Quali azioni correttive sono possibili quando un prodotto non incontra il suo ccp

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La rivalutazione del prodotto non conforme ovvero quali azioni correttive sono possibili quando un prodotto non incontra il suo CCP? Manlio Della Ciana – [email protected] 14 agosto 2015 Va detto che il sistema HACCP è un sistema logico pensato per identificare i pericoli o le situazioni critiche e produrre un piano strutturato per il controllo di tali situazioni (Schmidt, 1996), pertanto come tale deve essere applicato per le conseguenze che ogni passaggio prevede, senza che logiche diverse subentrino nella sua applicazione, al fine di modificare eventuali decisioni. Dico questo perché la tentazione di ribaltare l’attenzione su controlli di prodotto anziché di processo potrebbe diventare imbarazzante, allorquando, per superamento dei limiti di controllo, fossero messe in dubbio le destinazioni d’uso di un prodotto dal rilevante peso economico. Dando per acquisita la correttezza nell’applicazione dei primi 4 principi del sistema, ovvero l’analisi dei pericoli (principio 1), l’identificazione dei punti critici di controllo (principio 2), la definizione dei limiti per ciascun CCP (principio 3) e la definizione delle procedure di monitoraggio (principio 4), vorrei soffermarmi sul quinto principio, ovvero sulla definizione delle azioni correttive, cioè le azioni da seguire quando si registra una deviazione da un limite critico. Il sistema prevede che le azioni correttive siano predisposte in anticipo (“preplanned”), il che significa che tali azioni correttive siano chiaramente definite per adottare una azione immediata nei confronti del pericolo considerato. In altre parole le azioni correttive devono essere adottate per riportare il processo sotto controllo, in cui cioè il limite critico sia rispettato e non vi siano più deviazioni da esso. Le azioni correttive, tuttavia devono includere disposizioni appropriate sul prodotto “deviato” e la documentazione che dimostri la compliance del prodotto a tutti i requisiti richiesti. Nell’industria lattiera è normale che vi sia una automatica deviazione del prodotto in caso di attivazione di un allarme che suona qualora la temperatura di sterilizzazione o pastorizzazione non viene raggiunta. Di norma tale allarme viene testato ad ogni inizio di linea o comunque ad intervalli non superiori alle 24 ore. Il prodotto ottenuto dall’ultimo controllo di favorevole, ovvero durante la deviazione dal CCP deve quindi essere segregato per applicare su di esso le azioni correttive pianificate. Relativamente a tali azioni correttive in alcuni manuali viene considerato come possibile prevedere una rivalutazione del prodotto tal quale, ovvero attraverso evidenze aggiuntive tese ad escludere il pericolo che si intendeva eliminato con il rispetto del CCP. La giustificazione fornita per tale atteggiamento è che il prodotto, pur non potendolo più riprocessare, non deve essere considerato come “pericoloso”, ma solo come “potenzialmente pericoloso”, il che aprirebbe quindi la possibilità di riesaminarlo nei confronti del pericolo considerato valutandolo però su parametri diversi, ovvero con delle analisi a campione sull’intera partita e/o perché sono presenti altri sistemi di controllo tali da garantirne comunque la sicurezza alimentare. La “potenziale pericolosità” dell’alimento trattato in maniera insufficiente a garantirne il CCP, infatti dovrebbe essere valutata in base allo scostamento (?) dal limite critico e dalla bontà igienicosanitaria (?) precedente il trattamento stesso, anche se ovviamente sono possibili errori del monitoraggio (mancato monitoraggio e/o non attendibile), che se evidenziati potrebbero riaprire la strada della rivalutazione del prodotto tal quale. A me sembra, tuttavia, che tale ragionamento presti il fianco a critiche rilevanti: 1. Il sistema HACCP è un sistema logico e quindi il venir meno ai suoi principi significa privarlo della sua forza: una volta stabilito un limite critico , tutto il processato deve averlo rispettato, per cui ammettere che vi siano delle eccezioni significa ammettere di non aver scelto bene il CCP o il suo limite e quindi bisognerebbe comunque rivedere tutto il sistema; 2. qualora il limite critico sia un limite di legge o dettato da consistente letteratura scientifica vi sarebbe comunque una evidente non conformità, indipendentemente dall’esito analitico sul prodotto: un latte da pastorizzare ai sensi del reg. 853/04 per il quale si scendesse sotto i valori di legge di temperatura in rapporto al tempo non potrebbe per legge neppure essere definito pastorizzato, per cui si tratterebbe comunque di un prodotto non pastorizzato, così come in un processo di raffreddamento di un prodotto carneo cotto non raggiungere valori di temperatura

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La rivalutazione del prodotto non conforme ovvero quali azioni correttive sono possibili quando un prodotto non incontra il suo CCP?

Manlio Della Ciana – [email protected] 14 agosto 2015 Va detto che il sistema HACCP è un sistema logico pensato per identificare i pericoli o le situazioni critiche e produrre un piano strutturato per il controllo di tali situazioni (Schmidt, 1996), pertanto come tale deve essere applicato per le conseguenze che ogni passaggio prevede, senza che logiche diverse subentrino nella sua applicazione, al fine di modificare eventuali decisioni. Dico questo perché la tentazione di ribaltare l’attenzione su controlli di prodotto anziché di processo potrebbe diventare imbarazzante, allorquando, per superamento dei limiti di controllo, fossero messe in dubbio le destinazioni d’uso di un prodotto dal rilevante peso economico. Dando per acquisita la correttezza nell’applicazione dei primi 4 principi del sistema, ovvero l’analisi dei pericoli (principio 1), l’identificazione dei punti critici di controllo (principio 2), la definizione dei limiti per ciascun CCP (principio 3) e la definizione delle procedure di monitoraggio (principio 4), vorrei soffermarmi sul quinto principio, ovvero sulla definizione delle azioni correttive, cioè le azioni da seguire quando si registra una deviazione da un limite critico. Il sistema prevede che le azioni correttive siano predisposte in anticipo (“preplanned”), il che significa che tali azioni correttive siano chiaramente definite per adottare una azione immediata nei confronti del pericolo considerato. In altre parole le azioni correttive devono essere adottate per riportare il processo sotto controllo, in cui cioè il limite critico sia rispettato e non vi siano più deviazioni da esso. Le azioni correttive, tuttavia devono includere disposizioni appropriate sul prodotto “deviato” e la documentazione che dimostri la compliance del prodotto a tutti i requisiti richiesti. Nell’industria lattiera è normale che vi sia una automatica deviazione del prodotto in caso di attivazione di un allarme che suona qualora la temperatura di sterilizzazione o pastorizzazione non viene raggiunta. Di norma tale allarme viene testato ad ogni inizio di linea o comunque ad intervalli non superiori alle 24 ore. Il prodotto ottenuto dall’ultimo controllo di favorevole, ovvero durante la deviazione dal CCP deve quindi essere segregato per applicare su di esso le azioni correttive pianificate. Relativamente a tali azioni correttive in alcuni manuali viene considerato come possibile prevedere una rivalutazione del prodotto tal quale, ovvero attraverso evidenze aggiuntive tese ad escludere il pericolo che si intendeva eliminato con il rispetto del CCP. La giustificazione fornita per tale atteggiamento è che il prodotto, pur non potendolo più riprocessare, non deve essere considerato come “pericoloso”, ma solo come “potenzialmente pericoloso”, il che aprirebbe quindi la possibilità di riesaminarlo nei confronti del pericolo considerato valutandolo però su parametri diversi, ovvero con delle analisi a campione sull’intera partita e/o perché sono presenti altri sistemi di controllo tali da garantirne comunque la sicurezza alimentare. La “potenziale pericolosità” dell’alimento trattato in maniera insufficiente a garantirne il CCP, infatti dovrebbe essere valutata in base allo scostamento (?) dal limite critico e dalla bontà igienicosanitaria (?) precedente il trattamento stesso, anche se ovviamente sono possibili errori del monitoraggio (mancato monitoraggio e/o non attendibile), che se evidenziati potrebbero riaprire la strada della rivalutazione del prodotto tal quale. A me sembra, tuttavia, che tale ragionamento presti il fianco a critiche rilevanti: 1. Il sistema HACCP è un sistema logico e quindi il venir meno ai suoi principi significa privarlo

della sua forza: una volta stabilito un limite critico , tutto il processato deve averlo rispettato, per cui ammettere che vi siano delle eccezioni significa ammettere di non aver scelto bene il CCP o il suo limite e quindi bisognerebbe comunque rivedere tutto il sistema;

2. qualora il limite critico sia un limite di legge o dettato da consistente letteratura scientifica vi sarebbe comunque una evidente non conformità, indipendentemente dall’esito analitico sul prodotto: un latte da pastorizzare ai sensi del reg. 853/04 per il quale si scendesse sotto i valori di legge di temperatura in rapporto al tempo non potrebbe per legge neppure essere definito pastorizzato, per cui si tratterebbe comunque di un prodotto non pastorizzato, così come in un processo di raffreddamento di un prodotto carneo cotto non raggiungere valori di temperatura

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La rivalutazione del prodotto non conforme ovvero quali azioni correttive sono possibili quando un prodotto non incontra il suo CCP?

Manlio Della Ciana – [email protected] inferiori a 4°C in un definito range di tempo potrebbe significare una pericolo di potenziale moltiplicazione di Listeria m. ed altri patogeni.

3. la riammissione del prodotto che non ha soddisfatto il CCP scelto a fronte di un campionamento del prodotto con esito favorevole, dovrebbe comunque considerare che il campionamento per sua stessa natura è un espressione statistica di una parte rispetto al tutto e quindi , anche se fatto nel modo più ampio possibile, è decisamente meno affidabile rispetto al dato desumibile dal rispetto del limite di controllo.

4. la giustificazione addotta a questa possibile deroga dal riprocessare l’alimento o modificarne la destinazione d’uso risiede nell’osservazione che generalmente i limiti di controllo dei CCP vengono scelti in una ipotesi delle condizioni peggiori possibili e quindi con un margine di garanzia, talvolta ampio rispetto alla probabilità reale che il pericolo si presenti, soprattutto se, rispettando le fasi precedenti al punto critico di controllo vi è stata una assoluta attenzione al rispetto dei prerequisiti (igiene delle superfici, qualità delle materie prime, ecc.). Mi sembra evidente che difficilmente, a parità di condizioni dei prerequisiti, qualcuno potrà valutare numericamente quale possa essere lo scostamento da limite prefissato per stabilire se rivalutare il prodotto per via analitica o se piuttosto modificarne da subito la destinazione d’uso; in questo caso tale possibile deviazione ammissibile dovrebbe essere dichiarata nelle azioni correttive pianificate.

La scelta dei CCP e dei limiti critici dovrebbe quindi essere fatta con estrema attenzione e con la consapevolezza che le azioni correttive sul prodotto in caso di superamento dei limiti critici prefissati dal sistema non possono essere aggirate di volta in volta mediante una semplice rivalutazione analitica del prodotto stesso. Per onestà intellettuale, tuttavia, è importante sottolineare come tali azioni correttive sul prodotto giudicato non conforme siano state trattate diversamente nella norma ISO 22000:2005. In questa ISO, infatti, viene fatto proprio il sistema HACCP conciliandolo con la qualità della serie ISO 9000, e nei punti 7.10.3.1/2/3 per declinare il quinto principio dell’ HACCP vengono considerate le azioni di valutazione su prodotto riscontrato non conforme in fase di processo. A titolo generale la ISO22000 richiede all’organizzazione di impedire la commercializzazione dei prodotti non conformi fin tanto che non sia possibile assicurarsi che: a) the food safety hazard(s) of concern has(ve) been reduced to the defined acceptable levels, b) the food safety hazard(s) of concern will be reduced to identified acceptable levels (see 7.4.2) prior to entering into the food chain, or c) the product still meets the defined acceptable level(s) of the food safety hazard(s) of concern despite the nonconformity. All lots of product that may have been affected by a nonconforming situation shall be held under control of the organization until they have been evaluated. If products that have left the control of the organization are subsequently determined to be unsafe, the organization shall notify relevant interested parties and initiate a withdrawal. Ovviamente i controlli ed i relative esiti e l’autorizzazione all’uso di prodotti potenzialmente insicuri deve essere sempre documentati. La norma volontaria spiega poi al punto successivo (7.10.3.2) come effettuare la valutazione del prodotto non conforme ed in particolare si ammette che il prodotto può essere considerato sicuro quando:

1. le prove e il monitoraggio dimostrano che le misure di controllo sono state efficaci

2. le prove mostrano una sinergia con un’altra misura di controllo

3. i risultati di analisi o altre prove di verifica dimostrano che quel lotto è conforme.

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Manlio Della Ciana – [email protected] La norma conclude poi che nel caso la valutazione confermi la non conformità del prodotto questo debba essere considerato non sicuro e quindi escluso dal circuito commerciale. Il ragionamento della ISO è evidente in quanto sostiene che essendo la performance da raggiungere quella di escludere un pericolo (o comunque di ridurlo significativamente) il fatto che il monitoraggio evidenzi uno scostamento non significa d'emblée che il controllo adottato non sia risultato egualmente efficace per raggiungere la performance (“the product still meets the defined acceptable level(s) of the food safety hazard(s) of concern despite the nonconformity”). Credo di non poter essere smentito, tuttavia se affermo che questa rivalutazione del prodotto non possa essere ammessa ogniqualvolta la non conformità sia determinata dal non rispetto di un limite di legge assunto come valore di monitoraggio, in quanto è la norma stessa che accentua l’attenzione sul valore di monitoraggio e non sulla performance rispetto ad un pericolo, per cui in tal caso paradossalmente rispetto al sistema HACCP è la performance del trattamento termico che deve essere osservata e non il pericolo che viene eliminato con tale processo. Va inoltre sottolineato che qualora il controllo si basi sul trattamento termico la legislazione europea per gli alimenti confezionati in contenitori ermeticamente chiusi è tassativa sul fatto che il prodotto sottoposto a processi di pastorizzazione o sterilizzazione o similari soddisfi norme riconosciute a livello internazionale e che i valori di temperatura raggiunti dal prodotto lo siano in ogni parte del prodotto sottoposto al trattamento. Nel caso del Reg. CE 1662/2006 infatti relativamente ai requisiti dei prodotti lattiero-caseari, al capitolo II ci dice che i processi deve

“ provvedono affinché essi si svolgano alle condizioni sottoindicate:

a) la pastorizzazione è ottenuta mediante un trattamento che comporti:

i) un'alta temperatura per un breve periodo (almeno 72°C per 15 secondi);

ii) una bassa temperatura per un periodo lungo (almeno 63°C per 30 minuti); oppure

iii) qualsiasi altra combinazione tempo/temperatura che consenta di ottenere un effetto equivalente;

in modo che, immediatamente dopo aver subito il trattamento, i prodotti reagiscano negativamente all'eventuale test della fosfatasi alcalina;

b) il trattamento a temperatura ultra alta (UHT) è ottenuto mediante un trattamento:

i) che comporti un flusso di calore continuo ad alta temperatura per un breve periodo (almeno 135°C per un periodo di durata appropriata) tale da eliminare microrganismi o spore vitali in grado di svilupparsi nel prodotto trattato, tenuto in un recipiente chiuso asettico a temperatura ambiente; e

ii) sufficiente ad assicurare la stabilità microbiologica dei prodotti dopo un periodo d'incubazione di 15 giorni a 30°C, o di 7 giorni a 55°C, in recipienti chiusi oppure dopo l'impiego di qualsiasi altro metodo che dimostri l'avvenuta applicazione del trattamento termico appropriato.”

Torniamo comunque sul ragionamento posto in essere dalla ISO22000, per il quale possono esserci due tipi di non conformità che danno luogo ad azioni correttive: a carico dei prerequisiti PRPs o per superamento dei limiti critici di controllo. Nel secondo caso il prodotto viene sempre considerato non conforme perché potenzialmente pericoloso, mentre nel primo caso una defaillance dovrà essere valutata in ragione delle cause e delle conseguenze per capire se vi sia un giudizio di potenzialmente pericoloso per il prodotto. Quando alla non conformità segue un giudizio di potenziale pericolosità del prodotto quest’ultimo viene sospeso e si deve ripristinare il processo per riportarlo nelle condizioni quo ante, come prescritto anche da Codex. La non conformità deriva quindi dalla consapevolezza di aver perso il controllo sul processo per cui rimane sospeso il giudizio sulla sicurezza del prodotto durante tutta la

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La rivalutazione del prodotto non conforme ovvero quali azioni correttive sono possibili quando un prodotto non incontra il suo CCP?

Manlio Della Ciana – [email protected] fase di perdita di controllo. La valutazione sul prodotto giudicato potenzialmente pericoloso potrebbe quindi, secondo la ISO22000, prevedere il suo rilascio . La norma volontaria ammette, come abbiamo visto, tre possibili casi in cui sia possibile sciogliere favorevolmente il giudizio di non conformità del prodotto qualora:

� le prove e il monitoraggio dimostrano che le misure di controllo sono state efficaci: potrebbe essere

il caso in cui la perdita del controllo era avvenuta per una falla nel sistema di monitoraggio e

non per una reale perdita del controllo (ad esempio staratura di un metal detector o nel caso

di limiti critici di sicurezza più restrittivi rispetto a limiti scelti su base prudenziale o

tecnologica, al fine di migliorare la vita di scaffale del prodotto); ripristinato il sistema di

monitoraggio il prodotto dovrebbe essere ri-sottoposto al monitoraggio stesso (ovviamente

quando possibile). Nell’ambito di questo item vanno considerati anche gli scostamenti dai

limiti critici stabiliti per il CCP di riferimento, qualora il limite scelto non fosse stato

determinato su valori di legge o di letteratura, ma di tipo operativo: applicando cioè un

“criterio più stringente rispetto ad un limite critico vero e proprio ed utilizzato dall’operatore

per ridurre il rischio della deviazione.” Si tratta di limiti che eccedono i limiti di sicurezza e

sono adottati per ragioni che vanno oltre a quelli propri insiti nella definizione Codex. Ad

esempio si usano limiti operative per compensare variazioni previste in funzione della

lavorazione e delle strumentazioni per il monitoraggio in modo tale che i limiti critici

effettivi non siano violati.

� le prove mostrano una sinergia con un’altra misura di controllo: è il caso in cui si è scelto di

monitorare un sistema di controllo attraverso un valore di riferimento (ad esempio il pH

piuttosto dell’ Aw) o l’associazione di alte pressioni e temperatura, ecc. Si parla cioè di

effetto combinato, come potrebbe essere quello dato dal rapporto tempo/temperatura, per il

quale variazioni dei tempi di esposizione della misura di controllo temperatura possono

dimostrare conseguenze parimente efficaci a perseguire l’obiettivo di sicurezza alimentare o,

ancora, l’effetto sommato di trattamenti di controllo diversi come è il caso dei trattamenti

termici associati all’utilizzo di antimicrobici

� i risultati di analisi o altre prove di verifica dimostrano che quel lotto è conforme: si tratta

dell’evidenza più semplice da ottenere, tuttavia a mio modo di vedere molto insidiosa perché

comunque, a fronte di una perdita di controllo per il non rispetto dei limiti, l’evidenza

analitica per sua natura è puntiforme e quindi la sua significatività statistica andrebbe

valutata

In altri termini , quindi, a seguito di questa valutazione sul prodotto sospeso perché non conforme al monitoraggio possono essere prese queste decisioni: − si valuta il prodotto sicuro e lo si restituisce all’uso

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La rivalutazione del prodotto non conforme ovvero quali azioni correttive sono possibili quando un prodotto non incontra il suo CCP?

Manlio Della Ciana – [email protected] − si valuta il prodotto sicuro per un uso diverso − si valuta di riprocessare il prodotto affinché superi il monitoraggio − si utilizza il prodotto per scopi diversi dall’originale (ad es. reworking) − si valuta la distruzione e l’eliminazione del prodotto I risultati della valutazione, come si è detto, devono essere tutti documentati ed in particolare è necessario vi siano i riferimenti tesi ad identificare il prodotto sospeso, la ragione della sospensione, il quantitativo dei prodotto sospeso, i codici di rintracciabilità che evidenzino possibili correlazioni con altro prodotto, il nominativo e la firma del responsabile della sospensione, il nominativo e la firma di chi ha effettuato la valutazione sul prodotto ed i risultati della valutazione comprendenti le raccomandazione dell’ Autorità di controllo1, i risultati delle prove analitiche e la decisione finale in merito al prodotto sospeso. Conclusioni La valutazione del prodotto sospeso perché dichiarato non conforme al monitoraggio del CCP per superamento del limite critico i fini del suo rilascio è una operazione complessa, basata su criteri che devono tener conto del limite critico scelto ( se sia un limite operativo o un limite normativo o di letteratura) dell’affidabilità del sistema di monitoraggio (modalità di misurazione e/o taratura dello strumento e/o sensibilità) e della sua attendibilità in funzione di parametri diversi che ne influenzino l’efficienza (ad esempio in un salume cotto la misurazione del CCP può variare a seconda dello spessore, dell’umidità dei forni di cottura o di altre variabili di processo). Il ricorso ad ulteriori evidenze al fine di confermare il rilascio del prodotto sospeso basato unicamente sull’esame del prodotto stesso, ossia mediante rilievi analitici significa passare da un monitoraggio di processo ad un monitoraggio di prodotto con minor garanzia che tutto il prodotto rispetti le specifiche di sicurezza alimentare che si volevano monitorare: il ricorso a piani di campionamento del prodotto come monitoraggio alternativo, a mio modo di vedere, potrebbero essere attuati quando, essendo venuto meno il monitoraggio (mancato monitoraggio o evidenza della sua temporanea non attendibilità) , considerando comunque favorevoli tutti i PRPs non sia possibile sottoporre il prodotto ad un nuovo monitoraggio, una volta ripristinato.

1 Sugli obblighi di informare l’ Autorità di controllo si vedano le fattispecie individuate nell’ art. 19 del Reg. CE 178/02