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Quaderni della Montagna

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Il presente Quaderno della Montagna è stato realizzato a solo fine didattico, e noncon scopi commerciali. L’Istituto Nazionale della Montagna (IMONT) ha prov-veduto pertanto a richiedere le opportune autorizzazioni per la riproduzione deibrani dei testi e delle immagini. Nel caso non fosse stato possibile raggiungeretempestivamente gli aventi diritto, l’IMONT si impegna a ottemperare a tutte leformalità necessarie e a corrispondere gli eventuali diritti di copyright dovuti.

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Vittorio Marchis

Le montagne e l’acquaIstruzioni per costruire la nostra memoria

Bononia University PressIstituto Nazionale della Montagna

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Istituto Nazionale della MontagnaPiazza dei Caprettari 70 – 00186 RomaTel. +39.06.68192366 – www.imont.gov.it

Collana “Quaderni della Montagna”

Direttore scientifico: Giancarlo MorandiDirettore editoriale: Antonio Ciaschi

Direttore delle attività di ricerca: Massimo DiacoCoordinamento scientifico: Francesco CardarelliCoordinamento editoriale: Francesca Piovano

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e diadattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm ele copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

© Copyright 2004 Istituto Nazionale della Montagna

Bononia University PressVia Zamboni 25 – 40126 Bologna

ISBN 88-7395-042-6

www.buponline.come-mail: [email protected]

Progetto grafico e impaginazione: Aslay Fotocomposizione s.r.l.Stampa: Officine Grafiche Litosei s.r.l.

Prima edizione: Ottobre 2004

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INDICE

Premessa IX

Perché? La montagna e l’acqua 1

Come? Che cosa ricercare 3

Sentire: colori, suoni, odori e altro 9

Osservare: l’ambiente e il paesaggio 15

Ricordare: la memoria dell’acqua e della pietra 25

Raccontare: fiabe, leggende, canzoni e altre storie 31

Vivere: la vita di tutti giorni 37

Lavorare: con le mani, con le macchine e con la scienza 43

Una mappa per cercare e per trovare 55

La memoria è il nostro futuro 73

E così incomincia la ricerca... 77

Riferimenti iconografici 79

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PREMESSA

Le montagne e l’acqua, nei loro infiniti significati e sfumature, sono le prota-goniste del terzo volume della collana dell’IMONT i Quaderni della Mon-tagna. Accanto a questi preziosi e inscindibili elementi naturali, vi sono iragazzi delle scuole, per i quali questo libro è stato pensato. Il progetto LeMontagne e l’Acqua. La risorsa idrica sulla montagna come elemento chiave diun futuro sostenibile, di cui questa pubblicazione è parte integrante, è statoinfatti inserito nei programmi scientifici dell’IMONT volti alla diffusionedella cultura scientifica e tecnologica e, come tale, ha ricevuto, ai sensi dellalegge 10 gennaio 2000 n. 6, un cofinanziamento da parte del Ministerodell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). Il libro vuole essereuno strumento per stimolare i giovani a partecipare attivamente a un vero eproprio esperimento didattico. La sua originalità, frutto della rilevante perso-nalità e della sensibilità didattica del prof. Vittorio Marchis, consiste nelmobilitare, attraverso l’approccio partecipativo delle scuole e degli insegnan-ti, le intelligenze e l’interesse dei giovani verso la cultura tecnico-scientifica.Il volume costituisce l’humus del progetto, attraverso il quale si proverà adaccrescere e rafforzare nei ragazzi una maggiore consapevolezza dei valoridella sostenibilità ambientale, specificamente intorno al rapporto tra la mon-tagna e l’acqua. I ragazzi delle scuole italiane potranno, attraverso le lororicerche assieme agli insegnanti, partecipare alla costituzione di un archiviodella memoria delle nostre montagne e delle loro acque: il materiale raccol-to sarà successivamente selezionato ed elaborato e i risultati dell’esperimen-to didattico verranno diffusi sul web e raccolti in un altro volume di prossi-ma pubblicazione. Se poi questo volume, al di là delle sue immediate finalità,saprà aprire nuove dimensioni metodologiche per una ricerca interculturalea tutto campo, ciò non potrà che essere di vantaggio per un settore così vita-le per il nostro Paese.

Massimo DiacoDirettore delle attività di ricerca

dell’Istituto Nazionale della Montagna

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Senza le montagne l’acqua sarebbe immobile.Da questa affermazione, che subito riporta la

nostra attenzione al contrario delle montagne, ildeserto, sorge la necessità di aumentare la nostraconsapevolezza nei confronti di un bene inodore,incolore e insapore (anche se in verità l’acqua haproprie e specifiche caratteristiche organolettiche).Ma per essere consapevoli bisogna legare il presen-te al passato per potere fare scommesse nel futuro.Il presente Quaderno della Montagna vuole solleci-tare questa presa di coscienza e per tale motivo,

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PERCHÉ?LA MONTAGNA E L’ACQUA

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Le montagne e l’acqua

anche nelle intenzioni di una diffusione della cultu-ra scientifica (volute e finanziate annualmente invirtù della legge 6/2000), si rivolge in primo luogoai giovani. Ma questo non è un supporto didattico.Vuole innanzitutto essere un primo elemento diconoscenza del difficile, ma utile, rapporto che esi-ste tra le montagne e l’acqua e per fare ciò si è scel-ta una struttura antologica che, se pure sulla carta,vuole richiamare le molte dimensioni di un iperte-sto a cui i nuovi media ci hanno abituato – in realtàla struttura ipertestuale, a molti livelli, sia per il let-tore sia anche solo per un osservatore distratto, nonè nuovo perché, come ben ha puntualizzato DanielPennac nel suo breve saggio Come un romanzo, illettore medesimo ha dei diritti (imprescrittibili)assoluti, primo fra tutti quello di scegliere che cosaguardare. Perciò questo Quaderno, più che come unsaggio, né tanto meno come un manuale di istru-zioni per l’uso, si propone come una Biblia paupe-rum, come un sistema di pitture dipinte sui muri diun luogo pubblico. Proprio per questo motivo, conesso si spera di raggiungere un vasto numero dicuriosi lettori. Ma ritornando ai giovani, a cui ilQuaderno è dedicato, c’è un secondo motivo chelega queste pagine ad un’iniziativa che vuole coin-volgere, dalla periferia, la scuola italiana a collabo-rare alla costruzione di un sistema che sia memoriaviva della montagna, dell’acqua e delle variegateculture, dei saperi minimi, delle impressioni, dellecronache, dei ricordi, delle testimonianze e in gene-rale dei suoni, dei colori, dei profumi e anche delleparole che sulla montagna e intorno all’acqua sivorranno cogliere a trasmettere agli altri.

Nuvole, acqua, ghiaccio:una convivenza montana

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In questo Quaderno della Montagna, che in fondonon è altro che una piccola guida, sono raccoltialcuni suggerimenti per rendere più piacevole edivertente una ricerca, che non è fine a se stessa mache vuole essere il primo passo per una valorizza-zione di un patrimonio culturale montano chealtrimenti rischia di essere perso per sempre. Congrande danno per l’intera società. Ma lasciando aun secondo momento le considerazioni generalisull’importanza del progetto in cui questo Quader-no si inserisce, è opportuno aprire un capitolo sulmetodo della ricerca. Non spaventiamoci: non èquesto un discorso filosofico su che cosa sia lascienza, ma piuttosto è una serie di raccomanda-zioni, magari disordinate, che è bene premettere.Se poi qualcuno le riterrà superflue e scontate, sepenserà che esse siano già note e arcinote, allora èassolutamente libero di andare avanti e di passare aicapitoli seguenti. Non è mai stato scritto da nessu-na parte che un libro si debba leggere assolutamen-te dalla prima all’ultima pagina, senza saltare nulla.La curiosità è anche questo: guardare le figure, leg-gere qua e là, e se il testo è interessante allora primao poi si ritornerà. Proprio come si fa con le passeg-giate in cui si torna a percorrere sentieri già fatti,semplicemente perché sono piacevoli e non ci siannoia benché siano già stati attraversati. Ogniricerca deve essere una passeggiata: se mai dovessediventare un peso, è meglio fare altro, perché pro-prio non si troverà nulla. E allora, lasciando daparte ogni ulteriore noiosa premessa, si passi allafase operativa.

COME?OSSERVARE, CERCARE, TROVARE

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Le montagne e l’acqua

Prima di partire per una qualsiasi passeggiata, ènecessario fare dei preparativi per non essere coltialla sprovvista quando, sul campo, o meglio sullanostre montagne, incomincerà l’avventura.

Di avventura bisogna parlare per molti motivi:perché l’entusiasmo deve sempre spuntarla, perchéla curiosità deve sostenerla e soprattutto perché inessa si trovano gli argomenti da raccontare al nostroritorno. Altrimenti a ben poco saranno serviti inostri sforzi: avremo speso soltanto del tempo cheavremmo potuto impiegare per fare qualcosa di piùdivertente. Divertimento deve essere il viaggio, laricerca che ci accingiamo a fare lasciando da parteogni noiosità e pedanteria. Se ci saremo divertiti, seavremo qualcosa da raccontare e da trasmettereagli amici, allora avremo già raggiunto una buonaparte dei risultati attesi. Questo è un lavoro coralee perciò gli individualismi, anche se eccellenti, val-gono meno di ciò che può essere fatto in unacomunità.

Ogni ricercatore che si rispetti osserva, ovvia-mente cerca e qualche volta trova. Che cosa? Cer-tamente qualcosa che per lui è nuovo, che non hamai visto, che gli pone delle domande, che entra afar parte del suo bagaglio di conoscenze. L’organiz-zazione delle osservazioni, il loro confronto con ilresto delle proprie e delle altrui conoscenze, vienein un secondo tempo e continua anche dopo la con-clusione della prima fase della ricerca. L’organizza-zione dei dati e il loro inserimento all’interno di“cornici”, che ne definiscono i confini e i termini incui sono applicabili, si chiama scienza, o conoscen-za. Ma poco importa come si chiami questa attività:pensate che ancora duecento anni fa la chiamavanofilosofia…

La ricerca è osservazione, o meglio, parte dallasensazione e ad essa partecipano tutti e cinque isensi. Non si deve solo guardare, ma anche ascolta-re, odorare, in alcuni casi gustare e perfino toccare.Il mondo che ci circonda è fatto di cose e non solodi immagini come spesso siamo indotti a credere dauna società che sempre più ci appare attraverso ilsolo schermo di un computer o di un televisore.

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Vittorio Marchis

Per portare a casa le nostre osservazioni e soprat-tutto per ricordarle, è necessario “fissarle” su unsupporto, perché così è più difficile dimenticarle.Le immagini si possono memorizzare con le foto-grafie e con i filmati, ma non bisogna dimenticareche esistono anche le matite e i fogli di carta. Nonmolti sanno che, per esempio, per rappresentare lespecie botaniche è molto meglio un disegno dellastessa fotografia, perché il disegno è già il frutto diun nostro pensiero, è l’elaborazione di molti con-cetti. Un disegno può anche far vedere ciò che nonsi vede, può entrare dentro le cose e persino, in uncerto senso, lasciare traccia delle sensazioni provatedall’osservatore. Per i suoni esistono i registratori,ma è molto difficile trasferire su un nastro magne-tico il canto di un uccello o il rumore di una casca-ta. Spesso è più utile usare le parole, ma anche inquesto caso le difficoltà non mancano: bisogna allo-ra ricorrere alle analogie, ai paragoni, ai confronti.In poche parole ogni osservazione ha bisogno dimodelli, i quali sono sì spesso una brutta copia dellarealtà, ma servono a scopi ben precisi e rispondonoalle nostre domande: fare modelli è il compito prin-cipale della scienza.

Per registrare gli odori e i sapori, le cose si fannoancora più difficili e bisogna allora, anche in questocaso, ricorrere a descrizioni che facciano confronti eparagoni con gusti e profumi già noti: “questo fungoha il profumo di una cipolla oppure questo legno sadi menta” possono – sempre per fare un esempio –essere soluzioni accettabili. L’impiego di complica-ti apparati, che analizzando le sostanze volatili libe-rate negli odori ne valutino la composizione, èancora troppo sofisticato e di certo non potrà esse-re usato nelle nostre ricerche.

Per il tatto, per le sensazioni manuali, le cosesono un po’ più facili: la massa si pesa, per la durez-za superficiale c’è la scala di Mohs (di cui si sperache i libri di scienze facciano menzione), per larugosità superficiale esistono pur sempre elementidi paragone come, sempre per fare un esempio, lecarte-vetro che si trovano nei negozi di ferramenta.La granulosità di un macinato si può misurare

Leonardo da Vinci osservòla natura e la descrisse

scientificamente

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Le montagne e l’acqua

osservando se passa o se non passa attraverso unsetaccio di cui si siano contati i fori in un centime-tro quadrato.

Nella ricerca non solo si registra, ma, quando sipuò fare, si raccoglie. Una piccola boccettina diplastica, un barattolino tipo quello dei rullini foto-grafici, possono servire egregiamente per il prelie-vo di acqua o di altre sostanze più o meno fluide.Per raccogliere terra o sabbia, senza sporcarsi lemani si può usare un guanto di polietilene del tipodi quelli usati nei supermercati o ai distributori dibenzina. Si afferra un pugno di sostanza, la si sgoc-ciola se è necessario e poi, rivoltato il guanto eccoche, estratta la mano diventa un comodo sacchetti-no da annodare e da mettere nel proprio bagaglio.Per le foglie è sufficiente un vecchio quaderno,purché l’inchiostro non si sciolga a contatto conl’umidità, rovinando così il colore della superficie.Per gli altri reperti l’ideale sono delle bustine diplastica: e allora tutti sembreremo dei perfettidetective.

Per completare le osservazioni, spesso una lenteè inutile: andare in giro con questo strumento for-se potrebbe fare sorridere i compagni più dispetto-si. È meglio invece avere sempre a portata di manoun bastone, per spostare le foglie, per arrivare dovele mani non riescono e anche per toccare dove nonsi desidera avere un contatto diretto. Non si samai…

Tutto ciò premesso, se si parte all’avventura, ilrischio di fare un buco nell’acqua – mi si passi que-sto gioco di parole, visto che stiamo parlando di

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montagne e di acqua – è davvero grande come unamontagna. Per trovare bisogna sapere che cosa si stacercando, è quindi necessario avere chiare le idee suquale campo di azione si vuole operare. Una mappadei possibili sentieri da percorrere sarà presentatanel dettaglio dei prossimi capitoli, ma è ancoranecessaria qualche considerazione generale.

Prima bisogna cercare nei nostri dintorni, solo inseguito le ricerche si possono estendere a “territori”più lontani. E quando si parla di territori non sivuole fare riferimento solo alle loro geografie, maanche ai contenuti. Se si vogliono fare studi di sto-ria è bene prima esaminare le ricerche di chi è

Manufatti leggendari

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Le montagne e l’acqua

venuto prima di noi e ha scritto libri e articoli; peresaminare i libri e gli articoli è assolutamenteimportante incominciare da ciò che sta negli scaffa-li di casa nostra, o magari in quella dei nonni o deglizii. Attorno a questi libri, si possono raccontaredelle storie che i nostri parenti sapranno arricchiree tutto questo è molto utile per capire meglio inquali contesti si siano sviluppati i fatti. Se poi sideve estendere la ricerca ad altri libri, ci sono lebiblioteche, e anche le librerie dove, senza fare soli-tamente lunghe code, si possono prendere in manole ultime novità.

Ci sono inoltre tanti altri modi di apprendere lenotizie che ci interessano: sfogliare i vecchi giorna-li, interrogare gli anziani del paese, guardare conocchio critico la televisione, saper leggere dietro icartelloni pubblicitari (ovviamente nel senso dicapire che cosa si cela dietro il primo immediatomessaggio commerciale)…

Da ultimo c’è Internet, ma non lasciamoci tra-volgere dall’illusione che in quel non-luogo, chesolo alcuni furbi venditori hanno chiamato “auto-strada dell’informazione”, si trovi tutto a portata dimano e a costo praticamente nullo. Il Web è ungrande mercato caotico dove solo chi ha moltaesperienza può davvero fare interessanti scoperte.Meglio rimanere a fare quattro passi intorno a noi:in montagna almeno non è ancora arrivato, fatte ledebite eccezioni, il traffico cittadino.

Se poi abbiamo dimenticato qualche cosa, laprossima volta ce ne ricorderemo, se è davveroimportante.

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Nella nostra società, troppo spesso ci lasciamo tra-scinare dalle seduzioni della tecnologia, e in primoluogo da quelle dell’informazione. Radio, televisio-ne, Internet riescono a occupare gran parte delnostro tempo libero e sembra che riescano a farcidimenticare le sensazioni primarie e immediate. Inostri cinque sensi – perché non ricordarli con iloro nomi: vista, udito, olfatto, gusto e tatto – ci per-mettono di conoscere il mondo senza la mediazio-ne delle macchine. Anche in montagna. Nel costrui-re la nostra memoria, abbiamo bisogno di quellesensazioni elementari che edificano il grande castel-lo dei ricordi: perciò la montagna e l’acqua, chesono il tema del nostro cercare, necessitano di que-sti elementi per elaborare una memoria consapevo-le. Per trasmetterli ai nostri simili, per comunicarele nostre esigenze, abbiamo bisogno di parole, di

SENTIRE:COLORI, SUONI, ODORI, E ALTRO

Storie antiche

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Le montagne e l’acqua

note musicali, di tanti segni o segnali. È però anco-ra necessario un supporto materiale che permettaalla memoria di rimanere fissata e di non svanirenell’arco di pochi minuti.

Come fissare i rumori e i suoni dell’acqua, maanche i silenzi assoluti delle vette o il fischiare delvento? Si potrebbe rispondere che ci sono i regi-stratori: di certo possono risolvere il problema, masolo in parte. Alcuni poeti sono riusciti a cantare ilsilenzio, ma ognuno di noi sarà capace di trasferirele proprie sensazioni con gli strumenti e con i mezziche ha, anche i più semplici. Proprio di tali “espe-rienze” abbiamo bisogno perché ogni ricerca è cora-lità e deve portare al confronto tra molti individui.I ragazzi lo sanno molto bene, anche se ciò non èmateria di studio.

E poi cosa dire dei colori: sembrerebbe facilecatalogare i colori con un Pantone, ma proviamo acatalogare il colore del cielo o la trasparenza del-l’acqua. Forse sono altrettanto utili le parole perchéi colori cambiano con la luce, ma anche con l’umo-re di chi osserva. Non diciamo infatti che questa èuna giornata nera oppure che il futuro che ci atten-de è roseo?

Se ora passiamo a catalogare gli odori, le cose sifanno ancora più complicate: non tutti possonocontare su un “naso clinico”, mentre l’infallibilitàdel “naso elettronico” è ancora da verificare. Ciò

Realtà agresti

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Vittorio Marchis

non toglie che proprio per queste difficoltà non sidebba provare con un po’ di entusiasmo e fantasia.

Per il gusto, molto vicino all’odorato, si potrebbetrovare un valido aiuto cercando analogie con ciòche è conosciuto. Sempre ritornando all’acqua (dicui tutti sappiamo che dovrebbe essere inodore,insapore e incolore) infinite sono le sensazioni checi offre.

Per il tatto infine forse l’unica soluzione è prova-re a individuare dei “campioni” di riferimento. Ono? L’acqua rende viscide le rive dei torrenti, scavale pietre, scortica gli alberi, fa marcire le foglie.Solamente toccando un ciottolo di fiume si puòtracciare la sua storia. Ma non si dimentichi che ilghiaccio…

Il catalogo dei colori, dei suoni, degli odori, deisapori e di tutto ciò che arriva ai nostri sensi aspet-ta solo di essere scritto.

Francesco Petrarca soggiornò per qualche tempoa Vaucluse, sulle alture intorno ad Avignone. Ilpaese era già allora famoso per le sue cartiere cheerano mosse dall’acqua del torrente che scorreva inquella valle. Ma le acque ricordano al poeta l’amo-re per Laura, la donna amata. Il ricordo, come spes-so accade, ha bisogno di un richiamo fisico: la sen-sualità della memoria rimane più viva e più duratu-ra. L’acqua, nelle sue forme, diventa così il materia-le di supporto per una memoria così intima, che laspiritualità non potrebbe essere raccontata altri-menti, se non per mezzo di una metafora naturale.

Chiare, fresche e dolci acque di Francesco Petrarca

Chiare, fresche e dolci acque,ove le belle membra pose colei che sola a me par donna;gentil ramo, ove piacque (con sospir mi rimembra) a lei di fare, al bel fianco, colonna;erba e fior, che la gonna leggiadra riconverse

Pietre al servizio dell’acqua

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Le montagne e l’acqua

co l’angelico seno;aer sacro, sereno,ove Amor co’ begli occhi i cor m’aperse;date udienzia insieme a le dolenti mie parole estreme S’egli è pur mio destino (e ‘l cielo in ciò s’adopra) ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,qualche grazia il meschino corpo fra voi ricopra,e torni l’alma al proprio albergo ignuda.

I versi del Petrarca continuano e certamente sipossono trovare facilmente sulle pagine di un’anto-logia della letteratura italiana e, di certo, anche suInternet. Ma vale ancora la pena ricordare che Fran-cesco Petrarca durante il suo soggiorno nel sud dellaFrancia, nella regione di Avignone, compì anche

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Vittorio Marchis

escursioni in montagna di cui la salita al MonteVentoso è rimasta descritta in una sua famosa lette-ra (Familiares IV, 1) indirizzata a Dionigi da BorgoSan Sepolcro nel 1351. Siamo nel 1336 e France-sco, accompagnato dal fratello Gherardo sale sullacima del monte che permette di scorgere i confinitra la Gallia e l’Ispania, le terre intorno a Marsigliae a Agues Mortes:

verto me in tergum, ad occidentem respiciens. Limesille Galliarum et Hispaniae, Pireneus vertex, indenon cernitur; Lugdunensis autem provinciae montesad dexteram, ad levam vero Massiliae fretum etquod Aquas Mortuas verberat, aliquot dierum spa-tio distante, preclarissime videbantur; Rodanus ipsesub oculis nostris.

La strada è faticosa e Gherardo procede più velo-cemente del fratello, distratto invece dalla bellezzadei luoghi e dai panorami che riesce a scorgere e chegli fa galoppare la mente ai suoi studi. Francescoapre a caso il libretto delle Confessioni di Agostino esubito legge: eunt homines admirari alta montium etingentes fluctus maris et latissimos lapsus fluminum etoceani ambitus et giros siderum, et relinquunt se ipsos(«E gli uomini se ne vanno ad ammirare le alte cimedelle montagne, i flutti smisurati del mare, i corsilunghissimi dei fiumi, l’immensità dell’oceano e ilmoto degli astri, e abbandonano se stessi»). La mon-tagna è anche un tramite per spaziare verso oriz-zonti più ampi, non solo in senso geografico, in unmondo dove acqua, terra e aria si confondono.

Ma lasciando Petrarca alla sua escursione, e usan-do ancora la lirica come strumento capace di ester-nare nel modo più immediato le sensazioni e i sen-timenti che da essi derivano, passiamo a un poetaindiano, Premio Nobel per la letteratura nell’anno1913: ecco che la pioggia e l’acqua diventano i pro-tagonisti di una natura, violenta ma al tempo stessoportatrice di vita. E le montagne sono baciate dallenuvole, e la vegetazione è carica di pianto. Non èaltro che il ciclo dell’acqua, ma quale diversitàrispetto al rigido schema di un libro di scienze!

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Le montagne e l’acqua

Acque di R. Tagore

Venite, o nubi, piene d’acquae cariche di pioggia,portate il vostro cupo amoresulla terra.

Venite a baciare le cime dei monti,a coprire d’ombre i giardini;con grande frastuonovenite a coprire il cielo.

Geme la forestae trema il fiore,cariche di pianto traboccanole sponde del fiume.

Le sensazioni trovano così nelle liriche e nellecanzoni, assieme alla pittura e alla musica, una formaoggettiva e al tempo stesso personale, tale da poteruscire dall’esperienza intima e potersi così comuni-care agli altri. Anche se ormai appartiene a un passa-to, se pure prossimo e quindi probabilmente ancoraoggetto della esperienza dei giovani d’oggi, LucioBattisti ha lasciato una sua canzone intitolata Acquaazzurra, acqua chiara: il suo messaggio ci giunge im-mediato proprio perché va a toccare il primo livellodelle nostre sensazioni e non ha bisogno d’altro.

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Le sensazioni sono il primo modo con cui veniamoa contatto con il mondo esterno, ma esse rimarreb-bero per molti versi inutili alla nostra vita, se nonvenissero elaborate e se, nel loro complesso, nonfossero organizzate per costruire un sistema. Que-sto sistema di informazioni esperienziali, collegatetra di loro ed elaborate in strutture più complesse,costituisce quel bagaglio che comunemente chia-miamo “conoscenza”.

Osservare è qualcosa di ben più complesso delsemplice vedere o del guardare. Senza addentrarcitroppo sui significati linguistici e semantici di que-ste parole, è utile ricordare che l’osservazione com-porta la presenza nella nostra mente di modelli acui adattiamo le nostre osservazioni e che dallenostre osservazioni sono continuamente aggiornatie modificati.

L’osservazione dei fenomeni naturali è alla basedella scienza, ma quest’ultima ha bisogno anche dialtro, altrimenti rimarrebbe solo una bellissima cata-logazione di ciò che ci circonda, senza portare anuovi strumenti di apprendimento e, quindi, di cre-scita intellettiva. Proprio in questo senso la “nuovascienza” inaugurata da Galileo Galilei superando ivecchi schemi della scienza medievale e aristotelica,fondata in gran parte sull’osservazione e sulla cata-logazione dei fenomeni, ha aperto un strada innova-tiva nella nostra cultura. La costruzione di modelliche ci servono a prevedere il futuro, ad anticipare ilcome evolverà un certo evento in base alle premes-se, è cosa che oggi riteniamo scontata e ovvia: bastipensare alle previsioni del tempo, che sempre più

OSSERVARE:L’AMBIENTE E IL PAESAGGIO

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Le montagne e l’acqua

con certezza riescono a dirci che tempo farà doma-ni. Ma questo modo di ragionare ha impiegato seco-li per entrare a far parte del nostro senso comune.

Quando ci aggiriamo per un sentiero di monta-gna e osserviamo l’ambiente in cui siamo immersi,possiamo, anche noi, pur senza grandi strumenta-zioni scientifiche, aumentare e amplificare il nostrobagaglio di conoscenze, ma soprattutto, se opportu-namente guidati, possiamo anche contribuire a unaconoscenza più ampia, integrando la nostra espe-rienza in un sistema più vasto di conoscenze a cuihanno contribuito altre osservazioni. In questo sen-so si propone, in fondo, il progetto nel quale anchequesto Quaderno si inserisce.

Per il solo fatto che noi siamo presenti nell’am-biente in cui operiamo, esso è modificato dalla no-stra presenza: calpestiamo l’erba del prato, segnia-mo il nostro passaggio in molti modi e le nostretracce sono la prima testimonianza del fatto che ab-biamo interagito con ciò che, forse un po’ poetica-mente, chiamiamo “natura”.

Il paesaggio, per definizione, è l’ambiente natura-le modificato dalla presenza dell’uomo. Queste mo-difiche, indispensabili per la sopravvivenza dellastessa specie umana, in molti casi hanno invaso cosìviolentemente il nostro intorno, che si parla di in-quinamento, disastro ecologico, catastrofe ambien-tale. Questi eventi restano condannabili: si sperache sempre una maggiore attenzione, sia sul pianoscientifico, sia su quello civile e politico, li riduca infuturo e ne annulli progressivamente gli effetti,quando essi hanno già purtroppo avuto luogo.

Sarebbe inutile ricordare ancora una volta cheanche una carta di caramella, lasciata cadere lungoil nostro cammino, modifica l’ambiente: ce lo siamosentito ricordare così tante volte che ritornare sul-

La memoria del paesaggiopersiste nei racconti dipinti

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Vittorio Marchis

l’argomento potrebbe in alcuni casi avere l’effettocontrario. È invece importante osservare e registra-re le variazioni che subisce l’ambiente. I torrenticambiano ogni giorno il proprio corso, anche se inmaniera quasi impercettibile, e, assieme alle opereche si costruiscono intorno, anno dopo anno varia-no le proprie condizioni: talvolta l’incuria nellapulizia delle loro rive o l’azione indiscriminata emiope di chi vuole troppo contribuisce a creare lecondizioni per alluvioni e inondazioni. Anche que-sto si fa intorno all’acqua in montagna.

Se il paesaggio è l’ambiente modificato dall’uomo,il giardino è l’espressione più profonda della tecno-logia applicata all’ambiente. In Cina i giardini adot-tano gli stessi principi dell’arte pittorica, quali il con-cetto dello shan-shui (montagna-acqua) della pitturadi paesaggio e questo binomio esprime, nella filoso-fia dello ying e dello yang la coincidenza degli oppo-sti: la pietra verticale e l’acqua orizzontale, ma anchela cascata e il deserto. Se non si applicano anche inquesto caso criteri di equilibrio e di rispetto nei con-fronti di ciò che è intorno, i rischi di instabilità sonoassai più frequenti di quanto non possiamo pensare.Già Tommaso Moro nella sua Utopia, presentava ilgiardino come l’espressione più alta della scienza edella tecnica. E ancora oggi gli agrumeti in Sicilia,sono chiamati “giardini” proprio per la loro profondanatura di prodotti “artificiali” ossia fatti “ad arte”.

Non si tratta di lasciare incontaminata la natura,ma di interagire con essa nel rispetto delle variecomponenti che la costituiscono, ivi compresa quel-la degli uomini e delle donne e, perché no, anchequella dei ragazzi e dei bambini, che forse hannoesigenze diverse da quelle degli adulti. Ma si ritornia quelle attività di osservazione a cui dobbiamoporre attenzione.

Registrare settimanalmente che cosa accade alprofilo di una montagna o al corso di un torrente emagari scattare sempre dal medesimo punto diosservazione una fotografia significa costruire il fil-mato di uno scenario solo apparentemente immu-tabile. Si noteranno le variazioni stagionali e anchele tracce di quegli eventi che per la loro natura irre-

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Le montagne e l’acqua

versibile non permettono di ritornare al punto dipartenza. Tutte le montagne, infatti, inesorabilmen-te si sgretolano anche solo sotto l’azione del ventoe dell’acqua. Perché non provare a confrontare unpaesaggio, oggi, con quello registrato da una carto-lina di cinquanta, o cento anni fa. Ritrovare l’esattopunto da cui è stata scattata l’immagine può diven-tare un esercizio divertente, la cui difficoltà potràessere sperimentata soltanto con una prova diretta.

Se oggi abbiamo a disposizione macchine foto-grafiche digitali, registratori magnetici e altri stru-menti, un tempo, oltre alla memoria, rimaneva solola carta dei taccuini: ma l’essere entrati nella societàdell’informazione e dell’elettronica non significache la cultura del manoscritto sia tramontata. Co-me prendiamo appunti in classe o facciamo la listadella spesa, così, molto semplicemente, un piccolofoglio di carta e una matita possono servire spessoin modo ottimale. Non hanno bisogno di alimenta-zione elettrica, funzionano anche al buio e se cado-no non si rompono.

Gli antichi, per quel poco che ci è rimasto attra-verso i secoli, guardavano alla montagna e all’acquacon grande spirito di osservazione, perché avevanocompreso che la loro sopravvivenza dipendeva in granparte da essi. Plinio ci ha lasciato una Storia Naturaleche è una vera enciclopedia delle conoscenze dellanatura nel mondo romano del primo secolo dopo Cri-sto. Morì per essersi avvicinato troppo al Vesuviodurante la sua spaventosa eruzione dell’anno 79.

Solo la penna di un acutoosservatore riesce

a diventare scienza

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Ancora, ai piedi delle montagne e nelle pietre di selcescorrono molto più abbondanti e nello stesso tempo piùfresche e più salubri. Dalle fonti di pianura, invece,sgorgano acque salmastre, pesanti, tiepide, di saporesgradevole, tranne quelle che, provenendo dai monti escorrendo sotterraneamente, zampillano nel mezzodelle pianure e là, riparate dall’ombra degli alberi,offrono il gusto piacevole delle sorgenti montane…(da: Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia., 31, 48)

Ben diversa è la descrizione che esce dai versi diPiumini: ma gli aggettivi che il poeta usa descrivo-no un movimento che soltanto un disegno di Leo-nardo da Vinci è riuscito a trasmettere, unendo inuna sola immagine il segno dell’artista con l’acutez-za dello scienziato.

E l’acqua di R. Piumini

E l’acqua fresca nascefa ruscelliscendecasca sui sassiscrosciae frusciandofa il fiume.E l’acqua sciolta nuotanelle vallie lunga e lentalargasilenziosaluminosafa il lago.E l’acquaa onde muorenon muore maie muorenon muore maie muorementre immensafa il mare.

Naturale e artificiale devonoconvivere in equilibrio

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Le montagne e l’acqua

Facciamo un salto indietro e ritorniamo al seco-lo della prima industrializzazione. Giosuè Car-ducci, che esalterà la potenza del vapore e dellatecnologia nel suo Inno a Satana, tutto intriso dipositivismo fiducioso nel progresso della scienza,non dimenticherà di cantare la regione ai piedidelle Alpi partendo proprio dalla descrizione diuna natura che ben conosceva: erano gli anni incui era stato creato il Parco del Gran Paradiso eera ancora viva la memoria di re Vittorio Ema-nuele II che, in abiti da cacciatore, frequentavaquelle montagne. La storia viene dopo la natura eda essa dipende, naturalmente con tutta la suapotenza, fatta di rocce “scintillanti” e di acque“gagliarde”. Questi i primi versi della poesia Pie-monte, che un tempo si studiava a memoria nelleelementari.

Su le dentate scintillanti vettesalta il camoscio, tuona la valangada’ ghiacci immani rotolando per leselve croscianti :ma da i silenzi de l’effuso azzurroesce nel sole l’aquila, e distendein tarde ruote digradanti il nerovolo solenne.Salve, Piemonte! A te con melodia mesta da lungi risonante, come gli epici canti del tuo popol bravo,scendono i fiumi.Scendono pieni, rapidi, gagliardi,come i tuoi cento battaglioni, e a vallecercan le deste a ragionar di gloriaville e cittadi:la vecchia Aosta di cesaree muraammantellata, che nel varco alpinoèleva sopra i barbari manieri l’arco d’Augusto:Ivrea la bella che le rosse torri specchia sognando a la cerulea Doranel largo seno, fosca intorno è l’ombradi re Arduino […]

Ogni mappa è unostrumento di conoscenza

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Ben diversa è la descrizione dei monti della Sar-degna e delle acque che da essi sgorgano, che Vitto-rio Angius, sacerdote, giornalista e poligrafo, riportanella sua Geografia dell’isola… Quest’opera, scrittacon buona competenza scientifica e con grandeattenzione alle culture locali, venne a far parte delmonumentale Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna cu-rato da Goffredo Casalis nella prima metà dell’Ot-tocento. È un resoconto preciso e dettagliato cheben chiaramente fa vedere quali attenzioni ci fosse-ro per le acque minerali anche duecento anni fa,quando esse certamente non erano parte di un com-plesso sistema commerciale come quello di oggi.

Volendosi produrre alcun circostanziato ragguagliodi quanto ebbi a riconoscere intorno alle acque mine-rali e termali dell’isola insieme col confronto di quan-to si è da altri precedentemente osservato ed operatosulle medesime di troppo eccederei i limiti di questomio scritto, contenente soltanto una veduta generalesulle minerali produzioni della Sardegna: ma nonpotendo per altra parte negligere così rilevante oggetto,mi farò ad esporre, insieme con alcune locali indica-zioni, le analisi quantitative di quelle fra le acque stes-se da me visitate e che furono eseguite sopra i saggi dame per anco raccolti colle debite avvertenze; ed oltreciò riporterò le analisi esplorative precedentemente isti-tuitesi intorno alle fonti che non mi era dato di vederedurante le mie corse, le quali secondo l’incumbenza dicui venni onorato, esclusivamente riferivansi alleminiere, come già dissi più sopra. Nel sistema mediodei monti della Sardegna ho vedute le acque mineralie termali di Benetutti, d’Illorai, di Fordongianus e diSardara.

Acque di Benetutti (provincia di Nuoro). Questeacque scaturiscono in alcuni punti dal granito pressola chiesa di San Saturnino situata a tre chilometricirca al S-S-O dal villaggio di Benetutti. La tempera-tura dell’atmosfera essendo di centigradi 18. 3|10,quella dell’acqua della fonte principale nel punto dellosgorgo era centigradi 43. Le fonti paiono poter dare incomplesso da 70 litri d’acqua cadun minuto; sprigio-

Anche un’etichetta è unascrittura scientifica

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Le montagne e l’acqua

nano nelle vaschette in cui sorgono puliche d’ariaovvero di gaz insolubile, e formano un lieve depositosolforoso bianchiccio nei cataletti di emissione. Leacque sono limpide ed hanno un sapore salmastro ead un tempo alcun poco epatico. Non risultando con-stare di gaz idrogeno solforato, malgrado il depositoloro solforoso ed il sapore epatico, è verosimile ne siitenuissima la dose e per così dire incoercibile.

Acque di Fordongianus (provincia d’Oristano). Undenso vapore che abbondantemente sollevasi dallasponda sinistra del Tirso annunzia in distanza le rino-mate acque di Fordongianus, Villaggio posto sulleruine della antica Forum Trajani, già forte e fiorentecittà romana, e presso cui pur vuolsi esistessero gran-diose terme. Si manifestano esse nell’arenosa alluvionedel Tirso in due punti fra loro distanti qualche ecto-metro, ed a pochi minuti a maestro dal suddetto vil-laggio. Le acque sono limpide, hanno un sapore lieve-mente salino, e sprigionano nelle vaschette ove sgorga-no molte bolle d’aria. Le acque stese sembrano prove-nire dalla Trachite di cui veggonsi composti i prossimimonti. Nel punto più vicino a Fordongianus le fontipossono dare ben 300 litri d’acqua cadun minuto, edè rimarchevole altra ricca fonte di freschissime acquepochi passi distante dalle termali.

Il mito personifica la natura

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Acque di Sardara (provincia d’Isili). Trovansi a diechilometri circa al S-O da Sardara in un piccol trattodi pianura contornato da poggi e rialzi; la capacitàloro è di circa 12 litri cadun minuto primo. L’acqua èlimpida ed ha un sapore salino. Per imprevedute cir-costanze non ho potuto convenientemente raccogliereper l’analisi quantitativa un saggio di quelle acque, lequali, secondo l’analisi qualitativa recataci dal signorgenerale Della Marmora, contengono:L’acido carbonico.L’idrogeno solforato.La soda carbonata.La soda solfata.La soda muriata.La magnesia solfata.

Il signor genera Della Marmora vi trovò la tempe-ratura di 48° R., mentre era quella dell’aria di 15°.Le acque di Sardara parrebbero essere state in ognitempo ed essere tuttavia le più frequentate di tutta l’i-sola: e gli scrittori della sarda istoria ci dicono essereapparentemente Sardara l’antica Aquae Lesitanaecitata da Ptolomeo, e che a ponente vi si trova altracittà detta Aquae naepolitanae menzionata nell’itine-rario di Antonino.

Acque di S. Martino (provincia di Sassari). Leacque di S. Martino giacciono in una vallicella o piut-tosto allungato bacino cinto di colli e monti alla cuifalda sorge a meriggio il villaggio di Codrongianus.Emergono esse dalla trachite e sgorgano in una va-schetta in muratura sviluppando copiosissime bolled’aria, le quali vi promuovono una perturbazione chemolto simula l’ebullizione e le fa supporre a primagiunta abbondanti; ma osservandole nel cataletto incui poscia fluiscono, ed ove formano un sensibile depo-sito, appena direbbesi poterne somministrare la fonteda uno a due litri cadun minuto primo. Le acque sonolievemente gialliccie ed un tal poco torbide stante ap-parentemente il principio sopra tutto calcareo che svin-colasi in parte al contatto dell’aria e lo stato di agita-zione in cui trovasi nel ricettacolo, ed hanno un sapo-re sensibilmente acidulo e salso. Nei monti infine meri-dionali dell’isola avvi le fonti termali e minerali del-l’acqua cotta, di Flumini Maggiore, e di S. Antioco; ma

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Le montagne e l’acqua

simili acque trovansi nel novero di non poche altresostanze minerali che per ristrettezza di tempo non mifu dato di vedere, potendo ben anco asserire che anzi-ché pochi mesi parecchi anni sarebbero d’uopo peresaminare e compiere lo studio delle minerali produ-zioni di cui è ricca la Sardegna. Ed intorno alle pre-dette fonti solo saprebbesi, per quanto constami, conte-nere quelle dell’Acqua Cotta (provincia d’Iglesias) leseguenti sostanze secondo il signor generale DellaMarmora, cioè:La calce solfata.La soda solfata.La calce muriataLa soda muriata. ed infine dell’iodio.

Trovava egli infine la temperatura di 32° R., men-tre segnava l’atmosfera gr.12°. Ciò è quanto più spe-cialmente raccolsi intorno alle acque termali e mine-rali della Sardegna. Numeroso vi è il corso in genera-le degli infermi; ma ove si eccettuino quelle di Sarda-ra, le quali sono raccolte in un camerine che sebbenegrandemente porti l’impronta dell’azione distruggitricedel tempo, ripara non per tanto l’ammalato, in tutti glialtri luoghi si prendono i bagni entro malconce e sca-bre cavità allo scoperto ovvero difendendosi dai raggidel sole con una qualche mal foggiata capanna o colfavore di un qualche frondoso albero, e ricettandosiquindi in altre misere capanne, in guisa che pel patitodisagio ai mali sofferti altri sopraggiungonsi talvoltapeggiori, come pur già da alcuno fu descritto.

Genova, li 10 aprile 1851 L’Ingegnere delle Miniere, Candido Baldracco

(da: Vittorio ANGIUS, Geografia, storia e statistica dell’Isoladi Sardegna, in Goffredo CASALIS, Dizionario geografico-sto-rico-statistico-commerciale degli Stati di S.M.il Re di Sardegna,vol. XIX bis, Torino : Gaetano Maspero e G. Marzorati,1851, pp. 93 sgg.)

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“Goccia a goccia si scava la pietra”, gutta cavat lapi-dem, dicevano i Romani. Osservando i sassi levigatisul greto di un torrente o le rocce lambite da unacascata si notano le tracce di un passato assai lonta-no. L’acqua giorno dopo giorno consuma la pietra ene rivela via via la struttura interna evidenziando levenature, facendo scomparire gli strati più deboli,enucleando le inclusioni. Diversi sono i sassi cheescono dalla bocca di un ghiacciaio, schiacciati sottol’azione meccanica di tonnellate di ghiaccio.

Le “marmitte dei giganti”, create da ciottoli duriche l’acqua vorticosa di un torrente ha fatto ruota-re sempre nello stesso luogo sono un’altra traccia,assai fantasiosa di come la natura sappia essere biz-zarra. Per non dimenticare le fontane a sifone da cuil’acqua sgorga a intermittenza.

La sabbia, che troviamo nelle anse dei torrenti enei coni di deiezione alle falde delle rocce più sco-scese che si sfaldano sotto l’azione degli agentinaturali, come accade per esempio nelle Dolomiti,racconta nei suoi granellini una storia millenaria.Una lente o, ancora meglio, un piccolo microscopiorivelerà che ciò che sembra uniforme, uniforme nonè. Ogni granellino è diverso dal vicino e la suaforma spesso rivela la natura cristallina da cui èstato strappato. La sabbia non esiste solo sulle spiag-ge del mare o nei deserti lontani. Chi collezionasabbie trova in montagna un vasto campo di ricer-ca, interessante per i raffronti che potrà compierecon la natura delle rocce e dei minerali da cui lasabbia deriva. Se vogliamo nobilitare ancora di piùquesta attività, ricordiamo che il raccoglitore-colle-

RICORDARE:LA MEMORIA DELL’ACQUA E DELLA PIETRA

Gutta cavat lapidem

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Le montagne e l’acqua

zionista di sabbie (facili da cercare e da prendere emeno laboriose dei minerali nella ricerca) si chiama“psammologo”, una parola difficile e ricercata chederiva dal greco, dove sabbia si dice psammòs.

Ma non solo l’acqua e il vento lasciano traccesulle pietre: le incisioni che, dall’inizio della storia,gli uomini hanno lasciato graffiate sulla superficielevigata delle montagne sono testimonianza vivache dura a cancellarsi.

Dai graffiti della Camunia, a quelli della Valledelle Meraviglie nel basso Piemonte, le tracce deiprimi uomini che civilizzarono queste regioni fannomemoria di scene di vita in cui l’acqua ebbe certa-mente un ruolo fondamentale. Seguendo la storiaraccontata sulle pietre scolpite dalla mano dell’uo-mo, si incontrano le lapidi che i Romani lasciaronoa testimonianza delle proprie imprese. Le lapidifunerarie che non mancano in nessuna regione delnostro Paese sono state spesso riutilizzate: le possia-mo trovare anche tra i gradini di una scalinata ocome pietra angolare di un campanile.

Continuando nella storia, passato l’Impero roma-no, l’acqua spesso ricompare nelle prime testimo-nianze cristiane dei battisteri o nelle imprese dellegrandi opere stradali. E poi via via, sino ai giorninostri, la pietra e l’acqua si inseguono nelle fontanee sui portali delle chiese, nei cippi commemoratividelle battaglie o nel ricordo di un singolo caduto.L’acqua scorre, la pietra rimane.

Gli autori greci, Teofrasto, Timeo, Posidonio, Egesia,Erodoto, Aristide, Metrodoro, con grande cura edattenzione, hanno reso noto le proprietà delle acque, lanatura delle zone geografiche in base al clima, le carat-teristiche dei luoghi. Ed io, seguendo le loro orme, hoannotato quanto ho ritenuto sufficiente circa i vari tipidi acque, affinché fosse più facile per la gente sceglierele fonti dalle quali poter condurre acque correnti perl’uso nelle città e nei municipi.

Tutti gli esseri viventi , sia pur privati del frumentoo dei frutti o della carne o del pesce o anche di qual-siasi altro nutrimento del genere, potranno mantenersiin vita utilizzando altre sostanze alimentari, ma senza

La storia antica è stataincisa sulla pietra

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acqua nessun organismo vivente può nascere o mante-nersi o essere in attività. E per questo che, con grandezelo, bisogna cercare e scegliere le fonti, avendo di mirala salute dell’umanità.

Chi va alla ricerca dell’acqua deve rivolgere la pro-pria attenzione ai diversi tipi di terreno, poiché è indeterminati terreni che essa nasce. Nell’argilla laquantità è esigua, sottile e poco profonda. Il suo sapo-re non sarà particolarmente buono. Nella sabbia digrana rossa sarà ugualmente esigua, ma si troverà aduna maggiore profondità. Sarà limacciosa e di saporesgradevole. Nella terra nera, invece, si trovano umorie gocce sottili che si raccolgono in seguito alle tempesteinvernali e si depositano nelle zone compatte e consi-stenti. Questi hanno un sapore ottimo. Nella ghiaiapoi si trovano vene d’acqua modeste e irregolari.Anch’esse hanno un gusto veramente squisito.

Nel sabbione argilloso e nella sabbia e nella terrarossastra si trovano quantità più sicure e più costanti,e in più hanno un sapore gradevole. Nella roccia rossase ne trovano tanto abbondanti quanto buone, se nonsi disperdono scolando attraverso gli interstizi.(da. Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, VIII, 27)

Così istruiva gli architetti del suo tempo il roma-no Vitruvio, vissuto ai tempi dell’imperatore Augu-sto, raccomandando un’attenzione particolare nel-l’esame del terreno per potervi derivare un’opera dipresa di un acquedotto. Le falde ghiaiose e prove-

Anche una metropolidipende dalle montagne

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Le montagne e l’acqua

nienti da terreni rocciosi, da sempre, sono statericonosciute ottime.

Facendo ora un salto di millesettecento anni,ritroviamo un altro scienziato attento osservatoredella natura. Medico padovano, viaggiatore attra-verso l’Italia alla scoperta di nuove specie naturali,professore di botanica all’Università di Torino, Vita-liano Donati compì nell’estate del 1751 un viaggiodi ricognizione scientifica nelle Alpi Occidentali. Larelazione di questa sua missione scientifica non èpriva di interessanti osservazioni sulle acque incon-trate lungo il cammino. L’acutezza dello scienziatosi accompagna ad una prosa semplice e comprensi-bile ai non specialisti, anche se lo stile dell’italianofa sentire i suoi duecentocinquanta anni.

Discendendo dalle montagne d’Argentina versoAiguebelle, vari ruscelli s’incontrano, alcuni dei qualisono di sapore stittico, acido, e vitriolico, non però ecce-dente, e privo d’odore. Epperciò in quei contorni, ed inispezie a Conflans vengono quelle acque non di radodai chirurghi utilmente adoperate, dove o di corrobo-rare o d’attenuare già necessario. […]

Moutiers città capitale della Tarantasia, è posta inuna valle tutta all’intorno cinta da vaste montagne:tra le quali quelle, che a Garbino dirette ritrovansi, eper la qualità delle pietre, dalle quali vengon compo-ste, e per l’acque saline, che da se stesse tramandano,mi sembrano ben degne di qualche più diligenteesame. […]

A poca distanza dal villaggio di St. Didier sta lamontagna di Cormajeur molto celebre per le acque osolfuree e vitrioliche marziali, quali si giudicano lechiamate de la marguerite, et de la Victoire, oppureanco sulfuree, aluminose, plumbee, quali sono quelledel fonte che sotto il nome della saxe si riconoscono.Fino dal 1680 era già introdotto l’uso medico di taliacque, ma la precisa loro facoltà era incerta e quasiocculta. Madama Reale Maria Giovanna Battista diSavoja nella reggenza sua zelante sempre per la suapubblica utilità, prescelti alcuni medici e chimici, glitrasmise colà sopra luogo, perché con più esatti esperi-menti rilevassero la precisa natura delle acque mede-

Le virtù medicalidell’acqua sono ben note

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sime. Una tale provvida esecuzione determinò, qualesser potesse il più convenevole uso di quelle acque, eda quali malattie potessero ragionevolmente ed util-mente opponersi. Pubblicatosi poi dal non men dotto,che attento, ed esatto sig. Giovanni Fantoni nel 1747il piccolo commentario intorno ad alcune acque medi-cate, e tra queste la Storia dell’acqua di Cormaggiore;mi sembra ora affatto superfluo l’amplificare un argo-mento già affatto esausto. […]

Ritrae da quelle montagne il suo nascimento ilfiume Arve, celebre per l’arene d’oro, che non solo pertutto il suo corso alla Savoja comparte, ma chemediante il Rodano anco a più lontane provincie tra-smette e diffonde. Sorge egli rapito dalle mentovatevolte di ghiaccio con acque a guisa di latte biancheg-gianti per sottilissima, e candidissima arena, che in sestesse abbondevolmente contengono. Trasportano que-sta arena dagli idrofilaci della montagna, e tra lamedesima arena polvere e pagliette d’oro stannoappiattate e nascose. Rallentando poi il loro corso l’ac-que del medesimo fiume, urtando nei sassi, ed ivi stan-cheggiando si depongono attorno dei medesimi le arenecon tutto ciò, che di più ricco in se stesse conservano.Che sebbene tutte l’arene dell’Arve col nome d’aurife-re chiamare si possono, molto più ragionevolmenteperò a quelle talcose, che in vicinanza di Chiamonì siraccolgono, un tal titolo compete; poiché d’oro moltopiù ricche, ed abbondanti sono, che tutte le altre.

Il Rodano tanto di pagliette d’oro disperse tra sab-bie per lo paese di Pex va continuamente disseminan-do, che li paesani circonvicini col separare dall’arenanel tempo d’inverno, cioè nel tempo di maggior magrad’acque, lo stesso metallo agevolmente si guadagnanoil vitto. L’oro che da quelle riviere si raccoglie per lo piùaltro non è che una polvere sottilissima; ritrovano peràalcuna volta grani d’oro della grossezza del miglio, odella lente ancora. Egli è cosa certa, che il Rodanodalla sua sorgente sino all’imboccatura dell’Arve, èaffatto privo di particelle d’oro, e che solo allora, quan-do abbia di già assorbite l’acque dell’ Arve, egli divie-ne fiume d’oro, il qual oro di poi nel corso di cinqueleghe va disperdendo. Che se dal Rodano, che altro poinon contiene, che li rifiuti dell’Arve, non solo polvere,

Il genio degli antichicostruì opere grandiose

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Le montagne e l’acqua

ma corpicelli d’oro di qualche grandezza si possonoraccogliere, egli è ben ragionevole il persuadersi, cheparti molto maggiori, ed in maggior quantità nell’Ar-ve ritrovarsi potrebbero. E infatti quei paesani, che dalRodano la polvere d’oro van raccogliendo, soglionoritrarne il profitto da dodici a venti soldi per giorno,ma quelli che nel lavare l’arene d’Arve s’impieganoper quanto da più accreditate persone fui assicurato,bene spesso da due lire di vantaggio per giorno ne rica-vano. […]

(da: Osservazioni di Storia Naturale Fatte da VitalianoDonati Professore di Botanica, e Storia Naturale nel suoviaggio di Savoja ed Aosta. Nella Scorsa State dell’anno1751, in: Viaggio mineralogico nella Alpi occidentali, a cura diGiuse SCALVA, Bologna : Compositori, 2001.)

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Prima dello scrivere c’è il cantare, prima del roman-zo la poesia. Queste forme primordiali e potenti cifanno persone capaci di comunicare ai nostri similinon solo oggi, ma anche domani e nel tempo futu-ro. Le poesie, e le canzoni che di esse sono la versio-ne musicale, se pure nate all’alba della storia e forseanche prima che essa incominciasse a essere scritta,continuano anche oggi nella società postmoderna, afarsi portatrici delle verità più profonde, forse lonta-ne dal rigore della scienza e dall’operosità dei pro-getti, ma pur sempre capaci di farci pensare. Senzaessere costretti a scrivere versi – e poi chi non hamai scritto una poesia? – anche solo leggere o ascol-tare una lirica è un atto creativo, ossia poetico. Per-ché la poesia (la poiesis degli antichi Greci trae l’ori-gine del suo nome dal verbo poiein, che esprime illavoro del vasaio, che modellando la creta, un po’come fece Dio, crea il suo mondo).

La poesia della montagna e dell’acqua, le liricheche comunicano questo rapporto di odio e amore, dipericolo e di sostegno, non ha bisogno di commenti:è sufficiente ascoltare.

A fianco delle poesie, delle canzoni e delle cantile-ne, la saggezza popolare si è sempre accompagnata coni proverbi, che diventano un caposaldo nella nostra ri-cerca di nessi tra l’acqua e la montagna, e la loro storia.

La neve, anche se è conosciuta in pianura, trovanella montagna il suo ambiente più naturale e lamontagna da sempre deve convivere a lungo conquesta acqua fredda, bianca e solida. Neve in Pie-monte e Lombardia si dice fiòca, in Trentino e inFriuli è nef, in Calabria diventa gravaìllu e nei dia-

RACCONTARE:FIABE, LEGGENDE, CANZONI E ALTRE STORIE

La fantasia non ha limiti

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Le montagne e l’acqua

letti greci del meridione è detta hòni. In Sardegna laneve è nìe, ma infinite sono le varianti da paese apaese, da regione a regione e lo stesso si potrebbedire dell’acqua. La storia delle parole è una storiaspesso curiosa, strana e ricorda le vicende degliuomini e le loro migrazioni. Ma si torni alla neve.

I proverbi sulla neve sono numerosi e copronol’intero territorio del nostro Paese.

Sut l’aqua fam, sut la fioca pan (Sotto la pioggiafame e sotto la neve pane, Piemonte).

La fiocca desembrina per tri mes la confinna (Laneve di dicembre resta per tre mesi, Lombardia).

La nef dezembrina mai la camina e la fa la bina (Laneve di dicembre non si scioglie mai e fa i solchi,Trentino).

An di nef, an di ben (Anno nevoso, anno propizio,Friuli)

‘O cielo addò vede ‘a nneve, spanne ‘o sole (Il cielodove vede la neve, spande il sole, ovvero: Dio vede eDio provvede, Campania).

‘A nivi ‘e marzu du quantu i pecuri allu stazzu (La ne-ve di marzo dura quanto le pecore all’ovile, Calabria).

La nivi marzalora, la notti cadi e lu iornu ‘un sitrova (La neve marzolina cade la notte e scomparela mattina, Sicilia).

Notte isteddada, nie a carrada (Notti stellate, nevea carrettate, Sardegna).

“L’acqua di marzo non si può bere, fa male, porta ivermi e la tosse. È l’umore della terra piena di veleni –racconta Bruna Dal Lago nelle sue Storie di magia.Errabonda cultura lunare fra le custodi del tempo pro-messo nelle Valli Ladine, Roma: lato Side, 1979 – nonancora decisa fra la fecondità e la sterilità. Questaacqua malefica in valle si ha solo di marzo, mentre inmontagna dura tutto l’anno. Naturalmente si può bere,ma previ gli scongiuri di bagnarsi prima i polsi, poi lafronte e di farsi il segno della croce (tre volte). Lavarsicon quest’acqua poi porta ad avere una pelle dura escrepolata, bruna come il cuoio. Le ragazze di Castel-rotto, che vanno a fare il fieno sull’Alpe, si portano dacasa un fiasco d’acqua e con questo si lavano per tuttala settimana. Così sperano di tornare a casa con unafaccia bella pallida, da sembrare delle signore”.

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Vittorio Marchis

Dopo i proverbi arrivano le storie che semprepartono da un fatto reale per approdare in un mon-do fantastico che le trasfigura e, lasciando spazio allafantasia, le porta al di fuori del tempo.

Scriveva Carlo Sgorlon, nel suo romanzo Il tronodi legno (Milano: Mondadori, 1973), che “i miti nonerano soltanto bei racconti, ma anche affascinanticriptografie. Bastava un minimo di distanza dallecose per cogliere il loro significato profondo. Ilperenne senso umano dei fatti che ci accadono tuttii giorni. Tutto diventava più lieve, era stranamentediminuito se si pensava che gli antichi avevano giàconosciuto qualcosa di simile, e l’avevano inserito inmaniera esemplare in uno dei loro racconti.” Anima-li strani e divinità magiche popolavano le nostremontagne ed erano la personificazione delle forzedella natura, selvaggia e libera, come era l’homo sel-vaticus, profondo conoscitore delle risorse dei montiin cui viveva. Le sue esperienze erano trasmesse agliuomini con un’aura di magia che nascondeva le fati-che che comporta ogni innovazione: insegnare ausare le erbe medicinali, prevedere il tempo guar-dando il cielo, conoscere la bontà di una fonte.

L’Anguana è una divinità antica; le leggende di-cono che popolasse le montagne sotto forma di ser-pente, ma poteva essere anche solo un rivolo d’ac-qua. L’Anguana è comune, in maniera sorprenden-te, a tutte le culture montane dell’Europa, ma latroviamo anche in Sud America, sulle Ande, dove sichiama Amaru, ed era venerata sotto la forma di unserpente. Sul Machu Pichu, la favolosa capitale del-l’impero Inca, presso Cusco, in Perù, esiste un tem-pio dedicato ai quattro serpenti. Ma ritornando anoi non dimentichiamo che Anguana è anchedonna, e madre, il principio della vita.

Enio Sartori, riprendendo antiche leggende loca-li, ha composto una lirica in dialetto veneto, reperi-bile in Internet sul sito Parole suonate in contro-canto all’indirizzo:http://www.ilnarratore.com/voices/texts/sartori/anguana.PDF; http://www.ilnarratore.com/ita/archivio.shtml

L’homo selvaticusimpersonifica la saggezza

della civiltà montana

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Le montagne e l’acqua

L’Anguana di Enio Sartori

QUADRO 1 (la presenza)Nina nana. Notad’anguana, cantoche incanta,divina moinanenia che ninnola,vose che striaSguissa dal bojopì fondo, da scontafusina, reinad’antichi tesoris’indrissa ne l’ariain viso de piovacon passo felpàsagoma e vampain dansa imbriagapar fata de fiàSe sbroca, remontae lento s’infiamael fià de la terain lengua d’anguanaE sbianca la lana

(quadro I – la presenza)Ninna nanna. Nota/ d’an-guana, canto/ che incanta,/coccola divina/ nenia chedondola/ voce di strega// Escedal buco/ più profondo, danascosta/ fucina, regina/d’antichi tesori/ si raddrizzanell’aria/ in viso di pioggia/con passo felpato/ forma efiamma/ in danza ubriaca/pare quasi fatta di fiato// Silibera, rimonta/ e lento siinfiamma/ il fiato della terra/in lingua di anguana// Esbianca la lana/ scioglie il filodi schiuma/ l’onda spaventa/e spettina l’acqua/ in magicaforma// Mi tengo/ sull’orlodel ruscello// Oh, la voglia/ ildesiderio/ di guardarla negliocchi/ di toccarla/ almenouna volta/ solo un po’// Den-tro la piena/ mi passa vicino/passa oltre/ lei scivola/ pene-tra nella tana// Falla saltare,falla ballare/ girale attorno/ma lasciala andare//

scatija el filo de s-ciumal’onda scontornae spetena l’aquain magica formaMe tegnosul sejo del greboOh! la vojael morbinde vardarla nei ocide tocarlaalmanco na voltaun ninin

Rento a la brentanaela la passa renteela la passa oltraela la va de ondaela slavina in tana.Fala saltar, fala balarfaghe un giroma lassela andar

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QUADRO 2 (la morte dell’anguana)– Omo dal cavalo biancodighe a la Tita Tatache la Tita Telaxe malà de morte.– Onde ela ‘ndà la tita tata?– La xe a la fontanaa far la lissiaa strissar la lana.Riva a la fontanal’omo dal cavalo bianco– Curi curi Tita Tatache la Tita Telaxe malà de morte.De boto se desfantacussi la Tita Tatadrentro a la fontanascantona par na sanca…riva in val de l’anguanaE quasi par incantodal ghebo sale un cantoo forse nenia o pianto.La Tita Tata vardain fondo a la vale vede.Nel scuro bojo del grebosganassa el cavalierea man roersal’aqua bastona

(quadro II – la morte dell’an-guana)Uomo dal cavallo bianco/ dialla Tita Tata/ che la Tita Tela/e’ ammalata di morte/– Dov’e’la Tita Tata?/ – È alla fontana/a fare il bucato/ a lavar lalana./ Arriva alla fontana/l’uomo dal cavallo bianco/ –Corri, corri Tita Tata/ che laTita Tela/ e’ ammalata dimorte// Di colpo sparisce / cosìla Tita Tata/ dentro alla fonta-na/ scivola giù per un sifo-ne/…arriva nella Valle d’An-guana./ E quasi per incanto/dal ruscello sale un canto/ oforse è una nenia o pianto.// LaTita Tata guarda/ in fondo allavalle vede/ Nel buco oscuro/sghignazza il cavaliere/ con lamano rovescia/ l’acqua basto-na/ uomo di malagrazia/ esbatte l’onda viva/ e strappa, esfascia/ e straccia e toglie ilfiato// Sghignazza il becchino/uomo dal cavallo bianco// Toc-cata nel suo segreto/ sbanda laTita Tela/ sopra un filo tirato/tra la vita e la morte/ piano siallontana/ sopra un cavallobianco/ a passo, a passo dimorte// Cavaliere di malasor-te/ verso il buco della morte/cavalca, cavalca e canta//

omo de malagrassiae squassa l’onda vivae sbrega, e sfassae strassa e cava el fiàSganassa el becamortoomo dal cavalo biancoTocà nel so segretosbala la Tita Telasora el spago tiràtra la vida e la mortepian pian se alontanasora un cavalo biancoa passo, a passo de morteCavalier de mala sorteverso el buso dea mortecavalca, cavalca e canta

La leggenda di Anguanarimane viva anche oggi

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Le montagne e l’acqua

QUADRO 3 (la sparizione)Rento se sara la vosecome fiore de notel’anema se desfacome supion al ventodolse ne la pasiensasparisse sototeraSora, l’aqua straca e moladindola quatro strasse mojeRento, l’onda scura e turbiasguarata ne la mortura:“amor, sogno, follia”vose e parola che in gola

(quadro III – la sparizione)Dentro si chiude la voce/ comefiore di notte/ l’anima si disfa/come soffione al vento/ dolcenella pazienza/ sparisce sottoterra// Sopra, l’acqua stancae lenta/ dondola quattro strac-ci bagnati/ dentro, l’onda scu-ra e intorpidita/ dibatte inagonia: “amore, sogno, follia”/voce e parola che in gola/strozza e in fiacco/ miagoliosmorza l’acqua/ e porta via//Ah vuota traccia della mente/ah mormorio del niente/ ventodi assenza è quello/ che scivo-la giù per il ruscello// E cantocon voce muta…//.

s’ingropa e in fiacosgnaolamentosmorza l’aquae porta via.Ah peca voda de la menteah mormorio del gnentevento d’assensa ze queloche slissa zo par el grebo.E canto con vose mutae danso con passo persocome salbanelo in sieloo anzelo petà par tera.

A questo punto dovrebbe aprirsi un intero capi-tolo contenente l’antologia dei racconti che parlanodi acqua e di montagna: sarebbe troppo lungo: soloalcuni nomi per facilitare i primi passi della ricerca:Dino Buzzati, Mario Rigoni Stern, Carlo Sgorlon emoltissimi altri.

E dove mettere i libri di memorie dei grandi alpi-nisti e delle guide alpine?

Viaggiando si conosceil mondo

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La vita quotidiana è fatta di piccoli gesti e di azioniripetute quasi inconsciamente, ma sempre diverse leune dalle altre. La banalità delle cose semplici, comeha sapientemente analizzato Daniel Roche nel suolibro che racconta La storia delle cose banali (Roma:Editori Riuniti, 1998) si può trasferire alla civiltà dellenostre montagne, le quali per molti aspetti continua-no ad essere uno specchio fedele delle fasi evolutiveche sono state attraversate dalla società per arrivare aoggi, molto più caoticamente in città e in pianura.

VIVERE:LA VITA DI TUTTI I GIORNI

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Le montagne e l’acqua

Nei piccoli centri di montagna, dove il turismo ela cosiddetta “civiltà dei consumi di massa” non èancora arrivata, si trova ancora l’unico emporio ospaccio dove si vende e si trova di tutto: tuttoovviamente ciò che è necessario, e un po’ di super-fluo. Anche la montagna conosce il superfluo: lodimostrano le merci e gli oggetti dell’artigianatotipico che si incontrano nei numerosi mercati chesettimanalmente affollano le piazze dei più dispara-ti centri. Ma qui bisogna – è la missione di questaavventura – ritornare a focalizzare l’attenzione sul-l’acqua. Parlare di montagna, anche se si è in pianu-ra, è ormai cosa scontata.

L’acqua si beve e serve per vivere: le acque minera-li e curative non sono solo una realtà delle Alpi e an-che gli Appennini hanno saputo fin dall’antichità faretesoro prezioso di questa risorsa che è diventata es-senziale anche nella gestione di una vita agreste e lega-

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ta come sempre alla natura. Se gli scienziati hanno sa-puto caratterizzare ogni sorgente con il contenuto sa-lino delle rispettive acque, la sapienza popolare avevasaputo direttamente valutare pregi e difetti, doti me-dicinali di un minerale così comune e così prezioso,quando ancora non esisteva l’industria farmaceutica elo speziale era anche un po’ medico e stregone.

Negli Abruzzi. – Molte sorgenti di acqua sulfureaincontransi nell’Abruzzo Ulteriore I. : in Garrano cioèVilla Teramo, in Putignano, in Morro, in Cellino eVille, in S. Omero, in Torricella, in Ripa, in Frondaro-la, in Castelli, in Campi e Ville, in Moscufo, in Civi-tella del Tronto: quelle acque sottoposte ad analisi dalCrocetti diedero:Gas idrogenoIdrosolfuro di calceSopraccarbonato di calceIdroclorato di sodaSolfato di magnesiaSolfato di sodaTraccie di silice, di idrojodati e di idrobromati.

Nell’Abruzzo Aquilano. – Sono di notissima cele-brità le sorgenti di Antrodoco, fluenti presso le rive delVelino, nella Valle Petilia. Il Loro colore è bianco ceru-leo; il sapore e l’odore non sono dispiacevoli: la lorotemperatura non è superiore all’atmosferica. Sono effi-cacissime nelle malattie cutanee ed in altri congeneri.Contengono:Gas acido idrosolforicoGas acidocarbonicoCarbonato di calceMuriato di magnesiaSolfato di calceSolfato di magnesia.

L’Abruzzo Citeriore possiede anch’esso una sorgen-te di molta efficacia e perciò di credito non comune inmedicina; essa ha scaturigine nel villaggio di S. Crocedi Caramanico: vuolsi che contenga:Acido idrosolforicoBicarbonato di calcioBicarbonato di ferroSolfato di calce.

Le fonti sono una presenzada salvaguardare

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Le montagne e l’acqua

A Caramanico sgorga altresì un’acqua trovatabuonissima nelle malattie della pelle: di efficacia con-simile sono le polle di S. Valentino, di Salle, di Serra-monacesca, di Villa S. Maria e di Casoli. Finalmentenel precitato territorio di Caramanico trovasi la sor-gente del Pisciarello, adoperata per bevanda come diu-retica e leggermente catartica, perché ricca di solfati dimagnesia e di calce. [...]

Negli Abruzzi non si discoperse finora che una solasorgente di acqua, creduta ferruginea perché ha stiti-co sapore, e perché depone una fanghiglia tinta inrosso da ocre marziali: di specie congenere sono forsecerte polle che sgorgano a Pentina presso l’antica Cor-finio.

Gli abitanti di Molise reputano di qualità ferrugi-nose le acque di Baselice, di Pontelandolfo e quelle d’I-sernia; per verità queste ultime furono sperimentateassai utili nelle affezioni scrofolari e linfatiche, siccomepure nella rachitide.

Nella vasta estensione delle Puglia è forse ferrugi-nea un polla che trovasi nel tenimento di Vico. In Basi-licata fluiscono nei due rivoletti di Vignola e di Titocerte acque di stitico sapore, contenenti in dissoluzionedel ferro.

Le Calabrie posseggono le lodate polle ferruginee diParenti che danno acqua limpidissima e fresca, maricca di per solfato di ferro e di gas acido carbonico. Leseguenti località di Miglierina, Girifalco, Amaroni, S.Elia, Gasperina, Olivati, Monte-Paone, Pizzo, Cotro-ne, Monte-Longo di Aspromonte, hanno tutte sorgentidi acque marziali, più o meno saturate di solfato diferro. [...]

In Terra di Lavoro è conosciutissima l’Acqua delleCalderelle, che sgorga in Teano: limpida e fresca, madi sapore molto stitico con fortissimo odore d’inchio-stro; il chimico La Pira ne fece l’analisi. [...]

Il precitato chimico esaminò anche l’Acqua delleFerrarelle che scaturisce tra Rocchetta e Riardo.

A Volmano, negli Abruzzi , credesi acidula l’acquadi Guardia, perché contiene molto gas acido carbonico.

In Basilicata debbesi additare tra le acidule la polladi Tolva: e tenendo conto dei principi mineralizzanti,debbono riguardarsi della stessa specie quelle scaturi-

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gini sulfuree che si trovano a Sambiase in Calabria.Sono di natura consimile alcune sorgenti del Principa-to Citeriore che s’incontrano tra i Ponti di Oliveto e diContursi, presso Capaccio ed in Sarno. Salido-acidu-la è la fonte che fluisce alla porta occidentale di Saler-no nel Principato di Citeriore: il chimico Macri riscon-trò in ogni libbra di essaGas acido carbonico liberoCarbonato di ferro, di magnesia e di albuminaIdroclorato di sodaSolfato di soda Solfato di magnesiaè limpida, trasparente, assai fredda, di sapore acido, edi odore piccante.

(da: Attilio ZUCCAGNI-ORLANDINI, Corografia fisica,storica e statistica dell’Italia e delle sue isole, Parte XI – Italiainferiore o meridionale, Firenze: presso gli Editori, 1844.)

L’acqua che arriva alle fontane non serve solo adissetare gli uomini, ma di essa si abbeverano glianimali, mucche, pecore e capre, che costituiscononell’economia agricola montana una componenteindispensabile per un equilibrio sostenibile dellostesso contesto sociale.

L’acqua potabile distribuita da condutture chearrivano in ogni abitazione deve in montagna fare iconti con le basse temperature invernali: quandol’acqua che non scorre, gela, aumentando di volu-me, spacca i tubi. Allora è più comodo probabil-mente anche per i turisti andare a prendere l’acquaalla fonte e… svuotare le condutture durante i mesiinvernali. Sempre che i condomini non si sianoattrezzati con dispositivi per prevenire le gelate.Quale futuro ci attende?

Gli abbeveratoi per le mandrie al pascolo neglialpeggi sono manufatti di legno, talvolta scavatinella pietra, i quali probabilmente presto si trasfor-meranno nei loro nipoti tecnologici, in materialesintetico, certamente più igienico, ma meno pitto-resco.

I lavatoi pubblici hanno resistito in montagna piùa lungo che in pianura dove, con l’arrivo dell’elet-tricità e con i miracoli dell’economia, è stato più

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Le montagne e l’acqua

semplice affidare alle macchine il lavaggio dei pan-ni. In mancanza di detersivi e di sapone, si usava ilranno, che faceva impiego della cenere bianca resi-duo dei camini. Non si sprecava davvero nulla inuna civiltà che aveva capito, ben prima di noi, qualifossero i vantaggi di una ecologia del riutilizzo.

Le brocche e i catini, i secchi di rame e i mesto-li, i paioli e le tinozze che oggi in moltissimi casitroviamo solamente nelle vetrine dei negozi di anti-chità sono la testimonianza di una quotidianità chenon conosceva i rubinetti e gli scaldabagno. Unbagno caldo era un lusso che non ci si poteva con-cedere ogni giorno.

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Da quando l’uomo ha cessato di essere cacciatore eraccoglitore, all’alba della storia, ha incominciato atrovare necessità di fondare villaggi in cui abitareper sorvegliare i pascoli delle proprie bestie e i pro-pri raccolti. Al contadino si è dovuto affiancare l’ar-tigiano che con il proprio lavoro procurava gli uten-sili e gli attrezzi, che costruiva i mobili per la casa,che provvedeva a costruirsi le macchine per fabbri-carsi il cibo e gli oggetti essenziali per la vita. Diqueste trasformazioni sociali avvenute intorno aidiecimila-ottomila anni prima di Cristo, ma forseanche qualche millennio più tardi per le popolazio-ni delle montagne, che impiegarono millenni peressere accettate completamente e per entrare nelpatrimonio culturale di tutti, ricche sono le leggen-de che racchiudono profonde innovazioni tecnolo-giche e scientifiche, come già lo erano state la sco-perta del fuoco o dell’aratro.

Ancora una Selvana.Il sentiero che da Sarentino porta a Meltina, passa

per il Putzen Joch, dove ancora oggi si possono vedere iPutzen-Mandeln, mucchietti di sassi posti lì da sempre.Un tempo in questo luogo si trovava un laghetto e nelmezzo di questo laghetto si trovava un masso sotto ilquale si apriva una fenditura. Ora quelle acque limpi-

LAVORARE:CON LE MANI, CON LE MACCHINE E CON LA SCIENZA

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de si sono sperse ed è rimasto uno stagno paludoso. Neltempo in cui il lago rea ancora un lago, un vecchio con-tadino spesso prendeva la via per Sarentino perché por-tava il fieno, ne aveva in abbondanza, a vendere inquella valle. Quando il contadino, la mattina presto odi sera all’Ave Maria, conduceva il suo cavallo versocasa, vedeva spesso da lontano bellissime fanciulle cheridevano, cantavano e danzavano sul prato intorno allaghetto. Ma appena le fanciulle udivano lo scalpitio delcavallo, plitsch-platsch, saltavano in acqua e sullasuperficie rimanevano solo piccoli cerchi, come quandosi gettano dei sassolini. Un giorno tornando a casa dimalumore, perché non aveva potuto trovare una serva,neanche pagandola oro, passando per il laghetto, le rivi-de. Appena viste le fanciulle che cantavano e danzava-no, pensò: - Guarda queste damigelle che non hannoproprio niente da fare, se mi riuscisse di afferrarne una,mi sarebbe di aiuto! ma come prenderla? – Questo pen-siero non gli dava pace. fino a che, finalmente, arrivò dalLebenbauer, che era una testa fina, al quale raccontòtutto. Questi ne capiva più di tutti gli altri e poi posse-deva un libretto di magie. Sentita la storia, si ritirò nellasua stanza e, consultato il libro magico, uscì con questaformula: «Se vuoi catturare una fanciulla del lago, deviprendere due buoi cos’ neri da non trovare su di loronemmeno un peluzzo bianco, poi li farai condurre daltuo servo su, oltre il laghetto, però lì dove non potrannovederti. Tu andrai prima dell’Ave Maria, a nasconder-ti vicino al lago, dietro un sasso o un albero. Appenavedrai le ninfe balzare dall’acqua, vieni fuori e acchiap-pane una, mettendole un rosario benedetto al collo. Cosìnon potrà mai più scappare e avrai la miglior serva ditutto il circondario». Al mercato il contadino comperòdue buoi neri come il carbone, pagandoli cari, perchéquesti buoi sono buoni per ogni lavoro. [...] Il sole eragià calato [...] fuori dall’acqua vennero le fanciulle [...]Con un balzo il contadino uscì da dietro il sasso, tra-versò il prato e acciuffò una fanciulla per i capelli [...]Così la ninfa servì per molti anni in casa del contadinoe tutto quello che faceva riusciva per il meglio [...]

(da: Bruna Dal Lago, Storie di magia. Errabonda cultura luna-re fra le custodi del tempo promesso nelle Valli Ladine, Roma:Lato Side, 1979.)

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Il mito delle ninfe dei boschi e dei monti chesostituiscono il duro lavoro della donna è moltoantico e già un poeta greco, i cui versi sono raccoltinell’Antologia Palatina (IX, 418), Antipatro di Tes-salonica, così cantava:

“Macinatrici accordate riposo alle mani; dormite,dormite, anche se all’alba di già cantano i galli.Cerere impose alle Ninfe dall’acque il lavoro: d’un balzosi lanciano esse al sommo vertice d’una rotae fan che l’asse giri: comunicava questa il suo motoai raggi ed alle cave macine dei Nisèi.Siamo all’età dell’oro tornati di nuovo, se i donidi Demetra possiamo gustar senza fatica.”

Le ninfe rappresentano l’acqua dei ruscelli che sedebitamente incanalata e guidata può far girare leruote dei mulini e così aiutare grandemente nellefatiche quotidiane. La storia che Bruna Dal Lago ciha raccontato ci ricorda come l’impiego delle primemacchine nella società contadina fu davvero unqualcosa di magico, e come tale dovette essere ac-compagnata da uno stretto rapporto con la religione.Gli antichi chiamavano in causa Cerere, la dea dellanatura e delle stagioni, dei raccolti e della prosperità.Nel racconto la vicenda è riportata a tempi più vici-ni a noi e la corona del rosario è simbolo di questolegame religioso. Anche i due buoi neri indicano cheper ogni innovazione è necessario investire dei dena-ri e anche lavorare con attenzione e saggezza.

Il mulino fu invenzioneantica ma ebbe diffusione

solo nel Medioevo

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La storia continuerà, ma noi ci fermiamo qui elasciamo alla curiosità dei lettori e delle lettrici ilgusto di trovare altre vicende ad essa parallele.

Il mulino fu un’invenzione antica, nota al mondoromano che trovò più economico l’impiego deglianimali e degli schiavi per muovere le proprie mac-chine e le macine da grano in particolare. Solo nelMedioevo la ruota idraulica, ad asse orizzontalesoprattutto in pianura e ad asse verticale con pale acucchiaio in montagna dove l’acqua è più scarsa,ma cade con maggiore violenza e velocità, trovòuna diffusione massiccia e capillare. Alla fine delMedioevo si può affermare che ogni comunità inItalia possedesse almeno una ruota idraulica, opotesse disporre dei suoi servigi in un paese vicino.La ruota idraulica fu un’innovazione così importan-te come lo è stato nel XX secolo l’automobile ecome oggi lo sta diventando il computer domestico.

I mulini a cucchiaio, ad asse verticale, avevano lemacine direttamente poste alla sommità dell’alberoe lo spessore del gioco tra la pietra dormiente equella giratoria era regolata agendo su un cuneoposto sotto il cuscinetto di supporto dell’albero. Lavelocità si variava aprendo o chiudendo una picco-la paratoia sul canale di arrivo dell’acqua. Le palet-te, in numero di quattro o cinque, come si è giàdetto, erano a forma di cucchiaio, intagliate nellegno. L’essenza ideale per i mulini, soprattuttonelle loro parti più direttamente a contatto conl’acqua, era quella del castagno selvatico. Questolegno, ricco di tannino, ha una particolare resisten-za all’acqua e non marcisce anche se rimaneimmerso in essa.

Così descrive la struttura di queste macchine Fran-cesco di Giorgio, un ingegnere senese del Quattro-cento famoso per avere innovato l’architettura mili-tare e idraulica al tempo dei duchi di Montefeltro.

“Ora dirò della cisterne, cole, condotti, tomboli,docci, canali e altre cave e cammini sotterranei, e in chemodo l’acque vive o pluviali da purgare e condurresieno, perché in nelli edifizii e al vitto dell’uomo neces-sarie. In prima le cisterne in molti modi son da fare

Gli acquedotti sonoall’origine delle civiltà

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sicondo l’antiche e nuove formazioni. In prima è dacavare la larghezza e profondità del suo diamitro sicon-do la opportunità del luogo. E quanto maggior vasoserà, tanto l’acqua in esso si mantiene, e molto meglioserà, ché per gran pelago corrompar non può. Sia il dia-mitro piè venti e in bassezza piè cinquanta. E sel terre-no denso fusse debbasi tutta intorno armare, dipoicavata serà, sopra del fondo un muro di grossezza d’unpiè o di mezzo piè. E sia distanzia infral muro el terre-no un piè, in nella quale distanzia e vano di composi-zione di ghiara e calcina si riempi, overo di terra cretaconfetta e che lì dentro bene stretta sia. E sopra delmuro, se bisogno fusse, di buono smalto o calcestruzzodiligentemente rivestito. El fondo suo sopra del terrenodi mestura di ghiara calcata e battuta, e sopra dessa diminuti testi di calcestruzzo misti. E sopra dessi un altrobattuto di ghiara; dipoi, con calcestruzzo rivestito siabene diffregato con lardo o olio sicondo si richiede, elsimile del citernone farai. Le cole desse cisterne son cosìda fare che’l compruvio del tetto i docci, condotti ocanali colla lora dependenzia messi sieno, e con unvacuo pilastro venghi dal pavimento dessa cola allasommità del tetto dove i canali nella loro vacuità l’ac-qua metteranno. In tal modo adattati o di piombo o dilegno, marmi o altra pietra, over di terra fatti. E che altempo della state sopra del pilastro l’entrata dell’acqualevar si possi, perché quando l’acqua sopra de calditetti viene, andando nella cisterna, per quella caliditàsi corrompe e molti verminuzzi genera.

Similmente se per caso in alcuna rocca, città ocastello alcuna vena da condurre fusse o per canali ocondotti, faccinsi i tomboli o condotti colle loro com-mensure le quali di mestura come partitamente discri-veremo. Poniamo che una fonte in un monte sia e tu alcastello condurre la volessi, e infra esso e la fonte fussealcuno interposto monte o valle in nella quale scenda-re e salire el canale bisognasse; debbi in nel fondo eangolo infraduo monti interposto fare una galazza dipiei quattro o cinque in nella sua larghezza e altezza,in nella quale l’entrata e uscita del canale o condottosi riferisca.

E se per essi cammini acque alcune a fonti condur-re vorremo, e perché in nel corrir loro menano limo,

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Le montagne e l’acqua

rena e altre diverse malizie e grossezze, ordinisi legalazze e cole presso alle fontane, le quali così fatteseranno. Piglierai quella longhezza che a te pare equella in tre parti sie divisa, cioè in tre galazze. Laprima sia piena di grossa e levata ghiara e dal cantodi sopra l’entrata dell’acqua,la siconda vacua, e per lofondo l’acqua entrar vi possa, la terza di minutissimaghiara. E sopra dessa l’entrata della vacua galazza. Enel fondo, all’altezza d’un piè, l’uscita del canal chenella fonte mette.” (da: Francesco di Giorgio, Trattati di architettura ingegneria earte militare, sec. XV)

Dalla ruota “a ritrecine” alla turbina idraulica Pel-ton formalmente il passo è breve, ma ci sono volu-ti più di cinque secoli per trovare la ragione di que-sto processo evolutivo. La scoperta della dinamoprima, quindi quella dell’alternatore e del motoreelettrico a corrente alternata per opera di GalileoFerraris non solo hanno permesso di generare mec-canicamente l’energia elettrica, ma soprattutto ditrasportarla a grandi distanze dal luogo in cui veni-va generata. Solo così è potuta crescere l’infrastrut-tura di distribuzione di questa forma di energia checi sembra così naturale e di cui non possiamo piùfare a meno. L’Italia, per la sua scarsezza di combu-stibili fossili e per la ricchezza delle acque delle suemontagne, sin dai primi anni del Novecento haincominciato a costruire dighe, invasi artificiali,condotte forzate e centrali idroelettriche. Così inun rendiconto al Regio Istituto Lombardo nel1916, scriveva Giuseppe Colombo, uno dei padristorici del Politecnico di Milano:

Delle invenzioni senza numero alle quali hannocondotto i progressi scientifici del mezzo secolo trascor-so dal 1865 a oggi, quella le cui conseguenze hannopiù stupito il mondo e hanno avuto la più grandeinfluenza sul progresso dell’attività umana fu senzadubbio l’invenzione della dinamo che ha permesso diutilizzare l’energia comunque ottenuta, alla produzio-ne della corrente elettrica. […] Gaulard inventoregenialissimo ma quasi ignorato , espone a Torino, nel

Povere tecnologie peringegnose macchine

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1884, il primo trasformatore, base della grande indu-stria elettrica d’oggigiorno, e ne fa la prima prova sullalinea Torino-Lanzo, mostrando che colla trasformazio-ne da basso ad alto potenziale diventi possibile tra-sportare correnti alternate alle più grandi distanze[…] col sistema trifase e coi motori a campo rotantedel nostro compianto Galileo Ferraris. In Italia se nefa la prima applicazione da Roma a Tivoli nel 1892,seguita nel 1898 da quella di Paderno sull’Adda, chefu la più grande installazione del tempo. […] L’aspet-to stesso delle regioni ricche d’acqua è cambiato. Nonpiù selve di camini, corsi d’acqua indigati ad ognipasso, piccole officine rimaste invariate per generazio-ni di proprietari. I corsi d’acqua sono sbarrati nellealte valli da dighe colossali; ivi migliaia e centinaia dicavalli di forza sono raccolti da perfetti motori e sonocondotte a centinaia di chilometri di distanza e distri-buite per produrre le cose necessarie alla vita e servireai trasporti. reti di fili e di cavi trasmettenti l’energiaelettrica sovrastano le campagne […] Nulla si perde,neppure l’energia notturna perché cogli alti sbarra-menti fra i monti si trattiene entro vasti serbatoi, verilaghi artificiali, l’acqua fluente della notte, per utiliz-zarla tutta; e così anche le risorse idrauliche, così gran-di nella nostra Italia, coronata dalle alte Alpi nevosee percorsa dagli Appennini, potranno essere tutte uti-lizzate un giorno al cento per cento.

Ogni scienza ha riflessi nella tecnologia che lecorrisponde, la quale spesso precede la conoscenzasistematica e organizzata. Ma se ogni conoscenzadi per sé non è né buona né cattiva, le sue appli-cazioni devono trovare equilibrio nei contesti chele circondano e con cui devono armonizzarsi.Un’etica dell’ingegneria è necessaria non per finimoralistici, ma per il rispetto di tutte le compo-nenti che interagendo non devono entrare in situa-zioni conflittuali. Quando invece prevalgono gliinteressi personali o anche solo la trascuratezza el’incuria, allora possono scatenarsi le catastrofi.Molto si è detto, scritto e anche recitato intornoalla tragedia del Vajont. Con una scelta forse un po’fuori dal convenzionale si preferisce lasciare ogni

Non esiste miniera lontanoda un torrente

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Le montagne e l’acqua

commento alla Diga di Erri De Luca, un nostropoeta contemporaneo, nato in Campania e notoben oltre le Alpi.

Chiasso di acque nei cieli, “Hamòn màim basha-màim”.Così un profeta intese la voce che grondava su di luida un acquario di stelle.Ascolta un altro chiasso, una montagna intera chesfracella sopra l’invaso di una diga.Era di notte, aggredite dal crollo esplosero le acque verso l’alto a strappare le case diErto e Cassodai pendii a meridione e poi di nuovo in giù, acque suacque,oltre la muraglia-sgabello a sradicare a valle Longa-rone, lago fiume e tempesta di Vajont, duemila nostrispenti.Ascolta il tuffo del sangue quando l’amore stringe:moltiplicalo per il quadrato delle stelle fisse,per il grido del capretto sgozzato ogni Pasquanatale,per la sega del fulmine e il piccone del tuono, aggiun-gilo agli schianti del bosco cancellato, larici, abeti, càr-pini, betulle, cervi, gufi, lepri, martore,uova, ali, zampe, artigli stritolati: e poi dividi per il silenzio di un minuto dopo. Non giocare con l’ac-qua,non chiuderla, frenarla, è lei che scherza dentro grondaie, turbine, ponti, risaie, mulini, e vaschedi saline.È alleata col cielo e il sottosuolo,ha catapulte, macchine d’assedio, ha la pazienza e iltempo:passerai pure tu, specie di viceré del mondo, bipedesenza ali, spaventato a morte dalla morte fino a met-terle fretta.(da: Opera sull’acqua e altre poesie,Torino: Einaudi, 2004, p. 14)

Acqua e ghiaccio: stazioni meteorologiche e gla-ciologiche, telerilevamento e sistemi informativisatellitari, marcatori di variazioni ambientali e politecnologici sono alcune delle parole che più fre-quentemente affollano le pagine dei giornali specia-

Dietro a opere giganteschestanno enormi rischi

e benefici

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listici che ci aggiornano dei più recenti progressidelle tecnoscienze. Anche la montagna si deveattrezzare, perché rispetto della natura significaanche non dimenticare ciò che accade intorno e unisolazionismo protettivo non giova a mantenere inqueste regioni i giovani, che inevitabilmente sonoattratti dalle seduzioni della città e della società dimassa. La soluzione potrebbe arrivare proprio dallenuove tecnologie dell’informazione perché proprioesse, a differenza della grande industria non hannobisogno né di grandi spazi né di grandi risorse ener-getiche. In molti casi è solo necessaria una linea datia larga banda e alta velocità di trasmissione.

Bisognerebbe a questo punto aprire una porta suscenari che forse ci farebbero invece deviare dagliscopi di questa ricerca le cui finalità – lo ricordiamo– devono soprattutto giungere a una fotografia delpresente e del passato. Ovviamente sempre con rife-rimento all’acqua che è il nostro cardine centrale.

Tra gli artifici che la nostra società ha costruitoper armonizzarsi con l’ambiente esistono anche iregolamenti e le leggi. Sembra strano, a questopunto, chiamare in causa amministratori e legislato-ri, ma anche essi fanno parte del complesso sistemadi cui ci occupiamo. Scoprire i regolamenti di usodelle acque, che in molti centri montani hannoradici molto antiche, significa prendere coscienzadel contesto storico in cui si è sviluppata una comu-nità montana.

Inoltre sempre più affollano i codici e le raccoltedelle norme i regolamenti e i criteri di valutazionee uso di questa risorsa.

Il decreto 12 Novembre 1992 n. 542: “Regola-mento recante i criteri di valutazione delle caratte-ristiche delle acque minerali naturali”, del Ministe-ro della Sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficialedel 12 Gennaio 1993 indica i “Criteri di valutazio-ne per la revisione dei riconoscimenti delle acqueminerali naturali in commercio”. La valutazionedelle caratteristiche organolettiche, fisiche, fisico-chimiche, chimiche e microbiologiche é stata basa-ta sul Decreto legislativo 25-01-1992, n. 105:“Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla

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Le montagne e l’acqua

utilizzazione e alla commercializzazione delleacque minerali naturali”, pubblicato nella GazzettaUfficiale del 17-02-1992.

Non bisogna spaventarsi né si corre il pericolo diannoiarsi: anche solo la lettura dell’etichetta incol-lata sopra una bottiglia di acqua minerale ci aiuterànella nostra avventurosa ricerca.

È questo un solo piccolo esempio per guardareoltre gli archivi polverosi e rendersi conto che latotalità della nostra società ci avvolge e non possia-mo mai ragionare a compartimenti stagni. Non cisono separazioni insormontabili tra il dominio dellapoesia e quello della scienza più avanzata.

Nel 1968 il Comitato Europeo del Consigliod’Europa per la salvaguardia della Natura e dellesue risorse ha promulgato la Carta dell’acqua, arti-colata in dodici punti essenziali. Concludere conquesto insieme di precetti sia di buon augurio esoprattutto di speranza per un futuro più sostenibi-le di quello che abbiamo oggi dinanzi.

Non c’è vita senza acqua. L’acqua è un bene pre-zioso, indispensabile a tutte le attività umane.

Le disponibilità d’acqua dolce non sono inesauribi-li. È indispensabile preservarle, controllarle e se possi-bile accrescerle.

Alterare la qualità dell’acqua significa nuocere allavita dell’uomo e degli altri esseri viventi che da essadipendono.

La qualità dell’acqua deve essere tale da soddisfa-re le esigenze delle utilizzazioni previste; ma deve spe-cialmente soddisfare le esigenze della salute pubblica.

Quando l’acqua, dopo essere utilizzata, viene resti-tuita al suo ambiente naturale, essa non deve compro-mettere i possibili usi, tanto pubblici che privati, che diquesto ambiente potranno essere fatti.

La conservazione di un manto vegetale, di preferen-za forestale, è essenziale per la salvaguardia dellerisorse idriche.

Le risorse idriche devono formare oggetto di inven-tario.

La buona gestione dell’acqua deve formare oggettodi un piano stabilito delle autorità competenti.

Laghi d’acqua e di nebbie

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La salvaguardia dell’acqua implica un notevolesforzo di ricerca scientifica, di formazione di specialistie di informazioni del pubblico.

L’acqua è patrimonio comune il cui valore deveessere riconosciuto da tutti. Ciascuno ha il dovere dieconomizzarla e di utilizzarla con cura.

La gestione delle risorse idriche essere inquadratanel bacino naturale, piuttosto che entro frontiereamministrative e politiche.

L’acqua non ha frontiere. Essa è una risorsa comu-ne che necessita di una cooperazione internazionale.(Consiglio d’Europa, La Carta dell’Acqua, 1968.)

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Le montagne e l’acqua

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Una tabella che è una mappa. La tabella che si pro-pone in questo Quaderno della Montagna, non vuo-le per nulla essere completa, ma è una guida perfacilitare la raccolta delle osservazioni e per la loroorganizzazione all’interno dei capitoli in cui si èvoluta suddividere la conoscenza della montagna edell’acqua. Si potrebbe dire che questa tabella èuna mappa concettuale della montagna e dell’ac-qua e di tutte le sfaccettature che queste due realtàcosì essenziali e fondamentali nella nostra societàpresentano nel loro incontro con la storia degliuomini.

Se infatti non ci fosse l’uomo non ci sarebbe nep-pure la montagna, perché la montagna, le sue risor-se e la sua cultura esistono solo in quanto l’uomo leha riconosciute come tali e le ha vissute. Proprioper questo motivo – potrebbe sembrare strano mabasta pensarci un po’ su e si vedrà che non puòessere altrimenti – se l’uomo abbandona la monta-gna, la montagna scompare, non esiste più. L’impo-verimento della montagna non deriva dal fatto chele sue risorse si sono esaurite, ma perché altri inte-ressi e altri luoghi hanno allontanato gli uomini e ledonne, soprattutto i giovani, da questi luoghi. Maritorniamo alla nostra mappa, che come si è giàdetto, non è la descrizione fedele del territorio chedovremo esplorare, ma solo una guida, una tracciaper poter segnare su di essa il nostro cammino edeventualmente, per poterlo ripercorrere o per per-mettere ad altri di farlo.

UNA MAPPA:PER CERCARE E PER TROVARE

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Le montagne e l’acqua

La tabella è organizzata, come tutte le tabelle, inuna griglia di righe e di colonne. Le colonne corri-spondono ai sei capitoli in cui si è suddivisa lanostra osservazione, a partire dalle sensazioni piùimmediate sino ad arrivare alle considerazioni piùcomplesse e organizzate che noi chiamiamo cono-scenze scientifiche. Di questi sei campi si è già par-lato nei capitoli precedenti, e ora invece è necessa-rio passare in rassegna ciò che contengono le righe.

Si sono cercate di analizzare le varie forme esostanze in cui la nostra società (i francesi direbbe-ro meglio, civilisation, che non è una parola cosìimportante come “cultura” e non è neppure troppocarica di significati morali come il nostro “civiltà”)

SSEENNTTIIRREE OOSSSSEERRVVAARREE colori, suoni, odori, ambientee altre sensazioni e paesaggio

ssoossttaannzzee ee mmaatteerriiaallii 9 2, 6, 25ooddoorrii ee pprrooffuummii 9, 10, 11, 58 19, 58lluuccii ee ccoolloorrii 9, 10, 58 1, 11, 58rruummoorrii ee ssuuoonnii 14, 58 1, 15ppiiaannttee ee aanniimmaallii 30, 58 10, 15ppoossttii ee lluuoogghhii 30, 59 1, 6, 10, 15, 59, 64ssttrraaddee ee ppoonnttii 9, 60ccaassee eedd eeddiiffiiccii 9, 35, 61aalliimmeennttii ee rriicceettttee 61 61ggeessttii ee aazziioonnii 43, 61mmeessttiieerrii ee llaavvoorrii 43 62aattttrreezzzzii ee uutteennssììllii 62, 63ccoossee ee ooggggeettttii 63lleeggggeennddee ee mmiittii 33, 63ssttoorriiee ee rraaccccoonnttiiiimmmmaaggiinnii ee ddiippiinnttii 35 16, 64ssccuullttuurree ee sseeggnnii ddii ppiieettrraa 64ppooeessiiee ee ccaannzzoonnii 35 19, 65pprreegghhiieerree ee oorraazziioonnii 65uussii ee ccoossttuummii 66iissccrriizziioonnii ee iimmmmaaggiinnii 59, 66 36, 66ffuummeettttii ee ccaarrttoonnii 31 31, 67cciinneemmaa ee tteelleevviissiioonnee 67 67ppuubbbblliicciittàà ee ssppeettttaaccoollii 67 38, 67ssppoorrtt ee tteemmppoo lliibbeerroo 68rreeggoollee ee lleeggggiitteeccnniiccaa ee mmaacccchhiinnee 54sscciieennzzaa ee ssvviilluuppppoorriissoorrssee ee rriicccchheezzzzee

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ha lasciato e lascia traccia di sé, sia in maniera con-sapevole, sia in modo del tutto naturale, immedia-to, spontaneo. Questi segni sono e rimangono pursempre componenti costitutivi della nostra memo-ria, in quanto essa è il presupposto del nostro pre-sente e la condizione per il futuro che domani civerrà incontro. Ciò che chiamiamo “storia” e chenon è solo costituita dai libri che gli storici hannoscritto, è un grande contenitore in cui si depositanoe si stratificano i segni e le scritture. Se sapremoorganizzare questi segni, se sapremo trasformarli indocumento, collocandoli nel tempo e nello spazioessi contribuiranno ad aumentare la nostra consa-pevolezza e a rendere migliore il nostro futuro.

RRIICCOORRDDAARREE RRAACCCCOONNTTAARREE VVIIVVEERREE LLAAVVOORRAARREE i segni, la pietra leggende, fiabe, la vita i mestieri,

e l’acqua canzoni di tutti i giorni le tecniche, le scienze

25 21, 28 21, 40 21, 29, 465, 23, 58 10, 19, 2810, 58 10, 1914, 58 58 5830 5, 58 5811, 12, 16, 18, 23 5, 7, 10, 13, 16, 21 13, 17, 41 173, 60 60 54, 60 27, 54, 6040, 49 42, 75 11 11, 41, 46, 5038, 61 61 38, 61 38, 6143, 61 43, 61 61 61, 7262 28, 62 37 27, 7262 37, 62 6263 37, 42, 63 42 6332, 63 7, 22, 32, 43, 63 32 4531, 33, 64 2, 43, 64 31, 32, 6416, 64 16, 64 16 16, 2033, 64 64 6410, 12, 31, 50, 65 11, 14, 20, 65 65 2034, 65 65 6526, 66 7, 26, 66 26, 66 26, 6618, 66 36, 66 37, 66 66, 69, 70, 7267 31, 67 678, 67 8, 67 67 6738, 67 67 38, 678, 68 68 68 6849, 68 19 51, 52, 68 15, 50, 51, 52, 6854 48, 53, 69 54, 60 20, 27, 41, 45, 4860, 69 5, 48, 69, 70 52 5, 27, 52

20 69 27, 52

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Le montagne e l’acqua

odori e profumi I passaggi dell’acqua lungo il viaggio che essa com-pie prima di sgorgare dalle fonti portano con séanche altre tracce persino più immediate che riu-sciamo a cogliere con i nostri sensi: anche se questoliquido vitale dovrebbe essere inodore e insapore,l’olfatto e il gusto svelano tracce di calcio e dimagnesio, di zolfo e di altre sostanze. Per non par-lare di ciò che non si vorrebbe mai trovare: anche inmontagna spesso incaute persone scaricano rifiutiche inquinano e che rovinano ciò che i filtri natura-li della terra non riescono più a trattenere.

luci e colori L’acqua è anche incolore, ma ciò accade soloall’H2O che possiamo trovare in un laboratorio chi-mico. L’acqua dei laghi di montagna riflette i coloridei pendii che li circondano, del cielo che li sovra-sta, ma anche di ciò che in essa vive o alloggia, algherosse o microrganismi variopinti che la pigmentano.L’acqua dei ghiacciai non è mai trasparente e inco-lore.

rumori e suoni L’acqua che non sia stagnante – gli antichi la chia-mavano “acqua morta” – è viva e come tale si muo-ve, e poiché di muove emette suoni che spesso di-ventano musica: zampilla, gocciola, picchietta, bat-te, urta, rimbalza, vortica, gorgoglia, rumoreggia, si-bila, fruscia, fischia, canta… Quali parole per de-scrivere suoni che forse nessuno strumento musica-le sarebbe in grado di riprodurre. Ma quanti musi-cisti hanno cercato di comporre le musiche dell’ac-qua?

piante e animali Si è già fatto riferimento alla vita vegetale e anima-le che cresce e si sviluppa intorno all’acqua in mon-tagna. Senz’acqua la montagna sarebbe un desertodesolato, assolutamente inospitale. Ma non è così.Erborizzare, raccogliere e catalogare le specie bota-niche che crescono lungo le rive dei torrenti, in unambiente che sembra comune e quasi banale puòrivelare sorprese e scoperte davvero curiose. Quan-ti insetti vivono sull’acqua? Quali stagioni vedono illoro riprodursi? Anche sui ghiacci, se pure in formamolto ridotta, c’è vita.

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posti e luoghi Non dimentichiamo la geografia: è una scienza chenon si fa con le carte geografiche, le quali arrivanosolo alla fine di tutto il lavoro. La geografia, lo dico-no i “veri” geografi, è una scienza che si fa con lescarpe, che si impara camminando sul terreno e sco-prendo le forme dei rilievi e delle valli, annotandoil corso dei fiumi, registrando le variazioni spessoimpercettibili, altre volte catastrofiche, che l’am-biente subisce, a causa di eventi naturali o ancheper opera dell’uomo. Se la montagna esiste perchéc’è l’uomo, la montagna può scomparire a causadell’uomo. Prima ci sono soltanto posti e luoghi,dopo essi si segnano dei passaggi di greggi e di vian-danti. Anche solo una pietra spostata può diventareun segno per il passante. Altrove, per coltivare suipendii, dove l’acqua dilaverebbe tutto, i muri asecco ridisegnano i pendii in gradoni regolari.

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Le montagne e l’acqua

strade e ponti I sentieri segnano la ripetizione di un passaggio suuna via di percorrenza: l’erba calpestata ripetuta-mente, la terra schiacciata, i ciottoli scomodi rimos-si anno dopo anno trasformano la via in strada. Lasuccessiva costruzione di muretti di contenimento,la lastricatura del fondo, sono solo le tracce succes-sive di un processo che purtroppo arriva sino alcemento e all’asfalto dei nostri giorni. Lungo le stra-de, quando i dislivelli impediscono di seguire lecurve della montagna, la gente ha costruito pontiche prima in legno, successivamente sono diventatiardite costruzioni in pietra.

Quanti “ponti del diavolo” esistono sulle nostremontagne? Quasi ci fosse voluta l’astuzia del demo-nio a vincere le forze della natura costruendo l’im-possibile. Già i Romani costruivano ponti in mon-tagna e l’acquedotto ponte del Pondel in Valled’Aosta testimonia come l’acqua già a quel tempofosse una risorsa indispensabile per l’industriamineraria della Valle. Ma questi manufatti hannosempre avuto bisogno di cure continue. Una quoti-diana attenzione a rimpiazzare la pietra sconnessa,a consolidare la spalletta intaccata dall’erosione del-l’acqua li ha mantenuti integri. Oggi l’abbandono, afavore di più comode strade, rischia di farli ritorna-re semplici mucchi di sassi.

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case ed edifici I ricoveri in montagna sono necessari per sopravvi-vere, per trovare riparo dal freddo e dalle intempe-rie. Le balme, ripari sotto la roccia, nascono intornoalle attività primarie svolte sulla montagna e segna-no i primi insediamenti umani in questi luoghi.Quando dal nomadismo l’umanità ha trovato unamaggiore convenienza a insediarsi in un luogo, allo-ra subito è nata l’esigenza di costruire ricoveri piùstabili: baite, masi, rascar, ma anche cappelle, pilonivotivi, mulini e frantoi sono gli elementi di un siste-ma che si chiama via via borgo, villaggio, paese.L’acqua non sta solo nelle fontane e nei lavatoi.

alimenti e ricette Vitale sotto tutti i punti di vista, l’acqua, anche inmontagna, è alla base dell’alimentazione. Si usanella preparazione del pane e del formaggio, nellacottura delle castagne e nella lavorazione degli eli-sir di erbe. In quante ricette è fondamentale l’acquadi questa o di quella fonte? E poi non si dimentichiche proprio alle falde dei monti l’uomo ha trovatole acque più curative. Vicino alle montagne l’uomoin tempi più recenti ha insediato fabbriche di medi-cinali proprio perché nell’acqua pura di fonte tro-vavano una risorsa indispensabile per la miglioreriuscita dell’impresa.

gesti e azioni Prima di arrivare al lavoro, e al lavoro intorno all’ac-qua, è bene analizzare i gesti che accompagnano leazioni elementari legate a questo elemento. I movi-menti essenziali delle donne che lavano alla fonte odirettamente su una pietra del torrente, il muovere leparatoie per deviare l’acqua nei canali per irrigare iprati o ancora per alimentare le ruote a pale, le forgee i loro mantici fanno parte di un lungo processo cheaccumula esperienze durate secoli e fatte di variazio-ni infinitamente impercettibili ma fondamentali.

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Le montagne e l’acqua

mestieri e lavori Dai gesti ai mestieri il passo sembra semplice, mainvece spesso è stato il frutto di una storia quasimillenaria che ha visto vicino ai pastori e ai boscaio-li, anche mastri d’ascia e falegnami, piccapietre emargari.Tutti hanno avuto bisogno dell’acqua comerisorsa vitale, come fonte di energia, ma anchecome mezzo di trasporto perché l’acqua di un tor-rente può anche trasportare i tronchi a valle. Nellasocietà artigiana e contadina, fondata sul “saperfare”, l’esperienza è sempre stata alla base di ogniconoscenza e l’apprendistato è da sempre stata lascuola del mestiere. Proprio perché mancano i libri,se questi mestieri sono abbandonati per lasciare ilposto ad altri più tecnologici e industriali, il rischiodella completa dimenticanza è molto forte.

attrezzi e utensili Se i gesti e le manualità del lavoro scompaiono,rimangono gli attrezzi e gli utensili che nella lorofunzione estendono le capacità manuali di chi lavo-ra ed esegue un’azione. L’utensile è una protesi del-l’uomo che così estende le sue capacità: in monta-gna, per l’acqua e intorno all’acqua gravitano infini-ti attrezzi, a cui forse non facciamo neppure piùcaso: secchi, mestoli, brocche, mastelli, ma anche

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paratoie, rubinetti, paioli, ruote a palette, canali etubi, ma anche tanti altri oggetti come i setacci, opersino i piatti sui quali vagliare la sabbia per sco-prire le pagliuzze d’oro che in essa si celano.

cose e oggetti Con il lavoro e con l’acqua, che spesso fa ruotare lepale dei mulini si producono tante cose: farine dicastagne e di vari cereali, oggetti di legno tornito,assi levigate, oggetti di rame e di ferro che l’acqua,con la sua forza nel muovere i magli e i mantici, hapermesso di rendere malleabili e di modellare nelleforme desiderate: pentole, falci, e altri oggetti divita quotidiana.

leggende e miti Tutto però sarebbe senza senso se non ci fosse unacontinuità tra il passato e il presente: quando il pas-sato affonda nei tempi più lontani, non bastano ipochi oggetti rimasti, non servono i ricordi ormaiannebbiati dei nonni che raccontano dei loro avi.Tutta la storia del passato più remoto rimane comedistillata nelle leggende e nei miti di cui la monta-gna è, proprio per la sua natura conservativa, unacustode gelosa. La mitologia della montagna parladi animali strani e di personaggi fantastici, di spiritie di uomini comuni e spesso oggi stentiamo a dareloro credito. Essi però, al di là delle apparenze sonola saggezza degli antichi che, non conoscendo lascienza, riuscivano a spiegare il mondo con i sim-

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boli delle fiabe. Anguana, la divinità forse più anti-ca di tutte le montagne, al tempo stesso donna,acqua e serpente, è il simbolo del principio vitale.

storie e racconti Dopo il tempo dei miti, si è aperto il tempo della sto-ria; gli uomini hanno imparato a leggere e a scrivere equindi sono stati capaci di trasmettere ai propri figli enipoti un sapere meno legato alle emozioni: il reso-conto delle cronache, i registri parrocchiali e comuna-li sono all’origine di una storia che via via si arricchi-sce di documenti. A fianco gli scrittori intanto conti-nuano a far galoppare la fantasia e a mescolare ciò cheè realmente accaduto con quello che invece esiste sol-tanto nel mondo dei sogni e dell’immaginazione.

immagini e dipinti Se i racconti hanno bisogno di una traduzione per chinon conosce la lingua di chi li narra, ciò non accadeper i dipinti e in generale per le immagini. Anchequando gli uomini non sapevano leggere, le storie deisanti affrescate sulle pareti delle chiese e delle cap-pelle, le vicende della storia illustrate sui muri parla-vano una lingua comprensibile a tutti, che oggi inten-diamo senza avere bisogno di alcun traduttore.Anchesui muri si trovano racconti che parlano di montagnee di acqua, non solo come sfondo alle vicende che inquesti luoghi si svolgono, ma anche quando diventa-no i protagonisti della storia. Quanti sono i quadri ex-voto nelle cappelle e nei santuari che raccontanodelle disgrazie di chi si è avventurato su un pontepericolante, o è stato colto da un’alluvione…

sculture e segni di pietra Meno frequenti dei dipinti, anche le pietre scolpiteservono ricordare e a testimoniare: le statue, noncosì frequenti sulle nostre montagne, testimonianol’acqua, quasi esclusivamente, però, nel caso in cuisia legata al ricordo di qualche grave tragedia. Maesistono altri modi di usare la pietra: dalle decora-zioni per le architetture alle semplici lapidi. Quan-te iscrizioni, quanti semplici segni scolpiti su unapietra hanno raccontato importanti eventi, anche secon poche lettere dell’alfabeto! Se non fosse rima-sta un’iscrizione sul ponte acquedotto del Pondel dicui si è parlato sopra, non avremmo saputo mai che

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per costruirlo vennero in Valle d’Aosta maestranzesin dal lontano Veneto.

poesie e canzoni Prima ancora di capire un’immagine disegnata,prima di tracciare segni e simboli sulla pietra, gliuomini, le donne ed anche i bambini, non solosulle montagne, hanno imparato a trasmettere e aricevere la memoria del passato attraverso formeritmate. Prima che esistesse la scrittura, quandoancora tutto era tradizione orale, l’unico modo permantenere nel tempo sensazioni e ricordi era quel-lo di mandarlo a mente. Per i grandi eventi c’eranogli aedi e i cantastorie che avevano fatto di questola loro professione, di famiglia. Per la vita comunec’erano le filastrocche e le canzoni, ma anche i pro-verbi: il ritmo, la rima, la sonorità musicale nonsono un inutile abbellimento, ma anche un modoper facilitare il ricordo. L’acqua inevitabilmente èpresente, molto spesso, sia nella sua funzione realesia come metafora e similitudine di limpidezza e dipurezza. Fino ai nostri giorni: chi non ha mai sen-tito cantare l’Acqua azzurra, acqua chiara di LucioBattisti?

preghiere e orazioni In ogni società è sempre stata presente una dimen-sione trascendente, in molti casi mistica, che è dif-ficile da cancellare con pretese di assoluta raziona-lità. Negare la dimensione religiosa dell’uomosarebbe togliere una delle sue componenti, unaparte della sua natura di essere vivente. Le preghie-re, le invocazioni, le pratiche della pietà popolaresegnano profondamente la civiltà della montagna,che con le pietre e con l’acqua, e con le difficoltàche spesso si portano appresso, ha dovuto convive-re per migliaia di anni. I luoghi di culto, le chiese,ma anche i piloni votivi sono segni tangibili di ciòche altrimenti sarebbe difficile da materializzare,proprio per la sua intima natura spirituale. Glieremi, i cenobi e i monasteri vivono intorno all’ac-qua, che ritorna sempre come segno di purificazio-ne. E infine perché non ricordare che i fonti batte-simali sono proprio l’incontro materiale, e non solo,tra pietra e acqua?

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usi e costumi A questo punto la nostra analisi ella montagna edelle sue relazioni con l’acqua si deve allargare: leusanze, i modi di dire, ma anche le feste popolari, icostumi tipici, persino le superstizioni diventanouna materia utile per essere più consapevoli di chisiamo e da dove veniamo. Pretendere un assolutorigore in ciò che rigoroso non è mai stato sarebbeun assurdo ed è forse per questo che l’etnografianon ha mai formulato dei teoremi. Piuttosto biso-gna essere curiosi e osservare, registrare le impres-sioni ricevute, cercando di immergersi nello spiritodel tempo che ha fatto nascere le usanze e le tradi-zioni. Solo così si riusciranno a trovare le radici piùnascoste della nostra civiltà. Se poi esistano prover-bi sull’acqua di montagna o se in qualche lontanocarnevale esista la maschera dell’acqua che scorrenei ruscelli, la risposta potrà arrivare solo se la sivuole cercare.

iscrizioni e immagini A questo punto della breve rassegna dei trentacapitoli in cui si è cercato di classificare il materia-le utile per le nostre ricerche sulla montagna e sul-l’acqua, ci si accorgerà che essi sono anche un ten-tativo di classificare la nostra storia: naturale, maanche artificiale. E inevitabilmente si arriva altempo presente, o quasi. La tecnologia aiuta aricordare, a registrare, a rappresentare e le immagi-ni, riprodotte in modo da essere diffuse sulla carta

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e ora anche su altri supporti, affollano gli archivi,ma anche i bauli di casa. Incisioni ritagliate da vec-chi giornali, cartoline, fotografie trasmettonoimmagini di un passato prossimo, ma spesso giàscomparso.

fumetti e cartoni Altre volte, invece, di nuovo fa capolino la fantasia ele illustrazioni nei libri per ragazzi – ma anche i dise-gni, più o meno artistici, di fumetti o di strisce illu-strate – riportano sensazioni di immediato impatto,dove forse non è neppure necessario sapere leggeree scrivere. Le storie illustrate dei giornali per ragaz-zi come fu il “Corriere dei piccoli” o tanti altri, cheancora oggi affollano le edicole, non sono certo unospecchio fedele della nostra società e difficilmenteuno storico le prenderebbe come documento per unproprio saggio. Ma attenzione: anche in questo casoi trabocchetti non mancano e con un po’ di sagaciasarà possibile scovare indizi per la nostra ricerca.

cinema e televisione Dove invece non mancheranno spunti, è certamen-te l’universo di immagini in movimento che affolla-no i grandi e piccoli schermi. Cinema, videocasset-te, televisione, dvd, computer sono strumenti: mediasi dovrebbe dire, con una parola latina arrivata a noiattraverso l’inglese, ma che vuol dire semplicemen-te “mezzi” (di comunicazione). Questi mezzi porta-no ormai alla portata di tutti immagini di posti eluoghi che altrimenti sarebbe stato assai difficileraggiungere, comodamente seduti su una poltrona acasa propria. Ma non esistono anche qui solo i docu-mentari, e sarà facile riconoscere anche in una fic-tion (si indulga ancora una volta sulla contamina-zione dei linguaggi) i luoghi dove è stato girato unfilm di avventura, sulle montagne di casa, sulle rivedel ruscello ben noto che chissà quale regista ha tra-sferito in luoghi ben più magici.

spettacoli e pubblicità Parlare di televisione e non fare cenno agli spettaco-li sarebbe assurdo, come pure sarebbe una gravedimenticanza non fare neppure riferimento aglispot pubblicitari che affollano, e spesso intasano, icanali terrestri e forse presto anche quelli satellitari.

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L’acqua e la montagna, nella loro fortunata accop-piata fanno capolino anche qui, come sfondo, maanche come simbolo di purezza e leggerezza. Non sivuole fare pubblicità occulta, ma come non ricorda-re le immagini di freschi ruscelli di montagna peressere invogliati ad acquistare quella pasta dentifri-cia, quel bagno schiuma, quell’acqua minerale oforse anche questa autovettura?

sport e tempo libero La montagna è anche divertimento. E lo sport dellamontagna è fatto soprattutto vicino all’acqua,anche se raramente dentro ad essa, viste le suebasse temperature. Dal canottaggio al rafting, per-sino alla vela sui laghetti alpini per restare in esta-te; poi si arriva all’inverno e arriva la neve che altronon è che acqua. E se di sport si parla spesso trop-po, non mancano le curiosità nascoste di quando sisciava su pezzi di legno e non esistevano gliimpianti di risalita. Per ritornare a quei tempi bastaaprire libri come Il piccolo alpino di Salvator Gottao Barnabo delle montagne di Dino Buzzati. È soloun esempio.

regole e leggi La montagna non è solo divertimento e anchequando si è in vacanza bisogna ricordare che esisto-no sempre delle norme da rispettare. La saggezzadegli antichi si è consolidata nelle leggi e nei codi-ci. I monaci di Camaldoli, nei secoli, hanno sedi-mentato nelle loro Regole una serie di norme dicomportamento che si deve avere nei confronti delbosco, risorsa vitale non solo per il cenobio, ma perl’intera comunità e per l’ambiente. Il “codice fore-stale”, che così si è costituito nel corso dei secoli, è

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stato recentemente studiato e ordinato nel Mona-stero di Fonte Avellana e costituisce un caso esem-plare da seguire per la sostenibilità del nostro futu-ro. Ogni comunità montana ha stabilito preciseregole sull’uso delle acque per usi irrigui e per ali-mentare le proprie ruote. Ora che la tecnologiainvade anche i luoghi più sperduti, nascono nuoveleggi sull’installazione di impianti, sulla sicurezzadei laghi artificiali e su molto altro. Ma spessomanca il buon senso.

tecnica e macchine La tecnologia certamente ha risolto molti problemie ha migliorato il livello della vita, anche in monta-gna dove solo alcune decine di anni orsono, senzaluce né telefono era duro sopravvivere. Oggi si puònavigare (ancora qui una metafora acquatica) inInternet in una grande metropoli nello stesso modoe con la stessa velocità come in una baita in monta-gna. E per lo stesso motivo la centralità della gran-de città può diminuire di importanza in un mondovirtuale in cui la piazza non è forse più un luogofisico… ma questa è forse (per fortuna) in partefantascienza.

La tecnologia non è solo soft, virtuale e immate-riale, ma anche imponente e pesante. L’acqua inmontagna, con la sua potenza, ha indotto l’uomo acostruire enormi dighe, che creando immensi baci-ni artificiali ha permesso di alimentare le centrali

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elettriche di cui tutti ci serviamo. Ogni tecnica had’altra parte i propri rischi che solo una onestagestione delle macchine e delle loro funzioni puòminimizzare se non eliminare del tutto. La storiadel Vajont è nota a tutti e, anche in questo caso, iracconti e le rappresentazioni servono a perpetuar-ne la memoria.

scienza e sviluppo E infine dopo la tecnologia arriva la scienza: sem-brerebbe il contrario ma non è così. Prima si fa, siprova e si riprova, si sbaglia e alla fine, una voltaottenuto il risultato, si cerca di trovarne le ragioni.La scienza costruisce modelli (che i più chiamanoformule, o diagrammi, o procedimenti) con i qualisi può conoscere e soprattutto usare il mondo checi circonda senza dovere ogni volta provare e ripro-vare, anche sbagliando.

La scienza fornisce strumenti per misurare equindi per valutare, e di conseguenza ci dà un modooggettivo di scegliere (per quanto sia possibile) nelmodo migliore. Anche le acque possono esseremisurate nelle loro caratteristiche fisiche e chimi-che con strumenti che si possono usare senza averebisogno di chiamare in causa un laboratorio chimi-co. Con una cartina, facilmente reperibile in farma-cia, è possibile misurare l’acidità come la durezzadell’acqua della fontana sotto casa o del ruscelloche sgorga dal ghiacciaio. Non sarebbe stato possi-bile se prima molti scienziati e ricercatori, non sem-pre famosi e riportati dai libri e dalle enciclopedie,avessero speso il loro lavoro in continui e spessonoiosissimi esperimenti…

La descrizione della mappa dell’acqua e dellamontagna, o meglio, della carta su cui tracciarne iconfini e le frontiere, le vette e le valli è ora termi-nata ed è giunto il momento di verificarne l’effica-cia. È ancora un foglio bianco come lo deve essereil quaderno di chi si accinge a registrare le proprieimpressioni nel viaggio avventuroso che sta perintraprendere. La montagna a l’acqua sono risorseche la nostra curiosità deve scoprire, non solo sul-l’immediato aspetto della loro fisicità, ma allargan-

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do i confini, scoprendone i contesti, svelandone iricordi, cercando di spiegarne le metafore e i sim-boli. La tabella, a cui inevitabilmente dobbiamoritornare, deve servire solo da promemoria. E perfacilitarne l’uso in qualche casella, si troveranno deinumeri di pagina: essi rimandano a ciò che in que-sto Quaderno della Montagna è stato portato aesempio e supporto: citazioni, immagini, ricordi.Buona avventura!

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La storia è racconto, ma è anche memoria del pas-sato e questa memoria non è fine a se stessa, perchésu essa si fonda la consapevolezza del presente.

Ogni azione che compiamo, ogni evento cheaccade, sia che in esso sia presente l’intervento del-l’uomo, sia che esso ne sia indipendente, non è solofrutto di azioni o di cause che avvengono nell’istan-te medesimo, ma è così perché prima di esso c’èstata una serie di altri avvenimenti che lo hannopreceduto e che hanno impostato le condizioni per-ché accadesse. Una pietra rotola giù da un pendioperché qualcosa ha reso non più possibile l’equili-brio che la manteneva ferma, ma quella stessa pie-tra non si sarebbe mossa se prima una serie intermi-nabile di cause non avessero fatto in modo che pro-prio in quel preciso momento esistessero tutte lecondizioni per l’evento medesimo. L’acqua che saltada una cascata compie la sua traiettoria perchéprima ha riempito il letto del torrente a monte e asua volta è arrivata là perché ancora più a montec’era una fonte, o un ghiacciaio da cui è sgorgata, ecosì via. I sistemi naturali sono strutture assai com-plesse in cui un evento trascina dietro di sé unainterminabile serie di cause ed effetti ed ancora dicause e concause e effetti collaterali, che è assai dif-ficile prevedere dove andrà a finire. Ma è certo che“il battito d’ali…” Questa frase è stata persino trop-po usata e strausata: ha in sé una profonda verità, inquanto non bisogna dimenticare che in molti casianche piccole cause, apparentemente prive di signi-ficato e di effetti immediati, a lungo andare posso-no portare anche a grandi eventi.

LA MEMORIA È IL NOSTRO FUTURO

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Le montagne e l’acquaLe montagne e l’acqua

La teoria dei sistemi, che è proprio sorta per cer-care di spiegare gli eventi naturali, si fonda sul con-cetto fondamentale che un sistema è un complessodi elementi che interagiscono tra di loro. È propriol’intrigo di queste relazioni, che si infittisconoquanti più sono gli elementi che tra di loro intera-giscono, a determinare ciò che, con una parola chedice tutto e niente, si chiama complessità.

Senza volere neppure cercare di spiegare la com-plessità, è però importante ritornare al concetto distoria e di memoria da cui siamo partiti. Se la nostraciviltà dimentica la memoria e soprattutto se nonprovvede giorno dopo giorno a formare la memoriaper il proprio futuro, allora rischierà di trovarsi difronte a eventi di cui non riesce ad essere neppureconsapevole. Senza consapevolezza si vive solo nelpresente e non si riesce neppure a rendere sosteni-bile il futuro in cui domani vivranno le generazioniprossime.

La montagna, per la sua stessa natura, lontana dalcaos e dall’entropia (che è poi solo una parola diffi-cile con cui si vuole esprimere il disordine nei feno-meni fisici) è conservativa, perché mantiene memo-ria del proprio passato, legandola saldamente alladurezza e all’asprezza della propria geografia. L’ac-qua è il nostro principio vitale e da essa è dipeso, dasempre, ogni passo dello sviluppo dell’umanità.Prendere coscienza di entrambe queste realtà cosìlegate e così distanti nella loro funzione naturale (laprima immobile, la seconda sempre in movimento),capire che la memoria non deve essere nostalgia oerudizione, ma che essa è il nostro futuro: questo èil primo passo da compiere.

Ciò che in questo Quaderno si è voluto suggerireè un progetto difficile e ambizioso: un lavoro chesolo a lungo darà i propri frutti perché esso non puòessere compiuto da una sola persona e in un solotempo. La coralità di una ricerca si fonda sulla com-plementarietà delle competenze, che non semprenecessariamente devono essere quelle di grandiscienziati. Esiste, nel mondo della scienza, lametafora dei nani e dei giganti, che alcuni attribui-scono perfino a Newton ma che in realtà risale a

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Vittorio MarchisVittorio Marchis

Bernardo di Chartres e forse ancora ad altri: “noisiamo nani che vediamo grandi orizzonti perchéstiamo seduti sulle spalle dei giganti”. Questi gigan-ti sarebbero i grandi della scienza, ma qui si vuolecapovolgere il detto.

Spesso, e molto più spesso di quanto non si vor-rebbe far credere, i giganti sono riusciti a scorgereciò che ci hanno lasciato in eredità con le loro sco-perte perché essi erano saliti sulle spalle dei nani, ditanti nani piccolissimi e forse sconosciuti, i qualihanno in realtà permesso, con la loro presenza e conil loro lavoro silenzioso, a questi grandi di sollevarsidi quel poco, indispensabile per entrare nella storia.Ma tutti siamo nella storia. Ancor più oggi di ieri laricerca non è fatta da un singolo, ma è il frutto dellacollaborazione di tanti e di tantissimi uomini edonne che insieme collaborano, lavorano, faticano emagari anche si divertono. Se non c’è l’entusiasmonon si riuscirà mai a concludere nulla.

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A questo punto sembrerebbe che tutto sia statopreparato con cura e che in un certo senso anche illavoro, programmato e articolato, possa ritenersi inbuona parte compiuto, ma non è così. Questo agilequadernetto rimane pur sempre soltanto una pro-posta, uno stimolo, una provocazione e, in ultimo,anche una sfida: si può sempre fare meglio, perchéla vera ricerca incomincia proprio quando la si ritie-ne conclusa. Ciò significa che forse si è riusciti acapire, magari confusamente, che cosa si voleva cer-care. Conoscere vuol dire curiosare, vuol dire cam-biare gli schemi cha abbiamo in testa per verificarese anche con un piccolo scarto le nostre idee delmondo che ci circonda possono essere cambiate,anche solo perché si è cambiato il punto di vista. Inquesto senso questo libretto non aspetta altro chequalcuno che sappia trovare di meglio, che sappiaproporre nuove strade da percorrere, nuove pro-spettive, anche soltanto nuovi modi di raccontare.Alla base di tutto, infatti, prima ancora che arrivi lascienza che deve razionalizzare la nostra conoscen-za, si deve creare un racconto, si deve comunicare achi ci sta vicino che cosa abbiamo sentito o imma-ginato: senza tutto ciò l’umanità non si sarebbemossa dalle caverne.

E allora, può non essere inutile una spiegazionealla tabella che è stata inserita in questo Quaderno:essa è un indice che viaggia su due binari che siincrociano in moltissimi punti. Da un lato si trova-no le nostre forme di conoscenza, da quella più“animalesca” dell’istinto e dei cinque sensi, a quellapiù razionale e avveniristica della tecno-scienza.Dall’altra ci sono gli oggetti, che per quanto ci

E COSÌ INCOMINCIA LA RICERCA…

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Le montagne e l’acquaLe montagne e l’acqua

riguarda, nel nostro caso, riguardano La montagna el’acqua e tutte le loro “declinazioni”. Ad ogni incro-cio c’è un modo di guardare e conoscere un parti-colare oggetto e, di principio, proprio in ogni incro-cio potremmo collocare un’immagine, un testoscritto, una sensazione. Ma, fatte le debite eccezio-ni e scartando i percorsi più difficili, da ogni incro-cio può prendere il via una ricerca, che neppure chista scrivendo ora queste righe conosce e che maga-ri non percorrerà mai. Questo modo di lavorare,che gli inglesi chiamano brainstorming, si fonda suun rimescolamento delle carte su cui di solito noisiamo abituati a classificare le nostre conoscenze eche a scuola chiamiamo “materie”. Nelle proposteche sono fatte nelle pagine in questo Quaderno nonc’è la Matematica o l’Italiano, la Storia o l’Educa-zione fisica: c’è tutto e forse non c’è niente, perchéi contenuti devono emergere dall’incontro dei sape-ri, dal fatto che persone diverse riescano a parlare ea comunicate tra di loro, con un pizzico di interes-se e curiosità.

Sta proprio nella curiosità e nell’entusiasmo dichi accetta la sfida la molla per andare avanti, per“fare ricerca” nel vero e più genuino senso. E se poinon si troverà nulla di speciale, di nuovo, di innova-tivo poco importa, perché nessuno è capace a prio-ri di vedere nel futuro. Ma una cosa è certa: se laricerca è sincera, se non si bara con se stessi, andan-do a copiare ciò che altri hanno già fatto, allora ilpremio che si riceve è già quello di avere percorsouna nuova strada e, se possibile, di averla comuni-cata a chi ci sta accanto. Perché la scienza è anchecondividere e rendere partecipi gli altri di ciò cheabbiamo trovato: la conoscenza, se divisa, si molti-plica. Non abbiate paura di sbagliare, né di indicaregli errori o imperfezioni, che inevitabilmente sapre-te trovare anche in queste pagine. Buona avventura.

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RIFERIMENTI ICONOGRAFICI

Nel seguito, per mantenere un rigore scientifico nella documentazione utilizzataa corredo, spesso evocativo, del testo, si riportano le sintetiche didascalie delleimmagini e le rispettive fonti. Di fronte alle inevitabili incompletezze o omissio-ni si chiede al Lettore la sua comprensione e il supporto per migliorare in futuro.

pagina

1 Lungo la stura di Lanzo (TO).2 Cima del San Matteo in Valtellina.5 Rappresentazione di un temporale. Leonardo da Vinci, Codice Windsor.6 Laghetto sui monti della Sicilia.7 La leggenda del Ponte del Diavolo, in “Il Dagherrotipo”, anno I, n.4 (23

gennaio 1840).9 Paesaggio ai piedi delle montagne, xilografia da Gabriele Simeoni, Figure

de la Biblia illustrate de stanze tuscane, Lione : Guglielmo Rovillio, 1564.10 Paesaggio agreste, xilografia da Gabriele Simeoni, Figure de la Biblia illu-

strate de stanze tuscane, Lione : Guglielmo Rovillio, 1564.11 Fontana a Bagneri in Valle Elvo (BI).12 Sul greto di un torrente nell’Alto Adige.14 a Cascata sugli Appennini.14 b Spartito musicale della canzone Sotto un arco dell’acquedotto di M. De

Angelis.15 Cascata di ghiaccio in Friuli.16 a Uno degli innumerevoli Laghi Blu delle Alpi.16 b Affresco nella Chiesa di San Giorgio a Valperga. (aut. Sopr. per i Beni

Architettonici e il Paesaggio del Piemonte e Ass. Amici di San Giorgio diValperga).

17 Ghiacciaio dei Forni (SO).18 Disegno di cascata e vortice. Leonardo da Vinci, Codice Windsor.19 a Particolare di un disegno a penna di un temporale. Leonardo da Vinci,

Codice Windsor.19 b Ruderi di mulino a Pertosa (SA).20 Mappa mineralogica del Piemonte redatta dal cavaliere Spirito Benedetto

Nicolis di Robilant, XVIII secolo.

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21 Etichetta di acqua minerale.22 La statua gigantesca dell’Appennino, opera del Giambologna a Villa

Demidoff a Firenze. Incisione di Lacauchie / Portier in “France Militaire”(prima del 1820).

25 “Marmitta” scavata da un ciottolo mosso dall’acqua all’interno di una con-cavità naturale di una roccia.

26 Epigrafe romana di Alatri (FR). E’ facilmente individuabile nel testo ilriferimento ad un “balnearium lacum” e alla “aquam in opidum”.

27 Mappa degli acquedotti di Roma antica, secondo Cassio.28 Immagine pubblicitaria delle acque minerali di Courmayeur.29 Ponte acquedotto romano del Pondel, ad Aymaville (AO). Incisione dalla

Corografia d’Italia di Attilio Zuccagni Orlandini (1840).30 Nella Valle di Viù (TO).31 Da un fumetto di Walt Disney degli anni ’70.32 Da un fumetto di Luciano Gatto del 1957.33 a L’homo selvaticus in Val Bognanco.33 b Logo del Progetto Anguana (ideazione e grafica di V. Marchis).35 Affresco con Anguana a Cibiana in Cadore.36 Escursione sugli Appennini. XXI Congresso degli Alpinisti Italiani, Asco-

li Piceno.37 Fontana a Teramo in una foto d’epoca.38 Pubblicità storica di un’acqua minerale.39 Fonte naturale a Bajardo (IM).40 La Fontana di Trevi in una incisione del XVI secolo.42 Fontana del 1872 a Burolo (TO).43 I gesti dell’acqua in montagna. Sequenza di fotogrammi da Marco Tonon,

Gesti da museo, Roma : INRM, 2002.45 Mulino ad acqua in un disegno di Francesco di Giorgio (sec. XV).46 Acquedotto nella valle di Maddaloni (CE) .48 Canalizzazione in legno per alimentare il mulino di una forgia, in Valle

d’Aosta.49 Impianto minerario a Traversella (TO).50 a La valle di Erto (PN)50 b La diga del Vajont (PN)51 Torrente ghiacciato in Valle d’Aosta.52 Nebbie tra i monti Sibillini.53 Mulino alimentato da acque raccolte in montagna; da: Vittorio Zonca,

Novo Teatro di Machine et Edificii, Padova, 1607.54 Ponte in pietra a Ceres (TO) lesionato dall’alluvione dell’ottobre 2000.58 a Lago sui Monti Peloritani (ME).58 b La “Fabbrica della Ruota” a Pray nel Biellese.59 Origine delle Acque di Valverde sull’Appennino Emiliano e cisterne nei

pressi di Sant’Onofrio (XVIII sec.).60 Ponte in pietra lungo la Stura di Lanzo, a Ceres (TO) dopo il restauro (si

veda a pag. 54).61 a Edificio della turbina presso la “Fabbrica della Ruota” a Pray nel Biellese.

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Vittorio Marchis

61 b I gesti dell’acqua in montagna. Sequenza di fotogrammi da Marco Tonon,Gesti da museo, Roma : INRM, 2002.

62 I gesti dell’acqua in montagna. Sequenza di fotogrammi da Marco Tonon,Gesti da museo, Roma : INRM, 2002.

63 Bicchiere in uso all’inizio del Novecento alle terme di Montecatini.64 L’Appennino del Giambologna nel giardino di Villa Demidoff a Firenze,

oggi.66 Fontana nel Castello di Issogne in Val d’Aosta. Acquaforte di G. Chessa

(1897).67 Copertina del “Corriere dei piccoli” del 3 maggio 1970.68 Inserzione pubblicitaria dello Stabilimento Idroterapico di Oropa (1884).69 Costruzione dell’acquedotto del Ruzzo (1934).70 a Mulino Giamba sull’Appennino Pistoiese.70 b Sorgente e relative condotte e cisterne, delle Acque del Monte di San

Michele in Bosco, sull’Appennino Emiliano.71 Pieve di Teco (IM) sul torrente Arroscia.72 Posa in opera dell’acquedotto del Ruzzo (TE) (1934).75 Fontana a Carema (TO) in un disegno di Alfredo d’Andrade, da G. Gia-

cosa, Castelli Valdostani e Canavesani, Torino: Roux, 1897.

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Finito di stampare nel mese di ottobre 2004presso le Officine Grafiche Litosei s.r.l.

Rastignano (BO) - www.litosei.com

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