Quattro settimane nelle trincee

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Violinista e compositore austriaco, uno dei più grandi e famosi musicisti del suo tempo, Fritz Kreisler venne chiamato a servire il suo paese sul fronte orientale della Grande Guerra. Partecipò alla battaglia di Lemberg, in Galizia, una delle più cruente e sanguinose di tutto il conflitto e, dopo quattro settimane, venne ferito e congedato con onore. Dettò questo vivido ricordo delle sue avventure che rappresenta uno dei racconti di guerra più belli e toccanti che siano mai stati scritti. Il libro, che viene pubblicato in Italia per la prima volta, offre al lettore una prospettiva unica e una toccante presa diretta, quasi cinematografica, su quanto avvenne agli uomini e agli eserciti sul fronte orientale.

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F R I T Z K R E I S L E R

QUATTROSETTIMANE

NELLE TRINCEELA STORIA DI GUERRADI UN VIOLINISTA

TRADUZIONE E CURA DI

ALESSANDRO PUGLIESE

MIGNON

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Titolo originale dell’opera: FOUR WEEKS IN THE TRENCHES - THE WAR STORY OF AVIOLINIST

Titolo dell’opera: QUATTRO SETTIMANE NELLE TRINCEE. LA STORIA DI GUERRA DIUN VIOLINISTA

Traduzione dall’inglese e cura: ALESSANDRO PUGLIESE

L’opera è stata pubblicata per la prima volta nel 1915 a New York da HOUGHTONMIFFLIN COMPANY

© 2011 GINGKO EDIZIONIMolinella, Bologna.I EDIZIONE novembre 2011Collana MIGNONISBN 978-88-95288-32-1

Progetto grafico di copertina: © 2011 Atalante

Per ordini rivolgersi a:

GINGKO EDIZIONIvia Luigi Pirandello n° 2940062 San Pietro Capofiume, Molinella, Bologna

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BIOGRAFIA

Ritenuto uno dei grandi maestri del violino e tra i più amatimusicisti di tutti i tempi (il suo pubblico, enorme e completa-mente infatuato di lui, lo idolatrava), Fritz Kreisler ha compo-sto alcuni pezzi per violino che rappresentano un contributoinestimabile alla letteratura musicale, oggi tra i più popolari almondo.

Nacque a Vienna da una famiglia ebrea il 2 febbraio 1875.Il padre, noto chirurgo e musicista dilettante, lo avviò sin dapiccolo allo studio del violino. Dopo aver dato il suo primoconcerto pubblico all’età di nove anni, a soli dieci Fritz fu am-messo al Conservatorio di Vienna nonostante una politica del-l’istituzione vietasse rigorosamente l’ingresso ai minori diquattordici anni. A dodici anni il giovane vinse la medagliad’oro al ‘‘Premier Grand Prix de Rome’’, in competizione conaltri quaranta concorrenti adulti. L’anno seguente salpò per gliStati Uniti per un giro di concerti insieme al pianista MorizRosenthal, durante il quale guadagnò molte recensioni entusia-stiche che, purtuttavia, quando tornò a Vienna e fece domandaper la Filarmonica, non gli valsero l’accesso. A causa di questorifiuto Kreisler decise di abbandonare la musica e scelse di per-seguire una carriera in medicina. Iniziò anche lo studio dellapittura. Qualche tempo dopo, sentendosi annoiato, si arruolònell’esercito dove trascorse un anno come soldato semplice epoi come ufficiale. Anche l’esperienza militare non gli diedesoddisfazione. Si dimise e tornò allo studio del violino. Dopoessersi perfezionato a Parigi e a Roma, trascorse otto settimanein completa solitudine preparandosi per il ritorno sul palco. Ilprimo concerto lo tenne a Berlino e riscosse un buon successo,ma il vasto consenso lo raggiunse qualche tempo dopo, nel1901-1902, durante un nuovo tour americano. Negli Stati Unitifu salutato come uno dei violinisti più importanti del suo tempoe, subito dopo, finalmente, anche l’Europa seguì nel ricono-scere la sua arte straordinaria.

Durante una vacanza in Svizzera, nel 1914, Kreisler ricevettela notizia che l’Austria era entrata in guerra. Tornando al suopaese natale si ricongiunse, con il grado di tenente, alla sua exdivisione che si trovava di stanza in Galizia. Prestò un breveservizio nell’esercito in quanto, dopo quattro settimane, venneferito e fu congedato con onore. Per arruolarsi aveva annullatotutti gli impegni concertistici. La sua chiamata alle armi e il fatto

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che era stato inviato in zona di combattimento suscitò lo sde-gno dell’opinione pubblica non solo austriaca. Dopo esser statoferito si diffuse una falsa notizia sulla sua morte, ma più tardiKreisler intraprese un lungo giro di concerti nuovamente inAmerica, questa volta per finanziare la Croce Rossa americana.Dato che l’America era entrata in guerra contro la Germania,Kreisler venne a trovarsi nella scomoda posizione di ex uffi-ciale austriaco che aiutava quella che ormai era divenuta unanazione nemica. Le tante reazioni di sdegno lo costrinsero a ri-tirarsi dalla scena concertistica e a stabilirsi nel Maine, fino allafine del periodo di ostilità. Nel 1924 tornò in Europa, prima aBerlino, poi in Francia, nel 1938. Si stabilì nel sud del paese edivenne cittadino francese. Allo scoppio della seconda guerramondiale ritornò negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzionirazziali, diventando cittadino naturalizzato americano nel 1943.Non fece più ritorno nella sua casa di Berlino, che comunquevenne distrutta nei bombardamenti sulla Germania. Con la di-struzione della casa, un vero e proprio museo di preziosi cimeliandò perduto. Durante la sua vita, infatti, Kreisler aveva colle-zionato diversi violini rari. Il suo strumento preferito era unGuarneri ‘‘del Gesù’’, un violino del 1733. Possedeva anche unoStradivari e un Bergonzi, nonché un Jean-Baptiste Vuillaume del1860 che, spesso, usava come suo secondo violino. Ma un’altrasua grande passione erano i libri rari, i manoscritti e le pittureantiche. La sua abitazione ne custodiva una quantità notevole.Queste ultime due passioni, in verità, erano fortemente sco-raggiate da sua moglie Harriet per il gran dispendio economicoche comportavano.

Kreisler continuò a vivere in America per il resto della suavita. Diede il suo ultimo concerto pubblico nel 1947, allaCarnegie Hall. Il 26 aprile 1941 fu coinvolto nel primo dei dueincidenti stradali che segnarono la sua vita. Colpito da un ca-mion mentre attraversava una strada di New York, subì unafrattura al cranio e rimase in coma per oltre una settimana.Verso la fine della sua vita, in un altro incidente occorsogli du-rante un viaggio in automobile, trascorse i suoi ultimi giorni inuno stato di cecità e sordità. Morì a New York nel 1962 e fu se-polto in un mausoleo privato nel Woodlawn Cemetery, nelBronx.

Scriveva e parlava sette lingue. Fu nominato Commenda-tore della Legion d’Onore in Francia. Ricevette la Medagliad’Oro di Beethoven a Londra. Fu universalmente onoratocome uno dei rari eccezionali cittadini del mondo.

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LAGALIZIA SUL FRONTE ORIENTALE DELLA GRANDEGUERRA

Il contesto di guerra raccontato in ‘‘Quattro settimane nelletrincee’’ è il fronte orientale del primo conflitto mondiale. No-nostante il fronte occidentale storicamente abbia acquisito unafama maggiore per via dei combattimenti inglesi, francesi eamericani, il teatro di guerra che influenzò ed ebbe un impattopiù forte sulle sorti dell’Europa fu quello orientale. Vi mori-rono tre milioni di uomini. All’incirca nove milioni ne uscironoferiti e mutilati. Tutti i paesi che vi furono coinvolti persero laloro forma di governo. La Russia, in particolare, crollò com-pletamente e in modo catastrofico sull’onda della rivoluzionebolscevica del 1917.

Fu in Galizia, una regione che apparteneva all’impero austro-ungarico, ai confini con la Russia, che Fritz Kreisler fu chiamatoa combattere. La Galizia rappresentava per entrambi gli schiera-menti una conquista di vitale importanza strategica. Fu oggettodi aspre contese per questo motivo, e subì attacchi e contrattac-chi dei più sanguinosi. Il comando austro-ungarico reputava la re-gione corridoio naturale di ogni azione offensiva contro la Russia,mentre l’impero zarista vedeva in essa lo sbocco obbligato versole regioni centrali del blocco nemico. La Galizia si trasformò inun vasto cimitero a cielo aperto. In decine di migliaia vi furonofalciati: soldati tedeschi, ungheresi, polacchi, ucraini, italiani, ru-meni, russi e di altre nazionalità, senza contare tutte le vittimetra la popolazione civile. Le forze in campo schierate per la suaconquista furono impressionanti. L’impero zarista impiegò 47divisioni di fanteria, 18 di cavalleria, 3.000 cannoni. L’Austria-Ungheria contrappose 32 divisioni di fanteria, 10 di cavalleria e2.000 cannoni.

Per portare aiuto ai francesi ormai asserragliati nella difesadi Parigi contro i tedeschi, i russi attaccarono a fine agosto del1914 lungo il confine con la Germania e l’Austria-Ungheria.L’obiettivo era occupare la Prussia orientale e le fortezze tede-sche di Thorn, Posen e Breslavia, per poi avanzare su Berlino.Se i tedeschi in un primo momento furono costretti a ripiegare,dal 26 del mese riuscirono via via a fermare l’avanzata russafino alla battaglia di Tannenberg e poi a quella dei Laghi Masuri,che si rivelarono decisive. La battaglia di Tannenberg, conclu-sasi il 30 agosto, costò ai russi 92.000 prigionieri e decine di mi-gliaia di morti. La battaglia dei Laghi Masuri mietè circa 100.000vittime russe. I russi controbilanciarono queste sconfitte con

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una vittoria contro gli austriaci a Lemberg, la capitale dellaGalizia, riequilibrando in qualche modo le sorti del conflitto. Labattaglia di Lemberg è quella a cui prese parte Kreisler. Fu ter-ribile. Produsse tra gli austriaci 130.000 morti. Gli austriaci do-vettero ritirarsi e cedere al nemico diverse decine di chilometri.Si stabilizzarono lungo il corso del fiume Dunajec, che scende daiCarpazi e taglia verticalmente la Galizia per spegnersi nellaVistola.

Nell’inverno del 1914-1915 gli austriaci decisero di ricon-quistare Lemberg e, insieme ai tedeschi, scatenarono una po-derosa offensiva. La loro azione risultò una vittoria schiacciante.In due battaglie catturarono ben 17.000 prigionieri e tra i russicaddero al suolo 190.000 uomini. Furono i russi questa volta adover ripiegare, ma, solo un mese dopo, ripresero la loro avan-zata e penetrarono nell’area trincerata attorno a Cracovia. Quisi arrestarono per mancanza di coordinamento e di scarsi ri-fornimenti e, a dicembre, subirono un ennesimo attacco daparte dell’esercito austro-ungarico il quale, in dieci giorni dicruenti combattimenti, li costrinse a una nuova ritirata. A que-sto punto i due eserciti si attestarono sulle rispettive posizioni,separati da una lunga striscia di ‘‘terra di nessuno’’ che tagliavala Galizia a oriente dei fiumi Dunajec e Biala, suo affluente didestra. Alla fine del primo anno di guerra i due schieramentiavevano subito perdite raccapriccianti: quasi un milione dimorti gli austriaci; più di un milione i russi. All’arrivo del nuovoanno gli austriaci sferrarono un’offensiva avente lo scopo di ri-conquistare la Galizia. Gli scontri ebbero inizio il 23 gennaio edurarono due mesi, senza però portare ai risultati sperati. Amarzo gli austriaci attaccarono di nuovo ma, a causa di man-canza di viveri, furono costretti ad arrendersi. Nella primavera del1915 entrò in guerra anche l’Italia, a fianco dell’Intesa. Gli au-striaci dovettero distrarre una considerevole parte di loro sol-dati dal fronte orientale per trasferirli su quello meridionale. Itedeschi, per portare soccorso all’esercito austriaco, a loro voltaspostarono soldati dal fronte occidentale. Rafforzati contro irussi, gli Imperi Centrali sfondarono il fronte e l’esercito zari-sta abbandonò Lemberg. Gli austriaci e i tedeschi avanzaronoriconquistando la Galizia e si spinsero fino alla Polonia russa ealla Lituania. La linea del fronte si spostò. Nel corso dell’estatedel 1916 la Russia volle nuovamente riprendersi la Galizia.L’azione ebbe in un primo momento successo, gli austriaci ri-piegarono di un centinaio di chilometri, tuttavia, verso settem-bre, l’avanzata dei russi si spense e cominciò un altro periodo

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di trincee e guerra di posizione. L’estate seguente, del 1917, du-rante il breve periodo del governo provvisorio di Kerenskij, laRussia cercò di attaccare e avanzare ma venne sconfitta. I ri-volgimenti politici, la rivoluzione e la dissoluzione dell’esercitorusso consentirono all’Austria di rioccupare la Galizia. Qual-che settimana dopo Lenin firmò l’armistizio con gli ImperiCentrali e il 3 marzo del 1917 fu firmata la pace di Brest-Litovsk.

La guerra sul fronte orientale aveva provocato non soloenormi perdite materiali, devastazioni e miseria, ma anche in-dicibili sofferenze per milioni di uomini. Le parti in guerra sierano macchiate di crimini esecrabili, esecuzioni sommarie, vio-lenze e stragi di civili. Gli austriaci avevano creato dei campi diconcentramento dove avevano raccolto innocenti giudicati spieo filorussi. I russi avevano deportato nelle regioni interne delloro territorio migliaia di intellettuali, politici e semplici civilisospettati di infedeltà. La Galizia ne era uscita annientata. Avevasubito, a causa del ripetuto passaggio degli eserciti, profondedistruzioni. Le città erano state bombardate, i villaggi bruciati.Quasi trecentomila case ed edifici pubblici erano stati rasi alsuolo. Le campagne erano inutilizzabili per le voragini dellebombe e lo scavo di chilometri di trincee, decine di centinaia diettari di bosco erano andate in fumo. L’industria era ridotta altracollo. Lo sviluppo produttivo ne era uscito seriamente com-promesso. Strade, ferrovie, vie di comunicazione e snodi com-merciali non esistevano più. Musei, biblioteche, opere d’arteerano stati saccheggiati, incendiati, bombardati.

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QUATTROSETTIMANE

NELLE TRINCEELA STORIA DI GUERRADI UN VIOLINISTA

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Alla mia cara moglie Harriet, migliore amica, nonché fedelecompagna in ogni circostanza,

dedico questo piccolo librocome umile segno di eternagratitudine e devozione.

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Nel tentativo di recuperare le mie impressioni durante ilmio breve incarico di guerra come ufficiale dell’eser-

cito austriaco, mi accorgo che i ricordi di quel periodo sonomolto frammentari e confusi. Alcune delle esperienze che hovissuto si stagliano con assoluta nitidezza nella mia memoria,mentre altre appaiono offuscate. Due o tre avvenimenti che eb-bero luogo in località diverse sembrano fusi in uno solo; in altricasi, invece, il ricordo della sequenza temporale in cui si svol-sero è del tutto lacunoso.

Questa curiosa indifferenza della mia memoria per i valoridello spazio e del tempo è dovuta, forse, alla straordinaria fa-tica fisica e mentale sotto la quale le impressioni che cercoadesso per stilare questa cronaca sono dovute passare. Il me-desimo stato d’animo che io provo è alquanto caratteristicodella maggior parte delle persone che ha preso parte alla guerrae che io ho conosciuto. Non bisogna dimenticare che lo scon-volgimento gigantesco che ha cambiato così improvvisamentel’elementare condizione della vita e ha minacciato l’esistenzastessa delle nazioni ha anche rimpicciolito l’individuo a una nul-lità, con la conseguenza che l’attuale interesse per il bene co-mune ha praticamente sovrastato qualunque spazio per leconsiderazioni personali. Poi, ancora una volta, l’estrema in-certezza del domani tende a sminuire l’interesse per i dettaglidella vita di oggi, e posso aver dimenticato quindi un gran nu-mero di vicende interessanti che si sono svolte sotto i mieiocchi, e che avrei voluto annotare in altre circostanze.

Si entra in uno strano e quasi ipnotico stato d’animo men-tre ci si trova sulla linea di fuoco, e ciò impedisce con ogni pro-babilità agli occhi della mente di osservare e registrare le cose

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in modo normale. Questo fatto spiega, forse, alcuni spazi vuotinella mia memoria. C’è da dire, peraltro, che ero completamenterassegnato al mio destino, e non pensavo troppo al futuro. Nonmi è mai venuto in mente che un giorno avrei potuto deside-rare di scrivere le mie esperienze, quindi non ho nemmeno con-siderato il prendere appunti o fissare quanto meno nellamemoria qualche punto di riferimento che adesso potrebbe es-sermi d’aiuto nel ricostruire tutti i dettagli.

Sono ridotto, insomma, a presentare un incoerente e piut-tosto frammentario racconto di tali episodi, che da soli, auto-nomamente, si sono impressi nella mia mente lasciando uninestirpabile marchio nei miei ricordi.

Lo scoppio della guerra trovò me e mia moglie in Svizzera,dove eravamo in vacanza. Il 31 luglio, aprendo il giornale, lessiche il Terzo Corpo d’Armata, al quale il mio reggimento (cheera di stanza a Graz) apparteneva, aveva ricevuto un ordine dimobilitazione. Sebbene mi fossi dimesso dal mio incarico diufficiale due anni prima, immediatamente lasciai la Svizzera, ac-compagnato da mia moglie, al fine di presentarmi in servizio.Come difatti accadde, un telegramma mi raggiunse il giornodopo per richiamarmi alla bandiera.

Passammo per Monaco di Baviera. Era il primo giorno delladichiarazione dello stato di guerra in Germania. Circolava unagrande eccitazione. A Monaco tutto il traffico era stato inter-rotto. Neppure i treni, ad eccezione di quelli a scopo militare,partivano. Fu solo grazie al fatto che dichiarai la mia intenzionedi ricongiungermi al mio reggimemto in Austria che mi fu pos-sibile superare tutti gli ostacoli, e sia dalle autorità civili che mi-litari bavaresi mi fu dimostrata la più ampia considerazione eriuscimmo a partire nel più breve tempo possibile.

Raggiungemmo Vienna il primo agosto. Un cambiamentosorprendente si era impadronito della città da quando l’avevolasciata solo poche settimane prima. Era pervasa ovunque da

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un’attività febbrile. I riservisti fluivano a migliaia da tutte le partidel paese e si presentavano al quartier generale. Automobilipiene di ufficiali sibilavano veloci. Folle enormi si riversavanoper le strade. Bollettini ed edizioni straordinarie di giornali pas-savano di mano in mano. Era immediatamente evidente qualegrande livellatore sociale fosse la guerra. Differenze di rango edistinzioni sociali praticamente non esistevano più. Tutte le bar-riere sembravano essere cadute; ciascuno si rapportava a tutti glialtri con naturalezza.

Vidi le folle fermare gli ufficiali di alto rango e i ben notimembri dell’aristocrazia e del clero, i funzionari statali e gli altinotabili di corte in cerca di informazioni, che venivano forniteloro con spontanea disinvoltura e pazienza. I principi imperialipotevano essere visti spesso sulla Ringstrasse circondati damasse plaudenti o nei caffè, mescolati alla gente senza tante ce-rimonie, parlando con tutti. Naturalmente, l’esercito era idola-trato. Dovunque le truppe marciassero, il pubblico scoppiava inapplausi e ogni uniforme era oggetto di un’ovazione.

Mentre venivo dalla stazione, vidi due giovani riservisti, al-l’apparenza fratelli, i quali si affrettavano in direzione della ca-serma, portando con sé i loro averi in una piccola valigia. Lungoil tragitto camminava con loro una piccola, vecchia signora chepiangeva, presumibilmente la loro madre. Passarono accanto aun generale in alta uniforme. Alzarono le mani ai loro berrettiin segno di saluto militare, alché il generale si gettò loro ad-dosso con le braccia spalancate, e li abbracciò entrambi, di-cendo: ‘‘Andate, ragazzi miei, fate il vostro dovere con coraggioe siate saldi per il vostro imperatore e il vostro paese. A Diopiacendo, ritornerete alla vostra vecchia madre’’.

La vecchia signora sorrise tra le lacrime. Un grido salì, e la folla che circondava il generale lo applaudì. An-

cora molto tempo dopo che li avevo lasciati, potevo udirli gridare. A poche strade di distanza notai in un caffè all’aperto una

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giovane coppia, un riservista in uniforme da campo e una gio-vane donna — la sua sposa o fidanzata. Erano seduti là, le manicongiunte, del tutto estranei a ciò che accadeva loro attorno eal mondo in generale. Quando qualcuno nella folla li scorse, ungrande grido salì, la gente corse al loro tavolo e li circondò, poiproruppe in un applauso e agitò cappelli e fazzoletti. In unprimo momento la giovane coppia sembrò essere del tuttopresa alla sprovvista e, solo lentamente, i due riuscirono a ren-dersi conto che l’ovazione era destinata a loro. Sembravanoconfusi, la ragazza arrossì e nascose il volto fra le mani, il gio-vane, alzandosi in piedi, salutò e si inchinò. Altri applausi e ap-plausi. Lui aprì la bocca come a voler parlare. Ci fu un silenzioimprovviso. Il giovane cercò invano, lottò per esprimersi, masubito dopo il suo volto si illuminò come per ispirazione. Re-stando in piedi, il berretto in mano, in una posa di saluto mili-tare, intonò l’inno nazionale austriaco. In un istante ogni testain quella folla fu nuda. Tutto il traffico, di botto, si arrestò.Chiunque, passeggeri e conducenti delle vetture, si unì all’inno.Le finestre vicine si riempirono di persone, si innalzò un corodi migliaia di voci. Il volume del canto e l’intensità del senti-mento sembrarono sollevare fino alle estreme altezze di unamaestà sublime l’inno ispiratore. Io e mia moglie ci mettemmoin cammino verso la stazione, e ancora dopo diversi minuti po-temmo udire il canto gonfiarsi come un organo umano.

Quello che mi impressionò più di tutto a Vienna fu l’ordinerigoroso che regnava ovunque. Nessuna marmaglia turbolenta,a dispetto del fatto che la libertà era aumentata notevolmentee i controlli della polizia avevano allentato le maglie. Né vi eraalcuna evidente esasperazione di sciovinismo, a parte il cantooccasionale di canzoni patriottiche e manifestazioni del genereche ho appena descritto. La nota dominante del sentimento po-polare era una tranquilla dignità, unita alla determinazione, conuna corrente sotterranea di gravità solenne e responsabilità.

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Mi fermai a Vienna solo il tempo necessario per dare l’ad-dio a mio padre, e partii per la sede del mio reggimento a Graz.

Mi presentai lì per senso del dovere e poi andai ad unirmi alQuarto Battaglione, che era di stanza a Leoben, a un’ora daGraz, perché i miei ordini erano di prendere il comando delprimo plotone nella Sedicesima Compagnia. Il mio plotone eracomposto da cinquantacinque uomini, due trombettieri e unapattuglia di soccorritori composta da quattro soldati.

A Leoben io e mia moglie restammo una settimana, che oc-cupammo nell’organizzazione, l’equipaggiamento, le requisi-zioni, il reclutamento e le esercitazioni preliminari. Furonogiorni felici quelli, con noi ufficiali che ci incontravamo per laprima volta e suggellavamo quei legami e amicizie che sareb-bero stati messi alla prova in seguito, davanti al pericolo e inmezzo a privazioni e fatiche.

Poiché diversi ufficiali avevano portato con sé le pro-prie mogli, presto rapporti molto piacevoli, del tutto prividi formalità, si instaurarono, senza alcun riguardo o riferi-mento al rango, alla ricchezza, o alla condizione socialenella vita privata.

Fra gli ufficiali di riserva del mio battaglione c’erano un fa-moso scultore, un noto filologo, due professori universitari(uno di matematica, l’altro di scienze naturali), un principe e uningegnere civile a capo di una delle più grandi aziende di ac-ciaio dell’Austria. Il chirurgo del nostro battaglione era il capodi una grande istituzione medica e un uomo di fama interna-zionale. Tra i miei uomini nel plotone c’era un pittore, due pro-fessori di scuola superiore, un cantante famoso, un banchiere,e anche un funzionario postale di alto livello. Eppure, nessunosi curava di queste cose, tanto è vero che io stesso non seppi senon molto tempo dopo quali fossero gli uomini illustri nel mioplotone. Un mantello di grande fratellanza sembrava aver av-volto tutti e tutto, anche le stesse differenze di rango militare

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