Questioni Primarie n°6

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[1] C&LS - candidateandleaderselection.eu 28 Novembre 2012 I due popoli delle primarie e la partenogenesi del PD…………..p. 1 Appartenenza vs Opinione. ………………….……………………………...p. 2 Chi sono i selettori…….………………………………………………………...p. 5 L’identikit politico dei selettori .…………………………………………...p. 8 Matricole e Veterani.…………………………………………………….…….p. 9 Una impossibile remontada, a meno che…..…………………..….p. 11 I due popoli delle primarie e la partenogenesi del PD Elementi di analisi Luciano Fasano, Università di Milano e Coordinatore C&LS Il voto di domenica 25 è ormai lontano. L’attenzione si sta concentrando sul ballottaggio del 2 dicembre. E la televisione ci ha appena proposto un vivace faccia-a-faccia fra Bersani e Renzi. Sugli esiti del voto si è già detto quasi tutto, in particolare per quel che concerne l’analisi dei risultati su base aggregata. A noi di Candidate and Leader Selection tocca invece mettere a fuoco il profilo dei cosiddetti selettori, il “popolo delle primarie” che si è recato alle urne per scegliere il proprio leader alle elezioni politiche del prossimo anno. Radiografando gli elettori che hanno celebrato il rito di “Italia Bene Comune” vediamo emergere chiaramente due immagini, che in buona sostanza riflettono i cliché da tempo attribuiti ai due contendenti che si confronteranno nel ballottaggio del 2 dicembre. Da una parte un elettorato fatto di veterani, cioè elettori abituati a mobilitarsi nelle primarie, che devono la loro informazione soprattutto al partito di appartenenza o alla stampa quotidiana, sostanzialmente impermeabile alle sollecitazioni di una campagna come quella che ormai volge al termine, che si intende chiaramente di centrosinistra, costituito in larga maggioranza da persone sopra ai 55 anni e da pensionati, mediamente poco istruiti, che esprime un voto di appartenenza di tipo identitario. Dall’altra un elettorato fatto di matricole, cioè elettori che partecipano per la prima volta nella loro vita ad una consultazione primaria, che devono la loro informazione soprattutto alla televisione e al web (oltre che alla carta stampata), più aperto alle sollecitazioni anche emotive di quella che per molti di loro è stata una campagna elettorale vissuta intensamente, che si compone per quasi un quarto di elettori di centro, costituito in larga maggioranza da persone fra i 35 e i 45 anni, collocati soprattutto nel mondo delle libere professioni e degli studenti, in gran parte diplomati e laureati, che esprime un voto di opinione più volatile e di recente formazione. Il primo è il popolo di Bersani e il secondo è il popolo di Renzi. Due famiglie elettorali antropologicamente differenti. L’una espressione della tradizione dei padri fondatori e l’altra figlia dei nativi di un partito i cui contorni non sono ancora definiti. Due modi diversi di intendere la politica. Ne è dimostrazione anche la principale motivazione per cui ciascuno dei due popoli ha scelto di votare per il proprio candidato. Con gli elettori di Renzi che rintracciano la ragione principale del proprio voto nel rinnovamento della politica e dei partiti, ribadendo così gli intenti di rottamazione che il candidato da loro prescelto chiaramente esprime fin dalla sua discesa in campo. E con gli elettori di Bersani che, viceversa, ritengono il proprio candidato più adatto a governare l’Italia e rappresentarla in Europa, riconoscendogli un’affidabilità che gli altri contendenti non hanno (tabella 1). Comunque vada a finire domenica 2 dicembre, queste primarie stanno contribuendo ad inaugurare all’interno del centrosinistra una fase di profonde trasformazioni. Cioè a provocare l’avvio di quei cambiamenti che l’evoluzione senza soluzione di continuità delle vicende post-comunista e post- democristiana non avevano fin qui prodotto. Il confronto fra Bersani e Renzi non riguarda soltanto la scelta del prossimo candidato del centrosinistra a Palazzo Chigi. E non sarà certo la probabile vittoria di Bersani a chiudere una volta per tutte la partita. Sullo sfondo di tale confronto sta infatti prendendo forma un mutamento del centrosinistra che, accompagnato da inevitabili dinamiche demografiche e generazionali, potrà forse contribuire a produrre la partogenesi di quel Partito

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"Questioni Primarie" è un osservatorio sulle primarie 2012 del centrosinistra. È un progetto di Candidate & Leader Selection, realizzato grazie alla collaborazione con l'edizione online della rivista "il Mulino" e il coinvolgimento dell'Osservatorio sulla Comunicazione Politica dell'Università di Torino. L'obiettivo è offrire uno spazio di analisi, approfondimento e discussione aperto a diversi orientamenti e approcci, ma ancorato a due riferimenti irrinunciabili: l’impiego di conoscenze di tipo empirico e il ricorso a una terminologia appropriata.

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[1] C&LS - candidateandleaderselection.eu

28 Novembre 2012

I due popoli delle primarie e la partenogenesi del PD…………..p. 1 Appartenenza vs Opinione.………………….……………………………...p. 2 Chi sono i selettori…….………………………………………………………...p. 5 L’identikit politico dei selettori.…………………………………………...p. 8 Matricole e Veterani.…………………………………………………….…….p. 9

Una impossibile remontada, a meno che…..…………………..….p. 11

I due popoli delle primarie e la partenogenesi del PD Elementi di analisi

Luciano Fasano, Università di Milano e Coordinatore C&LS

Il voto di domenica 25 è ormai lontano. L’attenzione si sta concentrando sul ballottaggio del 2 dicembre. E la televisione ci ha appena proposto un vivace faccia-a-faccia fra Bersani e Renzi. Sugli esiti del voto si è già detto quasi tutto, in particolare per quel che concerne l’analisi dei risultati su base aggregata. A noi di Candidate and Leader Selection tocca invece mettere a fuoco il profilo dei cosiddetti selettori, il “popolo delle primarie” che si è recato alle urne per scegliere il proprio leader alle elezioni politiche del prossimo anno. Radiografando gli elettori che hanno celebrato il rito di “Italia Bene Comune” vediamo emergere chiaramente due immagini, che in buona sostanza riflettono i cliché da tempo attribuiti ai due contendenti che si confronteranno nel ballottaggio del 2 dicembre. Da una parte un elettorato fatto di veterani, cioè elettori abituati a mobilitarsi nelle primarie, che devono la loro informazione soprattutto al partito di appartenenza o alla stampa quotidiana, sostanzialmente impermeabile alle sollecitazioni di una campagna come quella che ormai volge al termine, che si intende chiaramente di centrosinistra, costituito in larga maggioranza da persone sopra ai 55 anni e da pensionati, mediamente poco istruiti, che esprime un voto di appartenenza di tipo identitario. Dall’altra un elettorato fatto di matricole, cioè elettori che partecipano per la prima volta nella loro vita ad una consultazione primaria, che devono la loro informazione soprattutto alla televisione e al web (oltre che alla carta stampata), più aperto alle sollecitazioni anche emotive di quella che per molti di loro è stata una campagna elettorale vissuta intensamente, che si compone per quasi un quarto di elettori di centro, costituito in larga maggioranza da persone fra i 35 e i 45 anni, collocati soprattutto nel mondo delle libere

professioni e degli studenti, in gran parte diplomati e laureati, che esprime un voto di opinione più volatile e di recente formazione. Il primo è il popolo di Bersani e il secondo è il popolo di Renzi. Due famiglie elettorali antropologicamente differenti. L’una espressione della tradizione dei padri fondatori e l’altra figlia dei nativi di un partito i cui contorni non sono ancora definiti. Due modi diversi di intendere la politica. Ne è dimostrazione anche la principale motivazione per cui ciascuno dei due popoli ha scelto di votare per il proprio candidato. Con gli elettori di Renzi che rintracciano la ragione principale del proprio voto nel rinnovamento della politica e dei partiti, ribadendo così gli intenti di rottamazione che il candidato da loro prescelto chiaramente esprime fin dalla sua discesa in campo. E con gli elettori di Bersani che, viceversa, ritengono il proprio candidato più adatto a governare l’Italia e rappresentarla in Europa, riconoscendogli un’affidabilità che gli altri contendenti non hanno (tabella 1). Comunque vada a finire domenica 2 dicembre, queste primarie stanno contribuendo ad inaugurare all’interno del centrosinistra una fase di profonde trasformazioni. Cioè a provocare l’avvio di quei cambiamenti che l’evoluzione senza soluzione di continuità delle vicende post-comunista e post-democristiana non avevano fin qui prodotto. Il confronto fra Bersani e Renzi non riguarda soltanto la scelta del prossimo candidato del centrosinistra a Palazzo Chigi. E non sarà certo la probabile vittoria di Bersani a chiudere una volta per tutte la partita. Sullo sfondo di tale confronto sta infatti prendendo forma un mutamento del centrosinistra che, accompagnato da inevitabili dinamiche demografiche e generazionali, potrà forse contribuire a produrre la partogenesi di quel Partito

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democratico che fino ad oggi non si era ancora verificata.

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Tab. 1 Le motivazioni di voto (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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Appartenenza vs opinione Le strategie comunicative di Bersani e Renzi e la risposta dei selettori

Giuliano Bobba, Università di Torino

Le strategie di Bersani e Renzi sono state fin da principio contrapposte, in particolar modo in ragione del loro diverso ruolo: il segretario PD in posizione di incumbent, il sindaco di Firenze in quella di challenger. L’esito di questa contrapposizione ha dato vita a due strategie profondamente differenti in relazione ai mezzi di comunicazione privilegiati, allo stile adottato, ai pubblici di riferimento. Se il punto di contatto tra i due sfidanti è stata la ricerca della visibilità in televisione, la stampa quotidiana ha privilegiato il segretario del PD (soprattutto in termini di copertura favorevole), mentre i social network on line sono stati il canale più utilizzato dal sindaco di Firenze. Per quanto riguarda gli stili la contrapposizione appare ancora più netta: Bersani incarna e rivendica la continuità e la tradizione, mentre Renzi invoca il cambiamento e la «rottamazione». Anche i pubblici di riferimento al quale i due protagonisti rivolgono la loro comunicazione sono distinti. Bersani articola in maniera efficace la propria azione, sfruttando reti di relazione, personali e del partito per interloquire con il mondo politico (anche quello internazionale), quello economico-produttivo, quello culturale-associativo. L’intento è quello di rivolgersi non solo a un pubblico indifferenziato, ma anche ai piccoli gruppi di interesse e ai grandi interessi organizzati. Renzi, dovendo innanzitutto colmare il gap di popolarità rispetto al suo competitor e non potendo contare sull’apparato di un partito, destina la quasi totalità dei propri interventi ad un pubblico generalista. Così facendo, non mobilita reti di sostegno (culturali o associative) preesistenti, ma può contare solo sull’azione dei neo-nati comitati o dell’azione di singoli simpatizzanti/attivisti (si veda l’iniziativa adotta un seggio http://www.matteorenzi.it/press-kit/adotta-un-seggio). I dati dell’exit poll realizzato da CL&S, confermano che il dualismo dell’offerta elettorale, trova un analogo corrispettivo anche tra i selettori dei due candidati. Chi ha votato Bersani al primo turno si è principalmente informato attraverso il partito (21,9%) e i quotidiani (25,1), pur ritenendo la campagna elettorale poco o per niente importante per la propria scelta di voto (81,5%). Al contrario una quota rilevante di elettori di Renzi

(39,7%) ha dichiarato che la campagna è stata abbastanza o molto rilevante. Per questi selettori, l’elemento principale nella loro dieta informativa è stata la televisione (42,5%), seguita dai quotidiani (20,2%) e dal web (13,1%). Non sorprendentemente il ruolo del partito appare invece irrilevante (6,9%).

Le risposte dei selettori confermano così che le strategie dei due candidati hanno raggiunto il loro target predefinito: il sostegno a Bersani esprime un voto di appartenenza, più tradizionale e radicato, mentre il sostegno a Renzi un voto di opinione, più volatile e di recente formazione .In questo quadro, l’intenzione di Renzi di “rubare” voti a Bersani per il ballottaggio appare alquanto complessa per due ragioni. La prima riguarda l’orientamento pro-Bersani delle principali fonti di informazione dei selettori del segretario PD (stampa quotidiana e partito). La seconda la loro sostanziale impermeabilità alla campagna: soltanto il 3,8% ha ritenuto rilevante ai fini del voto l’esposizione ai messaggi elettorali. In attesa del secondo turno “Appartenenza” batte “Opinione” 1 – 0.

Se il punto di contatto tra i due sfidanti è stata la ricerca della visibilità in televisione, la stampa quotidiana ha privilegiato il segretario del PD (soprattutto in termini di copertura favorevole), mentre i social network on line sono stati il canale più utilizzato dal sindaco di Firenze.

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Tab. 2 Le fonti di informazione (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Fig. 1 Da 1 a 10 quanto ha influito la campagna elettorale sulla scelta di voto? (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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Chi sono i selettori? Analisi del profilo sociografico dei selettori

Natascia Porcellato, Università di Cagliari

Quasi 3 milioni e 100mila: è questa la quota di selettori che domenica si sono recati alle urne del centrosinistra per scegliere il candidato premier. Un turno, però, non basta quindi Bersani (1 milione e 400 mila voti) e Renzi (1 milione e 100mila voti) sono gli sfidanti che il 2 dicembre si contenderanno la leadership della coalizione al ballottaggio. Rimangono indietro Tabacci, Puppato e, soprattutto, Vendola, che con i suoi 480mila consensi costituisce un bacino elettorale importante per il secondo turno. Ma chi sono i selettori di Vendola? Quanto si avvicinano a quelli di Bersani o di Renzi? Più in generale, quali sono i tratti che caratterizzano il “popolo delle primarie” che domenica è uscito di casa, si è recato ai seggi, fatto un po’ di coda, firmato l’adesione al progetto “Italia Bene Comune”, pagato 2 euro e votato? Vediamoli. Innanzitutto, il fattore anagrafico. In generale, i selettori del 25 novembre mostrano un’età piuttosto avanzata: un quinto è costituito da persone con oltre 65 anni di età. Se a questi aggiungiamo anche coloro che hanno tra i 55 e i 64 anni, vediamo che si arriva al 45%, mentre i giovani under-35 sono il 22%. Se guardiamo ai diversi candidati, però, possiamo osservare come sia soprattutto Bersani ad avere dei sostenitori “âgée”: il 28% ha più di 65 anni, mentre tra quelli di Renzi la percentuale si ferma al 17%, ed è ancora più contenuta tra chi ha votato Vendola (9%). I giovani con meno di 35 anni, invece, costituiscono un quarto dei selettori del sindaco di Firenze e quasi un terzo di quelli del governatore della Puglia, mentre appaiono meno presenti tra i sostenitori del segretario del Pd (15%). Anche il genere offre indicazioni interessanti. I selettori si caratterizzano per una maggiore presenza di uomini (59%) rispetto alle donne (41%), e tra gli sfidanti del 2 dicembre non sono rintracciabili scostamenti significativi da questa proporzione. Vendola, invece, rispetto agli altri, gode di una maggiore presenza di sostenitrici (47%).

Il livello di istruzione, poi, vede una netta prevalenza di selettori in possesso di diploma (42%) o laurea (40%), mentre i livelli di istruzione più bassi si fermano al 18%. Anche in questo caso, sono i sostenitori di Renzi e Vendola a mostrare le maggiori affinità: in entrambi i casi, infatti, ritroviamo una presenza più consistente di diplomati e laureati, mentre tra quelli di Bersani incidono in misura maggiore coloro che sono in possesso della licenza elementare o media. Un ulteriore fattore da considerare è poi la religiosità. La maggioranza relativa (39%) dei selettori del 25 novembre si dichiara non praticante, il 34% va a messa saltuariamente e coloro che invece frequentano assiduamente in chiesa sono il 26%. I candidati, in questo caso, mostrano peculiarità interessanti: il profilo di Bersani non si scosta da quello del selettorato generale, mentre è tra i selettori di Renzi che sono presenti in misura maggiore praticanti assidui. Vendola, invece, nonostante il suo personale rapporto con la religione sia piuttosto intenso, ha un selettorato decisamente laico, costituito per il 58% da non praticanti. Infine, vediamo le professioni. Il selettorato di centrosinistra conferma alcuni tratti tipici, come la presenza di pensionati (26%), impiegati (21%) e studenti (11%). Operai e disoccupati, invece, costituiscono tra il 4 e il 5% dei selettori: più numerosi sono stati insegnanti (7%), liberi professionisti (10%), imprenditori (7%) e le professioni intellettuali (6%). Guardando ai candidati, spicca la consistente presenza di pensionati tra i selettori di Bersani (35%), mentre tra i sostenitori di Renzi e Vendola le persone ritirate dal lavoro si fermano, rispettivamente, al 21 e 11%. I sostenitori del sindaco di Firenze, invece, si caratterizzano per una presenza superiore alla media di liberi professionisti (12%) e studenti (13%). Vendola, infine, ha attirato in misura maggiore le preferenze di insegnanti (13%), impiegati (28%) e, come Renzi, studenti (16%).

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Fig. 2 L’età dei selettori (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Fig. 3 Il genere dei selettori Fonte: Candidate & Leader Selection

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Fig. 4 Il titolo di studio dei selettori (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Tab. 3 La professione dei selettori (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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L’identikit politico dei selettori Analisi del profilo politico

Stefano Rombi, Università di Pavia

Esattamente come nel caso delle variabili sociografiche, anche dal punto di vista strettamente politico emerge un profilo ben definito dei partecipanti alle elezioni primarie. Secondo le molte ricerche condotte da C&LS, infatti, si tratta di elettori molto interessati alla politica, in larghissima maggioranza di sinistra o centro-sinistra, per 3/4 non iscritti ad alcun partito, nella quasi totalità elettori di un partito di centrosinistra. Se questo è il quadro emerso dalle precedenti esperienze nazionali, non rimane che verificare se, come qualcuno si aspettava, il primo tempo di queste primarie abbia prodotto un qualche stravolgimento. Ma non lasciamo troppo sulle spine il lettore: la risposta è largamente negativa, anche se qualche cambiamento, non proprio irrilevante, lo abbiamo rintracciato. Guardiamo i dati. La Figura 5 riguarda il livello di interesse per la politica dei partecipanti ed evidenzia come: da un lato, l’84,6% dei selettori sia interessato; dall’altro, un buon 29,7% si consideri quasi un esperto. Dal punto di vista della distribuzione tra i tre candidati principali, non si ravvisa nessuna differenza significativa, se non una certa sovrarappresentazione dei poco interessati all’interno dell’elettorato di Renzi.

Con la Figura 6 ci concentriamo sul comportamento degli iscritti e dei non iscritti. Tanto per cominciare, il 77% dei selettori non appartiene ad alcun partito. Mentre il 19,9% è un

militante del PD e l’1,3% di SEL. Per quel che riguarda la composizione dei tre selettorati, va evidenziato che 1/3 dei sostenitori di Bersani è iscritto al PD, mentre questa frazione scende a 1/5 tra chi ha scelto Renzi. Come ci si poteva facilmente attendere, gli iscritti di SEL sono stati assai più compatti: solo uno sparuto – e statisticamente insignificante – gruppetto ha votato Bersani e non Vendola. La Figura 7 mostra l’autocollocazione dei partecipanti sull’asse sinistra/destra. Come si vede, l’81,5% si colloca tra la sinistra e il centrosinistra. Un dato, come dicevamo, sostanzialmente in linea con il passato, anche se lievemente inferiore. Nel 2009, per esempio, quando i selettori furono chiamati ad eleggere il segretario del PD, coloro che si collocarono in questi stessi settori dello spazio politico furono l’88%: circa l’8% in più rispetto ad oggi. Tuttavia, questa differenza non va ricercata in un aumento dei selettori che si percepiscono di centrodestra o di destra, ma in una crescita dei centristi. Se nel 2009 questi costituivano il 9,9% del totale, oggi raggiungono il 15,2%: un balzo del 53,5%. Bisogna aggiungere che proprio i centristi compongono il 26% dell’elettorato di Renzi, laddove chi si posiziona a sinistra ne rappresenta solo il 22%. Com’era prevedibile, ben il 65,1% dei selettori di Vendola si collocano a sinistra. E i selettori che si sentono di destra e centrodestra? Formano, rispettivamente, lo 0,5% e il 2,8% dell’intero selettorato: solo 1,2 punti percentuali in più rispetto al 2009. Naturalmente, la maggioranza di essi ha scelto di votare Renzi, ma il dato davvero importante è la loro scarsissima partecipazione. Osservando i dati sul voto alle politiche del 2008 (Figura 8) sembrerebbe emergere qualche contraddizione rispetto alle informazioni appena richiamate. La quota dei partecipanti che ha votato partiti diversi da quelli di centrosinistra è, infatti, pari all’8,1%: ben più elevata rispetto alla percentuale di chi si colloca tra il centrodestra e la destra. Com’è possibile? La risposta è, in realtà, molto semplice: la restante quota di chi non ha votato né PD, né IDV, né Sinistra Arcobaleno si colloca al centro dell’asse sinistra/destra. Ciò chiarito, il dato diventa più interessate se ad esso si associa il 9,6% di coloro che nel 2008 non si erano

In definitiva, possiamo formulare tre considerazioni: primo, e soprattutto, le primarie hanno allargato il terreno da caccia del centrosinistra; secondo, meno della metà di questo allargamento riguarda ex elettori del centrodestra; terzo, la maggioranza degli ex sostenitori dell’armata berlusconiana sono su posizioni centriste e, in quanto tali, sono più disposti a spostarsi da uno schieramento all’altro

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espressi. In questo modo, infatti, abbiamo un 17,7% di selettori esterno ai confini del centrosinistra. Una percentuale tutt’altro che trascurabile (nel 2009 era solo l’8,1%). Tuttavia, giova ripeterlo, la maggioranza non proviene dal centrodestra, bensì dal non voto. In definitiva, possiamo formulare tre considerazioni: primo, e soprattutto, le primarie

hanno allargato il terreno da caccia del centrosinistra; secondo, meno della metà di questo allargamento riguarda ex elettori del centrodestra; terzo, la maggioranza degli ex sostenitori dell’armata berlusconiana sono su posizioni centriste e, in quanto tali, sono più disposti a spostarsi da uno schieramento all’altro.

Fig. 5 L’interesse per la politica (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Fig. 6 L’iscrizione ai partiti (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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FIg. 7 La collocazione politica (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Fig. 8 I simpatizzanti (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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Matricole e Veterani La partecipazione alle primarie

Antonella Seddone, Università di Torino

Da un punto di vista partecipativo le primarie della scorsa domenica sono state un successo. Certo c’è stata qualche coda ai seggi, ma i disguidi ex-ante e in itinere non hanno certo fiaccato l’entusiasmo partecipativo dei selettori. I risultati di domenica in verità non hanno sorpreso: Bersani e Renzi chiuderanno la partita al ballottaggio. Non ci resta che attendere domenica per sapere chi fra i due sarà il prossimo candidato del centro-sinistra alla Presidenza del Consiglio. Dopo, ci sarà da capire come si ricongiungeranno le fratture interne al partito e come si ricomporrà il fronte della coalizione, anche a fronte delle prese di posizione di Vendola che nel dichiarare la propria preferenza per Bersani – anche qui senza alcuna sorpresa – ha però sottolineato l’endorsement a sfavore di Renzi.

Nel frattempo possiamo però parlare dei veri vincitori di queste primarie: i selettori. E non è una banalità. La soglia critica dei 2 milioni di votanti è stata ampiamente superata nonostante le rigide regole di registrazione preventiva. Ed è stato un successo vero. Perché mai come in queste primarie le regole hanno rischiato di compromettere la capacità mobilitativa di queste particolari (s)elezioni. Proviamo ad affrontare la questione della partecipazione dal punto di vista delle Matricole e dei Veterani. I primi sono coloro che non hanno mai partecipato ad elezioni primarie e che domenica, per la prima volta, si sono mobilitati per esprimere la loro preferenza in merito al candidato del centro sinistra. I Veterani invece sono coloro che hanno già partecipato ad elezioni primarie, vuoi per la selezione del

candidato Sindaco della propria città, vuoi per la scelta del leader di coalizione (Prodi 2006), vuoi per l’elezione diretta del segretario del PD (Veltroni 2007 e Bersani 2009). Queste due categorie di selettori rimandano a due idee di relazione con i partiti differenti. Le Matricole sono cittadini attenti alla politica, interessati, ma non coinvolti da un punto di vista militante o attivista. I Veterani sono invece più attenti agli appelli di mobilitazione delle primarie, rimandano a un’idea nuova di attivismo partitico non necessariamente strutturato nella forma di membership formale, ma scandito dagli appuntamenti delle primarie e articolato secondo una nuova declinazione di relazione fra partiti e simpatizzanti. I dati di C&LS raccontano che ben oltre un quarto dell’intero campione di selettori era alla sua prima esperienza di partecipazione ad elezioni primarie. In altre parole, accanto ai fedelissimi delle primarie si registra la mobilitazione di una quota rilevante di nuovi partecipanti. Può essere interessante guardare alle scelte di voto di queste due categorie di partecipanti. I Veterani hanno polarizzato le loro preferenze sul segretario PD (54,1%), mentre le preferenze delle Matricole si sono concentrate su Renzi (58,7%). I dati sono coerenti con le nostre aspettative. Come era facile prevedere la candidatura di Bersani ha esercitato un appeal mobilitativo più forte su quei selettori più vicini ai partiti, sono cittadini che hanno già partecipato alle primarie e che in qualche modo sono già entrati in un circuito mobilitativo in cui le primarie giocano un ruolo fondamentale. Renzi, dal canto suo, giocando una campagna elettorale di “conquista” di nuovi selettori ha ovviamente sollecitato la partecipazione di tanti cittadini che invece fino a questo momento erano stati lontani dalle primarie e dai suoi meccanismi partecipativi. Può essere utile in questo frangente valutare le intenzioni di partecipazione al ballottaggio di Matricole e Veterani. Qui riscontriamo una prevalenza dell’intenzione di partecipare al ballottaggio dei Veterani (82,2%), mentre fra le Matricole la quota scende al 72% a fronte di una quota di indecisi che arriva al 25,4%. La differenza fra Matricole e Veterani su questo piano è netta, ma in entrambi i casi si riscontra una decisa propensione alla partecipazione al ballottaggio. Non è facile chiarire con certezza la natura della partecipazione delle Matricole, non possiamo sapere

Non è facile chiarire con certezza la natura della partecipazione delle Matricole, non possiamo sapere se si tratti di un percorso di attivismo che andrà in una direzione più strutturata e continuativa. Ad ogni modo resta un traguardo non da poco, soprattutto in considerazione delle rigide regole di queste primarie

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se si tratti di un percorso di attivismo che andrà in una direzione più strutturata e continuativa. Ad ogni modo resta un traguardo non da poco, soprattutto in considerazione delle rigide regole di queste primarie. Le Matricole sono un capitale partecipativo inestimabile, al momento i partiti sono impegnati in

ben altre faccende, ma certamente dovranno da lunedì pensare come gestire e conservare questo piccolo tesoretto di partecipazione.

Fig. 9 Matricole e Veterani alle Primarie del 25 Novembre (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Fig. 10 Il voto di Matricole e Veterani Fonte: Candidate & Leader Selection

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Fig. 11 Verso il ballottaggio strategie di Matricole e Veterani Fonte: Candidate & Leader Selection

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Una impossibile remontada, a meno che... Per chi voteranno i vendoliani?

Marco Valbruzzi, European University Institute

L’arbitro, cioè l’elettore sovrano, ha fischiato la fine del primo tempo. Le squadre sono rientrate nello spogliatoio, alcune più acciaccate e depresse delle altre, e soltanto due, quelle più apprezzate e votate, torneranno in campo: da un lato, la squadra coordinata da Pier Luigi Bersani, forte di 1.393.990 elettori (44,9% dei voti), e, dall’altro lato, il team capitanato da Matteo Renzi, che vanta una tifoseria di 1.103.790 votanti, pari al 35,5%. I principali bookmakers, tra cui lo stesso Bersani, non scommetterebbero un centesimo sulla vittoria di Renzi nel secondo tempo, pardon, turno. Invece, i sostenitori del sindaco fiorentino sono convinti di tornare in campo sul punteggio di 0 a 0, senza provvisori vincitori né vinti. Chi ha ragione? Prima di tutto, è necessario contare i numeri, ma, per farlo, bisogna saperli contare. Bersani partecipa al secondo turno avendo segnato un gol importante, benché non decisivo, poiché ha superato Renzi di circa 290mila voti (9,4%). Quindi, 1 a 0 e palla al centro. Ma come si comporteranno i selettori dei candidati rimasti negli spogliatoi, ossia di Vendola, Puppato e Tabacci? Per rispondere a questa domanda, facciamo altri due conti. I votanti dei tre candidati usciti di scena sono, grosso modo, 600mila e, dunque, almeno in teoria, sarebbe possibile per Renzi ribaltare il risultato iniziale. A tal fine, però, sarebbe necessario che i due terzi (400mila) dei votanti rimasti senza candidato optassero per Renzi. Se così fosse, il secondo turno sarebbe davvero aperto e contendibile, ma, come possiamo vedere dalla Figura 12, un simile travaso di voti appare alquanto improbabile. Limitandoci ad osservare il comportamento degli elettori di Vendola, il quale, avendo raccolto il 15,6% dei consensi, potrebbe risultare davvero decisivo, possiamo notare come soltanto il 6% dei vendoliani sia incline a votare Renzi al secondo turno. Al contrario, i votanti di Vendola disposti a votare Bersani la prossima domenica, molti dei quali – è giusto sottolinearlo – hanno scelto il PD nelle elezioni legislative del 2008, sono poco meno del 40%. Questo significa che il bottino di voti raccolti dal segretario del PD si imbottisce di altre 200mila preferenze, rendendo sempre più improbabile la remontada renziana. Anche ammesso, ed è un azzardo non di poco conto, che Renzi riesca a conquistare tutti i vendoliani incerti (32%) o indecisi (21%), non riuscirebbe comunque a superare i voti ottenuti da Bersani. Per di più, i “mondi” di Vendola e Renzi sembrano, almeno politicamente, due mondi paralleli, che solo raramente si incontrano. La distribuzione

sull’asse sinistra-destra del selettorato vendoliano è quasi praticamente sovrapponibile a quella bersaniana, mentre è alquanto differente rispetto a quella renziana (debole a sinistra e forte al centro). Tuttavia, la dimensione veramente discriminante tra Vendola e Renzi è il sostegno alla cosiddetta “agenda Monti”. La Figura 13 non lascia adito a dubbi: i vendoliani sono quelli con un giudizio più negativo verso l’operato di Monti, mentre i renziani sono quelli più vicini all’agenda imposta/proposta dal governo tecnico. Insomma, per chi ha votato Vendola, quello di Renzi è un “profumo sinistro” piuttosto che un “profumo di sinistra”, e non sarà facile fargli cambiare idea.

Questo ragionamento fila liscio finché si tengono le bocce ferme, cioè dando per scontati due elementi: 1) che non ci siano flussi significati di voti in entrata e in uscita tra i due candidati al ballottaggio; e 2) che il numero di votanti rimanga sostanzialmente stabile. Sul primo punto, il rischio più grosso cui possono andare incontro Bersani e Renzi è quello della smobilitazione dell’elettorato mobilitato nel corso del primo turno. A mio avviso, qui è Bersani che dovrebbe preoccuparsi maggiormente, sia perché i suoi selettori sono convinti di avere già la vittoria in tasca (e quindi non è necessario faticare per partecipare al secondo turno) sia perché, in modo speculare, chi ha votato Renzi è motivato a rimobilitarsi per acciuffare una vittoria che reputano comunque raggiungibile. Del resto, perché, se arrivati a questo punto, bisognerebbe accontentarsi del "premio della critica"? La Figura 14 ci mostra esattamente quanto gli elettori dei singoli concorrenti siano convinti della vittoria del proprio

I bersaniani sono, per così dire, i più "spocchiosi": il 93% tra loro è convinto, non senza ragioni, che Bersani vincerà la partita, mentre soltanto il 38% dei selettori di Renzi crede nella vittoria del Rottamatore. Pertanto, il rischio della smobilitazione, soprattutto nella metà campo di Bersani, potrebbe essere uno degli elementi che riapre i giochi la prossima domenica

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candidato. I bersaniani sono, per così dire, i più "spocchiosi": il 93% tra loro è convinto, non senza ragioni, che Bersani vincerà la partita, mentre soltanto il 38% dei selettori di Renzi crede nella vittoria del Rottamatore. Pertanto, il rischio della smobilitazione, soprattutto nella metà campo di Bersani, potrebbe essere uno degli elementi che riapre i giochi la prossima domenica. Il secondo elemento che sarebbe in grado di rendere palpitante il finale riguarda la modifica del regolamento delle primarie e, in particolare, l'eventualità che il selettorato del secondo turno sia aperto anche a chi, per motivi più o meno peregrini, era impossibilitato o non interessato a partecipare al primo round della contesa elettorale. Il gran battagliere che si sta facendo a colpi di deroghe e delibere regolamentari, soprattutto da parte dei sostenitori di Renzi, lascia intendere che la questione può essere effettivamente decisiva. Ed è proprio così, perché l’unica, reale possibilità di rimonta che hanno i renziani è quella di attirare verso le elezioni primarie nuovi cittadini. Ma da dove possono arrivare questi nuovi elettori? Poiché il capitale elettorale mobilitabile

dal centrosinistra nelle primarie è stato già ampiamente sfruttato nel corso del primo turno, il nuovo selettorato raggiungibile con l’apertura (o l’eliminazione degli ostacoli alla registrazione) del secondo turno è quello collocato al centro dello schieramento e si tratta di quella porzione di votanti alla quale Renzi risulta più convincente ed attraente. Mai come un questo caso, dunque, la forma regolamentare è sostanza elettorale. Ad ogni modo, e a prescindere dalle modifiche delle regole per la votazione e la pre-registrazione, il vero vincitore del secondo turno è il secondo turno stesso. E non solo perché produrrà un vincitore chiaro, legittimato e indiscusso. Ma, soprattutto, perché metterà gli elettori nella condizione di fare una scelta ulteriormente ragionata, informata e davvero dirimente. È così che si dà maggiore potere ai cittadini. Non è così, ahinoi, che i nostri fantasiosi parlamentari intendono cambiare il Porcellum, una pessima legge elettorale che ha prodotto la classe politica peggiore di tutta la storia repubblicana.

Fig. 12 Elettori di Vendola e orientamento di voto al secondo turno (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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Fig. 13 Giudizio sul governo Monti in base al voto espresso alle primarie (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

Fig. 14 Vincitori pronosticati dagli elettori dei tre candidati alle primarie (n 3100) Fonte: Candidate & Leader Selection

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