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olimpiadi orgogliopugliese l INFERNO E A CASTELLANA SETTEMBRE 2012 C 2,00 FIERA CHE FICO! MILELLA ` in pug il magazine dell’eccellenza pugliese LUNGA VITA ALLA Cambiano i tempi, cambia FdL `

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il magazine dell'eccellenza pugliese

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Sommario

5 L’ editoriale

settembre 2012 - numero 5

Fiera futuribile

Alla Fiera dell'Est. L'ottimismo di Viesti 8Una edizione di speranza 10

Fiera del Levante, da mercato a volano per la Puglia 12

Numeri e date di una Fiera da 90 anni nella storia della città 13

La Fiera offre casa alle Start Up 14

The Hub Bari incubare l'impresa per favorire la crescita 14

Questione di moda

San Severo, quando la Puglia sa essere alla moda 16

I trend del momento dalla pelle al militare ma l'importante è mixare 17

Fichi d'india: cosmopoliti, profumati, emozionanti 18

Cucina senza frontiere, come un ponte 19

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LUNGA VITA ALLA

Cambiano i tempi, cambia FdL

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Sommario

Fizzarotti, una ambasciata veneziana nel tacco d'Italia 20

La luce i colori di Giovanni Albanese 21 Sfogliando la Puglia 23

44Le cattedrali pugliesi sul mare

LeMieVacanzePugliesi 26

Taras. Le origini e il mito 28

Orsara, quasi all'improvviso 30

Orgoglio Pugliese

DIversamente abili o semplicemente atleti? 44

Quarantaquattro anni per pensare al futuro 47

Elettrottanta 32 Sì, a Castellana l'inferno è nella grotta 36

Spiaggie sì, ma d'autore 40

La grande sfida della Disfida 42

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fabio Paparella

OrgoglioPugliese

L’editoriale

fabiopaparella

Il Nord meglio del Sud. Per certi aspetti sarà anche così ma il prob-lema serio che comunque siamo tutti in una Italia malconcia…Detto questo, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno la nostra for-tuna è che siamo in Puglia, terra incantevole, dal clima mite e dai mille paesaggi. Che la Puglia meritasse attenzione lo si dice da anni, noi addirittura ne abbiamo fatto una ragion di vita con questo maga-zine, oggi però, questa periferica regione d’Italia inizia ad avere le giuste attenzioni. Non di certo dalla politica (quella ormai è troppo evanescente per preoccuparsi degli altri, deve prima salvare se st-essa…), ancora non come potrebbe dalle imprese, considerato che il tasso di disoccupazione è sì diminuito ma è pur sempre all’11,2%. Ma qualcosa si muove.Per fortuna, abbiamo delle eccellenze che ci portano in alto e pro-muovono al meglio questa terra. Dagli sportivi vittoriosi (quelli di Londra e non solo...) agli uomini di spettacolo, dai ricercatori agli chef, per non parlare dei prodotti di questa terra, soprattutto quelli enogastronomici che conquistano proseliti ed estimatori giorno dopo giorno in tutto il mondo. Poi ovvimanete c'è l'immenso patrimonio, culturale, architettonico e paesaggistico sul quale si potrebbe fare un numero monotematico di Puglia in. Tutto questo e tanto altro è il nostro "Orgoglio pugliese" e contri-buisce ad accrescere l'immagine della Puglia e a movimentare i flussi turistici. Questa estate abbiamo potuto "sfruttare" persino le nozze di Michele Placido e la citazione del barese d'origine Biagio Antonacci in Non vivo più senza te. Diciamo che la Puglia sta imparando in fretta anche a farsi promozione... Si pensi che sono sempre più i turisti colpiti da questa terra che, dopo un soggiorno, decidono di acquistare una casa per le vacanze da queste parti. Italiani, stranieri, famosi e meno famosi, tutti subiscono il "Colpo di Puglia". Già in passato avevamo appreso con orgoglio e soddisfazione che due attrici hollywoodiane come Merryl Streep ed Ellen Mirren hanno preso casa in Salento, oggi è la volta di Vasco Rossi.Il roccker di Zocca quest'anno, dopo venticinque di convivenza con Laura Schmidt, si è finalmente sposato e ha deciso di passare una lunga luna di miele a Castellaneta Marina presso il Nova Yardinia. Bel colpo per l'esclusivo resort tarantino in termini di marketing. A quanto pare lo staff del resort salentino ha iniziato a corteggiare il Sig. Rossi sin dall'anno scorso. Per chi non lo conosce, stiamo parlan-do del più grande convention, Spa & resort d'Italia. Un gioiello del turismo di qualità, con al suo interno 4 hotel, 5 chilometri di spiaggia privata, 3.500 mq di Thalasso-Spa, 30 sale meeting, 7.800 mq di aree espositive e ben 14 ristoranti. Una realtà che ogni anno fattura circa 18 milioni di euro, più eccellenza di così...Per fortuna siamo al Sud, anzi in Puglia

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antonio stornaiolo

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La Puglia vista da

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www.antoniostornaiolo.it

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Una delle condizioni che pose per accettare la presidenza, fu di avere carta bianca. Il malato era grave, il dissesto gravissimo e decenni di clientelismo di ogni colore avevano trasformato il personale in una costellazione di tribù l’un contro l’altra ar-mate.Oggi le cose, se non altro, sono più chiare: molto del conten-zioso giudiziario con i dipendenti si è appianato. Gran parte della vecchia guardia è in pensione, c’è stata una riassegnazione di ruoli e mansioni e, grande polemica sullo sfondo, l’affidamento in esterna del servizio stampa, uno dei bubboni più densi di racco-mandazioni e sfruttamento (veri episodi di caporalato e mobbing a gogo: speriamo siano solo un ricordo) che la Fiera annoveri.Gianfranco Viesti è ottimista. È sicuro che questa sia la Fiera della Transizione, dove si conclu-de una fase durata oltre settanta anni e ne inizia una nuova.«Sarà una fiera diversa, accattivante e interessante per i visitatori. Insomma abbiamo ben altro da offrire a chi forse per troppi anni è venuto a vedere, man-giare un panino e tornarsene a casa».La Fiera quest’anno offrirà ben altro approccio fra utente e im-prese. Certo la crisi è ben pre-sente, la superficie destinata agli espositori si è ulteriormente ri-dotta rispetto agli scorsi anni, e per quanto il dato sia ancora non ufficiale, si può dire che il numero degli espositori è destinato a cala-re ulteriormente rispetto alla già non brillante edizione dello scorso anno.Ma la presenza di Mario Monti all’inaugurazione, sia pur anticipata rispetto all’apertura e decentrata al Petruzzelli, ha fornito a Viesti un’ulteriore dose di ottimismo.Sia pur non ufficialmente, Viesti ha criticato l’atteggiamen-to negativo del Sindaco Michele Emiliano che ha giudicato sbagliata la scelta di alterare la tradizione pur di consentire

a Mario Monti di essere a Bari. Dopo tre anni, finalmente, il Governo riappare ai livelli apicali e la Fiera non deve accon-tentarsi dei soliti sostituti di terza o quarta fila. Un segno im-portante, così lo legge Viesti e chiunque oggi, su tutti i fronti, è impegnato a comprendere se la declinazione del verbo “fare la Fiera” ha ancora un tempo futuro.

«Noi siamo sicuri che la Fiera abbia un futuro. E non solo come contenitore di manifestazioni terze o come centro con-gressi”. Certo siamo lontani dai giorni cui era a Bari e a Settembre che rico-minciava il dibattito politico nel paese, proprio sulla scorta dell’inaugurazione. Una tradizione che durava ininterrotta-mente dal dopo guerra e che aveva visto nascere proprio a Bari l’idea della Cas-sa per il Mezzogiorno».Viesti, come chiunque, si aspetta che il suo collega economista e professore delinei meglio le stra-tegie per la crescita e la ripresa, mentre nel mainstream mondiale ricomincia timidamente a fare capolino Keynes e qualche pos-sibile new deal, mentre non solo nelle facoltà di economia italia-ne si ricomincia a leggere quello che, prima di scomparire miste-riosamente nel 1987, scriveva Federico Caffè a proposito dello strapotere del capitale finanzia-rio.«Ci aspettiamo che ancora una volta da Bari parta un messaggio chiaro e artico-lato sul nostro prossimo futuro economi-co» ci congeda educatamente l’in-

daffaratissimo presidente. A dirla tutta, moltissimi attendono la stessa cosa. E al di là delle polemiche, Mario Monti a Bari è un segnale forte di interesse e rispetto, da parte del governo, nei confronti di questa fiera, ad un tempo tradizione ed even-to, che per una volta guarderà ad est non solo in senso geogra-fico ma, consentiteci, anche astronomico. Nella direzione in cui, ogni santo giorno, il sole ci riporta al nostro virtuoso stato di esseri sociali.

Il presidente della Fiera del Levante, Gianfranco Viesti nel corso dell’ innaugirazione 2011.

Alla Fiera dell’EstL’ottimismo di Viesti

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Una edizione di

È stato un avvio irrituale, quello della Fiera del Levante di quest’anno, ma fi-nalmente con il ritorno del Presidente del Consiglio dei Ministri. Con un giorno di anticipo e nel Petruzzelli, per l’indisponi-bilità di Monti ad essere presente a Bari sabato 8 settembre, si è partiti con 24 ore di anticipo. Dopo tre anni Bari è tornata a ricoprire quel ruolo che le era tradizional-mente riconosciuto quale punto di ripar-tenza del dibattito politico nazionale dopo la pausa agostana.È stato un discorso a tutto tondo, quello del Premier, ma il punto centrale ha ri-guardato, naturalmente, la situazione eco-nomica della Nazione. "Molte delle cose fatte credo abbiano sofferto di angustia se prese tutte insieme, ma hanno permesso di evitare che l'Italia avesse un tracollo forse per lungo tempo irrever-sibile, e con essa l'Europa". Ha poi, natural-mente, parlato del Sud, indicandolo come “terreno primario per la politica economica di lun-go respiro, è parte determinante della strategia di crescita ed equità”, sottolineando come però “non offre ai suoi cittadini ed alle sue imprese,

SPERANZADopo tre anni di assenza il primo Ministro italiano è ritornato a Bari per l'innaugurazione della 76ma Fiera del Levante. Una cerimonia anticipata al venerdì dove hanno torvato spazio le parole di Monti, rassicuranti e fiduciose, e le paure degli imprenditori stretti nella morsa di una crisi che non vuole finire.

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Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

In alto a destra il nuovo logo della Fiera del Levante;Qui a fianco la platea del Teatro Petruzzelli gremita di autorità, imprenditori e politici;Sotto Mario Monti durante il suo intervento.

rispetto ad altre aree di quei servizi necessari, dalla sanità ai trasporti, tanto da creare una "lesione" del contratto sociale”.È stata, quella di venerdì 7 settembre, una lunga giornata barese per Mario Mon-ti Prima la cerimonia inaugurale della 76^ edizione nella splendida e suggestiva cornice del Teatro Petruzzelli, subito dopo l’incontro con gli imprenditori del Sud nella Sala Tridente del Palazzo del Mez-zogiorno. Una scelta anche per sottolineare che la Fiera è un luogo speciale, vivo tutti i gior-ni, nel quale fiere, congressi, attività per-manenti possono rafforzarsi a vicenda. Soprattutto un luogo nel quale i giovani, creativi e ricchi di idee imprenditoriali, possano conoscere, incontrare, proporre e realizzare.“Il quartiere fieristico – ha sottolineato il pre-sidente della Fiera Gianfranco Viesti - è molto grande e frutto di una storia di decenni di interventi e sedimentazioni. Non tutto è utile, per le caratteristiche degli edifici, per fiere e congres-si. Dobbiamo valorizzare anche quella parte del

quartiere. Per questo, tramite un bando pubblico, abbiamo invitato soggetti pubblici e privati a lo-calizzare lì attività economiche permanenti. Chie-diamo loro di investire risorse proprie nelle ristrut-turazioni. Offriamo un’opportunità di lavorare in un ambiente unico. Abbiamo risposte molto inco-raggianti, abbiamo concluso contratti importanti. Il quartiere si va popolando, anche con partner esterni al territorio come Eataly”. Entusiasta il presidente del Consiglio Ma-rio Monti, che ha chiuso la cerimonia al Petruzzelli. “Sono molto contento di essere qui oggi a inaugurare insieme a voi la Fiera del Levan-te – ha dichiarato il Capo del Governo - , un appuntamento così importante per il Mezzo-giorno. Questa manifestazione è infatti l’occasione per una visione dello sviluppo del Mezzogiorno. Non solo una preziosa vetrina, capace di far bril-lare le migliori esperienze produttive del Sud. Ma anche l’occasione per riflettere su un’ipotesi di ri-lancio che superi la recessione e disegni un sentiero di sviluppo fondato a un tempo su migliori servi-zi sociali e su una industria più forte e capace di competere a livello internazionale”. Al termine della cerimonia inaugurale il

presidente Monti ha incontrato una rap-presentanza degli imprenditori del Sud nella sala Tridente del Palazzo del Mezzo-giorno della Fiera. Con lui, erano presenti il ministro della coesione territoriale Fa-brizio Barca, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, il presidente della Fiera del Levante Gianfranco Viesti ed in veste di moderatore Alessandro La-terza, vice presidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno. Tredici in tutto gli interventi degli imprenditori loca-li in rappresentanza dei diversi comparti produttivi e delle associazioni di categoria: aerospazio, meccatronica, edilizia, sistema bancario, agroalimentare, calzaturiero, moda, turismo, media, ICT.Un modo per far capire alle Istituzioni che il Sud è vivo e vuole essere protagonista dell’Italia di domani, anche partendo da Bari e dalla Puglia.

Da sinistra: Mario Monti, Nichi Vendola, Gianfranco Viesti e Sandro Ambrosi durante

la cerimonia innaugurale al Petruzzelli di venerdì 7;

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In un momento di forte difficoltà e di un generale rallentamento delle economie, sembra che sia la specializzazione ad esse-re privilegiata da quanti sono all’affannosa ricerca della via migliore per uscire dalla crisi.Le fiere campionarie, in Italia come nel re-sto del mondo, sono decisamente in decli-no, e se si eccettuano poche realtà, per lo più tradizionalmente legate all’Ente stesso (Padova, Napoli, Messina, Bari), non tro-vano praticamente più spazio nel panora-ma fieristico. Viceversa sono sempre più gli spazi espositivi settoriali, generalmente ospitati da grandi enti/contenitori capaci di prevedere la domanda del mercato, di interpretare le esigenze dei produttori e di strutturale un “ponte” tra la domanda e l’offerta che, in breve, risponde all’esisten-za stessa della “Fiera”.Oggi la tradizione delle campionarie ri-mane viva nelle grandi esposizioni all’a-perto, spesso evoluzione delle storiche fie-re comunali, proseguendo nella loro funzione di collegamento tra aziende e consumatore finale, ormai sempre meno presente nelle specializzate.Specializzazione e settorialità sono due termini ben noti ai responsabili delle fie-re italiane. Gli appuntamenti si sono, ne-gli ultimi anni, moltiplicati ed al tempo stesso concentrati. Per essere più chiari, al Lingotto di Torino non è più la “fiera campionaria del libro” ad essere al centro dell’attività fieristica, così come poteva es-sere fino a qualche anno fa, ma le tante

rassegne specializzate su editori, argomen-ti, clienti, materie determinate e del tutto “speciali” che fanno dell’evento piemonte-se un unico grande appuntamento annua-le fatto di tanti piccoli momenti concen-trati e determinati.Tradotto in termini più semplici, il futuro della Fiera campionaria così come oggi la intendiamo, e così come vuole essere la Fiera del Levante di Bari, nonostan-te le parole e l’impegno dei responsabili nell’effettuare una inversione di tendenza, è sempre quella di un “gran bazar” indi-stinto e poco individuabile, fatto di tutto, ed al tempo stesso di niente, dove si trova uno spazio per tutto (o per tutto quello che sembra interessante) senza dare al cliente, a chi paga il biglietto per partecipare all’e-vento, la sensazione di essersi in qualche modo “arricchito”.Oggi la maggior parte delle fiere specia-lizzate internazionali che si svolgono nel nostro Paese sono fiere dell’offerta, utilis-sime vetrine del Made in Italy per i nostri produttori, soprattutto per i piccoli ed in-novativi, sempre alla ricerca di utili vetri-ne per i propri prodotti, purchè vengano viste da pubblico competente, da addetti ai lavori e da altre aziende, ricoprendo il “BusinessToBusiness” una parte rilevante delle dinamiche aziendali italiane.Ma se le produzioni emigrano, se vengo-no a prevalere le attività d’importazione e distribuzione di articoli fatti all’estero, i nostri organizzatori di fiere potranno fare miracoli d’innovazione, di marketing, si-

nergie e quant’altro, ma mancheranno della principale materia prima su cui lavo-rare, sia in Italia che all’estero: l’espositore interessato a far conoscere i suoi prodotti.Infine, ricordiamo che le fiere campiona-rie sono iniziative che, proprio perché si svolgono su aree pubbliche, necessitano di approfondite competenze in termini orga-nizzativi, conoscenze in campo normati-vo, con particolare cura del percorso, delle soluzioni espositive e di iniziative collate-rali sempre nuove.In buona sostanza, ci sembra utile poter concludere con l’invito a modificare il percorso, ed ad aprire la Fiera al territo-rio provinciale e regionale. La Fiera del Levante deve accogliere tutte le risorse necessarie per avviare un percorso di svi-luppo integrato con la Puglia, rivisitando i modelli espositivi, facendo crescere le fie-re tematiche e specializzanti, rafforzando la convegnistica di settore (attualmente ferma), confermando la sua tradizionale presenza ma al tempo stesso avviando un processo di utile internazionalizzazione per tutte le imprese regionali interessate, per far si che si torni a parlare della Fiera del Levante come un volano per l’econo-mia pugliese, e non come un mercato dove comprare un ricordino dalla Galleria delle nazioni, bere una birra con gli amici ed ascoltare discorsi triti e ritriti che, alla no-stra Puglia, non servono a nulla.

Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

Fiera del Levante, da mercato a volano per la Puglia

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Il “decalogo” della Fiera che fu

Non pagherai mai il biglietto di ingresso. Te lo farai regalare da qualche amico che espone e cercherai anzi di avere la “tessera” dei giornalisti, così potrai entrare quando e come ti pare, pure tutti i giorni.

Meglio di pomeriggio, così troverai aperto il Luna Park.

Tieniti uno spazio per mangiare un toast alla Peroni e farti una birra, magari scura, di quelle che (una volta, ndr) al bar non si trovano mai.

Vai a trovare tua cugina che fa la standista alla Galleria delle Nazioni, così ti offrirà il caffè (se lavora al padiglione del Brasile) o una confezione di datteri (se si spaccia per libica nel relativo stand).

Gira al largo dalla Treccani, che quelli ti appioppano un’enciclopedia appena li guardi.

Idem alla Folletto, anzi stacci ancora più attento

Vai a giocare dentro “all’enèl” che si naviga gratis (fino al 2002 circa. Oggi L’enel non ha più alcuno spazio. Peccato per il futuristico padiglione).

Compi il voto annuale di mangiare salsicciotti e (orrore!!!) crauti, al padiglione della Baviera. Altra stazione pressoché obbligatoria di questa particolare “via famis”.

Non mangerai altre merendine al di fuori di quelle dell’aida. Certo sono commestibili solo quando sono bollenti. Appena si raffreddano sembrano fatte di gomma piuma. Pazienza.

Quando ti chiederanno: “Be’, com’è quest’anno la Fiera?” risponderai senza fallo: “Moh..sempre le stesse cose….che palle però…”.

FDO

Fortunata Dell’OrzoRIPRODUZIONE RISERVATA

La Fiera nacque nel 1929 dalla congiunta collaborazione del Co-mune di Bari, dell’Amministrazione Provinciale e della Camera del Commercio di Bari. La prima edizione della campionaria internazionale si è svolta il 6 settembre 1930 e contava una su-perficie di 115.400 metri quadrati, mentre per quel primo anno gli espositori furono circa 1355. Nel 1940, in seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale, il quartiere fieristico venne adi-bito a usi militari, prima dell’esercito italiano e poi delle truppe straniere di occupazione. Soltanto nel 1947 la Fiera riaprì final-mente i battenti inaugurando la sua undicesima edizione, coordi-nata in quell’anno dal prof. Nicola Tridente e con la presenza del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. La Fiera finalmente tornò ad essere uno degli organismi più importanti esistenti in Italia e all’estero, rendendo Bari polo fondamentale non soltanto sul piano mercantile, ma anche su quello politico spirituale, data l’immediata vicinanza con l’Oriente.Nel 1969 nascono le prime rassegne specializzate: il quartiere fie-ristico infatti, si amplia nel tempo e attualmente ha raggiunto una superficie complessiva di 300.000 metri quadrati, che ospitano nel corso dell’anno una trentina di manifestazioni, alcune delle quali hanno il riconoscimento di internazionalità, ed eventi con-gressuali e/o spettacolari. La maggior parte delle manifestazioni sono organizzate da terzi mentre alcune di esse sono organizzate direttamente dall’ Ente Fieristico, che si avvale peraltro della col-laborazione e del patrocinio di Associazioni di categoria e di altri Organismi legati a specifiche fiere.Complessivamente, gli espositori che partecipano annualmente alle manifestazioni in calendario sono circa 2.000, tra nazionali ed esteri. A circa 500.000 ammontano invece i visitatori. La ma-nifestazione maggiore resta ancora la multisettore internazionale di settembre, che può contare su circa 800 espositori e 200.000 visitatori.

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10Isabella battista

RIPRODUZIONE RISERVATA

Numeri e date di una Fiera da 90 anni nella storia della citttà

1930la prima edizione

76 le edizioni svolte. Va tenuto conto che per 6 anni (1940-1946) la campionaria non si è svolta a causa della Guerra

2milaespositoriè il numero medio per ogni anno

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La Fiera offre casa alle

Uno spazio che racchiude in se il meglio di un'incubatore d'impresa, acceleratore di innovazione e cen-tro di sperimentazione. Chi ha una idea trova qui il posto giusto per re-alizzarla

In foto i soci di The Hub Bari. Da sinistra verso destra: Monica Del Vecchio, Diego Antonacci, Angela Amoruso, Giusy Ottonelli, Francesco Antonacci

The Hub Bariincubare l'impresaper favorire la crescita

Lavori in corso nel Padiglione 129 della Fiera del Levante. Visi giovani e sorriden-ti ad accoglierci. È questo che abbiamo trovato nel luogo che diverrà The Hub Bari, spazio di coworking nel quale i gio-vani pugliesi potranno confrontarsi e cre-scere. Dall’8 al 16 Settembre ospiterà il Salone delle Start up e delle imprese crea-tive: evento organizzato in collaborazione con la Fiera del Levante, Bollenti Spiriti e QIRIS che offrirà una finestra su una nuo-va generazione di imprenditori, artigiani, creativi, innovatori nel campo digitale, della moda, della tecnologia, dell’arte, del design, della cultura, dell’innovazione so-ciale.Proprio del desiderio di tornare in Puglia per apportare innovazione sociale, osser-vata e vissuta in contesti lavorativi lon-tani dalla nostra regione, ci parla il dott. Francesco Antonacci, co-fondatore di The Hub insieme ad altri quattro giovani pugliesi, età media 32,5 anni, laureati in Architettura e Scienze Politiche.

Cos’è The Hub?«The Hub è uno spazio che racchiude in sé il me-glio di un incubatore d’impresa, di un acceleratore d’innovazione e di un centro di sperimentazione. Qui tutti coloro che hanno delle idee e la volontà e perseveranza per realizzarle troveranno un posto accogliente e persone pronte a creare una rete di interazioni, di sinergie intorno ad esso. Il nostro gruppo non si preoccupa unicamente di affittare uffici e attrezzatura: noi studieremo i progetti di tutti coloro che aderiranno all’iniziativa e li inse-riremo nel network barese, in quello nazionale ed internazionale per dare vita a rapporti di colla-borazione e scambi di idee costruttivi tra giovani professionisti.»

Com’è cominciata la Vostra colla-borazione?«Inizialmente eravamo due gruppi separati con la stessa idea e, una volta incontrati, abbiamo unito le forze, elaborato il progetto e cercato il luogo più adatto come sede. Non c’era niente di meglio di uno dei padiglioni non utilizzati della Fiera! Il Presi-dente Viesti, al quale ci siamo rivolti, è stato da

La Fiera del Levante quest’anno ospiterà il Salone delle Start up e delle imprese creative: evento organizzato in collaborazione con la Fiera, Bollenti Spiriti e QI-RIS, offrirà una vetrina attraverso cui sperimentare il coworking nel The Hub Bari, esporre in stand gratuiti, organizzare workshop tematici o, semplicemente, pre-sentare i propri progetti.Abbiamo parlato con Marco Lupoli, direttore orga-nizzativo dell’associazione Sferracavalli di Lizzano, un gruppo impegnato nella diffusione di innovazioni sociali, sostenibilita’ e responsabilità’ civile attraverso il dialogo, il teatro e l’ospitalità’, e Katia Vavallo, te-soriere dell’associazione Matti per il Mare di Mola di Bari, la quale basa sull’idea di voler incidere nel percorso riabilitativo e di inserimento socio-lavorativo di pazienti psichiatrici attraverso il recupero di un’im-barcazione da destinare a fini turistici, in spazi aperti ed attrezzati, con il coinvolgimento attivo e diretto dei disabili psichici. Entrambi i gruppi si sono classificati nelle prime posizioni della graduatoria del bando Principi attivi 2010. Parteciperete alla Fiera del Levante?«Noi sicuramente parteciperemo allo Startup Weekend (28, 29, 30 Settembre)- dice Marco Lupoli -,un evento per imparare a fondare e sviluppare progetti di successo, organizzato da The Hub Bari.

Start UpDa quest'anno parte il Salone delle giovani imprese creative. Abbiamo chiesto a due vincitori della scorsa edizione di Principi attivi come vedono la Fiera del Levante e come vorrebbero che fosse

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subito entusiasta della proposta e ci ha permesso di dare inizio a questa straordinaria avventura».

Siamo in pieno cantiere, circondati da attrezzi da lavoro, polvere e ru-mori. Per quando è prevista l’aper-tura dello spazio?«Prevediamo l’apertura dello spazio per l’inaugu-razione della Fiera. In realtà sarà tutto pronto per l’inizio delle attività ad Ottobre. Colgo l’occasione per invitare tutti coloro che volessero aiutarci nella costruzione del The Hub barese a venire qui per dare il proprio contributo in manodopera. Verranno ripagati con ore di lavoro in questi uffici. Per mag-giori informazioni visitate il nostro sito web, www.hubbari.net, e la pagina Facebook, www.facebook.com/Hub.Bari» .

Il tempo dell’intervista è terminato e la-sciamo i volti pieni di speranza e forza di

volontà di questi giovani alla realizzazione della loro idea: la sala riunioni, la bibliote-ca, la cucina, i tavoli da lavoro, attendono di divenire realtà tangibile.Non c’è ombra dei bamboccioni pado-aschioppani, dei giovani di Brunetta che non vogliono scaricare le cassette alle 5 del mattino ai mercati generali e degli sfigati del viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali, Michel Martone. Ci sono, invece, uomini e donne coraggiosi e pronti a met-tersi in gioco nonostante l’attuale situazio-ne economica. Mi auguro che il Presiden-te del Consiglio possa visitare il Padiglione 129 ed abbia l’opportunità di riflettere con un rinnovato punto di vista sulla crescita del nostro Paese, a partire dall’energia cre-ativa del nostro Sud.

Alessia ColaianniRIPRODUZIONE RISERVATA

Cosa è The HubThe Hub, letteralmente il fulcro, non è solo uno spazio di coworking: è un nuovo modo di lavorare in gruppo, condividendo spazi, idee ed oppor-tunità con start up, giovani imprese, aziende già avviate, in un contesto creativo e stimolante. Tutto parte dal costruire una realtà lavorativa in luoghi in cui poter prendere un tè o un caffè insieme e poter parlare sere-namente del proprio lavoro, trovare un ambiente collaborativo, avere a disposizione un gruppo di persone pronte a creare intorno al proprio progetto una rete di rapporti nazio-nali ed internazionali che possano essere un efficace supporto.Il “movimento” nasce a Londra nel 2005 per poi diffondersi nei 5 conti-nenti. Ad oggi ci sono più di 25 centri già aperti e 50 in avvio. In Italia troverete gli Hub a Rovereto, Milano, Siracusa, Roma e, da Ottobre, anche a Bari.Per maggiori informazioni i lettori potranno consultare il sito web del network internazionale, www.the-hub.net, e la pagina barese, www.hubbari.net.

AC

Fortunatamente la Fiera del Levante ha oggi una durata molto più lunga del mese di Settembre.La circolazione di prodotti, idee, persone, informazioni che in passato restava delimitata ad un periodo preciso dell’anno, trova oggi un luogo che è un continuo laboratorio di innovazione e sta diventando uno dei più interessanti motori dello sviluppo del Sud-Est italiano».«Abbiamo ricevuto l’invito da parte di Principi Attivi -rispon-de Katia Vavallo - e stiamo valutando con i soci le modalità dell’eventuale partecipazione».Come vorreste fosse organizzata una Fiera per essere realmente funzionale alle esigenze del nostro territorio?«Accessibile. Ecologica. Internazionale - l'opinione del diret-tore di Sferracavalli.Un evento fieristico dovrebbe essere localizzato in un luogo facil-mente raggiungibile. Dovrebbe avere ben saldi nell’organizzazio-ne i concetti di sostenibilità ambientale, amministrare le risorse senza sprechi e aprirsi alla rete dell’internazionalità, base di ogni percorso di conoscenza, esperienza e sviluppo».A matti per il Mare sostengono che: «La fiera ideale do-vrebbe essere allestita in spazi ampi e accoglienti, facilmente rag-giungibili con mezzi pubblici. Certamente il sito della Fiera del Levante risponde a questi criteri e, data l’importanza di cui già gode questo evento, parteciparvi grazie a Principi Attivi diventa un’ottima possibilità per aprirsi al territorio e per far conoscere il proprio progetto e le proprie attività».

Alessia ColaianniRIPRODUZIONE RISERVATA

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16 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

San Severo, quando la Puglia sa essere alla modaIl Museo dell'Alto Tavoliere ospita una mostra dedicata alle creazioni di Feranda Gattinoni. Gli abiti e i disegni della stilista sono la punta di diamante della rassegna "Luce e Ombre"

La vera moda sbarca in Puglia, e concede agli intendi-tori un’autentica chicca del mondo della sartoria italia-na: dal 23 luglio fino al 16 settembre il MAT – Museo dell’Alto Tavoliere di Puglia di San Severo ospita le sublimi creazioni di Fernanda Gattinoni nella mo-stra “Fernanda Gattinoni. Moda e stelle ai tempi della Hollywood sul Tevere”, a cura della storica di moda Sofia Gnoli. Dopo le prestigiose tappe che questa stessa mostra ha fatto in città del calibro di Parigi, Roma e Bangkok e prima del nuovo spostamento, previsto per ottobre, in direzione Strasburgo, gli abiti e i disegni della Gattinoni sono la punta di diamante della rassegna “Luce ed Ombra” organiz-zata dal MAT, iniziativa che punta a ridare smalto all’alto artigianato creativo nell’am-bito del Fashion e del Design. Un obiettivo, quest’ultimo, che viene inseguito da musei di rilevanza mondiale quali il Centre Pom-pidou di Parigi e il Metropolitan Museum di New York. L’esposizione, in stretta sinergia con la Mai-son Gattinoni Couture (gestita dallo stili-sta Guillermo Mariotto dopo la prema-tura scomparsa di Raniero, figlio della fondatrice Gattinoni) comprende oltre trenta abiti creati appositamente per le grandi star dell’età aurea di Ci-necittà: da Anna Magnani, grande estimatrice dei semplici abiti neri, a Kim Novak, da Ingrid Bergman alla reginetta di stile dell’epoca, Audrey Hepburn, tutte le donne simbolo del cinema degli anni 50 e 60 sono passate nell’a-telier romano di Fernanda Gattinoni. Ad essa, infatti, è sempre stato riconosciuto il talento di vestire non solo il fisico (o i personaggi, quando si occupava di allestire i costumi, come per la Hepburn nel film “Guerra e pace”) ma anche e soprat-tutto la personalità di queste immense dive, che infatti ,nonostante i tanti anni trascorsi, continuano ad essere considerate delle icone intramontabili. L’aria magica della Roma del dopoguerra, che visse una stagione di autentico splendore al punto da essere senza esagerazioni affiancata alla Hollywood di oltre-oceano, prende di nuovo vita sui manichini della mo-stra del MAT di San Severo, regalandoci uno scorcio dell’immortale talento di Fernanda Gattinoni che tanto a contribuito al trasformare delle semplici attrici in mo-stri sacri.

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

Qui sotto due bozzetti di Ferananda Gattinoni

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17settembre duemiladodici inpuglia

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“La bicicletta è bella per quello che ti può dare. Ti fa stare bene, ti dà la possibilità di sentire, di parlare, di vedere il mondo da un’altra angolazione. La bicicletta ti fa tornare indietro nel tempo. Ti fa tor-nare ragazzo”. Al di là della romantica citazione di Davide Cassani, uomo che al ciclismo dedica buona parte della sua vita, l’ode alle due ruote negli ultimi anni sembra essersi diffusa in maniera capilla-re. Che si tratti di un’autentica filosofia di vita green o, molto più banalmente, di una moda passeggera, vero è che la bicicletta (complici anche i proibitivi prezzi della benzina) è tornata come non mai in voga. In tempi non sospetti, cioè prima che le Grazielle venissero tirate fuori in massa dalle cantine, è cominciata l’avventura di RuotaLibera Bari, l’associazione di ciclisti urbani che a partire dal 1990 pro-muove e incentiva l’utilizzo del mezzo lo-comotore più semplice, economico e puli-to che c’è, anche ingaggiando dei testa a testa con le autorità per ottenere gli spazi e le strutture idonee alla circolazione sicu-ra. Altra ambizione dei membri di Ruo-taLibera è quella di favorire delle forme di cicloturismo nel resto d’Italia già ben radicate, ad esempio mediante la formula “bici+treno”.E di passi avanti in questa direzione, specie in quest’estate appena conclusasi, ne sono stati fatti molti: la Cooperativa Serapia da inizio estate fino al 12 settembre ogni mer-coledì al tramonto propone In bici nel parco, un itinerario che parte dall’ex sta-zione di Fontanavecchia di Ostuni (BR) e si spinge all’esplorazione della via Traia-na, con i suoi uliveti secolari e il suo dol-men di Montalbano. Invece in provincia di Lecce, a Nardò, fino a fine settembre ci sono I bici tour di Avanguardie, per restare immersi nella natura del Par-

co Naturale di Porto Selvaggio.E la bici come oggetto di culto e di arte? C’è posto anche per questo! Si è difatti chiusa da poco a Grottaglie la mostra fo-tografica African Cyclist realizzata da Antonio Maini, la quale è totalmente imperniata sul ruolo sociale della bici in Africa e su come questo semplice ogget-to assuma significato nell’evoluzione e nel miglioramento della qualità della vita nei paesi del sud del mondo.

L’autunno si avvicina ed è tempo di rinnovare il nostro guardaroba. Ma che cosa va di tendenza quest’anno? Questa stagione vede come protagonista gli anni '60. Focus sui modelli che richiamano la carta da parati scelta per l'interior design anni '60, questa volta indossati per ricreare un patch-work di fantasie e cromie. Ritorna la pelle, non solo per gli accessori, ma anche per vestire la donna in capi stretti che aderiscono al corpo: effetti goticheggianti per pizzi e collarini, oltre che per stivali strettissimi e lunghi fino al ginocchio. Altro ritorno è lo stile militare, con i trench a mò di divisa e le fantasie mi-metiche per gli accessori, con ovviamente un occhio particolare agli scarponcini-anfibi.I dettagli cult sono colorati e in particolare rivivono tutte le venature del viola ametista, dal prugna al lilla, mentre continua ad affascinare il color corallo, vero protagonista della scorsa estate.Le passerelle della moda maschile 2012 invece, hanno decretato i trend della fredda stagione. Partiamo dai colori: di gran moda nel 2012 saranno i toni neutri e i nudi, ma senza dimenticare i toni più vibranti come il blu intenso ed il verde bottiglia. I pantaloni si accendono di colori brillanti, dal rosso corallo al giallo ocra, passando per il verde. Si predilige però anche un ritorno convinto alla tradizione, la predominanza di colori classici come il nero e il grigio, e un ritorno della pelle nera, vera trionfatrice del prossi-mo inverno. Spazio a cappotti dalle ampie proporzioni, tagli arrotondati, e tanti, tanti

cappelli, senza trascurare tocchi di colori autunnali qua e là. Per gli accessori, immancabili i Ray-ban aviator in edizione speciale per il 50mo anniversario dalla

creazione e tracolle in (eco) pelle di coccodrillo o borchiate.La parola d’ordine per quest’autunno è osare, ma

soprattutto mixare!

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

Isabella BattistaRIPRODUZIONE RISERVATA

I trend del momentodalla pelle al militarema l'importante è mixare

Passeggiando in bicicletta attraverso il tempo

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18 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

ustogCosmopolita. Così il Devoto-Oli, diziona-rio ufficiale della lingua italiana definisce il fico d’India. Una delizia che cresce in quasi tutte le regioni della terra. Una deli-zia che già non sfuggì a Cristoforo Colom-bo, visto che il navigatore genovese pensò bene di portarne con sé qualche bell’esem-plare già col suo primo viaggio di ritorno dalle Indie. Che poi erano le Americhe, continente che ha visto nascere e crescere queste piante succulente. Succulente non solo per il botanico, che vede in esse del-le piante grasse, imparentate più o meno strettamente con gli altri cactus. Succulen-te anche e soprattutto per il buongustaio, che sa andare al di là di quell’involucro spinoso per gustare il frutto dolce e, ap-punto, succulento. Chi vi scrive forse non sarà un buongu-staio da Guida Michelin o da Gambe-ro Rosso, ma apprezza goduriosamente questo frutto estivo. Egli poi, lega a quel sapore un’ondata di ricordi. Ricordi di quando, bambino di cinque o sei anni, si svegliava all’alba nelle calde mattine d’a-gosto, e seguiva il nonno che, armato di un piccolo contenitore di plastica, sfidava le spine e riempiva un secchio dopo l’altro di quei frutti insidiosi. Ricordi dell’attesa impaziente del momento della sbuccia-tura, quando i due, nonno e nipotino, si sedevano l’uno di fronte all’altro. Il primo, coltello alla mano, faceva tre tagli: due profondi, per allontanare le due estremità, ed uno più leggero, un’incisione trasversa-le lungo la scorza, per poterla rimuovere e scoprire così quell’ambito frutto. Un cuo-re che, a dispetto dell’involucro opaco e polveroso, si rivelava tanto lucente quanto colorato. Verde, giallo rosso, uno ad uno il bambino strappava il frutto dall’abbraccio della buccia e lo riponeva nella coppa, non disdegnando, di tanto in tanto, di portar-

ne uno alla bocca come antipasto e ricom-pensa per quella spinosa incombenza. Quei tre tagli sono rimasti tanto cari a quel nipotino che, passati trent’anni, si è com-mosso quando quel nonno, ormai debili-tato nella mente e nello spirito dall’Alzhei-mer, ignaro di chi avesse di fronte, riusciva ancora fare quei tre tagli, due alle estre-mità ed uno trasversalmente, e ad esporre felice e sorridente, quel frutto colorato e saporito. Forse la sua mente vaga lontano, ma le sue mani e il suo palato non hanno dimenticato.Come poteva quindi, chi vi scrive, non ri-manere emozionato quando, durante un viaggio in Marocco, guardava dal treno distese e distese di alberi di fichi d’India, come li aveva visti soltanto nelle assolate campagne del nostro bel Salento? Come poteva rinunciare, nel novembre maroc-chino, alla tentazione di assaporare quel frutto voglioso che vedeva trasportato da un vecchio rugoso e cotto dal sole in un carretto per la Medina di Marrakech? È bastato poco a mettere da parte le (scarse) remore igienistiche, Pochi dirham, qual-che centesimo di Euro, e le mani callose ed indurite dell’anziano venditore han-no preso il frutto incuranti delle spine, e con il coltello hanno praticato quei tre tagli (anch’essi cosmopoliti) e scostando la scorza l’uomo ha fatto cenno di prendere il frutto rosso che vi spuntava. Ed il turi-sta pugliese non se lo è fatto ripetere, ed avrebbe dato fondo al carrettino, se gli im-pegni congressuali che aveva quel giorno non lo avessero chiamato. Si è così allon-tanato, ma non prima di dare, in cuor suo, appuntamento ai fichi d’India alla prossi-ma estate.

Fichi d’indiacosmopolitiprofumatiemozionanti

I sapori mediterranei della Puglia ritrovati Marrakech, tra un congresso e una passeggiata nel centro storico del Marocco

Nicola PuglieseRIPRODUZIONE RISERVATA

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19settembre duemiladodici inpuglia

ustog

L’estate è finita, e con essa, almeno per molti, la possibilità di godersi viaggi in giro per il mondo anche alla scoperta di quei gusti così particolari che ancora sono riusciti a sfuggire a quella globalizzazione che ovunque ci fa mangiare le stesse cose. Ma l’occasione per conoscere più da vicino sapori lontani in Puglia c’è, perché la nostra regione si pone ormai da molto tempo come un crocevia e un punto d’incontro tra culture e tradizioni diverse. Il 30 e il 31 agosto, infatti, nel suggestivo scenario di una delle più importanti dimore storiche del centro di Monopoli, Palazzo Palmieri, si è tenuto Cucina Senza Frontiere, il primo appuntamento dedicato alla cucina internazionale da strada che ha idealmente congiunto l’Italia con il Giappone, la Spagna e l’Eritrea. Le tradizioni culinarie di questi tre Paesi sono state al centro della manifestazione organizzata e patrocinata dall’associazione culturale Superterra, in collaborazione con le agenzie di comunicazione Effetti Collaterali e Il Riscatto delle Cicale, responsabili della

Cucina senza frontiere, come un ponteL'arte culinaria come un mezzo per abbattere le barriere: tradizioni italiane, eritree, spagnole e giapponesi a confronto nella notte di Monopoli, in un turbine di sapori e sensazioni uniche

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

parte artistico-culturale (tutta incentrata su libri, danze caratteristiche e arte in tutte le declinazioni, dalla musica alla fotografia). La cucina non è stata l’unica protagonista, in quanto il programma ha spaziato tra i tanti aspetti portanti del folklore delle tre nazioni coinvolte: l’associazione Almaterra, centro interculturale di Mola di Bari, ha proposto uno spettacolo di danze dal mondo, le nuove contaminazioni Italia - Africa sono state approfonditamente esaminate nel dibattito “Africa e dintorni – suoni e sapori” tenuto dalla Comunità Eritrea della città di Bari e per concludere nella giornata del 30 è stata anche organizzata un’esibizione a ritmo di flamenco, il ballo più simbolico della Spagna. Al di là delle interessanti attività che hanno fatto da contorno, il “piatto principale” è comunque rimasto il cibo, cibo che gli stessi organizzatori di questa manifestazione (che è agli esordi, ma già si lavora per replicare con una seconda edizione) hanno definito come “motore di unione”. E chi

meglio del gruppo di 30 chef specializzati dell’istituto alberghiero Majorana di Bari avrebbe potuto dar voce a questa filosofia che vuole unire il mondo senza però cancellare le importanti distinzioni e particolarità che caratterizzano ogni cultura? Tra gli ospiti dell’evento è impossibile non citare Angelo Sabatelli, gestore del ristorante di Monopoli Masseria Spina e che da anni si occupa di ristoranti di lusso in Estremo Oriente. Concludendo, l’occasione è stata inoltre ghiotta per affrontare tematiche non solo di natura squisitamente culturale ma anche economiche: l’economia locale ha bisogno di risvegliarsi e di far proprie, cogliendole, le sfide che questa crisi sta inevitabilmente ponendoci di fronte. L’apertura all’altro deve quindi smettere di essere considerata come un pericolo e trasformarsi in un momento di comunione che rafforza tutti.

Piazza Palmieri a Monopoli per due sere punto di incontro di tradizioni e culture di tutto il mondo.

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20 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Il neogotico domina questo storico palazzo barese completato nei primi anni del novecento. Tutto ci rimanda alla Laguna, dalle decorazioni a tinte vivaci alle balconate, dagli stucchi alle finestre e al gusto delle maestranze

Fizzarotti, una ambasciata veneziana nel tacco d’Italia

La storia del Palazzo Fizzarotti ha inizio nel 1850, quando Nicola Lagattolla ottiene il suolo dal Comune di Bari. Alla sua morte, il terreno viene venduto a Nicola Loiacono, che, nel 1858, vi costruì il pianterreno ed il primo piano. Nel 1904, infine, il complesso fu venduto al banchiere Emanuele Fizzarotti che si occupò del completamento del palazzo, costruendovi il 2° e 3° piano, a partire dal 1906. I lavori furono commissionati all’architetto Augusto Corradini e all’ingegnere Ettore Bernich, i quali, però, si avvalsero dell’opera di pregiati artigiani e artisti tra pittori, scultori, mosaicisti, maestri musivi, fabbri e vetrai della scuola di Murano. Lo stile di questo edificio, per eccentricità e ridondanza di decorazioni, costituisce un’eccezione rispetto alla semplicità dei palazzi fino ad allora edificati nel borgo murattiano di Bari e testimonia l’influenza che la Serenissima Repubblica di Venezia ebbe, nei secoli passati, sulle città dell’Adriatico.

Si tratta, infatti, di una costruzione in stile neo-gotico veneziano, richiamato, soprattutto, nelle decorazioni musive a tinte vivaci unite all’oro, realizzate dalle maestranze venete sulla facciata. Questa è composta da tre piani ritmati da finestre con bifore (e trifore, centralmente al secondo piano) e, in ultimo, da un loggione colonnato, che sostiene un pregevole ed importante cornicione. Spicca sulla facciata un bel portale ogivale riccamente ornato. Internamente, il palazzo accoglie un androne marmoreo decorato secondo lo stile federiciano, che lascia intravedere un piccolo cortile, in cui fa spicco la bella Fontana del Nettuno. Di particolare interesse è il primo piano, per l’elevata raffinatezza degli stili decorativi e dei suoi arredi. Esso comprende quattro saloni centrali, tre dei quali collegati tra loro, ed il quarto raggiungibile attraverso una sala d’attesa. Il salone Trecentesco, interamente in stile gotico veneziano, ben conservato e di gran effetto, presenta sulla parete nord decori geometrici ed un’ampia vetrata trifora con colonne in marmo e vetri veneziani. La parete sud è costituita da una doppia vetrata, con colonne e capitelli arabescati. Il pavimento

è in battuto veneziano policromo, con inserti in mosaico a foglia d’oro zecchino a disegni araldici e geometrici. Alle pareti ovest ed est, due ampie sedute in marmo lavorato corrono lungo tutta la parete e sono sormontate, in cornici a foglia d’oro zecchino, da due trittici del Corradini, raffiguranti altrettanti avvenimenti storici pugliesi: l’ingresso in Brindisi del corteo nuziale di Federico II di Svevia e Jolanda di Brienne e il festoso sbarco a Bari del Doge veneziano Orseolo II, dopo aver liberato la città dall’assedio dei Saraceni. La bellezza del salone è completata da un lampadario in vetro di Murano di eccezionale pregio. Nel salone delle Arti e del Lavoro, la fitta decorazione della volta, a stucchi ed a smalti, è piena di simbolismi inneggianti le virtù e la laboriosità dei baresi. Tutte le pareti sono rivestite da dipinti su tela, raffiguranti il tipico ciclo economico della nostra regione: produzione agricola, trasformazione e commercializzazione

verso il levante ed il vicino oriente, e, di ritorno, l’industrializzazione quale fonte ultima di ricchezza da cui l’arte e la cultura prendono vita. La fastosità dell’insieme è ancor più messa in risalto dai preziosi lampadari in ferro battuto dorato e vetro di Murano. Due panche in noce finemente intarsiato completano l’arredo. Il cosiddetto salone Rosa è in perfetto stile rococò, con finestre, in legno massello laccato, porte intarsiate e decorate con specchi molati e stucchi a foglia d’oro zecchino. Il pavimento, in battuto veneziano a delicatissimi disegni, richiama il tappeto della camera reale a Versailles; il soffitto è cavalcato da paffuti amorini e fantasiose nuvole. Detti saloni sono affiancati da altri sei saloncini, decorati nei diversi stili, com’è tipico dell’eclettismo. Il secondo ed il terzo piano sono stati recentemente restaurati e presentano saloni e saloncini con soffitti decorati. Dal salone trecentesco al salone rosa, al

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21settembre duemiladodici inpuglia

L’artista Giovanni Albanese durante le riprese del film “Senza arte ne parte”

La voglia di comunicare. Con gli oggetti, le installazioni, la luce…o la macchina da presa. È questo, probabilmente, il fine dell’opera di Giovanni Albanese, eclettico artista e regista barese che si muove ormai da tempo, e con successo, nel panorama dell’arte contemporanea, facendoci scoprire la naturale continuità che esiste tra cinema e arte figurativa.Nato a Bari nel 1955 e laureato in Architettura, al Politecnico di Torino, Albanese è oggi titolare della cattedra di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Roma e vive stabilmente nella capitale. Nella sua carriera ha partecipato a mostre e premi prestigiosi, esponendo le sue “installazioni” a Venezia, Roma o New York, per citare solo alcune tra le più importanti capitali dell’arte contemporanea. Piero Manzoni, Pino Pascali, Lucio Fontana, Jannis Kounellis sono solo alcune delle fonti d’ispirazione per l’arte “concettuale” di questo artista trasversale del nostro panorama, il primo ad aver varcato il ponte che collega l’arte visiva al cinema. Dopo l’esordio del 2003, con il l u n g o m e t r a g g i o “A.A.A. Achille” (una commedia sulla balbuzie con Sergio Rubini, scritta con Vincenzo Cerami e la bellissima musica di Nicola Piovani), che gli valse il primo premio al Giffoni Film Festival, ha presentato, nel maggio 2001, il suo nuovo film, “Senza arte né parte”. Il film racconta la storia pazza di alcuni operai pugliesi che scoprono l’arte del falso e diventano più artisti di tanti “veri” maestri. Albanese ci porta, per la prima volta, nel mondo dell’arte contemporanea e ci guida tra alcune delle opere più interessanti dei maestri del Novecento: una novità in un cinema che finora aveva sempre prediletto le biografie di artisti noti, ma non aveva mai affrontato Antonio Verardi

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il lato complesso dell’avanguardia. Nel suo secondo lungometraggio, Albanese usa l’arguzia, il sentimento e il tocco morbido di un narratore che l’arte la conosce perché prima la vive dentro, poi la produce, con talento ed ottimi riscontri, quindi la insegna ai giovani in accademia. A giudicare dalle sue sculture spiazzanti, la creatività di Albanese riaccende l’energia, poetica e dissacrante, del grande Pino Pascali (Albanese, non a caso, ha vinto il Premio Pino Pascali 2002). Entrambi mostrano nelle loro opere una “libidinosa” passione per gli oggetti in disuso, la ferraglia, le cose di uso casalingo. Con Pascali nascevano bachi giganti dagli scovoli di setole acriliche, liane forestali dalle pagliette da cucina, pezzi di mare da vasche geometriche riempite di acqua

e anilina. Albanese parte dalle padelle usate, i pedali di bicicletta, tubi, fanali, zuppiere di rame, sellini di cuoio, recipienti in plastica, e ancora sedie, tavoli, perfino un pianoforte a coda. Una volta decontestualizzati e assemblati tra loro, questi oggetti perdono la loro funzione originale e diventano creazioni che parlano una lingua diversa ad ognuno di noi,

rimandando ad un che di misterioso, coinvolgente, illuminante. Già, perché è sempre la luce, la vera protagonista di queste invenzioni ed installazioni: lampadine cimiteriali a luce arancione, lampadine a luce fredda, neon e quant’altro, circondano gli oggetti di Albanese, trasformandoli in forme quasi infuocate, strani oggetti vivi dalla forte energia ipnotica. Del resto, se sei un’artista pugliese, non potrai che finire, prima o poi, a giocare con l’acqua o con la luce e, se sei anche regista, non potrai che coglierne, meglio di chiunque altro, ogni segreta capacità.

Fare arte e comunicare con installazioni ed invenzioni di luci ed ombre, questo è il messaggio dell'artista barese

Antonio VerardiRIPRODUZIONE RISERVATA

La luce e i colori diGiovanni Albanese

salone delle arti e del lavoro, al salone del caminetto, è tutto un rincorrersi di decorazioni, intarsi, motivi che colpiscono l’occhio dell’osservatore e incutono nello stesso tempo sentimenti di riverenza per la maestosità e la bellezza delle splendide opere. L’intero apparato decorativo all’interno del palazzo è costruito su un programma iconografico volto ad esaltare il destino della moderna Bari, la cui economia si protende a conquistare i mercati orientali, in continuità con il suo glorioso passato.

Nel 1926 dopo la morte di Fizzarotti ed il fallimento dei suoi tre figli il palazzo venne assegnato alla Banca del Fucino, quindi passò alla “Società Immobiliare Pugliese”. Oggi, al suo interno, vengono organizzate sfilate di moda o eventi di spessore.

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22 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

L’argomento è ormai di moda, anche grazie a Beppe Grillo e prima ancora a Tonino Di Pietro, ma l’antipolitica è un sentimento antico e molto radicato in Italia come in Europa. In realtà ci troviamo di fronte ad un impulso radicato nel tempo e nell’uomo. Questo è quanto emerge dal prezioso pamphlet Alle origini dell’ antipolitica (Levante editori, Bari). scritto dal giornalista e deputato Pino Pisicchio. In una sessantina di pagine come un abile tessitore, il deputato barese, interseca filosofia, storia e media sviscerando con approfondita cura il tema, a dispetto delle poche pagine, evidenziando la pericolosa deriva che sta prendendo il Paese. Il costituzionalista barese evidenzia come già Hobbes affermava che il sentimento popolare di diffidenza e alterità dal potere nasce con l’uomo. La storia ci insegna come l’esperienza antipolitica caratterizzò anche Napoleone III e il cancelliere Bismark. L’ostilità nei confronti del sistema dei partiti, oggi tanto di

Il sottotitolo di questo testo di Luigi Ferrajo-li, edito dalla Laterza nel 2011, suona: la crisi della democrazia italiana ed è fin troppo faci-le coglierne l’attualità. Da un lato l’apparente solidità e inamovibilità del dettato costituzio-nale, dall’altro il populismo personalista che sembra aver contagiato tutte le forze politiche, comprese quelle che paradossalmente fanno dell’antipolitica e della critica ai partiti i loro punti di riferimento.Secondo l’autore, docente di Filosofia del Di-ritto a Roma Tre, se il potere viene lasciato a se stesso presto mostra il suo lato selvaggio, quasi fosse un cavallo che non veda l’ora di liberarsi dei finimenti. Per cui, da sola una Costituzione non basta a garantire dall’assolutismo e dalle tentazioni del personalismo in politica. Sono necessarie una serie di operazioni di attualiz-zazione e di verifica per difendere, ripensare e rifondare il sistema delle garanzie.Ipotizzare che una democrazia sia solo il pote-re della maggioranza eletta dal popolo e che le minoranze cessino di avere diritti nel momen-to in cui i numeri decretano la loro sconfitta, significa fare strada al totalitarismo reale, che oggi gode dello strapotere finanziario e mone-tario.Un testo che, comunque la si pensi, può aiutare a compredere quella che ormai tutti definisco-no l’anomalia italiana: nel consesso europeo, che ha contribuito a creare, il nostro paese mo-stra la democrazia più fragile, più esposta ai pericoli del personalismo, con la classe politica meno motivata del continente.

Sfogliando la Puglia rubrica a cura della redazione

moda, ha quindi origini antiche. In Italia, poi, gli esempi vanno dalla Destra storica nel 1876 all’Uomo qualunque di Gugliemo Giannini. Da sempre l’antipolitica punta su un principio cardine che è quello del primato dei tecnici sui politici e la totale sfiducia nei confronti dei partiti. A dare un grosso contributo alla crisi della forma partito, che oggi più che mai si avverte, c’hanno pensato il sistema elettorale, la riforma verso il sistema maggioritario ha contribuito pesantemente secondo Pisicchio a destrutturare i partiti, la continua devoluzione all’economia e al mercato dei poteri storicamente consacrati alla politica e, infine, l’emergere di “suggestioni neo-populiste” offerte in pasto alla opinione pubblica come urgente necessità di leadership autorevoli (ogni riferimento a Berlusconi è puramente voluto? n.d.r). Sembrerebbe che il legame fra politica e antipolitca sia ormai indissolubile, che una senza l’altra non abbia possibilità di esistere.

Alle origini dell’antipolitica

Pino Pisicchio

AUTORE

CASA EDITIRCE

Levante editore

Pagine e prezzo

60 pp. 8,00 €

Poteri selvaggi

Luigi Ferrajoli

AUTORE

CASA EDITIRCE

Laterza

Pagine e prezzo

90 pp. 14,00 €

Poteri ALTRO CHE GRILLOL’Antipolitica secondo Pino Pisicchio è una malattia congenita dell’uomo dalle pericolose conseguenze sulla costituzione materiale

selvaggi

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23settembre duemiladodici inpuglia

La preghiera è un momen-to fondamentale nella vita di ciascun fedele che, in qualsi-asi lingua, riesce a mettersi in contatto con il divino. Così alle preghiere “tradizionali” se ne possono aggiungere alcune provenienti da un personalis-simo contesto socio-culturale made in Puglia, associando le preghiere “canoniche” a quel-le più spontanee, provenienti dal cuore. È questo l’intento dei due autori del libriccino “Pregàme a la Barese” a cura di Vittorio Polito e Rosa Letti-ni Triggiani, i quali hanno af-fiancato alle comuni preghiere del cristiano, delle libere tradu-zioni in dialetto barese con le quali riescono a trasmettere la vera devozione del barese. Tra le invocazioni, le più diffuse sono quelle dedicate alla Ma-donna Odegitria, ma ovvia-mente un occhio particolare è rivolto ai protettori della città:, san Sabino e soprattutto san Nicola.

Pregamme alla barese

101 misteri di Puglia

Rossano Astremo

AUTORE

CASA EDITIRCE

Newton Compton

PAGINE E PREZZO

250 pp. 14,90 €

Certo, i libri non si bruciano, nemmeno quelli di Fabio Volo o l’autobiografia di Rocco Sif-fredi. Ma la tentazione di usare questo per innescare la brace dell’arrosto domenicale è stata forte e ne facciamo ammenda.Meraviglia che una casa edi-trice seria, già meritoria per aver pubblicato fior di classici a prezzi stracciati, dia carta e spazio a queste discutibili ope-razioni editoriali, a metà strada fra il raccogliticcio e l’improv-visato. A spese della Puglia, fra l’altro, e del suo nomen ormai largamente internazionale.101 schede, stile wikipedia de noantri, con altrettanti presun-ti e “misteriosi” fatti “che non saranno mai risolti”. Rossano Astremo non si risparmia e vagheggia nei millenni, an-dsando dalla (fumosissima) eti-mologia del nome Puglia alla povera Sarah Scazzi, di cui è ancora alle primissime fasi il dibattimento per stabilire chi e come l’abbia uccisa.Insomma, misteri quasi nessu-no. Imporvvisazione, tantissi-ma. 250 pagine di (quasi) nulla.

101 misteri di Puglia

che non saranno mai risolti

Terra di BariLuoghi di memorie

Francesco Tateo Pietro Sisto

AUTORI

CASA EDITIRCE

Cacucci Editore

PAGINE E PREZZO

222 pp. 25,00 €

Se avete qualche amico riot-toso, che ha spesso rifiutato il vostro invito a visitare Bari e il suo territorio, la soluzione è regalargli questo magnifico volume, con le affascinanti fo-tografie di Mimmo Guglielmi. Non resisterà oltre. Un volume in cui si profonde la cultura sterminata di due accademici dell’Ateneo barese, impagina-to secondo l’originale sequen-za di mettere insieme luoghi, nomi, storie, vicende dalle antiche origini quasi ai giorni nostri. Fotogrammi preziosi in grado di restituire l’emozione intima e l’incredibile stupore che prende chiunque abbia appena un po’ di sensibilità ri-spetto ad una terra che parla e canta nel sangue della sua gen-te, nelle radici dei suoi alberi, nella vita dei suoi animali e nello splendore del mare.Una di quelle opere che ci con-solano circa il ruolo che Bari e la Puglia hanno avuto e posso-no ancora avere nel panorama più complessivo della storia italiana e che ci fanno sentire orgogliosi d’essere nati fra tan-ta storia e tanta bellezza.

Terra di Bari Luoghi di memorie

Sc-cattèiscd còr

Tonino Gallucci

AUTORE

Le tradizioni di Minervino

“Sc-cattèisc d còr, frammenti di storia” è il frutto di una ap-passionata ed appassionante ricerca che ha come intento quello di portare a conoscenza delle generazioni più giovani uno degli aspetti più autentici del patrimonio storico e cultu-rale di Minervino Murge che fu dei nostri avi. Scorrendo, infatti, i vari capitoli, è facile imbattersi in terminologie, ar-gomenti e situazioni traman-dateci che ci conducono in un percorso di scoperte e riscoper-te di quegli usi e costumi ormai atavici ma scrigno, radici e sto-ria della nostra civiltà.Le tradizioni popolari, gli usi nuziali e funebri, la medicina popolare, i proverbi e i modi di dire, i giochi, gli scioglilingua e gli indovinelli, le storielle (vere o candidamente inventate dal-le nonne), i nomi ed i loro piùcomuni adattamenti nonchè i coloriti ed in molti casi strani soprannomi sono i tasselli che hanno lastricato il gioioso per-corso quale variopinto prezio-so mosaico.Il lettore più giovane si troverà a scoprire situazioni forse im-proponibili nell’evoluto con-testo attuale, mentre i meno giovani avranno sicuramente l’occasione ed il piacere di ri-scoprirle per averle sentite, co-nosciute o vissute.

Pregamme alla barese

CASA EDITIRCELevante editore

Pagine e prezzo

150 pp. 00,00 €

Vittorio PolitoAUTORE

Le copie possono essere prenotate c/o Redazione MINERVINODOMANI, c.so G. Matteotti, 103

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24 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Pensieri e parolei nostri lettori raccontano

Marzo era quasi finito. Il giorno girava ancora rapido verso la notte e nell’ufficio deserto entravano già dai finestroni le luci gialle dell’esterno. Nessu-no aveva tolto ancora nulla, né dalla grande scri-vania ingombra di libri, opuscoli e carte. Né dagli scaffali di mogano scuro, dove alcune centinaia di libri raccontavano, a chi avesse avuto la pazienza di scorrerne i titoli, quasi quarantenni di vita, di studi, di letture e di scritture: tutto, pressoché tutto, per la Fiera.

L’omino delle pulizie stava arrivando, lungo il cor-ridoio, alla porta che immetteva nella zona dell’uf-ficio stampa. Si sentivano solo il suo quieto fischiettare e il ronzio delle macchine del caffè. Il carrellino con le sco-pe e gli strofinacci non faceva alcun rumore, scivolando sul pavimento appena pulito. Spinse la prima porta, entrò e la richiuse cercando di non farla sbatacchiare.

Non accese la luce, quella gialla dell’esterno gli sem-brava più che sufficiente. Era lì solo per svuotare i cestini, sempre pieni di cartacce, involti di improbabili cola-zioni, pacchetti di sigarette, interi giornali accartocciati, ritagli da fotocopie. Qualcu-no aveva lasciato cadere sul pavimento il foglio grigiastro e semibruciato dalla xerox dove si leggeva solo “(…) Pasquale. Ci la-scia un…(…)” . Sul momento non ci fece caso,

Serve niente, dottore?ma mentre lo raccoglieva si ricordò della notizia che aveva percosso la Fiera sin dalla mattina e di cui tutti, dal presidente all’ultimo dei lavativi imboscati in qualche pleonastico ufficio, avevano parlato.

Scosse il capo mentre riponeva il ritagli insieme al resto delle carte nell’apposito contenitore del suo carrellino. Aveva conosciuto quell’uomo mite e gio-viale, che non alzava mai la voce, che sapeva farsi dare ragione senza prevaricare, umiliare, offendere nessuno.

Guardò verso la porta del Suo ufficio. Ebbe come un trasali-mento, una spinta ad entrare, a guardare, cercando di vede-re ciò nessuno ormai avrebbe potuto vedere. E fu come in sogno, come se una parte di lui restasse presso il carrellino ed un’altra si dirigesse verso quell’ingresso: entrò delica-tamente aprendo, sporgendosi appena con la testa, come al-tre volte e in tarda serata gli era capitato di fare.

Gli sembrò naturale chiedere. “Serve niente, dottore?” Lui abbassò appena la rivista che stava leggendo alla luce gialla dei fanali esterni. “No, grazie amico caro. Ormai, ho

tutto quello che mi serve”. Appena un sorriso per dire addio, e per sempre, al caduco mondo reale.

Fortuna Dell’Orzo

[email protected]

Invia il tuo racconto a:

Indicate in oggetto:“Pensieri e parole”;Massimo 3000 battute più una introduzione di massimo 500 battute(spazi inclusi).

@

A Pasquale Satalino (scomparso nel 2007)

Una delle anime più belle della Fiera del Levante. Ci manca da cinque anni. E ci manca sempre di più. Un piccolo omag-gio, sulla scia dell’affetto e della fantasia creatrice, due ingredienti che lui non tradì mai e che seppe usare con scienza e co-scienza, per tutta la sua non breve e non lunga vita di uomo e giornalista. Alla no-stra Fortunata Dell’Orzo affidiamo il rac-conto/ricordo di questo numero. Grazie.

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26 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

OsvaldoNegroRIPRODUZIONE RISERVATA

#LeMieVacanzePugliesiDedichiamo questa pagina ai nostri lettori e alle loro vacanze made in Puglia

La Puglia è lunga e varia così come sono tantissime le opportunità di vacanze in questa regione (del re-sto nell’ultimo numero vi abbiamo proposto alcune opzio-ni alternative di “EstateinPuglia” veramente uniche n.d.r). Ad averci tempo si potrebbero passare mesi o forse anni a conoscere a fondo questa splendida terra. Nel nostro piccolo cerchiamo in ogni numero di darvi pic-cole “chicche” di pugliesità, ma anche il nostro tempo e il denaro per farlo approfonditamente scarseggia e abbiamo quindi deciso di chiedere una namo ai nostri amici lettori. L’interazione lettore/redazione è ormai imprescindibile ed oltretutto piace ai nostri amici. Ecco, allora, che basta lanciare sulle nostre pagine Social la “chiamata alle armi” che subito alcuni fedelissimi hanno risposto presente! L’hashtag #LeMieVacanzePugliesi lanciato su Twit-ter non sarà certamente entrato nei trendtwitter delle set-timane estive ma ha raccolto alcuni amici affezionati che qui vogliamo premiare per l’attenzione con cui se-guono Puglia in e per la passione con cui ci aiutano a far consocere la Puglia. Michele Mongiello alias MikealWorld ci manda una bellissima “cartolina” del mare di Torrechianca a Porto Cesareo in provincia di Lecce. Sempre dal Sa-lento una grande amica della nostra redazione, Mi-riam Torrente, organizzartice degli eventi #TTT (vedi Puglia in di giugno n.d.r.) ci ricorda che la Puglia è anche tanto Sole e tanto buon cibo con linguene ai frutti id mare e fitturina di calamari mooolto invitanti. A Ferragsto poi come non godersi l’alba del nostro splen-dido mare (ancora salentino). Ce ne ha dato prova uno dei lettori più presenti su Twitter Luigi Gaudiano che ha immortalato l’alba di San Foca. Molto movimen-tata deve essere stata anche la vacanza di Annamaria Zonno che ci ha inviato ben due istantanee. La nostra lettrice ci invia prima una foto del mare di Villanova, in provincia di Brindisi e poi anche lei è approdata sul Versante ionico e più precisamente a Gallipoli. Brava Annamaria! Ma la Puglia non è solo Salento e mare e ce lo ricorda Antonio Di Donna con una simaptica serata in piazza con il teatro dei burattini a Rutiglia-no. Mentre la nostra redattrice Isabella Battista ci ha dedicato una “pungete” foto con un bellissimo cac-tus con gustosissimi fichidindia. Non poteva mancare il nosro direttore che, quasi a voler riequilibrare la ge-opolitica delle foto di questa pagina, ci ha inviata un fotogramma delle sue brevi vacanze in quel di Vieste all’ombra del Pizzomunno e del promontorio garga-nico.

@annamariazonno

@MikealWorld

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27settembre duemiladodici inpuglia

@Didos73

@MiriamTorrente

@Isaz85

@GigiGaudiano

@annamariazonno

@fabiopaparella

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28 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Taras, l’eponimo. L’avessero amata di più questa terra tradita dai fumi e dall’acciaio, avrebbero ricordato le origini, legate alle acque del mare e quelle che al mare finis-cono. In una Puglia non a caso definita siti-bonda, che d’estate risuona del mugghio del mare sulle coste o della disperata sinfo-nia delle cicale negli interni, c’è un angolo dove ben tre fiumi, sia pur brevi, sia pur misconosciuti, portano cantando acque sorgive al mare, annegandovi fra dune di sabbia, canne lacustri, girini e avannotti. E il Tara è uno di questi. Il nome glielo ha dato, appunto, il mitico fondatore, che come s’usava nei tempi antichissimi, gi-unse su quella costa che aveva tutti i crismi

dell’esotico, ben prima dei veri fondatori, quei figli di Sparta guidati da Falanto.

E dunque Taras, venti secoli prima di Cristo e circa un millennio prima che ar-rivassero gli Spartani a fondare un piccolo pezzo di Magna Grecia, se ne venne dal mare, lui che di Posidone era figlio e de-cise che nei pressi di quelle acque avreb-be fondato un luogo, che in onore della sposa Satyria chiamò Saturo e ancora è lì. I degni successori, fratelli di quegli stessi spartani di Leonida delle Termopili, non pensarono affatto a rivoluzionare tutto. Si sentirono come annunciati dal prodigioso e semidivino Taras, perchè dunque can-

In questa calda estate la città di Taranto è stata tormentata dalle pole-miche sulla chiusura della centrale Ilva e sul legame stretto che questa acciaieria ha con il capoluogo ionico e i suoi cittadini. Ma Taranto non è solo questo, nei nostri sentieri siano andati all’origine, quando Taras approdò dal mare, prima ancora degli spartani,per porre le basi della attuale città

le origini e il mitoTARAS

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29settembre duemiladodici inpuglia

cellarne il ricordo? E dunque ecco Taran-to al suo nascere. Di Taras restò il Tara, poco meno di mille metri di fiume carsico, sgorga nei pressi della gravina di Massa-fra, ricchissima di testimonianze rupestri e sbocca poi nello Ionio, a ridosso della città velata e avvelenata dall’industria. Acqua sempre fresca, anche nel cuore dell’infocata es-tate, quando gli stessi abitanti che vivono a ridosso del suo corso, ne ripulis-cono le rive e si preparano ad ac-cogliere le migli-aia di persone che vanno a bagnarsi per il refrigerio e le decantate virtù tera-peutiche delle acque fangose. Per secoli quelle acque hanno permesso alla zona di avere un’agricoltura vivace da cui trarre succose bontà, come le an-gurie rosso fuoco quando sono arrivate in Italia. Ma anche i più modesti orti mar-ginali e casalinghi di una comunità labo-riosa ma sfortunata che si è imbattuta nel mostro industriale del ferro e del fuoco.

Non è difficile trovare il Tara, specie se lo cercate sotto il maglio rovente del sole estivo. Queste sono terre che riescono ancora a stupire e danno speranza per quando gli Orchetti e gli Uruk Hai di Sa-ruman avranno smantellato la loro orrida officina e la metallurgia pesante darà di nuovo spazio all’Arcadia. Un ritorno al futuro che diventa sempre più impossibile

da rimandare.

Cercatelo da Massafra, seguitelo sino a ridosso del grande cancello nero che ing-abbia la città, immergetevi rabbrividendo nelle sue acque fredde e poco profonde,

prendete il fango sul fondo e sulle rive e copritevi a piene mani.

Immaginate che quel fi-umicello prende ilnome

da un semidio figlio di un Olimpo, è lì da sempre ed ha re-sistito alla Grande Devastazione Sid-erurgica.

E se poi cercate gli altri due fiumi, sap-

piate che si chiamano Galeso e Lato. Il primo

nasce nei pressi di Statte e dopopoco meno di un chilo-

metro va a morire nella acque infer-nali di Mar Piccolo, una delle grandi sfide ambientali per i prossimi decenni. Virgilio lo cita nelle Georgiche e lo definisce om-broso, a causa del colore delle alghe sul fondo. Il secondo, il Lato, è il più lungo con quasi cinque chilometri di corso e nasce a monte di Palagiano e Castella-neta e sfocia a sud del golfo di Taranto in un trionfo di canneti, dune di sabbia, lentischi e grandi Pini di Aleppo. D’estate è una delle mete popolari e predilette per chiunque ami il mare senza troppi orpelli. E da queste parti, come scriverebbe Sara-mago, la terra finisce e il mare attende.

Fortunata Dell’OrzoRIPRODUZIONE RISERVATA

Il gigante rosso ruggine fa ancora pau-ra. Continuerà a lungo a fare paura. Nonostante gli sforzi che un po’ tutti, a cominciare da quei dirigenti di impre-sa sui quali gravano e le responsabilità del passato inquinatore e quelle per un futuro più salubre. Le grandi masse di carbone, stoccate a cielo aperto ver-ranno bagnate in continuazione, così che le micidiali polveri sottili non siano libere di viaggiare nel vento, dritte sul rione Tamburi. Ma non basterà. Nel-la immane confusione ingenerata da questa vicenda globale, tutti sanno che quei benedetti altiforni bisognerebbe proprio spegnerli, ridurre al silenzio il rombo di fuoco, addormentare sino al grigio quel rosso infernale nel quale si muovono come piccoli dannati di male-bolge gli operai e le operaie dell’ILVA.Ma chi avrà il coraggio di spegnere? Chi potrà mai pensare a caricarsi per anni, forse per un decennio, le sorti umane e familiari di oltre ventimila per-sone? Il Ministro Passera ha dichiarato che fermare l’ILVA significa far perdere all’Italia ben 8 miliardi di euro l’anno. Sono sedicimila miliardi di vecchie lire, una volta bastavano a chiudere una fi-nanziaria. Dal canto suo la “proprietà” ha già fatto capire che ridurre o con-dizionare la produzione potrebbe far perdere ogni interesse imprenditoriale: lo spettro di una dismissione generale e il conseguente ricatto occupazionale sono appena svoltato l’angolo.Non è semplice. Non lo sarà. Ci sono 52 anni di ritardo, per la soluzione di questo problema immane, nato insieme alle ruspe che spiantarono 20 mila olivi, demolirono decine di vecchie case co-loniche e distrussero alcune pregevoli e antichissime masserie. Era il 1961, dal tarantino si prendevano i treni per il Nord, il paese non riuscì a trasformare il boom industrialista in boom agricolo. L’Italsider, come allora si chiamava, sembrò la panacea, il miracolo, lo stel-lone italiano.Oggi, ancora non bastano quei piccoli visi bianchi immobili e sorridenti sulle loro ceramiche smaltate, a dire al resto del mondo: fermatevi o qui, al cimitero dei bambini, saremo sempre tanti, sem-pre di più, sempre troppi.

FDO

Per Taranto un colpo da K.O.

In foto l'impianto Ilva che sovrasta la città e il mare di Taranto.

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30 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

orsara e bovino

Te la devi guadagnare, cercandola nella Puglia profonda, quella che abbandona le piane infinite e gli orizzonti persi nel-la caligine estiva e si inerpica, lontana da capannoni e supermercati, verso il cielo della sua storia più autentica.Da Bari è un viaggio, prima sulla comoda e battutissima 16 bis, su su verso Cerigno-la che bisogna oltrepassare fino al bivio per Ortanova. E qui si lasciano le grandi strade per un percorso che si fa più intimo, più vicino alle infinite radici di questa re-gione così lunga e diversa, ma sostanzial-mente sempre fedele a se stessa.Un viaggio che ha molto più senso se spe-gnete il navigatore e vi orientate con una buona cartina stradale, anche perchè è bello leggere nel paesaggio reale i segni che trovate sulla cartina e dare un nome alle colline via via sempre più alte, segnate da boschi e da fuochi quasi in egual misu-ra, in quest’estate torrida e scapestrata di

piromani.Siamo su uno dei vecchi tracciati che por-tavano a Napoli, prima dell’autostrada. Chi ha fatto queste strade nei primi anni sessanta ricorderà sicuramente il silenzio, lo spaesamento della solitudine, la bellez-za disperata e selvaggia di una campagna a perdita d’occhio.Oggi è punteggiata dai mulini a vento che producono energia. Non mi danno ecces-sivo fastidio, anche a rischio di sentirmi dare della capra da Vittorio Sgarbi. Mi dà più fastidio intravedere, di tanto in tanto, qualche diroccato casolare, trasformato alla bisogna in un rifugio per i tanti brac-cianti stranieri che lavorano alla raccolta del pomodoro. Sono situazioni al limite della vivibilità e sicuramente non dignito-se. Ma pare che sia estremamente difficile fare qualcosa di più e di meglio per queste persone che contribuiscono, sudando e sfiancandosi, al nostro benessere.

Un gelato in villaUn salto a Bovino, sul co-cuzzolo praticamente di fronte a Orsara, può valere nel pomeriggio un ottimo gelato artigianale nella “villa” del paese, proprio sotto il massiccio castello ducale, che ospitò, fra gli altri, Torquato Tasso. Nel vallone sottostante, ai tem-pi di Garibaldi, era tutta una scorreria di briganti. Un bel posto per salutare, tornan-do a casa, ovunque essa sia, questo magnifico pe-zzo di Italia, questa Puglia, solatìa e altera come tutta la Daunia Vetus.

ORSARAquasi all’improvviso

Intenso e affascinante viaggio nel cuore del Sub appennino dauno dove Orsara con i suoi 635 metridi altitudine vive una pace quasi surreale se confrontata con la frenesia delle città moderne. Fra vedute mozzafiato e ottima cucina si passano piacevoli giornate

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31settembre duemiladodici inpuglia

Dopo Ortanova, Ordona, Castelluccio dei Sauri e quando già siamo quasi al confi-ne della Campania, dobbiamo lasciare la statale 90 e iniziare a salire, verso Orsara. Questo è un insediamento umano anti-co, che vide sia pur da lontano gli scempi della seconda guerra Punica. La leggenda vuole che sia stata fondata da Diomede, l’eroe greco che poi Dante metterà all’In-ferno, nella stessa fiamma bicorne con Ulisse, suo inseparabile sodale nella guer-ra di Troia.Era provincia di Avellino sino al 1927: oggi, con poco meno di tremila abitanti, questo borgo adagiato sul fianco di un de-clivio a 635 metri sul livello del mare, vive soprattutto di agricoltura e buon turismo enogastronomico. Ed eccola, quasi all’improvviso, dopo gli ultimi tornanti della strada. Orsara di Pu-glia, un paese armonico e raccolto, dalla bella gente concreta e sorridente.Come su tutta questa parte della Puglia, vige il culto dell’Arcangelo uccisore di draghi, Michele (chi è come Dio?) che an-che qui ha una sua grotta, dove sarebbe apparso. Un tempo fu feudo dei Guevara, il cui nome risuona in una delle sue fra-zioni (Torre Guevara), mentre gli orsaresi favoleggiano ancora sugli orsi bruni, che avrebbero dato il nome al paese.Oggi ci sono invece moltissimi cinghiali, di cui periodicamente viene autorizzata la caccia, dai quali gli esperti ricavano ma-gnifici prosciutti.Bella la vista da uno dei numerosi bel-vedere lungo il perimetro settentrionale di Orsara: si vedono la Campania, che è davvero a un tiro di schioppo, e la Basili-cata, poco dopo il cocuzzolo di Candela a sud est.

ORSARA E I SUOI EVENTI

Una rassegna Jazz d’estate, l’Orsara Musica Jazz festival giunto alla sua ventitreesima edizione e una rievocazione d’Ognissanti che ricorda in modo impressionante l’Halloween anglosassone, senza però cadere nelle orride banalità di quest’ultimo. Qui la tradizione parla di fuochi e “cocce priatorie”, le zucche, appunto, che ricorderebbero le anime del purgatorio per le quali è necessario pregare.

DOVE MANGIARELA LOCANDA DELL’ANGELO

Ristorante albergo nei pressi della Chiesa di San Martino, offre menù di squisitezze garganiche e accoglie sino a sei persone in due mini apparta-menti, al primo piano. Gestito da una cooperativa sociale, è la dimostrazio-ne di come si possa fare impresa ba-sandosi sulle risorse socio-culturali del luogo, senza stroppi svilimenti globa-lizzanti. Imperdibili il tagliere di salu-mi e formaggi locali, impreziositi da una delicatissima composta di zucca, le orecchiette con zucchine e speck, l’arrosto misto alla brace. Tutto pre-parato al momento. Meglio prenotare al 328.833.14.39.

Se la giornata è bella (e può esserlo in ogni stagione) vale la pena fare questo viaggio solo per osservare tutto intorno il mosaico del Sub appennino dauno e del Tavoliere che si stende poco oltre. Per ascoltare il vento o il frinire pressoché immortale delle cicale o il silenzio perfetto di un luogo dove anche i bambini sem-brano voler contenersi dignitosi, per ac-cordarsi alla solennità dell’insieme. Come ogni luogo “vero”, Orsara si prenderà un pezzetto del vostro cuore. E’ il pegno che lascerete con la promessa di tornare, ap-pena possibile, a farvi raccontare la vostra anima da quei “infiniti silenzi”.

Fortunata Dell’OrzoRIPRODUZIONE RISERVATA

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pettacolis

Elettrottanta

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33settembre duemiladodici inpuglia

pettacolis

L'estate è alle spalle e con essa i suoi tormentoni estivi radiofonici. Che abbiate avuto modo di rilassarvi oppure no, sicuramente avrete ascoltato e magari fischiettato le fresche Hit tipiche dei mesi caldi che per quest'anno lascieranno agli annali della musica brani come Tu mi porti su di Giorgia, Call me Maybe di Carly Rae Jepsen o la canzone "no sense" Pulcino Pio di Radio Globo ma avrete sicuramente ascoltato anche Che fico! brano del 1982 di Pippo Franco e rispolverato e riarangiato dal barese Fabio Milella. La cover, come si dice in gergo, è cliccatissima sul canale Youtube dell'artista con oltre 276mila visualizzazioni e non c'è stato giorno di questa stagione balneare che il brano non sia stato mandato in onda nelle radio. Il cantautore e dj ne accelera il ritmo grazie all'uso dell'elettronica e calca la mano sull'ironia nel simpatico videoclic. Il brano è parte integrante di

un progetto più complesso, ovvero, il cd Elettottanta, disco registrato e missato da Fausto Dasè e Gabriele Simoni (all’Accademia del Suono e al Sound Lab Studio di Milano) e masterizzato da Antonio Baglio (al Nautilus Mastering Studio di Milano), prodotto da Dasè Sound Lab/Bollettino Edizioni Musicali, pubblicato e distribuito da Halidon Il disco comprende dieci brani, tutti o quasi rigorosamente anni ottanta e tutti remixati in chiave elettronica. Quasi tutti, dicevamo perchè la decima traccia è Dolce stella blu brano composto dallo stesso Milella. Nell'elettro-disco compaiono anche altre famosissime canzoni da La notte vola di Lorella Cuccarini a Gianna di Rino Gaetano, passando per Cacao meravigliao di Renzo Arbore, Se m'innamoro dei Ricchi e Poveri, Cicale di Heater Parisi, Balla di xxx e ballo ballo di xxx. In questi

giorni la casa discografica sta lanciando in radio (e non poteva essere diversamente a settembre... n.d.r.) L'estate sta finendo dei Righeira e c'è da scommettere che sarà un'altra hit radiofonica e non solo. Forse per i più critici questo cd potrebbe risultare una furbata, perchè a puntare sui mitici anni ottanta non si sbaglia mai, ma a noi invece sembra opportuno premiare comunque il coraggio del giovane artista barese che ha scelto di rischiare con brani già molto famosi non sentendo la pressione della impresa in cui andava ad imbattersi. L'estate

Isabella BattistaRIPRODUZIONE RISERVATA

Elettrottanta

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34 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

pettacolisLa grande energia di Fabio Milella nel reinterpretare a modo suo i grandi successi degli anni passati

L'estate è alle spalle e con essa i suoi tormentoni radiofonici. Che abbiate avuto modo di rilassarvi oppure no, sicuramente avrete ascoltato e magari fischiettato le fresche Hit tipiche dei mesi caldi che per questa volta lascieranno agli annali della musica brani come Tu mi porti su di Giorgia, Call me Maybe di Carly Rae Jepsen o la canzone "no sense" Pulcino Pio di Radio Globo. Avrete anche ascoltato Che fico! brano sanzonato del 1982 di Pippo Franco e rispolverato e riarangiato dal barese Fabio Milella. La cover, come si dice in gergo, è cliccatissima sul canale Youtube dell'artista con oltre 276mila visualizzazioni e non c'è stato giorno di questa stagione balneare che il brano non sia stato mandato in onda nelle radio e, giusto per non farsi mancare proprio niente, non ha disdegnato neanche servizi su testate nazionali, Tg e programmi vari. Il cantautore ha preso la sigla del Sanremo '82 e ne ha accelerato il ritmo grazie all'uso dell'elettronica e calcato la mano sull'ironia nel simpatico videoclip, questo il vero segreto del suo successo. Il brano è parte integrante di un progetto più complesso, ovvero, il cd Elettottanta, disco registrato e missato da Fausto Dasè e Gabriele Simoni (all’Accademia del Suono e al Sound Lab Studio di Milano) e masterizzato da Antonio Baglio (al Nautilus Mastering Studio di Milano), prodotto da Dasè Sound Lab/Bollettino Edizioni Musicali, pubblicato e distribuito da Halidon Il disco comprende dieci brani, tutti o quasi rigorosamente anni ottanta e tutti remixati in chiave elettronica. Quasi tutti, dicevamo perchè la decima traccia è Dolce stella blu brano composto dallo stesso Milella. Siccome evidentemente il nostro amico non vuole più fermarsi dal sette settembre sta passando in radio il nuovo singolo L'estate sta finendo, altro must della musica italiana anni '80. Il brano dei Righeira che trionfò nel Festivalbar 1985 è perfetto per scalare ancora una volta le classifiche. Il video girato da Milella si svolge sulla spiaggia marchigiana di Marina di Campofilone (Fermo) e racconta l'amore estivo di due giovani ragazze, l'artista moldava Agaphiè e la showgirl brasiliana Luciana Chagas.Nell'elettro-disco compaiono anche altre famosissime canzoni da La notte vola di Lorella Cuccarini a Gianna di Rino Gaetano, a Cacao meravigliao di Renzo Arbore, passando per Se m'innamoro dei

Elettrottanta

da ascoltareFABIO MILELLA

Ricchi e Poveri, Cicale di Heater Parisi, Balla di Umberto Balsamo e ballo ballo di Raffaella Carrà. A puntare sugli anni Ottanta non si sbaglia mai, insomma, e Fabio Milella ce ne da la conferma. Le canzoni che un tempo non tanto lontano hanno fatto da colonna sonora a tanti momenti, in anni troppo a lungo considerati trash, oggi rischiano di far emozionare anche nuove generazioni oltre che i nostalgici e intanto... la notte vola Fabio.

Fabio PaparellaRIPRODUZIONE RISERVATA

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35settembre duemiladodici inpuglia

pettacolis

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36 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

pettacolis

Nel naturale palcoscenico delle Grotte di Castellana, da oltre un anno e con enorme successo, va in scena Hell in the cave che, attraverso suggestive scenografie e inquietanti voci narranti, accompagna lo spettatore smarrito nell’Inferno dantesco. Incontriamo il regista teatrale Enrico Romita, un uomo disponibile e simpatico, dalla personalità versatile, di grande ingegno, dalle mille energie e soprattutto appassionato al Suo lavoro che ha prodotto l’affascinante spettacolo.

Come è nato questo progetto e cosa ha ispirato questa Sua originale rivisitazione dell’Inferno di Dante Alighieri? «Il progetto nasce dalla convinzione che un sito così interessante come le Grotte di Castellana, avesse bisogno di rinnovare la propria offerta turistica anche attraverso un importante evento culturale, così come avviene in tutto il mondo. La scelta dell’Inferno Dantesco è stata quasi obbligata dalla maestosità e particolarità della scenografia naturale e dalla visione quasi cinematografica che ho dell’opera di Dante, che si presta ad una esperienza sensoriale, dove lo spettatore diventa la macchina da presa».

Le grotte appaiono immediatamente un idoneo teatro ove narrare il viaggio di Dante attraverso le urla strazianti e i disperati lamenti delle anime dannate. Quali difficoltà sono state riscontrate nella progettazione e realizzazione di questo spettacolo così originale? E chi le è stato particolarmente vicino, certo del risultato finale? «La progettazione ha tenuto conto delle particolari condizioni ambientali, la sicurezza del pubblico e degli operatori e la salvaguardia dell’ambiente carsico. Infatti tutte le attrezzature e le azioni sceniche, sono state realizzate tenendo conto di queste condizioni. Grazie alla collaborazione di tutti i collaboratori. In particolare il mio ringraziamento va a Giusy Frallonardo che, oltre a curare la drammaturgia, dirige e coordina il lavoro degli attori, dei danzatori e degli acrobati. Inoltre un prezioso contributo è dato da Giuseppe Di Carlo che, con passione e sapienza tecnica, si occupa degli impianti e del reparto luci, con i risultati spettacolari che ogni visitatore può apprezzare. Naturalmente, tutto è stato possibile anche grazie alle varie istituzioni che ci hanno supportato».

È particolarmente difficoltosa e determinante la selezione di attori che, oltre ad essere dei bravi interpreti, devono essere dotati di energia e resistenza fisica, capaci di muoversi in un luogo sconnesso e così umido come quello delle grotte?

Sì, a Castellanal'INFERNOè nella grotta!

Hell in the cave, con scenografie ed inquietanti voci narranti racconta l'inferno dantesco nell'impareggiabile ed

inimitabile palcoscenico naturale delle grotte di Castellana

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«Ci sono le condizioni per avviare la prima Tournè Sotterranea del Mondo. Siamo in contatto con alcuni Paesi Europei per realizzare questo sogno. Credo che la forza comunicativa di una simile realizzazione, potrebbe essere un grande veicolo promozionale per la nostra terra, facendo incrementare anche l’attrattività del nostro splendido territorio. Speriamo bene».

di dolore partecipato, di pietà per la sofferenza rappresentata ma, al tempo stesso, condivisa con le anime dannate che sfiorano, si lamentano, passano

attraverso il pubblico. Ed infine, la speranza, la salvezza, l’ascesa che ci fa uscire “migliorati” dal viaggio infernale».

Nel prossimo futuro ha i n t e n z i o n e di proporre altre simili rappresentazioni culturali nelle Grotte di Castellana? Ne ha già in mente q u a l c u n a ?

«Le Grotte si prestano ad ospitare rappresentazioni e qualche idea in questo senso c’è già. Ma il periodo non è dei migliori e, per dirla tutta, sono al lavoro per alcuni allestimenti in altri luoghi altrettanto stimolanti. Spero che ciò si possa realizzare al più presto. In questo caso i vostri lettori saranno tra i primi a saperlo».

Infine, questo spettacolo così originale intende portarlo su altri palcoscenici d’Italia, o addirittura fuori?

«Questa è una scommessa vinta. Il cast è composto da giovani entusiasti e bravissimi, provenienti dalle più svariate esperienze artistiche. Rigorosamente nati o residenti in Puglia, a “Km. 0” come dico io. Un gruppo eccezionale che ha aderito con il cuore e con i muscoli ad un programma intenso durato oltre sei mesi. Oggi i nostri attori sono in grado di muoversi in grotta con una tale naturalezza da farla sembrare un confortevole palcoscenico di teatro».

Le innumerevoli repliche hanno p e r f e z i o n a t o ed arricchito sicuramente l’evento. Secondo Lei cosa cattura ed emoziona maggiormente il pubblico presente? E, in particolare, quale riflessione Lei ha inteso sollecitare nell’animo dello spettatore? «La mia messinscena parte dal presupposto che lo spettatore venga coinvolto stando dentro l’azione, annullando la distanza tra pubblico e attori. Il breve percorso diventa un lungo piano sequenza. Non ci sono stacchi e, in questo modo si passa dal disorientamento iniziale al senso di disagio,

“Le grotte si prestano ad ospitare altre rappresentazioni. Qualche idea c’è già„

Evelina GiordanoRIPRODUZIONE RISERVATA

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Cultura e turismo. Un’unione di cui la Pu-glia si è fatta promotrice in questa calda estate 2012. Parliamo della terza edizione di Spiagge d’Autore, manifestazione orga-nizzata da Confcommercio Puglia e Teatro Pubblico Pugliese e promossa dall’Assessorato al Mediterraneo, Cultu-ra, Turismo della Regione Puglia con l’A-genzia Puglia Promozione.Personaggi conosciuti dal grande pubbli-co quali Giorgia Wurth ed Elio, insieme a nomi legati ad un ambiente più intellet-tuale come quelli di Erri de Luca e Fede-rico Rampini, hanno incontrato lettori e non lettori sulle spiagge assolate del nostro litorale.Il dottor Giuseppe Chiarelli, segre-tario regionale della Confcommercio ed ideatore dell’evento, ha risposto alle do-mande di Puglia in.La vostra è una manifestazione molto giovane ed avete già ricevuto riconoscimenti a livello nazionale: il premio Festival of Festivals – Best Territory Improvement

Award 2011. Molti degli eventi cul-turali organizzati nella nostra re-gione mostrano disinteresse per un’affermazione che vada oltre i confini pugliesi. L’organizzazione di Spiagge d’autore ha volutamente cercato questo tipo di vetrina?«In realtà c’è stato un grande lavoro per la realiz-zazione di ciò che avevamo programmato. Poi c’è stata la premiazione al Festival, le gratificazioni, i riconoscimenti ma solo la professionalità ha fatto sì che gli obiettivi prefissati emergessero da ciò che abbiamo prodotto. L’interazione con il territorio è stato ed è sicuramente uno dei nostri scopi».Mi sembra che un’altra delle fina-lità sia la conquista di un pubblico vasto.«La cultura e la sua diffusione sono colonne por-tanti del nostro progetto: allargare la fascia d’uten-ti cogliendoli nel loro “dolce far nulla” in spiagge e piazze. La lettura è considerata un momento intimo, di riflessione privata ed è interessante poter inserire questa esperienza in un contesto di socia-lità».

L’avventura di quest’anno è quasi giunta a termine. Ci può rivelare se ci sarà qualche sorpresa, un’e-voluzione dell’evento?«Si, Spiagge d’autore non sarà utilizzato come un marchio. Le attività avranno anche un se-guito invernale in cui le strutture alberghiere, come gli stabilimenti balneari nella stagione estiva, diverranno luoghi di cultura.Per il mese di Settembre abbiamo pianificato

una serie di speed book nei quali verranno coinvolti gli editori locali: saranno gior-nate nelle quali presenteremo più libri dedicati ad un tema specifico quali gastronomia, famiglia, economia e molti altri.Gli autori potranno det-tare le proprie tempistiche, saranno adoperate nuove forme di comunicazione, superando la semplice

ma sìSPIAGGIE D’AUTOREDopo il successo degli appuntamenti sul litorale pugliese, a settembre verranno realizzati una serie di speed book insieme agli editori locali. La cultura può essere una moneta di scambio per aiutare la nostra crescita economica

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conversazione, per veicolare i contenuti e stimolare la gente».Nuovi traguardi da rag-giungere?«La manifestazione regge sull’ar-monia tra tre variabili: cultura, pro-mozione del territorio ed economia. Un traguardo sarebbe, per l’appunto,

l’autonomia economica dell’evento. In questo modo dimostreremmo, anche se su

piccola scala, che la Cultura non è solo un bene in sé ma anche una moneta di scambio

che può aiutare la crescita economica del Paese alla quale appartiene».

Un tempo c’erano gli speed date, appunta-menti veloci, baluardo dei moderni single che, in un intervallo di tempo prestabilito, dovevano cercare di conoscersi per capi-re se si piacessero. Ora è arrivato il turno degli speed book in cui la ricerca non è più finalizzata all’incontro con la propria anima gemella ma alla scoperta del libro ideale. In Speed book – Storie di Puglia, promosso dalla Regione Puglia - Assesso-rato al Mediterraneo, Cultura, Turismo e Confcommercio Puglia, in collaborazione con l’Agenzia Pugliapromozione e Teatro Pubblico Pugliese, ogni autore potrà gesti-re il tempo a propria disposizione per par-lare di sé, del suo libro e di ciò che ritiene sia più opportuno per presentare la sua opera al pubblico. Nel corso di ogni serata tematica gli autori si avvicenderanno nelle presentazioni e potranno adoperare diffe-renti forme d’espressione per i contenuti da trasmettere come, ad esempio, l’inse-rimento di brevi rappresentazioni teatrali legate al testo. Qui di fianco anticipiamo solo alcuni degli appuntamenti, organiz-zati con la partecipazione della rete dei Teatri Abitati.

A.C.

il programma

Alessia ColaianniRIPRODUZIONE RISERVATA

Domenica 2 Settembre 2012Ceglie Messapica

Puglia: enogastronomia

Giovedì 6 Settembre 2012Taranto

Famiglia: storie e rapporti sotto lo stesso tetto

Sabato 15 Settembre 2012Manfredonia

Intrigo: noir, giallo e mistero

Venerdì 21 Settembre 2012Andria

Politica ed economia: la parola agli autori

Martedì 25 Settembre 2012Nardò

Viaggi e introspezione: l’uomo alla ricerca di sé

Sabato 29 Settembre 2012Ruvo

Amore: storie e vicende di uomini e donne

Per info www.spiaggedautore.it

www.pugliaevents.it.

Tempo di libri, veloci

A sinistra Giuseppe Chiarelli, segretario regionale Confcommercio

In foto il camper di Spiaggie d'Autore a Lecce;

Sotto uno degli ospiti di questa edizione Stefano Belisari, noto

come Elio... delle storie tese.

Marcello Introna ( a sisnistra)

con il suo romanzo "Percoco"- Il Grillo editore

sarà uno degli ospiti della serata del

15 settembredal titolo "Intrigo: noir,

giallo e mistero" che avrà luogo a Manfredonia

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pettacolis

Nebuloso come non mai il ritorno della ri-costruzione storica della Disfida di Barlet-ta, atteso dalla popolazione e proclamato sulla base di una delibera comunale, ma dai contorni evanescenti soprattutto per quanto riguarda i soldi destinati a questa manifestazione; la durata prevista è di 5 giorni, dal 4 al 9 settembre, e vorrebbe essere, dopo anni di vuoto, un ritorno in grande stile, onde poter dare un respiro internazionale o per lo meno nazionale ad un evento che, negli ultimi anni precedenti alla scomparsa, aveva finito per essere una dispendiosa rievocazione storica destinata ai soliti, pochi presenti barlettani. Ripor-tare la Disfida agli antichi splendori è un argomento che sta a cuore a molti, anche allo stesso Primo cittadino (il Sindaco di

Barletta Nicola Maffei) che all’interno del-le sue linee programmatiche per il quin-quennio 2011-2016 non mancava di citare tra le azioni da intraprendere a sostegno dell’economia del Turismo: “Riproporre e valorizzare la celebrazione della mani-festazione storica della Disfida di Barletta quale obiettivo strategico, con il coinvol-gimento dei cittadini, delle associazioni e delle scuole, anche attraverso forme ed azioni innovative di comunicazione tese al riconoscimento della stessa nel calendario nazionale degli eventi”. I siti Internet di eventi, sagre e manifesta-zioni continuano a dare per scontata la rievocazione, e gli alberghi, contando su questa possibilità per il turismo di zona, propongono vantaggiosi pacchetti all in-

La grande sfida

Tormentata da polemiche la vigilia della rievocazione storica della battaglia svoltasi nel 1503 tra Andria e Corato.

DISFIDAdella

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Finita l’estate è stagione di ritorni, e sul-la scena del Teatro Petruzzelli, per rico-minciare successivamente alla pausa co-minciata dopo “Tosca”, appare Mozart. Torna il suo “Don Giovanni”, nell’allesti-mento della Fondazione San Carlo di Na-poli, diretto dal maestro Roberto Abbado e con la regia affidata a Mario Mortone. Per questo quarto titolo della Stagio-ne dell’Opera 2012 il Teatro Petruzzelli aprirà le sue porte per la prima lunedì 10 settembre alle ore 20:30, e sono quattro repliche nelle date del 12, del 14 e del 18 settembre sempre alle 20:30, mentre è fis-sata una replica pomeridiana per domeni-ca 16 settembre alle ore 18:00. Ma come ogni spettacolo dell’ente lirico barese dell’ultimo anno, è inevitabile do-ver scendere a patti non solo con il buco finanziario che ha costretto la Fondazione Petruzzelli al Commissariamento straor-dinario di Carlo Fuortes, ma anche con le inevitabili baruffe che irrimediabilmente derivano da una gestione che, per forza di cose, deve sempre fare di conto. Pomo della discordia, questa volta, tra Fuortes e la CGIL è stato il criterio di scelta adot-tato dal Commissario per la selezione di lavoratori, coristi ed orchestrali che sa-ranno impegnati nel “Don Giovanni”: il gruppo di lavoro formato da 47 persone è stato scelto mediante l’estrazione dei

nomi da un bussolotto. In tal manie-ra è scoppiata la giusta polemica

in difesa della dignità del lavoro, il quale, pur essendo merce, certo non autorizza pratiche di assunzione così avvilenti e che sminuiscono la pro-fessionalità e la competen-za, qualità che per prime andrebbero valutate in un concorso. L’amministra-zione di Fuortes è quindi fortemente criticata, e il

sindacato teme che non pos-sa esserci futuro per un ente

lirico portato avanti con moda-lità simili.

Tornando però allo spettacolo e al suo aspetto artistico, quantomeno la

città di Bari, in gran parte ignorando que-sto problema (verificatosi in piena estate e perciò passato quasi del tutto sotto silen-zio), potrà immergersi nelle atmosfere del “Don Giovanni” e conoscere, nel ruolo del protagonista, una delle giovani pro-messe del canto lirico italiano, il baritono Alessio Arduini.

clusive per godersi la città immersa nel clima di festa; festa, però, che più passano i giorni più rischia di passare da evento certo ad evento possibile ad evento irrea-lizzato. Forse per la difficoltà nel reperire i finanziamenti, o forse per via di una man-canza di organizzazione che porta spesso le amministrazioni ad annunciare grandi progetti senza che prima ne venga accer-tata la realizzabilità, o ancora forse per via dei tanti – troppi - intoppi burocratici, fatto sta che molto probabilmente i barlet-tani anche nel 2012 non riavranno il loro amato Certame, e con questo sfumeranno anche le possibilità di “far girare l’econo-mia” che ne sarebbero derivate.

Don Giovanni al Petruzzelli

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

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Non solo calcio

Negli sport “minori” (così detti soltanto da chi non riesce proprio a liberarsi della calciofilia, malattia contagiosa e molto dif-fuso in Italia) la Puglia si fa onore eccome, nelle ultime Olimpiadi di Londra, portan-do a casa tre medaglie (l’oro con Molfet-ta nel taek-wondo, il bronzo con Samele nella scherma maschile e con Mastrangelo nella pallavolo maschile), un grande quar-to posto di Greco nel salto triplo e gli otta-vi di finale della Lionetti nel tiro con l’arco e della Pennetta nel tennis.Tre medaglie che vanno a premiare la pic-cola delegazione made in Puglia formata soltanto da 10 elementi, che forse avreb-bero potuto anche essere di più, ma che fanno, percentualmente parlando, della Puglia una delle prime regioni italiane per il contributo dato alla causa olimpica.Ma non solo.Ci sono tante realtà ai vertici dello sport

nazionale, veri e propri fiori all’occhiello dello sport pugliese, piccole realtà formate da dirigenti appassionati, da tifosi caldi e corretti, con impianti non sempre all’al-tezza della situazione (pensiamo a Fasano, o a Molfetta).

BRINDISI E IL BASKETL’Enel Basket è sbarcata in serie A1 nella pallacanestro maschile, dopo un esaltante campionato vinto, anzi, stravinto, ai pla-yoff, ed ha allestito una rosa che sembra idonea per centrare l’obiettivo stagionale dei salentini, ovvero restare nella massima serie, sempre con un occhio a quell’ottavo posto, che non sembra troppo lontano a guardare i roster della Lega A, e che per-metterebbe di tornare a disputare, dopo più di trent’anni, i play off e le finali di Coppa Italia.

ORGOGLIO PUGLIESELe Olimpiadi hanno messo in mostra ancora una volta la potenzialità degli "sport minori". La Puglia sportiva può ritenersi soddisfatta della missione londinese. Le soddisfazioni per il Tacco d'Italia non finiscono qui. Anche la stagione spoirtiva 2012-2013 promette di essere positiva per gli atleti di casa nostra

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A CONVERSANO LA PALLAMANO È DI CASAIl Conversano, dopo aver perso lo scudet-to nella finale della serie A1 di pallama-no maschile, e dopo aver disperso alcune nubi che sembravano addirittura mettere in forse la sua permanenza ai vertici del-lo sport nazionale, quest’anno ha allestito ancora una volta una rosa che saprà dire la sua in un campionato dove le pugliesi la fanno da padrone, con Noci e Fasano pronte a giocare un ruolo da comprimarie nei primi posti della classifica. Certo non è stato facile per la squadra più titolata di Puglia (il Conversano vanta 5 scudetti, 5 coppe italia e 3 supercoppe italiana) trova-re per tempo forze economiche in grado di sostenere i costi di un campionato di vertice, ma anche quest’anno, dopo parec-chie tribolazioni, si punta in alto.

Sono tre le medaglie per la delegazione pugliese a Londra 2012: l'oro di Carlo Molfetta nel Taek wondo (a sinistra con caschetto rosso) e le medaglie di bronzo per Luigi Samele nella sciabola a squadre (sotto) e quello di Luigi Mastrangelo nella palavvolo (in basso sul podio di Londra mentre mostra la maglia di Igor Bovolenta, prematuramente scomparso lo scorso marzo durante una partita).

PALLAVOLOE poi c’è la pallavolo. A Castellana si so-gna. Dopo la vittoria della Coppa Italia di serie A2 e l’approdo nella massima serie, nella città delle grotte si sta lavorando per un campionato che possa dare tante sod-disfazioni. Il pubblico sta rispondendo ec-come. Si preannuncia quasi il tutto esauri-to in ogni partita casalinga, contando sui quasi 800 abbonamenti già venduti e su un tifo tra i più caldi dell’intero panorama nazionale. Con Gulinelli e Lorizio in pan-china, la coppia confermata della passata stagione, i dirigenti baresi stanno ultiman-do proprio in questi giorni l’allestimento di una squadra di tutto rispetto e dall’alto tasso tecnico.Sono queste le due punte di diamante di un movimento sportivo pugliese che da

continua...

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Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

sempre è riuscito, sia pure con scarsa con-tinuità, a trovare picchi in quasi tutti gli sport.

C COME CALCIO&CRISIIn un panorama tutto sommato positivo, l’unico sport che invece affonda impelaga-to in una crisi che non può essere soltanto economica, ma che è soprattutto tecnica e societaria, è il calcio.Nel giro di pochi mesi il Lecce è scivolato dalla serie A alla Lega Pro sia per la re-trocessione guadagnata sul campo, sia per la condanna che la giustizia sportiva le ha inflitto a seguito delle note vicende illecite che hanno coinvolto l’ex presidente Se-meraro. In serie B resta il Bari, affannato e affogato dalle difficoltà economica, tra una dirigenza che vorrebbe vendere e non riesce a vendere, una squadra ogni anno da ricostruire, tra prestiti e giocatori che non vengono riscattati, tra punti di pena-lizzazione da recuperare (e per fortuna l’i-nizio di questo campionato di serie B ha subito annullato il gap di 5 punti inflitti al Bari dalla giustizia sportiva con due belle vittorie consecutive).A Foggia e Taranto si è vissuta una estate tra alti e bassi, tra le speranze tarantine di essere addirittura ripescati in serie B e la consapevolezza di sparire dal calcio pro-fessionistico. Alla fine le due città vedono le proprie squadre nella Lega Nazionale Dilettanti, la quinta serie calcistica.Un punto di ripartenza, certo, ma soltanto se si sapranno trovare le giuste motivazio-

ni, societarie ed economiche, per riportare in alto lo sport.Una volta si diceva che Taranto era la più grande città italiana a non aver mai assa-porato la gioia della serie A. Adesso pos-siamo dire che basterebbe tornare ai fasti della serie B per rendere i tarantini i tifosi più felici della Puglia.

commenta i successi pugliesi sulla pagina

twitter @Puglia_in usa l'hashtag

#OrgoglioPugliese

Sopra Daniele Greco, quarto a Londra; Qui sotto un fotogramma ormai storico:

l'autogol di Andrea Masiello nel derby Bari - Lecce;A fianco Savino Tesoro, nuovo presidente del Lecce

retrocesso il Lega Pro.

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Una delle storiche società sportive puglie-si è, senza dubbio, l’Amatori Volley Bari. Giunta quest’anno al suo 44esimo anno di attività agonistica, la società barese vanta nella sua bacheca uno scudetto femmi-nile (1978-79), vinto da neopromosso in serie A1, a cui ha fatto seguito il trionfo in Europa nel 1984. L’Amatori, infatti, è stata la prima formazione italiana capace di conquistare la Coppa Cev,battendo in finale il Modena. Nel 1987 l’ultimo trofeo nazionale, con la vittoria nella Coppa Ita-lia, prima di un declino che, fino alla fine degli anni ’90, ha portato le biancorosse prima ad alternarsi tra A1 e A2, prima di vendere i diritti sportivi nel 1998 per con-centrare la propria attività sulle giovani promesse della pallavolo.Quest’anno, intanto, c’è una novità im-portante. Dopo l’accordo siglato con l’Asem Bari Volley con la creazione del Volleylab A+A riguardante il settore fem-minile, dopo oltre trenta anni il sodalizio barese ritorna a cimentarsi con il settore maschile.

Si parte, ovviamente, con i gruppi giova-nili dal mini-volley all’agonismo u13-u15-u17 e con una squadra di punta che parte-ciperà al campionato di serie D regionale. Sulle orme del lavoro svolto negli ultimi anni dalla società cugina Sport Vacanze si è affidata a mister Pino Visciani la guida tecnica del settore maschile coadiuvato dal secondo allenatore, nonché preparato-re atletico Nicola Laudadio e da Cristina Callea come responsabile corsi. Novità anche nello staff dirigenziale: agli storici dirigenti Mimmo Magistro, Um-berto de Santis e Nicola Catalano si af-fiancano come sempre Manuela Magistro e Lorenzo Troccoli, mentre new entry è Michele Favia, nominato direttore spor-tivo del settore maschile. Alla dott.ssa Isa Franco, ancora una volta, l'arduo compito di visionare tutte le attività del sodalizio nel suo ruolo ormai decennale di direttore tecnico.

Diversamente abili o semplicemente atleti?

Diversamente abili o atleti? Chi ha avuto modo di seguire le Paraolimpiadi di Lon-dra forse avrà avuto, per un momento, il tempo di soffermarsi sulla condizione de-gli alteti che hanno dato vita a due setti-mane di lotta, di fatica, di corse, di vittorie e di sconfitte sui campi e sulle piste inglesi.Amputati, ciechi, ipovedenti, cerebrole-si… che hanno dato vita ad un grandis-simo ed emozionante spettacolo, che ogni giorno ha fatto applaudire centinaia di migliaia di spettatori sui campi di gara e milioni di appassionati di sport in tutto il mondo.Sarebbe troppo poco lo spazio a nostra disposizione per parlare della forza di Alex Zanardi, dell’allegria di Assunta Le-gnante, della splendida determinazione di Annalisa Minetti, del sorriso di Cecilia Camellini, della commozione di Oscar De Pellegrin, della gioia di Oxana Corso, del-la gioventù di Federico Morlacchi (e ne sto omettendo molti altri).In molti, però, hanno sottolineato le loro imprese additandoli come “disabili”.A loro mi sento di rispondere. Disabili in cosa? Hanno dimostrato di avere tutte le abilità che ognuno di noi, che ha la for-tuna di non avere menomazioni fisiche o mentali, può solo invidiare.Non fermiamoci, allora, a guardare la loro disabilità, e non definiamoli con una espressione tanto ipocrita quanto perbeni-sta “diversamente abili”.Sono atleti in tutto e per tutto. Anzi. Sono dei grandi atleti. Proviamo a bendarci completamente e a correre 1500 metri in pista o a nuotare 4 vasche in stile libero, facciamo la prova a sederci in una carroz-zina e a percorrere 60 chilometri spingen-doci soltanto con le mani.Altro che disabili. Saremmo impediti.Onore a tutti i nostri atleti paraolimpici, dunque. Chiamiamoli con il loro nome. Fratelli e atleti d’Italia.E speriamo che, prima o poi, si possa arri-vare a riunire le gare delle Olimpiadi con quelle delle Paraolimpiadi. Lo spettacolo che ne verrebbe fuori sarebbe straordina-rio, e finalmente si parlerebbe soltanto di sport, e non di abili o diversamente abili.

Quarantaquattro anni per pensare al futuro

Disabili in cosa? Le paraolimpiadi hanno messo in luce persone con abilità che ognuno di noi, che ha la fortuna di non avere menomazioni fisiche o mentali, può semplicemente invidiare

Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

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Puglia inAnno V n. 5 • settembre 2012Periodico free pressRegistrato c/o Tribunale di Bari al n. 3 dell’1 febbraio 2008

Direttore responsabileFabio Paparella

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