra sfilate,manifestazioni fieristiche, sho-wroom e altre iniziative».

Perché è considerato innovativol’accordo tra Camera di Commer-cio e Fiera di Milano? «L’ente camerale milanese è moltoattento allo sviluppo delle nuove tec-nologie finalizzate a rendere i nostriservizi sempre più efficienti. Ancheper questo motivo abbiamo realiz-zato una web tv, YouImpresa, per farconoscere e rendere più accessibilinotizie e informazioni del nostroente. Con questo sito, inoltre, met-

tiamo a disposizione delle imprese,senza alcun costo, una vetrina inte-rattiva con l’obiettivo di promuoverele loro attività al di fuori dei canalitradizionali. In questo contesto ab-biamo avviato una partnership conFiera Milano che ha permesso diampliare a livello nazionale e inter-nazionale l’offerta informativa conspazi dedicati a videoclip aziendali eservizi di approfondimento sui prin-cipali eventi fieristici. Abbiamo poiistituito un premio per i migliorivideo caricati su YouImpresa cheviene riconosciuto alle aziende nelcorso del premio “Milano Produt-tiva” che si tiene al Teatro alla Scalae al quale partecipano oltre 1.600persone».

A sinistra,

Pier Andrea Chevallard,

segretario generale della

Camera di Commercio

di Milano

Nella moda milanese dal 1980 sono stati realizzati 1.750brevetti. Fashion e design a Milano producono una ricchezzapari a 13 miliardi di euro all’anno, il 13% del dato nazionale

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Quanto investe l’ente sull’Expo2015?«L’Expo è una grande opportunitàche potrebbe rilanciare Milano el’Italia a livello mondiale. Fin dasubito ci siamo impegnati per labuona riuscita del progetto attra-verso diverse attività operative e dicomunicazione ma, soprattutto,rendendo disponibili le risorse ne-cessarie alla gestione dell’evento. Ilmondo imprenditoriale sta già di-mostrando concretamente di pun-tare sull’esposizione universale conla partecipazione ai tavoli tematiciorganizzati da Promos e coordinatidal presidente Bruno Ermolli chehanno raccolto numerosi progettiche andranno anche oltre il 2015.Non va dimenticato, infatti, cheun aspetto fondamentale per ilsuccesso della manifestazione saràla capacità di Milano e del nostroPaese di valorizzare la rete di con-tatti che si svilupperanno a livellointernazionale».

La Camera di Commercio diMilano collabora da sempre con leprincipali università della città persviluppare iniziative volte a pro-muovere all’estero i nostri percorsidi alta formazione. Quali i risul-tati sin qui raggiunti? «Sono oltre 11.400 i laureati lom-bardi che hanno trovato lavoro aMilano nell’ultimo anno, il 55%di tutti i neolaureati avviati in re-gione. Nella metà dei casi si trattadi non residenti. Milano è statascelta da oltre 6mila studenti stra-nieri, in crescita del 77% in setteanni, insomma è sede di una pro-gressiva immigrazione di cervelli.

In alcune università milanesi unostudente su dieci circa arriva dal-l’estero attirato dal livello qualifi-cato della formazione. In questoquadro stiamo promuovendo ma-ster internazionali, come quellodedicato agli studi del Mediterra-neo, per contribuire a creare figureattente al multiculturalismo, carat-teristico di questa fase di forte glo-balizzazione, e sempre piùnecessarie per una crescita equili-brata dei rapporti economici e in-ternazionali».

Quali saranno le prossimeazioni a favore delle imprese nel-l’area milanese?«Il sistema imprenditoriale sta at-traversando un periodo segnato dacambiamenti epocali e in continuaevoluzione. Pensiamo solo a inter-net e alla globalizzazione. Le pic-cole e medie imprese hannorappresentato fino a oggi la strut-tura portante della nostra econo-mia, ma per continuare a farlodevono essere messe nelle miglioricondizioni per affrontare questenuove sfide. La nostra azione sisviluppa su diversi livelli, dall’effi-cienza e semplificazione dell’atti-vità anagrafica al sostegno a 360gradi delle imprese, dall’interna-zionalizzazione al marketing terri-toriale. Essere a servizio del mondoimprenditoriale vuol dire, adesempio, creare un’impresa in ungiorno, facilitare l’accesso al cre-dito o il sostegno all’innovazione ola risoluzione più facile delle con-troversie, ambiti in cui si gioca lasfida quotidiana e strategica per lacrescita della nostra economia».

Pier Andrea Chevallard STRATEGIE PER LE PMI|RAGION LIBERA

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Bernhard Scholz STRATEGIE PER LE PMI|RAGION LIBERA

Meno tasse e meno burocrazia per migliorarela competitività su piccola scala.Ma per Bernhard Scholz, presidentedi Compagnia delle Opere, la ricettapiù semplice per sviluppare le pmi rimaneil gioco di squadra

MILANO, RETE STRATEGICA di Paola Maruzzi

Sviluppo e sostegno per le pic-cole imprese: esiste davverouna prospettiva più grande

che includa tutta le altre? Compa-gnia delle Opere, l’associazioneche ha la sua culla di pmi in Lom-bardia, risponde mettendo al cen-tro l’urgenza di superare la logicapolitica asfissiante del pro e delcontro. Insomma, anche l’etica hauna dimensione spendibile, com-petitiva. Bernhard Scholz, presi-dente di Cdo, rimarca. «L’attualedibattito politico-mediatico lasciapochissimo spazio ad argomenticome la famiglia, il lavoro, lascuola o l’impresa. Tutto tende aessere ridotto a questioni di schie-ramento partitico o personali-stico».

Qual è il rischio per le pmi?«Che anche i segnali, pur presenti,di una timida ripresa non venganocolti come tali. Invitiamo da

tempo a riposizionare la bussolasulle questioni che contano senzaulteriori distrazioni, offrendo ilnostro contributo a chiunque vo-glia dialogare costruttivamente.Rispetto alle esigenze specifichedelle imprese, l’asse del nostro im-pegno è orientato verso la forma-zione, le iniziative perl’internazionalizzazione e innova-zione e il miglioramento dei servizicommerciali e finanziari».

La Lombardia è stata da sem-pre una roccaforte di pmi. Attra-verso quali segnali si può direche l’amicizia operativa lom-barda è ancora centrale?«L’esempio più significativo diquanto Cdo fa è “Matching”, ilgrande evento milanese di fine no-vembre, al quale partecipano mi-gliaia di imprese da tutta Italia edal mondo e che quest’anno, per laprima volta, ha vissuto un’ante-

prima squisitamente internazio-nale, con la prima edizione diMatching Russia del 28 e 29 giu-gno, in cui cento aziende da tuttaItalia hanno esplorato le potenzia-lità di questo grande mercato.L’esperienza ci insegna che chi vafuori si rafforza dentro. Perciò Mi-lano e la Lombardia sono un ter-reno fertile, che rimarrà talequanto più saprà aprirsi al mondoe al dialogo con tutti».

Il vicepresidente Gibelli haproposto un piano di finanzia-mento rivolto alle pmi autoc-tone. Qual è l’impegno di Cdoaffinché lo sviluppo vada al di làdei regionalismi?«Il criterio più adeguato per valu-tare l’utilità di un’azione a favoredelle imprese riguarda essenzial-mente il sostegno all’innovazionee all’internazionalizzazione, cioè aquelle leve che permettono di ri-

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pensarsi nel medio periodo, di va-lutare la propria tenuta organizza-tiva e di riprogettarsi percompetere nel mercato globale. Perquesto ci auguriamo che le regioni,nell’ambito di una giusta atten-zione al territorio che ammini-strano, seguano questo criterionell’adottare le proprie misure».

Tra le priorità per rilanciare lepmi ha parlato di bonus fiscali.Cos’altro sarà strategico?«La riduzione delle tasse e l’alleg-gerimento della burocrazia sono ilcavallo di battaglia. Se il primotema è ancora una specie di tabù acausa della congiuntura economicae della tenuta dei conti pubblici,sul secondo qualcosa si sta muo-

vendo. Ma, tra gli altri fattori chepossono favorire le pmi, noi pun-tiamo molto anche sulla capacitàdi fare rete: per accrescere il knowhow, sviluppare economie di scalao condividere un nuovo rischioimprenditoriale connesso all’esplo-razione di un nuovo mercato, la ri-cetta più “semplice” è quella dimettersi insieme, di collaborarecon responsabilità ai nuovi pro-getti. Ma, al tempo stesso, questaè una sfida che impone anche uncambiamento di mentalità daparte degli imprenditori chiamatiin un certo senso a riscoprire ilvalore della collaborazione e a su-perare la barriera dell’individua-lismo».

Bernhard Scholz, presidente di Compagnia

delle Opere. In alto, un momento dell’edizione

2010 di Matching, l’annuale appuntamento

milanese per sviluppare relazioni di business

L’esempio più significativo di quantoCdo fa è “Matching” al quale partecipanomigliaia di imprese italiane e straniere

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Nella sua prima conferenza stampa Jacopo Morelli,neopresidente dei giovani di Confindustria, ha lanciatoalcune proposte su formazione, scuola, merito e lavoroconvinto che «un Paese che rinuncia a occuparsi dei giovani si condanna alla morte»

IL FUTURO DELL’ITALIAPARTE DAI BANCHI DI SCUOLA

Èil fiorentino Jacopo Mo-relli il nuovo presidentedei giovani imprenditoridi Confindustria, eletto

dal consiglio nazionale per il trien-nio 2011-2014. Già vicepresidentenazionale nel triennio della presi-denza di Federica Guidi, Morelliha ricoperto incarichi anche negliorganismi regionali: ha guidato ilgruppo Giovani di ConfindustriaFirenze ed è stato vicepresidente diConfindustria Firenze. Il suo la-voro sarà di continuità rispetto aquello del suo predecessore, decli-nandolo però sulle esigenze e sulmomento storico che il Paese staattraversando.

Cinque le parole d’ordine allabase del suo programma: gio-vani, imprenditorialità, leader-ship, merito e futuro. Da doveoccorre partire?

«Bisogna partire dai giovani e agirenel loro interesse e poi concen-trarsi sull’imprenditorialità perchéla priorità del Paese in questo mo-mento è la crescita economica e lacreazione di posti di lavoro per igiovani attraverso le nuove impreseche sono quelle in grado di gene-rare maggiore occupazione. Stiamoproponendo che venga utilizzatogià nella scuola un sistema merito-cratico per fare in modo che glistudenti che hanno più capacità,indipendentemente dalle condi-zioni economiche della famiglia diorigine, possano emergere. Oc-corre poi adottare degli standardinternazionali di valutazione inmodo tale che le famiglie cono-scano fin dall’inizio la qualità del-l’istituto superiore o dell’univer-sità a cui si iscrivono i propri figli.In Veneto, ad esempio, si riscontra

un livello d’eccellenza superioreaddirittura alla media europeacontro i punteggi estremamentebassi delle regioni del Sud».

Tra i settori su cui puntare haindicato lavoro ed energia nu-cleare. Come procederà?«Abbiamo proposto una fiscalitàdi vantaggio per i giovani e ledonne che entrano nel mondo dellavoro con aliquote tendenti allozero. Anche la Banca d’Italia haevidenziato come i salari di riferi-mento per i giovani siano dram-maticamente scesi in questi ultimianni e allora bisogna fare in modoche i giovani, all’inizio della lorocarriera, possano avvantaggiarsi diuna pressione fiscale meno accen-tuata. Questo porterebbe loro unvantaggio economico e l’inizialesacrificio dell’Erario verrebbe ri-pagato subito in termini di svi- ›

Jacopo MorelliGIOVANI E IMPRESA|RAGION LIBERA

di Renata Gualtieri

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luppo economico. Quanto all’ener-gia c’è da dire che il Paese è rima-sto scioccato dai fatti di Fukushimama c’è bisogno di una classe diri-gente capace di prendere delle de-cisioni sul lungo periodo in ma-niera logica e lucida e senza farsicogliere dall’emotività del mo-mento e integrare le fonti di ener-gia rinnovabile, che allo stato at-tuale non sono sufficienti percoprire il nostro fabbisogno ener-getico, con un piano di sviluppobasato sull’energia nucleare. Èmancata poi sicuramente una seriapolitica energetica anche per lamessa in sicurezza nazionale del-l’approvvigionamento energetico».

Come è possibile trattenere i no-stri talenti ed essere anche una cala-

mita di cervelli, talenti e saper fare?«Più che trattenere dobbiamo preoc-cuparci di attrarre talenti e cervelliperché dei quasi 3 milioni di stu-denti che tutti gli anni vanno ingiro per l’Europa a studiare, noi riu-sciamo a intercettarne circa l’1,7%che è un dato irrisorio. Dobbiamofare in modo di puntare anzituttosulla qualità degli insegnamenti chedevono essere in molti casi presen-tati in inglese perché siano motivodi attrattività per gli studenti stra-nieri che non parlano l’italiano epoi c’è bisogno di un sistema uni-versitario che metta in sana compe-tizione gli atenei e dia spazio ai do-centi - anche con cattedretemporanee - e a insegnamenti ingrado di suscitare interesse e garan-

› tire libertà di ricerca e organizza-zione del lavoro a chi sceglie l’Italia».

«Abbiamo sicuramente bisognodi un Paese che sia più modernoe più libero» ha dichiarato rife-rendosi alla competitività delmercato. In cosa bisogna com-piere un deciso cambio di rotta?«Abbiamo una serie di ostacoli fortis-simi nel sistema scolastico e univer-sitario e questo pregiudica la libertàdi ricerca scientifica che spesso non èadeguata ai tempi. C’è poi una giu-stizia civile che è lunga e genera in-certezze e questi sono tutti impedi-menti che rendono difficile crearenuove imprese e investimenti».

L’innovazione tecnologica è laricetta per far ridestare il Paese«che con i suoi cronici ritardi or-

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Jacopo Morelli

È fondamentalepartire dai giovani e dai loro interessi e poi concentrarsisull’imprenditorialità

mai da quindici anni crescemeno di tutti i suoi concorrenti».In quale settore ritiene sia piùnecessario intervenire? «Guardando alle piccole e medieimprese occorre indirizzarle versoun utilizzo più massiccio delle pos-sibilità derivanti da internet e dalweb. Le nostre imprese, rispettoalle altre europee, utilizzano an-cora troppo poco e non nel modomigliore tutto quello che la retepuò dare in termini di organizza-zione del lavoro o di processi diacquisto delle materie prime attra-verso internet. All’interno di molteimprese, soprattutto piccole,manca questo tipo di professiona-lità e ciò influisce in maniera nega-tiva sulla produttività del Paese esulla capacità di crescita. Quantoall’innovazione tecnologica do-

vremmo partire col garantireun’ampiezza di banda tale per cui idati possano circolare con la stessavelocità con cui avviene negli StatiUniti. Ci sono ancora tante zonedel Paese che non sono coperte inmaniera estesa dalla banda larga ein generale bisogna avere una fortecapacità di lettura delle necessitàdel mercato».

Quale è la sua idea di impresavincente?«È quella che sa leggere le evolu-zioni del mercato e capire i cambia-menti in atto e sa essere molto vi-cina ai suoi clienti finali, nepercepisce i bisogni, non ha moltestrutture gerarchiche e ha una qua-lità dei lavoratori e dei collabora-tori alta, perché un’impresa vin-cente oggi ha prima di tutto ottimerisorse su cui contare».

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La sfida dei giovaniimprenditori di Confartigianato è, per il presidente Marco Colombo, «battersi per rimuovere gli ostacoli che ingessanol’Italia e il futuro delle nuove generazioni»

IL DESTINO DELLA PICCOLA IMPRESA È SCRITTO DAI GIOVANIdi Renata Gualtieri

Ogni giorno nascono 428 imprese artigiane etra il 2009 e il 2010 è aumentato di 32.160unità il numero dei giovani artigiani sotto i40 anni. Tra i settori che mostrano oppor-

tunità di sviluppo ci sono l’information technology, le at-tività ricreative e del fitness, l’agroalimentare, la tutela am-bientale, l’assistenza alle persone. Anche i tradizionalimestieri artigiani si rinnovano per adeguarsi ai cambia-menti del mercato e alle nuove esigenze dei consumatori.«Ecco dunque – sottolinea Marco Colombo, presidentedei giovani imprenditori di Confartigianato – che la ri-voluzione tecnologica apre spazi anche per la trasforma-zione e la rinascita di attività che sembravano in de-clino». La domotica, ad esempio, è un mercato tutto daesplorare. Segno positivo anche per la green economy,dove esistono spazi di crescita per le piccole imprese chesi occupano di smaltimento rifiuti, per i progettisti e in-stallatori di aree verdi, i tecnici in energia eolica e fonti rin-novabili, i riciclatori dei rifiuti hi-tech.

Nell’assemblea 2011 di Confartigianato il presi-dente Giorgio Guerrini ha indicato tre riforme dafare subito: fisco, giovani e lavoro, sussidiarietà. Dadove occorre partire?«Non si cresce senza la riduzione reale e significativa delpeso del fisco, sia in termini di aliquote che di adempi-menti. La politica fiscale è, su tutte, quella decisiva perrestituire fiducia alla nostra economia. Mi auguro ancheche il federalismo possa concretizzarsi attraverso una re-sponsabilizzazione di tutti i livelli di governo e il supe-ramento dei costi storici. Il federalismo deve razionaliz-60

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RAGION LIBERA|GIOVANI E IMPRESAMarco Colombo

zare e rendere trasparente l’attivitàamministrativa, deve favorire il rap-porto con i cittadini e gli imprendi-tori. È l’ultima possibilità che ab-biamo, non possiamo fallire».

Oggi in Italia domina un modelloculturale che contrappone il sapereal saper fare, la conoscenza teoricaalle competenze tecniche e prati-che, con il risultato che molti gio-vani non trovano lavoro e le aziendenon riescono ad assumere. Come sipuò invertire questa tendenza?«Serve un grande impegno per supe-rare il disallineamento tra scuola,università e mondo del lavoro, pervalorizzare il contratto di apprendi-stato come strumento privilegiato diingresso nel mondo del lavoro e il la-voro manuale come sbocco possibileper tutti giovani disoccupati, laureaticompresi. Noi giovani di Confarti-gianato siamo impegnati sul territo-rio in attività di collaborazione con lascuola e siamo convinti che per con-sentire l’incontro tra domanda e of-ferta di lavoro bisogna coinvolgeretutti i soggetti interessati: impresa,studenti, famiglia. Bisogna valutare

la qualità dei docenti, miglioraretutti i livelli scolastici, senza dimen-ticare che la scuola, prima che pre-parare dei tecnici, deve formare lepersone, ovvero sviluppare tuttequelle competenze che servono al-l’individuo in quanto tale».

L’occupazione femminile nel-l’artigianato è una realtà consoli-data. Quali oggi le opportunitàper le donne del settore?«Non solo è una realtà consolidatama, dai dati forniti dal nostro ufficiostudi, appare anche un fenomeno increscita. Accanto agli impieghi neisettori che tradizionalmente vede-vano le donne protagoniste, comead esempio nei servizi alla persona,cresce anche il numero di donne chedanno vita ad aziende in settori legatialle nuove tecnologie e ai servizi alleimprese. Sempre più troviamo ancheimprenditrici alla guida di aziende insettori considerati tradizionalmentemaschili, come l’edilizia, la mecca-nica, l’autotrasporto. Tuttavia le col-leghe che conosco e che hanno fattoquesta scelta non nascondono le dif-ficoltà di portare avanti la loro atti-

vità dovendo conciliare anche ilruolo di moglie a soprattutto di ma-dre: in Italia purtroppo gli strumentia sostegno della conciliazione lavoro-famiglia sono ancora pochi».

Come si può favorire il fare im-presa nel nostro paese e quali sonogli ostacoli più gravi che si presen-tano ai giovani imprenditori diConfartigianato?«bisogna liberare le imprese dai vincoliche ne frenano le potenzialità: ridu-zione della pressione fiscale, lotta allaburocrazia, contenimento dei costidella pubblica amministrazione e dellapolitica, migliore accesso al credito,infrastrutture efficienti, giustizia ra-pida. L’attenzione alle pmi va riempitadi fatti. La politica deve applicare ilteorema “meno parole, più fatti” o lesperanze di crescita si ridurranno. Lacrisi non può essere un alibi per nonagire, per non fare quelle riforme cheda tanto, troppo tempo, stiamo aspet-tando. Siamo stati tra i primi Paesi inEuropa a recepire i principi delloSmall business act, ora attendiamo se-gnali concreti della volontà del go-verno e del Parlamento di porre lepiccole e medie imprese al centro del-l’iniziativa politica e delle strategie disviluppo del Paese».

Quali le prossime sfide per i gio-vani imprenditori?«L’Italia, da sempre, è tenuta in piedidai piccoli imprenditori. E il futurodella piccola impresa lo devono scri-vere i giovani. L’Italia non riprenderàa crescere se non farà propria e non sa-prà trasmettere ai giovani, la culturad’impresa, la valorizzazione del ri-schio, del talento, del merito, la li-bera iniziativa, lo spirito di concor-renza e di innovazione, la passionetipicamente artigiana per la qualità,per il lavoro a regola d’arte».

Marco Colombo, presidente dei giovani imprenditori di Confartigianato

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I GIOVANI DANNO OTTIMISMOALL’AGRICOLTURA ITALIANA di Renata Gualtieri

Sono le aziende guidate da giovani che danno grandi soddisfazioni e sono, secondo Nicola Motolese, presidente dell’Anga, l’associazione che riunisce i giovani di Confagricoltura, il vero futuro del settore a livello nazionale e mondiale

Il positivo trend di crescita del-l’occupazione nel settore, regi-strato nel 2010 (+3,3% secondoi dati Istat) con due milioni di

giornate lavorate in più, sembra con-fermarsi anche quest’anno. Sono, in-vece, ancora troppo pochi gli impren-ditori giovani: per ogni under 40 sicontano ben 13 over 65. Se, da un latodunque crescono gli occupati, che èun buon segno perché dimostra la vi-talità del settore, dall’altro, i giovaniimprenditori nelle campagne italianesono troppo pochi e insufficienti a ga-rantire il futuro dell’agricoltura. «Evi-dentemente piacerebbe impegnarsi inagricoltura, ma diversi ostacoli impe-discono l’ingresso di giovani nel set-tore. Sono diventate urgenti dunque –commenta Nicola Motolese, presi-dente dell’Associazione nazionale gio-vani agricoltori – precise scelte di po-litica nazionale ed europea, mirateproprio all’insediamento e alla perma-nenza dei giovani che agiscano sul cre-dito, sul reperimento del bene terra esull’abbattimento della burocrazia».

Quale ruolo possono ricoprire igiovani nel rilancio dell’agricol-tura mondiale?«Da una ricerca Censis per Confagri-coltura risulta che proprio le aziendeguidate da giovani sono quelle che

puntano sull’innovazione e su politi-che commerciali alternative e selet-tive, riuscendo così a collocarsi in nic-chie di mercato che dannosoddisfazioni anche a livello econo-mico. Questi imprenditori “di punta”sono accomunati da due caratteristi-che: l’età decisamente bassa per il si-stema agricolo nazionale e uno spic-cato dinamismo manageriale. Anchei dati Eurostat mostrano che gli agri-coltori “under” 40 conducono, abi-tualmente, aziende più grandi dellamedia, garantiscono una maggioreoccupazione e hanno una maggiorepropensione verso la diversificazionee la gestione manageriale».

Quali pratiche agricole attiranodi più le nuove generazioni?«I giovani agricoltori italiani si ci-mentano in tutti i settori: dai piùtradizionali, come l’allevamento, lecolture viticole e olivicole, il florovi-vaismo e la produzione di frutta e or-taggi, ai più moderni come le agroe-nergie. Forte è anche la tendenza asperimentare e a valorizzare l’enormecontributo che la ricerca scientificapuò apportare al mondo agricolo. Èin crescita anche il numero di ra-gazze che hanno voglia di impegnarsiprofessionalmente in campagna.Tutti, senza distinzioni, trovano il

modo di esprimere l’amore per lanatura e la professione in molti am-biti, sempre però con un taglio mo-derno e tendono al miglioramentoqualitativo della produzione, attra-verso la diversificazione varietale e lasperimentazione di nuovi cultivar orazze. C’è una costante che mi rendeorgoglioso: associamo imprenditorigiovani e appassionati».

Sicurezza alimentare, sosteni-bilità e ambiente sono i temi sucui ci si è confrontati al G20 diParigi. Quali interessanti spuntisono emersi?

Nicola MotoleseGIOVANI E IMPRESA|RAGION LIBERA

Nicola Motolese, presidente dell’Associazionenazionale giovani agricoltori

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«C’è stato l’accordo per il “pianod’azione” sulla volatilità dei prezzi ali-mentari e l’agricoltura. Ormai bisognaragionare sempre più “glocal”, cioèavere un approccio globale per valoriz-zare la nostra produzione. Così, primail G20 delle organizzazione agricole,poi quello recentemente conclusosi aParigi, hanno concordato sulla neces-sità di aumentare la produttività del-l’agricoltura, gli investimenti nella ri-cerca, la trasparenza, il coordinamentodella politica internazionale, la regola-zione dei mercati finanziari. Per farquesto occorrono innovazione e inve-stimenti. Ne consegue che è giunto iltempo delle scelte, non si può piùtemporeggiare e, anche a livello nazio-nale, è diventato indispensabile indi-rizzare le risorse verso lo sviluppo del-l’agricoltura. Penso, ad esempio, alletante aziende “non professionali” chenon presidiano il territorio, che con-tribuiscono a fare aumentare la buro-crazia e sottraggono energie inges-sando l’innovazione e la crescitadell’agricoltura. Si è veramente co-scienti che, ad esempio, quasi la metàdelle aziende italiane riceve poche cen-tinaia di euro l’anno da Bruxelles? Eche tutto questo si traduce in enormicosti in termini di tempo e impegno,maggiori delle cifre elargite? Questo

denaro potrebbe essere “messo afrutto” in modo diverso, per contri-buire, ad esempio, a progetti di svi-luppo del sistema, come l’innovazionee il ricambio generazionale».

Cosa chiedono gli agricoltori pergarantire un settore agricolo sano ecompetitivo a livello globale?«Prima di tutto, come è stato fatto inoccasione del G20 di Parigi, che siasempre riconosciuta la missioneprincipale dell’agricoltura: nutrire lepopolazioni del mondo. Ovvia-mente il discorso di produrre quan-tità si può e si deve coniugare conquello di produrre qualità e reddito.Il compito dell’imprenditore agri-colo è quello di produrre, con re-sponsabilità e attenzione alla qualità,alla salubrità degli alimenti e all’am-biente. Servono scelte precise anchequi, bisogna fare ordine nel sistema:troppo spesso le competenze nellematerie che riguardano l’agricolturasono sminuzzate e di competenza dienti e amministrazioni diverse. Poic’è la questione della politica agri-cola. È necessario difendere e salva-guardare il budget europeo perl’agricoltura. E soprattutto è fonda-mentale promuovere l’inserimentodei giovani: un settore che non ha ri-cambio è a rischio di futuro».

Gli agricoltorichiedono che siasempre riconosciutala missione principaledell’agricoltura:nutrire le popolazionidel mondo

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LA SCOSSA NECESSARIAALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

di Viola Leone

«Mai prima d’ora la pubblica amministrazione è apparsacome deve essere: una vera casa di vetro, nella quale i cittadini hanno diritto di guardare per rendersi conto di come sono spesi i loro soldi». Il punto del ministroRenato Brunetta a tre anni dall’avvio della riforma

Sono tre i pilastri della ri-forma della pubblica ammi-nistrazione individuati dalministro Brunetta. Il primo è

rappresentato dal decreto 150, che ri-guarda merito, trasparenza, valuta-zione, azione collettiva e che, comeha sottolineato il titolare del dica-

stero per la Pubblica amministra-zione e l’innovazione, è in fase dicompleta implementazione. Il se-condo coincide con la digitalizza-zione, che dovrà essere completatanell’arco dei prossimi 18 mesi e chevedrà scuola e giustizia come settoridi intervento prioritario. L’ultimo ri-

guarda la semplificazione, che, se siguarda al piano complessivo, do-vrebbe ridurre di circa 12 miliardi icosti per le famiglie e le imprese. «Il2012 sarà l’anno della convergenza,in cui si vedranno gli effetti di tutti etre gli indirizzi» ha annunciato Bru-netta al convegno di apertura della

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RAGION LIBERA|E-GOVERNMENT

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Renato Brunetta

Renato Brunetta

XXII edizione di Forum Pa, nel corsodi un intervento dedicato a trarre unprimo bilancio della riforma e a sot-tolinearne la natura di percorso pos-sibile solo con la collaborazione ditutti. «Ci sono ancora resistenze, nontanto di ordine economico e finan-ziario ma legate a mentalità, abitu-dini e anche a situazioni di monopo-lio e incomunicabilità tra leamministrazioni – ha dichiarato –.Ma le resistenze sono sempre meno:la scossa è ormai entrata a far partedella nostra vita quotidiana».

Il rinnovamento della Pa è par-tito dalla lotta ai “fannulloni”. Pos-siamo fare il punto su questi treanni di attività? «Sul fronte della lotta all’assentei-smo, il conto annuale della Ragione-ria dello Stato conferma i dati dellerilevazioni che il mio ministero rea-lizza mensilmente in collaborazionecon l’Istat: a oltre 34 mesi dalla loroapprovazione, le misure contenutenella legge 133 del 2008 - la cosid-detta “legge antifannulloni” - hannocomportato una riduzione media del33% delle assenze per malattia procapite dei dipendenti pubblici. Perottenere un successo che non ha pre-

cedenti, e che diversi altri Paesistanno studiando con grande atten-zione, è bastato decidere di non cor-rispondere più l’indennità di pre-senza agli assenti per malattia epredisporre visite mediche fin dalprimo giorno. Riportare le persone allavoro, non darla vinta ai furbi, è unsegno di rispetto sia nei confrontidel cittadino-cliente che paga le tassesia nei confronti dei tanti dipendentipubblici che fanno coscienziosa-mente il loro dovere, ma che percolpa dei colleghi fannulloni sonoanch’essi colpiti dalla condanna ge-neralizzata dell’opinione pubblica».

E per quanto riguarda la tra-sparenza, altro cardine della suariforma? «La pubblica amministrazione hasmesso di essere una macchinaopaca, autoreferenziale e poco con-trollabile dall’esterno. L’operazioneTrasparenza è iniziata nel giugno2008, con la pubblicazione sul sito diPalazzo Vidoni della mia retribu-zione e di quella dei miei collabora-tori. Sempre sul sito del mio mini-stero abbiamo pubblicato gli elenchicompleti degli incarichi affidati aconsulenti e collaboratori esterni, de-gli incarichi retribuiti ai dipendentipubblici, degli emolumenti deimembri dei consigli d’amministra-zione di consorzi e società a totale oparziale partecipazione pubblica.Con la legge 69 del 2009 abbiamopoi esteso a tutte le pubbliche ammi-nistrazioni l’obbligo di pubblicazioneon line di curriculum vitae, recapiti

Riportare le personeal lavoro è un segnodi rispetto neiconfronti dei tantidipendenti pubblicicoscienziosi

e retribuzioni annuali dei dirigentinonché i tassi di assenza e di mag-giore presenza del personale distintiper uffici di livello dirigenziale. Tuttoin rete, quindi. A disposizione ditutti, in base alle vigenti disposizionidi legge e seguendo scrupolosamentele indicazioni del Garante della pri-vacy. Il risultato? Risparmi consi-stenti, recupero di motivazione perchi ha sempre fatto il proprio do-vere, maggiore efficienza della mac-china pubblica».

Ora la parola d’ordine è digita-lizzazione: quali sono i modi, itempi e gli obblighi contenuti nellacostituzione digitale del Paese? Equali vantaggi ne deriveranno?«Come ha ben compreso questo go-verno, che per la prima volta le hariunite in un unico ministero, pub-blica amministrazione e innovazionetecnologica sono strettamente legatefra loro: senza innovazione tecnolo-gica le riforme del pubblico impiegoresterebbero prive di una concretapossibilità di applicazione. Il piano

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Renato BrunettaE-GOVERNMENT|RAGION LIBERA

› e-Gov 2012 è stato concepito pro-prio con l’obiettivo di garantire en-tro tre anni la riforma digitale dellaburocrazia, della sanità, della giusti-zia e della scuola. Molto è già statofatto, a partire dalla recente entratain vigore del nuovo Codice dell’am-ministrazione digitale, che intro-duce un insieme di innovazioni nor-mative che vanno a incidereconcretamente sui comportamenti esulle prassi delle amministrazioni esulla qualità dei servizi resi. Dalla ra-zionalizzazione della propria orga-nizzazione e dall’informatizzazionedei procedimenti, le pubbliche am-ministrazioni ricaveranno dei ri-sparmi che potranno utilizzare per ilfinanziamento di progetti di innova-zione e per l’incentivazione del per-sonale in essi coinvolto».

Quali trasformazioni sono previ-ste in particolare per il mondodella sanità?«Il piano e-Gov 2012 ha previsto unportafoglio di interventi condivisoda tutte le amministrazioni operantia livello centrale, regionale e locale,in grado di aumentare il tasso diadozione delle Ict nel settore e garan-tire uno sviluppo omogeneo dei ser-vizi primari sul territorio. Siamo par-titi dalla trasmissione on line all’Inpsdei certificati di malattia di circa17milioni di dipendenti pubblici eprivati e nei prossimi mesi verrannointrodotti anche la ricetta medicaelettronica, il fascicolo sanitario elet-tronico e i centri unici di prenota-zione. Sviluppare l’e-Health in Italiaè un nostro impegno prioritario:

come confermano anche alcunestime elaborate da Confindustria,grazie all'introduzione delle Ict nellasanità è infatti possibile ottenere unrisparmio complessivo pari a 12,4miliardi di euro in un anno».

Quali risultati avete ottenutoinfine sul fronte della semplifica-zione amministrativa per le im-prese? «Le analisi condotte dalle principaliorganizzazioni internazionali indivi-duano nella complicazione buro-cratica una delle prime cause dellosvantaggio competitivo dell’Italianel contesto europeo e nell’interaarea Ocse. Per questa ragione, ta-gliare i costi della burocrazia per leimprese e disboscare la giungla delleprocedure è divenuto un impegnoprioritario. Il “Piano per la sempli-ficazione amministrativa per le im-prese e le famiglie 2010-2012” for-nisce il quadro dei risultati raggiuntidal “taglia-oneri” (un’attività di mi-surazione e riduzione degli oneriamministrativi, essenziale per ta-gliare in modo sistematico i costidella burocrazia) e definisce obiet-tivi, strumenti e piani operativi perintensificare e completare le attività

in corso e conseguire entro il 2012il traguardo di un taglio di oltre il25% dei costi della burocrazia».

Con la manovra finanziaria èstato inoltre introdotto il principiodi proporzionalità per gli adempi-menti amministrativi.«Si tratta di un’innovazione senza pre-cedenti per l’Italia: gli adempimentivengono infatti differenziati in rela-zione alla dimensione, al settore incui l’impresa opera e all’effettiva esi-genza di tutela degli interessi pubblici,in linea con le previsioni dello SmallBusiness Act adottato a livello comu-nitario. Infine, poiché accanto all’im-pegno del governo e a una nuova coo-perazione tra Stato, Regioni ed entilocali, il fattore vincente di una poli-tica di semplificazione è rappresen-tato dall’ascolto e dal coinvolgimentodelle imprese e delle loro associa-zioni, ho deciso di promuovere sulweb l’iniziativa di ascolto “Burocra-zia: diamoci un taglio!”. Sono, in-fatti, convinto che molte soluzioniper rendere l’amministrazione piùsemplice possano essere meglio sug-gerite da chi ogni giorno vive le com-plicazioni burocratiche: i cittadini,le imprese e le loro associazioni».

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LA CULTURAE L’ETICA DEL LAVORO

Nominati da Giorgio Napolitano venticinque nuovi Cavalieri del Lavoro. Testimoni di un Paese che si sta impegnando per la crescitae il rilancio della sua economia

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Un’Italia più innovativa e competitiva a livellointernazionale e, insieme, più equa e coesa. Un sognorealizzabile, secondo Benito Benedini, «mobilitando il grande patrimonio di talenti di cui disponiamo»

UN PAESE UNITOCHE LAVORA PER IL RILANCIO

di Michela Evangelisti

Anche quest’anno la Festadella Repubblica ha por-tato con sé la nomina, daparte del capo dello Stato

Giorgio Napolitano, di venticinquenuovi Cavalieri del lavoro, i rappre-sentanti di «una cultura e di un’eticadel lavoro fatte di impegno quoti-diano, rigore di comportamento, sa-crificio, rischio responsabile econsapevole». In questo 2011 poi, incorrispondenza con i 150 anni del-l’Unità d’Italia, il consueto appunta-mento con le nomine del 2 giugnoha assunto, secondo Benito Bene-dini, un significato ancora più pro-fondo, in quanto «testimonianza diun Paese unito, che lavora e s’impe-gna per la crescita e il rilancio del-l’economia». Il presidente dellaFederazione nazionale dei Cavalieridel lavoro, che ha alle spalle una sto-ria da poliedrico capitano d’industria,guarda con ottimismo al futuro dellanostra impresa, convinto che l’Italiacontinui a essere un grande Paese eche, con lei, siano grandi le impreseche portano in alto il made in Italy.

Cosa si aspetta dal nostro mondodell’impresa?«Stiamo uscendo da un momento di

grande difficoltà: ora dobbiamo cer-care di dare il massimo dinamismoalla nostra economia. Lo abbiamofatto anche nel passato, con successo,ogni volta che abbiamo saputo met-tere in campo le nostre energie mi-gliori, senza pensare all’immediato eal particolare, ma facendoci guidaredalla capacità di guardare a un oriz-zonte più lontano e a un interesse piùgenerale. Le radici dell’impresa ita-liana sono legate alla creatività e allacapacità di fare sistema: siamo tuttichiamati a riportare al centro dell’at-tenzione le idee, le storie e le personeche hanno posto le basi per costruirela nostra identità nazionale».

Prosegue l’iter parlamentaredello statuto delle imprese: pensache possa essere un passo impor-tante verso un maggiore riconosci-mento e un’ulteriore incentivazionedel ruolo delle imprese e degli im-prenditori? «Le principali finalità esplicitate daltesto di legge sono quelle di ricono-scere il contributo fondamentaledelle imprese alla crescita dell’occu-pazione e allo sviluppo economico,sostenere l’avvio di nuove imprese, inparticolare da parte dei giovani e

delle donne, valorizzare il potenzialedi crescita, di produttività e d’inno-vazione delle imprese, con particolareriferimento alle realtà micro, piccolee medie. Mi sembra un provvedi-mento che, se centrerà l’obiettivo,sarà un passo in avanti importante.Fondamentale, a mio avviso, è la fi-nalità di semplificazione dei rapporticon la pubblica amministrazione: unpunto su cui io mi batto da sempre».

In un recente intervento ha sottoli-neato come, mai come oggi, le grandisfide internazionali irrompono sullascena nazionale. A quali responsabi-lità sono chiamate le istituzioni ma,soprattutto, gli imprenditori?

Benito Benedini, presidente della Federazione

nazionale dei Cavalieri del lavoro

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Benito Benedini

«L’obiettivo oggi non può essereche uno: uscire dalla crisi co-struendo un’Italia più innovativa ecompetitiva a livello internazionalee, insieme, più equa e coesa, mo-bilitando il grande patrimonio ditalenti di cui dispone».

Una strategia d’impresa vin-cente?«Sviluppare al massimo la propen-sione all’export, puntando sullaqualità e sull’innovazione, sullaflessibilità produttiva e sulla tem-pestività di risposta alle richiestedel mercato, sulla capacità d’adat-tamento e sulla qualità del capitaleumano. Stiamo vivendo, anche a li-vello istituzionale, una fase storicafatta di prospettive incerte, di cam-biamenti radicali e di previsionidifficili. Occorre ricostruire unaconvivenza sociale che sia capace dilasciarsi alle spalle una cultura cheper molti anni ha considerato con-

cetti come la fatica, l’impegno, illavoro e, naturalmente, il merito,solo parole vuote».

A proposito di lavoro, l’Italia staattraversando un momento diffi-cile, tra tasso di disoccupazione increscita, precariato, over 35 chenon riescono più a rientrare sulmercato. Come difendere quei va-lori legati al lavoro tanto cari allaFederazione?«Qualunque sistema fatto di per-sone, e a maggior ragione quello dellavoro, deve essere portatore di unavisione e, in funzione di questa, devesaper porre obiettivi, premiare i ri-sultati positivi e sanzionare i falli-menti, basandosi su criteri oggettivie misurabili. Il riconoscimento delmerito è oggi un modo per rivolgeresoprattutto ai giovani una conside-razione speciale. Una curva demo-grafica che colloca il nostro Paese trai primi al mondo per età media la-

L’assenza di investimenti in conoscenzagenera dispersionedi talenti

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Rischiamo di tutelare chi è piùavanti con gli anni,spegnendo neigiovani entusiasmo e progettualità

scia spazio alla tentazione di tutelaremaggiormente chi è più avanti congli anni, rischiando di spegnere neigiovani l’entusiasmo e la progettua-lità, di generare in loro frustrazionee sfiducia. I dati ci mostrano una re-altà che potrebbe ottenere risultatinotevoli puntando in modo piùconvinto e più deciso sullo sviluppodel capitale umano attraverso il fat-tore educativo. Vale anche per chi siappresta a reinserirsi nel mondo dellavoro dopo un periodo di stasi».

Ogni anno la Federazione no-mina anche 25 Alfieri, giovani di-plomati votati a una brillante

carriera universitaria. Come valo-rizzare queste giovani menti al ter-mine del loro percorso di studi edevitare la dispersione di un patri-monio immateriale così impor-tante per lo sviluppo del Paese?«L’assenza di investimenti in cono-scenza genera dispersione di talenti.Meno formazione equivale a minorsviluppo tecnologico e, quindi, a unosvantaggio competitivo economico,culturale e sociale. L’investimento nelsapere e nei giovani è considerato daiCavalieri del lavoro una leva di svi-luppo strategico. Premiare il merito,poi, significa favorire uno dei prin-cipali fattori trainanti di una mobi-lità sociale e culturale verso l’alto.Con questo obiettivo, ormai daanni, la nostra Federazione pro-muove e sostiene numerose inizia-tive volte a formare e valorizzare inostri migliori cervelli».

Ad esempio?«Accanto alle tradizionali iniziativeformative promosse dai Cavalieri del

Benito BenediniCAVALIERI DEL LAVORO|RAGION LIBERA

lavoro, rappresentate dal Collegiouniversitario “Lamaro Pozzani” e dal“Premio Alfieri del lavoro”, sonostate realizzate molteplici attivitàprogettuali, nate dalla collabora-zione con istituzioni accademiche,centri di ricerca e attori economici.Ad esempio un’importante inizia-tiva, sorta dalla collaborazione tra lanostra Federazione e The europeanhouse Ambrosetti, è il progetto“Borse di sviluppo e merito”, voltoad assegnare a 15 studenti laureati,selezionati tra gli Alfieri del lavoro egli studenti del Collegio universita-rio “Lamaro Pozzani”, altrettanteborse di studio. Obiettivo di tutte leiniziative formative è quello di nonabbandonare, durante gli anni del-l’università, quei giovani meritevoliche abbiamo individuato nel loroultimo anno di liceo, di tenerli vi-cini al mondo dei Cavalieri del la-voro e di inserirli in una rete dicolleganza forte negli anni del loroimpegno professionale».

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TRADIZIONE ARTIGIANA AL PASSO CON I TEMPI di Michela Evangelisti

Sartorialità italiana e british style. Maurizio Marinella avanza alla conquista dei mercatiinternazionali con l’apertura di una boutique monomarca a Londra. «Per me è un ritorno»

Fin dall’infanzia ha respiratol’aria del negozio di fami-glia, aperto dal nonno Eu-genio nel 1914 sulla

Riviera di Chiaia, di fronte al Golfodi Napoli. Succedendo al padre nellagestione dell’attività commerciale,Maurizio Marinella ha raccolto l’ere-dità del marchio con uno spirito im-prenditoriale al passo con i tempi,partendo alla conquista dei mercatiinternazionali. L’ultimo negozio mo-nomarca l’ha inaugurato a Londra, al54 di Maddox Street, percorrendo aritroso la strada che nonno Eugenioaveva seguito 100 anni fa. «Siamo

nati importando articoli dall’Inghil-terra: il sogno di mio nonno eraquello di creare un piccolo angolod’Inghilterra a Napoli – spiega Mari-nella –. Ora mi sto confrontando coni grandi colossi londinesi: la battagliaè dura, ma non mi spaventa».

A coronamento del suo tren-tennale impegno professionale,quest’anno è giunta la nomina aCavaliere del lavoro. Cosa ha si-gnificato per lei questo ricono-scimento? «Per me è stata una gioia immensa,anche perché mio padre è morto conla grande voglia di avere questo rico-

Maurizio Marinella, patron del marchio E.Marinella

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Maurizio Marinella

noscimento senza, purtroppo, riuscirea ottenerlo. L’ho dedicato al ricordodi mio padre, alla mia famiglia, maanche alla mia attività: oggi portareavanti un’azienda nel mondo è diffici-lissimo, in Italia è impossibile, a Na-poli è apocalittico. Oltre a combatterecontro uno stato di depressione gene-rale devo scontrarmi con la mia stessacittà, che in questo momento tra-smette negatività. Questo riconosci-mento significa per me anche unaluce di speranza per Napoli».

Dopo tanti anni dove trova an-cora passione e ispirazione?«In gran parte me la trasmettono iclienti, che entrano quasi in religiososilenzio in questi venti metri quadratisu piazza Vittoria. Apro tutte le mat-tine alle sei è mezza: è un’antica tradi-zione che intendo mantenere, perchémi permette di vivere due tipi di com-mercio. Dalle sei e mezza alle nove lagente è più rilassata, si siede, noi of-friamo caffé e sfogliatelle. Più dell’ac-quisto è importante il momentod’aggregazione e di intimità: vivo an-cora la vendita come me l’hanno inse-

gnata mio nonno e mio padre.Dalle nove in poi il cliente ha fretta,deve scappare, e il mio lavoro di-venta più meccanico».

In tempi di ristrettezze sono cam-biate le abitudini dei vostri clienti?«Per fortuna abbiamo clienti chenon hanno grandi problemi anchein momenti di crisi economiche econtinuiamo a lavorare bene, nonsolo con le cravatte ma anche con gliaccessori da donna, i profumi, lamaglieria. Procediamo con una ge-stione controllata, senza fare passipiù lunghi della gamba».

Quali sono, per il suo settore, iconcorrenti più temibili?«C’è spazio per tutti. Noi puntiamosu un artigianato che purtroppo stamorendo perché le nuove genera-zioni preferiscono lavorare in un callcenter piuttosto che imparare un an-tico mestiere. Abbiamo un laborato-rio a 50 metri dal negozio doveaccompagniamo i clienti a vedere leragazze che tagliano le cravatte; possoassicurare che è una grande emo-zione, soprattutto per gli stranieri».

Lottiamo permantenere viva una tradizioneartigiana italiana che purtroppo sta morendo

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DA OLTRE UN SECOLOA SERVIZIO DELLA PERSONA

Debora Paglieri, amministratore delegato di Paglieri Profumi Spa

di Riccardo Casini

Fondata nel 1876 ad Alessan-dria, quando Ludovico Pa-glieri ebbe l’idea ditrasformare la piccola profu-

meria ereditata dal padre in un labora-torio di prodotti di bellezza e cura delcorpo, la Paglieri Profumi oggi è unaSpa con 136 dipendenti che producemarchi leader nella cosmetica. Attivaprima nel settore dei profumi e poi inquello dei saponi e dei prodotti per ilcorpo, si è trasformata a poco a poco inuna realtà industriale, soprattutto coni marchi Felce azzurra e Cléo, arri-vando a produrre con linee altamenteautomatizzate fino a 12mila confezionil’ora. Le sue redini però sono sempresaldamente in mano alla famiglia delfondatore; anzi, dopo 135 anni un suo

membro, ovvero l’attuale amministra-tore delegato Debora Paglieri, entra afar parte dei Cavalieri del lavoro.«L’onorificenza – spiega – rappresentaindubbiamente il coronamento di unpercorso, ma anche un riconosci-mento enorme se si considera il fattoche sono una donna, e anche piutto-sto giovane rispetto alla media dei pre-miati. Essere entrata nella rosa dei 40preselezionati aveva costituito già mo-tivo di orgoglio anche per tutta

l’azienda e la mia famiglia: il premiopoi è un sigillo sul lavoro di tutti».

Il riconoscimento di Cavalieredel lavoro va da sempre a quegliimprenditori che si sono distintinel loro settore con importanti ri-cadute nel sociale e, in particolare,nell’occupazione. Quale contri-buto ha dato in questo senso neglianni la sua azienda?«Siamo riusciti a rinnovarci appog-giandoci alla tradizione di un mar-

Debora Paglieri, amministratore delegato di Paglieri Profumi, spiega: «Siamo riusciti a rinnovarci appoggiandoci alla tradizione di un marchio con una lunga storia alle spalle»

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Debora PaglieriCAVALIERI DEL LAVORO|RAGION LIBERA

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stretching come il lancio, lo scorsonovembre, di una linea per la curadella casa e una per il bucato, semprea marchio Felce azzurra: un’esten-sione ad altri mercati che il consu-matore ha compreso e apprezzato».

Oltre a questi, Paglieri sta cer-cando di entrare in altri mercati tracui quello nutrizionale biologico equello farmaceutico. A quali risul-tati puntate in prospettiva?«Con Nutritionals abbiamo acquisitoanche un marchio importante comeSchiapparelli. Ora sono state presen-tate due nuove linee, una di prodottida banco e l’altra di cosmetici da trat-tamento, entrambe veicolate tramitele farmacie, un canale che consenteuna marginalità migliore rispetto allagrande distribuzione, dove lasceremoinvece i marchi di integratori alimen-tari Quid ed Euvita. Confidiamo chela penetrazione in nuovi mercati ci ga-rantisca una maggiore marginalitàche, oltre a essere necessaria per lo svi-luppo, costituisce proprio l’aspetto sulquale ci sentiamo ancora deboli: peraffrontarla abbiamo deciso da unaparte di acquistare maggiore peso nelnostro canale e dall’altra di inserirci innuovi canali. E in questo senso quellofarmaceutico, avendo una crescita de-

cisamente superiore alla profumeria eancor di più alla grande distribuzione,ci è sembrato ottimale».

Qual è invece oggi la situazionein termini di export? Quali sonoi Paesi maggiormente ricettiviper il mercato della cura dellapersona e della casa?«Per quanto riguarda la cura dellapersona siamo già presenti in 45Paesi, anche se l’export costituiscesolamente il 10% del nostro fattu-rato: ora l’obiettivo è di aumentarequesta quota, cercando di portareall’estero con più forza la nostraimmagine legata al made in Italy.E abbiamo anche analizzato la pos-sibilità di una nostra presenza negliStati Uniti con alcune filiali. In Ita-lia invece guardiamo al futuropuntando sullo sviluppo nelcampo alimentare».

Innovazione,controllo dellaqualità e premi ai collaboratori: ecco gli ingredientifondamentali

chio con una lunga storia allespalle, rendendolo attuale e stimo-lando nuovo interesse nel consu-matore, in un percorso di crescitache ha consentito investimenti eassunzioni. In un momento in cuisi registra una contrazione genera-lizzata dei consumi, poi, i risultatiottenuti valgono doppio».

In effetti il 2010 si è chiuso pervoi con un aumento del fatturatodel 6% rispetto all’anno prece-dente. Quali strategie avete adot-tato per far fronte alla crisi?«Nonostante avessimo un’esatta per-cezione delle difficoltà dei consuma-tori, non abbiamo mai rinunciato ainnovare, a tenere sotto controllo laqualità dei nostri prodotti e a premiarei collaboratori più diretti che sonoquotidianamente sul campo con noi:questi tre elementi, uniti alla fortuna,si sono rivelati fondamentali».

Cosa intende quando parla diinnovazione?«Mi riferisco sia a un’innovazione ditipo tecnico, con l’acquisizione adesempio di un macchinario all’avan-guardia in grado di produrre 10milapezzi all’ora della linea “Felce az-zurra”, che a un’innovazione di pro-dotto, con strategie di brand

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Dalle vacche frisone alle bufale da latte, l’attività di Diana TheodoliPallini non si ferma all’allevamento:le sue aziende sono oggi ancheagriturismi specializzati in attivitàdidattiche e per disabili

MULTIFUNZIONALITÀ,LA RISPOSTA ALLA CRISI

di Riccardo Casini

Tra i 25 Cavalieri del lavoro2011, uno solo appartieneal settore agricolo: si trattadi Diana Theodoli Pallini,

da 33 anni occupata nella gestione deicirca mille ettari occupati dalle aziendedi famiglia, tra Grossetano e campa-gne romane. «Nel 1978 – racconta – laprincipale attività era quella cerealicolae l’allevamento di vacche frisone dalatte». Poi però «la perdita di competi-tività di queste produzioni ha portatoa un radicale mutamento dell’organiz-zazione aziendale puntando a unanuova tipologia di allevamento»: nel1989 è stato, infatti, introdotto unprimo nucleo di 80 bufale da latte, poi«tre anni fa c’è stata la svolta zootec-nica aziendale e abbiamo puntatotutto sull’allevamento bufalino, ora inpiena espansione con 750 capi che po-trebbero crescere nel futuro poichél’azienda ha in preparazione un pianodi miglioramento». Ma da «convintasostenitrice della multifunzionalità»Diana Theodoli Pallini ha portatocontemporaneamente avanti «le ri-strutturazioni di tutti gli edifici ruralinel rispetto dell’architettura tradizio-nale, sia nelle due aziende della pia-nura grossetana sia di quella nel

comune di Roma», dando vita ad agri-turismi specializzati in ricezione maanche in didattica e in gruppi per disa-bili. «E nel 2010 – sottolinea – sonostate inserite in questo settore tre nuovedipendenti sotto i 40 anni».

Quale impegno a livello socialee occupazionale avete sviluppatonegli anni?«In un momento in cui molti hannodovuto licenziare, non solo abbiamomantenuto la nostra manodopera -con cui esiste un rapporto umanofortissimo che porta a spesso inseri-menti di figli o nipoti di precedentilavoratori trovando quindi secondao terza generazione in azienda - mastiamo anche assumendo nuove fi-gure per la stalla. E se il progetto dicrescita dovesse attuarsi, altre assun-zioni saranno necessarie. L’impegnosociale invece si è svolto e si svolgeattraverso 30 anni di associazioni-smo agricolo e ambientale».

La sua è l’unica onorificenza diquesto tipo assegnata nel 2011 aun esponente del settore agricolo.Oltre a costituire un evidente mo-tivo di soddisfazione personale,quale valore ha questo riconosci-mento per il settore?

Sopra, l’imprenditrice agricola Diana Theodoli Pallini. Nella pagina a fianco, allevamento di bufale nella sua azienda

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RAGION LIBERA|CAVALIERI DEL LAVORODiana Theodoli Pallini

«Tranne anni particolari l’agricolturaha sempre espresso un solo cavaliere,ma non di meno è un onore enormeche sento di condividere con la miaterra, la Maremma, che torna adavere un Cavaliere dopo 20 anni.Onore tra l’altro che testimonial’importanza del settore agricolo neltessuto economico nazionale».

Quali sono le principali diffi-coltà che si trovano ad attraversareoggi l’agricoltura maremmana eitaliana in generale?«L’agricoltura maremmana paga undifficile rapporto coi mercati, unamancanza cronica di infrastrutture e diorganizzazione di prodotto. L’agricol-tura italiana paga uno scarso interesseormai secolare della rappresentanzapolitica nei confronti di questo set-tore: guardiamo a come la Francia sadifendere bene la propria agricoltura,riconoscendole l’essenziale ruolo eco-nomico e sociale».

Quali rischi vengono invece daminacce e allarmismi, come nel re-

cente caso del batterio killer?«È vergognoso che si dia un allarmeimprovviso attribuendo responsabilitàerrate, spesso basandosi su informa-zioni parziali e frettolose. Sono danniinimmaginabili alle esportazioni e allavendita che rischiano di mettere in gi-nocchio interi settori produttivi».

Quali sono infine le prospettivefuture del settore? Come giudica lerecenti proposte della Commissioneeuropea per il piano finanziario2014-2020 dell’Ue?«La forte volatilità dei mercati rendedifficile fare previsioni a lungo ter-mine; inoltre oggi il settore segnalacrisi in vari comparti. Ma osser-viamo una maggiore coscienza ri-guardo all’importanza di preservaree permettere lo sviluppo dell’agricol-tura: dall’Europa giungono segnalipositivi, la Ue che nel passato con ilcommissario Fischer Boel ci avevapiù o meno detto che non sarebbepiù toccato a noi produrre ma solo apaesi terzi, ora riscopre l’importanza

L’agricolturaitaliana paga unoscarso interesse ormai secolare della politica neiconfronti del settore

della sua agricoltura cogliendo la ne-cessità crescente di derrate alimen-tari in vista di un aumentoesponenziale di abitanti nel mondo.Le proposte europee però andrannoviste fino in fondo, siamo ancora infase di decisioni. Ma mi sembra dicapire che il plafond, pure spalmatosu più paesi, è stato confermato. Miauguro che si riescano a modularegli interventi economici in manieraefficace, premiando le imprese edando un forte segnale all’impren-ditoria giovanile: il settore, infatti,ha un bisogno enorme di un ricam-bio generazionale».

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di Giulio Conti Dietro l’immagine stampata sulla confezionedi un prodotto, si nasconde un mondo fatto di tecnologia, tempestività e scarso margine di errore. L’esperienza della Roflex nelle paroledi Giovanni Romano

IL VALORE DELLA TECNOLOGIANELLA FASE PRESTAMPA

Il mondo intorno al quale gravita il potered’acquisto dei consumatori è costellato daun’endemica varietà di articoli per generee funzione. Oltre però l’essenzialità che

contraddistingue ogni prodotto, un elementoin particolare li accomuna tutti e può essere in-teso sottoforma di involucro, confezione, con-tenitore, scatola, vaschetta o sacchetto. Ogni forma di packaging sottende una filierache al suo incipit, oltre le materie prime di sup-porto quali carta, cartone, pellicole o plastica,prevede un lavoro di prestampa. «È nella realiz-zazione di impianti, cliché, fotopolimeri e ma-trici grafiche per la stampa che si puòriassumere la produzione della Roflex», unadelle più grandi aziende attive da trent’anni nelsettore della prestampa flessografica. Il porta-voce, Giovanni Romano, spiega l’importanzadelle loro attività per i tanti mercati di riferi-mento, la necessaria avanguardia dei dispositivitecnologici di cui disporre e l’affidabilità con-quistata con servizi d’eccellenza.

In primis, come descriverebbe la pre-stampa flexo ai non esperti del settore?«Quando parliamo di flessografia o flexografia,innanzitutto, ci riferiamo a un metodo distampa che utilizza matrici – cliché – a rilievo digomma o di materiali fotopolimerici. In altre

parole, per far capire la tipologia della produ-zione che riguarda la Roflex da quasi trent’anni,basta capovolgere un semplice timbro e vederela superficie con delle lettere a rilievo: chiara-mente le superfici su cui lavoriamo, cartone oplastica ad esempio, su cui poi andrà effettuatala stampa, sono generalmente di grandi dimen-sioni. In tale contesto, alla prestampa flexoviene attribuita una notevole importanza per-ché consente di risolvere alcune problematicherelative a elementi grafici e di analizzare ed ela-borare ognuno di questi elementi evitando cosìerrori nello stampato».

Qual è il settore che più di altri richiede ivostri cliché?«In genere, l’applicazione più evidente dei nostriimpianti è la produzione di film plastici destinatiall’imballaggio alimentare. In Puglia però, siamogiunti a specializzarci nell’imballaggio orto-frutticolo grazie all’importante presenza diaziende ortofrutticole con cui interagiamo perqualsiasi servizio di prestampa loro richiedano:dalla cassetta al cartone fino al film che pro-teggono le vaschette dei reparti ortofrutta, ce-stini preconfezionati con pellicole plastiche lacui grafica apposta sopra è prodotta da noi. LaRoflex fornisce la grafica e il cliché, quindil’impianto in fotopolimero che serve per stam-84

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Giovanni Romano RAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Fase di prestampa flessografica. Sotto, da sinistra, Giuseppe e Giovanni Romano, titolari della Roflex di Modugno (BA)www.roflex.net

pare il supporto scelto».In quali termini si misura la qualità dei

prodotti/servizi Roflex?«Puntiamo molto al servizio e per questo cisiamo attrezzati al meglio per garantire la mas-sima flessibilità e puntualità nelle consegne: tuttigli investimenti effettuati in Roflex sono infattidiretti in questa direzione. Raggiungiamo i piùalti livelli di qualità e affidabilità quando il clienteutilizza il nostro impianto senza incorrere in alcunproblema. Perché nel nostro lavoro, le tonalità dicolore o le diciture da inserire nell’impianto

stampa ad esempio, non ci concedono alcun mar-gine di errore. Se la stampa finale risultasse difet-tosa, il cliente rischierebbe di bloccare la suacatena di produzione-distribuzione».

Se c’è un aspetto preponderante nel mondodella stampa è quello della tecnologia.«Indubbiamente disporre di attrezzature e mac-chinari di ultima generazione tecnologica dà lapossibilità di introdurre innovazioni e al con-tempo di renderci competitivi. Per questo negliultimi anni abbiamo investito in tecnologie digi-tali e in una speciale prova colori certificata percercare di conferire il massimo dell’affidabilità alnostro lavoro. Roflex è stata la prima azienda nelCentro-Sud d’Italia a dotarsi della linea Thermo-flex Widw II della Kodak, leader nella fornitura disistemi CTP per flessografia digitale».

Gli investimenti spesso fanno parte di unastrategia anti-crisi. Ma possono oggi mante-nere invariato il valore del rapporto qualità-prezzo?«Indipendentemente dalle “altalene” intrapresedai bilanci del mercato nazionale e internazionale,in ogni circuito produttivo, il consumatore finaleè capace di riconoscere il valore della qualità eprende immediatamente coscienza di come ilprezzo diventi una conseguenza naturale di unprodotto o servizio ben fatto; perché anche ciò cheè gratis, senza qualità e servizio, non serve».

Negli ultimi anni abbiamo investito in tecnologie digitali e in una speciale prova colori certificata perconferire il massimodell’affidabilità al nostro lavoro

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L’AUTOMAZIONE CONSENTEUNA RIPRESA “FLESSIBILE”L’automatismo tecnologico, se applicatocon lungimiranza, non abbatte il lavoro, anzi,diversifica il business. Il caso della societàME.C.AL. Spa dalle parole di Valter Meschini

di Andrea Moscariello

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Valter MeschiniRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

In alto, a destra, Valter Meschini,

Ad della società ME.C.AL.

Nelle altre immagini, alcuni interni dell’azienda

di Frascarolo (Pv)

www.mecal.com

Il mercato immobiliare, con la sua crisi, hatrascinato “nel buio” moltissime imprese le-gate al comparto della componentistica e,più in generale, al mondo delle costruzioni.

Ma si sa, crisi significa anche cambiamento, e fil-tro. Una selezione “naturale” che ha lasciato sulcampo di battaglia, il mercato, soltanto quei sol-dati capaci di fare fronte alle difficoltà, stringerei denti e proporre innovazioni. I soldati, in que-sto caso, sono le cosiddette “buone imprese”. Èquesto il caso della pavese ME.C.AL., affermatasocietà di Frascarolo specializzata nella produ-zione di macchine e sistemi per la lavorazione diprofili in alluminio, PVC, ferro e acciaio. Perquesta azienda, ovviamente, il mercato delle fi-nestre e degli infissi riveste un ruolo fondamen-tale. «Le vere discriminanti, oggi, sulla via delsuccesso d’impresa, sono la tecnologia e l’inno-vazione» spiega l’amministratore delegato diME.C.AL., Valter Meschini. E lo può affermarea ragion veduta. L’azienda, infatti, dopo il crolloregistratosi nel 2009, lo scorso anno è riuscita arecuperare oltre il 60% del suo fatturato. «Pur ri-sentendo di una forte stasi nel mercato interno,il buon recupero dei mercati esteri e il fatto che 87

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l’80% circa del nostro fatturato sia indirizzatoall’esportazione, ci dovrebbe consentire di arri-vare a un recupero integrale in tempi piuttostobrevi» sottolinea Meschini.

Insomma, l’innovazione è alla base di que-sta vostra performance?«Le grandi aziende, così come i medi artigiani,sono alla ricerca della massima efficienza. Unoscopo che può essere raggiunto sfruttando almassimo le opportunità offerte dalle tecnologiedi automazione, grazie alle quali è possibile ri-durre l’apporto della manodopera e, al con-tempo, aumentare la precisione e la produttivitàdelle linee».

La vostra azienda si distingue per la produ-zione dei centri di lavoro per alluminio ePVC. Cosa li caratterizza?«In tutto ne produciamo nove. Questi si con-traddistinguono per la grande capacità di lavo-razione in Y e Z, oltre che per la tecnologiainnovativa utilizzata su tutti i modelli con altis-sime prestazioni. Accanto ai tradizionali telai pergli infissi, i profili sono sempre più sfruttati perla realizzazione di innovative soluzioni architet-

toniche. Anche il settore industriale, nei com-parti automotive, ferroviario ed aeronautico, ri-corre sempre più a profili estrusi o profilati,grazie alla loro flessibilità di impiego».

Per questo l’investimento in tecnologia èelevato da parte della vostra impresa.«Il costante orientamento verso l’innovazione ela ricerca ci ha permesso di perfezionare il no-stro processo produttivo, capace di sviluppareprodotti e sistemi in grado di soddisfare le esi-genze di un’ampia gamma di committenti. Inoltre trent’anni di attività, l’azienda è cresciutaricercando costantemente la leadership tecnolo-gica del mercato. È grazie a questo che ci siamoaffermati a livello internazionale».

Come siete riusciti a non farvi trascinaredalla crisi del settore immobiliare?«Le nostre macchine, dedicate al taglio e alla fre-satura di barre estruse in alluminio, non ven-gono utilizzate solo per la realizzazione di finestree porte, ma hanno anche un’ampia applicazionein altri settori come automotive, illuminazione,arredamento. La crisi ci ha pertanto spinto a cer-care nuovi sbocchi verso l’industria e ha ulte-

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riormente rafforzato la nostra convinzione chequella dell’innovazione è la strada da continuarea percorrere».

Innovazione, ma anche flessibilità.«Esatto. Tale varietà di impieghi implica l’utilizzodi macchine in grado di operare su almeno cin-que superfici di profili, con la necessità di un per-fetto controllo di tutti gli utensili ivi compresiquelli utilizzati per la realizzazione di tagli com-posti. Partendo da un’unica piattaforma e sfrut-tando la flessibilità offerta da un nostro preziosofornitore, siamo riusciti a creare una piattaformadi controllo unica. Questa viene adattata alle spe-cifiche esigenze di ogni singola macchina, indi-pendentemente dal fatto che si tratti di un centrodi lavoro a 3, 4 o 5 assi. I sistemi automatizzatici permettono di passare in pochi minuti da untipo di lavorazione a un altro. Per questo ab-biamo automatizzato l’intero processo di produ-zione, eliminando gli interventi decisionaliripetitivi degli operatori, sfruttando al massimole possibilità delle attuali tecnologie».

Come avviene il controllo del processo au-tomatizzato?«Si è scelto di adottare un sistema di controlloassi basato sulla rete Motion ad alta velocità.Questa soluzione supporta velocità di trasferi-mento dati che possono arrivare sino a 50 MB alsecondo. Ovviamente l’intera area produttiva ècablata in fibra ottica. L’interfaccia operatore ègestita da un PC di rilevanza internazionale.Questo tipo di scelta consente a ME.C.AL. diequipaggiare le macchine con programmi di di-segno tridimensionale e simulatori di lavorazionecon alta definizione di immagini e animazioni.Tutta “l’intelligenza” del sistema risiede sullascheda CNC/PLC sviluppata da ME.C.AL.,mentre il PC svolge esclusivamente un ruolo di 89

interfaccia, rendendosi il più semplice e intuitivopossibile. Lo stesso PC, inoltre, ci ha permesso direalizzare un programma personalizzabile in fun-zione delle specifiche esigenze di ogni azienda,con la possibilità di utilizzare una serie di macroparticolarmente utile per le Pmi, troppo spessoprive di personale particolarmente esperto. Il si-stema è inoltre in grado di acquisire progetti cad,effettuando le lavorazioni direttamente dal pro-filo del progetto stesso».

In concreto quanto si risparmia attraversoquesto sistema?«Grazie a queste innovazioni è possibile ridurredel 30% il tempo necessario al ciclo produttivoa parità di meccanica. Si tratta di un risultato sor-prendente, che ci permette di proporre una pre-stazione attualmente irraggiungibile per la nostraconcorrenza».

Per il futuro?«Abbiamo in programma il restyling di alcuniprodotti già esistenti e l’ultimazione di nuovicentri di lavoro modulari per alluminio ePVC. Inoltre ci concentreremo sui paesi in viadi sviluppo, quei mercati in crescita relativi aipaesi del BRICS».

Valter MeschiniRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

La crisi ci ha spinto a cercare nuovi sbocchi verso l’industriae ci ha ulteriormente convinto che quella dell’innovazioneè la strada da continuare a percorrere

Page 88: Ragione Libera 07 2011

di Piero Lucchi

Il caso della società Foinox dalle parole del suopresidente Nicola Berto, fautore della svoltaelettronica di questa importante realtà del trevigiano

UNA SVOLTA MECCATRONICANEL MERCATO DEI FORNI

Page 89: Ragione Libera 07 2011

La tecnologia fa la differenza. Special-mente per le piccole e medie im-prese. È un dato di fatto, l’ultimapeculiarità rimasta in grado di argi-

nare, solo in parte si intende, l’avanzata dei“colossi” orientali, magari più lanciati nellequantità e nei prezzi bassi che non nell’inno-vazione high tech. «Non si può restare indie-tro dinanzi alla richiesta di innovazione delmercato» dichiara il presidente della FoinoxSpa, Nicola Berto. L’azienda di Codogné, neltrevigiano, da vent’anni un punto di riferi-mento nella produzione e commercializza-zione di forni e abbattitori di temperatura,punta ora a un cambiamento strutturale. «Sa-remo sempre meno meccanici e sempre piùelettronici» dichiara Berto. Il passo, per di-ventare un’impresa meccatronica, non è cer-tamente immediato, occorre investire nellaricerca, nello sviluppo e nella formazione delpersonale. Ma con la congiuntura attualetutto questo è possibile? Nel caso della Foi-nox, nonostante la crisi abbia colpito parti-colarmente il settore Ho.re.ca, a cui si rivolgecon buona parte della sua produzione, la so-lidità finanziaria si è mantenuta.

Il 2010, dunque, non è stato un anno ne-gativo?«Abbiamo fatturato circa 8 milioni di euro. E

già dall’inizio del 2011 stiamo registrando unincremento del 15% rispetto all’anno prece-dente. Questo ci permette di continuare a in-vestire in innovazione, impegnando fino al15% dei nostri ricavati».

Il settore Ho.re.ca., cioè l’alberghiero e laristorazione, ha sofferto molto l’ultimacrisi. Lei intravede segnali di ripresa?«Sinceramente no, l’andamento su questofronte devo dire che è piuttosto statico. Perfortuna noi ci rivolgiamo a ogni tipologia diattori, anche alle grandi industrie».Dunque diversificazione come risposta allacrisi. E l’internazionalizzazione?«Anche questa è fondamentale. Attualmenteil mercato interno rappresenta circa il 20%del nostro fatturato, dunque buona parte delnostro business è generato dai paesi esteri».Su quali paesi state investendo?«Principalmente sul Medio e l’EstremoOriente. In secondo luogo puntiamo ancheal Sud America. Proprio qui, nelle ultime set-timane, ci siamo recati per incontrare poten-ziali buyer, per proporre i nostri cataloghi, perrenderci conto delle esigenze di questo mer-cato in via di sviluppo».

Il Nord America non è più il mercatoprincipale?«Gli Stati Uniti, mediante l’applicazione di 91

Nicola BertoRAGIONLIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Nicola Berto, a capo della Foinox Spa di Codognè (Tv)

Tutte le nostreproduzioni contengono

importanti elementielettronici, digitali.

Ciò vale soprattuttoper i forni

Page 90: Ragione Libera 07 2011

normative ad hoc, praticano un’economia ditipo protezionista. E questo ovviamente cisvantaggia, diventa difficile per un’aziendacome la nostra, di medie dimensioni, pene-trare quell’area. Per questo abbiamo scelto dinon puntare più, come accadeva in passato,sugli Usa. I mercati emergenti rappresentanol’unica soluzione rimasta per crescere».

Torniamo a parlare di tecnologia. Lei ac-cennava al passaggio da azienda meccanicaad azienda elettronica, anzi, meccatronica.«Questo è il futuro, è la strada da percorrere.Ormai tutte le nostre produzioni contengonoimportanti elementi elettronici, digitali.Tutto ciò vale soprattutto per i forni. In pra-tica elaborando nuove macchine, più innova-tive ma sempre in linea con la nostra filosofiaproduttiva, ci apriamo a un mercato piùampio. A fare la differenza, oggi, sono ilprezzo, il servizio di assistenza e, appunto, laqualità tecnologica».

Le dimensioni della vostra azienda vipermettono di essere molto presenti nellefasi di assistenza post-vendita?

«Non potremmo fare altrimenti. Purtroppo irivenditori non sono molto pratici dal puntodi vista tecnico, e spesso sono specializzati sol-tanto su prodotti monomarca. I nostri, in-vece, sono dealer multimarca e come talipossiedono un know how che gli acquirentiapprezzano e che magari non troverebbero ri-volgendosi a una multinazionale. Curiamomolto la formazione del personale ma anchel’informazione rivolta alla committenza, sullecaratteristiche di funzionamento dei forni edegli abbattitori. A questo scopo abbiamo al-lestito una sala dimostrativa nella quale si ten-gono corsi tecnici e dimostrazioni di cotturae di abbattimento della temperatura. I rap-porti distributivi sono altrettanto selezionatie comprendono un numero limitato e prepa-rato di distributori a cui sono riservati ag-giornamenti tecnici e assistenza costante».

Su quale tipologia di produzione vi con-centrerete in futuro?«Sicuramente sugli abbattitori rapidi di tem-peratura. Si tratta di veri e propri frigoriferipotenziati che permettono, dopo aver cotto

È il 1990, quando un’equipe di imprenditoriprovenienti dal mondo della ricerca tecnica rivoltaalle apparecchiature per la ristorazione, tra cui figuraanche il commendator Giorgio Berto, decide di darevita a una nuova azienda. Da qui, si sarebberoprodotti forni a convenzione. Nasce così, a Codognè,paese veneto nel cuore della ‘inox valley’, la Foinox,che conosce find a subito una crescita costante infatturato e innovazione tecnologica, conquistando ilmercato nazionale e internazionale. Nel 1997 l’azienda

passa sotto la guida di Nicola Berto, il quale decide diinvestire anche nel settore del freddo con laproduzione di abbattitori di temperatura e freezer.Nel 2005 avviene il boom, con la creazione di Joystik,il forno con controlli digitali che permette infinitesoluzioni di utilizzo ed elevate prestazioni qualitativenella cottura dei cibi. Oggi in Foinox lavorano 65addetti le cui produzioni sono esportate in tutto ilmondo, Stati Uniti inclusi.www.foinox.it

VENT’ANNI DI INNOVAZIONI

Alcuni dei prodotti della gamma Foinox

92

Page 91: Ragione Libera 07 2011

un alimento nel forno, di riportarlo a +3gradi entro 90 minuti, così come è dettatodalla normativa europea».

Perché è così importante?«Perché in questo modo si abbatte la prolifera-zione batterica. Non si possono più accettare,nel 2011, storie di salmonellosi o stafilococco.Le macchine ci permettono di conservare almeglio i cibi e le attività di ristorazione. Tutti,a cominciare dalle grandi realtà come le mensescolastiche e ospedaliere, sono tenuti per leggead attrezzarsi. Per questo alimentiamo in talsenso lo sviluppo tecnologico delle nostre mac-chine che, tra le altre cose, vantano un con-sumo energetico e un impatto ambientale viavia meno importante».

A tal proposito, ha qualche anticipazionesulle nuove tecnologie che proporrete?«Foinox ha in progetto la realizzazione di unforno comandato da un computer che si in-terfaccia con l’utente mediante un monitortouch screen. Per cui una macchina estrema-mente facile da utilizzare e in grado di ri-spondere a una qualsiasi esigenza della cucinamoderna. Allo stesso tempo stiamo studiandodiverse soluzioni in campo meccanico per ot-timizzare il processo di creazione e diffusionedel calore. Ovviamente tutti i nostri prodottisono certificati CE e vengono sottoposti adaccurati test di funzionamento prima di es-sere confezionati, così come attestato dal cer-

tificato di collaudo allegato».Quali sono le sue aspettative nei con-

fronti della ripresa del sistema economicoitaliano?«Questo paese è fermo e attanagliato daitroppi contrasti interni. Tutto a discapito delsuo sviluppo. L’Italia in generale non la vedobenissimo. Dal 2005 al 2008 si viaggiava bene,si cresceva, poi con la crisi si è avuto il crollo.Se tutta Europa dà segni di crescita a eccezionedi Spagna, Italia e Grecia un motivo ci dovràpur essere. Certo, noi imprenditori dobbiamofare la nostra parte, ma devono fornirci anchegli strumenti per creare indotto, ricchezza».

Senza delocalizzare?«Guardi, per le dimensioni e per la storiadella Foinox ho scelto di non andare a pro-durre all’estero, ma certamente non possobiasimare tutti coloro che l’hanno fatto. Icosti del lavoro e il peso burocratico sonotroppo alti, ti impediscono di lavorare. Miauguro soltanto che in futuro si possa rico-minciare a fare impresa, come eravamo abi-tuati a farlo fino a vent’anni fa». 93

Nicola BertoRAGIONLIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Abbiamo in progetto la realizzazione di un forno,comandato tramite computer,che si interfaccia con l’utentemediante un monitor touch screen

Page 92: Ragione Libera 07 2011

Dalla fornitura di carrozzerie di mac-chine agricole alla realizzazione distampi, prototipazioni, lavorazioni

meccaniche per asportazione, deformazione afreddo e taglio laser, fino al supporto nei rive-stimenti superficiali di metalli, stampaggio ainiezione, saldatura, elettroerosione, nonchéassemblaggi e collaudi funzionali. È questol’ampio spettro di attività della Tb Group,azienda bergamasca che prende il nome dalleiniziali del fondatore, Tiziano Brugnoli, e chegrazie allo sviluppo di nuove piattaforme tec-nologiche, dal 2004, anno di nascita, a oggi, èriuscita ad ampliare il ventaglio dei servizi of-ferti. «Tb Group – afferma l’amministratoreTiziano Brugnoli che guida l’azienda insiemealle figlie Valentina e Laura – annovera tra i

LA FORZA DELLA METALMECCANICATb Group, grazie a importantiinvestimenti tecnologici, ha ampliatola sua attività dalla fornitura di carrozzeriedi macchine agricole a un’ampia gammadi lavorazioni metalmeccaniche.L’esperienza di Tiziano Brugnoli

propri clienti le principali aziende della berga-masca, leader nei rispettivi settori di mercato alivello nazionale ed europeo». L’azienda, che hacominciato a imporsi sul mercato come forni-tore del gruppo Same Deutz Fahr per la distri-buzione di carrozzerie di macchine agricole, hatrovato la propria riuscita nell’attenzione pre-stata al servizio e alla qualità. Percorrendo lepiù moderne filosofie di gestione industriale,attraverso un servizio “just in time” dedicato ela costante attenzione alla qualità e alla sicu-rezza, continua a servire i clienti, non soloquale fornitore di assemblaggi, ma anche qualepartner affidabile per lo sviluppo del business.«La strategia di fondo della Tb Group - osservaTiziano Brugnoli - è la piena disponibilità eversatilità nei confronti dei clienti, caratteristi-che che permettono di soddisfare ogni esigenzae di risolvere qualsiasi problematica possa in-sorgere, sia in termini di approvvigionamentodi materiale che di qualità». Ad esempio, se intempi di crisi quasi nessuna azienda carica ilmagazzino di scorte, ma nel contempo non ri-fiuta nuovi e tempestivi ordini per mancanzadi materiale, Tb Group, entrando in gioco,cerca di soddisfare appieno le variazioni di pro-gramma dell’ultimo minuto garantendo sem-pre l’uniformità del prodotto e consegnandoin tempi brevissimi il materiale richiesto. «LaTb Group - continua Brugnoli - offre nume-rose attività e molteplici servizi: si va dalla pro-gettazione e produzione stampi, all’acquisto eproduzione di vari componenti, per arrivare

di Carlo Gherardini

In basso, una fase

di saldatura.

Nella pagina

accanto, da sinistra,

una lavorazione

meccanica e il

collaudo di un tetto

eseguiti in

Tb Group.

L’azienda ha sede

a Treviglio (BG)

Page 93: Ragione Libera 07 2011

Tiziano BrugnoliRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

95

Fondata nel 2004 da Tiziano Brugnoli, Tb Group è fornitricedel gruppo Same Deutz Fahr nel settore delle carrozzeriedi macchine agricole. Oggi le figlie del titolare, Valentinae Laura, affiancano il padre e coordinano i trentadipendenti. L’azienda attualmente è in grado di fornirestampi, prototipazioni, lavorazioni meccaniche perasportazione, deformazione a freddo e taglio laser. Offreinoltre supporto nei rivestimenti superficiali di metalli,stampaggio a iniezione, saldatura, elettroerosione,assemblaggi e collaudi funzionali. [email protected]

I SERVIZI TB GROUP DALL’AGRICOLOAL METALMECCANICO

alla fornitura a prezzo pieno con programmi in“just in time”. Non vogliamo limitarci a esseredei semplici fornitori, al contrario puntiamoad essere collaboratori a pieno titolo di ognisingolo cliente». A questo scopo, l’azienda ècresciuta negli anni, investendo in tecnologiesempre più sofisticate e aprendosi a nuovi set-tori, oltre a quello agricolo, al quale è destinatala linea di assemblaggio di carrozzerie. «La pro-duzione dell’officina Tb Group di particolarilamierati e plastici è indirizzata a diversi settoridel mercato metalmeccanico» sottolinea Bru-gnoli che rimarca anche l’importanza dell’in-vestimento tecnologico: «puntare sulle nuovetecnologie non può che portare una crescita inogni settore, questo vale in particolar modo peril metalmeccanico dove la precisione è di rigoree l’investimento in nuovi macchinari non fache agevolare e garantire la qualità del prodottofinito». Ma come ha influito la crisi economicasul percorso della Tb Group? «Come la stra-grande maggioranza delle imprese, anche la no-stra realtà ha risentito del periodo di recessione.In questa fase è andato a nostro vantaggio ilfatto di essere ancorati, per l’attività di assem-blaggio e collaudo di carrozzerie, a una multi-nazionale del settore agricolo. Questo ci hapermesso di sopravvivere e superare brillante-mente la crisi economica mondiale. Addirit-tura, siamo riusciti a crescere ulteriormente e,soprattutto nell’area dell’officina meccanica, adacquisire commesse da nuovi e importanticlienti». Nel 2010, infatti, Tb Group ha regi-

strato un incremento del fatturato del 20% ri-spetto all’anno precedente proprio grazie allenuove commesse e oggi l’azienda guarda al fu-turo con ottimismo: «Già oggi si intravede unalenta ma costante ripresa del settore – concludeBrugnoli –, nei prossimi anni miriamo a cre-scere nell’assemblaggio e a entrare nel settoredell’automotive, che rappresenta una realtàestremamente esigente e selettiva. In vista diquesto nuovo mercato, stiamo lavorando allacertificazione ISO T.S. e perfezionando la pro-duzione dell’officina attraverso un ulterioreampliamento del parco macchine e dell’area diprogettazione prototipi».

Page 94: Ragione Libera 07 2011
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Ci sono settori in cui l’aggiornamentotecnologico è di vitale importanza.Nel metalmeccanico ad esempio,l’investimento in nuove tecnologie è

la chiave di volta per mantenersi competitivi. LaSpecial Utensili, realtà barese da vent’anni attivanel settore della progettazione, costruzione e af-filatura di utensili ordinari e speciali in acciaio elega dura per lavorazioni meccaniche, fa del rin-novamento tecnologico uno dei suoi punti diforza. «Oggi puntiamo molto sulla tecnologiaCnc a cinque assi» afferma Antonietta Andriani,alla guida dell’azienda da circa due anni.

Quali tipologie di utensili realizzate nellospecifico?«Realizziamo vari tipi di utensili in diverseforme, associate alle macchine su cui sono uti-lizzati. In particolare, produciamo utensili incarburo di tungsteno a micrograna di alta qua-lità come: punte elicoidali a gradino ad alte pre-stazioni con foro di lubrificazione, frese multi

di Lucrezia Gennari

Lavorare sui mercati legati al settoreautomotive, non escludendo fornitureper le piccole e medie imprese. Le strategieaziendali della Special Utensili illustrateda Antonietta Andriani

TECNOLOGIE DI PRECISIONE

taglienti e ad alta velocità per alluminio e acciaitemprati, alesatori, svasatori, utensili specialiadeguati alle svariate esigenze del cliente. Inol-tre, si forniscono utensili con rivestimento Pvd,che migliorano le prestazioni elevando la du-rezza, la resistenza all’usura e le proprietà discorrimento».

Quanto gli investimenti in tecnologia con-tribuiscono a ottimizzare la vostra produ-zione?«Il parco macchine adibito alla costruzione diutensili garantisce, insieme a istruzioni opera-tive collaudate, la massima precisione nei det-tagli ed elevata capacità produttiva. L’aziendaopera con un sistema di gestione per attuare unprogramma di continuo miglioramento dellaqualità relativo ai servizi di progettazione, svi-luppo, costruzione e affilatura di utensili. Fles-sibilità, continua ricerca di soluzioni ottimali,monitoraggio del processo e rispetto ferreo delleprocedure interne ci caratterizzano da sempre».

Tra i vostri clienti annoverate anche nomiimportanti del settore automotive.«Lavoriamo sui mercati nazionali e internazio-nali legati al settore automotive, non esclu-dendo piccole forniture a industrie chelavorano legno, plastica e carta. La qualità deiprodotti finiti, l’alto standard dei servizi di riaf-filatura e rivestimento, la tempestività nelleconsegne e l’immediata risposta alle richiesteurgenti ci permettono di seguire clienti del ca-libro di Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti,Robert Bosch (France), Isotta Fraschini, Ma-gneti Marelli Powertrain, Om Carrelli Eleva-tori, Getrag, Oerlikon Graziano Trasmissioni,Brovedani, Aprim».

In alto,

Antonietta Andriani

della Special Utensili

di Bari.

Sotto, una fase

di produzione

all’interno

dell’azienda

www.specialutensili.it

Antonietta AndrianiRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

97

Page 96: Ragione Libera 07 2011

Per raggiungere e mantenersi ai verticidel mercato, ogni impresa deve innan-zitutto poter disporre di specifiche ri-sorse tecnologiche e umane, trovare

negli investimenti fonti di miglioria e innova-zione, e «pensare in grande mantenendo i piediben ancorati a terra, cercando di affrontare lacrisi storica che ha colpito il sistema economicointernazionale». Ha le idee chiare Nicola Sapo-naro, direttore commerciale della società di co-struzioni elettriche avviata nel 1974 dal padre,Vito Saponaro, e affermatasi con il marchio SiegGeneratori, quando spiega: «La nostra mission èraggiungere una buona copertura del territorionazionale studiando e attuando le possibili stra-tegie per l’inserimento del marchio sul mercato,contando sul lavoro di giovani operatori, allar-gando la rete vendita e il posizionamento deiprodotti in vetrine commerciali anche di respiro

internazionale».Dopo oltre trentacinque anni di attività nel

settore delle costruzioni elettriche, in chemodo la Sieg ha contribuito a potenziare lafunzionalità dei generatori?«Premesso che il gruppo elettrogeno non è altroche un assemblato composto di motore e alter-natore, quello che si è cercato di fare soprattuttonegli ultimi anni assieme ai nostri partner, è statovolto ad aumentare la qualità e l’affidabilità delprodotto finale. Nella maggior parte dei casi ilgruppo elettrogeno è chiamato a “soccorrere” si-tuazioni di emergenza; quindi dalla semplicemancanza di rete elettrica alla presenza di ano-malie parametriche, interveniamo per fare inmodo che il nostro gruppo elettrogeno, con l’au-silio di tutti i mezzi tecnologici a disposizione sulmercato, sia prontamente efficace per la risolu-zione del problema, anche in situazioni diestrema complessità».

Verso quali cambiamenti si sta dirigendo ilcampo dei gruppi elettrogeni? «Come hanno confermato i risultati dell’ultimoreferendum in tema di energia, il mercato, anchee soprattutto in materia di generatori, ricercasenza dubbio fonti rinnovabili ed energie alter-native. Con gli stessi presupposti, già dal 2004la Sieg Generatori porta avanti diversi progettiper l’alimentazione di gruppi elettrogeni con olivegetali di diversa origine, anche esausti, in at-tesa che il mercato e la politica siano pronti adaccoglierli. Un congruo incentivo, la velocizza-zione delle pratiche e il giusto coordinamento

I GIOVANINEL MERCATO DELL’ENERGIAdi Adriana Zuccaro

Il mercato, anche e soprattutto in materiadi generatori, ricerca senza dubbio fonti rinnovabilied energie alternative. Nicola Saponaro della SiegGeneratori a questo assunto aggiunge il lavorogiovanile come risorsa e presupposto di crescita

Nella pagina

a fianco, lo staff

della Sieg

Generatori

capitanata

dal direttore

commerciale,

Nicola Saponaro

www.sieg.it

Page 97: Ragione Libera 07 2011

dell’indotto porterebbe certamente benefici nonsolo all’ambiente, ma anche all’economia delPaese».

Come riuscite a rendere competitivo il mar-chio Sieg mantenendo però invariati i livelliqualitativi dei vostri generatori? «Il concetto di qualità è nel Dna della Sieg sindalla sua nascita, poi perfezionato con l’avventodelle certificazioni ISO9001, già dal 1998, pro-iettate anche ai processi produttivi. Al fine di ga-rantire la massima efficienza e funzionalità deiprodotti, è per noi inevitabile associare i più altistandard qualitativi al massimo dell’offerta tec-nologica che propone il mercato. Per questo,senza nascondere quanto la crisi abbia costrettole aziende a ridurre il margine operativo Ebitda,ovvero gli utili, più che abbassare i prezzi man-tenendo la qualità, la politica vigente alla Sieg è

alzare la qualità mantenendo il prezzo». La Sieg conta molto sulla preparazione e

occupazione giovanile nel mondo del lavoro.Il team ha infatti un’età media vicina ai 30anni. Quanto ciò incide nell’affermazioneaziendale?«Senza dubbio l’entusiasmo e la voglia di fare deigiovani sono motivazioni abbastanza valide pergiustificare da sole il buon rendimento del no-stro brand. Queste caratteristiche sono messe inrisalto grazie al coinvolgimento attivo delle partiche fa sentire proprio ogni risultato conseguito.Inoltre i giovani sono anche più aperti e predi-sposti alle evoluzioni e ai cambiamenti che la tec-nologia e il mercato impongono al sistemalavoro; elemento fondamentale in un circuito incui la competitività è data anche della velocità diadattamento».

Nel mondo del lavoro, dove la competitività è data anchedella velocità di adattamento, i giovani sono più apertie predisposti alle evoluzioni

Nicola SaponaroRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

99

Page 98: Ragione Libera 07 2011

di Aldo Mosca

L’impresa secondo Domenico Tavarilli, presidentedella Acmei Sud, società con cui ha conquistatoil mercato del Centro Sud delle forniture elettriche, conun occhio sempre rivolto allo sviluppo del Mezzogiorno

ACCENDIAMO LA LUCESUL FUTURO DELL’IMPRESA

Nella pagina a fianco,

Domenico Tavarilli, presidente di Acmei Sud Spa

www.acmei.it

Page 99: Ragione Libera 07 2011

Domenico Tavarilli

L’imprenditore deve tornare a viverel’azienda in prima persona. Il busi-ness non è soltanto una questionedi bilanci, management e gestione

“dall’alto”. A insegnarcelo è la storia dei piùgrandi industriali italiani, esempi di impren-ditorialità purtroppo appannati, nella memo-ria delle nuove generazioni, da uno scenario dimercato sicuramente più complesso rispetto aquello del boom economico. «Noi imprendi-tori dobbiamo dare peso al più grande valoredelle nostre aziende, quello umano» spiegaDomenico Tavarilli. Il presidente di AcmeiSud Spa, gruppo barese leader nel settore elet-trico, dai quadri ai cablaggi, fino alla domoticae all’automazione, controlla attualmente ungiro di affari che sfiora i 120 milioni di euro.La storia di questo imprenditore inizia nei lon-tani anni ’70, periodo, a suo dire, «di grandisacrifici, di grandi fatiche, ma anche di grandisoddisfazioni», che erano l’elemento propul-sivo principale di questa sua frenetica attività.Oggi che è presidente di un gruppo così im-portante, non ha dimenticato chi era e cos’èstato il suo passato, ritenendo infatti che que-sto suo vissuto rappresenti il valore fondantedel suo essere imprenditore. Fatica, dedizione,fedeltà sono i valori base che da sempre ha tra-smesso e continua a trasmettere a tutta la suaorganizzazione. Ma tutto ciò non basta perun’azienda di successo, i valori fondanti sono

sì, lo zoccolo duro di un’organizzazione com-plessa, sono sì quei valori che permettono al-l’impresa di piegarsi ma di non spezzarsi sottol’impeto dell’instabilità economica e operativadei nostri giorni. Ma c’e anche il vissuto quo-tidiano dell’impresa, fatto di conti economici,di fattori etici, civili e sociali, che sono quelliche devono caratterizzare soprattutto il rap-porto con i collaboratori, quale unica e veragrande ricchezza aziendale e verso cui Dome-nico Tavarilli, da sempre, ha rivolto una grandeparte delle sue energie. Le prospettive, e gliscogli, della nostra economia secondo unodegli imprenditori di maggior successo del SudItalia.

VERSO IL MEDITERRANEODa sempre il sud, e in particolare la Puglia,terra natale di Acmei, per la sua configurazionegeografica avrebbe dovuto esprimere la sua na-turale vocazione di ponte tra l’Italia e i paesidel Nord Africa e del Medio Oriente. Il fa-moso corridoio 8, per fare del Mediterraneoun mare di traffico commerciale, non di con-fine. «Per assolvere correttamente a questa fun-zione avremmo dovuto già da tempo avviare larealizzazione di un’efficiente rete di trasporti,beni e servizi – spiega il presidente di AcmeiSud, Domenico Tavarilli -. Questa rete avrebbegarantito un notevole sviluppo commerciale eturistico. Ma purtroppo nel mondo commer-

RAGIONLIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

101

Lavorare sull’innovazioneè l’unico modo per mantenere

vivo un sistema impresa capacedi sfidare un mercato globalizzatoe sempre più insidiato dalle realtà

orientali emergenti

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ciale la parola “avrebbe” significa solo unagrande occasione perduta, che forse non si ri-presenterà. Mi auguro solo che alla fine deglieventi bellici in corso, con i nuovi riassetti geo-politici che si verranno a determinare, il nostroex “mare nostrum” possa ritornare a essere unmare di pace e serenità, che possa rilanciare unnuovo ciclo di sviluppo per le regioni del Sud,fondato su un rapporto privilegiato nella sferaeconomica dei traffici».

RISORSE UMANE E MANAGEMENT«Per lo sviluppo economico del nostro Sud è ne-cessario dare un forte contenuto di modernità al-l’economia, occorre proporre la figuradell’imprenditore come immagine positiva,come la vera risorsa economica, promuovendonela diffusione e sostenendone lo sforzo – ribadisceDomenico Tavarilli -. Il nostro modello di svi-luppo ha bisogno di imprenditori che non per-dano nel tempo la voglia di rischiare, chesappiano adattare le loro competenze alle mute-voli necessità dell’azienda, che sappiano aprirsi alcontributo di professionalità esterne altamentequalificate, manager e consulenti». Acmei Sud,in tal senso, non ha mai condiviso la contrappo-sizione tra lavoro e impresa, facendo della cre-scita e della valorizzazione del suo personale l’asseportante per la perennizzazione del suo business.Quello che molti capi d’impresa dovrebbero im-parare dall’esempio di Acmei e di Tavarilli, è chespesso la gestione quotidiana prende il soprav-vento sulla riflessione strategica, ove il ricorso al-l’intuito e all’esperienza prevale, a volte,sull’analisi dei dati oggettivi. Ecco spiegato il va-lore della risorsa umana. «Questa visione mana-geriale dell’attività rappresenta un elementoprezioso per un’azienda di distribuzione di ma-teriale elettrico quale la nostra. La necessità diuna capillare copertura del territorio ove ope-riamo, ci porta ad avere delle filiali anche a di-verse centinaia di chilometri dalla sede centrale,per cui solo attraverso collaboratori evoluti pos-siamo garantirne il presidio e la crescita».

INNOVAZIONE«Lavorare sull’innovazione è l’unico modo

Domenico TavarilliIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGIONLIBERA

È ampio il raggio di azione del gruppo AcmeiSud Spa. Le sue quattro divisioni specialistiche,Automazione, Ict Systems, Solare &Fotovoltaico, Media Tensione, sono unesempio di impresa dedita all’innovazione ealla crescita sul territorio. Ne è una prova ilrecente premio ricevuto nell’ambito delloSmau Business 2011. Acmei è stata premiatacon il Premio Innovazione ICT Puglia nellacategoria Architetture ICT, in quanto principaleazienda, tra le imprese e le pubblicheamministrazioni del Sud Italia, che ha piùinnovato in tecnologie dell'informazione ecomunicazione (ICT) a supporto della crescitadel proprio business. Secondo SaverioTavarilli, figlio di Domenico e oggi direttoregenerale Acmei, «chi non possiede letecnologie emergenti e non ha il supportocognitivo necessario per controllarle, non haoggi nessuna chance di stare attivamente sulmercato e di affrontare positivamente laconcorrenza. Per noi ogni obiettivo raggiuntoè il punto di partenza per un nuovo traguardo,sempre più ambizioso e sempre più evoluto».

UN PREMIOPER L’ICT

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per mantenere vivo un sistema impresa ca-pace di sfidare un mercato globalizzato esempre più insidiato dai mercati orientaliemergenti. Bisogna essere in grado di gene-rare nuove idee e dar loro le gambe per cam-minare». E le “gambe” cui fa riferimento ilpresidente di Acmei Sud, si allenano aggior-nando costantemente le competenze dei la-voratori, i quali «vanno resi sempre piùconsapevoli e coinvolti nel progetto azien-dale. Un sistema di condivisione di idee eprogetti innovativi tra individui e team, lacosiddetta co-creazione di valore. «Occorreavere la capacità di sviluppare innovazione aelevato impatto, la nostra chiave di successoè stata aver fatto leva sulle competenze allaradice della nostra organizzazione, sui nuoviprodotti e sui mercati alla base della piramidedei consumi, collaborando con i clienti per

ottenere preziosi spunti per nuovi articoli eservizi».

LOGISTICAIn tal senso un importante intervento si èrealizzato nell’area logistica, cuore pulsantedi Acmei Sud. «L’azione intrapresa in que-st’area operativa attiene alla ridefinizione delprocesso logistico in termini globali e, inparticolare, al sistema di giacenza e assorti-mento dei prodotti in scaffale. Nel nostrocaso, questo aspetto è particolarmente com-plesso in quanto il mercato richiede branddiversi, pur con prodotti e prestazioni ana-loghi, in aree territoriali diverse, dove, cioè,il comportamento di consumo della do-manda diverge in modo rilevante». Tuttoquesto richiede una grande attenzione alciclo logistico nel suo insieme, in quanto 103

Sono convinto che la nostra classe imprenditoriale sapràportarci fuori dalla crisi, a patto che ogni imprenditore reagisca

prontamente ai cambiamenti del mercato

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l’offerta di assortimenti così ampi produce,di norma, un incremento di costi e una mag-giore complessità gestionale. «Il fatto che iprodotti possano non essere, in alcuni casi,presenti sugli scaffali, in un mercato compe-titivo quale quello finora prefigurato, deter-mina non solo una mancata vendita, marappresenta per l’utilizzatore un sintomo diinefficienza e di disservizio, il che è ancorapeggio».

FUTUROTavarilli offre un semplice consiglio per chidesidera essere un leader: «è necessario nonperdere mai la speranza ed essere ottimisti inmodo palese, trasmettendolo agli altri consemplicità ed entusiasmo. Nessuno segui-rebbe un leader pessimista sul suo futuro e suquello della sua organizzazione». Pur sottoli-neando le difficoltà della situazione a livelloglobale, l’imprenditore è convinto che l’Ita-lia, con le sue aziende migliori, potrà uscireaddirittura rafforzata dalla tempesta econo-mico finanziaria in corso. «Sono fiducioso inparticolare sul futuro del nostro comparto.Sono peraltro convinto che proprio la no-stra classe imprenditoriale, ora in grande sof-ferenza, saprà portarci fuori dalla crisi, a pattoche ogni imprenditore reagisca prontamenteai cambiamenti del mercato – afferma il pre-sidente di Acmei Sud -. A livello di “gover-

nance” è inoltre fondamentale che gli im-prenditori facciano attenzione a non perderela giusta rotta e il focus strategico della pro-pria azienda, devono cioè avere la capacità dielaborare una chiara visione del futuro e man-tenere salda e dritta la barra del timone».

VERSO IL RISCATTO«Ho iniziato questa mia analisi parlando del-l’instabilità quale protagonista del nostromercato, dove invece la stabilità è l’elementoessenziale – sostiene Domenico Tavarilli -. Lamaggior parte delle organizzazioni operasulla base dell’assunto che l’equilibrio sia lacondizione naturale dell’economia moderna,noi invece stiamo verificando che la turbo-lenza costituisce ormai la normale condizioneoperativa di settori, mercati e imprese. Noiimprenditori dobbiamo riconoscere di nonpoter più operare con le stesse modalità delpassato. Oggi le imprese hanno bisogno di unnuovo quadro di riferimento strategico». So-prattutto, per Tavarilli, in un sistema econo-mico avanzato o si cresce o si perdonoposizioni importanti, difficilmente recupera-bili. Non si può, dunque, restare fermi. «È in-dispensabile una gran voglia di riscatto, diconfronto e di rinascita del nostro modo difare impresa, per esistere e competere neimercati attuali e futuri, che saranno semprepiù aperti e globalizzati».104

Domenico TavarilliIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGIONLIBERA

È indispensabile una granvoglia di riscatto,di confronto e di rinascitadel nostro modo di fareimpresa, per esisteree competere nei mercatiattuali e futuri,che saranno semprepiù aperti e globalizzati

La nuova sede

Acmei di Taranto

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di Carlo Gherardini Acquisire nuove realtà per ampliarela presenza sul territorio e «contrastarel’avanzata delle multinazionali stranierein Italia, con l’obiettivo a lungo termine dibatterle sul loro stesso terreno». Le strategiemesse in campo da Giampaolo Ferrari

GRANDI POLI INDUSTRIALI.IL FUTURO DEL SISTEMA ITALIA?

Se il 2009 è stato l’“anno orribile” pergran parte delle imprese italiane, al-cune realtà, proprio nel periodo dimaggior crisi, hanno tagliato traguardi

importanti. La Comoli Ferrari & C. Spa, so-cietà novarese leader nel mercato nazionaledella distribuzione di forniture elettriche civilie industriali, proprio nel 2009 ha festeggiatol’ottantesimo anniversario portando a termineun’importante mossa strategica, l’acquisizionedel gruppo GDT Elettroforniture, storicaazienda milanese con 26 filiali distribuite su 6regioni e circa 250 dipendenti. «Questo inve-stimento – afferma Giampaolo Ferrari, ammi-nistratore delegato del gruppo - ci ha permessodi ampliare la nostra presenza su nuovi terri-tori, come la Sardegna e le Marche, ma anchedi riconfermare, in modo particolarmente si-gnificativo, la nostra attività in Lombardia».Grazie a questa acquisizione Comoli Ferrariha rafforzato la sua presenza sul territorio,condizione necessaria per offrire alla commit-tenza un servizio più accurato e tempestivo,radicandosi ulteriormente nel Nord Ovest eampliando il suo raggio d’azione verso nuove

aree: le 78 filiali complessive del gruppo oggicoprono il Piemonte, la Lombardia, la Ligu-ria, la Val d’Aosta, le Marche e la Sardegna.

Quali sono state le maggiori difficoltà in-contrate nel portare a termine l’acquisizionedel gruppo GDT Elettroforniture?«L’impegno maggiore è stato, nel difficile con-testo economico, mantenere completamentel’organico acquisito, composto di 250 opera-tori, che siamo riusciti a riposizionare senza

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Giampaolo FerrariRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Giampaolo Ferrari, amministratore delegato del gruppo Comoli Ferrari & C. Spa di Novara.In apertura, la sede della Comoli Ferrari & C. Spa www.comoliferrari.it

dover ricorrere ad alcun ammortizzatore so-ciale, nonostante ci fosse un esubero di circauna cinquantina di persone. Abbiamo cercatodi trovare, anche da un punto di vista sociale,un equilibrio e ci siamo riusciti, pur attraversodei sacrifici economici. Abbiamo riposizionatole persone sulle diverse filiali e, in particolare,su Novara, dove nel 2010 sono stati trasferiti,da Milano, tutti i servizi generali e quindi granparte del personale. A questo scopo, abbiamorealizzato un servizio navetta, cercando solu-zioni che non andassero a squilibrare le abitu-dini dei lavoratori».

I vostri sforzi sono stati premiati e il 2010è stato un anno particolarmente positivo. «Abbiamo recuperato in maniera importantequanto si era perso negli anni della crisi, siadal punto di vista del mercato che del fattu-rato. In pratica abbiamo chiuso il 2010 conun + 4% sul 2008. Oggi il fatturato totale delgruppo è di oltre 300 milioni di euro, pari a

circa il 4% del mercato nazionale. Senza dub-bio gran parte della nostra crescita deriva dalfotovoltaico che, negli ultimi anni, ha datouna fortissima spinta al settore. Il 2010, suiprodotti tradizionali, era infatti in calo rispettoal 2009, mentre il fotovoltaico e tutto l’in-dotto, ha incentivato la crescita per tutto loscorso anno, fino allo stop del decreto Ro-mani. Ma per il futuro, con l’annullamentodel nucleare, ci sono buone speranze di ri-presa».

La vostra strategia imprenditoriale dasempre mira ad assorbire altre realtà, so-prattutto per “tenere testa” alle grandi mul-tinazionali. «Oggi l’obiettivo è quello di consolidare le po-sizioni raggiunte e di espanderci gradualmentein tutto il nord del paese e oltre, con l’attua-zione di un piano di acquisizioni e aggrega-zioni delle piccole-medie realtà già esistenti.Tale strategia è stata decisa per contrastare

Sono convinto che il futurodell’azienda derivi in gran partedalla qualità degli uominiche la compongono, ecco perchéla crescita del personaleè un aspetto fondamentale

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l’avanzata delle multinazionali straniere in Ita-lia, con l’obiettivo a lungo termine di batterlesul loro stesso terreno. D’altra parte, un set-tore come il nostro richiede necessariamenteuna crescita costante e un sempre maggiorepotere d’acquisto. Pur essendo tra le impreseitaliane più grandi, alcune multinazionalifrancesi attive anche sul nostro territorio su-perano di gran lunga il nostro fatturato. In Ita-lia bisognerebbe imparare, e il discorsocomprende diversi mercati, a sviluppare poliimportanti, anche attraverso aggregazioni traaziende, che vadano oltre l’interesse del sin-golo imprenditore».

Quale valore ricopre, sia all’interno del-l’azienda che nella vostra offerta, l’investi-mento sull’innovazione tecnologica?«Naturalmente è fondamentale. La logisticaper noi è uno dei punti strategici e grazie allagestione automatizzata e in radiofrequenza

del magazzino centrale, a un’organizzazionedistributiva all’avanguardia, che sfrutta lafitta rete vendita, e agli 80mila articoli sem-pre pronti a magazzino, le consegne vengonopuntualmente effettuate entro 24 ore dal-l’ordine. Forse ancora più cruciale è però l’in-vestimento sulla formazione dei nostridipendenti, che devono essere in grado difare consulenza e conoscere profondamentele nuove tecnologie in modo da offrire aiclienti nuove opportunità di business. Adesempio, la domotica oggi offre opportunitàdiverse rispetto ai tradizionali impianti di untempo, pertanto le nostre risorse devono en-trare nel merito, essere formate, aggiornatecostantemente. Sono convinto che il futurodell’azienda derivi in gran parte dalla qualitàdegli uomini che la compongono, ecco per-ché la crescita del personale è un aspetto fon-damentale».

Oggi l’obiettivo è quello diconsolidare le posizioniraggiunte e di espandercigradualmente in tutto ilnord del paese e oltre, conl’attuazione di un piano diacquisizioni e aggregazionidelle piccole-medie realtàgià esistenti

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Giampaolo FerrariIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

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DALL’IMPIANTISTICAAL FACILITY MANAGEMENTCon l’acquisizione della Sima Impianti, divenuta L’Operosa Impianti, il gruppo L’Operosa completa l’offerta in servizi di facilitymanagement. Il punto di Massimo Bonon

di Eugenia Campo di Costa

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Massimo BononRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Una naturale evoluzione che chiude il cerchio dei ser-vizi offerti. Così si può definire l’acquisizione, daparte del gruppo L’Operosa, della trevigiana SimaImpianti. Sima Impianti è diventata così L’Operosa

Impianti, una realtà in grado di gestire con competenza e rapiditàtutti gli aspetti progettuali e realizzativi nell’impiantistica, lavo-rando in numerosi settori, dalle energie rinnovabili al global ser-vice, dal facility management agli impianti termoidraulici, daisistemi Tlc e Tvcc agli impianti elettrici, fino all’edilizia. «La con-tinua ricerca della più completa erogazione di servizi – affermaMassimo Bonon, Presidente de L’Operosa Impianti - ha fatto sìche L’Operosa si sia rivolta al mercato per l’acquisizione di unasocietà specializzata nella manutenzione di impianti».

Oggi L’Operosa Impianti si affianca dunque a L’OperosaCooperativa, completandone i servizi. In quali ambiti è im-pegnata L’Operosa Cooperativa?«Le principali attività svolte da L’Operosa società cooperativa siriassumono in pulizia e sanificazione in ambito sanitario e ospe-daliero; pulizia di complessi industriali e civili; giardinaggio e curadel verde; gestione di garage e aree destinate a parcheggi, disinfe-zioni, disinfestazioni e derattizzazioni, piccola manutenzione edile,gestione dei rifiuti e servizi igiene ambientale e, in maniera piùmarginale, trasporti, traslochi e facchinaggio. Oggi L’Operosa sipropone come cooperativa che opera a livello nazionale, con unaprevalenza dei propri clienti in ambito pubblico, ma con clientiimportanti anche in abito privato. Dalla sede originaria di Ca-driano di Granarolo dell’Emilia, oggi ha uffici anche a Palermo eCatania, a Firenze, a Roma».

Com’è avvenuta, negli anni, l’espansione territoriale diL’Operosa Cooperativa?

In apertura, una veduta de L’Operosa Impianti.

A destra Massimo Bonon, presidente della Società

www.operosa.it

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Il raggio d’azione si è notevolmente ampliato negli ultimi quattro anni, grazie all’aggiudicazione, in Associazione

Temporanea di Imprese, di sei Lotti relativi alla convenzionestipulata con Consip Spa

«L’Operosa Cooperativa è stata costituita nel di-cembre 1951 e ha saputo conquistarsi uno spa-zio importante nel mercato dei servizi. Il raggiod’azione si è notevolmente ampliato negli ultimiquattro anni, grazie all’aggiudicazione, in Asso-ciazione Temporanea di Imprese, di sei Lotti re-lativi alla convenzione stipulata con Consip Spa,per lo svolgimento dei “servizi di Facility Mana-gement per immobili, adibiti prevalentementead uso ufficio, in uso a qualsiasi titolo alle Pub-bliche Amministrazioni”. Questo ci ha permessodi lavorare anche in Sicilia e Calabria, Trentinoe Friuli, territori in cui non eravamo presenti,mentre abbiamo rafforzato la nostra presenza inLazio, Toscana e Piemonte».

Come ha reagito la cooperativa alla crisieconomica?«Avendo nel portafoglio il 90% di clienti pub-blici, le maggiori criticità si sono riscontrate nel-l’allungamento dei tempi di pagamento: anche ilpubblico risente come il privato di mancanza diliquidità, fermo restando che il pubblico restacomunque un cliente che offre importanti ga-ranzie. L’Operosa Cooperativa ha infatti tenutobene il mercato, chiudendo il 2010 con un fat-turato pari a quello del 2009».

L’Operosa Impianti, invece, si rivolge ancheal cliente privato.«La manutenzione e la costruzione di impianti èun’esigenza sentita anche tra i privati, che prefe-riscono avere un unico interlocutore cui affidarein toto le operazioni di facility management.

Dal punto di vista logistico, L’Operosa Impiantiè stata sicuramente avvantaggiata dal fatto cheL’Operosa Cooperativa avesse già una strutturaradicata nel territorio, che ha permesso alla so-cietà di impiantistica di essere conosciuta e, nelcontempo, di razionalizzare i costi».

Anche L’Operosa Impianti è attiva su tuttoil territorio nazionale?«Ancora no, ma ci sono buone prospettive. At-traverso il know how di L’Operosa Coopera-tiva, sta lavorando oltre che in Veneto,Trentino, Lombardia e Piemonte, dove già erapresente come Sima Impianti, anche in To-scana, Emilia Romagna e Sicilia. Il confrontotra le due società è comunque costante, al finedi predisporre insieme, quando è possibile,anche le gare pubbliche: si valutano sistemati-camente le opportunità che si possono cogliereinsieme, quindi tutti i lavori che necessitano siadi attività impiantistica che di attività di com-petenza di L’Operosa Cooperativa. Ovvia-mente, però, non sempre le due societàpossono lavorare in sinergia».

Quali prospettive intravede per il futuro?«Credo che l’integrazione tra L’Operosa Coo-perativa, una realtà storica nata nel 1951, eL’Operosa Impianti, neonata, possa portare nelprossimo triennio dei grandi risultati in terminicommerciali, di competenze e di know how. Iprogetti sono ambiziosi, fermo restando che ilgruppo, nel suo complesso, fattura più di 80milioni di euro l’anno».

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L’importante traguardo del quarto disecolo di attività è fonte di orgoglio esoddisfazione per Giuseppe Fava, ti-tolare della LSI Acciai, acronimo di

Lamiere Speciali Inox, azienda ubicata nella zonaindustriale SPIP di Parma che l’imprenditoreconduce coadiuvato dai due figli Marcello e Lo-renzo. «Siamo inossidabili come le materie primeche trattiamo», scherza Fava celebrando l’anni-versario. La LSI è nata nel 1986 come aziendaspecializzata nella prelavorazione di prodotti si-derurgici in acciaio inossidabile. «Siamo una ti-pica realtà di un “centro servizi” – prosegue Fava

descrivendo l’attività dell’azienda –, il cui prin-cipale punto di forza è proprio il servizio

stesso, essendo noi in grado di soddi-sfare qualsiasi esigenza

palesata dagli

utilizzatori di lamiera, anche per misure specialie indipendentemente dalla qualità richiesta. Il“servizio” inteso come piena soddisfazione delleesigenze dell’utenza è quindi l’unica politicaaziendale, la regola che facciamo valere quoti-dianamente sia nel nostro operato interno chenei rapporti con i fornitori».

Quali sono le procedure di lavorazione cheseguite?«L’attività di LSI consiste nell’ottenere lamiera infogli o in nastri con le caratteristiche volute dispessore, larghezza e lunghezza: la lamiera vieneinfatti spianata e tagliata nelle misure che il com-mittente desidera e consegnata a destinazione.Nel magazzino arriva l’acciaio inossidabile con-fezionato in grandi rotoli che vengono scaricati edisposti solamente dopo un accurato controllodella qualità, della dimensione e del peso. Ven-gono acquistati grandi quantitativi in varie mi-sure; dopodiché, queste scorte vengonoimmagazzinate e preparate per le diverse com-messe. L’azienda è anche attrezzata per eseguirealcune lavorazioni superficiali come la satinaturae la lucidatura, in abbinamento con la protezionetramite plastica adesiva dei rotoli e delle lamiere.Metodo e serietà sono i principi a cui ci ispi-riamo e che ci hanno sempre premiato: ogni ro-tolo di acciaio che viene accuratamentetrasformato in lamiera, bandelle, quadrotti onastri nelle misure richieste, è il rituale cheogni giorno si compie all’interno di uno stabi-limento che rappresenta una solida realtà pro-duttiva, forte dell’esperienza maturata maattenta all’innovazione con l’entusiasmo dellenuove generazioni».

I PROCESSI DI LAVORAZIONE DELL’ACCIAIO

Giuseppe Fava, titolare della LSI Acciai di Parma, insieme ai figli Marcello e Lorenzowww.acciailsi.it

Tutti i segreti delle prelavorazioni dei prodotti siderurgici in acciaio inossidabile raccontati da Giuseppe Fava, la cui azienda ha appena festeggiato i venticinque anni di attività

di Amedeo Longhi

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Giuseppe FavaRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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Quali sono gli aspetti da tenere in maggioreconsiderazione per fornire un servizio di livelloelevato?«A questo proposito vorrei indicare i due aspettiche noi consideriamo i più importanti dell’atti-vità. Il primo è quello relativo alla qualità dellamateria prima, che deve essere ottima. La fac-ciamo arrivare dalle migliori acciaierie anche ex-traeuropee, pur di avere la garanzia di un livelloqualitativo superiore. Il secondo aspetto riguardala dotazione di impianti moderni e specializzatiper spianatura, raddrizzatura e taglio della la-miera, sia in lamiere che nastri, oltre che linee disatinatura, cesoie automatiche e idrauliche. Que-sti due fattori contribuiscono a fare di LSIun’azienda moderna, in grado di competere conserietà nel mercato con un’offerta di servizi diprima qualità, essendo nelle condizioni di fron-teggiare tutte le richieste di un settore dell’acciaioinossidabile sempre più esigente e in costanteevoluzione. La crescente domanda di riduzionedei tempi di lavoro – e, conseguentemente, diconsegna – ha infatti portato gli acquirenti a faredelle scelte razionali che permettano di rimanereal passo con i tempi».

Per quanto riguarda invece i servizi?«Sul fronte dei servizi offerti, è sicuramente dasottolineare il controllo sulla qualità dellamateria prima. Può accadere infatti che il ro-tolo di lamiera presenti dei difetti di lamina-zione o imperfezioni nell’aspetto, chevengono scoperti e resi evidenti solo durantelo svolgitura dei coil. Per tale motivo, in LSI,un tecnico esperto ha tra i propri compiti

anche l’osservazione attenta della lamiera perl’identificazione di eventuali imperfezioni».

Cosa cambia fra rotoli a caldo e rotoli afreddo?«La differenza è prettamente superficiale. Lafinitura a caldo presenta una superficie moltoopaca e porosa e il materiale viene utilizzatoper impieghi vari di carpenteria pesante, dovesi usano di frequente medi e grandi spessori.La finitura a freddo presenta invece una su-perficie lucida – opaca o brillante – ed è par-ticolarmente adatta per lamiere adoperate “avista”, anche senza ulteriori verniciature o ri-vestimenti».

Qual è la vostra dotazione?«Disponiamo di impianti divisi in sette lineedi produzione: due linee di spianatura percoil a freddo, due linee di spianatura per coila caldo, un impianto di lavorazione superfi-ciale per spazzolatura e satinatura, una lineaslitter bassi spessori e una linea slitter grandispessori. Inoltre disponiamo di un reparto ce-soiatura dove sono collocate una cesoia auto-matica e una cesoia idraulica».

Rotoli di acciaio inossidabile in lavorazione e durante una fase di movimentazione

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Il distretto trevigiano dell’inox si lascia lacrisi alle spalle? Forse è troppo presto perdirlo. Quel che è certo è che le aziendepiù virtuose stanno finalmente tirando

un sospiro di sollievo. Il mercato torna a pre-miare la qualità dei materiali e l’innovazionetecnologica applicata alle produzioni di unodei comparti più importanti del Nord Est ita-liano. È questo il caso di Artinox, affermatasocietà di Conegliano guidata dall’ammini-stratore delegato Mario Zanardo. «Già nel2010 abbiamo cominciato a recuperare, par-zialmente, i livelli dei fatturati pre-crisi –spiega l’Ad -. E piuttosto incoraggianti risul-tano anche i dati del primo quadrimestre2011, che delineano un trend positivo, con unincremento di circa 8 punti percentuali».L’azienda, che spazia dalla sub-fornitura indu-striale alla produzione di lavelli e vasche rag-

giate in acciaio inox, dalle scaffalature profes-sionali alle piastrelle in acciaio, è presente nonsolo in Italia ma anche sui principali mercatiinternazionali. Il suo prodotto di punta, lascaffalatura brevettata IN-FIX System®, rap-presenta ancora oggi un traino commercialedecisivo. «Con questo prodotto abbiamo eli-minato viti e bulloni, comunemente utilizzatinelle scaffalature tradizionali, per proporre unsistema innovativo a incastro, estremamentefacile e veloce da montare, garantendo la mas-sima igiene dello scaffale» spiega Zanardo.

Dunque le caratteristiche della produ-zione sono alla base del vostro consolida-mento sui mercati?«Indubbiamente la grande flessibilità e la ca-pacità di realizzare prodotti personalizzati cifavoriscono. Allo stesso tempo, cerchiamo ditrasmettere all’esterno questo potenziale, in-

Tra investimenti in automazione e nuove strategiecommerciali, è iniziata la risalita di Artinox.Ne parla Mario Zanardo, analizzando le prospettivefuture del distretto trevigiano dell’Inox

Nella pagina

a fianco,

Mario Zanardo,

Ad di Artinox Spa,

Conegliano (Tv)

di Carlo Sergi

IL MADE IN ITALYFORGIA L’ACCIAIO

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vestendo soprattutto in marketing e comuni-cazione e sviluppando la rete commerciale».

Giustamente lei sottolinea la flessibilitàdella sua azienda. Come riesce a mante-nerla?«Abbiamo investito molto nell’acquisizione dinuove tecnologie e nell’automazione, poten-ziando le nostre attrezzature con macchinariall’avanguardia. Pensiamo solo al taglio laser,ai robot di saldatura e di pulitura, giusto perfare due esempi. Inoltre il nostro impianto èstato progettato seguendo la filosofia della leanproduction, per assolvere sia i grandi che i pic-coli lotti di produzione, venendo così incon-tro alle più diverse esigenze del mercato.Puntiamo a una produzione snella, cercandodi ridurre al massimo gli sprechi dovuti aitempi morti e migliorando i tempi di attraver-samento dei processi. L’obiettivo è sempre

quello di eliminare tutto ciò che non serve adare valore aggiunto al prodotto».

Con la crisi sono cambiati gli equilibri trale vostre aree commerciali di riferimento?«Il mercato nazionale rappresenta tutt’oggiuna fetta importante del nostro fatturato, tut-tavia la crescita interna è ancora molto lenta e,per uscire da questa staticità, ci stiamo orien-tando soprattutto verso mercati emergenticome la Russia, i paesi dell’Est Europa e del-l’Asia, che stanno vivendo invece una fase diforte dinamismo».

L’attenzione al design, oltre che alla fun-zionalità, vi ha da sempre distinto. Anchenel vostro caso il made in Italy è un valoreaggiunto riconosciuto sul mercato?«Il made in Italy costituisce da sempre un va-

lore aggiunto in termini di qualità, modalitàdi produzione e design, caratteristica che al-

Mario ZanardoRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Stiamo sviluppando unprodotto in acciaio inoxper la movimentazionedelle merci in ambienti

critici e particolari

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l’estero gode ancora di un prestigio particolare,ampiamente riconosciuta e apprezzata, soprat-tutto dalla fascia medio-alta. Un prodotto ita-liano è immediatamente riconoscibile per lacura dei particolari e i valori estetici che esprime.In un’epoca di grande omologazione degli stili edelle mode, è fondamentale conservare la nostraidentità culturale. Con le nostre realizzazioni,siamo orgogliosi di poter continuare a trasmet-tere la nostra originalità e unicità».

Il distretto di cui fa parte Artinox ha sof-ferto molto la congiuntura negativa. Comese lo spiega?«Il distretto trevigiano della lavorazione del-l’Inox viene da sempre considerato un settoreprivilegiato, l’origine del cosiddetto “mira-colo” economico del Nord Est. Oggi, tuttavia,i tempi sono cambiati, e per poter far frontealla concorrenza incalzante dei paesi asiatici ènecessario rinnovarci e svincolarci da tutta unaserie di normative contrattuali, ormai supe-rate, che sono di ostacolo al riconoscimento

del merito, elemento essenziale per la crescitadi qualsiasi azienda».

Nuovi progetti per il futuro?«Stiamo sviluppando un prodotto in acciaioinox per la movimentazione delle merci in am-bienti critici e particolari, tenendo contoanche delle normative vigenti nei vari paesi,che oggi penalizzano l’utilizzo del legno».

Mario ZanardoIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

Nelle immagini,

scaffalatura e,

in alto, lavello

della gamma

Artinox

Qualità, innovazione e made in Italycostituiscono da sempre i cardini dellafilosofia di Artinox S.pa, azienda fondata ametà degli anni ’80, nel cuore della Inox Valleytrevigiana. Prodotto di punta dell’azienda, è oggi lascaffalatura brevettata IN-FIX System. Nata per lostoccaggio in ambienti professionali, ha soddisfattole più svariate esigenze grazie all’ampia modularità,alla robustezza e all’ estrema facilità di montaggio.«Quando nel ’96, insieme al mio socio Florindo DaRos, iniziammo a produrre i primi modelli,volevamo realizzare uno scaffale facile da montaree da pulire» spiega l’Ad Mario Zanardo.Espressione di creatività e concretezza, anche inuovi lavelli e le vasche raggiate a marchio Artinoxuniscono l’eleganza e la raffinatezza nel design conla praticità e la funzionalità nella pulizia. Questi sono

disponibili in una grande varietà dimodelli, dimensioni e finiture, nelle versioni

acciaio, oro e antracite, per rispondere ad ogniesigenza di stile e arredo. «Utilizzo di materialipregiati, lavorazioni accurate, tecnologie innovativee un design moderno e funzionale, rappresentano inostri punti di forza – ci tiene a sottolineare Zanardo-. La flessibilità organizzativa e produttiva unita a unsolido know-how permette all’azienda di adattarsial meglio a ogni particolare esigenza delcommittente. Quando pensiamo, progettiamo einfine realizziamo i nostri prodotti, il nostro obiettivoè quello di ottenere la piena soddisfazione delcliente. Attraverso la qualità dei materiali e l’efficaciadell’esecuzione e del servizio, vogliamotrasmettere l’emozione di un prodotto fatto aregola d’arte». www.artinox.com

DESIGN E CONCRETEZZA

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IL BUSINESS DELL’ESPORTAZIONEKolges ha creato il suo businessesportando prodotti e servizi dedicati a diversi settori industriali nei mercatilibici, iracheni e arabi. L’esperienza di Maurizio Lustro

di Lucrezia Gennari

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uando l’esportazione diventaun business. Presente da oltrequarant’anni sui mercati arabie nordafricani, l’azienda berga-masca Kolges, nonostante le

gravi difficoltà in cui versa oggi la Libia, unodei suoi principali mercati di riferimento,guarda al futuro con ottimismo, dopo averchiuso il 2010 con un bilancio soddisfacente.L’azienda è impegnata nella ricerca e nella for-nitura di un’ampia gamma di prodotti di varianatura, che spaziano dalle materie prime ai ri-cambi, dai prodotti finiti agli impianti chiaviin mano, con soluzioni tecniche all’avanguar-dia e addestramento del personale sia in Italiasia presso la sede del cliente stesso. Negli anni,la società si è sempre più specializzata nel for-nire al committente finale soluzioni che sod-disfino appieno le diverse necessità di una va-stissima varietà di settori. «Il 2010 – affermaMaurizio Lustro, numero uno dell’azienda -è stato un anno positivo, di completamentodelle grosse commesse acquisite nell’annoprecedente e di partecipazione a nuove im-portanti gare per forniture da realizzarsi fra il2011 e il 2012».

Come mai avete deciso di rivolgervi so-prattutto all’estero e qual è il valore aggiuntodi un servizio che punta sull’esportazione? «La scelta è maturata a seguito della fornituradi arredi su misura, eseguita da mio padre nel1970, per il primo albergo di lusso sorto a Tri-poli. La soddisfazione del cliente libico – poidivenuto socio fondatore dell’ attuale Kolges -per il lavoro svolto, ha portato alla costituzionedi una società commerciale rivolta all’esteroavente come oggetto la fornitura di materiali eprodotti vari, inizialmente riguardanti princi-palmente il settore dell’edilizia e dell’indotto. Ilvalore aggiunto di un’attività di questo tipo, ri-volta all’esportazione verso paesi arabi e nor-

dafricani, è rappresentato dalla capacità disaper confezionare delle offerte specificamentestudiate per quei particolari mercati, che ini-zialmente presentano problematiche di tipotecnico e successivamente anche gestionale, diimballo e di trasporto, che non devono esseresottovalutate al fine di raggiungere la soddisfa-zione del cliente finale».

Dunque il vostro primo contatto è stato inLibia, poi avete ampliato l’attività ad altriterritori. Com’è avvenuto questo passaggio?«La presenza costante sul mercato e la grandeesperienza merceologica maturata in 40 annidi attività hanno portato alla Kolges l’affida-mento da parte delle autorità libiche di forni-ture vaste, articolate e dalle competenzetecnologiche assai specifiche, quali l’approvvi-gionamento di intere flotte di automezzi per lamanutenzione della rete idrica e fognaria, uni-tamente alla realizzazione di allestimenti spe-ciali per la videoispezione robotizzata dellevarie canalizzazioni. Il tutto corredato da pro-grammi di addestramento del personale libico

Maurizio Lustro, titolare della Kolges di Bergamo.

Nella foto di apertura è con i collaboratori dell’azienda

[email protected]

Q

Maurizio LustroRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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sia presso le aziende produttrici, sia in loco.L’esperienza tecnica e commerciale maturatacon il mondo arabo e libico in particolare,hanno favorito l’attività dell’azienda con clientigovernativi anche in Iraq: l’autorità locale hadi recente rinnovato con soddisfazione la for-nitura di impianti chiavi in mano nel settoredell’automotive. Anche in questo caso la for-nitura ha compreso la preparazione tecnica delpersonale locale all’utilizzo dei macchinari for-niti. Inoltre, la realizzazione per il mercato li-bico di impianti nel settore dell’acqua haportato l’azienda a importanti trattative con ilMinistero iracheno per le risorse idriche relati-vamente alla fornitura di sistemi per l’approv-vigionamento, il trattamento e la distribuzionedi acqua potabile».

Quanto la guerra in Libia ha condizio-nato l’attività? «Ovviamente l’attuale situazione libica si ri-flette anche sullo svolgimento degli affari, so-prattutto per quanto riguarda il trasportodelle merci e le modalità di accesso ai fondi giàmessi a nostra disposizione dai clienti libici. No-nostante ciò, i clienti, a dimostrazione del gradodi soddisfazione verso i nostri servizi, hanno giàconfermato l’impegno di acquisto per nuove im-portanti forniture a scopo civile. Ora si tratta di

L’attività della Kolges ha avuto inizio nel 1971, con ilpadre dell’attuale titolare e la partecipazione di unfacoltoso imprenditore libico. Al principio l’aziendaforniva materie prime e semilavorati per il settoredell’edilizia ed esportava grandi quantità di ferro acui si sono aggiunti cemento, legname dacostruzione, piastrelle e rivestimenti in marmodestinati soprattutto a imprenditori privati delMediterraneo, del Nord Africa e del MedioOriente. La costante presenza sul mercato libico haportato l’azienda, oltre a seguire con particolareimpegno le necessità del mondo imprenditorialedel territorio, anche a creare relazioni con alcune

autorità locali, partecipando a gare di appalto perla fornitura di prodotti finiti e impianti. Negli anni laKolges ha ampliato e consolidato il suo raggiod’azione anche ai mercati iracheno e arabo. Oggiè un’azienda dinamica e flessibile, in grado dioffrire alla propria clientela un servizio qualitativocompleto e di alto livello quale la ricerca e lafornitura di un’ampia gamma di prodotti di varianatura, che spaziano dalle materie prime airicambi, dai prodotti finiti agli impianti chiavi inmano, con soluzioni tecniche all’avanguardia eaddestramento tecnico del personale sia in Italia,sia presso la sede del committente.

LE TAPPE DELL’ESPORTAZIONE

vedere come gestire questi nuovi ordini alla lucedelle procedure che a livello nazionale e interna-zionale si stanno pian piano mettendo a puntoper poter dare concretamente corso alle forniturein Libia in questo particolare frangente».

Come siete riusciti a tenere il mercato neglianni di crisi economica internazionale? «Dal punto di vista della domanda, la crisi nonha coinvolto i nostri mercati di riferimento. Èstata tuttavia necessaria un’attenta e costante ana-lisi dell’andamento dell’offerta a livello interna-zionale, per essere in grado di proporre il prezzogiusto al momento giusto. Poi, a lavoro acqui-sito, si è dovuto compiere un grosso sforzo dimonitoraggio e continua pressione nei confrontidei fornitori, per garantire la consegna dellemerci nei tempi previsti, nonostante il rallenta-mento della produzione determinato dalla crisieconomica».

Quali prospettive intravede per il futuro?«Per il 2011 le prospettive di lavoro sono poten-zialmente buone, poiché i clienti continuano adimostrare interesse per i nostri servizi. Ab-biamo già ricevuto ordini per il mercato ira-cheno, ma molto dipenderà dalla capacità ditrovare una soluzione positiva alla situazionelibica, affinché il paese ritrovi stabilità nel piùbreve tempo possibile».

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Dalla Puglia è partita una piccola ri-voluzione tecnologica che nel corsodi quasi cinquant’anni ha portatola novità che ha profondamente

cambiato il mondo dell’agricoltura e in partico-lare le tecniche d’irrigazione in Italia e in tutto ilmondo. L’artefice di questa rivoluzione è il Ba-rone Vitantonio Colucci, fondatore e titolare delGruppo Industriale Plastic-Puglia, costituito nel1967 per la produzione e commercializzazionedi tubi in polietilene e sistemi di microirriga-zione. A tal proposito il Barone afferma che«dalla fondazione l’attività è cresciuta e hoavuto la possibilità di produrre per la primavolta in Italia e nel mondo il tubo di polieti-lene adottato per il trasporto di acqua e liquidiin genere. Successivamente il prodotto ha co-minciato a prendere piede prevalentemente per

l’irrigazione e gradatamente ha sostituito i si-stemi tradizionali, cioè a scorrimento, che sinoad allora erano i più diffusi».

Qual è stato l’impatto sul settore in questaimportante novità?«Il tubo di polietilene ha consentito agli agricol-tori di irrigare in una maniera più razionale nonsolo le colture arboree e orticole, ma anche quelleestensive, dando un grande vantaggio allo svi-luppo dell’irrigazione in tutta Italia e diffonden-dosi poi, grazie a una fervente attività fieristica,in tutto il mondo. I coltivatori, hanno visto pro-gredire le loro colture in maniera travolgente, per-ché le irrigazioni fatte col nuovo metodo da mecollaudato nel 1967 consentono non solo di ir-rigare a goccia, ma al tempo stesso nutrire lepiantagioni. Lo sviluppo tecnologico dei metodid’irrigazione ha quindi portato a un netto mi-

di Amedeo Longhi

Un sistema di irrigazione che ha fortemente influenzatoil settore agricolo negli ultimi quarant’anni. Lo descriveil suo ideatore, il Barone Vitantonio Colucci

LA RIVOLUZIONE DELL’IRRIGAZIONENEL MONDO PARTE DAGLI ANNI ‘60

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Vitantonio ColucciRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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Quali sono i principi che segue nella con-duzione dell’azienda?«Mi ritengo una persona che cerca di mettere inpratica con i propri collaboratori valori che fannoparte del lessico etico, come attenzione, conside-razione ed empatia nel rapporto con il prossimoin generale. È importante per la riuscita nel la-voro e in qualsiasi altra dinamica umana averecon gli altri un rapporto corretto, aperto e di-sponibile. Ed è questa la modalità etica con cuimi relaziono, che obbedisce alla finalità di otte-nere dei risultati di fiducia, collaborazione e ri-spetto ed è questo il rapporto che daquarant’anni distingue il mio successo. A tal ri-guardo è da tenere presente che nelle occasionipiù importanti rilascio a coloro che vantanouna lunga e corretta militanza nel lavoro e aipiù meritevoli un attestato di considerazione ericonoscenza».

glioramento delle prestazioni edella qualità dell’attività agricola.Ovviamente questa tecnologia siè espansa rapidamente anche inaltri Stati, come per esempioIsraele, che già nel 1980 ha co-minciato a metterla in pratica.Successivamente è stata la voltadella California e di tutti gli StatiUniti. Oggi Plastic-Puglia è aivertici di questo settore a livellomondiale, avvalendosi di tecno-logie avanzate, di grandi mac-chinari che garantiscono la qua-lità del prodotto e di una costante attività diricerca e sviluppo».

Quali sono i vantaggi di questo sistema d’ir-rigazione?«Il tubo e l’irrigazione a goccia realizzata col no-stro sistema, rispetto all’irrigazione a scorrimentodi un tempo ha diversi vantaggi. Uno dei più im-portanti è quello relativo al risparmio idrico: l’ac-qua è un bene prezioso e i sistemi di irrigazionea goccia consentono di gestirlo al meglio. Cosìcome è un grande vantaggio quello di garantirealle piante non solo l’approvvigionamento idrico,ma anche delle sostanze di cui necessitano, es-senziali per la loro crescita. In questo modo sisomministrano anche elementi di protezionedella salute delle piante, aggiungendo nella con-dotta tutte quelle sostanze che consentono allapianta di crescere, essere forte e dare dei fruttisani. La possibilità di contingentare l’irrigazioneè poi molto importante. Per dirla con un esem-pio, praticamente non si può dare oggi allapianta dieci litri d’acqua e altri dieci litri fra unasettimana, ma si deve somministrare, secondouna logica corretta, un litro di acqua al giornoper tutti i giorni della settimana. Si trattava ditenere in considerazione anche altri fattori dicrescita del suo processo biologico. Abbiamosviluppato queste tecniche nel corso degli annie oggi posso dire che siamo quasi giunti a unaperformance definitiva».

Sotto, il Barone Vitantonio Colucci, presidente del Gruppo Industriale Plastic-Puglia di Monopoli (BA). Nelle altre foto, l’attività del laboratorio e lo staff dell'azienda

www.plasticpuglia.it

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Iprezzi eccessivamente bassi dei prodotticerealicoli e la situazione di totale incer-tezza economica, negli ultimi anni,hanno influito molto negativamente sulla

volontà, e in alcuni casi anche sulla possibilitàdegli operatori agricoli di recuperare finanzia-menti adeguati ad acquisire nuovi macchinari.Tuttavia, l’inizio del 2011 ha portato un ina-spettato e repentino cambiamento. «Favoritidal prezzo dei cereali praticamente triplicato,

di Eugenia Campo di Costa Dopo gli anni di crisi, oggi si assiste a un aumento della domanda deimacchinari destinati all’agricoltura,incoraggiata anche dal mercato americano. Ne parla Alberto Fantini

MACCHINE AGRICOLE, LA SVOLTA ARRIVA DAGLI USA

gli operatori, dopo due anni di stop, hannoimmediatamente riaperto i mercati e stiamoassistendo a una corsa alla rimodernizzazionedel parco macchine agricole» afferma AlbertoFantini, titolare della Fantini Srl di Medoleazienda leader nella produzione di testate maise girasole. «A conferma di questo trend – af-ferma - il giro di affari che stiamo registrandoquest’anno sembra essere molto interessante,con una ripresa netta. Al momento attuale, in-

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Alberto FantiniRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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fatti, il 90% della produzione è già stato ven-duto e si ritiene che nei prossimi tre mesi siriuscirà a piazzare le rimanenti macchine inproduzione».

Oltre che a Medole, la Fantini ha unasede anche in America. Quale valore ag-giunto ha dato l’internazionalizzazione alvostro gruppo?«Il continente Nordamericano, in particolaregli Stati Uniti, è il maggior produttore mon-diale di mais, quindi abbiamo pensato che unanostra presenza sul mercato poteva essere va-lutata positivamente dagli operatori solo se ac-compagnata da un progetto di espansionevalidamente supportato da una localizzazionesul posto. Il fatto che gli operatori americanida sempre richiedessero di trovare assistenzatecnica e ricambi in loco ci ha ulteriormenteincoraggiato ad aprire una filiale operativanello stato del Minnesota. La Fantini NorthAmerica LLC, a capitale totalmente di pro-prietà della Fantini Srl italiana, si occupa del-l’import dei macchinari, dei ricambi e delservizio di assistenza alle macchine. L’opera-

zione è stata sicuramente apprezzata dagli ope-ratori americani, tant’è che attualmente ilmercato nordamericano rappresenta uno deimigliori sbocchi per la commercializzazionedella nostra produzione».

Questa scelta imprenditoriale ha influitosulla vostra crescita anche negli anni piùdifficili di recessione? «L’agricoltura nordamericana è aiutata politi-camente dagli enti governativi e ciò fa sì che,anche nei momenti di maggior recessione, ilmercato delle macchine agricole non subiscaalterazioni troppo importanti. Si deve inoltrericordare che gli USA hanno scelto di puntaremolto sulla produzione di etanolo come fonteenergetica alternativa al petrolio e che tale ma-teria viene estratta dal mais, favorendo quindila maggior produzione di questo cereale».

I vostri prodotti sono comunque distri-buiti in diversi Paesi oltre che negli Usa.«Vendiamo molto in Europa orientale,Ucraina, Russia, Bulgaria e Romania e in Eu-ropa occidentale: Italia, Francia, Germania,Austria, Grecia e Turchia. Occasionalmente si

Dopo due anni di stop, stiamo assistendo a una corsa alla rimodernizzazione del parcomacchine agricole

Alberto Fantini,

titolare della Fantini Srl di Medole

(MN). Nelle altre immagini, momenti

di lavoro all’interno dell’azienda

www.fantinisrl.it

www.fantininorthamerica.com

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registrano incoraggianti vendite in Polonia,Cecoslovacchia e Ungheria. Di recente ab-biamo ampliato il nostro staff di vendita esteroe stiamo concretizzando interessanti accordicommerciali in quasi tutta Europa».

Quali sono le caratteristiche tecniche pe-culiari delle vostre testate?«La nostra filosofia costruttiva si è sempre im-perniata sulla ricerca della qualità: per questo mo-tivo scegliamo con cura ogni componente chedeve rispondere a specifiche tecniche assoluta-mente rigorose. Le macchine che produciamo la-vorano in condizioni estremamente dure e per untempo limitato, quindi non riteniamo ammissi-bile che si debbano fermare per guasti dovuti ascarsa qualità dei materiali o a un montaggio ef-fettuato senza la dovuta cura e attenzione. Ognimacchina è progettata e costruita per permettere

all’operatore di raccogliere il mais oppure il gira-sole evitando il più possibile fermate dovute anecessità di manutenzione. Le macchine sonopraticamente costruite su specifiche del cliente,in modo da permettergli tempi di raccolta ade-guati alle condizioni d’uso e senza perdite diprodotto».

Si evince quindi l’importanza del vostro re-parto di ricerca e sviluppo.«Il nostro reparto R&S è composto da tecnici for-mati all’interno dell’azienda che sono in grado diinterfacciarsi fra le necessità produttive e quelledei clienti in modo da trovare le giuste soluzioni.La tecnologia di maggior rilievo è costituita dal-l’impiego di scatole a ingranaggi e trasmissionicardaniche che hanno permesso l’eliminazione ditutte le catene di trasmissione, eliminando cosìogni guasto dovuto a rotture di catene».

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Da Parma a San Da-niele del Friuli, pas-sando per l’Abruzzo:i luoghi di riferi-

mento della Cesare Rivara srlcoincidono con quelli di elezionedel prosciutto e delle più prelibatecarni salate italiane. Non potrebbeessere altrimenti, occupandosi lasocietà di Langhirano di progetta-zione e realizzazione di macchineper la salagione dei prosciutti e diimpianti frigoriferi per la conser-vazione delle carni in genere.«Ogni salume richiede specificitrattamenti – spiega il presi-dente Stefano Rivara –, così lanostra competenza non deve li-mitarsi al know-how tecnico,grazie al quale costruiamo gliimpianti, ma spazia fino alla co-noscenza dei metodi di lavora-zione delle carni». Spesso accadeche i committenti, prima ancorache pareri sulle apparecchiatureda installare, chiedano consigli sui processi diessicazione e salatura: «Le aziende si rivol-gono a noi per consulenze sia tecniche chealimentari. Fortunatamente, grazie a un’espe-rienza ormai cinquantennale “maturata sulcampo”, siamo in grado di fornire tutte le in-formazioni richieste su tempi e metodologiedi lavorazione delle carni.”

Quali caratteristiche devono avere questi

impianti?«È difficile individuare caratteristiche comuni atutti, poiché in base al tipo di carne, al contestoin cui si svolge la produzione, cambiano le po-tenzialità, la tipologia di ventilazione, il sistemadi ricircolo dell’aria e molte altre caratteristichedegli impianti, anche se processi quali la deu-

TECNOLOGIE PER IL TRATTAMENTO DELLE CARNI Le competenze tecniche specifiche

sono fondamentali per chi progetta e produce impianti per il trattamento delle carni salate. Il punto di Stefano Rivara

di Amedeo Longhi

Nella pagina seguente, Stefano Rivara, Presidente della Cesare Rivara srl

di Langhirano (PR). Sopra, un impianto realizzato dall’azienda

www.cesarerivara.it

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Stefano RivaraRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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midificazione e l’asciugatura sono simili pertutti, che si tratti di prosciutto, di culatello, dicoppa o di pancetta. Molti sono gli aspetti cheinfluiscono sul prodotto: nel caso per esempiodel prosciutto, ci troviamo di fronte a un benealimentare che richiede diverse fasi di lavora-zione – fino a otto – al contrario di altri, comela coppa, per i quali ne bastano solo due o tre.Naturalmente per ogni fase serve un macchina-rio diverso e le dimensioni dell’impianto finalerisultano quindi estremamente variabili. Unaltro elemento è il tempo di maturazione: se ilsalame può essere trattato in poco tempo – unasettimana, più quattro di maturazione –, lacoppa invece ha bisogno di cinque mesi dimaturazione, il culatello può arrivare anchea dodici mesi e alcune varietà di prosciuttomaturano fino a quindici mesi e più».

In che modo influisce l’ambiente?«Abbiamo studiato una soluzione che con-sente un notevole risparmio energetico. Sitratta di impianti che possono funzionare an-che solo con il ricircolo dell’aria esterna, senzal’ausilio di impianti frigoriferi, di riscalda-mento e di deumidificazione, purchè le con-dizioni ambientali esterne si avvicinino allecondizioni tipiche delle fasi di stagionatura edi maturazione».

Com’è strutturata la vostra rete commer-ciale?«La forte e costante presenza sul mercato ciconsente di avere un rapporto diretto con i

clienti consolidati. Oltre, infatti, alla nostrarete commerciale interna, abbiamo corri-spondenti in varie zone, i quali, con la loropresenza costante sul territorio, svolgono ilruolo di tramite tra noi e il cliente dal puntodi vista commerciale e assicurano la manu-tenzione e l’aggiornamento degli impiantinella fase successiva al montaggio».

Come avviene il rapporto con il com-mittente?«Lo seguiamo e consigliamo sin dall’iniziodel progetto: diamo istruzioni per le dimen-sioni dei locali, per il dimensionamento dellestrutture e in generale per tutte le caratteri-stiche dello stabilimento. Dopodiché, in fun-zione della differenti tipologie di lavorazioneda realizzare, progettiamo gli impianti.Anche il collaudo e tutto ciò che riguarda lagestione post vendita vengono curati da noidirettamente. Quanto alle caratteristiche tec-niche dei macchinari, realizziamo impianti arecupero totale che negli anni hanno reso so-stanzialmente superfluo il ruolo svolto dallecaldaie per il riscaldamento, poiché sono lestesse macchine frigorifere a produrre ilfreddo e il caldo. Nell’ultimo decennio inol-tre, abbiamo perfezionato la messa a puntodegli impianti bi-flusso, che garantiscono ladistribuzione dell’aria in modo capillare euniforme su tutto il prodotto presente nel lo-cale indipendentemente dal carico, dalla lar-ghezza e dall’altezza di stoccaggio».

La nostra competenza non deve limitarsi al know-how tecnico, ma anche e soprattutto allaconoscenza dei metodi di lavorazione delle carni

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di Francesco Bevilacqua

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Oggi l’Italia, fresca delle celebra-zioni per il suo centocinquante-nario, è l’ottava potenzamondiale, ma emerge rispetto

agli altri paesi per la cultura del vivere, delmangiare, del bere. Il mondo ci riconosce ilprimato dell’arte, della storia e della cultura,definendoci come il “Bel Paese”, primati checi rendono fieri di aver fatto parte di questastoria. Una storia di cui fa parte a tutti gli ef-fetti la Giobatta & Piero Garbellotto, ereditàdi un’antica famiglia di bottai la cui attivitàaffonda le sue radici nel Diciottesimo secolo.Piero è uno dei tre fratelli Garbellotto chesono oggi a capo della società.

In più di due secoli avrete dovuto af-

frontare molti cambiamenti.«La Garbellotto festeggia nel 2011 i 236 annidi storia. Fondata sotto la Repubblica di Vene-zia nel 1775 a San Fior, in provincia di Treviso,come laboratorio per la produzione di botti emobili, ha saputo superare l’occupazione Na-poleonica e si è specializzata nella realizzazionedi botti sotto il dominio asburgico. Era infattifornitrice delle cantine Imperiali della Casad’Asburgo, fino a divenire finalmente italiananel 1866. Solo le due guerre mondiali, con iloro bombardamenti e le tragedie che hannocausato, hanno potuto sospendere la produ-zione aziendale, che negli anni era sempre pro-seguita senza interruzioni».

E dopo la guerra come vi siete rimessi inpiedi?«Dopo il primo conflitto mondiale, GiobattaGarbellotto ha ricostruito l’attività a Cone-gliano Veneto secondo uno schema indu-striale, dando un nuovo impulso all’industriabotti italiana. Ma è il secondo dopoguerrache vede l’azienda prendere la spinta decisivaper diventare presto una realtà italiana dipunta nel suo settore, grazie all’impegno ealle intuizioni tecniche di nostro padre, ilcommendator Pietro Garbellotto. In questidue secoli non sono mai mancate le diffi-coltà, dalla sostituzione delle botti comeunico recipiente da stoccaggio negli anniCinquanta alla crisi del settore degli anni ot-

DENTRO LA STORIA D’ITALIADa secoli l’antica arte dei bottaiappartiene alla tradizione artigianaledel nostro paese. Ancora oggi essa vieneportata avanti con la stessa cura perle tecniche e per i materiali di duecentoanni fa, come racconta Piero Garbellotto

Piero, Piergregorio e Pieremilio GarbellottoIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

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tanta. L’azienda però è sempre stata capacetrasformarsi e adeguarsi ai cambiamenti chedi volta in volta si presentavano».

Oggi come prosegue l’attività aziendale?«L’azienda è guidata da me e dai miei fratelliPiergregorio e Pieremilio. Rappresentiamol’ottava generazione di bottai, che guarda alfuturo con tanto entusiasmo e voglia di cre-scere ancora. Sul fronte interno c’è sempremaggiore attenzione alla materia prima: illegno. L’acquisto viene seguito personal-mente da Piergregorio, che viaggiando nelleforeste della Francia e della Slavonia comprasolo le migliori partite di rovere documentatoeco-sostenibile Fsc & Pfsc, la certificazioneForest Stewardship Council sulla gestionecorretta e responsabile delle risorse forestali.Il parco legnami oggi è arrivato alla dimen-sione di 60.340 metri quadrati, che sono unagaranzia dell’altissimo standard qualitativo.La ricerca di nuove miscele di legno è svilup-pata da Pieremilio in collaborazione conl’Istituto per la Ricerca sul Legno del CNRdi Firenze per conferire la miglior fragranza alvino, per costruire la botte su misura in basealla richiesta aromatica».

Vi rivolgete anche al mercato estero?«Sul fronte esterno procediamo perseguendol’internazionalizzazione dell’azienda: la quotaexport è triplicata negli ultimi cinque anni equesto ha permesso un ulteriore sviluppo

della società, che ha superato indenne l’ul-tima crisi finanziaria mondiale. Le soddisfa-zioni per la nostra storica realtà in questi anninon sono mancate, dal Guinness dei Primatiper la botte più grande del mondo, ottenutodurante il Vinitaly 2010, al premio destinatoalle aziende storiche d’Italia ricevuto neigiorni scorsi a Roma alla presenza dei Mini-stri Brunetta e Romano. Questi riconosci-menti e l’avere alle spalle una storia aziendalecosì lunga, fatta di passione e di uomini chehanno dedicato la loro vita all’arte del bot-taio, sono la base per guardare al futuro conserenità e con voglia di nuovi successi».

In apertura, Piero Garbellotto, al centro, con i due fratelli Piergregorio e Pieremilio. Insieme guidano la Giobatta & Garbellotto di Conegliano (TV).

In questo pagina, una bottaia e una foto storica dell’azienda www.garbellotto.it

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Dall’uso domestico all’utilizzo pro-fessionale, sono molteplici le solu-zioni che è possibile adottare perproporre macchine per caffè

espresso. Per essere in grado di imporsi in questomercato però non bastano le capacità tecniche:come per tutti i veri prodotti italiani, una lineaaccattivante rappresenta sempre un’arma in più.Infine, una struttura produttiva e commercialeben ramificata e sempre pronta a sfornare nuoveidee è il supporto ideale. Giampiero Rossi è il ti-tolare della Brasilia, uno dei brand del settore piùaffermati in tutto il mondo.

Può fare una panoramica del gruppo?«Abbiamo un’organizzazione verticale che sod-disfa tutte le esigenze di torrefazioni, rivendi-tori di caffè e distributori di prodotti perl’Horeca. Vantiamo una vasta gamma per l’uti-lizzo sia professionale che casalingo, macchineper caffè professionali super automatiche e tra-dizionali, macchine per caffè con funziona-mento a cialde e capsule con espulsioneautomatica del prodotto utilizzato. Al gruppoappartengono Bratos, produttrice di impiantiper torrefazione e tostatrici con un sistema bre-vettato per garantire la conservazione degliaromi sul prodotto, Italfiltri, che produce filtrie doccette utilizzate anche dai nostri concor-renti, e G. Rossi, marchio storico, costruttoredi cialdatrici, macinacaffè e componentisticaper macchina da caffè espresso. Questa orga-nizzazione ci permette di avere una visione in-tegrale di tutte le esigenze dei player nella filieradel caffè e di studiare le soluzioni migliori».

Quali sono le differenze fra macchinette perespresso per uso domestico e professionale?«Dal punto di vista tecnico essere ai vertici nellaproduzione di macchine per caffè professionalici ha permesso di trasferire questa esperienzanel casalingo, lo dimostra il fatto che in pochianni siamo diventati uno dei leader mondialiper le macchine da caffè espresso mono dosecon espulsore. Abbiamo creato due divisionidistinte che collaborano tra loro, dedicate unaalla vendita del professionale, tramite accordicon distributori, torrefattori medi e rivenditori

di Amedeo Longhi

L’italianità è il puntodi forza di molti costruttoridi macchine per caffè espresso.Perché tecnologiaall’avanguardia, eleganzae design sono caratteristicheimprescindibili di un prodottotutto italiano. La vocedi Giampiero Rossi titolaredella Brasilia

TECNOLOGIAE DESIGNPER IL CAFFÈ

Giampiero Rossi, titolare della Brasilia di Retorbido (PV).

Nella pagina seguente, una linea produttiva dell’azienda www.brasilia.it

Giampiero RossiIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

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di caffè, e l’altra ai grandi torrefattori e ai grossigruppi della Gdo».

Qual è la vostra politica commerciale al-l’estero? «L’italianità è il punto di forza di molti costrut-tori di macchine per caffè espresso. Brasilia èsempre stata orientata in questa direzione, doveè indispensabile avere personale esperto capacedi cogliere le esigenze dei nuovi mercati e trasfe-rirvi le corrette informazioni. Va anche eviden-ziata l’importanza del nostro centro diformazione che si adopera per istruire e assisteretutte le persone che sperimentano questo affa-scinante prodotto per la prima volta».

Quanto contano estetica e design? «Molti modelli di macchine per caffè si somi-gliano. Noi abbiamo sempre cercato di distin-guerci anche per il design, perché crediamo chenon sia sufficiente accontentarsi di avere un pro-dotto tecnicamente ottimo. Lo dimostrano i suc-cessi ottenuti con una gamma di macchineespresso tradizionali dalla linea molto accatti-vante denominata special edition. In esse uniamola tradizione dello stile retrò al design innovativo.Modelli come Decurtis ed Excelsior sono al-l’avanguardia come disegno, senza dimenticarefunzionalità ed estrazione. Inoltre, anni fa un no-stro modello denominato Mithos è stato selezio-nato per il premio Compasso d’Oro ed espostoal Moma di New York».

Come si sviluppano ricerca e innovazione?«Possiamo vantare circa cento brevetti e siamoorgogliosi di ricordare che dopo aver ideato lamacchina per caffè compatta, in una decinad’anni siamo stati copiati da molti concorrenti.Il nostro fiore all’occhiello sono i modelli Su-blima e Philla. La Sublima è dotata di un sistemabrevettato di infusione che garantisce un’estra-zione superiore dal trenta al cinquanta per centorispetto ai più blasonati modelli della concor-renza. La Philla sta ottenendo eccellenti risultatidi vendita grazie a un sistema di energy savingche garantisce un risparmio energetico di circa ilsessanta per cento in più rispetto a un modellotradizionale, pur mantenendo le stesse caratteri-stiche di performance e un’estrazione superiore».

Quali sono i valori imprenditoriali a cuivi ispirate?«La particolare situazione economica mon-diale ha provocato enormi cambiamenti anchenel nostro settore, ma il gruppo Brasilia hasempre portato avanti le sue idee, nate conmio padre nel 1951 alla Gino Rossi e ripro-poste da me. Al netto di un naturale turn over,la direzione dell’azienda è sempre la stessa,esente da influenze di investitori esterni ofondi fiduciari. Sono la dedizione e l’amoreper questa magnifica bevanda che ci guidanoe ci aiutano ad andare avanti alla ricerca dinuovi mercati e nuovi obiettivi».

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di Amedeo Longhi

In equilibrio fra le ricette tradizionali e un apparatoproduttivo flessibile ed efficiente richiesto da ritmidi lavorazione prettamente stagionali. È la produzione delle chiacchiere di Carnevale,descritta da Federico Pizzoccheri

LA TRADIZIONE ATTRAVERSOL’EFFICIENZA

Le chiacchiere sono uno dei prodottipiù conosciuti della tradizione gastro-nomica italiana. Federico Pizzoccheridirige la Piuma d’Oro, storica azienda

bergamasca specializzata nella produzione diquesti dolci, settore in cui è ai vertici del mer-cato italiano da oltre cinquant’anni. La Piumad’Oro negli ultimi anni è stata protagonista,in seguito a un ricambio generazionale, di unaincoraggiante crescita. «Insieme a mio fratelloFulvio ho ereditato da mio padre la condu-zione della società nel 2005. Abbiamo datouna decisa svolta innovativa all’attività, man-tenendoci però saldamente ancorati al contestoartigianale e tradizionale che ci caratterizza».La principale caratteristica dell’azienda è lastruttura dinamica e flessibile che permette diesaudire al meglio le particolari richieste diquesto mercato: «La parola chiave è “stagiona-lità” – spiega Federico –, che vuol dire che inun determinato periodo dell’anno ci vengonorichieste prestazioni produttive fuori dall’or-dinario. Per essere all’altezza della situazioneoccorrono tempestività, precisione e la capa-cità di rispettare sempre i tempi di consegna.Queste qualità sono garantite da uno stabili-mento all’avanguardia che consente standardproduttivi estremamente flessibili, i quali cipermettono di non incorrere mai in fermi diproduzione, garantendo la continuità del pro-dotto e del servizio in ogni condizione».«La nostra è un’azienda di famiglia – prosegue

Federico –, i nostri dipendenti sono con noida quindici anni e con noi condividono pro-getti, aspettative, idee e lavoro quotidiano».Ciononostante, con un’età media di qua-rant’anni e una struttura molto flessibile,Piuma d’Oro è una realtà giovane e dinamica.«Una delle sfide più intriganti che ci siamo tro-vati ad affrontare è la volontà di far coesisterela genuinità di un’attività tradizionale, a fortevocazione artigianale, con una struttura sem-pre più moderna ed efficiente». Nella direzionedell’artigianalità va la scelta di mantenereun’autentica ricetta attorno alla quale è statacostruita l’azienda: «Abbiamo adattato lenuove tecnologie alla ricetta madre e non ilcontrario, senza sacrificare la ricetta sull’altaredella tecnologia». A contribuire alla qualitàdelle prestazioni produttive e commerciali cipensa invece una serie di importanti garanziefornite dalla ditta: «Consegniamo il prodottoin massimo settantadue ore dall’ordine, met-tiamo sulla tavola degli italiani cibo freschis-simo, ancora caldo e fragrante. Siamo presentiin tutta la rete distributiva italiana, il processoproduttivo è certificato ISO 22000, ogni sta-gione inseriamo delle novità sia dal punto divista del prodotto che da quello del packaging,sempre pronti ad affrontare nuove sfide conl’umiltà e la voglia di migliorarci». Fulvio Piz-zoccheri è progettista e responsabile di produ-zione: «Mio fratello ha il compito e la grandecapacità di modificare gli impianti, sempre più

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Federico PizzoccheriRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

Federico Pizzoccheri, in piedi a sinistra,con il fratello Fulvio e i genitori Fausto Pizzoccheri e Scolari Maria Luisa. Federico è amministratore della Piumad’Oro di Treviglio (BG)www.piumadoro.com

avanzati in virtù di un costante aggiorna-mento, per garantire sicurezza e tempestivitànella produzione nel pieno rispetto dell’auten-ticità della ricetta». Nel 2010 è stato fatto unimportante potenziamento logistico che ha ul-teriormente incrementato l’efficienza dellastruttura aziendale: «Abbiamo effettuato unampliamento dello stabilimento, che ora siestende su ottomila metri quadrati coperti suun’area di quindicimila metri quadrati com-plessivi. È stata ott imizzata distribuzione logi-stica della filiera produttiva. Per le consegneabbiamo approntato un nuovo parco mezziche ora può contare su otto camion. Non ab-

biamo trascurato neanche il settore marketing,che ha valorizzato il marchio tramite una cam-pagna pubblicitaria televisiva». «Ci possiamodire estremamente soddisfatti – conclude Fe-derico – poiché nonostante le avversità delmercato abbiamo fatto crescere l’azienda fa-cendola diventare un punto di riferimento. E,cosa molto importante, ci siamo mantenuti fe-deli alla tradizione artigianale dolciaria che faparte del nostro essere. Le difficoltà insite nellalavorazione di un prodotto stagionale sono no-tevoli, ma la nostra struttura aziendale ci per-mette di superarle tutte brillantemente equesto non è da tutti».

Una delle sfide più intriganti che ci siamo trovati ad affrontareè la volontà di far coesistere la genuinità di un’attività tradizionalecon una struttura moderna ed efficiente

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di Filippo Belli

Investendo in tecnologia e progetti di ricerca, la Europizzi si conferma una delle aziende apripista sul percorso di rinnovamento del distretto tessile. La parola a Italo Pilenga

PROTAGONISTI DELLA SVOLTA TESSILE

Ha il volto della tecnologia e delbasso impatto ambientale lo svi-luppo della società Europizzi diUrgnano. Questa importante realtà

imprenditoriale bergamasca, ha saputo conqui-stare, negli anni, il mercato europeo della tinto-ria industriale. «Quando iniziammo l’attività nel1968, eravamo sospinti da un forte entusiasmo»racconta il titolare, Italo Pilenga. Negli anni,però, l’entusiasmo non era più sufficiente. «Ladomanda del mercato muta costantemente, im-ponendo un corrispondente adeguamento del-l'intero sistema tessile – spiega Italo Pilenga -. Perfar fronte a richieste e a comportamenti dei con-sumatori finali sempre più diversificati, cheormai toccano non solo il settore dell'abbiglia-mento ma anche quello dell'arredamento, sa-nitario, sportivo, delle applicazioni industrialie del tempo libero, occorre predisporre un'of-ferta di prodotti funzionali, igienicamente si-curi, esteticamente gradevoli edeconomicamente vantaggiosi».

E in questo l’innovazione tecnologica rap-presenta la formula migliore da perseguire.«Esattamente. Innovazione tecnologica, maanche organizzativa. Questo step per noi si è ri-velato fondamentale per trasformarci da una pic-cola tintoria alla struttura attuale, con oltre 150dipendenti e uno stabilimento coperto di oltre36mila metri quadrati. La scelta dell’innovazioneci ha spinto ad introdurre nella nostra attivitàaltri tipi di prodotti e di fibre. L'esigenza diprodurre con la massima flessibilità ci ha por-tato a strutturarci per tipologia di articolo e la-vorazione, arrivando a operare con tutte le fibrenaturali, artificiali e sintetiche, fatta eccezioneper lana e seta al 100%, dalla preparazione al

finissaggio». Questa varietà di produzione imma-

gino vi porti a investire molto anche inricerca.

Italo PilengaIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

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«La nostra Divisione Ausiliari Tessili collaboracon importanti centri di ricerca e aziende dispicco nel settore chimico-tessile, all’interno divari progetti innovativi. L’ultimo in ordine cro-nologico si colloca all’interno del 7° ProgrammaQuadro della Comunità Europea e ha come sog-getto l’utilizzo di nanotecnologie per il mi-glioramento dei trattamenti antifiamma sucotone e poliestere. Inoltre siamo in attesadella firma al Decreto Attuativo di Industria2015, bando che accoglie due progetti in cuiEuropizzi è coinvolta: BIOinNANO, di cui ècapofila, e EASYWASH».

Quali le sue prospettive sul mercato tessile?«Questo mercato è mutato profondamente, conforti riduzioni dei lotti medi e dei tempi richie-sti per la consegna. Inoltre la competitività, benpiù che in altri settori, ha risentito della fortespinta alla globalizzazione, costringendoci acompetere con nazioni che hanno la totale as-senza di alcune voci di costo, come quelli socialie ambientali, oltre a una minor tassazione ri-

spetto a noi attori italiani. A tale stimolo si staancora cercando di reagire con l’innovazione, siadi prodotto che di processo, tentando ognistrada per l’abbattimento dei già limati costi in-terni. Dal canto nostro abbiamo creato una jointventure per la depurazione, allargando la ricetti-vità dell’impianto di depurazione delle acque re-flue al ritiro di scarichi di terzi. In questo modoabbiamo spostato la voce depurazione acquedalla colonna dei costi a quella dei ricavi. Inol-tre è da circa 3 anni che è in funzione un co-generatore a oli vegetali per la produzione dienergia elettrica, calore e vapore da fonti rin-novabili. Ciò ha permesso lo sviluppo di unaetichetta che certifica l’utilizzo di fonti rinno-vabili per i processi di nobilitazione tessile ese-guiti presso il nostro stabilimento. Etichettache dovrebbe esser lanciata da Settembre. Matutto ciò sembra non bastare».

A cosa si riferisce?«Il non controllo delle fluttuazione dei prezzidelle materie prime, che nell’ultimo anno hafatto rilevare aumenti fino anche al 400%, lelungaggini burocratiche, la pressione fiscale damedioevo, l’assenza di protezione da parte in pri-mis dello Stato e poi della CEE e l’atteggiamentoquasi persecutorio di tanti enti preposti aicontrolli, che invece di collaborare vedononell’impresa il moloch da abbattere, tuttoquesto porterà all’inesorabile scomparsa delleaziende manifatturiere in generale e del tes-sile in prima fila».

In apertura

Italo Pilenga,

titolare della

Europizzi Spa.

Nelle altre immagini

interni dell’azienda

di Urgnano (BG)

www.europizzi.com

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di Nicoletta Bucciarelli Investire sulla qualità delle materieprime per rispondere a un mercato chechiede sempre più competenza tecnicae creativa. L’esperienza della Metalplast

VERSO IL COSTANTE MIGLIORAMENTO DELLA PRODUZIONE

Giuseppe ZorzettiIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

Una produzione che, malgrado l’im-portante apporto tecnologico da cuiattinge, rimane contraddistinta dauna forte componente di creatività

che esalta l’artigianalità del prodotto. Si trattadella produzione di bottoni, in cui la parte crea-tiva va a rappresentare ancora quel surplus che fala differenza. «Puntare sulla creatività caratteri-stica propria del made in Italy si è rivelata unascelta vincente anche laddove lo sviluppo indu-striale e i mercati hanno richiesto alle aziendeproduttrici di bottoni degli impegni maggiori»afferma Giuseppe Zorzetti, amministratore de-legato di Metalplast, azienda che nasce nel 1989sull’onda delle richieste dei clienti della sua ca-pogruppo Metalbuttons, azienda leader nel set-tore dei bottoni e degli accessori in zama.Un’azienda produttrice di bottoni, fibbie e ac-cessori per abbigliamento che ha optato per unpercorso verso il miglioramento del prodotto inconcomitanza con un periodo difficile, ovvero ilbiennio della crisi economica. «Il nostro settore»spiega Maria Paola Pagani, responsabile marke-ting, «è stato travolto in pieno dalla crisi che haminato pesantemente la sopravvivenza delleaziende leader e, soprattutto, le aziende più pic-cole che gravitavano attorno ad esse. Da qui ènata la decisione di abbandonare la fascia piùbassa di prezzo. Ciò che il mercato cercava eranoidee, proposte, flussi di informazioni utili e so-prattutto competenza, tecnica e creativa. Per142

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questo abbiamo optato per l’acquisto di un pro-dotto di prima scelta, che compriamo da multi-nazionali note del settore e che poi, in fase diproduzione, sottoponiamo a molteplici lavora-zioni. In questo modo riusciamo ad ottenere unrisultato di qualità, che risponde ai requisiti dellesempre più restrittive normative internazionaliche limitano l’utilizzo delle sostanze tossiche, ov-vero Reach e Uni En Iso».Gli sforzi rivolti al controllo di qualità sono statidi recente confermati con l’acquisizione dellacertificazione Oekotex standard 100 classe I. «Lacertificazione» spiega l’amministratore Zorzetti,«è stata una scelta obbligata: in Europa la quotaacquisita dall’export asiatico si è fatta decisa-mente importante e una delle mosse possibili perstare a galla era qualificare il nostro prodotto ri-spetto a quello che proveniva dall’Asia». La cer-tificazione Oekotex standard 100 classe Icertifica che bottoni, fibbie ed accessori in po-liammide prodotti da Metalplast sono compati-bili con i requisiti richiesti per articoli perneonati e dalla legislazione americana riguar-dante il contenuto di piombo negli articoli perbambini. «Il raggiungimento di questo obiet-tivo» riprende Zorzetti, «si è rivelato oneroso siadal punto di vista produttivo che da quello eco-nomico-finanziario. Tuttavia speriamo che i no-stri clienti riconoscano attraverso di esso laprofessionalità della nostra azienda».In ogni caso, investire sulla qualità delle materieprime rispettando in questo modo i requisiti ri-chiesti, ha dato una risposta importante a livellodi mercato. «Pur non producendo per il mer-cato di lusso» prosegue Zorzetti, «che rimanefortemente ancorato agli articoli in metallo,l’azienda si confronta continuamente con essoper dare alla sua produzione una dimensionesempre meno “cheap”. Abbiamo detto no a chici ha offerto di importare del prodotto comple-mentare dal mercato asiatico; puntando sullaqualità abbiamo infatti abbracciato in toto l’ideadel made in Italy».

Il parco clienti della Metalplast è costituito pre-valentemente da grossisti. «Ognuno» concludeMaria Paola Pagani, «deve fare quello che sa farmeglio e noi, soprattutto, sappiamo seguire lefasi di produzione, mentre ai nostri clienti la-sciamo il marketing e la vendita. Per questo mo-tivo il nostro mercato di riferimento rimanequello della produzione di abbigliamento loca-lizzato sia in Italia che nel resto dell’Europa. Inostri clienti infatti non sono gli utilizzatori fi-nali del prodotto ma i grossisti/distributori di ac-cessori che seguono direttamente gli uffici stiledei grandi gruppi».In prospettiva Metalplast ha le idee ben chiare.«Intendiamo consolidare la quota di mercatoraggiunta e cercare di ampliarla» concludel’amministratore Zorzetti, «ma soprattutto ma-turare tante nuove idee per realizzare la pros-sima collezione». 143

In apertura, bottoni prodotti dalla Metalplast di Castelli

Calepio (BG). Nella foto accanto, macchinario

per la produzione [email protected]

Ciò che il mercato cercava eranoidee, proposte, flussi d’informazioniutili e soprattutto competenzatecnica e creativa. Da qui è nata ladecisione di abbandonare la fasciapiù bassa di prezzo

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Nelle immagini, alcuni gioielli e fasidi lavorazione all’interno dellostabilimento Chrysos – Officina Bernardidi Romano d’Ezzelino, (Vi)www.chrysos.com

di Aldo Mosca

GIOIELLI DI ARTIGIANATECNOLOGIAOggetti figli dell’arte orafa italiana ma anche dellatecnologia più avanzata. Quella di Chrysos e OfficinaBernardi è la storia di un connubio capace di creareun design e uno stile apprezzati in tutto il mondo

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Francesco e Carlo BernardiRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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La tecnologia forgia, ad arte, l’oro e l’ar-gento. Un connubio fino a trent’annifa osservato con snobbismo dai “fede-lissimi” della disciplina artigianale, ma

che ora non può che ammettere, dinanzi ai ri-sultati, la sua efficienza. È sufficiente osservareda vicino un’azienda come la Chrysos, ormai unadelle realtà di maggior successo del distretto vi-centino. La mission di questa impresa fondatanel 1987 da Carlo e Francesco Bernardi, è statafin da subito la produzione di oreficeria con l’au-silio di macchine ad alta tecnologia. E l’hightech, in effetti, è onnipresente nello stabilimentodi Romano d’Ezzelino. Il fatturato di Chrysos,grazie all’ottimo riscontro commerciale ottenutodalle sue due linee, oro e argento, è cresciuto dianno in anno, fino a toccare quota 35 milioninel 2010. Ed entro la fine del 2011 si prevede ilraggiungimento di un’ulteriore crescita, seppurea un tasso più contenuto rispetto agli anni pre-cedenti, complice la crisi. «I nostri prodotti ven-gono distribuiti in tutto il mondo attraverso unarete di importatori e distributori – spiega uno deidue fondatori, Francesco Bernardi -. Oggi si pos-sono trovare collane, bracciali e orecchini di ca-tena a macchina in circa settanta paesi tra tuttii continenti». Purtroppo, però, come spiega lostesso Bernardi, «questo è un settore che sta at-traversando una crisi profonda da un periodolunghissimo, circa una decina d’anni, e non solodovuta alla situazione economica contingente».Secondo Carlo Bernardi le cause sono da ricer-carsi anche all’interno della classe imprendito-riale, probabilmente non sempre all’altezza dellasituazione. «I migliori anni della recente storia

dell'oreficeria sono stati quelli a cavallo del due-mila, ed è stato allora che abbiamo iniziato lostudio del progetto di distribuzione del prodottocon un marchio nuovo, “Officina Bernardi”, unnome che portasse con sé i contenuti di ma-nualità tipici della competenza artigianale delnostro Paese, uniti a una ricerca tecnologica digrande livello».

NEL MONDOAttualmente Officina Bernardi è una realtà con-solidata in Italia, dove la produzione è distribuitanelle migliori gioiellerie, e negli Usa, dove ilbrand è già presente in 700 punti vendita e de-partment store. Ma per il futuro non si guardasolo al Nord America. «Officina Bernardi faparte di una realtà imprenditoriale leader nelmondo del catename, Chrysos Spa - dichiaraCarlo Bernardi -. Da questa prima esperienzaimprenditoriale abbiamo appreso che il segretodel successo consiste nel saper rispondere alle esi-genze specifiche di ogni mercato. Il mondo si èglobalizzato ma non per questo omologato. Ipaesi emergenti rappresentano una sfida e allostesso tempo una fonte d'ispirazione e stimolo».In particolare, Russia e Cina rappresentano duerealtà estremamente complesse e poliedriche.

I gioielli contengono unalto valore simbolico perciascuno di noi, tenerne

conto risulta essenziale perrispondere in maniera

adeguata alle prerogativedei nuovi mercati

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«Russi e cinesi hanno mille richieste, desideranoindubbiamente il made in italy ma anche, comeogni altro cliente, vedere esauditi i loro desideri,sogni ed esigenze. I gioielli sono un prodotto par-ticolare, con un alto valore simbolico per cia-scuno di noi, tenerne conto risulta essenziale perrispondere in maniera adeguata alle prerogativedei nuovi mercati».

LA TECNOLOGIA«Tecnologia e innovazione sono un connubioche da sempre caratterizza le nostre collezioni –evidenzia Francesco Bernardi -. Il modello vin-cente è stata la capacità di coniugarle con il valoredell' artigianalità, conservando il carattere di-stintivo e unico del made inItaly». Per l’im-prenditore vicentino, «la sfida consistenell'armonizzare l'high tech con le prerogativedell'arte artigianale, ossia la cura per il partico-lare e la creazione di un prodotto tailor made, in-teso in senso ampio, vale a dire fatto su misuraper tutte le esigenze stilistiche e psicologiche degliacquirenti». Essere innovativi vuol dire anchesaper offrire un customer care unico. La capacitàdi anticipare nuove tendenze, proponendo in-novazione rappresenta da sempre il punto forzadell'azienda. «La costante ricerca della perfezionenel processo produttivo, si traduce in gioielli dialtissima qualità, di inimitabile valore estetico edi assoluta affidabilità - interviene Carlo Ber-nardi -. Nascono come gioielli raffinati, la cuioriginalità si esprime attraverso la qualità, la ri-cerca, il gusto e mai l'eccesso. Gioielli che si di-stinguono per una luce sorprendentementeintensa, esaltata dall'inimitabile taglio Moon,con cui vengono lavorate le palline di cui si com-

Sin dalla sua fondazione, nel 1987, OfficinaBernardi si afferma come un originale mo-dello di eccellenza produttiva. I suoi gio-ielli vengono interamente realizzati in Italia,perseguendo la filosofia della tecnologiaal servizio dell’estetica. A caratterizzare laproduzione, oltre al suo esclusivo taglioMoon, sono la capacità di mantenere l’in-tensità del colore nero e le particolari lavo-razioni delle superfici. La Collezione Oropropone un modello classico di eleganza,con gioielli che si declinano soprattutto neicolori bianco, giallo e nero. Quest’ultimo,in particolare, si distingue per la sua inten-sità e inalterabilità nel tempo. La Colle-zione Argento, invece, è un tripudio didesign e luce. Forme decise, volumi impor-tanti al servizio di uno stile che Francesco eCarlo Bernardi definiscono «raffinato, es-senziale, mai banale». Oltre che nelle mi-gliori gioiellerie italiane, oggi l’aziendadistribuisce negli USA, dove il brand è pre-sente in 700 punti vendita e nei departmentstore Saks Fifth Avenue e Bloomingdale’s,e sta consolidando la propria presenza inEuropa ed Estremo Oriente.

UN BRANDINTERNAZIONALE

Francesco e Carlo BernardiIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

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pongono i gioielli». Palline ottenute attraversomacchinari tecnologicamente all'avanguardia cheOfficina Bernardi progetta e realizza all'internodei propri stabilimenti. Il taglio Moon è un bre-vetto esclusivo, esempio dell'eccellenza produt-tiva e tecnologica dell'azienda, come l'intensitàdel colore nero e la particolare lavorazione dellesuperfici».

OLTRE LA CRISI«La crisi finanziaria non ha fatto altro che aggra-vare uno stato di malessere che il settore avevagià da lungo tempo – sostiene Francesco Ber-nardi -. Da parte nostra abbiamo dovuto accet-tare il fatto che una fase storica del settore eraterminata. Per continuare a sviluppare il nostroruolo nel mercato era necessario insistere con lanostra filosofia: tecnologia e made in Italy ca-lati nel nuovo contesto socio-politico che sistava delineando. La capacità di stare al passocon i tempi, precedendone gli sviluppi e letendenze, è sempre stato essenziale e oggi è vi- 147

tale per un brand che intende avere un profilointernazionale».

LE NUOVE COLLEZIONIIl gioiello oggi rappresenta un articolo semprepiù inserito nel fashion. Non è un caso, quindi,se le prossime collezioni Chrysos – Officina Ber-nardi, puntano a renderlo sempre più un pro-dotto di moda. Ma, come spiega Carlo Bernardi,«tutto questo deve avvenire senza mai rinunciareal richiamo del lusso e del piacere associati aimetalli preziosi. Non è un obiettivo scontato».Per il futuro si punta non solo a raggiungerenuovi mercati, ma anche a conquistare diversetipologie di acquirenti. Il target da inseguire,ormai, non fa più riferimento alla sola età ana-grafica, ma anche e soprattutto allo stile di vita.«Oggi si è “giovani” fino a 100 anni. Per que-sto i nostri gioielli devono saper essere la “se-conda pelle” di chi gli indossa, adattabili cioèalle loro diverse esigenze, sempre e costante-mente presenti nelle loro vite».

La capacità di stare al passo con i tempi, precedendonegli sviluppi e le tendenze, è sempre stata essenziale, e oggi è vitaleper un brand che intende avere un profilo internazionale

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«Oggi le esigenze abitativestanno cambiando, ed èdiventato indispensabileottimizzare gli spazi». Lu-

cio Spadotto, vice-presidente di a.b.m. Italiaspiega la politica di una realtà del trevigianoimpegnata da vent’anni nell’arredare e orga-nizzare gli spazi, attraverso la produzione e lacommercializzazione di soluzioni d’arredo perl’interno e l’esterno della casa, il tutto a mar-chio Kis.

Utilità e funzionalità degli oggetti si uni-scono ad una ricercatezza estetica. «Siamo partiti dieci anni fa con l’obiettivo dientrare nella grande distribuzione fai-da-teeuropea sfruttando l’esperienza trentennalematurata nel mondo delle materie plastiche.Abbiamo quindi cercato di sviluppare dellegamme di prodotto volte all’organizzazionedello spazio che coniugassero la piacevolezzaestetica con l’utilità e la qualità. Questo ci hapermesso di diventare partner di Ikea e deiprincipali gruppi della grande distribuzioneorganizzata. L’azienda si propone come unfornitore internazionale, forte e qualificato,che riesca a essere convincente in terminieconomici, qualitativi e logistici».

Sotto il marchio Kis vengono prodottesoluzioni utili ad ottimizzare gli spazi.Come vengono studiate le soluzioni più“salva-spazio” possibile?«Le soluzioni partono dai potenziali utilizza-tori dei prodotti, ovvero la gente comune.Attraverso uno strutturato team di marke-ting di prodotto indaghiamo continuamentele abitudini dei consumatori italiani, fran-

Un importante mercato di riferimento internazionale e prodotti innovativi. La parola a Lucio Spadotto,vicepresidente di a.b.m. Italia

SE L’ESTETICA SPOSA LA FUNZIONALITÀ di Nicoletta Bucciarelli

cesi, tedeschi, spagnoli approfondendo le te-matiche inerenti alle aree di business che vo-gliamo sviluppare. Inoltre poniamo partico-lare attenzione al mercato nord americanodove l’abitudine di consumo della nostra ca-tegoria di prodotto anticipa spesso di anni itrend europei».

Dove si sta indirizzando l’estetica di que-sti prodotti?«Abbiamo sempre cercato di anticipare itempi, spingendo molto sul colore e sul de-sign, inteso come forma e funzione. Kis in-fatti si è affermata a livello internazionalecome marca innovatrice e di tendenza dellesoluzioni di organizzazione dello spazio».

Lucio Spadotto è vicepresidente di a.b.m Italia con sede a Roncadelle di Ormelle (Tv). Nella pagina accanto la sede di a.b.m Italia e, in basso, immagine dei Bi-Box www.kis.it

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Lucio SpadottoRAGION LIBERA|IMPRENDITORI DELL’ANNO

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Che cosa avete lanciato sul mercato direcente?«Bi-Box. Ovvero l’ultima gamma di prodottiin cui esiste una forte componente innova-tiva. Sono contenitori in bi-materia in cui c’èuna contrapposizione tra il colore compatto equello trasparente. Un gioco di design e unaforte componente di utilità».

Lavorazione di materiali plastici e “poli-tica ambientale”. Come si conciliano le duecose?«Noi utilizziamo polipropilene, materiale chepuò essere riciclato al 100%. Non fabbri-chiamo prodotti in PVC o in altri materiali no-civi o di difficile riciclo. Inoltre una parte dellanostra produzione utilizza già polipropilenericiclato da scarti industriali o post-consumo.

Ad esempio, due anni di ricercae sviluppo e di investi-

menti tecnologici cihanno permesso direalizzare un pro-getto che consenteil ri-uso di PET,ovvero il materialeimpiegato per lebottiglie di plastica.In generale teniamo

in grande considerazione la salvaguardia del-l’ambiente anche nei processi produttivi inve-stendo in macchinari di ultima generazione abasso consumo energetico».Partendo dal Know-how produttivo checosa ha consentito ad a.b.m. di crescere?«L’innovazione continua in più ambiti azien-dali ha permesso di raggiungere dei livelli diefficienza eccellenti, contenendo i costi. Que-sto processo virtuoso è possibile grazie a per-sone curiose, entusiaste e determinate, a unteam giovane e appassionato. Non dimenti-chiamo, infatti, che un’azienda è fatta di per-sone. I capitali investiti sono stati trasformatida queste persone in prodotti di successo chestanno consentendo, anche in un anno diffi-cile come questo, di mantenere tassi di cre-scita a due cifre».

L’80% del fatturato è sviluppato al-l’estero. Quali paesi in particolare?«Principalmente in Europa e in Nord Ame-rica. Presidiamo i principali mercati con filialicommerciali e produttive. Lavoriamo a li-vello internazionale con grandi gruppi pre-senti in più paesi. A ciascun cliente cerchiamodi fornire i prodotti più appropriati diversi-ficando l’offerta pur mantenendo la specia-lizzazione».

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Paolo VillaIMPRENDITORI DELL’ANNO|RAGION LIBERA

In ogni contenitore che racchiude una so-stanza liquida o gasosa da trasformare inschiuma o liquido al momento dell’utilizzoc’è una pompa che svolge questa funzione.

I componenti di queste pompe e valvole ven-gono prodotti da aziende specializzate come laBianchi Giavotti. «I nostri mercati di riferimento– spiega il direttore generale Paolo Villa – sonoanche il farmaceutico e, da un paio d’anni, il me-dicale: stampiamo il packaging per i componentiche aiutano il chirurgo a fare le operazioni acuore aperto». La produzione del reparto pharmasi svolge in “camera bianca”, poiché è fonda-mentale operare in condizioni igieniche impec-cabili. «Stiamo terminando un nuovo repartocon presse elettriche pulite e silenziose che per-metteranno di mantenere la stessa qualità pro-duttiva abbassando i costi». In virtùdell’importanza che l’aspetto igienico-sanitarioriveste, la normativa in merito è abbastanza ri-

di Amedeo Longhi

Shampoo, creme solari, schiume ma anche componentiper la chirurgia e la farmacia hanno qualcosa incomune. Paolo Villa spiega di cosa si tratta e ne illustrai processi produttivi

STAMPI CERTIFICATI

Macchinari della Bianchi Giavotti di S.Martino Siccomario (PV) in azionewww.bianchigiavotti.it

gida: «Oltre alla ISO 9001, possediamo specifi-che certificazioni farmaceutiche come la 13485e abbiamo una clean room certificata annual-mente in classe ISO 7. In base a queste norma-tive siamo “auditati” da tecnici controllori tuttigli anni, ma i certificatori più severi sono i com-mittenti, che periodicamente visitano i nostri sta-bilimenti per verificare che gli standardproduttivi e qualitativi siano sempre ai massimilivelli». Queste norme impongono grande effi-cienza anche dal punto di vista della tracciabi-lità: «In questo il settore farmaceutico è simile aquello alimentare: ogni lotto che produciamodeve essere registrato e ogni fase della produ-zione, compresa la materia prima utilizzata, deveessere rintracciabile». Per assolvere questo com-pito l’azienda ha sviluppato, in collaborazionecon una software house, un programma speci-fico: «In questo modo oltre a rispettare le leggioffriamo anche un servizio molto efficiente». L’attività della Bianchi Giavotti consiste nel rea-lizzare stampi “chiavi in mano”: «I committentici consegnano il disegno del pezzo che voglionorealizzare, il nostro compito è progettare e co-struire la soluzione di stampo migliore e che con-senta di produrre al prezzo più contenutopossibile. Generalmente poi, il cliente acquistalo stampo diventandone proprietario».La gestione dell’azienda, affidata alla presidenteLaura Giavotti e alla “mente” Enrico Negri, staportando risultati più che incoraggianti: «Negliultimi due anni – conclude Villa – il fatturato èaumentato di quasi il quaranta per cento, la moledi lavoro è tale che il reparto pharma è operativoanche sabato e domenica e nel settore stampag-gio siamo competitivi anche con le nuove realtàdell’Estremo Oriente e dell’est Europa».

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LA RIVOLUZIONE CHE CAMBIERÀIL MODO DI CAMMINARE di Renata Gualtieri

Èl’imprenditore della“scarpa che respira” il mi-gliore innovatore del-l’anno, premiato nel 2010

al Berkeley hotel di Londra, durantela cerimonia di consegna degli “Eu-ropean business leaders awards”. «Ilpremio internazionale è stato ideatodal Financial Times in collaborazionecon la rete televisiva Cnbc allo scopodi individuare e valorizzare i leaderfortemente innovativi che, attraverso

i propri prodotti, hanno creato econtinuano a sviluppare trend com-pletamente nuovi». La scelta dellagiuria è ricaduta sul fondatore e pre-sidente di Geox perché «ha creatoun nuovo segmento di mercato esvolto un eccellente lavoro nello svi-luppare un marchio moda con unacomponente tecnologica innovativa».La spinta all’innovazione è dimo-strata anche dall’investimento effet-tuato lo scorso anno, ma che conti-

Quaranta brevetti ancora nel cassetto e il 2% del fatturato del Gruppo investito ogni anno in attività di sviluppo e ricerca confermano il dna innovativo e la costante voglia di crescere di Geox. A guidare le sfide coraggiose dell’aziendaè il presidente e fondatore, Mario Moretti Polegato

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RAGION LIBERA|INNOVAZIONEMario Moretti Polegato

nuerà anche nel 2011, negli stabili-menti del Gruppo Geox a Signo-ressa, che comprendono una dellepiattaforme logistiche tra le più mo-derne d’Europa. «In questo partico-lare momento dell’economia mon-diale – ha spiegato Mario MorettiPolegato – in cui la crisi ha spinto leimprese a ridurre ogni tipo di inve-stimento, il nostro Gruppo ha coltola sfida realizzando, in poco più diun anno, nuovi stabilimenti e unapiattaforma logistica che non haeguali in Europa. Da imprenditoresono orgoglioso di questo progetto e,ancora di più, da presidente dellaprima azienda italiana e seconda almondo nel settore delle calzature dacittà. Credo che questo sia un segnodi fiducia e di incoraggiamento chevoglio dare al mercato dove ope-riamo e a tutti i nostri collaboratori,confermando il dna innovativo e lacostante voglia di crescere di Geox».

Come ha accolto questo ricono-scimento “ The Innovator of theyear” che ogni anno viene asse-gnato a figure di primo piano del-l’economia mondiale?«È uno stimolo per continuare a in-novare. Noi siamo nati abbinandomoda e tecnologia e naturalmentel’innovazione è il nostro core busi-ness e continuamente proponiamonuove tecnologie. Ad esempio inquesto momento stiamo presen-tando e lanciando nel mondo una

nuova tecnologia che si chiama “am-fibiox” e abbiamo ideato una scarpanon solo con la suola di gomma ca-pace di respirare ma totalmente im-permeabile e traspirante anche nellatomaia. Praticamente sia con lescarpe da donna che da uomo inpelle si può camminare sotto la piog-gia e i nostri piedi rimangonoasciutti. Questo nuovo progetto sichiama “the new waterproof genera-tion”. Questa tecnologia è impor-tantissima, soprattutto nei paesi nor-dici dove piove ripetutamente».

Ha dichiarato che per lasciarsidefinitivamente alle spalle la crisil’azienda punta sempre sull’in-novazione e ha fatto riferimentoa 40 nuovi brevetti non ancorasul mercato. In cosa saranno in-novative queste tecnologie an-cora nel cassetto?«Questi brevetti nel futuro rivolu-zioneranno il modo di camminareper le prossime generazioni, checammineranno meglio e alla moda.Non posso descriverli nei dettagliperché sono ancora in uno stato disegretezza, ma sicuramente genere-ranno nel sistema una continua ri-voluzione per migliorare il com-parto calzaturiero».

In un settore come quello tes-sile-calzaturiero gran parte del suc-cesso è dovuto al fatto di aver sa-puto fare innovazione di prodotto.Ma al di là di questo fattore ci sono

altri elementi innovativi nella for-mula imprenditoriale di Geox?«La nostra avventura è partita utiliz-zando la scarpa con i fori e questoha consentito la nostra fortuna, an-che se all’inizio venivamo un po’derisi dal mercato perché nessunopensava che quei fori potessero dareil via a una nuova era nel campodelle scarpe. Da lì siamo passati auna generazione più avanzata intro-ducendo una rete alla base dellapianta del piede e questo ha miglio-rato ancora di più il nostro sistemainiziale; quanto all’innovazione nellagestione aziendale abbiamo moder-nizzato i negozi e il sistema delladistribuzione, abbiamo cercato ditrasferire all’interno del negozio lanostra missione aziendale creandodei corner dove accanto alla moda sipossa trovare anche la tecnologia.Questo ci ha permesso di innovareanche sul sistema del retail».

La ricerca è il terreno sul qualenasce e cresce l’innovazione.Quanto del fatturato viene inve-

Ogni annoinvestiamo il 2% del nostro fatturato in attività di sviluppoe ricerca ed è unacifra considerevole

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Mario Moretti PolegatoINNOVAZIONE|RAGION LIBERA

stito per queste attività?«Ogni anno investiamo il 2% delnostro fatturato in attività di svi-luppo e ricerca ed è una cifra moltoconsiderevole se si pensa che stiamoparlando di calzature e non di com-puter. Questo significa che anche nelnostro settore la ricerca è fondamen-tale perché solo così riusciamo a ca-pire quali sono i problemi del pro-dotto che riscontra il consumatore erisolverli. Tutta la ricerca che fac-ciamo viene collaudata continua-mente con l’università e poi ce ne ap-propriamo tramite i brevetti».

Sono previste collaborazioni an-che con centri universitari e centridi ricerca e quali sono i soggettiche più sostengono lo sforzo inno-vativo di Geox? «Attualmente collaboriamo conl’Università di Padova, di Venezia,di Monaco di Baviera, di Rock Is-land in Norvegia e ci sono dei cen-tri specializzati che studiano il mo-vimento del calore nel corpo umanoe sono costruiti ad hoc per la nostra

missione aziendale. Dunque da unaparte abbiamo il collaudo internodelle nostre nuove idee, attraversotest in azienda, e dall’altro lo fac-ciamo anche negli ambienti univer-sitari per ricevere il supporto degliinsegnanti che conoscono bene imateriali nella loro composizione edinamica di resistenza. L’insieme diqueste attenzioni fa sì che il pro-dotto duri nel tempo».

Il marchio Geox punta sullosport come veicolo d’immagine.Quali le sorprese e i progetti inno-vativi in tal senso?«Quest’anno Geox ha voluto com-pletare i test delle nuove tecnologieanche nello sport e soprattutto inquelli estremi come la FormulaUno, ciclismo e motociclismo. Ab-biamo scelto tre discipline dove lamanifestazione del calore nel corpoumano arriva agli estremi. Un pilotaad esempio che deve guidare unamacchina a 300 km orari con con-dizioni di temperatura estrema, conl’aggiunta di rumori, e deve mante-

nere una certa concentrazione psico-logica tira molto la temperatura delproprio corpo. Questo si manifestacon un’umidità che si presenta prin-cipalmente nella pianta dei piedi.Fornendo dunque la tecnologiadella scarpa che respira ai piloti ab-biamo portato un supporto per aiu-tarli a vincere e siamo stati i priminel nostro settore. Quest’anno ab-biamo la fortuna di collaudare tuttequeste nuove tecnologie con la Red-bull e Vettel e Weber che conti-nuano a vincere dappertutto. Que-sto è un veicolo per noi percomunicare la validità del nostrobrand».

Geox raddoppierà il polo logi-stico di Signoressa. Quali modernetecnologie troveranno spazio al-l’interno?«Il polo logistico di Signoressa è statoinaugurato un anno fa che è di di-mensioni molto rilevanti. L’annoscorso, nel periodo di crisi, è statoforse uno degli investimenti indu-striali effettuati nel Paese ma ancoranon è finito perché abbiamo pro-grammato di ampliare ulteriormentequesto polo logistico - attualmente lasuperficie coperta è di 120.000 mq -e la parte nuova sarà di altri 70.000metri quadrati. Diventerà così unodei poli logistici più importanti nonsolo in Italia ma anche all’estero. Al-l’interno c’è una struttura compute-rizzata che serve per la distribuzionedel prodotto e le spedizioni nei variPaesi in cui operiamo».

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di Nicolò Mulas Marcello La ricerca e l’innovazione trovanoimportanti sbocchi e soluzioni di crescita nelle partnership tra impresee università. Ennio Lucarelli spiega su quali fronti è impegnata Ised nello sviluppo di tecnologie

GARANTIRE SOLUZIONI SEMPRE PIÙ PERFORMANTI E AFFIDABILI

Per un’azienda come Ised l’innovazioneè una parola chiave, in quanto lo svi-luppo di soluzioni informative per or-ganizzazioni pubbliche di vari settori,

è una sfida che quotidianamente deve guardareal futuro. Per questo occorre confrontarsi anchecon la realtà internazionale: «L’azienda ha unavocazione internazionale fin dalla propria na-scita – spiega il presidente Ennio Lucarelli – inquanto è stata creata dalla Oerlikon BuhrleContraves, un gruppo multinazionale svizzero.Questo ha forgiato il top management del-l’azienda portandolo a collaborare per commesseinternazionali, sia in Europa che in America».

Come si concretizza l’innovazione nei vostrisettori di competenza?

«L’innovazione è concentrata in gran parte nellacreazione di servizi e allo sviluppo di piattaformedi sistemi di comando e controllo a servizio delsettore pubblico. L’obiettivo dell’azienda è offriresempre applicazioni complete e utilizzabili perdiversi anni, con tutta l’assistenza del propriopersonale che provvede all’aggiornamento con-tinuo delle tecnologie. Le attività volte a garan-tire una costante innovazione sono orientate indiverse direzioni: ricerca e sviluppo, attraversosperimentazione e prototipazione delle nuovetecnologie emergenti, sia open source che pro-prietarie; integrazione sempre più efficiente ditecnologie e architetture diverse in ambienti Soae di cooperazione applicativa; sicurezza fisico-virtuale degli ambienti; interazione uomo-mac-china e usabilità-ergonomia-accessibilità;evoluzione costante dei prodotti, tesa a miglio-rarne le caratteristiche di efficienza e usabilità,come conseguenza dei risultati delle fasi di ri-cerca e sviluppo di cui sopra; e infine, ottimiz-zazione del data center Ised, per garantiresoluzioni sempre più performanti e affidabilitramite, ad esempio, l’utilizzo delle più mo-derne tecniche di virtualizzazione e di architet-ture distribuite di tipo cloud computing».

Parliamo di ricerca. Qual è il vostro rap-porto con l’università? «L’azienda possiede al proprio interno un teamdedicato alla ricerca denominato Gruppo Ricerca& Innovazione, che collabora attivamente con lepiù importanti università italiane, come Tor Ver-gata, La Sapienza, l’Università di Pavia, l’Univer-

Ennio Lucarelli, presidente di Ised Spa

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Ennio Lucarelli RAGION LIBERA|INNOVAZIONE

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sità di Pisa, il Politecnico di Milano e con l’Isti-tuto nazionale di Fisica nucleare di Roma 1, pro-muovendo ogni anno la crescita di giovaniricercatori sulle diverse tematiche di riferimento.Le attività all’interno del gruppo partono daun’analisi delle esigenze palesi o silenti dei clienti,basate sulla strategia aziendale e orientate allo svi-luppo dei clienti stessi. Si giunge poi alla reda-zione di uno studio di fattibilità per costruire unmodello di business ed un piano di sviluppo conannesso modello di finanziamento».

Anche il risparmio energetico è un aspettoimportante. Qual è la vostra politica in me-rito a questo tema? «Ci siamo voluti caratterizzare come operatoreeccellente per quanto riguarda la protezionedell’ambiente e la responsabilità sociale, con-seguendo nel maggio 2007 la certificazioneSA8000. Per la propria gestione, dal 2009 èiniziata la modernizzazione dello stabile e deirelativi impianti elettrici, idraulici e di condi-zionamento, ponendo particolare attenzioneal risparmio di energia e di materie prime. Ilrisparmio energetico costituisce, inoltre, fat-tore determinante nella scelta delle apparec-chiature tecnologiche. Per questo motivo da 2anni abbiamo avviato un percorso di rinnova-mento nell’uso delle proprie macchine, pas-sando dall’impiego di macchine fisiche all’usodi macchine virtuali, che ha permesso una ri-duzione del 30% del consumo energetico».

In un mercato sempre più globalizzatoqual è il segreto per competere anche con ipaesi emergenti, sempre più tecnologica-mente competenti? «Oggi lavoriamo sull’internazionalizzazione conapprocci differenziati a seconda del mercato. Inprimo luogo per quanto riguarda il settore pub-blico, dove negli ultimi 3 anni non si sono regi-strate vendite all’estero, l’azienda si sta muovendocon partnership strategiche per l’esplorazione dinuovi mercati, come l’Albania, l’Est Europa,l’Arabia Saudita e il Cile, soprattutto per pro-muovere le soluzioni di Information technologysanitario e dei sistemi di controllo della spesapubblica delle nazioni emergenti. Nel corso del2010, abbiamo stipulato accordi con alcuni deipropri clienti per l’e-commerce per lo sviluppo diuna rete commerciale e di marketing in Germa-nia, Inghilterra e Russia. Queste azioni sono incorso di formalizzazione e si stima che darannoi primi risultati entro la fine del 2011».

L’innovazione è concentratanella creazione di servizi e allo sviluppo di piattaformedi sistemi di comando e controllo a servizio del settore pubblico

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di Riccardo Casini Secondo Claudio Roveda, direttoregenerale della Fondazione Cotec, in Italia esiste un «problema di culturadegli imprenditori» ma anche un deficitdi laureati in discipline scientifiche

UNA SOCIETÀ PIÙ CONSAPEVOLEPER FAVORIRE L’INNOVAZIONE

Si è svolta anche quest’anno al Quiri-nale, alla presenza del presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano, la ce-rimonia di consegna del “Premio dei

premi” nell’ambito della Giornata nazionaledell’innovazione. I riconoscimenti, come nelledue passate edizioni, sono andati ad alcuneesperienze di innovazione, selezionate attraversocompetizioni specifiche nell’ambito delle eccel-lenze dei settori dell’industria e servizi, del de-sign, dell’università e ricerca, della pubblica

amministrazione e del terziario. La cerimoniaha dato anche modo di tastare il polso del tes-suto economico italiano in termini di diffusionedella cultura dell’innovazione, ricavandone, se-condo Claudio Roveda, direttore generale dellaFondazione per l’innovazione tecnologicaCotec, «un quadro variegato». «Sicuramente –spiega – scorrendo l’elenco dei premiati si capi-sce che oggi l’innovazione non è necessaria-mente legata all’hi-tech, ma coinvolge anche isettori più tradizionali: per innovare, insomma,

Il presidente Giorgio Napolitano in occasione della Giornata dell’innovazione riceve il Rapporto 2011 sulla cultura dell’innovazione in Italia dalle mani del presidente di Cotec, Gabriello Mancini. Con loro nella foto, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il direttore di Wired Riccardo Luna e il presidente di Apsti Alessandro Giari

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Claudio Roveda RAGION LIBERA|INNOVAZIONE

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Il direttore generale di Cotec, Claudio Roveda

è sufficiente un atteggiamento innovativo».Proprio in occasione della consegna dei

premi, il presidente Gabriello Mancini haricordato le principali realizzazioni diCotec negli ultimi anni. Quali sono ora iprossimi obiettivi? «Da una parte ci vogliamo concentrare sullecondizioni necessarie oggi per le piccole emedie imprese che vogliono fare innovazione,oltre a capire quali nuovi strumenti si rendanodisponibili a livello fiscale e finanziario: ormaiil modello dei contributi ai singoli progetti,infatti, non tiene più rispetto a una realtà chechiede reti di imprese e centri di ricerca. Dal-l’altra parte, invece, vorremmo concentrarcisul tema del public procurement: le pubbli-che amministrazioni, anziché acquistare benie servizi sul mercato, dovrebbero stimolare leimprese a realizzare prodotti nuovi; a questeultime però non interessa solamente il finan-ziamento del prototipo, quanto entrare nelmercato. Per questo vorremmo studiare, at-traverso esperienze su casi-pilota, come salva-guardare le Pa stimolando al contempo leimprese: sicuramente è necessario che la pub-blica amministrazione abbia a sua volta unacapacità di progettazione tecnica, in modo daevitare di essere “catturata” dai fornitori».

Il vostro ultimo rapporto sull’innovazionesottolinea come, fra il 2008 e il 2009, in Ita-lia il 26% delle imprese innovatrici ha ri-dotto i propri investimenti in innovazione,contro il 23% della media europea. Come èpossibile invertire il trend negativo?«Tutto dipende dal ciclo economico, che deveripartire. A questo si aggiunge anche un pro-blema di cultura degli imprenditori: molti trai settori più colpiti dalla crisi sono anchequelli che hanno ridotto maggiormente gli in-vestimenti, mentre dovrebbe accadere esatta-mente il contrario. Un altro tema riguarda poiil capitale umano: in Italia il numero dei lau-reati in discipline scientifiche tende ancora a

diminuire inoltre, quelli che escono dal Paesesono in numero sempre maggiore rispetto aquanti vi entrano. La loro presenza invece ènecessaria non solo per le imprese, ma ancheper avere una società capace di comprenderei fenomeni tecnico-scientifici, che non sia le-gata cioè solo a fattori emotivi nell’affrontarele loro implicazioni».

Sempre secondo il rapporto, negli ultimianni le politiche pubbliche per l’innova-zione realizzate in Italia hanno privilegiatoil fronte dell’offerta. In quali direzioni de-vono andare invece oggi?«Il problema di fondo, specie per i piccoli im-prenditori, è quello di comprendere novità efatti tecnologici anche al di fuori dei settori diloro competenza. Per questo occorrono rela-zioni di sistema che incidano sul fattore cono-scitivo: certo, si tratta di politiche di lungaprospettiva, che non danno risultati nel breveperiodo, ma è necessario capire che l’erogazionedi contributi non è più sufficiente. Un altropunto riguarda le università: in che misura pos-sono essere attrici nel processo di sviluppo tec-nologico? Questo però è un problema distrategia e di governance degli atenei».

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Garanzia di qualità, propensione all’innovazione e un’attenzione particolare all’ambiente. Giancarlo Dani spiega quali sono gli aspetti che occorretenere in considerazione per imporsi nel mercato globale

INNOVAZIONI TECNOLOGICHEED EFFICIENZA DEI PROCESSI

Tra gli elementi che consentono alleaziende di essere competitivi nei mer-cati internazionali, sempre più carat-terizzati da una varietà sconfinata di

proposte, oltre all’innovazione è essenziale anchela qualità certificata: «Per garantire la qualità delprodotto finito – spiega Giancarlo Dani, ammi-nistratore delegato del gruppo Dani – abbiamodeciso di mantenere in Italia l’intero ciclo di lavo-razione delle pelli, partendo da quelle grezze».

Come si concretizzano ricerca e sviluppo perquanto concerne la vostra produzione?«A livello aziendale è possibile individuare trefiloni di ricerca e sviluppo. La progettazione dinuovi prodotti è un’attività strutturata intornoa un gruppo interfunzionale composto da re-sponsabili commerciali e tecnici di produzionecoordinati dal responsabile progettazione chepermette di beneficiare di tutte le competenzedisponibili in azienda. Inoltre, sono previstiprogetti di rilevanza strategica che riguardanoprincipalmente innovazioni tecnologiche diprocesso e organizzative, che hanno una va-lenza ambientale e coinvolgono centri di ri-cerca universitari e imprese della filiera. Infine,i progetti di miglioramento incrementale,frutto delle iniziative avviate a livello di repartoe funzionali all’incremento dell’efficienza deiprocessi o alla realizzazione di piccole modifi-che agli articoli finiti. In questo contesto, il 14giugno scorso abbiamo ricevuto dal presidentedella Repubblica Giorgio Napolitano e dal mi-nistro Renato Brunetta “il Premio dei Premi”alla Giornata nazionale dell’innovazione».

Giancarlo DaniINNOVAZIONE|RAGION LIBERA

di Nicolò Mulas Marcello

Giancarlo Dani, amministratore delegato del Gruppo Dani

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Innovazione quindi ma anche qualità sonodue aspetti importanti per il Gruppo Dani.Come affrontate questi temi?«In entrambi i casi mettiamo al centro dell’at-tenzione esigenze e aspettative dei nostriclienti, cercando di coglierle e soddisfarle almeglio. Per garantire la qualità del prodotto fi-nito abbiamo deciso di mantenere al nostro in-terno in Italia l’intero ciclo di lavorazione dellepelli, partendo da quelle grezze. La possibilitàdi controllare l’intero processo ci permette disoddisfare requisiti estetici e prestazionali sem-pre più elevati. Abbiamo inoltre ottenuto dal-l’Istituto per la certificazione della qualità per lafiliera pelle la certificazione “Leather from Italy- full cycle” che attesta la completa realizza-zione in Italia della nostra produzione».

L’attenzione del Gruppo Dani è focaliz-zata anche sulla sostenibilità ambientale.In che modo?«L’attenzione all’ambiente e l’accurato impiegodelle risorse naturali sono tratti essenziali del no-stro modo di fare impresa. Il primo risultato dav-vero significativo è stato l’emissione del primo“Bilancio ambientale di prodotto” riferito allapelle, certificato da Icec. Siamo l’ unica conceriaal mondo ad aver adottato questo strumento dicomunicazione ambientale rientrante nell’ambitodelle etichette ecologiche di tipo III. Accanto a

iniziative nel campo della comunicazione am-bientale, abbiamo in corso un programma di ri-cerca ambientale articolato su 4 linee: nuovetecnologie di concia, nuove tecnologie di depila-zione delle pelli, nuovo sistema logistico-produt-tivo per la lavorazione di pelli fresche; studio delciclo di vita ambientale del prodotto (Lca) e suc-cessiva determinazione dell’impronta ecologica».

Quali elementi rendono competitivo ilGruppo nel mercato globale? «Da un lato, un profondo rispetto per i nostriclienti e fornitori, con i quali sempre più in-tendiamo enfatizzare l’aspetto cooperativo al-l’interno di rapporti economici di lungotermine. Questo significa impegnarsi al mas-simo per fornire prodotti e servizi in linea conaspettative crescenti. In secondo luogo, l’at-tenzione alle competenze delle persone che la-vorano in azienda, confermata dalla frequenzacrescente di corsi di formazione e addestra-mento. Infine, la consapevolezza di dovercisempre più proporre quale imprese innovativa,da tutte le prospettive: prodotto, processo, or-ganizzazione e ambiente. Vorremo essere unagente positivo di cambiamento, piuttosto chesemplicemente rincorrere in un mondo in cuii cambiamenti sono all’ordine del giorno.Consapevoli che di cose nuove da imparare eda fare ce ne sono davvero tante».

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RAGION LIBERA|DISTRETTI INDUSTRIALI Valter Taranzano

Per Valter Taranzano, presidente della Federazionedei distretti italiani, le reti industriali del Paeseguardano verso l’estero: «È una strada praticabile, a breve avremo i primi riscontri»

L’ITALIA DEI DISTRETTI FA SCUOLA IN EUROPA di Paola Maruzzi

«Idistretti industriali sonostati strategici nell’af-frontare la crisi e ora,dopo una leggera ripresa

dell’export nel 2010, lo sono peruscirne». Il bilancio di Valter Taran-zano, presidente della Federazione di-stretti italiani, parte dal movimentoprogressivo che ha da sempre caratte-rizzato queste forme aggregative,tanto da farne un modello per l’Eu-ropa. Insomma, i passi in avanti sonostati tanti da quando, a partire daglianni Settanta, entrò in crisi il modellodella grande impresa e fu necessarioriorganizzare i tessuti produttivi sullabase delle piccole imprese. Oggi i 101distretti, dislocati a macchia di leo-pardo su tutto il territorio nazionale,sono molto più che sottounità a sestanti, ma si delineano come organi-smi dinamici di un network in espan-sione: superati i regionalismi,l’ambizione è valicare i confini nazio-nali, facendo leva sulle cosiddette 4Adel made in Italy: abbigliamento, au-tomazione, arredo e alimentare.

Dai distretti alle reti dei di-

stretti: questo è stato il passaggiodeterminate degli ultimi anni gra-zie al quale si è reagito alla crisi.Ora la naturale evoluzione sa-ranno le reti d’Europa? «Quella delle reti d’Europa è sicura-mente una strada praticabile. Tantoper fare degli esempi, recentemente èvenuta a trovarci una delegazionefrancese composta da M. Axel Ponia-towski, deputato e presidente dellacommissione degli Affari esteri del-l’Assemblea nazionale di Francia, M.Philippe Cochet, deputato e relatoredella missione, M. Arnaud Rohmer,amministratore della commissionedegli Affari esteri dell’Assemblea na-zionale francese. Sono venuti in Italiaper studiare l’organizzazione dei no-stri distretti. L’obbiettivo è quello distringere alleanze in ambito europeo.Ed è il nostro Paese, dal punto di vistadistrettuale, a fare scuola al riguardo.Allargare internazionalmente il con-cetto di rete distrettuale, quindi, è unprogetto già avviato che potrebbe abreve dare riscontri interessanti».

Sebbene in Italia si sia raggiunto

un buon livello di consapevolezza,quale rapporto ideale dovrebbe in-staurarsi tra amministrazioni regio-nali e distretti d’appartenenza? «Intanto le Regioni sono importantiper i finanziamenti alle reti distret-tuali e per legiferare in favore. Al ri-guardo c’è un problema a livelloistituzionale. Quello della persona-lità giuridica dei distretti produttivi edelle aggregazioni spontanee di im-prese. Alcune Regioni, come il FriuliVenezia Giulia, ottimo modello vir-tuale, si sono attrezzate per dare la ›

Valter Taranzano, presidente

della Federazione dei distretti italiani

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Il problema restacome coordinare il livello nazionalecon quello regionaleper ottenere i finanziamenti sulle progettualitàdei distretti

possibilità ai propri distretti di ope-rare come soggetti giuridici indipen-denti, molte altre no. Fino a quandonon ci sarà un’evoluzione omogeneanon tutti i distretti potranno appro-fittare degli strumenti messi a dispo-sizione dalle ultime leggi».

Se lo stato di regolamentazionedei distretti è ancora pocochiaro, cosa manca affinché que-sto diventi davvero incentivante?«Il problema resta come coordinare illivello nazionale con quello regionaleper ottenere i finanziamenti sulle pro-gettualità. Coordinamento che a ogginon c’è e quindi si improvvisa conti-nuamente. La Federazione distrettiitaliani lavora costantemente per far

sì che istituzioni e governo facciano dipiù per i distretti, che restano il no-stro baluardo contro la crisi».

Il vostro obiettivo è anche il su-peramento dei regionalismi in-dustriali. Fino a che puntoall’estero il made in Italy è cono-sciuto e valorizzato partendodalla base dei distretti?«Il superamento dei distretti territo-riali o regionali è già avvenuto. In pri-mis con i meta distretti, poi con lenuove forme sinergiche attivate negliultimi anni. I distretti per primihanno capito che il made in Italy nelmondo andava valorizzato con nuovipercorsi imprenditoriali finalizzati alleaggregazioni di aziende. In tempi nonsospetti, quando le reti non andavanoancora di moda, la Federazione deidistretti italiani, che si confronta co-stantemente con i suoi associati, intuìdove questo percorso avrebbe portato,capì che i sistemi distrettuali eranoormai diventati aperti e diffusi. Leloro radici territoriali restavano, ma iconfini si allargavano, abbracciandopiù territori, più province, più re-gioni. Così la Federazione diede vita auna nuova governance. Basta distretticon confini delineati, ma Paese sud-diviso in quattro cluster, classificati se-condo le 4A del made in Italy:abbigliamento-moda, automazione-meccanica, arredo-casa e alimentare-agroindustriale-ittico: vanno da Norda Sud e nel futuro scavalcherannoanche i confini nazionali».

Valter TaranzanoDISTRETTI INDUSTRIALI |RAGION LIBERA

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di Paola Maruzzi

PROGETTI E INCENTIVI A MISURA PER I DISTRETTI PIEMONTESI

Le amministrazioni regionali hannoun peso determinante nei con-fronti dei distretti industriali: pos-sono attuare politiche di inter-

vento, finanziare progetti innovativi e disviluppo, coordinare il rapporto con gli altrisoggetti economici. Massimo Giordano, as-sessore allo Sviluppo economico del Pie-monte, fa il punto sulle misure ad hoc at-tuate per rilanciare i sette distretti del

Piemonte: quello orafo, della metalmecca-nica, della rubinetteria, dei frigoriferi indu-striali, dei casalinghi, delle bevande alcoli-che, del tessile-abbigliamento. Dallaprovincia di Alessandria all’area di Biella, sitratta di «realtà ideali per dare più dinami-smo al sistema e per aiutare, allo stessotempo, le piccole e medie imprese».

In occasione della seduta straordinariaper il rilancio economico, tenutasi lo

La Regione accompagna passo dopopasso il futuro dei distretti industriali,lanciando un piano di finanziamenti. Ne parla l’assessore allo Sviluppoeconomico, Massimo Giordano

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Massimo GiordanoRAGION LIBERA|DISTRETTI INDUSTRIALI

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Massimo Giordano, assessore allo Sviluppo economico del Piemonte

scorso giugno, si è toccato l’argomentodistretti. Come la Regione intende sup-portare il loro rilancio? «Nel nostro piano straordinario per l’occu-pazione abbiamo dedicato un’apposita mi-sura ai distretti e recentemente ne sono statiresi noti i risultati. In tutta la Regione ab-biamo erogato 7 milioni e 830mila euro dicontributi per 11 progetti comuni propostida soggetti che appartengono ai distretti in-dustriali piemontesi, per un totale di circa150 aziende coinvolte e investimenti di ol-tre 20 milioni di euro».

Tra i distretti piemontesi il più rilevanteper numero di imprese è quello orafo, inprovincia di Alessandria. Attraverso qualiiniziative la Regione ne promuove i pro-dotti e la componente creativa? «Nell’ambito del piano occupazione, il di-stretto di Valenza è stato destinatario di treimportanti progetti. Le iniziative punte-ranno alla ricerca e all'innovazione su nuovimateriali per la modellazione orafa come,ad esempio, l'utilizzo del titanio in gioielle-ria, e allo sviluppo dei percorsi di penetra-zione verso i mercati statunitense, del-l’estremo Oriente e del Sud Est Asiatico.Riteniamo che siano due le direttrici per ri-lanciare il distretto orafo: da una parte cre-dere nelle sue capacità di attrazione e quindipuntare a far insediare delle aziende anzichédelocalizzarle, dall’altra promuovere l’inno-vazione come leva della competitività e in-ternazionalizzare il più possibile il prodotto».

L’anima dei distretti sono le pmi. Suquali misure di sostegno a carattere re-gionale possono contare? «Le pmi rappresentano la forza del nostro si-stema economico, per questo tutti i nostripiani strategici e programmatici che fin quiabbiamo presentato - il già citato piano oc-cupazione, il piano per la competitività, ilpiano Ict e il piano giovani - sono stati co-

struiti tenendo in grande considerazione leloro specificità ed esigenze. Le misure disostegno si muovono su macro obiettivicome politiche attive del lavoro, nuova im-prenditorialità, accesso al credito, sburo-cratizzazione».

La specificità dei distretti è quella di en-trare in rete con tutti gli attori locali. Inche modo la Regione favorisce quest’in-contro? «La legge regionale è improntata a favorireil coordinamento, la concertazione e il rac-cordo delle iniziative promosse a livello lo-cale con le forze imprenditoriali, sociali esindacali. Si tratta di una “regia” per laguida del processo di sviluppo del sistemaproduttivo riconoscendo un ruolo significa-tivo a tutte quelle forze che, in materia digoverno del territorio, rivestono un ruolodecisionale. La Regione Piemonte si faràcontinuamente carico di questo coordina-mento, sia in maniera diretta, sia soste-nendo l’attività dei Comitati di distretto,che sono le competenti sedi territoriali diconfronto fra le parti interessate sui temi dipolitica industriale locale».

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Tra le novità del Codice del turismo si prospettal’istituzione di un comitato di promozione che per Caterina Cittadino, capo del Dipartimentosviluppo e competitività del turismo, avrà ruolostrategico perché «senza coordinamentosovraregionale, sarà difficile competerea livello internazionale»

DARE CORPO E VOCE AI TANTI TURISMI ITALIANI

di Paola Maruzzi

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RAGION LIBERA|TURISMOCaterina Cittadino

Sono state pubblicate il 6giugno sulla Gazzetta uffi-ciale le nuove norme che

andranno a regolamentare il turi-smo. I contenuti del codice, pen-sato dal ministro MichelaBrambilla e sottoposto a revi-sione dopo l’incontro con le rap-presentanze delle imprese delsettore, spaziano dalla tutela deivacanzieri in Italia alla modificadel concetto stesso di “impresaturistica” che, oltre a essere equi-parata a quella industriale, va aincludere il settore extraricettivo,quindi agenzie di viaggio e touroperator. Vista la complessitàdella materia non sono mancatealcune polemiche, ultima quelledi Roberto Corbella, presidentedi Astoi, che esprime perplessitàcirca la possibile istituzione di uncomitato permanente per la pro-mozione, presieduto dal mini-stero del Turismo, perché «rischiadi generare un’ulteriore disper-sione delle risorse dedicate al set-tore». Di diverso avviso è laconsole Caterina Cittadino, capodel Dipartimento sviluppo ecompetitività del turismo della

Presidenza del Consiglio dei mi-nistri, secondo cui una promo-zione a regia nazionale«contribuirà a dare corpo unita-rio a un sistema finora troppo di-sarticolato. Un coordinamentosovraregionale darà maggiorichance al prodotto Italia».

È chiara la volontà di assicu-rare un supporto nazionale, maquesto non contraddice il ti-tolo V della legislazione, che la-scia alle Regioni la pienaautonomia in ambito turistico?«No perché il principio guida delcodice non sarà imporre ma co-ordinare, soprattutto laddove leazioni sono complesse. Il per-corso non sarà semplice, perchéle Regioni con non poche pole-miche hanno accettato l’idea diun ministero del turismo e ora sidevono preparare alla riforma.Siamo però convinti che questocambiamento porterà risultaticoncreti. Se negli ultimi annil’Italia ha risalito la china lo sideve anche alle strategie condi-vise partite dal governo centrale».

Il codice propone una diversaripartizione del prodotto turi-

stico sulla base di fattori motiva-zionali, 13 per la precisione. Inquale direzione andranno le poli-tiche di promozione regionali? «Finalmente viene resa esplicitauna verità già nota: il turista delterzo millennio non si limita aviaggiare, ma è spinto da specificiinteressi. Questo significa fareuna nuova riflessione sulla pro-mozione: alle Regioni chiediamolo sforzo di differenziare la co-municazione in base ai turismi,studiando meglio i target di rife-rimento. L’ideale è che si arrivi aun piano di comunicazione com-plessivo del prodotto Italia».

All’interno dei 13 percorsid’eccellenza si riconosce l’im-portanza del “turismo del madein Italy”. A cosa mira la suaistituzione?«Riconoscere che esiste questoparticolare tipo di turismo,molto più diffuso di quanto sipensi, ci renderà ancora più com-petitivi. Rispetto agli altri Paesi,l’immaginario del made in Italy -con il suo mix di prodotti artigia-nali, industriali, enogastronomici- è molto conosciuto e apprezzato

Alle Regioni chiediamo losforzo di differenziare la

comunicazione in base aiturismi, studiando meglio

i target di riferimento

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TURISMO|RAGION LIBERACaterina Cittadino

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Le nostre bellezzenon possono essereconcepite solonell’ottica dellatutela, ma vannorilanciate sul pianointernazionale

e disegna un particolare stile divita. Pensiamo all’universo dellamoda e alle sue potenzialità».

Tra le accuse al Belpaese, c’èquella di non valorizzare abba-stanza il patrimonio artistico.Come la riforma intende col-mare questa lacuna?«Al di là del codice, la vera svoltasi avrà quando i ministri dei Beniculturali e del Turismo si siede-ranno allo stesso tavolo per unconfronto. Le nostre bellezze nonpossono essere concepite solonell’ottica della tutela, ma vannorilanciate sul piano della promo-zione internazionale. Un primopasso sarà pubblicare guide in in-glese e, non sottovalutando i

mercati emergenti, anche inrusso e cinese, cosa che non moltimusei pubblici importanti nonhanno ancora fatto».

Con l’avanzata del low cost,quali rischi corre la leadershipturistica dell’Italia?«Per ora pochi, stiamo recuperandoterreno e autorevolezza a livello in-ternazionale. Un segnale arrivadalla presidenza dell’Italia del con-siglio esecutivo dell’Organizzazionemondiale del turismo, un ricono-scimento che la Francia non ha an-cora avuto. Poi, grazie allavicepresidenza alla Commissioneeuropea di Antonio Tajani, sistanno creando opportunità con-crete che guardano al nostro Paese».

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RAGION LIBERA|TURISMOPaolo Rubini

Un volto noto e innovativo, con le roccaforti del Veneto e dell’Emilia Romagna in testa, e uno nascosto, che per la prima volta si affaccia su una dimensione internazionale. È il Belpaesevisto dall’estero e promosso dall’Enit. Ne parla Paolo Rubini

UN PRESIDIO PERMANENTE di Paola Maruzzi

Dall’ultima classifica interna-zionale realizzata da Futu-reBrand, l’agenzia che

opera nel settore della consulenza enel design di marca, le performanceturistiche dell’Italia sono state leg-germente sottotono: se appena qual-che anno fa il Belpaese era in poleposition, nel 2010 è scivolato alladodicesima posizione. Confidandoin un recupero e gettando unosguardo alla stagione calda, PaoloRubini, direttore generale dell’Enit,mette sul tavolo una promozioneche «non persegua ottusamente stra-tegie di mero aumento del numerodei visitatori esteri. Del resto è fuor-viante considerare gli arrivi e i per-nottamenti piuttosto che i fatturati».Il prodotto Italia è qualcosa di piùcomplesso, che tira in ballo tuttauna serie di fattori paralleli, lo spen-ding medio per esempio, che a dettadi Rubini incidono sul Pil del paesein modo determinante.

Su cosa state lavorando per po-tenziare l’attrattiva dell’Italia al-l’estero?«Stiamo operando in termini di clubdi prodotto, curando strategie di

segmentazione della domanda inter-nazionale e confezionando un’of-ferta nazionale coerente epersonalizzata. Basta con la genericapromozione, puntiamo piuttosto auna strategia selettiva per mercato,segmento di clientela e canale distri-butivo».

Con quali strumenti di promo-zione è possibile?«Stiamo sviluppando forme di sup-porto a basso costo per le imprese,convinti che nel nostro settore nonsempre a un aumento della spesa perla promozione corrisponda un au-mento dei risultati. Così, per laprima volta, abbiamo fatto unacampagna intercontinentale di pub-blicità nelle sale cinematograficheinvece che in televisione. Il risul-tato? Costi estremamente ridotti,impressing elevato, maggiore atten-zione e concentrazione del pub-blico. Poi abbiamo sviluppato,primi al mondo nel settore turistico,il Virtual travel market, cioè la fieravirtuale del turismo, che si è appenaconclusa con ottimi risultati. Ab-biamo consentito a moltissime im-prese medio-piccole una visibilità ›

Paolo Rubini, direttore generale dell’Enit,

Agenzia nazionale del turismo

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internazionale che non avevano maiavuto e al costo di una pagina pub-blicitaria su un quotidiano locale. Aottobre torneremo nuovamente conquesta iniziativa».

Quali le aspettative e le localitàche potrebbero riservare piacevolisorprese per l’estate in corso?«Per quanto riguarda il turismo na-zionale, credo che vi saranno benpoche novità, sia nella scelta delledestinazioni sia nei numeri. Il pe-riodo non è dei più floridi e, anchese in realtà la crisi è alle spalle, i con-sumatori sono prudenti e diffidenti,quindi aumentano la quota di red-dito destinata al risparmio, piutto-sto che ai consumi. Per gli arrividall’estero, invece, credo che avremodelle ottime sorprese dai dati turi-stici delle località balneari dell’Emi-lia Romagna e del Veneto, preferitedal turismo tedesco che avrà ottimeperformance, dalla Sicilia che stasviluppando sempre più una offerta

turistica di qualità e dalle cittàd’arte che rappresentano il nostrobiglietto da visita per il turismo in-tercontinentale, il segmento checrescerà maggiormente. Sono, in-vece, scettico sui risultati delle stra-tegie e di iniziative promozionali dialcune regioni che non riescono apredisporre una propria offerta conrapporto qualità-prezzo in linea coni desiderata dei mercati internazio-nali di riferimento».

A cosa si riferisce?«Preferisco non dire di quali regionisi tratta e riservarmi di verificare astagione completata i risultati rag-giunti».

Stringendo sulle coste emi-liano-romagnole, quali punti diforza utilizzate per promuoverlesui mercati internazionali inespansione? «Queste località sono una delle no-stre certezze turistiche e direi chehanno solamente bisogno di segui-

tare a essere gestite con efficienza equalità, come fatto finora. Credoche, in generale, i nostri sforzi do-vrebbero indirizzarsi in due dire-zioni: da una parte innovazione diprodotto per le località già famosecome quelle della costa romagnola;dall’altra, forte azione di promo-zione e caratterizzazione per le loca-lità emergenti o a forte potenzialitàturistica. Questo è ciò che amo defi-nire “Italia nascosta”, che è in gradodi dare emozioni simili a molte lo-calità famose ma in modo più di-screto, personale, direi ancheintimo. Sono tanti i gioielli paesag-gistici che ora vogliamo aprirsi al tu-rismo, soprattutto nella sua vesteinternazionale, e l’Enit sta inve-stendo molto in queste due dire-zioni. I dati di forte tenuta delnostro turismo, anche in presenza dioggettive difficoltà mondiali del set-tore, dimostrano che la strada èquella giusta».

Paolo RubiniTURISMO|RAGION LIBERA

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di Renata Gualtieri

Sono quasi 35mila le aziende del settore alberghiero, unacifra più che sufficiente ad accogliere la domanda nazionalee internazionale. Occorre però, secondo il presidente diFederalberghi Bernabò Bocca, una politica di promozionevolta a destagionalizzare meglio la meta Italia

UNA STAGIONE DI ATTESE

Bernabò BoccaTURISMO|RAGIONLIBERA

L’andamento del turismo al-berghiero italiano da gen-naio a maggio di quest’anno,

rispetto allo stesso periodo del 2010,ha fatto segnare una stagnazione conun risultato complessivo che indicaun irrilevante +0,1% di presenze traitaliani e stranieri rispetto ai primicinque mesi del 2010. Il presidentedi Federalberghi, Bernabò Bocca,leggendo questi dati non nascondepreoccupazione «perché ad aprile ilmercato turistico aveva registrato unrilevante recupero di arrivi e pernot-tamenti, soprattutto da parte dellaclientela straniera, tale da far pensarea una irreversibile e tanto attesa in-versione di tendenza». Così, invece,non sembra più essere.

Quali, dunque, le previsioni perquesta stagione estiva?«Sappiamo storicamente che i mesiestivi sono appannaggio degli ita-liani, principalmente per il periodoche va dalla fine di luglio alla terzadecade di agosto. Confidiamo

quindi che la voglia di vacanze degliitaliani non tradisca la tradizione e leattese delle innumerevoli strutturericettive che fondano soprattuttonelle località di mare la loro sussi-stenza sui flussi turistici estivi. Inol-tre, auspichiamo che anche lacomponente estera, che finora hafatto registrare ottimi segnali di re-cupero e incremento in moltissimearee del paese, possa proseguire intale direzione».

Quali vantaggi offre il nuovoportale www.italyhotels.it messo adisposizione di tutti gli albergatoriitaliani?«Il nostro portale di prenotazioni al-berghiere, che dovrebbe entrare infunzione a pieno regime in au-tunno, vanta due punti di forza cheritengo ne costituiranno la strutturaportante. Innanzitutto è l’unico por-tale che contiene esclusivamentel’offerta ricettiva del Bel Paese e,dunque, uno strumento che puòaiutare il consumatore di qualsiasi ›

Il presidente

di Federalberghi,

Bernabò Bocca

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Bernabò BoccaTURISMO|RAGION LIBERA

parte del mondo a effettuare ricer-che mirate senza essere distratto daofferte similari proposte da localitàdiverse da quelle dell’Italia. In se-condo luogo si tratta di un portalelow cost per gli alberghi, i quali rico-noscono allo strumento una com-missione assolutamente inferiore ecompetitiva rispetto a quelle cheormai i portali più famosi richie-dono».

La gran parte dalla componentestraniera riconosce nel mercatoitaliano una meta ambita e dall’ot-timo rapporto qualità-prezzo.Cosa si può fare per mantenerealta la qualità delle strutture e bat-tere la concorrenza?«Per nostra fortuna e anche per no-stro merito, in quanto siamo riu-sciti nei secoli a preservare leenormi bellezze e ricchezze artisti-che, archeologiche, naturalistiche,eco-gastronomiche e quant’altroancora, l’Italia è e rimane una dellemete più ambite a livello mondiale.La qualità di conseguenza della no-stra offerta deve essere una costantealla quale ogni imprenditore delsettore sa bene di non poter e doverrinunciare».

Cosa propone alle piccolestrutture che faticano a stare sulmercato?«Da tempo chiediamo alla politicadi concedere alle imprese che pervarie cause operano in aree nellequali il turismo fatica a tenere in vitastrutture complesse come quelle al-berghiere la possibilità di cambiareagevolmente la destinazione d’uso.Ciò vuol dire che un edificio finora

adibito ad albergo possa trasformarsiin una struttura diversa, destinatacomunque a sostenere i flussi turi-stici che per capacità di spesa ricer-cano forme alternative di ricettività».

Quali sono le prospettive delmercato alberghiero in Italia?«Le prospettive sono di tenuta deinumeri attuali, quasi 35milaaziende, più che sufficienti ad acco-gliere la domanda nazionale e inter-nazionale. Ciò che occorre è unapolitica di promozione più massic-cia volta a destagionalizzare megliola meta Italia, consentendo l’incre-mento di arrivi e presenze anche inperiodi di media e bassa stagione».

Gli operatori del settore alber-ghiero sono diminuiti di uno0,5% nel periodo gen-naio/maggio, rispetto al 2010, conuna flessione del 2,1% per i lavo-ratori a tempo indeterminato e unaumento del 2,1% per i lavoratori

a tempo determinato. Quanto lapreoccupano questi dati e come sipuò produrre occupazione?«Quest’ultimo dato è certamentequello che ci preoccupa di più,anche se da imprenditori sappiamobenissimo come esso sia diretta con-seguenza della recessione. È fuori di-scussione che i nostri collaboratorisono la vera risorsa insostituibilesenza la quale il sistema turistico na-zionale crollerebbe. Il calo del lavoroa tempo indeterminato e favore diquello a tempo determinato è figliodi quella flessibilità da tutti invocatae che noi per primi da sempre ab-biamo sperimentato. Quindi, il tu-rismo non licenzia, non perde postidi lavoro, ma anzi ottimizza quantole nuove normative propongono,riuscendo pur in un periodo di ridi-mensionamento dei fatturati delleimprese a dare lavoro e occupazionea milioni di persone».

Confidiamo che la voglia di vacanze degli italianinon tradisca la tradizione

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di Francesca Druidi

Per Elena David, presidente di Confindustria Aica, la priorità dell’ospitalità italiana deve essere quellad’innalzare la qualità dei servizi offerti ai turisti. Investendo in formazione e nuove tecnologie

LE NUOVE SFIDE DELL’ACCOGLIENZA

Migliorano le performance alberghierea livello nazionale rispetto al 2010.Lo stabiliscono gli ultimi dati rilevati

dall’Osservatorio Confindustria Aica-Str Globalper il periodo gennaio-maggio 2011. «Il tasso dioccupazione delle camere cresce, mediamente,del 5,5%, attestandosi al 58,7%; il prezzo mediopraticato per la vendita della camera aumentadel 3,5% raggiungendo i 113,70 euro, con unconseguente incremento del ricavo medio percamera disponibile pari al 9,2%», spiega ElenaDavid, ad di Una Hotels e presidente dell’Asso-ciazione italiana compagnie alberghiere, che riu-nisce le compagnie alberghiere operanti in Italia

e aderenti a Confindustria. Quali risultati si attende dalla stagione

estiva?«Anche per la stagione estiva sembrerebbe con-fermato il positivo trend avviatosi nei primimesi dell’anno. Secondo le nostre previsioni, iltrimestre giugno-agosto dovrebbe chiudersi conun segno positivo, al quale contribuiranno inmaniera determinante le performance del mesedi giugno (occupazione +6,2%, e redditività+11%). Più contenuti, ma sempre positivi, gliapporti dei mesi di luglio e agosto: occupazione,rispettivamente, +2,9% e +1,2%, redditività+4,7% e +2,4%. L’accelerazione del trend di ri-presa, ancora parecchio lontano dai livelli pre-crisi, riflette anche l’effetto della difficilesituazione politica del Nord Africa e del MedioOriente, che ha contribuito a privilegiare il no-stro territorio come destinazione alternativa deiflussi turistici».

Con quali misure le catene alberghierestanno affrontando le sfide del settore?«La lunga e profonda crisi che ha caratterizzatoquesti ultimi anni ci pone di fronte a un’indu-stria i cui modelli sono irreversibilmente cam-biati. Si fanno i conti con una minor capacitàdi spesa sia sul fronte business che sul fronteleisure e, soprattutto, con dei veri e propri cam-biamenti “culturali” nell’approccio alla preno-tazione. La reale minore capacità di spesa, daun lato, si aggiunge, infatti, a una tendenza ra-dicata che porta a scegliere la vacanza last mi-nute prenotata su internet, con tutti gli effettidi “dumping del prezzo” che questo comporta.Internet ha dato il mercato in mano a pochi

Elena David, presidente dell’Associazione italiana compagniealberghiere aderenti a Confindustria

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Elena DavidRAGION LIBERA|TURISMO

operatori, che si comportano da monopolisti,e la frammentazione del nostro settore alber-ghiero non ci permette di far valere la nostraforza negoziale».

Su cosa deve lavorare l’ospitalità italiana?«Dobbiamo confermare la nostra storica capa-cità di accogliere, ricominciare a pensare turi-sticamente e, soprattutto, evolvere nellacapacità di costruzione dell’offerta, che deve es-sere creativa e innovativa per generare nuovemotivazioni al viaggio, incentivando il cliente atornare in diversi periodi dell’anno. Confindu-stria Aica, con i suoi associati, ogni giorno

muove dei passi verso l’innalzamento degli stan-dard qualitativi dei servizi rivolti al turista in-vestendo nella formazione, in cui da semprecrediamo, e nelle nuove tecnologie, ma certoabbiamo ancora bisogno di aiuto e sostegno daparte delle istituzioni».

Può fare un esempio?«Lo spesometro in vigore dal 1 luglio per com-mercianti e artigiani. Come può un Paese chemira a raddoppiare il contributo al Pil dell’in-dustria del turismo varare un tale provvedi-mento? Come potrebbe reagire un clientestraniero di alta fascia che, superati i 3.600 euro

Solo professionalità e capacità manageriali specifiche possono rilanciare e sostenere il settore del turismo

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- soglia oltre la quale il negoziante è tenuto ainviare la segnalazione - si sente rivolgere que-siti relativi alla sua identificazione? Come que-sto ci sono una miriade di altri provvedimentilegislativi che non solo non contribuiscono alrilancio e al sostegno del turismo, ma gravanoe appesantiscono l’attività degli operatori e rap-presentano per noi fonte di grande frustra-zione».

Ritiene efficace il Codice del turismo ap-provato? «I principi sono pienamente condivisibili, oraperò aspettiamo di vedere la verifica sul campo.Ad esempio, il principio dei distretti in assolutoè valido, ma è doveroso chiedersi come la parolamagica “burocrazia zero” si tradurrà operativa-mente. Oggi, soprattutto per le aziende alber-ghiere, il peso della burocrazia è enorme: comesarà semplificato tutto questo in modo omoge-neo per i diversi tipi di strutture è da valutare. Leregole devono essere uguali per tutti, dagli hotelalle case vacanza, per una concorrenza leale e persostenere l’industria. Ben venga la categorizza-zione dell’offerta extra-alberghiera, ma solo sein base a criteri coerenti e regole armonizzate ri-spetto a quanto gli alberghi sono soggetti. In-fine, la liberalizzazione dei ristoranti d’albergo,consentendo con un’unica licenza di aprireanche al pubblico esterno, può rappresentarel’inizio di un nuovo trend teso a valorizzaremaggiormente anche in Italia gli spazi e le eccel-lenze della ristorazione alberghiera».

Il governo punta a raddoppiare il contri-buto del comparto turistico al Pil nazionale.Un traguardo possibile? «Il potenziale del nostro Paese è molto alto eper questo io credo nella possibilità di raddop-pio del contributo al Pil, ma alto è ancora il fat-tore di rischio per effetto di numerose carenzeistituzionali e politiche e, non ultimo, l’incertoequilibrio politico internazionale. Certamente,si potrebbe fare molto di più se i professionistidel settore venissero coinvolti preventivamente

da chi ci governa, al fine di poter erogare servizimigliori e di rispondere nel modo più adeguatoalle esigenze del mercato».

Quali sono le prospettive sul versante oc-cupazionale dell’hotellerie italiana?«L’industria dell’accoglienza, come amo defi-nirla, è un comparto che offre straordinarie op-portunità di lavoro e, tengo a sottolineare, dicarriera. È però fondamentale lavorare sulla for-mazione, che deve essere costante e specializzata,attuando programmi per la formazione lingui-stica non solo per la parte commerciale di checkin/check out, ma anche con competenze dedi-cate alla valorizzazione dei patrimoni storici, ar-tistici, enogastronomici, paesaggistici efolkloristici: dobbiamo fare cultura. Aica è pre-sente nei dipartimenti ministeriali e collaboracon le maggiori università, gestendo master permanager di settore. Solo la professionalità e lecapacità manageriali specifiche possano rilan-ciare e sostenere il settore del turismo. Tutti isettori, in verità, ma il nostro ne ha particolarebisogno».

Elena DavidTURISMO|RAGION LIBERA

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di Tiziana Achino

Situato nel comune diSanto Stefano al Mare, il complesso è uno dei tantipiccoli porti turistici che sorgono sulle nostrecoste. L’imprenditriceBeatrice Cozzi Parodispiega in che modo è riuscita a coniugare «lo straordinario paesaggiocon il piacere dellatranquillità»

MARINA DEGLI AREGAI, IL PORTO TURISTICO “VERDE”

La Marina degli Aregai, a pochi minutida Imperia, è uno dei gioielli costruitidal Gruppo Cozzi Parodi ed era stato

fortemente voluto da Gianni Cozzi. BeatriceParodi, conosciuta come la splendida reginadei porti, lo ha visto progettare, nascere, cre-scere. E le sue prospettive per il futuro non sifermano mai: il silenzio di un porto generasempre creatività.

Lei ha visto nascere e crescere il porto tu-ristico Marina degli Aregai. Ancora oggi lovede in evoluzione per il futuro?«Aregai è stato uno dei primi progetti chemio marito Gianni Cozzi ha fortemente vo-luto. È una struttura che, dunque, ho vistonascere e mi sono impegnata affinchè cre-scesse fino a raggiungere l’attuale buon risul-tato. Il mio obiettivo è soddisfare i nostri

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Beatrice Cozzi ParodiRAGION LIBERA|TURISMO

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Beatrice Cozzi Parodi, imprenditrice nel settore dei porti turistici

clienti con servizi sempre più efficienti. Lasalvaguardia dell’ambiente e del territoriocon azioni mirate alla prevenzione dell’inqui-namento sono un mio costante impegno;non a caso anche quest’anno abbiamo rice-vuto la bandiera blu dalla Foundation for en-vironmental education».

Coloro che hanno il piacere di frequen-tare ovvero visitare l’area portuale apprez-zano la quiete e la bellezza paesaggistica.Questo tranquillità è la caratteristica piùrichiesta?«La maggior parte delle persone che ormeg-gia nei porticcioli è alla ricerca della propria“oasi” di quiete, bellezza e silenzio. Il mioGruppo ha cercato in tutti modi di abbinarelo straordinario paesaggio al piacere dellatranquillità, senza per questo tralasciare nes-sun tipo di comfort; chi viene da noi ha tuttoa portata di mano, abbiamo numerose atti-vità commerciali che soddisfano le esigenzedi tutti e una residenza turistico-alberghierache affaccia direttamente su una spiaggia pri-vata. La nostra struttura ha un impatto zerosulla splendida costa ligure e utilizza energia

pulita grazie al fotovoltaico e da qualcheanno le autovetture che il nostro Gruppo uti-lizza all’interno del porto sono alimentatecon energia alternativa, auto ibride che con-tribuiscono al rispetto dell’ambiente».

L’apertura della pista ciclabile ha portatoa un incremento di domanda nella strut-tura nel suo complesso?«Chi viene in vacanza lo fa per riposare maanche per ritagliarsi un po’ di tempo per cu-rare il proprio aspretto fisico. La pista cicla-bile rappresenta certamente un incentivo pertutte quelle persone che non vogliono ri-nunciare a questo tipo di attività sportiva, delresto è la più lunga pista sul mare d’Europa,quindi una delle attrattive più forti di que-sto pezzo di Liguria».

Per l’estate in corso sono previsti parti-colari eventi?Ogni fine settimana si organizzano mostre,fiere, concerti e rappresentazioni teatrali, inostri ospiti hanno anche la possibilità di fre-quentare mercatini tipici della nostra zona,senza dimenticare regate e competizionisportive in acqua».

La pista ciclabile, la piùlunga di quelle che si trovanosul mare in Europa, è unadelle attrattive più forti di questo pezzo di Liguria

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Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult

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di Renata Gualtieri

Molti i dati da interpretare, insieme a un’ampia divergenza,nelle performance delle imprese di consulenza. Fa chiarezzasulle dinamiche del settore, rispetto agli anni passati, il presidente di Assoconsult Ezio Lattanzio

ALLE IMPRESE SERVE UN AMPLIAMENTO COMPETITIVO

Nella seconda edizionedegli stati generali sonostati presentati i dati for-

niti dall’Osservatorio di Assocon-sult che indicano unastabilizzazione del mercato dellaconsulenza aziendale perché, dopoun calo del 5% circa avvenuto nel2009 rispetto all’anno precedentee un ulteriore calo dell’1% nel2010, le previsioni per il 2011 se-gnano un +9% circa che consentedi affermare che il mercato è ritor-nato ai livelli pre-crisi. Fino al2008 compreso, però, il settoreaveva crescite a due cifre, quindioltre il 10% ogni anno. «L’analisidi questi dati è importante – sotto-linea il presidente di AssoconsultEzio Lattanzio – per individuare imodelli vincenti». Un dato chepreoccupa è che l’85% degli opera-tori è costituito da microimprese,con meno di tre addetti e con fat-turati non competitivi. Il messag-gio di Assoconsult è dunque creareaggregazioni di imprese perché lacrescita dimensionale è una tappaobbligata.

Qual è l’incidenza sul Pil delsettore management consultingin Italia e quali sono gli effettidella crisi?

«È pari all’incirca allo 0,2%, cioèinferiore ai valori dei Paesi chevanno anche all’1% come Germa-nia, Gran Bretagna e Francia ed ècirca la metà della media Ue consi-derata su 27 Stati, compresi quellidove il management consulting èun settore ancora molto giovane.Questo anche perché la pubblicaamministrazione in Italia compra lametà dai privati, quindi dal mercatolibero, molto più di quanto fannogli altri paesi. Dentro questa mediasi può notare che più del 50% delleimprese in Italia nei due anni dellacrisi è cresciuto con volumi oltre ledue cifre e un 1/4 degli operatori hasubìto un forte calo, anche supe-riore al 50% del fatturato. Ciò haportato a una maggiore polarizza-zione del mercato della consulenzache risulta polarizzato tra “winner”(imprese vincenti) pari a circa il50% degli operatori, con ricavi increscita sia nel 2009 che nel 2010 e“looser” (imprese in seria difficoltà),intorno al 25% degli operatori, conricavi in calo sia nel 2009 che nel2010».

Quale ruolo svolge Assocon-sult per valorizzare le imprese diconsulenza?«Assoconsult associa più di 500

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imprese che rappresentano in ter-mini qualitativi le imprese più si-gnificative del settore e in terminiquantitativi circa il 60-65% delgiro d’affari in Italia. Il settorecomplessivamente conta 16.400operatori che producono un girod’affari di oltre 3 miliardi di euro.Assoconsult valorizza la consu-lenza di qualità e l’apporto di va-lore aggiunto delle imprese cheoperano nel settore. Svolgiamo at-tività di supporto agli associati ac-compagnandoli nella formazionedel personale e difendendo gli in-teressi della categoria. Siamo arti-colati in settori perché laconsulenza ha competenze specia-lizzate che fanno riferimento a set-

tori omogenei».Quanto spazio c’è oggi per i

giovani che vogliono entrarenella consulenza?«Per i giovani la consulenza hasempre rappresentato un lavoroqualificato, aperto alle risorse mi-gliori e con retribuzioni superiorialla media, se si escludono i set-tori finanziari. Ora questo gap siè ridotto e i livelli retributivi trasettori si sono avvicinati. Rimaneperò il fatto che la professioneoffre possibilità di crescita e diopportunità di diversificazionedelle esperienze sia tecniche cherelazionali. Il suggerimento perchi è interessato è di competeresempre. Persistono poi, i sacrifici

da affrontare nella vita quoti-diana perchè il consulente, sia ju-nior che senior, è costretto aeffettuare molti viaggi ed è sotto-posto a stress derivante dagli oraridi lavoro. In termini quantitativiil nostro osservatorio ha consta-tato che, anche in questi anni dicrisi, le imprese non hanno ridottoi livelli occupazionali, preservandoil capitale umano; anzi, nel 2011si sono manifestati segnali di vo-lontà di ampliamento degli orga-nici, specie nelle imprese di mediee grandi dimensioni, mentre lepiccole continuano a concentrareil carico di lavoro sulle poche ri-sorse interne per non aumentare icosti fissi». ›

Ezio LattanzioRAGION LIBERA|CONSULENZA D’IMPRESA

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CONSULENZA D’IMPRESA|RAGION LIBERA

Quali strategie dovranno met-tere in campo le aziende di con-sulenza per affermarsi?«La messa in rete è una tappa in-termedia per aggregazioni con-crete in Italia, a livellointernazionale, invece, può essereuno strumento anche stabile. Leparole chiave sono aggregazione,messa in rete e capitalizzazione.Finora, infatti, le piccole impresenon si sono mai considerate comerealtà imprenditoriali ma comestudi professionali e hanno fattopoca attenzione a investimenti ecapitale. Finanziare la crescita, inquesta fase di stagnazione e di sce-nario non del tutto definito, signi-fica rafforzare il capitale. In unsettore che continua a evolversi è

diventato sempre più indispensa-bile specializzarsi per dare risposteal cliente ed essere sempre piùcompetenti nel settore in cui siopera. Occorre poi assicurare uncontinuo investimento in ricerca esviluppo».

Come cambierà il rapporto tracliente e consulente? «Il rapporto committente-consu-lente è già cambiato, così comeemerge dalla ricerca fatta dal-l’Università Bocconi, perchémentre 20 anni fa era la do-manda ad adeguarsi all’offerta intermini di costi, ora è evidenteche ci si è spostati verso un mer-cato della domanda che è diven-tato molto più maturo e dove ilrapporto di forza si è capovolto.

Questo significa che l’attenzioneai costi e al monitoraggio del ser-vizio sono diventati molto piùstrutturati anche perché i com-mittenti si sono evoluti e intera-giscono con un settore che si èanche esso stesso industrializzato.In termini di remunerazione, pos-siamo dare definitivamente persuperata la fase in cui il clientepagava il numero di giornate fattedal consulente. Attualmente ilmodello prevalente è quello delforfait, a progetto, e c’è un cre-scente spostamento verso la retri-buzione al risultato. Questosignifica anche che il rapporto sista evolvendo in una logica dipartnership in termini di condi-visone di rischi e opportunità».

Le parole chiave per l’affermazione delle imprese di consulenzasono aggregazione, messa in rete e capitalizzazione

Ezio Lattanzio

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di Renata Gualtieri Marco Beltrami, presidentedell’Associazione professionale dei consulenti di direzione e organizzazione,delinea il profilo di un «professionista al passo col nuovo che avanza»

LA TRASFORMAZIONEDI UNA PROFESSIONE

“Il nuovo nella consulenza. C’è delnuovo nel mondo! Come vi si rap-porta il consulente?” È questo il titolo

del convegno organizzato dall’Associazioneprofessionale dei consulenti di direzione e or-ganizzazione, che si è tenuto il 4 luglio scorsoa Milano, per capire quali sono gli elementi chepiù impattano sul settore della consulenza.«Tra questi – sottolinea il presidente di ApcoMarco Beltrami – ci sono l’evoluzione dell’eco-nomia, le nuove tecnologie e l’apertura dinuovi mercati».

Quali mutamenti possono creare reali op-portunità di evoluzione del lavoro consu-lenziale?«Due aspetti stanno impattando sul nostro set-tore: l’esplosione del web 2.0, che apre un mer-cato di supporto alle aziende clienti sull’uso diqueste tecnologie al proprio interno (ad esempioprogetti di collaboration) o verso i loro clienti(ad esempio e-commerce, marketing) e che nellostesso tempo spinge noi consulenti a lavorare inmodo diverso; in secondo luogo, l’apertura deinuovi mercati dei paesi (una volta!) in via di svi-

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Marco BeltramiRAGION LIBERA|CONSULENZA D’IMPRESA

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Marco Beltrami, presidente dell’Associazione professionale

dei consulenti di direzione e organizzazione

luppo, ad esempio Cina e India, che creano alleaziende nostre clienti opportunità di crescita edi sbocchi commerciali, ma che richiedono stra-tegie e organizzazioni coerenti e, quindi, il con-tributo della consulenza».

Ha dichiarato che la gestione del cambia-mento è una competenza fondamentale perun consulente. Come avvengono i muta-menti e le trasformazioni di processi, per-sone, cultura e organizzazione? «La gestione del cambiamento è una disciplinamanageriale estremamente rilevante e vitalenell’economia moderna: la rapidità nell’ade-guarsi ai cambiamenti di diverso tipo (mercatoe tecnologia) e il pieno raggiungimento degliobiettivi progettuali fanno la differenza fra suc-cesso e fallimento. Il consulente può svolgereun duplice ruolo: di facilitatore e di esperto delprocesso. Come facilitatore osserva le dinami-che aziendali e interviene sui nodi critici, evi-denzia i rischi emergenti e suggerisce soluzioni.Come esperto del processo di cambiamentoaiuta l’azienda a gestire in maniera preventivae strutturata tutte le leve del cambiamento. Ilcontributo di un consulente qualificato è unfattore di successo importante. I relativi costivanno commisurati al potenziale danno chel’azienda subisce a non realizzare gli obiettiviprefissati».

La crisi che ha intaccato i mercati di tuttoil mondo ha dato una forte scossa a quelle

che si credevano essere realtà consolidate,ha generato una nuova economia, unanuova impresa, ha determinato nuovi as-setti aziendali. Quali dunque le nuove ne-cessità dei clienti?«La risposta dovrebbe essere lunga e articolata,sia per mercati che per aree geografiche. Si pos-sono comunque individuare due aspetti co-muni: la rapidità richiesta in ogni attività, dalledecisioni allo sviluppo prodotti alle consegne.La scala dei tempi ha subito una modifica dra-stica: le settimane di una volta ora sono giorni;l’adozione delle nuove tecnologie, che sono di-ventate fattori abilitanti di nuovi modelli dibusiness e come tali distintive».

Aprendo una finestra sul futuro, dovepotrà arrivare la trasformazione della pro-fessione?«Ci stiamo interrogando su questi aspetti e nediscutiamo continuamente. Certamente il mo-dello di relazione cliente-consulente è in via dicambiamento. Grande o piccolo che sia, ilcliente che si avvale di consulenti ha ora aspet-tative più alte. In prospettiva ora si aspetta nonmetodo, ma soluzioni specifiche e risultati.Metodologie e approcci sono apprezzati, masono dati per scontati, come normale strumen-tazione di lavoro che un consulente valido deveavere. Il cliente vuole ora competenze specifi-che su un’area aziendale o sui problemi dellasua industry di riferimento; una propositività

La gestione del cambiamento è unadisciplina manageriale

estremamente rilevante e vitale nell’economia

moderna

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che passi dai problemi espressi alle opportunitànascoste perché non è più l’epoca in cui i con-sulenti sono chiamati a trovare soluzioni a pro-blemi individuati e interiorizzati. I clienti silegano a consulenti che li aiutano a esplorarenuove opportunità, a cogliere problemi som-mersi, ad affrontare un futuro sempre più pre-sente, insomma cerca un consulente che sia“più avanti” di loro: il consulente deve essere ilportatore di visioni, prospettive, stimoli nonposseduti dal cliente stesso. Deve mettere incondizione l’azienda di fare un significativopasso in avanti. Non può limitarsi ad avere lostesso bagaglio di conoscenze del proprio in-terlocutore».

L’Associazione come aiuta in concreto iprofessionisti del settore a stare al passo coni tempi, arricchire, innovare e migliorare ilproprio bagaglio di competenze?«Apco ha l’obiettivo di favorire lo sviluppodella professionalità dei consulenti. Fra le di-verse iniziative che porta avanti, ne voglio se-gnalare due che ritengo di particolare valore:l’attività formativa, che copre sia le competenzebase sia il consulente di management deveavere sia i nuovi temi che si affacciano al mer-cato e il consulente deve conoscere e valutare;e il rilascio della certificazione Cmc (Certifiedmanagement consultant), sulla base di un mo-

dello di riferimento internazionale, che identi-fica consulenti che sono stati in grado di dimo-strare una significativa esperienza consulenzialee aiuta i clienti a riconoscere e selezionare con-sulenti sicuramente esperti professionali».

Fare il consulente è per molti laureatiun’aspirazione. Successo, contatti, interna-zionalità, retribuzione. La consulenza cheopportunità rappresenta oggi e le aspettativedi carriera sono davvero così alte?«In effetti un “mito” legato alla professionedel consulente è il “guadagno” raggiungibilee una vita professionale sempre a contattocon i decisori aziendali e spesso internazio-nale. Non voglio negare che si tratti di unaprofessione che porta, in media, a retribu-zioni interessanti, ma certamente con grandefatica, impegno e sacrificio e in ogni caso inlinea con altre attività intellettuali. Per chiinizia da giovane, normalmente la curva dicrescita dei primi anni è piuttosto interes-sante, ma è anche vero che l’impegno lavora-tivo, intellettuale e fisico richiesto è moltoforte e molti abbandonano. Il 10 marzo ab-biamo organizzato, in collaborazione con laLiuc di Castellanza su questo tema la tavolarotonda “Giovani consulenti di managementtra formazione, nuove opportunità e prospet-tive future”».

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Ferdinando PennarolaRAGION LIBERA|CONSULENZA D’IMPRESA

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I consulenti, per la loro creatività, capacità di problem solving e visione del futuro rimangono, per il professor Ferdinando Pennarola, gli alleati contro la crisi per il senior management delle aziende

MERCATO: DAL VENDITOREAL COMPRATORE

Idati pubblicati dalla Feaco, la Federazioneeuropea di tutte le società di consulenzaoperanti in Europa (Francia, Germania,

Regno Unito e Spagna), dicono che nel no-stro Paese il totale del fatturato della consu-lenza in rapporto al Pil è dello 0,19% control’1,09% della Germania, lo 0,43% della Fran-cia, l’1,10% del Regno Unito e lo 0,87% dellaSpagna. Si capisce che nelle nazioni citate illivello di “outsourcing” è maggiore, ovveroche le aziende fanno molta più leva sulle com-petenze e gli aiuti acquisibili tramite i servizidi consulenza di quanto non facciano le im-prese in Italia. Il professor Ferdinando Penna-rola, del Dipartimento di management etecnologia dell’Università Luigi Bocconi,spiega quale ruolo rivesta il management con-sulting nel sistema economico italiano.

Sembra di capire che i manager in Italiapreferiscono risolvere i loro problemi incasa, senza l’ausilio di competenze esterne. «In verità anche nel nostro Paese il manage-ment consulting è “istituzionalmente” chia-mato a risolvere i problemi delle imprese,apportando un know how specialistico, unpunto di vista esterno e un bagaglio di compe-tenze che l’azienda cliente non possiede. Avolte il ricorso a questo strumento è utile pro-prio per accelerare i processi di acquisizionedi conoscenze esterne, che sarebbero invecemolto rallentati se l’azienda cliente dovessecontare solo sulle risorse interne. Infine, dob-

biamo sottolineare che la consulenza alla pub-blica amministrazione nel nostro Paese non haancora i livelli di sviluppo che ha assunto adesempio in Francia, Germania e Regno Unito,e ciò potrebbe spiegare un dato aggregato ita-liano più contenuto».

Come sono cambiati negli ultimi anni irapporti tra imprese e consulenza? «Il management consulting nel nostro Paeseha avuto il primo boom di sviluppo verso la ›

di Renata Gualtieri

Ferdinando Pennarola, professore di Organizzazione e sistemi

informativi aziendale e docente di Management consulting

all’Università Luigi Bocconi di Milano

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metà degli anni 80. In 30 anni sono cambiatemolte cose. Quella più importante è che leaziende clienti hanno imparato ad acquistarei servizi di consulenza, semplicemente perchéhanno accumulato maggiore esperienza nelfarlo. Questo vuol dire che oggi sanno apprez-zare la differenza di un’offerta da un’altra - eleggere e scrivere un’offerta di un servizio in-tangibile di natura squisitamente professio-nale non è affatto facile - sanno allocare alconsulente i compiti a più elevato valore ag-giunto per l’azienda, sanno scegliere ed even-tualmente utilizzare più consulenticontemporaneamente a seconda delle compe-tenze necessarie. In altre parole, negli anni 80vi era un “mercato del venditore”, in cui i con-sulenti riuscivano ad imporre ai clienti conte-nuti, modalità di lavoro, prezzi. Oggi ilmercato è cambiato e potremmo definirlo“del compratore”, ovvero un rapporto in cuil’azienda cliente fa una gara tra i consulentiper selezionare il migliore e stabilisce in modomolto puntuale che cosa si aspetta di otteneredal contributo dei consulenti».

Quanto sono importanti i consulenti per

uscire dalla crisi?«Il problema è che anche i consulenti subi-scono la crisi e per le loro aziende vuol diretagliare posti di lavoro, faticosamente conqui-stati: si tratta di competenze professionali co-struite nel tempo e accuratamente “cresciute”all’interno della società di consulenza. Nelladifficoltà di questa situazione di crisi, i consu-lenti che hanno conservato il mix giusto dicreatività, di capacità di problem solving e divisione del futuro sono in linea di principiodegli alleati fenomenali per il senior manage-ment delle aziende clienti per uscire dallacrisi. Infatti, in circostanze come quelle cheabbiamo conosciuto in questi ultimi dueanni, uscire dalla crisi vuol dire spesso rein-ventare il business e, per farlo, le organizza-zioni hanno bisogno di spunti che vengonodall’esterno».

Si può ipotizzare un trasferimento dicompetenze manageriali per modernizzarela pubblica amministrazione?«Certamente. È quello che sta accadendonelle nazioni citate prima, e quindi lo pos-siamo auspicare anche in Italia. Se queste

Uscire dalla crisi vuol direreinventare il business e

per farlo le aziendehanno bisogno di spuntiche vengono dall’esterno

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competenze manageriali devono arrivare daiconsulenti è indispensabile che tra le parti siinstaurino rapporti di fiducia: senza la fidu-cia i consulenti non possono operare. Allostesso tempo, per ovvie ragioni di trasparenza,la pubblica amministrazione ha il dovere neiconfronti dei cittadini di stipulare contratti diacquisto chiari, controllabili nei risultati e conprestazioni misurabili. Per fare ciò moltospesso si ricorre a una “burocratizzazione” delrapporto con il consulente e, a volte, questadimensione è andata a scapito della fiducia.Attenzione quindi a non focalizzarsi solo sul“comprare bene” e perdere di vista “che cosa lapubblica amministrazione sta comprando”,sostituendo il valore del rispetto delle proce-dure con il valore delle capacità del consu-lente. In altre parole, processi di acquistotrasparenti e fiducia non devono andare incontrapposizione, ma possono e devono es-sere ben conciliati».

Su cosa si basa un percorso formativo perun consulente aziendale pronto a coglierele sfide del mercato?«Un consulente di management deve avere

una solida preparazione aziendale, oggi preva-lentemente offerta dalle facoltà di Economia edi Ingegneria. Un titolo di studio specialisticoin questi ambiti può non bastare e, in molticasi, è utile fare seguire, dopo un’esperienzasul campo, un corso specialistico a livello ma-ster. Il cocktail di corso di laurea più espe-rienza più master è il migliore perché ilconsulente deve poter vedere molte realtàaziendali e affrontare situazioni e problemi di-versi per essere in grado di portare un vero va-lore aggiunto all’azienda cliente, una capacitàche si costruisce con un percorso articolato diformazione ed esperienza. In subordine, dopoun titolo di studio al livello di laurea magi-strale è utile investire in aziende di consulenzache offrano al giovane candidato la possibilitàdi ruotare su molti e diversi incarichi, proprioper amplificare la ruota delle esperienze. Intutti i casi è importante ricordare che bisognasempre essere tra i più bravi del proprio corso,in quanto i consulenti sono molto selettivinell’individuare le loro giovani risorse produt-tive, per ovvie ragioni di qualità dei servizi chesono chiamati a erogare».

Ferdinando PennarolaRAGION LIBERA|CONSULENZA D’IMPRESA

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di Elisa Fiocchi

In una fase in cui i criteri di erogazione delle banche si mantengono selettivi, i Confidi offrono le loro garanzie e sperimentano nuove forme di aggregazione. Ne parla Francesco Bellotti

SOSTEGNO E MUTUALITÀ

La fase di «coda insidiosa» della crisi neiconfronti di imprese, banche e istitu-zioni è al centro del dibattito di Feder-

confidi, raccoltasi a Roma per la consuetaassemblea annuale. Di particolare interesse,come rivela il presidente Francesco Bellotti,risulta il tema sempre più attuale della patri-monializzazione, intesa come volontà di so-stegno all’attività dei Confidi qualestrumento di politica economica. «Dob-biamo infatti constatare – spiega – che nono-stante gli sforzi compiuti per adeguarsi ainuovi requisiti organizzativi e prudenziali im-posti dalla Vigilanza ai Confidi ex art. 107,non viene ancora adeguatamente ricono-

sciuto il maggior valore della garanzia». Nontanto in termini di merito, chiarisce Bellotti,quanto in termini di risparmio di capitale,«da accantonarsi dalle banche in virtù dellapiù favorevole ponderazione dell’intermedia-rio garante vigilato». Intanto, avanzanonuove sperimentazioni basate su sistemi dicogaranzie e progetti di aggregazione alterna-tiva tra Confidi al fine di rispondere conprontezza ed efficienza alle diverse istanze deiterritori.

A quali primi risultati ha condotto l’ac-cordo tra Retimpresa e Federconfidi peragevolare l’accesso al credito delle pmi concontratto di rete?«L’accordo quadro siglato in marzo è volto afavorire l’accesso al credito delle imprese or-ganizzate attraverso il contratto di rete disci-plinato dal decreto legge 78/2010 econvertito nella legge 122/2010. Federcon-fidi, riconoscendo l’importanza del nuovocontratto di rete e la rilevanza in termini diinnovazione e competitività di tali pro-grammi di collaborazione, si fa promotore diiniziative da parte dei confidi associati. Alfine di valorizzare le opportunità di collabo-razione tra il sistema dei Confidi e quellodelle imprese organizzate in rete è stato co-stituito un gruppo di lavoro con l’obiettivodi predisporre le linee guida per l’individua-zione di criteri e metodologie per la valuta-zione di tali aggregazioni nelladeterminazione del profilo di rischio. Ilprimo progetto pilota, siglato tra ConfidiAgrigento, Caltanisetta e Trapani, è stato rea-

Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi

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Francesco Bellotti RAGION LIBERA|ACCESSO AL CREDITO

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lizzato a fine aprile. Sono in fase di sperimen-tazione gli effettivi vantaggi verso i diversi at-tori coinvolti - imprese e banche - chepossono derivare da tale forma alternativa diaggregazione tra Confidi».

Nel 2009 sono stati destinati oltre 9 mi-liardi di nuove garanzie in sostegno delleimprese, una cintura di protezione che, se-condo le proiezioni di Assoconfidi, nel2010 si è allargata del 15%. Come giudical’andamento dei finanziamenti nel 2011? «Nel nostro sistema dei confidi dell’area con-findustriale gli affidamenti garantiti in esseredei 47 confidi associati ammontano a fine2010 a oltre 14,1 miliardi di euro, eviden-ziando un incremento del 9,9% rispetto al2009. Gli affidamenti garantiti in essere daiconfidi di maggiori dimensioni, sottopostialla vigilanza della Banca di Italia, ammon-tano per 15 confidi iscritti nell’elenco spe-ciale a oltre 12 miliardi di euro. Essirappresentano l’86% del totale degli affida-menti garantiti in essere. I dati confermano,se pur contenuta, una ripresa positiva dopo

il 2009».La difficoltà a quantificare le misure di

sostegno all’accesso al credito per alcuneregioni quanto può influire sul sistema deiConfidi?«Alla politica nazionale, alle Regioni, alle Ca-mere di Commercio e alle istituzioni, i Con-fidi continuano a sollecitare strumenti dipatrimonializzazione al fine di mantenere glistessi livelli di operatività pre-crisi. Anche gliimprenditori sono chiamati a fare la propriaparte nel sostegno alla mutualità, che è benecomune delle imprese. Apporti al capitale deinostri Confidi rappresentano una forma diinvestimento per le nostre imprese; commis-sioni di garanzia più direttamente correlatealle logiche di mercato rappresentano un’as-sunzione di responsabilità. Con le Regioni eUnioncamere, storici sostenitori dei Confidi,abbiamo iniziato un confronto costruttivo alfine di individuare le forme tecniche più ap-propriate per far valere le loro risorse ai finidel computo del patrimonio di vigilanza».

Quali altri fattori di rischio minacciano

Gli affidamenti garantiti in essere dei 47 Confidi associatiammontano nel 2010 a oltre 14,1 miliardi di euro

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il sostegno alle imprese? «I dati dell’Istat sull’accesso al credito eviden-ziano come nel 2010 un’impresa su due ha ri-cercato finanziamenti presso i mercatifinanziari. Il dato risulta in crescita rispetto al2007 quando le imprese che si erano rivolte almercato erano il 36,5%. A questo incrementodella domanda di credito corrisponde una cre-scita dei casi di “insuccesso” o di “successoparziale” che passa dal 16,1% del 2007 al35,6% del 2010. Dal punto di vista del mer-cato le imprese hanno dichiarato di aver per-cepito un peggioramento nella disponibilitàdelle banche a erogare finanziamenti, oltre cheun aumento nei costi per ottenere credito.Banca d’Italia conferma che, pur essendosi at-tenuato nel tempo il forte irrigidimento del2009, i criteri di erogazione delle banche sisono mantenuti molto selettivi. In questoquadro finanziario i Confidi non hanno fattomancare il loro sostegno, infatti, i loro dati dibilancio attestano la volontà di resistenza e lapervicacia nell’azione di mutualità nel corso2010. Il Confidi “vale” per il patrimonio diinformazioni sulle proprie associate, imprese,

nonché per il patrimonio di garanzia che allestesse, meritevoli, riconosce verso le banche.Coerentemente, la conoscenza dell’anda-mento della posizione di rischio non è solo unprecetto della Vigilanza; è la misura di unasana e prudente gestione che connota l’agiredi ogni Confidi, a prescindere dalle dimen-sioni maggiori o minori».

Dove s’indirizza l’azione futura deiConfidi?«Sta a noi dare conto dell’attività dei Con-fidi, marcandone con forza la loro naturaibrida a metà tra intermediario finanziario estrumento di politica economica, senza di-menticare la sua funzione primaria di“anello” che salda imprese richiedenti ed ero-gatori del credito. Anche gli sforzi di proce-dere alle aggregazioni per fusioni, conacquisizione dello stato di Confidi vigilato,sono state perfezionate o sono in via di defi-nizione ma hanno mostrato di non esserel’unica formula: ora si sperimentano sistemidi cogaranzie e si costituiscono reti di Con-fidi al fine di rispondere con prontezza ed ef-ficienza alle diverse istanze dei territori».

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NUOVE ESIGENZE FINANZIARIE

Unionfidi è il più grande soggetto pri-vato che offre garanzie per i fidi ban-cari alle piccole e medie aziende

italiane. Fondata a Torino nel 1975, la societàcooperativa ha lo scopo di agevolare l’accesso alcredito delle imprese associate, attraverso laprestazione di garanzie, e fornisce loro assi-stenza manageriale in materia finanziaria e cre-ditizia. «Nel primo semestre dell’anno,registriamo un totale di richieste di garanzieper oltre 200 milioni di euro, a fronte di oltre400 milioni di finanziamenti sottostanti», di-chiara il presidente Pietro Mulatero, mettendoin evidenza come il trend e la tipologia dellerichieste ricalchi sostanzialmente l’andamentodel 2010.

In che modo Unionfidi ha sostenuto gliimprenditori negli ultimi anni e nel 2011? «Il sostegno è garantito da specifici “prodotti”

di finanziamento realizzati con le banche. Sitratta usualmente di fidi a medio termine (3 o 5anni di durata), con la garanzia del Confidi peril 50%, condizioni (spread banca e commissionial Confidi) esposte in modo trasparente e gra-duate in funzione della classe di rating cui ap-partiene il socio. Negli anni scorsi questeoperazioni hanno avuto molto seguito inquanto destinate a investimenti, essenzialmentedi macchinari e attrezzature, ma anche alla ri-cerca. Dal 2008, con l’inizio della crisi che statuttora connotando l’economia di molti paesi, eche sta interessando in modo particolare le pmi,tali investimenti sono progressivamente dimi-nuiti e con loro le esigenze finanziarie a mediotermine, per cui Unionfidi si è prontamenteadattato a tale situazione prevedendo anche e,soprattutto, interventi di garanzia su operazionia breve termine, a fronte di esigenze di “circo-lante”, quale anticipo contratti, anticipo fatturee altre operazioni. Nel 2011, con una lieve ri-presa, i due filoni operativi procedono in paral-lelo, anche se continuano a prevalere ifinanziamenti a medio termine».

Quali settori dell’economia si rivolgono avoi per maggiori finanziamenti?«Con un 20% circa il comparto delle lavora-zioni meccaniche in generale (che ancora con-nota l’industria del Piemonte - ove risiedel’80% circa dell'attività del Confidi - seguitodall’edilizia e costruzioni (circa 18%), dall’im-piantistica e apparecchiature elettroniche (ri-spettivamente con un 9 e 8% circa).Significativo il peso dell’industria chimica con

Prevalgono le operazioni di breve e medio termine.Unionfidi si adatta e, in un’ottica di rafforzamentopatrimoniale, vara strumenti finanziari partecipativiper un milione di euro, lanciando un aumento di capitale presso i propri socidi Elisa Fiocchi

Pietro Mulatero, presidente di Unionfidi Piemonte

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l’8,5% circa. Un rilievo a parte va fatto per laproduzione e distribuzione di energia (9,5%circa) riconducibile agli impianti di fotovol-taico e di altre energie rinnovabili, uno deipochi settori in cui sono avvenuti in questi ul-timi anni significativi investimenti».

Quali strumenti e facilitazioni mettete adisposizione delle imprese?«Per aumentare e migliorare la nostra “capa-cità di garanzia” facciamo sistematicamente ri-corso - ove possibile - ai controgarantiistituzionali (Fondo centrale, Fei e Fondo diriassicurazione delle pmi della Regione Pie-monte), tanto che oltre il 65% delle nostre ga-ranzie risulta contro garantito.Particolarmente utile e apprezzata dai confidie dalle banche è la controgaranzia del Fondocentrale di garanzia con la “ponderazionezero”, in virtù del rischio sovrano, che coprel’80% della garanzia rilasciata dal confidi enon comporta assorbimento di capitale ai finidella vigilanza. Lo stesso nuovo status, recen-temente conseguito, di confidi iscritto nel-l’elenco speciale degli intermediari vigilati “ex107 TUB” potrà costituire un elemento ag-

giuntivo per rafforzare il supporto ai nostrisoci, disponendo ora di garanzie “più pesanti”nei confronti delle banche».

Nell’ottica del rafforzamento patrimo-niale, Unionfidi ha individuato diversi stru-menti e percorsi, con il supporto di enti eistituzioni del territorio. «Occorre innanzitutto dare atto alle istituzionidel territorio, quali Regione Piemonte e Ca-mera di Commercio di Torino, della sensibilitàdimostrata verso il sistema dei confidi, conconcreti interventi ai fini del loro rafforza-mento patrimoniale mediante, rispettiva-mente, la rimozione di precedenti vincoli didestinazione su fondi già assegnati ai confidi(onde poterli meglio valorizzare ai fini del PV)e la dazione di risorse sotto forma di fondo ri-schi. Unionfidi ha poi varato, con specifica de-libera assembleare, strumenti finanziaripartecipativi per 1 milione di euro, in partesottoscritti dalle due principali associazioni diriferimento, Unione industriale e Api Torino,e contestualmente ha lanciato un aumento dicapitale presso i propri soci che si concluderàa fine anno».

Tra i settori che maggiormente hanno fruito delle nostregaranzie figura, con un 20% circa, il comparto delle lavorazionimeccaniche in generale

Pietro Mulatero RAGION LIBERA|ACCESSO AL CREDITO

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Èdi questi giorni la notizia di un datopoco rassicurante che emerge dai ri-sultati del primo anno di lavoro delprogetto "Welfare, Italia. Laboratorio

per le nuove politiche sociali" di Censis e Uni-pol: il 42% dei lavoratori dipendenti che oggihanno tra i 25 e i 34 anni andrà in pensione,nel 2050, con meno di 1.000 euro al mese. Equesto dato riguarda i più “fortunati” ovveroquei giovani che ad oggi possono contare su uncontratto standard e sono ben inseriti nel mer-cato del lavoro. La necessità di una riforma seriae “strutturale” delle pensioni è quindi quantomai necessaria e di primaria importanza. Mas-simo Navach, appartenente al foro di Bari, af-fronta questa tematica e le problematiche legateal mondo del lavoro.

Quali sono i problemi più frequenti che sitrova ad affrontare in tema di diritto del la-voro e di previdenza in un momento di crisi

come questo?«La conservazione del posto di lavoro è la prin-cipale fonte di seria preoccupazione per gli ita-liani che intendono mettere a frutto i loro studi,le loro esperienze e le loro capacità. Ma per su-perare il problema è necessario che vengano ef-fettuate una serie di riforme ad ampio raggio nelnostro Paese».

Come si può garantire la sicurezza occupa-zionale?«Innanzitutto, la riforma delle pensioni, checonsentirà di rendere meno precario il lavorodei giovani. In ogni caso la riforma delle pen-sioni da sola non può essere sufficiente, ma è ne-cessario che venga inserita in un contesto diriforme di carattere vario e generale. Mi riferiscoall’introduzione di una maggiore concorrenzaper aprire i mercati e ridurre le rendite. Inoltresarebbe necessaria la liberalizzazione dei servizi,e specialmente dei servizi pubblici locali. Urge

Previdenza. Necessità della riforma delle pensioni.Conservazione del posto di lavoro.Con Massimo Navach, parliamo dei problemilegati al mondo del lavoro

di Nicoletta BucciarelliIL MONDO DEL LAVORO,UN SISTEMA DA RISTRUTTURARE

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Massimo NavachRAGION LIBERA|DIRITTO DEL LAVORO

presi in considerazione».Previdenza. Un tema in Italia sempre di co-

stante attualità. Qual è la sua opinione a ri-guardo?«Il sistema previdenziale, e principalmentequello assistenziale, ha bisogno, oggi più chemai, di una seria, inequivocabile e stabile nor-mativa che non venga manomessa o modificatadalle varie leggi in discussione.A mio avviso, è necessario riscrivere con chia-rezza, in un unico testo, le norme del diritto as-sistenziale, tuttora disperse in numerosedisposizioni legislative che sono state ripetuta-mente riviste. In particolare sarebbe necessariointervenire sul principio del contraddittorio, eli-minando equivoci e la possibilità di diverse in-terpretazioni. È necessario indicare in manieraprecisa il titolare del rapporto obbligazionario,

anche la ristrutturazione dell’Istituto Previden-ziale che prevede norme nuove, precise e piùsnelle, soprattutto nel settore contributivo e inquello ispettivo. Un altro aspetto che sarebbeimportante approfondire riguarda l’adempi-mento dei controlli sull’osservanza della legalitàoccupazionale e sulla sicurezza del lavoro. Oc-corre infine effettuare una drastica e severa lottaall’evasione fiscale, ancora elevata, soprattuttonel settore artigianale, e al lavoro nero. In que-sto modo si riuscirebbe a far emergere il som-merso e sarebbe possibile recuperare quella partedi denaro utile ad incentivare effettivamente unaricerca necessaria e produttiva che porterebbe adun sicuro progresso socio-economico».

Quali sono i difetti dell’attuale sistema dellavoro?«Quello che posso affermare è che il passaggioda una incivile fase “da padrone delle ferriere” aquella, non certo migliore, di “rivolta dellemasse popolari” non è sicuramente la soluzioneai problemi del mondo del lavoro. Da moltotempo, per cosciente intuizione di tutti, si è fi-nalmente instaurato un giusto contempera-mento delle varie classi sociali. Mi riferisco aimprenditori e prestatori di lavoro. I tempisono, pertanto, maturi per avviare un serio elungimirante programma sociale che tengaconto delle difficoltà sempre affioranti nel set-tore economico industriale ma che allo stessotempo non ponga in secondo piano la necessitàdi un sereno e tranquillo modus vivendi daparte di chi, con responsabilità e dignità,espleta l’importante funzione di valido colla-boratore. Ben venga a tal proposito, l’esorta-zione del ministro Brunetta alla meritocrazia,per molto tempo rimasta assopita, e alla dili-genza operosa cui non va disgiunta la prepara-zione e il costante aggiornamento. Aspetti chefino a questo momento non sono stati molto 211

L’avvocato Massimo Navach insieme ai suoi collaboratori

[email protected]

Concordo con il sistemapensionistico in vigore in alcunidei Paesi dell’area dell’OCSE,incentrato sul legame direttofra l’aspettativa di vita crescentee l’adeguamento automaticodell’età del pensionamento

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ancora rimesso alla libera interpretazione giuri-sprudenziale tra Ministero dell’Economia e delleFinanze, Regione e INPS, e in quella di esecu-zione all’equiparazione, nell’adempimento delpagamento, della disparità di trattamento, dal2002 ancor più acuita, tra privato e PubblicaAmministrazione, con molta ipocrisia giustifi-cata dalla necessità di un sufficiente “spatiumdeliberandi”. Questo anche in considerazionedella mole di richieste di pagamento, ad oggidel tutto irrazionale se ben si consideri gli effi-cienti e potenti mezzi telematici di cui è dotatol’Inps».

Oltre a norme mirate che cosa occorre-rebbe fare?«All’individuazione di norme precise deve altresìcorrispondere la breve durata del procedimentogiudiziario. L’estenuante lentezza delle causeprevidenziali e di lavoro rappresentano sicura-mente un aspetto negativo che deve assoluta-mente essere modificato. È necessario che sivada incontro ad un iter processuale diverso epiù snello. Anche in questo campo molto spessosi sfocia nell’ipocrisia allorquando si vuol riporre

nella carenza di personale amministrativo e giu-dicante, la soluzione di un problema che af-fonda le sue radici propriamente in ben altresituazioni non adeguatamente fronteggiate daigoverni precedenti. A tutto svantaggio natural-mente della parte più debole, cioè della parteinvalida che necessita di cure e assistenza, nelrapporto costituzionalmente tutelato».

Fra i tanti modelli di previdenza, esisteun modello straniero a cui varrebbe lapena ispirarsi?«Concordo con il sistema pensionistico in vi-gore in alcuni dei Paesi dell’area dell’Ocse,incentrato sul legame diretto fra l’aspettativadi vita crescente e l’adeguamento automaticodell’età del pensionamento. Fra quelli con imaggiori diritti pensionistici, quattro leganol’età del ritiro all’evoluzione dell’aspettativa divita. La Danimarca è stata la prima a intro-durre questo tipo di innovazione, seguita dallaFinlandia e dalla Svezia, quindi dall’Unghe-ria. Alla base di queste misure, c’è l’idea diuna suddivisione più equilibrata del costoprevidenziale fra le generazioni».212

Massimo NavachDIRITTO DEL LAVORO|RAGIONLIBERA

Il sistema previdenziale ha bisogno di una seria,inequivocabile e stabile normativa che non venga manomessa

o modificata dalle varie leggi in discussione

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«L’assistenza professionale è unaspetto che sta assumendoun’importanza primaria in am-bito societario, fiscale, tributario

e del lavoro», afferma Alfio Catalano dello StudioCatalano & Associati di Bergamo, nato per for-nire consulenze professionali e assistenza. Negliultimi anni si sono infatti verificati dei processiche hanno portato alla necessità di un impiegosempre maggiore della figura professionale delconsulente aziendale. Globalizzazione, comples-sità della fase di crisi economica, proliferazione dinorme in campo fiscale e del lavoro, hanno com-portato per le imprese un continuo cambiamentosia dello stile di conduzione e organizzazione deifattori produttivi, sia della gestione amministra-tiva e delle risorse umane. «Le condizioni attuali»prosegue Alfio Catalano, «impongono alle aziendesempre maggiore competitività ed efficienza, in-ducendole a focalizzare l’attenzione sulle attivitàche costituiscono il proprio core business. In que-sto contesto è necessario essere assistiti da specia-

listi che forniscano pareri, espletino pratiche e ingenere assistano nelle scelte strategiche e negliadempimenti cui sono soggette». Le attività se-guite da una struttura come lo Studio Catalano& Associati derivano in modo particolare dalleconseguenze cha fanno seguito al biennio di crisieconomica che molte realtà industriali hanno at-traversato. «Oggi diventano più frequenti le ope-razioni straordinarie di ristrutturazione eriorganizzazione aziendale come cessioni o acqui-sizioni e il nostro studio, avvalendosi di professio-nalità integrate multidisciplinari, segue l’impresasia per l’aspetto societario, sia per il trasferimentodelle risorse umane da una società all’altra». Unaspetto fondamentale per il Consulente del La-voro è la tempestività. «Oggi il dinamismo delmercato» riprende Alfio Catalano, «chiede diidentificare le criticità su cui orientare gli inter-venti per ottenere risultati soddisfacenti. Per que-sto occorre rispondere in tempo reale e concompetenza professionale alle esigenze delle im-prese». Oltre questi aspetti, i professionisti dello

Scelte strategiche, riorganizzazione aziendale, cambi generazionali e gestione del capitale umano. Sono sempre più numerosi i settori in cui le impresenecessitano di assistenza, soprattutto in un periodocome quello attuale

di Nicoletta Bucciarelli

COMPETITIVITÀ ED EFFICIENZAPER IL SISTEMA IMPRESA

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Alfio CatalanoRAGION LIBERA|CONSULENZA

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studio, in funzione di consulenti delegati della“Fondazione Consulenti per il Lavoro”, vera e pro-pria agenzia per il lavoro, si occupano di interme-diazione, ricerca, selezione e ricollocazione delpersonale. «È un lavoro che va ad abbracciareaspetti sociali.» Affermano gli altri due associati distudio, Fabio Furlan e Daniele Mazzocchi, i due expraticanti, ora Consulenti del Lavoro, coinvoltinel nuovo assetto strutturale, organizzativo e ge-stionale dello studio da Alfio Catalano, l’associatosenior. «Al di là degli aspetti tecnici dell’ammini-strazione del personale, si tratta di seguire anchedinamiche legate alla giusta retribuzione, alla car-riera lavorativa, all’accumulo previdenziale, al si-stema assistenziale nonché alla ricollocazione deilavoratori nel processo produttivo, attivando tuttii sistemi agevolativi previsti dalla legge, compresoil tirocinio formativo». In questo contesto va adinserirsi la gestione delle risorse umane e l’orga-nizzazione aziendale. «Siamo consci» proseguonogli associati Furlan e Mazzocchi, «che il capitaleumano in azienda costituisca il migliore investi-mento e pertanto occorra valorizzarlo. Di qui la

necessità di porre attenzione a una serie di stru-menti quali, ad esempio, la progettazione di ap-positi piani formativi per rendere più professionalii collaboratori, l’impianto di un sistema di retri-buzione variabile e premiante in base al risultato el’istituzione di corsi per far crescere il senso di au-tostima».Altro settore delicato dove bisogna inter-venire con molta competenza è quello delpassaggio generazionale specie nelle aziende a con-duzione familiare. «La complessità del passaggiogenerazionale» spiega Catalano «deriva non tantodal processo di ricambio di leadership, piuttostodal fatto che spesso costituisce elemento scate-nante delle contraddizioni già presenti nell’im-presa familiare in ogni suo ambito, finanziario,politico-aziendale, strategico. Il nostro compito di-venta perciò quello di pianificare la continuità purconsentendo uno sviluppo dinamico della tran-sizione medesima. Vi sono molti passaggi corre-lati fra loro che se non gestiti in modocoordinato e nei tempi programmati costitui-scono motivo di dissesto e non di migliora-mento della situazione aziendale».

Alfio Catalano, associato senior dello studio insieme a Fabio Furlan e Daniele Mazzocchi, gli altri due associati dello Studio Catalano & Associati. In questa pagina, un collaboratore dello studio al lavoro [email protected]

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Gli incidenti prodotti negli ultimianni nei luoghi di lavoro sono statiinnumerevoli. Eppure, «il bilanciodelle denunce pervenute all’Inail il

30 aprile 2010 rivela, nonostante tutto, un calodel 9,7% degli infortuni sul lavoro avvenuti nel2009 rispetto al 2008: la flessione più alta regi-stratasi dal 1993». Lo sa bene Salvatore Sergio,titolare della società Prevenzione & Sicurezza diBrindisi, che dal 1990, dopo anni di esperienzacome vigile del fuoco, ha preso a cuore la deli-cata questione della sicurezza sui luoghi di la-voro per portarla avanti senza sosta con ottimirisultati per le aziende di cui è responsabile dellasicurezza, formatore e addestratore. Il tentativocostante di sensibilizzare il mondo del lavorosull’imprescindibilità della prevenzione e sicu-rezza, «non è stato facile anche perché il pro-blema veniva trattato in maniera marginalesoprattutto dalle istituzioni. Il dramma degli in-fortuni mortali rimaneva e il numero di vittimeaddirittura aumentava». Per arginare il feno-meno, tappa fondamentale è stata la legge626/94, abrogata nel 2008 con l’annessa intro-duzione del “Testo unico sulla sicurezza sul la-voro – D.Lgs. 81/08”. «La strada da percorrereè quella della costruzione e diffusione della cul-tura della sicurezza e della prevenzione nei luo-ghi di lavoro, riservando ampio spazio a tutte leattività e iniziative che concorrono a un efficacecontrasto del fenomeno degli infortuni – af-ferma Sergio –, nella consapevolezza di doverpromuovere un vero e proprio cambiamentoculturale in cui il lavoratore, a prescindere dalproprio ruolo, faccia parte di un collettivo pro-

di Giulio Conti

Il rispetto delle normative ha portato a un calo degli infortuni sul lavoro. Per Salvatore Sergio è tempo che la sicurezza divenga cultura

LA CULTURA DELLA SICUREZZANEI LUOGHI DI LAVORO

cesso di sensibilizzazione e responsabilizza-zione». Ed è in quest’ottica che Prevenzione &Sicurezza lavora da anni, allargando la consu-lenza in attività di progettazione, realizzazione emanutenzione di impianti antincendio ancheper grosse realtà industriali della provincia diBrindisi e non solo. «Siamo impegnati anche inservizi di consulenza ambientale, nell’istituzionedi corsi di formazione per lavoratori e datori dilavoro, nella realizzazione di segnaletica di sicu-rezza; disponiamo inoltre di un campo prove perl’addestramento previsto dal Testo unico». L’impegno di Sergio ricalca un concreto auspi-cio. «Spero che la sicurezza venga consideratanon solo come un adempimento meramenteburocratico ma quale tratto distintivo di ogniazienda e della cultura del lavoro».

Salvatore Sergio è titolare di Prevenzione & Sicurezza

con sede a Brindisi

[email protected]

Salvatore SergioSICUREZZA SUL LAVORO|RAGION LIBERA

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Gli “Scritti sulla conoscenza, la storiae la politica” di Karl Popper, filosofoepistemologo di straordinaria sta-tura intellettuale, spiegano il con-

cetto che li intitola, “Tutta la vita è risolvereproblemi”, applicabile a qualsiasi ambito in cui cisi trovi ad agire e produrre. Ed è questa base con-cettuale che Giuseppe Bassi, ingegnere del-l’omonimo studio tecnico di Bergamo, ha citatoper descrivere il libero professionismo, con leproblematiche che oggi più di prima lo caratte-rizzano e la profonda passione di chi, come lui,lo ha scelto non solo per ragioni tramandate.«Progettare, costruire, pianificare, modellare:cambiare la realtà fisica di oggetti e opere, è sem-

di Giulio Conti

Conoscere, capire e modificare la realtà, «per migliorare la vita degli uomini con un minorimpiego di risorse sottratte alla collettività e alla naturastessa». Questo per Giuseppe Bassi rappresenta il sottileequilibrio costruttivo

VERSO COSTRUZIONICONSAPEVOLI

pre stato il mio costante pensiero fisso e, forseprevedibilmente, il “mestiere” di mio padre».

Quali evoluzioni ha subìto la professionetecnico-ingegneristica?«Sono cambiate le modalità di svolgimento dellaprofessione, anche se non sempre nella direzionemigliore. Ma quale tecnico fiduciario e profes-sionista coinvolto in incarichi di rilevanza pub-blica, posso solo ribadire l’importanza delrapporto di fiducia tra un cliente, con le sue ideee intuizioni, e l’esperto scelto per far emergerequeste intuizioni e convertirle in elementi tec-nico-amministrativi. A differenza del passato poi,oggi viene richiesta una prestazione professionalecompleta e multidisciplinare, che richiede l’in-218

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Giuseppe BassiRAGION LIBERA|INGEGNERIA

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In apertura, la filiale di Bergamo della Banca d’Italia. In basso, a partire da destra, l’ingegnere Giuseppe Bassi dell’omonimo studio tecnico di Bergamoe alcune fasi di canterizzazione edilizia [email protected]

tervento di numerosi operatori specializzati.Ogni professionista deve quindi porsi il pro-blema di dare servizi che non siano solo formali,ma che risolvano problemi, che siano un effet-tivo aiuto al miglioramento della vita delle per-sone che lo richiedono».

In quale sistema, secondo lei, vengono im-messi i giovani che scelgono la libera profes-sione?«È a tutti evidente come oggi la libera professionesia sottoposta a troppi e pesanti “paletti”, dalpunto di vista formativo e occupazionale, ecome, per questo, sia divenuta una scelta intra-presa da persone realmente appassionate al me-stiere. Non vi è nessun buon risultatoprofessionale se non nasce da un impulso di pas-sione che induce a conoscere, capire e modificarein meglio la realtà, per migliorare la vita degli uo-mini con un minor impiego di risorse sottrattealla collettività e alla natura stessa. In definitiva,ogni professionista deve trovare il giusto equili-brio tra la soddisfazione delle esigenze del clientee il rispetto degli indirizzi che la collettività ha li-beramente scelto e trasferito in norme e leggi».

In che termini è possibile definire l’efficaciadi un servizio professionale?«Misurare la qualità e la produttività di un servi-zio professionale non è certo cosa semplice o de-legabile a un’equazione: è ineliminabile la famosaasimmetria informativa che caratterizza le pro-fessioni. Io posso però testimoniare che la primadelle qualità di un buon servizio è la tensione a

raggiungere gli obiettivi che un committente sipropone. E non è affatto scontato, ma alla basedi grandi risultati vi è sempre una grande colla-borazione tra chi progetta e di chi amministra».

La sua affermazione è più un auspicio ofrutto d’esperienza?«Sono molti gli impegni lavorativi svolti in Italiama anche in ambiti internazionali, che hannorinforzato nel tempo le mie concezioni sul signi-ficato di un buon servizio professionale. Tra que-sti, grande entusiasmo e collaborazione si è avutaad esempio, tra i professionisti che lavoranopresso il mio studio e i tecnici della Banca d’Ita-lia per i lavori svolti per la trasformazione della fi-liale di Bergamo in centro specializzato per iltrattamento del contante; oppure con i tecnici emaestri birrai italiani e belgi per la birreria diComun Nuovo; e ancora con i tecnici del Co-mune di Bergamo per i vari incarichi ricevuti intanti anni, dalla sistemazione della biblioteca Ca-versazzi ai collaudi delle opere di urbanizzazioneper il nuovo ospedale».

Ogni professionista deve trovare il giusto equilibrio tra la soddisfazionedelle esigenze del cliente e il rispettodegli indirizzi che la collettività hascelto e trasferito in norme

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R innovabili ancora nell’occhio delciclone. Il 5 maggio, dopo variediscussioni, si è giunti alla firmadel Decreto che definisce il nuovo

regime di incentivi per il fotovoltaico. Il 4 lu-glio il ministro Romani smentisce i tagli agliincentivi per le rinnovabili nel decreto leggesulla Manovra al Colle. Le fonti rinnovabilinon smettono di essere un tema scottante. Nediscutiamo con Carini, Amministratore di Koi-mer, azienda del bergamasco che progetta e in-stalla impianti fotovoltaici sia a terra che sutetto. «La nostra struttura aziendale, a seguitodel decreto, ha subito un cambiamento dra-stico. Se prima infatti eravamo in totale svi-luppo, con un personale che era passato da 4 a27 persone, con il decreto Romani abbiamodovuto interrompere rapporti con nostri col-laboratori. Stiamo attraversando una fase pocochiara, di transizione. Soprattutto per quantoriguarda le banche, molto titubanti nel conce-dere i finanziamenti. E la stessa perplessità la ri-scontriamo anche nei privati». Il mercato dellaKoimer, in ogni caso, è riuscito a mantenersistabile. «Fortunatamente noi stiamo ancora la-

vorando molto, anche se il futuro è ancora ab-bastanza incerto. La nostra solidità nel mercatodel fotovoltaico è dovuta principalmente allanostra organizzazione interna. Quello che cidifferenzia dalle altre aziende che si occupanodi fotovoltaico sta nel poter offrire una filieracompleta: dalle strutture, al montaggio, al ca-blaggio dell’impianto. Forniamo il cosiddettoimpianto chiavi in mano. I nostri clienti gene-ralmente comprano pannelli e inverter e pertutto il resto provvediamo noi. Inizialmentesiamo nati come installatori conto terzi, ma adoggi la peculiarità che ci rende importanti con-siste nel riuscire ad installare direttamente strut-ture nostre, da noi progettate e costruite inazienda, fornendo in questo modo anche unamaggiore garanzia in quanto ci assumiamotutte le responsabilità dell’impianto che vienerealizzato. Questo è quello che ci differenzia damolti altri e che rappresenta il nostro punto diforza. Koimer nel 2010 ha infatti realizzato im-pianti per circa 14 megawatt compresi i campifotovoltaici. Ciò che facciamo è offrire dal pic-colo impianto da tre kilowatt che serve alla fa-miglia fino al grande impianto per le

Come viene gestita la politicaenergetica nel nostro paese? La situazione delle rinnovabilidalla voce di Pierluigi Carini,Amministratore di Koimer

PIÙ CHIAREZZA PER LO SVILUPPO DEL FOTOVOLTAICOdi Nicoletta Bucciarelli

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Pierluigi CariniRAGION LIBERA|RINNOVABILI

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industrie». Impianti che vengono realizzati sem-pre da personale specializzato. «Ovviamente»spiega Carini, «il lavoro d’installazione dei pan-nelli sui tetti comporta dei rischi, per questo èimportante che il nostro personale lavori intutta sicurezza. Siamo in possesso delle certifi-cazioni e i nostri installatori sono qualificati e sispecializzano in corsi presso la scuola edile diBergamo. La sicurezza è garantita anche attra-verso l’acquisto di attrezzature proprie qualiponteggi, mezzi di sollevamento ecc. con ilsupporto dell’ufficio tecnico di progettazione.Oltre all’aspetto tecnico anche la ricerca rap-presenta una caratteristica fondamentale perKoimer; stiamo infatti portando avanti unaserie di studi legati ai tetti ventilati». L’annoappena trascorso è stato un anno importante edecisivo per il settore delle rinnovabili. «Pro-prio nel 2010 abbiamo riscontrato una forteespansione» prosegue Carini. «Abbiamo poisubito un rallentamento, un blocco di duemesi, dovuto al quarto conto energia. Siamoriusciti in ogni caso a non avere una battutad’arresto netta ma a portare comunque avantiil nostro lavoro. Anche per questo motivo

siamo diventati un punto di riferimento im-portante per le aziende che vendono impiantifotovoltaici, perché abbiamo una serie di ga-ranzie che altri non hanno. In questo settoreesiste infatti una frammentazione e una divi-sione dei ruoli: chi vende le strutture, chivende gli inverter, chi fa cablaggi. Noi siamoriusciti invece a rinchiudere tutti questi aspettiall’interno della nostra realtà». Futuro incertoper il settore, ma anche segnali di ripresa im-portanti. «Stiamo monitorando una forteespansione», precisa Carini,«anche dovuta al-l’arresto del programma legato al nucleare.Probabilmente il settore fotovoltaico gioveràdell’abrogazione della norma». Il nuovo contoenergia, in vigore dal 2011 al 2013, punta apremiare con incentivi maggiori i piccoli im-pianti, come quelli domestici e architettoni-camente integrati, rispetto a quelli a terra.«Urge la necessità» conclude Carini, «di creareuna regolamentazione più ferrea che serva aevitare le speculazioni che, come in ogni altrosettore redditizio, esistono anche qui. In ognicaso è indispensabile avere delle direttive giu-ste su come dobbiamo muoverci».

Nelle immagini

alcune fasi

di lavorazione

eseguite dalla

Koimer Srl

www.koimer.com

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di Lucrezia Gennari

Le grandi centrali a biomasse hanno messo in crisi le aziende che producono pannelli da legno riciclato.Secondo Alessandro Saviola, le istituzioni dovrebberolimitare gli incentivi ai materiali non riciclabili

IL DESTINO DEL LEGNONON È SOLO BIOMASSA

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Alessandro SaviolaRAGION LIBERA|MATERIALI ECOLOGICI

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Un pannello ecologico al 100%. Natoda legno riciclato e realizzato con unprocesso di produzione a impattoambientale positivo. Quello del

gruppo Saviola di Viadana, una tra le primeaziende green in Italia, è un pannello pressochéidentico a quello truciolare prodotto mediantel’impiego di legno vergine, sia per le finalitàd’impiego, sia per le modalità di utilizzo, rap-presentando entrambe le tipologie di pannello, lamateria prima per la produzione di mobili e ar-redi, ancora oggi una delle eccellenze mondialidel made in Italy. «Il Pannello Ecologico® - af-ferma Alessandro Saviola, succeduto alla guidadell’azienda al padre Mauro - si distingue daglialtri per essere realizzato mediante l’impiegoesclusivo di legno post consumo. Legno rici-clato al 100%. La peculiarità risiede nel pro-cesso produttivo finalizzato negli anni, che ciconsente di separare le plastiche, i metalli, gliinerti e quant’altro viene raccolto assieme allegno, ottenendo scagliette che non hannonulla di diverso rispetto a quelle ottenute tri-turando un tronco». Sembra un paradosso,ma oggi, uno dei maggiori pericoli perun’azienda “verde” come la Saviola, derivaproprio dalla green economy, in particolaredalle biomasse.

Il boom delle biomasse ha influito nonpoco sulle imprese che, come la vostra, rea-lizzano pannelli con legno di riciclo. Qual èl’attuale situazione del mercato alla luce del-l’attività delle centrali a biomasse?«Le politiche di incentivazione della produzionedi energia elettrica da biomasse, non supportate

da analoghe politiche a sostegno della foresta-zione o della produzione agricola di materieprime alternative impiegabili come combusti-bile, hanno comportato la distrazione di flussicrescenti del legno, da anni impiegato per la pro-duzione di pannelli, generando un’alterazionedel mercato e penalizzando gravemente l’interafiliera del legno-arredo, sia in Italia che nel restodi Europa. Attualmente si stima che nel mondooltre 340 milioni di metri cubi di legno vengonoletteralmente bruciati in un anno per tali impie-ghi e se ne prevede una crescita sino a oltre 570milioni nel 2020. In Italia, nonostante l’incre-mento di quantità generate dalla crescente dif-fusione delle raccolte differenziate, il legno adisposizione dei produttori di pannello trucio-lare non riesce a soddisfare le necessità produt-tive, costringendo a importare legno vergine erifiuti legnosi da altri paesi, con il conseguenteinnalzamento dei costi».

Come sta reagendo Saviola Holding equale strategia imprenditoriale sta mettendoin atto?«Abbiamo dato il via a una serie di iniziative alfine di adeguare la struttura del gruppo alle at-tuali necessità del mercato economico e finan-ziario: la ristrutturazione dell’assetto societario,con la realizzazione della holding a capo di bu-siness unit che raccolgono le varie aziende dei tresettori di interesse, legno, chimica e mobili inkit; la conseguente razionalizzazione delle atti-vità finalizzata al contenimento dei costi fissi;l’intensificazione dell’attività di ricerca e il po-tenziamento della capacità produttiva, con l’ac-quisto della pressa per pannelli truciolari più

Alessandro Saviola, numero uno dell’omonimo gruppomantovano. Nelle altre immagini,

momenti di produzione all’interno dell’aziendawww.grupposaviola.com

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performante al mondo».In che modo le istituzioni potrebbero in-

tervenire per favorire l’energia rinnovabile enel contempo continuare a far crescere unsettore come il vostro?«Le normative comunitarie prevedono una “ge-rarchia” per il trattamento dei rifiuti. Questa siarticola anzitutto sulla “prevenzione”, lo scopo èridurre a monte i quantitativi di rifiuti che, unavolta generati, devono essere in primo luogo “ri-ciclati” per la realizzazione di altri prodotti. Soloin assenza di un possibile riciclo sono avviati a“recupero energetico”, lasciando così come ul-tima opzione lo “smaltimento” in discarica. Leistituzioni dovrebbero far attuare questa gerar-chia, limitando la concessione delle incentiva-zioni economiche ai materiali non riciclabili edestinabili alla produzione di energia da fontirinnovabili. Pensiamo ai milioni di tonnellate diresidui agroalimentari prodotti dalle nostre in-dustrie, oggi smaltiti in discarica. Gli incentiviattualmente impiegati per acquistare il legno de-stinato al riciclo, potrebbero essere indirizzati atali valorizzazioni, lasciando il legno post con-sumo alla nostra filiera. Auspichiamo inoltre unacorretta politica di sostegno alla forestazione, allapioppicoltura e alle altre produzioni agricole dishort rotation, che potrebbero fornire biomassavergine per le centrali, a favore del riciclo dellegno proveniente dai sistemi di raccolta diffe-renziati, con notevoli vantaggi economici e am-bientali per tutti».

Cosa ha rappresentato, in termini di fat-turato, il 2010, e quali prospettive riponetesul futuro?«Il bilancio 2010 ha registrato un fatturato con-solidato di gruppo di circa 610 milioni di euro.A maggio 2011 abbiamo poi registrato un in-cremento del 15%. Il mercato in cui operiamo èmolto complesso, ma noi siamo attenti a co-glierne ogni opportunità».

Il Pannello Ecologico® rappresentaindubbiamente il core-business del gruppoSaviola, nelle varie caratterizzazioni: grezzo,nobilitato in oltre 1.000 finiture, idrofugo,ignifugo, LEB (Lowest Emission Board col piùbasso livello di emissioni di formaldeide almondo). Dagli stabilimenti della divisionelegno escono anche laminati plastici, bordiper mobili, pannello MDF (Medium DensityFibreboard), mobili in kit pronti perl’assemblaggio, sino al tannino estratto dallalavorazione del castagno, impiegato inagricoltura e nella lavorazioni delle pelli. Ladivisione chimica immette sul mercato varietipologie di colle e resine, altri prodotti disintesi per l’impregnazione delle cartedecorative, il Sazolene® (un fertilizzanteazotato a lenta cessione) destinato alcomparto agricolo, a evidenza di comel’innovazione e la continua ricercaconsentano all’azienda di diversificarel’approccio al mercato globale.

LA PRODUZIONESAVIOLA

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«Le grandi multinazionali straniere,da sempre molto ricettive, glienti pubblici, il mercato immo-biliare e il tradizionalmente restio

mondo dell’edilizia. Oggi tutti cominciano arendersi conto dell’importanza dell’attività di bo-nifica ambientale». È questa l’incoraggiante os-servazione di Paolo Andreini, direttore generaledella Bonifiche Ambientali Waste & Works. «Lemultinazionali sono i nostri partner più impor-tanti – prosegue Andreini –, aziende ben strut-

di Francesco Bevilacqua L’attenzione nei confronti delle operedi riqualificazione dei siti inquinatista crescendo e si comincia a capireanche quanto sia importante, in questachiave, l’opera di analisi e studiopreliminare. Il punto di Paolo Andreini

BONIFICHE SECONDO NATURA

turate, con una cultura ambientale spiccata. In-vece le imprese edili hanno sempre considerato labonifica dei siti come un’operazione superflua e,anche se stanno acquisendo sensibilità in propo-sito, la grave crisi di liquidità che caratterizza ilsettore è un freno consistente». Secondo An-dreini, la parte più importante dei processi di bo-nifica è l’indagine preliminare: «Spessotrascurato, questo passaggio è basilare. È comeandare dal medico: per studiare una cura efficaceè indispensabile effettuare una diagnosi accurata

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Paolo AndreiniRAGION LIBERA|RIQUALIFICAZIONE

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e attendibile». La parte ingegneristica relativa al-l’analisi di rischio, cioè alla verifica dei valori diinquinamento correlati all’utilizzo del sito, è unodei cavalli di battaglia della Bonifiche Ambien-tali Waste & Works. «Sostanzialmente sino aoggi il problema veniva risolto spostando enormivolumi di terra da una parte all’altra, mentre ilnostro obiettivo consiste nell’elaborare soluzioniche permettano di bonificare il sito senza movi-mentazione e sprechi di materiale superflui, con-sentendo una progettazione urbanisticaintelligente. Questo avviene grazie a diversi tipidi tecnologia». Uno di essi fa ricorso all’ossida-zione chimica in situ che consiste nella distribu-zione di miscele ossidanti, quali ad esempiol’ozono, in grado di “consumare” i composti or-ganici contaminanti trasformandoli in prodottinon tossici. Un altro è la cosiddetta phyto-re-mediation, ovvero l’utilizzo di piante in grado dimitigare il degrado di suolo, acqua o aria senza

dover asportare terreno per eliminare gli agentiinquinanti. Ci sono altri sistemi come il bioven-ting (circolazione forzata di aria nel sottosuolo),che stimolano l’attività batterica naturalmentepresente permettendo il degrado di inquinanticome ad esempio gli idrocarburi. «La purifica-zione dalle sostanze nocive è un processo biolo-gico che l’ambiente stesso è in grado di attuareautonomamente; rispettandolo, ciò che cer-chiamo di fare è accelerarlo e renderlo più effi-cace, operando in concorso con il processonaturale». Il tutto rifuggendo i grossolani proce-dimenti di asportazione massiccia di consistentiporzioni di terreno che venivano attuati in pas-sato: «Il principio di base è sempre quello dellatrasformazione dell’inquinante. Questo per-mette di salvaguardare materiali e risorse che in-vece di essere semplicemente buttati vengonopurificati e riutilizzati». Esistono naturalmentedei casi in cui questo non è possibile: «Le boni-

Grazie a una crescente sensibilità da parte delle istituzioni,la documentazione dell’effettiva bonifica dei siti sta diventandoun aspetto importante nell’ambito della compravendita

Paolo Andreini, direttore generale della Bonifiche Ambientali Waste & Works

di Bergamo. Nelle altre immagini, personale dell’azienda impegnato in operazioni

di riqualificazione www.bonifiche-ambientali.com

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Paolo AndreiniRIQUALIFICAZIONE|RAGION LIBERA

fiche di amianto o quelle di discariche abusivenon lasciano spazio a molte soluzioni diversedalla rimozione dell’elemento inquinante». Il servizio offerto include anche gli aspetti legalie burocratici: «Seguiamo il committente in tuttala fase amministrativa e forniamo consulenzatecnico-legale, poiché spesso si incontrano im-plicazioni giuridiche sia civili che penali». L’ac-quisizione di certificazioni è un aspettoimportante: «Con le passività ambientali, gli in-vestimenti diventano fortemente a rischio. Que-sto sia dal punto di vista economico siasoprattutto da quello temporale, perché un’areainquinata non si risana in pochi giorni e il pro-cesso di riconversione immobiliare bisogna puòbloccare l’investimento anche per diversi anni.Ma, grazie anche a una crescente sensibilità daparte delle istituzioni, la documentazione del-l’effettiva bonifica dei siti sta diventando unaspetto importante nell’ambito della compra-vendita e se ne stanno rendendo conto anche igrandi investitori immobiliari, che fino ad ora

hanno valutato solo le superfici edificate senzatenere in considerazione altre passività, cosa cheperaltro in questi anni ha messo in crisi grandis-simi progetti». Secondo Andreini, la situazionegenerale è quindi in netto miglioramento: «Oggiabbiamo un centinaio di progetti aperti su tuttoil territorio nazionale e posso dire con certezzache ci sono più attenzione e ricettività rispetto aqueste tematiche. Noi siamo sempre stati abi-tuati a lavorare con aziende già “educate” in talsenso, che hanno sia la possibilità che la volontàdi investire in opere di bonifica e riconversioneambientale, che spesso rappresentano voci di bi-lancio abbastanza impegnative, anche se nellungo periodo si trasformano sempre in un gua-dagno, in termini sia economici che di vivibilitàe salute dell’ambiente. È in crescita – ed è que-sta la direzione nella quale lavoriamo anche noi– pure l’attenzione nei confronti della fase ana-litica preliminare che, lo ribadisco, costituisce unpassaggio fondamentale capace di condizionarepositivamente tutte le successive operazioni».

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La contraffazione di merci e la violazionedella proprietà intellettuale in ambitoeuropeo hanno provocato una «bulimialegislativa» che, per il professor AdrianoVanzetti, non consente alcuna sicurezza sul diritto vigente

DIRITTO INDUSTRIALEBALUARDO DEL MADE IN ITALY

L’universo della contraffazione è in conti-nua evoluzione: ha raggiunto livelli sofi-sticati e investito ambiti merceologici

che prima ne erano immuni. Se, per esempio,fino a vent’anni fa il mercato del falso riguar-dava soprattutto i generi di lusso, oggi questotipo di “industria” realizza e vende in massabeni di largo consumo, dai prodotti farmaceu-tici a quelli agroalimentari. Strettamente con-nessa a questa deriva, c’è la questione dellatutela del diritto d’autore, dei brevetti per in-venzione e dei marchi. Adriano Vanzetti, avvo-cato e professore emerito di Diritto industriale

all’Università Cattolica, guardando ai tantiprovvedimenti europei, avverte sul rischio diemanare continuamente nuove norme e parladi una «bulimia che non consente alcuna sicu-rezza sul diritto vigente».

Di fronte all’aumento esponenziale dellacontraffazione di marchio qual è stata la rea-zione legislativa?«In un primo momento è stato configuratocome reato soltanto quella che nel codice dellaproprietà industriale è stata indicata come “pira-teria” e a cui lei si riferisce con il termine contraf-fazione; successivamente, con modifiche alcodice penale, sono state represse più severa-mente e indiscriminatamente sia l’imitazionecompleta dell’altrui marchio sia un’imitazionenon piena che ingeneri una possibilità di con-fusione. Questo è senz’altro eccessivo».

In che senso internet ha complicato le cose?«La creazione e lo sviluppo del web hanno com-portato certamente dei problemi nuovi, essen-zialmente sia sul piano della tutela del dirittod’autore che su quello della tutela contro la con-fondibilità, in relazione ai domain names e al-l’uso dei marchi in internet».

All’interno dell’Unione europea quali sonole carenze ancora da colmare per garantire ilrispetto effettivo dei diritti di proprietà intel-lettuale?«La copiosa produzione normativa nel campodella proprietà intellettuale a livello europeopare indice di bulimia legislativa. La continua

di Paola Maruzzi

Adriano Vanzetti,

avvocato e

professore

emerito di Diritto

industriale

all’Università

Cattolica

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Adriano VanzettiRAGION LIBERA|TUTELA DEL BRAND

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emanazione di nuove norme non consente al-cuna sicurezza sul diritto vigente. Questa pro-duzione riflette un’ideologia nettamentedirigistica, di compressione delle libertà indivi-duali, con un’esasperazione delle fattispecie vie-tate e la previsione di un penetrante controllodella pubblica autorità anche su attività a conte-nuto chiaramente privatistico».

Ci sono i marchi contraffatti e quelli imi-tati. Qual è la differenza?«In generale contraffazione e imitazione sonousati come sinonimi. In linea di massima l’imi-tazione totale o parziale di un marchio che pro-duca confondibilità è repressa sia in sede civilesia in sede penale. Cosa diversa è la pirateria, peresempio i container di falsi Gucci che arrivanodalla Cina o da Taiwan. Purtroppo la recente ri-forma delle norme penali in materia non fa di-stinzione e c’è chi auspica che il giudizio diconfondibilità sia, anche in sede penale, ispiratoa criteri identici a quelli usati per l’imitazioneconfusoria. In sede civile la maggior parte dellefattispecie esaminate in ambito giudiziale ri-

guarda le imitazioni».Lei si occupa anche di concorrenza fra

aziende. Cos’è che, nella maggior parte deicasi, non viene rispettato nelle pubblicitàcommerciali?«Non mi consta che vi sia una grande estensionedella pubblicità illecita. A parte quella denun-ciata dai concorrenti, vi sono due enti che pos-sono agire d’ufficio contro la pubblicitàingannevole e la pubblicità comparativa, il Giurìdell’autodisciplina e l’Autorità garante della con-correnza e del mercato. Questi enti nel com-plesso non si risparmiano e a livelloimprenditoriale l’atmosfera che si è creata èquella di un timore diffuso - specie relativo alleiniziative dell’Autorità garante - anche per chiha la coscienza tranquilla».

L’imitazione totale o parziale di un marchio che producaconfondibilità è repressa sia in sede civile che in sede penale

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COME DIFENDERSI IN TEMPI DI GLOBALIZZAZIONELa giurisprudenza manifesta la giusta attenzione e garantisceun’ampia tutela alla difesa dei marchi, oggi diventatapiù «vulnerabile», sostienel’avvocato Fabrizio BianchiSchierholz, per via dellosviluppo industriale e tecnologico di dimensioniglobali

di Elisa Fiocchi

Lo studio legale Bianchi SchierholzMontani & Partners, con sede a Milanoe Roma, fornisce servizi di consulenza

e assistenza in ambito legale e tributario. Ne-gli ultimi anni l’attività di tutela dei marchi edella proprietà industriale in genere, è andataincrementando per via dell’estensione dellatutela anche con riferimento ai nomi a domi-nio e, più generalmente, alla tutela degli abusia mezzo internet. «Volendo fare una media lostudio ha avviato circa 40 pratiche ognianno», afferma l’avvocato Fabrizio BianchiSchierholz, che illustra le principali normegiuridiche in materia di tutela del brand.

Per individuare “affinità” tra i prodottinon basta l’appartenenza alle diverse classimerceologiche. Quali criteri sono stati fis-sati dalla giurisprudenza per valutarnel’omogeneità?«S’intendono “affini” quei prodotti che, per

la loro natura, la loro destinazione alla mede-sima clientela o alla soddisfazione del mede-simo bisogno, risultano in misura rilevantefungibili e, pertanto, in concorrenza. La con-seguenza è che essa debba implicare la comu-nanza di una qualità ontologica dei prodottiin questione e non tanto la mera apparte-nenza dei medesimi a un ambito, di origineculturale o di costume».

Come la giurisprudenza si esprime sulladistinzione tra marchi deboli e forti e sulladiversità della tutela che compete loro?«Il marchio debole si caratterizza per l’uso di de-nominazioni, segni, forme o raffigurazioni coe-renti nei confronti del prodotto cui viene asso-ciato, derivando, il più delle volte, dallacombinazione di parole, segni e forme di usocomune. Il marchio forte si contraddistingueper essere un marchio di fantasia, originale esvincolato dal prodotto cui si riferisce. In ra-

L’avvocato Fabrizio

Bianchi Schierholz

dello studio legale

Bianchi Schierholz

Montani & Partners

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Fabrizio Bianchi SchierholzRAGION LIBERA|TUTELA DEL BRAND

gione della sua minore origina-lità al marchio debole è riser-vata una tutela più fievole ches’innesca, sostanzialmente, soloquando è riprodotto integral-mente o imitato in modomolto prossimo, mentre ilmarchio forte trova tutela ogniqual volta una riproduzione o imitazione diesso si attesti anche esclusivamente su una suaparte, purché atta a orientare le scelte dei poten-ziali acquirenti».

Attraverso quali procedure lo studio le-gale è in grado di offrire un servizio di tu-tela del brand?«Lo studio assiste i propri clienti in via preli-minare attraverso una corretta scelta in meritoalla registrazione. È da considerare in quantee quali, una o più, classi si intende registrareil marchio oltre che in quali paesi. In Italiasono state istituite le Sezioni specializzate perla proprietà industriale e intellettuale chehanno competenza specifica o funzionale, tral’altro, in materia di tutela dei marchi. Puòdunque adirsi in via ordinaria il tribunalecompetente, introducendo un giudizio a co-gnizione piena. Ove, invece, ne ricorrano lecircostanze è possibile richiedere provvedi-menti d’urgenza, quali l’inibitoria, il sequestroe gli altri provvedimenti utili ad assicurareuna tutela immediata».

Quanto la valutazione del giudice è in-fluenzata dalle circostanze nella determi-nazione dei criteri di affinità?«Ogni caso è a se stante, tuttavia la valutazionesi attesta sì sul caso di specie, ma non può es-sere disancorata dalla valutazione della perce-zione della collettività dei consumatori ri-spetto a un dato marchio proprio perché la

valutazione sulla confondibilità del marchio (odel prodotto) non può prescindere dalla valu-tazione globale del rischio di confusione in cuipuò cadere un consumatore medio: il livello diattenzione può variare in funzione della cate-goria di prodotti o di servizi cui si riferisca ilcaso di specie, inoltre solo raramente ha lapossibilità di procedere a un confronto di-retto dei vari marchi, ma deve fare affida-mento sull’immagine imperfetta che ne hamantenuto nella memoria».

In quali principali settori operano legrandi società che si rivolgono per una con-sulenza sul marchio e la contraffazione?«I marchi che soffrono maggiormente la con-traffazione sono quelli relativi ai beni di lussoe all’abbigliamento, in particolare gli accessori.Sorprenderà sapere che spesso la tutela delmarchio è azionata anche dagli istituti finan-ziari per la protezione di particolari pacchettio strumenti di investimento o finanziamentononché dalle case farmaceutiche. Poi, con ladivulgazione dei sistemi informatici, chiunquepossieda un nome a dominio o un sito webcontraddistinto da un proprio marchio è unpotenziale portatore di un interesse di difesa.In questo senso anche molte piccole impreseche si occupano della produzione, distribu-zione e vendita dei più disparati prodotti chie-dono sempre più di frequente assistenza perusurpazione o abuso del proprio marchio».

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Andrea BarchiesiTUTELA DEL BRAND|RAGION LIBERA

Si chiama “Brand protection” il progettovincitore della Giornata dell’innovazione2011 per la sezione servizi avanzati del

terziario. A ricevere il premio è stato AndreaBarchiesi, cofondatore e managing director diReputation Manager, un ramo di ActValueConsulting & Solutions, tra le poche aziendein Italia specializzata nell’analisi della reputa-zione online. Il terreno di riferimento è la rete, risorsa stra-ordinaria per promuovere e commercializzareogni sorta di prodotto, ma non priva di viola-

zioni: dalla vendita di mate-riale “taroccato” all’utilizzo dimarchi noti per indurrel’utente ad acquistare benaltro. «Le società fashion sonole più colpite. Prendiamo, peresempio, un pantalone Pradae gli innumerevoli casi dimerce contraffatta venduta sueBay», spiega Barchiesi. In chemodo, quindi, l’ingegneria in-formatica mette a tappeto iraggiri della rete? «Riusciamoa registrare i marchi contraf-fatti grazie ad alcuni campa-nelli d’allarme: il prezzoeccessivamente basso - èstrano, infatti, che una scarpa

di Paola MaruzziVendita di merci contraffatte,violazione della reputazione online,forme di advertising non autorizzate:internet pone problemi alle aziende,Andrea Barchiesi spiega come risolverli

LA TUTELA DEL BRAND NELL’ERA DEL WEB 2.0

Nike venga venduta al 90% di sconto -, la qua-lità delle immagini per promuovere il pro-dotto, la geolocalizzazione e il feedback degliutenti, i cui commenti vengono filtrati inmodo automatico ottenendo così una mappa-tura di parole come “malcontento” e “truffa”». Ma l’e-commerce è solo una delle applicazionidi questo innovativo strumento. «Su internetun altro tema scottante è l’abuso improprio dimarchi che funziona come calamita per at-trarre utenti – continua Barchiesi –. Ricordo ilcaso di una compagnia aerea che, dopo averacquistato uno spazio pubblicitario, scoprì cheil proprio brand veniva indirizzato su un sitovietato ai minori». Ma internet, che in Italia nello scorso lugliocontava 23.835 milioni di utenti attivi online,è soprattutto l’universo delle parole in libertàe delle “chiacchiere” sui social network, quindiper le aziende è ormai diventato indispensa-bile confrontarsi con il nuovissimo concetto direputazione online, cioè «la percezione che de-riva dai contenuti presenti in rete. Non è ilsemplice “mi piace”, ma qualcosa di profon-damente falso. Quindi rintracciamo quellevoci, amplificate dalla rete, che rappresentanoun rischio reale per l’immagine del brand. Unesempio? Sostenere, senza alcun fondamento,che un determinato prodotto sia stato fattoutilizzando materiali cancerogeni».

Andrea Barchiesi,

managing director

di Reputation

Manager

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di Elisa Fiocchi

Per impedire l’accesso al mercato da parte dei contraffattori, la holding Versace cambia le carte in tavola: da un approccio one by one a un metodo di coinvolgimento generale. Lo spiega Gian GiacomoFerraris, ad del Gruppo

IN DIFESA DEL DNA DEL MARCHIO

Da due anni la lotta alla contraffazioneè diventata una delle grandi prioritàdel Gruppo Versace, l’azienda fondata

nel 1978 e diventata un mito nel mondo del fa-shion luxury per la produzione, distribuzione ecommercializzazione di prodotti che vannodalle collezioni di alta moda, dai gioielli e le fra-granze, agli arredi per la casa. L’amministratoredelegato del Gruppo, Gian Giacomo Ferraris,presenta le nuove strategie di tutela del brandmesse in atto con il processo di ristrutturazionee riorganizzazione della maison: «In quest’ot-tica abbiamo affrontato anche il tema della con-traffazione: ci siamo resi conto che bisognavaagire all’origine del problema, con un atteggia-mento di brand management proattivo». In oc-casione del convegno organizzato a Losanna dalFinancial Times, The Business of Luxury, Ferra-ris ha illustrato quei procedimenti aziendali chehanno permesso di snellire i tempi di azione,ottimizzare le risorse e sman-tellare alcuni dei più grossimercati della contraffazioneinternazionale. Risultato? Nel2011 l’azienda è stata in gradodi intercettare oltre 360milaarticoli falsificati.

Il passaggio da un approc-cio one by one a una nuovastrategia ha permesso di ri-sparmiare tempo e denaro.Come si articola la nuovastrategia?«Agire sulla contraffazione con

Gian Giacomo

Ferraris,

amministratore

delegato

di Versace Spa

un metodo one by one comportava una note-vole dispersione di energie, tempo e denaro. Ilnuovo approccio, rivolto a risolvere il problema“a monte”, focalizzato a colpire l’accesso al mer-cato da parte dei contraffattori, ha coinvolto lanostra rete di vendita, i licenziatari e le autoritàdoganali. Abbiamo inoltre sensibilizzato conspecifici corsi di formazione il personale delleboutique e i nostri licenziatari hanno collabo-rato al monitoraggio del mercato locale. Unaltro provvedimento ha riguardato la strategiadi riconsiderazione dei marchi Versace, moltidei quali erano acronimi come VJC (VersaceJeans Couture). Abbiamo deciso di eliminaregli acronimi, difficili peraltro da tutelare legal-mente, e promuovere il marchio Versace pertutte le nostre linee».

Quali sono state, invece, le strategie attuateverso i Paesi esteri in cui esportate?«Ci siamo adoperati per una politica ad hoc

verso quei Paesi nei quali lacontraffazione è un problemapeculiare, chiedendo loro diprendere parte ai costi soste-nuti per le attività di preven-zione e investigazione.Contestualmente, abbiamo la-vorato a stretto contatto con leautorità doganali estere, adde-strando gli ispettori a ricono-scere i prodotti Versacecontraffatti in modo che,anche in futuro, possano ope-rare autonomamente. Questo238

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Gian Giacomo FerrarisRAGION LIBERA|TUTELA DEL BRAND

metodo di “coinvolgimento generale” ha ga-rantito l’ottimizzazione delle risorse e un signi-ficativo risparmio di investimenti e di tempo».

Nell’elenco dei paesi dove è maggiore ilmercato della contraffazione a marchio Ver-sace, quali nuove realtà mondiali emergono?«Se, grazie all’attività anticontraffazione, ab-biamo eliminato il Sudafrica dalla nostramappa, nel primo trimestre di quest’anno il suoposto è stato preso dagli Emirati Arabi Uniticon la stessa percentuale, il 32%, di articoli con-fiscati. Inizialmente i nostri maggiori problemierano nel sud Italia poi è stata la Cina a emer-gere con il primato in termini di volume, in piùultimamente stiamo registrando attività di que-sto genere anche nell’Europa Centrale, in par-ticolare per quanto riguarda i profumi».

Il 2011 è l’anno di Internet: quali primi ri-sultati ha consentito di raccogliere il nuovoservizio denominato Seas?«Versace ha implementato dall’inizio di que-st’anno, avvalendosi di Certilogo, una primariasocietà che opera del campo della lotta alla con-traffazione, il servizio Seas (Search Engine andAdvertising Shield) che mira a eliminare le fontidella contraffazione e la visibilità dei siti inter-net che violano i diritti di proprietà intellettuale

vendendo prodotti contraffatti. Secondo il Di-gital Millennium Copyright Act statunitense (lalegislazione europea è analoga), è possibile ri-muovere dai motori di ricerca un link a un sitoillegale. In questo modo si riduce drasticamentela possibilità di contatto tra questi siti e i con-sumatori. Il riscontro dal mondo dei motori diricerca è stato positivo, trovo che questo siamolto incoraggiante. Anche l’Italia sta ini-ziando a muoversi in questo senso studiandoprovvedimenti specifici».

Ha definito storica e una pietra miliare delmade in Italy la sentenza di risarcimento del2008 emessa dal tribunale di Los Angeles (20milioni di dollari). Da allora, ritiene miglio-rato il sistema di controllo nazionale e inter-nazionale e le sinergie tra i vari paesi nellalotta alla contraffazione?«Il risarcimento è legato al volume di capi se-questrati e al danno economico determinato incapo all’azienda dalla loro immissione in com-mercio. Ogni Stato si atteggia a seconda dellapropria legge interna e della prassi in uso, sa-rebbe auspicabile una piattaforma internazio-nale a presidio e controllo di questo problemacon uno scambio sistematico ed un’interazionetra le varie autorità locali».

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