Proteine del siero del latte negli alimenti adatti ad un ... del siero del latte... · Introduzione...

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Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 1 “Proteine del siero del latte negli alimenti adatti ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi”. Introduzione Lo studio della chimica degli alimenti e lo sviluppo di nuove tecnologie alimentari trovano nell’alimentazione applicata allo sport una notevole spinta evolutiva. Se da un lato l’elemento trainante è senza dubbio costituito dal continuo incremento del mercato degli integratori dall’altro non bisogna sottovalutare quanto le implicazioni medico-scientifiche stimolino l’interesse alla ricerca nel settore dell’alimentazione applicata allo sport. A monte dell’uso razionale degli integratori nutrizionali nello sport c’è l’ormai consolidata evidenza scientifica che l’alimentazione è parte integrante e fondamentale dei processi di allenamento e di recupero. Una corretta alimentazione non garantisce di per sé una prestazione ottimale, ma una alimentazione scorretta compromette sicuramente la prestazione”. L’acquisizione di una migliore condizione fisica e il raggiungimento della forma sportiva ottimale derivano dalla concomitanza interattiva di diversi fattori come una adeguata applicazione dei principi di metodologia dell’allenamento, di elementi della psicologia applicata alla prestazione fisica e di nozioni dell’alimentazione applicata allo sport, applicati costantemente nel tempo, verificando l’efficacia e i metodi, adeguando i protocolli di intervento in base ai risultati conseguiti 1 . In questa ottica la dieta svolge un ruolo determinante perché le abitudini alimentari sono in grado di influenzare in maniera significativa le capacità individuali di realizzare una determinata prestazione fisica. In tal senso si sono espressi l’International Consensus Conference tenutasi a Losanna nel 1991, secondo la quale <<la dieta adeguata (quantità e qualità) prima, durante e dopo l’allenamento e la gara ottimizza la prestazione>>, e più recentemente anche l’American Dietetic Association, la Dietitians of Canada e l’American

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Dott. Antonio Sartini 27/07/2010

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“Proteine del siero del latte negli alimenti adatti ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi”. Introduzione Lo studio della chimica degli alimenti e lo sviluppo di nuove tecnologie alimentari trovano

nell’alimentazione applicata allo sport una notevole spinta evolutiva. Se da un lato

l’elemento trainante è senza dubbio costituito dal continuo incremento del mercato degli

integratori dall’altro non bisogna sottovalutare quanto le implicazioni medico-scientifiche

stimolino l’interesse alla ricerca nel settore dell’alimentazione applicata allo sport.

A monte dell’uso razionale degli integratori nutrizionali nello sport c’è l’ormai consolidata

evidenza scientifica che l’alimentazione è parte integrante e fondamentale dei processi di

allenamento e di recupero. Una corretta alimentazione non garantisce di per sé una

prestazione ottimale, ma una alimentazione scorretta compromette sicuramente la

prestazione”.

L’acquisizione di una migliore condizione fisica e il raggiungimento della forma sportiva

ottimale derivano dalla concomitanza interattiva di diversi fattori come una adeguata

applicazione dei principi di metodologia dell’allenamento, di elementi della psicologia

applicata alla prestazione fisica e di nozioni dell’alimentazione applicata allo sport,

applicati costantemente nel tempo, verificando l’efficacia e i metodi, adeguando i protocolli

di intervento in base ai risultati conseguiti1.

In questa ottica la dieta svolge un ruolo determinante perché le abitudini alimentari sono in

grado di influenzare in maniera significativa le capacità individuali di realizzare una

determinata prestazione fisica. In tal senso si sono espressi l’International Consensus

Conference tenutasi a Losanna nel 1991, secondo la quale <<la dieta adeguata (quantità

e qualità) prima, durante e dopo l’allenamento e la gara ottimizza la prestazione>>, e più

recentemente anche l’American Dietetic Association, la Dietitians of Canada e l’American

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College of Sport Medicine che nella loro “Position Statement”2 affermano che l’attività

fisica, la prestazione sportiva, e la fase di recupero dopo l’esercizio sono favorite da una

alimentazione ottimale. Queste organizzazioni raccomandano un’appropriata selezione

degli alimenti e delle bevande, della distribuzione oraria degli apporti, e della scelta degli

integratori per un ottimale stato di salute per la prestazione fisica.

Un regime di vita sportiva richiede quantità e qualità di principi nutritivi differenti rispetto ad

un comportamento sedentario. Lo sportivo in senso lato si differenzia da qualsiasi altra

persona sedentaria per il fatto che svolge una attività fisica qualitativamente e

quantitativamente maggiore. Per tale motivo la dieta di chi pratica attività fisica può

richiedere un adeguamento integrativo, sia in un contesto di aumentato fabbisogno

metabolico-energetico, sia nel caso di regimi ipocalorici legati ad aspetti tecnico-sportivi, in

base alle necessità del singolo soggetto.

Il primo intervento integrativo è sempre rivolto all'utilizzo di alimenti in uso nel quotidiano

piuttosto che di supplementi alimentari sportivi. Alcuni atleti, invece, ricorrono subito agli

integratori senza che ne esista una reale esigenza. In realtà una dieta variata e bilanciata

potrebbe fornire tutte le sostanze di cui ha bisogno l'organismo di un atleta.

Secondo alcuni autori3: “il ricorso all’uso degli integratori è del tutto ingiustificato e non

scevro da potenziali rischi per la salute, salvo casi rarissimi e ben selezionati. L’uso deve

essere finalizzato a sopperire eventuali carenze di uno o più nutrienti causate da un loro

insufficiente apporto con l’alimentazione. In tal senso gli integratori potrebbero essere di

aiuto, in ben selezionati casi, per migliorare le condizioni di salute e/o per prevenire

l’insorgenza di specifiche condizioni patologiche. Qualsiasi uso di questi prodotti dovrebbe

essere scoraggiato, tanto più se la loro prescrizione viene suggerita da personale non

medico e quindi non in grado di determinare la reale necessità, la giusta dose, il corretto

periodo di utilizzazione, e le eventuali controindicazioni connesse alla possibile

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concomitanza di patologie e/o condizioni cliniche che ne sconsiglino l’uso anche per brevi

periodi di tempo e a bassi dosaggi”.

Ciononostante, il ricorso ad integratori veri e propri viene talvolta consigliato 4 5, sulla base

dei seguenti motivi:

Mancanza di tempo all'interno della giornata lavorativa per comprare, preparare e/o

cucinare il cibo;

Mancanza di nozioni di dietetica tali da rischiare la scelta di cibi che portino a carenze

alimentari;

Compensare la perdita di sostanze nel cibo dovuta a processi agronomici,

conservazione e cottura;

Migliorare la forma d'assorbimento per via orale di un determinato principio nutritivo

tenendo conto del basso assorbimento intestinale d'alcune sostanze presenti nel cibo o

della loro riduzione d'assimilazione nel corso d'allenamenti frequenti, intensi e/o

prolungati;

Evitare, a parità di principio nutritivo assunto, di dover assumere quantità di cibo troppo

elevate;

Non subire un processo digestivo impegnativo che è sconsigliato e non privo di

pericoli prima di una prestazione fisica;

Selezionare un determinato nutriente evitando l'assunzione di sostanze inutili o

controproducenti che compongono l'alimento stesso.

In ambito strettamente sportivo una corretta alimentazione, supportata o meno dall'ausilio

d'integratori, può essere orientata a:

Limitare il calo di prestazione dovuto a carenze alimentari e disidratazione;

Velocizzare il recupero dopo una performance, reintegrando i nutrienti persi durante il

lavoro fisico;

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Ottimizzare l'adattamento fisiologico di risposta allo stimolo allenante, fornendo i

substrati idonei nel momento giusto;

Limitare l'instaurarsi di sindromi da sovrallenamento.

L’orientamento dell’alimentazione applicata allo sport persegue obiettivi atti a compensare

e ripristinare le variazioni dell’omeostasi dell’organismo conseguenti ai processi di

adattamento allo stress dell’esercizio fisico favorendo nel contempo la

supercompensazione adattativa, tali obbiettivi possono essere così riassunti:

1. Copertura del fabbisogno energetico

2. Copertura del fabbisogno plastico

3. Recupero delle perdite idrico-saline

4. Ottimizzazione dei processi metabolici

5. Recupero dallo stress ossidativo e della produzione dei radicali liberi6.

La presente trattazione ha lo scopo, alla luce di quanto riportato, di fare una panoramica

dell’utilizzo di polveri proteiche in campo sportivo, con particolare riferimento alle proteine

del siero del latte.

USO DELLE PROTEINE NELL’ALIMENTAZIONE SPORTIVA

Le proteine nell’ambito dell’alimentazione applicata allo sport vengono utilizzate

soprattutto per la copertura del fabbisogno plastico, per far fronte al turnover proteico

legato ai processi catabolici ed agli adattamenti anabolici conseguenti all’esercizio fisico

(vedi fig. 1).

Il razionale d’uso è collegato quindi alla ricerca di una finalità anticatabolica ed anabolica

essendo la molecola proteica una sorta matrice che, in conseguenza dei processi

digestivi, rilascia di- e tri-peptidi ed amminoacidi liberi in grado di essere facilmente

assorbiti per incrementare il pool aminoacidico ematico. Dipenderà poi dal giusto timing di

assunzione e da un’appropriata posologia, la possibilità di ottimizzare l’utilizzo di tali

nutrienti.

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D’altro canto, il contributo proteico al metabolismo energetico è normalmente di

importanza secondaria, copre infatti il 4-5% del dispendio energetico di un atleta.

L’utilizzazione degli amminoacidi cresce nel corso dell’esercizio d’intensità medio-elevata,

soprattutto in condizioni metaboliche di deplezione glucidica, fino a coprire circa il 15 % del

dispendio energetico di un atleta.7 Quindi le proteine diventano substrato energetico

specialmente in sport di lunga durata ed elevata intensità, siano da esempio il ciclismo, la

maratona o le ultra-maratone.

Il fabbisogno proteico di un individuo che pratica attività fisica dipende soprattutto dal

sesso, dalla tipologia dello sport praticato, dal livello di intensità, frequenza e durata

dell’impegno fisico quotidiano, dalla finalità metabolica del tipo di esercizio (aerobica,

anaerobica o anabolica).

Nella tabella 1 sono riportate le stime dei fabbisogni proteici per atleti e non.

Fig. 1 Fonte : EQUIPE ENERVIT I MUSCOLI SUBITO (i quaderni Equipe Enervit) Edizione 1989 Supplemento a Clinic n° 51, ottobre 1989- Anno VIII - EDB S.r.l.

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Stima del fabbisogno proteico per atleti

GRUPPO

ASSUNZIONE PROTEICA (g/kg/giorno)

Uomini e donne sedentari

0.80 – 1.0

Atleti di elite di endurance (maschi)

1.6

Atleti di endurance a intensità moderata

1.2

Atleti amatoriali di endurance

0.8 – 1.0

Football e sport di potenza

1.4 – 1.7

Atleti di forza

(fase iniziale di allenamento)

1.5 – 1.7

Atleti di forza

(fase stazionaria di allenamento)

1.0 – 1.2

Atleti femmine

Circa il 15 % più basso degli atleti maschi

Fonte: Tarnopolsky M. “Protein and amino acid needs for training and bulking up” in Clinical Sport Nutrition 3rd Ed. Edited by Burke L. & Deakin V. – Mc Graw -Hill Australia Pty Ltd, 2006;

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Alcuni autori 8 9 riportano i seguenti vantaggi mostrati da integratori di proteine purificate

se confrontati alle normali proteine alimentari:

1. Comodità di preparazione, conservazione e lunga scadenza;

2. Sostituzione delle fonti proteiche ricche di grassi, specie per chi desidera diminuire

la quantità di lipidi introdotti con la dieta;

3. Possibilità di aumentare l’apporto proteico riducendo il numero di calorie assunte;

4. Assicurare un adeguato apporto proteico quando la dieta è inadeguata da questo

punto di vista;

5. Fonte addizionale di energia

6. Possibilità di aggiungere altri ingredienti, sostanze ergogene, proenergetiche e/o

altri principi nutritivi sottoforma di formulazioni nutraceutiche;

7. Costo confrontabile o minore rispetto a quello di alimenti di uso quotidiano ad alto

contenuto di proteine.

Nonostante le varie motivazioni addotte nel tempo per giustificare e promuovere l’uso

di polveri proteiche nell’ambito dell’alimentazione applicata allo sport, fin dall’inizio del

boom di commercializzazione di tali prodotti c’è sempre stata una certa diffidenza ed

una critica più o meno contraria a questo tipo di integrazione.

In questo senso le polveri proteiche furono definite “dead protein” se confrontate alle

proteine provenienti da alimenti freschi dette “live protein”.10

In effetti quando, in ambito scientifico, si valutano le caratteristiche chimiche di un

alimento proteico è intuitivo ritenere che il valore nutritivo dipenda non solo dalla

provenienza ma, anche, dal tipo di processo tecnologico che la preparazione

dell’alimento stesso comporta.

Il dato di fatto però è che, a distanza di circa trenta anni, dall’introduzione sul mercato

delle polveri proteiche, il trend di consumo è in continua ascesa.

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Naturalmente a tale fenomeno ha contribuito l’evoluzione tecnologica dei processi di

produzione delle polveri proteiche ed un sempre maggiore interesse della ricerca

scientifica verso tali alimenti.

LA SCELTA PREFERENZIALE VERSO LE PROTEINE DEL SIERO

L’efficacia di una proteina dipende dalla sua qualità e dalla sua digeribilità. La qualità si

riferisce alla disponibilità di amminoacidi (AA) che la proteina può fornire mentre la

digeribilità considera come tali amino acidi possano essere utilizzati al meglio.

Diversi studi hanno esaminato ed analizzato fattori chiave che permettano una scelta

appropriata sul tipo di proteine da utilizzare in ambito sportivo. Nella nutrizione dello sport

le proteine del latte sono quelle che vengono considerate la fonte proteica più valida ai fini

di una applicazione anabolica e/o anticatabolica.

La qualità di una proteina dipende dal suo valore nutrizionale, quindi dalla composizione in

amino acidi essenziali e “condizionatamente” essenziali, dalla digeribilità e dalla

biodisponibilità degli AA stessi (FAO/WHO 1990).

Tanto più una proteina presenta una distribuzione di AA essenziali vicina a quella

necessaria all’organismo, tanto più tale proteina è utilizzabile ai fini plastici.

Si può dire che la proteina ideale è quella che, una volta “smontata” attraverso i processi

digestivi, offre all’organismo una combinazione di AA essenziali tale che ciascuno di essi

viene utilizzato unicamente per “montare” nuove proteine corporee. Il contenuto non

adeguato di alcuni AA essenziali comporta invece l’impossibilità di utilizzare

completamente gli altri che vengono allora destinati a fini energetici. Ciò non costituisce

soltanto uno “spreco alimentare”, ma comporta anche un aggravio per l’attività metabolica

dell’organismo.11 Ci sono diverse scale di misura e tecniche per valutare la qualità di una

proteina come mostrato nella Tabella 2

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.

TABELLA 2

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Dal confronto dei cinque principali metodi utilizzati per valutare la qualità delle proteine si

può vedere come le proteine del siero del latte (whey protein) possiedono mediamente un

valore nutrizionale che le rende superiori alle altre fonti proteiche.

Il metodo attualmente più accettato ed utilizzato per valutare una proteina è il Protein

Digestibility Corrected Amino Acid Score (PDCAAS) che contiene l’INDICE (o

PUNTEGGIO) CHIMICO (Chemical o Amino Acid Score - AAS). In quest’ultimo caso la

qualità della proteina viene valutata calcolando il rapporto fra la quantità, espressa in mg,

di ogni AA essenziale presente in un grammo della proteina da valutare e la quantità,

sempre in mg, presente nella proteina di riferimento (uovo)12 13:

Come AA limitanti si utilizzano la lisina, la metionina, il triptofano e la treonina. Si intende

per AA limitante che è nella percentuale più bassa poiché, quando viene a mancare,

interrompe la sintesi proteica. Infatti per la sintesi proteica devono essere presenti tutti gli

AA essenziali contemporaneamente e nella giusta proporzione.

Si può vedere che per le whey protein l’AAS è secondo solo alle proteine dell’uovo.

Nel PDCAAS l’indice chimico viene corretto tenendo conto della digeribilità proteica. Per

alcune proteine, come quelle dell’uovo, della carne e del latte, la digeribilità proteica non

supera il 97-98 %, ma viene considerata al 100 %. Per proteine meno digeribili come

quelle vegetali ovviamente la correzione dovuta alla digeribilità diminuisce il valore del

PDCAAS rispetto all’indice chimico.

Le WP possiedono un PDCAAS pari a 1.00 che è il massimo.

INDICE CHIMICO = mg di AA essenziale limitante per g di proteina in esame X 100 Mg dello stesso AA per g di proteina standard

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Il VALORE BIOLOGICO (BV) di una proteina è il rapporto tra l’azoto (N) trattenuto

dall’organismo, ossia quello utilizzato per la formazione dei tessuti o per altre funzioni vitali

e non escreto con le urine e le feci (quindi queste perdite vanno misurate) e l’azoto

assorbito:

Anche in questo caso le WP raggiungono il valore massimo.

L’UTILIZZAZIONE PROTEICA NETTA (NPU) è data dal rapporto fra l’azoto trattenuto e

quello ingerito:

Questo indice tiene conto contemporaneamente della digeribilità e dell’efficienza di

utilizzazione degli aminoacidi assorbiti. Infatti può essere anche calcolato come il prodotto

tra il valore biologico della proteina considerata e la sua digeribilità:

Per quanto riguarda il NPU le WP sono seconde solo alle proteine dell’uovo. Si veda anche la tabella 3.

Tabella 3

BV = N trattenuto X 100 N assorbito

NPU = N ingerito – ( N fecale – N endogeno) + (N urinario – N endogeno urinario) = N trattenuto N ingerito N ingerito

NPU = BV X DP = N trattenuto x N assorbito = N trattenuto N assorbito N ingerito N ingerito

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Per quanto riguarda il rapporto di efficienza proteica (PER), è una misura che viene fatta

su di un ratto da esperimento: PER = incremento in peso / quantità di proteina ingerita

Il PER non garantisce una stretta correlazione con i bisogni anabolici dell’uomo.

Importante ai fini di una valutazione qualitativa in ambito sportivo è il contenuto in amino

acidi essenziali e soprattutto in amino acidi ramificati (BCAA), particolarmente coinvolti nel

turnover proteico muscolare. Come si può vedere dalle tabelle 4 e 5.

Tabella 4

Tabella 5 Fonte (14)

Le whey protein sono quelle più ricche in ammino acidi ramificati specie la leucina che

riveste un ruolo particolarmente importante nello stimolare il segnale mTOR -1 quale

fattore di crescita proteica. L’esercizio contro resistenze incrementa rapidamente il

segnale dell’mTOR e sembra che le whey protein siano in grado di aumentare ed

prolungare il segnale mTOR in risposta all’esercizio ed all’allenamento.15

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Inoltre è importante notare l’elevato contenuto in lisina, treonina e triptofano che sono in

genere gli amino acidi essenziali limitanti. Tra le metodiche utilizzate per valutare la qualità

la qualità nutrizionale di supplementi sportivi in polvere un metodo proposto è proprio la

determinazione del triptofano totale con HPLC.16

Dal punto di vista della digeribilità è interessante notare il ruolo che questa ha nel

determinare un effetto anabolico e/o anticatabolico.

Negli atleti che integrano la loro dieta con proteine addizionali, la caseina ha dimostrato di

fornire il maggior beneficio per l’incremento della sintesi proteica in un periodo prolungato.

Tuttavia le proteine del siero mostrano il maggior beneficio iniziale per la sintesi proteica.

Queste differenze sono correlate alla velocità di assorbimento reciproca. Sembra che una

combinazione delle due possa essere benefica a tale scopo oppure una minore ma più

frequente assunzione di proteine del siero può garantire un valore più elevato di sintesi

proteica.17

L’assorbimento di proteine del siero (whey protein – WP) induce un drammatico ma breve

incremento degli amino acidi plasmatici. La caseina (casein – CAS) induce un plateau

prolungato di moderata iper-amminoacidemia, probabilmente a causa del lento

svuotamento gastrico.18

Questo pseudo-plateau che mostra la concentrazione plasmatica di leucina marcata che

viene rilasciata durante la digestione della caseina, sembra legata al lento assorbimento

degli aminoacidi. In effetti però il rate-limiting step di questo lento assorbimento sembra

collegato al coagulo della caseina nello stomaco, che crea un meccanismo di rilascio con

effetto depot. Si pensa anche che la caseina contenga delle sequenze di aminoacidi che

mimano l’azione dei peptidi regolatori oppioidi modulando la motilità gastrointestinale.19

Ci sono evidenze scientifiche che supportano l’idea generale che l’entità e la durata delle

variazioni nella disponibilità di aminoacidi (AA) determinano gli effetti anabolici del tasso di

digestione proteica. Invece, risultati che riguardano l’ossidazione di AA e la sintesi proteica

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concordano con una stimolazione dose-dipendente durante il graduale incremento della

disponibilità di AA20. La persistente inibizione di proteolisi indotta dalle “Slow Protein”

(come la caseina) è diversa da quella dovuta all’insulina poiché l’insulinemia non varia21

mentre con le “Fast Protein” (come le proteine del siero), l’insulinemia è più alta22. Si è più

tentati di attribuire questo effetto alla durata dell’iper-amminoacidemia post-prandiale

poiché gli AA hanno dimostrato di inibire la proteolisi23 e la iper-amminoacidemia è molto

più prolungata con le “Slow” piuttosto che con le “Fast Protein”.

La velocità di digestione delle proteine è inequivocabilmente un fattore regolatore

indipendente dell’assorbimento proteico post-prandiale. Le proteine digerite lentamente

(CAS), inibendo la proteolisi (effetto anticatabolico), inducono una ritenzione proteica

postprandiale più alta rispetto alle proteine digerite rapidamente (WP) che invece

stimolano la sintesi proteica (effetto anabolico) ma anche l’ossidazione.

Tali osservazioni fatte su soggetti giovani si invertono quando si considerano soggetti

anziani. La tipologia di proteine assunte provoca risposte metaboliche opposte in soggetti

giovani ed anziani. Infatti negli anziani le proteine del siero del latte (WP) inducono un

bilancio postprandiale della leucina migliore della caseina (CAS)24.

Nel considerare il confronto tra siero-proteine e caseine si deve tener conto anche della

maggiore qualità biologica delle prime rispetto alle seconde tenuto conto della presenza di

elevate quantità di cisteina, anche se contengono meno acido glutammico e prolina.

Le WP hanno infatti un alto valore biologico decisamente superiore a quello della caseina.

Le due principali proteine del siero sono la β-lattoglobulina (che rappresenta quasi la meta

delle proteine del siero nel latte vaccino) e la α-lattoalbumina (ricca di triptofano,

rappresenta solo il 3-4% nel siero del latte vaccino). Importante ai fini di questa trattazione

è la termo instabilità di queste proteine che coagulano al calore.

Sia dal punto di vista qualitativo che per la loro digeribilità le proteine del siero del latte

sembrano essere quelle più adatte nell’alimentazione applicata allo sport.

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15

Ci sono poi diverse motivazioni per le quali le proteine del siero verrebbero preferite come

riportato in tabella 6

Tabella 6 - fonte (15)

Le proteine del siero del latte avrebbero anche un ruolo importante nello stimolare il

sistema immunitario, tale azione sarebbe mediata da specifici componenti:

La cisteina coinvolta nella produzione intracellulare di GSH, incrementando

il livello di glutatione in vari tessuti, aumenterebbe quindi le difese

antiossidanti contro il danno da ROS, tossine, infezioni e esposizione a UV

La lactoferrina ha mostrato una attività immuno-modulante con attività

antimicrobica, antitossinica e antivirale

Le immunoglobuline sono in grado di conferire immunità passiva ai neonati

e stimolano l’attività del sistema immunitario negli adulti.

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16

L’attività immunostimolante è particolarmente ricercata specie dopo l’attività fisica che

notoriamente provoca una diminuzione transitoria delle difese immunitarie 25.

QUALITA’ NUTRIZIONALE e PROCESSI TECNOLOGICI

I processi di trasformazione che la tecnologia di produzione richiede, possono modificare il

valore nutrizionale delle proteine del siero.

Il trattamento termico del latte e dei derivati del latte produce la reazione di Maillard con le

ben note conseguenze nutrizionali:

Perdita di lisina disponibile

Fenomeni di ossidazione

Perdita di vitamine

Isomerizzazione del lattosio a lattulosio

Denaturazione delle siero proteine

Perdita di attività enzimatiche

Tutte queste modificazioni sono proporzionali all’intensità del trattamento termico, ovvero

alla durata del trattamento.26

E’ noto che nel 1° stadio della reazione di Maillard si ha una reazione di condensazione tra

uno zucchero riducente ed un ammino gruppo libero di una proteina con la formazione del

prodotto di Amadori. Tale reazione si può verificare spontaneamente già a 25° C ed i

composti di Amadori sono stati identificati anche nel siero del latte.

La lisina, AA essenziale, viene bloccata nei composti di Amadori, sebbene parzialmente

recuperabile durante l’analisi chimica degli amino acidi, non è nutrizionalmente disponibile.

Quando il lattosio reagisce con le proteine nel latte e nei suoi derivati, si formano residui di

lactulosil-lisina. Con l’idrolisi chimica si libera il 40 % di lisina ed il 32 % di furosina.

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17

La determinazione della furosina tramite HPLC viene utilizzata per misurare l’estensione e

la progressione della reazione di Maillard.

I residui di lisina nutrizionalmente bloccati possono essere calcolati nella seguente

maniera:

I due fattori numerici si ottengono da 100/32= 3.1 e 60/32=1.87

La lys totale rappresenta il totale della lisina ritrovata nell’analisi, cioè la lisina che non ha

reagito più la lisina ottenuta dai residui di lactulosil-lisina27.

Nella tabella 7 si può vedere il danno subito dalla lisina nei trattamenti che subisce il latte

ed i suoi derivati.

Lysin Damage in good manufacturing practice %

Raw or freeze-dried milk 0

Pastourized (74°C 40 sec) 0-2

HTST paustorized (135-150°C a few second) 0-3

HTST sterilized 5-10

UHT 0-2

Spay dried powder 0-3

Sweetned condensed 0-3

Sterilized fluid 8-15

Roller dried (without precondensation) 10-15

Evaporated 15-20

Roller dried (conventional) 20-50

TABELLA 7 fonte (28)

Come si può vedere nei sistemi roller dried la perdita di lisina può essere molto

consistente. Inoltre si è visto che durante lo storaggio dei latti in polvere per l’infanzia c’è

% Lys parzialmente =______3.1 x furosina______ X 100 bloccata Lys totale + 1.87 x furosina

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una diminuizione di lisina con formazione di furosina. Comunque polveri di latte scremato

mostrano livelli di lisina modificata da 2,5 a 3,6 volte più elevata di quanto si potrebbe

dedurre dalla formazione di furosina.

Nei sistemi di produzione delle proteine del siero quindi è preferibile il metodo spray dried

piuttosto che il roller dried o l’evaporazione, per contenere la perdita di lisina.

Nelle proteina del siero isolate (WPI) parte delle β-lattoglobuline sono mono- di- o anche

tri-glicate.

Il legame del lattosio alle β-lattoglobuline purificate, che ancora presentano il 35% di

monoglicazione come unico contaminante, è stato studiato in diverse condizioni :

a) Solubilizzate in sistema acquoso a PH 7,2

b) Riscaldamento (dry-way)a 65°C

c) Combinazione di riscaldamento a 50°C per 96 ore seguito da solubilizzazione a

50°C per 4 giorni.

Il massimo valore di glicazione è stato trovato nel caso b) con formazione di unità persino

epta-glicosilate.

Perciò si conferma come tanto più elevata è la temperatura e tanto meno è il contenuto di

acqua tanto più spinta può essere la reazione di Maillard nelle polveri di proteine del siero.

La metologia di trasformazione del siero in proteine in polvere è fondamentale per

preservare il più possibile una frazione proteica non denaturata. La qualità delle proteine

del siero usate nelle formulazioni è fortemente correlata alla tecnologia applicata per la

loro produzione.28

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TIPOLOGIE DI PROTEINE DEL SIERO DISPONIBILI SUL MERCATO

Fino a circa trenta anni fa il siero era considerato un prodotto di scarto dell’industria

casearia. Infatti il siero di caseificazione costituisce ciò che rimane del latte a seguito del

processo di cagliatura necessario alla produzione casearia di ogni tipo.

Disfarsi del siero era un grosso problema, per molto tempo è stato considerato come un

fastidioso prodotto di scarto, scaricato in mare, disperso sul terreno o utilizzato come

alimento per gli animali.

Nel suo stato grezzo, il siero è per il 6 %, circa, solido, è di un colore verdastro poco

appetibile ed ha un aspetto ed un sapore poco appetibile. Si altera facilmente a causa del

suo alto contenuto in lattosio.

Per ironia della sorte da un prodotto considerato un rifiuto si è generato un enorme

mercato con margini di guadagno molto elevati.

Del volume di latte trattato nel processo di caseificazione, l’80-90 % lascia il processo

sotto forma di siero, il quale contiene circa il 50 % dei solidi totali del latte di origine.

Vi sono due tipi di siero, quello dolce, sottoprodotto della produzione dei formaggi duri,

semiduri e molli che ha un pH compreso tra 5,9 e 6,3, mentre quello acido, si ottiene dalla

coagulazione della caseina utilizzando acidi ha un pH compreso tra 4,3 e 4,6.

Dal siero si ottiene la ricotta ma anche sostanze di grande interesse alimentare e

farmaceutico. La sostanza più abbondante nel siero è il lattosio che viene estratto per usi

farmaceutici o alimentari oppure trasformato per vie biochimiche per la produzione di acido

lattico, alcool, ecc.

Le proteine estratte dal siero vengono utilizzate per la preparazione di integratori dietetici

utilizzati in ambito sportivo e medico-nutrizionale. L’addizione di proteine del siero in

polvere a prodotti alimentari ha due precisi obbiettivi, uno nutritivo (come supplemento

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dietetico) ed un altro tecnologico ( solubilità, formazione di schiume, emulsioni, legante

dell’acqua, viscosità, ecc.).29

Sul mercato degli integratori sportivi si trovano diversi tipi di proteine del siero la tabella 7

riassume le principali definizioni ed il differente uso dei diversi tipi reperibili.

tabella 7 – fonte : Dairy Council of California 2004

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Il siero concentrato in polvere (WPC) proviene dalla concentrazione del contenuto proteico

del siero del latte mediante separazione a membrane (Ultrafiltrazione – UF). L’ultra-

filtrazione permette di trattenere le molecole proteiche e di eliminare il lattosio ed il residuo

inorganico. Si possono ottenere concentrazioni di proteine che vanno dal 25 all’89 %,

anche se la maggioranza hanno minimo l’80 %.30

Ad esempio la sigla WPC 80 caratterizza le siero proteine concentrate in polvere con

l’80% di proteine sul secco (Whey Protein Concentrate 80).

In base al tipo di membrane si può avere Micro-filtrazione, Ultra-filtrazione, Nano-

filtrazione e Osmosi inversa. Naturalmente le membrane si differenziano tra loro per le

dimensioni delle sostanze che riescono a trattenere e permeare.

La più alta concentrazione di proteine si ritrova nelle siero proteine isolate (Whey Protein

Isolate- WPI) che sono ottenute o per microfiltrazione o tramite resine a scambio ionico. In

questo caso il lattosio ed i grassi vengono ridotti al minimo.

Esistono infine le WPC o le WPI idrolizzate, in questo caso le siero proteine ottenute

vengono sottoposte a idrolisi enzimatica, ciò consente di avere peptidi di dimensioni minori

che consentono una maggiore digeribilità ed una minore allergenicità delle molecole

proteiche.

Tra le WPI quelle ottenute per scambio ionico contengono un elevato valore di proteine

ma scarse quantità di glicomacropeptidi, lattoferrina, lattoperossidasi ed alcuni peptidi

bioattivi. 31 Lo scambio ionico crea modificazioni nella struttura chimica della proteina con

sostituzione del calcio con il sodio. Con tale metodica avviene una denaturazione proteica

che, seppur minima, diminuisce il loro valore biologico.32

Lo scambio ionico tramite eluenti specifici permette di assorbire selettivamente le proteine,

utilizzando più eluenti si può modulare il pH ed ottenere una miscela di concentrazioni

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proteiche dal 90 al 99 %. Gli eluenti acidi a base sodica sono quelli che consentono il

processo più rapido di concentrazione delle proteine ma allo stesso tempo impoveriscono

il contenuto proteico di immunoglobuline. Se la purificazione a scambio ionico viene fatta

con eluenti acidi a base sodica si ottengono prodotti poveri di immunoglobuline e ricchi in

sodio con concentrazioni maggiori di 200-250 mg per 100 g di proteina.

Gli isolati ottenuti per microfiltrazione/ultrafiltrazione danno concentrazioni proteiche

leggermente inferiori, ma presentano maggiore quantità di glicomacropeptidi, lattoferrina,

lattoperossidasi, ma minori percentuali di α-lattoalbumina vaccinica.

La tecnica di produzione ritenuta migliore perché consente di ottenere un valore biologico

più elevato è la microfiltrazione a flusso incrociato. Questa procedura conosciuta anche

come Cross Flow Microfiltration (CFM) è un solvent-free process, che usa filtri in ceramica

a bassa temperatura, permette di ottenere un isolato proteico che contiene più del 90 %

della frazione proteica non denaturata e che quindi conserva tutte le proprietà fisiologiche

ma senza lipidi e lattosio. Il vataggio della CFM è quindi una denaturazione minima, la

preservazione della microfrazione “nobile” proteica ed un migliore profilo minerale. La

filtrazione a flusso incrociato è un processo che evita l’accumulo di filtrato quando il siero

viene spinto perpendicolarmente sulla membrana filtrante, infatti, in questo caso,

l’accumulo di sedimento tende a diminuire il tasso di permeazione del filtro. Invece nella

CFM l’operazione di filtrazione è tangenziale, ciò significa che il flusso del siero è parallelo

alla superficie della membrana filtrante e mediante applicazione di una appropriata

pressione il permeato riesce a filtrare senza accumularsi sul filtro.33

Di seguito si riporta il diagramma di flusso generico della preparazione di WPC e WPI.

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In tabella 8 sono è riportata la tipica composizione delle proteine del siero

WP WPC 34 WPC 80 WPI Proteine % 13 34 80 92 Lattosio % 75 53 6 1 Residuo

inorganico % 8 7 3 2

Lipidi % 1 3 7 1 Umidità % 3 3 4 4

Tabella 8

SIERO

Chiarificazione

Diafiltrazione

Ultrafiltrazione

Evaporazione

Diafiltrazione

Ultrafiltrazione

Evaporazione

Scambio ionico o Microfiltrazione

WPC WPI

acqua

permeato

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Nella tabella 9 sono riportate le percentuali delle frazioni proteiche

% WPC WPC WPI WPI Siero dolce Siero acido microfiltrazione Scambio ionico

Β-lattoglobuline 52 65 60 80 α-lattoalbumine 15 21 22 14 Sieroalbumina

bovina 2 4 2 3

Immunoglobuline 5 10 5 3 glicomacropeptide 26 0 21 0 Tabella 9

In conclusione, i dati confermano che le proteine del latte godono di un successo, in

ambito sportivo e medico-nutrizionale, supportato da concrete motivazioni scientifiche.

Nel mercato degli integratori, le diverse tipologie dei prodotti disponibili, rappresentano il

continuo sforzo della ricerca chimico-scientifica e tecnologico-alimentare al tentativo di

garantire un sempre maggiore valore nutrizionale dell’alimento proteico conservato.

Antonio Sartini

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