Qui Summaga, n 86, 2013
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Don Giuseppe, parroco
Il giorno 11 ottobre 2012, cinquantesimo anniversa-rio dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II, è iniziato l’anno della fede.
È questo per ogni cristiano un forte invito ad inter-rogarsi sull’autenticità e profondità del proprio credo; che non passi invano e che, per tanti, non si riduca all’ “espletamento di pratiche religiose”, senza la verifica sincera della propria posizione di fronte a Gesù risorto. Sì, perché la fede è proprio la fiducia in Dio, fattosi uomo, morto e risorto per ognuno di noi! È credere in Dio quale si è rivelato, amore assoluto, verità di relazione!
Fede o scienza? Siamo tutti tentati di “dimostrare” le verità di fede, ma Dio, l’Ente Supremo, onnipo-tente e onnisciente come può essere capito dall’uo-mo, piccola creatura, limitata, in balia degli even-ti… ?
Proviamo a partire dal nostro “bisogno di senso”: chi siamo e perché esistiamo? Possiamo risponde-re con le scoperte della scienza, ma la scienza si ferma di fronte al mistero della causa prima; un razionalismo angusto non può arrivare a spiegare la verità dell’anima, il dono d’amore… non spiega neppure l’amore terreno. Nell’umana avventura dell’innamorarsi o dell’essere innamorati infatti entra in gioco un “quid” indefinito che fa scattare la scintilla.
La fede è questa scintilla che fa appello al cuore! È un atto di abbandono totale nelle braccia dell’Altissimo.
È un movimento che avviene però nella reciproci-tà: l’uomo si avvicina a Dio e Dio si avvicina all’uomo. L’episodio della Samaritana al pozzo ci ricorda che solo quando lei avrà attinto potrà otte-nere quell’acqua viva e sacra che le permetterà di non avere più sete. Dio vuole che facciamo il pri-mo sforzo: attingere l’acqua dal pozzo, cioè avvici-narci a Lui, pregare e ascoltare la sua Parola. Solo così può venirci incontro e colmarci della sua gra-zia che estingue la nostra sete e la nostra agitazio-ne. Lui si dona a noi, noi , ricambiando il suo amo-re, sperimentiamo la pace, sveliamo il mistero, il significato della nostra esistenza!
Chi crede in Dio fa la sua volontà, produce opere di carità, accetta il progetto fatto dall’onnipotente su di lui: “Chi rimane in me e io in lui, dà molto frutto, perché senza di me non potete far nulla… Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato”.
L’invito e l’augurio di questo anno della fede è quello di prestare attenzione alla voce dell’anima: le vie che portano alla fede sono più semplici, più umane di quanto pensiamo.
Ci manca, molte volte, la capacità di meravigliarci dell’“onnipotenza del Creatore, che ha fatto tutte le cose” e delle sue creature chiamate all’eternità!
“È futile discutere su questioni religiose. Ci vuole un desiderio personale di cercare la verità
con atteggiamento umile. Maria Santissima , nell’incontro con santa Elisabetta, ci ricorda che
la rivelazione di Dio è nascosta ai sapienti e ai saggi ma facilmente accessibile ai semplici”.
Cardinale John Henry Newman
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Ci impegniamo noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri…
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s'impegna,
senza accusare chi non s'impegna,
senza condannare chi non s'impegna,
senza disimpegnarci perché altri non s'impegnano…
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il nuovo fiore,
la notte con la prima stella.
Ci impegniamo per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una volta sola
e non vogliamo essere "giocati"
in nome di nessun piccolo interesse…
Ci interessa perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Ci impegniamo
a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
verso l'amore.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c'è insieme a una grande sete d'amore,
il volto e il cuore dell'amore.
Ci impegniamo
perché noi crediamo all'amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente.
Ci impegniamo noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri…
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s'impegna,
senza accusare chi non s'impegna,
senza condannare chi non s'impegna,
senza disimpegnarci perché altri non s'impegnano…
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il nuovo fiore,
la notte con la prima stella.
Ci impegniamo per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una volta sola
e non vogliamo essere "giocati"
in nome di nessun piccolo interesse…
Ci interessa perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Ci impegniamo
a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
verso l'amore.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c'è insieme a una grande sete d'amore,
il volto e il cuore dell'amore.
Ci impegniamo
perché noi crediamo all'amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente.
Ci impegniamo noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri…
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s'impegna,
senza accusare chi non s'impegna,
senza condannare chi non s'impegna,
senza disimpegnarci perché altri non s'impegnano…
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il nuovo fiore,
la notte con la prima stella.
Ci impegniamo per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una volta sola
e non vogliamo essere "giocati"
in nome di nessun piccolo interesse…
Ci interessa perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Ci impegniamo
a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
verso l'amore.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c'è insieme a una grande sete d'amore,
il volto e il cuore dell'amore.
Ci impegniamo
perché noi crediamo all'amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente.
Don Primo Mazzolari Don Primo Mazzolari
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Chiara Amirante Comunità Nuovi Orizzonti
“Ho sempre cercato qualcosa capace di dare un senso profondo alla mia esistenza
Mi dicevo: ho una vita sola, voglio spenderla per qualcosa di grande!”
Chiara Amirante, nasce a
Roma il 20 luglio 1966.
Nel suo cuore l’affetto
per Gesù si manifesta
molto presto, al punto da
desiderare di ricevere, a
soli 5 anni, la prima co-
munione. Terminate le
scuole superiori, decide
di entrare in una comuni-
tà del “Movimento dei
Focolari”, completando
contemporaneamente gli
studi a Scienze Politiche.
Sono anni in cui sente
crescere il desiderio di
dedicarsi agli ultimi,
quando una gravissima
patologia la colpisce agli
occhi e la riduce presso-
ché alla cecità costringen-
dola a tornare alla vita in
famiglia. È in questo pe-
riodo di sofferenza che Chiara intuisce il disegno di Dio
a cui si affida chiedendo un “segno”. Dopo un momento
di preghiera intensa, giunge la guarigione improvvisa e
completa. Chiara non ha più dubbi: immediata è la scel-
ta di dedicarsi ai ragazzi di strada. Per due anni è alla
Stazione Termini, incontrando giovani soli, emarginati,
schiavi della droga, dell’alcolismo, nel mercato-
schiavitù della prostituzione, implicati in varie forme di
devianza e criminalità. Nel 1992 organizza un’equipe di
evangelizzazione: «Non è possibile parlare di nuo-
va evangelizzazione senza nuovi evangelizzatori, cri-
stiani rinnovati ogni giorno dal vangelo, perché siano
testimoni efficaci nella quotidianità. Per essere nuovi
evangelizzatori bisogna "rinascere dall'alto", con la con-
sapevolezza che i propri doni personali devono essere al
servizio del comune dono della fede, perché si rinasce in
un Corpo comune: la Chiesa! In fondo si tratta di for-
marsi alla scuola dell'unico Maestro per esserne disce-
poli nell'oggi storico in cui siamo chiamati.
Vogliamo fare nostra la parola di S. Paolo:
«Non è infatti un vanto annunciare il vangelo;
è un dovere: guai a me se non evangelizzo!»
(Corinzi 9,16)
Dopo aver fondato
nel 1993 l’Associa-
zione di volontaria-
to onlus Nuovi
Orizzonti, nel 1994
apre il centro nella
zona di Trigoria,
accogliendo i ragaz-
zi in difficoltà gratuitamente e basandosi sull’abbando-
no alla divina Provvidenza. Gli stessi ragazzi accolti
sentono l’urgenza di impegnarsi in una pastorale di
evangelizzazione di strada, alcuni (di cui molti prove-
nienti dalla strada) si impegnano con promesse di po-
vertà, castità, obbedienza e gioia. Il 13 dicembre 1998 a
Roma Chiara organizza la prima missione di strada di
quindici giorni a cui partecipano 200 giovani e nel feb-
braio del 1999 apre il centro Arcobaleno dell’Amore,
primo centro di evangelizzazione di strada, prima acco-
glienza, orientamento e prevenzione. Le sue iniziative
danno il via ad una nuova metodologia pastorale di
evangelizzazione di strada. Molte Diocesi invitano
Nuovi Orizzonti per poter realizzare esperienze simili,
coinvolgendo diverse realtà ecclesiali, avviando scuole e
centri di evangelizzazione. Il progetto e impegno di
Chiara Amirante ha nel 2004 un particolare riconosci-
mento da Papa Giovanni Paolo II, da cui è nominata
Consultore del Pontifico Consiglio della Pastorale per i
Migranti e gli Itineranti. Tale incarico è stato rinnovato
fino ad oggi da Papa Benedetto XVI. L'8 dicembre 2010
il Pontificio Consiglio per i Laici, presieduto dal Cardi-
nale Stanisław Ryłko, ha riconosciuto Nuovi Orizzonti
come Associazione internazionale privata di fedeli di
diritto pontificio. Il 4 ottobre 2012 il Centro Francescano
Internazionale di Studi per il Dialogo fra i Popoli ha
conferito a Chiara Amirante il XX Premio Internazionale
per il Dialogo fra i Popoli e le loro Culture “San France-
sco e Chiara d’Assisi”.
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Lo stemma Rezzonico
Sulla cappa del caminetto della
sala da pranzo della canonica di
Summaga è riprodotto lo stem-
ma della famiglia Rezzonico. Vi
fu riportato una cinquantina di
anni fa, nei primi anni Sessanta
del secolo scorso, in occasione
dei lavori di ristrutturazione
della canonica, essendo parroco
don Natale Quattrin. Lo stemma
riprende quello ricamato in una
preziosa pianeta in broccato cu-
stodita in abbazia, sormontato
dal cappello cardinalizio.
Lo stemma è un richiamo a due
importanti personaggi legati alla
storia dell’abbazia in quanto
suoi abati commendatari: Carlo
Rezzonico (Venezia 1693 - Roma 1769) e il suo
omonimo nipote (Venezia 1724 - Roma 1799). Car-
lo senior, presto avviato alla carriera ecclesiastica,
ebbe il primo incarico nel 1714 con la nomina ad
abate commendatario di Summaga; nel 1743 fu
consacrato vescovo di Padova e il 6 luglio 1758 fu
eletto papa assumendo il nome
di Clemente XIII. Poco dopo, egli
assegnò la commenda al nipote
Carlo, nominato cardinale il 2
ottobre 1758.
La famiglia Rezzonico si era tra-
sferita da Como a Venezia nel
1638 e, operando nel campo della
finanza internazionale, accumulò
in pochi decenni un ingente pa-
trimonio, divenendo una delle
più ricche famiglie veneziane e
nel 1687 anche nobilomeni, me-
diante l’acquisto del patriziato
contro il versamento di 100.000
ducati nelle casse della Repubbli-
ca, esauste per le spese sostenute
nella guerra contro i Turchi. La
nobile casata conobbe l’apice del
suo successo negli anni Cin-
quanta del XVIII secolo: nel 1750
acquistò il palazzo a San Barna-
ba e nel 1758 un suo esponente
ascese al soglio pontificio.
L’acquisto del palazzo, la cui
costruzione era stata iniziata nel
1649 dal massimo esponente del
barocco veneziano Baldassarre
Longhena per la famiglia Bon
ma non compiuta, voleva essere
il segno della raggiunta forza
economica e politica. I Rezzoni-
co ne affidarono il completa-
mento a Giorgio Massari, uno
dei più affermati architetti
dell’epoca, e la decorazione in-
terna a grandi artisti, quali Tie-
polo, Crosato, Guarena. Massari creò un insieme di
ambienti da parata consoni alla ricchezza e al pre-
stigio della casata: nel 1758 vi si celebrarono grandi
feste prima per il matrimonio di Lodovico, nipote
di Carlo, con Faustina Savorgnan (gennaio), poi
per l’elezione a papa di Carlo (luglio).
In Palazzo Rezzonico, oggi sede
del Museo del Settecento Vene-
ziano, l’accesso da terra porta
allo scalone d’onore che immette
nel grandioso salone da ballo,
fastoso per affreschi e decorazio-
ni, un poema figurato in onore
della famiglia. Di fronte all’in-
gresso, al centro della parete
maggiore, campeggia tra pan-
neggi dorati lo stemma dei Rez-
zonico, stemma che ritroviamo
un po’ ovunque nella dimora, sia
affrescato che scolpito.
Nei codici marciani sulle armi
delle nobili famiglie, lo stemma è
così descritto: “Inquartato: nel pri-
mo di rosso alla croce d’argento; nel
secondo e nel terzo di nero, alla torre
Cappa del caminatto della canonica
Stemma sulla pianeta in broccato
QUI SUMMAGA
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d’argento cimata da una torricella dello stesso; il quarto
di rosso a quattro sbarre d’argento; sul tutto uno scu-
detto d’oro timbrato da una corona d’oro all’antica e
caricato di un’aquila bicipite nera coronata d’oro.”
È da notare che negli stemmi dipinti del Palazzo il
secondo e il terzo non sono neri, ma azzurri (e così
a Summaga), con riportato in cima il motto “Si
Deus pro nobis”.
La combinazione di figure e colori con cui una fa-
miglia decideva di rappresentare se stessa per esse-
re subito riconosciuta aveva rimandi e significati
precisi. Se lo stemma non è “parlante”, cioè non
porta segni suggeriti dal nome della famiglia (per
esempio: il delfino per i Dolfin), i significati non
sempre sono per noi comprensibili se non abbiamo
documentazione in proposito. Nel caso nostro ho
trovato aiuto in una dotta discussione nel Forum “I
Nostri Avi” dell’Istituto Araldico Genealogico Ita-
liano (www.iagi.info).
Ecco la spiegazione, tutta però al condizionale.
Primo quarto: “di rosso alla croce d’argento” indiche-
rebbe lo stemma di Como (riferimento territoriale)
che deriverebbe dalla croce di San Giovanni Batti-
sta, di parte imperiale.
Secondo e terzo quarto: “d’azzurro alla torre d’argen-
to” indicherebbe lo stemma della famiglia della
Torre, a un ramo della quale apparteneva come
feudo il borgo di Rezzonico, oppure la famiglia di
Andrea Erecco, figlio di Guido della Torre, dal
quale ebbe origine un ramo della famiglia della
Torre, che verrà chiamato della Torre Rezzonico;
in ogni caso: riferimento ai Torriani.
Quarto quarto: “di rosso a quattro sbarre d’argento”
non ne è chiaro il significato, a meno che non indi-
chi la Casa d’Austria, normalmente segnalata dalla
banda rosso e argento.
Scudetto centrale: “aquila bicipite nera coronata d’o-
ro” indicherebbe la nomina a Baroni del Sacro Ro-
mano Impero che nel 1665 con proprio diploma
l’Imperatore Leopoldo I conferì a Carlo, nonno del
futuro papa, e al di lui fratello Aurelio, il primo a
trasferirsi a Venezia nel 1638; il titolo fu meritato
grazie alla loro conduzione degli affari legati alle
regie miniere di mercurio di Idria in Slovenia.
Da cardinale, il primo Carlo Rezzonico adottò uno
stemma tutto suo: l’arma di famiglia spostata tutta
nella parte destra (con le bande della quarta parti-
zione invertite nella pendenza, forse per ragioni
estetiche), la metà sinistra occupata da bande tra-
sversali rosse e argento tagliate da una orizzontale
azzurra.
Si tratta di un richiamo allo stemma Corsini, in
quanto egli era stato fatto cardinale nel 1737 da pa-
pa Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini. Man-
tenne questo stemma come vescovo di Padova dal
1743; una volta divenuto Clemente XIII, tornò a
quello di famiglia.
Nota: oltre che dal sito citato, le notizie sono tratte da:
A. Zorzi P. Marton I Palazzi veneziani, Udine 1989
F. Pedrocco Ca’ Rezzonico. Museo del Settecento veneziano,
Venezia 2001
AA.VV. Clemente XIII Rezzonico. Un papa veneto nella Ro-
ma di metà Settecento, Padova 2008
Amalia Ruzzene
Stemma da cardinale del futuro Clemente XIII
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A bordo delle metafore d’antan
Il linguaggio dialettale, appreso in paese fino a po-
chi anni fa come lingua materna, era pieno di
espressioni figurate: similitudini (es. bon come ‘el
pan), metafore (es. tirà zo dae spese), metonimie (es.
là de ‘a ciesa, per indicare qualsiasi ambiente par-
rocchiale) e altre figure retoriche connesse
(sineddoche, allusione, sinestesia, ecc.). Eppure era
un linguaggio povero di parole, relative so-
prattutto all’ambiente rurale e domestico. Sapeva
accogliere termini da varie tradizioni linguistiche
(dalle striche, tedesche come il trincar, al garbin ara-
bo, passando attraverso gli svariati calchi di voci
latine e neolatine, celtiche, longobarde, ecc.) e li
adattava al proprio vocabolario esclusivamente
orale, fin dov’era possibile riceverli: sarebbe diffici-
le, ad esempio, accostare il significato attribuito ad
oggetti serrati “bei (o ben) ciusi” a quello del termi-
ne anglosassone assonante – ma dalla pronuncia
più labiale, e dal contenuto molto diverso – messo
in voga da una ministra fautrice d’una stretta
“ciusa” alle pensioni (per le generazioni successive
alla sua).
Questa inventiva di sapore poetico, spesso anoni-
ma, era un patrimonio diffuso senza copyright.
Non c’era il problema di mettere (e cercare) una
firma sotto le nuove espressioni brillanti, talora
folgoranti, coniate per abbigliare la comunicazione
interpersonale. Chi le componeva si accontentava
di gustare la soddisfazione nel sentirle riprese da
altri. Quel linguaggio figurato si è inevitabilmente
trasformato, ed in parte perduto, con i notevoli ac-
celerati mutamenti culturali e sociali degli ultimi
decenni. Comunque rimane una preziosa testimo-
nianza della ricchezza umana e della sapida fanta-
sia di quanti ci hanno preceduto. Ci limitiamo a
pochi esempi. Si pensi alle molte similitudini d’uso
comune, quali: magro come un stec, bagna(t) come un
pitùs, lis come l’oio, drit (o indrisà) come un mànego de
scova, tirà a baìn, far come ‘na rùmoa, girar come ‘na
tròtoa (o ‘na girandoa), corer come un lièvro, ingosà
come ‘na rassa, star come un osel in cheba. Talora cor-
rono su un evidente sfondo religioso: savèr come
l’Ave Maria, o star come Cristo in crose riferito ad
una persona che soffre, in contrasto stridente con
chi, alla domanda «come va?», rispondesse «da
Dio», intendendo dire che se la passa bene.
Alcune similitudini idiomatiche sono difficilmente
traducibili nei concetti della cultura “alta”: màt co-
me un sestòn si riferisce probabilmente al fatto che
nel cesto non c’è nulla di dritto; restar come un mona
(simile a restar de stuc, ossia interdetto, e ben diver-
so da far el mona) segnalava una inattesa delusione.
Accade l’inverso per chi definisce come l’oro un esi-
to o la propria situazione attuale, analogamente al
più sbrigativo «puìto» (inteso come “bene”: il che
induce sospetti sul livello di pulizia normale nelle
case d’una volta). Una similitudine particolare era
quella di una mia zia la quale, dopo aver visitato
QUI SUMMAGA
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per la prima volta Parigi più di 60 anni fa, impres-
sionata dal traffico di auto e mezzi pubblici - da
noi ancora quasi inesistente - lo paragonava ad «un
sac verto de masonète». Non capisco ancora che cosa
intendessero esattamente dire “i grandi” quando
ironizzavano sul repentino cambio d’umore di
qualche bambino/a cantilenando prima el pianth
dopo el rit, come ‘a mussa de S. Vit. Però una ragazza,
che aveva confidato a mia nonna d’essersi innamo-
rata di un giovane, intuiva bene il senso dei para-
goni ricevuti in cambio della confidenza: «Te piàseo
davero? Parché se ‘l te piase l’è bel come ‘l sol, sennò l’è
brut come ‘a fame.»
Se è vero che i contorni del mondo per ciascuno
coincidono con quelli del proprio linguaggio, l’a-
nalisi della parlata paesana e della sua duttilità fi-
gurale può fornire spunti per considerazioni che
travalicano l’aspetto linguistico. In fondo conti-
nuiamo a parlare anche il linguaggio di coloro che
ci hanno preceduto; ne facciamo rivivere il mondo
attraverso le parole, ma soprattutto osserviamo il
mondo assumendo il loro sguardo attraverso il
lampo illuminante delle loro immagini. Perciò vale
la pena di soffermarsi di tanto in tanto sulla ine-
sauribile creatività di espressioni figurate - in un
lungo corteo di metafore, allusioni, metonimie, si-
nestesie, ecc. - che infioravano il dialetto dei nostri
paesi, spesso condivise e scambiate con quelle del-
le zone circostanti, e che restavano in voga anche
quando perdevano il loro significato originario. Il
termine tosato, ad esempio, è una metonimia utiliz-
zata a vasto raggio: secoli fa indicava il giovane
che non aveva ancora raggiunto l’età per avere
barba e capelli allungati… esattamente il contrario
di quanto accadeva 40 anni fa (senza pensare al
suo adattamento femminile tosàta, tosa).
Quella creatività di metafore prosegue ininterrotta
ancor oggi in tutti i luoghi d’incontro, attinta alle
svariate fonti d’una cultura sempre più globalizza-
ta. Tuttavia, raccogliere e fissare alcune tracce di
quella del secolo scorso aiuta a penetrare nei segre-
ti del mondo passato. Era un complimento sentirsi
dire te son un canòn quando il cannone era ritenuta
ancora un’arma portentosa e insuperabile, mentre
era meno positivo definire qualcuno ‘na bronsa
cuèrta (che magari fa par sot come ‘e patate). Per i
bambini che si avventuravano a giocare lungo i
fossi - o sul ghiaccio che vi si formava d’inverno -
era frequente ciapàr el lus, senza pescare alcun luc-
cio, ma rischiando invece di prenderle rientrando a
casa (e posti di fronte all’alternativa, se trascurava-
no la scuola: savèr o sapàr). Per un grande era imba-
razzante tegnèr el mocul a qualcuno; mentre era
quasi inevitabile subire talvolta ‘na onta e ‘na spon-
ta. Ma preferiva restare affaccendato in una condi-
zione quotidiana nella quale l’è tut un muìn, piutto-
sto che ridursi tut ossi o a essere un mort in piè.
Le metafore valevano talvolta da sveia-baùchi, se
non venivano maneggiate con cura. L’avevano ap-
preso a proprie spese alcuni giovani che si ritrova-
vano di sera nella stalla di mio nonno. Quest’ulti-
mo, quando lasciava la compagnia per andare a
letto, era solito dire che andava a bordo: costruendo
la metafora su un’allusione, annunciava d’andare
“sotto le coperte”, come in nave si va
“sottocoperta”. Ma ai giovani sfuggiva l’arguto
accostamento. Quando si recarono per la prima
volta da soli a Venezia, vollero provare un viaggio
in vaporetto. In attesa d’imbarcarsi, s’inserirono
nel tramestio di passeggeri in procinto di salire
sull’imbarcazione, però il grido «a bordo!» risuo-
nato proprio in quel mentre li inchiodò, rendendoli
perplessi e stupefatti su quanto stava lì accadendo.
Confabularono a lungo tra loro, irresoluti sul da
farsi. Intanto il cambio passeggeri si ripeteva, sem-
pre accompagnato dal fatidico «a bordo!». Final-
mente uno di loro decise di rivolgersi a qualcuno
del personale dei traghetti: «Scusi… per favore… si
potrebbe parlare con il comandante del vaporetto?
Mi indica dove si potrebbe trovare?» «A bordo», fu
la risposta sorpresa. Non poteva essere più scon-
certante. Ma fu anche benefica, perché li costrinse
ad aprire gli occhi, e a salire finalmente in vapo-
retto… fuor di metafora.
R.S.
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Frontiere del Nuovo Umanesimo
Chi di noi non è rimasto ammirato di fronte ai ca-
polavori di Leonardo da Vinci, Michelangelo,
Raffaello, Tiziano? Ammirato e stupito che in un
breve volgere di tempo, tra la seconda metà del
Quattrocento e il Cinquecento, sia nata in Italia una
civiltà in cui l’Uomo abbia espresso una creatività
tanto piena e potente, una capacità assoluta di do-
minare la realtà con piglio così audace! Negli stessi
anni scrivevano poeti e prosatori, operavano con
spregiudicatezza uomini di governo animati gli
uni da un grande senso della bellezza, gli altri da
una spregiudicata energia!
Questo “miracolo” fu reso possibile da quello che
sulla scorta della riscoperta del mondo greco e lati-
no fu definita l’humanitas, un complesso di valori
in cui si fondevano la libertà e l’autonomia dell’in-
dividuo ma anche l’impegno civile e la capacità di
progettare il futuro della società con strumenti di
conoscenza sempre più rigorosi.
Oggi, invece, l’Uomo appare smarrito, lacerato dal-
le contraddizioni, chiuso spesso in un individuali-
smo che è solo frutto dell’egoismo. È un Uomo ap-
piattito sul presente, senza memoria del proprio
passato, orfano di un futuro.
Quest’Uomo non può oggettivamente ricomporre
quell’“unità del mondo” che caratterizzava l’espe-
rienza dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Le filosofie e i drammi della Storia del Novecento
ci hanno lasciato l’eredità di un “io” diviso all’in-
terno e al di fuori di sé. Anche la scienza moderna,
dopo le utopie positivistiche di fine Ottocento, pro-
cede per sintesi parziali limitandosi a descrivere ed
ipotizzare fenomeni ed abdicando alla pretesa di
attingere ai principi fondanti della realtà.
In questo contesto, dunque, ha ancora senso parla-
re di “humanitas”? E in caso affermativo, quali sono
le “nuove frontiere” di questo concetto, i campi in
cui si stanno giocando le scelte decisive? Oggi pro-
prio perché attraversiamo un periodo di profonda
crisi dell’humanitas e dei valori ad essa connessi, a
maggior ragione, si deve rilanciare con urgenza
l’impegno!
“Uomini di buona volontà”, per usare l’espressio-
ne evangelica, al di là di differenze sociali, econo-
Raffaello - Scuola di Atene
QUI SUMMAGA
9
miche, etniche ed ideologi-
che dovrebbero sentirsi chia-
mati a raccolta per garantire
un futuro alle nuove genera-
zioni.
Quali sono le “nuove fron-
tiere” dell’humanitas?
L’avvento di una società
multietnica e multireligiosa
in un contesto di globalizza-
zione ha posto tutta una se-
rie di problemi inerenti alla
ridefinizione di questo con-
cetto.
Si impone, dunque, la neces-
sità di un dialogo attivo e
paritario, che presuppone
una comprensione più pro-
fonda delle ragioni dell’al-
tro, una volontà di costruire
insieme una piattaforma di
valori e di regole condivisa
da persone e comunità di
diversa etnia, nazionalità,
religione, senza pretese di
integrazioni forzate o di im-
posizioni ideologiche da
qualunque parte provengano.
I pericoli dell’integralismo (spesso ostentato come
purezza di valori, baluardo di civiltà) e quelli del
fondamentalismo sono sotto gli occhi di tutti!
Ognuno cerca legittimamente la propria humanitas
nelle proprie radici, nella propria storia, nei propri
valori (purché tutto ciò non venga manipolato ed
ideologizzato dall’esterno da leader fanatici e privi
di scrupoli).
Dove sta allora il limite di questa riappropriazione
di identità? Essenzialmente nel rispetto degli altri,
nella necessità di non ripiegarsi sulla propria iden-
tità, sentita come unica e totalizzante ma di aprirsi
all’humanitas della convivenza.
Un altro campo nel quale questo concetto si misura
e si ridefinisce è il rapporto tra etica ed economia.
Senza voler demonizzare l’economia, resta il fatto
che assistiamo ad una crescente prevalenza nella
teoria, e ancor più nella pratica, del fattore econo-
mico con tutte le distorsioni del capitalismo finan-
ziario che nega concetti di giustizia sociale, equità,
cooperativismo.
Una rifondazione di valori
dovrebbe essere finalizzata
alla proposizione di nuove
strategie economiche, volte a
creare condizioni di svilup-
po socialmente più eque,
rispettose dell’ambiente e
tese ad una riduzione dello
spaventoso gap tra i Paesi
ad alta industrializzazione e
i Paesi del Terzo Mondo.
Finora si è sempre pensato
allo sviluppo in rapporto
all’espansione dei consumi.
Oggi però viviamo una evi-
dente contraddizione : da un
lato si espandono alcuni
consumi di beni percepiti
come status symbol come
quelli tecnologici, dall’altro
calano i consumi di beni di
prima necessità come quelli
alimentari.
Gli stili di vita che il mercato
propone e che hanno ancora
forte potere attrattivo non
sono più compatibili con le
reali possibilità economiche di quel tradizionale
ceto medio che è stato risucchiato nell’area della
precarietà e della nuova povertà.
Questa crisi dei consumi che si aggraverà sempre
più porterà inevitabilmente alla necessità di creare
nuovi modelli di sviluppo che richiederanno inve-
stimenti non solo economici ma anche “culturali”
in termini di creatività ed innovazione.
“Avere o essere?”: questi i termini del dilemma
posto da Erich Fromm nel suo famoso saggio del
1976. E la risposta era inequivocabile: di fronte al
dilagare dell’”avere”, in tutte le sue declinazioni,
era necessario per l’intellettuale tedesco ripensare
all’essenza dell’esistenza umana.
Nella società contemporanea caratterizzata dalla
filosofia dell’ apparire, costantemente veicolata dai
mass media e passivamente assimilata da larghi
strati sociali, questo appello si impone come uno
dei fondamenti del Nuovo Umanesimo.
Roberto Coccolo
Locandina Artes Renascentes 2009-2013
(Urbino settembre 2012 - Roma 2013)
10
Da comunicazione a rete sociale Guardare con attenzione alle tecnologie multimediali
Mi ha incuriosito, ma
ancor più sollecitato il
tema proposto da Bene-
detto XVI per la 47^
Giornata mondiale delle
Comunicazioni, celebra-
ta a gennaio 2013: “Reti
sociali: porte di verità e di
fede; nuovi spazi di evan-
gelizzazione”. Già parlare
di “reti sociali” credo
sia oggi una novità asso-
luta per quanto riguarda
i pronunciamenti papali,
come del resto ricordo,
nei primi anni sessanta,
in piena atmosfera conciliare, un altro termine
che entrava nel linguaggio dei padri e che era
destinato ad implementare il vocabolario uffi-
ciale dei documenti ecclesiali: “ Comunicazioni
sociali “. Un percorso, durato sì 50 anni, ma de-
stinato oggi (reti sociali) come allora
(comunicazioni sociali) a modificare continua-
mente il nostro rapporto con i mondi che ci cir-
condano. Si pensi solo in questo lasso di tempo
quante rivoluzioni sono sbocciate, quante bar-
riere e muri sono crol-
lati, mentre il sistema
della comunicazione
diventava ogni giorno
più pervasivo e per-
suasivo, entrando nel-
le nostre case e nella
nostra quotidianità.
Insomma un nuovo
tessuto connettivo,
come qualcuno lo ha
definito, cucito addos-
so ad ognuno di noi,
una sorta di abito
mentale di questi tempi in cui la comunicazione
ha finito per modificare anche il nostro modo di
vivere e di pensare. Sembra persino diventato
banale parlarne, ma chi avrebbe mai immagina-
to oggi – ad esempio – che il corredo informati-
co sia ormai sempre più presente nella scuola,
elementari comprese? Ovvio che anche le tecno-
logie, se utilizzate male, presentino limiti e ri-
schi, ma non va mai dimenticato come in questo
universo che avanza senza sosta e mete, le “reti
sociali“ possano rap-
presentare davvero
anche delle “porte
d’ingresso”, uno stru-
mento da cui partire
verso un obiettivo
molto impegnativo
che porti alla verità e
alla fede. L’interattivi-
tà, l’universo digitale
possono davvero rap-
presentare una oppor-
tunità, una occasione
favorevole anche per
QUI SUMMAGA
11
Gigi Villotta
evangelizzare e rievangelizzare. Una domanda
che si è posta anche la Chiesa locale, nell’aper-
tura dell’anno della fede al palasport di Porde-
none. E’ stato pure ribadito che l’incontro di-
retto e personale rimane il rapporto da privile-
giare nelle relazioni, ma “le voci” pur sempre
hanno bisogno di “porte“ ed alcuni atti del Con-
cilio Vaticano II hanno già fatto da “portavoce”
per il mondo della comunicazione. Sono so-
prattutto i giovani i principali fruitori dei mo-
derni strumenti informatici, quindi diventano i
destinatari privilegiati di questa sfida lanciata
con l’indizione dell’an-
no della fede. L’invito
del Papa e dei vescovi è
chiaro: “Riscoprire il
cammino della fede per
mettere in luce con sempre
maggiore evidenza la gioia
ed il rinnovato entusiasmo
dell’incontro con Cristo”.
Per riuscire in questo
intento, come fare ad
intercettare e ad inclu-
dere un mondo così
complesso e distratto
come quello giovanile?
Da tempo se lo stanno
chiedendo soprattutto i
responsabili della pasto-
rale giovanile attraverso
tutta una serie di inda-
gini e verifiche atte a
capirne di più e conseguentemente mettere in
campo metodologie nuove per attuare i pro-
grammi più idonei allo scopo. Se in tutti c’è con-
sapevolezza che parlare oggi di Cristo ai giova-
ni sia alquanto difficile, ci si sta comunque sem-
pre interrogando su quali forme nuove e più
motivanti orientarsi per intercettare la loro
“sete“. Su questo punto il dibattito è ancora più
che mai aperto, ma è opinione comune che biso-
gnerà partire dalle loro situazioni concrete. Per
fare questo si dovrà puntare di più sulla
“parola”, dando forse meno importanza alle di-
namiche di animazione che rimangono pur
sempre elementi imprescindibili per ogni azio-
ne educativa. Si stanno sempre facendo più
strada proposte di esperienze concrete di carità
e momenti di confronto con testimoni autentici
e credibili, per diventare a loro volta testimoni,
mutuando il tema della prossima GMG
(Giornata mondiale della Gioventù) a Rio de
Janeiro. Ma l’anno della fede, come ha ricordato
anche il vescovo Pellegrini, non deve scadere in
un tempo celebrativo, fatto solo di grandi eventi
e raduni, ma deve essere momento privilegiato
per “abitare“ e per “camminare“. Due bei verbi
da declinare, meditare
e incarnare. Guardan-
do soprattutto ai gio-
vani, che davvero oggi
sembrano essere senza
domicilio, è un invito
pregnante ed impe-
gnativo per tutti, se
autenticamente ci sen-
tiamo e vogliamo fare
Chiesa. Per questo da-
re voce alla Parola si-
gnifica dare peso an-
che alla parola casa,
alla casa-chiesa fatta di
ospitalità, accoglienza,
ascolto, dialogo, come
ha scritto recentemente
un nostro parroco. Ec-
co perché dobbiamo
tutti assieme scoprire e
riscoprire quella casa dell’ascolto chiamata
Chiesa che quotidianamente si fa compagna di
viaggio. Le strade per arrivarci sono tante, ma
se la Fede è cammino può davvero diventare
compagna di strada, perché è legata indissolu-
bilmente alla nostra vita. Meno esteriorità, for-
malità e perbenismo, più autenticità e testimo-
nianza se vogliamo allora mettere in discussio-
ne le nostre certezze e dare più spazio alle do-
mande e alle sorprese che quotidianamente ci
interpellano.
12
Le dimissioni di Benedetto XVI “L’ho fatto per amore della chiesa”
Le ragioni di un gesto che ha sorpreso il mondo
L’11 febbraio, mentre si stava lavorando per la stesura
del nostro bollettino, una notizia "rivoluzionaria" ha
lasciato stupito e perplesso il mondo intero, il papa, Be-
nedetto XVI, ha annunciato la sua rinuncia al ministero
di Vescovo di Roma, successore di San Pietro:
“Non ho le forze, è per il bene della Chiesa”.
GRAZIE di cuore, Benedetto per l’amore che ci hai do-
nato, per la fede che hai dimostrato e la speranza che ci
hai proposto con l’esempio e le parole.
Il 265° Papa della Chiesa cattolica, fu eletto il 19 aprile
2005, già anziano, proprio quando meditava di ritirarsi
nel silenzio di un monastero, a pregare e a scrivere. In
molti si aspettavano da lui, papa tedesco, un certo
“distacco”, mentre nel tempo ci ha conquistato con la
sua “ferma” dolcezza, una grande mitezza e umiltà.
Il pontificato di papa Ratzinger, in particolare, il suo
magistero dottrinale, ha sempre avuto al centro la figura
di Gesù e il problema della Fede, ma nei suoi sette anni
di ministero, Benedetto XVI, ha dovuto affrontare sfide
gravose e con coraggio ha fatto scelte di trasparenza,
perché il volto della Chiesa non fosse deturpato dalle
“sozzure” umane e dalla “zizzania”. E’ interessante rile-
vare che la comunicazione della sua decisione è avve-
nuta proprio nell’anno dedicato alla nuova evangelizza-
zione, quasi a indicare che è arrivato il tempo di ridare
vigore alla Chiesa e al suo ruolo di guida etica e spiri-
tuale nel mondo. Il suo pontificato ha tracciato un solco
nitido sulla via del rinnovamento, perché la Chiesa sia
più vicina e solidale agli uomini del nostro tempo, pron-
ta anche a riconoscere le proprie colpe.
Il professor Cacciari, filosofo e accademico, parla di un
Papa che si umilia e chiede alla Chiesa di “fare peni-
tenza”.
Chiarisce ed illustra la scelta come “scandalo”: scanda-
lo è quando non ci si comporta come tutti, giudicando e
conservando il potere. E continua:
«Papa Benedetto ha visto il principe di questo secolo che dice:
”Se mi adori, tutto questo sarà tuo!” ed ritornato all’Es-
senziale. Il Papa ci invita a tornare a riascoltare la Parola di
Dio, alla “buona novella”».
«Il Signore mi chiama a salire sul monte» ha detto il Pa-
pa, «Ciò non significa abbandonare la Chiesa. Anzi, se
Dio mi chiede questo è proprio perché possa continuare
con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cer-
cato di farlo fino ad ora».
Il suo ritiro è un gesto dopo il quale nulla potrà più es-
sere come prima! L.M.
13
“L’uomo… domini la terra”
M.G.
“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di
Dio lo creò. Dio li benedisse e disse loro: «Siate fe-
condi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggioga-
tela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli
del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla
terra»” (Genesi 1,27-28).
La religione cristiana è stata spesso accusata
dal movimento ecologista di essere stata, se
non l’origine, certamente la giustificazione di
un atteggiamento dispotico e predatorio nei
confronti della natura. L’accusa si riferisce in
modo diretto, anche se ingenuo, al passo bibli-
co sopra riportato. In realtà il racconto biblico,
ad un’analisi più attenta, e con riferimenti ad
altri passi della Scrittura, più che pensare all’uomo
come dominatore della terra, lo descrive come custode
ed amministratore, come il pastore che custodisce ed
amministra il suo gregge. Ed il pastore sa che la sua
sopravvivenza dipende dalla cura con la quale tiene
in vita le sue pecore… La Bibbia perciò non autorizza
l’uomo a sfruttare in maniera indiscriminata il creato,
anzi, invita l’uomo a prendersene cura con amorevo-
lezza.
Questo invito è rivolto ad ogni uomo. Anche a noi di
Summaga. In questi ultimi decenni il nostro piccolo
paese ha cambiato volto: le periferie, un tempo cam-
pagna aperta, sono ora attraversate da grandi strade,
occupate da aree industriali; sono notevolmente au-
mentate le abitazioni ed è stato riqualificato anche il
centro gravitante attorno all’abbazia. Sono stati fatti
molti interventi utili, necessari, alcuni anche pregevo-
li da un punto di vista architettonico/urbanistico. Ma,
forse, ci siamo dimenticati che il nostro paese, Sum-
maga (“sopra l’acqua”), ha avuto sempre un rapporto
vitale, lungo i secoli, con il fiume Reghena. In un cer-
to senso il fiume, assieme all’abbazia, è “la nostra ani-
ma storica”, ma sembra che ci si ricordi di lui solo
quando è necessario per irrigare i campi, durante i
periodi di siccità, o quando, dopo piogge insistenti,
rischia di esondare… Da buoni custodi ed ammini-
stratori, dovremmo invece ristabilire un rapporto vi-
tale con il fiume Reghena, magari frequentandolo con
i nostri bambini, facendo lunghe passeggiate accanto
a lui durante la bella stagione… ne avremmo sicura-
mente benefici, fisici e spirituali. Il
Reghena appare oggi un fiume ab-
bandonato a se stesso, eppure chi ha
avuto l’opportunità di guardarlo da
vicino, magari lungo il percorso del-
la marcia organizzata dal gruppo “I
cento passi” lo scorso 21 ottobre, sa
che può regalare degli angoli mera-
vigliosi. Ci auguriamo che qualcu-
no, con buona volontà, prenda l’ini-
ziativa di sollecitare gli enti che lo
“tutelano” ad intervenire, per resti-
tuire il Reghena al suo paese. E sia-
mo sicuri che il nostro paese impa-
rerà a prendersene cura.
14
Una finestra sul mondo Da Melbourne, Australia...
Era il 21 marzo del 2007 quando mi sono imbarcata su
un volo per l'Australia con l'idea di fare un'esperienza
all'estero insieme a Marco, il ragazzo con il quale volevo
condividere la mia vita. Ricordo di avere detto alla mia
famiglia (e lo pensavo veramente!) che sarebbe stato per
un anno, al massimo due… Ne sono passati quasi sei ed
è proprio dall'Australia che vi scrivo. Qualcosa di que-
sto Paese lontano deve avermi davvero conquistata, se
sono ancora qui. Provo a raccontarvi di cosa si tratta.
Prima di tutto mi ha conquistato Melbourne, la città in
cui vivo. È una metropoli di 4 milioni di abitanti, ma
veramente a misura d'uomo. È una città giovane, ha
solo duecento anni di storia, ma è viva e vibrante, la
scena culturale è molto attiva e la popolazione è multiet-
nica e multiculturale come da nessun'altra parte al mon-
do. Il tasso di disoccupazione è bassissimo, il mondo del
lavoro funziona in modo meritocratico, la gente è molto
rilassata e si gode all'aria aperta il tempo libero… Ci
sono parchi, attività sportive di ogni genere e le giornate
non sono mai vuote.
La natura qui è straordinaria: c'è il cuore rosso del Pae-
se, con deserti e strade che per migliaia di chilometri
non fanno neanche una curva; ci sono coste dolci e sab-
biose e altre più frastagliate e rocciose; c'è l'oceano con
la grande barriera corallina; c'è l'estremo nord con le
foreste tropicali. Le città principali sorgono tutte lungo
la costa, perché il centro dell'Australia è una distesa di
terra rossa molto calda e poco ospitale.
Melbourne è la seconda città per dimensioni, dopo Syd-
ney, e si trova nella costa sud-orientale.
È bello passeggiare per le strade della città e respirare la
diversità della gente: ci sono indiani con il turbante, sud
americani con la pelle olivastra e africani dalla pelle ne-
ra. Ci sono europei di ogni Paese: italiani, greci, turchi.
Ci sono anche molti asiatici: cinesi, giapponesi, vietna-
miti, indonesiani. L'Australia è un po' casa di tutti…
anche se nel presente le leggi che regolano l'immigrazio-
ne sono molto ferree e il trattamento che nel passato i
colonizzatori occidentali hanno riservato agli aborigeni,
la popolazione indigena d'Australia, non è qualcosa di
cui andare fieri. Nel 2007, poco dopo il nostro arrivo, il
Primo Ministro australiano ha posto le scuse ufficiali del
Governo per la prima volta, ma purtroppo la loro condi-
zione è molto marginale nella società e si fa ancora trop-
po poco per cambiare le cose.
Ma torniamo alla mia esperienza. A pochi mesi dal mio
arrivo ho trovato il lavoro che sognavo: come giornali-
sta in una radio multiculturale che trasmette su tutto il
territorio nazionale australiano in 68 lingue diverse, ri-
volgendosi a tutte le comunità linguistiche del Paese.
Io lavoro per il programma in italiano: mi sveglio presto
al mattino e alle 5:30 sono già in radio, preparo il noti-
ziario e alle 8:00 vado in onda. Poi registro qualche in-
tervista per il programma del giorno successivo, copren-
do i fatti di attualità che riguardano l'Italia, l'Australia e
il resto del mondo, oppure eventi culturali in corso nelle
città australiane, mostre, concerti, rappresentazioni tea-
trali, eventi sportivi.
Federation Square (Melbourne)
Radio SBS: www.sbs.com.au/italian
QUI SUMMAGA
15
Devo ammettere che in realtà sono tante le cose dell'Ita-
lia che mi mancano: a partire dalla mia famiglia, i miei
genitori, mio fratello, mia nipote, i miei parenti, gli ami-
ci di sempre, quelli con cui ho condiviso l'infanzia e l'a-
dolescenza, quelli che rimangono ancora i grandi veri
amici. Mi manca condividere la quotidianità e gli avve-
nimenti importanti con gli affetti più cari, e sono tante le
occasioni in cui vorrei farmi sentire più vicina.
Ma per fortuna non mi è mai mancato l'appoggio dei
miei familiari, e allora diventa tutto più facile, quando
sai che le persone a cui vuoi bene sono felici della tua
felicità anche se così lontana.
E quindi un anno è presto diventato due, due sono di-
ventati tre… Io e Marco ci siamo sposati e due anni fa è
arrivato Pietro, il piccolo italo-australiano che ha riem-
pito ancora di più le nostre giornate!
E se le nostre famiglie continuano a viziarci con almeno
una visita all'anno mi sa che ci fermeremo ancora un
pochino…
Un abbraccio a tutti e vi garantisco che è sempre splen-
dido arrivare a Summaga e sentirsi subito a casa, anche
dopo tutti questi anni!
Virginia Padovese
Marco e Pietro
16
Summaghesi in Australia
Gianduzzo
Miglioranza
Milan
Padovese
Piccolo
Tony, nato a Bundaberg nel 1960,
sposato padre di quattro figli, già
da piccolo aveva le idee chiare sul
suo futuro professionale: in terza
elementare era deciso a diventare
medico e nel 1983 si è laureato in
medicina e poi specializzato in urologia. Da più di
quindici anni è esperto molto stimato nella dia-
gnosi e nel trattamento del cancro alla prostata,
calcoli renali e sterilità maschile. Attualmente è
socio dell’ Australasian Royal Colloge of Surgeons
e membro della Società di Urologia dell’ Australia
e nuova Zelanda.
Troy, nato nel 1971, padre di due
figli, anche lui urologo, ha studia-
to con il professor Inderdir Gill
negli Stati Uniti e con Christopher
Eden nel Regno Unito, autorità
leader mondiali nella chirurgia
robotica e laporoscopica. Specializzato nel tratta-
mento del cancro alla prostata e lo screening, non-
ché nel trattamento di altre neoplasie urologiche
come cancro al rene e della vescica. Ha ricevuto
numerosi riconoscimenti e premi sia nazionali che
internazionali.
www.troygianduzzo.com www.sunshinecoasturology.com.au
Da qualche anno è
entrata nel nostro
vocabolario la parola
“globalizzazione”,
ma i Summaghesi
hanno realizzato
questo termine già
da molti anni con
l’andare per il mon-
do in cerca di lavoro
e alla scoperta di
nuove culture. I no-
stri emigranti si sono
fatti sempre onore e
hanno dimostrato la
loro intelligenza e il loro spirito d’iniziativa in mol-
ti campi, come testimonia la pubblicazione
“Emigrazione dal Veneto Orientale tra ‘800 e ‘900”.
Giovanni Gianduzzo , inventore del Tropical Wine,
si considera ”fautore
delle Nazioni Unite”
con la sua famiglia
che affonda radici in
varie nazioni.
Sappiamo che Gio-
vanni è emigrato nel
1955, partito con un
contratto di tagliato-
re di canna da zuc-
chero, è diventato
produttore di vino di
frutta. Ora Giovanni
si è ritirato dalla pro-
fessione, con qualche
rimpianto, perché i figli hanno preso altre strade:
Tony e Troy, che rivendichiamo come “eccellenze
summaghesi”, sono medici specialisti in campo
urologico e andrologico. LM
17
Consiglio Pastorale Parrocchiale Sunto riunioni CPP
Le ultime riunioni del Consiglio Pastorale Parroc-
chiale, si sono incentrate sulle pressanti difficoltà
finanziarie della nostra parrocchia, problema que-
sto ampiamente condivisibile anche dalle realtà
limitrofe.
Il forte calo della frequenza alle celebrazioni, la
mancanza della sensibilità all'offerta per la chiesa
nel caso di celebrazioni particolari, tempo addietro
alquanto in uso, ha portato a dover purtroppo di-
scutere anche delle modalità per uscire da questa
situazione.
Ed ecco che pur iniziando ogni incontro con riferi-
menti riguardanti il Piano Triennale Pastorale della
Fede, ed espressamente sul fatto che il 2012/2013 è
l'anno dedicato a "vivere la Fede", ben presto si
doveva virare su argomentazioni purtroppo meno
spirituali.
A malincuore si è dovuto rinunciare alla prezio-
sa presenza del sacrista, che sarà sostituito da
un gruppo di volontari che, turnandosi, cerche-
ranno di espletare le funzioni che erano di sua
competenza.
Il nostro quarantennale bollettino parrocchiale
"Qui Summaga" come si evince facilmente, su-
birà un ridimensionamento nelle uscite in quan-
to le offerte raccolte durante la distribuzione
non riescono a coprire le spese. Per il conteni-
mento delle stesse, il lavoro specifico del
"laboratorio di grafica" sarà svolto all'interno
della nostra redazione: giovani generosi hanno
dato la loro disponiblità a svilluppare nuove
competenze informatiche e si impegneranno a
fornire il servizio necessario per poter andare
direttamente in stampa.
Altro punto dolente, in quanto di forte spesa, è
il riscaldamento della nostra bella abbazia. Il
Consiglio Pastorale Parrocchiale ha espresso la
volontà di continuare a rendere confortevole il
partecipare alle funzioni, cercando di recupera-
re in qualche modo i fondi.
Stiamo attraversando un momento veramente
difficile in cui ognuno può essere utile alla colletti-
vità; si auspica una doverosa "corresponsabilità",
mettendo a disposizione degli altri i nostri "talenti"
personali in favore di tutta la comunità.
Amate la giustizia
con la stessa sete di chi cammina nel deserto.
Preferite le ricchezze della povertà
alle miserie a cui conduce il benessere moderno.
Jorge Mario Bergoglio
Il segretario, Fiorella Bellamio
18
La settimana in montagna del coro “Le Rondinelle”
Anche quest’anno, il coro “Le
Rondinelle” è andato a Tramonti
di Sotto per passare una settima-
na di riposo e relax.
Il 24 giugno, alle ore 16.00, sia-
mo partiti, accompagnati dai
nostri genitori, per iniziare la
nostra settimana di svago tra le
montagne di Tramonti, ospitati
nella casa “Cristo Re”.
Il motivo conduttore della setti-
mana è stato “Sister Act 2”. Noi
cantori, dopo aver visto il film, ci
siamo impegnati moltissimo,
ogni giorno, provavamo la recita
ed i balletti, proposti dalle nostre
animatrici. Le giornate che ab-
biamo trascorso, sono state liete,
ricche di divertimento, amicizia
e dialogo tra tutti.
Come ogni anno, abbiamo fatto
la dura (e stancante) camminata
fino a Tramonti di Sopra, sop-
portando il sole che picchiava.
Però, è stata piacevole perché
eravamo tutti insieme a giocare
alla mitica “Battaglia Navale”.
Dopo la camminata, ci è stata
preparata la grigliata, buona e
gustosa come sempre, dai nostri
paesani sostenitori che, come
ogni anno, partendo da Summa-
ga con tutto l’occorrente, ci cuci-
nano costa, salsiccia, pollo, pata-
tine fritte e polenta. A nostra
sorpresa, la passeggiata e la gri-
gliata, sono state di mercoledì.
Divertente ed emozionante è
stato il torneo di ping-pong che
ha coinvolto tutti noi, ma so-
prattutto Don Umberto che ha
battuto tutti!!
La settimana si è
conclusa il 1° lu-
glio, innanzitutto
con la Santa Mes-
sa celebrata nella
casa “Cristo Re”
da Monsignore
Umberto con tutti
i genitori, parenti
ed amici, poi con
l’attesa recita, che
ha visto protago-
nisti anche i nostri
genitori quali componenti di un
improvvisato coro nella spetta-
colare esibizione di un canone a
tre voci “Fra Martino”.
Con questo articolo, vorremmo
ringraziare le animatrici per il
lavoro che hanno svolto.
Un ringraziamento alle nostre
cuoche Ines e Argentina che
ogni anno ci preparano gustose
pietanze, ma soprattutto le indi-
menticabili torte.
Ma la nostra gratitudine va alla
direttrice dei cori, colei che ogni
anno organizza questa splendi-
da settimana. Grazie Maristella
per i momenti felici che ci fai
passare… Con affetto
Carolina S. – Carolina N.
Giulia ed Elisabetta
19
ACR 2012 Non sprecare il tuo tempo!!
Dopo mesi e mesi di prepa-
rativi e un po’ di imprevisti,
era arrivato il giorno della
partenza per il campo scuo-
la. Destinazione: Nonta di
Socchieve. Anche se timoro-
si per l’avventura che stava
per iniziare, domenica 5
agosto siamo partiti, pieni
di energia, voglia di diver-
tirci e fare nuove conoscenze. Si perché ha intra-
preso questo viaggio con noi la parrocchia di Barco
-Pravisdomini. Nonostante noi di Summaga fossi-
mo in netta minoranza numerica (solo in 10, educa-
trici comprese) siamo riusciti a formare un gruppo
bellissimo, numeroso e affiatato, anche grazie al
gruppo ACG di Barco-
Pravisdomini che ha
condiviso con noi la
settimana. Ogni giorno
uno dei personaggi prin-
cipali del videogame
Super Mario ovvero Ma-
rio, Luigi, la principessa
Peach e il funghetto
Toad, proponeva ai ra-
gazzi giochi e attività
sempre diversi legati al
tema della giornata, noi educatori volevamo che i
ragazzi alla fine della settimana riuscissero a capire
l’importanza di ritagliarsi un momento nell’arco
della giornata per la preghiera e la riflessione per-
sonale. Per aiutarli a rag-
giungere questo obiettivo,
durante la settimana, sono
stati introdotti loro degli
oggetti, come il diario per-
sonale, e il significato che
dovremmo dare all’orga-
nizzazione della giornata e
all’ascolto di noi stessi e
degli altri. Ogni sera il
gruppo ACG, aiutato da
noi educatori, proponeva
giochi, balli e tanti scherzi
che però non hanno impe-
dito ai ragazzi più grandi
di infrangere le regole e
ricevere fantasiose puni-
zioni dal capo campo e i
suoi validi assistenti. La
buona riuscita di questo
campo è stata possibile
grazie a un gruppo educatori che fin dall’inizio
della programmazione si è rivelato affiatato come
pochi, ciò ha facilitato anche i ragazzi nel legare fin
da subito tra loro, nonostante fossero di fasce d’età
molto differenti. E’ stato, infatti, il primo campo
nella storia dell’Azione Cattolica, nel quale l’età
dei partecipanti andava
dai 6 ai 19 anni. Un rin-
graziamento speciale va
a Don Luca Buzziol che
ci ha accompagnato in
quest’avventura con la
sua simpatia, dinamicità
e complicità (è stato una
fonte inesauribile d’idee
per scherzi e punizioni)
e che ci ha permesso di
avere ogni giorno un
momento di preghiera e riflessione sulla Parola del
Signore. Un doveroso ringraziamento a tutti i ra-
gazzi che hanno partecipato alla settimana, in par-
ticolar modo a Christian, Camilla, Alice, Anna,
Francesca, Marco, Francesco e Andrea, che hanno
reso questo campo bel-
lissimo e indimenticabi-
le e che hanno saputo
trasmettere tanto anche
a noi educatori!!
Grazie a tutti!!!
Alessia e Rachele
20
Che cosa vuoi che io faccia per te? (Mc 10,51)
In sette giorni 33 giovanissimi hanno provato a da-
re una risposta a questa domanda, imparando ad
interrogarsi, ad approfondire la conoscenza di se
stessi e la loro relazione con Dio.
23-29 luglio 2012, Casa di Cristo Re a Tramonti di
Sotto, 33 giovanissimi, 1 assistente, 1 capo campo,
7 educatori, 1 direttrice, 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 4
inservienti e 1 mascotte!! Così si componeva quello
che è stato uno dei migliori campi che io abbia mai
vissuto. Tutto è iniziato con una telefonata a mag-
gio: “Elena vuoi fare da capo campo quest’anno?”.
Paura, emozione, soddisfazione, ansia, felicità si
sono alternati e dopo una breve riflessione, la ri-
sposta è arrivata da sola, come avrei potuto rinun-
ciare a questa opportunità? Dopo una lunga e an-
che difficile programmazione durata circa due me-
si, siamo partiti, timorosi, ma con un unico pensie-
ro in testa: il bene e la felicità dei giovanissimi pri-
ma di tutto. E così è stato!
23 luglio lunedì: arrivare ad un campo e l’equipe
educatori non ti permette di conoscere i tuoi com-
pagni, non fa le presentazioni, fa indossare a tutti
una maglietta bianca anonima, fa lavorare i ragazzi
divisi per parrocchie… da che mondo e mondo un
campo scuola che si rispetti non è mai iniziato in
questo modo! L’unica cosa che ha contraddistinto i
ragazzi è stata la risposta fornita alla domanda
“Che cosa vuoi che io faccia per te?” scritta su un
biglietto e conservata tutta la settimana in cappella.
24 luglio martedì: i ragazzi durante la mattinata si
sono sfogati in un bellissimo gioco di conoscenza
di se stessi contro gli educatori, i quali correndo
hanno perso preziosi anni di vita! Durante il pome-
riggio, invece, ognuno di loro, dopo aver ricevuto
una bellissima lettera da parte di uno dei propri
educatori, aveva il compito di scrivere tre lettere:
una al compagno che aveva caratteristiche più si-
mili alle proprie, una a quello che le aveva opposte
e l’ultima ad un compagno che non si era ben inte-
grato. Mostrare interesse verso gli altri, spendersi
per conoscere e lasciarsi conoscere non è una cosa
che viene spontanea, ma è una cosa che ciascuno di
loro ha provato a fare.
25 luglio mercoledì: ti conosci abbastanza? La serie
di test a cui sono stati sottoposti i ragazzi ha mo-
strato diversi profili e ha messo in luce ciò che di
QUI SUMMAGA
21
meglio ognuno di loro ha! Ma saranno stati sinceri?
Una volta scoperto ciò che li rende uno diverso
dall’altro, ogni ragazzo ha decorato la maglietta
bianca anonima che indossava il lunedì, in modo
da renderla più simile a sé. La natura delle persone
però si dice esca nei momenti di difficoltà ed è sta-
to in piazza che abbiamo lasciato soli i ragazzi
nell’affrontare l’incontro con un mendicante, inter-
pretato da un amico dell’equipe. Ognuno di loro
ha reagito istintivamente in modi diversi capendo
che non sempre ciò che si dice di essere (generosi,
buoni, gentili) si è in realtà.
26 luglio giovedì: prima o poi un po’ di movimento
bisogna farlo e neanche la pioggia ci ha fermati!
Tramonti di Sotto – Tamar – Palcoda – Tramonti di
Sotto. Quattro ore di cammino, di divertimento, di
stanchezza, di riflessione hanno dato il via a quella
che si sarebbe rivelata la giornata più lunga. Una
volta rientrati ci aspettava una bella doccia calda e
un po’ di meritato riposo. E no ragazzi, mica è un
campo relax! Doccia, cena e tutti pronti per una
nuova attività, inedita per molti, la veglia di adora-
zione notturna. Divisi a gruppi ogni ragazzo medi-
tava, per circa un’ora, davanti al Santissimo, ri-
flettendo su se stesso, sul campo, sul cammino su
tutto ciò che la mente gli suggeriva, andando a tur-
no a svegliare il gruppo successivo.
27 luglio venerdì: mantenendo il clima che la ve-
glia aveva creato, la mattina è stata caratterizzata
dalla celebrazione delle Confessioni. Nel pomerig-
gio invece i giovanissimi si sono cimentati nella
preparazione della “cena trapper”: chi preparava i
grissini, chi la carne, chi il fuoco, chi il dolce, ognu-
no aveva il proprio compito e ognuno ha contribui-
to a rendere magica una cena fatta di cose semplici.
28 luglio sabato: ascoltare la testimonianza di
quattro persone: una mamma, un parroco, un assi-
stente sociale e un educatore, che raccontano quale
risposta Dio abbia fornito loro alla domanda “Che
cosa vuoi che io faccia per te?”, sentire la loro rea-
zione a questa risposta, i cambiamenti che la loro
vita ha subito, è stato uno dei momenti forti del
campo, dai quali ogni ragazzo ha tratto spunto per
riuscire a dare anch’egli una risposta e prendersi
un impegno per il futuro. Il pomeriggio è stato tea-
tro di un torneo di giochi a squadre il cui premio
finale erano le tanto attese… Docce!! Il campo si è
poi concluso con il cerchio attorno al fuoco nel
quale ognuno di noi ha ringraziato per i momenti
vissuti e ha bruciato i foglietti scritti il lunedì, con-
tenenti la risposta alla domanda che ci ha accom-
pagnati.
È difficile raccontare così in poche parole le emo-
zioni, i sentimenti, le sensazioni provate, l’espe-
rienza vissuta, i momenti di gioia e di difficoltà, le
incomprensioni e le soddisfazioni, le lacrime e i
sorrisi, solo chi c’era sa com’è stato questo campo,
a dir poco eccezionale!
Un grazie di cuore ai nostri giovanissimi summa-
ghesi, Alessandra, Anna, Celeste, Eliana, Elisa,
Giovanna, Giulia, Giulia, Giulia, Massimiliano e
Valeria per le soddisfazioni che ci hanno dato; alla
mia super co-educatrice, ma soprattutto amica, He-
le, assieme alla quale ho condiviso una settimana
meravigliosa; al resto dell’equipe, compagni fon-
damentali di questo cammino; a Marta, direttrice
perfetta ed attenta; a Roberto e Valeria, cuochi de-
gni della rivista “Gambero rosso”; a Chiara, Eleo-
nora, Stefano e Romano per averci serviti e riveriti
per sette giorni; a Francesco, nostra mitica mascotte
e donatore di gioia e sorrisi; a Don Enrico per esse-
re stato una buona guida per questo campo ed infi-
ne al Signore che dall’alto, come dice qualcuno, ha
messo una grande mano su questo campo!
Elena
22
Liberiamo Peter e Trilli Grest 2012
Nel periodo dal 20 al 26 agosto, noi giovanissi-
mi di Summaga, dopo lunghe serate trascorse
insieme a progettare, costruire, colorare, fare e
disfare, pensare, scrivere delle giornate diver-
tenti per i nostri 53 iscritti, abbiamo animato
l’Estate ragazzi 2012!
Anche quest’anno, visto il grande successo
avuto la scorsa estate, abbiamo riproposto le
giornate lunghe il martedì e il giovedì dalle 10
alle 19, mentre gli altri giorni abbiamo anima-
to “solo” i pomeriggi dalle 15 alle 19. Oltre ai
giochi ogni giorno proponevamo ai ragazzi
diversi sport come il calcio, la pallavolo, il bal-
lo e a grande richiesta quest’anno anche il sal-
to in lungo. Il primo giorno, i bambini sono stati
proiettati nel magico mondo di Peter Pan, ma pre-
sto hanno assistito alla sua cattura e a quella della
sua fatina Trilli da parte del temibile Capitan Un-
cino. Così, una volta entrati ne “L’Isola che non
c’è”, attraverso la spaventosa bocca del coccodril-
lo, hanno dovuto affrontare e superare ogni gior-
no una lunga serie di prove, recuperare degli og-
getti utili il giorno successivo, per poter liberare i
loro eroi, capendo però anche l’importanza di va-
lori necessari al loro scopo e alla loro vita quali il
rispetto, la collaborazione, lo spirito di squadra e
la fiducia.
Il martedì, prima giornata lunga, grazie alla sve-
glia recuperata lunedì, durante la mattina le squa-
dre si sono sfidate nel gioco dell’oca gigante! Do-
mande, prove, lanci di dadi e spostamenti di pedi-
ne hanno animato la mattinata fino a quando una
delle squadre è arrivata all’ultima casella recupe-
rando il baule con il tesoro dei Pirati! Nel pome-
riggio invece i giochi a stand hanno tenuto banco
e occupato i nostri ragazzi.
Il mercoledì è stata una giornata trascorsa a far
capire ai nostri ragazzi l’importanza della collabo-
razione, dello spirito di squadra e degli altri com-
pagni. Dopo il lancio da parte del nostro Capita-
no, nella prima parte si sono sfidati tutti
contro tutti in tre differenti giochi. Nella
seconda parte, invece, hanno giocato
divisi a squadre agli stessi giochi, com-
prendendo l’importanza dell’avere a
fianco i propri amici per poter vincere le
sfide.
Il giovedì i bambini si sono immedesi-
mati in Capitan Uncino, provando a
svolgere le attività con una sola mano.
Divisi nelle squadre, muniti di pennelli
e tanta fantasia, hanno costruito e deco-
rato le barche della flotta di Uncino che
avrebbero poi usato nell’attività pomeri-
diana. Dopo aver pranzato con un’otti-
QUI SUMMAGA
23
ma pastasciutta e dei buonissimi panini con
l’hamburger preparatici con tanto amore da Mari-
stella e Argentina, come una grande flotta, si sono
incamminati, ognuno dentro la propria barca e
con la mappa recuperata il giorno prima, lungo le
vie del paese alla conquista degli ingredienti ne-
cessari a creare la polverina magica di Trilli, ri-
chiesta da Uncino per liberare i due prigionieri.
Ogni squadra ha affrontato con grande coraggio e
successo le prove a cui i marinai di Capitan Unci-
no le han sottoposte, indovinelli, percorsi, ostaco-
li… ritrovandosi alla fine tutti insieme di nuovo al
punto di partenza per unire le polverine recupera-
te in un unico grande vaso da consegnare al catti-
vo.
Il venerdì, però, il pirata non riesce proprio a
mantenere la parola data. Getta così in mare i gio-
vani avventurieri che, per quel giorno, hanno do-
vuto affrontare le prove in balia dell’acqua e del
sapone! Il divertimento e la fatica sono stati tanti e
il timone, a fine giornata, era stato coraggiosa-
mente recuperato.
Nonostante i grandi sforzi profusi durante la setti-
mana, le prove superate, gli oggetti conquistati,
Capitan Uncino venerdì sera non aveva ancora
liberato Peter Pan e Trilli.
Una speranza, però, era ancora accesa nei cuori
dei nostri ragazzi e in quelli dei Bambini dell’isola
perduta. La domenica, infatti, avrebbero avuto
l’ultima occasione per liberare i loro eroi, ma solo
dopo aver pedalato a lungo!
Con il dubbio e l’indecisione sulla partenza, noi,
grandi e piccini, ci sono incontrati nello spiazzo
davanti alla chiesa ma, con forza di volontà e un
po’ di pazzia, nonostante le intemperie, alle 8.00
siamo partiti a cavallo della nostre due ruote. Ab-
biamo pedalato sotto le nuvole, sotto la pioggia,
ma divertendoci un sacco e una volta arrivati a
destinazione, nel parco Collodi presso Teson, con
grande sorpresa di tutti siamo stati accolti da un
sole inaspettato. Don Giuseppe ha celebrato la
Messa che noi abbiamo animato con i canti prova-
ti durante la settimana e poi ci siamo riuniti per
mangiare tutti insieme una buonissima pasta-
sciutta offerta dai volonterosi cuochi! Nel pome-
riggio i ragazzi hanno dovuto affrontare le ultime
prove, anche assieme ai loro genitori, per poter
finalmente permettere a Peter Pan e Trilli di ritro-
vare la loro libertà e soprattutto per permettere
loro il rientro nella tanto amata “Isola che non
c’è”! Il rientro a casa è stato una corsa contro il
tempo per riuscire a sfuggire alla pioggia che in-
combeva su di noi, ma che ci ha graziati fino
all’arrivo a Summaga.
Così siamo tornati tutti nel mondo reale, con un
po’ di malinconia, ma con tanta felicità, e ci siamo
dati appuntamento al prossimo anno.
Ringraziamo per la perfetta riuscita di questa
settimana don Giuseppe, che ci ha permesso di
occupare gli spazi parrocchiali e che ha celebrato
la Messa della domenica; Maristella e Argentina,
che hanno cucinato per bambini, ragazzi e giovani
il martedì e il giovedì; Massimo, che ci ha suppor-
tati suonando la chitarra durante le prove di canto
settimanali e nella Messa; i cuochi, che ci hanno
preparato il pranzo della giornata conclusiva; i
nostri capi-animatori, che hanno diretto la
“baracca”; e infine il Signore Dio, che ha vegliato
su di noi ogni istante dalla programmazione alla
domenica conclusiva e che ha permesso la buona
riuscita di questo grest.
Alessandra ed Eliana
24
Summaga in bici 2012
Domenica 26 agosto, ore 06:00. Suona la sveglia!
Oggi c’è la pedalata, incontro conclusivo, ormai da
qualche anno, dell’Estate Ragazzi.
Il tempo sembra bello, ma la felicità dura ben poco,
in qualche minuto, in-
fatti, il cielo si copre di
nuvole e iniziano a cade-
re le prime gocce.
Per una volta il meteo ha
avuto ragione! Sotto una
pioggia intensa, si sono
fatte ormai le otto, tanto
che siamo già in ritardo,
di un’ora, sulla tabella di
marcia. Tutto è pronto, i
furgoni sono carichi e i
“summaghesi in bici”
attendono notizie con-
fortanti.
Purtroppo, si sta pensando di far rientrare tutti a
casa, non è possibile partire, ma proprio quando
stavo per comunicare, che la manifestazione sareb-
be saltata, ecco cessare la pioggia, si apre un picco-
lo spiraglio di luce nel cielo, e in un momento, i più
piccoli, sono gia in sella alle loro bici.
E’ bastato uno sguardo. Via! Si parte!!
Il programma della pedalata di quest’anno preve-
de di visitare le campagne della bonifica del Lon-
con, terre sconosciute per molti, che un tempo era-
no totalmente impraticabili e solo grazie ad un’im-
ponente opera di bonifica è stato possibile costrui-
re e soprattutto coltivare, merito dei nostri nonni e
bisnonni, che con pala e carriola, hanno prosciuga-
to quelle terre.
Poco dopo la partenza ci troviamo ad attraversare
la zona industriale di Summaga per sbucare poi in
via Bandoquerelle ed entrare, da lì a poco, in via
Traghetto, nel vivo della bonifica.
Il paesaggio che si apre subito agli occhi di tutti è
vastissimo e desolato, campi, campi e ancora cam-
pi; è vero, non si può negarlo, ma queste terre, un
tempo paludi, hanno dato lavoro alle famiglie per
generazioni, e continuano ad essere coltivate
tutt’ora, hanno sfamato migliaia di persone ed han-
no permesso alla nostra comunità di arrivare ai
giorni nostri.
Dopo aver attraversato via Traghetto usciamo in
via Spareda, percorria-
mo tutta la strada e
giungiamo al radar me-
teorologico dell’ARPAV (Azienda Regionale per la
Prevenzione e Protezione
Ambientale del Veneto), il
programma prevede di
fermarsi per osservare,
da vicino, quella strana
struttura che rileva e for-
nisce al centro meteo di
Teolo (PD), le informa-
zione necessarie per po-
ter fare le previsioni meteo; purtuppo però il tem-
po ha ricominciato a fare i capricci e ci troviamo
costretti a continuare senza fermarci.
Prossima destinazione: l’idrovora Sette Sorelle. Co-
sì dopo qualche chilometro arriviamo al luogo sim-
bolo della bonifica, per bellezza, grandezza e po-
tenza: l’impianto idrovoro Sette Sorelle, costruito
nel 1929, un tempo abitato dal macchinista e ora
completamente automatizzato, ma ancora funzio-
nante. Il Consorzio di Bonifica del Veneto Orienta-
le ci ha dato la possibilità di visitare la struttura,
ma prima, merenda!
Parcheggiate le bici sull’argine del fiume ecco gio-
vani e meno giovani dirigersi verso il gazebo alle-
stito dal nostro Elio, subito pronto a distribuire,
con l’aiuto delle sue collaboratrici, ciambelle e thè
fresco.
Finalmente dissetati e con la pancia piena, quindi,
in ottime condizioni per prestare attenzione, se-
guiamo il racconto del nostro compaesano, Gian-
franco Pavan, che presa la parola, ci spiega la sto-
ria della bonifica e il funzionamento dell’impianto
e dopo averci fatto visitare la struttura, risponden-
do alle mille domande che gli sono state poste, ci
raggiunge sul ponte, dove nessuno distoglie lo
QUI SUMMAGA
25
sguardo dal fiume, in attesa di vedere l’avvio
dell’idrovora. Questi aspetti più tecnici, magari,
poco interessanti, per qualche signora, hanno
catturato positivamente l’attenzione e la curiosità
dei maschietti.
Ed ecco che ricomincia piovigginare, tutti in sella,
ripartiamo!
Don Giuseppe ci aspetta per la messa.
Al ritorno abbiamo accorciato un pò il percorso ma
siamo riusciti ad attraversare lo stesso alcuni dei
viali alberati, nei quali il comune di Concordia Sa-
gittaria, ha piantato un albero per ogni bambino
nato, tanto che alcuni dei nostri bambini e ragazzi,
oggi Summaghesi, hanno potuto ritrovare il loro
albero.
Siamo arrivati, eccoci alla fine di questa lunga stra-
da di sassi (ricordiamoci che siamo “in mezzo ai
campi”), entriamo di nuovo in via Bandoquerelle,
ancora pochi metri e arriviamo presso l’area verde
di Teson. Una breve pausa, poi, tutti a messa!
Nel frattempo i nostri cuochi preparano il pranzo:
pastasciutta, affettato e formaggio, acqua e vino e
tanti tanti dolci!!
Il pomeriggio è trascorso all’insegna dei giochi e
delle attività organizzate dai ragazzi e dagli anima-
tori, per chiudere in allegria la giornata. Abbiamo
appena il tempo di mangiare una fetta di anguria,
che dobbiamo risalire velocemente in sella alle bici,
pronti a scappare a casa e questa volta di corsa,
infatti, quelle nuvole che ci hanno “graziato” per
tutta la giornata, adesso, sono pronte a scatenarsi.
Appena arrivati a Summaga, ecco scendere la piog-
gia ma ormai siamo a casa. La giornata si è conclu-
sa molto meglio di quanto potessimo sperare.
Con 150 partecipanti la pedalata è stata un succes-
so, una bellissima giornata e, magari,
qualcuno ha anche potuto scoprire qual-
cosa di nuovo.
Vorrei ringraziare tutti coloro che
hanno collaborato alla buona riusci-
ta di questa giornata, in particolare,
l’Associazione Viviamo Summaga,
il dott. G.Paulon e G. Pavan del
Consorzio di Bonifica e la CRI.
Grazie anche a tutti voi che avete
partecipato, arrivederci al prossimo
anno.
Riccardo
26
Vacanze meritate? Coro Ermens
Con il suono festoso delle nostre campane, il “Coro
Ermens” si prende un meritato, temperante, giusto e
sereno riposo. Ed il salutarci con l’armonia dei sacri
bronzi sembra che il do, re, mi, fa ecc. accompagni e
saluti questo speciale gruppo, ad una lunga festosa
vacanza.
Si parte lasciando: afa, sudore e respiro affannoso.
Man mano che percorriamo il lungo tragitto, le
montagne ci fanno vedere sempre più l’intenso ver-
de che le corona, ma che belle!
Prima galleria, nel suo lungo budello che ci ingoia,
silenzio, ed un po’ di turbamento, alla fine ecco che
il godimento di un teatro ammirevole porta quanto
di più bello possano vedere i nostri occhi, si respira
un’altra aria fresca, salubre ed i polmoni si aprono.
Si corre, tra una curva e l’altra, sempre scenari vari
e caratteristici, illumina e fa immenso questo creato.
Finalmente arrivati. Ah, è quello il cinque stelle sul
quale possiamo rimembrarci e godere le nostre va-
canze?
Va là, Maristella, non potevi scegliere un posto più
bello, più lussureggiante, più caro, fermalo anche
per l’anno prossimo, a Dio piacendo… La direttrice
ancora una volta ha fatto centro, congratulazioni.
I villeggianti stupiti di tanta bellezza e comodità:
camere singole, doppie con bagni all’avanguardia
per ogni necessità, saloni accoglienti per qualsiasi
attività, spazi verdi per assaporare il silenzio; mora-
le alle stelle.
Mangiare, passeggiate da scegliere e ovunque le
trovi, sempre scenari belli, diversi, fantastici.
È ancora prestino, ma subito dopo la colazione c’è
un mondo da scoprire, il sole all’orizzonte ci fa go-
dere il luccichio della rugiada, è una vista di im-
mense perline che luccicano al primo bagliore, vere
perle della natura. Si cammina, ci si ferma ad ammi-
rare quanto il creato ci propone: paesaggi di favola,
balconi fioriti, casette linde, fresche di intonaci va-
riopinti…
Ora caliamoci e veniamo a noi: colazione abbondan-
te con pane, latte fresco, frutta, marmellate ecc.; a
pranzo una varietà di pietanze che al solo vederle ti
stuzzicano la voglia di assaporarle tutte; a cena ogni
ben di Dio che termina con l’ultimo caffè corretto; e
poi e poi… che giocate a carte, che barzellette del
funambolesco “Bartali”, ridere da crepare, più di
qualcuno ha fatto ricorso al n° 100.
E per non smentirci, ci siamo anche dilettati nelle
prove di canto, se no, che coro siamo!
Mi fermo qui. Un grazie alla promotrice, ai camerie-
ri e ai diversi volontari, che siamo sempre noi, per
questo e per quello che ci è stato servito.
Concludo con un plauso a tutto il “Coro Ermens”,
perché uscire dal calduccio della propria casa, in
particolare nella stagione fredda, per venire alle
prove, non sempre tira. È quanto volontariamente,
quel che possiamo fare, e questo per dare un tono
spirituale e sentito a tutta la Liturgia della nostra
Comunità di Summaga, dal Santo Natale alla Pa-
squa e nelle altre domeniche dell’anno liturgico, ma
soprattutto nell’ultimo saluto ai nostri cari trapas-
sati. Il “Coro Ermes”
…dopo un pranzo abbondante…
…che tristezza… bisogna rientrare
27
Viva la mamma
Anonimo
Quando Dio decise di creare la mamma, era già
al sesto giorno di lavoro e stava facendo ore di
straordinario. Discreto, giunse un angelo che disse:
“Questa qui te ne sta facendo perdere di tempo, eh?”.
L'Onnipotente rispose: “Si, ma deve essere diversa e
ha bisogno di tanti particolari. Per esempio, deve avere
un bacio capace di guarire tutti i mali e sei paia di ma-
ni”. L'angelo scosse incredulo la testa: “Sei paia?”.
“Il difficile non sono le mani, ma le tre paia di occhi che
una mamma deve avere”.
“Così tanti?” si stupì l'angelo.
“Proprio così” disse Dio. “Un paio per vedere attraver-
so le porte chiuse quando domanda «Che state combi-
nando, bambini?», anche se lo sa già. Un paio dietro la
testa per vedere tutto quello che non dovrebbe vedere,
ma che deve sapere. Il terzo paio di occhi serve per vede-
re il figlio che si è cacciato nei guai e dirgli, senza pro-
nunciare una parola, che lo capisce e gli vuole bene. E
tanti altri particolari ancora…”.
L'angelo, sfiorandogli gentilmente un braccio, cer-
cò di dare un suggerimento al Padre Eterno: “C'è
troppo lavoro per un giorno solo. Va’ a dormire. Finirai
domani!”. Rispose il Signore: “Non posso. Ormai sono
a buon punto; ho quasi finito. Ne ho già una che guari-
sce da sola se è malata, può preparare un pranzo per sei
persone con mezzo chilo di carne tritata e riesce a tener
fermo sotto la doccia un bambino di
nove anni”.
L'angelo girò attorno al model-
lino di madre, esaminandola
bene, “È troppo tenera!” disse
poi con un sospiro. “Ma è resi-
stente!” ribatté subito il Signore.
“Tu non hai idea di quello che può
fare e deve sopportare una mam-
ma!”. “Sa pensare?” chiese l'an-
gelo. “Non solo, ma sa fare anche
un ottimo uso della ragione e sa
trovare una soluzione per ogni co-
sa” ribatté il Creatore.
A quel punto l'angelo si accorse
di qualcosa sul volto della don-
na, si chinò sul modello, passò un dito sulla guan-
cia e subito dichiarò: “Qui c'è una perdita!”, ma il
Signore lo corresse: “Non è una perdita. È una lacri-
ma. Le serve per esprimere gioia e tristezza, soddisfazio-
ne e delusione, dolore e solitudine, il magone e l'orgo-
glio”. “Ma sei davvero un genio!” esclamò l'angelo
compiacendosi: “Hai davvero pensato a tutto!”. Con
sottile malinconia, Dio aggiunse: “Non ce l'ho messa
io quella cosa lì: sono stati i figli!”.
È vero. Tutte le mamme sono un capolavoro di
Dio. La nostra, poi, nessuno se ne abbia a male, lo è
ancora di più.
28
Domenica 13 maggio 2012 12 bambini alla loro Messa di prima Comunione
Il tempo non lasciava presagire niente di buono
nella mattina di domenica 13 maggio, la tempera-
tura rispetto ai giorni precedenti si era notevol-
mente abbassata, ma i 12 bambini che dovevano
vivere la loro Messa di prima Comunione, sono
riusciti a sconfiggere anche le nuvole.
I bambini sono arrivati trepidanti e felici, al suono
delle campane sono entrati in chiesa accompagnati
da Don Giuseppe, dove li attendevano genitori e
parenti visibilmente commossi.
Il coro “Voci dell'Abbazia” ha fatto da stupendo
sottofondo a tutta la liturgia, sottolineandone i mo-
menti salienti e i bambini seduti attorno alla mensa
hanno animato con semplicità la loro Messa, segno
che avevano capito l'importanza di quel momen-
to: ricevere Gesù sotto i segni del pane e del vino
consacrati. Durante l'Offertorio bambini e genitori
hanno preparato la mensa a festa e donato delle
offerte per le necessità della parrocchia. Al mo-
mento di ricevere l'Eucarestia i loro volti erano tesi,
ma poi felici e rasserenati.
Un grazie particolare ai bambini che in questo an-
no catechistico hanno seguito con impegno e co-
stanza il percorso per conoscere e approfondire la
Messa in ogni sua parte, alla loro simpatia e ai loro
genitori che li hanno accompagnati e sostenuti.
L'augurio è che l'entusiasmo di questi ragazzini
resti vivo anche in tutte le volte che incontreranno
Gesù nell'Eucarestia.
1ª fila in alto da sinistra:
Davide Stival, Camilla Banini, Alessandro Como, Gioia Dell'Anno, Federico Di Bernardo,
Alberto Bonora, Simone Moretto
2ª fila in basso da sinistra:
Andrea Daneluzzi, Giulio Bonfada, Andrea Tesolin, Diana Di Pietro, Stefano Venezian
Diletta, catechista
29
Il grande giorno
Francesca Fabbro e
Alessandro Bellomo
Lucia Bravin e
Igor Salluzzo
Serena Lazzaretto e
Fabio Valerio
Nicoletta Zamberlan e
Alessio Doratiotto
30
I nostri auguri a…
Anniversario di
cinquant’anni
di matrimonio
Si festeggiano le
Nozze d’Oro
Luigi e Luigina Barbon
nel giorno del loro
cinquantesimo
anno di matrimonio
In tanti…
…per i quaranta
anni di matrimonio
Nozze di Smeraldo
QUI SUMMAGA
31
Bruno Bandiziol
ha festeggiato
sessant’anni…
Buon compleanno Bruno!
I sessant’anni
della classe del 1952
24 novembre 2012
Festa per il
venticinquesimo
Anniversario
di matrimonio
Nozze d’Argento
32
Lauree Congratulazioni a...
Laureata in Infermieristica l'11 dicembre
2012 all’Università degli Studi di Trieste.
Titolo della tesi: "Adattamento sociale
del paziente Schizofrenico".
Sara Fagotto
Laureata all’Università degli Studi di Padova l’11 ottobre 2012,
Dott.ssa in Scienze Psicologiche dello Sviluppo e dell'Educazione.
Tesi di laurea: "Missioni di Pace all'Estero”.
Lo scopo del lavoro è stato quello di illustrare la situazione che si
trova a vivere la famiglia del militare impegnato in missione all'e-
stero, ponendo particolare attenzione alla realtà infantile. Nello spe-
cifico sono state analizzate le modalità in cui avviene la reintegra-
zione del militare all'interno della propria famiglia dopo una lunga
assenza.
Rachele Roman
Laureata a Trieste il 13 dicembre 2012 in Matematica con 110.
Tesi di laurea: "Invarianti delle forme binarie".
Sara Erbetti
QUI SUMMAGA
33
Dottoressa in Scienze e Tecnologie multimediali
all’Università degli Studi di Udine il 5 febbraio 2013.
Titolo della tesi: "Il turismo parla social: il linguaggio
del turismo 2.0".
La tesi di laurea indaga le nuove strategie di web mar-
keting turistico. In una società in cui internet è al cen-
tro delle nostre vite anche il turismo risente di questo
cambiamento e il modo di pubblicizzare una località o
un impianto turistico viene totalmente rinnovato e non
si accontenta più dei canoni classici del turismo tradi-
zionale.
Martina Sivieri
Laureata all’Università degli Studi di Trieste in Scienza
Inferimieristica il 12 novembre 2012.
Tesi di laurea: “La relazione terapeutica con l’infermiere:
il vissuto del paziente emodializzato”.
Clara di Pietro
Alla Facoltà di Educazione Professionale di Udine, nel no-
vembre 2012 ha conseguito la laurea con tesi: “La ribaltazione
cognitiva in un gruppo di anziani con demenza”.
Il progetto, portato avanti durante il tirocinio alla Casa di Ri-
poso “G. Francescon“ di Portogruaro, si propone di stimolare
l’orientamento (spaziale, temporale e personale) delle signore
coinvolte attraverso gli esercizi cognitivi, ma anche il tono
dell’umore (ricordando episodi positivi della propria vita e
condividendoli con il gruppo). I risultati sono strati positivi
soprattutto per quanto riguarda il secondo aspetto; quando si
ha a che fare con una malattia come la demenza anche riuscire
a regalare un po’ di serenità in più rispetto al solito è un gran
traguardo!
Eleonora Piccolo
Carissima Clara, gioiamo con te per questo bel traguardo raggiunto.
Da sola e con fatica hai conquistato una meta ambita. Puoi dirti sod-
disfatta, anche i tuoi cari. Ti auguriamo ogni Bene e che tu possa
svolgere il lavoro che ti attende con competenza, passione, fatica e
adeguazione, perché prendersi cura di chi soffre è una missione. E tu
lo sai. Hai tutte le carte in regola per affrontarlo.
Congratulazioni: le Zie Pasqualina e Angela.
34
Ti racconto... La bonifica del bacino Reghena
L’articolo completo è reperibile sul sito: issuu.com/quisummaga/docs/conversando_reghena
(Continua) Se questo è il tuo desiderio allora ti rac-
conterò la storia della bonifica che porta il tuo nome
e come tutte le storie belle comincerò dicendoti: cor-
reva l’anno 1973 ed ero giovanissima quando sono
stata assunta dai Consorzi di Bonifica Riuniti fra Ta-
glio e Livenza di Portogruaro e si è aperto dinanzi a
me il “mondo” della bonifica di questo territorio che
non conoscevo. Sono entrata nell’archivio di questo
Ente, che offriva i servizi tecnico-amministrativi a
tutti i singoli Consorzi del territorio che avevano
aderito al raggruppamento, in punta di piedi, per
non disturbare il riposo del “passato” custodito,
sotto una leggera coltre di polvere, in tanti vecchi
scaffali, “tempio” questo della storia di paesi e di
uomini dagli albori della riconquista delle terre alla
palude ai giorni nostri. Questo archivio infatti con-
servava la storia del Consorzio di Bonifica
“Lugugnana” che copriva il territorio in sinistra del
Lemene”; dei Consorzi di Bonifica sulla destra Leme-
ne fino al Fiume Livenza: “Bandoquerelle-Palù Gran-
de”, “Lison”, “S.Osvaldo”, “Loncon”, “Sette Sorelle”,
”Ottava Presa”, “Sansonetta-Sesta Presa- Palangon”,
e quello “del Bacino Reghena” che copre il tuo terri-
torio, il più piccolo, ma che è anche quello nato pri-
ma di tutti. Come tutti i giovani, anch’io ero curiosa,
attenta nell’ascoltare chi sapeva più di me, ansiosa di
conoscere e di imparare. Ascoltavo sbalordita la sto-
ria di un passato che mi sembrava molto lontano e
che invece era ancora presente nei primi decenni del
novecento, passato che aveva visto questo territorio
ancora una sconfinata, triste, desolata palude, plaga
dove moriva l’irruenza dei fiumi in piena nel loro
precipitarsi a valle contrastati dall’impeto delle più
forti mareggiate e che nascondeva l’insidia di un tra-
gico male che fiaccava le forze dell’uomo e che spe-
gneva tante vite umane: la malaria. Anche la tua val-
le, quella che tu hai inciso e plasmato nell’ultimo
tratto del tuo percorso, come mi hai in precedenza
raccontato, si distendeva, e non per limitate zone, a
soli 90 centimetri sopra il livello del mare distante, in
linea retta, circa 28 km., con la conseguenza dell’im-
paludamento perenne di buona parte del suo territo-
rio nonché dell’allagamento di vaste aree in conco-
mitanza di periodi piovosi anche di modesta entità.
Pure la tua valle era dunque una triste palude sep-
pur diversa dalle paludi del comprensorio dei Con-
sorzi limitrofi che apparivano fruscianti mari verdi
di giunchi e canne ondeggianti al battere dei venti;
era invece un perenne acquitrino, fracido habitat
ideale per la nefasta anofele, che, allargandosi ad
occidente, estendeva i suoi “tentacoli” fino alle mura
di Portogruaro. Forse non lo sai che ancora oggi, alla
“porta occidentale” di Portogruaro vi è un capitello
dedicato alla Madonna del Palù, nome questo con il
quale veniva indicata la palude dove oggi sorge lo
stadio Piergiovanni Mecchia. Nella mia voglia di co-
noscere il passato, in archivio scovai la relazione
“studi e proposte relative alla bonifica dei paludi nel
Distretto di Portogruaro” del 1883 nella quale era
stato esposto, in tutta la sua gravità, il quadro della
situazione igienica e, quale eloquente riferimento del
dominio delle febbri malariche, erano stati riportati i
rilevamenti sul consumo di chinino nei vari comuni
interessati, unico rimedio per combattere questa infe-
zione. Da quella data dovettero passare parecchi an-
ni prima che i proprietari interessati alla bonifica si
unissero in Consorzi per affrontare tutte le proble-
matiche relative, da un lato, all’aspetto igienico, e
dall’altro, prettamente economico, per la riconquista
del territorio alla palude ammorbata di malaria e
destinarlo all’agricoltura. Infatti il progetto dei lavori
per la bonifica del tuo territorio con la costituzione
del Consorzio del Bacino che porta il tuo nome
“Reghena” è datato 22 ottobre 1902. Al progetto se-
guì il Regio Decreto in data 7 ottobre 1904, con il
quale venne costituito il Consorzio Speciale per l’ese-
cuzione della bonifica del suddetto Bacino.
Scavo canali
QUI SUMMAGA
35
Fece seguito poi il progetto datato 19 ottobre 1904 e
come il precedente, portava la firma dell’ingegnere
Antonio Del Prà. Ho ritrovato il filo della storia del
tuo bacino solamente nell’anno 1912 e di questo stes-
so anno è la stesura del progetto definitivo della bo-
nifica che prevedeva, quale primo intervento, il con-
tenimento delle tue acque che spesso esondavano,
entro due grandi arginature lungo tutto il tuo percor-
so conclusivo per una estensione di ben sette chilo-
metri; il progetto, in successione, prevedeva: l’escavo
di canali perimetrali di raccolta delle acque scendenti
irregolarmente dai fondi laterali più elevati, loro ar-
ginatura dal lato della bonifica e discesa, pure fra
argini, attraverso la palude fino a raggiungere il tuo
corso in punti appropriati; l’escavo di due canali in-
terni, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra, per
lo scolo delle acque piovane; la costruzione di due
impianti idrovori di sollevamento delle acque all’e-
stremo sud dei canali stessi. L’entrata in guerra
dell’Italia fermò l’inizio di tutte le opere di bonifica
del territorio comprese quelle del tuo Bacino e con la
successiva disfatta di Caporetto tu hai sicuramente
assistito alla ritirata del nostro Esercito e all’invasio-
ne delle truppe nemiche che passarono proprio sul
tuo ponte della allora strada provinciale diretti verso
il Piave. Non avrai “mormorato” come il Piave, ma
sono sicura che le tue acque si saranno dipinte di
foschi colori. Ma se ingloriosa è stata la ritirata, vitto-
riosa è stata invece l’entrata delle truppe italiane in
Portogruaro che avvenne il 2 novembre 1918, in par-
te da S. Agnese e in parte, proprio attraverso il tuo
ponte a Summaga e tutto il tuo “Palù”. Ricuperati gli
atti progettuali dopo i disastri provocati dall’invasio-
ne nemica, l’esecuzione dei lavori fu giudicata ecces-
sivamente onerosa, in quanto numerosi ostacoli si
presentavano per l’escavo dei canali interni e preci-
samente: due speroni elevati ed estesi di terreno
ghiaioso, il centro abitato di Summaga e dopo di
questo un terzo sperone, due linee ferroviarie, la
strada provinciale Mestre – Portogruaro che è
l’attuale Statale 53. L’Amministrazione Consorziale
allora addivenne alla decisione di suddividere i pro-
gettati due bacini, uno alla tua destra e uno alla tua
sinistra, rispettivamente in altri due bacini e, per esi-
genze sopravvenute, con una nuova suddivisione
creare definitivamente tre bacini sulla tua destra e tre
bacini sulla tua sinistra e precisamente:
sulla destra del Reghena
Primo Bacino a Monte TIEPOLO
Primo Bacino a Valle SUMMAGA
Quarto Bacino SAN GIUSTO
sulla sinistra del Reghena
Secondo Bacino a Monte CAMPEIO
Secondo Bacino a Valle MASATTA
Terzo Bacino PALU’
Negli impianti idrovori dei Bacini di cui sopra, fu
progettata l’installazione di otto gruppi pompe-
motore uno per ogni impianto tranne per i due ulti-
mi Bacini, San Giusto e Palù, ai quali venivano asse-
gnati due gruppi; per far muovere detti motori fu
previsto il collegamento di ogni singolo impianto
con una linea elettrica da 6.000 volts, energia elettrica
che sarebbe stata fornita dalla Società del Cellina e
trasformata in ogni singolo sito a 220 volts.
Per maggior precauzione, non potendo escludere
eventuali interruzioni della fornitura elettrica da par-
te della Società del Cellina anche se di non lunga du-
rata ma egualmente con conseguenze gravi, il Con-
sorzio deliberò di comprendere nel progetto anche la
costruzione di un impianto autonomo di produzione
di energia elettrica di riserva, costituito da un alter-
natore azionato da un motore Diesel della potenza di
240 cavalli e nelle adiacenze, la costruzione di un
fabbricato adibito ad abitazione del personale di
macchina e custodia con annessa officina. Il rispar-
mio però non fu sufficiente in quanto i costi per le
Tracimazione dell’argine esterno Tiepolo
Macchinario idrovoro
QUI SUMMAGA
36
opere della tua arginatura in
destra e sinistra e per una este-
sa di ben sette chilometri supe-
ravano ogni possibilità econo-
mica e pertanto questa fu enu-
cleata. Tutto quanto sopra ri-
portato era contenuto nel nuo-
vo progetto datato 30 ottobre
1920 e nei successivi progetti di
variante. Questi progetti, come
tutti i precedenti, erano stati
redatti dall’Ingegnere Antonio
Del Prà e volendo conoscere
meglio questo progettista chiesi
notizie; mi fu detto che la pro-
gettazione della bonifica di
tutto il territorio fu affidata a
due ingegneri di Portogruaro: l’ingegnere Ettore de
Götzen che operò sulla sinistra Lemene fino al Cana-
le Taglio e da Portogruaro al mare nel comprensorio
del Consorzio di Bonifica Lugugnana, e l’ingegnere
Antonio Del Prà che operò invece sulla destra Leme-
ne fino al Fiume Livenza, progettando tutte le opere
del Bacino Reghena. Due figure queste di grande in-
telligenza e capacità sulle quali però non posso
soffermarmi per mancanza di tempo ma che, tu devi
assolutamente sapere, hanno modificato la geografia
del “distretto di Portogruaro” con opere di eccellen-
za tecnica. Terminata la guerra, constatati gli aumen-
ti dei costi intervenuti per la realizzazione della boni-
fica e non rimosso ancora l’ostacolo economico della
costruzione delle arginature, il Consorzio, nel voler
dar corso alle opere, inoltrò la
richiesta di partecipazione da
parte del Comune di Portogrua-
ro, interessato alla bonifica per
ragioni igieniche in quanto i ter-
reni palustri circondavano anche
il centro abitato da quasi tutti i
lati. A sua volta il Comune solle-
citò l’intervento del Commissaria-
to delle terre liberate, istituzione
sorta nell’immediato dopoguer-
ra, che per conto dei Comuni in-
teressati e della Provincia e con
l’impiego della manodopera di-
soccupata provvide alla esecu-
zione dei lavori di arginatura.
Era l’anno 1921, l’anno di una
deprimente e profonda crisi che
aveva avuto gravi ripercussioni
sul proletariato, producendo
più di mezzo milione di disoc-
cupati. Così poté prendere
l’avvio l’esecuzione di tutte le
opere principale e complemen-
tari, sempre progettate e dirette
dall’Ingegnere Del Prà, opere
che vennero poi collaudate il 4
maggio 1937. E passarono gli
anni anche quelli della Secon-
da Guerra Mondiale e la boni-
fica fu sempre mantenuta atti-
va e sopravvisse a tante allu-
vioni. Si succedettero le Ammi-
nistrazioni, gli ingegneri pro-
gettisti e Direttori dei Lavori
anche in relazione alla adesio-
ne data dal Consorzio al Raggruppamento che for-
mava i Consorzi Riuniti di Portogruaro, Ente questo
creato per unificare i servizi tecnico-amministrativi
senza peraltro togliere l’autonomia giuridica di
ognuno dei Consorzi aderenti. Il vecchio e piccolo
Consorzio che porta il tuo nome non ha subito nel
tempo molte variazioni. Ha solamente cambiato se-
de, assieme agli altri, nel 1978 e a me, nella nuova
Sede, è stato consegnato un grande archivio con
scaffalature metalliche scorrevoli, moderne, nelle
quali ho depositato tutto l’archivio del settore ammi-
nistrativo. Nello stesso anno i vecchi Consorzi Riuni-
ti fra Taglio e il Livenza hanno lasciato il posto al
Consorzio di Bonifica Pianura Veneta tra Livenza e
Tagliamento che ha inglobato nel suo perimetro il
limitrofo Consorzio di Bonifica di
San Michele al Tagliamento e,
senza tener conto dei bacini idro-
grafici dei corsi d’acqua interes-
sati, ha fissato il limite nord del
suo territorio di competenza con
il confine amministrativo regio-
nale. Successivamente la vasta
urbanizzazione della periferia
ovest i Portogruaro ha imposto il
potenziamento dell’impianto
idrovoro Summaga e l’arginatura
della zona compresa dalla ferro-
via a Portogruaro e via Volpare;
la modifica delle torrette delle
cabine di trasformazione di tutti
gli impianti per l’ammarraggio
dei nuovi cavi di fornitura dall’E-
NEL dell’energia elettrica in so-
QUI SUMMAGA
37
stituzione dell’antica linea a
6.000 volts, torrette brutal-
mente elevate e coperte a ter-
razzo, così come tu le hai de-
scritte nel racconto del tuo
percorso. Inizia l’era delle
automazioni, dei comandi e
controlli a distanza e anche i
piccoli impianti della tua bo-
nifica sono stati comandati
elettronicamente da una cen-
trale operativa e il personale
addetto al loro funzionamen-
to e controllo ha cessato ogni
sua funzione. Però non posso
non ricordare proprio il più
umile ma indispensabile con-
tributo di molti incaricati al
funzionamento degli impianti
idrovori, ma non ti voglio
nemmeno fare un elenco di
nominativi che oramai poco direbbero e che, tra l’al-
tro, anche una sola mia involontaria dimenticanza
potrebbe far tanto dispiacere; ti voglio invece dire
che era un lavoro senza orari, lavoro che a volte si
prolungava per tante e tante ore ininterrotte secondo
la necessità del prosciugamento. Non vi era cambio o
sostituzione per loro, tanto è vero che questi idrovo-
risti, a volte, per interrompere il prolungato servizio,
si sdraiavano per brevi momenti di riposo su una
piccola branda accanto alle pompe, svegliandosi di
soprassalto se il rumore del motore cessava o modifi-
cava il suo ritmo, segnale questo di avaria. Da notare
che, data la modesta retribuzione di cui godevano,
questo impegno era sempre accoppiato, per arroton-
dare, ad altro lavoro, generalmente agricolo o in offi-
cina meccanica che dovevano sospendere ogniqual-
volta ve ne fosse la necessità. Ma, ripensandoci, se da
un lato non ho nominato alcuno per ricordali tutti,
dall’altro non posso fare a meno di raccontarti un
tragico fatto occorso il 3 giu-
gno del 2010 nella lontana
Anatolia. Ti chiederai che atti-
nenza ha ciò con il racconto
della bonifica? Con la bonifica
ha un nesso in quanto uno
degli assuntori che si chiama-
va Piccolo Luigi, nato il 9 no-
vembre del 1887 a Gruaro e
successivamente trasferitosi a
Summaga, il 15 agosto del
1924 assunse l’incarico di
idrovorista dell’impianto di
Summaga. Luigi si sposò con
Anna Calderan ed ebbero sei
figli: Maria, Umberto, Anto-
nio, Onelia, Olga e Onorina.
Maria, che lavorava nella fi-
landa di Portogruaro un gior-
no fece amicizia con una com-
pagna di lavoro una certa
Giovanna Padovese che a sua volta le fece conoscere
il fratello Natale in occasione di uno dei suoi rientri
da Milano dove lavorava presso la casa discografica
“La voce del padrone”. Sfociò l’amore e si sposarono
e dal loro matrimonio nacquero Armando, Benito-
Alessandro e Luigi che porta lo stesso nome del
nonno. E Luigi, scelta la via del sacerdozio, divenne
Monsignore, Vescovo e Vicario Apostolico in Tur-
chia e purtroppo il 3 giugno 2010 morì Martire per la
sua Chiesa. Sono certa che anche tu hai visto Sum-
maga piangere uno dei figli migliori e io ho voluto
dividere con te la mia commozione. Scusami per la
digressione, e proseguendo il mio racconto, nel 2010
anche il Pianura Veneta è cessato ed è subentrato il
Consorzio di Bonifica Veneto Orientale del quale per
poco tempo ho fatto parte. Mi sembra di averti rac-
contato tutto quello che io sapevo e vorrei aggiunge-
re solamente che di quel complesso “ingranaggio”
che sono stati e che sono i Consorzi di Bonifica di
Portogruaro, io ho l’orgoglio di averne fatto parte, di
essere stata una delle tante, seppur modeste, ruote
dentate che lo hanno mosso e oggi, che ho cessato il
mio lavoro, mi sento pienamente soddisfatta e felice.
Ora ti saluto, caro Reghena, ti ringrazio ancora per
aver, per un momento, sostato per raccontarmi la tua
storia e per ascoltare quella della Bonifica del tuo
Bacino; continua la tua pacifica corsa verso il mare
che accoglierà, come da sempre, le tue acque, confu-
se con quelle del Fiume Lemene.
Lucia Segato Reghena 1953
38
Medjugorje
Ogni mese in abbazia si effettua
un incontro di preghiera secondo
il metodo di Medjugorje.
Messaggi della Madonna di Medjugorje
“Cari figli, v’invito a riflettere sul vostro futuro.
Voi state creando un nuovo mondo senza Dio,
usando solo le vostre forze ed è per questo che
non siete contenti, e non avete la gioia nel cuore.
Questo tempo è il mio tempo perciò, figlioli, vi
invito di nuovo a pregare. Quando troverete l’u-
nità con Dio, sentirete la fame per la sua parola,
e il vostro cuore, figlioli, traboccherà di gioia.
Testimonierete ovunque l’amore di Dio. Io vi be-
nedico e vi ripeto che sono con voi per aiutarvi”
“Cari figli, vi voglio invitare a cominciare da og-
gi a vivere una nuova vita. Voglio che compren-
diate che Dio ha scelto ognuno di voi nel suo pia-
no di salvezza per l’umanità. Voi non potete ca-
pire quanto grande sia la vostra persona nel dise-
gno di Dio. Perciò, cari figli, pregate affinché riu-
sciate a comprendere il piano di Dio. Io sono con
voi perché possiate realizzare tutto.”
Pellegrinaggio Pradipozzo - Summaga
39
Combattenti e Reduci
I soci combattenti e simpatizzanti che nel corso del
2012 ci hanno lasciato sono: Ottorino Fagotto, Bru-
no Bravin, Giorgio Bergamo (Savà), Marisa Miglio-
ranza in Di Palma, Umberto Faorlin, Danilo Drigo,
Ester Pellarin ved. Ferrari e Giovanni Giuseppin,
presidente negli anni 1966-67.
In questo 2012 hanno ricevuto il “Diploma di Fe-
deltà” per i combattenti che hanno compiuto 90
anni i soci Luigi Goi e Umberto Faorlin, conferito
alla memoria in segno di riconoscenza e di attacca-
mento ai doveri sociali e civili in quanto Umberto è
scomparso il 26 Aprile. Il quattro Novembre, Festa
dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate, la comuni-
tà ha partecipato attivamente alle manifestazioni,
in particolare nei momenti salienti della celebrazio-
ne in Abbazia e nella commemorazione degli even-
ti patriottici. Le bandiere, delle varie sezioni com-
battentistiche e d’arma, poste accanto al sacro mar-
mo del Monumento, sventolando all’aria di una
bella giornata, pareva dessero il saluto a quanti per
la Patria immolarono la loro giovane vita.
... Un grazie col cuore a tutti coloro che morendo e combattendo per la nostra Patria
terra ci hanno lasciati eredi della Libertà
Andavano cercando tramonti sereni
tra case e campi che avevano il suono
del metallo corrusco e mai rinverdivano
…fluivano gli anni e i sogni
ma negli sguardi restavano opache pupille
e l’eco svanita di un nome
…Libertà
Affioravano a lembi i sorrisi nell’esile velo
del tempo
e chiedevamo chi eravamo…
dove eravamo
che odoravano di ruggine e sangue i corpi
stesi a raccogliere l’ultima goccia di sole
magri e slavati
Ginevra - Corteo del IV Novembre 2011
…dov’erano i baci mancati e la madre di
tutte le madri… Dio… emarginato e impotente
che morivi ogni giorno insieme a noi…
…ti udimmo un mattino sventolare nel vento
Libertà…
abbracciata a pensieri possenti… dei padri
sfioravi il cammino…
e in quel telaio intricato di spine
cogliemmo la nenia più dolce di te che tessevi
e cantavi
come quando eravamo bambini…
ci avvolsero le parole della nostra terra
e i colori della bandiera
…immersi pregammo
respirando sorsi lunghi di Libertà AlRo
Luigi Goi
40
Raduno nazionale dei Bersaglieri
E’ la sera del rientro, 18 giugno: siamo già in Vene-
to e al microfono della corriera i responsabili del
gruppo, Franco Lisandro e Rino Aggio, sono ai sa-
luti, ai ringraziamenti, alle scuse (…se ce ne fosse
bisogno!). Le piume dei cappelli fanno cornice al
soffitto della corriera, fra confezioni di ricordini e
bottiglie di vino.
Il gruppo è costituito da Bersaglieri di Pramaggio-
re, di San Michele al Tagliamento, di Summaga di
Portogruaro: alcuni sono amici di lunga data, si
incontrano nei raduni e nelle feste organizzate dal-
le varie Sezioni. Altri, pochi, sono alla prima espe-
rienza: ci si può non essere mai visti, ma nasce im-
mediato un sentimento di amicizia, di solidarietà,
di condivisione. Lo abbiamo visto ad Orvieto, nella
prima tappa del nostro viaggio; i passeggeri delle
tante corriere in sosta, ti sorridono, ti salutano per
quella stessa meta indicata sui berretti, nelle scritte
sulle magliette, sui finestrini, e così fino a Roma
dove, sulla via Aurelia, è fissato il nostro punto
cremisi.
Sabato abbiamo gustato la bellezza della Roma An-
tica, il Colosseo e il Foro Romano. Il pomeriggio è
dedicato alla Roma turistica: piazza di Spagna e
Trinità dei Monti, Piazza Navona con la fontana
del fiumi del Bernini, la Fontana di Trevi, via Con-
dotti per la gioia delle Signore…
La sera è serata di fanfare.
Autorità in Piazza del Popolo
“E… di passo, di corsa, siam Bersaglier…” e
il sole cocente non ci spaventa!!
I fanti piumati, in visita a Roma, lasciano la loro
impronta sulla scenografica scalinata di
Trinità dei Monti
QUI SUMMAGA
41
Ritroveremo le fanfare nella sfilata di domenica a
Latina per il 60° Raduno nazionale dei Bersaglieri.
A ridosso delle transenne abbiamo incontrato alcu-
ni veneti discendenti di quei coloni che negli anni
trenta si sono trasferiti nell’Agro Pontino per la
bonifica del territorio.
L'Opera Nazionale Combattenti si occupò della
gestione dei terreni e dei poderi che venivano
via via costituiti, affidandoli in concessione a
coloni provenienti per la stragrande maggioran-
za dalle regioni, allora povere e sovraffollate,
del Veneto e del Friuli. Al centro dei vari poderi,
venivano costruite delle case coloniche (circa
4000), molte delle quali tuttora abitate dai di-
scendenti dei "pionieri". Sotto le arcate del pa-
lazzo municipale di Latina, ancora oggi, si pos-
sono leggere i nomi dei coloni migrati in quegli
anni.
A questo proposito sono venuta a conoscenza di
un simpatico episodio che testimonia la presen-
za in loco di summaghesi e, ancor oggi, nell’e-
lenco telefonico compare il cognome Drigo…
Intanto il Raduno ha raggiunto la fase della corsa,
è il momento in cui i vecchi generali e tutti i bersa-
glieri, graduati e non, con le medaglie al petto, ri-
cordano i loro giorni da protagonisti e lo speaker
scandisce i nomi di tutte le sezioni di Bersaglieri
d’Italia.
Sotto il palco delle Autorità sfilano i nostri giovani
di ieri e di oggi tutti al passo di corsa! “siamo gio-
vani dentro, le gambe ancora corrono come mosse
da una molla, - ci dicono con orgoglio-, siam Ber-
saglieri!”.
Nel pomeriggio abbiamo approfondito la nostra
cultura sull’Agro Pontino con un tuffo nella storia
di Terracina e di Sabaudia. Il mattino successivo,
giorno di rientro a casa, visita ai musei Vaticani,
Chiesa e Piazza San Pietro. Ad Orte ritroveremo la
fanfara di San Giorgio di Nogaro e un concerto di
musica bersaglieresca da brivido; col brivido ab-
biamo esultato per la vittoria agli europei della no-
stra nazionale di calcio sull’Irlanda del Trap…
Il resto, tutto il resto, è storia già scritta!
L’Agro Pontino L’itinerario continua con la visita di
Roma antica
Foto di gruppo al Foro Romano
Visita alla Città del Vaticano e ai suoi
magnifici Musei
Lucia
42
La vera storia della
Nascita del Calcio Summaga
Negli ultimi tempi, alcuni
organi di stampa hanno
pubblicato articoli sulle
origini del Calcio Summa-
ga, tutti inesatti. La Nuova
Venezia del 23/07/2012
riportava che la squadra,
dopo aver giocato esclusi-
vamente partite amichevo-
li, solo a partire dal
1967/68 ha partecipato per
la prima volta al campio-
nato provinciale di 3° cate-
goria con la presidenza di
Dino Mio e giocando sul
campo di via Santa Elisabetta. Nulla di più sba-
gliato: il primo campionato della storia del Calcio
Summaga fu disputato nel campo parrocchiale di
Pradipozzo nel 1965-66 con la presidenza di Bep-
pino Mio; il fratello Dino a quei tempi non si inte-
ressava di calcio ma esclusivamente della sua
squadra ciclistica MobiMio. E’ vero soltanto che
dal 1960 al 1965 il sottoscritto, Aldo e Mario Rossi,
Natalino Vignando, Luciano e Luigino (Iuti) Fa-
gotto, Beppino Pellarin, John Milan, Adelino Na-
scinben, Aldino, Anselmo e Franco Lisandro, Bru-
no Marzinotto, Nivio Falcon, Giorgio Boccalon,
mio cugino Mario Piasentin ed altri, mentre erava-
mo tesserati per squadre della zona quali l’Aurora
Pio X, il Villanova, il Giussago, il Lugugnana, il
Cinto, il Morsano, l’Azzano X, ecc., avevamo for-
mato una squadra non ufficiale per disputare, con
la maglia rossoblu del Genoa, partite amichevoli e
tornei: ricordo con particolare piacere il Trofeo
Don Bosco, vinto a San Donà di Piave battendo in
finale la squadra locale con tre gol del grande
“Bartali” (Natalino Vignando), sui primi due lan-
ciato magistralmente da mio cognato Beppino Pel-
larin, e col sottoscritto che ha avuto l’onere e l’ono-
re di francobollare con feroce determinazione quel
Gianfranco Bedin che l’anno dopo passò all’Inter
di Helenio Herrera; abbiamo vinto anche tornei a
Torre di Mosto, Concor-
dia, La Salute ed altri an-
cora. Fu proprio al ritorno
dopo la finale di La Salute
che il sottoscritto, Aldo e
Mario Rossi e Natalino
Vignando, durante la sosta
per un’abbuffata di angu-
ria, decidemmo di formare
una squadra da iscrivere
alla FIGC di Roma per po-
ter partecipare regolar-
mente ai campionati.
La nostra iniziativa fu ac-
colta con entusiasmo da
Beppino e Toni Mio, Zini Falcon, Ice Trevisan,
Carlo Giavedoni, Sandro Biancardi, Egidio Milan,
Stelvio Empolini, Alfredo Nascinben ed Aldo Pic-
colo. Beppino Mio fu nominato presidente, Mario
Rossi vicepresidente ed il sottoscritto segretario
(ruolo che avevo già ricoperto nel Calcio Porto-
gruaro) e grazie a tale esperienza e conoscenza
della procedura, ho provveduto a perfezionare la
pratica di affiliazione alla FIGC ed a tesserare, ol-
tre a molti dei giocatori sopra indicati, Giorgio
Delle Vedove, Luciano Faggioni, Vitalino Baldo e
qualche ragazzo da fuori paese (potrei aver di-
menticato qualcuno e me ne scuso, ma sono passa-
ti cinquant’anni!). Non avevamo un campo dove
giocare (quello di via Santa Elisabetta addirittura
ancora non esisteva), così siamo andati a Pradi-
pozzo a parlare con Don Gildo che ci ha gentil-
mente concesso il suo, pur esprimendo la sua con-
vinzione, dimostratasi poi errata, che non potessi-
mo farcela. Il campo non era nemmeno recintato,
così lo abbiamo contornato con tre file di ferro zin-
cato. Non esistevano spogliatoi: per cambiarci di-
sponevamo di una minuscola stanza con delle
panche e per lavarci solo di un rubinetto all’ester-
no con acqua fredda, che utilizzavamo con qual-
siasi condizione atmosferica. Già nel primo cam-
pionato abbiamo avuto grosse soddisfazioni, come
Prima squadra ufficiale del Calcio Summaga
QUI SUMMAGA
43
quella di vincere 5 a 0 in trasferta contro la capoli-
sta Fossalta di Portogruaro, fra l’altro col bocia Vi-
talino Baldo in porta al posto dell’infortunato
Franco Lisandro, tanto che il corrispondente del
Gazzettino commentò sbalordito quella clamorosa
vittoria. Ci siamo tassati per acquistare divise da
gioco, scarpette e sostenere le spese delle trasferte.
Non avevamo nemmeno l’allenatore ed ognuno si
preparava come e quando poteva (io andavo addi-
rittura la sera a Cordovado dove c’era il campo
illuminato e l’ex allenatore dell’Aurora Pio X
Vittorio Gavagnin). Tutti i venerdì sera ci riuniva-
mo nella grande cucina dei Rossi per discutere e
decidere la formazione da mandare in campo la
domenica. Ogni volta Biancardi se ne usciva col
suo rovigoto “Beh, qua no gh’è un paro de salami”, al
quale faceva eco Zini con “Però ghe voria anca do
botilie de bianco” e la magnifica e munifica signora
Wanda era sempre pronta ad offrirci il tutto. A
metà marzo, quasi alla fine del campionato, Zini,
che assomigliava fisicamente e si sentiva anche un
po’ Valcareggi tanto da voler imporre le sue idee
quando si trattava di decidere la formazione,
sbottò: “Ragazzi, sono contento perché finalmente ho
capito cos’è il fuorigioco” (SIC). Bisogna ammettere
che era proprio un grande tecnico (alla fine ascol-
tavamo soprattutto il parere di Mario e Natalino)!
Mario Rossi, dopo aver acquistato il terreno in via
Santa Elisabetta per conto del Comune di Porto-
gruaro anticipando di
tasca propria tutti i
soldi, che gli sarebbe-
ro stati rimborsati so-
lo dopo qualche anno,
assunse la presidenza.
Allestì il campo a nor-
ma, installò l’illumi-
nazione, creò il setto-
re giovanile e vinse
due campionati por-
tando la squadra dal-
la 3° alla 1° categoria.
Quindici anni dopo,
nel 1980, entrò in so-
cietà Dino Mio, dap-
prima con la pubblici-
tà e poi, su proposta
di Mario che voleva
lasciare perché troppo preso dai suoi impegni in
politica e dalla presidenza dell’Associazione Com-
mercianti, accettò di assumere la presidenza. Ma-
rio lasciò a Dino una società ben strutturata, con
molti tesserati e senza chiedere alcun indennizzo.
Il presidente Mio, se ricordo bene nel 1990, forte
dell’esperienza acquisita con il Calcio Summaga e
delle sue risorse economiche, rilevò il Portogruaro
Calcio, fece la fusione Portogruaro-Summaga ed
arrivò a conquistare la serie B facendo conoscere la
minuscola Summaga a tutta l’Italia calcistica ed a
misurarsi con squadroni leggendari come il Tori-
no. Tuttavia, questo grande sogno non si sarebbe
potuto realizzare senza l’iniziativa mia, di Aldo,
Mario e Natalino in primis, unitamente a Beppino
e Toni Mio, Zini, Ice, Carlo, Sandro, Egidio, Stel-
vio, Alfredo ed Aldo. Questa è la vera storia, do-
cumentata, della nascita del Calcio Summaga e
tutto ciò mi riempie di orgoglio e soddisfazione
per essere stato uno dei quattro fondatori della
società, anche se ai festeggiamenti per il 25° dalla
fondazione, i nuovi dirigenti hanno invitato cani e
porci tranne il sottoscritto, non so se per dimenti-
canza o volutamente. Purtroppo ogni favola ha
una fine, così i successori del presidentissimo Dino
hanno avuto la bella pensata di eliminare il Sum-
maga dal binomio, lasciando solo il nome Porto-
gruaro e decretando così la fine del Calcio Sum-
maga, cancellandolo dal panorama nazionale e
tradendo una storia di
cinquant’anni. Fortu-
natamente un nuovo
gruppo di appassiona-
ti, capitanato da Fiore
Chiarioni, ha creato
una nuova Società
Calcio Summaga, par-
tendo da zero come
noi cinquant’anni fa,
ricominciando dal
campionato provincia-
le di 3° categoria
2012/2013, ridando
vita al terreno di gioco
di via Santa Elisabetta.
Ferruccio Piasentin
Summaghese D.O.C.
Anno 1968-69
Da sn in alto: Guido Boccalon (massaggiatore),
Alfredo Nascinben (dirigente),
Claudio Miglioranza, Luciano Bravin,
Aldo Rampazzo, Franco Lisandro, Pietro Dorigo,
Vittorino Grego, Beppino Mio (presidente).
Da sn in basso: Luciano Faggioni, Fervido Mason,
Carlo Anselmo Mio, Aldino Lisandro,
Adelino Nascinben, Gianni Zanon.
44
Curiosando in Internet
Nel n° 81 del nostro bollettino è stato presentato il portale Luoghi Misteriosi a cura di Isabella Dalla Vec-
chia e Sergio Succu in cui appare un ampio servizio sulla chiesa di Summaga intitolato “I disegni nascosti
dei cavalieri templari”. In esso si trova un'ampia trattazione degli affreschi, in particolare di quelli del sacel-
lo; cavalieri e altri soggetti profani suscitano la curiosità dei due studiosi che si stupiscono della presenza
di queste figure in ambiente sacro.
Rivisitando il portale, abbiamo trovato una citazione degli stessi nell'articolo dedicato alla chiesa di Poz-
zoveggiani in provincia di Padova. Riportiamo parti significative del testo e immagini che colpiscono per
la similarità agli affreschi di Summaga.
La storia
La chiesa di San Michele Arcangelo si tro-
va a cinque chilometri da Padova, sulla
strada per Bovolenta, nella frazione Poz-
zoveggiani. Questo nome deriva da Pu-
teus Vitaliani, dove Puteus significa
“pozzo” (sul lato sud è presente infatti un
pozzo) e Vitaliani “di Vitaliano”, ricco
proprietario terriero, padre di Santa Giu-
stina. L'edificio venne costruito nel XII se-
colo sopra una cella memoriale del VI - VII
secolo di forma cubica. Nonostante varie
ristrutturazioni, la chiesa conserva lo stile
iniziale bizantino con forte influenza caro-
lingia. Il muro ha una distribuzione di
mattoni a spina di pesce, una metodologia
costruttiva già abbastanza avanzata per
l'epoca.
All’interno sono presenti splendidi affre-
schi romanici del X-XIII secolo che rico-
prono la cella memoriale (antico edificio) e
l’abside. I più antichi sono le immagini
degli Apostoli che si trovano nelle arcate.
Nel catino absidale emerge un Cristo Pan-
tocreatore nella mandorla con attorno i
quattro evangelisti. Vi è anche il simbolo
del Cristo, un pellicano che dà nutrimento
col proprio sangue ai piccoli. Nella parte
inferiore vi sono cavalieri in armatura.
"Il maestro che ha operato nell’abside conosceva con probabili-
tà le opere e i lavori “veneti”, lo confermano i tentativi di
“imitazione” di quel linguaggio bizantino orientale presente a
Venezia e nelle terre influenzate dal suo dominio culturale.
Così come si sono riscontrate vicinanze, d’iconografia e di sti-
le, con i più importanti centri culturali della terraferma nell’a-
gro portogruarese: Aquileia, Concordia Sagittaria, Sesto al
Reghena, utili parametri di raffronto per stabilire differenze e
vicinanze"
Tesi di laurea di Patrizia Alunni
QUI SUMMAGA
45
LM
I cavalieri dietro l’altare Nella fascia inferiore dell'abside, quella più in pros-
simità del suolo, sono rappresentati a "sinopia" cava-
lieri in duello, animali e figure zoomorfe e antropo-
morfe. Questo gruppo figurativo poco ha a che fare
con le sacre immagini soprastanti, essendo rappre-
sentazione "a sé", senza un riferimento sacro o nar-
rativo, simile e quasi identica ai cavalieri presenti
nella chiesa di Summaga, sempre in Veneto. La fa-
scia di San Michele Arcangelo si trova nella zona più
sacra della chiesa, dietro l'altare. Perché sono stati
rappresentati a "sinopia" cavalieri in duello all'inter-
no di un luogo sacro? Uomini a cavallo che nulla
hanno a che fare con guerre sante, templari o santi
guerrieri, personaggi sconosciuti con scudi e lance,
attorniati da animali e figure antropomorfe?
Le figure zoomorfe Abbiamo, a parti-
re da sinistra: un
leone, un pavone
cacciato da una
figura metà uomo
e metà uccello,
due cavalieri in
duello, una ci-
vetta piccola e
una più grande e altri volatili di varie dimensioni.
La civetta/gufo è un simbolo raro e poco rappresen-
tato all'interno delle chiese, essendo prettamente un
simbolo pagano perché fortemente legato alla Dea
Atena in quanto richiama saggezza e conoscenze
antiche. Pensiamo che gli affreschi meritino una
visita.
Foto affreschi di Pozzoveggiani Foto affreschi di Summaga
46
Alla scoperta del territorio Con “Le signore dei ciclamini” - 31 maggio 2012
Ariis Quante volte abbiamo sognato di visitare luoghi
incantevoli, ricchi di storia e poesia, e abbiamo so-
spirato perché irraggiungibili… mentre potevamo
ammirare posti altrettanto
incantevoli e interessanti
vicino a casa nostra! Ariis
è uno di questi, piccolo
borgo a pochissimi chilo-
metri da Rivignano. Qui
si trovano la famosa Villa
Ottelio-Savorgnan con il
suo splendido parco e
l’acquario delle specie
ittiche d’acqua dolce del
Friuli-Venezia Giulia e
qui, il 31 maggio, le si-
gnore dei ciclamini sono andate alla scoperta di
questo antico “feudo” che riserva molte sorprese…
Il Parco dello Stella è inserito nell’ambiente delle
risorgive, occupa 638 ettari, dei quali ⅓ è rappre-
sentato da elementi naturali di valore (boschi, prati
stabili, acque) e la restante parte da coltivi. Un tem-
po, fino a poco più di 50 anni fa, la zona era rico-
perta da arativi, praterie umide e paludi, ricche di
orchidee e altre specie rare e da pochi alberi posti
ai margini dei prati.
Nell’acquario permanente delle specie di acqua
dolce, quotidianamente visitato da appassionati e
scolaresche, sono presenti una quarantina circa di
specie ittiche, dieci delle quali assumono un parti-
colare rilievo in quanto sono endemiche, vivono
cioè esclusivamente nell’area padana o circum-
adriatica (Tel. 0432-774147).
Villa Ottelio - Grande costruzione, esaltata dal co-
lore rosso intenso del mattone, si specchia nelle
acque del fiume Stella. Sappiamo con certezza che
nel 1257 esisteva ad Ariis un castello che venne
dato in feudo dal Patriarca Gregorio di Montelongo
alla Famiglia di Wrusberg. Dopo alterne vicende il
castello passò in proprietà al Conte di Gorizia che vi
insediò i Signori di Ariis. Nel 1336 divenne proprie-
tà dei Signori Savorgnan fino al 1492 . Dopo l'erezio-
ne della fortezza di Palmanova, costruita dalla Se-
renissima contro l'invasione turca del XVII secolo, il
maniero perse il suo peso
strategico e in seguito la
villa si trasformò in
un'attiva azienda agricola.
Pochi sanno che proprio
in questo angolo di Friuli
si sono incontrati Giu-
lietta e Romeo e che que-
sti luoghi hanno assistito
alla nascita di questa ro-
mantica e sfortunata sto-
ria d’amore.
E’ stato il prof. Cecil H. Clough, studioso inglese di
fama internazionale, a ricostruire la vera storia dei
due amanti.
QUI SUMMAGA
47
Il 26 febbraio 1511 nel palazzo di famiglia, durante
una festa in maschera, Lucina Savorgnan del Mon-
te, allora quindicenne, fa il suo debutto in società e
lo fa cantando, suonando e ballando in un modo
che incanta il capitano di cavalleria Luigi da Porto,
legato ai Savorgnan per parte materna.
Lucina e Luigi vivono un breve, ma intenso amore,
contrastato dalla rivalità delle famiglie. In segreto
si fanno promessa di matrimonio, promessa che
non viene mai concretizzata, poiché Luigi nella
notte tra il 18 e il 19 giugno 1511, combattendo per
la Serenissima contro gli imperiali, resta grave-
mente ferito in una battaglia presso il Natisone.
Costretto a ritirarsi nella sua villa di Montorso Vi-
centino, apprende delle nozze combinate di Lucina
con Francesco Savorgnan Della Torre. Nel ricordo
struggente della promessa d’amore fatta a Lucina,
compone una novella, la “Giulietta e Romeo”, am-
bientando la vicenda a Verona con una finzione
letteraria creata a posta per coprirne l’origine auto-
biografica.
Alla fine del 1500, la Novella giunse
nelle mani di William Shakespeare che
la traspone in un dramma teatrale di
valore e risonanza mondiale.
La visita è particolarmente suggerita ai
giovani… chissà che passeggiando nel
parco, lungo lo Stella, sboccino nuove
storie d’amore, questa volta romantiche
sì, ma più fortunate!
Per tutti gli altri è d’obbligo una sosta al
Principato di Ariis, antica osteria me-
dioevale.
Infine, alla “Sagre dala Bisate”, a luglio,
si possono degustare ottimi piatti in un
ambiente suggestivo.
Romeo e Giulietta, la vera storia parte dal Friuli
LM
48
A piedi sulla via di Castelmonte 29 Settembre 2012
Castelmonte, un luogo mistico, e per chi come me è
cresciuto con la legenda del “Diaul” che sul ponte
di Cividale sfida Maria in una sorta di “gara di ve-
locità” a chi arriva prima in cima, anche un po' mi-
sterioso. Quand’ero piccola capitava piuttosto fre-
quentemente che la domenica pomeriggio la pro-
posta fosse: “'ndemo a Castelmonte?”. All'epoca
non capivo proprio tutto questo entusiasmo, poi
crescendo per fortuna Qualcuno mi ha illuminata
ed ora è diventato, oltre che un luogo di preghiera,
raccoglimento e devozione anche un posto pieno
di ricordi.
Anni fa, quando ancora ero una giovinetta, parte-
cipai ad un pellegrinaggio a piedi organizzato dal-
la forania proprio a Castelmonte. Con me c'era an-
che Elena, mia fidata compagna di merende in Ac.
Da tempo parlavamo di riproporre l’esperienza ai
nostri giovani, ricordando con entusiasmo ed emo-
zione quella vissuta qualche anno prima, fino a
quando abbiamo fissato la data: 29 settembre 2012,
pellegrinaggio “A PIEDI SULLA VIA DI CASTEL-
MONTE”. Perchè è sempre così, se non si fissa una
data non si inizia mai ad organizzare! E allora via
con la programmazione della giornata.
Primo step: PROVARE LA CAMMINATA. Non
preoccupatevi, dissi, vado io a provarla! E così sa-
bato 25 agosto, con quaranta gradi all’ombra, io e
l’altra mia compagna di merende Chiara, siamo
partite di buon mattino come esperte camminatrici,
un’ora e cinquanta minuti dopo eravamo in cima,
fiere come non mai.
Secondo step: PROGRAMMARE IL PERCORSO. Il
clima non doveva essere quello di una semplice
passeggiata, ma di un pellegrinaggio da vivere in-
tensamente e con consapevolezza. Erano necessa-
rie delle soste lungo il cammino nelle quali riflette-
re e pregare insieme Maria.
Terzo step: LOGISTICA. Programmare partenze,
arrivi, trasporti, materiali, prendere contatti con il
Santuario, Messa, cena e tutto quanto serviva per il
corretto svolgimento della giornata.
Fatto tutto ciò, non restava che partire.
Ritrovo presso il piazzale della nostra Abbazia alle
ore 13:45. Settembre si sa, è un po’ come marzo,
pazzerello, e così tutti col naso all’insù a scrutare i
grandi nuvoloni grigi che affollavano il cielo. Pre-
visioni meteo a dir poco pessime minavano la buo-
na riuscita della giornata. La domanda più fre-
quente era: “Don, Lei che ha agganci molto in alto,
ha pregato perché non piova?”. Eravamo 45 in
tutto, 30 giovani ed una quindicina tra mamme,
papà, zii, cugini, nonni e amici. Siamo saliti in pull-
QUI SUMMAGA
49
man e così è iniziata la nostra avventura. Alle 15:45
dopo un breve momento di preghiera introduttivo
e qualche piccola raccomandazione abbiamo ini-
ziato la salita a piedi. Il primo quarto d’ora è il
tratto più faticoso, i più allenati sono partiti “in
quarta”, fosse stato per loro avremmo fatto il pelle-
grinaggio in mezz’ora! Al chilometro 3,6 prima so-
sta di preghiera. La nostra vita è un cammino, fatto
di tratti più duri in salita e tratti invece più sempli-
ci in discesa. La “storia della matita” di Coelho è
stata la base della riflessione. Possiamo fare grandi
cose, ma non dobbiamo dimenticare che esiste una
mano che guida i nostri passi, Dio. La matita a vol-
te dev’essere temperata, è un’azione che le dà
sofferenza, ma ne esce più appuntita. Dobbiamo
imparare a sopportare i dolori per essere uomini
migliori. Il tratto della matita può essere cancellato
con una gomma. Correggere un comportamento è
utile per mantenere la retta via. Ciò che è impor-
tante della matita è la grafite. Dobbiamo sempre
guardare ciò che accade dentro di noi. La matita,
infine, lascia sempre un segno, per questo dobbia-
mo avere coscienza di ogni nostra azione. Al termi-
ne della riflessione, aperti gli ombrelli, siamo ripar-
titi pregando affinché smettesse di piovere. Pre-
ghiere esaudite per fortuna. Al chilometro 5,0 sosta
ristoro di un quarto d’ora con tè freddo, brioches e
cioccolata e poi via di nuovo in cammino. Al chilo-
metro 6,5 seconda sosta di preghiera, con tema l’O-
melia che il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto in
occasione dell’Assunta. Dio è la casa dell’uomo e
Maria unita a Dio non si allontana da noi, non va
su una galassia sconosciuta, ma è vicinissima a noi
e noi quel giorno ci sentivamo vicinissimi a Lei.
Riaperti gli ombrelli ci siamo diretti alla meta del
nostro pellegrinaggio, il Santuario della Beata Ver-
gine di Castelmonte. Erano circa le 18:15. Per chi ne
sentiva il bisogno c’era la possibilità di riconciliarsi
con la confessione o di pregare nella Chiesa del
Santuario.
Alle 19:00 Santa Messa tutta per noi presso la Cap-
pella del Borgo, gentilmente messa a disposizione
dai frati, celebrata da Don Giuseppe che non
smetterò mai di ringraziare per la sua fondamenta-
le presenza in questa occasione.
Dopo la celebrazione cena al sacco ed infine un
momento conclusivo in cerchio stile “sabato sera al
campo scuola”, tra canti, bans, preghiere e ringra-
ziamenti attorno ad un fuoco che ha scaldato anche
i nostri cuori. La nostra giornata si è conclusa con il
canto “La gioia”, tutti in cerchio e tutti abbracciati,
adulti, giovani e giovanissimi.
Per me è stata un’esperienza straordinaria. Il mio
ringraziamento va a tutti quelli che hanno accolto
l’invito a trascorrere un sabato diverso in nome di
Maria, ad Elena, Matteo, Riccardo e Chiara che ho
trascinato con me nella programmazione ed orga-
nizzazione di questo evento che spero diventi una
tradizione e, come sempre, a Qualcuno che da las-
sù guida i nostri passi.
Valeria
50
Come Eravamo
Qualche giorno prima di lasciarci il nostro amico
Giancarlo ricordò con orgoglio “La castagnata”
degli anni settanta…
Giovani entusiasti si apprestano a mettere sul fuo-
co una “farsora” appositamente approntata per
cuocere le castagne.
Con entusiasmo e allegria i “fuochisti” girano le
caldarroste.
Francesco assiste divertito alla “cottura” di Mario e
Renata!
Giancarlo Zamberlan, Renzo
Gaiatto, Giulietta Zamberlan
e Mario Piasentin
Da sinistra:
Da sinistra: Bruno Salotto, Giancarlo
Zamberlan, Francesco Pauletto,
Mario Piasentin, Flavio Tesolin
Da sinistra: Mario Piasentin, Francesco
Pauletto e Renata Tonello
Alcune Associazioni, Gruppi e amici hanno rac-
colto la somma di € 1˙200,00 da devolvere in be-
neficienza in memoria dell’amico Giancarlo
Zamberlan. La famiglia ha destinato l’offerta
all’Hospice - Casa di Riposo Opera Pia “G.
Francescon” di Portogruaro.
La famiglia Zamberlan intende ringraziare sen-
titamente per tale gesto di solidarietà, tutte le
Associazioni, Gruppi ed amici che hanno raccol-
to tale somma, dimostrando ancora una volta
affetto nel ricordo di Giancarlo, nello specifico:
Amici degli Animali
Amici delle Bocce
Associazione “Viviamo Summaga”
A.V.I.S. - Gruppo Summaga
Bar Ristorante “Gravina”
Donne del Mercatino
Due Amici
Emporium Brichese Lino
Milan Club Summaga
Pro Summaga per il Natale
Ragazzi dell’A.C.R. e A.C.G.
Famiglia Zamberlan
51
Un altro weekend - 11ª castagnata
Siamo giunti all'undicesima edizione della casta-
gnata, cornice dell'ormai abituale festa d'autunno,
che vede due weekend ricchi di iniziative, dove,
anche quest'anno, migliaia di persone hanno potu-
to assaporare la nostra cucina e danzare con i no-
stri complessi.
12, 13 e 14 ottobre: un altro weekend! Quest'anno ci siamo spinti negli USA, tre giorni di
musica e cibo americano, dal classico hamburger al
pollo fritto, passando per un
contorno di fagioli alla texa-
na! Prelibatezze che poco
hanno a che fare con il voler
mantenere una linea per-
fetta, ma che sono forti ten-
tazioni, alle quali almeno
una volta si può cedere. An-
che se niente sarà mai come
i “radici e fasioi”, abbiamo
voluto far conoscere le tradizioni culinarie di que-
sto grande paese che è gli Stati Uniti d'America.
Non si può parlare di Stati Uniti, però, senza un
adeguato sottofondo musicale e così, venerdì 12,
grande spettacolo dei ragazzi del liceo “Marco Bel-
li” di Portogruaro, che hanno cantato e ballato sul-
la base delle grandi colonne sonore dei più famosi
film americani di tutti i tempi. Ma può esserci
America senza un tocco di musica country? Ov-
viamente no, infatti, il gruppo “Fool Brand” ha
intrattenuto decine di persone facendole ballare
sulle note delle più famose canzoni Country ameri-
cane. Come nei veri saloon del west si beveva whi-
sky e si giocava a poker, qui da noi, si beve caber-
net e si gioca a briscola. Ben 64 coppie si sono sfi-
date in una gara senza precedenti. Per concludere
alla grande, domenica 14, è stata la volta del grup-
po “Big Evolution Band”. Proprio big. Quasi trenta
musicisti sono saliti sul palco per questa serata
all'insegna della musica jazz, altra icona della mu-
sica americana.
Si è chiuso così il weekend dedicato agli Stati Uniti
d'America, chissà dove finiremo il prossimo anno,
forse vicino a casa, o forse, ancora più lontano.
Al prossimo anno!
18, 19, 20 e 21 ottobre: 11ª Castagnata Dopo un weekend ricco di emozioni, trascorso tra i
Canyon e le praterie del Texas, ascoltando Rocky
mountain high e mangiano bistecche di bisonte,
eccoci ritornare a casa, di nuovo nella nostra Sum-
maga.
Abbiamo aperto in maniera
festosa quest'undicesima Ca-
stagnata con un evento che,
ormai da quattro anni, dà un
tocco di stile alla nostra festa:
Summaga Fashion Style.
Sfilata di moda, dove i mo-
delli erano i nostri ragazzi
che si sono contesi il titolo di
miss e mister Summaga 2012. Tante le novità que-
st'anno, a partire dalla passerella, completamente
rivista e rinnovata, passando poi ai negozi di abbi-
gliamento del portogruarese, per finire con i piace-
voli intermezzi dei ballerini di “Arte Danza” e del-
le danzatrici del ventre.
Giunti alla fine della serata, non poteva mancare la
proclamazione dei nuovi miss e mister Summaga,
congratulazioni a Martina e Michele, che tra gli
applausi delle centinaia di persone presenti, hanno
chiuso quest'edizione di Summaga Fashion Style.
Il venerdì grande serata, rivelatasi migliore di
quanto osassimo sperare: concerto reggae con il
gruppo, famoso in tutta europa e vincitore dell'Ita-
lian Reggae Contest nonchè terzo all'European Reggae
Contest: i Mellow Mood.
QUI SUMMAGA
52
Moltissimi i giovani (e non solo) che hanno affolla-
to il nostro capannone e tutta l'area circostante per
due ore di spettacolo. Un evento nuovo che ha da-
to una scossa al nostro paese, sfuggendo alla solita
monotonia.
Il sabato è stato dedicato al ballo liscio con l'orche-
stra i “California”, tante le persone che hanno
riempito la pista e molte di più quelle che si sono
sedute ai tavoli a mangiare le prelibatezze della
nostra cucina: costate, polletti, baccalà, trippe e
molto altro.
La domenica inizia di buon’ora, le strade del cen-
tro si riempiono di bancarelle ed espositori, alle
8:00 i marciatori iniziano la loro corsa di 5, 12, e per
i più atletici, 21 km. La mattinata trascorre tran-
quilla, poi, a mezzogiorno, ecco i summaghesi en-
trare nel capannone per il consueto appuntamento
con il pranzo paesano. Quest'anno i nostri cuochi
hanno deciso di preparare un menù a base di oca,
compresi dolce e caffè, allietato dai canti dei “Los
Bafos”.
Dopo pranzo la festa si è riversata nelle vie del
paese. Molte famiglie sono uscite per una passeg-
giata, portando i bimbi al pozzo di San Patrizio e
sui giochi gonfiabili, che sono stati allestiti in piaz-
za. Attrazioni per tutti i gusti e tutte le età, dalle
auto alle moto, dai trenini alla mostra fotografica,
dalle bancarelle della frutta a quelle dei fiori, per
concludere con uno degli spettacoli più interessan-
ti: la trebbiatura del frumento con le macchine
dell'epoca.
Il pomeriggio passa veloce, le tavole sono di nuovo
pronte e le griglie calde. La cena è servita.
Tantissime le persone che si sono ritrovate nel ca-
pannone per mangiare e ballare, fino a tarda sera,
con i balli di gruppo della “scuola di ballo Europa”.
Novità di quest’anno sono stati i fuochi d’artificio,
spettacolo che ha chiuso in bellezza questa festa
d'autunno.
L'Associazione Viviamo Summaga, ringrazia
tutti coloro che hanno reso possibile questa ma-
nifestazione.
Grazie a tutti voi che avete partecipato.
Vi ricordiamo che quest’anno termina il mandato
del direttivo dell’associazione, se qualcuno deside-
rasse entrare a far parte nel nuovo consiglio lo fac-
cia sapere, sarà così candidato per le votazioni.
Nuove forze e soprattutto nuove idee sono neces-
sarie per continuare a crescere.
per l'Associazione Viviamo Summaga
Riccardo
53
Capodanno alternativo
Quest’anno proprio non
ce la sentivamo di festeg-
giare il capodanno con la
solita cena e per le mega
feste in piazza o in disco-
teca ormai non abbiamo
più l’età. Così, sfogliando
distrattamente Internet
per vedere quali fossero
le varie iniziative in pro-
gramma per la notte più
lunga dell’anno, l’atten-
zione viene catturata da
una proposta alternativa:
la 34^ Marcia della Pace di Zuglio (UD).
Perché no?
Detto, fatto! Lunedì 31 verso sera siamo partiti in
quattro alla volta della Carnia. Il ritrovo è fissato in
piazza del Museo a Zuglio alle ore 20.30, da dove,
alle 21.00, parte il cammino di pace percorrendo, a
piedi torce alla mano, le stradine che dalla piazza
del piccolo paese montano portano alla più storica
delle pievi carniche: quella di San Pietro.
Il cammino era organizzato in tre tappe, in ciascu-
na delle quali è stato proposto un brano del mes-
saggio del Papa per la 46^ Giornata Mondiale della
Pace (1° Gennaio), si è cantato e pregato assieme e
si è ascoltata una riflessione-testimonianza sul te-
ma della pace, dell’accoglienza e del rapporto con
l’altro.
Le testimonianze sono state veramente toccanti:
nella prima tappa Sabine De Cecco Wilding, magi-
strato presso il tribunale di Villach (Austria), ci ha
parlato delle famiglie in difficoltà; nella seconda
don Pierluigi Di Piazza, parroco di Zugliano e re-
sponsabile del Centro Balducci e con lui di Fayed
Mohamed, ragazzo siriano, ospite presso il Centro
Balducci, ci hanno parlato di cosa sia in concreto
essere operatori di pace oggi; nella terza della
dott.ssa Fulvia Loik, responsabile socio sanitaria
dell’ASS 3 e con un’esperienza di lavoro in Africa,
ci ha parlato del rapporto con l’altro, soprattutto
quando è diverso da noi.
All’arrivo alla Pieve di S.
Pietro verso le 23.30 è
quindi iniziata la celebra-
zione dell’Eucarestia,
presieduta dall’Arcive-
scovo di Udine, mons.
Andrea Bruno Mazzocca-
to, che ha concluso le ri-
flessioni sulla pace e l’ac-
coglienza suggerendoci
Maria quale modello
ideale dell’operatore di
pace.
Come degna conclusione
un simpatico momento di semplice e festosa convi-
vialità presso la Polse di Cougnes, adiacente alla
pieve, dove scambiarsi gli auguri e riscaldarsi un
po’ con una fetta di panettone e un bicchiere di vin
brulé.
Sarà stata l’emozione della prima volta; saranno
state le riflessioni proposte che il cammino, con-
dotto in rigoroso silenzio, ha dato tempo e modo di
meditare; sarà stato il ritrovarsi assieme a tanti al-
tri, apparentemente sconosciuti ma con cui senti di
condividere la fede che ti ha condotto lì; sarà stata
la luna, sorta proprio appena lasciato Zuglio a illu-
minarci il cammino fino a San Pietro; certo è che
questo capodanno ci è veramente rimasto nel cuo-
re. Appuntamento quindi tra un anno a Zuglio per
la 35^ Marcia della Pace; come potremo mancare?
Massimo e Clarissa
Pieve di San Pietro (notturno)
Pellegrini summaghesi alla partenza
54
Cose di casa nostra 2012
5 maggio - Raccolta di indumenti usati per la Ca-
ritas diocesana da parte dei nostri giovani passati
di casa in casa.
6 maggio - Gita in Slovenia delle "Signore del
mercatino": Pirano, Portorose e , al ritorno, visita al
Castello di Duino.
12 maggio - Secondo autolavaggio in parrocchia
organizzato dai giovani di A.C.G. per autofinan-
ziamento delle loro attività.
17 maggio - Consegna ufficiale da parte dell'am-
ministrazione comunale di Portogruaro di tutti i
lavori di arredo eseguiti nell'area abbaziale.
20 maggio - Accoglienza in comunità del bambino
Van Hai Simonatto, accompagnato dai genitori e
dai familiari.
22-26 maggio - S. messa in onore di S. Rita da Ca-
scia con la benedizione delle rose nella chiesetta
"Madonna della Pace", in Via Villa e presso la chie-
setta di Santa Elisabetta.
26 maggio - Gradita visita all'abbazia di un folto
gruppo di ex sindaci del Friuli Venezia Giulia.
31 maggio - Uscita primaverile delle "Signore dei
ciclamini" (foto a destra): visita ad Ariis e vivaio
“Susigarden” ad Aiello del Friuli. Pomeriggio tra
cultura e natura che ha permesso ai partecipanti di
trascorre alcune ore in compagnia. Verso le 20,
Don Giuseppe ha convinto la comitiva a rincasare:
dopo lo spuntino, ci si sarebbe fermati molto vo-
lentieri anche a cena in qualche nuovo posticino
accogliente tra pensieri “romantici” e canti folclori-
stici diretti da don Umberto.
2 giugno - Secondo anniversario della morte di
mons. Luigi Padovese: il Coro Ermes, le Voci
dell’Abbazia e il Coro Sezionale “A.N.A.” Udine
hanno creato una particolare atmosfera alla serata
in ricordo di questo nostro martire. Si è intanto
concluso ad Adana, da cui dipende Iskenderum, il
processo a Murat Altun, condannato a 15 anni di
carcere. In questa vicenda giudiziaria rimangono
molti lati oscuri, primo fra tutti il movente che
spinse Altun a uccidere il vescovo, che per anni
aveva aiutato sia lui sia la sua famiglia. Il vicario
apostolico dell’Anatolia era una delle personalità
più in vista e stimate del Paese, soprattutto dal
fronte islamico-moderato al governo.
7 giugno - Santa messa serale e processione della
festa del Corpus Domini. La solennità del Corpus
Domini è una delle principali solennità dell'anno
liturgico della Chiesa cattolica. La venerazione del
Santissimo Sacramento nacque in Belgio nel 1246
per ravvivare la fede dei fedeli e per espiare i pec-
cati commessi contro il Sacramento dell'eucarestia.
13 giugno - S. messa serale con processione aux
flaubeaux e benedizione del pane per venerare S.
Antonio di Padova.
QUI SUMMAGA
55
21 giugno - Solstizio d’estate: “Le signore dei ci-
clamini” si sono ritrovate nel parco di Giorgio e
Francesca per bruciare il mazzetto delle erbe profu-
mate, composto l’anno scorso, e festeggiare l’arrivo
dell’estate. Il nostro compaesano, Roberto Alessan-
drini, ha esposto e illustrato le sue ammiratissime
opere pittoriche, accompagnate da altrettanto sug-
gestive poesie. Quando poi la notte si è illuminata,
elfi e fate sembravano abitare il luogo che è appar-
so veramente magico, con grande “meraviglia”
delle ospiti.
Luglio - Corso estivo di ricamo e cucito: anche
quest'anno per tutto il mese di luglio diverse bam-
bine e ragazze si sono applicate in lavori personali
che hanno esposto nella mostra del 5 agosto: com-
plimenti!
14 luglio - XVIII anniversario della consacrazione
della chiesetta "Madonna della pace". S. messa se-
rale e rinfresco preparato dalla borgata nell'ospita-
le cortile delle vetrerie Buoso.
18 luglio - Recita del S. rosario presso il capitello in
Via delle Abbazie nell'anniversario delle apparizio-
ni della Madonna a S. Teresa Labouré. Sempre
squisita l'ospitalità della famiglia Giorgio Scala.
15 agosto - Pranzo di ferragosto: una bella compa-
gnia di "superadulti" per il terzo anno si è ritrovata
da Toni a Mezzomonte. Nel viaggio di andata, è
stata fatta una sosta a Polcenigo per visitare il chio-
stro di San Giacomo.
Volontari del comune si sono messi a disposizione
per portare con una navetta gli ospiti sul sacrato
della chiesa parrocchiale e documentarli sulla sto-
ria e l’arte del posto. Un mini concerto all’organo
del seicento ha allietato la visita, con grande sor-
presa degli ospiti. La giornata si è conclusa con la
partecipazione alla S. messa nel santuario della
Santissima di Coltura.
16 agosto - S. messa serale presso la chiesetta
"Madonna della pace" in onore di S. Rocco che, dal
Medioevo in poi, viene invocato come protettore
dal terribile flagello della peste. Il suo patronato si
è progressivamente esteso al mondo contadino,
agli animali, alle grandi catastrofi come i terremoti,
alle epidemie e malattie gravissime. Oggi rappre-
senta un grande esempio di solidarietà umana e di
carità cristiana, nel segno del volontariato.
20-26 agosto - Settimana finale dell'"Estate ragazzi
2012": tanti partecipanti si sono ritrovati a giocare
nello spirito di sana competizione e divertimento.
QUI SUMMAGA
56
30 agosto - Concerto d'arpa nel contesto del festi-
val portogruarese della musica: grande entusiasmo
per gli ascoltatori che hanno riempito l'abbazia.
30 settembre - Annuale pellegrinaggio degli adul-
ti alla Madonna di Castelmonte. Il sacramento
della Penitenza e dell'Eucarestia hanno portato nei
cuori dei nostri pellegrini serenità e forza per per-
severare ogni giorno nel bene.
7 ottobre - Festa della "Madonna del Rosario". Si è
svolta la consueta processione con la statua della
madonna. L'origine della Madonna del Rosario è
stata attribuita all'apparizione di Maria a San Do-
menico nel 1208. La festa fu istituita con il nome di
"Madonna della Vittoria" da papa Pio V a perenne
ricordo della battaglia di Lepanto, svoltasi appunto
il 7 ottobre del 1571. Il successore, papa Gregorio
XIII la trasformò in festa della "Madonna del Rosa-
rio". La Vergine è rappresentata con una veste az-
zurra e una corona del Rosario tra le mani.
14 ottobre - Inizio dell'anno catechistico. Alla S.
messa delle 10 è stato dato il mandato ai catechisti,
agli educatori di A.C.R. e A.C.G. ed agli animatori
liturgici.
Avvento - Incontro di catechesi tutti i lunedì sera
per gli adulti di tutta l’unità pastorale.
Si è svolto l’argomento “Vivere la fede: credo in Dio
Padre, credo in Gesù Cristo, credo nello Spirito Santo,
credo alla Chiesa”.
Ogni domenica due classi del catechismo hanno
animato la S. messa delle ore 10 con segni e servizi.
Anche quest’anno la “cassapanca dell’amore” collo-
cata nella navata di sinistra dell’abbazia è stata
riempita di generi alimentari da mani e cuori gene-
rosi.
16 dicembre - Novena-veglia di Natale animata
dall’ACR: una bellissima rappresentazione dell’an-
nunciazione e nascita di Gesù che ha coinvolto i
partecipanti.
23 dicembre - Benedizione dei Gesù Bambino
che sono poi stati posti a Natale nei nostri presepi
in famiglia.
Alla sera, si è svolto il grande “Concerto di Natale”
applaudito e apprezzato da tutti i presenti con i
cori parrocchiali “Le Rondinelle”, “Voci dell’abba-
zia” e il “Coro Ermens”.
La dottoressa Maddalena Casarotto - Dall’Oro dal-
la Tanzania, augurandoci buon Natale e anno nuo-
vo, ci ha domandato di sostenere un progetto di
sviluppo: mantenere agli studi due infermieri per
diventare uno strumentista e l’altro ostetrica.
Il progetto è stato attuato grazie alla pronta gene-
rosità dei summaghesi.
57
Corrispondenza Suora Daniela
Niem, Settembre 2012
Suor Daniela e i bambini di una classe
elementare.
Niem, Giugno 2012
Suor Daniela da inizio alla “festina” di fine an-
no scolastico. I bambini si esibiscono in canti,
danze e recite alla presenza di tutto il villaggio.
Niem, Giugno 2012
Suor Daniela con il
piccolo Hamadou,
rimasto orfano di
mamma con altre
due sorelline.
58
La festa della Domenica
I giorni della settimana passano rumorosi, sembra-
no tutti uguali. Gli impegni di lavoro scandiscono
inesorabili il tempo con una sequenza che ti ferma
la vita. La sensazione di essere dentro a un sistema
sempre più complesso, staccato da ciò che conta
veramente. È come se tutto ciò che è al di fuori
di noi avesse preso una velocità che ci costringe a
inseguire, altrimenti ci sentiamo esclusi dai giochi,
dal mondo. Una trottola, una trottola sì, che gira,
gira, gira sempre più forte.
Un vortice che comprime la vita, le fa perdere il
senso, la fa evaporare così... puff.
Si ha la falsa illusione di governare le cose e invece
sono loro a governare noi. Tutto cambia in nome
della modernità, ma cambiare non è sempre un
bene. Essere persone consapevoli è bene. Siamo
tutti presi a costruire nuovi bisogni da soddisfare
per avere sempre più cose
da fare, inseguendo un'idea
di felicità che non è reale,
autentica. Abitudini e con-
formismo, forze sottili ma
ingombranti che plasmano i
nostri comportamenti e ci
fanno prigionieri di un siste-
ma consumistico che ci to-
glie invece che dare. Perdia-
mo piano piano ciò che ve-
ramente siamo, la nostra
vera natura, la semplicità, la
gioia della festa, dell'acco-
glienza.
Penso ad esempio ai negozi
aperti anche la domenica,
così non si ha neanche il gu-
sto di fare con ciò che si ha.
Tutto è alla portata di tutti,
non desideriamo più, non
assaporiamo l'attesa.
Un tempo, non molto lonta-
no, la vita esprimeva signifi-
cati diversi.
Nelle nostre zone tipicamente rurali il lavoro nei
campi consumava le braccia.
Ogni cosa che veniva realizzata era conquistata
con la fatica. Fatica che ti faceva sentire parte
di quella cosa. Le alzate al mattino prendevano
d'anticipo la luce del giorno.
I mestieri erano infiniti, una lista lunghissima che ti
avrebbe seguito fino a sera.
Una pausa, dove i lavoratori si riposavano un po',
quando la terra, compagna fedele di viaggio, sem-
brava dormisse. In realtà lavorava "sotto", si prepa-
rava per darci i suoi frutti. C'era una semplicità,
un'armonia, una lentezza eterna in quei gesti, che
esprimevano l'uomo nella sua essenza. Si respirava
in sintonia con la Natura.
Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, saba-
to, Domenica. Il sabato già si entrava in un'altra
dimensione del tempo.
Era lì vicino a qualcosa che
attendevi, carico di sensa-
zioni impalpabili, leggere.
Le incombenze, le fatiche si
dipanavano pian piano e si
lasciavano felicemente di-
strarre dal pensiero della
festa, del giorno nuovo che
stava per arrivare: la Dome-
nica! Già al mattino ti senti-
vi diverso, l'atmosfera era
fatta di calma; si respirava
una spiritualità in quel gior-
no speciale, dove gli uomini
si fermavano e si concede-
vano del tempo per loro...
per gli altri. I profumi della
cucina ti facevano pregusta-
re il buon cibo che avrebbe
avuto il posto d'onore nella
tavola vestita con la tovaglia
più bella. C'era l'abito della
domenica che se ne stava
riposto con cura nell'arma-
dio e durante la settimana [Foto Cordiale Marson]
QUI SUMMAGA
59
quando lo aprivi ti ricordava che la festa sarebbe
arrivata. Ora lo avresti indossato. Quel vestito, solo
lui, ti faceva sentire un "signore".
Diverso dal "cava e meti" di tutti i giorni. Anche gli
indumenti davano valore alla festa e dignità alla
persona. C'era poi un suono che faceva vibrare l'a-
ria, entrava in ogni luogo. Un tocco profondo e me-
lodioso animava tutto ciò che c'era dentro e fuori
di te. Ti prendeva di sorpresa, se non eri lì con l'o-
recchio teso in attesa di sentirle suonare. Le campa-
ne... Che gioia quelle note che riempivano il cuore,
ti sollevavano i piedi quando ti incamminavi verso
la chiesa, con il piacere di avvicinarti a Dio, di do-
narti a Lui e vivere l'intima sensazione di essere
un'unica cosa. Chissà da dove arriva questa nostal-
gia di un tempo, e quanti di voi si riconoscono in
questo atavico radicamento, in questo racconto. La
vita di un tempo era fatta di memorie da conserva-
re. Dopo la messa un senso di serenità ti conduce-
va verso casa, sola o in compagnia di altre voci che
avevano condiviso con te quel momento. Chi al-
lungava un po’ la strada e si fermava in pasticce-
ria per le pastine da gustare in famiglia... Che buo-
ne! Erano deliziose, non si mangiavano tutti i gior-
ni. Un giorno di distensione che ti regalava nel pri-
mo pomeriggio la sorpresa di veder arrivare qual-
cuno. Al suono di una bicicletta, di un motorino o
di una macchina si guardava dalla finestra per sco-
prire chi era. Un parente, un amico, una persona
cara che non vedevi da un po'. Montava la gioia, si
aprivano le porte, un sorriso si prendeva il gusto di
essere il primo gesto, un abbraccio quasi a scam-
biarsi un'appartenenza che ti faceva sentire lì in
quel luogo. Era tuo quel momento, non c'era la
fretta, nemica del vivere "sano". Si facevano acco-
modare nella stanza più ordinata della casa e se
c'era qualcosa fuori posto non importava. Ora se
non è tutto perfetto non ci si fa quasi trovare. E'
triste come le cose abbiano preso il sopravvento
sulle persone, come se fossero loro ciò che d'impor-
tante abbiamo da mostrare. Intorno ad un tavolo si
tessevano relazioni, non serviva essere bombardati
da mille informazioni per vivere umanamente; ci si
scambiava il vivere quotidiano con una saggezza
che è custodita nella semplicità di quella vita, di
quella gente. Un bicchiere di vino novello riempiva
di soddisfazione il padrone di casa quando veniva
gustato con tutti quei "versi" e apprezza-
to dall'ospite. Una tovaglietta ricamata con sopra
un piattino ben fornito del dolcetto fatto in casa, di
savoiardi, o di un amaretto. Nella rinuncia possia-
mo riassaporare quel piacere dell'avere quando si
ha poco, del giorno di festa che non è tutti i giorni,
della fame che ci accompagna a tavola e ci fa gusta-
re ogni piatto come fosse il piatto di un Re!
…Scivolava così quel giorno speciale.
Arrivava la sera, si rientrava nelle proprie case
portando con sé le vite degli altri: segreti che ti era-
no stati affidati e avevano sciolto il "groppo" a
qualcuno, consigli ricevuti o dati, difficoltà da su-
perare di una vita fatta di fatica, ma anche di ri-
compense, di futuro, di speranza… e la promessa
che la domenica sarebbe tornata. Le porte si sareb-
bero di nuovo aperte alla gente. Si sapeva che
quando si diceva «Ti vengo a trovare» era vero.
Buona domenica a tutti!
Recensioni
Gigliola Biason
60
L’impiego dell’Echinacea per le difese immunitarie
risale agli Indiani dell'America del Nord, i quali se
ne servivano per uso interno nel trattamento delle
infezioni, le febbri, contro il raffreddore, la tosse, le
malattie da raffreddamento e il mal di gola; per
uso esterno contro le morsicature dei serpenti, per
disinfettare e rimarginare ferite e ustioni.
Deve il suo nome alla brattea (foglia modificata
dalla cui ascella si sviluppa un fiore o un'infiore-
scenza) rigida e acuminata denominata “echinos”,
dal greco riccio, che protegge i suoi splendidi fiori
rosa. Successivamente, intorno al 1915, la scienza
medica mise in evidenza il meccanismo d’azione
della pianta sul nostro sistema immunitario.
Oggi viene ampiamente utilizzata nella prevenzio-
ne e nel trattamento delle malattie da raffredda-
mento ed è considerata il sostegno naturale alle
nostre difese, specie contro le malattie infettive.
I principi attivi sono contenuti principalmente nel-
la radice e comprendono polisaccaridi, flavonoidi,
derivati dell’acido caffeico (acido cicorico ed echi-
nacoside), glicoproteine, alchilamidi, polieni ed un
olio essenziale.
L’Echinacea aumenta la resi-
stenza dell'organismo alle in-
fezioni, con un'attività immu-
nostimolante e antivirale.
Essa possiede un'attività an-
tinfiammatoria cortisone simi-
le, nonché antibatterica.
Esercita un'azione locale che ritarda la diffusione
delle infezioni attraverso i tessuti.
Per uso esterno, i vari componenti dell'echinacea
producono un effetto antinfiammatorio su pelli
arrossate, ferite o ustionate.
Sulle pelli pruriginose, affette da foruncoli e acnei-
che produce un benefico effetto curativo.
Agisce su piaghe di varia origine comprese quelle
da decubito, su piccole ferite e geloni ulcerati.
Viene consigliata nelle malattie virali in genere,
come nell'herpes, e nelle micosi.
L'uso per via orale dell'echinacea può essere utile
sia nella stagione che precede le influenze, a scopo
preventivo e di rafforzamento del sistema immuni-
tario, sia durante la malattia stessa, per la sua azio-
ne sui macrofagi e sui linfociti T e B.
Va usata con prudenza nelle malattie autoimmuni,
TBC, AIDS, sclerosi multipla.
Dosi elevate possono talvolta causare nausea e ver-
tigini.
Forme d’uso Con l'echinacea è possibile preparare un decotto,
mettendo a bagno a freddo un cucchiaio di radice
( 5 g circa) per ogni tazza d'acqua.
Il preparato va quindi fatto bollire a fuoco modera-
to, coperto, per 10 minuti circa.
Una volta filtrato, il decotto si utilizza nella dose di
tre tazze al dì in caso di infezioni.
Se si vuole ottenere un effetto
preventivo risulta più agevole
l'uso della tintura madre.
Esistono in commercio prepa-
rati per bambini a base di
echinacea, spesso in associa-
zione al propoli e alla vitami-
na C; anche per loro è possibi-
le ottenere un'azione preventiva o curativa avendo
cura di rispettare le diverse dosi.
Consigli E' possibile ottenere una pomata all'echinacea an-
che in casa, mescolando 10 g di tintura madre e 90
g di lanolina, fino ad ottenere un prodotto omoge-
neo.
Naturopatia
Echinacea
Echinacea angustifolia DC
Echinacea Pallida Nutt.
Echinacea purpurea Moench
Drigo Cinzia
61
Il volto dei nostri bambini
Andrea Cusin
Diego Mio Giorgia Specchia
Sara Chiarotto
Tommaso Fava
Pietro Cavallaro
62
Anagrafe Parrocchiale
BATTESIMI
Pietro Cavallaro di Stefano e Perdichizzi Giovanna
Sara Chiarotto di Gianluca e Silvia Padovese
Andrea Cusin di Devis e Serena Fagotto
Celeste Falvo di Paolo e Cristina Nosella
Tommaso Fava di Massimo e Lorenza Fagotto
Mattia Marrocu di Marco Bruno e Jasmine Maria Corazza
Diego Mio di Paolo e Alessia Stival
Giorgia Specchia di Gianmario e Alessandra Mio
MATRIMONI
Alessandro Bellomo con Francesca Fabbro
Federico Marzella con Cecilia Vignando
Andrea Pavan con Ester Amore
Igor Salluzzo con Lucia Bravin
Fabio Valerio con Serena Lazzaretto
DEFUNTI
Drigo Danilo † 2-6-2012
Cuzzolin Giovanni † 30-6-2012
Arreghini Evelino † 7-7-2012
Bellamio Franco † 27-7-2012
Giuseppin Giovanni † 27-7-2012
Pellarin Ester † 25-8-2012
Corrà Antonia † 17-10-2012
Zanon Ida † 23-10-2012
Zoia Stefano † 30-10-2012
Dal Ben Severino † 31-10-2012
Romanin Vittorio † 01-11-2012
Marzinotto Antonietta † 12-11-2012
Pascotto Lucia † 01-12-2012
Zucchetto Ines
† 03-12-2012
63
Quando ci incontrammo la prima volta, uno splendido
sole filtrava tra le casette (loculi) e ci stampava sul muro
davanti a noi, proprio sopra un vaso di fiori... secchi.
Tua mamma e mia moglie si salutarono fermandosi a
parlare del loro quotidiano, così che anche noi appro-
fittammo per dirci qualcosa.
Mi accorsi subito del tenero sorriso che ti attraversava il
volto: andava oltre ogni nostra parola, e in quegli occhi
così dolci tramutavi la sofferenza in velata e (per me)
incomprensibile serenità.
Parlavi, senza mai dare atto a un lamento, senza mai
citare del tuo male, e intanto guardavi quei fiori rinsec-
chiti che pareva s'illuminassero.
Io ascoltavo, colpito dalle parole intelligenti che dicevi e
dall'umanità che portavi dentro, e osservandoti nel sen-
sibile ritardo delle mani, non riuscivo a dare risposta ai
miei perché, se non quella di un disegno lassù, fatto ap-
posta. E allora mi chiedevo: come mai che tanti di noi in
salute, benestanti, fossimo ogni giorno immersi in pia-
gnistei, tristi... ansiosi nello sguardo... sempre in fretta,
senza mai riflettere un momento, in cerca di chissà co-
sa... come mai? Chi sei tu pensai... e tutte quelle persone
buone provate dalla sofferenza... chi siete voialtri che
non usate neppure il pretesto della tristezza, del dolore
che vi attanaglia, per essere compresi, anzi… Fu così che
percepii il peso della mia ingratitudine verso la vita e il
convincimento che fra noi due, il vero D... ero io... era-
vamo noi cosiddetti “normali"… Chi può dire, allora,
dove si arrestano i diritti della volontà sulla nostra natu-
ra fisica… chi può stabilire fin dove l'anima trionfi sul
nostro fisico, per riunire tutte le forze ammortite e con-
centrate in un istante supremo… ?
Diceva Renato Descartes (Cartesio) nel suo "Discorso sul
metodo":
- … questo che dico "io", dunque, cioè, l'anima, per ciò
sono quel che sono, è qualcosa d'interamente distinto dal cor-
po, ed è anzi tanto più facilmente conosciuto che, anche se il
corpo non esistesse, non perciò cesserebbe di essere tutto ciò
che è. -
Caro Stefano, vado al cimitero, quando non c'è gente,
per portare un saluto ai miei cari: agli amici, ai cono-
scenti, e quando passo davanti alla tomba che aveva i
fiori rinsecchiti, vedo che ci sono sempre fiori freschi,
bianchi e gialli, qualche volta rossi, contornati da foglie
dal verde intenso.
Mi fermo un attimo, e scuotendo lievemente la testa sor-
rido, pensando che la nostra esistenza è fatta proprio
così, come quei fiori, una volta freschi, una volta secchi,
tante volte germoglio.
Alle esequie c'erano tantissime persone commosse e tra
di esse tanti amici tuoi, anch'essi provati dal destino.
A te e a loro, se mi è permesso, vorrei dedicare questa
poesia come piccolo segno di ringraziamento per la le-
zione ricevuta, e per aver contribuito a farmi capire che
nella vita di ogni uomo, e in ogni caso, c'è sempre un
seme che germoglia in bellezza. Grazie.
Ciao Stefano!
Sei stato un esempio di vita per tutti noi!
Ti vogliamo bene!
Una testimonianza e un grazie
Al.Ro.
Perché D…
Qualcuno si fermi a chiedere
quale luna vegli nella notte
se il tuo sonno
è simile all'odore dei fiori
... che stringevi nelle dita
... il lieve movimento delle mani
nel mare delle altre
alzate in un saluto
... l'intreccio che voleva sciogliersi
in un volo
... mai da solo il gesto
il ruotare del tuo infinito dentro
Così ti guardavo
quando chiudevi gli occhi
concentrando il tempo
in un passo ritmico
su di una linea immaginaria ...
e perdendomi con te
da padre vedevo ...
vedevo la perfezione del tuo sorriso
che mi ha straziato il cuore
di bellezza.
Dalla poesia di Stefano:
“Mondo”
"Io, la voglio guardare
dritta negli occhi
la vita di questo mondo.
Io ci voglio provare
a dare una svolta a questo mondo
64
In ricordo di
Bruno Goi L’undici settembre
scorso, dopo lunghe
sofferenze è deceduto
in Francia Bruno Goi.
Le sue origini erano
summaghesi ed egli
era affettuosamente
innamorato del nostro
Qui Summaga, che gli
ha permesso di tenere
sempre nel cuore e nel
ricordo la terra d’origi-
ne. Il padre Attilio Goi
aveva sposato Antonietta Rocco; insieme decise-
ro negli anni ’20 di emigrare in Francia, scarseg-
giando nell’Italia del I dopoguerra il lavoro e
sperando nella buona sorte, e si stabilirono a
Chambery. In questo nuovo paese costruirono,
con molti sacrifici e fatica, un modesto laborato-
rio di lavorazione del legno. Non passò molto
tempo che il lavoro di Attilio venne apprezzato
non solo in città, ma anche al di fuori della regio-
ne, e la fama della sue capacità arrivò fino a Pari-
gi tanto che lo stesso Presidente della repubblica
francese, Charles de Gaulle, volle che zio Attilio,
divenuto ormai maestro d’arte, costruisse per lui
il letto matrimoniale. Terminata l’opera, de
Gaulle ne fu così soddisfatto ed entusiasta che
premiò l’artista con un attestato d’onore e con
una medaglia, raffigurante lo stemma di fami-
glia. Nel corso degli anni, furono diversi gli Ita-
liani che bussarono alla sua porta e che furono
da lui amorevolmente ospitati: zio Attilio si pro-
digava sempre per trovare un’occupazione
adatta alle loro capacità. Quando zia Antonietta
tornava a Summaga, quasi annualmente, ci rac-
contava che la loro casa era sempre a disposizio-
ne dei compatrioti in cerca di fortuna. Alla mor-
te di Zio Attilio, le consegne furono passate al
figlio Bruno, anche lui divenuto nel frattempo
maestro d’arte e restauratore di mobili, ricercato
come il padre per la sua bravura. La sua diparti-
ta ci lascia ora un grande dolore, ma anche un
bellissimo ricordo della sua amicizia, della sua
bontà e della sua generosità. I cugini e parenti
tutti di Summaga e dei paesi limitrofi esprimo-
no alla moglie Jeannine, alla nuora Catherine e al
figlio Patrick la loro vicinanza e tutto il loro
affetto.
Bruno Conte A dieci anni dalla sua dipartita, la famiglia com-
memora commos-
sa il caro Bruno.
Anche il bollettino
di Lugugnana, in
segno di ricono-
scenza per la sua
testimonianza di
vita cristiana, gli
ha dedicato un
sentito ricordo.
Nato in Brussa nel
1933, si trasferì con
la famiglia negli anni ’50 a Summaga, in via Ca-
variol. Si sposò con Marcella Ciuto nel 1958 e
dalla loro unione nacquero tre figli. La sua è sta-
ta sempre una presenza discreta, ma molto im-
pegnata in famiglia, nelle opere di carità, nel CP
e nell’Ass. dei Coltivatori Diretti 3P.
Juti dello zio Rico
QUI SUMMAGA
65
Severino Milan In questo numero del
bollettino parrocchiale
volevamo dar voce ai
Summaghesi emigrati
in Australia per cono-
scere la loro storia, il
paese in cui si sono sta-
biliti e rinforzare così il
legame che ancora ci
unisce.
Con dolore abbiamo
recentemente appreso la
triste notizia che uno di loro, Severino Milan, ci
ha lasciato per sempre e riposerà in quella terra
così lontana da quella che gli diede le origini.
Molti ancora lo ricordano negli anni dell’infanzia
e della giovinezza nella casa di via villa, con i
fratelli Egidio, Dino e la sorella Maria.
Severino Milan, nato a Summaga il 17 ottobre
1931, terzogenito di Giovanni e Virginia Massi-
gnani, emigrò in Australia nel 1955, affascinato
dai racconti di amici e altri parenti emigrati. Ar-
rivato nel Queesnsland con contratto, dopo un
lungo periodo di duro lavoro, si trasferì a Home
Hill e nel 1959 sposò Maria, una ragazza di origi-
ne siciliana da cui ha avuto cinque figli: Lucia,
John, Alan, Richard e Sandra.
Lavoratore instancabile, alla fine degli anni ses-
santa è riuscito ad acquistare alcuni terreni, ma
solo nei primi anni novanta è iniziato il periodo
più felice della sua vita, con la coltivazione della
canna da zucchero. Uomo dai molti interessi,
amante della natura e dello sport ci ha lasciati
nell’ottobre 2012 dopo due anni di malattia,
amorevolmente assistito dai numerosi famigliari.
Lo ricordano con affetto i parenti tutti.
St. Giovanni 14 1-6
Gesù disse ai suoi discepoli:
“Non lasciate che il vostro cuo-
re sia turbato; abbiate fede in
Dio e abbiate fede anche in me;
nella casa del padre mio ci sono
molte dimore.”.
66
Li ricordiamo con amore
nella preghiera
Lucia Pascotto in Zordan
n. 24-04-1927
m. 01-12-2012
Antonietta Marzinotto
ved. Baldo
n. 08-03-1922 m. 12-11-2012
Severino Dal Ben
n. 28-08-1932
m. 31-10-2012
Vittorio Romanin
n. 29-09-1924
m. 01-11-2012
Stefano Zoia
n. 10-01-1944
m. 30-10-2012
Ida Zanon
n. 23-05-1924
m. 23-10-2012
Ester Pellarin
n. 17-06-1931
m. 25-08-2012
Antonia Corrà
n. 06-03-1920
m. 17-10-2012
Antonietta (Assunta) Rossi
ved. Curelli m. 17-08-2012
(Azzano Decimo)
Franco Bellamio
n. 28-08-1951
m. 27-07-2012
Arreghini Evelino n. 30-01-1943
m. 07-07-2012
Giovanni Giuseppin
n. 26-06-1920
m. 27-07-2012
Giovanni Cuzzolin
n. 27-07-1932
m. 30-06-2012
Danilo Drigo
n. 26-03-1937
m. 02-06-2012
Ugo Zanin
n. 06-06-1935
m. 01-04-2012
Ines Zucchetto
ved. Babbini
n. 28-11-1910 m. 03-12-2012
QUI SUMMAGA
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Giulio Gottardo
n. 05-09-1930
m. 27-06-1970
Aimone Drigo
n. 15-04-1945
m. 22-09-1973
Zulian Deris
n. 28-05-1923
m. 13-02-2000
Severina Bottos
in Zoppelletto
n. 29-12-1916 m. 6-11-1982
Marino Zoppelletto
n. 07-11-1941
m. 01-09-2002
Giuseppe Drigo
n. 19-03-1914
m. 10-05-2008
Silvio Bandiziol
n. 18-04-1934
m. 09-11-2009
Zoppelletto Germano
n. 14-04-1908
m. 02-10-2009
Maria Teresa Segato
in Gobbato
n. 25-06-1943 m. 29-07-2011
Lina Lazzarini
ved. Zanet
anni 96
Chies Agnese in Zanin
n. 25-12-1939
m. 18-08-1999
Ricordiamo anche...
“Ti penso,
ti voglio bene e,
come in vita,
ti sono ancora accanto”
San Bonaventura 1221
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Pensioni: Le nuove regole A cura del Patronato Inas Cisl di Portogruaro
via Liguria 39/d
Lo scorso anno il governo Monti ha presentato e fatto ap-provare dal Parlamento una nuova riforma del sistema pensionistico. I cambiamenti introdotti, che interessano sia gli uomini che le donne, dipendenti (pubblici e privati) ma anche gli auto-nomi (agricoltori, artigiani, ecc.) sono numerosi e radicali. I principali riguardano l’età di pensionamento (spostata in avanti) e l’aumento della quantità di contributi necessari per beneficiare della pensione. Le nuove regole prevedono anche che il diritto alla pensio-
ne non ci sia più fissato in modo stabile ad un’età anagrafi-ca o ad una quantità di contributi. Entrambi i requisiti cam-biano nel tempo in quanto collegati alla “speranza di vita”: la durata prevista della vita media delle persone. Dal 1 gennaio 2012 abbiamo poi due tipi di pensione: quel-la di vecchiaia e quella “anticipata” che sostituisce la pen-sione di anzianità. Sulla base di queste premesse vediamo come cambia la pensione di vecchiaia (quella di cui si ha diritto in base alla nostra età anagrafica avendo almeno 20 anni di contributi).
LA PENSIONE DI VECCHIAIA
Età per l’ accesso alla pensione comprensiva del primo adeguamento alla speranza di vita
(già indicato dalla legge in 3 mesi a partire dal 2013)
Infine: i lavoratori che hanno maturato i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2011 vanno in pensione
Donne dipendenti
privato
Uomini autonomi o dipendenti
privato o pubblico e
Donne pubblico
Donne autonome
Dal 2012 62 anni 66 anni 63 anni e 6 mesi
Dal 2013 62 anni e 3 mesi 66 anni e 3 mesi 63 anni e 9 mesi
Dal 2014 63 anni e 9 mesi 66 anni e 3 mesi 64 anni e 9 mesi
Dal 2016 * 65 anni e 3 mesi 66 anni e 3 mesi 65 anni e 9 mesi
Dal 2018 * 66 anni e 3 mesi 66 anni e 3 mesi 66 anni e 3 mesi
Dal 2019 ** 66 anni e 3 mesi 66 anni e 3 mesi 66 anni e 3 mesi
Uomini Donne
Dal 2012 42 anni e 1 mese 41 anni e 1 mese
Dal 2013 42 anni e 5 mesi 41 anni e 5 mesi
Dal 2014 42 anni e 6 mesi 41 anni e 6 mesi
Dal 2015 42 anni e 6 mesi 41 anni e 6 mesi
Dal 2016 * 42 anni e 6 mesi 41 anni e 6 mesi
* da aggiungere ulteriore adeguamento speranza di vita (ipotesi + 3 mesi)
** da aggiungere ulteriore adeguamento (ipotesi + 2 mesi)
Si può conseguire una pensione anticipata in presenza dei seguenti requisiti contributivi
LA PENSIONE ANTICIPATA
Quantità di contributi previdenziali
Sempre dal 1 gennaio 2012 abbiamo anche altre due novità: Non ci sono più le “finestre mobili” per l’accesso alla
pensione; L’importo di pensione per le anzianità contributive suc-
cessive al 1 gennaio 2012 verrà calcolato con il sistema contributivo.
Altra importante novità: dal 1 gennaio 2018 l’assegno so-ciale si potrà ottenere a 66 anni di età (più l’adeguamento determinato dall’incremento della speranza di vita).
Infine: i lavoratori che hanno maturato i requisiti pensioni-stici entro il 31 dicembre 2011 vanno in pensione con le vecchie regole e poi ci sono anche i cosiddetti “esodati sal-vaguardati”. Un consiglio per tutti, specie per chi è (o era) vicino alla pensione: rivolgersi ad un patronato per verificare la pro-pria situazione è più che opportuno e non costa niente!