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> Quale futuro per la Chiesa? don Giuseppe Dossetti STAMPA REGGIANA periodico di attualità > cultura > spettacolo > sport Editoriale Teletricolore srl - Direttore Responsabile: Ivano Davoli - Direzione,Redazione e Amministrazione: Via Pasteur, 2 - 42100 Reggio Emilia - Tel. 0522/337665 - Fax 0522/397794 E-mail: [email protected] sito web: www.stampareggiana.it - Pubblicità: PUBLI7 Via Edison 14/a Reggio Emilia Tel.0522/331299 - Fax 0522/392702 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Reggio Emilia - Iscrizione al ROC nr.10590 anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 www.autogepy-chryslergroup.it AutoGepy www.autogepy-chryslergroup.it AutoGepy Euro 2, 00 segue a pagina 3 I PONTI CHE L’ITALIA CI INVIDIA SIAMO ANCORA L’OMBELICO DEL CAPPELLETTO? di Dario Caselli Si può ancora dire che Reggio è l'ombelico del cappelletto, il centro della parte ricca del Paese? La risposta è sì, anche dopo dieci anni di crescita eco- nomica modesta, ma in un con- testo profondamente cambiato. La nostra provincia ha retto meglio di altre i cambiamenti imposti a pagina 10-11 a pagina 13 e 15 di Silvano Davoli La cerimonia di varo è stata celebrata il tardo pomeriggio del 20 ottobre. I tre velieri usciti dai cantieri del Km 129 sono stati presentati al mondo in tutto il loro innega- bile splendore; la versione not- turna in particolare è decisa- mente spettacolare ed il passag- gio da Reggio garantisce all'u- tente autostradale un impatto visivo di rara efficacia. I ponti sono cosa fatta e la porta di Reggio ha traslocato definitivamente dalla sede stori- ca della via Emilia per sistemarsi a cavallo della moderna viabilità nazionale, con il dichiarato obbiettivo di annunciare con silenzioso fragore l'arrivo nella nostra città a quel mondo sino ad ora indifferente a questa defilata realtà urbana di provin- cia. Dopo le vele avanti con le onde segue a pagina 7 IL POSTER DELLA PALLACANESTRO REGGIANA > La Divina Commedia nel dialetto reggiano Sergio Masini

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> Qualefuturoper laChiesa?don Giuseppe Dossetti

STAMPA REGGIANAperiodico di attualità > cultura > spettacolo > sport

Editoriale Teletricolore srl - Direttore Responsabile: Ivano Davoli - Direzione,Redazione e Amministrazione: Via Pasteur, 2 - 42100 Reggio Emilia - Tel. 0522/337665 - Fax 0522/397794 E-mail: [email protected] sito web: www.stampareggiana.it - Pubblicità: PUBLI7 Via Edison 14/a Reggio Emilia Tel.0522/331299 - Fax 0522/392702

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segue a pagina 3

I PONTI CHE L’ITALIACI INVIDIA

SIAMO ANCORA L’OMBELICO DELCAPPELLETTO?di Dario Caselli

Si può ancora dire che Reggio èl'ombelico del cappelletto, ilcentro della parte ricca delPaese? La risposta è sì, anchedopo dieci anni di crescita eco-nomica modesta, ma in un con-testo profondamente cambiato.La nostra provincia ha rettomeglio di altre i cambiamentiimposti

a pagina 10-11 a pagina 13 e 15

di Silvano Davoli

La cerimonia di varo è statacelebrata il tardo pomeriggiodel 20 ottobre.

I tre velieri usciti dai cantieridel Km 129 sono stati presentatial mondo in tutto il loro innega-bile splendore; la versione not-turna in particolare è decisa-mente spettacolare ed il passag-gio da Reggio garantisce all'u-tente autostradale un impatto

visivo di rara efficacia. I ponti sono cosa fatta e la

porta di Reggio ha traslocatodefinitivamente dalla sede stori-ca della via Emilia per sistemarsia cavallo della moderna viabilitànazionale, con il dichiaratoobbiettivo di annunciare consilenzioso fragore l'arrivo nellanostra città a quel mondo sinoad ora indifferente a questadefilata realtà urbana di provin-cia.

Dopo le vele avanti con le onde

segue a pagina 7

IL POSTER DELLA PALLACANESTRO REGGIANA > La Divina Commedianel dialettoreggiano

Sergio Masini

STAMPA REGGIANA > anno V numero 8 > SETTEMBRE 2007STAMPA REGGIANA > anno V numero 8 > SETTEMBRE 2007

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dalla globalizzazione in virtù diuna maggiore qualità delle sueproduzioni. I prodotti di qua-lità medio-alta rappresentanomeno del 15% delle esporta-zioni italiane, mentre nell'areareggiano-modenese siamo adoltre il 50%. Le aziende hanno cercato dispingere sull'automazione esull'innovazione di prodotto, inalcuni casi hanno saputo occu-pare nuove nicchie che il mer-cato apriva, insomma, si sonoconfermate multinazionalitascabili. Per raccogliere lasfida del mercato hanno delo-calizzato anche se in misuraminore rispetto alle aree delPaese con produzioni a bassocontenuto tecnologico. Questofenomeno non nasce solo percontenere i costi di produzio-ne, ma anche per serviremeglio i grandi mercati, comequello americano e quelli asia-tici. In questi anni sono natinuovi imprenditori di successo,ma nel contempo non tutte leimprese hanno beneficiato diun efficace ricambio genera-zionale, e ciò comporta ilrischio di essere meno reattivirispetto al cambiamento.Abbiamo avuto un certo nume-ro di società che si sono quota-te in Borsa, sebbene restinonumerose le aziende familiari,nel contempo alcuni grandi estorici gruppi sono stati acquisi-ti da fondi di private equity. Insintesi, con le dovute eccezioni,quasi tutte le nostre imprese

presentano limiti dimensionalied una forte dipendenza dal-l'indebitamento bancario.Questo per dire che, bene omale, la barca va, anche se ilcontesto sociale che sta intornodegrada e chi dovrebbe occu-parsi di questi problemi, quan-do va bene, non se ne occupa,altrimenti produce soventeguai.L'università reggiana ad esem-pio, pur essendo giovane, pre-senta i difetti di sempre: inse-gnanti numerosi, non giovani,poco innovativi, scollegati altessuto produttivo. Sarà purvero che i nostri figli amanofacoltà umanistiche comeScienze della comunicazione,anziché scientifiche comeIngegneria, ma si potrebbemotivarli riducendo i numeri diaccesso della prima ed incenti-vando con borse di studio esussidi la seconda. Purtroppo ilprimo pensiero di chi lavora nelpubblico è autoalimentare lapropria sopravvivenza, noncerto valutare i benefici per la

collettività. Quasi tutte le strut-ture pubbliche infatti sonodiventate sempre più autorefe-renziali, tese a difendere laloro esistenza anche se ciò puòcomplicare le cose e la vita dicoloro che dovrebbero servire.

Certo, alla base delle delocaliz-zazioni vi sono ragioni econo-miche, ma vi contribuisconoanche le politiche fiscali, lascarsità di infrastrutture, di ser-vizi, l'eccesso di burocrazia e,perché no, la mancanza di sicu-rezza. Il complessivo peggiora-mento della macchina stataledisincentiva la nascita di nuoveimprese, il permanere di quelleesistenti e l'afflusso dei capitalistranieri. Negli ultimi quindicianni si è allargata enormemen-te l'area della dipendenza pub-blica e quella dei servizi, men-tre si è contratta quella deilavoratori dell'agricoltura edell'industria. Non dobbiamoinfatti dimenticare che le delo-calizzazioni portano alla silen-ziosa scomparsa di quello che èl'indotto, composto da piccoleaziende che non fanno notiziaquando nascono ed ancormeno quando muoiono.Reggio resta ancora una pro-vincia ricca, tra le più solvibilid'Italia, ma anche nella societàsi sono realizzati forti muta-

menti: sono aumentati glianziani e diminuiti i giovani,con conseguente riduzione delnumero di chi lavora. In questianni è aumentato il tenore divita e diminuita la propensioneal risparmio, la lenta crescita

dei salari e l'aumento dei benisusseguente all'euro hannodrasticamente ridotto il potered'acquisto delle famiglie e deisingoli, altra categoria in forteaumento. Per mantenere iltenore di vita o allargarlo anuove esigenze come i viaggi ola cura della persona, anche ireggiani ricorrono sempre piùfrequentemente all'indebita-

mento, fenomeno fino a pochianni fa sconosciuto, o limitatoalle cessioni del quinto dellostipendio. La diminuita inci-denza sulla nostra economiadel settore agricolo ed indu-striale è stata in questi annimascherata dall'enorme svilup-po edilizio ed anche la ricchez-za delle famiglie è stata gon-fiata dalla fortissima rivaluta-zione degli immobili. Ora anche questo treno si stafermando ed anzi, inizia adarretrare, sebbene di pochipunti percentuali. Tuttavia, secome è probabile, negli Usa iprezzi scenderanno nei prossi-mi anni fino al 20-30%, anchel'Europa seguirà questo trend,sebbene il rapporto fra doman-da ed offerta sia più equilibra-to, fatta eccezione dellaSpagna e dell'Inghilterra.Questo equilibrio è più difficilea Reggio Emilia, visto che si è

costruito mediamente un 20-30% in più delle città vicine. Lafine del boom edilizio nonmanderà in sofferenza solo ipossessori di case, ma anche leaziende ed i lavoratori del set-tore, nonché quel vasto arcipe-lago di lavoro nero che, purinquinando il mercato, ha fattocomunque girare l'economia.Come si vede, un quadro anco-

ra robusto, dove tuttavia dimi-nuiscono le luci e aumentanole ombre, e che potrebbediventare ancor più difficile segli Usa andassero in recessione.In tutto questo l'attore princi-pale, la politica, tace. Non deci-de sui molti campi di sua com-petenza, si limita ad alimenta-re la propria sopravvivenza eduna burocrazia costosa ed inef-ficiente: insomma, agisce comese tutte queste vicende non lariguardassero. Anche a Reggio,come in Italia, vi sono duemondi separati che non comu-nicano, quello del lavoro e del-l'economia familiare e quellodei poteri istituzionali.Il secondo grava sulle spalle

del primo, confidando che,come San Cristoforo, gli facciaattraversare il fiume. Temiamoche il risveglio sarà amaro pertutti.

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 3

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STAMPA REGGIANAperiodico di attualità cultura spettacolo sport

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

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di Sebastiano Simonini

Consentitemi di scriverlo achiare lettere, a differenza diquanto quotidianamenteviene al contrario riportatodagli organi di informazione:non è sempre e solo colpadelle banche. Queste vengono normalmen-te additate quali colpevoli diogni nefandezza, ultima inordine di tempo del folleindebitamento delle fami-glie, che le statistiche ci dico-no debbano destinare mezzostipendio al pagamento dimutui e finanziamenti. Pensoche nessuna banca o nessunmedico abbia prescritto que-st'indebitamento, immaginoesista il libero arbitrio di sce-gliere se indebitarsi o meno.Oppure è la necessità. Ma

anche in questo caso cosac'entrano le banche? Per quanto poi concernenello specifico l'aumento deitassi, occorre ben chiarireche non c'è colpa alcuna delsistema bancario, il qualesemplicemente segue il mer-cato, un mercato internazio-nale che fra le molte mercinegozia (domanda ed offre)tassi. Il tutto in stretta rela-zione con andamento di eco-nomia ed inflazione, elemen-ti questi che le banche certonon influenzano ma spessosubiscono.E ci raccontano balle ancheaffermando che le bancheavrebbero suggerito solomutui a tasso variabile: non èvero, e a parte il fatto che lavariabilità agisce in entrambii sensi (in incremento comein diminuzione) e rappresen-ta al contrario anche unatutela, occorre ricordare cheil tasso variabile in fase di sti-pula è spesso sensibilmenteinferiore rispetto ad un tassofisso, e il cliente ricerca sem-pre convenienza. Siamo poisicuri che gli aumenti che si

sono realizzati negli ultimimesi abbiano generato ratepiù alte rispetto a quelle cheil cliente avrebbe dovutosopportare optando fin dasubito per un tasso fisso? Eancora un'ultima considera-zione: gli aumenti di cui sisente parlare, per centinaiadi Euro, si riferiscono eviden-temente a rate comunquemolto pesanti, già di per séeccessivamente impegnativefin dal momento della stipu-la del mutuo. Alle qualioccorre assommare l'effettoEuro, il peso della fiscalità inogni sua connotazione enaturalmente la corsa all'in-debitamento sul multiformefronte del credito al consu-mo (per auto, elettrodome-stici e quant'altro). Beh, suquest'ultimo fronte, devoammetterlo, anche gli istitutidi credito, allineandosi aquanto da anni avviene neimercati più evoluti, un ruolol'hanno giocato.Ma non basta per metterlisempre, continuamente esenza attenuanti all'indice.

E’ SEMPRE COLPA DELLE BANCHE?

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 7

Primo Piano >

fotoserviziodi Silvano Davolisegue dalla prima

Intendiamoci, questa perdu-rante invisibilità, più che alla col-pevole indifferenza del mondonei nostri confronti, è da attribuir-si in gran parte all'atavica ritrosiadei reggiani ad esporsi diretta-mente, alla scarsa predisposizionea riconoscere i propri meriti, avalorizzare pubblicamente labontà delle proprie caratteristi-che; in sintesi scarsa attitudine avendersi, conseguenza pesante diquella meravigliosa cultura conta-dina che ben altri pregi ha avutonel forgiare il carattere dei proprifigli e nell'alimentare i valori dellanostra gente: in sintesi la "culturadel fare" in contrapposizione aquella dell'"apparire"; con leopere di Calatrava inizia ufficial-mente l'era del vendere la nostraimpareggiabile "cultura del fare".

Per questo credo che i ponti del-l'ingegnere spagnolo, così impo-nenti e così eleganti, rappresenti-no, al di là dell'elevato significatourbanistico, un'inversione di ten-denza, una svolta visibile nel pen-siero e nel comportamento deireggiani: Reggio alza sfacciata latesta e dichiara con orgoglio lapropria presenza, abbandona le

umili vesti del paesone di provin-cia per entrare nella lista dellecittà che contano, pretendendo ilrispetto dovuto ad una comunitàil cui benessere sociale è specchiodell'intelligenza dei suoi uomini,della loro laboriosità ed intra-prendenza, eticamente e social-mente all'avanguardia.

Ed è di questo cambiamento distatus che la gente di Reggio si èaccorta, per cui tante passionisono nate, tante discussioni sonostate alimentate, spesso trasversa-li, più emotive che razionali: le

opere di Calatrava, per dimensio-ne e originalità, sono state identi-ficate come il simbolo visibile ditale passaggio epocale ed avvici-nate alla profonda trasformazio-ne sociale subita dalla nostracomunità.

Ma di questi mutamenti leopere di Calatrava, non hannoalcuna responsabilità; semplice-mente li evidenziano con spietatasincerità, e la sincerità, indipen-dentemente dal merito, è un valo-re, non una colpa; consideriamoliil prezioso segnalibro collocato

alla pagina iniziale di un nuovocapitolo da aggiungersi all'affasci-nante storia della nostra città.

La mia ammirazione per learchitetture di Calatrava e laferma convinzione che risponda-no correttamente alla missione adessi assegnata non sono pertantoda intendersi come un riconosci-mento di merito rispetto allamutazione genetica subita dallanostra realtà urbana, ma solocome lucida presa d'atto: anch'ioricordo con crescente nostalgia iltranquillo paesone che era Reggio

negli anni '60, quando tutti siconoscevano e per via Emiliaincontravi la "Zia" o la MimìFioraia; ma oggi la situazione èben diversa: trascinata da unacostante espansione economica, larealtà urbana ha inesorabilmentemutato la propria dimensione,crescendo, specialmente in questiultimi anni, con percentuali allimite della bulimia, sia in terminidemografici che urbanistici; e con-fesso che non so riconoscerequanto dipenda dai dolci ricordi

IL VOLTO NUOVO DI REGGIO TRICOLORE

segue a pagina 8

cui sempre è accompagnata la gio-vinezza se non mi riesce di perce-pire un corrispondente migliora-mento della qualità della vita.

Ne consegue che una sfida benpiù ardua attende la Reggio delfuturo: riuscire a garantire unmisurato equilibrio tra le esigenzedell'economia della città e la vivi-bilità del paese, valori spesso inconflitto tra loro; le opere diCalatrava hanno sollevato ilcoperchio, denunciando aperta-mente tale contrapposizione, edhanno avuto il merito di aprire unconfronto serrato sulla necessitàdi conciliare la schizofrenia delleopposte vocazioni, entrambelegittime, alimentando un vivacedibattito cui hanno partecipatocon inusuale passione e grandeintelligenza personalità solita-mente defilate dall'agone pubbli-co.

Quale contributo a tale dibatti-to, penso che l'originalità dell'o-perazione risieda soprattutto nelprimo vero "investimento inbellezza" cui si assiste nellanostra città in epoca moderna;Reggio non può contare sul batti-stero dell'Antelami o sulle cupoleaffrescate dal Correggio, capola-vori dell'arte sacrale della vicinaParma, né su chiese all'altezza delduomo romanico di Wiligelmo; harilanciato con le moderne archi-tetture laiche di Calatrava che giàraccolgono interesse ed incondi-zionati consensi.

Ma essendo la "bellezza" unvalore virtuale di difficile misura-bilità, l'attitudine dei reggiani avalutarla con entusiasmo si è spes-so dimostrata decisamente conte-nuta: figli di una radicata culturacontadina, da sempre abituati apiantare alberi da frutto in sosti-tuzione di quelli da ombra, si è

portati a considerare importantesolo ciò che serve materialmente,patrimonio visibile e pesabile,necessariamente tramandabileper successione.

Quando si tratta di opere pub-bliche, investire in bellezza è inve-ce decisamente produttivo perchéad essa va riconosciuto un impor-tante ruolo sociale, una valenzaassolutamente democratica e dun-que un alto contenuto etico; nonsi sta parlando di proprietà priva-te ad uso esclusivo, ma strutturedella e per la collettività, da tuttivisibili ed utilizzabili: queste,soprattutto queste, hanno il dove-re di essere belle, se non altro perneutralizzare l'alternativa di inve-stire in "bruttezza". La bellezza èun valore che non può essere diparte, ma eclusivamente biparti-san, copertina dell'agenda di ogniamministratore pubblico cheabbia a cuore, non solo nelledichiarazioni d'intento ma anchenei fatti, la reale valorizzazionedella propria città.

Quindi, ogni qualvolta i reggia-ni si troveranno a passare sopra oa fianco delle opere di Calatrava eriusciranno a provare una certaemozione, sappiano che in quelpreciso momento una piccolaquota dell'investimento si sta ripa-gando, perché sviluppo significaanche produrre emozioni. E ven-derle ad altri.

Già si scorgono i primi riscontrisulle pubblicità televisive e l'ideadella registrazione del marchio atutela dell'immagine va in questadirezione; occorre ora adoperarsiper identificare soluzioni atte adiminuire i costi di gestione: l'illu-minazione notturna alimentatada energia solare prodotta con"girasoli fotovoltaici" risulterebbeil valore aggiunto sia all'immagineche al borsellino; fondamentale

anche il completamento dell'areacon la realizzazione di un "mareverde" a sottolineare la radicatavocazione ambientale di questaevoluta comunità: anche se nonpossiamo sperare in un "effettoBilbao", è indubbio che l'opera-zione Calatrava contribuisce forte-mente ad alimentare l'interesseper questa città.

Ma siccome tutti sappiamo chel'immagine di città moderna tra-smessa dai tre nuovi ponti griffatinon corrisponde a verità assoluta,confidiamo che questi possanoinnescare un irrefrenabile effettodi emulazione qualitativa; certa-mente ai futuri amministratoripubblici non sarà più permessopensare in piccolo, non considera-re la qualità progettuale architet-tonica ed urbanistica una dovereda perseguire, un valore nondiscutibile. E allora chi dall'auto-strada arriverà a Reggio per visita-re le mostre di Palazzo Magnani e

della Fondazione Maramotti, chidovrà recarsi nelle nostre aziendedi moda o meccatronica, alimen-tari o ceramiche, sempre piùimportanti ed internazionalizzate,chi si fermerà per acquistare ilnostro formaggio o il balsamicotradizionale, dovrà trovare, oltreai tre bellissimi ponti, anche unaviabilità scorrevole, servizi effi-cienti e un centro storico vivace,sicuro ed elegante che, possibil-mente, non chiuda per turno alle19.30 di ogni sera.

Foto in alto: 20 ottobre 2007, il tagliodel nastro con il Presidente del ConsiglioRomano Prodi, il Sindaco GrazianoDelrio, la Presidente della ProvinciaSonia Masini e l’Architetto SantiagoCalatrava. Nelle altre foto le suggestiveinquadrature notturne dei ponti.

8 STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

> Primo Piano

segue da pagina 7

Primo Piano >

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 9

Del progettato "trittico" diCalatrava, i ponti, la stazionemediopadana ed il casello autostra-dale, solo la prima pala laterale èstata terminata; i lavori per la palacentrale, la più importante, quelladelle stazione disegnata ad "onde"morbide e voluttuose, non sonoancora iniziati e si attende conimpazienza la posa della prima pie-tra.

Dopo la rottura delle trattativetra la TAV ed il Consorzio CEPAVUNO, general contractor delleopere di costruzione, si è reso neces-sario bandire una gara pubblica cheha rallentato ulteriormente l'iniziodei lavori; l'uscita del bando è immi-nente e si aspetta con curiosità diconoscere chi sarà il costruttoredella nostra nuova stazione.

E' bastato che si divulgasse lanotizia delle difficoltà contrattualiinsorte tra la committente TAV e lasocietà appaltatrice perché si scate-nassero gli insaziabili appetiti dellavicina città di Parma che, per vocedel suo precedente primo cittadino,l'attivissimo Ubaldi, si è subito pro-posta per accordare ospitalità allatravagliata stazione; è palese chetali avances indecenti sono statesuggerite dai recenti appuntamentielettorali, ma denunciano aperta-mente tutta l'irritazione dei cuginid'Oltrenza per lo scippo di un'infra-struttura che avrebbe dato ulteriorelustro alla nostra vanitosa vicina.

Ma il primo ministro in persona,in occasione della festosa inaugura-zione dei tre ponti, ci ha tranquilliz-

zato assicurandoci che la stazioneMediopadana si farà davvero e sifarà proprio a Reggio Emilia; confi-dando sulla sua testardaggine tipi-camente reggiana, c'è da scommet-tere su di lui; e poco importa se lastazione sarà affettata alle estre-mità dall'implacabile forbice delministro Di Pietro: qualche onda inmeno potrà ledere la quantità, manon la qualità dell'opera.

Purtroppo il ritardo accumulatonon giova ai conti economici, datoche si prevede che gran parte delleopere dovranno essere realizzatecon la linea ferroviaria già funzio-nante: la contemporaneità del pas-saggio dei treni richiede una eleva-ta attenzione nei lavori e particolariopere provvisionali dovranno esserecostruite al solo fine di garantire un

elevato livello di sicurezza nelleoperazioni di montaggio.

La gara dovrebbe comunque ele-vare il tasso di competitivà tra leditte partecipanti: trattandosi di unappalto di livello internazionale, l'e-ventuale auspicabile ribasso sull'im-porto a base d'asta, potrebbe tra-mutarsi in un risparmio capacequantomeno di annullare gliaumenti di costo sopra citati.

Nel frattempo la concittadinaCoopsette si è aggiudicata la garaper la realizzazione della nuova sta-zione Alta Velocità di FirenzeBelfiore, opera di straordinarioimpatto proposta da un'altraimportante personalità dell'archi-tettura mondiale contemporanea,Norman Foster, associato ad OveArup per l'ingegneria.

LE ONDE DELLA STLE ONDE DELLA STAZIONEAZIONE

10 STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

> Il Punto

di Don Giuseppe Dossetti

Stiamo andando verso una formadi Chiesa, nella quale la maggiorparte delle parrocchie sarannosenza parroco residente e moltiparroci saranno comunque decisa-mente anziani. In compenso, lerichieste ai preti non stanno dimi-nuendo, al contrario: oltre allerichieste connesse ai sacramenti ealla catechesi, stanno aumentandole persone che si rivolgono per unaiuto, materiale o spirituale, dalmomento che queste povertà stan-no crescendo. L’aumento dellarichiesta di catechesi per adultirende la situazione ancora più pres-sante, poiché questa catechesi èinevitabilmente individuale.

I modi secondo i quali si sta rea-gendo a questa situazione sono ipiù vari. Proviamo ad elencarnealcuni.

1. Anzitutto, si cerca di far ricor-

so a preti stranieri, per esempio,polacchi, indiani, africani. Molti diquesti preti sono bravi e generosi,ma le obiezioni sono gravi. Si dice:come noi, in altri tempi, abbiamomandato dei missionari in AmericaLatina o in Africa, niente di stranose ora, di là, vengono missionari danoi. In realtà, non si tratta di missio-ne, ma di supplenza. Come impor-tiamo badanti, così importiamopreti. Lo scopo non è quello dellamissione, cioè di essere aiutati aconvertirci e ad acquisire autono-mia, ma è semplicemente lo conser-vazione dello status quo.

2. Una seconda via è quella del-l’auto-organizzazione in movimen-ti e gruppi. Qualcuno vi vede unaspetto positivo: la declericalizza-zione della Chiesa e la promozionedel ruolo dei laici.

In realtà, il risultato non è ladeclericalizzazione, ma la de-euca-ristizzazione. L’Eucaristia non è piùil centro generante della comunità:lo è invece una tradizione, normal-mente molto recente, legata al“carisma”, cioè alle idee e alleintuizioni di un fondatore, con lapreoccupazione di differenziarsi,con la moltiplicazione di segni diidentità spesso discutibili, con l’irri-gidimento dei confini della comu-nità. Il tutto, spesso, in un’atmosfe-ra “entusiastica”, con una compo-nente emotiva molto forte, che,ovviamente, innalza la soglia diingresso: va bene per coloro per iquali va bene. Certo, queste realtà

pongono il quesito sulla natura del-l’esperienza religiosa, se non esista,appunto , una sensibilità delle cosespirituali.

3. Un’altra possibilità è quella deldiffondersi dell’appartenenzadebole. Questo tipo di appartenen-

za è sempre esistito, ma ora sembrastrutturarsi in forme più consape-voli, che tendono ad argomentareper la propria giustificazione.Anche in questo caso, però, notia-mo come caratteristica la de-sacra-mentalizzazione , la diffusionedegli aspetti devozionali o, al con-trario, di quelli ideologici o morali.Essere cristiani diventa un fattoindividuale e la Chiesa una specie disupermercato, nel quale ciascunoprende materiali per una propriareligiosità o moralità, spesso conatteggiamenti critici verso le posi-zioni “ufficiali”. C’è da chiedersi, aquesto proposito, se l’insistenzacosì forte e continua del magistero

sui temi della vita, del matrimonioe della bioetica non rischi di gene-rare, per reazione, posizioni cheamano chiamarsi “critiche” o“adulte”. In questa forma diChiesa, il ministero non è semplice-mente ai margini, come nelle altre

due, ma “dall’altra parte”: vienevisto come un’ufficialità un po’retriva e un po’ ipocrita, preoccupa-ta spesso di non perdere o di pro-

muovere il proprio potere. In que-sta prospettiva, il termine “libera-le” esprime bene la caratteristica diquesta posizione.

Tuttavia, l’analisi di questi model-li evolutivi di Chiesa non è sufficien-te. Dobbiamo chiederci quale siaveramente il problema. Esso nonpuò non essere un problema spiri-tuale.

Personalmente, identifico laragione di questi sviluppi nella per-dita o nell’attenuazione del concet-to di “grazia” e al conseguentediffondersi di una versione morali-stica del cristianesimo. Essere cri-stiani diventa allora aderire adeterminati valori e comportamen-ti. A seconda del gusto di ciascuno,essi possono essere di “destra” o di“sinistra”, di indole conservatrice oprogressista.

I primi metteranno l’accentosulla conservazione dei valori irri-nunciabili, delle tradizioni, delrispetto della vita e della sacralità

UNA PARROCCHIA SENZA PRETIPARADOSSO O POSSIBILITA’?

Una riflessione sullaforma futura di Chiesa

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 11

Il Punto >

del matrimonio; gli altri, sull’impe-gno sociale, sulla generosità, sull’a-pertura all’altro e al diverso.

In ambedue i casi, però, Gesùdiventa il maestro, il modello, l’e-sempio. La sua passione, il caso emi-nente del dono di sé ai fratelli odella resistenza ai poteri oppressividell’uomo. L’Eucaristia e la lavandadei piedi, uno stringente appello alservizio. La risurrezione, non serve;al massimo, essa è un mito, peraffermare che la causa di Gesù con-tinua nella Chiesa o nell’umanità,che ci sono ancora uomini che cre-dono che l’amore è più forte dellamorte e che valga la pena impe-gnarsi per un mondo più giusto.

Ma è questo il Vangelo di Gesù?Non sembra.

Egli legge nella sinagoga diNazaret un testo di Isaia e lo appli-ca a se stesso:

“Lo Spirito del Signore è sopra dime; per questo mi ha consacratocon l’unzione,e mi ha mandato perannunziare ai poveri un lieto mes-saggio, per proclamare ai prigionie-ri la liberazione e ai ciechi la vista;per rimettere in libertà gli oppressie predicare un anno di grazia delSignore” (Lc 4, 18-19).

Dunque, il Vangelo di Gesù è peri poveri, per i malati, per i peccato-ri. Questo spiega certe sue prefe-renze:

“Non sono i sani che hanno biso-gno del medico, ma i malati …

Non sono venuto a chiamare igiusti, ma i peccatori” (Mt 9, 13)

Dunque, l’uomo prima dell’in-contro con Gesù, è un morto, cioèradicalmente incapace di compiereil bene. A questo punto, il perdonoper i peccatori è un atto divino, unatto creatore, una “risurrezione”,della quale Gesù è ministro: l’analo-gia è la guarigione di un paralitico.La contrizione, il desiderio di essereguariti, la stessa invocazione, nonsono sufficienti: è necessario unatto sovrano di grazia.

E’ necessario l’incontro personalecon il Salvatore.

Da questo punto di partenzanasce la domanda: come si fa a“rimanere in Gesù”, per usare laterminologia del Vangelo diGiovanni?

La risposta è immediata: tramitei sacramenti e in particolarel’Eucaristia. L’Eucaristia è il contattocontinuo con l’evento che generala mia libertà, la mia vita nuova, lamia possibilità di seguire la legge diDio, di amare: quell’evento è lamorte e la risurrezione di Gesù. E’quella l’opera di Dio, che rendepossibile l’opera dell’uomo e nediventa l’orizzonte:

L’esperienza della grazia, chenell’Eucaristia continuamenteviene rammentata e rinnovata,diviene il fondamento dell’apparte-nenza a una comunità cristiana e,in riferimento al nostro tema, delsenso di responsabilità verso di

essa.In una prospettiva moralistica, il

partecipare all’Eucaristia e alla vitadella comunità diventa un’operabuona, un dovere, un’occasioneper ascoltare buone parole e prova-re buoni sentimenti. Ma, come si fa

normalmente per tutti i prodottiche troviamo al mercato, conside-riamo attentamente e criticamentequello che comperiamo.Analogamente, diventiamo criticiverso la comunità, il parroco, ilgruppo, i giovani, gli anziani.Definiamo dei criteri di prossimità:“Chi è il mio prossimo?” ci chiedia-mo; ed ecco apparire sottocatego-rie di fratelli.

Ma, se preferenze debbonoesserci, esse debbono essere per i“piccoli”. Con questa espressione, ilNuovo Testamento indica i membrideboli della comunità, quelli chehanno una fede debole e imperfet-ta, quelli che cadono spesso, quelliche possono apparire un peso. Inuna prospettiva moralistica, i “pic-coli” sono un peso che la comunitàdeve portarsi dietro. Ma è propriocosì? “Dio non ha forse scelto ipoveri nel mondo per farli ricchicon la fede ed eredi del regno cheha promesso a quelli che loamano?” (Gc 2, 5). I comportamen-ti morali dei “piccoli”sono spessocensurabili, ma c’è in loro una mag-giore facilità di riconoscere il pro-prio bisogno, di affidarsi al Signore,di ringraziarlo.

Ecco perché i piccoli (poveri, pec-catori, bambini, malati, e qualsiasialtro genere di piccolezza) sonocosì necessari per una comunità cri-stiana: in essi noi vediamo noi stes-si, quello che siamo stati o chepotremmo essere; in essi, facilmen-te, noi troviamo lo slancio dellameraviglia e della gratitudine.

E’ ora di tornare al nostro argo-mento. Il rapporto tra il ministeropresbiterale e la comunità parroc-chiale può essere ripensato, nellesue forme concrete, in dipendenzadalle nuove necessità e dalla scar-sità di clero. Tuttavia, resta fermoun punto: il rapporto tra presbiteroe comunità è mediatodall’Eucaristia. Il prete è necessario,perché è necessaria l’Eucaristia,

perché ci sia una comunità cristia-na. Tuttavia, questo non è riferitosolo sulla celebrazione del rito,bensì a quello che l’Eucaristia rap-presenta e genera, cioè la comu-nione. La riflessione sulla parroc-chia deve partire, a mio parere,

dall’Eucaristia. La parrocchia ripro-duce, in forma meno piena e inmodo subordinato, quello che ilConcilio dice della Diocesi, nellaCostituzione sulla Liturgia, n.41:“La principale manifestazione dellaChiesa si ha nella partecipazionepiena e attiva di tutto il popolosanto di Dio alle medesime celebra-

zioni liturgiche, soprattutto allamedesima eucaristia, alla medesi-ma preghiera, al medesimo altarecui presiede il vescovo circondatodal suo presbiterio e dai ministri”.Di qui e solo di qui nasce la neces-sità della presenza del prete e diqui discendono anche le sue fun-zioni, che non possono ovviamentelimitarsi alla celebrazione dei riti. Alui compete il servizio alla comunio-ne: la comunione nella fede, quindila cura che il vangelo sia proclama-to e rettamente compreso e credu-to; la comunione nella carità dellacomunità parrocchiale; la comunio-ne con la chiesa diocesana e univer-sale, nell’apertura al respiro cattoli-co.

La comunione è un fatto cari-smatico, cioè un dono dello SpiritoSanto; l’unità viene dall’alto, nondal basso. Ecco perché il principiodemocratico non può essere appli-cato alla vita della chiesa. Il parrocoè responsabile davanti a Dio edavanti al Vescovo della comunio-

ne, allo stesso modo in cui èresponsabile dell’Eucaristia, cheegli celebra non per delega o ele-zione da parte della comunità.Nello stesso tempo, è esclusa ogniforma di autoritarismo, poiché loSpirito è stato effuso su ogni cristia-no e lo stile della comunità cristianadev’essere la partecipazione, lacondivisione dei doni e il senso diresponsabilità per il bene comune.Il Consiglio Pastorale è dunque inqualche modo il prolungamentodell’assemblea liturgica, dove, inmodo equilibrato, convivono lefunzioni di presidenza e i ministeridei singoli e dell’assemblea.

Detto questo, però, le formenelle quali si esprime questo servi-zio alla comunione possono esserele più varie e sono connesse con lastoria e la crescita della singola con-creta comunità. E’ evidente che ilministero del parroco è diverso inuna parrocchia di nuova fondazio-ne o in una di antica tradizione, inuna piccola parrocchia o in unagrande, in una parrocchia di città oin una parrocchia che coincide colterritorio di un comune.

Ma, soprattutto, l’impegnorichiesto al parroco è diverso inrelazione al grado di autonomiaspirituale di quel gruppo, più o

meno numeroso, al quale è affida-ta la trasmissione dell’identità dellaparrocchia. Sono infatti convinto,per esperienza personale, che ognicomunità parrocchiale ha una sto-ria spirituale, con i suoi punti debo-li e i suoi punti forti, con le suecaratteristiche specifiche, chehanno a che fare con il sedimentodi santità che le varie generazioni vihanno lasciato. Per questa ragione,un nuovo parroco non può entrarecon un suo progetto pastorale daimporre ex novo. Egli entra a farparte di una storia, di una tradizio-ne vivente, nella quale egli si inseri-sce, certamente con gli apporti ori-ginali che dipendono dai doni cheha ricevuto, ma prima di tutto met-tendo a valore quello che c’è già.Egli ha la grazia di stato del discer-nimento, certo; ma egli è “l’amicodello sposo”, che, come GiovanniBattista, deve porre la sua gioia nel-l’ascoltare il dialogo tra lo Sposodivino e la sposa, la comunità (Gv 3,29).

Dunque, si può immaginare unaparrocchia senza parroco residente,purché essa abbia raggiunto undeterminato grado di autonomiaspirituale. Non dovranno mancarené l’Eucaristia né una funzione didiscernimento e di magistero, matali funzioni possono essere assicu-rate anche da un parroco vecchio oda un parroco non residente.

Come si fa dunque a misurare ilgrado di autonomia spirituale diuna comunità? E’ necessario cheesista un gruppo di credenti chesentano la responsabilità di unatradizione vivente che è arrivatafino a loro. I criteri possono essere iseguenti:

1. La decisione di essere discepolidi Gesù, cioè di aderire con tutto ilcuore a Lui, riconosciuto comeSalvatore e Maestro, e di compierela Sua volontà.

2. Di conseguenza, il rapportopersonale con la Sacra Scrittura,come Parola vivente di Dio, rivoltaa me.

3. La vita sacramentale, che hacome centro l’Eucaristia, e la fre-quenza al sacramento dellaRiconciliazione, come esperienza diguarigione e come aiuto per cono-scere se stessi e la volontà di Dio.

4. La capacità di leggere la vita ele necessità della comunità secondoun principio spirituale e non secon-do un proprio progetto. Di qui,l’apprezzamento dei doni che loSpirito Santo ha elargito ad altri,anche se diversi per storia, cultura,orientamenti.

5. La preoccupazione per il benecomune e non solo per il propriogruppo o per i propri interessi,anche legittimi.

6. L’attenzione a mantenersi libe-ri da ogni forma di accezione dipersona, riconoscendo che tuttihanno il diritto di ricevere dallacomunità un riconoscimento e unaiuto. Di conseguenza, l’assenza diogni partigianeria.

7. Il senso di responsabilità versola missione, l’attenzione a superarei confini degli interessi della comu-nità esistente, la disponibilità adaccogliere e la passione per ricono-scere i semi che lo Spirito Santo haposto in ogni persona, anche incoloro che sembrano più lontani.

8. Il “sentire cum Ecclesia”, cioèl’attenzione alle vicende dellaDiocesi e della Chiesa Universale,così da avere un respiro veramentecattolico.

9. L’attenzione di preferenza peri poveri e i peccatori.

10. La capacità di essere pacifica-tori e promotori di comunione.

Qualcuno potrebbe pensare chequesto discorso sia un discorsointerno alle comunità cristiane einteressi solo i credenti.

Ma una comunità come quelladescritta non sarebbe di grande uti-lità anche per tutta la comunitàcivile?

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 13

Personaggi >

di Sergio Masini

Da qualche tempo, prima dicoricarmi, la sera, solo, nel mio stu-dio, mi metto a declamare, comeun attore, la Divina Commedia.

Prima recito nella lingua diDante, il fiorentino del 1300, cioèl'italiano puro. Così, per esempio, ilCanto Primo del Purgatorio, Versi115/117.

"L'alba vinceva l'ora mattutinache fuggia innanzi, si che di lon-

tano conobbi il tremolar de lamarina."

E' un piacere supremo, di testa edi cuore. La voce debole e lenta sci-vola bianca lungo la terzina delica-

ta e musicale che esprime unaprofonda emozione dell'anima, alsorgere dell'alba, in vista del mare.

Subito dopo recito la stessa terzi-na traslata in dialetto reggiano -emiliano di Santa Croce interna,Via Roma, Borgo Emilio eFrancotetto. Così, per esempio.

"L'elba vinsiva l'ora matuteinac'la scapeva in avanti, e luntanò intravest al trèmlèer dla marei-

na."E' un piacere indicibile, diverso.

La voce si srotola colorata ad ondacalda, entra ed esce dai versi messigiù nel sistema linguistico gallo-ita-lico, cioè il dialetto dal popòl giòst,deinter ed porta Santa Cros, dop laGabela.

E così, nella notte, mi macino ter-zine e terzine, godendo.

Si tratta di una importante espe-rienza di poesia, in due lingue natein ambiti e situazioni storichediverse e quindi gonfie di psicoso-ciologia incardinata in due vocabo-lari di artisti estremamente incom-parabili.

Dio mi perdoni, non voglio stra-falcionare in letteratura, ma devoproprio scrivere che, a fianco diDante, ci sta proprio bene il tra-slato in dialetto reggiano. Ce l'hamesso, sillaba per sillaba, proprioun Signore di Santa Croce miocontemporaneo, anche se più gio-vane, e mio co-borgataro, avendovissuto per decenni, io al n. 33 elui al n. 31 di via Roma. Senzaincontrarci né conoscerci, ma solo20 giorni fa ci siamo presentati eintervistati avendo tra le mani ilPurgatorio, traslato da FrancoVerona, che qui ho l'obbligoormai di presentare ai nostri let-tori come linguista e poeta dieccellenza nel nostro dialetto.

Egli è molto importante perReggio, anche se poco noto, ma losarà sicuramente fra non molto enon solo a Reggio.

Bambino di famiglia benestante,Franco Verona cresce bene: robu-sto, studioso, buono, famiglia,donTonino, libri e calcio. A 11/12 annigioca nella Cairese, squadra giova-

nile del Quartiere Cairo, alleReggiane (tutti operai, tute blu)con maglietta gialla e calzonciniazzurri. Di fronte a lui, al di là dellastrada (portone sgangherato, aconfronto di quello lucido diFranco) abitano ragazzi che diven-teranno famosi: Mietto, Pinelli,Tassoni; tutti bilingui, italiano-dia-letto, intellettuali immersi in unpopolo non proprio aristocratico,

ma efficace nel parlare. FrancoVerona si laurea in scienze politi-che, per 15 anni fa il Direttore delpersonale in importanti aziende,poi si mette in proprio. Da 25 annifa il consulente aziendale per laricerca e la selezione del persona-le.

Una persona di alto rango, chefrequenta per passione la monta-gna reggiana, ama la natura e siinnamora dei paesaggi, dove icolori delle terre si sposano conquelli dei cieli. Un incanto.

Franco fa le vacanze a SanGiovanni di Querciola e saleanche sul Cusna dove (mi raccon-

ta emozionato) "alle otto di sera, afine agosto, vedevo tutta laPianura Padana distesa, serena emorbida in fantastici arcobaleni,ma anche, in certi casi, imbronciatae nervosa, con tuoni e fulmini finoal Lago di Garda."

Un amore puro per la bellezzadel Creato e un fine romanticismodi nicchia, dentro una personalità

Dalla penna di Franco Verona la traduzione della Divina Commedia nel nostro dialetto

DANTE ALIGHIERI SI E’ FERMATO A REGGIO

Franco Verona

segue a pagina 15

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impegnata nel tecnico e nel prati-co, come vita e lavoro.

Pura lingua italiana in famiglia,di buoni studi e letture, dialettotutto intorno. Fino a che, un gior-no, mette gli occhi e la mente sullaDivina Commedia.

Dottor Verona, mi raccontiquesto incontro.

L'ho letta subito per sport, terzi-na di qua e di là, finchè non mi fer-mai con più attenzione sul PURGA-

TORIO, dove incontravo e sentivoprofondamente descrizioni bellissi-me e magiche di paesaggi e natu-ra.

Provai così, per voce, a metterein dialetto qualche terzina, proprioin endecasillabi a metrica concate-nata. Sono sillabe con l'accentofisso sulla decima. Quanta faticasubito! E poi la gioia dei primi risul-tati. Dante era stupendo di per sé,ma anche nel mio dialetto.

Ma come mai ha cominciatodal PURGATORIO, dove le anime

arrancano, in sette "cornici"per espiare i loro peccati, primadi arrivare oltre la vetta, dovec'è il PARADISO?

Perché tutta la vita è così, uncammino di impegno e sacrificio,con la speranza dell'arrivo dove c'èil Bene.

Lei sa che Dante nel 1315pubblicò la DIVINA, in 3Cantiche, di 33 Canti ciascunacon terzine in rima concatena-ta, con 14.322 versi: vuole tra-slarli tutti in dialetto?

Non me lo sogno neanche, oggi.Però continuo regolarmente il mioimpegno con passione. Ho stampa-to, per ora, 20 dei 33 canti delPurgatorio.

Io in solitudine, ho recitato132 delle sue terzine (34 del III°Canto, 45 del V°, 40 del XXXII°).Le devo dire onestamente che ègià ora di uscire all'aperto, c'èun Tesoretto che deve fargustare, come assaggio, ai con-cittadini.

Io ho fatto fino ad ora tre uscite,tirato per la giacca. La prima inesperimento, invitato dalla prof.Lorenza Franzoni, provai l’efficaciadel mio lavoro al Teatro LATTERIADI SAN MICHELE DELLA FOSSA diBagnolo, durante le prove dell’or-ganizzazione LA PERIFERICA, pro-duttrice che opera in tutta la pro-vincia, in collaborazione con l’atto-re, regista e dilettologo reggianoAuro Franzoni. La seconda, priva-ta, a Villa Broletto di Albinea, con"Gli amici del Teatro" di cui èPresidente Silvia Grandi. La terzapubblica, al Centro Giovanni XXIII°per un Corso di Aggiornamentoprofessori dell'UCIIM, dal titolocurioso "Mo’ Dante al s’e’ fermee arez da boun?". Devo dire che gliapplausi scoppiavano e i compli-menti mi facevano arrossire. Duesuccessi e dibattiti accesi, belli.

Lei ha una tradizione di poetiin famiglia?

Mia zia Maria Linda Verona èbrava poetessa in dialetto dellaBassa Reggiana. Ha pubblicatotanti libri di successo e vinto parec-chi concorsi. Ma il suo dialetto èdiverso dal nostro, è tanto calcatosulle aaaaa. Noi diciamo "sunandee", lei dice "a sunt andada".

Per finire, come ha raccolto etraslato la drammatica pena diPia de’ Tolomei, la gentiledonna senese, moglie diPaganello Pannocchieschi,sospettata di infedeltà e perquesto rinchiusa dal marito nel

Castello della Pietra, inMaremma, dove morì? Cosa leha detto, in dialetto reggiano,nel V° Canto del Purgatorio?

Mi ha invocato così."Preiga, anch per mè, che Pia

m'an ciameda:neda seneisa, mased' in Marema,sol mè marii al sa bein cm'è lè

andedalo', che da spos, m'ha infrucèe la

so gèma.(Ricordati di me che son la Pia;Siena mi fè, disfecemi Maremma,salsi colui che 'nnanellata priadisposando m'avea con la sua

gemma."

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 15

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16 STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

> Storia

SI FSI FANNO ANCORA AMMIRARE ANNO ANCORA AMMIRARE I MITICI CACCIA REGGIANEI MITICI CACCIA REGGIANE

di Romano Pezzi

Verso la fine di novembre del1991, a 12 metri di profondità nellecoste di Capo Ferrato in Sardegna,venne recuperato un Re 2001,ovvero uno dei tanti aerei, uscitidalle fabbriche O.M. Reggiane. Uncaccia inabissatosi 48 anni primaper cause imprecisate, forse perproblemi al motore, rovesciandosipoi come un ultimo "tonneau",prima di toccare il fondo. Di quelfatto, se vogliamo marginaledurante la guerra, s'era persa ognimemoria. Tutti s'erano dimenticatidi quel bel velivolo da caccia, orgo-glio delle Officine AeronauticheReggiane che aveva trovato colà,l'ultima dimora.

L'aereo era stato scorto nelleacque limpide di quella costa, semi-sepolto da alghe marine e dallasabbia, da un pescatore subacqueodi Villaputzu. Il mare l'aveva con-servato per tutti questi anni. Lanotizia del ritrovamento dell'aereosi sparse velocemente. In pocotempo poi, dopo tante insistenze ilGavs (Gruppo amici velivoli storici)di Torino, l'ha ripescato quasi intat-to e consegnato all'Aeronautica

Militare che ha provveduto al suocompleto restauro ed esposto poial museo di Vigna di Valle.

Questo RE2001 "Falco 2", emersoa Capo Ferrato rappresenta l'unicomodello di questa serie, costruitadalle Reggiane in 237 esemplari,giunto ai nostri giorni. Una sorta dipezzo unico tra i collezionisti quin-di, perchè è rimasto ben poco dellecentinaia di aerei costruiti dalleofficine di via Agosti nei primi anniQuaranta. Le devastazioni morali emateriali della guerra e lo scarsointeresse a conservare quei ricordinefasti, hanno causato la scompar-sa quasi totale dei nostri aeroplanicostruiti dagli specilisti e dalle mae-stranze delle Officine MeccanicheReggiane.

Immaginarsi infatti il clima dieuforia venutosi a creare tra gliappassionati. Il compianto SergioGovi, lo storico delle Reggiane,autore di libri sacri su questi aerei,nell'occasione si mise al lavoro conuna nuova pubblicazione. Risultad'altro canto che a bordo delsecondo prototipo di questo tipo dicaccia, il 14 marzo del 1941 il pilotareggiano Pietro Scapinelli morì pre-cipitando nella fase di atterraggiodurante il collaudo.

Gli esperti dal canto loro, poidopo un'accurata analisi, sono riu-sciti a ricostruirne anche la storiaoperativa del RE2001 ripescato inSardegna. Una storia tra l'altrorocambolesca.

L'aereo che porta il numero dimatricola MM08071, è il primoesemplare prodotto in serie delRE2001 e fu collaudato a Reggio

nel maggio del 1941, un paio dimesi dopo la disgrazia accaduta aScapinelli. Venne poi assegnato al2° Gruppo Caccia ma causa unatterraggio a carrello retratto, rien-trò nelle Officine di Reggio per lariparazione. Quindi dal 16 novem-bre 1941, il velivolo equipaggiò il 2°Stormo Caccia, poi dato alMagazzino Territoriale di Ravenna.Nei primi mesi del 1943 il nostroRE2001 ritorna a Guidonia e quindia Centocelle presso il RepartoSperimentale. Qui è dotato di cine-prese e dipinto in giallo per parteci-pare alle riprese del film Luce"Primo volo". Dopo questa attivitàl'aereo viene ridipinto in mimetica

"continentale" e destinato al 24°Gruppo caccia di base in Sardegna.Per il volo di trasferimento venneincaricato il sergente maggioreGiulio Zangheri. Ma non si seppe

più nulla. Allo Stato Maggioredell'Aeronautica è stato ritrovatoun documento che dice: "11 aprile1943, il velivolo RE2001 partito alle10,30 da Centocelle per Cagliari èandato perduto. Pilota salvo".

Accanto a questo RE 2001, almuseo di Vigna di Valle, esiste peròun'altro caccia a raccontare ai visi-tatori la tecnologia "Reggiane" diquel periodo. Si tratta del RE2002con numero di costruzione 126 ecollaudato sul nostro aeroporto il30 luglio 1943. Nel 1984 questomodello venne portato a Reggioper il restauro da parte del GruppoAviazione Reggiane. I lavori perònon furono mai ultimati e l'aereo

fu portato poi al museo dell'AM inattesa del termine dell'opera daparte di qualche sezione del Gavs.Un secondo RE2002 invece si trovain Francia a Limoges. Fino a qual-

che anno fa il relitto era nel giardi-no dell'Arcivescovado. Ora questoaereo, che pare equipaggiasseun'unità tedesca impegnata controi partigiani francesi, è stato restau-rato ed esposto in una sala delMuseo della Resistenza.

Dal relitto di un troncone di codaoriginale, arrivato ai giorni nostri, ilGavs di Milano ha perfettamenterestaurato un esemplare del miticoRE2005 "Sagitario" che ora fa bellamostra al Museo delle Tecnica edelle Scienze. Porta il numeroMM092351 ed equipaggiava la362° squadriglia del 22° gruppooperante in Sicilia durante l'inva-sione degli anglo americani. La sua

produzione in serie nonostante leordinazioni non fu mai autorizzata.Il "Sagitario" aveva delle prestazio-ni eccezionali. In picchiata entravanell'aerea subsonica creando vibra-

Quei pochi esemplari rimasti sono in mostra in alcuni musei italiani e stranieriFoto Biblioteca Panizzi

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 17

Storia >

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zioni alla sua struttura. Si raccontache nello scontro con uno Spitfire,gli rimase incollato in coda sparan-do con le mitraliatrici, rinunciandosolo quando finirono le munizioni.Dopo l'armistizio tutti gli esemplarivennero distrutti. Sei RE2005 invecevennero usati come addestratoridalla Aviazione NazionaleRepubblicana. Cosa resta ancoradei relitti reggiane? Un RE2000Falco, quello che da inizio alla bellastoria di questi aerei costruiti

davanti a casa nostra, è esposto trai "cugini" al museo Caproni diTrento. E' uno dei due modelli cata-pultabili imbarcati sulla VittorioVeneto. Ha una bella storia. Lo pilo-tava Giulio Reiner un "Asso" con 10vittorie all'attivo, ma il suo restauronon è stato completato. Il RE2000effettuò il primo volo il 24 maggiodel 1939 pilotato da Mario DeBernardi, asso del "CavallinoRampante" durante la GrandeGuerra e vincitore della Coppa

Schneider nel 1926. Era un caccia diottima qualità ma non venne sceltodalla Regia Aeronautica se non inpochissimi esemplari. Trovò spazioinvece in Ungheria e in Svezia.

Un secondo RE2000 perfettamen-te conservato si trova al museo diLinkòping in Svezia. Parte dei suoirivestimenti è sostituito con mate-riale trasparente a scopo didattico.Si tratta del reperto di uno dei 60esemplari del RE2000 acquistatidalla Svenska Flygvapnet col codice

J20 e che mantenne in linea fino al1945. Al Museo della Tecnica edella Scienza a Milano si trova uncarrello del RE2006. AlessandroBarteletti ha scritto il libro "RE 2006Una storia vera" su questo nuovoprogetto di caccia dotato di unmotore DB 603. Ma l'aereo nonvolò mai. Altri pezzi sfusi dei"Reggiane" si trovano al MuseoCaproni, a Rimini, forse in Ungheriadove si costruirono i Re2000 sulicenza. Si parla di un RE2005 esi-

stente negli Usa, colà trasportatodagli americani dopo il loro sbarcoin Sicilia, ma nessuno lo ha mai tro-vato.

La ricerca ai relitti Reggiane peròcontinua.

Foto 1: il Re Vittorio Emanuele III in visi-ta al Campovolo di Reggio. Foto 2: Il pilo-ta assistito dallo specialista mentre sale sulposto di comando del suo RE 2000. Foto 3:Il RE 2000 esposto al Museo Svedese diLinkòping. Foto 4: il recupero a CapoFerrato in Sardegna del RE 2001

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

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Medicina >

Ogni mattina, o a mattine alter-ne, in provincia di Reggio, circa die-cimila persone, appena alzate, adigiuno, si pungono un dito, conapposito ago (pungino o penna),prendono una goccia di sangue e lamettono in un listello medicaleapposito (striscia), la infilano in unamacchinetta (glicemometro) pocopiù grande di un telefonino easpettano che sul display compaiaun numero. Quello della loro glice-mia. Esso indica il livello di glucosio(zucchero) presente nel loro san-gue.

Queste migliaia di persone, conun po' di ansia e speranza, aspetta-no di vedere se la loro glicemia èsuperiore a 110 mg. Fino a 110tutto va bene ed è regolare, ma se inumeri sono alti il diabete c'è, dilieve, media o elevata entità, fino eoltre livelli 200.

Il diabete è la malattia in cui ilpancreas non produce o producesoltanto quantità insufficiente diinsulina, l'ormone che deve riforni-re in dose giusta il nostro organi-smo per soddisfare le proprie esi-genze di energia.

Sono oltre 25.000 i diabetici nellaprovincia di Reggio (con 450.000abitanti). Solo nel Distretto n.1dell'A.S.L. (Reggio, Montecchio,Castelnovo Sotto) ne sono control-lati regolarmente, almeno, ogni 3mesi, circa 7.000 l'anno.

Il 90-95% sono diabetici di tipo 2,quello che può sopravvenire (o pereredità o altre cause come l'obe-sità) dopo i 40/50 anni. E si chiamadiabete mellito. Per loro esistonoalmeno 4 interventi terapeutici: 1)dieta alimentare giusta ed eserciziofisico costante; 2) assunzione di far-maci per via orale; 3) iniezioni di

insulina di 2 o 4 al giorno, pertenere la glicemia al punto giustoin ogni ora; 4) educazione tera-peutica. Tutto è affidato all'auto-gestione del malato, adeguata-mente preparato dal medico dia-betologo e da appositi corsi di for-mazione.

I medici di base controllano iloro diabetici 4/5 volte all'anno ealmeno una volta all'anno vengo-no revisionati dai diabetologi delCentro (via Monte San Michele)che regolano le cure, prescrivonoe riforniscono direttamente egratuitamente le medicine e i presi-di di autogestione, pungini, striscie,glicemometri, e diari per le registra-zioni relative allo stile di vita, allaglicemia, allo stato di salute o aiproblemi che insorgono.

Il Direttore Primario del Centrodel Distretto e dell'ASL di Reggio èil Dott. Giacomo Pietranera, che hacome collaboratori colleghi diabe-tologi, infermieri specialisti, un far-macista, un medico che gestisceuna "clinica del piede" e una segre-teria. Tutto è gratuito. E' una eccel-lenza per Reggio. Noi ci siamoinformati: è un modello di grandevalore scientifico e sociale.

Dottor Pietranera, come fun-ziona il Centro?

Ritengo molto bene. Prevenzionee cure sono assicurate a migliaia didiabetici reggiani (90/95% di tipo 2)e anche a 600 extracomunitari. Mai diabetici sono in costante aumen-to, se ne prevede il raddoppio neiprossimi anni; si parla di epidemia.

Un diabetico vive normal-mente?

Sicuramente, a patto che si auto-gestisca secondo lo stile di vita e laterapia che gli viene indicata - altri-

menti si possono avere anche serie"complicazioni" derivate dallamalattia. Esse sono queste: retino-patie (danni agli occhi); neuropatie(danni alle fibre nervose, speciedegli arti); disfunzioni erettili nel-l'uomo; nefropatie (danni ai reni);ulcere ai piedi, ipertensione, arte-riosclerosi più accentuate dellamedia. Specialmente attenti devo-no essere i malati insulino - dipen-denti. In conclusione: autocontrolloregolare uguale a vita normale.

Ci sono sintomi per il diabe-te?

Pressione alta, colesterolo alto,obesità sono i segnali di una "sin-drome metabolica" da controllarea fondo.

L'andamento del diabete èmisurabile?

Sì. C'è la prova della "emoglobi-na glicata": su un semplice prelievodi goccia di sangue è monitorata laglicemia degli ultimi tre mesi. Senon è superiore al 7% tutto vabene.

Si dice importante lo stile divita: quali sono le basi?

Alimentazione giusta, movimen-to per bruciare calorie (sovrappeso

e obesità sono nemici).L'attività aerobica, cioè con

sforzo medio e costante, è con-sigliata per almeno 30 minutial giorno o 60 per 3 volte la set-timana.

I bambini e i giovani siammalano di diabete?

Ci sono persone genetica-mente predisposte (hanno ilgene "suma 4") e possonoavere il diabete anche da picco-li. Sono in aumento, è un peri-colo per il futuro.

Quest'anno il 10 novembre,in tutto il mondo, si organizza laGIORNATA DEL DIABETE NEI BAM-BINI. A Reggio si terrà un convegnoapposito.

E' vero che Reggio è all'a-vanguardia nell'EducazioneTerapeutica dei Diabetici?

Lo domandi alla Dott.ssa ValeriaVallery,Presidente dell'AssociazioneDiabetici di Reggio e Direttrice deicorsi- scuola.

Dottoressa Vallery, l'EducazioneTerapeutica dei diabetici di Reggiocome avviene?

Organizziamo due corsi settima-nali all'anno, di tipo residenziale eseminariale di 7/8 giorni, per oltre120 diabetici (specialmente nuovi) efamiliari con lezioni e lavori digruppo, su materie come l'autoge-stione del malato, l'educazione ali-mentare, le complicazioni nel dia-bete e altro.

E' una vera e propria scuola diformazione. Riscuote molti apprez-zamenti da parte dei partecipantiche, a Reggio, sono per questoistruiti, consapevoli e attenti alleesperienze di vita pratica.

Non ci sono altre esperienzecome le nostre, in Italia, così ben

strutturate.E' un grande impegno finan-

ziario e organizzativo, questo?Sì, ma se ne fa carico l a potente

Associazione Diabetici Provinciale,forte di 800 iscritti, in marcia verso i1000. Tutto l'anno siamo impegnatinella costruzione di iniziative fra eper diabetici, di prevenzione e for-mazione. Specie per "gli stili divita", alimentazione, esercizi fisici,socializzazione.

Cosa avete in programmaadesso?

Subito la GIORNATA DEL DIABE-TE DEI BAMBINI, il 10 novembre.

Per la primavera: il 29° Corso-Scuola, a Umago, in Croazia.

Come Associazione noi abbiamola sede in via Boiardi e siamo adisposizione per consulenze e infor-mazioni durante la settimana.Siamo tutti volontari, orgogliosi delnostro impegno.

Pubblichiamo una importante ebella rivista semestrale, dal titolo"PIU' FORTI INSIEME".

SERMA

REGGIO ALL’AVANGUARDIA NELLA CURA AL DIABETE

Valeria Vallery

Giacomo Pietranera

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

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Moda >

24-09-07

Sono a Milano per il Casting, la scel-ta delle modelle che sfileranno la miacollezione.

Uno stuolo di ragazze belle in jeans,maglietta, giubbotto, moda zero, fattaeccezione per le scarpe a tacchi vertigi-nosi. Quando indossano un abito inte-ro, sono o troppo magre, troppo giova-ni, troppo leziose.

Comunque tg 42 non esistono.Le più belle sono le ragazze russe e

dell’ est Europa, brune, forti, no barby,vere; belle anche le cinesi, nessuna ita-liana.

Le prove per la scelta sono sempre lestesse, cammina naturale, metti il ros-setto, indossa un vestito (tutto darestringere).

La musica è bellissima …. coinvolge,si porta via la tristezza, hai voglia disorridere.

25/09/07

Inizio il fitting, le ragazze scelte pro-veranno i capi a loro assegnati.

Qualcheduna ha tutti gli attributifemminili, altre sono piallate in talcaso tutto dondola sul corpo magro (tg42 non esistono) dice il regista chesaranno famose.

Il fitting è finito: sono soddisfatta, leragazze mie hanno carattere, passi ecapelli lunghi, magre sane, grande per-sonalità.

Strano, ma sono quasi contenta…..

26/09/07

Acqua a catinelle, una telefonata adun amico, poi via di corsa al MilanoFashion Center per la sfilata chedovrebbe iniziare alle ore 11:30.

Nel back stage indossatrici, parruc-chieri, truccatori, fotografi e collabora-tori. Il trucco è perfetto bocca scarlatta,ciglia cariche di rimmel, capelli natura-li a coda o chignon.

Tante interviste, foto che non vorrei,ospiti da riconoscere e salutare.

Il pubblico è numeroso, il ritardoaccumulato è di 1:30, alle ore 13:00finalmente il via.

Non credo che l’abito faccia il mona-co…. è la donna che anima il vestito….non sono mai pienamente soddisfatta,potrei fare di più senza essere trasgres-siva, volgare, l’istinto è la mia creati-vità.

I miei vestiti vorrebbero essere emo-zioni, scelte, piacere, attimi di felicità,se non per tutte le donne, ma per tante.

Forse non saranno strillati né dallat.v né dai giornali, sono certa però chesaranno desideri di tanti…..

I colori: tanto nero per personalitàforte, ermetica, giocato su forme mate-riali, su dettagli, il bianco candore dellasposa e degli angeli, poi tentazioni dicolore dal viola, al rosa fard, al verdeacido, al giallo limone stemperati da unpo’ di nero.

Le linee un po’ a pelle, la maggiorpar-te squadrate, per permettere all’aria e alcorpo libertà di movimento…. le lun-ghezze variano, tessuti naturali e pre-ziosi; grazie all’abilità dei nostri tessi-tori.

Pochi fiori, stampe come grovigli dicolore, audaci e vacanzieri.

Sono sempre la stessa, sospesa fratradizioni e modernità, forza e femmi-nilità rivolta a donne se si fanno valeresenza rinunciare alla propria fragilità,a donne che stanno bene nei loro panni.

Alle 13:30 tutto è finito …. compli-menti, strette di mano, saluti.

Domani è un altro giorno.

IL DIARIO DI MARIELLA BURANI

PENSIERI DEL GIORNO DOPO

Una frase di Gloria mi ha fatto riflettere: chi farà il tuolavoro quando non ci sarai più?

Ha ragione gli anni sono passati velocemente, volati.A 15 anni non volevo le calze corte a 40 le ho rimesse….

a poco più di 20 anni ero sposata con due figli, momentimagici, amori infiniti.

A 40-50 anni lavoro sempre più impegnativo, figli quasigrandi, spesso in viaggio, attese estenuanti; poi figli che sene vanno, nuore che arrivano, equilibri da mantenere,nipoti amori dolcissimi, ma nessuno è più tuo.

La vita è crudele, bizzarra, complicata, va vissuta…..spesso ci vuole più coraggio a ridimensionare che a urla-re.

Il mio non è un ritorno al passato sono orgogliosa delmio stile di vita, dell’esperienza che nessuno mi puòtogliere, di non scrutarmi più allo specchio, sono conten-ta della mia libertà di pensiero ed azioni ottenuta conestrema fatica, di vivere alla giornata….. della miadepressione che mi fa partecipe dei dolori altrui…..

Un sogno solo: vedere la Madonna Pellegrina e miopadre alla ricerca di due ali da angelo…..

“30 MINUTI… BRUCIANOIL LAVORO DI 6 MESI”

MilanoFashionCenterPrimaveraEstate 2008

TENTAZIONI DI COLORE

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BORETTO,UN PORTODI SPRECHI

di Luca Soliani

E’ costato 8 milioni di euro, siestende su una superficie di35mila metri quadrati, ha unabanchina lunga 200 metri sullaquale potrebbero attraccare con-temporaneamente due navi da1500 tonnellate l'una, e sarebbein grado di accogliere oltre800mila tonnellate di merci all'an-no. Peccato che dal giorno dell'i-naugurazione solenne - il 12 mag-gio 2006 - non sia stata scaricatanemmeno una scatola di fiammi-feri e nessuna barca vi abbiaattraccato.

Basterebbe questo per descrive-re lo scandalo politico-morale e lospreco di denaro pubblico cherappresenta il porto commercialesul Po gestito dall'Arni a Boretto.Realizzato con i finanziamentidella Regione Emilia Romagna -mentre la Lombardia con la stessa

cifra ha realizzato quattro struttu-re portuali -, il porto è la dimostra-zione di quanto la programmazio-ne delle infrastrutture sul territo-rio sia troppe volte affidata alcaso. Oppure a politici. Oppure adamministratori incapaci, ma nonper questo meno profumatamen-te retribuiti, che in ogni caso nonverranno messi dinnanzi alle lororesponsabilità e non pagherannoper gli errori commessi. Siamo inItalia, certo. E in più nel settorepubblico.

Eppure non era certo necessariointerpellare "luminari" dellaintermodalità o consultare un ora-colo per comprendere che l'ideadi realizzare una struttura di quelgenere sarebbe stato un azzardonon meno assurdo di bendarsi gliocchi e guidare in autostrada con-tromano con la pretesa di nonschiantarsi.

Bastava in fondo consultare lecarte idrografiche con i dati degliultimi lustri e osservare come igiorni di secca siano esponenzial-mente lievitati: il Po, per diversimesi all'anno, è praticamentesempre in secca.

Dopo questo primo puntofermo, sarebbe stato sufficienteconsiderare che le imbarcazioniattuali da mille e trecentocin-

quanta tonnellate (imbarcazionidi IV classe europea) necessitanodi almeno due metri e cinquantadi profondità per navigare,profondità che deve essere man-tenuta per almeno 300 giorniall'anno per rendere economica-mente sostenibile la navigazione

fluviale sul Po. Ma anche questonon è bastato.

E allora via con stanziamentipubblici di denaro, via con escava-zioni in alveo in deroga ai tassati-vi divieti legislativi, via con ruspescatenate e sterminate colate di

cemento. E, infine, via con l'im-mancabile - quanto patetica -inaugurazione: taglio del nastroalla presenza delle autorità pron-te alle foto con un sorrisi a 32denti. Ecco pronta l'ennesimascintillante cattedrale nel deserto.Eh sì, perchè intorno alla possente

struttura manca proprio tutto.Non vi è nessuna area che possaospitare i container, non vi è nes-sun collegamento con la zoppi-cante ferrovia Parma-Suzzara,come non vi è nessun nodo logisti-co nel raggio di decine di chilome-

tri. "Arrivare ad una navigazione365 giorni all'anno è il nostroobiettivo - aveva affermato inpompa magna il presidente Arni,Sergio Alberti - ma occorre lavora-re bene per lo sviluppo del tra-sporto sul fiume. Il porto è pronto.Ma non è sufficiente: ci vogliono

le sinergie fra enti pubblici edaziende private, oltre che il soste-gno del governo nazionale, il cuiimpegno è segnato a chiare lette-re sul programma elettoraledell'Unione".

Anche ammesse le sinergie fra

> Ambiente

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 25

Ambiente >

enti pubblici ed aziende private,oltre che il sostegno del governonazionale, il cui impegno è segna-to a chiare lettere sul programmaelettorale dell'Unione, mancaancora un piccolo particolare perpoter far funzionare il porto: l'ac-qua nel Po. Secondo l'ultima ricer-ca Legambiente, solo negli ultimi

5 anni la portata del GrandeFiume si è dimezzata.

Si è passati da 1.500 metri cubial secondo tra il 1917 e il 2002, ai782 del 2007: il bacino padano vaverso un processo di desertifica-zione. E il calo si vede, anche aocchio nudo: negli ultimi 20-30anni si registrano dai quattro agliotto metri in meno. Il fenomeno ècosì costante e intenso che laminor portata si riflette addirittu-ra sull'Adriatico: è più caldo(+2,5°C rispetto alla norma) e sala-to, dai 33 grammi di sale per litroregistrato tra il 1984 e il 1995, ai36 odierni.

Il calo della portata produceanche la propensione a fenomenidi accaparramento, e quindi, con

meno acqua e più prelievi, il Po èsempre più stressato.

Ad incidere pesantemente sullavita del fiume anche i prelievi abu-sivi d'inerti, capaci di generare ungiro d'affari che tocca i 35 milionidi euro annui. I ladri di sabbia arri-vano ad asportare fino a 4 milionidi metri cubi all'anno, contro gliappena 500mila consentiti. E leindagini, quando ci sono, vanno amorire sotto i cumuli di sabbiadella prescrizione.

Ma tutto questo non conta. Eallora, dopo aver realizzato la cat-tedrale nel deserto, perchè nonchiedere nuovi finanziamenti perfarla funzionare?

Il presidente Alberti batte cassaa Roma: <<Gli attuali costi di tra-

sporto per tonnellata di merce (9euro per il fiume, a fronte di pocomeno di sette euro e mezzo pergli spostamenti stradali) devononecessariamente calare per quan-to riguarda il servizio fluviale.Altrimenti non saremo competitivie non si potranno invitare leaziende ad investire nel trasportosul Po".

Emblematica anche la presa diposizione pubblica del direttoreArni, Ivano Galvani. Come se fossela cosa più normale di questaterra, spiega che è difficile trovarele imbarcazioni che trasportano lemerci lungo il Po: "Noi non abbia-mo una flotta del Po". Ma eccopronta la soluzione: "Una delleidee che sta venendo avanti,

anche con alcuni imprenditori chesono interessati alla via d'acqua equindi al nostro porto, è di investi-re in una flotta>.

Ma chi ci metterà i soldi? I priva-ti? Con quali garanzie?

Galvani non ha dubbi:<<L'interesse diventa maggiore

se c'è una compartecipazione, seci sono degli incentivi da partedello Stato, delle Regioni, deglienti pubblici>>.

Insomma costruita la cattedralesulle rive deserte, adesso i sommisacerdoti si stanno inventando lareligione...

Foto in alto: un’immagine della dram-matica secca del Po presso il porto diBoretto

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 27

Costume & Società >

di Riccardo Caselli

Negli ultimi anni abbiamoassistito all'uscita di numerosis-simi film ispirati ai supereroidella Marvel, che spesso hannoottenuto grandi numeri al bot-teghino. Gli X-Men e Spidermansono giunti al terzo episodio, iFantastici Quattro al secondo,mentre una pellicola è statadedicata anche alle gesta diHulk, Daredevil, Ghost Rider eThe Punisher, e le produzioninon si fermano qui, dato che lesale cinematografiche attendo-no per il prossimo anno, fra glialtri, Wolverine ed Iron Man.

Questo filone tuttavia, è lega-to solo alle scelte aziendali deiproduttori, o nasconde un'esi-genza del mercato diversa,un'esigenza forse sociale? Comemai dei personaggi che nellaseconda metà degli anni novan-ta parevano in declino, al puntoda creare alla Marvel anche dif-ficoltà economiche, proprio oravengono riscoperti in manieracosì prepotente?

Le porte al ritorno dei supere-roi si riaprono innanzituttodopo la minaccia del terrorismoe gli attacchi del 2001; unasocietà che si sentiva inespu-

gnabile al punto di non guarda-re nemmeno più all'esterno, dicolpo si riscopre in tutta la suafragilità, e ritrova un bisogno diprotezione che le istituzioninon sembrano più in grado digarantire: ecco allora come ThePunisher, in particolare, agisceal di fuori della legge, laddovequesta sovente non sa arrivare.

Non solo il terrorismo però hacreato il background per questorinnovato interesse, ma tutte legrandi paure collettive, dallacriminalità dilagante, all'allar-me climatico, ai problemi detta-ti dalla bioetica.

I supereroi sono la salvezzaper una società che non credepiù nella propria potenza, nellapropria capacità di governaregli eventi, che teme se stessa, sipercepisce fuori controllo, manon è allo stesso tempo piùcapace di affidarsi nelle mani diun Dio che, come disse "qualcu-

no", abbiamo già ucciso qual-che tempo fa. Ma non solo, isupereroi sono una salvezza abuon mercato, sono derespon-sabilizzanti, perché un Dio salvail suo popolo attraverso la pre-scrizione di un codice morale, ilsupereroe lo salva e basta,facendosi carico di difenderlo invirtù dei suoi maggiori poteri.

Gli X-Men ad esempio sono ilfrutto di una mutazione geneti-ca, la quale però in fondo ha unrisvolto inaspettato e positivo,crea esseri che si mettono adisposizione del bene. Gli X-Men sono la fragile speranzache sostiene la nostra impoten-za, incarnano il desiderio che losviluppo scientifico non portialla distruzione di un popoloche non si sente più certo dipoterlo indirizzare. L'UomoRagno invece ripete che a"grandi poteri corrispondonograndi responsabilità", e anchequesto lo auspichiamo, oggi cheal mondo si affacciano nuovesuperpotenze, mentre la nostrasocietà occidentale sembra sem-pre più debole; ecco dunqueche ci rifugiamo nella speranzache il potere, specie se nellemani degli altri, sia sempreaffiancato da un codice moralee dal senso di responsabilità. I

Fantastici Quattro poi, nelsecondo episodio salvano il pia-neta da un disastro climaticoprocurato da Silver Surfers, chepur venendo da un altro piane-ta si rivela fin troppo umano, ecomincia distruggere la terrapur non essendo questo il suopreciso fine. Un'analogia benchiara. Purtroppo nella realtànon avremo supereroi al nostrofianco quando alcune di queste"ore X" scatteranno, perciòdobbiamo auspicare che questipersonaggi non fungano soloda calmiere delle paure socialipiù o meno recondite, ma pos-sano essere anche uno sproneall'azione. Per cominciare infat-ti, noi non dovremmo fare nulladi eroico, basterebbe anche solospegnere lo stand-by del televi-sore.

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28 STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

> Territorio

DAGLI APPENNINI AL MAR LIGURE UN MATRIMONIO DI STORIA E SAPORI

di Sara Di Antonio

Un'area vasta dall'Emilia almare: la sta costruendo non soloidealmente, ma attraverso unambizioso progetto di marketingterritoriale, il Parco nazionaledell'Appennino tosco emiliano. Aldi là dei confini della montagnaparmense, reggiana e toscana, chefanno parte a pieno titolo dell'en-te, vi sono scenari e paesaggi diver-si eppure così complementari ainostri, che vantano una ricchezzastorica, culturale, enogastronomicadi rilievo, in Liguria come inToscana. Infatti i presidenti di seiaree protette, due nazionali (ParcoNazionale Appennino tosco-emi-liano, Parco Nazionale delleCinque Terre) e quattro regionali(Parco Regionale delle Apuane,Parco Regionale del Frignano,Parco Regionale dei Cento Laghi,Parco Regionale di MontemarcelloMagra), hanno firmato un proto-collo d'intesa che li impegna adagire in sinergia per la promozionee valorizzazione del territorio edelle sue eccellenze paesaggisti-che, enogastronomiche e culturali.

Il nostro viaggio parte dai castel-li matildici canossani, o se si prefe-risce, dal sasso maestoso della pie-tra di Bismantova, che sono gliemblemi del paesaggio collinare e

montano della nostra provincia,che può vantare una delle zoned'Appennino più incontaminate eal tempo stesso ricche di cultura etradizioni, assieme a quello par-mense. Basta un'ora di viaggio daCastelnovo ne' Monti, piccola capi-tale della montagna reggiana, perraggiungere il versante toscano delParco, e con esso le regioni storichedella Lunigiana e dellaGarfagnana. Fivizzano, città pre-gevole e dal ridente centro storico,troneggia sulla Lunigiana orientalee sulla valle del fiume Rosaro con ilcastello della Verrucola costruitodai Malaspina. Spostandoci più asud, raggiungiamo Aulla: all'inter-no di sessanta chilometri di raggioda questa località, siamo proiettativerso scenari celebri come quelli diPortofino, San Rossore, l'area mari-na protetta del Mar Ligure. InGarfagnana, "qui dove argenteo ilcorso la Turrita discioglie e secoviene a maritarsi innamorato ilSerchio", come descriveva FulvioTesti, la rocca ariostesca diCastelnuovo è simbolo della cittàche ha ospitato in qualità di gover-natore della provincia estense diGarfagnana il nostro poeta. Daqui, possiamo raggiungere laPiazza dei Miracoli di Pisa e ilDuomo di Lucca.

Dunque tra Pisa, Portofino,Parma e Lucca c'è un'area di enor-me concentrazione di beniambientali, diversità climatica, sto-rica e paesistica e produttiva.Anche da questo punto di vista, èsorprendente la varietà anche dalpunto di vista gastronomico: si vadal Parmigiano reggiano e dal pro-sciutto di Parma, prodotti delle

terre emiliane conosciuti in tutto ilmondo, al lardo di Colonnata, ilfarro di Garfagnana, le acciughe diMonterosso, olio, vino e miele diLunigiana, funghi di Borgo Val diTaro...

Per un viaggiatore alla ricerca disapori nuovi e non scontati, i Parchidi mare e d'Appennino propongo-no le torte di farro e di mirtilli e ivini delle Cinque Terre, il pane delParco delle Alpi Apuane accompa-gnato dal Lardo di colonnata, e

rafforzato dall'olio e dal vino dellaLunigiana. In alternativa, si puògustare il prosciutto di Parma e laSpongata di Corniglio, provenientedal Parco dei Cento Laghi, o anco-ra lo spuntino garfagnino a base dipane e biroldo. I prodotti tipici deisei parchi sono uno dei baluardi diquest'azione congiunta, perchésaranno disponibili nelle principalifiere alle quali i sei Parchi sarannopresenti: l'ultima è stata l'esposi-zione "Alpi 365 expo Biennaledelle montagne" svoltasi al

Lingotto di Torino, dal 4 al 7 otto-bre, fiera all'interno della quale ilprogetto ha avuto oggi comepadrino d'eccezione il presidentedel consiglio Romano Prodi.

Accompagnato dal presidentedella Regione Piemonte, MercedesBresso, e dall'assessore all'Ambientedella Regione Emilia-Romagna,Lino Zanichelli, Prodi ha incontratoi presidenti dei sei parchi nel padi-glione del Lingotto interamentededicato ai prodotti tipici, alle

eccellenze produttive, turistiche eculturali di questa grande area diaree protette che si raccoglie tra leprovince di Lucca, Massa Carrara,Modena, Parma, Reggio Emilia edella Spezia. In progetto di "AreaVasta", che è stato siglato a Felina(RE) quest'estate nel corso delFestival delle città Slow, è statopresentato ufficialmente al pubbli-co dai presidenti dei sei parchi diEmilia, Toscana e Liguria. PerFausto Giovanelli, presidente delParco Nazionale dell'Appennino

tosco emiliano: "la presenza unita-ria dei parchi a questa importantevetrina è stata un'occasione perrappresentare a livello nazionale einternazionale le peculiarità, lerisorse, le eccellenze produttive,turistiche e culturali dell'AreaVasta ligure-tosco-emiliana.

Filo conduttore della partecipa-zione dei Parchi firmatari del pro-tocollo è stato quello dei prodottitipici, filiera che è espressione dellemolteplici eccellenze e peculiarità

territoriali delle aree protette coin-volte oltre che della qualitàambientale e dell'identità storico-culturale del territori. Il "manifestodei Parchi" e numerosi altri proto-colli e convenzioni testimonianoquanto il territorio dei Parchi sot-toscriventi questo protocollo siamaturo ed abbia acquisito consa-pevolezza del ruolo che le areeprotette possono esercitare per ilrecupero dell'identità e per lo svi-luppo sostenibile dell'Appennino".

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 29

Territorio >

E' bello scivolare sulla neve congli sci da fondo: una attività salu-tare ed emozionante all'aria aper-ta, attraverso scenari mozzafiato ein buona compagnia. Lo sa bene laSezione reggiana del Cai, che daanni promuove una intensa atti-vità di sci di fondo.

Tutto è nato nel 1981, quandoun gruppo di escursionisti del Caidecise che la montagna andavapraticata anche d'inverno: e lamaniera migliore sembrava pro-prio quello di utilizzare gli sci dafondo. Tutti si improvvisarono fon-disti, con molta buona volontà,con l'allenamento delle escursioniestive, ma ancora con poca tecni-ca. Già l'anno successivo il Cai misein programma diverse escursionidedicate ai fondisti, sia sulle Alpiche negli Appennini. Il successo fugrandissimo, e spinse il Cai adorganizzare una vera e propriacommissione di sci di fondo. Unodei fondatori del gruppo, Antoniode Lucia, diventò anche istruttoretitolato del Cai di sci di fondoescursionistico, e questo diede

ulteriore impulso all'attività. Findall'inizio il Cai reggiano si con-centrò sia sul fondo su percorsibattuti, ma anche al fuori pista. Cifu anche una attività esplorativasull'Appennino reggiano, con l'in-

dividuazione di percorsi non bat-tuti sia sull'alto Appennino chenelle zone collinari e di media col-lina. Possiamo dire che è statoanche grazie al Cai che l'attività difondo, uno sport "sostenibile" inpiena armonia con l'ambiente, si è

così bene radicata sull'AppenninoReggiano. Da ciò deriva anche lacollaborazione al progetto Neve eNatura che si sta sviluppando nelParco Nazionale.

Con gli anni il gruppo fondisti

del Cai è sempre cresciuto (oggi sichiama "Quelli che il fondo"),organizzando una serie di uscite(di un giorno o di più giorni, eanche con settimane bianche), chehanno sempre riscosso moltissimointeresse e vedono una grande

partecipazione. Questo successoderiva anche dalla scelta dellemete, che sono sia i più importan-ti centri fondistici delle Alpi, maanche località meno note ma nonmeno interessanti, sugli altipianidelle Prealpi, sulle Dolomiti, nelleAlpi Piemontesi e Valdostane, sugliAppennino dall'Emilia all'Abruzzoe alle Marche, in Austria e inFrancia. Lo sci di fondo per il Cainon è solo una salutare attivitàsportiva e ricreativa, ma anche especialmente un modo per cono-scere e ammirare le montagne.Altra scelta che il gruppo fondistidel Cai ha sempre fatto è stataquella di puntare all'attività didat-tica. Da diversi anni, parallelamen-te alle uscite aperte ai soci, vengo-no organizzati corsi di vario livello,in collaborazione con i maestri Fisidella Scuola Bismantova diCastelnovo ne' Monti. Il gruppofondisti del Cai è famoso ancheper l'intensa attività di socializza-zione: non mancano mai nel corsodell'anno serate con proiezioni didiapositive, cene e "gnoccate".

Molto intenso è il programma2007-2008, che verrà presentatoufficialmente al pubblico il 7novembre alle ore 21:00 nella sededel Cai in viale dei Mille 32. Le usci-te sono tante, dal nostroAppennino al Bondone, dall'Alpedi Siusi alla Defereggental inAustria, dalla Val d'Aosta a PassoCoe, da Madonna di Campiglio aEnego. In programma anche unasettimana bianca per i fondisti aDobbiaco. Quattro sono poi i corsiche verranno organizzati: di tecni-ca classica, 1° livello per principian-ti, 2° livello di perfezionamento,tecnica di pattinaggio. Quest'annoè in programma anche la parteci-pazione ufficiale alla Marcialonga,a cui diversi fondisti del gruppohanno già partecipato in passato.

Per informazioni ci si può rivol-gere alla sede del Cai, in viale deiMille 32 (tel. 0522 436685), apertail mercoledì, venerdì e sabato dalle18:00 alle 19:30 e il giovedì dalle20:30 alle 22:30.

R.B.

Scivolare sulla neve con il Cai di Reggio

di Fausto Giovanelli

"Si tratta dell'azione piùimportante che sta compiendo ilParco nazionale dell'Appenninotosco emiliano, ma anche esoprattutto di un'azione di rilievonazionale riguardol'Appennino e le politiche disistema dei Parchi nazionalipreviste dalla legge quadro394/91 e finora sostanzial-mente inattuate.

E' un progetto già avviatoche fa collaborare e conver-gere le azioni di due Parchinazionali e quattro Parchiregionali [i Parchi nazionalidell'Appennino tosco emi-liano e delle Cinque terre e iParchi regionali dei Cento Laghi(PR), del Frignano (MO), diMontemarcello Magra (SP) e delleAlpi Apuane (LU)].

Il territorio che sta entro sessan-ta chilometri di raggio da Aulla licomprende tutti (e comprendealtresì Portofino e San Rossore, laPiazza dei Miracoli, il Duomo diLucca e quello di Parma,Bismantova, Canossa, l'area mari-na protetta del Mar Ligure ealtro). In poche parole tra Pisa,Portofino, Parma e Lucca c'è un'a-rea di enorme concentrazione dibeni ambientali, diversità climati-ca, storica e paesistica, gastrono-

mica e produttiva (Parmigianoreggiano, prosciutto di Parma,lardo di Colonnata, farro diGarfagnana, acciughe diMonterosso, olio e miele diLunigiana, funghi di Borgo Val diTaro...)

Vi sono tutte le condizioni affin-ché -sviluppando il successo mon-diale delle Cinque terre su un'areapiù vasta- essa diventi un punto diforza dell'Italia nel settore delturismo internazionale dei beniculturali e del paesaggio. Questoprogetto fa la sua prima "prova"proponendo insieme sei Parchi(Parchi di mare e d'Appennino)alla rassegna "Alpi365-Expo,Biennale delle Montagne" pressoLingotto Fiere di Torino".

Nella foto il Presidente del ConsiglioRomano Prodi e Fausto Giovanelli visita-no alla fiera di Torino lo standdell’Appennino Tosco-Emiliano

Parco nazionale delle Cinque Terre Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano

Parco regionale delle Apuane Parco regionale dell’Alto Appennino Modenese (Frignano)

Parco regionale delle Valli del Cedra e del Parma Parco regionale di Montemarcello Magra

IL PROGETTO PARCHI DIMARE E DI APPENNINO

30 STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

> Spettacoli

di Paolo Borgognone

Il mese teatrale di novembre siapre con una nuova produzione diteatro musicale contemporaneo,commissionata dai Teatri nell'am-bito delle celebrazioni per il150esimo anniversario delMunicipale al compositore GiorgioBattistelli: "Miracolo a Milano".

La drammaturgia principaleprende liberamente spunto da"Totò il buono" (1939) del reggia-no-padano Cesare Zavattini, da cuiVittorio De Sica trasse il film"Miracolo a Milano"(1951). Il testotratta, con registri tra il surreal-mente patetico e l'amaramentedivertito, di una società - quellaitaliana, ovviamente - in disordina-tissima e contradditoria via di tra-sformazione. Il contrasto di registristilistici della scrittura non è che ilriverbero dei forti contrasti dinatura sociale ed economica che ilracconto indaga : il mondo deibarboni contro il mondo degli spe-culatori, l'espansione incontrollatacontro gli accampamenti di barac-che. E nell'orizzonte di questalotta dell'avidità contro la bontà,Zavattini riscrive in qualche modola storia, con un finale a sorpresa

dalla forte carica utopica, rappre-sentata dalla magia del volo, dovesono i deboli a vincere.

L'attualità della duplice operaletteraria e cinematografica di DeSica e Zavattini è sotto i nostriocchi. Nel microcosmo dell'hinter-land milanese ha luogo la stessasituazione verificatasi nel macro-cosmo globale, dopo la caduta delmuro di Berlino, nei paesi delsecondo e terzo mondo. Si trattadell'irruzione drammatica di dina-miche capitalistiche in contesti"arretrati". Senza gradualità, dal-l'oggi al domani, la terra che tiospitava si trasforma in risorsa eco-nomica da sfruttare, così l'esisten-za tua e quella di tutta la "comu-nità marginale" è degradata avariabile dipendente, a residuo. Loscenario zavattiniano mantieneoggi intatta la forza "scandalosa"di un'idea folle:combattere glisquali con lab o n t à .Attraverso unlavoro che èinscidibilmentemusicale, dram-maturgico e "sites p e c i f i c "Battistelli esaltale implicazionicontemporaneedello spunto; lamolteplicità deilinguaggi adot-tati, il dominiodella tecnologia, la contaminazio-ne delle arti diventano lo specchioesteticamente mediato di una con-

traddizione sociale. Naturalmentel'elemento magico resta centrale,con la sua carica utopica. Del restoil celeberrimo volo finale sullescope non dice in fondo la stessacosa di un recente e fortunato slo-gan no-global: "un altro mondo è

possibile"? DirettoreErasmo Gaudiomonte,la regia è di DanieleAbbado (Valli 6 e 8novembre, prima asso-luta).

Di tutt'altro segno èlo spettacolo seguente:versatile, poliedrica,simpatica, e anchecarismatica è LorettaGoggi, che quest'annoha deciso di tornare alteatro con un "OneWoman show" dal tito-

lo "Se stasera sono qui", ideato ecreato su misura per lei da GianniBrezza che ne firma la regia.

Per chi ama lo spettacolo di clas-se e la classe nello spettacolo, ildivertimento, la musica e- perchèno - le sorprese, questo è unappuntamento imperdibile.Ritroveremo le canzoni che hannoreso grande quest'artista: da

"Maledetta primavera" a "Ionascerò", da "C'è poesia" alle sigledelle trasmissioni televisive quali"Il mio Uomo" e "L'aria del sabatosera"; le imitazioni che l'hannofatta diventare la "AlighieroNoschese" al femminile e lamigliore - e inarrivata - imitatriceitaliana.

Con lei sul palco una grandeorchestra e un corpo di ballo com-posto da 10 primi ballerini che laaccompagneranno in questoincontro con il pubblico.

Un atto d'amore che la Goggivuole regalare a quel pubblico chein tutti questi anni ha continuato astarle vicino (Valli 16, 17, 18

novembre).Dopo il trionfo cinematografico

ottenuto con "La bestia nel cuore"di Cristina Comencini (Nastro d'ar-gento 2006, Premio David diDonatello 2006 e Ciak d'oro 2006come migliore attrice non prota-gonista; Premio Wella CinemaDonna alla 62^ Mostra d'ArteCinematografica di Venezia;Premio Queen of Comedy Award2006), Angela Finocchiaro torna inteatro con il suo nuovo spettacolo:"Miss Universo", scritto da WalterFontana e diretto da CristinaPezzoli . In questo spettacoloAngela Finocchiaro è Laura, unadonna divisa in due. Tanto incerta,abitudinaria e arrendevole all'e-sterno quanto aggressiva, rabbio-sa e violenta dentro - e contro - disé.

Un giorno il tran tran quotidia-no di Laura si spezza e la normaleattesa nello studio di un medico sitrasforma in una sorprendenteavventura dove Laura affronta ilricordo di una nonna sadica pereccesso di bontà, un dermatologonon troppo intelligente e forse

Si avvia alla conclusione l'anno di festeggiamenti per il 150esimo compleanno del Teatro Valli. Il cartellonepropone anche gli "one woman show" di Loretta Goggi e Angela Finocchiaro. Neri Marcorè celebra Gaber

NASCE UNA NUOVA OPERA, TORNA GIUSEPPE VERDI

Carmen Giannattasio(Amelia in "Simon Boccanegra")

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 31

Spettacoli >

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Miss Universo riflette con sguar-do beffardo sulla quieta nevrosi diuna donna qualunque, in un esila-rante gioco di scatole cinesi.Visionaria, vulnerabile, travolgen-te, Angela Finocchiaro si moltiplicaall'infinito nel disegnare il profilodi una donna e dei suoi mondipossibili.

Il testo dello spettacolo è statoscritto da Walter Fontana, scritto-re, sceneggiatore e autore televisi-vo, collaboratore di Aldo Giovannie Giacomo, Claudio Bisio e dellaGialappa's Band. La regia porta lafirma importante di CristinaPezzoli (Ariosto 20, 21, 22 novem-bre).

Torna finalmente al ValliGiuseppe Verdi, con un'opera che

è molto legata allanascita del TeatroMunicipale: il" S i m o nBoccanegra" fuinfatti la secondaopera rappresenta-ta nella sala delCosta appena inau-gurata, e il sommocompositore si trat-tenne a lungo nellanostra città perseguirne l'allesti-mento e apportarequalche sostanzialemodifica alla parti-tura.

Nella primaveradel 1856 Verdi siera recato aVenezia per unaripresa della"Traviata" e inquell'occasione si

accordò con i dirigenti della Feniceper scrivere una nuova opera per ilmassimo teatro veneziano; Piaveiniziò subito la stesura del libretto,sotto il diretto controllo del com-positore, che gli fornì un completoabbozzo in prosa. Tornato a Parigiin agosto, Verdi, insoddisfatto dialcune parti del libretto di Piave,pregò Giuseppe Montanelli, intel-lettuale esiliato nella capitale fran-cese per ragioni politiche, di riscri-vere alcune scene. Verdi iniziò acomporre la musica in autunno,ma al suo arrivo a Venezia, nel feb-braio successivo, mancava ancoraun intero atto, oltre a tutta la stru-mentazione. L'esito fu negativo;queste le parole di Verdi, in unalettera alla contessa Maffei: "IlBoccanegra ha fatto a Venezia unfiasco quasi altrettanto grande chequello della Traviata ". La criticaebbe invece parole di elogio per lacoerenza drammatica della parti-

tura, oltre che per l'eleganza e l'e-spressività della melodia. Nel 1879,Verdi, che stava già lavorando conBoito al progetto di Otello , fu sol-lecitato da Ricordi a rivedere ilBoccanegra . Il compositore, chefin dagli anni Sessanta aveva pen-sato a questa possibilità, accettò, apatto che anche il libretto subissemodifiche sostanziali. La scelta,per questa operazione, non pote-va che cadere su Boito, il quale,oltre a rivedere numerosi passi dellibretto originale, scrisse ex novo ,su precise indicazioni di Verdi, lagrande scena del consiglio nelprimo atto. La nuova versioneebbe un'accoglienza trionfale allaScala; fra gli esecutori, VictorMaurel (Boccanegra) e FrancescoTamagno (Adorno), che sei annidopo sarebbero stati i primi inter-preti di Jago e Otello. Il pubblicoreggiano potrà seguire l'operanell'allestimento del TeatroComunale di Bologna (Valli, 25 e27 novembre).

"Un certo signor G" è l'occasio-ne per rileggere, rivisitare, reinter-pretare l'opera di Giorgio Gaber. Apiù di 35 anni di distanza (Il signorG nasce nel 1970), con mano liberae pudica, Neri Marcorè si accosta

ad un personaggio, aduno stile, ai contenuti eai linguaggi di un arti-sta geniale ed innovato-re, sempre autonomo efedele a se stesso.

Il suo Signor G saràun'esplorazione nelbeffardo, paradossale,buffonesco mondo diquesta maschera diuomo comune che siinterroga, comicamenteimpotente, sul sensodella propria vita, sem-pre sfiorata dal pericolodell'imbecillità e delqualunquismo. Per que-sto si è ispirato, ripropo-nendole e rimontando-le, alle prime esperienzeteatrali di Gaber, quelledel Signor G appunto,ma anche quelle diDialogo tra un impe-gnato e un non so, Far finta diessere sani, Anche per oggi non sivola (siamo tra il 1970 e il 1974),rifacendosi anche stilisticamentealle forme del 'teatro canzone',invenzione gaberiana continua-mente perfezionata nel corso divari spettacoli, geniale intreccio di

monologhi e melologhi, musica ecanzoni.

Neri Marcorè, uno dei miglioriattori della sua generazione, saràil signor G trent'anni dopo; solosul palcoscenico, accompagnatoda un gruppo di musicisti, a risco-prire un'opera, quella di Gaber eLuporini, da considerare un'inven-zione senza tempo di scadenza, unclassico moderno che tra ironia,malinconia, istanze civili e comicoparadosso si interroga sui destinidell'uomo moderno, in bilico trautopia, impotenza, razzismo,amore, consumismo, paura esogno.

Un individuo che rischia di per-dere i pezzi e che soffre, diceGaber, dei mali più comuni e allamoda: nevrosi acuta, condiziona-mento totale, visione delle cosevicino allo zero: una persona nor-male insomma (Valli, 30 novem-bre, 1 e 2 dicembre).

Loretta Goggi Anna Finocchiaro

Neri Marcore’

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 33

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Simba, nella lingua swahili signi-fica "leone"…e chi più del dott.Sergio Leoni poteva meritarsi que-sto appellativo?..

E' così che è stato soprannomina-to dagli amici rotariani congolesi ilnostro primario di Urologia delSanta Maria Nuova, del Rotary Clubdi Reggio Emilia, durante la suamissione in Congo, precisamente aLubumbashi, che con il suo milionee mezzo di abitanti è considerata laseconda città di questo paese.

Ma la missione del dott.Simbanon si è limitata alla visita del clubrotary o alla prestigiosa conferenzasul tema dei tumori alla prostatatenuta, in lingua francese,all'Università cittadina. Il dottorSergio Leoni dopo aver visitato l'o-spedale del luogo, si è attivatoimmediatamente, operando sulcampo. "Ho capito che ciò che noimedici riteniamo indispensabilenelle nostre sale operatorie, non loè assolutamente in paesi come ilCongo dove le attrezzature ospe-daliere sono limitatissime e risalen-ti agli anni '70; per questo motivolaggiù si diventa "elastici" nell'af-frontare i casi clinici…"

Promettendo simpaticamente alpubblico presente in sala di nonmostrare foto di prostate ed inter-venti chirurgici, Leoni proietta sulgrande schermo una carrellata diimmagini relative alla sua perma-nenza in Africa ed alcune tabelle

illustrative sulla situazione politicoeconomica di quel luogo.

"Purtroppo non avevo concor-renti là.." sottolinea con un sorrisoamaro descrivendo una situazionesanitaria tragica a causa della ridot-ta quantità di medici presenti sulterritorio. Leoni, che viene ritrattocon alcuni bambini dei villaggiindossando il celebre" naso rosso digomma" di Patch Adams ( con ilquale ha collaborato in passato),non poteva non rispondere allarichiesta di aiuto giunta dalladott.ssa Cecile Kyenge, oculista delSanta Maria ed originaria delCongo.

E così insieme a Cecile e con il pri-mario di oculistica dott.LucaCappuccini, il dottor Leoni, con lasua missione di volontario in pienospirito rotariano, ha portato un po'di sollievo a questa popolazione,curando, operando, istruendonuovi medici e posando la primapietra per una nuova scuola, grazie

anche ai fondi raccolti dalla suaOnlus CuraRe.

Il riconoscimento conferito dalRotary al dottor Sergio Leoni non èstato l'unico in questa straordinariagiornata sul volontariato organiz-zata dal Rotary Club Reggio Emilia

e dal Rotary Club Brescello TreDucati. Al tavolo dei relatori si sonosucceduti esponenti del modo cat-tolico, laico ed associativo, riunitida un solo credo, quello del volon-tariato. Gli interventi sono statisupportati dalla proiezione diimmagini e video che, per i lorocontenuti fortemente umanitari,hanno catturato l'attenzione delfolto pubblico in sala. Dopo l'aper-tura dell'evento da parte di LauroSacchetti, presidente del RotaryReggio Emilia, che ha letto una let-tera di Monsignor Adriano Caprioli,Alessio Pedrazzini del RotaryBrescello ha esposto la sua espe-rienza ad Antsirabè in Madagascar.Successivamente Don Emanuele

Benatti del Centro MissionarioDiocesano ha illustrato la strutturaorganizzativa delle missioni all'e-stero, della formazione di nuovioperatori; Ivan Soncini presidentedi Boorea, ha sottolineato l'entu-siasmo dei suoi collaboratori e delleimprese, che solitamente si occupa-no di altro, nell'operare su proget-ti di volontariato.

Un riconoscimento è stato confe-rito ad Alessandro Freschi per lasua esperienza rotariana aManakara in Madagascar e adAlberto Pedrazzini, per la sua colla-borazione come volontario rotaria-no in Perù, testimoniata anche daSorella Anna Rita Ferrari delCenacolo Francescano di ReggioEmilia, responsabile del progettoper la costruzione delle "casette"nei villaggi e dell'istruzione allepopolazioni per nuove professiona-lità.

E' seguito l'intervento del dott.Leoni e subito dopo la presentazio-ne del progetto rotariano suMalindi in Kenia da parte di GiulioBargellini, autore del libro sulvolontariato "L'altra parte di noi".Le conclusioni spettano ad AlbertoZanetti, presidente del RotaryBrescello. Quella sul volontariato èstata una serata vera, che attraver-so il volto della sofferenza ed ai sor-risi di riconoscenza dei bambiniindifesi, ha toccato il cuore e lamente del pubblico presente. Inquesto caso la solidarietà è statatestimoniata da fatti concreti, tan-gibili, pensati ed attuati da indivi-

dualità apparentemente diversema unite all'insegna di valori e diideali indiscutibili .

SERGIO LEONI, UN VOLONTARIO NEL MONDODurante la conferenza sul volontariato organizzata dal Rotary Reggio Emilia sono

stati consegnati altri riconoscimenti ad Alessandro Freschi e ad Alberto Pedrazzini.Presentato il progetto su Malindi in Kenya da parte di Giulio Bargellini

Sorella Anna Rita Ferrari

Alberto Pedrazzini

Alessandro Freschi

Giulio Bargellini

Il dott. Sergio Leoni riceve l'attestato di riconosci-mento dal rotaryano Ferdinando Del Sante

Nella foto: Bubba, Cek, Fischio, Patatrac,Farfuglia,Holly. Sono i V.I.P. di Viviamo InPositivo, l'Associazione Onlus di Reggio Emiliache si occupa di clownterapia nella corsia delreparto di Urologia del Santa Maria Nuovadiretto dal dott. Sergio Leoni.

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

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STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 35

Arte e Cultura >

pagine a cura di Gaetano Montanari

Il Circolo degli Artisti, nel settem-bre scorso, ha dato il via alla nuovastagione espositiva ospitando, nellemagnifiche sale del Mauriziano,impeccabilmente allestite, "INTREC-CI", una interessante personaledella pittrice Nicla Ferrari, presentecon ventisei dipinti, di cui, uno,immenso,su tela, di metri 4x2.20:un'opera che doveva essere osserva-ta sia nei particolari che nell'insiemeper constatare alla fine, che il suocontenuto artistico era stupefacen-te. La sua pittura, del resto e' pienadi sorprese e di imprevisti. Illudersidi fissarla entro determinati schemie', in definitiva, inutile. C'e' semprequalche artista che sfugge a unaqualsiasi catalogazione e che proce-de al di fuori dei gruppi e delle ten-denze. Questo ci sembra anche ilcaso di Nicla Ferrari, la quale, nel

clima intenso dell'attuale pittura,fa' testo a se'. D'altronde, lo stessocritico d'arte Emanuele Filini, scrive,di lei, sulle pagine del suo prezioso"Dizionario degli Artisti Reggiani":"…Uno stile che chiamare semplice-mente iper-realista e neo-figurativosarebbe riduttivo, poiche' e' volto auna ricerca che va oltre". E si capi-sce, in ragione del fatto, che, i suoidipinti, non terminano dove finiscela pittura. Continuano. E' fuor didubbio che siamo di fronte ad unapittrice che ha ancora molto da dire.In pittura c'e' bisogno dell'amoreche crea, ed e' indispensabile sopraogni altra cosa, aprire gliocchi, guar-dare il mondo, per riscoprirlo.Impadronirsi di un ritrovato tecnicoe' cosa di poco conto. E' come impa-rare una calligrafia, nulla di più.

Non c'e' novita' che conti senza lapresenza vittoriosa di una mentecreatrice, pienamente consapevoledel suo contributo spirituale e men-tale al divenire delle arti. Quellearti, per intenderci, che scatenanostati d'animo e risvegliano ignoteemozioni.

Il quadro, come la poesia o comela musica, come ogni opera d'arte,e' un'opera di irrealta' che avvienemagicamente nel nostro ambitoreale. Dal reale all'irreale, lo spirito

fa un salto, come dalla vegliaal sonno. Non vogliamo defini-re queste mani di Nicla Ferrariallusive o simboliche, e menche meno allegoriche. Sono ilrisultato di analogie visivesovrapposte, e richiamano allamente le immagini della poe-sia moderna; sono metafisichecome ogni vera creazione poe-tica. La nostra pittrice ha crea-to - se non un mondo proprio -un ordine impalcatura per lapropria visione del tutto origi-nale.

In ogni sua opera c'e' qual-cosa che seduce e avvince. Mail misterioso fascino della suaarte e' negli elementi impal-pabili del suo colore, del suotratto, della sua luce. Sorretta,peraltro, da un temperamentopittorico che coglie con infalli-bile precisione la nota voluta ela fa vibrare alta, limpida,netta come l'arcata di un vir-tuoso. La recente mostra delMauriziano e' indicativa a taleproposito. Essere capace, infi-ne, di ritrarre quelle mani, contutto cio' che esprimono, biso-gna essere segnati da Dio, perriuscirvi.

STEFANO FERRARI

Degli incisori all'ac-quaforte saliti agli onoridelle cronache nel campodell'arte, nella secondameta' dei Novecento,Stefano Ferrari, daSant'Ilario d'Enza , gia'noto anche come pittore,per la singolarita' dellaproduzione grafica va gua-dagnandosi nella storiadella nostra incisione unaposizione di rilievo.Mentre, per altri artisti,invece, l'acquaforte si tra-sforma, piu' o meno, in unabanale manifestazionegrafologica.

Nel sentimento e nellarealizzazione di StefanoFerrari, incisione e pitturasi identificano perfetta-mente: non si manifestauna traduzione o una riduzionedalla pittura all'incisione mal'incisione e' espressione direttae totale, di una natura pittoricapari a quella di tono e di valore,senza cio' e struttura disegnati-va o plastica. Alcune acquefortisono davvero rimarchevoli percertezza e assolutezza di stile.Affidiamo a “Viaggio in

Irlanda” (1996) il compito di farcapire al lettore l’altisima poe-sia dell’arte incisoria di StefanoFerrari.

Quegli alberi e quella massadi cespugli non sono effetto diarida o intellettuale sofistica-zione, ma una prova della fan-tasia commossa, come in unaserie di variazioni musicali.

Profonda, impalpabile, deli-

cata, la fisionomia dellasua arte di incisoreall'acquaforte e all'ac-quatinta investe tuttoun sentimento dellavita, si rivela in tutta lasua concezione dellafigura umana comespecchio di realtà inte-riori, e lascia traspariresotto l'originalita' deisuoi moduli espressivi lalunga e intensa assimi-lazione d'una incorrot-ta tradizione artistica.Nei suoi dipinti, cosi'come nelle incisioni,Stefano Ferrari, sa tra-scrivere i moti profondidell'animo e delle vibra-zioni del cuore, con lesue immagini figurati-ve. Crede nell'arte, ma

si rende anche conto che com-porre un'opera d'arte, sia essoun dipinto o un disegno o unaacquaforte, puo' essere unsegno d'umilta'.

Tanto bizzarro gli pare ilmondo, tanto la donna gli sem-bra il colore indispensabiledella vita. E le madri, ogni gior-no, gli paiono nuove come l'au-

rora. Ammirevole per la dolcez-za e disinvoltura del taglio, perla maniera di rendere la plasti-cita' delle sue stupende figurefemminili, realizza stampe alta-mente significative. Ama tuttocio' che vuol fermare sullalastra. Fra lui e le cose che lo cir-condano c'e' sempre un intimacomprensione. I toni e le lineenon c'entrano. Tutto e' parteci-pazione umana. Di un viso nonfa la carnosa immagine, priva disensazione, ma un emozionatoed emotivo specchio d'internapsichica attivita'. Sopra ogni

altra cosa i volti femminili; per-che' i volti delle donne, per l'ar-tista, sono tante strofe d'unaimmensa poesia. Notevoli, tra lealtre, le incisioni: "Il gatto sullafinestra" , del 1968; "Figura inattesa", del 1998; "Donna con ilgatto", del 1999; "Caterina aquattro mesi", del 1999;"Figura annoiata", del 2005;"Figura che si volge", del 2001.La storia di Stefano Ferrari,acquafortista, è la storia di unsogno. Come la e' anche neisuoi dipinti, folgoranti di luce efrementi di colore.

ACQUAFORTISTI EMERGENTI

NICLA FERRARI. DIPINGERE LE MANI

36 STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007

> Arte e Cultura

Era parechio tempo che medita-vo di scrivere queste poche righe. Seho riflettuto, e' perche' non e' sem-pre facile riprendere opinioni una-nimamente al vaglio di studiosi e

critici d'arte, che vanno occupando-si dei nostri artisti del '900.Annotiamo una circostanza partico-lare: la signora Carla Bazzani hagentilmente messo a disposizione,per questo nostro articolo, unadocumentazione fotografica, di cuivivamente la ringraziamo.

Non e' pero' insolito che facciaqualche puntata sino a Casina. E,quando sono sul posto, ritorno subi-to con il pensiero a Carlo Bazzaniche, in questi luoghi, seguito da ungruppo di appassionati, tenevascuola di pittura "en plei air". Tuttagente, per la quale, stendere deicolori su una tela, per rendere con-

creto cio' che sentivano, bene si pre-stata l'osservazione diretta.Dipingere e' facilissimo, si impara:esprimersi avendo qualcosa da diree' tutt'altra cosa. Li e' ancora tuttoprodigioso (ma bisogna esserneesuli per rendersene conto): le coseparlano, ridono e piangono, le nubiprendono sembianze vive, l'allodo-la che si leva dalle stoppie sembrache ci chiami per nome.

Ma Carlo Bazzani non c'e' piu',vive nel ricordo di tutti noi. E iosono qui, finalmente, con l'occhiosmarrito e il cuore che mi batte furi-bondo in gola.

Io, ora, e questi ricordi che mi tor-mentano. Fu l'incontro e lo specialerapporto d'amicizia con il pittoreOttorino Davoli ad influire sul suomodo di dipingere. Con GianninoTamagnini, Gino Gandini, lo sfortu-nato Francesco Grasselli (morto dispagnola), Claudio Melioli,

Lanfranco Scorticati e AttilioBizzarri, fu tra gli allievi piu' cariall'illustre maestro. Tra l'occhioannebbiato e i ricordi mi passanodinanzi particolari della sua vita,sembianze delle sue tele; gli uni e lealtre nel fulgore d'una comprensio-ne che me lo rende piu' vivo d'ognivivo. Come si puo' notare, vi sonoalcuni punti di convergenza fra lapittura di Bazzani e Ottorino Davoli,ma Bazzani e' stato uno straordina-rio e prolifico interprete del suoamato appennino.

Sono impressioni di vento, dineve, di sole, di baruffe primaverilio autunnali, intonate alla variazio-ne del tempo. I suoi paesaggi piu'-che rappresentazioni di una realta'resa attraverso i suoi aspetti imme-diati, sono spontanee espressionidel suo stato d'animo di fronte allanatura. Non hanno mai la facilita'della provvisorieta' ma,appunto,

per la loro immediatezza, rendonocon meravigliosa verosimiglianzaaspetti e visioni naturali che attra-verso questo sofferto processo crea-tivo diventano eterni. Ha dipintoanche ritratti e incantevoli nature

morte, rese, sempre, con una noncomune freschezza tonale; delicatetrame cromatiche e accenti dellapiu' genuina poesia che lascianotrasparire la bellezza e il sensogioioso della vita.

NOVECENTISTI REGGIANI. CARLO BAZZANI

Artisti al Mauriziano

Nella sala delle esposizioni delMauriziano, dignitosamente allestitadal Circolo degli Artisti di ReggioEmilia, Michele Sassi presenta, dal 13ottobre all'11 novembre, un gruppodi superbe sculture: ottimi esempidel potere della terra cotta, della pie-tra arenaria e del marmo bianco diCarrara.

Per ogni pezzo un vero capolavorod'arte. Sassi combina la sua statuariavariandola con molto effetto e ottie-ne nei lavori rifiniti, risultati stupefa-centi. Spesso la superficie e' ruvida,incrostata, altre volte molto levigata.L'artista dice che il tema del suoattuale momento e' quello eternodella battaglia dell'uomo contro sestesso nel difficile ambiente umano.Questi sentimenti sono riflessi in alcu-ni titoli come: Grandi amanti; IlPrigioniero; Spirito e carne; Comeuna pietra; Centauro; Il tatuaggio.Michele Sassi, trentasettenne, sidiploma Maestro d'Arte pressol'Istituto d'Arte Gaetano Chierici diReggio Emilia ed inizia ad esporre fin

dal 2003. Nel 2007 risulta vincitoredel premio: ARTE IN ARTE E MESTIERI-Suzzara (Mantova). Ma, per ritorna-re piu' direttamente alla personale diMichele Sassi, ci piace sottolineareche nelle sue opere in terracotta e inmarmo non mancano i risultati strut-turalmente leggibili in chiave figura-tiva. Sara' anche il caso di ricordareche Sassi ha per solo aiuto la sua cer-tezza di onestà e la sua intelligenzacreativa. Lavora, dunque, per abitudi-ne, come una tessitrice al suo telaio e,fra gli scultori reggiani che, a tutt'og-gi, costituiscono un robusto gruppo,Sassi si distingue per le sculture dischietta ispirazione e valido contenu-to.

Tutte le sue figure esprimono unesperienza profonda dell'umanita'. Itemi che egli tratta si riferiscono tuttial tentativo dell'uomo di non lasciarsivincere, di ribellarsi contro il destino,con un gesto di speranza nella dispe-razione. Questo esprimono le suecreazioni in terracotta; impressionan-ti e suggestive come i corpi del "pri-

gioniero", del "centauro", dei"grandi amanti", del "tatuaggio" edi "spirito e carne" (Marmi diCarrara) e "come una pietra" (pietraarenaria).

Noi oggi vediamo le opere d'artedel passato in modo differente dacome le vedevano i loro contempora-nei; l'opera d'arte e' in continuo dive-nire, questa, anzi, è la sua forza piu'genuina. Occorre davvero un cuoreinfiammato di fiducia e la pazienza diun certosino per mantenere alta l'i-spirazione allorche' lavora e insegna.

Indubbiamente Michele Sassi avevagia' acquisito un posto di diritto, maoggi ha assunto, con la straordinaria"personale" al Mauriziano, una posi-zione di preminenza, in linea con imigliori artisti del tempo. Al di la' deidati che hanno presieduto alla suaformazione di scultore, sappiamo chel'arte e' entrata nella sua vita comeun bisogno. Per scrivere dunque dilui, una sola possibilita' ci era offerta:vederlo nella sua arte, a tal punto daarrivare a cogliere il valore indicativod'ogni indizio. Questo, appunto, si e'tentato di fare. Il tempo dell'artecomincia con il raggiungimento dellapoesia: rispetto a un opera d'arteautentica soltanto la retorica e' ana-cronistica. Michele Sassi e' un assiduo

frequentatore del Mauriziano, animae colore della zona, sede del Circolodegli Artisti, dove insegna anchemodellazione dell'argilla, una dimoragia' cara a Ludovico Ariosto fanciullo,una brillante associazione in forteespansione per merito dell'attualedirettivo e in cui confluiscono dise-gnatori, pittori, incisori, scultori efotografi, un luogo dove s'incontra elavora l'arte. Sono in molti gli artistiche qui si danno convegno. Perche'qui si respira l'orgoglio di ore super-bamente libere, accese dagli entusia-smi dell'arte e dai fervori di una con-vivenza amichevole. E' un piccoloangolo di mondo dove abbiamo per-duto qualcosa di noi stessi che resteràli quando ci allontaneremo.

Giannino Tamagnini, dopo averfrequentato la locale Regia Scuoladi Disegno per Operai "GaetanoChierici", avendo, per insegnanti,Cirillo Manicardi e Riccardo Secchi,e, successivamente, il corso di"nudo" presso l'Accademia di BelleArti di Roma, ha perfezionato lasua formazione artistica grazie allamanifesta attrazione che ebbe adesercitare su di lui Ottorino Davoli,suo maestro e amico. Docente didisegno dal vero dal 1933 al 1967all'Istituto d'Arte Chierici, ha poiottenuto la cattedra di figura alLiceo Artistico di Bologna. LaMostra "Omaggio a GianninoTamagnini nel centenario dellanascita 29 settembre 1907," orga-nizzata dai Musei Civici, grazie alcontributo e alla disponibilita' diElisabetta Farioli, direttore deiMusei stessi, che ha anche diretto,con la collaborazione di AngelaTamagnini e Attilio Marchesini,l'allestimento del materiale adisposizione, proveniente, inparte, dalla famiglia, da enti pub-blici e privati collezionisti, hariscosso un notevole successo dipubblico. L'arte di Tamagnini sirivela in particolare nel ritratto, neivalori rappresentativi del paesag-gio, scintillante di sole o di neved'un particolare lirismo, e vedutedella citta' ricche di umori vitali edi colorate qualità contenutistiche.

Nelle sue opere, con tocchi sicu-ri, Tamagnini sapeva abbinare gra-zie, poesia e sentimento. Ma non siaccontentava di riprodurre fedel-mente gli aspetti delle cose e dellepersone, bensi' il suo tormento eradi penetrarne l'intimo significato.Niente figure legnose, ma pennel-late di puro italiano, senza falsaeleganza, ma vive. Il mondo delnostro artista era il mondo delleimmagini. La luce la esprimeva

senza trucchi,chiaramente, conspontaneita'.

"La presenza al suo fianco dialtri artisti rivela l'altro tratto diTamagnini, appassionato criticod'arte, che amava circondarsi diamici pittori per potersi confronta-re con loro." Scrive, a ragione,Aurora Marzi, nella presentazioneal catalogo. Gli altri testi sonoopera della Farioli e di GiuseppeAdriano Rossi. Tamagnini era unartista che aveva dentro di se lapittura, possedeva tutti i mezzid'espressione e se ne valeva intelli-gentemente per rendere le suevisioni nel modo piu' appropriato epiu' idoneo, in un'ansia di ricercache testimonia della sua passione edella sua coscienza pittorica. La sfi-lata dei lavori e' curata ottima-mente: dai ritratti tipici dell'artista,dai paesaggi, dalle nature morte,dalle scene di alcuni scorci dellanostra Reggio, puo' dare una visio-ne complessivamente chiara e, asufficienza, schietta e umana.Come si vede l'opera di questo pit-tore e' piu' che mai viva, e trattacompletamente dall'isolamento es'inquadra su uno sfondo preciso.Gli uomini semplici sono stati da luiidentificati e fissati sulla tela conumile poesia.

Proprio come le coppie a passeg-gio, colte con profonda partecipa-zione emozionale. Atteggiamentinaturali realizzati con rigorosimezzi pittorici. I paesaggi, le mari-ne, i ritratti, le nature morte cheegli ha evocato nelle sue tele, sonoappunto evocazioni, ovvero realta'purificata dalla scoria del contin-gente, investita dal soffio dell'e-mozione che l'artista ha provatonel suo affettuoso colloquio conquanto lo ispirava. E quindi e' poe-sia: cioè il risultato ultimo d'ogniarte.

MICHELE SASSI

Omaggio a Giannino Tamagnini

STAMPA REGGIANA > anno V numero 10 > NOVEMBRE 2007 37

Arte e Cultura >

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Cinque mongolfiere, un cieloazzurro dal nitore quasi irreale eduna scritta che campeggia tra lenuvole con caratteri lapidari comese fosse un'apparizione divina:"Siamo tutti sotto lo stesso cielo".Con semplicità e grande rigoreformale Davoli lancia un messag-gio perentorio, quasi un imperati-vo in un'epoca di conflitti razzialie dove il fantasma della xenofobiariappare fra la gente comune.

Sono questi gli ingredienti del-l'opera creata da Angelo Davoli,un dittico formato da due olii sutela, che l'artista ( che non ènuovo a "collaborazioni di questanatura con questa associazione),con la moglie Cristina Bolognesi,ha donato al CenacoloFrancescano sabato 29 settembre2007.

Il Centro Aiuto al Bambino è un'istituzione del CenacoloFrancescano impegnata nell'aiutoe nel sostegno ai bambini in situa-zioni di disagio e alle loro fami-glie, gestito dalle sorelle delCenacolo, dalle assistenti sociali edai volontari che seguono congrande amore e dedizione i casipiù disperati. Lorella Del Rio presi-dente delle patronesse delCenacolo Francescano, SorellaAnnarita, responsabile del centroe la dott.ssa Donati hanno illustra-to al pubblico presente, l'attivitàdella struttura.

In quella giornata poi anche ilSoroptimist di Reggio Emilia havoluto dare un proprio contributocon il finanziamento di un proget-to di assistenza psicologica delladurata di un anno ad un piccoloospite del centro.

Nelle foto: 1) L'opera donata, un dit-tico di due olii su tela di cm 100 x cm100 dal titolo "Siamo tutti sotto lo stes-so cielo". 2) Lorella Del Rio, la dott.ssaDonati, Sorella Annarita e AngeloDavoli. 3) Il pubblico presente in sala.

DONAZIONE DI ANGELO DAVOLIAL CENACOLO FRANCESCANO

Teste quadre (Aliberti Editore,2006, Premio Biella Letteratura eIndustria 2007) del reggiano AldoGianolio è, secondo il critico (e scrit-tore) Giuseppe Bonura "il più esila-rante e al contempo serio romanzodell'anno"; è altresì "un esempiospassoso", come dice il regista PupiAvati "di tragicommedia in un'epo-ca di completa perdita di riferimentietici e di saggezzaantica"; insomma unlibro, secondo il socio-logo Luciano Gallino,"da ammirare per lascrittura, amena esenza cedimenti, masoprattutto perché hasaputo collegare effi-cacemente le vicendeumane che si osserva-no in una azienda auna analisi realisticadel funzionamento diquesta". L'azienda èquella di trasporti (che si potrebbeindividuare nell'ACT reggiana, manon lo è) di una non ben definitaprovincia nebbiosa e pianeggiante(che si potrebbe individuare nellanostra bassa, ma non lo è); i prota-gonisti sono due testoni ottusi etediosi, le teste quadre del titolo,che nonostante la mancanza assolu-ta di qualsiasi qualità ed intelligenzariescono, lentamente ma inesorabil-mente, con mille sotterfugi e viltà, afare carriera, rivelando di sé i piùsordidi vizi, superbia, invidia, piag-geria, tradimento e prepotenza. Ilmodo di narrare e la lingua si rifan-no all'andamento della più schiettatradizione orale, traducendosi inperiodi lunghi con punteggiaturarada, in ripetizioni e ridondanze, in

parole ed espressioni di uso comune.Il tono è quello caricaturale e paros-sistico di un io narrante inusuale,una prima persona plurale (pluralismajestatis) che con precisa scelta sti-listica è tronfio e supponente, cosìdando modo di esaltare gli strumen-ti dell'ironia, del sarcasmo e delparadosso portati all'estremo (è unrealismo magico iperbolico, come lo

aveva definitoGiuseppe Pontiggiariferendosi a unaltro libro diGianolio, la raccol-ta di racconti "ADuke Ellington nonpiaceva Hitchcock"edito da Mobydicknel 2002, PremioDjango d'or 2003).La narrazione è unvero e proprio tur-binio di trovate,dissertazioni e

aneddoti che il più delle volte fannoperdere il filo del discorso prenden-do strade che allontanano dal temaprincipale (un modo prettamenteemiliano di raccontare, che ha comelontani modelli le divagazioni diBoiardo e Ariosto) e dilatandosi indigressioni in cui vengono scagliatitremendi strali contro i numerosiconformismi moderni. L'ingegnoso einaspettato finale tragicomico, sem-bra rendere giustizia alle moltepliciiniquità e prepotenze raccontate,ma l'autore fa capire che questo èsolo un rimedio momentaneo e nonsufficiente: bisognerebbe andareben "oltre", trovando soluzioni, dalpunto di vista etico, molto più radi-cali.

R.M.

ALDO GIANOLIO

TESTE QUADRE IN CARRIERA

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Foto 1: Pierluigi Ghiggini e Primo Medici. Foto 2: Questore Gennaro Gallo, Col. Gianluca Bersella ComandanteProvinciale Carabinieri, Fabio Filippi. Foto 3: Fabio Filippi, Gianluca Bersella e Brenno Speroni. Foto 4: Antonio Pagliaroe Lucio Mercatajo. Foto 5: Prof. Pagliai e Cinzia Marinella. Foto 6: Lanfranco Fradici, On. Maino Marchi, Laura Sassi (con-sigliere regionale DS/PD). Foto 7: Fabio Filippi Anio Lanzi e Brenno Speroni. Foto 8: Gaetano Scaravelli. Foto 9: BarbaraMorini, avv. Elisabetta Iacinto. Foto 10: Gianlorenzo Olivetti. Foto 11: Anna Pierdicca con i coniugi Carla e ValerianoMasini. Foto 12: Gen. Giancarlo Graiff (Forestale) e signora, Cav. Danilo Pierdicca. Foto 13: Ivaldo Casali e signora, Cap.Emiliano Sessa (Guardia di Finanza). Foto 14: Fabrizia e Giovanni Battista Camurri. Foto 15: Daniela Filippi e FrancaBersella. Foto 16: Barbara Morini e Elisabetta Iacinto. Foto 17: Aldo Alfieri, Ilario Pagani e signora. Foto 18: FrancescoPanza, Gian Franco Carugo. Foto 19: Gabriella Speroni, Daniela Filippi e Franca Bersella.

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AA tavola con la zucca tavola con la zucca Grande festa a ReggioloGrande festa a Reggiolo

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Foto di Roberto Bedenghi

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Cena di beneficenza dell’A.VCena di beneficenza dell’A.V.D..D.Associazione VAssociazione Volontari Assistenza Domiciliareolontari Assistenza Domiciliare

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Foto 1: Tiziana e Lauro Sacchetti, Giovanna Bacchini Presidente A.V.D.. Mariella Burani. Foto 2: Ivetta Costi, SilviaFabbri, Valentina Nobili, Wilma Chittolini, Roberta Fantuzzi. Foto 3: Lidia Pisi Valentina Nobili, Annamaria Dell’Aquilae Rommi Foto 4: Carlo Parmeggiani e Gina Pedroni. 5: Santa Ferretti Sanguanini, Carmen Grossi, Luisa Carretti,Achille Grossi, Vincenzo Caprari, Giorgio Bedogni, Albano Strozzi, Elena Strozzi, Anna Bedogni. Foto 6: Francescoe Cristina Lombardini, Rosanna Carpi, Luigi Fornaciari, Giuliana e Oreste Vaccari. Foto 7: Antonella Bulgarelli,Isabella Fonzo, Denis Saccani. Foto 8: Evelina Magnani, Ivetta Costi, Laura Strozzi, Italo Materia. Foto 9: Franco ePaola Nicoli, Antonio Troiso. Foto 10: Anna Troiso, Leda Caffagni, Paola NicolI. Foto 11: Novelle Ruozzi, Renza Serri,Ennia e Franco Romboli, Oscar Serri. Foto 12: Claudia Giglioli Borsari, Marco Giglioli, Rita Gazzini. Foto 13: GiuseppeAlbertini, Livia Garavelli, Lauro Sacchetti, Mariella Burani. Foto 14: Carlo Parmeggiani, Gina Pedroni, Denis Saccani.Foto 15: Giorgio e Marzia Chiessi, Annamaria e Antonio Mazzali. Foto 16: Denis Saccani Promotore e direttore scien-tifico A.D.V., Lorenza Rizzi. Foto 17: Carla Fantozzi, Anna Ferrari, Raffaella Cimurri, Ivano Davoli, Giovanni Carra.Foto 18: Grazia Bovi, Geminiano Stradi, Nerina Marcello, Carlo Parmeggiani. Foto 19: Tiziano Festinese, RobertoCostoli, Pierluigi Costi, Maurizio Trasatti, Bruno Bedogni - OLD RIVER BAND. Foto 20: Roberto Costoli, TizianoFestinese, Giuseppe Ferrari, Pierluigi Costi. Foto 21: Anna Cortesi, Linda Spadaccini, Paola Montanari, LorettaPavarini, Daniela Vecchi, Franca Arleoni, Rina Toschi, Maura Rosati. Foto 22: Luca Pecchini, Lelia Montipò.

Foto di Stefano Rossi

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