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Monica Guerra Raggi di luce nel sottosuolo Numero VIII - Anno MMXII I Quaderni della Libera Officina

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Monica Guerra

Raggi di luce nel sottosuolo

Numero VII I - Anno MMXII

I Quaderni della Libera Officina

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I Quaderni della Libera Officina

La Libera Officina per la Crescita Umana e Sociale “LOCUS” è un la-

boratorio culturale nato a Brisighella con lo scopo di promuovere i valori umani e la crescita della persona e della società.

E’ stata fondata da Daniele Callini e da Giuliana Morini per realizzare diverse iniziative, servizi ed attività culturali, formative e scientifiche a fa-vore di persone e istituzioni, senza alcuna finalità di lucro. Le entrate eco-nomiche e i proventi delle attività della Libera Officina sono infatti utiliz-zati per la realizzazione delle sue attività istituzionali di ricerca e forma-zione.

I “Quaderni della Libera Officina” si propongono quindi di dare vita a una vera e propria collana di eBook fruibili gratuitamente, quale strumento di studio, condivisione e diffusione della conoscenza.

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© Copyright

I diritti relativi al testo, pubblicato in rete il 4 ottobre 2012, sono di pro-prietà dell’autrice. E’ vietata la riproduzione non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, anche se parziale, a uso interno o didattico. In copertina: Pietra Pulsante, 21 settembre 2012 (foto di Manuele Morini)

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INDICE

Presentazione pag. 4 Raggi di luce nel sottosuolo pag. 6 Poesie edite pag. 123 4 ottobre 2012, come un Esergo pag. 131 Brevi note biografiche sull’autrice pag. 133

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PRESENTAZIONE

“Raggi di luce nel sottosuolo”: non potrebbe esservi tito-lo più felice e appropriato per tracciare i confini di questa così ampia raccolta di poesie. Centoundici, per la precisio-ne. Sembrano quasi i lavori di una vita intera, ma fortuna-tamente Monica Guerra ha ancora un lungo cammino da compiere. E molto altro da scrivere.

In ogni brano c’è “il qui e ora”, assieme “l’infinito”. Vicini, si tengono per mano, procedono in un viaggio

fatto di prove, di scoperte scomode, di gioie, di sofferenza e di felicità. In ogni dove si può allora ritrovare il Tutto, nella “miseria”, negli occhi di un “bambino di strada”, in uno sperduto paesaggio della “Bucovina”, nel “sole di un incontro”, nell’oscurità della “notte”, nel “mare immenso”.

Perché mai gli abitanti delle poesie di Monica sono così familiari a ciascuno di noi? In questo interrogativo c’è la chiave di lettura del suo stile. Perché ognuno di essi abita dentro chiunque. Lei li sa intercettare con semplicità, le ri-sulta così facile e spontaneo, come versare l’acqua dalla brocca in un bicchiere, in una giornata di calura.

Chi non ha mai elemosinato sguardi di ammirazione? Chi non si è mai comodamente seduto a riva a giudicare

i veri navigatori? “Piovono macerie” su tutti noi.

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Eppure, nonostante tutto, è proprio la “felicità” a deline-are i limiti delle nostre ombre. Quella felicità che dimora dentro “il petalo di un fiore” e nella “libertà” che è si con-quista umana, ma anche capacità di “farsi cogliere dall’incanto”. Può bastare “un pastello giallo per colorare il sole” e “il manto del silenzio dorato per saziare le paro-le.”

Improvvisamente ecco prendere forma l’immagine po-tente del poeta, come di un alchimista dell’anima che sa “distillare gocce di luce”, e “l’essenza nuda della vita”.

Monica pare conoscere molto bene la natura umana. Tanto i suoi lati oscuri, e i suoi splendori, ma soprattutto la fiamma perenne della speranza, che è il suo nutrimento di-vino.

Ci ha fatto riflettere, ascoltare, sentire, piangere e sorridere.

Ha colto nel segno, perchè a questo serve la poesia! Altrimenti, a cos’altro, sennò?

Daniele Callini

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RAGGI DI LUCE NEL SOTTOSUOLO

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A CASA I gabbiani gridano Solitari le pietre Senza strada né nome. Celebrano liberi L’imbrunire a casa Ristoro, non prigione. E io sussurro Folle le pietre Nude di cuore. Grido catene Nel pozzo umido D’un vecchio dolore.

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A REGHIN I condomini grigi, Fatiscenti, Malconci, A lato della strada, Non sono tristi, Intrisi di povertà. Sono avvolti Dal manto Iridescente della vita, Vibrano Con i loro panni, Precariamente stesi al sole, Sbruffano Con le loro zuppe, A fuoco lento, Sulle vecchie stufe nere, Palpitano Tra le dita curiose Di un bambino, Gemono Nel letto cigolante Di una donna Che sfiora il suo uomo.

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A UN BAMBINO DI STRADA Mi ruba il sonno Quell’occhio spento Senza infanzia, Senza letto, Senza sogni, Né dimora, Senza affetto. Mi ruba il sonno E inganno il coraggio D'allungare la mano E offrirgli la vita Che gli spetta. Un pasto caldo Una carezza. Un giaciglio Senza topi. Un pastello giallo Per colorargli il sole.

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ACCETTARE

E poi fu Illusione. Il tempo Di scegliere. Votasti Insonnia E fame. E codardia. Ebbro Di te stesso. Sperperasti Aurore. Esule Dentro le mura. E poi fu Pace. Il tempo D’accogliere. Donasti Sonno E cibo E coraggio. Ebbro Di vita Celebrasti L’etere. Esumato Dalle spoglie.

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AL NOSTRO INCONTRO La luce mi scortò Nella terra dei sogni. Tu mi attendevi Con il cuore in mano Da mille anni. Dinanzi a noi Solo orizzonte Poi si squarciò il velo E nei frammenti di cobalto Danzò libero il cielo. Dietro di noi Sfilavano Ordinatamente le ombre, Dissipandosi Tra i raggi del primo sole. Il manto del silenzio dorato Saziò le nostre parole.

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AMORE DI CERA Lui. Il volto spento, Lo sguardo tetro, I passi vuoti. Statici. Senza ombra di coscienza. Lei. Raggio di sole Dentro ogni respiro, Carne Evanescente. Acerba. Macchiata di purezza. Il manto verde ha deglutito Il vecchio torbido segreto. La carne torna a fingersi leggera, Senza pretesa d'amore. Ruota lieve attorno al fuoco, Lontano dal bieco sguardo tetro. Volteggia lieve nel canto Della vecchia megera. Riluce nuda nel vento Danzando la litania antica Che discinge con l'esile lamento Il nastro rosso che le tinge la vita.

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APPARTENERSI La ragione non possiede amore, L'amore non possiede ragione. Camminano per mano Sulla linea d'equilibrio della vita. Indivisibili, L'una all’altro indispensabili. Allo stesso modo, Io non possiedo te, E tu non possiedi me. Perché con semplicità, L'una all'altro Apparteniamo. Ci siamo abituati all'abitare Dentro una pelle lacera, Divisa per questo vivere terreno. Ci siamo abituati A due bocche, quattro mani E mille pensieri. Ma quando la tua anima chiama, Ode la mia voce. La ode e si risponde. Perché l'anima è una sola, E vive nella stessa luce.

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ASSENZA Fili di parole bianche, Mie perle terrene, Precipitano al cielo, Principio eterno Di ogni ritorno. Nient’altro echeggia Dentro il vuoto Dei tuoi passi assenti.

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AVANZI DI DOLORE Ho sfiancato La fatica E ingannato Il tempo Biascicando Avanzi di dolore.

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BABELE Vibra impercettibile Il magico reticolo. La cecità inganna La via maestra La sordità spegne Il suo richiamo. Dov’è la fonte? -Rinuncia! Chiama il mare, Torbido di vizio Brama acque chiare Che sciacquino Lo strazio. Lo sguardo assente Inventi ieri Il cuore vinca la litania Il vero, antico, Germini sul selciato. L’effimera torre Sciolga la chiave -Babele è caduta! Si oda Tra i petali di vanità Che rivestono le strade.

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BUIO E LUCE Spire danzanti Beffeggiano il corpo esausto. Macabre movenze, Senza tempo né dimora. Accarezzo le ombre E gocce di dolore Gonfiano le mani vittoriose. Calici carmini Porgono la liturgia. Veglio custode Il volo alto dei ricordi antichi. La coppa è vuota, E il cuore intonso Celebra l’aurora.

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CIELO A GRINZE Fiuto distruzione, Mi galleggia intorno. È sete di potere Dalle viscere dei potenti. È fame di possesso Di chi possiede troppo. Taccio l’avanzare lento Di un liso cielo a grinze Pieghe di tragedia, È terrena vacuità. Palpo il fremito deluso Solvente di paura, É l’incontenibile perpetuo Che germina Nella triste condizione D’insana avidità.

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CODARDO Cuci le altrui vele Fatuo condottiero Senza aver mai preso il largo Col tuo piccolo veliero. Sulla banchina cigolante Stai imbalsamato a riva A giudicare da dentro il porto La mia nave alla deriva.

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CONTEMPORANEA POESIA Grigio. Il mondo è grigio, Quando si svende il mistero E il lamento quotidiano Logora i sogni. Sordo. L'uomo è sordo, Quando il cigolio vince la gloria dei templi E la voce che pervade la valle Soffoca il canto supremo. Muto. Il cuore è muto, Quando la terra arida strilla E il seme della conoscenza appassisce Prima di spezzare il pane.

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CREDEVO FOSSI IO Credevo fossi io, Goffa trappola d’essenza. Calpestio Di maschere orfane Infrange la gloria tentatrice E scorie d’ego Precipitano Esangui al suolo.

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CUORE SOPITO Eppure s’illudono Di sognare. Labbra agghindate Di parole. Ma il cuore è sopito, Senza la memoria Di un dolore.

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DIO Se sei nuvola, Dio è cielo. Se sei onda, Dio è mare. Se sei fiamma, Dio è incendio. Se sei granello, Dio è sabbia. Se sei orizzonte, Dio è infinito. Se sei uomo, Dio è tuo fratello.

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DOLORE Il dolore sbiadisce. Sopravvive un battito arido Al vortice di parole labili, Per mano A una manciata di pensieri, Boccioli sterili. Le spalle, Forgiate sul tempo, Gemono fragili, Rami nella tempesta. Sono colonna spezzata. Dolore dolce resta. Senza te non c'è più forza E muore la luce.

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DONNA AVIDA Misera carne, Istigata oltre il limite Nella corsa all'oro, Scrosta il fango, Cuore di piombo, Occhio spergiuro. Conta i caduti, Gigli recisi Lungo il sentiero. Sarà tardi per te, Sarà tardi Anche fosse ieri, Ma la Sua clemenza Ti regalerà La pace Quando filerai Nella morte La luce.

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ERAVAMO IERI Le nuvole hanno scritto Che ci sarà tempo Prima dell’uragano. Poco importa, Noi saremo ieri. Nascesti toro, Toro fosti al mio fianco, Alzai gli occhi al cielo Ed eri carcassa. Dentro il cranio, Non c’era pensiero. Ti voltasti di scatto, Toro impaurito, Eri senz’occhi. Era tardi. Correvi forte, Mutilato nel vento, Eri ieri. Rammentasti il rintocco, Raggiungesti il ricordo, Era il giorno delle campane, Non alzasti gli occhi al cielo. Stringesti la catena, Metallo fra le dita. La sirena cantava per te, Eri carcassa.

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Arrivò il falco, Tra gli artigli Stringeva il mio braccio. Si portò via L’unico dono.

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FILO D’ERBA Tenero filo d’erba Abbracci spontaneo Un distratto calpestio Adempiendo Al tuo unico compito Con divina semplicità.

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FINALMENTE IL POSTO MIO Nell'aroma fresco Di un foglio acerbo Deflagro L'apoteosi Del cuore sazio. Seduta, Finalmente, Nel posto Che il cosmo Ha rivelato mio.

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FRAMMENTO Il tuo abbraccio adombrato Di lentezza triste Scava le viscere Della mia terra Alla ricerca Del frammento, Che la vita satira Ha estirpato dal cuore. Una fioca luce della sera, Ingentilisce l'aria gelida, Umida d'agonia, E torbida d’apatia. Impervia è la risalita Dagli abissi oscuri. Ardua è la riconquista Del punto di partenza.

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GENTE DISTRATTA L’orda di gente distratta Si agita intorno Ammaliata dall’essere Ciò che crede d’essere. Io, nei campi silenziosi, Danzo sui ricami Di nuvole sospese Che rivelano il cielo. E domando, a chi marcia Sul margine della vita, - Come si può vivere Con sguardo prigioniero? –

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GIORDANO BRUNO S’infiltrarono plausi, Tra sospiri e voci E gloria evanescente Arse un cuore puro, Sul rogo senza abiura Nella veglia fallace Della cattedrale scura.

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GRAZIE VECCHIO (Bucovina) Avanzavamo lenti, Le morbide colline Ci accoglievano Come turgidi seni. Contemplavamo assorti Le pianure verdi, Costellate da miriadi Di umidi covoni. Fieno maggese A saturare di fresco l'aria. Stendevamo al vento Su soffici fili d'erba Umili pensieri Striati dal sole, Consacrati dal tempo. Galleggiava gonfia Nella liquida paura La tua gamba nera Brandiva coraggio, Strenne d’accettazione, Nei tuoi lembi Di pelle scura In putrefazione.

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Destava un sibilo Di coscienza assopita Celebrando certa Nella morte La gloria di vita.

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HO RICOMPRATO TUTTO

Giorni svenduti, Ero al mercato Gli ho ripagati cari. Prezioso ricordo È fiele amaro Nella brocca Del tempo sprecato. Il sapore unto È codardia Di ozio sfinito. Passioni, Giochi d’infanzia, Orrori e orchi, Tutto ho ricomprato, Tutto. Persino le scale Bianche. Ferite Dalle mie ferite. Rosse Del mio sangue. La tasca vuota Si è scolata la pozza Del vecchio dolore. Eletta a forziere Della coscienza Che vince la fragilità Del mio tremulo cuore.

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I FRUTTI Sono un albero, produco frutti. Non posso farne a meno. Gioisco quando il mio frutto disseta. Gioisco quando il mio frutto sazia. Gioisco quando il mio frutto amaro Bagna la bocca di pianto. Gioisco quando il mio frutto appassito Risveglia un dolore stanco. Gioisco quando il frutto non è colto. Quando è assaggiato, sputato e poi gettato. Gioisco perché sono un albero e Produco frutti, senza pormi quesiti.

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IL CUORE TREMA Perché a tratti il cuore trema Di freddo Di paura Di solitudine Di disperazione. Perché a tratti il cuore incalza Eccessi Smarrimenti Vendetta Confusione. E allora che Il dolore sguaina La spada E si erige fiero. Fiamma del faro Garza del soldato ferito Distillato del siero.

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IL GRAN FINALE Piovono Macerie pesanti Nel mio ultimo cielo. È il gran finale. Gli arti friabili Si spezzano Sotto il peso della vita Che malinconica Si sgretola. L'aria si accascia, In cerca di tepore, Su un avanzo di corpo, Che non conosce più padrone. Le briciole di vetro, Finestre spalancate al giorno, S'infrangono Nei cunicoli del respiro. Le spalle, Piloni cinti d'alloro, Vegliano Nella vigna solitaria. Le ombre pesanti, Inquiline sopite, Si cercano Frementi le mani. Il calice è vuoto. Nemmeno una goccia In serbo per me.

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Nemmeno un rancore Per l'arrivederci. Perdonerete La colpa Poi perdonerete L'assenza di colpa.

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IL MIO NOME E' DIO Non chiamarmi Blasfema, Il mio nome è Dio. Non sono io Che l'ho voluto, Ho sciolto i lacci E Lui impaziente È entrato. Mi ha sussurrato Parole di luce E note di usignolo. Mi ha nutrito Di calore Rubando Un raggio a primavera. Mi ha inebriato Di vento E profumo Intenso di viole. Mi ha cullato Sulla cresta dell'onda. Mi ha condotto Alla vetta del monte. Mi ha posto In sella al destriero. Mi ha riempito Le tasche di sale E mi ha indicato

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Un altro sentiero. Mi attendeva Una perla di dolore Tra le pietre silenziose. Ho scavato A mani nude Fino a svegliare Il bagliore. Ho lacerato La pelle E l'ho cosparsa Di sale. Lui ha sorriso Del sangue, Ha baciato Il mio pianto, Ha riposto La perla Tra i sassi. Allora l'ho visto, Ero io, Ancorato al suo fianco.

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IL PERICOLO Il pericolo ti cova dentro, Ed è paziente. Guardalo negli occhi Chiamalo per nome. Senza indugio, lacerati, Dallo squarcio S'innalzerà lo stelo nuovo. Ricucirai i petali Al tuo risveglio Uno a uno, Con l'acqua di rugiada Innaffierai il cuore. Ritroverai la strada Senza le croci Al loro posto Semi di speranza e Bastoni di sostegno. Sfileranno esuli In fila indiana Vecchi dolori muti, Schiuderanno i pugni, Sbriglieranno i sogni.

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IL POETA Distilla Nuda L’essenza. Gocce di luce, All’ombra Di se stesso.

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IL POSSESSO DILANIANTE Ingranaggio Di una ruota dilaniante Eleggi al divino L'effimero possesso Pressato Nella bramosia del niente. Schiavo Trascini La mesta condanna, Lisciando La pietra al piede, Che ti costringe In prigionia, Attendendo invano, Dal cielo La manna, Per scarcerare La mente Dall'insana Malattia.

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IL POSSESSO Il possesso corrode. Non nutre. Non cura. Il possesso è fine a se stesso. Più il vaso è colmo, Più l'animo si svuota. Più la mente si confonde. Più il cuore disimpara l'amore. Il piccolo uomo dimentica il suo nome, Il nome di suo padre E tutti i nomi, Di oggi e di ieri. Il piccolo uomo ora possiede, A discapito dei sogni veri.

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IL REGNO DEGLI STOLTI Scuote le chiome maestose L'eterno messaggero. Il suo richiamo arcaico Svela tra le gemme verdi Le tracce nude del mistero. Trema l'esule nel petto Scampato al suo mestiere, Non cura altro che battito E dimentica d'annaffiare I germogli del candore. Sveglia uomo stolto! Non sono fiabe mute Che vibrano nel vento. Le gracili voci antiche Cullano il cuore infranto. Uomini e donne finti Incatenati dietro al vetro, Carni grasse di lamenti Avvolte in abiti del male, Beffeggiate i sommi avvertimenti Strisciando assorti sul fondale. Del regno siete gli opulenti, Incoronati al vostro funerale.

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IL SONNO CUSTODE Aprì gli occhi, Di scatto. Il sonno le strinse I pensieri Il ventre Il cuore. Lisciò i capelli, Neri, Sulle spalle, Curve. Le porse un singulto. Un conato Violento e verde Esplose. Le gridò, In faccia, Cerca altrove. Nella veglia Della carne Nelle lenzuola.

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IL TUO PALMO Il tuo palmo Dischiude il giorno. Compone l’incanto In cui io danzo La libertà del cuore.

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IL TUO PALMO CUSTODE Posai un palpito Vitreo Ed Evanescente, Sul tuo palmo Custode. Lo plasmasti cuore.

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IMPOTENZA Mille voci s’inseguono In cerchi di dolore. Rumore di fondo I tuoi tormenti. Solo brandelli Fra canini affilati Di uomini spenti. Il giogo curva le spalle, Pieghe sul cuore, L’animo non è a casa. Solo brandelli Fra artigli consunti Di uomini assenti. Lacrime sterili ardono La pelle svestita. Rumori di fondo. I miei lamenti.

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INGANNO E’ notte buia Da troppi giorni Nel tuo silenzio. Perpetuo trama Sotto la luna Il cuore muto. Cerca la forza Fuori strada Fuori di sé.

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IO SCRIVO Ride di me La notte Quando ricurva A una luce fioca, Nuoto irrequieta In un torrente di parole. Ride di me La notte Quando un sogno inatteso Mi sveglia E la mente discinta Su di esso S’ingarbuglia. Potrebbe tremare La terra, Aprirsi Un varco Sotto i piedi, Potrei essere Risucchiata, Fagocitata, Poi sputata. Potrebbero ardere Le pareti. Incenerirsi I ricordi. Nel crepitio della fiamma, L’anima perpetua

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Si ancorerebbe Alla vita. Perché io scrivo, La notte.

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LA CASA SIAMO NOI La vita E' ordinatamente Ripiegata Dentro la valigia. Ho incastrato L'ultima briciola Di tepore Della casa. Piango Lacrime sfiorite. Sotto macerie Di ore sbriciolate. Gazzelle ladre Di ricordi Che non mi appartengono più.

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LA COLPA I compagni di scena, saturi, Te l'hanno scaricata lì, Dinanzi alla porta di casa. L'hai presa sulle spalle E l'hai accolta nel tuo letto. Era tutto ciò che ti restava. Ti sei abituato al suo peso, Che preme sul cuore. Al suo ingombrante chiacchierio, Che soffoca i pensieri. Al suo squallore, Che stinge il cielo. Ti è penetrata nelle ossa, Sotto la pelle, E il tuo odore E' divenuto il suo odore.

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LA FATICA Nel sudore della fronte Ho lavato l'animo Nell'arsura della bocca Ho asciugato il pianto Nella fatica della sera Ho alleggerito il cuore. Nell'ora della partenza Sono divenuto un uomo.

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LA LIBERTÀ Mi coglierà d’incanto E non ci sarà ritorno. Sarà breccia nel ventre, Pulviscolo tra le dita. Respiro del vento. Linfa nel tronco. Seme di speranza. Fiamma di vita. Sarà ponte sulle crepe Del cuore lacero.

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LA LUCE E’ tempo di destare la notte E spalancare la finestra alla luce. Il bagliore potrebbe essere eterno, O solo un lampo fugace. Un unico raggio si fingerà giorno, E sarà l'istante del vero. Sarà per sempre l'aurora? Il profeta non conosce tramonto. Ma tu, la brami davvero?

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LA MEMORIA La memoria Custode dei passi Pota l'albero Della vita. Impietosa Costringe La verità Alle forme astratte Del ricordo.

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LA MIA CASA, IL SUO TEMPO L’amerò Per amare te, Adorna di fiori freschi E nidi di rondine. L’amerò Così com'è, Sporca di carenza di vita e Dalla mia noncuranza ferita. L'amerò, Perché non ho bisogno d'amarla, La posseggo già, Nel mio glorioso non possederla. L'amerò, Senza tregua, Senza sostegno. L'amerò, Nel ricordo, Nell'idea e nel sogno. Ho amato tanto, Quel suo divenire maestosa, L'estenuante edificare D'ogni filo d'erba Ogni bocciolo di rosa.

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Ora a terra colgo Lacrime sfiorite, Foglie secche al suolo, Perché ogni cosa possiede un tempo, E un tempo solo.

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LA MISERIA Sono croste secche di pane E abiti consunti. Sono mani ruvide. Ma non chiamarmi miseria. La miseria l'ho conosciuta io, L'ho conosciuta da vicino. Vestiva in abito da sera E mi cingeva i fianchi. Brandiva doni misteriosi E mi scuoiava i sogni. Parlava lingue di fuoco, E m’inceneriva il cuore. La miseria l'ho conosciuta Laggiù, dove una madre Non sa amare un figlio. Dove un uomo sfila la cintura E batte la carne tenera, E poi ride, ride grasso, Per la sua illusoria potenza, Che ingozza la miseria umana. L'ho conosciuta nel tradimento Delle mani bianche di cera, Nelle sue carezze abrasive. Nelle mille notti insonni,

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E nei giorni addormentati. Sui cuscini fradici, E negli occhi asciutti. E nella colpa.

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LA VITA SALUTA Smonti la scena In punta di piedi, Avanzo triste. Estingui le luci Di un domani Che più non esiste. Sei passi lievi, Amaro in bocca, Spina nel fianco. Dal palcoscenico Vetusto attore Ti licenzi stanco. Spogliato a nuovo, Di trasparente vecchiaia, Regali, pacato, Alle stelle silenziose La bianca saggezza, Mera linfa del creato. La tragedia “Vita” Cavalcherà la ribalta Di freschi timori. Spettatori, cuori avidi Il giro di giostra Attende già nuovi attori.

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LADRUNCOLO DI STRADA Come può conoscere lealtà Concepito dal tradimento! Come può conoscere temperanza Nutrito dalla fame! Come può conoscere zelo Cullato dall'indolenza! Come può coltivare quiete Accecato dalla collera! Come può conoscere purezza Allevato nel mar torbido di vizio! Come può conoscere modestia Sopravvissuto al suo destino! Come può conoscere umanità Trasparente all'uomo! Come può conoscere fede Dimenticato da Dio! Come può Germogliare il bene Senza radici, Senza un solo seme?

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LASCIANDO IERI Piegai mesta Le vesti sul ciglio, Lembi macchiati di ieri. Risorsi sabbia, Granello Nel sole. Sfociai fiume, Goccia Nel vento.

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LE MIE PAROLE S’inerpicano Dallo stomaco Ineluttabili Vigorose Incontenibili. Sazie Di vita.

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LETE L’ombra silente Dei passi consunti Scivola in porto. Nel sole rosato Si fiacca la vela A zefiro spento. Lete sospende La memoria acerba Fuori dal tempo.

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LIBERO ARBITRIO Uomo libero, certo, Di negarsi la coppa E libero, certo, Di distillarsi veleno.

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LUNA Pacata Luna, Accompagni a casa Un altro animo perduto. Ricordo bene Quando la mano Che cullavi Era la mia, La tua coperta morbida Sulle spalle strette, L'alito di vento tiepido Sul cuore tremulo, Il tuo sorriso candido A rischiarar la via. Navigammo insieme, In un solo abbraccio, Finché non raggiunsi Sana e salva, La mia corrente. Ti ammirai estasiata, Con garbo risalivi al cielo Alla ricerca di un altro Animo smarrito, Dentro l'orizzonte.

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MAI FANCIULLO Nascesti subito uomo, Sembianze di fanciullo. Sulle spalle strette La pena d'amare te stesso, Senza che altri Ti abbiano amato mai.

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MARE IMMENSO Mare immenso, Navigo il tempo, Contando le onde infinite. Incalzo il respiro vorace, Che del tuo sale si nutre. E la mano lieve del vento Sospiro di sciabordio Veste ogni lembo di pelle. Scuote le chete emozioni, Spazza via, Ciò che non sostiene radici, Né fondazioni.

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MIA FIGLIA E libera La coscienza volò In grembo Al tempo perpetuo. Nel fragore fulgido Della tua risata.

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MORBO Danzano gli arti Ripetitivi, La loro meccanica danza. Tremuli, Come lo sguardo liquido Che tenta di travestirli, Nella distanza. I passi si fingono stabili, Mascherati Da gesti quotidiani. Incerti, Come il cammino che sfoca, Annacquato nel pianto Senza Speranza. Ma l'amore cos'è, Se non posso tenderti la mano, Nell'ora dell'imbrunire? Ma l'amore cos'è, Se non posso chiamarmi rifugio, Nell'ora dello smarrimento? Mi si piega il cuore, Per il buio che infido incombe, Sulle tue palpebre caduche. Mi si piega il cuore,

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Ma il tuo sguardo muto Implora silenzio, Come unico gesto d'amore.

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MORTE Dolce amara madre Sei dotta rigeneratrice Del perpetuo evolvere.

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NEL MARE DELLA COLPA La colpa di chi mi ha lasciato lì. La colpa di chi non c'è mai stato. La colpa di chi sapeva che sarebbe successo. La colpa mia, che l'ho subito. La colpa di chi è rimasto immobile a guardare. La colpa di chi l'ha commesso. La colpa di chi ancora lo vuole negare. D’un tratto siamo rimaste sole, Io e la colpa. Lei ha creduto di lottare. Ha nuotato dentro una lacrima. Ha passeggiato tenendomi per mano. Ha danzato sul mio corpo steso. Ha divorato il mio pasto caldo. Ha pettinato il mio dolore. Ha dormito il mio sonno infranto. Ha vestito le mie parole. D'un tratto, una mattina di rugiada, Senza un saluto, Se n’è dovuta andare.

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NIENTE COME SEMBRA Amai la mia terra Senza radici, Fino a che non scorsi Di frutti Ricolme le mani. Danzai la mia vita Solitaria nel vento, Fino a che non scorsi L’amore Ancorato nel fianco.

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NOI Osservo il tuo avambraccio, Di fianco al mio. Stessa pelle. Senza confine. Io, tu. Noi. D'appartenenza è fatto quest’Amore. Stessa carne, A tratti intorpidisce E si confonde. Si sovrappone, Si fonde, Fino a ritrovarsi unita, Come nell'alba della vita. Stesso respiro, Nutrito da un alito di vento. Amore perpetuo distillato In un frammento di tempo. Il tuo battito vigoroso, Il mio battito lieve, A plasmare l'eterno E l'indissolubile.

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NON SONO PIÙ CON VOI Non sono più con voi, Eppure vi cammino a fianco. Sono sgusciata fuori Dal vostro rumore prepotente, Scivolando lieve In rivoli di colore Negli abissi cupi Da cui sgorga la fonte. Ho destato sottovoce Il seme assorto, Giaceva infreddolito In un gomitolo di ventre. L'ho accarezzato appena, Senza fretta, Senza tempo. Senza chiedermi Cosa avesse in serbo. Dettate pure il passo Altri uomini Invaghiti Di putridi pensieri e Sfitte missioni. Continuate pure La corsa senza fine. Io pesterò I fossi silenziosi.

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Vacua Di chiacchiericci corrosivi, Critiche contundenti e Costrutti fantasiosi. Fiorirò nell'aurora E profumerò di grano. Con passo d'ali Oblierò il sentiero. Petali e rugiada Al posto delle mani Arcobaleno di marzo Tra la terra e il cielo. Dettate pure il passo Altri uomini Smarriti Consunti gli occhi, Senza velo. Continuate pure La vana corsa all'oro.

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NOSTALGIA

Hai nutrito Le mie gracili ossa Fino a renderle Forti e impavide, Abbeverandomi Alla fonte del mistero. E’ giunta l'ora Del tuo congedo. Ti libro nell’aria, Lasciando Che il vento ti porti Dove altri dolori Potrai curare. Dono di Dio Innalzati ad arginare Dell’uomo stolto La diffusione gratuita Del male.

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NOTTE NEGLI OCCHI È notte In fondo ai tuoi occhi. I miei piedi affondano Nella disperazione Delle illusioni Che virano All’inganno.

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OCCHI DI STRADA Ho esitato troppo In fondo ai suoi Esili occhi scuri. Ho palpato viscere Aggrovigliate d'odio. Pancia gonfia D'aria e di fame. Pelle sudicia Di strada e d'ozio. Codarda Ho frugato in tasca, Perché il suo sorriso Allentasse il mio morso. Anziché allungargli La mano.

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ODE AL MARE Mare impetuoso Suprema meraviglia Sciacqui il turbinio Degli umani pensieri, Nell’incedere lento Dell’ineluttabile oblio. Avvolgi solerte Nella risacca danzante, Bimbi gaudenti, Cristallini sorrisi, Desideri sgualciti Di tiepidi amanti Che ti affidano, Al chiaro di luna, Amori sospesi Tra i fiotti di spuma.

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OGNI COSA AL SUO POSTO Il sole arde Tra le mani. Cuore Senza inganno, Riappendi I raggi al cielo Per il cosmo. Per il domani.

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PALUDE La larva lugubre Sopravvive a se stessa Strisciando Nell’ansa liquefatta Della torbida palude. Scie sinuose d’abitudine Rantoli d’indifferenza Masticano ombre Di un’amica estinta, La fu Consapevolezza.

88

PAROLE -Orde di parole caotiche Inondano il tempo- Glorificazioni tascabili Adornano l’essenza, Senza nulla conoscere di essa, Senza che essa si curi affatto di loro.

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PASSEGGIATE SERALI Abbracciavo il suo passo, Cadenzato dagli anni, Nel chiarore sgarbato Di lampioni senza ore. Avvolgevo stretto Il mio braccio Al suo tronco stanco Rampicante al respiro Senza rumore, Guardiana del rito: Plauso della memoria Verità ai ricordi E pace ai viandanti. Mi aggrappavo intera Al pulsare fragile Del suo cuore pieno Di giorni sepolti. Sfumava nel vivo Del paese di mezzo Il suo odore fresco Di pane caldo Nelle strade di luce Di case senza confini. E le ombre, Le ombre vecchie di oggi Sembianza di ieri, Ci rifiorivano a fianco A narrare le gesta

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Ruvide di guerra, Tenui di ozio, Eroiche d’amore. Nell’aria algida Che imbiancava Il nostro silenzio. Nel silenzio del viale.

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PAURA DI AVERE PAURA Ombre sterili Strisciano Lungo i muri, Danzano voraci, Sopra il cuore, Distillano paura, Per brindare Col terrore.

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PER OGGI NON SONO IO Non posso esitare, Le gambe scalpitano In fondo al pozzo. Non voglio esitare, La morte falcia Chi è seduto. L’uomo seduto Per oggi Non sono io.

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PERSI SEI ANNI Persi sei anni Per strada. Avevo un gatto. O forse un padre. Non l’ho mai saputo. Persi sei anni Per strada. All’ombra dello sciacallo. Lui attendeva la notte Per lacerare il mio sonno. Stringevo la sua mano, Il mondo gocciolava colore. Persi sei anni Per strada. Non sanno tornare.

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PIOGGIA Benedetta dovizia tardiva Irriga il ventre fecondo E risveglia nell'uomo ciò che sopiva. Speranza che il seme germogli Rivesti di verde dell'animo Gli esili tronchi e i rami spogli. Il veleno diluisci d'incanto Librando lieve nel vento L'indissolubile cosmico canto.

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POESIA LUNGA UNA VITA

Piansi l'innocenza Un'alba di marzo, Salutava la carne ferita Sul letto di spine. Accarezzai la seta, Come lune d'agosto Gonfia di vita, E profumo di mare. Gli occhi bendati, Nei palazzi di vetro, E trofei tra le dita Trafissero il fianco. Il treno passava veloce Il sangue asciugava Una lacrima asciutta E il sale brillava. Dov'era la notte? Dov'erano le botte? Dov'era la luce? Dov'era la pace? Non c'era calore Negli spettatori distorti Non c'era confine. Il male era bene?

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RADIOSA RADICE D’UOMO L’animo esule Chiamò terra. Calpestio radioso Tra semi d’erba e fango. Il suo doppio Pretese casa. Crepitio estinto Nella cenere grigia. L'ego eresse mura Al castello di sabbia. Smarrì notti Dormì giorni. Visse prigioni Morì inverni. La primavera pazientò Sulla riva del fiume Un sorso di forza Dal calice della vita. La primavera Pazienta ancora.

97

RESIPISCENZA Nel mio silenzio Tracce vivide Di resipiscenza Dissipano L'oblio. E solerte La fiamma ardita Avvampa L’ossequio Del buio.

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RICORDO AMARO Ti affanni convulso Esule nelle tenebre, Compagno di giochi Dell’annoso tormento. Disperazione Senza via d’uscita. Catene d’ombra, Sei la mia notte Arida di vita.

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RIFIUTO Il rifiuto Corrompe Il cuore. L’accettazione Spalanca All’ulteriore.

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SABBIA Granello di sabbia Volteggi nella brezza Smarrendo la strada In un lampo di tempo. Povero uomo che Confondi il sentiero Senza nemmeno Un alito di vento!

101

SE LE PAROLE La mano Non si ferma più. E se le parole Fossero fumo Masticherei Nebbia. E se le parole Fossero sabbia Innalzerei Castelli. E se le parole Fossero ridicole Indosserei Riccioli biondi e scarpe a punta.

102

SEI ANNI APPENA Sei anni, appena. Smercia fotocopie Di Madonne sbiadite. Nel cuore le maledice. Brontola una pagnotta La pancia vuota. Biascica una carezza Il cuore di pietra. Sei anni, appena. Scruta immobile L'occhio atono I contorni spenti Del suo esistere diafano.

103

SILENZIO Il mio silenzio Scava l’anima, Scioglie le briglie, Lucida il pensiero. Svela la strada, Bianca di luce, Invoca il velo. Smaschera l'apparenza, Vince la notte Affranca il mistero. Venera la terra E la pietra antica E’ il suo unico sentiero. Poi erige la torre, In fondo all’antro scuro Mura la chiave, A dimora del vero.

104

SOGNO Guida la mano, Non viziare la mente. Inganneresti Il cuore sincero. Nitido e secolare, Traguardo immanente Non farti miraggio Che fagocita il vero.

105

SPALLE DI ATLANTE Avrei voluto amare Il tuo respiro fertile, I sogni intrepidi. Eri già spalle di Atlante. Pietrificato Nella tua condanna.

106

STELI DI DETRITI Muri pesanti Adombrano l'animo, Accolto a sera Senza conforto. Membra svilite Dall’inganno Di non essere morto. Sassi anonimi, Solo ieri Sassi sacri, Oggi Nemici indiscreti. E noi ingenui Abbiamo riposto I sogni, Le speranze E gli intimi segreti. Stasera, Nel mio giardino, Innaffio Steli di detriti.

107

SULL’ASSE D’EQUILIBRIO Sull’asse d’equilibrio, Foresta di follia, Combatto con vigore Il rollio della mente E l’esubero di parole.

108

SUSSURRI Sussurri tenui Di petali caduchi E lamenti tristi Di gabbiani Senza volo sulle ali Tendono melodia Allo sguardo Genuflesso.

109

TALVOLTA L’UOMO E’ VIVO Guarda L’occhio a tratti sente! Sogna Il cuore a tratti brama! Credi talvolta l’uomo è vivo.

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TEMPO SCADUTO Ti chiedevi di cos'erano fatte le stelle, E il tempo fluiva veloce. Imbastivi di notte le vele, Aspettando il mare calmo per salpare. Trascuravi i germogli dell'amore, Credendo che non potessero appassire. Ora, nel buio della sera, Ti senti solo, mentre ripieghi La pelle su un letto disfatto. Le parole sospese Ti hanno cucito le labbra E partirai con la cena calda nel piatto. E la lista dei sogni? La perdesti sul molo, Un qualunque mattino distratto.

111

TERRA DI CONFINE Bucovina Sibila cadenzato Il fruscio delle sciabole. Danzano lucenti Nell'ombra della sera. Fendono sguainate L'aria della steppa gelida, Al sorger della fertile luna, Che guida l'avanzata. Fendono nude l'aria Della steppa arida, Al calar della notte Che veglia le truppe esauste. Valicano gole, Guadano torrenti. Seminano terrore, Trucidano le genti. Ma la terra è difesa Con efferato ardore, Inondando di sangue turco Le vecchie mulattiere.

112

Impalando, a sud, I nemici ai bordi delle strade. Erigendo, a nord, Monasteri, dove la freccia cade. Terra accorpata Ai maestosi imperi. Terra d’invasioni E di volubili confini.

113

TI VOGLIO BENE Ti voglio bene Non te l'ho mai detto. Forse non lo nemmeno Mai pensato. Ti voglio bene Nonostante Io non lo voglia affatto. Ti voglio bene, Ma solo Di notte Quando la luna Spalanca La mano bianca Del perdono E il sole Non sta lì Sempre a soppesare Cos'è bene Cos'è male. In fondo non C'è motivo D'amare Solo se è Giusto amare.

114

TRACCE D'AMORE Sfoca dal buco della serratura Un piccolo banale mondo, Che ci opprime, Con il suo squallore. Mentre i nostri corpi, Due ombre sullo sfondo, Si spogliano muti Dei loro esili confini.

115

TRENO IN CORSA C’è un treno in corsa Zeppo di parole Tra il sonno e la veglia. Caos sublime Di nodi lucidi, Nella terra senza uomini.

116

UN PETALO, A MIA MADRE Parole pesanti, Ancore nel vento, Piombano nel vuoto, Increspando il silenzio. Lamenti verdi, Dal gusto amaro, Incontenibile flusso, Leggero e Ignaro. Ignaro del germe Che candido nutre, Del male sbiadito Che nel rancore riluce. Del dolore che soffoca E non lascia spazio A un ritorno, A un nuovo giorno, A un filo di perdono. Avessi un po' di forza Una briciola soltanto, Avessi meno viltà, Ti raccoglierei un fiore. Una volta soltanto, Magari stanotte,

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Sfiorerei in silenzio La tua mano bianca, Il palmo esile Le unghie sfaldate, Dalla vita fragile. Magari in sogno Magari in segreto, Nel bagliore di una lacrima Scorgerai un petalo.

118

UOMO DI VIZIO Credi sia oro? Io rido di te, Del tuo potere effimero, Del tuo astio misero, Delle barbarie che compi In nome di Dio, In nome mio. Sfila la corona, No, non è oro. E la tua carne debole Non sa vincere la spina. Sarebbe rugiada, Se come d'incanto La bellezza sgorgasse Dal tuo sguardo empio. Sarebbe aurora, Se l’odio fosse ieri E la melodia vibrasse Saturando l'aria di colore. Sarebbe divina umanità, Se tu, una volta soltanto, Alzassi gli occhi al cielo Cercando Dio.

119

UOMO STOLTO Sfili fiero lungo i viali Con le tasche piene di doni Elemosinando Sguardi d'ammirazione Distribuendo Carte vuote di caramelle. Germoglia Sdegno dal seme Dell'ostentazione, Ma non dentro di te, Il vile. Fiorisci d'ossequi Con i pugni chiusi Riveli consigli Con la pietra sul cuore. Ma chi sei straccio di stolto? Hai occhi vuoti, In cui cerco tracce di un sé Un sé che hai sepolto Sotto metri di scorie Avvolte di seta.

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VENTRE DI FUOCO In fondo all’abside Splende il ventre Di fuoco. Mie colonne d’Ercole In cui annega La paura.

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VESTITA DI BIANCO Immacolato e terso Ogni fiocco ti benedice E rende magico l'universo. Madre, quanta malignità! Con un soffio di vento Disperdi l’aggressività. Inghiotti voracemente, Il vuoto Che svilisce e svende. Seda l’astio e il rancore, Assopisci la violenza, E semina cosmico amore. Accogli nel grembo bianco, L’uomo inquieto, Come un bimbo stanco. Rivela la tua essenza, Sussurra nel vento Che tu sei l’esistenza.

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VORONET, BUCOVINA Un vento catartico Accarezza le foglie. Emana energia Cheta l’animo inquieto, Che socchiude la porta E fiducioso lo accoglie. La pace attraversa, Silenziosa, Le spesse pareti, La luce eterea Provvidenza diffonde, A rischiarar d'immenso Gli animi tetri. Le nuvole, Noncuranti Di ciò che intorno a loro accade, Sfilano veloci Nell'arco inviolato Dell'azzurro cielo, Gocciolato magistralmente Sulle pareti del Monastero.

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POESIE EDITE

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A SCUOLA DI POESIA Mi hanno chiesto di tracciare un confine Tra me e il mondo. Mi hanno chiesto di misurare le parole, Affinché rimanessero avvolte dal mistero. Mi hanno chiesto di uscire dal mio tempo, Per entrare nel loro tempo. Mi hanno chiesto di parlare con un'altra voce, Che non è la mia voce. Mi hanno chiesto di sentire Ciò che io non sento. Mi hanno detto che non sono un dono. Per questo solo, ho davvero pianto. E poi ho scritto ancora. La poesia non conosce un tempo sbagliato. La poesia non conosce un modo sbagliato. La poesia non conosce un sentire sbagliato. La poesia non è pensiero, non raccoglie frutti. La poesia dona i suoi frutti. E soltanto i suoi. Altro non può donare.

125

FRAGILE INCANTO Mentre il fitto del bosco, Sfila maestoso e cauto, A fianco del mio finestrino, Si sgretola la paura di morire, Annientata dalla forza della vita. Come se il mio sangue Scorresse nella linfa degli alberi Che lambiscono il cielo terso. Come se le mie lacrime Sgorgassero dall'acqua gelida Che benedice la terra umida. Come se la mia saliva Fosse la saliva dei randagi Che sbavano sui campi incolti. Come se io fossi latte, Ballerino nelle mammelle Delle mucche assorte. E urina del pastore, Distratto nutrimento Di un pascolo selvaggio. Come se il tutto fosse Indissolubilmente unito.

126

Come se uomo fosse divino. Rimango immobile, Perle di terra nel cuore. Occhi chiusi. Un filo d'erba in bocca. Con la vita che gli pulsa dentro, Con la vita che mi pulsa dentro.

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IL TEMPO Il tempo onnivoro fagocita, Inghiotte, divora, finisce. Un flemmatico logorio Che sordido corrode, E nessun dolore lenisce. Fino a quando piomba l’oblio E Il rumore infine tace. Quando la sera, apatica, Ingurgita il giorno Cogliamo sospesi Il buio che scende. Abbandoniamo avanzi di corpi Alla luce malata, del tiepido sole Immobili, fino ad assiderare il calore. La madre umile e fertile indulgerà, Sui nostri lembi di pelle, privi d’età, Divenendo l'eterna dimora Che la morte fatale consola.

128

INEFFABILE UNIVERSO Contemplerò sorpresa La tempesta scaturire Dall'azzurro terso. Osserverò silente Il lento mutare Dell'universo. Ammirerò rapita L'orizzonte che sfocato Mi si fa vicino. Accetterò inerme Il dolore legato al mio Fragile destino. Ineffabile creato, dove celi i tuoi segreti? Rivelati a chi, in te nutre fede E cieco amore, A chi ha la forza di trasformare In saggezza, il più bieco dolore. A chi non t’insulta, Offende o tradisce. A chi il divino Non svilisce.

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Guida il nostro occhio cinico, A cercare La magica trama che tesse Il tuo divenire, Aiuta il nostro sordo orecchio A udire, Il tuo lamento muto, Che oggi non può sentire.

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SUL SENTIERO Nella notte proibita Veglia suprema la luna I nostri corpi sopiti, Tra spighe dorate E lenzuola di bruma. La lingua di terra Dipana il sentiero, Papiro del monte, Custode dei passi, Di via del mistero. Alacre la fiamma Danza nell’onda di vento Crepitio d’assoluto. Divina carezza, Umano tormento.

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4 OTTOBRE 2012, COME UN ESERGO

Monica ci hai fatto dono di te, dei tuoi pensieri più inti-mi.

Le tue poesie sono coraggiose, affondano la lama nei territori più oscuri che tutti noi portiamo appresso, lungo il nostro cammino, ma non per restarvi troppo a lungo, anzi il contrario.

Lo scopo evidente è proprio quello di risalire verso la luce, per elevarsi, perfezionarsi, migliorarsi.

Le tue poesie ci insegnano sempre qualcosa di importan-te e di vero, e lo fanno con rispetto, in punta di piedi, sot-tovoce.

Guardi e tratti la condizione umana, senza giudizi asso-luti, rifuggendo da sentenze definitive, attraverso l’esercizio del dubbio.

Navighi con dolcezza tra il bene e il male, la gioia e la sofferenza, la bellezza e il dolore, e non abbandoni mai la compassione esistenziale.

Cerchi di comprendere ogni limite degli esseri umani, perchè hai veramente fatto tua la visione lucida che nessu-no è perfetto.

Le tue poesie sono un dono di consapevolezza, ma pure di speranza e umiltà, perché non smetti mai di andare oltre la superficie delle apparenze e delle convenienze. Scavi entro quel misterioso essere che è l'uomo, con i tuoi occhi di donna.

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Sei adorevolmente implacabile nel non risparmiare lo specchio della dignità a chiunque voglia guardarvisi den-tro, senza censure.

Non per distruggere, bensì per costruire. Siamo in tanti a volerti bene per quelle tue parole che

sanno così emozionarci. Ma non solo per quelle. Chi ti conosce, sa bene, che fai ogni cosa con armonia,

persino ridere e scherzare. Chi ti conosce, sa bene, che la tua strada è di libertà:

“Seme di speranza,

Fiamma di vita”

Percorri la tua via, donandoci, anche nei momenti più difficili, l’allegria di vivere.

Esplori il sottosuolo e lì vi porti raggi di luce.

Grazie Monica, perchè offri

poesia e amore a tutti noi

chi ti siamo vicini!

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BREVI NOTE BIOGRAFICHE SULL’AUTRICE Monica Guerra è nata e vive, oggi, a Faenza, dopo avere

trascorso la sua infanzia a Tredozio, un piccolo borgo del-l'Appennino Romagnolo. Trasferitasi negli Stati Uniti d’America, si è laureata nel 1994, in California. Ha poi conseguito, al rientro in Italia, un Master in Business Ad-ministration presso l’istituto Profingest di Bologna. Negli anni è divenuta imprenditrice, ma il suo più prezioso og-getto d'amore è la poesia. Ha pubblicato diversi suoi brani all'interno di raccolte e volumi dedicati a concorsi letterari.

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I Quaderni della Libera Officina I. D. Callini, I Frammenti Ricomposti, giugno 2010.

II. D. Callini, Il Coraggio, novembre 2010.

III. A. Valeck, Educazione e dintorni: dialoghi a distan-

za, gennaio 2011.

IV. D. Callini, La ricerca dell’autenticità, febbraio

2011.

V. D. Callini, La clessidra di Ermete, aprile 2012.

VI. G. Morini, Breve antologia di storie resilienti, giu-

gno 2012.

VII. D. Grossi, Ragioni di felicità, agosto 2012.

VIII. M. Guerra, Raggi di luce nel sottosuolo, ottobre

2012.