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195 DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Ficodindia di San Cono DOP si riferisce ai frutti allo sta- to fresco, despinati, delle seguenti cultivar della specie Opunzia ficus indica: Sulfarina o Nostrale (detta anche Gialla), Sanguigna (detta anche Rossa), Muscaredda o Sciannarina (detta anche Bianca). È ammessa inoltre una percentuale massima pari al 5% di ecotipi locali. METODO DI PRODUZIONE Sono considerati ecotipi locali, quindi ammessi nella DOP, le selezioni di Trunzara relative alle cultivar Surfarina, San- guigna e Muscaredda. Prima dell’impianto il terreno deve essere adeguatamente lavorato e concimato. Gli impianti sono esclusivamente di tipo specializzato, con densità di piantagione da 200 a 650 piante per ettaro. Nel periodo compreso tra il 10 maggio e la fine di giugno si esegue, di norma, la “scozzolatura” ovvero l’eliminazione dei fiori o dei frutticini primaverili così da indurre una seconda fio- ritura e la fruttificazione tardiva. La raccolta si effettua 20 agosto al 30 settembre per i frutti di prima fioritura, detti Agostani, e dal 10 settembre al 31 dicembre per i Tardivi o Scozzolati. Per l’immissione in commercio i frutti devono necessariamente essere sottoposti a despinazione. ASPETTO E SAPORE Il Ficodindia di San Cono DOP è un frutto di grandi dimen- sioni, con peso variabile da un minimo di 105 fino a 270 g (con tolleranza del 5%). La buccia ha colore intenso, con sfumature dal verde al giallo-arancio per la cultivar Surfari- na; la cultivar Sanguigna ha invece sfumature dal verde al rosso rubino; sfumature dal verde al bianco paglierino per la cultivar Muscaredda. Il profumo è delicato e il sapore risulta molto dolce. ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Ficodindia di San Cono DOP interessa il territorio posto ad altitudine compresa tra 200 e 600 metri s.l.m. dei comuni di San Cono e San Michele di Ganzaria, in provincia di Catania, Piazza Armerina in provincia di Enna e Mazzarino in provincia di Caltanisset- ta, nella regione Sicilia. STORIA La presenza del ficodindia in Sicilia è secolare. Già nella prima metà dell’Ottocento la coltura veniva considerata una delle più rilevanti per il territorio, tanto da essere de- finita “la manna, la provvidenza della Sicilia” dall’agrono- mo francese De Gasparin (1840). Nella zona di San Cono si afferma come coltura specializzata a partire dagli anni Settanta del XX secolo. GASTRONOMIA Se mantenuto a basse temperature, il Ficodindia di San Cono DOP si conserva anche per alcune settimane. Oltre che come gustoso frutto fresco, viene utilizzato in cucina per la preparazione di numerose ricette: arrosto oppure sbollentato può diventare ingrediente di sfiziose insalate; può essere fatto ripieno, con provola e cipolla, poi fritto e condito con salsa di pomodoro; o ancora può essere usato per condire spaghetti, riso o piatti a base di carne o pesce. Può essere ridotto in marmellata o mostarda. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Fico- dindia di San Cono DOP, nelle varietà: Sulfarina o Nostrale (detta anche Gialla), Sanguigna (detta anche Rossa), Mu- scaredda o Sciannarina (detta anche Bianca). Gli Agostani sono disponibili sul mercato nei mesi di agosto e settem- bre, i Tardivi o Scozzolati invece da settembre a dicem- bre; vengono confezionati in cassette di legno, plastica e cartone, oltre che in vaschette di plastica e cartone; tutte possono contenere alveoli. Le tre cultivar, secondo tra- dizione, possono essere presenti all’interno della stessa confezione. I pesi variano da 500 g fino a 5 kg. Le catego- rie commerciali ammesse sono Extra e Prima. NOTA DISTINTIVA La presenza di ampie vallate con buona irradiazione so- lare e ventilazione, clima mite durante tutto l’anno, sono responsabili dell’elevato contenuto di antociani che deter- minano il colore acceso di buccia e polpa del Ficodindia di San Cono DOP. L’altitudine moderata e un’ottima ge- stione delle risorse idriche contribuiscono invece allo svi- luppo di frutti dalle dimensioni maggiori e con un più alto contenuto zuccherino. FICODINDIA DI SAN CONO DOP Consorzio di tutela del Ficodindia di San Cono via S. Allende, 30 95040 San Cono (CT) Check Fruit S.r.l. Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO) Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813 www.checkfruit.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Ficodindia di San Cono DOP si riferisce ai frutti allo sta-to fresco, despinati, delle seguenti cultivar della specie Opunzia ficus indica: Sulfarina o Nostrale (detta anche Gialla), Sanguigna (detta anche Rossa), Muscaredda o Sciannarina (detta anche Bianca). È ammessa inoltre una percentuale massima pari al 5% di ecotipi locali.

METODO DI PRODUZIONE Sono considerati ecotipi locali, quindi ammessi nella DOP, le selezioni di Trunzara relative alle cultivar Surfarina, San-guigna e Muscaredda. Prima dell’impianto il terreno deve essere adeguatamente lavorato e concimato. Gli impianti sono esclusivamente di tipo specializzato, con densità di piantagione da 200 a 650 piante per ettaro. Nel periodo compreso tra il 10 maggio e la fine di giugno si esegue, di norma, la “scozzolatura” ovvero l’eliminazione dei fiori o dei frutticini primaverili così da indurre una seconda fio-ritura e la fruttificazione tardiva. La raccolta si effettua 20 agosto al 30 settembre per i frutti di prima fioritura, detti Agostani, e dal 10 settembre al 31 dicembre per i Tardivi o Scozzolati. Per l’immissione in commercio i frutti devono necessariamente essere sottoposti a despinazione.

ASPETTO E SAPORE Il Ficodindia di San Cono DOP è un frutto di grandi dimen-sioni, con peso variabile da un minimo di 105 fino a 270 g (con tolleranza del 5%). La buccia ha colore intenso, con sfumature dal verde al giallo-arancio per la cultivar Surfari-na; la cultivar Sanguigna ha invece sfumature dal verde al rosso rubino; sfumature dal verde al bianco paglierino per la cultivar Muscaredda. Il profumo è delicato e il sapore risulta molto dolce.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Ficodindia di San Cono DOP interessa il territorio posto ad altitudine compresa tra 200 e 600 metri s.l.m. dei comuni di San Cono e San Michele di Ganzaria, in provincia di Catania, Piazza Armerina in provincia di Enna e Mazzarino in provincia di Caltanisset-ta, nella regione Sicilia.

STORIA La presenza del ficodindia in Sicilia è secolare. Già nella prima metà dell’Ottocento la coltura veniva considerata una delle più rilevanti per il territorio, tanto da essere de-finita “la manna, la provvidenza della Sicilia” dall’agrono-mo francese De Gasparin (1840). Nella zona di San Cono si afferma come coltura specializzata a partire dagli anni Settanta del XX secolo.

GASTRONOMIA Se mantenuto a basse temperature, il Ficodindia di San

Cono DOP si conserva anche per alcune settimane. Oltre che come gustoso frutto fresco, viene utilizzato in cucina per la preparazione di numerose ricette: arrosto oppure sbollentato può diventare ingrediente di sfiziose insalate; può essere fatto ripieno, con provola e cipolla, poi fritto e condito con salsa di pomodoro; o ancora può essere usato per condire spaghetti, riso o piatti a base di carne o pesce. Può essere ridotto in marmellata o mostarda.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Fico-dindia di San Cono DOP, nelle varietà: Sulfarina o Nostrale (detta anche Gialla), Sanguigna (detta anche Rossa), Mu-scaredda o Sciannarina (detta anche Bianca). Gli Agostani sono disponibili sul mercato nei mesi di agosto e settem-bre, i Tardivi o Scozzolati invece da settembre a dicem-bre; vengono confezionati in cassette di legno, plastica e cartone, oltre che in vaschette di plastica e cartone; tutte possono contenere alveoli. Le tre cultivar, secondo tra-dizione, possono essere presenti all’interno della stessa confezione. I pesi variano da 500 g fino a 5 kg. Le catego-rie commerciali ammesse sono Extra e Prima.

NOTA DISTINTIVA La presenza di ampie vallate con buona irradiazione so-lare e ventilazione, clima mite durante tutto l’anno, sono responsabili dell’elevato contenuto di antociani che deter-minano il colore acceso di buccia e polpa del Ficodindia di San Cono DOP. L’altitudine moderata e un’ottima ge-stione delle risorse idriche contribuiscono invece allo svi-luppo di frutti dalle dimensioni maggiori e con un più alto contenuto zuccherino.

FICODINDIA DI SAN CONO DOP

Consorzio di tutela del Ficodindia di San Conovia S. Allende, 3095040 San Cono (CT)

Check Fruit S.r.l.Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO)Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813www.checkfruit.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Fungo di Borgotaro IGP si riferisce ai funghi porcini freschi derivati da crescita spontanea (di bosco) delle quattro va-rietà Boletus aestivalis, Boletus pinophilus, Boletus aereus e Boletus edulis.

METODO DI PRODUZIONE È ottenuto attraverso metodi che si diversificano in modo sostanziale da quelli tipici degli ortofrutticoli in quanto il Fungo di Borgotaro IGP non è coltivato nell’accezio-ne classica del termine, ma è caratterizzato da crescita spontanea. Si può pertanto parlare di “trattamento”, in riferimento alla conduzione dei boschi nei quali avviene la raccolta, che si differenzia a seconda delle condizio-ni ambientali. Sono ammessi il trattamento a taglio raso, il trattamento a tagli successivi e il trattamento a sterzo. Le operazioni di raccolta sono condotte sulla base di una rigida regolamentazione,devono infatti essere specificata-mente autorizzate e possono durare al massimo 60 giorni. Si eseguono dalla fine della primavera al tardo autunno a seconda della varietà: la specie Boletus aestivalis compa-re a fine primavera e nelle annate più calde fruttifica sino all’autunno; il Boletus aereus è raccolto invece nei periodi più caldi, il Boletus pinophilus è raccolto dalla primavera al tardo autunno; infine il Boletus edulis è raccolto in autunno.

ASPETTO E SAPORE Il Fungo di Borgotaro IGP presenta forma arrotondata e carnosa, di gradevole odore fungino e sapore aromatico. Il Boletus aestivalis ha un cappello di colore bruno-rosso più o meno scuro; il Boletus pinocola di colore granata bruno-rossiccio-vinoso; il Boletus aereus di colore bronzo-ramato; il Boletus edulis di colore dal bianco crema al bruno-casta-no e bruno-nerastro. Il diamentro del cappello varia da un minimo di 20 fino a oltre 30 cm.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Fungo di Borgotaro IGP rica-de nei comuni di Albareto e Borgo Val di Taro in provincia di Parma, nella regione Emilia-Romagna e nel comune di Pontremoli in provincia di Massa-Carrara, nella regione To-scana.

STORIA Le prime notizie che riportano al Fungo di Borgotaro IGP le troviamo nell’Istoria di Borgo Val di Taro redatta da Alberto Clemente Cassio (1669-1760). Una seconda testimonianza sulla produzione fungina si ricava dal Vocabolario topogra-fico del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla di Lorenzo Molossi del 1832-1834, in cui nella voce dedicata al territo-rio di Albareto l’autore cita la fiorente produzione di funghi. Il commercio dei Funghi di Borgotaro si è sviluppato ulterior-mente nel corso del XIX, dando luogo a diversi tentativi di

razionalizzarne la raccolta onde impedirne uno sfruttamen-to eccessivo, fino ad arrivare, nel 1964, all’istituzione di una prima riserva dedicata.

GASTRONOMIA Il Fungo di Borgotaro IGP può essere conservato per alcuni giorni ponendolo nel ripiano inferiore del frigorifero oppure in ambiente fresco. Qualora si desideri conservarlo per un periodo più lungo, si può essiccare, seguendo l’accorgi-mento di non lavarlo, ma solo ripulirne la superficie esterna, tagliarlo a fette ed esporlo al sole per qualche giorno su una tavola di legno. In alternativa, i funghi si possono anche surgelare, nel qual caso andrebbero prima cotti, per evitare che durante lo scongelamento si rammolliscano perdendo acqua. Il Fungo di Borgotaro IGP rappresenta un ingredien-te ideale nella preparazione di molti piatti della tradizione: crudo in fette sottilissime con scaglie di Parmigiano-Reg-giano DOP, con la polenta, nei sughi o come ripieno delle paste fresche, trifolato, alla piastra o sotto olio.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Fungo di Borgotaro IGP, nelle quattro specie: Boletus aestivalis o Rosso; Boletus pinophilus o Moro; Boletus aereus o Ma-gnan; Boletus edulis o Fungo del Freddo. È commercializ-zato, dalla primavera al tardo autunno, sfuso o in cassette.

NOTA DISTINTIVA La secolare attività selvicolturale attuata nel territorio di pro-duzione influisce positivamente sulla crescita del Fungo di Borgotaro IGP, regalando caratteristiche organolettiche e di qualità che lo differenziano dagli altri funghi.

Consorzio Fungo di BorgotaroVia Nazionale, 54 43043 Borgo Val di Taro (PR)Tel: +39 0525 90155 Fax: +39 095 0525 91154www.fungodiborgotaro.com [email protected]

Suolo e Salute Srl.Via Paolo Borsellino, 12/B 61032 Fano (PU)Tel: +39 0721 860543 Fax: +39 0721 860543www.suoloesalute.it [email protected]

FUNGO DI BORGOTARO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Insalata di Lusia IGP è un ortaggio a foglia larga allo stato fresco appartenente alla famiglia delle Asteracee, specie Lactuca sativa, nelle due varietà: Crispa (detta an-che Gentile) e Capitata (denominata anche Cappuccia). METODO DI PRODUZIONE La produzione dell’Insalata di Lusia IGP si effettua in suoli opportunamente preparati sia in pieno campo che in coltura protetta. Vengono utilizzate piantine con 3-5 foglie dotate di pane di terra e poste in un contenitore alveolare. Il sesto di impianto utilizzato è 30-35 cm tra le file e 30-35 cm sulla fila. A seguito della piantagione, vengono apportati ridotti interventi irrigui grazie alla pre-senza di una falda freatica che sopperisce alle esigenze idriche. La raccolta inizia quando la varietà Gentile ha raggiunto un peso non inferiore a 150 g e la varietà Cap-puccia un peso non inferiore a 200 g. I cespi sono poi puliti, eliminando le foglie basali, e lavati. Queste opera-zioni, cosiddette di “toelettatura”, vengono effettuate in campo, in modo da evitare ulteriori manipolazioni che potrebbero comportare un deterioramento delle qualità del prodotto. Al termine della pulitura ogni cespo viene preconfezionato e poi trasportato nei locali idonei ad ul-timarne il confezionamento.

ASPETTO E SAPORE L’Insalata di Lusia IGP presenta un fusto molto carnoso e corto, di lunghezza variabile. La varietà Cappuccia ha peso variabile da 200 a 450 g; presenta foglie tendenti al verde brillante, di forma ondulata e compatta, dal gusto fresco e croccante. La varietà Gentile ha peso legger-mente inferiore, che varia da 150 a 450 g; la foglia risulta bollosa con margine frastagliato, di colore verde chiaro e brillante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Insalata di Lusia IGP ricade all’interno dei confini territoriali dei seguenti comuni: Lu-sia, Badia Polesine, Lendinara, Costa di Rovigo, Fratta Polesine, Villanova del Ghebbo in provincia di Rovigo; Barbona, Vescovana e Sant’Urbano in provincia di Pado-va, nella regione Veneto.

STORIA Le origini dell’orticoltura nel territorio di Lusia risalgono all’inizio del Novecento, come attività destinata al con-sumo familiare. Dal 1933 si trova menzione della produ-zione di insalate con la dicitura Latuga o Salata, con cui generalmente si intendeva l’insalata Cappuccia, nei qua-derni manoscritti dei produttori della zona. Secondo i dati statistici sulla produzione orticola degli anni Cinquanta, le insalate si erano affermate come secondo prodotto in

termini quantitativi. L’introduzione della varietà Gentile ri-sale agli anni Sessanta ad opera di alcuni commercianti di Lusia, i quali la importarono dal mercato veronese che erano soliti frequentare. Da allora, grazie ad un territorio particolarmente vocato, la produzione ha subito continui miglioramenti realizzati anche attraverso la selezione ge-netica delle varietà.

GASTRONOMIA L’Insalata di Lusia IGP va conservata in luoghi freschi e asciutti, al riparo da luce o fonti di calore. Abbinata a se-condi a base di carne o pesce è ideale come contorno, ma può essere un gustoso piatto unico se abbinata a verdura cruda, legumi e cereali in chicchi, tonno sotto olio o formaggi di vario tipo.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Insa-lata di Lusia IGP, nelle varietà: Crispa o Gentile e Capitata o Cappuccia. È commercializzato confezionato in conte-nitori di plastica, legno, cartone, polistirolo e altri materiali per alimenti. È disponibile sul mercato per 10-11 mesi all’anno.

NOTA DISTINTIVA Le condizioni pedoclimatiche della zona di produzione contribuiscono a conferire all’Insalata di Lusia IGP qualità che la distinguono da altri prodotti simili. In particolare, la ricchezza in sali minerali dell’acqua e del terreno, che ren-de il prodotto ricco di potassio e calcio e particolarmente sapido, tanto da consentire di gustarlo appieno senza aggiungere sale alimentare come condimento.

Consorzio di tutela e promozione dell’Insalata di Lusia IGPPiazza Garibaldi, 6 45100 Rovigo (RO)Tel: +39 0425 [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

INSALATA DI LUSIA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Kiwi Latina IGP si riferisce al frutto allo stato fresco ot-tenuto dalla specie botanica Actinidia deliciosa, varietà Hayward.

METODO DI PRODUZIONE La pianta predilige terreni freschi e profondi, ben drenati e ricchi di sostanze organiche e minerali come ferro e ma-gnesio. Per avere una buona impollinazione e quindi un buon raccolto bisogna che le piante femminili e maschili vengano alternate in modo corretto: un maschio ogni 5-8 femmine. Nel periodo compreso tra la fine di giugno e l’inizio di luglio si effettua il diradamento dei frutti, ven-gono cioè eliminati quelli che presentano evidenti difetti, in modo da lasciare solo circa 800-1000 frutti per pian-ta. La raccolta avviene tra fine ottobre e inizio novembre, periodo in cui generalmente i frutti, con la maturazione, sviluppano il giusto contenuto di zuccheri (valori opportu-namente misurati dagli agricoltori).

ASPETTO E SAPORE Il Kiwi Latina IGP ha forma cilindrico-ellissoidale con dia-metro inferiore all’altezza. La buccia è di colore bruno e fondo verde chiaro; la polpa è di colore verde smeraldo chiaro, con columella biancastra e morbida, circondata da una corona di piccoli e numerosi semi neri. La con-sistenza è soda, il sapore presenta una sapidità tipica, dolce-acidula gradevole che si raggiunge a completa maturazione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Kiwi Latina IGP comprende 24 comuni nelle province di Roma e Latina, nella regione Lazio.

STORIA Nonostante sia conosciuto come frutto originario della Nuova Zelanda, il kiwi era già noto in Cina oltre 700 anni fa, dove era considerato una delicatezza alla corte del Gran Khan. In epoca più recente, sono stati alcuni mis-sionari neozelandesi, all’inizio del secolo scorso a portare le prime piante selvatiche di Actinidia deliciosa nel pae-se australe, dove la cosiddetta “uva spina cinese” - così era chiamato all’epoca il kiwi - era inizialmente conside-rata come pianta ornamentale da giardino. Solamente nell’immediato dopoguerra fu sviluppata la prima varietà commerciale per il consumo alimentare. Il nome attua-le del frutto è stato coniato solo nel 1959 e trae origine dall’uccello che simboleggia la Nuova Zelanda. Nel corso degli anni Settanta la pianta è arrivata nel nostro Paese e la sua coltivazione si è diffusa rapidamente, facendo in breve tempo dell’Italia il principale produttore mondiale di kiwi. In particolare nel Lazio è stata introdotto nel 1971 da

Ottavio Cacioppo, che realizzò un impianto sperimentale a San Felice Circeo (LT). Così nel 1973 nacquero i primi impianti in provincia di Latina. Nel 1978 fu organizzato a Torino il primo convegno sull’actinidia nel corso del quale la zona agro pontina è stata menzionata come zona italia-na particolarmente vocata alla produzione del kiwi.

GASTRONOMIA Il Kiwi Latina IGP va conservato in frigorifero e preferi-bilmente consumato entro pochi giorni dall’acquisto. Se riposto all’interno di un sacchetto di plastica, si mantiene anche fino a due settimane. È inoltre consigliabile non tenere il kiwi vicino ad altra frutta perché questo potreb-be causare l’accelerazione del processo di maturazione. Ricco di vitamina C e ottimo antiossidante, il frutto vie-ne generalmente consumato fresco, ad esempio come frutta da tavola o come ingrediente nelle macedonie, ma si presta bene anche per la preparazione di marmellate, confetture, dolci, gelati, succhi, sciroppi e liquori.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Kiwi Latina IGP. È commercializzato nelle categorie commer-ciali Extra (peso superiore a 90 g) e Prima (peso superiore a 80 g), sfuso o confezionato. È disponibile sul mercato da gennaio ad aprile e da ottobre a dicembre.

NOTA DISTINTIVA La tipicità del Kiwi Latina IGP deriva dalla combinazione di fattori quali il clima, temperato-umido privo quasi del tutto di gelate, e le caratteristiche del suolo, sabbioso e ricco di minerali di origine vulcanica.

Consorzio di Tutela IGP Kiwi LatinaVia Umberto I, 80 04100 LatinaTel: +39 0773 672256 Fax: +39 0773 474087

CCIAA di LatinaViale Umberto I, 80 04100 LatinaTel: +39 0773 6721 Fax: +39 0773 693003www.cameradicommerciolatina.it [email protected]

KIWI LATINA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Bella della Daunia DOP è riferita all’oliva da mensa di grandi dimensioni, verde o nera, ottenuta dalla varietà di olivo Bella di Cerignola.

METODO DI PRODUZIONE La raccolta ha inizio ai primi di ottobre ed avviene ma-nualmente con l’ausilio dei teli di raccolta per evitare il contatto dei frutti con il terreno, al fine di evitare danni alle olive. Per evitare il contatto delle olive con il terreno vengono anche usati degli appositi teli. L’irrigazione è interrotta 10-15 giorni prima della raccolta. Dopo essere state raccolte, le olive vengono trasportate in apposi-te cassette di plastica in azienda, per essere immedia-tamente avviate alla trasformazione. Le olive vengono cernite e separate in base alla grandezza ed al grado di maturazione. Le olive verdi subiscono un processo di trasformazione, noto come Sistema Sivigliano, che permette di eliminare l’amaro delle olive crude, median-te utilizzo di soluzione sodica. Questo trattamento ha durata di tempo variabile dalle otto alle 15 ore, a secon-da delle temperature, della grandezza delle olive e del loro grado di maturazione. Seguono ripetuti lavaggi, volti ad eliminare la soda. Le olive, così addolcite, vengono conservate per almeno 30 giorni in acqua e sale per consentire la fermentazione, a seguito della quale ac-quisiranno il caratteristico colore verde tendente al giallo paglierino, il gradevole profumo ed il loro gusto delica-to. Dopo questa fase, le olive sono pronte per essere confezionate e pastorizzate. Le olive nere subiscono un processo di trasformazione, noto come Sistema Cali-forniano. Le olive vengono messe in acqua e sale per almeno 30 giorni. Dopo di che vengono addolcite con soluzione sodica, lavate e quindi ossidate mediante im-missione di aria compressa nell’acqua. Le olive, annerite per ossidazione, vengono quindi trattate con soluzione di gluconato di ferro che ne fissa il nero. Dopo questa fase, le olive vengono immediatamente confezionate e sterilizzate.

ASPETTO E SAPORE La Bella della Daunia DOP è di colore verde o nero, di grandi dimensioni, con peso fino a 30 g. La forma è allungata, simile ad una susina. La pellicola è sottile, la polpa compatta e dal gusto delicato. È ideale per la conservazione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione de La Bella della Daunia DOP comprende i comuni di Cerignola, Stornara, Stornarella e Orta Nova in provincia di Foggia e i comuni di San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli in provincia di Barletta-Andria-Trani, nella regione Puglia.

STORIA L’origine dell’oliva della varietà Bella di Cerignola, tutela-ta come La Bella della Daunia DOP, discenderebbe dalle olive Orchites dei Romani, mentre altri sostengono che sarebbe stata importata dalla Spagna intorno al 1400, durante il periodo aragonese (motivo per cui è cono-sciuta anche con il nome di Gigante di Spagna o oliva di Spagna). Non essendovi traccia di piante di Bella di Cerignola in Spagna viene da sempre considerata come varietà autoctona dell’areale geografico del Tavoliere delle Puglie, meglio noto come Daunia.

GASTRONOMIA La Bella della Daunia DOP rappresenta a pieno titolo uno dei prodotti tipici della dieta mediterranea. La gra-devolezza del gusto, l’immediata utilizzazione senza ne-cessità di cottura, la buona durata nella conservazione, fanno di questa oliva da tavola un ingrediente partico-larmente adatto a molte preparazioni rapide e digeribili, che vanno dagli snack ed aperitivi all’arricchimento di antipasti e contorni.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nelle tipologie La Bella della Daunia DOP Verde e Nera, in vasi di vetro, in latte a banda stagnata o in contenitori di termoplastica.

NOTA DISTINTIVA La Bella della Daunia DOP viene considerata l’oliva da tavola per eccellenza: è particolarmente apprezzata per le sue caratteristiche organolettiche e per l’elevata pez-zatura dei frutti.

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

Consorzio di Tutela Oliva da Mensa DOP La Bella della Daunia Cultivar Bella di CerignolaP.zza della Repubblica 71042 Cerignola (FG)www.consorziotutelaolivabella.com

LA BELLA DELLA DAUNIA DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP si riferisce al seme allo stato secco degli ecotipi locali della specie leguminosa Lens culinaris Moench.

METODO DI PRODUZIONE La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP è ottenuta da piante dalle dimensioni ridotte, alte tra 20 e 40 cm, che hanno un ciclo di vita annuale e fioriscono tra maggio ed agosto; i fiori sono piccoli e bianchi con sfumature ce-lesti e i baccelli contengono da uno a tre semi tondeg-gianti. La tecnica colturale adottata è quella tradizionale, in uso da centinaia di anni, che prevede siano effettuate operazioni di aratura ed erpicatura all’inizio della prima-vera, quando il manto nevoso si scioglie; la semina in-vece dalla metà di marzo alla metà di maggio, a cui fa seguito il processo di rullatura dei campi per facilitare la germinazione. Trascorso un mese e mezzo circa dalla semina del prodotto, si ha generalmente la fioritura del-le piante. L’elevata frequenza delle piogge ed i precoci freddi autunnali accorciano il periodo di maturazione della lenticchia costringendo gli agricoltori allo sfalcio (“carpitura”) e successiva trebbiatura entro agosto. Le piante vengono lasciate essiccare nel campo, raccolte in mucchietti e disposte su file, e quindi trebbiate nell’aia per l’estrazione dei semi.

ASPETTO E SAPORE La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP si presenta sotto forma di semi molto piccoli, appiattiti e tondeg-gianti, dalla buccia molto fine e di colore variabile dal verde screziato al marroncino chiaro (alcuni semi pos-sono essere tigrati).

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP interessa i comuni di Norcia, in provincia di Perugia e Castel Sant’Angelo su Nera, in provincia di Macerata, rispettivamente nelle regioni Umbria e Mar-che. Il territorio ricade integralmente all’interno del Par-co Nazionale dei Monti Sibillini.

STORIA Originaria dell’Asia Minore, la lenticchia è una delle pian-te alimentari note all’umanità da tempi tanto remoti da essere ricordata anche nella Bibbia. L’uso di questo le-gume è conosciuto da millenni, come dimostra il ritrova-mento di semi in tombe neolitiche datate 3000 a.C. La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP ha in particolare una storia antichissima, che risale fino alle origini del-la civiltà agricola umbra. Le tecniche di produzione di questo legume sono infatti le medesime utilizzate sin da tempi antichi.

GASTRONOMIA La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP deve essere riposta in recipienti di coccio, vetro o carta, collocati in ambienti freschi ed asciutti dove si può conservare an-che per lunghi periodi. Una volta cotte, le lenticchie van-no conservate in frigorifero. Caratterizzate da una buccia particolarmente fina e tenera, a differenza degli altri le-gumi non devono essere preventivamente ammorbidite. Consumate previa cottura, possono essere utilizzate sia nella preparazione di primi che di secondi piatti. I suoi pregi gastronomici sono un tempo di bollitura non supe-riore ai 20 minuti e la capacità di mantenere la cottura, che rendono questo prodotto adatto per primi piatti quali zuppe o pasta, ma anche e soprattutto come contorno. È infatti l’ideale accompagnamento dei salumi umbri e il tradizionale compagno di cotechino e zampone.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Len-ticchia di Castelluccio di Norcia IGP. È commercializzato in sacchetti di juta o in confezioni di cartone o plastica, di peso di 250 e 500 g e da 1 kg. Sul mercato è inoltre disponibile come prodotto trasformato (lenticchie stu-fate o lessate) ottenuto da Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP confezionato in barattoli da 400 g.

NOTA DISTINTIVA La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP, unica per le ridotte dimensioni e il sapore inconfondibile, è una delle protagoniste della famosa “fioritura” dei piani di Castel-luccio, evento naturale che ogni anno nei mesi estivi of-fre uno spettacolo suggestivo di colori e profumi.

Cooperativa Lenticchia Castelluccio di NorciaVia del Lavoro Zona Industriale 06046 Norcia (PG)Tel: +39 0743 817073 www.lenticchiacastelluccio.it [email protected]

3a Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria Soc. Cons. A R. L.Fraz. Pantalla - 06059 Todi (PG)Tel: +39 075 89571 www.parco3a.org [email protected]

LENTICCHIA DI CASTELLUCCIO DI NORCIA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Limone Costa d’Amalfi IGP è un agrume allo stato fresco che appartiene alla specie Citrus limon L., varietà Sfusato Amalfitano. METODO DI PRODUZIONE È ottenuto da un tipo di coltura a terrazzamento, la cui struttura rende coltivabili territori di particolare pendenza. Le unità colturali sono inglobate in muretti di contenimen-to chiamati “macere”. Questo metodo produttivo richiede una grande manutenzione al fine da assicurare il corretto drenaggio delle acque (mediante l’eliminazione della ve-getazione infestante dalle pareti). L’albero viene allevato sotto tipiche impalcature di legno di castagno, di altez-za non inferiore a 180 cm, eventualmente sormontate da coperture che hanno sia una funzione di riparo dalle av-versità meteorologiche, che di ritardo della maturazione. Nei primi due anni non si esegue una vera potatura ma si fa crescere la pianta liberamente legando le ramificazioni alle traverse. La raccolta viene eseguita esclusivamente a mano, evitando di far toccare i frutti a terra; il periodo è generalmente quello compreso tra febbraio e ottobre, anche se ci possono essere variazioni in base all’anda-mento climatico. ASPETTO E SAPORE Il Limone Costa d’Amalfi IGP è caratterizzato da forma ellittica e affusolata. La buccia è di colore giallo citrino e di spessore medio, separata dalla polpa da uno strato bianco e spugnoso, risulta caratterizzata da un profumo intenso e aromatico per la presenza di oli essenziali. La polpa è di colore giallo paglierino e priva di semi, suc-co abbondante con elevata acidità, dall’aroma e profumo molto intensi.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Limone Costa d’Amalfi IGP comprende l’intero territorio del comune di Atrani e par-te del territorio dei comuni di Amalfi, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare, in provincia di Salerno, nella re-gione Campania.

STORIA Le pregiate qualità del Limone Costa d’Amalfi IGP godono di fama plurisecolare. Alcuni dipinti della Casa del Frutteto di Pompei, risalenti agli inizi del IX secolo, raffigurano i co-lori caratteristici della Costa d’Amalfi. In questo periodo il paesaggio è punteggiato da limoneti, ribattezzati “giardini” per la loro cura e bellezza, preziosissimi per salvaguardare il territorio dal dissesto idrogeologico. La produzione di limoni permetteva inoltre agli amalfitani, popolo di naviga-tori, di avere sempre a bordo delle navi un’efficace arma

contro lo scorbuto. Dal XV secolo iniziò un fiorente com-mercio marittimo, che partiva dalla cittadina di Minori e si dirigeva verso numerosi porti italiani ed europei, stimolan-do la diffusione dei giardini di limoni.

GASTRONOMIA Il Limone Costa d’Amalfi IGP va conservato in frigorifero o in un luogo fresco e asciutto. Può essere consumato fresco o essere utilizzato per la preparazione di numerosi piatti. Prodotto molto versatile in cucina, non esiste porta-ta di terra o di mare che non possa essere insaporita con il suo succo, la sua polpa o la sua scorza grattugiata. Tra-dizionalmente si consuma fresco tagliato a fette, con l’ag-giunta di un pizzico di sale o zucchero, foglioline di menta e aceto. È perfetto anche come ingrediente in antipasti, primi piatti, carne o pesce, frutta e verdura. Ideale come base di conserve, marmellate o confetture, viene usato inoltre per la preparazione di biscotti, dolci e dei liquori.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Limone Costa d’Amalfi IGP. È commercializzato fresco da febbraio a ottobre con peso unitario di 100 g, in contenitori rigidi con capienza variabile da 0,5 a 15 kg. Il prodotto è reperi-bile in commercio anche trasformato, come Limoncello a base di Limone Costa d’Amalfi IGP.

NOTA DISTINTIVA Recenti studi chimico-alimentari hanno stabilito che il Li-mone Costa d’Amalfi IGP contiene una quantità di com-posti aromatici in misura quasi doppia rispetto a ogni altro limone.

Consorzio di Tutela Limone Costa d’Amalfi IGPC.so Regina, 71 84010 Maiori (SA)Tel: +39 089 853876 www.limonecostadamalfiigp.com [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

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LIMONE COSTA D’AMALFI IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Limone di Rocca Imperiale IGP è il frutto fresco pro-veniente dalla cultivar Femminello, appartenente alla specie botanica Citrus limon Burm.

METODO DI LAVORAZIONE È prevista sia la costituzione di nuovi impianti che la riconversione varietale di agrumeti già esistenti con le cultivar appartenenti al gruppo Femminello. Le opera-zioni di potatura vengono effettuate verso fine inverno, senza inoltrarsi nel periodo della fioritura. L’irrigazione varia in rapporto all’andamento stagionale e alle esi-genze della pianta. La concimazione si basa sullo stato di fertilità dei terreni ed è attuata secondo il metodo di produzione, così come la difesa fitosanitaria. I frutti vengono raccolti tutto l’anno, manualmente, e questa operazione richiede pratica e cura per evitare danni ai frutti e conseguentemente la possibilità di penetrazio-ne a svariati parassiti fungini. Occorre raccogliere con tempo asciutto o comunque aspettando che i frutti sia-no liberati dalla rugiada condensatasi durante la notte precedente.

ASPETTO E SAPORE Il Limone di Rocca Imperiale IGP ha forma allungata, di medie dimensioni. La sua buccia è di colore variabile da verde chiaro a giallo. Quasi priva di semi, la polpa è di colore giallo pallido, il succo abbondante e chiaro, né acido né amaro.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Limone di Rocca Imperiale IGP coincide con il territorio amministrativo del comune di Rocca Imperiale, in provincia di Cosenza, nella regio-ne Calabria.

STORIA La produzione del Limone di Rocca Imperiale risale al Seicento mentre è nel periodo compreso tra il 1865 e il 1870 che si sono registrare le prime esportazioni, in occasione delle fiere che si svolgevano a Napoli e alle quali parteciparono i primi commercianti. Nel 1877 la produzione dei limoni a Rocca è inferiore, quanto a nu-mero di piante, solo a Trebisacce, Corigliano e Rossa-no, comuni molto più grandi di Rocca Imperiale. A par-tire dagli anni Cinquanta del XX secolo, alle coltivazioni tradizionali si sono sostituiti gli impianti specializzati, ancora oggi in funzione. L’uso consolidato del nome “Limone di Rocca Imperiale” è affermato da oltre 25 anni e l’uso corrente di questa denominazione, anche nelle regioni limitrofe, è dimostrato dai documenti com-merciali e di trasporto delle aziende del comprensorio, da documenti parrocchiali, da manifestazioni fieristiche

locali ed incontri promossi dalle organizzazioni profes-sionali agricole. A testimonianza della vitalità di una tra-dizione molto radicata nel territorio, nella prima metà di agosto si svolge la Sagra dei Limoni di Rocca Imperiale, che si tiene nella omonima località e che rappresenta da diversi anni la più rinomata occasione per la degu-stazione del prodotto.

GASTRONOMIA Il Limone di Rocca Imperiale IGP va conservato in fri-gorifero o in un luogo fresco e asciutto, preferibilmen-te all’interno di un sacchetto di carta. Il suo succo e i suoi olii essenziali lo rendono particolarmente adatto nella preparazione di dolci, sorbetti e gelati. La buccia può essere utilizzata in bevande quali tè, acqua tonica o drinks. In cucina si apprezza al meglio anche su primi e secondi piatti sia a base di pesce che di carne. È usato, inoltre, per la preparazione di prodotti da forno e liquori.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Li-mone di Rocca Imperiale IGP. È immesso al consumo in contenitori e/o vassoi di legno, plastica, cartone; in sacchi retinati di peso massimo di 5 kg; in bins alveolari. Le categorie di vendita sono: Extra, Prima e Seconda.

NOTA DISTINTIVA Il Limone di Rocca Imperiale IGP ha una resa in succo superiore al 30% e un contenuto in limonene – un olio essenziale che conferisce al prodotto un profumo inten-so e persistente – superiore al 70%.

Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Limone di Rocca ImperialeVia Castello Aragona 87074 Rocca Imperiale (CS)Tel. e Fax: +39 0981 [email protected]

ICEA - Ist. Certif. Etica e AmbientaleVia Nazario Sauro, 2 40121 BolognaTel: +39 051 272986 www.icea.info [email protected]

LIMONE DI ROCCA IMPERIALE IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Limone di Siracusa IGP è un agrume della specie bo-tanica Citrus limon L. Burm, cultivar Femminello e suoi cloni, nelle tipologie: Primofiore, Bianchetto o Maiolino (o limone primaverile), Verdello (o limone d’estate).

METODO DI PRODUZIONE I sesti di impianto devono avere una densità massima di 400-500 piante per ettaro o di 850 unità nel caso di sesti dinamici. Gli impianti possono essere curati con metodo convenzionale, integrato oppure biologico. Tutte le operazioni colturali vanno eseguite in modo tale che si mantenga il giusto equilibrio e sviluppo della pianta, che deve sempre essere soggetta ad una corretta aerazione ed esposizione al sole. La raccolta dei frutti è manuale ed è effettuata, direttamente dalla pianta, con l’ausilio di forbicine per il taglio del peduncolo e si esegue in periodi diversi: a partire dal primo ottobre fino al 14 aprile per il Primofiore; dal 15 aprile al 30 giugno per il Bianchetto o Maiolino; dal primo luglio al 30 settembre per il Verdello.

ASPETTO E SAPORE Il Limone di Siracusa IGP presenta caratteristiche diffe-renti a seconda della tipologia. Il Primofiore infatti ha pez-zatura medio-grande, forma ellittica, buccia e polpa di colore variabile dal verde chiaro al giallo-citrino e succo giallo citrino. Il Bianchetto o Maiolino ha pezzatura gran-de, si presenta ellittico od ovoidale, buccia giallo chiaro, polpa gialla e succo giallo-citrino. Il Verdello, medio-grande, ha forma ellittico-sferoidale, buccia colore verde chiaro, mentre succo e polpa sono giallo-citrino.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Limone di Siracusa IGP com-prende tutto o parte del territorio amministrativo dei co-muni di Augusta, Melilli, Siracusa, Noto, Avola, Rosolini, Floridia, Priolo Gargallo, Solarino e Sortino in provincia di Siracusa, nella regione Sicilia.

STORIA La pianta del limone iniziò ad essere coltivata in maniera intensiva nel siracusano a partire dal XVII secolo ad ope-ra dei Padri Gesuiti, esperti coltivatori. Il limone divenne una delle principali fonti di sostentamento del territorio e nel 1891 la produzione raggiunse circa 11.600 tonnellate di prodotto. Visto il successo della coltivazione, nell’area iniziarono a nascere aziende che lavoravano questi frut-ti per ricavare l’agro-cotto, il citrato di calcio e l’acido citrico. Si iniziò a commercializzare il prodotto anche all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra. La coltura del limone del siracusano è rimasta, fino ad oggi, uno dei fiori all’occhiello dell’economia locale.

GASTRONOMIA Il Limone di Siracusa IGP va conservato in frigorifero o in luogo fresco e asciutto. La temperatura ideale di con-servazione va da 6 a 12°C. Le caratteristiche del succo (come la resa, il contenuto di vitamina C e di acido citri-co) nonché le peculiarità dei suoi oli essenziali (ricchi di aldeidi quali il nerale e il geraniale) lo rendono particolar-mente adatto nella preparazione di dolci, sorbetti e gela-ti. La buccia può essere utilizzata in moltissime bevande come tè, acqua tonica o drinks. In cucina si apprezza anche su primi e secondi piatti sia a base di pesce che di carne. È usato infine per la preparazione di prodotti da forno e liquori.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Limone di Si-racusa IGP, nelle tipologie: Primofiore, Bianchetto o Ma-iolino, Verdello. Grazie alla scalarità delle tre tipologie è disponibile sul mercato tutto l’anno anche se il periodo di vendita più rilevante va comunque dal mese di ottobre al mese di maggio. Può essere commercializzato sfuso oppure confezionato in idonei contenitori di cartone, le-gno, plastica oppure in reti e borse con banda plastica attaccata alla rete. Le categorie commerciali sono esclu-sivamente la Extra e la Prima.

NOTA DISTINTIVA Il Limone di Siracusa IGP si distingue dagli altri per l’ele-vata succosità, la ricchezza di ghiandole oleifere nella buccia e l’alta qualità degli oli essenziali. È inoltre un ot-timo dissetante, aromatico, ricchissimo di vitamina C e di sali minerali.

Consorzio del Limone di Siracusa c/o SOAT Siracusa Viale Teracati, 39 96100 Siracusawww.limonedisiracusa.it [email protected]

IZS Sicilia Istituto Zooprofilattico Sperimentale della SiciliaVia G.Marinuzzi, 3 90129 PalermoTel: +39 091 6565111www.izssicilia.it

LIMONE DI SIRACUSA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Limone di Sorrento IGP è un agrume allo stato fresco della specie Citrus limon L., Burmann, nell’ecotipo locale Ovale di Sorrento noto anche come Limone di Massa Lu-brense o Massese.

METODO DI PRODUZIONE La coltivazione generalmente utilizzata è quella del ter-razzamento, con le piante inglobate in muretti di conteni-mento. La forma di allevamento è a “vaso libero”, adatta-to a un idoneo sistema di copertura. Gli alberi sono infatti sono coltivati sotto il cosiddetto “pergolato sorrentino”, vale a dire delle impalcature particolari costituite da pali, preferibilmente di legno di castagno, ricoperte di canne dette “pagliarelle”. La specie, altamente rifiorente, effettua ben cinque fioriture nell’arco dell’anno ed è per questo possibile effettuare la raccolta in un arco temporale piut-tosto esteso, che generalmente va dal 1 gennaio al 31 ottobre. I frutti devono essere raccolti obbligatoriamente a mano, in modo da impedirne il contatto con il terreno.

ASPETTO E SAPORE Il Limone di Sorrento IGP è caratterizzato da forma ellit-tica e dimensioni medio-grandi, peso non inferiore a 85 g. La buccia è ricca di oli essenziali che la rendono par-ticolarmente profumata e si distingue per uno spessore medio e un colore giallo citrino. All’interno la polpa è giallo paglierino chiaro, risulta molto succulenta, con un succo abbondante e di elevata acidità, ben equilibrata dal con-tenuto di zuccheri.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Limone di Sorrento IGP com-prende parte del territorio dei comuni di Vico Equense, Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello, Sorrento, Massa Lubrense, Capri e Anacapri, in provincia di Napoli, nella regione Campania.

STORIA Il Limone di Sorrento IGP è frutto di una lunga tradizione. La presenza del limone nella Penisola Sorrentina è atte-stata da documentazioni, atti di vendita, dipinti, trattati di letteratura e di botanica che risalgono all’epoca rinasci-mentale, mentre le prime coltivazioni in forma specializza-ta sarebbero state opera dei Padri Gesuiti nel XVII secolo. Ancora oggi esiste uno dei primi fondi coltivati, chiamato appunto “il Gesù”, situato nella Conca di Guarazzanno, tra Sorrento e Massa Lubrense. Questa testimonianza avvalora la tesi secondo la quale è proprio da questi due comuni della Penisola Sorrentina che hanno avuto origine i nomi con cui è conosciuta la varietà: Ovale di Sorrento e Massese. Citato nelle opere di Torquato Tasso, originario di Sorrento, Giovanni Pontano e Gianbattista della Porta,

nel XVIII secolo lo storico Bonaventura Da Sorrento ne testimonia la spedizione in tutto il mondo, soprattutto at-traverso i bastimenti diretti verso l’America.

GASTRONOMIA Il Limone di Sorrento IGP va conservato in frigorifero o in luogo fresco e asciutto. Può essere consumato fresco o essere utilizzato per la preparazione di diverse ricette, dai primi ai secondi piatti, fino ai dolci, essendo un prodotto molto versatile in cucina. Tra le specialità caratteristiche a base di Limone di Sorrento IGP non si può non citare il limoncello, il famoso liquore tipico della zona, ottenuto dalla buccia del limone messa in infusione in una soluzio-ne alcolica. Da provare anche un’altra deliziosa specialità: la marmellata a base di Limone di Sorrento IGP.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Limone di Sorrento IGP. È commercializzato sfuso o in contenitori rigidi con capienza variabile da 0,5 kg fino a un massimo di 15 kg, realizzati con materiale vegetale, cartone o con altro materiale riciclabile. Il prodotto è reperibile in com-mercio anche trasformato, come Marmellata di Limone di Sorrento IGP e Liquore di Limone di Sorrento IGP.

NOTA DISTINTIVA Il Limone di Sorrento IGP è coltivato lungo i pendii che discendono sino al mare ed è allevato sotto tradiziona-li impalcature che lo proteggono dalle intemperie e ne ritardano la maturazione, garantendo così la possibilità di raccogliere i frutti in modo scalare durante quasi tutto l’anno.

Consorzio di Tutela del Limone di Sorrento IGPVia T. Astarita, 34 80062 Meta (NA)www.limonedisorrentoigp.it [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

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LIMONE DI SORRENTO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Limone Femminello del Gargano IGP è un agrume allo stato fresco della varietà Femminello Comune, nelle culti-var locali: Limone a Scorza Gentile (Citrus limonium tenue Riss. detto anche Lustrino) e Limone Oblungo (Citrus li-monium oblungum Riss. conosciuto come Fusillo).

METODO DI PRODUZIONE Le lavorazioni del terreno si limitano alle zappature pri-maverili e alle concimazioni, generalmente con letame ovino-caprino; in alternativa si ricorre a concimazioni a base di perfosfati. Sistematiche potature primaverili, pri-ma della ripresa vegetativa, modellano costantemente la cupola e soprattutto garantiscono il necessario equi-librio tra attività vegetativa e produttiva. Le cure colturali prevedono inoltre la difesa, sia da avversità atmosferi-che fronteggiate anche con i frangivento, sia da attacchi parassitari, principalmente cocciniglie, che sono causa delle fumaggini. L’irrigazione delle piante di limone av-viene nel periodo che va da maggio ad ottobre. La rac-colta è manuale, con l’ausilio di forbici. La produzione non deve superare le 35 tonnellate per ettaro. È vietata la maturazione artificiale dei frutti.

ASPETTO E SAPORE Le due varietà di Limone Femminello del Gargano IGP sono contraddistinte dalla forte presenza di oli essenziali e profumi molto intensi nella buccia. Il Limone a Scorza Gentile è caratterizzato da forma sferoidale (diametro minimo 50 mm), buccia particolarmente liscia e di spes-sore sottile e si distingue per il colore giallo chiaro. All’in-terno la polpa è di colore giallo citrino con un numero ridotto di semi. Il Limone Oblungo è di forma ellissoidale, dimensioni medio-grandi (diametro minimo 60 mm), è caratterizzato da una buccia più o meno liscia, di spes-sore medio e di colore giallo più intenso.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Limone Femminello del Gar-gano IGP comprende i territori dei comuni di Vico del Gargano, Ischitella e Rodi Garganico, in provincia di Foggia, nella regione Puglia.

STORIA La tradizione agrumaria in Puglia risale all’anno Mille. Alcuni documenti riportano che Melo, Principe di Bari, per invogliare alcuni pellegrini normanni alla conquista della regione, inviò in Normadia, a riprova della fertilità e ricchezza della zona, una certa quantità di frutti, tra cui anche i “pomi citrini” del Gargano corrispondenti al “melangolo” (arancio amaro). Alla fine del Seicento, frate Filippo Bernardi descrive il paesaggio garganico come ricco di “agrumi, che rende i paesani ricchi per il con-

tinuo traffico che vi fanno i Veneziani e gli Schiavoni i quali vengono a caricar vini, arance, limoni”. Dal Sette-cento, inoltre, ogni anno nel mese di febbraio, una lunga processione, in onore di San Valentino, eletto a Santo protettore degli agrumeti culmina sul colle del Carmine, per benedire le piante.

GASTRONOMIA Il Limone Femminello del Gargano IGP va conservato in frigorifero o in luogo fresco e asciutto. Può essere consumato fresco o, essendo un prodotto molto versa-tile, per la preparazione di numerose ricette. Può essere inoltre utilizzato come gustoso sostituto dei condimenti grassi, per insaporire piatti a base di carne, pesce e nei fritti. È ideale come base di conserve, marmellate o con-fetture, ma anche per la preparazione di canditi, biscotti o dolci, nonché di ottimi liquori.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Limone Fem-minello del Gargano IGP nelle tipologie: a Scorza Gentile (o Lustrino) e Oblungo (o Fusillo). È commercializzato sfuso o confezionato in contenitori rigidi di materiale di origine vegetale, legno o cartone, con capacità da 1 a 25 kg.

NOTA DISTINTIVA Il territorio di produzione del Limone Femminello del Gargano IGP è caratterizzato da condizioni pedoclima-tiche che garantiscono una lunga persistenza del frutto sulla pianta e ne permettono la raccolta durante l’intero arco dell’anno.

LIMONE FEMMINELLO DEL GARGANO IGP

CCIAA di FoggiaVia Dante, 27 71100 Foggia (FG)Tel: +39 0881 797111www.fg.camcom.it

Consorzio Gargano AgrumiVia Varano,11 71012 Rodi Garganico (FG)Tel: +39 0884 966168 Fax: +39 0884 966168www.garganoagrumi.com

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Limone Interdonato Messina IGP è un agrume allo stato fresco della specie Citrus limon L. nella cultivar Interdona-to, ibrido naturale tra un clone di cedro e uno di limone.

METODO DI PRODUZIONE Gli impianti possono essere condotti con il metodo in-tegrato oppure biologico. La tecnica di allevamento può prevedere la costituzione di nuovi impianti tramite la mes-sa a dimora di giovani piante, con operazioni eseguite dal primo settembre al 30 giugno; in alternativa può essere operata la conversione varietale di agrumeti già esistenti, nel qual caso le operazioni vengono svolte in primavera o in autunno. Questa cultivar risulta particolarmente sen-sibile ed esigente, motivo per cui le fasi di irrigazione e di potatura sono cruciali per il corretto sviluppo delle piante. L’irrigazione deve essere effettuata da aprile a ottobre, la potatura dal 15 febbraio al 15 settembre. La fioritura av-viene al massimo due volte all’anno e la raccolta, prevista dal primo settembre al 15 aprile, viene eseguita manual-mente. Di solito comunque le operazioni si concludono entro febbraio.

ASPETTO E SAPORE Il Limone Interdonato Messina IGP ha pezzatura medio-elevata, forma ellittica e colore giallo alla maturazione, con estremità verdi opache. L’epicarpo è lucido e sottile. La polpa è gialla e il sapore risulta particolarmente dolce e delicato grazie al modesto contenuto di acido citrico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Limone Interdonato Messina IGP interessa la parte ionica della provincia di Messina, nella regione Sicilia.

STORIA Il limone è presente in Sicilia fin dal periodo bizantino-ara-bo. Dapprima impiegato come pianta ornamentale e per il consumo locale, a partire dalla seconda metà del XVI secolo si pone al centro del comparto socio-economico, con lo sviluppo di una vera e propria attività di limonicoltu-ra. Nel XIX secolo tutto il territorio della fascia ionica della provincia di Messina era conosciuto come la “terra dai giardini sempre verdi” e ogni aspetto della vita quotidiana gravitava intorno a questa particolare varietà, conosciu-ta allora anche come “limone speciale” o “fino”. L’origine della cultivar del Limone Interdonato Messina IGP è attri-buibile al periodo compreso tra il 1875 e il 1880, ottenuto dal colonnello garibaldino Giovanni Interdonato (da cui prende il nome) eseguendo qualcosa come 200 innesti per arrivare ad ottenere infine il giusto ibrido cedro-limone. Il colonnello, dopo aver combattuto nei moti siciliani con i patrioti di Garibaldi e aver governato nel nome dei Savoia

su buona parte del messinese, si rititò a vita privata nella sua villa di Fiumedinisi. Dopo il 1860 sviluppò la passione per la coltivazione degli agrumi, che lo portò ad incrociare un cedro e l’ariddaru, un limone locale, ottenendo quello che oggi è il Limone Interdonato Messina IGP.

GASTRONOMIA Il Limone Interdonato Messina IGP si conserva in luogo fresco e asciutto, possibilmente all’interno di un sac-chetto di carta. Per il suo sapore particolarmente dolce è un ottimo limone da consumare da solo, anche con la buccia, oppure da gustare come insalata, a fette sottili con olio, aceto e sale. In cucina si presta alle più svariate ricette, come il tipico limone zuccarato, oltre alla prepara-zione di bevande di vario tipo. Un segreto per spremerne al meglio il succo è quello di tagliare il frutto in senso ver-ticale, seguendo la naturale direzione degli spicchi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio, da settembre ad aprile, nella tipologia Limone Interdonato Messina IGP. Può essere commercializzato sfuso o confezionato in contenitori di legno, plastica o cartone, in bins alveolari o in sacchi retinati del peso massimo di 5 kg. Le categorie ammesse sono la Extra e la Prima.

NOTA DISTINTIVA Il Limone Interdonato Messina IGP si caratterizza per la maturazione precoce e per il sapore particolarmente dol-ce e delicato, dovuto al modesto contenuto di acido citri-co: è perciò ottimo da consumare da solo ed è il limone migliore da accompagnare al tè.

Consorzio di Tutela Limone Interdonato di Sicilia I.G.P.Via Umberto I 98026 Nizza Di Sicilia (ME)Tel: +39 0942 717072 [email protected]

Suolo e Salute Srl.Via Paolo Borsellino, 12/B 61032 Fano (PU)Tel: +39 0721 860543 Fax: +39 0721 860543www.suoloesalute.it [email protected]

LIMONE INTERDONATO MESSINA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone del Mugello IGP si riferisce al frutto allo stato fresco o trasformato ottenuto da una serie di ecotipi locali riconducibili alla varietà Marrone fiorentino della specie Ca-stanea sativa M.

METODO DI PRODUZIONE I castagneti devono essere ubicati nella fascia altimetrica che va da 300 a 900 metri s.l.m. La densità degli impianti, le forme di allevamento, i sistemi di potatura e di propaga-zione, esclusivamente agamica, devono essere quelli ge-neralmente utilizzati in zona. È inoltre vietata ogni sommi-nistrazione di fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi. La raccolta viene generalmente effettuata a mano. La resa produttiva non può superare i 15 kg di frutti per pianta e i 1.500 kg per ettaro. Tali limiti di produzione devono essere rispettati anche in annate eccezionalmente favorevoli. le operazioni di cernita, di calibratura e “curatura” devono essere effet-tuate nel territorio della Comunità Montana del Mugello, secondo le tecniche tradizionali. Per ottenere il Marrone del Mugello IGP trasformato allo stato secco in guscio, sgusciato intero oppure sfarinato, è necessario lavorare il prodotto fresco mediante essiccazione su graticci a fuoco lento e continuo, alimentato esclusivamente da legna di castagno.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone del Mugello IGP fresco si caratterizza per una forma prevalentemente ellissoidale di pezzatura medio-grande; ha una buccia bruno rossiccio con striature più scure ben definite e la polpa è tipicamente bianca di sapo-re gradevole. Il tipo secco e la farina hanno umidità massi-ma consentita pari al 15%.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone del Mugello IGP com-prende alcuni comuni a nord della provincia di Firenze, corrispondenti a una parte della zona del Mugello, nella regione Toscana.

STORIA La produzione del marrone in Toscana vanta una tradizione secolare. La coltivazione dei castagneti da frutto nella zona del Mugello risale all’epoca romana. Al Medioevo, invece, risalgono i primi documenti storici certi relativi alla diffusio-ne e alla rilevanza di questa coltura. Per secoli i castagneti hanno costituito una delle maggiori risorse economiche per la zona, tanto che la castagna era il principale alimento per i contadini e veniva chiamata “albero del pane”. Nel corso del Novecento, tuttavia, due gravi malattie dei castagne-ti e una forte crisi economica delle aziende agro-forestali hanno portato ad un graduale abbandono della coltura. Dagli anni Ottanta, però, grazie ad un rinnovato interesse,

è stata rivolta particolare attenzione alla salvaguardia dei castagneti per la produzione dei pregiati marroni, che co-stituiscono ancora un patrimonio di grande importanza.

GASTRONOMIA Il Marrone del Mugello IGP va conservato in luogo fresco e asciutto. Se conservato correttamente può durare anche due o tre mesi. Può essere consumato sia allo stato fresco che trasformato. In autunno i marroni esprimono tutta la loro bontà arrostiti o lessati, ma sono anche utilizzati in piatti tradizionali come il castagnaccio o nei gustosi marron glacé. I frutti più piccoli del Marrone del Mugello IGP ven-gono solitamente utilizzati per produrre la farina.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio, a partire dal 5 ottobre di ogni anno, nella tipologia Marrone del Mugello IGP allo stato fresco o secco, in guscio oppure sgusciato intero e sotto forma di farina. Il prodotto fresco è commercializza-to in sacchetti in rete di colore rosso da 1, 5, 10 kg e in sacchetti di juta da 25 e 30 kg, mentre il prodotto secco e sfarinato è collocato in apposite confezioni. Il prodotto è attualmente reperibile in commercio anche trasformato come Marron Glacé proveniente da Marrone del Mugel-lo IGP e Marrone Sciroppato proveniente da Marrone del Mugello IGP.

NOTA DISTINTIVA Il Marrone del Mugello IGP ha uno spiccato carattere di dolcezza, è facile da pelare e non è particolarmente farino-so o astringente. Ha note di vaniglia, nocciola e mandorla con un leggero aroma di pane fresco.

Consorzio di Tutela del Marrone del Mugello IGP Via P. Togliatti, 4 50032 Borgo S. Lorenzo (FI)Tel: +39 055 84527226www.marronemugello.it [email protected]

CCIAA di FirenzePiazza dei Giudici, 3 50122 FirenzeTel: +39 055 27951 Fax: +39 055 2795259www.fi.camcom.it [email protected]

MARRONE DEL MUGELLO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone della Valle di Susa IGP si riferisce al frutto allo stato fresco degli ecotipi locali di castagno noti come Marrone di San Giorio di Susa, Marrone di Meana di Susa, Marrone di Sant’Antonino di Susa, Marrone di Bruzolo e Marrone di Villar Focchiardo.

METODO DI PRODUZIONE I castagneti devono essere mantenuti puliti, il sottobosco deve essere sgombro da arbusti e felci, che devono esse-re adeguatamente sfalciati, senza usare diserbanti o altre sostanze chimiche. La raccolta è manuale o meccanica e inizia nel mese di settembre, generalmente intorno al 20, per terminare nei primi dieci giorni di novembre. I marro-ni sono quindi selezionati e calibrati, in modo da tenere solo quelli non lesionati e che presentano la pezzatura adeguata. Nel caso in cui una quantità di prodotto non sia commercializzata entro 30 giorni dalla raccolta, deve essere sottoposta a “curatura”, per favorirne la conserva-zione. La curatura può avvenire sia a freddo, immergendo gli acheni in acqua a temperatura ambiente per 2-8 giorni, sia a caldo, immergendoli in acqua calda a 48°C per 50 minuti e successivamente in acqua fredda per altri 50 mi-nuti. Non è consentito l’impiego di additivi chimici.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone della Valle di Susa IGP ha pezzatura medio-grande e presenta non più di tre frutti per riccio. La forma è ellissoidale, con apice poco pronunciato. La buccia è marrone-avana tendente al rossiccio, con striature in nu-mero variabile. La polpa è bianca o bianco-crema, quasi senza solcature in superficie, croccante e dolce.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone della Valle di Susa IGP comprende 28 comuni della provincia di Torino, nella re-gione Piemonte.

STORIA In Val di Susa i castagneti sono presenti già in epoca ro-mana, anche se una vera e propria documentazione al riguardo si ritrova solo a partire dal Medioevo. Tra i ca-stagneti che popolavano la valle, uno dei più noti era il Castagneretum di Templeris, che apparteneva ai Templa-ri. Situato tra i comuni di Villar Focchiardo e San Giorio di Susa, in questo castagneto si trovano tutt’ora le più antiche ceppaie di marroni della valle. In seguito, la col-tura si diffuse grazie all’opera delle istituzioni monastiche, che impiantarono castagneti in tutta la Valle di Susa, uti-lizzando gli stessi ecotipi locali dell’attuale IGP. Alla fine dell’Ottocento, il commercio di marroni era florido e diretto non solo alle altre regioni di Italia, ma anche verso la Fran-cia e gli Stati Uniti d’America. Un calo della produzione

si è verificato solo nel secondo dopoguerra, ma a partire dagli anni Ottanta, la rivalutazione dell’importanza socio-economica del castagneto ha portato alla graduale ripresa della coltivazione. A testimonianza del rinnovato interesse, da oltre 40 anni al Marrone della Valle di Susa IGP è de-dicata una sagra che richiama ogni anno una nutrita folla.

GASTRONOMIA Il Marrone della Valle di Susa IGP si conserva al meglio se mantenuto in ambiente fresco e non umido. È un marrone particolarmente facile da pelare, in quanto l’epicarpo si stacca dalla polpa con estrema rapidità. È ottimo arrosti-to o bollito, ma può essere utilizzato come ingrediente in molte ricette, dagli antipasti fino ai dolci. Talvolta, le ca-stagne bollite (ballotte) o arrostite vengono servite anche come contorno oppure utilizzate per la preparazione del pane. Tra i dolci sono sicuramente da menzionare i clas-sici marrons glacés, ma molto apprezzata è anche la va-riante sotto grappa.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Marro-ne della Valle di Susa IGP. È venduto in sacchetti di rete da 1-2-2,5-3 o 10 kg, ma anche in confezioni di peso mag-giore (25 o 50 kg). È disponibile generalmente a partire dal 25 settembre fino alla prima metà di novembre di ogni annata di produzione.

NOTA DISTINTIVA Il Marrone della Valle di Susa IGP è molto apprezzato per la particolare croccantezza della polpa, per la dolcezza e il profumo che lo rendono indiscutibilmente unico.

Associazione Produttori Marroni della Valle di Susac/o Comunità Montana Valle Susa e Val SangoneVia Trattenero, 15 10053 Bussoleno (TO)Tel: +39 0122 642800

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

MARRONE DELLA VALLE DI SUSA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone di Caprese Michelangelo DOP designa il frutto allo stato fresco o essiccato della specie Castanea sativa M., nell’ecotipo locale Marrone di Caprese Michelangelo, appartenente alla varietà Marrone.

METODO DI PRODUZIONE La densità degli impianti produttivi non deve superare le 120 piante per ettaro. La raccolta del frutto deve avvenire a partire dal 20 settembre senza l’utilizzo di mezzi chimici o meccanici che accelerino tale operazione. Per la fase di raccolta è consentito l’impiego di strumentazioni automa-tiche che non alterino le caratteristiche specifiche del frut-to. È inoltre possibile radunare i ricci chiusi o parzialmente aperti in mucchi, detti “pegliai”, i quali, terminata la caduta naturale, possono essere battuti mediante un grosso ra-strello di legno, detto “rigio”, che serve anche a separare le castagne dai ricci o peglie. Il prodotto viene quindi sotto-posto a un procedimento di cernita manuale per scartare i frutti lesionati o colpiti da agenti patogeni. Pur non essendo un’operazione obbligatoria, dopo la raccolta i marroni ven-gono di solito sottoposti alla pratica della “curatura”, che prevede l’immersione dei frutti in acqua per circa 8-12 gior-ni, al fine di liberarli da microrganismi che possono causare la formazione di muffe. Il frutto destinato all’essiccatura, una volta raccolto, è dapprima messo ad essiccare nei tra-dizionali seccatoi a legna o ad aria calda, sui quali rimane per circa 40 giorni; in seguito si procede alla sbucciatura meccanica del prodotto. Tutte le operazioni devono essere effettuato nella zona di produzione del Marrone di Caprese Michelangelo DOP, per conservare la freschezza del frutto e per garantirne la qualità e la rintracciabilità.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone di Caprese Michelangelo DOP presenta forma ellittica-arrotondata o quadrangolare; buccia color avana con striature marroni. La polpa è bianca-avorio, legger-mente incisa nell’episperma, caratterizzata da un aroma che richiama il profumo della mandorla e della vaniglia. Il frutto secco, invece, presenta una colorazione avorio o pa-glierino chiaro.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone di Caprese Michelan-gelo DOP comprende l’intero territorio del comune di Ca-prese Michelangelo e la parte settentrionale del comune di Anghiari, entrambi in provincia di Arezzo, nella regione Toscana.

STORIA Sin dal IX e X secolo, durante il dominio degli Arimanni, si hanno notizie della presenza del castagno nell’ecosiste-ma forestale del territorio di produzione dell’attuale DOP.

Il castagno ha da sempre svolto un ruolo fondamentale nella vita delle popolazioni locali che già anticamente co-struivano, con il legno di questi alberi, mobili, vasi vinari, travi di sostegno. Presto i castagneti si sono trasformati da selvatici a domestici, anche grazie all’introduzione della tecnica dell’innesto. Da questo momento in poi l’economia del territorio si è fortemente incentrata sulla produzione di marroni, che costituisce per molte famiglie della zona di Caprese Michelangelo e Anghiari un’attività tramandata di generazione in generazione.

GASTRONOMIA È consigliabile conservare i Marroni di Caprese Michelange-lo DOP in luoghi freschi e asciutti. Ottimo gustato arrostito, glassato, oppure pelato e bollito. È un ingrediente prezioso per molte ricette come le frittelle, il castagnaccio o il dolce Montebianco. Si accompagna con un bicchiere di vino dol-ce, fresco e profumato, oppure da un vino rosso Novello.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Marrone di Caprese Michelangelo DOP, allo stato fresco o secco. Il prodotto fresco è commercializzato da fine settembre fino a dicembre, confezionato in contenitori sigillati da 1-2-3,5-10-25 kg; quello secco è disponibile in confezioni sigillate con peso di 0,5-1-2-3,5-10 e 25 kg.

NOTA DISTINTIVA Il Marrone di Caprese Michelangelo DOP si caratterizza per la presenza di una grande quantità di amido, confe-rita dalle peculiari condizioni pedoclimatiche della zona di produzione.

Comitato Promotore per il riconoscimento della D.O.P “Marrone di Caprese Michelangelo”Località Manzi 180/b 52033 Caprese Michelangelo (AR) [email protected]

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

MARRONE DI CAPRESE MICHELANGELO DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone di Castel del Rio IGP si riferisce al frutto allo stato fresco ottenuto da castagneti della specie Casta-nea sativa M., nei biotipi: Marrone Domestico, Marrone Nostrano, Marrone di San Michele.

METODO DI PRODUZIONE I castagneti devono essere situati ad un’altitudine di 200-800 metri s.l.m. I castagneti di nuovo impianto de-vono essere costituiti esclusivamente dal biotipo Marro-ne Domestico. I sesti d’impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli tradizionali del luogo. Nella fase produttiva è vietata ogni pratica di forzatura, ogni somministrazione di fertilizzanti di sintesi e il ricorso a fitofarmaci. In genere i frutti si raccolgono a mano da terra, quando i ricci si aprono spontaneamente. L’inizio della raccolta dipende dallo stato di maturazio-ne, che varia in base all’andamento climatico, in genere a partire dalle prime settimane di ottobre viene raccolto per 3-4 settimane l’anno. Dopo la raccolta, si eseguono le operazioni di cernita, calibratura e “curatura” in acqua fredda e/o calda a seconda della tradizione locale.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone di Castel del Rio IGP è caratterizzato da una pezzatura medio-grande. La buccia si distacca fa-cilmente dal frutto e ha un colore bruno rossiccio con delle striature marcate più scure. La polpa è dolce e croccante con superficie esterna quasi completamente priva di solcature.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone di Castel del Rio IGP comprende tutto o parte del territorio dei comuni di Ca-stel del Rio, Fontanelice, Casal Fiumanese e Borgo Tas-sinaro, situati nella provincia di Bologna, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA La castanicoltura nel bolognese ha una storia antica ed è sempre stata un’attività molto importante per questo territorio. Intorno alla metà del XVI secolo la Valle del Santerno donò al Governatore di Romagna “dodici paia di capponi, cento libbre di formaggio Marzola, cento pomi da Rosa dette mele paradise, quaranta tordi, due lepri e sei corbe di Marroni”. Tra i più prelibati frutti di questa terra, infatti, non potevano mancare i marroni, coltivati ampiamente sugli Appennini fin dall’anno Mille, quando i castagneti da frutto presero il posto dei boschi di querce, diventando così una risorsa fondamentale non solo dal punto di vista alimentare ma anche econo-mico. Da allora la produzione è sempre stata attenta-mente regolata. Nel 1694 un editto attestava che “gran

parte della rendita che ricavasi dal territorio di Castel del Rio consiste nel frutto delli castagni”, imponendo perciò l’impianto di nuovi esemplari per ogni albero ab-battuto. Solo nel Settecento, con la diffusione di mais e patata, la superficie a castagneto diminuì. Successiva-mente, la costruzione della Strada Montanara lungo la vallata − tra il 1829 e il 1882 − e l’avvento delle ferrovie favorirono una più grande diffusione dei marroni in Italia e all’estero.

GASTRONOMIA Il Marrone di Castel del Rio IGP deve essere conservato in luogo fresco e asciutto. Può essere consumato allo stato fresco o trasformato. La naturalità e la versatilità del prodotto fanno dei marroni l’ingrediente principe di numerose preparazioni culinarie, tra cui il fagiano, i ta-gliolini, le frittelle, il castagnaccio e le meringhe. Da non dimenticare le tradizionali caldarroste e i marroni lessati, da gustare con i vini moscati o passiti oltre che con il vino novello.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Mar-rone di Castel del Rio IGP. È commercializzato a partire dal 5 ottobre in sacchetti di tessuto idoneo, nelle confe-zioni da 1-2-5 e 10 kg.

NOTA DISTINTIVA Il Marrone di Castel del Rio IGP si distingue dalla comu-ne castagna per le notevoli dimensioni e soprattutto per il profumo, che si esalta nella cottura, oltre che per la facilità con cui può essere sbucciato.

Consorzio Castanicoltori Castel del RioVia Mengoni, 7 40025 Fontanelice (BO)Tel: +39 0542 92638 www.marronedicasteldelrio.it [email protected]

Check Fruit S.r.l.Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO)Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813www.checkfruit.it [email protected]

MARRONE DI CASTEL DEL RIO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone di Combai IGP designa il frutto allo stato fresco ottenuto dalla varietà domestica Macrocarpa della specie Castanea sativa M.

METODO DI PRODUZIONE La raccolta dei frutti avviene a piena maturazione, una volta caduti spontaneamente al suolo oppure median-te la tecnica della bacchiatura, che prevede l’utilizzo di aste di canna. Dopo la caduta al suolo, i marroni ven-gono puliti con la spazzolatrice, calibrati e sottoposti a “curatura”, che consiste nell’immergere i frutti in acqua a temperatura ambiente per un periodo che va dai cinque ai sette giorni oppure in acqua a 45-48°C per 45 minuti. La curatura può avvenire anche al di fuori dalla zona di produzione purché entro le 24 ore dalla raccolta. Succes-sivamente, vengono asciugati con l’ausilio di una mac-china asciugatrice ad aria calda e con ventilatori, oppure distesi su graticci in legno e agitati quotidianamente sino alla completa asciugatura. I frutti possono anche essere sottoposti a frigo-conservazione, che consiste nel riporre il prodotto in celle frigo a una temperatura variabile tra 0,5 e 2°C per un massimo di tre giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone di Combai IGP ha forma ellissoidale, con buccia brillante e di colore marrone scuro, provvista di striature. La polpa, di colore biancastro, presenta pasta farinosa, zuccherina, consistente, resistente alla cottura, croccante e di sapore dolce. Il riccio contiene al massimo tre semi.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone di Combai IGP com-prende i comuni di Cison di Valmarino, Cordignano, Fol-lina, Fregona, Miane, Revine Lago, Sarmede, Segusino, Tarzo, Valdobbiadene e Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, nella regione Veneto.

STORIA Nel trevigiano la castanicoltura ha rappresentato per se-coli una risorsa fondamentale per la popolazione, tanto da determinare la costruzione di una vera e propria “civiltà del castagno”. Numerose testimonianze storiche risalenti al XII secolo riportano come interi ettari di boschi venis-sero utilizzati in maniera comunitaria dalla popolazione. Un documento del 1665 testimonia che a Combai era in uso praticare la raccolta collettiva della castagne, cui seguiva l’equa distribuzione dei frutti fra le famiglie della comunità. Nel Settecento si registrò una decimazione dei castagneti a seguito dell’abbandono della castanicoltura dopo la proclamazione dei boschi a patrimonio statale. Fortunatamente, nel corso dei secoli successivi, si cercò

di recuperare quel patrimonio di conoscenze, esperienze e cultura e di riportare la produzione di castagne ai livelli quantitativi e qualitativi di un tempo.

GASTRONOMIA È consigliabile conservare il Marrone di Combai IGP in luogo fresco e asciutto. Il prodotto è generalmente con-sumato arrostito, ma anche lessato. Viene largamente impiegato in pasticceria per la preparazione di confetture e dolci come il tiramisù alla crema di marroni e il Monte-bianco. Il frutto è anche eccellente ingrediente di svaria-te ricette: salse e zuppe come il tradizionale “mondoi” (marroni in brodo) un tempo sostitutivo della tradizionale minestra; primi piatti come la “pasta ai marroni con ragù di pollo e timo”; secondi piatti come la “tacchinella ripiena ai marroni” o i “nodini di vitello con marroni e Cognac”. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio da ottobre a dicem-bre nella tipologia Marrone di Combai IGP. È commercia-lizzato in due diverse pezzature nelle categorie Extra e Prima. È confezionato in sacchi di juta o retine di materia-le plastico da 1-2-3-5 e 25 kg oppure in cestini e cassette in legno da un peso minimo di 1 kg a un massimo di 5 kg.

NOTA DISTINTIVA L’abbondante piovosità, le temperature particolarmen-te rigide e la natura dei terreni della zona di produzione costituiscono condizioni particolarmente favorevoli per lo sviluppo delle specifiche proprietà organolettiche del Marrone di Combai IGP.

Associazione dei Produttori del Marrone di CombaiP.za Squillace, 1 Combai di Miane (TV)Tel: +39 0438 960056www.marronedicombai.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

MARRONE DI COMBAI IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone di Roccadaspide IGP si riferisce al frutto allo stato fresco e secco della specie Castanea sativa M. ot-tenuto dagli ecotipi Anserta, Abate e Castagna Rossa, riconducibili alla varietà Marrone.

METODO DI PRODUZIONE La raccolta viene effettuata nel periodo autunnale non oltre la prima decade di novembre, con turni che non su-perino le due settimane. Si esegue manualmente o con macchine raccoglitrici idonee a salvaguardare l’integrità del prodotto. Per favorire la conservabilità, le castagne vengono trattate con la tradizionale tecnica della “curatu-ra”, ovvero sono immerse in acqua fredda per nove gior-ni, durante i quali viene effettuato il cambio dell’acqua. In seguito, i frutti selezionati vengono sistemati in locali arieggiati su strati di sabbia. I marroni destinati alla com-mercializzazione allo stato secco vengono fatti essiccare su metati o graticci, a fuoco lento e continuo, alimentato da rami raccolti in fascine e da legna di qualunque essen-za, secondo le tecniche locali tradizionali.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone di Roccadaspide IGP ha forma prevalentemente semisferica o leggermente ellissoidale; pezzatura grande, non superiore a 80-85 frutti per chilogrammo. La buccia è sottile e di colore castano bruno, facilmente distaccabile. Anche il seme ha un episperma sottile, liscio, poco appro-fondito; la polpa è bianco-lattea, consistente, croccante e poco farinosa. Notevole il contenuto zuccherino.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone di Roccadaspide IGP interessa circa 70 comuni della provincia di Salerno, nella regione Campania.

STORIA Il Marrone di Roccadaspide IGP è legato da lungo tempo alla storia di questa regione, dove la presenza di coltiva-zioni di castagni è documentata sin dall’XI secolo d.C. Preziosi manoscritti, conservati nell’archivio della Badia di Cava, attestano l’esistenza nel Cilento di castagneti appartenenti alla Badia già nel 1183-84. In questa zona, in epoca medioevale e fino al tardo Ottocento, il valo-re del castagno era legato all’importanza della farina di castagne, impiegata per produrre un pane particolare che si conservava a lungo. Questo stesso pane fu vitale per la popolazione di Roccadaspide durante la Seconda Guerra Mondiale, quando ne permise la sussistenza. Nel dopoguerra, inoltre, la ricostruzione economica di questo paese è stata favorita dalla castanicoltura che ha contri-buito allo sviluppo della civiltà contadina. Alla fine del XIX secolo i vecchi alberi maestosi e secolari furono abbattu-

ti e innestati con la Castagnera Rocca, oggi identificata come Marrone di Roccadaspide.

GASTRONOMIA Il Marrone di Roccadaspide IGP ha una buona conserva-bilità. Si consuma fresco, sotto forma di farina o trasfor-mato dall’industria dolciaria in marron glacé, marmellate, castagne al Rum e puree. Per le sue notevoli dimensioni è molto apprezzato per le famose caldarroste e sono de-liziosi i dolci della tradizione locale che utilizzano queste castagne come materia prima di qualità. Il prodotto viene anche utilizzato per la preparazione di primi piatti o come contorno per secondi di cacciagione. Sotto l’aspetto die-tetico e nutrizionale, il Marrone di Roccadaspide IGP si caratterizza per l’elevata quantità di carboidrati e il basso contenuto proteico.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nei mesi autunnali nella tipologia Marrone di Roccadaspide IGP, allo stato fresco e secco (con buccia o sgusciato). È commercia-lizzato in sacchi di tessuto, contenitori di vimini, sacchi di carta o scatole in materiale di origine vegetale, sono ammesse anche le confezioni sottovuoto e in vetro.

NOTA DISTINTIVA Il Marrone di Roccadaspide IGP si caratterizza per la no-tevole pezzatura e per l’elevato contenuto zuccherino che gli conferisce un sapore dolce, molto gradevole. Il seme è inoltre particolarmente facile da pelare grazie alla bassa percentuale di settato, per cui la pellicola non penetra in profondità nella polpa.

Cooperativa il Marrone S.c. a r.l.Località Spinosa 84069 Roccadaspide (SA) Tel: +39 0828 947496 www.ilmarrone.com [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

MARRONE DI ROCCADASPIDE IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Marrone di San Zeno DOP si riferisce al frutto allo stato fresco ottenuto dalla specie Castanea sativa M., ricondu-cibile alla varietà Marrone.

METODO DI PRODUZIONE I castagneti devono essere localizzati tra 250 e 900 metri s.l.m. La raccolta avviene nei mesi autunnali e può essere effettuata a mano o con mezzi meccanici idonei, tali da sal-vaguardare l’integrità sia della pianta che dei frutti. Prima della commercializzazione i frutti vengono sottoposti alle tradizionali tecniche di conservazione quali la “novena” e la “rissara”. La prima consiste nel prolungare la cosiddetta “cura dell’acqua”, tenendo in immersione i frutti per nove giorni, cambiando parte o tutta l’acqua ogni due giorni, senza aggiunta di nessun additivo; la seconda invece consiste nell’accumulare all’aperto i frutti e i ricci per 8-15 giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Marrone di San Zeno DOP ha una pezzatura medio-gros-sa che varia da 50 a 120 acheni per chilogrammo. La buc-cia esterna è di colore marrone chiaro, sottile, lucida con striature più scure. Il seme è giallo paglierino, lievemente corrugato, pastoso e gradevolmente dolce.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Marrone di San Zeno DOP com-prende parte dei comuni di Brentino Belluno, Brenzone, Caprino Veronese, Costermano, Ferrara di Monte Baldo e San Zeno di Montagna, in provincia di Verona, nella re-gione Veneto.

STORIA Nella comunità montana del Monte Baldo la castanicoltura ha rappresentato per molti secoli una risorsa economica importante. I primi riferimenti storici sulla coltivazione del castagno risalgono al Medioevo. Alcune testimonianze scritte risalenti al XII e XIX secolo menzionano le zone di produzione attraverso gli estimi catastali, descrivendo il prosperoso sviluppo dei castagni e i metodi di raccolta e commercializzazione dei marroni sui mercati settimanali, la cui tradizione fu poi ripresa con vigore a partire dal se-condo dopoguerra. Inoltre, una ricerca pubblicata negli Atti dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona si sofferma sulla raccolta, conservazione e commercializ-zazione dei marroni, che verso la fine del secolo scorso erano venduti ai negozianti o direttamente commerciati sul mercato settimanale di Caprino Veronese. Infine, a partire dagli anni Venti del secolo scorso, prese il via, nel comune di San Zeno di Montagna, la tradizionale sagra del marro-ne, che è giunta fino ai giorni nostri, oggi conosciuta con il nome di Mostra Mercato del Marrone.

GASTRONOMIA Il Marrone di San Zeno DOP deve essere conservato in luogo fresco e asciutto. Può essere consumato fresco o trasformato. Fresco viene arrostito nelle caratteristiche pa-delle bucate oppure lessato nell’acqua. Può essere impie-gato anche per la preparazione di gustosissimi dolci come il castagnaccio e il tronchetto o per ottenere pane, pasta e polenta. Si abbina bene con la produzione vinicola locale come il Bardolino, ottimo in versione Novello, o il Recioto. Il piatto più caratteristico che prevede l’impiego del Marrone di San Zeno DOP è il minestrone di marroni, variante mon-tanara della classica zuppa di fagioli veneta.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Mar-rone di San Zeno DOP. È commercializzato allo stato fre-sco nel periodo autunnale, in sacchetti di materiale per alimenti, in confezioni da 0,3-0,5-1-2-3-4-5 e 10 kg. Le confezioni di dimensioni più ampie da 25 e 50 kg devono essere commercializzate in sacchi di juta o altro materiale idoneo.

NOTA DISTINTIVA Il Marrone di San Zeno DOP è ricco di amido e apporta al nostro organismo un buon contenuto di calorie, proteine, sali minerali e vitamine. È estremamente nutriente, energe-tico e sano. La digeribilità e l’apporto calorico varia a se-conda dello stato e del tipo di cottura: a crudo la digeribilità è più scarsa e l’apporto calorico è di circa 150 calorie per etto; bollito ha una maggiore digeribilità e un minore ap-porto calorico (circa 120 calorie per etto); infine, arrostito accresce nuovamente il suo apporto calorico.

Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno DOPVia Cà Montagna, 11 37100 San Zeno di Montagna (VE)Tel: +39 045 7285017 Fax: +39 045 7285222www.marronedisanzeno.it

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

MARRONE DI SAN ZENO DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO I Marroni del Monfenera IGP sono frutti allo stato fresco della specie Castanea sativa M., ottenuti dall’ecotipo lo-cale di Marrone.

METODO DI PRODUZIONE Il castagno non necessita di alcun trattamento chimico o parassitario. Raggiunta la maturazione da metà settembre a metà novembre, secondo la maggiore o minore precoci-tà, i frutti caduti a terra vengono raccolti a mano o tramite l’utilizzo di macchine. I marroni vengono poi sottoposti a cernita manuale e successivamente a pulizia e calibratura. Nel caso in cui una quantità di prodotto non sia immes-sa sul mercato entro 48 ore dalla raccolta, è necessario sottoporla alla “curatura” o “novena”, metodo dall’origine antica che garantisce la naturalità del prodotto commer-cializzato e che consiste nell’immergere i marroni in acqua a temperatura ambiente entro poche ore dalla raccolta per un massimo di nove giorni, cambiando l’acqua ogni due giorni, per poi asciugarli in apposite macchine. Dopo la curatura i frutti possono essere conservati allo stato fre-sco per un massimo di tre mesi.

ASPETTO E SAPORE I Marroni del Monfenera IGP hanno forma ovoidale e co-lore marrone brillante con striature scure. La polpa è co-lor nocciola tendente al giallo paglierino, di consistenza pastoso-farinosa e dal sapore molto dolce.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dei Marroni del Monfenera IGP comprende i territori di alcuni comuni della provincia di Treviso, nella regione Veneto.

STORIA La storia della coltivazione dei Marroni del Monfenera IGP inizia nel periodo medioevale. Lo testimonia un atto risa-lente al 1351 che regolava la raccolta del frutto e l’utilizzo del bosco tra i capifamiglia, un vero e proprio statuto pub-blico. La cura e la preservazione dei castagneti è avvalo-rata anche da fonti notarili della stessa epoca e succes-sivi, costituite da atti che contrastavano i tagli abusivi dei castagneti o denunciavano la presenza di animali da pa-scolo fuori stagione che rischiavano di compromettere la raccolta delle castagne. Nella prima metà dell’Ottocento, con l’impero Asburgico, la castanicoltura attraversa pro-babilmente il suo momento storico migliore suscitando un grande interesse. Più recentemente, a partire dalla metà degli anni Ottanta, la coltura del castagno ha conosciuto un andamento molto positivo, risultando in ripresa su tutto il territorio della Pedemontana del Grappa e del Montello, anche grazie al traino di numerose manifestazioni. La più importante, una mostra mercato dei Marroni del Monfenera

è stata inaugurata nel 1970 e da allora esiste ancora, con il proposito di promuovere e divulgarne la conoscenza.

GASTRONOMIA Si consiglia di conservare i Marroni del Monfenera IGP in luogo fresco e asciutto. Oltre che per le tradizionali caldar-roste, questi frutti possono essere utilizzati per numerose preparazioni culinarie, dai primi piatti ai desserts. Sono ottimi anche semplicemente lessati o trasformati in farine o salse. Bolliti e passati possono costituire l’impasto per biscotti (con rum e uova, cosparsi poi di mandorle o zuc-chero) oppure per budini e sufflè.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Mar-roni del Monfenera IGP. Le categorie commerciali sono Extra (calibro superiore a 3 cm) e Prima (calibro compreso tra 2,8 e 3 cm). È venduto, a partire dal 15 settembre di ogni anno, in appositi sacchetti di rete per alimenti, dal peso di 1-2 o 3 kg se i lembi superiori sono chiusi con colla a caldo, del peso di 5 o 10 kg se sigillati con cucitura. Il prodotto è reperibile in commercio anche trasformato, come Caldarroste di Marroni del Monfenera IGP, aroma-tizzate al vino bianco.

NOTA DISTINTIVA La zona di produzione è caratterizzata da condizioni pe-doclimatiche particolarmente favorevoli alla coltivazione del castagno, con limitate gelate primaverili e abbondan-ti precipitazioni medie annue, che conferiscono la giusta acidità al terreno, requisiti che si rivelano fondamentali per le peculiari qualità dei Marroni del Monfenera IGP.

Associazione Produttori Marroni della Marca TrevigianaP.zza Case Rosse, 14 31040 Onigo di Pederobba (TV)Tel: +39 0423 64015 www.asso-marronimonfenera-igp.itinfo@asso-marronimonfenera-igp.it

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

MARRONI DEL MONFENERA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mela Alto Adige IGP o Südtiroler Apfel g.g.A. si riferi-sce al frutto allo stato fresco della specie Malus communis Lam., nelle varietà Braeburn, Elstar, Fuji, Gala, Golden De-licious, Granny Smith, Idared, Jonagold, Morgenduft, Red Delicious, Stayman Winesap, Pinova, Topaz e loro cloni.

METODO DI PRODUZIONE I terreni in cui viene coltivata la Mela Alto Adige IGP o Südtiroler Apfel g.g.A. sono per loro natura soffici, ben drenati e ricchi di ossigeno, al fine di favorire al meglio lo sviluppo delle radici degli alberi. I frutteti si trovano ad al-titudini variabili dai 200 ai 1.000 metri s.l.m. Tra i filari di piante da frutto si trova un manto erboso che consente di proteggere il terreno da un prematuro inaridimento, da un riscaldamento eccessivo in estate e dall’erosione. La produzione avviene utilizzando tecniche di coltivazione in-tegrata o biologica a basso impatto ambientale. La raccol-ta viene effettuata a mano dal mese di agosto alla fine di ottobre, secondo tempistiche differenti in base alle varietà. La produzione massima realizzabile nelle diverse zone di produzione non può superare le 68 tonnellate per ettaro, calcolata sull’intera zona di produzione. Una volta raccol-te, le mele vengono trasportate presso lo stabilimento in casse di plastica e scaricate all’interno di vasche colme di acqua fredda. Questa operazione facilita la selezione sulla base di colore e calibro, evitando allo stesso tempo che i frutti possano essere danneggiati.

ASPETTO E SAPORE La Mela Alto Adige IGP o Südtiroler Apfel g.g.A. si contrad-distingue per colore e sapore particolarmente accentuati, polpa compatta e alta conservabilità.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Mela Alto Adige IGP o Südti-roler Apfel g.g.A. comprende 72 comuni della provincia di Bolzano, nella regione autonoma Trentino-Alto Adige.

STORIA La Mela Alto Adige IGP o Südtiroler Apfel g.g.A. ha una secolare tradizione. I primi documenti storici che tratta-no della regolamentazione della coltivazione degli alberi da frutto risalgono ai tempi di Carlo Magno, il quale fece piantare queste piante nei giardini delle sue proprietà. La coltivazione dei meli si estese notevolmente nel Medioe-vo; nel XVI secolo iniziò l’esportazione di frutta soprattut-to nelle corti austriache e in Russia. La costruzione della rete ferroviaria fu uno dei primi problemi che l’Italia Unita si trovò ad affrontare. Nel 1867 l’entrata in funzione della ferrovia del Brennero permise alla mela dell’Alto Adige di diffondersi e raggiungere le corti imperiali di Vienna, Berli-no e San Pietroburgo. Alla fine del XIX secolo, inizi del XX

secolo nell’opera di Karl Mader vengono individuate quasi 40 varietà di mele.

GASTRONOMIA La Mela Alto Adige IGP o Südtiroler Apfel g.g.A. si con-serva a basse temperature o in luoghi freschi e asciutti. Il frutto viene consumato fresco o impiegato nell’industria di trasformazione, per dolci e succhi di frutta. Prodotto alta-mente versatile, oltre che al naturale, questo frutto viene proposto in diverse ricette caratteristiche della zona quali lo Strudel (dolce), le frittelle Apfelschmarren (omelette alle mele)oppure Scheiterhaufen (timballo di mele e pane).

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Mela Alto Adige IGP - Südtiroler Apfel g.g.A. nelle varietà Bra-eburn, Elstar, Fuji, Gala, Golden Delicious, Granny Smith, Idared, Jonagold, Morgenduft, Red Delicious, Stayman Winesap, Pinova e Topaz. È commercializzato nelle confe-zioni plateaux in cartone, in legno e plastica, ad uno o più strati o in altri contenitori idonei. La commercializzazione viene effettuata tutto l’anno in periodi diversi, a seconda della varietà.

NOTA DISTINTIVA Le condizioni climatiche della zona di produzione della Mela Alto Adige IGP o Südtiroler Apfel g.g.A sono uniche e irripetibili. L’alternarsi di masse d’aria fredda in arrivo dal nord e di venti caldi provenienti dal Mediterraneo, così come le giornate calde e soleggiate alternate a notti fre-sche, creano le condizioni ideali per la lenta maturazione delle mele.

Consorzio Mela Alto AdigeVia Jakobi, 1/A39018 Terlano (BZ)Tel: +39 0471 054066 Fax: +39 0471 054067www.melaaltoadige.com [email protected]

Controllo Qualità Alto AdigeVia Jacobi, 1B 39018 Terlano (BZ)Tel: +39 0471 258187 Fax: +39 0471 258328www.sqk.it [email protected]

MELA ALTO ADIGE IGP

SÜDTIROLER APFEL G.G.A.

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mela di Valtellina IGP designa il frutto allo stato fresco delle varietà di melo Red Delicious, Golden Delicious e Gala.

METODO DI PRODUZIONE I meleti sono coltivati secondo le tecniche di produzione integrata o biologica. I terreni si trovano tra 200 e 900 metri s.l.m. La densità massima è di 4000 piante per ettaro con un’ampiezza degli interfilari di almeno 3 m e una distan-za tra gli alberi di almeno 0,5 m. Sono previsti interventi di potatura sul verde in primavera-estate o sul secco nel periodo invernale; è ammesso il diradamento dei frutti. La fertilizzazione è localizzata ed ecocompatibile, realizzata al massimo due volte l’anno. Gli interventi di irrigazione devo-no essere funzionali al corretto bilancio idrico del terreno. La raccolta avviene manualmente in tempi diversi a secon-da della varietà, nel periodo che va dalla seconda decade di agosto a fine ottobre. Le mele possono essere conser-vate per 8-11 mesi in funzione della varietà.

ASPETTO E SAPORE La Mela di Valtellina IGP Red Delicious ha forma tronco-conica oblunga, buccia di colore rosso intenso brillante e polpa bianca, croccante, succosa, dolce e profumata. La varietà Golden Delicious ha forma sferoidale o tronco-conica oblunga, buccia di colore giallo intenso a volte con sfumature rosate o rugginosità, polpa bianco-crema dolce non farinosa. Infine la varietà Gala ha forma tronco-conica breve, buccia rossa brillante e polpa bianco-crema, dura, dolce e succosa.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Mela di Valtellina IGP interessa circa 60 comuni della provincia di Sondrio che si trovano all’interno della vallata della Valtellina, nella regione Lom-bardia.

STORIA Il melo è presente in Valtellina da svariati secoli. Inizialmente coltivato ad uso ornamentale nei giardini, non era raro tro-varlo anche tra i filari di vite, ma il frutto era commercializza-to in percentuale esigua: la maggior parte della produzione era infatti destinata all’autoconsumo. È soltanto a partire dagli anni Venti del Novecento che la melicoltura acquisisce un ruolo importante nel comparto economico della vallata, diventando coltivazione di primario interesse. Da sporadica e casuale, la presenza degli alberi di melo si fa sistematica e finalizzata al commercio, come testimonia il paesaggio che, a partire dal secondo dopoguerra, muta la sua fisionomia in favore del cosiddetto “sistema melo”, un programma di coltivazione specializzata messo a punto da cooperative di agricoltori e studiosi universitari. In breve tempo quindi la

mela di Valtellina ha raggiunto i vertici del mercato per qua-lità e prelibatezza, assestandosi al top della gamma.

GASTRONOMIA La Mela di Valtellina IGP si conserva al meglio in luogo fre-sco e asciutto, al riparo da fonti di calore o luce diretta. È ottima se consumata come frutto a fine pasto o come spuntino, ma può diventare protagonista di sfiziose ricette. Da provare le “pennette alla milady” dove le mele Delicious insieme a uva sultanina, panna, salsa Worcestershire e Brandy danno vita ad un insolito primo piatto. Si consiglia il “dolce di Washington” con mele Golden, zucchero, can-nella e noce moscata che formano il ripieno di un involucro di pasta brisè.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Mela di Val-tellina IGP nelle varietà: Red Delicious, Golden Delicious e Gala. È commercializzato in bins alveolari, plateaux in cartone, cartone telescopico, cassette di legno o cassette riutilizzabili in materiale plastico oppure in confezioni sigil-late con più frutti (vassoi, cartoni e sacchetti). È disponibile dall’inizio della raccolta fino all’estate dell’anno successivo e sono ammessi frutti nelle categorie Extra e Prima.

NOTA DISTINTIVA Il territorio della Valtellina si sviluppa in senso est-ovest, situazione unica nelle aree alpine a vocazione frutticola, e gode di un clima mite condizionato dal Föhen, vento caldo e secco che causa aumenti di temperatura e cali di umidi-tà. In queste condizioni la Mela di Valtellina IGP trova il suo ambiente ideale.

MELA DI VALTELLINA IGP

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

Consorzio Tutela Mele di ValtellinaVia Roma 23030 Tovo S. Agata (SO) Tel: +39 0342 482103www.melavi.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mela Rossa Cuneo IGP è il frutto allo stato fresco delle varietà di melo Red Delicious, Gala, Fuji e Braeburn, dalla polpa compatta e succosa.

METODO DI PRODUZIONE I meleti sono coltivati secondo il metodo tradizionale in uso nell’area di produzione della IGP. La disposizione dei sesti d’impianto è tale da poter permettere un’ottima insolazione delle chiome al fine di ottenere la tipica colorazione accesa dei frutti. La densità massima è di 4.000 piante per ettaro. Gli interventi di potatura, nella misura di un intervento in-vernale e di almeno un intervento nel periodo estivo, sono finalizzati a garantire un corretto sviluppo delle piante e la particolare brillantezza dell’epicarpo dei frutti. La raccolta viene effettuata al raggiungimento dell’adeguato grado di maturazione di ogni singola cultivar, cioè quando il frutto ha una colorazione rossa intensa. La produzione massima ammessa per la Mela Rossa Cuneo IGP è di 60 tonnellate per ettaro. Dopo la raccolta le mele si possono conservare attraverso la tecnica della refrigerazione.

ASPETTO E SAPORE La Mela Rossa Cuneo IGP nella varietà Red Delicious si presenta di forma tronco-conica, con un colore della buc-cia rosso intenso vinoso, senza untuosità e rugginosità e polpa bianca, talora con venature verde chiaro, dalla con-sistenza fondente. I frutti delle varietà Gala e Braeburn hanno una forma da sferoidale a tronco-conica; la prima è caratterizzata dal colore rosso intenso brillante della buccia e dalla polpa color bianco crema, soda, croccante e suc-cosa; la seconda varietà invece ha una colorazione della buccia che varia da rosso arancio a rosso intenso e una polpa color bianco crema, consistente e di fine tessitura. La varietà Fuji, di forma da sferoidale a cilindrica, con la buccia rossa, da chiaro a intenso, presenta anch’essa una polpa color bianco o bianco crema, soda croccante e suc-cosa.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Mela Rossa Cuneo IGP in-teressa gran parte dei comuni della provincia di Cuneo e alcuni comuni della provincia di Torino, nella regione Pie-monte.

STORIA L’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (CN) ha elaborato un dettagliato documento sulla vocazione pro-duttiva di mele a buccia rossa nella zona di interesse. In-fatti, fin dal Settecento, nacquero in Piemonte accademie e associazioni agrarie atte a svolgere un’importante attività di ricerca varietale, di diffusione di nuove cultivar e di tec-niche colturali di base scientifica. Nel panorama varietale

le mele a buccia rossa cominciarono ad espandersi fino a divenire il gruppo prevalente. Negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta la dicitura “Mela Rossa Cuneo” viene istituziona-lizzata e compare nei fogli di viaggio del prodotto destinato al mercato interno ed esterno.

GASTRONOMIA La Mela Rossa Cuneo IGP si conserva in luogo fresco e asciutto, al riparo da fonti di calore o luce diretta. Se ri-posta in frigorifero, si consiglia di riportarla a temperatura ambiente per il tempo sufficiente a poterne apprezzare appieno l’inconfondibile gusto. La Mela Rossa Cuneo IGP viene impiegata come ingrediente di numerose ricette della gastronomia locale, sia dolce che salata. Alcuni esempi: “pasta Mela Rossa Cuneo IGP e zafferano”, “sformato di riso e Mela Rossa Cuneo IGP ”, “polpettine cuneesi”, dove la carne macinata viene amalgamata con una mela tritata, “mousse di Mela Rosse Cuneo IGP”.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Mela Rossa Cu-neo IGP nelle tipologie: Red Delicious (da inizio settembre a fine giugno), Gala (da inizio agosto a fine maggio), Fuji (da inizio ottobre a fine luglio) e Braeburn (da fine settembre a fine luglio). È commercializzato in idonei imballaggi.

NOTA DISTINTIVA L’estensione della caratteristica sovracolorazione rossa della buccia e la sua particolare brillantezza sono le pecu-liarità fondanti la reputazione della Mela Rossa Cuneo IGP nei mercati nazionali ed esteri, caratteristiche dovute alle specifiche condizioni climatiche della zona geografica.

MELA ROSSA CUNEO IGP

Consorzio per la Valorizzazione e la Tutela della Mela Rossa CuneoVia Caraglio, 16 12100 CuneoTel: +39 0171 693966

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mela Val di Non DOP si riferisce al frutto allo stato fresco della specie Malus communis Lam., nelle varietà Golden Delicious, Renetta Canada e Red Delicious.

METODO DI PRODUZIONE I sistemi di allevamento adottati sono quelli a “pieno ven-to” e “a fusetto”. Le tecniche di produzione tradizionale prevedono l’inerbimento del terreno tra le file per tutta la vita produttiva dell’impianto e lo sfalcio dell’erba nei mesi primaverili-estivi. La potatura deve essere eseguita manualmente ogni anno durante il periodo di riposo del-la pianta e deve mirare a garantire il giusto rapporto tra gemme a frutto e vigoria delle gemme a legno. Attraver-so un’opportuna gestione delle operazioni di potatura e degli interventi di diradamento si effettua anche il con-trollo del carico produttivo. L’irrigazione è una pratica indispensabile per l’ottenimento di produzioni di qualità e viene eseguita da marzo a ottobre secondo le neces-sità. La raccolta viene effettuata esclusivamente a mano nei mesi di agosto, settembre, ottobre fino alla prima quindicina di novembre, a seconda della maturazione fisiologica delle varietà.

ASPETTO E SAPORE La Mela Val di Non DOP Golden Delicious presenta forma tronco-conica oblunga, colore dal verde al gial-lo a volte con faccia rosata, polpa croccante, succosa e dal sapore dolce-acidulo; la varietà Renetta Canada presenta forma tronco-conica o appiattita, colore gial-lo-verdastro, con buccia rugosa, polpa che a seconda dell’epoca del consumo, passa da croccante e acidu-la a pastosa e dolce; la varietà Red Delicious presenta forma tronco-conica oblunga, colore rosso su sfondo verde-giallo, polpa più pastosa e gusto prevalentemente dolciastro.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Mela Val di Non DOP inte-ressa parte del territorio della provincia di Trento, nella regione autonoma Trentino-Alto Adige.

STORIA La tradizione frutticola del Trentino-Alto Adige è molto antica, lo dimostrano sia la toponomastica (il nome delle città di Malè e Malosco deriva dal latino Maletum, cioè “posto delle mele”) che alcune autorevoli fonti storiche. Non solo, le mele erano conosciute fin nella capitale dell’Impero Asburgico, come testimoniato in una lettera del 1739 in cui a una nobile famiglia viene richiesto l’in-vio a Vienna di un cesto di “pomi rosmarini”, già allora rinomati per l’eccellente qualità. Dall’inizio del 1800 le fonti si fanno numerose e, nella seconda metà del se-

colo, i frutticoltori acquisiscono una nutrita serie di rico-noscimenti e premi per la qualità della frutta portata alle esposizioni internazionali dell’epoca.

GASTRONOMIA La Mela Val di Non DOP si conserva bene a basse temperature. Tuttavia, è ideale riportarla a temperatura ambiente quattro o cinque giorni prima del consumo. Prodotto altamente versatile, la mela è considerata il frutto per eccellenza. Viene proposta in innumerevoli e gustose ricette (in particolare la Golden), con sfiziosi ac-costamenti: dagli antipasti alle insalate, in abbinamento a carni suine e cacciagione, bevande comprese. Da non dimenticare la mela (in particolare la Renetta) quale in-grediente principe nella preparazione della torta di mele, dello strudel e delle frittelle.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Mela Val di Non DOP nelle varietà: Golden Delicious, Renetta Ca-nada, Red Delicious. Le categorie commerciali sono Extra e Prima, il calibro minimo delle mle è di 65 mm. La Mela Val di Non DOP è commercializzata sfusa o in imballaggi o in confezioni tali da consentirne la chiara identificazione.

NOTA DISTINTIVA Il territorio di coltivazione della Mela Val di Non DOP è fortemente vocato a questa produzione grazie alle sue caratteristiche morfologiche, con alti valori di magne-sio, che conferiscono ai frutti elevate qualità organo-lettiche.

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

MELA VAL DI NON DOP

Consorzio MelindaVia Trento, 200/9 38023 Cles (TN)Tel: +39 0463 671111 Fax: +39 0463 671121www.melinda.it [email protected]

@MeleMelinda

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Melannurca Campana IGP si riferisce al frutto allo sta-to fresco della specie Malus communis Lam., negli ecotipi Annurca e Rossa del Sud.

METODO DI PRODUZIONE Oltre all’Annurca e all’Annurca Rossa del Sud, ai fini di una idonea impollinazione, nei meleti è ammessa la presenza di altre varietà di melo, fino a un massimo del 10% delle piante. I frutti sono raccolti a mano, poi vengono riposti a terra nei cosiddetti “melai”, piccoli appezzamenti di terre-no di larghezza non superiore a 1,50 m, dove subiscono il tradizionale arrossamento. Il trattamento è obbligatorio per entrambe le varietà e consiste nel disporre le mele su strati di materiale soffice vario, in modo da esporre alla luce la parte meno colorata dei frutti girandoli periodicamente. Ogni melaio è protetto con reti antigrandine e ombreg-gianti, per difendere il frutto dai raggi diretti del sole che lo danneggerebbero irrimediabilmente. Tale fase dura da 20 a 50 giorni e le operazioni di raccolta e arrossamento, nel complesso, non devono protrarsi oltre il 15 dicembre. La produzione massima consentita, pur con le variabili an-nuali in funzione dell’andamento climatico, è fissata in 35 tonnellate per ettaro.

ASPETTO E SAPORE La Melannurca Campana IGP si presenta di forma un po’ appiattita e rotondeggiante o tronco-conica breve; pezza-tura medio-piccola; buccia di colore giallo o giallo-verdastro a seconda della varietà e sovracolore rosso, caratterizzata da un’area rugginosa in corrispondenza del peduncolo. La polpa è succosa, di consistenza soda, croccante, dolce, gradevolmente acidula e profumata, di eccellente sapore.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Melannurca Campana IGP comprende 137 comuni appartenenti alle province di Avel-lino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno, nella regione Campania.

STORIA L’antichissimo legame della Melannurca Campana IGP con la Campania è testimoniato dalla sua raffigurazione nei dipinti ritrovati negli scavi di Ercolano e in particolare nella Casa dei Cervi. Il suo luogo di origine sarebbe l’agro pu-teolano, come si desume dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Proprio per la provenienza da Pozzuoli, Plinio la chiama Mala Orcula in quanto prodotta intorno all’Orco, nel lago di Averno (sede degli Inferi). Anche Gian Battista della Porta nel Suae Villae Pomarium nel descrivere le mele che vengono prodotte a Pozzuoli riferisce come queste si-ano volgarmente dette orcole. Da qui i nomi anorcola e an-norcola utilizzati successivamente, fino a giungere al 1876

quando il nome Annurca compare ufficialmente nel Ma-nuale di Arboricoltura di G. A. Pasquale. Tradizionalmente coltivata nell’area flegrea e vesuviana, la melannurca si è andata diffondendo man mano, nel secolo scorso, anche in tutto il casertano, dove si è radicata trovando territorio particolarmente adatto alla coltivazione.

GASTRONOMIA La Melannurca Campana IGP si conserva a basse tempera-ture ed è consigliato riportarla a temperatura ambiente poco prima del consumo. Poiché è ricca di sostanze nutritive è ottima se consumata allo stato fresco, ma viene impiegata anche come base di succhi di frutta e liquori, nonché come ingrediente principale di dolci quali crostate e sfogliatelle e per preparare le tradizionali mele cotte al forno.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Me-lannurca Campana IGP, nelle varietà: Annurca e Rossa del Sud. È commercializzato sfuso oppure in imballaggi o confezioni tali da consentire la chiara identificazione del prodotto.

NOTA DISTINTIVA L’elemento più peculiare della Melannurca Campana IGP è certamente da ricercare nel metodo di produzione: le mele vengono raccolte quando ancora la maturazione non è completa e il colore della buccia è verde, quindi vengono “arrossate” a terra nei melai. Il frutto assume pertanto la sua tipica colorazione rossa grazie alla luce naturale e alle abili mani degli agricoltori che con sapienza e cura rivolta-no periodicamente le mele.

MELANNURCA CAMPANA IGP

Consorzio Tutela Melannurca CampanaVia G. Verdi, 29 81100 CasertaTel: +39 0823 325144 www.melannurca.it [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Melanzana Rossa di Rotonda DOP è un ortaggio allo stato fresco prodotto utilizzando l’ecotipo Melanzana Rossa di Rotonda della specie Solanum aethiopicum.

METODO DI PRODUZIONE Idonee operazioni di aratura preparano il terreno ad acco-gliere le piantine. Il trapianto avviene nel periodo maggio-giugno e utilizza piantine alte 10-15 cm con 3-5 foglie, che vengono poste in solchi precedentemente predisposti. Tali piantine devono provenire necessariamente dall’area di produzione e devono essere impiantate secondo i sesti e le distanze di piantagione in uso nella zona. Le coltiva-zioni sono concimate con sostanza organica o mediante la pratica del sovescio. La raccolta avviene a partire dal mese di luglio fino a novembre e deve essere condotta manualmente con l’ausilio di forbici, tagliando una picco-la parte del peduncolo. La produzione massima consen-tita è di 60 tonnellate per ettaro.

ASPETTO E SAPORE La Melanzana Rossa di Rotonda DOP ha forma tondeg-giante simile ad un pomodoro e pesa fino a 200 g. Ad inizio maturazione presenta sfumature verdastre, mentre quando è ben matura è di colore arancione vivo tendente al rosso lucido. La polpa è carnosa. Il profumo è intenso e fruttato e ricorda quello del ficodindia; al gusto è piccan-te, gradevolmente amara sul finale.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Melanzana Rossa di Rotonda DOP interessa i comuni di Rotonda, Viggianello, Castel-luccio Superiore e Castelluccio Inferiore, in provincia di Potenza, nella regione Basilicata.

STORIA La Melanzana Rossa di Rotonda DOP ha origini africane. Durante il periodo del colonialismo infatti molte famiglie di Rotonda si trasferirono nei nuovi territori conquistati dal regime fascista per trovare lavoro. Nel 1935, prima dello scoppio della guerradi Etiopia, coloro che tornarono in patria portarono proprio questa “curiosa” melanzana. L’adattamento di questa specie al territorio fu tale che si trasformò fino a differenziarsi persino dalle specie africa-ne da cui originariamente proveniva, dello stesso colore arancione ma senza striature e dalla forma più allungata. Per tali particolarità, che la rendono somigliante al po-modoro, nel dialetto locale questa melanzana ha preso il nome di merlingiana a pummadora. Numerose testi-monianze scritte e orali confermano l’ampio utilizzo della melanzana rossa fino dagli inizi del XX secolo come le interviste agli agricoltori più anziani della città effettuate nell’ambito di una ricerca del CNR del 1992. La melanza-

na rossa continua a far parlare di sé in programmi televisi-vi, libri di cucina e riviste specializzate ed è presente nella tradizionale e affollata sagra organizzata annualmente.

GASTRONOMIA La Melanzana Rossa di Rotonda DOP fresca va mante-nuta in frigorifero o in luogo idoneo e asciutto. Tradizio-nalmente si conservano nzertate, ovvero legate a grap-poli e appese sotto tettoie ad asciugare. Ottime anche sotto olio e sotto aceto. Moltissime sono le ricette della cucina lucana che celebrano questa particolarissima me-lanzana: fritta e aromatizzata con menta e aglio; abbinata al caciocavallo podolico per condire fusilli; mescolata alla salsiccia in strepitose polpette. Si possono utilizzare an-che le foglie, che sono più tenere rispetto a quelle delle altre varietà di melanzana e molto diverse nella forma e nelle dimensioni.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Me-lanzana Rossa di Rotonda DOP. È disponibile da luglio a novembre e viene commercializzata in contenitori di materiale di origine vegetale, di cartone, oppure in retine di plastica o altro materiale riciclabile e in questo caso il peso non può essere superiore a 1 kg.

NOTA DISTINTIVA La Melanzana Rossa di Rotonda DOP è caratterizzata da un basso contenuto di acido clorogenico: circa 800 ppm rispetto a 4300 ppm degli altri prodotti della stessa spe-cie. Questo valore permette alla polpa di rimanere bianca anche molto tempo dopo il taglio della bacca.

MELANZANA ROSSA DI ROTONDA DOP

Consorzio di Tutela della Melanzana Rossa di Rotonda DOPc/o Alsia - Aasd “Pollino” C.da Piano Incoronata 85048 Rotonda Tel: +39 0835 244575 - 244584Fax: +39 0835 258359www.biancoerossadop.it

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Nocciola del Piemonte IGP si riferisce ai frutti in guscio, sgusciati e semilavorati ottenuti dalla cultivar di nocciolo Tonda Gentile Trilobata della specie Corylus avellana L.

METODO DI PRODUZIONE I sesti di impianto e le forme di allevamento sono quelli in uso e riconducibili alla coltivazione “a cespuglio” ed, eccezionalmente, a quella “a monocaule”. La raccolta, ormai meccanizzata, deve essere fatta tra la seconda metà di agosto e la prima di settembre quando i frutti si staccano spontaneamente dalla pianta. È eseguita a più riprese per impedire il deterioramento e garantire la qua-lità dei frutti. Successivamente, i frutti vengono messi ad essiccare al sole su aree esterne pavimentate, stando at-tenti a proteggere il prodotto dall’umidità, o in essiccatori nei quali devono essere riprodotte le condizioni dell’es-siccamento naturale (essiccatori a movimento continuo ad aria tiepida, mai superiore a 35°C). Il prodotto viene poi conservato in locali chiusi e areati, dove le nocciole vengono collocate in strati di modesto spessore.

ASPETTO E SAPORE La Nocciola del Piemonte IGP ha forma sferica di dimen-sioni non uniformi. Il guscio è di medio spessore, di colo-re nocciola non lucente con numerose striature. Il seme ha forma variabile (sub-sferoidale, tetraedrica e, talvolta, ovoidale), di consistenza compatta e croccante, ha un sapore fine e persistente e una volta tostato è facilmente pelabile.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Nocciola del Piemonte IGP comprende numerosi comuni in provincia di Alessandria, Asti, Cuneo, Torino, Novara, Biella e Vercelli, nella regione Piemonte.

STORIA Il merito di introdurre e di diffondere la coltura dei noccioli nella zona dell’Alta Langa va al prof. Emanuele Férraris, il quale dimostrò come l’albero del nocciolo fosse molto più resistente e duraturo della vite. La storia della colti-vazione del nocciolo nell’area di produzione della Noc-ciola del Piemonte IGP va di pari passo con l’evoluzione dell’industria dolciaria e con la scoperta del gianduia, miscela tra cacao e nocciole. Tutto iniziò con il blocco economico ordinato da Napoleone per i prodotti dell’in-dustria britannica e delle sue colonie, quando un gruppo di pasticceri torinesi iniziò a miscelare il cacao con la più economica Nocciola Tonda Gentile Trilobata. Successiva-mente nel 1852 il chocolatier Michele Prochet, in società con Caffarel, perfezionò l’impasto tostando le nocciole e macinandole finemente.

GASTRONOMIA La Nocciola del Piemonte IGP va conservata in ambienti freschi e ventilati, al fine di evitare l’eventuale irrancidi-mento. Si possono mangiare appena colte o dopo l’es-siccatura. Il prodotto è prevalentemente utilizzato nell’in-dustria dolciaria per la preparazione di creme, torte, gelati o come ingrediente nel tipico cioccolatino piemontese, il “gianduiotto”, e nel caratteristico “torrone” natalizio, dove la nocciola costituisce l’ingrediente fondamentale ed esprime al meglio le proprie caratteristiche. La noc-ciola ha inoltre una funzione ornamentale in pasticceria se ridotta in granella. Non solo, sono molti gli usi anche in molti piatti salati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Noc-ciola del Piemonte IGP. È commercializzato in guscio, in sacchi di tessuto idoneo a tutti i livelli di commercializza-zione o, eccezionalmente, allo stato sfuso; sgusciato, se-milavorato e finito in confezioni idonee ad uso alimentare, solo preconfezionato o confezionato. Il prodotto è reperi-bile in commercio anche semilavorato come Granella, Fa-rina e Pasta di Nocciole del Piemonte IGP, oltre che come principale ingrediente di numerosi prodotti quali crema, cioccolato gianduia, nocciolato e nocciolato bianco, cre-mino, torrone e altri prodotti dell’industria dolciaria a base di Nocciole del Piemonte IGP.

NOTA DISTINTIVA La Nocciola del Piemonte IGP è considerata la migliore per uso industriale, trova la sua massima espressione in-sieme al cioccolato.

NOCCIOLA DEL PIEMONTE IGP

NOCCIOLA PIEMONTE IGP

Consorzio Tutela della Nocciola PiemonteVia Alba, 15 12050 Castagnito (CN)Tel: +39 0173 211261 www.nocciolapiemonte.it [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Nocciola di Giffoni IGP si riferisce al frutto allo stato sec-co ottenuto dalla varietà di nocciolo Tonda di Giffoni della specie Corylus avellana L.

METODO DI PRODUZIONE Le forme di allevamento utilizzabili sono quelle general-mente usate nella zona vocata, riconducibili alle coltivazio-ni cosiddette “a cespuglio policaule”, “a vaso cespugliato” e “ad alberello”, con una densità per ettaro non superiore a 660 piante. Sono ammesse anche forme di allevamento diverse, come quella “a siepe” e “a Y”, condotte nel rispet-to delle caratteristiche proprie del prodotto. Negli impianti ,inoltre, è ammessa la presenza di varietà di nocciolo di-verse dalla Tonda di Giffoni nella misura massima del 10%, per consentire una adeguata impollinazione. Essendo una cultivar abbastanza precoce, la raccolta inizia dalla terza settimana di agosto. Le nocciole vengono poi selezionate e calibrate, depositate in luoghi ben areati, privi di odori e di umidità, per essere sottoposte a processo di essic-cazione, con cui si porta il prodotto ad avere un livello di umidità del 5-7%. Le nocciole destinate all’uso industriale sono sgusciate con rulli e tostate in forni ventilati ad alte temperature.

ASPETTO E SAPORE La Nocciola di Giffoni IGP è formata da un guscio legnoso di medio spessore e di colore marrone con striature più scure, inoltre presenta un seme di forma sub sferica, color avorio, facilmente pelabile, di ottima consistenza e molto aromatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Nocciola di Giffoni IGP com-prende alcuni comuni della provincia di Salerno, nella re-gione Campania.

STORIA La Nocciola di Giffoni IGP vanta origini antichissime. La re-gione Campania viene considerata il luogo dove la coltiva-zione del nocciolo affonda le sue radici più indietro nel tem-po. Il nome antico del nocciolo, avellano, deriva dalla città di Abella, oggi chiamata Avella, in provincia di Avellino. Già dal III secolo a.C. numerosi scrittori e poeti latini ne attesta-rono la presenza in Campania e negli scavi di Ercolano esi-ste un affresco dove sono raffigurate le piante di nocciolo. Alcuni resti di nocciole carbonizzate si trovano anche nel Museo Nazionale di Napoli. Le prime testimonianze certe sulla nocciolicoltura specializzata in Campania, ed in parti-colare sulla coltivazione della Nocciola di Giffoni, risalgono al Medioevo. Ma è solo grazie all’intensificarsi dei rapporti commerciali con il resto d’Italia e con l’estero, durante il periodo borbonico, che questa produzione assunse un

importante ruolo economico. Verso la fine del Settecento, Vincenzo De Caro, storico salernitano, riferendosi alla sua terra d’origine, il Giffonese, scriveva: “l’albero della nocella è a tutti noto che alligna meravigliosamente nella maggior parte del nostro demanio”.

GASTRONOMIA La Nocciola di Giffoni IGP si conserva in ambienti asciutti, freschi e areati. È ottima se consumata al naturale, ma an-che come snack ricoperto di cioccolato o in abbinamento al miele o nel torrone. Non manca l’uso in piatti a base di carne o nella preparazione di numerose pietanze, come dolcetti, torte, gelati, creme, ma anche primi piatti e liquori alla nocciola. Inoltre, molto diffuso è il suo uso nell’industria di trasformazione in particolare in quella dolciaria.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Nocciola di Giffoni IGP. È commercializzato in guscio, all’interno di sacchi di tessuto (juta) e/o altro materiale idoneo; sgusciato, in sacchi di carta o di tessuto, in scatole di cartone o in altri materiali idonei. Il prodotto è reperibile in commercio anche trasformato come Granella e Farina di Nocciole di Giffoni IGP. È inoltre utilizzato come ingrediente di prodotti trasfor-mati disponibili in commercio quali pasta, crema e dolci a base di Nocciola di Giffoni IGP.

NOTA DISTINTIVA La Nocciola di Giffoni IGP è particolarmente adatta alla trasformazione industriale perché resiste bene a tostatura, calibratura e pelatura dando vita a prodotti lavorati e semi-lavorati di altissima qualità.

NOCCIOLA DI GIFFONI IGP

Consorzio di Tutela Indicazione Geografica Protetta Nocciola di GiffoniVia V. Fortunato - Zona PIP - 84095 Giffoni Valle Piana (SA)Tel: +39 089 8424053 www.igpnoccioladigiffoni.it [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Nocciola Romana DOP si riferisce al frutto secco, in guscio o sgusciato, appartenente alla specie Corylus avel-lana, varietà Tonda Gentile Romana e Nocchione.

METODO DI PRODUZIONE Le piante sono coltivate con sesti di impianto a “cespuglio”, “vaso cespugliato” e “monocaule”. A seconda che gli im-pianti siano vecchi o nuovi, il numero di piante per ettaro ammesso varia sostanzialmente: i vecchi impianti ne pos-sono contenere non più di 150 per ettaro, mentre i nuovi possono arrivare a contarne sino a 650 per ettaro. Gli arbu-sti sono sottoposti a potatura annuale mentre il processo di concimazione sarà teso a non forzare la produzione dei terreni. La raccolta può essere effettuata dal 15 agosto al 15 novembre, anche se, generalmente, si raccolgono tutte le nocciole entro la metà di settembre, quando giungono a piena maturazione. I frutti vengono raccolti esclusivamente da terra e mai dall’albero. Tuttavia, poiché una permanenza prolungata sul suolo ne comprometterebbe la qualità, con il tempo, si è affiancato anche l’impiego di macchine trainanti o “semoventi”. In seguito, le nocciole vengono essiccate in appositi seccatoi fino ad ottenere un tasso di umidità non superiore al 6%. Infine sono sottoposte all’eventuale sgu-sciatura, cernita, calibratura e condizionamento, che do-vranno concludersi entro il 31 agosto dell’anno successivo a quello di raccolta.

ASPETTO E SAPORE La Nocciola Romana DOP ha forma subsferoidale, sferoi-dale o subelissoidale. La dimensione in guscio varia da 14 a 25 mm. Il sapore è finissimo e persistente e presenta una tessitura compatta e particolarmente croccante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Nocciola Romana DOP inte-ressa sei comuni nella provincia di Roma e 31 comuni della provincia di Viterbo, nella regione Lazio.

STORIA La coltivazione della pianta di nocciolo nel Lazio ha ori-gini antiche. La presenza sul territorio della varietà Tonda Gentile risalirebbe già ad epoca pre-romana, mentre la sua coltivazione è attestata a partire dal XV secolo. Il consu-mo di questo delizioso frutto secco si diffuse ampiamen-te nel secolo successivo, arrivando ad arricchire persino i banchetti papali. Nella Storia del Carnevale Romano sono infatti citate le “nocchie” come alimento assai gradito a Papa Leone X. La reputazione della Nocciola Romana è cresciuta nel tempo, fino a raggiungere l’apice nel XX se-colo, quando è riuscita a ritagliarsi uno spazio tutto suo nel mercato agroalimentare, soprattutto come ingrediente base di prodotti dolciari.

GASTRONOMIA La Nocciola Romana DOP va conservata in ambienti fre-schi evitando di esporla a fonti di calore, luce ed umidità in modo da preservarne il più possibile le peculiarità distin-tive. Le nocciole possono essere gustate tanto allo stato fresco, quanto essiccate o tostate. La tradizione gastro-nomica viterbese ne prevede l’abbinamento con numerosi piatti a base di carne. Viene inoltre impiegata come ingre-diente nella preparazione di una moltitudine di prodotti dol-ciari, compresi alcuni dolci tipici come i tozzetti, gli ossetti da morto, i brutti buoni ed i mostaccioli.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Noccio-la Romana DOP. È commercializzato in guscio, confezio-nato in sacchi o in confezioni di vario peso di juta e rafia; sgusciato viene confezionato in contenitori di juta, rafia e cartoni idonei ad uso alimentare di peso variabile. È inoltre disponibile in commercio come ingrediente di prodotti tra-sformati quali granella, pasta, crema, nocciolato e dolci a base di Nocciola Romana DOP.

NOTA DISTINTIVA Le peculiarità distintive tanto climatiche quanto territoriali della zona di produzione concorrono a rendere la Nocciola Romana DOP un prodotto unico nel suo genere, in parti-colare per le caratteristiche di croccantezza e di tessitura compatta senza vuoti interni. I suoli di origine vulcanica, ricchi di microelementi e potassio, costituiscono un con-nubio perfetto con il clima mite dei Monti Cimini e Sabatini, le cui variazioni termiche si conciliano ottimamente con le tempistiche evolutive della pianta.

NOCCIOLA ROMANA DOP

Associazione Produttori Nocciole della Provincia di Viterbo Località Vico Matrino, 4 01012 Capranica (VT)Tel: +39 0761 669232 Fax: +39 0761 668972

CCIAA di ViterboVia F.lli Rosselli, 4 01100 ViterboTel: +39 0761 2341 Fax: +39 0761 345755www.vt.camcom.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Nocellara del Belice DOP si riferisce alle olive da ta-vola verdi o nere e ai loro trasformati, ottenute da olivi dell’omonima varietà.

METODO DI PRODUZIONE La raccolta viene effettuata a mano tramite “brucatura”, generalmente tra ottobre e novembre. In questa fase è vietato l’impiego di cascolanti, cioè di sostanze che ac-celerano la maturazione del frutto. Il trasporto avviene in cassette a rete o graticci dove i frutti vengono disposti in strati non superiori ai 20 cm. Le fasi di lavorazione ven-gono avviate entro e non oltre 24 ore dalla raccolta. Sono previsti tre diversi sistemi di lavorazione per le olive verdi e due per le olive nere. Le olive verdi subiscono un processo di trasformazione o con “Sistema Sivigliano” (immersio-ne in idrossido di sodio, lavaggi e fermentazione lattica), o con l’utilizzo di cangianti naturali (“al naturale”, si usa unicamente la salamoia) oppure attraverso il metodo Ca-stelvetranese (immersione in soluzione sodica, aggiunta di sale macinato e lavaggio). Le olive deamarizzate mediante i primi due metodi possono essere in seguito trasformate nelle tipologie: Intera in Salamoia, Schiacciata, Denoc-ciolata in Salamoia, Affettata, Incisa e Condita. Le olive nere, invece, possono essere trattate con o senza mezzo alcalino. Per le olive nere trattate senza mezzo alcalino è possibile, mediante ulteriore elaborazione, dare luogo alle seguenti tipologie: in Salamoia al Naturale, in Salamoia all’Aceto, Disidratate al sale secco o Infornate. Nel caso si effettui la lavorazione con mezzo alcalino è consentito l’utilizzo del “Sistema Californiano” o quello al sale secco.

ASPETTO E SAPORE La Nocellara del Belice DOP è caratterizzata dalla pezza-tura grande, ogni frutto pesa 5-7 g. Ha forma arrotondata ed è verde o nera. Quella di tipo verde, quando giunge a maturazione, diventa di colore rosso vinoso. La polpa è consistente e croccante, il gusto leggermente amaro-gnolo.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Nocellara del Belice DOP è localizzata nella valle del Belice, in particolare nei comu-ni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna in provincia di Trapani, nella regione Sicilia.

STORIA L’olivicoltura della Valle del Belice ha una lunghissima tradizione, specie per le olive da mensa. Questa coltura è riuscita infatti ad affermarsi quasi spontaneamente sia per le idonee caratteristiche ambientali sia per i requisiti merceologici pregevoli dell’unica cultivar rappresentata in maniera così preponderante. I primi documenti che de-

scrivono la presenza delle olive nel territorio della Valle del Belice risalgono addirittura ai tempi della colonia greca di Selinunte, nel VII secolo a.C. Dal XIX secolo la varietà No-cellara del Belice si è imposta come oliva utilizzabile sia da mensa che da olio.

GASTRONOMIA La Nocellara del Belice DOP si conserva in luoghi freschi e asciutti, al riparo da fonti di calore o luce diretta. Si con-suma al naturale come gustoso aperitivo, è ottima anche abbinata a formaggi, salumi e verdure sotto olio della tra-dizione locale. Può essere anche utilizzata come ingre-diente per insaporire piatti tipici siciliani, su tutti la famosa “caponata”.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia No-cellara del Belice DOP. In particolare, le olive verdi sono vendute Intere (con nocciolo) in Salamoia mentre Denoc-ciolate in Salamoia, Schiacciate, Affettate, Incise o Con-dite con olio, aglio, peperoncino e origano. Le olive nere, invece, sono attualmente immesse in commercio nella sola tipologia in Salamoia al Naturale. È generalmente confezionata in contenitori di vetro o banda stagnata, in sacchetti di materiale plastico tipo pellicola termosaldante e in contenitori di plastica o terracotta.

NOTA DISTINTIVA I suoli rossi o bruni e il clima spiccatamente mediterraneo creano condizioni microambientali che influiscono sulle caratteristiche di tipicità della Nocellara del Belice DOP, quali le dimensioni e il gusto particolare.

NOCELLARA DEL BELICE DOP

Consorzio Nocellara del BeliceVia IV Novembre, 11 91022 Castelvetrano (TP)www.consorzionocellaradelbelice.com [email protected]

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Oliva Ascolana del Piceno DOP si riferisce all’oliva ver-de da tavola, in salamoia o panata e ripiena, frutto della varietà d’olivo Ascolana Tenera.

METODO DI PRODUZIONE L’Oliva Ascolana del Piceno DOP viene prodotta nelle tre tipologie in Salamoia, in Salamoia “al naturale” e Ri-piena. Le olive utilizzate per la produzione sono raccolte generalmente a mano, tramite “brucatura”, nel periodo compreso tra il 10 settembre e il 20 ottobre. Dopo la rac-colta e la cernita, le olive subiscono un trattamento di deamarizzazione, necessario per attenuare il loro naturale sapore amaro. Si effettua, sia per la tipologia in Salamoia che per quella Ripiena, con metodo Sivigliano, vale a dire tramite l’immersione delle olive in una soluzione di idrato sodico all’1,5-3% per 8-12 ore, a cui seguono dei lavaggi per ridurre l’alente residuo. Per la tipologia in Salamo-ia “al naturale” la deamarizzazione si realizza invece con un metodo che prevede subito l’immersione delle olive in una salamoia di sale marino (NaCl) concentrato all’8% (si esclude quindi il passaggio in soda). In questo caso il processo richiede tempi di fermentazione e stoccaggio non inferiori a 10 mesi. Le olive destinate a diventare Ri-piene verranno denocciolate e riempite con un impasto, preventivamente cotto, di carne di suino e bovino (pro-venienti dalla zona della DOP, a cui si può aggiungere in misura massima del 10% quella di pollo e/o tacchino), formaggio, uova, vino bianco, cipolla, carota, costa di sedano, noce moscata e altri aromi minori. Le olive farci-te vengono poi passate nella farina, nell’uovo battuto ed infine nel pangrattato. Il prodotto finale è destinato alla frittura.

ASPETTO E SAPORE L’Oliva Ascolana del Piceno DOP in Salamoia si presenta di colore uniforme dal verde al giallo paglierino; la polpa è piena, compatta, non raggrinzita, non granulosa, ha odo-re caratteristico di fermentato e sapore lievemente acido con un leggero retrogusto amarognolo (più evidente nella tipologia “al Naturale”). È fragrante e croccante in bocca. L’Oliva Ascolana del Piceno DOP Ripiena ha forma leg-germente allungata irregolare, presenta aree verdi percet-tibili e, alla rottura, la panatura rimane aderente all’oliva, con impasto che si presenta compatto. La percezione olfattiva è di media intensità con note fruttate di oliva ver-de e spezie.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Oliva Ascolana del Piceno DOP comprende 89 comuni divisi tra le province di Ascoli Piceno e Fermo, nella regione Marche, e la provincia di Teramo, nella regione Abruzzo.

STORIA La presenza dell’olivo nel territorio Piceno ha origini che coincidono con la sua introduzione nella penisola italica da parte dei Fenici e dei Greci. In epoca Romana erano co-nosciute come ulivae picenae e arricchivano le tavole dei banchetti. Ai Monica Benedettini Olivetani si deve la razio-nalizzazione delle pratiche agronomiche, oltre le numerose testimonianze scritte sulla centralità delle olive da tavola nell’economia locale del 1500. Notizie precise circa la far-citura dell’oliva ascolana risalgono al 1600. Il ripieno a base di carne ha invece origini più recenti e risale al XIX secolo.

GASTRONOMIA L’Oliva Ascolana del Piceno DOP in Salamoia si conser-va in luoghi freschi e asciutti, mentre quella Ripiena è da conservare in frigorifero. Viene generalmente usata come contorno, o come ingrediente di tipici piatti locali. La ti-pologia Ripiena esprime al meglio le sue qualità una volta fritta. Inoltre per la sua ricca consistenza, può anche so-stituire una pietanza.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nelle tipologie Oliva Ascolana del Piceno DOP in Salamoia, in Salamoia “al naturale” e Ripiena. È commercializzato in recipienti o in-volucri idonei.

NOTA DISTINTIVA Nella Oliva Ascolana del Piceno DOP Ripiena la farcitura è elemento caratterizzante ma non deve comunque pre-valere sul frutto: il prodotto finito deve infatti contenere almeno il 40% in peso di oliva denocciolata.

OLIVA ASCOLANA DEL PICENO DOP

Consorzio per la Tutela dell’Oliva Ascolana del Piceno DOPVia Ruffini, 9 63100 Ascoli PicenoTel: +39 0736 277927 Fax: +39 0736 277925

Autorità Pubblica di Controllo di Assam Via dell’Industria, 160027 Osimo Stazione (AN)Tel: +39 071 8081www.apcassam.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Patata della Sila IGP si riferisce al tubero, a buccia gial-la o rossa e a pasta gialla oppure bianca, ottenuto dalle varietà Agria, Desirèe, Ditta, Majestic, Marabel e Nicola della specie Solanum tuberosum L.

METODO DI PRODUZIONE Il terreno deve essere adeguatamente preparato, in modo che non sussistano ristagni d’acqua. Deve essere effet-tuata la rotazione colturale con tempistiche precise (sola-nacee assenti per almeno due anni). L’aratura può essere effettuata nei periodi autunnale o primaverile. La semina viene eseguita, di norma, nel periodo che va da metà apri-le fino alla fine di giugno, mentre i tuberi sono raccolti dalla seconda metà di agosto fino al 30 di novembre. Le ope-razioni di raccolta possono essere eseguite sia manual-mente che con mezzi meccanici. La conservazione del prodotto ha luogo in locali riparati, al coperto, che devono comunque essere areati per favorire l’asciugatura. La Pa-tata della Sila IGP deve essere conservata al buio a tem-peratura ambiente per un periodo di massimo otto mesi e comunque non oltre il 30 aprile dell’anno successivo. In alternativa, può essere tenuta in apposite celle frigorifere con temperature comprese tra 5 e 10°C e umidità pari al 93-98% per un massimo di 10 mesi, e comunque non oltre il 30 maggio. È vietato l’utilizzo di sostanze chimiche antigermoglianti.

ASPETTO E SAPORE La Patata della Sila IGP ha forma variabile dal tondo all’ovale allungato, il calibro va da un minimo di 28 fino a oltre 76 mm. La buccia è consistente così come la polpa. Le varietà Agria, Ditta, Marabel e Nicola hanno buccia e polpa gialle; la Majestic ha buccia gialla e polpa bian-ca mentre la Desirèe ha buccia di colore rosso e polpa gialla.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Patata della Sila IGP interessa alcuni comuni dell’Altopiano Silano, nelle province di Co-senza e Catanzaro, nella regione Calabria.

STORIA La coltivazione della patata nel territorio dell’Altopiano Si-lano ha da sempre rappresentato una grande risorsa per le comunità locali, che hanno potuto svilupparsi e crescere grazie al commercio di questo rinomato prodotto. A testi-moniarne l’importanza, nel 1955, nasce il Centro Silano di Moltiplicazione e Selezione delle Patate da Seme e già negli anni Ottanta l’area risulta tra le prime in Italia per ampiezza di impianti di lavorazione. La notorietà e la fama sono state alimentate anche dalle numerose manifestazioni che ne-gli anni sono state dedicate alla patata silana, molte delle

quali ancora oggi continuano a richiamare folle di visitatori. Tra le maggiori vi è la “Sagra della Patata della Sila”, che si svolge ogni anno, dal 1978, a Camigliatello Silano.

GASTRONOMIA La Patata della Sila IGP si conserva fino a otto mesi se mantenuta al buio e a temperatura ambiente. Per l’eleva-to contenuto di sostanza secca e per l’ottima consistenza della polpa anche dopo la cottura risulta idelale per la frittu-ra. Per le singole varietà possono essere individuati, inoltre, specifici usi in cucina, che ne esaltano le caratteristiche: la Desirèe, ad esempio, oltre ai fritti è ottima anche per gli gnocchi; la Ditta per gli arrosti e i bolliti; la Majestic per il puré mentre la varietà Nicola si esprime al meglio con la cottura al vapore e al forno. La Patata IGP è un contorno ideale per la carne e per il pesce, ma la cucina regionale la abbina ottimamente anche alla pasta asciutta.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio da ottobre a maggio come Patata della Sila IGP nelle varietà Agria, Desirèe, Ditta, Majestic, Marabel e Nicola. Viene confezionato in sacchi in rete da 2,5 a 25 kg; vert-bag da 1,5 a 2,5 kg; scatole di cartone da 10 a 20 kg.

NOTA DISTINTIVA L’Altopiano Silano, dove si produce la Patata della Sila IGP, è caratterizzato da forti escursioni termiche giornalie-re e da insolazione prolungata, condizioni che favoriscono una crescita lenta e costante delle piante con un elevato accumulo di sostanza secca, così da ottenere tuberi di estrema qualità e conservabilità.

PATATA DELLA SILA IGP

Comitato Promotore per la IGP Patata della SilaVia Forgitelle Camigliatello Silano 87058 Spezzano della Sila (CS) Tel: +39 0984 570568 www.patatadellasila.it [email protected]

ICEA - Ist. Certif. Etica e AmbientaleVia Nazario Sauro, 2 40121 BolognaTel: +39 051 272986 www.icea.info [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Patata di Bologna DOP si riferisce al tubero a pasta gialla, allo stato fresco, appartenente alla varietà di patata da seme denominata Primura.

METODO DI PRODUZIONE Dopo che il terreno è stato preventivamente preparato, nel mese di marzo si procede alla semina per cui è obbli-gatorio l’impiego di tuberi-seme certificati, sia interi che tagliati. La preparazione dei tuberi-seme prevede la pre-germogliazione, processo che gli permette di svilupparsi in maniera più precoce e resistente, una volta deposti in campo. Durante questa fase i tuberi sostano in un am-biente non soggetto a gelate, in presenza di luce diffu-sa. La concimazione viene effettuata in modo da fornire gli elementi nutrizionali più adeguati, quali l’azoto, il fo-sforo ed il potassio, per ottenere produzioni ottimali sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. La produ-zione massima è di 60 tonnellate per ettaro. La raccolta deve essere eseguita a maturazione fisiologica completa del prodotto, cioè quando la buccia non si lacerarà alla pressione esercitata dallo sfregamento con le dita. Questa fase sarà possibile intervenire con apposite macchine che depositano i tuberi in contenitori idonei al trasporto pres-so gli stabilimenti di ritiro. I tuberi vengono quindi raccolti generalmente a partire dal mese di luglio. La conservazio-ne delle patate avviene in bins (casse di legno o plastica rigida) all’interno di celle per frigo-conservazione a tempe-ratura controllata, compresa tra 4 e 7°C, e al riparo dalla luce. Questa operazione ha lo scopo di limitare la perdita di umidità del prodotto in attesa di essere confezionato.

ASPETTO E SAPORE La Patata di Bologna DOP è caratterizzata da forma pre-valentemente ovale allungata, regolare, con presenza di gemme (occhi) superficiali poco pronunciate. La buccia è liscia, integra e priva di difetti esterni che ne alterino le sue caratteristiche. Il calibro dei tuberi è omogeneo compreso tra 40 e 75 mm. La polpa, consistente, è di colore variabi-le dal bianco al giallo paglierino. Il prodotto ha una buona conservabilità e un gusto tipico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Patata di Bologna DOP in-teressa la provincia di Bologna, nella regione Emilia-Ro-magna.

STORIA Le fonti storiche sino ad oggi pervenute, raccontano che la diffusione della patata nel territorio bolognese avven-ne nei primi anni dell’Ottocento ad opera dell’agronomo Pietro Maria Bignami, il quale sostenne la coltivazione di questo ortaggio favorendone la conoscenza presso i con-

tadini del luogo. Nel Novecento la diffusione della coltura è arrivata al massimo della sua potenzialità, divenendo per tutta la provincia, dalla pianura fino alle aree collinari e montane, una fonte importante per l’economia rurale locale.

GASTRONOMIA La Patata di Bologna DOP va conservata in luoghi freschi e asciutti. Da consumarsi previa cottura, è ottima gustata sia da sola che in abbinamento ad altre pietanze, magari per addolcirne il sapore. Spesso infatti il prodotto si ac-compagna al pesce, ad esempio al baccalà o alle seppie. Può essere anche impiegato in piatti dal sapore particola-re come il “roulade stubanki” con carpaccio di pere.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pa-tata di Bologna DOP. È confezionato in sacchi da 4, 5, 10 e 25 kg con fascia centrale o stampata di almeno 10 cm; in retine da 0,5-1-1,5-2 e 2,5 kg; in confezioni quali vertbag, quickbag, girsac e busta da 0,5-1-1,5-2-2,5 e 5 kg; in vassoio o vaschetta con peso di 0,5-0,75 e 1 kg; oppure in cartone e ceste da 10-12,5-15-20 e 25 kg. È sul mercato da luglio a maggio dell’anno successivo alla raccolta.

NOTA DISTINTIVA La Patata di Bologna DOP deve le sue qualità distintive alla composizione del suolo di coltivazione, particolar-mente ricco di potassio, fosforo e azoto, e al clima pio-voso dell’area di produzione che facilita le fasi di primo accrescimento vegetativo e di inizio della suberificazione.

PATATA DI BOLOGNA DOP

Consorzio Patata di Bologna D.O.P. Via Tosarelli, 155 40055 Villanova di Castenaso (BO)Tel. +39 051 5872419 www.patatadibologna.it [email protected]

Check Fruit S.r.l.Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO)Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813www.checkfruit.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Peperone di Pontecorvo DOP è un ortaggio a frutto, allo stato fresco, ottenuto dalla coltivazione dell’ecotipo locale Cornetto di Pontecorvo della specie Capsicum annum L.

METODO DI PRODUZIONE I semi, selezionati dalle migliori piante, vengono seminati in semenzai da metà febbraio a metà aprile. Dopo 30-50 giorni dalla germinazione, le piantine vengono trapianta-te in campo aperto o in ambiente protetto. Nel secondo caso, la copertura deve essere rimossa entro il 31 mag-gio di ogni anno. Il terreno deve inoltre seguire una pre-cisa rotazione colturale, secondo la quale il Cornetto di Pontecorvo, o altre solanacee, possono essere presenti sullo stesso lotto una volta ogni quattro anni. La raccol-ta è manuale e interessa il periodo compreso tra luglio e novembre. Le operazioni di raccolta e immagazzinamento devono essere effettuate con cura, ponendo particolare attenzione affinché non si verifichino sfregamenti o rotture dei tessuti. I frutti raccolti non devono essere esposti al sole.

ASPETTO E SAPORE Il Peperone di Pontecorvo DOP ha forma cilindro-conica, trilobata, lunga da 14 fino a oltre 18 cm. Il peso è variabile da 100 a oltre 150 g, a seconda della categoria merceolo-gica. Si presenta di colore rosso, con eventuali sfumature verdi che non superano il 40% della superficie. La cuticola e la polpa sono sottili. Il sapore è dolce.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Peperone di Pontecorvo DOP ricade nell’intero territorio del comune di Pontecorvo e in parte dei comuni di Esperia, S. Giorgio a Liri, Pignataro Interamna, Villa S. Lucia, Piedimonte S. Germano, Aqui-no, Castrocielo, Roccasecca e San Giovanni Incarico in provincia di Frosinone, nella regione Lazio.

STORIA Il peperone è presente nella zona di Pontecorvo da centi-naia di anni. Ne sono testimonianza i numerosi documenti attestanti la coltivazione: alcuni di questi sono datati 1830, 1873 e 1882. Un vigoroso impulso alla produzione si è verificato con la nascita del Consorzio Agrario nel 1889, le cui attività hanno contribuito in pochi decenni ad un aumento sostanziale delle superfici dedicate. Da sempre considerato “un gradito companatico”, è stato oggetto dell’attenzione dei contadini ciociari, che hanno traman-dato per generazioni le conoscenze necessarie ad otte-nere il migliore peperone Cornetto. GASTRONOMIA Il Peperone di Pontecorvo DOP si mantiene bene anche

per una decina di giorni, con l’accortezza di riporlo in fri-gorifero a temperatura adeguata. È un ingrediente molto ricercato, che ben si presta ad essere utilizzato sia nella cucina di base che in quella d’autore. Tagliato a listelli è ottimo per arricchire fresche insalate. È inoltre prelibato se consumato crudo o conservato sotto olio, particolar-mente indicato si rivela l’accompagnamento con salumi e formaggi, oppure come contorno di ricette a base di carne. Ottimo anche preparato alla griglia. Nella cucina tipica del luogo viene utilizzato inoltre per la preparazione di zuppe.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio da luglio a novembre nella tipologia Peperone di Pontecorvo DOP. È commer-cializzato in confezioni da 200 g e in contenitori di cartone, legno o plastica per alimenti per un peso che varia da 1 a 10 kg. Il contenuto di ogni imballaggio deve essere omogeneo e contenere solo bacche della stessa cate-goria commerciale, dello stesso gruppo di colore e dello stesso calibro. Ogni bacca può essere protetta da car-ta o da altro materiale idoneo. Le categorie commerciali ammesse sono la Extra e la Prima. Sul mercato è inoltre disponibile un prodotto trasformato a base di Peperone di Pontecorvo DOP: i peperoni tagliati a fette e conditi, commercializzati in vetro.

NOTA DISTINTIVA Il Peperone di Pontecorvo DOP si contraddistingue per l’elevata digeribilità dovuta alla particolare sottigliezza del-la buccia, risultato di una lunga ed attenta selezione delle piante operata per secoli da esperti agricoltori.

PEPERONE DI PONTECORVO DOP

Associazione Produttori Peperone di PontecorvoVia San Grimoaldo s.n.c. 03037 Pontecorvo (FR)Tel: + 39 0776 770051 Fax: + 39 0776 770051

Camera di Commercio di FrosinoneViale Roma 03100 FrosinoneTel: +39 0775 2751www.fr.camcom.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Peperone di Senise IGP si riferisce all’ortaggio allo stato fresco, secco o trasformato in polvere, ottenuto dalla col-tivazione dei tipi morfologici Appuntito, Tronco e Uncino della specie Capsicum annuum.

METODO DI PRODUZIONE La semina viene solitamente effettuata a mano, a spaglio, nel periodo compreso tra la terza decade di febbraio e la seconda decade di marzo. Le piantine di peperone ven-gono trapiantate dopo la germinazione dei semi, che sono ottenuti da piante madri selezionate all’interno dei campi situati nella zona vocata. Il trapianto deve essere effettua-to tra la seconda decade di maggio e la prima di giugno. Trattandosi di una specie a maturazione scalare, la rac-colta deve essere eseguita manualmente, a maturazione completata, quando le bacche raggiungono la caratteristi-ca colorazione rosso porpora; in genere inizia dalla prima decade di agosto. Per ottenere il prodotto secco, i pe-peroni raccolti subiscono un processo di trasformazione esclusivo che consiste nell’essiccazione naturale all’aria. I peperoni sono disposti su teli di stoffa o su reti, lonta-no dalla luce, all’interno di locali asciutti e ben areati, per almeno 2-3 giorni. In seguito i peduncoli devono essere infilati in serie, con spago, facendo in modo che le bacche si dispongano a spirale angolata, l’una rispetto alla suc-cessiva. Così facendo si otterranno le caratteristiche “col-lane” o “serte”. Queste ultime devono rimanere esposte al sole fino a quando il contenuto in acqua non si attesta al 10-12%. Successivamente dovranno essere riposte in locali arieggiati. Per essere trasformato in polvere, il pro-dotto secco subisce un trattamento in forno per eliminare il residuo di umidità ed agevolare così la molitura.

ASPETTO E SAPORE Il Peperone di Senise IGP nelle varietà Appuntito e Uncino ha una bacca leggermente deformata con costole poco evidenti e apice a punta; nella varietà Tronco la bacca ha forma di cono, con costole molto evidenti e apice tronco. Il colore è verde o rosso porpora. Il sapore è dolce per tutte le varietà.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Peperone di Senise IGP ricade nel comune di Senise ed in diversi altri comuni limitrofi delle province di Matera e di Potenza, nella regione Ba-silicata.

STORIA Le origini del Peperone di Senise IGP risalgono al XVI-XVII secolo, quando questo ortaggio giunse nell’area di produzione trovandovi un habitat ideale che ne favorì la coltivazione e la selezione. In principio la produzione si

è sviluppata in un contesto di attività agricola destinata all’autoconsumo, ma le caratteristiche uniche di questo prodotto hanno fatto sì che nel tempo diventasse una fonte di reddito per le famiglie che si dedicavano alla sua coltivazione.

GASTRONOMIA Il Peperone di Senise IGP fresco si conserva in frigorifero per una decina di giorni, quello essiccato e in polvere si conserva a lungo ed è opportuno collocarlo in luogo fre-sco e asciutto. Questo prodotto è ingrediente prezioso in molte ricette della cucina lucana come i caratteristici peperoni “cruschi”, essiccati e fritti in olio d’oliva. La pol-vere di peperoni è invece utilizzata per speziare minestre, pasta asciutta o salumi tradizionali lucani.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Peperone di Senise IGP nelle tipologie: Appuntito, Uncino e Tronco. È commercializzato allo stato fresco, secco e trasformato. Il peperone fresco viene confezionato in cassette di le-gno della capacità di 12-15 kg; quello secco in collane della lunghezza di 1,5-2 m; quello trasformato in polvere in contenitori di vetro opacizzato con capacità di 500 e 1000 g o in bustine di carta plastificata con capacità di 50-100 g.

NOTA DISTINTIVA Il Peperone di Senise IGP si caratterizza in modo unico per la polpa sottile e per il fatto che, anche dopo l’essic-cazione, il peduncolo rimane saldamente attaccato alla bacca.

PEPERONE DI SENISE IGP

Consorzio Tutela Peperoni di SeniseCorso Garibaldi, 283 85038 Senise (PZ)Tel: +39 0973 585733 Fax: +39 0973 [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pera dell’Emilia Romagna IGP si riferisce al frutto allo stato fresco delle varietà di pero: Abate Fetel, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett, Cascade, Passa Crassana e William. METODO DI PRODUZIONE I sesti di impianto utilizzabili sono quelli tradizionalmente usati nella zona di produzione, con possibilità, per i nuovi impianti, di avere una densità per ettaro fino ad un mas-simo di 3.000 piante. È prevista almeno una potatura in-vernale e due interventi di potatura al verde. Per la difesa fitosanitaria si preferiscono, dove è possibile, le tecniche di lotta integrata o biologica. La raccolta inizia generalmen-te dalla metà di agosto, in modo scalare a seconda della maturazione delle diverse varietà: ad esempio, la prima a giungere a maturazione è la William, poi la Conference, che si raccoglie nella prima metà di settembre; la Kaiser si raccoglie invece nella seconda decade di settembre men-tre la Decana e la Abate Fetel maturano a fine settembre. Le operazioni di raccolta sono generalmente eseguite a mano. La produzione unitaria massima è di 45 tonnellate per ettaro per tutte le cultivar ammesse.

ASPETTO E SAPORE La Pera dell’Emilia Romagna IGP nella varietà Abate Fetel ha forma calebassiforme, piuttosto allungata ed è di colo-re verde chiaro-giallastro, con rugginosità agli estremi; la Conference è piriforme, spesso simmetrica, con buccia verde-giallo e rugginosità diffusa; la Decana del Comizio ha forma turbinata, buccia liscia verde chiaro-giallastro spesso colorata di rosa, con rugginosità sparsa; la Kaiser ha forma calebassiforme-piriforme e buccia completamente ruggino-sa; la William e la Max Red Bartlett sono cidoniformi-brevi o piriformi, con buccia liscia dal colore di fondo giallo, più o meno ricoperto da sovracolore rosato o rosso vivo, a volte striato. Il sapore è per tutte dolce, a volte aromatico. ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pera dell’Emilia Romagna IGP comprende diversi comuni nelle province di Reggio Emilia, Ferrara, Modena, Ravenna e Bologna, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA I primi dati storici sulla coltura del pero risalgono agli inizi del 1300. Il frutto è da sempre ben conosciuto e apprez-zato in Emilia-Romagna, tanto da essere raffigurato in un affresco del 1450 circa, la Madonna della pera. Nell’Alto Medioevo l’arboricoltura non appare molto praticata, al-meno nell’Italia del nord. È estremamente difficile infatti trovare menzione di frutteti intesi come colture autonome. È relativamente più frequente invece imbattersi in alberi da

frutto sparsi tra le vigne, nei campi a cereali, ma sopratutto negli orti. Solo alla fine del Quattrocento gli agronomi co-minciavano a dedicare seria attenzione a questo comparto produttivo, così che, già a partire dal Seicento, la Romagna e l’Emilia presentavano colli disseminati da frutteti. Tuttavia la diffusione della coltura trova la sua massima espansione alla fine del secolo scorso con l’introduzione di nuove tec-nologie nel settore agricolo.

GASTRONOMIA La Pera dell’Emilia Romagna IGP va posta in un sacchet-to di carta e si conserva a temperatura ambiente per 2-3 giorni o, nella parte meno fredda del frigorifero, per circa sette giorni. Oltre al tradizionale consumo fresco, può es-sere utilizzata come ingrediente di diverse pietanze: dagli antipasti di pesce ai primi piatti, come il risotto al pecorino e pere, a secondi come il filetto di maiale o ancora in abbi-namento a formaggi e all’interno di dolci e macedonie.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pera dell’Emilia Romagna IGP, nelle varietà: Abate Fetel, Confe-rence, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett, Ca-scade, Passa Crassana e William. Viene posto in vendita all’interno di appositi bins e plateaux di cartone alveolato o in confezioni sigillate monofrutto o polifrutto.

NOTA DISTINTIVA In questa regione le condizioni pedoclimatiche e la grande professionalità dei produttori conferiscono alla coltivazione della Pera dell’Emilia Romagna IGP caratteristiche di ele-vata produttività e qualità dei frutti.

Consorzio Tutela Pera IGP Emilia-RomagnaVia Bologna, 534 44040 Chiesuol del Fosso (FE)Tel: +39 0532 904511 www.csoservizi.com [email protected]

Check Fruit S.r.l.Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO)Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813www.checkfruit.it [email protected]

PERA DELL’EMILIA ROMAGNA IGP

@CSOservizi

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pera Mantovana IGP si riferisce al frutto allo stato fresco ottenuto dalle varietà di pero: William, Max Red Bartlett, Conference, Decana del Comizio, Abate Fetel e Kaiser.

METODO DI PRODUZIONE I sesti di impianto utilizzabili sono quelli tradizionalmente in uso nella zona, con possibilità per i nuovi impianti di conseguire una densità per ettaro fino ad un massimo di 5.000 piante. Le pratiche colturali debbono comprendere almeno una potatura invernale e due interventi di potatura al verde. Per la difesa fitosanitaria devono essere utilizza-te, quando possibile, tecniche di lotta integrata o biologi-ca. La raccolta viene effettuata generalmente a mano, nel periodo compreso tra agosto e maggio a seconda della varietà: William dal primo agosto al 30 novembre; Max Red Bartlett dal 20 agosto al 30 novembre; Conferen-ce dal 15 ottobre al 31 maggio; Decana del Comizio dal 30 settembre al 30 marzo; Abate Fetel dal 10 settembre al 15 marzo e Kaiser dal 15 settembre al 15 marzo. La produzione unitaria massima è di 45 tonnellate per ettaro per tutte le cultivar. La conservazione dei frutti fa ricorso alla tecnica di refrigerazione, con valori di umidità e di temperature all’interno delle celle frigorifere tali da non comprometterne le caratteristiche qualitative.

ASPETTO E SAPORE La Pera Mantovana IGP può presentare forme diverse a seconda della varietà: l’Abate Fetel e la Conference hanno epicarpo verde chiaro-giallastro e sapore dolce; la Decana del Comizio ha epicarpo liscio, verde chiaro giallastro e rosa, sapore dolce-aromatico; la Kaiser ha epicarpo rugginoso e polpa succosa; la Max Red Bartlett e la William hanno buccia a fondo giallo più o meno rico-perto da sovracolore rosato o rosso vivo, a volte striato, e una polpa dal sapore dolce-aromatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pera Mantovana IGP ricade in numerosi comuni della provincia di Mantova, nella re-gione Lombardia.

STORIA La Pera Mantovana IGP ha origini antiche, che risalgono almeno al XV secolo. Il suo primato come coltura più im-portante della zona di produzione era noto già nel 1475, come testimoniano i riferimenti storici sulla presenza di diverse varietà di pero nel frutteto di una grande tenuta di San Giacomo delle Segnate. Per arrivare alla produzione su scala commerciale occorre però attendere la metà del XX secolo, poiché fino al secondo dopoguerra era desti-nata quasi esclusivamente al consumo locale. In tempi più recenti, quindi, la coltivazione del pero ha trovato un

notevole sviluppo, grazie soprattutto alle innovazioni tec-nologiche nel settore della conservazione e dei trasporti.

GASTRONOMIA La Pera Mantovana IGP raggiunge la piena maturazione nel momento in cui, esercitando una piccola pressione alla base del picciolo, la polpa risulta cedevole. Se si ac-quista il frutto quando non è ancora pronto al consumo, è opportuno riporlo in un sacchetto di carta per 2-3 giorni, perché raggiunga la perfetta maturazione. Per conservar-lo qualche giorno in più, è consigliabile riporlo nella parte meno fredda del frigorifero. È adatta sia al consumo fre-sco che come ingrediente per la preparazione di sciroppi e dolci. Tipica della cucina virgiliana è la mostarda, di cui la pera è protagonista principe, base essenziale per pre-parare i tortelli di zucca tipici del mantovano. Ottimo è anche l’abbinamento con il miele e i formaggi stagionati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pera Mantovana IGP, nelle varietà: William, Max Red Bartlett, Conference, Decana del Comizio, Abate Fetel e Kaiser. È commercializzato da agosto a maggio a seconda del-la stagionalità di ogni varietà, confezionato in contenitori idonei a consentirne una chiara identificazione.

NOTA DISTINTIVA La Pera Mantovana IGP ha numerose proprietà benefi-che per l’organismo. È diuretica, depurativa e contiene poche calorie. Inoltre, poiché la percentuale di zuccheri contenuti è costituita prevalentemente da fruttosio, il suo consumo è consentito anche ai diabetici.

PERA MANTOVANA IGP

Consorzio Pera Tipica MantovanaVia Mazzini, 1646100 Mantova (MN) Tel: +39 0376 329747Fax: +39 0376 [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pesca di Leonforte IGP designa il frutto allo stato fre-sco prodotto dalla coltivazione di due ecotipi locali di pe-sco: Bianco di Leonforte e Giallone di Leonforte.

METODO DI PRODUZIONE La coltivazione può essere condotta con metodo con-venzionale, integrato o biologico. Le forme di allevamento ammesse sono quelle “a vaso semplice”, “vasetto ritarda-to”, “tatura trellis”, “Y trasversale” e “fusetto”, che garanti-scono la corretta esposizione ai raggi solari e agevolano le operazioni colturali. È ammessa la potatura sia in inverno che in estate, mentre il diradamento deve essere eseguito entro maggio, prima dell’insaccamento dei frutti. Entro e non oltre il mese di luglio la drupa deve essere protet-ta mediante l’uso di un sacchetto di carta pergamenata. La tecnica d’irrigazione utilizzata è quella a goccia o per aspersione. A partire dalla prima decade di settembre ha inizio la raccolta dei frutti, che si protrae fino alla prima decade di novembre. Le drupe devono essere raccolte a mano evitando l’operazione nelle ore più calde della giornata e l’esposizione diretta al sole dei frutti raccolti. Cura particolare dovrà essere prestata alla separazione del frutto dal ramo, che deve avvenire senza provocare danni al peduncolo. Dopo la raccolta, il prodotto può es-sere refrigerato a temperatura compresa tra 0,5 e 4,5°C per un massimo di 20 giorni.

ASPETTO E SAPORE La Pesca di Leonforte IGP presenta forma globosa e pol-pa aderente al nocciolo. L’ecotipo Bianco di Leonforte presenta buccia di colore bianco con striature rosse non sempre evidenti e polpa bianca. L’ecotipo Giallone di Le-onforte presenta buccia di colore giallo con striature rosse non sempre evidenti e polpa gialla.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pesca di Leonforte IGP com-prende i comuni di Leonforte, Enna, Calascibetta, Assoro ed Agira in provincia di Enna, nella regione Sicilia.

STORIA La Pesca di Leonforte IGP gode da tempo di una note-vole reputazione, dovuta alle qualità del prodotto quali durezza e maturazione tardiva. Ma fondamentale è sta-to da sempre il lavoro dell’agricoltore, che col tempo si è specializzato affinando sia le tecniche di coltivazio-ne che le altre fasi specifiche dell’attività, come quella dell’insacchettamento della pesca. La vendita di questo prodotto ha portato ad un miglioramento del tenore di vita degli operatori locali. Da circa venti anni, infatti, la Pesca di Leonforte rappresenta un motore importante per l’economia locale. A questo prodotto è dedicata una

Sagra annuale, nata nel 1982 per favorirne la promozio-ne e la valorizzazione.

GASTRONOMIA La Pesca di Leonforte IGP, raggiunto il giusto grado di ma-turazione, può essere conservata in frigorifero per qualche giorno. Se non ancora matura, può essere mantenuta a temperatura ambiente, in un sacchetto di carta, per 2-3 giorni circa, fino a completa maturazione. Queste pesche possono essere gustate fresche in ogni momento della giornata oppure sciroppate, ma anche come ingrediente di dolci, gelati e macedonie.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pesca di Leonforte IGP, nelle varietà: Bianco di Leonforte e Gial-lone di Leonforte. Le categorie commerciali sono Extra e Prima. È commercializzato, da settembre a novembre, in cassette o in scatole di cartone o di legno, o in ceste di vario formato di capacità compresa tra 0,5 e 6 kg. Ogni confezione deve contenere frutti della stessa varietà, ca-tegoria, calibro e grado di maturazione.

NOTA DISTINTIVA La Pesca di Leonfonte IGP è caratterizzata da una ma-turazione tardiva, favorita, oltre che dalle caratteristiche specifiche delle varietà, anche da una particolare pratica di coltivazione: l’uso obbligatorio del sacchetto di carta pergamenata, con cui avvolgere la drupa nella fase in cui raggiunge la dimensione di una noce. Ciò consente al prodotto di arrivare sui mercati quando altre varietà di pesche sono generalmente già esaurite.

Consorzio per la Tutela della Pesca di LeonfortePiazza Branciforti, 2 94013 Leonforte (EN) www.pescadileonforte.it

IZS Sicilia Istituto Zooprofilattico Sperimentale della SiciliaVia G.Marinuzzi, 3 90129 PalermoTel: +39 091 6565111www.izssicilia.it

PESCA DI LEONFORTE IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pesca di Verona IGP si riferisce al frutto allo stato fre-sco appartenente alla specie Persica vulgaris Miller, nelle varietà a Polpa Bianca e Gialla e Nettarina a Polpa Gialla, nelle cultivar a maturazione precoce, media e tardiva.

METODO DI PRODUZIONE La coltivazione della Pesca di Verona IGP può essere con-dotta con metodo convenzionale, biologico o integrato. Sono ammesse esclusivamente le forme di allevamento definite “a vaso basso veronese” e a “Y trasversale” che sono tradizionali della zona del veronese e garantiscono la corretta insolazione ed arieggiamento della chioma in tutte le sue parti, condizioni importanti per determinare il colore e il sapore finale dei frutti. Tutte le operazioni coltu-rali devono essere finalizzate ad accentuare i caratteri di tipicità del prodotto, per questo è raccomandata la pota-tura verde ed è obbligatorio il diradamento manuale dei frutti. Altra tecnica tipica del veronese, obbligatoria per i frutteti, è quella dell’inerbimento controllato, mediante la quale è possibile controllare le piante infestanti e al con-tempo migliorare l’equilibrio idrico e la fertilità del terreno. La raccolta dei frutti avviene dal 10 giugno al 20 settem-bre. In considerazione della sensibilità delle pesche alla manipolazione, le operazioni avvengono in almeno tre mo-menti diversi e deve essere effettuata manualmente. Per la conservazione si utilizza la tecnica della refrigerazione, a temperatura e umidità controllate (tra -0,5 e +0,5°C) per al massimo 20 giorni.

ASPETTO E SAPORE La Pesca di Verona IGP ha calibro minimo di 61 mm per le cultivar precoci e 67 mm per le cultivar medie e tardive. Presenta forma rotondo-oblata nelle varietà a Polpa Bian-ca e Gialla; forma rotondo-oblunga nella varietà Nettarina a Polpa Gialla. Il colore è intenso e brillante; la polpa è consistente e succosa; il sapore è dolce e caratteristico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pesca di Verona IGP è limitata ad alcuni comuni della provincia di Verona, nella regione Veneto. STORIA “Il pomo della lanuggine” era il modo in cui, in epoca ro-mana, Plinio il Vecchio riferiva della pesca di Verona nelle sue opere, a testimoniare l’origine antica di questo frut-to. La pesca è inoltre protagonista di un’opera di Andrea Mantegna raffigurata all’interno della Basilica di San Zeno a Verona, risalente al 1400. La coltivazione irrigua si svi-luppa a partire dal 1700 e già alla fine del secolo succes-sivo la produzione e le superfici dedicate a questi frutteti risultavano sorprendentemente rilevanti. Ciò è confermato

sicuramente dal motto coniato nel 1934 dal quotidiano L’Arena di Verona, in occasione della mostra locale di pe-sche, che su cartelloni e striscioni sui quali erano riportate invitanti immagini del frutto recitava: “mangiate le squisite pesche di Verona”. GASTRONOMIA La Pesca di Verona IGP va conservata a temperatura ambiente, in luogo fresco e asciutto, oppure in frigorifero quando la maturazione è completa. Le sue proprietà rin-frescanti e dissentanti la rendono estremamente gradevo-le da gustare nelle calde giornate estive. Oltre che consu-mata fresca, è ideale per la preparazione di dolci, gelati o confetture; può essere conservata con acqua e zucchero per ottenere le cosiddette “pesche sciroppate”. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pesca di Verona IGP, nelle varietà: a Polpa Bianca, a Polpa Gialla e Nettarina a Polpa Gialla, nelle categorie Extra e Prima. È commercializzato, da giugno a settembre, in appositi vassoi sigillati con film plastico, in cestini da 1 o 2 kg op-pure in plateaux di cartone, legno o plastica di dimensioni variabili.

NOTA DISTINTIVA Le caratteristiche pedoclimatiche della zona di produzio-ne, la professionalità e la secolare esperienza dei frutticol-tori veronesi sono gli elementi che conferiscono alla Pesca di Verona IGP le sue proprietà uniche e inconfondibili, che si manifestano, tra l’altro, nella colorazione intensa e nel gusto equilibrato di dolce e acidulo.

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

PESCA DI VERONA IGP

Consorzio di Tutela Pesca di VeronaVia Cà Nova Zampieri , 1537057 San Giovanni Lupatoto (VR) Tel: +39 045 8750873 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pesca e Nettarina di Romagna IGP si riferisce ai frut-ti freschi ottenuti da diverse varietà della specie Prunus persica L., differenti per colore e polpa.

METODO DI PRODUZIONE I sesti di impianto impiegati sono quelli tradizionalmente usati in zona. Le forme di allevamento ammesse, in volu-me, sono riconducibili al “vaso emiliano” e sue modifica-zioni; in parete le forme utilizzabili sono la “palmetta”, la “Y”, il “fusetto” e loro modificazioni. Le pratiche colturali comprendono almeno una potatura invernale e due in-terventi di potatura al verde, a seconda delle esigenze delle piante. La difesa fitosanitaria di prevalente utilizzo deve far ricorso, quando possibile, alle tecniche di lotta integrata o biologica. La raccolta viene effettuata general-mente a mano tra la primavera inoltrata e la fine dell’esta-te. L’eventuale conservazione dei frutti deve prevedere la tecnica della refrigerazione. I valori di umidità e di tempe-ratura all’interno delle celle frigorifere devono assicurare il mantenimento delle peculiari caratteristiche qualitative.

ASPETTO E SAPORE La Nettarina di Romagna IGP si differenzia dalla Pesca perché presenta una buccia completamente glabra e una superficie particolarmente liscia e luminosa. Entrambe possono essere sia a polpa bianca che a polpa gialla. La Pesca e Nettarina di Romagna IGP presenta in generale forma tondeggiante, più o meno appiattita, con diametro minimo di 67 mm; ha buccia di colore rosso con sfu-mature gialle e arancioni. La polpa è succosa e dolce, il profumo intenso e caratteristico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pesca e Nettarina di Roma-gna IGP si estende a numerosi comuni della provincia di Bologna, Forlì-Cesena, Ferrara e Ravenna, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA Le origini della coltivazione della Pesca e Nettarina di Ro-magna IGP risalgono al XIX secolo, quando nella provin-cia di Ravenna vennero predisposti degli impianti per la coltivazione di questo frutto. Da allora i frutteti si sono sempre più diffusi in varie zone delle province di Bolo-gna, Ferrara e Forlì facendo sì che, nel corso degli anni, il prodotto fosse sempre più conosciuto, apprezzato e commercializzato anche all’estero. La vocazione della re-gione Emilia-Romagna per questo tipo di produzione è confermata dal ruolo che essa ha avuto nella nascita della frutticoltura italiana specializzata e dall’aver primeggiato dal dopoguerra ad oggi per quantità prodotte rispetto ad altre regioni.

GASTRONOMIA La Pesca e Nettarina di Romagna IGP si consuma gene-ralmente quando i frutti hanno raggiunto la piena matura-zione e presentano un profumo intenso e caratteristico. La Nettarina viene consumata anche in una fase meno avanzata di maturazione, quando la consistenza è ancora compatta e risulta croccante al morso. Sia le pesche che le nettarine possono essere acquistate anche qualche giorno prima della piena maturazione, in modo da po-terle conservare più a lungo. Una idonea conservazione domestica prevede di riporre i frutti chiusi in un sacchetto di carta, a temperatura ambiente, per due o tre giorni. In questo modo saranno pronti per essere consumati dolci e maturi al punto giusto. Solo quando il frutto è maturo può essere riposto in frigorifero per qualche giorno an-cora. Oltre che gustate fresche, possono anche essere utilizzate come ingrediente per arricchire dolci, gelati e macedonie.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio, da giugno a settem-bre, nella tipologia Pesca e Nettarina di Romagna IGP. Sia la Pesca che la Nettarina sono commercializzate in varietà a polpa bianca e a polpa gialla. Vengono confezio-nate in vassoi, cestini e plateaux in cartone o in legno.

NOTA DISTINTIVA La Pesca e la Nettarina di Romagna IGP hanno un bas-sissimo contenuto di calorie e sono pertanto indicate nelle diete ipocaloriche. Inoltre, per l’elevata presenza di acqua nella polpa, risultano particolarmente rinfrescanti e dissetanti.

Consorzio Tutela Pesca e Nettarina di RomagnaVia Bologna, 534 44124 Chiesuol del Fosso (FE)Tel: +39 0532 904511 www.csoservizi.com [email protected]

Check Fruit S.r.l.Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO)Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813www.checkfruit.it [email protected]

PESCA E NETTARINA DI ROMAGNA IGP

@CSOservizi

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pistacchio Verde di Bronte DOP designa il frutto allo stato secco in guscio, sgusciato o pelato di piante della specie Pistacia vera, cultivar Napoletana (chiamata an-che Bianca o Nostrale).

METODO DI PRODUZIONE Il prodotto è coltivato principalmente su terreni lavici. Su tale substrato prospera il terebinto, nome comune della pianta Pistacia terebinthus che costituisce il più impor-tante porta-innesto per la propagazione del Pistacchio Verde di Bronte DOP. I pistacchieti possono essere spe-cializzati o consociati ad altre tipologie di piante; le for-me di allevamento ammesse sono la “ceppaia”, il “vaso libero” oppure il “monocaule”. La raccolta è realizzata a mano, generalmente nel periodo compreso tra il 20 ago-sto e il 10 ottobre. Entro 24 ore dalla raccolta, si effettua la “smallatura”, deve cioè essere eliminato l’involucro co-riaceo che ricopre il frutto. Successivamente, i frutti in guscio vengono essiccati al sole o in ambienti dove la temperatura è mantenuta intorno ai 40-50°C, fino ad ot-tenere semi con umidità residua compresa tra il 4 e il 6%. Parte del prodotto viene inoltre sgusciato e pelato, rimuo-vendo la pellicola viola-rossastro mediante immersione in acqua bollente, a cui segue l’asciugatura. L’eventuale sgusciatura o pelatura dei pistacchi può essere effettuata meccanicamente. La fase di stoccaggio può durare fino a 24 mesi dopo la raccolta e deve avvenire riponendo i frutti essiccati in sacchi di juta, carta o polietilene.

ASPETTO E SAPORE Il Pistacchio Verde di Bronte DOP ha forma allungata e poco compressa, delle dimensioni di un’oliva. All’interno del guscio il seme, di colore verde smeraldo, è ricoper-to da una pellicola rosso rubino. Il sapore è fortemente aromatico. ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pistacchio Verde di Bronte DOP interessa i territori comunali di Bronte, Adrano e Biancavilla in provincia di Catania, nella regione Sicilia.

STORIA La pianta di pistacchio fu introdotta in Sicilia dagli Arabi durante il periodo della loro dominazione, nei secoli VIII e IX. La longevità e la capacità di resistere a condizioni am-bientali avverse ha permesso al pistacchio di insediarsi stabilmente nei terreni vulcanici scarsamente coltivabili – le cosiddette sciare – che caratterizzano l’area di Bronte e dintorni. Nel tempo è diventata la coltivazione arborea più importante sia in termini di superficie investita che di red-dito prodotto. Intorno al pistacchio la popolazione locale ha sviluppato le proprie tradizioni e la propria ricchezza

grazie al duro lavoro degli agricoltori che, di generazione in generazione, hanno tramandato la cura dei lochi (nome locale dei pistacchieti), contribuendo a far acquisire alla città di Bronte la fama di “città del pistacchio”. GASTRONOMIA Il Pistacchio Verde di Bronte DOP si conserva in luogo fresco e asciutto. Può essere consumato senza bisogno di ulteriori cotture o lavorazioni, come spuntino o aperiti-vo, ma grazie al suo peculiare aroma e alla sua qualità è da sempre elemento principe della pasticceria siciliana e della cucina in generale. È utilizzato tradizionalmente dai pasticceri della città di Bronte come ingrediente per gela-ti, paste, creme e liquori, o la gustosa “torta al pistacchio” con pan di spagna farcito al cioccolato. È anche protago-nista di primi e secondi piatti. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pi-stacchio Verde di Bronte DOP. È commercializzato in gu-scio, sgusciato o pelato, in granella, in bastoncini, semi-lavorato a farina o pasta di pistacchio. Viene confezionato in imballi nuovi di idoneo materiale. NOTA DISTINTIVA Il Pistacchio Verde di Bronte DOP non viene sottoposto né a tostatura né a salatura. Oltre che al colore verde uni-forme e alla spiccata aromaticità, deve la sua peculiarità alle numerose proprietà nutrizionali: contiene vitamina A ed è ricco di ferro, fosforo e sostanze fenoliche, elementi che favoriscono il potenziamento delle difese e il benes-sere dell’organismo.

PISTACCHIO VERDE DI BRONTE DOP

IZS Sicilia Istituto Zooprofilattico Sperimentale della SiciliaVia G.Marinuzzi, 3 90129 PalermoTel: +39 091 6565111www.izssicilia.it

Consorzio di Tutela del Pistacchio Verde di BronteP.zza N. Azzia 14 95034 Bronte (CT)Tel: +39 329 0534641 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP si riferisce ai frutti freschi o conservati “al piennolo” degli ecotipi locali della specie Lycopersicon esculentum Miller.

METODO DI PRODUZIONE I pomodorini vengono coltivati esclusivamente in pieno campo. Le piante devono svilupparsi in verticale fino ad un’altezza di 80 cm, adeguatamente sostenute da palet-ti che impediscono ai frutti di toccare il terreno. La rac-colta avviene nel periodo compreso tra la fine di giugno e la terza settimana di agosto, tagliando direttamente il grappolo. Per la tipologia conservata, i grappoli vengo-no sistemati a mano su un filo di fibra vegetale, legato a cerchio, così da comporre un unico grande grappolo, il cosiddetto piennolo. Il piennolo viene appeso su ganci o supporti idonei, in luoghi asciutti e ben ventilati. Que-sta modalità di conservazione consente di mantenere le qualità organolettiche del prodotto fino a 7-8 mesi dalla raccolta, anche se la conservabilità dei piennoli non ha una durata definita ed è legata al permanere della qualità del prodotto.

ASPETTO E SAPORE Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP ha forma ovale, leggermente pruniforme per l’apice appuntito; la parte peduncolare presenta delle costolature visibili nella buccia che si presenta spessa, quasi croccante al morso. Il prodotto fresco ha una polpa rossa, una colorazione esterna tendente al vermiglio ed il sapore è intenso con note dolci-acidule. I pomodori conservati “al piennolo” sono di un rosso scuro in superficie e di un rosso intenso all’interno. Il sapore è intenso e vivace.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP comprende i territori di 18 comuni del-la provincia di Napoli, la maggior parte dei quali situati all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, nella regione Campania.

STORIA Si trova menzione dei pomodorini coltivati alle pendici del Vesuvio in diversi studi pubblicati fra la metà del XIX e l’inizio del XX secolo. Fra questi ricordiamo il testo De-gli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli di Bruni, edito nel 1858, in cui l’autore cita i pomodorini a ciliegia legati in serte, facendo riferimento alla loro carat-teristica di sapore e di conservabilità, ottenuta proprio grazie al particolare metodo di conservazione utilizzato. Nel Annuario della Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Portici del 1885 sono indicate le tecniche necessarie per la coltivazione e la conservazione dei pomodorini.

Ulteriori testimonianze sono rintracciabili in altri studi di agraria della rinomata Scuola Superiore di Agricoltura di Portici, diventata poi Facoltà di Agraria.

GASTRONOMIA Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP può mante-nersi inalterato fino alla primavera successiva alla raccol-ta, a condizione che il piennolo venga conservato appeso in un luogo fresco, asciutto e ventilato. Ingrediente prin-cipe di numerosi piatti, come i classici spaghetti (ai quali conferisce personalità), può essere consumato fresco o per preparazioni che prevedono la cottura. Questo frutto risulta gustoso sia abbinato ad altre verdure fresche sia come base per la preparazione di panzerotti e pizza.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP, nelle tipologie Fresco e Conservato “al piennolo”. Il tipo Fresco è venduto, entro quattro giorni dalla raccolta, in bacche o grappoli, posti in idonei contenitori sigillati del peso di massimo di 10 kg. Il tipo Conservato “al piennolo” è venduto, fino alla prima-vera successiva alla raccolta, in piennoli singoli o in idonei contenitori sigillati del peso massimo di 5-10 kg.

NOTA DISTINTIVA Il suolo particolarmente fertile a causa dell’origine vulca-nica, l’esposizione delle colture alla luce del sole, i leg-geri venti che spirano sulle pareti vulcaniche concorrono a rendere il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP ricco di acidi organici, conferendogli le peculiari caratte-ristiche di acidulità e di gusto.

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

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CertificazioneAgroalimentare

POMODORINO DEL PIENNOLO DEL VESUVIO DOP

Consorzio di Tutela del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOPPiazza Della Meridiana 47,80040 San Sebastiano al Vesuvio (NA)Tel: +39 081 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pomodoro di Pachino IGP è un ortaggio della specie Lycopersicum escluletum Miller, che si distingue in tre va-rietà: Tondo Liscio (a grappolo o a frutto singolo), Costo-luto e Cherry o Ciliegino.

METODO DI PRODUZIONE La coltivazione del pomodoro avviene in ambiente protet-to, in serre e/o tunnel coperti. Durante il periodo estivo è possibile utilizzare anche reti anti-insetto. Il trapianto vie-ne eseguito nel periodo agosto-febbraio, con l’eccezione della tipologia Cherry per la quale può essere effettuato tutto l’anno. La forma di allevamento è in verticale; si ese-guono la potatura verde e, secondo necessità, anche la cimatura. L’irrigazione viene effettuata utilizzando acque di falda provenienti da pozzi situati nel territorio di produzio-ne. La raccolta è manuale, di solito ogni 3-4 giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Pomodoro di Pachino IGP Tondo Liscio a grappolo è co-stituito da bacche rotonde di colore rosso acceso mentre in quello a frutto singolo le bacche sono di colore verde tendente al verde scuro; il gusto è molto marcato. La varie-tà Costoluto ha frutti di grandi dimensioni, di colore verde scuro intenso e brillante, che vira al rosso nel corso della maturazione. La polpa è soda ed è caratterizzata da un elevato contenuto zuccherino. La varietà Ciliegino si carat-terizza per il suo aspetto a ciliegia su un grappolo a spina di pesce, con frutti tondi, piccoli dal colore molto acceso.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pomodoro di Pachino IGP rica-de in alcuni comuni delle province di Siracusa e Ragusa, nella regione Sicilia.

STORIA Le prime coltivazioni del Pomodoro di Pachino IGP risal-gono al 1925 ed erano localizzate lungo la fascia costiera, in aziende che potevano disporre di acqua per l’irrigazione proveniente da pozzi freatici. A partire dagli anni Cinquanta si assistette ad un’ampia diffusione del pomodoro che pro-seguì fino ai giorni nostri, dovuta in particolare all’avvento delle prime serre, in forma di capanne artigianali, e alla pro-fonda crisi che investì la viticoltura di queste zone negli anni Settanta. Questo portò alla nascita delle prime forme asso-ciative che iniziarono la commercializzazione del prodotto sia sui mercati nazionali che esteri.

GASTRONOMIA Una delle peculiarità del Pomodoro di Pachino IGP è il suo periodo di conservazione che supera quello delle altre va-rietà di pomodori. Per assaporare al meglio il suo caratte-ristico sapore dolciastro è ideale consumarlo crudo. Può

essere comunque utilizzato anche in cottura per condire, esaltare e decorare i piatti della cucina mediterranea. Fre-sco è ottimo ingrediente nelle insalate miste, nelle paste fredde e per insaporire minestroni e primi piatti. È perfetto sulla pizza. Antiche tradizioni siciliane prevedono l’essic-cazione del pomodoro e la sua conservazione in olio ex-travergine di oliva. In questo modo viene utilizzato negli antipasti e sulle tartine, nei patè, in abbinamento a carni lesse e per la preparazione di panini e tramezzini.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Pomodoro di Pa-chino IGP nelle tipologie: Tondo Liscio (a grappolo o a frutto singolo), Costoluto, Cherry o Ciliegino. Il Ciliegino è disponi-bile tutto l’anno, il Costoluto nel periodo dicembre-maggio, mentre il Tondo liscio è assente solo nei mesi estivi. Il Tondo Liscio è confezionato in vaschette di polietilene da 300 e 500 g, meno usate le vaschette da 1 kg. Il Costoluto è con-fezionato in cassette di cartone o legno che non superano i 15 kg di peso netto; può essere bollinato e venduto sfuso e in alcuni casi si trova anche in vaschette da 300 e 500 g. Per il tipo Cherry, i frutti possono essere snocciolati e confezio-nati in vaschette di peso pari a 250 e 500 g o 1 kg.

NOTA DISTINTIVA Le condizioni pedoclimatiche della zona di produzione, ca-ratterizzata da temperature elevate, estesa radiazione glo-bale, tessitura dei terreni e qualità dell’acqua di irrigazione, conferiscono al Pomodoro di Pachino IGP le sue caratte-ristiche organolettiche distintive, fra cui il sapore dolce, la consistenza e croccantezza della polpa, la lucentezza del frutto, non che la serbevolezza.

Consorzio di Tutela della IGP Pomodoro di PachinoVia Nuova Marzamemi 96018 Pachino (SR)Tel: +39 0931 595106 www.igppachino.it [email protected]

IZS Sicilia Istituto Zooprofilattico Sperimentale della SiciliaVia G.Marinuzzi, 3 90129 PalermoTel: +39 091 6565111www.izssicilia.it

POMODORO DI PACHINO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP si riferisce a un ortaggio a frutto pelato e conserva-to, intero o a filetti, ottenuto da piante della specie Lyco-persicon esculentum Miller, negli ecotipi S. Marzano 2 e Kiros (ex Selezione Cirio 3).

METODO DI PRODUZIONE La coltivazione del pomodoro prevede che il trapianto av-venga nei primi 15 giorni di aprile e fino alla prima decade di maggio. La forma di allevamento è “in verticale”, con tutori idonei e fili orizzontali. È ammessa la potatura verde e la cimatura mentre è vietata ogni pratica che tenda ad alterare il ciclo biologico dell’ortaggio e ne influenzi la na-turale maturazione. La raccolta viene effettuata a mano in più riprese nel periodo compreso tra la fine di luglio e la fine di settembre. La trasformazione prevede le fasi di pu-litura, pelatura, separazione dalla pelle e filettatura (solo se si tratta dei pelati a filetti). Il prodotto trasformato viene confezionato all’interno di barattoli con il suo liquido di governo; i barattoli che devono essere poi essere oppor-tunamente sigillati (mediante la tecnica dell’aggraffatura), sterilizzati e infine raffreddati per lo stoccaggio.

ASPETTO E SAPORE Il Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP presenta forma allungata, cilindrica tendente al pira-midale o parallelepipeda, con tipico colore rosso e polpa quasi priva di semi. Lo contraddistingue un sapore tipi-camente agrodolce e caratteristico, con consistenza che rimane intatta durante la lavorazione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP ricade in molti comuni appartenenti alle province di Napoli, Salerno e Avellino, nella regione Campania.

STORIA Secondo antiche tradizioni, il primo seme di pomodoro giunse in Italia nel 1770 come dono del Regno del Perù al Regno di Napoli e sarebbe stato piantato proprio nel-la zona che oggi corrisponde al comune di S. Marzano. Da ciò deriverebbe l’origine del Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP, che nel tempo, attra-verso varie azioni di selezione, ha acquisito le caratteri-stiche dell’ecotipo attuale. Secondo altre testimonianze invece solo nel 1902 si ha la prova certa della presenza, tra i comuni di Nocera, S. Marzano e Sarno, del famoso ecotipo. Delizia dei buongustai, profumo delle domeniche e delle feste comandate, il pomodoro di S. Marzano as-sunse grande apprezzamento gastronomico intorno agli inizi del Novecento, con il sorgere delle prime industrie

di conservazione. Negli anni Ottanta la coltura ha subito una drastica riduzione, anche a causa dell’onerosa tec-nica colturale, ma l’azione di recupero, di conservazione delle linee genetiche pure e di miglioramento avviata dalla regione Campania e consolidata dal Consorzio di tutela, ne ha consentito la salvaguardia e il rilancio su base in-ternazionale.

GASTRONOMIA Il Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP, una volta aperto il contenitore, si conserva nel suo liquido di governo in frigorifero in un recipiente di vetro, possibilmente chiuso. Conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per le sue peculiari caratteristiche, questo po-modoro si presta ad impreziosire moltissimi piatti della tradizione locale e nazionale, dai primi ai secondi di carne o pesce.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP nelle tipolo-gie: Intero e a Filetti. È confezionato in contenitori di vetro e in contenitori di banda stagnata di scelta standard DRF (Doppia Riduzione a Freddo).

NOTA DISTINTIVA Il Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP si distingue per il suo particolare sapore e la sua consi-stenza, che lo fanno rimanere intatto fino a fine lavorazio-ne. Queste caratteristiche sono dovute essenzialmente ai terreni caldi del Vesuvio ed alle condizioni ambientali favorite dal clima mite del territorio di produzione.

Consorzio Tutela Pomodoro San MarzanoVia Piave, 120 84083 Castel San Giorgio (SA)Tel: +39 081 5161819 www.consorziopomodorosanmarzanodop.itinfo@consorziopomodorosanmarzanodop.it

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

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POMODORO S. MARZANO DELL’AGRO SARNESE-NOCERINO DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Radicchio di Chioggia IGP è un ortaggio a foglia allo stato fresco appartenente alla famiglia delle Asteracee genere Cichorium specie inthybus, varietà Silvestre, pro-dotto nelle tipologie Precoce e Tardivo.

METODO DI PRODUZIONE La semina del tipo Precoce viene effettuata dal primo dicembre fino a tutto il mese di aprile in semenzaio e dai primi di marzo direttamente sul campo. Per questa tipologia le operazioni di raccolta si effettuano da aprile a metà luglio e il prodotto ottenuto, dopo toelettatura, non può superare le 18 tonnellate per ettaro. Il radicchio Tardivo, seminato in semenzaio dal 20 giugno al 15 ago-sto o direttamente in campo in luglio-agosto, viene rac-colto da settembre a marzo e non può superare, dopo toelettatura, la quantità di 28 tonnellate per ettaro. La raccolta si effettua recidendo la radice sotto l’inserzione delle foglie basali del grumolo, in genere 2-3 cm appe-na sotto la superficie del terreno, quando ormai le foglie si sono embricate in modo da formare il cespo, più o meno compatto. Le operazioni di toelettatura avvengono direttamente sul campo oppure nei centri aziendali, pur-ché situati all’interno della zona di produzione, mediante l’utilizzo di acqua.

ASPETTO E SAPORE Il Radicchio di Chioggia IGP presenta cespo rosso, ton-deggiante e compatto, leggermente schiacciato all’api-ce. Il Precoce ha grumolo di pezzatura medio-piccola, mentre il Tardivo presenta grumolo di pezzatura medio-grande; entrambi sono corredati da modesta porzione di radice, recisa in maniera netta sotto il livello del colletto. Le foglie hanno colore rosso più o meno intenso con nervature centrali bianche, sono croccanti nel Precoce e mediamente croccanti nel Tardivo. Il sapore è legger-mente amarognolo.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Radicchio di Chioggia IGP comprende l’intero territorio dei comuni di Chioggia, in provincia di Venezia, e Rosolina, in provincia di Rovigo, per la tipologia Precoce; i comuni di Chioggia, Cona e Cavarzere, in provincia di Venezia, di Codevigo e Correz-zola, in provincia di Padova, e di Rosolina, Ariano Polesi-ne, Taglio di Po, Porto Viro e Loreo in provincia di Rovigo, per la tipologia Tardiva, tutti situati nella regione Veneto.

STORIA La vocazione orticola della zona è provata fin dal 1700 attraverso le mappe della Villa Episcopale e le statistiche di Alessandro Ottolini riguardanti le scuole della Podestà di Chiazza (l’attuale Chioggia) dove si dice: “la Scuola

di S. Giovanni di Ortolani con 544 allievi era seconda solo all’altra ancora più rinomata dei pescatori”. Nel quaderno mensile dell’Istituto Federale di Credito per il Risorgimento delle Venezie del marzo 1923 si trova il ra-dicchio inserito nella rotazione agraria assieme ad altri ortaggi. La creazione di un grande mercato ortofrutticolo prossimo alla zona di produzione ha risolto i problemi connessi alla commercializzazione del prodotto, che, già dal 1860, utilizzava per tale scopo la linea ferroviaria Verona-Chioggia.

GASTRONOMIA Il Radicchio di Chioggia IGP si consuma soprattutto cru-do, da solo o in insalate miste. Tuttavia, grazie al suo caratteristico sapore gradevolmente amarognolo, si pre-sta ottimamente alla preparazione di diversi piatti come i tipici risotti veneti, le “lasagne pasticciate”, gli involtini con pancetta e i contorni grigliati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Radicchio di Chioggia IGP nelle tipologie Precoce e Tardivo. Il Preco-ce è disponibile dal primo aprile al 15 luglio, quello Tardi-vo da metà settembre ad aprile. Viene commercializzato in contenitori di legno, plastica, polistirolo, cartone o altri materiali idonei all’uso alimentare, per una capienza fino a 5 kg di prodotto, disposto in un solo strato.

NOTA DISTINTIVA Il Radicchio di Chioggia IGP ha molte proprietà benefiche per l’organismo, specie dopo la cottura. Studi scientifici attestano l’elevato contenuto naturale di antiossidanti.

Consorzio Tutela del Radicchio di Chioggia IGPc/o Mercato Ortofrutticolo di Brondolo 30015 Chioggia (VE)www.radicchiodichioggia.com

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

RADICCHIO DI CHIOGGIA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Radicchio di Verona IGP è un ortaggio a foglia allo stato fresco della specie botanica Chicorium inthybus L. che si distingue nei tipi: Precoce e Tardivo.

METODO DI PRODUZIONE La coltivazione del Radicchio di Verona IGP avviene in terreni sabbiosi ricchi di sostanza organica, profondi, ben drenati e dotati di buona fertilità. Per il tipo Precoce la semina va effettuata tra il primo e il 20 luglio e la rac-colta inizia dal primo ottobre; la produzione per ettaro di prodotto finito non supera le 13 tonnellate. Il tipo Tardi-vo invece viene seminato dalla seconda metà di luglio a metà agosto e la raccolta avviene da dicembre a febbra-io; la produzione per ettaro di prodotto finito non supera le 11 tonnellate. Dopo la raccolta il solo radicchio Tardivo viene sottoposto alla pratica dell’imbianchimento: viene collocato all’aperto e posizionato in cumuli, poi ricoperti con un telo di nylon opaco o con la paglia. Qui il radic-chio viene lasciato quasi al buio per 20 giorni, così da far ripartire l’attività vegetativa e l’assorbimento delle so-stanze nutritive dalle radici. In questo modo, nelle nuove foglie, la costolatura acquisisce il colore bianco perlato e la tipica croccantezza, riducendo contemporaneamente l’amaro. Questa fase avviene a basse temperature, sotto i 10°C (con temperatura ottimale intorno a 0°C). In se-guito, i cespi vengono sottoposti a toelettatura, in cui si eliminano le foglie esterne, si recidono le radici a 3-5 cm per finire con il lavaggio.

ASPETTO E SAPORE Il Radicchio di Verona IGP ha foglie sessili, intere, con margine privo di frastagliature e piegate a doccia ver-so l’alto. Le foglie sono di colore rosso scuro intenso e, addossandosi le une alle altre, danno al cespo la forma di tipico grumolo compatto. La nervatura principale del radicchio (molto sviluppata) è di colore bianco e il gusto è croccante e leggermente amarognolo.

ZONA DI PRODUZIONE Il Radicchio di Verona IGP viene prodotto in alcuni co-muni della provincia di Verona, Vicenza e Padova, nella regione Veneto.

STORIA Il Radicchio di Verona IGP vanta un’antica e consolida-ta tradizione. La coltivazione è presente già alla fine del Settecento nei broli (orti cittadini). I primi radicchi erano coltivati nell’alta pianura veronese negli interfilari delle piante da frutto e della vite, ed erano chiamati “cicoria rossa”. La coltivazione si specializzò maggiormente con l’introduzione della tecnica “dell’imbianchimento”, impor-tata in Italia alla fine del XVIII secolo dal belga Francesco

Van Den Borre. Le prime vere coltivazioni di Radicchio di Verona destinate al mercato iniziano però nei primi anni del Novecento.

GASTRONOMIA Dopo l’acquisto, il Radicchio di Verona IGP si conserva in frigorifero, chiuso in un sacchetto di plastica o avvolto in un telo da cucina. In cucina è molto versatile, si può consumare crudo o cotto, nelle insalate o come ingre-diente principale di numerose ricette tradizionali della cucina veneta. È ottimo nei risotti ma, preparato in pinzi-monio, ai ferri e saltato in padella accompagna egregia-mente anche piatti di carne e formaggi, in abbinamento con vini rossi locali.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Radicchio di Verona IGP nelle tipologie: Precoce (da ottobre a metà dicembre) e Tardivo (da metà dicembre a marzo). Vie-ne confezionato in imballaggi sigillati di cartone, legno o materiale sintetico. È disponibile anche in borse retinate da 500 g, 1 e 1,5 kg. Ogni confezione contiene un solo strato di prodotto.

NOTA DISTINTIVA Il Radicchio di Verona IGP si distingue per la particola-re croccantezza delle foglie, il colore rosso intenso e il sapore leggermente amarognolo, caratteristiche favori-te dalle basse temperature invernali. Inoltre, la secolare opera dell’uomo e la continua ricerca e realizzazione di specifiche tecniche colturali hanno contribuito a conferi-re al prodotto la sua notevole fama.

Consorzio del Radicchio di Veronac/o A.I.P.OVia Sabbion, 36 37044 Cologna Veneta (VR) Tel: +39 045 69690 [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

RADICCHIODI VERONA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Radicchio Rosso di Treviso IGP è un ortaggio a foglia allo stato fresco appartenente alla varietà Silvestre della specie botanica Cichorium intybus L., distinto in due tipo-logie: Precoce e Tardivo.

METODO DI PRODUZIONE Il Radicchio Rosso di Treviso IGP può essere prodot-to mediante semina o trapianto. La semina in pieno campo, sia per il Precoce che per il Tardivo, viene effettuata dal primo giugno fino al 31 luglio. In caso di trapianto, le operazioni si eseguono entro il 31 agosto. La tipologia Precoce viene raccolta a partire da settembre; segue la fase della legatura dei cespi, pratica che ha luogo in campo e inibisce il norma-le processo di fotosintesi fino al raggiungimento del giusto grado di maturazione. Il Tardivo viene invece raccolto a partire da novembre, dopo che la pianta ha subìto almeno due brinate che favoriscono la colo-razione rossa. Seguono, solo per il Tardivo, le opera-zioni di imbiancamento e forzatura, indispensabili per esaltare i pregi organolettici, merceologici ed estetici dell’ortaggio. I cespi, opportunamente puliti, vengono raccolti in mazzi o in gabbie retinate/traforate, allineati nel terreno e poi protetti con tunnel che garantiscano comunque un’ottima ventilazione. Dopodichè vengo-no coperti con teli scuri, in condizioni da formare nuo-ve foglie in assenza di luce. La forzatura utilizza acqua risorgiva alla temperatura di circa 11°C e consiste nel collocare i cespi verticalmente in ampie vasche pro-tette, immergendoli fino in prossimità del colletto per il tempo necessario al raggiungimento del giusto grado di maturazione. Durante la toelettatura, si liberano i cespi dai legacci o dalle gabbie, si eliminano le foglie deteriorate, si taglia e si scorteccia il “fittone” e si lava il radicchio in recipienti con acqua corrente.

ASPETTO E SAPORE Il Radicchio Rosso di Treviso IGP Precoce è caratteriz-zato da un cespo voluminoso e ben chiuso. Le foglie sono di colore rosso intenso, con una nervatura prin-cipale molto accentuata di colore bianco. Il sapore è leggermente amarognolo e la consistenza mediamente croccante. Il tipo Tardivo mostra invece delle foglie ser-rate e avvolgenti, che tendono a chiudere il cespo nella parte apicale. Il colore è rosso vinoso intenso, il sapore è gradevolmente amarognolo, mentre la consistenza è croccante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Radicchio Rosso di Treviso IGP interessa numerosi comuni delle province di Trevi-so, Padova e Venezia, nella regione Veneto.

STORIA Il Radicchio Rosso di Treviso IGP vanta origini plurisecolari. Il radicchio apparve infatti in Italia nel XVI secolo, proprio in provincia di Treviso, dove, da cibo della povera gente divenne un ortaggio pregiato e ricercato, grazie alle par-ticolari tecniche di produzione, utilizzate ancora oggi. Il pieno riconoscimento delle imparagonabili qualità del pro-dotto venne definitivamente sancito con l’organizzazione della prima mostra del radicchio, realizzata per iniziativa dell’agronomo Giuseppe Benzi nel dicembre del 1900.

GASTRONOMIA Il Radicchio Rosso di Treviso IGP può essere conservato in frigorifero, avendo l’accortezza di mantenere le sue fo-glie asciutte. Estremamente versatile, si può consumare sia crudo che cotto e si presta ad innumerevoli prepara-zioni gastronomiche. È infatti utilizzato come ingrediente di antipasti, insalate miste, paste, risotti e secondi piatti di carne o pesce. Da solo è molto gustoso saltato in padella o preparato ai ferri.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Radicchio Rosso di Treviso IGP nelle tipologie: Precoce e Tardivo. È commercializzato durante la stagione autunno-invernale in contenitori idonei e sigillati di peso variabile da 2 a 7,5 kg.

NOTA DISTINTIVA La produzione del Radicchio Rosso di Treviso IGP è ca-ratterizzata dai processi di forzatura-imbiancamento e preparazione dei cespi che avvengono grazie a tecniche manuali e all’abilità dei produttori.

Consorzio del Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di CastelfrancoVia G.B. Guidini, 50 31059 Zero Branco (TV)www.radicchioditreviso.it [email protected]

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RADICCHIO ROSSO DI TREVISO IGP

@radicchioigp

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP è un ortaggio a foglia allo stato fresco ottenuto dalla varietà Silvestre della specie Cichorium intybus.

METODO DI PRODUZIONE I terreni della zona di produzione sono idonei all’impianto, profondi, freschi, ben drenati e non eccessivamente ric-chi di elementi nutritivi (in specie azoto) e a reazione non alcalina. Le operazioni di semina in pieno campo ven-gono effettuate dal primo giugno al 15 agosto mentre il trapianto, a scalare, viene effettuato dal 15 giugno al 31 agosto. La raccolta inizia dal primo ottobre. Le produzio-ni massime per ettaro di superficie coltivata non devono superare (esclusa ogni tolleranza) i 6.000 kg. L’imbian-chimento è l’operazione che consente di esaltare i pregi organolettici, merceologici ed estetici del Radicchio Va-riegato di Castelfranco IGP. Si realizza ricoprendo i ce-spi con teli scuri, in condizioni di formare nuove foglie in assenza di luce. Prive o quasi di pigmenti clorofilliani, queste si caratterizzano per la costolatura bianca, che forma una variegatura sullo sfondo della lamina fogliare. La fase di forzatura avviene immergendo i cespi vertical-mente, in acqua sorgiva a circa 11ºC fino alla prossimità del colletto, per il periodo necessario al raggiungimento del giusto grado di maturazione, o in ambienti riscaldati, o anche direttamente in pieno campo, garantendo il giusto grado di umidità. Dopo la forzatura, con la toelettatura, si asportano le foglie deteriorate e eseguono il taglio e lo scortecciamento del fittone in misura proporzionale al ce-spo. Dopodichè si collocano i radicchi in grandi recipienti con acqua corrente, per essere lavati e poi opportuna-mente confezionati.

ASPETTO E SAPORE Quando maturo, il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP presenta cespi a forma di “rosa”, diametro minimo di 15 cm, peso non inferiore a 100 g. Le foglie sono spesse con bordo frastagliato, di color bianco-crema con varie-gature distribuite in modo equilibrato che vanno dal viola chiaro al rosso-violaceo e al rosso vivo. Il sapore va dal dolce al gradevolmente amarognolo, molto delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Radicchio Variegato di Castel-franco IGP interessa 25 comuni della provincia di Treviso, 19 comuni della provincia di Padova e sette comuni della provincia di Venezia, nella regione Veneto.

STORIA L’origine del Radicchio Variegato di Castelfranco IGP è sempre stata avvolta da mistero, non esistendo alcun documento ufficiale che provi il momento in cui è com-

parso come ortaggio edibile. Secondo alcuni studiosi deriva da un incrocio, realizzato nel XIX secolo, fra il ra-dicchio rosso di Treviso e l’indivia scarola. Dal radicchio variegato di Castelfranco si sarebbe poi originato, intorno agli anni 1934-1935, il radicchio di Chioggia. Il variegato di Castelfranco iniziò a diffondersi come coltura invernale e povera, consumata dalle famiglie contadine in quanto fonte alimentare abbastanza certa e facile da coltivare durante i mesi freddi.

GASTRONOMIA Il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP può essere conservato in frigorifero per alcuni giorni prima di essere consumato, avendo l’accortezza di mantenere le sue fo-glie asciutte per evitare che perdano le vitamine. Si con-suma sia crudo, per preparare insalate miste ed antipasti, che cotto, come ingrediente nella elaborazione di primi piatti e secondi a base di carne. Viene utilizzato anche per realizzare gustosi dessert tipo lo “sformato di radicchio al domino”, con ricotta, crema pasticcera e cioccolato.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Ra-dicchio Variegato di Castelfranco IGP. È disponibile in autunno-inverno, in contenitori idonei di diverse dimen-sioni e capienza variabile da 2 a 7,5 kg.

NOTA DISTINTIVA Il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP si distingue per il suo aspetto floreale, elegante, colorato e vaporoso, grazie al quale viene comunemente chiamato “radicchio orchideo” o “il fiore che si mangia”.

Consorzio del Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di CastelfrancoVia G.B. Guidini, 50 31059 Zero Branco (TV)www.radicchioditreviso.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

RADICCHIO VARIEGATO DI CASTELFRANCO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Riso del Delta del Po IGP si riferisce al prodotto ot-tenuto dal cereale appartenente alla specie Oryza sativa L., sottospecie Japonica, gruppo Superfino, nelle varietà: Carnaroli, Volano, Baldo e Arborio.

METODO DI PRODUZIONE Tutte le operazioni di coltura e trasformazione sono fi-nalizzate a garantire la qualità, la tradizionalità e la trac-ciabilità del prodotto. Le concimazioni, grazie all’elevato tasso di fertilità naturale dei terreni, sono effettuate solo quando strettamente necessario. L’utilizzo di fitofarmaci autorizzati è limitato grazie a trattamenti preventivi quali la concia del seme prima della semina, un’adeguata ge-stione delle aree di coltura e la regolazione dell’acqua in risaia. La semina può essere effettuata in risaia allagata o in risaia asciutta con terreno lavorato, che dovrà però es-sere immediatamente sommerso di acqua; i semi devono provenire da partite selezionate e certificate. La risaia non può insistere sullo stesso terreno per più di otto anni, do-podichè dovrà entrare in rotazione per almeno due anni. La raccolta avviene nel mese di settembre. Per la fase di essiccazione sono ammessi essiccatoi che non lascino sulle glumelle residui di combustione od odori estranei. Il riso essiccato deve presentare una percentuale di umidi-tà inferiore al 14%. Tutte le fasi di trasformazione devono avvenire in stabilimenti autorizzati e controllati.

ASPETTO E SAPORE Il Riso del Delta del Po IGP presenta chicchi grandi, cri-stallini e compatti, bianchi o integrali. Ha grande capacità di assorbimento, poca perdita di amido e buona resisten-za durante la cottura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Riso del Delta del Po IGP com-prende i territori di alcuni comuni della provincia di Rovigo e della provincia di Ferrara, rispettivamente nelle regioni Veneto ed Emilia-Romagna.

STORIA La presenza del riso nel territorio del Delta del Po è do-cumentata fin dal 1400. In una lettera del Duca Galeazzo Maria Sforza del 1475, e più tardi nel Diario Ferrarese (1495) di Ludovico Muratori, si trova prova di una rilevan-te produzione risicola, riconducibile in particolare all’ope-ra degli Estensi che per primi riuscirono a sfruttare terreni acquitrinosi altrimenti inutilizzati. La coltura del riso infatti, attraverso una sistematica opera di bonifica, rappresen-tò il primo passo verso la valorizzazione agraria di nuovi terreni rendendoli nel tempo fertili per altre coltivazioni. Di contro allo sviluppo economico prodotto dall’espansio-ne delle risaie si assisteva tuttavia al diffondersi di gravi

malattie tanto da indurre il Piemonte prima (1583) e la Repubblica Veneta più tardi (1594) a emanare leggi che limitavano le coltivazioni di riso. Nonostante questo, la produzione di riso nei secoli successivi, se pur con an-damento altalenante, continuò a crescere così come le superfici adibite a risaie.

GASTRONOMIA Il Riso del Delta del Po IGP va conservato in luogo fre-sco e asciutto, al riparo da luce e fonti di calore. Per l’aroma e la maggiore resistenza alla cottura è ottimo nella preparazione di svariate ricette, dalle minestre ai tipici risotti e persino ai dolci. Degni di nota: il “riso alla cannarola”, una minestra di riso che prima del consumo deve essere saltata in padella finché il riso non diventa croccante e la “torta di riso caramellato”, con frutta can-dita e rhum.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Riso del Delta del Po IGP, nelle varietà: Carnaroli, Volano, Bal-do e Arborio. È confezionato sottovuoto o in atmosfera controllata, in scatole o in sacchetti idonei all’uso alimen-tare del peso variabile di 0,5-1-2-5 kg che devono essere opportunamente sigillati.

NOTA DISTINTIVA Le caratteristiche organolettiche del Riso del Delta del Po IGP sono strettamente legate al territorio. I suoli di questa area, infatti, sono contraddistinti da un’elevata sa-linità che conferisce al prodotto un aroma e una sapidità inconfondibili.

Associazione Risicoltori del Delta del PoVia J.F. Kennedy, 134 45019 Taglio Di Po (RO)Tel: +39 0426 660104www.risodeltadelpo.it [email protected]

Ente Nazionale RisiPiazza Pio XI, 1 20123 MilanoTel: +39 02 8855111 Fax: +39 02 861372www.enterisi.it [email protected]

RISO DEL DELTA DEL PO IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP si riferisce al prodotto risiero ottenuto mediante l’elaborazione del riso grezzo (risone) delle varietà Arborio, Baldo, Balilla, Carnaroli, S. Andrea, Loto e Gladio.

METODO DI PRODUZIONE Le operazioni colturali sono finalizzate all’ottenimento di un prodotto sano e a perfetta maturazione. È vieta-to l’impiego di concimi nitrici e di composti o formulati fertilizzanti che contengono metalli pesanti; i trattamenti fungicidi o insetticidi vengono eseguiti almeno 40 giorni prima della raccolta. La raccolta viene effettuata gene-ralmente a fine estate. Le operazioni di essiccazione del riso grezzo, che avvengono preferibilmente con essicca-toi a fuoco indiretto, devono essere eseguite con mezzi e modalità operative tali da ridurre al minimo la contamina-zione degli involucri del chicco di riso da eventuali residui di combustibile e da odori estranei. Al termine di questa fase, l’umidità residua del riso non deve superare il 14%. Per la preparazione del riso integrale o per la successiva raffinazione dei prodotti, il riso viene sottoposto a due diverse lavorazioni: la scortecciatura o sbramatura e la raffinazione o sbiancatura. La prima consiste nell’elimi-nare le glumelle del grano di riso, o “lolla”, a cui seguono le operazioni di calibratura del riso. La seconda invece consiste nell’asportare dalla superficie del grano di riso, per abrasione, le bande cellulari del pericarpo.

ASPETTO E SAPORE A seconda della varietà, i chicchi del Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP possono essere corti o lunghi e hanno forma semitonda, tonda, semiaffusolata, molto affusolata. L’indice di collosità varia da 1,5 a 8,5 g/cm2.

ZONA DI PRODUZIONE Il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP viene pro-dotto in 28 comuni delle province di Biella e Vercelli, nella regione Piemonte.

STORIA Il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP ha origini antiche che risalgono al XVI e XVII secolo, come dimostra una delibera comunale del 1669 del comune di Salusso-la. Da allora la coltura di questo riso dalle ottime qualità è continuata acquisendo sempre maggiore importanza. La pianura irrigua e risicola contribuì anche all’unificazione nazionale attraverso il canale intitolato a Camillo Ben-so Conte di Cavour. Quattro anni di lavoro (1863-1866), 15.000 operai impegnati, per dissetare gran parte delle campagne novaresi e lomelline: rappresenta una delle maggiori infrastrutture di bonifica e irrigazione del neo-nato Stato italiano. Più recentemente, le speciali caratte-

ristiche del riso prodotto nell’area di Baraggia sono state descritte e messe in luce in numerosi articoli pubblicati sul mensile Giornale di Risicoltura, edito dall’ex Istituto Sperimentale di Risicoltura di Vercelli dal 1912 al 1952.

GASTRONOMIA Il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP va conser-vato in locali freschi e asciutti, al riparo dalla luce del sole. Ha molteplici impieghi in cucina, diversi a seconda della varietà di riso. La varietà Arborio è ottima per risotti e da gratinare. La varietà Baldo è indicata per le cotture al forno e per i timballi. La varietà Balilla è adatta per le preparazioni tradizionali ed è ideale in tutti i tipi di dolci di riso. La varietà Carnaroli è indicata per risotti ed in-salate. La varietà S. Andrea è particolarmente indicata per le minestre in brodo, risi al sugo, sformati di riso, “risi e bisi” (risotto con i piselli). La varietà Loto è molto gustosa e consistente, si presta bene per risotti e per contorni, i quali possono essere realizzati anche con la varietà Gladio.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Riso di Ba-raggia Biellese e Vercellese DOP nelle tipologie: Arbo-rio, Baldo, Balilla, Carnaroli, S. Andrea, Loto e Gladio. È commercializzato in sacchi o sacchetti di stoffa e mate-riale plastico da 250 e 500 g, 1, 2 e 5 kg.

NOTA DISTINTIVA Il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese DOP in fase di cottura mantiene una maggiore consistenza del grano e una minore collosità rispetto ad altri risi.

Consorzio di Tutela Riso di Baraggia Biellese e VercelleseVia Fratelli Bandiera, 16 13100 Vercelli (VC)Tel: +39 0161 283811 www.risobaraggia.it [email protected]

Ente Nazionale RisiPiazza Pio XI, 1 20123 MilanoTel: +39 02 8855111 Fax: +39 02 861372www.enterisi.it [email protected]

RISO DI BARAGGIA BIELLESE E VERCELLESE DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Riso Nano Vialone Veronese IGP si riferisce al prodotto ottenuto dalla lavorazione dei semi rigorosamente sele-zionati del cereale della specie Oryza sativa L., sottospe-cie Japonica, varietà Vialone Nano.

METODO DI PRODUZIONE La risaia non può insistere sullo stesso appezzamento per più di sei anni consecutivi e non può ritornarvi prima di almeno due anni. La lotta alle erbe infestanti, prima che con gli erbicidi autorizzati, deve avvenire con le buone pratiche di coltivazione, con la regolazione dell’acqua in risaia e con lavorazioni mirate del terreno. Le concima-zioni devono essere indirizzate all’ottenimento di granella sana e matura e le produzioni massime per ettaro non devono superare le 7 tonnellate. La semina avviene per via diretta a fine aprile. Dopo la semina, l’acqua è intro-dotta a fiotti nelle ampie distese dove i semi germine-ranno in immersione. Da questo momento, inondazioni e asciutte, sapientemente regolate dal risicoltore, si succe-deranno accompagnando il ciclo vegetativo di 155 giorni della pianta e permettendo alla stessa di ancorarsi mag-giormente alla terra. La raccolta si effettua generalmen-te a inizio autunno, quando il riso ha raggiunto la giusta maturazione: le mietitrebbiatrici entrano nella risaia e con grande rapidità tagliano gli steli, raccolgono le pannoc-chie e le sgranano. L’essiccazione deve essere effettuata in essiccatoi in grado di abbassare uniformemente l’umi-dità delle granelle (circa 12,5 %), senza lasciare sulle glu-melle residui di combustione od odori estranei. I chicchi, liberati dagli strati esterni, subiscono la sbiancatura, risul-tato di un semplice processo meccanico di sfregamento, vengono quindi sottoposti a selezione, vengono lucidati e a questo punto sono pronti per essere opportunamente confezionati.

ASPETTO E SAPORE Il Riso Nano Vialone Veronese IGP presenta chicchi con dente pronunciato, testa tozza e sezione tondeggiante. I chicchi sono di media grandezza e all’atto dell’immis-sione al consumo si presentano bianchi, privi di striscia e con una “perla” centrale estesa.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Riso Nano Vialone Veronese IGP interessa 25 comuni della provincia di Verona, nella regione Veneto.

STORIA Nel territorio dell’attuale provincia di Verona la coltivazio-ne del riso ha origini antiche: già nel XIII secolo, infatti, vennero predisposte le risaie con grandi opere di disbo-scamento e bonifica. La varietà Vialone Nano venne rea-

lizzata nella stazione sperimentale di risicoltura di Vercelli attraverso l’incrocio del riso Nano con il riso Vialone e iniziò ad essere coltivata nel 1937. Nel 1945 venne in-trodotta nella provincia di Verona. Delle oltre 24 varietà di riso coltivate in Italia, il Nano Vialone costituisce, per anzianità, la seconda coltivazione, preceduta soltanto dalla Balilla.

GASTRONOMIA Il Riso Nano Vialone Veronese IGP va conservato in loca-li freschi, asciutti. Per le sue qualità organolettiche, per la resistenza alla cottura e la sua versatilità in cucina è considerato dagli chef internazionali fra i migliori risi al mondo. È particolarmente indicato per la preparazione di risotti mantecati e sgranati, per minestre in brodo, insala-te e dolci. Viene preparato con la zucca, con gli aspara-gi, con le rane. È il protagonista di molte ricette veronesi come il “riso col tastasal” (pasta di salame) o il “risotto all’isolana”, con carne di vitello e maiale spolverato di formaggio aromatizzato alla cannella. Altra prelibatezza gastronomica è il “risotto col pessin”, preparato con il pesce di risaia.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Riso Nano Vialone Veronese IGP. È commercializzato in confe-zioni idonee da 0,5-2 e 5 kg.

NOTA DISTINTIVA Il Riso Nano Vialone Veronese IGP , grazie ai rigorosi pa-rametri di produzione, offre genuinità, fragranza e ottima resa gastronomica.

RISO NANO VIALONE VERONESE IGP

Consorzio Tutela Riso Vialone Nano Veronese IGPVia V. Veneto, 3/A 37063 Isola della Scala (VR)Tel: +39 045 6630815 www.risovialonenanoveronese.it [email protected]

Ente Nazionale RisiPiazza Pio XI, 1 20123 MilanoTel: +39 02 8855111 Fax: +39 02 861372www.enterisi.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Scalogno di Romagna IGP si riferisce all’ortaggio da bulbo allo stato fresco o secco della specie Allium Asca-lonicum.

METODO DI PRODUZIONE Lo scalogno non può essere coltivato in successione a se stesso o ad altre Liliacee (aglio e cipolla). Non è ammesso il “ristoppio”, ovvero la stessa coltura nello stesso appez-zamento di terreno; devono infatti trascorrere almeno cin-que anni per il ritorno dello Scalogno nello stesso appez-zamento. È inoltre vietata la successione a Solanacee, a barbabietole e a cavoli. È ammessa la rotazione con frumento, orzo, radicchio, insalate e carote. Dal momen-to che lo Scalogno di Romagna IGP non dispone di alcun seme e, dunque, non ha né infiorescenza né impollinazio-ne, per la riproduzione dell’ortaggio è necessario piantare dei “bulbilli” (bulbi più piccoli) che vengono conservati du-rante la raccolta dell’anno precedente. L’impianto viene effettuato nei mesi di novembre-dicembre, mentre la rac-colta è attuata a partire da metà giugno per il prodotto da consumare fresco e si protrae fino alla metà di luglio per il prodotto secco. I bulbi vengono raccolti quando le foglie si presentano appassite, di colore tendente al giallo e con una perdita di turgidità dei tessuti. La produzione massi-ma consentita è di 60 quintali per ogni ettaro. Il prodotto secco viene conservato in capannoni, sotto tettoie o altri locali ben ventilati per alcune settimane.

ASPETTO E SAPORE Lo Scalogno di Romagna IGP ha bulbo piriforme, con buccia coriacea; la colorazione è viola a sfumare nel bian-co. Il prodotto si presenta avvolto da una pellicola esterna di diverso colore, dal ramato al rossastro. Il sapore è de-cisamente più forte e più profumato di quello della cipolla, ma più dolce di quello dell’aglio.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Scalogno di Romagna IGP comprende diversi comuni delle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Bologna, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA Originario del Medio-Oriente, e precisamente della città di Ascalone di Giudea (da cui il collegamento etimologi-co con il nome scientifico), lo scalogno è citato già negli scritti di Ovidio, che lo menziona trattando la tematica delle proprietà afrodisiache degli alimenti, e nelle opere di Plinio il Vecchio. Nel corso dei secoli, il grado di diffu-sione dello scalogno divenne tale da essere menzionato in numerose pubblicazioni sulla cultura, le tradizioni e la gastronomia sin dall’epoca medievale. Negli anni, lo scalogno di Romagna è entrato a far parte della cultura

gastronomica locale tanto che nell’opera Romagna ga-stronomica di Corrado Contoli se ne fa riferimento come prodotto di origine (e consumo) esclusivamente locale.

GASTRONOMIA Lo Scalogno di Romagna IGP si conserva bene in locali asciutti, freschi ed opportunamente areati. Estremamen-te versatile, lo scalogno vanta molteplici impieghi. Viene generalmente utilizzato come ingrediente per la prepara-zione di soffritti per sughi, ragù, farciture e per insaporire carni bollite, stracotti, brasati e arrosti. Le foglie dello sca-logno, raccolte ancora verdi e tagliate finemente, posso-no essere utilizzate per arricchire insalate miste.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sca-logno di Romagna IGP. Il prodotto fresco è reperibile da giugno a luglio mentre il prodotto secco è disponibile da luglio a dicembre. Lo scalogno fresco è commercializzato in mazzetti da circa 500 g, quello secco in mazzetti dal peso di 500 g circa nel formato a treccia o in confezioni mignon, in rete di plastica, contenenti 100 g di bulbi sec-chi. Lo Scalogno di Romagna IGP è inoltre disponibile come prodotto trasformato sotto olio o sotto aceto.

NOTA DISTINTIVA Lo Scalogno di Romagna IGP si differenzia dalle varietà di scalogno coltivate altrove per le sue peculiari proprietà organolettiche: colorazione, profumo, sapore, aroma-ticità e finezza gli conferiscono un ruolo gastronomico unico.

SCALOGNO DI ROMAGNA IGP

Associazione Turistica Pro-loco Riolo TermeVia XXV Aprile, 2 48025 Riolo Terme (RA)Tel: +39 0546 70009 www.riolotermeproloco.it [email protected]

Check Fruit S.r.l.Via Boldrini, 24 40121 Bologna (BO)Tel: +39 051 6494836 Fax: +39 051 6494813www.checkfruit.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Sedano Bianco di Sperlonga IGP si riferisce all’ortaggio allo stato fresco appartenente alla specie Apium graveo-lens L., varietà Dulce, nell’ecotipo Bianco di Sperlonga.

METODO DI PRODUZIONE Il Sedano Bianco di Sperlonga IGP è prodotto dalla ger-minazione di semi ottenuti da selezione fenotipica (ot-tenuti cioè dalle piante migliori) che vengono impianta-ti a partire dal mese di luglio. Le piantine vengono poi trapiantate al raggiungimento di 10-15 cm di altezza e irrigate attraverso il sistema a pioggia o a microirriga-zione, concimate con riferimento alle successioni di cicli colturali dell’intera annata agraria. Poiché la crescita è lenta e poco competitiva nei confronti delle erbe infe-stanti, è particolarmente importante controllare i primi 40-50 giorni, in modo da preservare al meglio la salu-brità della pianta. La lotta alle malerbe avviene tramite tecniche ecocompatibili, quali “solarizzazione”, “sarchia-tura” o “scerbatura”. La difesa dai parassiti deve essere effettuata secondo le tecniche di lotta integrata al fine di ridurre al minimo o di eliminare i residui di antiparassitari sul sedano. Rispetto alle principali cultivar commerciali, il Sedano Bianco di Sperlonga IGP risulta essere meno sensibile alla prefioritura. La raccolta viene effettuata dal mese di febbraio al mese di giugno, le operazioni sono manuali e recidono la pianta al di sotto del colletto. Le piante appena raccolte devono essere adagiate in ap-positi contenitori, con cura, evitando di danneggiare il prodotto; i contenitori devono essere quindi mantenuti al riparo dalla luce diretta del sole.

ASPETTO E SAPORE Il Sedano Bianco di Sperlonga IGP si presenta di colore verde chiaro con costolature bianche o biancastre, poco fibroso. Il sapore è dolce e lievemente aromatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Sedano Bianco di Sperlonga IGP ricade nel territorio dei comuni di Fondi e di Sperlon-ga, in provincia di Latina, nella regione Lazio.

STORIA Già nel 1000 a.C. il sedano era conosciuto e apprezza-to per le sue proprietà terapeutiche: Omero, nell’Odissea, ne menziona il suo impiego come erba medicinale. Nel Medioevo la badessa Ildegarda di Bingen considerava il sedano una panacea contro ogni male. Le prime attesta-zioni relative all’impiego alimentare della pianta risalgono al XVII secolo, se ne trova infatti citazione in un documento francese del 1623. Assolutamente attuali sono invece le informazioni relative alla varietà Bianco di Sperlonga che è stata introdotta nella zona di Fondi e Sperlonga intorno gli

anni Sessanta, come testimonia una ricca documentazio-ne fiscale. La sua coltura si rivelò fin da subito una valida forma di utilizzazione dell’area dei Pantani compresa tra i laghi di Fondi, S. Puoto e Lungo ed il mar Tirreno.

GASTRONOMIA Il Sedano Bianco di Sperlonga IGP si caratterizza per la persistenza delle sue proprietà fisiche ed aromatiche: è opportuno comunque conservarlo in luoghi freschi, evi-tarne l’esposizione ai raggi solari e fare attenzione a non rompere i gambi e i tessuti. Si presta molto bene al con-sumo fresco, immerso in pinzimonio o in abbinamento con il pesce azzurro, ma viene impiegato con ottimi risul-tati anche nella preparazione di sfiziosi antipasti, primi e secondi piatti.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Seda-no Bianco di Sperlonga IGP. È commercializzato da feb-braio a giugno, confezionato in recipienti contenenti una fila di 4-5 sedani per un peso massimo di 5 kg, oppure in recipienti contenenti due file di 8-10 sedani per un peso massimo di 10 kg. Inoltre è disponibile anche in confezio-ni da 1-3 sedani.

NOTA DISTINTIVA La specificità del Sedano Bianco di Sperlonga IGP è legata alle caratteristiche pedoclimatiche e alla storica specializzazione degli agricoltori locali, che oltre ad adot-tare tecniche a basso impatto ambientale, hanno saputo sfruttare i tipici terreni paludosi, permettendo così la con-servazione dell’ecotipo Bianco di Sperlonga.

SEDANO BIANCO DI SPERLONGA IGP

Associazione Produttori Sedano Bianco di SperlongaPiazza Europa, 4 04029 Sperlonga (LT)Tel: + 39 0771 556168 Fax: +39 0771 556168

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Susina di Dro DOP si riferisce al frutto fresco della cultivar locale Prugna di Dro (o Prugna Nera di Dro), co-munemente detta Susina di Dro.

METODO DI PRODUZIONE Le forme di allevamento previste sono due, “pieno vento” e “fusetto”; la densità d’impianto non ammette susineti con più di 2.500 piante per ettaro. Le produ-zioni massime realizzabili nella zona di produzione non possono superare le 78 tonnellate per ettaro. Il controllo del carico produttivo viene eseguito attraverso una op-portuna gestione delle operazioni di potatura, effettuate manualmente nel periodo compreso tra il primo ottobre e il 31 marzo. La concimazione minerale, la difesa fitosani-taria e l’irrigazione vengono gestite secondo le tecniche tradizionalmente adottate nella zona di produzione. La raccolta viene effettuata esclusivamente a mano nei mesi di agosto e settembre, rispettando la scalarità di matura-zione tipica dei diversi microclimi vallivi e collinari. I frutti, di aspetto fresco, sano e pulito, privi di sostanze e odori estranei, vengono confezionati all’interno della zona di produzione per evitare deterioramenti e ammuffimenti della massa.

ASPETTO E SAPORE La Susina di Dro DOP si presenta di forma ovale, lie-vemente allungata, con un colore della buccia che può variare da rosso-violaceo a blu-viola scuro, con presen-za di patina pruinosa. La polpa è compatta, di colore giallo o verde-giallo. Si distingue per un delicato gusto dolce-acidulo-aromatico e per la gradevole consistenza pastosa.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Susina di Dro DOP compren-de numerosi comuni della Provincia Autonoma di Trento situati nella Valle del Sarca, nella regione Trentino-Alto Adige.

STORIA Le origini della Susina di Dro DOP risalgono già al 1284 come testimoniato nei 42 capitolati delle Carte di Regola del Piano del Sarca. La susinicoltura industriale decolla nel 1911 con la costituzione del Consorzio Cooperativo Lega dei Contadini del Bacino Arcense, che già alla sua nascita contava 650 soci. All’inizio degli anni Sessanta, grazie all’ampliamento dei magazzini e alla realizzazione di un moderno impianto di essiccazione effettuati pochi anni prima, arrivò a produrre 150 tonnellate di prugne secche. L’intera comunità della Valle del Sarca, da sem-pre sensibile alla valorizzazione della specificità qualitativa della susina coltivata a Dro, si è attivata sul piano culturale

in un contesto di sinergia turistico-territoriale-agroalimen-tare. Significative iniziative sono la Settimana del Prugno Fiorito di Dro, appuntamento che ricorre dall’inizio degli anni Settanta, poi sfociato nella più moderna manifesta-zione agostana denominata “Dro: il tempo delle prugne”.

GASTRONOMIA La Susina di Dro DOP si conserva per alcuni giorni in luogo fresco e asciutto ma, se mantenuta costantemente a basse temperature (1-2°C) si conserva per periodi più lunghi, anche per 3-4 settimane. Oltre che per il tradizio-nale consumo fresco, può essere essiccata o utilizzata per preparare succhi, confetture, gelati, sciroppi, bevan-de fermentate e distillati. Ottimo ingrediente per dolci come la torta rovesciata alle susine, il clafoutis alle susine e il crumble cake alle susine.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Susina di Dro DOP. Viene commercializzato in confezioni di varie pezzature (cestini da 1 kg fino a bauletti da 8 kg) chiuse per mezzo di un retino, un film plastico o un coperchio.

NOTA DISTINTIVA La Susina di Dro DOP si distingue per l’elevato contenuto in polifenoli e per una percentuale minima di zuccheri: queste due caratteristiche sono strettamente legate alle peculiarità della zona di produzione, in particolare alle brezze regolari – la più rilevante è la cosiddetta “òra del Garda” – che garantiscono limpidezza del cielo e quindi insolazione costante, oltre ad attenuare le temperature massime.

SUSINA DI DRO DOP

Coop. Ortofrutticola Valli del Sarca - Garda TrentinoSocietà Cooperativa AgricolaViale Daino, 84, Fraz. Pietramurata - 38074 Dro (TN)Tel: +39 0464 507184 Fax: +39 0464 507388

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Uva da Tavola di Canicattì IGP si riferisce all’uva da men-sa allo stato fresco della specie Vitis vinifera L., varietà Italia, nota come Pirovano “65”, ottenuta dall’incrocio di Bicane con Moscato d’Amburgo.

METODO DI PRODUZIONE La forma di allevamento utilizzata è a “tendone”, a “sesto variabile”, a “mono palco” e/o a “doppio palco”, con una densità di 1.100 piante per ettaro. Prima che i grappoli ab-biano raggiunto la loro maturazione deve essere effettuata una serie di “operazioni in verde”: potatura, concimazione organo-minerale, eliminazione di germogli, sfogliatura, rad-drizzamento dei grappoli. Gli interventi “al verde” servono come integrazione e completamento della potatura inver-nale, al fine di mantenere un equilibrio tra la fase vegetativa e la fase riproduttiva della pianta. Per poter migliorare qua-litativamente la produzione e la conformazione dei grap-poli, questi sono sottoposti a trattamenti di diradamento, selezione ed eventuale irrigazione di soccorso (qualora la siccità caratteristica dell’areale produttivo sia eccessiva) e infine diradamento e sistemazione dei grappoli. I vigne-ti vengono coperti con materiali specifici per garantire la conservazione dell’uva sulle piante: la stagionalità dell’uva viene così prolungata e la raccolta può essere effettuata in un arco temporale particolarmente lungo, che va dalla seconda decade di agosto alla prima decade di gennaio. È consentita una produzione unitaria massima di 250 quintali di uva per ettaro.

ASPETTO E SAPORE L’Uva da Tavola di Canicattì IGP presenta grappoli uniformi nel colore, di dimensioni medio-grandi e di forma conico-piramidale, caratterizzati da acini misuratamente radi con sviluppo regolare e con raspi armonicamente sviluppati e peduncolo lignificato. Gli acini sono medio-grossi di forma sferoidale-ellissoidale, con polpa carnosa e croccante che varia dal giallo tenue al giallo paglierino dorato. Il sapore è dolce e gradevole con delicato aroma moscato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Uva da Tavola di Canicattì IGP interessa alcuni comuni delle province di Agrigento e Cal-tanissetta, nella regione Sicilia.

STORIA Sino alla metà dell’Ottocento non si faceva distinzione tra uva da tavola e uva da vinificare. Fu proprio in Italia che tale differenza fu sancita ufficialmente, nel 1887, con la richiesta al governo di una legge ad hoc per valorizzare le uve da vino rispetto a quelle da pasto. Nello specifico, la coltivazione della varietà Italia risale alla prima metà del XX secolo e il nome della cultivar rende omaggio all’uni-

ficazione. Fu infatti agli inizi del XX secolo che l’agrono-mo Alberto Pirovano incrociando le viti Bicane e Moscato d’Amburgo creò questa nuova varietà d’uva la quale trovò nella zona di Canicattì il microclima ottimale. Qui tuttavia si è affermata solo all’inizio degli anni Settanta, imponendosi in sostituzione delle tradizionali colture di cereali, mandorli e leguminose.

GASTRONOMIA L’Uva da Tavola di Canicattì IGP può essere conservata per oltre un mese se collocata a basse temperature. Per sfruttare al meglio le sue proprietà disinfettanti e antivirali, diuretiche e lassative, è consigliabile consumarla fresca al mattino e a digiuno. In cucina il prodotto può essere uti-lizzato come ingrediente per la preparazione di dolci, mar-mellate e succhi, ma anche come ingrediente di sfiziose ricette di primi e secondi piatti, ad esempio a base di carne di maiale.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Uva da Tavola di Canicattì IGP. È commercializzato dalla se-conda decade di agosto alla prima decade di gennaio, in cassetta o confezionato in contenitori di capacità minima pari a 0,5 kg.

NOTA DISTINTIVA L’elevata concentrazione di calcio nel suolo conferisce all’Uva da Tavola di Canicattì IGP colore e croccantezza. Inoltre, le caratteristiche climatiche del territorio consento-no di mantenere il frutto sulla pianta fino all’inizio di gen-naio, garantendo un prodotto sempre fresco sul mercato.

UVA DA TAVOLA DI CANICATTÌ IGP

Consorzio per la Tutela e la Promozione dell’Uva da Tavola di CanicattìContrada Carlino Sede Comunale 92024 Canicattì (AG)www.uvaigpdicanicatti.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Uva da Tavola di Mazzarrone IGP si riferisce al frutto allo stato fresco della specie Vitis vinifera L., appartenen-te principalmente alle varietà Italia e Victoria (Bianca), Red Globe (Rossa), Black Magic, Black Pearl e Palieri (Nera).

METODO DI PRODUZIONE I sesti di impianto e i metodi di potatura devono garantire che la pianta si sviluppi in perfetto equilibrio e con aera-zione e soleggiamento adeguati. In caso di reimpianto, il terreno deve essere lasciato a riposo per almeno due anni, a seguito dei quali si dovrà effettuare un’analisi per verificare la presenza di microrganismi dannosi. Se viene rilevata la presenza di Xiphinema index, la durata del ri-poso dovrà essere di almeno cinque anni, durante i quali sarà opportuno eseguire colture cerealicole. La forma di allevamento tradizionale è il “tendone”. I vigneti possono essere coperti con materiali idonei per favorire la matura-zione anticipata o per posticipare la raccolta, che va da giugno a dicembre, a seconda della varietà. La produzio-ne unitaria massima consentita è di 350 quintali di uva per i vigneti allevati a tendone.

ASPETTO E SAPORE L’Uva da Tavola di Mazzarrone IGP presenta buccia esente da difetti e polpa compatta di sapore dolce e gu-stoso. La pezzatura del grappolo deve essere minimo di 350-400 g a seconda della varietà. L’uva nera presenta grappolo di forma piramidale (Black Magic), cilindrico-pi-ramidale alato (Palieri) o conico alato e semiserrato (Black Pearl) e gli acini hanno buccia di colore nero-blu intenso, vellutato con riflessi perlacei. L’uva rossa si caratterizza per la forma conica o tronco-conica del grappolo e la buccia dell’acino di colore rosso-palissandro, blu-rosso. L’uva bianca, infine, presenta grappolo di forma conico-piramidale con aspetto alato, spargolo (Italia) o compatto (Victoria), gli acini hanno buccia di colore da bianco-cre-ma a giallo dorato, ricoperta di pruina. La polpa è com-patta e carnosa, il sapore è dolce e delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Uva da Tavola di Mazzarrone IGP ricade in vari comuni situati nelle province di Catania e Ragusa, nella regione Sicilia.

STORIA Le prime tracce di vigneti nell’area di Mazzarrone risal-gono alla fine del XIX secolo, documentate da alcuni atti pubblici di compravendita dell’epoca e dalle citazioni ri-scontrabili nel testo La civiltà della vite in Sicilia, di Bruno Pastena, che testimoniano la grande importanza della viticoltura in queste zone. La prima metà del XX seco-lo vede il territorio caratterizzato dalla coltura di diverse

varietà di uva da tavola, per arrivare agli anni Cinquanta, quando si è verificato un notevole sviluppo della coltiva-zione. Ciò grazie anche all’intervento di riforme fondiarie che hanno contribuito all’adozione di innovative forme di allevamento e accorgimenti tecnici, fatti propri dagli agricoltori al fine di ritardare o anticipare la maturazione dell’uva.

GASTRONOMIA L’Uva da Tavola di Mazzarrone IGP può essere conserva-ta per oltre un mese in ambienti che abbiano temperature basse e un adeguato tasso di umidità. Per sfruttare pie-namente le proprietà benefiche di questo frutto è oppor-tuno consumarlo fresco. L’Uva da Tavola di Mazzarone IGP si presta bene anche come ingrediente per la prepa-razione di dolci, marmellate, sorbetti e succhi. È inoltre impiegato in cosmesi, poiché il suo succo ha proprietà emollienti e schiarenti.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Uva da Tavola di Mazzarrone IGP nelle tipologie: Nera, Rossa o Bianca. È commercializzato da giugno a fine dicembre, all’interno di confezioni idonee, tali da impedire l’estrazione del pro-dotto senza la rottura del sigillo.

NOTA DISTINTIVA Le condizioni climatiche della zona di produzione, carat-terizzata dalla quasi totale assenza di nebbie e piogge, consentono la conservazione dell’Uva da Tavola di Maz-zarrone IGP sotto teli di plastica sino al mese di dicem-bre, senza comprometterne l’integrità.

UVA DA TAVOLA DI MAZZARRONE IGP

Consorzio Tutela Uva da Tavola di MazzarroneVia Principe Umberto, 19495040 Mazzarrone (CT)Tel: +39 0933 29160 www.uvaigpmazzarrone.it [email protected]

Certiquality, Ist. di Cert. della Qualità, Settore CertiagroVia Gaetano Giardino, 4 20123 MilanoTel: +39 02 8069171 www.certiquality.it [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Uva di Puglia IGP si riferisce all’uva da tavola delle varie-tà Italia b., Regina b., Victoria b. (bianche), Michele Palieri n. (nera), Red Globe rs. (rossa) coltivata in Puglia ad alti-tudini al di sotto dei 330 m s.l.m.

METODO DI PRODUZIONE Per la realizzazione di vigneti ad uva da tavola si adotta la forma di allevamento “a pergola a tetto orizzontale”, il cosiddetto “tendone”. La potatura secca deve essere effettuata da dicembre fino alla fine del mese di febbra-io dell’anno successivo. Le viti possono essere protette con reti in polietilene e/o film plastico ed è ammessa la coltivazione in serra al fine di proteggere i grappoli da agenti atmosferici quali grandine, vento o pioggia, ma anche per favorire l’anticipo della maturazione o per ri-tardare la raccolta (a seconda del periodo di copertura). La raccolta ha inizio non appena si valuta che i grappoli hanno raggiunto i requisiti minimi qualitativi per la com-mercializzazione. Il periodo varia, quindi, anche in base alla varietà: l’uva Victoria (bianca) viene raccolta dalla pri-ma decade di luglio a fine agosto; la Regina (uva bianca) dalla seconda decade di luglio a fine settembre; la varie-tà Michele Palieri (uva nera) da fine luglio a fine ottobre; la Red Globe (uva rosso scuro) dalla metà di agosto a fine novembre e infine l’uva Italia (bianca) dalla prima settima-na di settembre al 15 dicembre.

ASPETTO E SAPORE L’Uva di Puglia IGP ha acini di colore diverso a se-conda della varietà: giallo paglierino chiaro per l’uva Italia, Regina e Vittoria; la Red Globe è invece di colore rosato-doré e la Michele Palieri si presenta di un nero vellutato intenso. Particolarmente zuccherina, ha un gusto dolce e un profumo spiccato, in special modo la varietà Italia.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Uva di Puglia IGP interessa tutte le province della regione Puglia per quanto attiene ai terreni posti al di sotto dei 330 m s.l.m.

STORIA La Puglia è territorio di elezione per l’uva da tavola, sia per le condizioni pedoclimatiche che per la grande spe-cializzazione degli agricoltori, capaci di portare avanti la tradizione da oltre due secoli garantendo costantemente l’elevata qualità del prodotto. Non a caso l’uva di Puglia ha conosciuto nel tempo un aumento progressivo nella produzione e soprattutto nell’esportazione. A differenza di altre uve infatti, grazie alla maggiore conservabilità, ve-niva esportata al di fuori dei confini nazionali già alla fine del 1800.

GASTRONOMIA L’Uva di Puglia IGP, come la maggior parte della frutta fresca, è da conservare preferibilmente a basse tempera-ture, in modo da preservarne intatte le qualità organolet-tiche per un maggior numero di giorni. Il prodotto risulta particolarmente apprezzato e maggiormente utilizzato per il consumo fresco. Per la dolcezza e il profumo intenso, in cucina, l’Uva di Puglia IGP è molto ricercata e diventa ingrediente di svariate preparazioni culinarie, dai dolci ai primi piatti: crostate, budini, gelati ma anche antipasti, pa-sta e insalate. Dai suoi chicchi, si possono inoltre ottenere ottimi distillati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Uva di Puglia IGP, nelle varietà Italia b., Regina b., Victoria b. (bianche), Michele Palieri n. (nera), Red Globe rs. (rossa). Viene commercializzata in buste da 0,5 e 1 kg o cestini da 0,5-0,75-1-1,5 e 2 kg realizzate in PET o propilene e assem-blate in imballaggi di plastica, legno o cartone; possono essere utilizzate anche cassette in cartone da 2-2,5 e 3 kg e casette di cartone, legno, compensato e plastica da 5 kg. Ogni confezione deve contenere solo grappoli della stessa varietà. Le categorie commerciali a cui appartiene sono la Extra e la Prima.

NOTA DISTINTIVA Oltre alle indiscutibili qualità estetiche − riconducibili all’u-niformità del grappolo e al colore intenso e brillante della buccia − l’Uva di Puglia IGP è molto apprezzata anche per la croccantezza della polpa, che ne permette una mi-gliore e più lunga conservazione.

UVA DI PUGLIA IGP

Consorzio Uva di Puglia IGPViale A. Dipierro, 2/4 zona P.I.P.70016, Noicàttaro (BA)Tel: +39 080 4796032 Fax: +39 080 4796039 [email protected]

CCIAA BariC.so Cavour, 2 70121 Bari Tel: +39 080 2174111 Fax: +39 080 2174228www.ba.camcom.it

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PESCI, MOLLUSCHI, CROSTACEI FRESCHICLASSE 1.7

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP sono un pro-dotto della pesca, lavorato e conservato sotto sale. Le ac-ciughe utilizzate appartengono esclusivamente alla varietà di pesce azzurro Engraulis encrasicolus L., pesci migratori e gregari.

METODO DI PRODUZIONE Le acciughe vengono pescate con il metodo tradiziona-le della “lampara” o con la rete a “ciànciolo”, nel periodo compreso fra il primo aprile ed il 15 ottobre, quando le acciughe raggiungono la maturità. Ad ogni kg di prodotto deve corrispondere un numero di acciughe compreso tra i 35 ed i 50 individui. I pesci appena catturati vengono si-stemati in apposite cassette di legno, per essere poi avviati alla lavorazione entro le 12 ore successive. Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP possono essere sottoposte ad una procedura di presalagione per favorire la fuoriuscita del sangue in eccesso. Si passa poi alla fase della pulitu-ra, eseguita rigorosamente a mano, asportando la testa. Il prodotto va quindi sistemato a raggiera in barili di legno di castagno o in vasi di terracotta. Ad ogni strato di acciu-ghe viene alternato uno strato di sale marino alimentare. Sopra l’ultimo strato va collocato un apposito disco su cui viene esercitata una pressione costante. La stagionatura dura 40-60 giorni; dopo i primi 4-5 giorni il liquido ottenuto deve essere sostituito con una salamoia. A stagionatura avvenuta le acciughe vengono trasferite in appositi con-tenitori cilindrici in vetro chiamati “arbanelle”, disposte in strati separati da un leggero velo di sale marino. L’ultimo strato deve essere completamente coperto dalla salamoia preparata appositamente per il confezionamento e da un dischetto di ardesia, di vetro o in plastica che tiene pres-sate le acciughe.

ASPETTO E SAPORE Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP hanno una pelle molto fine e devono essere intere, di dimensioni comprese tra i 12 e 20 cm di lunghezza. Il colore varia, a seconda della parte del corpo presa in considerazione, dal rosa al bruno intenso. I filetti devono essere ben aderenti alla lisca e avere una consistenza morbida. Le carni devono risultare magre e si distinguono per il sapore asciutto, marcatamente sapido.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione delle Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP interessa tutto il territorio costiero della regione Liguria.

STORIA Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP sono frutto dell’antica tradizione ittica delle marinerie liguri. La cono-scenza delle tecniche di conservazione del pesce, come

quella sotto sale, è attestata da fonti archeologiche che risalgono al IV millennio a.C., sebbene documenti storici ufficiali siano di epoca più recente. Già nel XVI secolo, la Repubblica di Genova controllava tutto il percorso di ap-provvigionamento del pesce, i prezzi e la commercializza-zione, attraverso l’istituzione di regole severe che i pesca-tori dovevano seguire.

GASTRONOMIA Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP si conservano in un luogo fresco, non in frigorifero, e vanno consumate almeno dopo due mesi dalla salatura. Prima di essere im-piegate, devono essere liberate con cura dal sale, passate sotto acqua fredda corrente, ripulite dalla lisca ed asciuga-te bene con un canovaccio. Il prodotto può essere utiliz-zato come base di antipasti, primi e secondi piatti, tra cui, meritano di essere citate le “bavette con le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP e peperone”, oppure il tipico anti-pasto genovese conosciuto come “acciughe alla ligure”.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipo-logia Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP. È commer-cializzato in appositi contenitori con un peso complessivo netto che va da 200 a 3000 g.

NOTA DISTINTIVA Le Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGP sono il risultato del connubio tra fattori ambientali, climatici e l’antica tecni-ca di preparazione. La particolare conformazione del terri-torio, la ridotta escursione termica e la spiccata salinità del mare si sono rivelati ideali per la pesca e la conservazione.

Cooperativa Pescatori Camogli Via della Repubblica, 140 16032 Camogli (GE)Tel: +39 0185 772600Fax: +39 011 9724225

ACCIUGHE SOTTO SALE DEL MAR LIGURE IGP

CCIAA di Genova, Imperia, Savona e La SpeziaUnioncamere LiguriaVia San Lorenzo 15/116123 GenovaTel: +30 010 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salmerino del Trentino IGP si riferisce al pesce fresco della specie Salvelinus alpinus L. (salmerino alpino), ap-partenente alla famiglia dei salmonidi, allevato in vasche alimentate dalle acque pure e fredde del Trentino.

METODO DI PRODUZIONE Il novellame e gli esemplari adulti sono allevati all’interno di vasche contenenti acqua proveniente da sorgive, pozzi, torrenti o fiumi compresi all’interno della zona geografica esclusiva. L’acqua deve presentare specifici valori di tem-peratura (inferiore a 10°C da novembre a marzo) e ossi-geno disciolto (almeno 7 mg/l). La densità di allevamento varia a seconda del numero di ricambi giornalieri previsti per l’acqua, da un minimo di 25 kg/m3 fino a 40 kg/m3 (per più di 10 ricambi). I pesci vengono alimentati secondo gli usi tradizionali della zona, per questo i mangimi vengono certificati e sono privi di OGM. La lavorazione avviene a temperature non superiori ai 12°C mentre lo stoccaggio deve avvenire tra i 4 e i 12°C.

ASPETTO E SAPORE Il Salmerino del Trentino IGP si presenta di colore preva-lente grigio-verde, il dorso e i fianchi cosparsi di piccole macchie biancastre, gialle o rosee; le pinne dorsali e cau-dali sono grigie mentre le altre sono di colore arancio, con margine anteriore bianco. L’indice di corposità (rapporto massa su lunghezza) è uno dei fattori caratterizzanti il pro-dotto, i valori sono inferiori a 1,10 per gli esemplari fino a 400 g e a 1,20 per quelli oltre tale peso. La carne risulta soda, tenera, magra e asciutta, dal sapore delicato di pe-sce, con un odore tenue d’acqua dolce, privo di qualsiasi retrogusto di fango.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salmerino del Trentino IGP inte-ressa tutto il territorio della provincia di Trento, nella regione Trentino-Alto Adige, e il comune di Bagolino, in provincia di Brescia nella regione Lombardia.

STORIA Il salmerino sembra essere presente in Trentino da migliaia di anni. Grazie all’adattabilità della specie e all’isolamen-to dei laghi alpini, questo pesce ha potuto giungere fino all’età moderna, mantenendo pressoché inalterate le sue caratteristiche. Se ne trova menzione in alcuni documenti del 1600, nei quali risulta essere pasto pregiato per princi-pi, cardinali e papi. L’allevamento in Trentino diviene attività consolidata nel XIX secolo, quando nel 1879 fu costruito il primo vero stabilimento di piscicoltura; a questo ne se-guirono altri, negli anni successivi, fino alla costituzione nel 1975 dell’Associazione Troticoltori Trentini, che ha avuto un ruolo determinante nel consolidamento della pratica.

GASTRONOMIA Il Salmerino del Trentino IGP va conservato, per pochi giorni, in frigorifero. Essendo un prodotto venduto fresco è infatti facilmente deperibile. Pesce pregiato, per la con-sistenza della carne e il gusto delicato viene impiegato in moltissime ricette della tradizione trentina. Ottimo al forno, marinato o in crosta, ma anche in preparazioni più ricer-cate, in abbinamento alle erbe aromatiche, le verdure o la frutta secca, aromatizzato al vino oppure, per un gusto più originale, si può usare anche del the. Ottimo anche affumicato, purché l’affumicatura sia delicata e avvenga mediante l’utilizzo di legni poco resinosi, che non coprano il sapore tipico del prodotto. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sal-merino del Trentino IGP. È disponibile sul mercato, come prodotto fresco, confezionato in casse o vaschette di poli-stirolo sotto film plastico, in buste sottovuoto, in atmosfera modificata. Può essere venduto intero, eviscerato, filettato e/o affettato.

NOTA DISTINTIVA Le caratteristiche qualitative del Salmerino del Trentino IGP − indice di corposità ridotto, basso contenuto di grassi, gusto inconfondibile − sono direttamente ricondu-cibili alla zona di produzione, in particolare alle peculiarità dell’acqua in cui viene allevato: questa infatti, provenendo da ghiacciai o nevai perenni, oltre a essere molto abbon-dante, presenta anche un’elevata ossigenazione, buone qualità bio-chimico-fisiche e temperature medie piuttosto basse.

SALMERINO DEL TRENTINO IGP

ASTROAssociazione Troticoltori TrentiniTel: 0461 242525 Fax 0461 242535 www.troteastro.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP è il pe-sce fresco di acqua dolce, appartenente alla specie Tinca tinca L., nato, cresciuto ed allevato negli stagni dell’Altopia-no di Poirino.

METODO DI PRODUZIONE La riproduzione può avvenire sia naturalmente che artificial-mente. L’allevamento deve essere condotto esclusivamen-te in monocoltura negli stagni o nei nuovi bacini d’argilla, purché realizzati all’interno della zona di produzione e con l’argilla del Pianalto. L’approvvigionamento idrico di questi bacini può avvenire da acque meteoriche, superficiali e da captazione di falda. Gli avannotti vengono immessi nelle pe-schiere dove rimangono fino a quando non hanno raggiunto la taglia stabilita, che varia a seconda che le tinche siano destinate al consumo, alla riproduzione o al novellame da ripopolamento. Per alimentare i pesci, nei bacini idrici ven-gono sparsi dei fertilizzanti naturali con lo scopo di favorire il formarsi dello zooplancton. Durante la fase dell’ingrasso l’alimentazione viene integrata con cereali, granaglie, semi oleosi, semi di leguminose, latte, uova e loro derivati, pro-venienti dalla zona di produzione e privi di OGM. Raggiunto un peso compreso tra i 50 ed i 250 g, gli esemplari sono pronti per essere catturati con reti a strascico, nel periodo compreso tra fine marzo e al massimo inizio ottobre.

ASPETTO E SAPORE La Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP ha pelle di colore brillante grigio-grafite oppure verde opalino sul dor-so e giallo dorato sui fianchi, con muco cutaneo trasparente e ben aderente alla pelle. L’occhio è brillante, lucente, vivido. Le branchie si presentano di colore rosso vivo o roseo. Le carni sono delicate, elastiche, sode e non grasse, dal colore bianco roseo che diventa rosso nei muscoli delle pinne. Il gusto è tenue, meno deciso rispetto a quello del pesce di mare e privo di sapore di fango. L’odore si contraddistingue per la sua fragranza di acqua dolce senza alcun sentore di fango o erba.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Tinca Gobba Dorata del Pianal-to di Poirino DOP interessa il territorio del Pianalto di Poirino che ricade, in tutto o in parte, in alcuni comuni delle province di Torino, Asti e Cuneo, nella regione Piemonte.

STORIA La presenza della tinca gobba dorata nel territorio compre-so tra le province di Asti, Torino e Cuneo come pesce di allevamento è provata da documenti risalenti al XIII seco-lo. Dalla seconda metà del Settecento, alcune famiglie di pescatori riuscivano a ottenere guadagni dall’allevamento e vendita di tinche, non esistendo nell’Altopiano fiumi impor-

tanti per una diversa produzione ittica. Il Pianalto di Poirino si caratterizza per le terre argillose e particolarmente compatte che favoriscono la formazione di stagni che venivano utiliz-zati come riserva d’acqua nelle buche scavate per estrarre l’argilla e per abbeverare il bestiame. Dopo una fase di dra-stica riduzione della produzione di tinche, la Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP è di nuovo al centro di un’attività fiorente e costituisce un’ottima risorsa economica per il territorio.

GASTRONOMIA La Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP si con-suma previa cottura. Un piatto tipico estivo, con protagoni-sta la tinca, è il classico “carpione piemontese”, dove la tin-ca viene prima fritta, poi marinata in un’emulsione di aceto, vino bianco ed erbe aromatiche. Il prodotto può essere, in alternativa, usato come condimento nel risotto dopo averne lasciato asciugare le carni in lembi di tela per almeno 24 ore oppure come base nei sughi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP. Viene venduta viva, in appositi contenitori o sacchetti monouso. Si trova in vendita fra fine marzo-inizio aprile e fra fine settembre-inizio ottobre.

NOTA DISTINTIVA Se ben alimentata, la Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP, raggiunge le caratteristiche ideali al consumo (taglia relativamente piccola, carni morbide, pelle sottile e gustosa) nella seconda estate di vita.

TINCA GOBBA DORATA DEL PIANALTO DI POIRINO DOP

Associazione della Tinca Gobba Doratadel Pianalto di PoirinoVia Cesare Rossi, 5 10046 Poirino (To)Tel: +39 011 9450114

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

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ALTRI PRODOTTICLASSE 1.8

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Aceto Balsamico di Modena IGP è un condimento rica-vato da mosti d’uva e aceto di vino, affinati in recipienti di legno pregiato per un periodo di tempo variabile. È pro-dotto nelle tipologie Aceto Balsamico di Modena IGP E Aceto Balsamico di Modena IGP Invecchiato.

METODO DI PRODUZIONE L’Aceto Balsamico di Modena IGP è ottenuto esclusiva-mente da vitigni di Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni. Al mosto – che può essere sia fermentato che cotto parzialmente – viene aggiunto aceto di vino (10% minimo) e una parte di aceto vecchio di almeno 10 anni. Le proporzioni di mosto d’uva cotto e/o concentrato non dovranno essere inferiori al 20% della quantità totale di prodotto da avviare alla lavo-razione. È inoltre possibile aggiungere caramello, e niente altro, fino ad un massimo del 2% del volume del prodot-to finito. Segue la concentrazione del prodotto tramite i procedimenti di “pigiatura” e cottura. La trasformazione avviene con il metodo classico di acetificazione lenta, tra-mite l’utilizzo di colonie batteriche selezionate, in recipienti di legno pregiato (rovere, castagno, quercia, gelso e gine-pro), gli stessi in cui avviene anche l’affinamento per un periodo di 60 giorni.

ASPETTO E SAPORE L’Aceto Balsamico di Modena IGP si distingue per l’aspet-to limpido e brillante e per il profumo delicato, persistente, di gradevole e armonica acidità. Il colore è bruno intenso e l’odore è leggermente acetico con eventuali note legnose. Il sapore è agrodolce ed equilibrato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Aceto Balsamico di Modena IGP ricade nelle province di Modena e Reggio Emilia, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA Le origini dell’Aceto Balsamico di Modena IGP sono ri-conducibili alla tradizione degli antichi Romani., i primi che iniziarono a cuocere il mosto d’uva per poterlo conserva-re. Un testo del 1556 riporta una precisa classificazione dei diversi tipi di aceto e delle differenti possibilità di im-piego, tra cui ne è menzionata una varietà che sembra corrispondere a ciò che oggi definiamo “balsamico”. Lo sviluppo della tradizione dell’aceto balsamico si deve al trasferimento degli Estensi da Ferrara a Modena nel 1598. Presso la corte ducale infatti l’aceto veniva solitamente prodotto per il consumo interno o esibito come dono pre-zioso a personalità di particolare importanza. Nel corso dei secoli fu definito “balsamico” per le sue particolari doti terapeutiche.

GASTRONOMIA Per una corretta conservazione, l’Aceto Balsamico di Mo-dena IGP va mantenuto in un recipiente di vetro, avendo l’accortezza di chiuderlo accuratamente dopo l’uso e di tenerlo lontano da sostanze che emanano odori partico-larmente intensi. L’estrema versatilità di questo prodotto lo rende abbinabile con ogni sorta di pietanze. Grazie al suo retrogusto fragrante ed alla sua acidità aromatica si sposa bene con verdure cotte e crude, ma anche con carne e pesce, dolci e gelati. Ottimo l’abbinamento con scagliette di Parmigiano-Reggiano DOP.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle ti-pologie: Aceto Balsamico di Modena IGP con il contras-segno di colore bordeaux se l’invecchiamento è inferiore a tre anni; Aceto Balsamico di Modena IGP Invecchiato con il contrassegno bianco se l’invecchiamento è superiore a tre anni. È commercializzato in contenitori di vetro, legno, ceramica o terracotta, delle capacità di: 0,250 l; 0,500 l; 0,750 l; 1 l; 2 l; 3 l; 5 l; oppure in bustine monodose di pla-stica di capacità di 25 ml. I recipienti di capacità superiore a 2 l e 5 l, in plastica, sono autorizzati solo se il prodotto è destinato ad uso professionale.

NOTA DISTINTIVA L’Aceto Balsamico di Modena IGP è frutto della tradizione e delle competenze che nel corso dei secoli hanno por-tato al concepimento e all’affinamento della sua ricetta, strettamente legate al territorio di produzione. L’invecchia-mento in botti di legno pregiato contribuisce a determina-re le particolari note aromatiche del prodotto.

Consorzio Aceto Balsamico di ModenaViale Virgilio, 55 41123 ModenaTel: +39 059 208621 www.consorziobalsamico.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

ACETO BALSAMICO DI MODENA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è un condimento ricavato dai mosti delle uve tipiche della provincia di Modena. È invecchiato almeno 12 anni e, nel caso della tipologia Extravecchio, almeno 25 anni.

METODO DI PRODUZIONE L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è otte-nuto esclusivamente dai mosti delle uve provenienti dai vigneti di Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta e, a carattere fa-coltativo, altri iscritti alla DOP in provincia di Modena. A seguito della pigiatura, prima di venire cotti, i mosti fre-schi possono essere sottoposti a decantazione e refri-gerazione purché non si verifichi il congelamento della parte acquosa. La cottura avviene a fuoco diretto e a cielo aperto per almeno 12-14 ore. Il prodotto così otte-nuto viene fatto invecchiare almeno 12 anni in una serie di botticelle di legni diversi e di volume crescente, che nel loro insieme costituiscono la batteria. Ogni anno, con la particolare tecnica dei travasi, il contenute delle botticelle più piccole viene trasferito in quelle più grandi.

ASPETTO E SAPORE L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP si ca-ratterizza per il colore bruno scuro, carico e lucente e per il profumo fragrante, penetrante e persistente, di gradevole e armonica acidità. Il sapore è dolce, agro, ben equilibrato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP comprende l’intero territorio della pro-vincia di Modena, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA La storia dell’aceto balsamico è testimoniata dai tempi del Ducato Estense, ma già durante l’Impero Romano era uso cuocere i mosti per trasformarli in risorsa ali-mentare. La produzione di questo condimento si è svi-luppata nella ristretta zona tra Modena e Reggio Emilia, dove da secoli si preparano aceti cosiddetti “speciali”. La qualifica di “balsamico” viene attribuita in un secon-do tempo, per le proprietà organolettiche medicamen-tose di questo tipo di aceto. Gli scritti del conte Giorgio Gallesio costituiscono il documento “tecnico” più anti-co (1839) in cui si descrivono i metodi di produzione dell’aceto a Modena; nel 1862, l’avvocato modenese Francesco Aggazzotti, presentando a Firenze un cam-pione di aceto di 150 anni descrisse, per la prima volta, i passaggi della procedura di lavorazione del balsamico, prescrivendo solo l’uso del mosto cotto come base di partenza.

GASTRONOMIA L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP si con-serva a temperatura ambiente in un recipiente di vetro ben chiuso. Grazie alla sua versatilità, questo prodotto può essere utilizzato in cucina per la preparazione di innumerevoli ricette, dalle più povere e semplici alle più raffinate ed elaborate. Trova la sua massima espressio-ne nell’incontro con ortaggi freschi e lessati, con i risotti, con piatti a base di carne e pesce, sul gelato e sulla frutta. Sui cibi cucinati va aggiunto solo a fine cottura, per conservare inalterato il suo inconfondibile aroma.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipologie: Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP Extra-vecchio. È confezionato in apposite bottigliette di vetro spesso con una capacità di 10, 20 o 40 cl (anche se, ad oggi, si trovano in vendita solo confezioni da 10 cl).

NOTA DISTINTIVA L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è il ri-sultato delle caratteristiche pedoclimatiche del territorio, della varietà delle uve tipicamente coltivate nel Mode-nese, combinate con l’arte della cottura dei mosti e dei travasi annuali fra le botticelle delle acetaie (locali tradi-zionali di produzione). Ogni legno cede all’aceto note diverse: il castagno ricco di tannini contribuisce al colore scuro, il gelso concentra il prodotto più velocemente, il ginepro cede le essenze resinose, il ciliegio addolcisce il sapore, il rovere conferisce all’aceto già maturo un tipico sapore vanigliato.

Consorzio Tutela ABTM DOP Viale Virgilio, 5541123 ModenaTel: +39 059 208604 Fax: +39 059 208606www.balsamicotradizionale.it [email protected]

Cermet Soc. Cons. Ar.l. Via Cadriano, 23 40057 Cadriano di Granarolo (BO)Tel: +39 051 764811Fax: +39 051 763382www.cermet.it [email protected]

ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP è un condimento ottenuto dalla fermentazione e affinamento di mosti d’uva cotti, provenienti esclusivamente dalla provin-cia di Reggio Emilia. È prodotto nelle tipologie: Bollino Ara-gosta, Bollino Argento e Bollino Oro.

METODO DI PRODUZIONE La resa massima dell’uva in mosto destinato alla con-centrazione non deve essere superiore al 70%. Dopo la pigiatura, i mosti freschi possono essere sottoposti a de-cantazione e refrigerazione, purché non si verifichi il con-gelamento della parte acquosa. La cottura avviene in vasi aperti e a fuoco diretto, fino ad ottenere una riduzione in volume. Il mosto cotto viene sottoposto a fermentazione alcolica, alla quale segue una ossidazione acetica. Il vero segreto del balsamico reggiano, tuttavia, risiede nella suc-cessiva stagionatura che avviene in batterie di botticelle di legni diversi per un lungo periodo di tempo, mai al di sotto dei 12 anni. È vietata l’aggiunta di sostanze addizionali non previste, fatta eccezione per eventuali colonie batteriche denominate “madre”. L’affinamento del bouquet rappre-senta la fase più complicata ed delicata. ASPETTO E SAPORE L’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP si caratterizza per il colore scuro, limpido e lucente. Di pro-fumo penetrante e persistente, di gradevole acidità, ha sapore dolce e agro, ben amalgamato, di apprezzabile aromaticità.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP è situata nella provincia di Reggio Emilia, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA Le prime fonti scritte circa la produzione dell’Aceto Balsa-mico Tradizionale di Reggio Emilia DOP risalgono al 1046, quando l’Imperatore di Germania Enrico III, che viaggia-va verso Roma, si fermò a Piacenza. In un documento dell’epoca viene descritto un aceto, ricostituente e balsa-mico, tanto desiderato dalle teste coronate. Nei secoli XII, XIII e XIV i produttori di aceto dei principali centri estensi avevano costituito vere e proprie consorterie, in seno alle quali i soci avevano il dovere di custodire il segreto della ricetta di preparazione del prodotto. Più numerose le testi-monianze ottocentesche, soprattutto quelle che si trovano negli elenchi delle doti delle nobili famiglie reggiane, dove risulta la consuetudine di aggiungere alla dote della nobil-donna in procinto di sposarsi dei vaselli (piccole botti) di aceto balsamico di valore e batterie di barili contenenti il prezioso prodotto.

GASTRONOMIA L’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP va conservato in un recipiente di vetro, ben chiuso e mante-nuto lontano da sostanze che emanano profumi particola-ri. È un elisir originale, ottimo per arricchire e perfezionare i sapori delle pietanze, dalle più elaborate e delicate a quelle più semplici e povere. Ideale in abbinamento con scaglie di Parmigiano-Reggiano DOP o frutta, squisito sulla verdura cruda o cotta. Sui cibi sottoposti a cottura va aggiunto solo a fine preparazione: è importante infatti evitare che subisca lunghe cotture per non perdere quegli aromi così lungamente affinati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipo-logie: Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP Bollino Aragosta, 12 anni di invecchiamento; Aceto Balsa-mico Tradizionale di Reggio Emilia DOP Bollino Argento, da 12 a 25 anni di invecchiamento; Aceto Balsamico Tra-dizionale di Reggio Emilia DOP Bollino Oro Extravecchio, almeno 25 anni di invecchiamento. È commercializzato in bottigliette a forma di tulipano rovesciato da 100 o da 250 ml, la cui chiusura è assicurata da un tappo in sughero legato con dello spago e sigillato con ceralacca rossa su cui è impresso il marchio della DOP.

NOTA DISTINTIVA Perché si avvalga della DOP, l’Aceto Balsamico Tradizio-nale di Reggio Emilia deve superare con esito positivo un esame fatto da maestri assaggiatori altamente specializza-ti. Se non viene valutato idoneo, viene rimesso nelle botti ad affinarsi ulteriormente.

Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale adi Reggio EmiliaVia Crispi, 3 42121 Reggio Emiliawww.acetobalsamicotradizionale.it [email protected]

Suolo e Salute Srl.Via Paolo Borsellino, 12/B 61032 Fano (PU)Tel: +39 0721 860543 Fax: +39 0721 860543www.suoloesalute.it [email protected]

ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI REGGIO EMILIA DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Liquirizia di Calabria DOP è ottenuta da coltivazioni e da piante spontanee della specie Glychirrhiza glabra nella varietà localmente detta “cordara”. Si tratta di Radice Fre-sca, Radice Essiccata oppure di Estratto di Radice.

METODO DI PRODUZIONE Prima dell’impianto dei nuovi liquirizieti, il terreno deve essere lavorato in profondità e deve essere effettuata la risemina di talee di radice di liquirizia. È consentito prati-care colture intercalari autunno-vernine, che permettono di avere produzione di radici ogni anno, e sono consentite tutte le lavorazioni del terreno necessarie per tali coltiva-zioni purché non si superino i 20 cm di profondità. Le col-ture praticabili insieme alla liquirizia sono le foraggere, gli ortaggi e le leguminose. La liquirizia è una pianta azoto-fis-satrice e per questo contribuisce a migliorare la fertilità del terreno. La raccolta viene effettuata durante tutto l’anno e si può raccogliere anche la liquirizia spontanea, molto dif-fusa in Calabria, purché i liquirizieti naturali siano registrati presso la struttura preposta ai controlli, entrando così nel circuito della DOP. Gli interventi non devono arrivare a in-teressare profondità superiori ai 60 cm. Le radici destinate alla commercializzazione in secco vengono sottoposte a essiccazione in luoghi aperti, ventilati e soleggiati oppure in luoghi chiusi ma garantendo una buona aerazione, o ancora in forni ventilati, ponendo attenzione a che la tem-peratura non superi i 50°C in quanto modificherebbe le caratteristiche del prodotto. Per l’eventuale estrazione del succo, le radici di liquirizia vengono tagliate, schiacciate, sfibrate e, successivamente, lavate esclusivamente con acqua all’interno di vasche o lavatrici.

ASPETTO E SAPORE La Liquirizia di Calabria DOP Radice Fresca è di colore giallo paglierino e ha sapore dolce, aromatico, intenso e persistente; la Radice Essiccata invece si presenta di colore variabile dal giallo paglierino al giallo ocra, con sa-pore dolce, fruttato e leggermente astringente; l’Estratto di Radice, di colore che va dal marrone terra bruciata al nero, ha sapore dolce-amaro, aromatico, intenso e per-sistente.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Liquirizia di Calabria DOP comprende numerosi comuni, posti ad una altitudine in-feriore a 650 metri s.l.m., di tutte le province della regione Calabria.

STORIA La liquirizia in Calabria è una tradizione, un prodotto della terra e della cultura che nel corso dei secoli ha acquisito un’importanza sempre maggiore. Numerosi documenti

storici provano che questa pianta era molto diffusa e utiliz-zata già nel Seicento e, nel secolo successivo, le coltiva-zioni si estendevano lungo tutto il litorale ionico, nella valle del Crati e in ampie fasce della zona costiera tirrenica.

GASTRONOMIA La Liquirizia di Calabria DOP, come Radice Fresca o Es-siccata, si conserva bene in luogo fresco e asciutto, al riparo da fonti di calore. La radice fresca viene principal-mente usata per l’estrazione di un succo dalle proprietà digestive, disintossicanti, emollienti e antisettiche, che trova largo impiego in vari settori industriali, tra i quali quello farmaceutico, dolciario nonché nella scienza er-boristica.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Liquirizia di Calabria DOP, nelle tipologie: Radice Fresca, Radice Es-siccata ed Estratto di Radice. È disponibile in vari formati, quali ad esempio stecche, spezzate, spezzatine, scagliet-te, ecc. Si trova in commercio all’interno di confezioni in cartone, vetro, metallo, ceramica, polipropilene ed altri materiali idonei dal peso variabile tra 5 g e 25 kg.

NOTA DISTINTIVA La Liquirizia di Calabria DOP si distingue da varietà simili soprattutto per la composizione chimico-fisica: il contenu-to di glicirrizina è infatti nettamente più basso, così come risulta minore la quantità di zuccheri. Sono presenti inoltre composti utili al benessere psico-fisico quali la liquiritige-nina, la isoliquiritigenina e il licochalcone A, quest’ultimo in percentuali significative.

Consorzio tra i Produttori e Trasformatori per la Tutela e la Valorizzazione della “Liquirizia di Calabria” D.O.P.Corso Luigi Fera, 79 87100 Cosenza (CS)Tel. +39 0984 407763

ICEA - Ist. Certif. Etica e AmbientaleVia Nazario Sauro, 2 40121 BolognaTel: +39 051 272986 www.icea.info [email protected]

LIQUIRIZIA DI CALABRIA DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Sale Marino di Trapani IGP si riferisce al sale ottenuto con il metodo della precipitazione frazionata dei composti e degli elementi contenuti nell’acqua marina per evapora-zione dell’acqua di mare, all’interno di saline della provincia di Trapani.

METODO DI PRODUZIONE Le saline sono costituite da un sistema di vasi comunican-ti alimentati dall’acqua pulitissima del mare della Riserva delle Isole Egadi, proprio di fronte al litorale su cui insiste il bacino di produzione del Sale Marino di Trapani IGP. Si dividono in quattro grandi ordini di vasche comunicanti tra loro, dove avviene un lento processo di evaporazione e trasformazione delle acque marine. Le vasche della prima area, che è la zona a contatto con il mare, si chiamano “fridde”, le vasche delle due aree intermedie si chiama-no “di coltivo” e “caure” e l’ultima, quella dove finisce la graduale fase di trasformazione, si chiama “salante” o “cristallizzante”. Il processo di lavorazione è scandito dal meticoloso intervento dei tecnici salini che controllano attentamente tutti i vari processi di lavorazione. La rac-colta avviene manualmente (fino a tre volte nell’arco della stessa stagione di produzione) oppure tramite l’utilizzo di strumenti meccanici (solo una volta all’anno oppure a cicli pluriennali). Il sale raccolto manualmente viene conservato, mediante la copertura invernale con “coppi” di terracotta, affinché lentamente possa liberarsi dell’umidità residua. In seguito avviene la “scrostatura”; la crosta superiore di ogni cumulo viene eliminata per la profondità di 1-2 cm, prima del trasporto negli stabilimenti di condizionamento e confezionamento. Per la raccolta meccanica invece, si ricorre all’ausilio di apposite macchine di raccolta che vengono fatte entrare in vasca per asportare la crosta di sale accumulatasi durante tutta la stagione. Le tecniche di lavorazione prevedono: il lavaggio controcorrente in acqua satura di sale, la centrifugazione, la macinazione meccani-ca in mulini di pietra locale o a rullo di acciaio inox, l’essic-cazione in forni con temperature fino a 250°C e vagliatura meccanica.

ASPETTO E SAPORE Il Sale Marino di Trapani IGP si presenta con un colore bianco, cristalli consistenti e granuli di varie dimensioni.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Sale Marino di Trapani IGP inte-ressa i comuni di Trapani, Paceco e Marsala, in provincia di Trapani, nella regione Sicilia.

STORIA Le prime saline trapanesi risalgono al periodo dei Fenici. Definito al tempo “oro bianco”, per tutto il primo millenio

a.C il popolo fenicio ne detenne il monopolio. La prima vera testimonianza della presenza di saline nel territorio trapanese risale tuttavia a diversi secoli a seguire, in par-ticolare alla citazione presente nel Libro per lo svago di chi ama percorrere le regioni del geografo arabo Abd Allah Muhammad, risalente al 1154. Dal 1440 le saline furono date in gabella e ciò ne consentì il diffondersi sul litorale trapanese, portando come conseguenza lo sviluppo del porto di Trapani, da cui partivano per le rotte europee le navi cariche del prezioso elemento.

GASTRONOMIA Il Sale Marino di Trapani IGP può avere vari impieghi in cucina. Il prodotto può essere usato nella preparazione del pesce (orate, dentici, spigole), dove gli alimenti vengono cotti dentro una crosta di sale, o può essere utilizzato per insaporire la cacciagione (pernici, fagiani, conigli). COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sale Marino di Trapani IGP. Viene venduto in appositi imballaggi per uso alimentare di capacità che varia da 100 g fino a 1000 kg.

NOTA DISTINTIVA Il Sale Marino di Trapani IGP è un prodotto integralmente naturale: è ottenuto senza l’utilizzo di additivi, sbiancanti, conservanti o antiagglomeranti, risultando un sale partico-larmente puro e per questo molto apprezzato dalle indu-strie conserviere italiane ed europee. Essendo molto ricco di magnesio, tra le sue qualità annovera anche la massima solubilità.

SALE MARINO DI TRAPANI IGP

CCIAA TrapaniPiazza Sant’Agostino, 3/5 91100 Trapani Tel: +39 0923 876300 www.tp.camcom.it

Consorzio per la Valorizzazione del Sale Marino di TrapaniZona Industriale Ronciglio91100 TrapaniTel: +39 0923 540344

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Zafferano dell’Aquila DOP è una spezia ottenuta dal-la tostatura degli stimmi del fiore di Crocus sativus L., pianta che appartiene alla famiglia delle Iridacee.

METODO DI PRODUZIONE Il Crocus è un piccolo fiore a sei petali, di colore rosa-violaceo. All’interno della sua corolla uno stilo si divide in tre fili (stimmi) di colore rosso scarlato, che vanno a costituire lo zafferano propriamente detto. I filamen-ti rossi contengono la crocina che tinge di giallo e dà un gusto particolare alle diverse preparazioni culinarie. Il terreno di coltura viene accuratamente lavorato, per poi essere lasciato a riposo durante il periodo che va da novembre ad agosto. La riproduzione del bulbo che ha germogliato l’anno prima avviene in primavera, gene-rando due nuovi bulbi. Durante il mese di agosto, i bulbi migliori vengono impiantati vicinissimo tra loro, a fila uni-ca o doppia. La raccolta viene effettuata manualmente, durante il periodo di fioritura, tutte le mattine all’alba, per evitare che il sole faccia aprire i fiori. Questo periodo va dalla seconda metà di ottobre fino alle prime due setti-mane di novembre. La sfioritura viene svolta la sera e consiste nel separare, a mano, gli stimmi dagli stami. Gli stimmi, dal profumo acutissimo e particolare, vengono essiccati al camino con legna di quercia o mandorlo, il giorno stesso della raccolta.

ASPETTO E SAPORE Lo Zafferano dell’Aquila DOP è di colore rosso porpora, un aroma molto intenso e gusto deciso.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Zafferano dell’Aquila DOP comprende numerosi comuni della provincia dell’Aqui-la, in particolare nell’Altopiano di Navelli, nella regione Abruzzo.

STORIA Lo zafferano inizia ad essere coltivato in Asia. Secondo quanto riportato da fonti storiche, questa spezia viene importata in Italia da un monaco benedettino originario di Navelli, attorno al XIII-XIV secolo. Trovato nel territorio abruzzese un habitat favorevole, lo zafferano divenne fondamentale per il mercato locale, tanto da aggiudi-carsi l’appellativo di “Oro vermiglio”, contribuendo in particolare allo sviluppo della città dell’Aquila, al centro di importanti scambi commerciali con le popolazioni del centro-nord Europa.

GASTRONOMIA Lo Zafferano dell’Aquila DOP si conserva facilmente se collocato in contenitori di vetro, avendo cura di evita-

re fonti di luce e di umidità. È consigliato consumare il prodotto entro un anno dalla data di confezionamento. Spezia di grande pregio e ricercatezza, nella gastrono-mia italiana è impiegato per valorizzare ed aromatizzare il sapore di numerose pietanze: primi piatti come il tradi-zionale risotto alla milanese; secondi come le costatine di agnello allo zafferano; dolci. Se si usa lo Zafferano dell’Aquila DOP in fili è necessario farlo preventivamente rinvenire mettendolo a bagno in una piccola quantità di brodo caldo o acqua di cottura per alcune ore, mentre la polvere di zafferano, che si trova macinata in bustine, si può utilizzare a cottura praticamente ultimata, poiché è più veloce da preparare. Sono sufficienti 10 centigrammi di prodotto per quattro persone.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Zafferano dell’Aquila DOP in stimmi o polvere. È commercializzato in bustine di carta o vasetti di vetro o altro materiale.

NOTA DISTINTIVA Lo Zafferano dell’Aquila DOP cresce in un terreno ca-ratterizzato da una buona percentuale di calcare attivo, di sostanza organica e di potassio. Tutte queste qualità del suolo contribuiscono a conferire al prodotto le carat-teristiche uniche che lo distinguono dagli altri prodotti della stessa tipologia. Per produrre un chilogrammo di Zafferano dell’Aquila DOP sono necessari circa 200.000 fiori e ben 500 ore di lavoro. Proprio il laborioso proce-dimento di raccolta e lavorazione giustifica il costo assai elevato di questa spezia.

Consorzio per la Tutela dello Zafferano dell’AquilaVia Risorgimento, 3 67020 Navelli (AQ)Tel: +39 0862 959163 www.zafferanodop.it [email protected]

CCIAA di L’AquilaCorso Vittorio Emanuela, 86 67100 L’AquilaTel: +39 0862 667211 Fax: +39 0862 413543www.cciaa-aq.it [email protected]

ZAFFERANO DELL’AQUILA DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Zafferano di San Gimignano DOP è una spezia otte-nuta dall’essicazione degli stimmi del fiore Crocus sativus L., appartenente alla famiglia delle Iridacee.

METODO DI PRODUZIONE Nel territorio di San Gimignano la produzione e la lavo-razione seguono ancora oggi i metodi antichi consolidati dalla tradizione. Come nel Medioevo, molte operazioni vengono eseguite a mano: la selezione dei bulbi, la rac-colta dei fiori nelle prime ore mattutine, la mondatura e l’essiccazione vicino a brace ardente. La raccolta avviene tutti i giorni all’alba, quando i fiori sono ancora chiusi, nel periodo che va dall’inizio del mese di ottobre alla fine di novembre. Segue la mondatura, che consiste nel sepa-rare manualmente la parte di colore rosso aranciato degli stimmi, facendo attenzione a non asportare quella bian-co-gialliccia. Gli stimmi così ottenuti vengono disposti su setacci o piccole reti, normalmente di acciao inox, ada-giate vicino alla brace ardente. La temperatura durante questa fase non deve superare i 50°C e i filamenti devono essere girati continuamente. Dopo essere stati essiccati, gli stimmi assumono un colore rosso-brunastro e sono pronti per essere confezionati.

ASPETTO E SAPORE Lo Zafferano di San Gimignano DOP si presenta in fila-menti integri di colore rosso aranciato e ha un sapore molto intenso. Le sue caratteristiche si devono principal-mente a tre componenti chimiche: la crocina, alla qua-le si deve la colorazione; la picrocrocina, un glucoside amaro che conferisce il sapore; il safranale, responsabile dell’aroma.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Zafferano di San Gimigna-no DOP è rappresentata esclusivamente dal territorio del comune di San Gimignano, in provincia di Siena, nella regione Toscana.

STORIA Numerose testimonianze storiche documentano la pre-senza dello Zafferano di San Gimignano DOP nel comu-ne toscano già a partire dal 1200. È noto infatti che nel 1238 fu organizzata una grande spedizione del prodotto verso Pisa, e nel 1291 la spezie fu esportata anche a Genova. Dal 1221 al 1247 questo prodotto fu addirittura commercializzato in alcune città orientali ed africane. Al-cuni commercianti del luogo si arricchirono con la vendita dello zafferano, sempre più redditizia, e fecero costruire imponenti torri che ancora oggi si possono ammirare a San Gimignano. Il prodotto fu spesso utilizzato anche come donativo o come sostituto del denaro. Le notizie

sulla storia produttiva dello zafferano sono moltissime e si sa che oltre che in cucina, veniva utilizzato nella tintura, nella pittura e nella medicina.

GASTRONOMIA Lo Zafferano di San Gimignano DOP si conserva facil-mente se collocato in contenitori di vetro, avendo cura di evitarne l’esposizione a fonti di luce e di umidità. Se ne consiglia il consumo entro un anno dall’acquisto. Si usa in gastronomia, nell’industria dolciaria e in farmacia. Lo Zafferano di San Gimignano DOP arricchisce col suo gu-sto unico numerose preparazioni, dai primi piatti a base di riso o di pasta fresca, ai secondi di carne o di pesce, in ricette sfiziose quali ad esempio “i bocconcini di coniglio allo zafferano con pollenta di cavolfiore e cicoria croccan-te”, la trippa allo zafferano o le cozze allo zafferano. Inol-tre, viene impiegato anche per aromatizzare e dare colore a dolci e gelati. Va usato con parsimonia per evitare odori troppo accentuati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Zafferano di San Gimignano DOP. È commer-cializzato in stimmi, in bustine o in contenitori idonei per alimenti, di peso variabile da circa 0,1 a 1 g.

NOTA DISTINTIVA La composizione del terreno di San Gimignano è gene-ralmente sabbiosa, sabbioso-limosa e conferisce allo Zafferano di San Gimignano DOP le sue straordinarie caratteristiche di purezza, potere colorante, profumo e aroma intensi.

Comitato promotore dello Zafferano di San Gimignano DOPComune di San Gimignano Assessorato Attività ProduttiveTel: +39 0577 [email protected]

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

ZAFFERANO DI SAN GIMIGNANO DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Zafferano di Sardegna DOP è una spezia ottenta dalla tostatura degli stimmi del Crocus sativus L., una pian-ta erbacea appartenente alla famiglia delle Iridacee, alta circa 15 cm e formata da un apparato ipogeo (bulbo-tubero), da foglie e fiori.

METODO DI PRODUZIONE L’impianto deve essere realizzato nel periodo compreso tra il primo giugno e il 10 ottobre. La fioritura avviene tra il 15 ottobre ed il 30 novembre e si protrae per circa 15-20 giorni. I fiori vengono raccolti a partire dalle prime ore del giorno quando sono ancora chiusi o leggermente aperti. La raccolta è eseguita con un taglio praticato alla base del perigonio. I fiori vengono poi adagiati dentro ceste in sottili strati senza alcuna compressione e conservati in locali areati. Tutto il processo di lavorazione dello Zaffe-rano di Sardegna DOP viene svolto il giorno stesso della raccolta del fiore. Una volta separati dalle restanti parti del fiore (perigonio e stami), gli stimmi vengono umet-tati con olio extravergine d’oliva prodotto in Sardegna ed essiccati sotto il sole o in appositi forni elettrici. La coltivazione ha una durata di 4 anni ed il bulbo-tubero non può essere reimpiantato sullo stesso terreno prima di altri 4 anni.

ASPETTO E SAPORE Lo Zafferano di Sardegna DOP si presenta allo stato na-turale sotto forma di filamenti, ha un colore rosso brillante e un aroma deciso, molto intenso. I tre componenti prin-cipali del prodotto (crocina, responsabile della colorazio-ne, la picrocrocina, un glucoside amaro che conferisce sapore, safranale, responsabile dell’aroma) sono presenti in quantità superiori rispetto agli altri zafferani conosciuti.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Zafferano di Sardegna DOP ricade nel territorio dei comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, situati nella provincia del Medio Campidano, nella regione Sardegna.

STORIA La cultura dello Zafferano in Sardegna è molto antica e affonda le sue radici all’epoca dei Fenici che, probabil-mente, la introdussero nell’isola. La coltivazione e l’uso della spezia si consolidò sotto il dominio punico e nel pe-riodo romano e bizantino, quando veniva utilizzata prin-cipalmente per usi tintori, terapeutici e ornamentali. Ma la prima vera testimonianza di commercializzazione dello zafferano si ha nel XIV secolo con il regolamento del porto di Cagliari del 1317 (Breve Portus) che conteneva una norma per disciplinare l’esportazione degli stimmi dalla Sardegna. Nell’Ottocento si diffonde ulteriormente la col-

tura e l’uso della spezia, impiegata non solo per le sue qualità aromatiche e medicinali ma anche per la tintoria, per l’utilizzo in cucina o nei mercati come merce di scam-bio. A partire dal secondo dopoguerra, lo zafferano è ri-masto per molte famiglie un’importante fonte di reddito, oltre che il simbolo della tradizione di un popolo che da sempre si dedica all’agricoltura e alla pastorizia.

GASTRONOMIA Lo Zafferano di Sardegna DOP prima del confezionamen-to viene conservato in contenitori di vetro, latta o acciaio inox a chiusura ermetica per preservarlo dall’esposizione alla luce e all’aria. Dopo l’apertura delle confezioni invece, per mantenere intatte le proprietà organolettiche, si con-serva in contenitori chiusi ermeticamente in luoghi bui e asciutti. Nella cucina sarda è usato in molte ricette: nella fregua (simile al cous-cous), nei malloreddus, nel ragù, nelle minestre e anche nelle pardulas (dolci).

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Zafferano di Sardegna DOP. È commercializzato in stimmi. È confezionato in contenitori di vetro, terracot-ta, sughero o cartoncino (quello a diretto contatto con il prodotto è costituito da vetro o carta), tale da evitare danni o alterazioni durante il trasporto e la conservazione. Le confezioni hanno un peso di 0,25 - 0,50 - 1 - 2 o 5 g.

NOTA DISTINTIVA Lo Zafferano di Sardegna DOP si differenzia per l’elevato potere colorante, gli effetti eupeptici e le proprietà aro-matizzanti.

ZAFFERANO DI SARDEGNA DOP

Consorzio per la Tutela dello Zafferano di Sardegna DOP Via Trento, 2 09037 San Gavino Monreale (VS)

Agenzia Laore SardegnaVia Caprera, 8 09123 CagliariTel: +39 070 6026 Fax: +39 070 602622www.sardegnaagricoltura.it [email protected]

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PRODOTTI DI PANETTERIA, PASTICCERIA, CONFETTERIA O BISCOTTERIACLASSE 2.4

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Coppia Ferrarese IGP è un prodotto di panetteria, realizzato con farina di grano tenero di tipo 0 (di ottima qualità e proveniente da grano coltivato prevalentemente in provincia di Ferrara), strutto di puro suino, olio extraver-gine d’oliva, lievito naturale, sale alimentare e malto.

METODO DI PRODUZIONE La prima fase di lavorazione consiste nella preparazione del lievito madre, il quale, grazie ai batteri lattici e aceti-ci, garantisce la conservabilità e l’elasticità del prodotto finale. La cosiddetta “pasta dura”, base della Coppia Ferrarese IGP è ottenuta da farina di grano tenero di tipo 0, aqua, strutto di puro suino, olio extravergine di oliva, sale, malto e lievito madre. Gli ingredienti vengono lavorati per 15-20 minuti nell’impastatrice a forcella, il cui movimento lento evita il riscaldamento dell’impasto e realizza un pane a pasta dura, unico, completamente formato prima della lievitazione. La pasta viene quindi raffinata con 15-20 passaggi in apposito cilindro me-tallico; viene poi tagliata a strisce di altezza variabile fra 1 e 2 cm e immessa nella macchina per la formazione delle coppie. Le coppie escono formate in due “mezze coppie” e unite manualmente. Il pane viene posto su assi di legno, coperto da un telo e immesso nella cella di lievitazione per 70-90 minuti. Al termine viene cotto in forno secondo i metodo tradizionale che prevede il riscaldamento di un apposito piano, con il calore che sale dal basso verso l’alto, in modo da favorire la cottura del pane a circa 220°C.

ASPETTO E SAPORE La Coppia Ferrarese IGP ha forma unica e caratteristi-ca: due pezzi di pasta lavorati in forma sottile e ovale a guisa di due cornetti ciascuno, uniti al centro in un cuore morbido a formare una coppia, ciupèta in dialetto fer-rarese. Il colore è dorato, con venature quasi bionde in corrispondenza delle zone ritorte. L’odore è penetrante e appetitoso, il sapore persistente.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Coppia Ferrarese IGP com-prende l’intero territorio della provincia di Ferrara, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA Al tempo della Signoria Estense i legislatori stabilirono norme severe per la confezione del pane, per la sua conservazione e per l’identificazione del produttore. Se-condo quanto riportato da Cristoforo da Messisbugo, cuoco italiano della metà del Cinquecento, la versione più simile alla forma attuale della Coppia Ferrarese IGP risale al Carnevale del 1536, in occasione di una cena

imbandita in onore del Duca di Ferrara, in cui fu portato in tavola un “pane ritorto”, con i caratteristici cornetti. GASTRONOMIA La Coppia Ferrarese IGP si conserva bene per alcuni giorni, in un sacchetto di carta chiusa dentro un normale portapane, senza perdere le caratteristiche di compattez-za. Come per gli altri tipi di pane è bene che nei conteni-tori dove si conserva la coppia non vi siano cibi aromatici. È un pane particolarmente indicato in abbinamento con i salumi DOP e IGP dell’Emilia-Romagna. La tradizione lo vede accompagnato alla “Zia ferrarese”, il popolare sa-lume delle campagne ferraresi a grana grossa, ottenuto interamente con carni suine, aromatizzato con sale, pepe ed aglio fresco, lasciato precedentemente macerare nel vino bianco. La Coppia Ferrarese IGP può essere consu-mata anche da sola, magari con un filo d’olio.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Cop-pia Ferrarese IGP. È commercializzato sfuso, in pezza-ture che hanno un peso tra 80 e 250 g, posto in vendita entro 24 ore da quando è stato prodotto.

NOTA DISTINTIVA Il sapore e l’eleganza della forma rendono unica la Cop-pia Ferrarese IGP, coniugando l’esigenza funzionale con un esempio storico di food-design. Questo prodotto in-fatti abbina la praticità di un croccante e secco grissino, ideale per accompagnare i salumi ferraresi tipici,ad una parte con la morbida e compatta mollica adatta a rac-cogliere gli intingoli e i brodi.

Associazione Valorizzazione Pane Tipico FerrareseVia Baruffaldi, 14 44100 FerraraTel: +39 0532 234245 Fax: +39 0532 241336

Cermet Soc. Cons. Ar.l. Via Cadriano, 23 40057 Cadriano di Granarolo (BO)Tel: +39 051 764811Fax: +39 051 763382www.cermet.it [email protected]

COPPIAFERRARESE IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pagnotta del Dittaino DOP è un prodotto di panetteria ottenuto da un impasto preparato con semola rimacinata di grano duro proveniente da varietà prodotte all’interno della zona di produzione a cui si aggiungono acqua, lievito naturale e sale.

METODO DI PRODUZIONE Per ottenere l’impasto si utilizza il grano duro locale, preventivamente pulito e macinato, unito al lievito natu-rale ricavato dal lievito madre (che viene rinnovato ogni 24 ore), sale e acqua. Gli ingredienti vengono messi in un’impastatrice a “braccia tuffanti” per 12 minuti. L’im-pasto riposa poi in vasca per almeno 15 minuti. Dopo la prima fase di riposo, vengono formati panetti di pasta dalla forma sferica e dal peso di 1,2 kg. Le forme di pasta così ottenute vengono disposte su pianali di superficie liscia, lavabile e sanificabile per evitare contaminazioni indesiderate durante la lievitazione. Raggiunta la lievita-zione ottimale, i panetti vengono messi in forno, a legna o gas, a 230°C per circa 60 minuti e poi fatti raffreddare a cottura ultimata.

ASPETTO E SAPORE La Pagnotta del Dittaino DOP si presenta nella tradizionale forma rotonda con un peso tra 500 e 1.100 g o come mezza pagnotta. La crosta ha uno spessore che va dai 3 ai 4 mm. La mollica ha un colore giallo tenue ed è com-patta, uniforme ed elastica, con alveolatura a grana fine. La pagnotta fresca mantiene aroma, sapore e freschezza fino a cinque giorni dalla data di produzione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pagnotta del Dittaino DOP interessa diversi comuni della provincia di Enna e al-cuni comuni della provincia di Catania, nella regione Sicilia.

STORIA L’origine della Pagnotta del Dittaino DOP è da rintrac-ciarsi nella tradizione storica e culturale della zona di produzione di utilizzare il grano duro per la lavorazione di prodotti della panetteria, anziché il grano tenero come in altre parti d’Italia. Nello studio della storica Anna Ma-ria Corradini intitolato Federico III ad Enna, urbs inex-pugnabilis: risvolti storici, politici, economici, si attesta come la tradizione cerealicola ennese producesse un pane ottenuto dalla semola “rimacinata” di grano duro. La coltivazione del grano duro nell’area attraversata dal fiume Dittaino, ha quindi rappresentato una delle attività principali e più importanti del sistema economico locale, rivestendo una notevole valenza sociale, ambientale e culturale.

GASTRONOMIA La Pagnotta del Dittaino DOP si contraddistingue per la ca-pacità di mantenere inalterate per ben cinque giorni le sue ti-piche caratteristiche sensoriali, quali il sapore e la freschezza. Se conservata al meglio, in luogo fresco e asciutto, il tempo di conservazione può arrivare fino a 10 giorni e, se confezionata in atmosfera modificata, si può mantenere fino a 60 giorni. Ti-pico pane da bruschetta, la Pagnotta del Dittaino DOP viene generalmente consumata con piatti di carne, pesce o insa-late. Ottima anche per accompagnare i formaggi siciliani e i salumi o, affettata, condita con un filo di olio extravergine di oliva locale, origano e pomodori o con il patè di olive. Tagliata in fette sottili, è ideale anche per la prima colazione.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pa-gnotta del Dittaino DOP. È commercializzato intero con una pezzatura compresa tra 500 e 1.100 g o come mezza pagnotta. È confezionato con un film plastico microforato oppure in atmosfera modificata, in modo da garantirne i requisiti igienico-sanitari e consentire al contempo la tra-spirazione del prodotto nella confezione.

NOTA DISTINTIVA La Pagnotta del Dittaino DOP eccelle per le sue carat-teristiche sensoriali che mantiene inalterate per diver-si giorni, grazie al grano duro utilizzato e al crescenti (pasta acida). Ottenuto soprattutto dalle varietà Simeto, Duilio, Arcangelo, Mongibello, Colosseo e Ciccio, il gra-no duro deriva le sue elevate qualità e la particolare resi-stenza alle micotossine dalle condizioni pedoclimatiche del territorio di produzione.

Consorzio per la tutela della Pagnotta del Dittaino DOPContrada Milocca (z. Ind. Dittaino) Assoro (EN)Tel: +39 0935 950006 Fax: +39 0935 950021

Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la SiciliaVia Sirio, 1 95041 San Pietro Caltagirone (CT)Tel: +39 0933 20260 www.granicoltura.it

PAGNOTTA DEL DITTAINO DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pane Casareccio di Genzano IGP è un prodotto di panetteria ottenuto da farina di ottima qualità di tipo 0 e 00, sale alimentare, acqua, cruschello di grano e lievito naturale, senza aggiunta di prodotti chimici o biologici.

METODO DI PRODUZIONE La preparazione del lievito madre è l’unico metodo che permette di ottenere un lievito naturale contenente bat-teri lattici e acetici atto a garantire la conservabilità e la elasticità del prodotto. Il lievito naturale utilizzato deve essere rinfrescato tutti i giorni mediante acqua e farina in misura proporzionale alla quantità di impasto. Segue la preparazione della “biga”, un preimpasto ottenuto tra-mite la miscela di acqua, farina e lievito. L’operazione dura circa 20 minuti. Ha luogo poi la lievitazione di circa un’ora, con controllo diretto del fornaio. L’impasto viene quindi spianato e modellato per formare le caratteristi-che pagnotte o i filoni, che sono collocati in apposite casse di legno con teli di canapa e spolverati con cru-schello o tritello, ingredienti che conferiscono il caratteri-stico colore scuro della crosta. A questo punto il prodot-to viene sottoposto ad una seconda fase di crescita per circa 40 minuti. La cottura avviene in forno a legna o con diversa alimentazione, a temperatura compresa tra 300 e 320°C al fine di permettere al prodotto una crescita compatta e consentire il formarsi della crosta. A secon-da delle dimensioni delle pagnotte e dei filoni, la fase di cottura può durare dai 35 minuti fino ad un’ora.

ASPETTO E SAPORE Il Pane Casareccio di Genzano IGP si presenta nella classica forma a pagnotta tonda o in filone, con pez-zature che vanno da 0,5 a 2,5 kg. La crosta è di colore scuro e ha uno spessore di 3 mm circa. Il colore della parte interna, fortemente occhiata, è bianco avorio. Il profumo ricorda quello dei cereali genuini e dei granai. Il sapore è sapido.

ZONA DI PRODUZIONE Il Pane Casareccio di Genzano IGP è prodotto esclusi-vamente nel comune di Genzano, in provincia di Roma, nella regione Lazio.

STORIA La storia del Pane Casareccio di Genzano IGP è legata alla tradizione contadina della panificazione con i forni a legna. Testimonianze storiche riportano che già nel 1600 la cultura del pane era molto diffusa a Genzano, tanto che il principe Cesarini Sforza, accanto al cui palazzo sorgeva il borgo, lo offrì in dono al Papa. Dal secon-do dopoguerra, lo sviluppo dei panifici commerciali ha

contribuito alla diffusione della fama di questo prodotto. Gli abitanti di Genzano sostengono che la particolari-tà e l’inimitabilità del prodotto si devono all’impiego di strumenti che fanno parte della tradizione locale e alle procedure di lavorazione tramandate di generazione in generazione. La cittadina dei Castelli Romani ha una singolare caratteristica: l’aroma del pane che dalle pri-me ore del mattino profuma a lungo l’aria.

GASTRONOMIA Il Pane Casareccio di Genzano IGP si conserva per di-versi giorni in ambienti asciutti. Si accosta molto bene ad ogni tipo di piatto. Per apprezzarlo basta una sem-plice merenda con porchetta o con salumi, come ad esempio il prosciutto crudo rustico locale. Classico e gustosissimo è il suo impiego per la preparazione del-la caratteristica “bruschetta”, per la cui realizzazione il Pane Casareccio di Genzano IGP viene abbrustolito e condito con olio extravergine di oliva crudo.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pane Casareccio di Genzano IGP, nelle forme a Pagnotta o a Filone. È commercializzato fresco con pezzature che hanno un peso tra 500 g e 2,5 kg.

NOTA DISTINTIVA Il bollino identificativo del Pane Casareccio di Genzano IGP viene applicato sulla forma prima che questa ven-ga infornata, quindi non è necessario che venga usata nessuna sostanza collante in quanto è la pasta fresca e appiccicosa a garantirne l’adesione.

Consorzio Tutela Pane Casareccio di GenzanoP.zza della Repubblica, 14 00145 Genzano (RM)Tel: +39 06 9396113www.comune.genzanodiroma.roma.it

PANE CASARECCIO DI GENZANO IGP

ICEA - Ist. Certif. Etica e AmbientaleVia Nazario Sauro, 2 40121 BolognaTel: +39 051 272986 www.icea.info [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pane di Altamura DOP è un prodotto di panetteria otte-nuto da un impasto di semola rimacinata di grano duro, lievito madre o pasta acida, sale marino e acqua.

METODO DI PRODUZIONE Il lievito madre viene rinnovato per almeno tre volte, ag-giungendo acqua e semola di grano duro, al fine di au-mentare la massa fermentata. Gli ingredienti vengono impastati tramite impastatrice per 20 minuti. L’impasto viene quindi coperto con un telo di cotone di un certo spessore per poter ottenere una lievitazione a tempera-tura uniforme e viene lasciato riposare una prima volta per almeno 90 minuti. Seguono la pesatura e due fasi di modellatura manuale, intervallate da altri due periodi di riposo di 30 e 15 minuti. Le forme sono prima capovolte e poi immesse nel forno a legna o a gas ad una tempe-ratura di 250°C. Per i primi 15 minuti la cottura avviene a forno aperto dopodiché la bocca del forno viene chiusa e si lascia cuocere per altri 45 minuti. A fine cottura si atten-de almeno cinque minuti a forno aperto pima di estrarre le pagnotte, in modo che il vapore fuoriesca e la crosta diventi croccante.

ASPETTO E SAPORE Il Pane di Altamura DOP si presenta nella tradizionale forma Accavallata (skuanete), con “baciature” ai fianchi, o Bassa (a cappidd d’prevte) senza “baciature”, in pez-zatura di almeno 500 g. La crosta ha uno spessore di 3 mm. La mollica è soffice, di colore giallo paglierino e con alveolazione omogenea. Il profumo è caratteristico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pane di Altamura DOP si estende ai territori compresi nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, nei comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Pog-giorsini in provincia di Bari e Spinazzola, Minervino Murge in provincia di Barletta-Andria-Trani, nella regione Puglia.

STORIA Sono numerose le testimonianze scritte sull’origine e sulla reputazione di questo particolare pane. Plinio, ad esempio, lo definì “il pane più buono al mondo”. Di anti-chissima origine locale, nella tradizionale forma accaval-lata, il Pane di Altamura DOP aveva pezzature di notevoli dimensioni e veniva prevalentemente impastato e lavo-rato tra le mura domestiche. I pani venivano poi cotti in forni pubblici dove la riconoscibilità avveniva tramite la marchiatura sulle forme delle iniziali del capo famiglia. La città di Altamura riferisce dell’attività di panificazione nei suoi Statuti Municipali del 1527 in cui sono presenti do-cumenti relativi al “dazio del forno”. Si sa inoltre che già nei primi anni del 1600 nella zona di Altamura erano attivi

ben 26 impianti per la molinatura, confermando così la grande diffusione di questo prodotto e la sua nascita in una società agropastorale.

GASTRONOMIA Il Pane di Altamura DOP si conserva per diversi giorni in luogo fresco e asciutto. È ottimo consumato da solo, ta-gliato a fette e condito con olio extravergine di oliva, sale, talvolta anche con pomodoro. Entra nella preparazione degli antipasti oppure accostato a diverse pietanze. Mol-te sono le ricette tradizionali tra cui le “cialde” con pomo-dori, cipolle, patate e olive; la “fetta francesca” preparata con il Pane di Altamura DOP raffermo e tagliato a fette, bagnato con latte e arricchito con mortadella, formaggio, mozzarella e uova per poi essere infornato.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Pane di Altamura DOP nelle forme Accavalla-ta e a Cappello di Prete. È commercializzato fresco in pagnotte di peso non inferiore a 0,5 kg. Il prodotto finito può essere confezionato in termoretraibile microforato con etichetta riconoscibile per il contrassegno distintivo del Pane di Altamura DOP.

NOTA DISTINTIVA Il Pane di Altamura DOP è considerato di qualità “unica” perché i grani duri impiegati corrispondenti almeno per l’80% alle varietà Appuro, Arcangelo, Duilio, Simeto e altre sono prodotti sul territorio, in un ambiente con specifici fat-tori geografico-ambientali. Anche l’acqua impiegata deve rispondere a caratteristiche di potabilità e certificazione.

Consorzio per la Tutela del Pane di AltamuraCorso Umberto I, 5 70022 Altamura (BA)Tel: +39 080 3142084 www.panedialtamura.net [email protected]

Bioagricert Srl Via dei Macabraccia, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO)Tel: +39 051 562158 Fax: +39 051 564294www.bioagricert.org

PANE DI ALTAMURA DOP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pane di Matera IGP è un prodotto di panetteria ottenuto utilizzando semola di grano duro, di cui almeno il 20% pro-veniente da ecotipi locali e vecchie varietà, a cui si aggiun-gono lievito naturale (lievito madre), sale e acqua.

METODO DI PRODUZIONE Per la lavorazione si utilizza il lievito madre che, nel caso del Pane di Matera IGP, si ottiene dalla polpa di frutta fresca matura e tenuta in precedenza a macerare in acqua per 48 ore. Il composto viene aggiunto alla semola rimacinata e il tutto viene chiuso in un cilindro di juta per 10-12 ore, a 26-30°C, nell’attesa che raddoppi di volume. Successiva-mente viene aggiunta farina in quantità pari al peso ottenu-to. Il lievito madre può essere utilizzato al massimo per tre rinnovi. Gli ingredienti vengono lavorati nell’impastatrice. L’impasto viene lasciato lievitare in vasca per 25-35 minuti coperto con tele di cotone o lana per ottenere lievitazione e temperatura omogenee. Una volta terminata la fase della lievitazione, le preforme di 1,2 kg e 2,4 kg sono preparate e pesate per ottenere, rispettivamente, un prodotto finale di 1 e 2 kg. Le preforme vengono modellate a mano e la-sciate riposare per 25-30 minuti su tavole di legno, coperte con una tela di cotone. Dopo una ulteriore finale lievitazio-ne, il pane può essere cotto in forno a legna, impiegando essenze legnose autoctone e non riciclate, oppure nel for-no a gas. Si può conservare per ben sette giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Pane di Matera IGP si trova nella forma a Cornetto (allungato e leggermente convesso) e a Forma Alta (alto e compatto, con “baciature” ai fianchi). La crosta è croccante, ha colore bruno dorato, spessore di almeno 3 mm e un odore tipico di bruciato. La mollica è invece di colore giallo con una porosità tipica molto difforme. Il sapore e l’odore sono estremamente caratteristici.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pane di Matera IGP compren-de tutto il territorio della provincia di Matera, nella regione Basilicata.

STORIA L’arte della panificazione è propria della tradizione locale da tempi molto antichi. Esistono testimonianze risalenti al Regno di Napoli che descrivono le particolari tecniche di panificazione. Inoltre, nella zona di produzione del Pane di Matera IGP numerose testimonianze artistiche e letterarie, ma anche leggende e racconti popolari, attestano l’impor-tanza del pane nella vita e nell’economia del territorio.

GASTRONOMIA Il Pane di Matera IGP deve essere conservato in luogo asciutto. Per preservarlo al meglio è consigliabile avvol-

gerlo in un telo di lino in modo da mantenerne intatta la fragranza fino al momento del consumo. Ottimo appena sfornato, resta gustoso anche dopo diversi giorni. È indi-cato in abbinamento con i salumi locali e con i formaggi. Ottimo nella tradizionale feddarauss (bruschetta) con po-modoro, olio e origano. Molto utilizzato anche nelle zuppe di verdure sia calde che fredde, come la tipica cialledda coll, una minestra calda a base di pane, acqua e cipolle o pomodori, con l’aggiunta di verdure locali a piacere. La cialledda fredda, invece, si prepara ugualmente con il pane raffermo, bagnato e condito con pomodoro, olio e origano.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nelle tipologie Pane di Matera IGP a Cornetto oppure a Forma Alta. È com-mercializzato fresco, in pezzature da 1 a 2 kg. Il confezio-namento deve essere effettuato con microforato plastico o con carta multistrato finestrata, in parte colorata ed in parte trasparente per dare visibilità al prodotto e garantirne una conservabilità di almeno sette giorni. Qualora il pane sia stato cotto in forno a legna, potrà essere aggiunta la dicitura “Pane cotto in forno a legna”.

NOTA DISTINTIVA La scelta di vecchie varietà di grano, quali la Sena-tore Cappelli (da utilizzarsi per almeno il 30%), è da ricondursi alla particolare attitudine alla panificazione delle loro semole, che deriva dalle caratteristiche pe-dologiche e climatiche della collina materana, dando così al Pane di Matera IGP un gusto e un sapore in-confondibili.

Consorzio di Tutela del Pane di MateraVia De Amicis, 54 75100 MateraTel: +39 0835 385630www.consorziopanedimatera.cominfo@consorziopanedimatera.com

Bioagricert Srl Via dei Macabraccia, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO)Tel: +39 051 562158 Fax: +39 051 564294www.bioagricert.org

PANE DI MATERA IGP

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Panforte di Siena IGP è un dolce della tradizione senese a base di frutta secca e candita, miele e spezie, che può presentarsi nella versione bianca, ricoperto di zucchero a velo, o in quella nera, con copertura di spezie.

METODO DI PRODUZIONE Gli ingredienti obbligatori per la preparazione del Panfor-te di Siena IGP sono la farina del tipo “0”, la frutta secca (mandorle dolci intere e non pelate), quella candita (cedro e scorze di arancia, per il Bianco; nel tipo Nero il cedro è sostituito dal melone), lo zucchero, il miele e le spezie (noce moscata e cannella), ostie di amido che vanno a costituire la base. Nella versione nera, il miele è facoltativo mentre alle spezie si aggiunge anche il pepe dolce e la miscela viene utilizzata anche per ricoprire la superficie; il panforte Bianco invece viene spolverizzato con zucchero a velo. A carat-tere facoltativo è l’uso, nel tipo Bianco, di nocciole granu-late, melone, vaniglia e una miscela di spezie quali macis, pepe, pimento, coriandoli, chiodi di garofano; nel tipo Nero possono essere usati, in aggiunta agli ingredienti obbliga-tori, anche noci, cedro, coriandolo, anice stellato, chiodi di garofano, zenzero, pepe garofanato e peperoncino. Sono assolutamente vietati additivi, coloranti o conservanti. Gli ingredienti vengono miscelati e l’impasto ottenuto viene porzionato e pesato; ogni porzione viene adagiata su un’o-stia di amido e avvolta da una fascetta di contenimento. Il panforte è cotto in forno a 200-230°C per 13-45 minuti a seconda della pezzatura. Una volta raffreddato, si procede a spolverizzare la superficie (per il tipo Bianco l’operazione può essere effettuata anche al momento del consumo).

ASPETTO E SAPORE Il Panforte di Siena IGP ha forma rotonda o rettangolare, con spessore di 14-45 mm e peso variabile da 33 g fino a 6 kg. La consistenza è pastosa, al taglio si ottiene una re-sistenza moderata. Il tipo Bianco ha la superficie ricoperta di zucchero a velo bianco candido, quello Nero invece si presenta di colore marrone scuro. Al gusto risulta dolce, con retrogusto di frutta candita e mandorle e sentore di spezie, che è leggero nella versione bianca e molto intenso in quella nera.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Panforte di Siena IGP interessa tutto il territorio della provincia di Siena, nella regione Toscana.

STORIA La storia del Panforte di Siena IGP risale al periodo medio-evale. Già nel 1200 nelle campagne senesi si producevano dei pani molto ricchi di miele e spezie, che possono essere considerati dei precursori del panforte. È però a partire dal 1400 che il prodotto acquisisce grande notorietà, anche

grazie al commercio al di fuori del territorio locale: oltre che a Roma, veniva apprezzato come prodotto raffinato anche nelle principali corti europee. Il nome si afferma nel 1800, momento in cui la produzione non è più solo prerogativa delle spezierie ma guadagna una dimensione più ampia. Il panforte bianco nasce nel 1879, in onore della Regina Margherita, in visita a Siena per il Palio; per questo viene detto anche “panforte margherita”.

GASTRONOMIA Il Panforte di Siena IGP si conserva in luogo fresco e asciutto per periodi anche lunghi, se ben ricoperto una volta avviata la confezione. Il prodotto ha infatti una buona conservabilità. Dolce tipico delle festività natalizie, oggi vie-ne consumato tutto l’anno. Può essere impiegato anche come ingrediente per la preparazione di primi o secondi piatti, sicuramente originali. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Panforte di Sie-na IGP, nelle tipologie Bianco e Nero. Può essere venduto intero oppure a tranci o spicchi (nel caso della forma ro-tonda), in confezioni di carta o cartoncino, eventualmente preincartato con materiale per uso alimentare.

NOTA DISTINTIVA Il Panforte di Siena IGP è il dolce che forse meglio rappre-senta il territorio senese: conosciuto e apprezzato fin dal Medioevo, quando Siena era snodo strategico lungo la via Francigena per il commercio delle spezie, il gusto che lo caratterizza è il risultato dell’uso abbondante e sapiente proprio di queste spezie.

PANFORTE DI SIENA IGP

Comitato Promotore per il Riconoscimento IGP tra Produttori di Panforte di Sienac/o Ufficio Agricoltura della Camera di Commercio di SienaP.za Matteotti, 30 - 53100 SienaTel: +39 0577 202540

CCIAA di SienaPiazza Matteotti, 30 53100 SienaTel: +39 0577 202540 Fax: +39 0577 [email protected]

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pizza Napoletana STG è un prodotto da forno di for-ma tondeggiante con bordo (cornicione) rialzato e parte centrale farcita. La pasta si ottiene con farina di grano te-nero, lievito di birra, acqua e sale. Si differenzia a seconda del tipo di farcitura in Marinara e Margherita. La farcitura consta di pomodori pelati e/o pomodorini freschi, olio ex-travergine di oliva. Altri ingredienti possono essere: aglio e origano per la tipologia Marinara; Mozzarella di Bufala Campana DOP, basilico fresco e Mozzarella STG per la Margherita.

METODO DI PRODUZIONE Il metodo di lavorazione prevede più fasi da realizzarsi a ciclo unico. All’interno dell’impastatrice si versano: ac-qua (in cui viene precedentemente sciolto il sale mari-no), il 10% della farina prevista e lievito di birra. Dopo aver avviato l’impastatrice, si aggiunge gradualmente la restante quantità di farina, per un massimo di 10 minuti, fino al raggiungimento della consistenza desiderata, defi-nita “punto di pasta”. L’impasto deve poi essere lavorato nell’impastatrice a forcella per 20 minuti a bassa velocità fino ad ottenere una pasta compatta, morbida, elastica e non appiccicosa. Si lascia quindi riposare per 2 ore coperto da un panno umido in modo che la superficie non si indurisca. Si passa alla formatura, esclusivamente a mano, del panetto (staglio) di peso compreso tra 180 e 250 g. Segue la seconda lievitazione, che dura da 4 a 6 ore. In questa fase, i panetti vengono riposti in cassette per alimenti. La lavorazione del panetto avviene sul ban-cone della pizzeria spolverato con un leggero strato di farina, con un movimento dal centro verso l’esterno e con la pressione delle dita fino a formare un disco di pasta. La farcitura è realizzata utilizzando gli ingredienti previsti per le ricette della pizza Marinara o Margherita. La cot-tura è effettuata esclusivamente in forno a legna ad una temperatura di 485°C per non più di 60-90 secondi. Per infornare, controllare la cottura e prelevare la pizza viene usata una pala metallica.

ASPETTO E SAPORE La Pizza Napoletana STG ha forma circolare di diame-tro non superiore a 35 cm. La parte centrale, sulla quale spicca il rosso del pomodoro perfettamente amalgama-to, è spessa circa 0,4 cm ed il bordo esterno, di colore dorato, ha uno spessore di 1-2 cm. È fragrante, morbida e facilmente piegabile a libretto, dal sapore caratteristico dovuto al connubio tra la pasta e la farcitura. TERRITORIO DELLA TRADIZIONE Il territorio tradizionale di produzione della Pizza Napo-letana STG corrisponde alla città di Napoli, nella regione Campania. Con il tempo però ha trovato grande diffusio-

ne nel resto d’Italia, fino ad essere conosciuta e apprez-zata anche al di fuori dei confini nazionali.

STORIA Le origini della Pizza Napoletana STG risalgono all’inizio del XVIII secolo, fra il 1715 e il 1725, come riportano di-versi documenti e testi storici dell’epoca. Nello stesso periodo si diffondono le prime pizzerie dove era possibile trovare anche i tipici maccheroni al pomodoro. Sembra che perfino il re di Napoli, Ferdinando di Borbone, avesse scelto di frequentare questi locali per sperimentare la tan-to popolare ricetta, violando le regole dell’etichetta.

GASTRONOMIA La Pizza Napoletana STG si gusta al meglio se consumata calda subito dopo la cottura; non può essere conservata per lungo tempo senza perdere la fragranza e la morbidez-za che la caratterizzano. È ottima se accompagnata con una birra poco frizzante, preferibilmente ambrata. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno come Pizza Napoletana STG nelle tipologie Marinara e Marghe-rita. Non è consentito commercializzare il prodotto con-gelato, surgelato o sottovuoto. NOTA DISTINTIVA La cottura in forno a legna, la doppia lievitazione dell’im-pasto e la successiva lavorazione manuale della pasta che permette la formazione dell’alveolatura necessaria a dar for-ma al cornicione, conferiscono alla Pizza Napoletana STG la fragranza e morbidezza che la rendono inconfondibile.

PIZZA NAPOLETANA STG

Associazione Verace Pizza Napoletanawww.pizzanapoletana.org

Associazione Pizzaiuoli Napoletaniwww.pizzaiuolinapoletani.it

Certiqualitywww.certiquality.it IS.ME.CERT.www.ismecert.it

Agroqualitàwww.agroqualita.it

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO I Ricciarelli di Siena IGP sono un prodotto dolciario ot-tenuto dalla lavorazione di un impasto cotto al forno a base di mandorle, dolci e amare attentamente selezio-nate, zucchero e albume d’uovo.

METODO DI PRODUZIONE L’impasto si ottiene lavorando assieme mandorle dol-ci tritate, zucchero semolato e a velo, albume d’uovo di gallina e agenti lievitanti. Sono ammessi ingredienti facoltativi in parziale sostituzione o in aggiunta quali: mandorle amare, sciroppo di glucosio o zucchero inver-tito, miele millefiori, aromi, vaniglia in bacche o vanillina, oli essenziali di agrumi, aroma di mandorle, scorza di buccia d’arancia candita sminuzzata molto finemente, ostie di amido (come base), acido sorbico. Non sono ammessi altri ingredienti, additivi, coloranti o conservan-ti. La varietà delle mandorle utilizzate per l’impasto viene individuata tramite determinazione del loro DNA. Segue la porzionatura effettuata meccanicamente o manual-mente, in modo da conferire al prodotto la classica for-ma a losanga ovalizzata. Vengono quindi abbondante-mente coperti con lo zucchero a velo e adagiati su ostie di amido che poi saranno mantenute fino all’immissione al consumo. La cottura avviene in forni preriscaldati ad una temperatura compresa tra 150 e 200°C per 12-20 minuti. Dopodiché il prodotto viene lasciato raffreddare e avviato al confezionamento.

ASPETTO E SAPORE I Ricciarelli di Siena IGP hanno forma a losanga ovaliz-zata. Il peso di ogni singolo pezzo è compreso tra 10 e 30 g, lo spessore tra 13 e 20 mm. La superficie è di colore bianco per la copertura di zucchero a velo, con eventuale presenza di crepature. Il bordo è leggermente dorato. La pasta interna è di colore beige, con una lieve sfumatura dorata. Presantano una consistenza molto morbida. Il sapore e l’odore sono dolci, tipici della pasta di mandorle.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dei Ricciarelli di Siena IGP com-prende tutto il territorio amministrativo della provincia di Siena, nella regione Toscana.

STORIA Le origini dei Ricciarelli di Siena IGP risalgono al Me-dioevo, quando i senesi importarono il marzapane pro-babilmente dall’Oriente. È all’Oriente infatti che rimanda l’etimologia del termine “marzapane”: alla città birmana di Martaban per alcuni linguisti; al termine arabo mau-thaban (scatola per contenere il marzapane) per altri. La lavorazione dei ricciarelli di Siena avveniva nei conventi

o nelle botteghe degli speziali, unici luoghi nei quali po-tevano trovarsi le spezie e gli aromi indispensabili per aromatizzare e conservare i cibi. Anticamente erano chiamati “marzapanetti alla senese” o “morzelletti” ed è stato solo nell’Ottocento che è comparsa la denomina-zione “ricciarelli”.

GASTRONOMIA I Ricciarelli di Siena IGP si conservano al meglio in luogo fresco e asciutto per mantenere la loro morbidezza e fragranza. Sono ideali consumati a fine pasto abbinati a tè, caffè o vini dolci locali come il Vin Santo o Mosca-dello di Montalcino.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Ric-ciarelli di Siena IGP. È commercializzato in confezioni monopezzo o pluripezzo ermeticamente chiuse. Le confezioni pluripezzo prevedono l’alloggio in vassoi o vaschette trasparenti ermeticamente chiusi oppure in vassoi dotati di alveolo di forma e grandezza propor-zionate alla dimensione dei singoli pezzi, successiva-mente avvolti in film trasparenti termosaldati e normal-mente chiusi in scatole di cartone o di metallo.

NOTA DISTINTIVA I Ricciarelli di Siena IGP sono caratterizzati da un im-pasto particolarmente morbido, il cui colore bianco è dovuto esclusivamente alla presenza dello zucchero, mentre sono assolutamente assenti farine o fecola di patate, che ne abbasserebbero il livello qualitativo compromettendone le caratteristiche organolettiche.

Comitato Promotore per il Riconoscimento IGP tra Produttori dei Ricciarelli di Sienac/o Ufficio Agricoltura della Camera di Commercio di SienaP.za Matteotti, 30 - 53100 SienaTel: +39 0577 202540

CCIAA di SienaPiazza Matteotti, 30 53100 SienaTel: +39 0577 202540 Fax: +39 0577 [email protected]

RICCIARELLI DI SIENA IGP

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OLI ESSENZIALICLASSE 3.2

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DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOP è l’essenza estratta dai frutti delle tre varietà Feminella, Casta-gnaro e Fantastico, appartenenti alla specie Citrus berga-mia Risso, conosciuta semplicemente come bergamotto.

METODO DI PRODUZIONE Il Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOP viene estratto da frutti che presentano determinate carat-teristiche quali buccia mediamente sottile aderente alla polpa, con superficie liscia e talvolta poco rugosa, di co-lore giallo limone; polpa abbastanza consistente di colo-re verde-giallo pallido; sapore acido e amaro. La densità di impianto non deve essere superiore a 450 piante per ettaro, mentre la produzione unitaria massima consentita di bergamotto per le varietà indicate è di 400 quintali per ettaro. La raccolta dei frutti viene effettuata manualmente. Inizia a novembre e si protrae fino a marzo, o più precisa-mente, quando il colore dei frutti inizia a variare dal verde al giallo. Terminata questa operazione i frutti vengono dispo-sti in appositi recipienti per essere trasportati nelle industrie di trasformazione. L’estrazione dell’olio avviene con il me-todo cold pressed. Questo procedimento prevede l’uso di una specifica macchina pelatrice che utilizza solo acqua in pressione e nebulizzata. Per effettuare la separazione dell’olio estratto dall’acqua di lavorazione si ricorre al me-todo della centrifugazione. Da questa fase produttiva si deve avere una resa in olio compresa tra 350 ed 750 g per quintale di frutti. L’olio così ottenuto viene raccolto in reci-pienti di acciaio inox che abbiano una capienza compresa tra 1 e 4 tonnellate.

ASPETTO E SAPORE Il Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOP si presenta allo stato liquido. Ha un aspetto limpido, tal-volta con deposito solido. Il colore varia da verde a giallo verdastro. L’odore, gradevole e fresco, richiama quello del pericarpo del bergamotto. ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Bergamotto di Reggio Calabria DOP - Olio essenziale DOP interessa i comuni situati i una fascia di circa 100 km nella costa ionica della provincia di Reggio Calabria, nella regione Calabria.

STORIA L’ipotesi più probabile sulle origini del frutto bergamotto è quella di una sua derivazione dalla mutazione spontanea di altre specie quali l’arancio amaro o limetta, avvenuta alla fine del XVII secolo nel territorio che richiama l’attuale zona di produzione, ovvero la provincia di Reggio Calabria. La fortuna dell’essenza di bergamotto però si deve a Gian Pa-olo Feminis che, emigrato in Colonia nel 1680, creo un un-

guento che chiamò acqua admirabilis. Le acque di colonia traggono la loro origine proprio da questa antica essenza in quanto gli eredi di Feminis brevettarono il prodotto con il nome della città tedesca. Da allora il bergamotto resta uno dei prodotti basilari essenziali per la realizzazione dei profumi.

IMPIEGO Il Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOP è impiegato nell’industria cosmetica dove viene utilizzato non solo per fissare il bouquet aromatico dei profumi, ma anche per armonizzare le altre essenze contenute. Nell’in-dustria farmaceutica invece viene principalmente usato per il suo potere antisettico e antibatterico, soprattutto in odontoiatria e in ginecologia. Numerosi sono gli impieghi dell’essenza anche in altri settori come ad esempio quello dei tabacchi da pipa, canditi e tè. Negli ultimi anni, il pro-dotto è stato è stato utilizzato con grande successo negli abbronzanti con aggiunta di filtro solare.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipo-logia Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOP, in appositi fusti da 25, 50, 100 e 180 kg o in contenitori di vetro.

NOTA DISTINTIVA La persistenza del fissaggio del bouquet nei profumi che fanno utilizzo di Bergamotto di Reggio Calabria - Olio es-senziale DOP può superare le 24 ore ed è maggiore rispet-to a quella dei prodotti fissati con oli sintetici che ha una durata di 3-4 ore.

Consorzio di Tutela del Bergamotto di Reggio CalabriaVia Rodinò, 1189030 Condofuri (RC) www.consorziodituteladelbergamotto.it [email protected]

Staz. Sper. per le Ind. delle Essenze e dei Derivati degli AgrumiVia Gen. Tommasini, 2 89127 Reggio CalabriaTel: +39 0965 24315 www.ssea.it

BERGAMOTTO DI REGGIO CALABRIA - OLIO ESSENZIALE DOP

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INDICE ANALITICO

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FOOD I prodotti agroalimetari DOP, IGP, STG

AAbbacchio Romano IGPAcciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGPAceto Balsamico di Modena IGPAceto Balsamico Tradizionale di Modena DOPAceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOPAglio Bianco Polesano DOPAglio di Voghiera DOPAgnello del Centro Italia IGPAgnello di Sardegna IGPAlto Crotonese DOPAmarene Brusche di Modena IGPAprutino Pescarese DOPArancia del Gargano IGPArancia di Ribera DOPArancia Rossa di Sicilia IGPAsiago DOPAsparago Bianco di Bassano DOPAsparago Bianco di Cimadolmo IGPAsparago di Badoere IGPAsparago Verde di Altedo IGP

BBasilico Genovese DOPBergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOPBitto DOPBra DOPBresaola della Valtellina IGPBrisighella DOPBrovada DOPBruzio DOP

CCaciocavallo Silano DOPCanestrato di Moliterno IGPCanestrato Pugliese DOPCanino DOPCapocollo di Calabria DOPCappero di Pantelleria IGPCarciofo Brindisino IGPCarciofo di Paestum IGPCarciofo Romanesco del Lazio IGPCarciofo Spinoso di Sardegna DOPCarota dell’Altopiano del Fucino IGPCarota Novella di Ispica IGPCartoceto DOPCasatella Trevigiana DOPCasciotta d’Urbino DOPCastagna Cuneo IGPCastagna del Monte Amiata IGPCastagna di Montella IGPCastagna di Vallerano DOPCastelmagno DOPChianti Classico DOPCiauscolo IGPCilento DOPCiliegia dell’Etna DOPCiliegia di Marostica IGPCiliegia di Vignola IGPCinta Senese DOPCipolla Rossa di Tropea Calabria IGPCipollotto Nocerino DOPClementine del Golfo di Taranto IGPClementine di Calabria IGPCollina di Brindisi DOPColline di Romagna DOPColline Pontine DOPColline Salernitane DOPColline Teatine DOPCoppa di Parma IGPCoppa Piacentina DOP

Coppia Ferrarese IGPCotechino Modena IGPCrudo di Cuneo DOPCulatello di Zibello DOP

DDauno DOP

FFagioli Bianchi di Rotonda DOPFagiolo Cannellino di Atina DOPFagiolo Cuneo IGPFagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGPFagiolo di Sarconi IGPFagiolo di Sorana IGPFarina di Castagne della Lunigiana DOPFarina di Neccio della Garfagnana DOPFarro della Garfagnana IGPFarro di Monteleone di Spoleto DOPFichi di Cosenza DOPFico Bianco del Cilento DOPFicodindia dell’Etna DOPFicodindia di San Cono DOPFiore Sardo DOPFontina DOPFormaggella del Luinese DOPFormaggio di Fossa di Sogliano DOPFormai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOPFungo di Borgotaro IGP

GGarda DOPGorgonzola DOPGrana Padano DOP

IInsalata di Lusia IGP Irpinia - Colline dell’Ufita DOP

KKiwi Latina IGP

LLa Bella della Daunia DOPLaghi Lombardi DOPLametia DOPLardo di Colonnata IGPLenticchia di Castelluccio di Norcia IGPLimone Costa d’Amalfi IGPLimone di Rocca Imperiale IGPLimone di Siracusa IGPLimone di Sorrento IGPLimone Femminello del Gargano IGPLimone Interdonato Messina IGPLiquirizia di Calabria DOPLucca DOP

MMarrone del Mugello IGPMarrone della Valle di Susa IGPMarrone di Caprese Michelangelo DOPMarrone di Castel del Rio IGPMarrone di Combai IGPMarrone di Roccadaspide IGPMarrone di San Zeno DOPMarroni del Monfenera IGP Mela Alto Adige IGP (Südtiroler Apfel g.g.A.)Mela di Valtellina IGPMela Rossa Cuneo IGPMela Val di Non DOPMelannurca Campana IGPMelanzana Rossa di Rotonda DOP Miele della Lunigiana DOPMiele delle Dolomiti Bellunesi DOP

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Molise DOPMontasio DOPMonte Etna DOPMonte Veronese DOPMonti Iblei DOPMortadella Bologna IGPMozzarella STGMozzarella di Bufala Campana DOPMurazzano DOP

NNocciola del Piemonte IGP (Nocciola Piemonte)Nocciola di Giffoni IGPNocciola Romana DOPNocellara del Belice DOPNostrano Valtrompia DOP

OOliva Ascolana del Piceno DOP

PPagnotta del Dittaino DOPPancetta di Calabria DOPPancetta Piacentina DOPPane Casareccio di Genzano IGPPane di Altamura DOPPane di Matera IGPPanforte di Siena IGPParmigiano-Reggiano DOPPatata della Sila IGPPatata di Bologna DOPPecorino di Filiano DOPPecorino Romano DOPPecorino Sardo DOPPecorino Siciliano DOPPecorino Toscano DOPPenisola Sorrentina DOPPeperone di Pontecorvo DOP Peperone di Senise IGPPera dell’Emilia Romagna IGPPera Mantovana IGPPesca di Leonforte IGP Pesca di Verona IGPPesca e Nettarina di Romagna IGPPiacentinu Ennese DOPPiave DOP Pistacchio Verde di Bronte DOPPizza Napoletana STGPomodorino del Piennolo del Vesuvio DOPPomodoro di Pachino IGPPomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOPPorchetta di Ariccia IGPPretuziano delle Colline Teramane DOPProsciutto Amatriciano IGPProsciutto di Carpegna DOPProsciutto di Modena DOPProsciutto di Norcia IGPProsciutto di Parma DOPProsciutto di San Daniele DOPProsciutto di Sauris IGPProsciutto Toscano DOPProsciutto Veneto Berico-Euganeo DOPProvolone del Monaco DOPProvolone Valpadana DOP

QQuartirolo Lombardo DOP

RRadicchio di Chioggia IGPRadicchio di Verona IGPRadicchio Rosso di Treviso IGPRadicchio Variegato di Castelfranco IGPRagusano DOP

Raschera DOPRicciarelli di Siena IGPRicotta di Bufala Campana DOPRicotta Romana DOPRiso del Delta del Po IGPRiso di Baraggia, Biellese e Vercellese DOPRiso Nano Vialone Veronese IGPRiviera Ligure DOPRobiola di Roccaverano DOP

SSabina DOPSalame Brianza DOPSalame Cremona IGPSalame di Varzi DOPSalame d’Oca di Mortara IGPSalame Felino IGPSalame Piacentino DOPSalame S. Angelo IGPSalamini Italiani alla Cacciatora DOPSale Marino di Trapani IGPSalmerino del Trentino IGPSalsiccia di Calabria DOPSalva Cremasco DOPSardegna DOPScalogno di Romagna IGPSedano Bianco di Sperlonga IGPSeggiano DOPSoppressata di Calabria DOPSoprèssa Vicentina DOPSpeck Alto Adige IGP Spressa delle Giudicarie DOPSquacquerone di Romagna DOPStelvio DOPSusina di Dro DOP

TTaleggio DOPTergeste DOPTerra di Bari DOPTerra d’Otranto DOPTerre Aurunche DOPTerre di Siena DOPTerre Tarentine DOPTinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOPToma Piemontese DOPToscano IGPTuscia DOP

UUmbria DOPUva da Tavola di Canicattì IGPUva da Tavola di Mazzarrone IGPUva di Puglia IGP

VVal di Mazara DOPValdemone DOPValle d’Aosta Lard d’Arnad DOPValle del Belice DOPVallée d’Aoste Fromadzo DOPVallée d’Aoste Jambon de Bosses DOPValli Trapanesi DOPValtellina Casera DOPVastedda della Valle del Belìce DOPVeneto DOPVitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGPVulture DOP

ZZafferano dell’Aquila DOPZafferano di San Gimignano DOPZafferano di Sardegna DOPZampone Modena IGP

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