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3°Corso per Tecnici Nazionali FIT equivalente ad Allenatore IV Livello Europeo PROJECT WORK “ Gestione dell’ansia nelle atlete di alto livello” TUTOR: Dott. Massimo Di Paolo CANDIDATI: Margherita Salvini Alessia Vesuvio Anno Accademico 2006

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3°Corso per Tecnici Nazionali FIT equivalente ad Allenatore IV Livello Europeo

PROJECT WORK

“ Gestione dell’ansia nelle atlete di alto livello”

TUTOR: Dott. Massimo Di Paolo CANDIDATI: Margherita Salvini Alessia Vesuvio

Anno Accademico 2006

ABSTRACT

Nel Tennis, così come in generale per tutti gli altri sport, l'elemento psicologico

assume una particolare rilevanza nel conseguimento di risultati di alto livello da

parte dell'atleta.

La domanda che ci siamo poste in particolare è quale influenza -in senso positivo o

negativo- ricopra l'elemento ansioso sulla giocatrice di tennis, compiendo un

approfondimento sui seguenti aspetti:

1. L'indagine sull'ansia e sui disturbi che essa comporta, cercando di dare a

questi una definizione ed una classificazione

2. La tipologia di interventi che sono stati già applicati sulle tenniste di alto

livello;

Per fare questo sarà necessario relazionarsi con le figure professionali (Coach,

psicologi dello sport, mental trainer ) che quotidianamente e con grande passione e

dedizione attuano -od almeno tentano di farlo- questi interventi sui loro atleti.

L'indagine sugli stati ansiosi, sulla loro influenza positiva o negativa nella

prestazione in gara , sulla reazione delle atlete ai necessari supporti psicologici ai

quali -più o meno volontariamente- si sottopongono, procederà, sul piano

strettamente pratico ed applicativo, con una serie di interviste e test ai protagonisti

di questo settore.

INDICE

3

ABSTRACT Pag. 2

PREMESSA Pag. 5

CAPITOLO 1 L’ANSIA Pag. 7

1.1 Ansia di stato e ansia di tratto Pag. 111.2 Ansia di stato e ansia di tratto competitiva Pag. 12

CAPITOLO 2 RAPPORTO ANSIA – STRESS Pag. 17

2.1 Ansia cognitiva Pag. 192.2 Ansia somatica Pag. 20

CAPITOLO 3 RAPPORTO ANSIA - PRESTAZIONE Pag. 21

CAPITOLO 4 GESTIONE dello STRESS Pag. 26 CAPITOLO 5 Le TECNICHE per la GESTIONE dell’ ANSIA Pag. 28

5.1 Flooding Pag. 285.2 Desensibilizzazione sistematica Pag. 295.3 Ristrutturazione cognitiva Pag. 315.4 Stress Inoculation Training Pag. 325.5 Stress Management Training Pag. 335.6 Allenamento multimodale alla gestione dello stress Pag. 345.7 Biofeedback Pag. 365.7.1 Applicazione pratica del BFB Pag. 385.7.2 IL BFB: procedura di preparazione alla competizione Pag. 39

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CAPITOLO 6 DESCRIZIONE della PROCEDURA di INDAGINE e OBIETTIVI Pag. 41

6.1 Strumenti utilizzati Pag. 426.2 Modalità di utilizzo Pag. 466.3 Sintesi e commento dei risultati Pag. 47 6.3.1 Coach Pag. 47 6.3.2 Giocatrici Pag. 496.4 Considerazioni conclusive Pag. 53

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Pag. 56

RIFERIMENTI WEB Pag. 57

PREMESSA

Fin dagli albori della storia lo sport è sempre stato un mezzo di aggregazione

sociale e di sviluppo per l’individuo; tale attività nasce con l’uomo e ne accompagna

lo sviluppo sociale , individuale e psicofisico, agendo positivamente sull’equilibrio

istintuale e sulle dinamiche relazionali.

Lo sport è quindi strettamente collegato alla vita sociale, politica e religiosa

dell’uomo.

Sin dai tempi dell’antichità greca e romana, la pratica sportiva ha rappresentato il

nesso tra il mondo fisico e quello mentale : questo binomio mente-corpo non

può essere scisso, come dimostrano recenti ricerche nel campo della

psicosomatica.

Un errore comune del passato è stato infatti quello di allenare-educare

separatamente fisico e psiche, cioè tenere separato l’intelletto (in quanto

considerato forma superiore ) da tutto il vissuto corporeo e con esso ogni forma

emotiva, sociale e cognitiva che tale vissuto comporta.

Le ricerche hanno dimostrato che esistono connessioni tra attività motoria e

benessere psicologico, fra la forma fisica e la salute mentale, non appurando però

quali meccanismi mettano in relazione questi fenomeni.

Sono state avanzate quindi numerose ipotesi, alcune riconducibili al mondo

fisiologico, altre riconducibili al mondo psicologico, come ad esempio il senso della

padronanza motoria e il miglioramento dell’autostima.

Lo studio della relazione tra questi fenomeni ha portato in tempi più recenti allo

sviluppo della psicologia dello sport, che pone l’attenzione sugli aspetti mentali

della prestazione e sull’importanza della crescita delle abilità mentali parallelamente

a quelle motorie, per affermarsi nelle competizioni.

Per questo motivo molti atleti, con i loro allenatori, hanno riconosciuto l’importanza

dei fattori psichici ai fini del risultato; più alto è il livello di abilità richiesto, maggiore

sarà l’interesse rivolto ai fattori mentali (Most 1983)

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Chiunque frequenti ambienti sportivi di alto livello conosce benissimo infatti come

siano proprio gli agenti emotivi a condizionare la prestazione degli atleti e come

ognuno di loro attribuisca un significato diverso alla gara, affrontando questa con

una sua specifica emotività.

Molto spesso la competizione viene vissuta come disagio che si manifesta con

diverse modalità : alcuni presentano problematiche di tipo psicologico, altri di tipo

organico, ma tutte comunque nascenti dal rapporto dell’atleta con la gara.

Negli ultimi anni un numero sempre più crescente di atleti si sono quindi avvalsi di

psicologi dello sport per migliorare la propria prestazione.

Questo perché nella società moderna anche praticare una disciplina sportiva ad alto

livello è diventato più impegnativo rispetto al passato, essendo aumentate le

aspettative riposte ed i significati attribuiti a questa attività.

Le nuove generazioni che si affacciano allo sport di livello sono così maggiormente

condizionate dai modelli culturali, dai media, dal necessario raggiungimento della

popolarità; proprio la fretta di affermazione, il non rispettare le naturali tappe

evolutive, il “vincere a tutti i costi”, con l’ansia e lo stress che ne conseguono, può

portare invece proprio a risultati negativi, fallimenti e frustrazioni.

E’ chiaro come da questi stati di allarme, di attenzione , di vigilanza non si possa

prescindere nel corso delle competizioni, tuttavia essi stessi possono essere

governati da un atleta mentalmente preparato, in modo tale da far scaturire

dall’ansia una situazione positiva.

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CAPITOLO 1

L'ANSIA

L'ansia è definita dagli esperti come un penoso stato di attesa - un' attesa

ovviamente apprensiva - nei confronti di un evento negativo che sta per accadere e

verso il quale il soggetto si sente indifeso e impotente.

Essa costituisce quindi una reazione di difesa, accompagnata da un aumento della

vigilanza e dell'attivazione di alcuni meccanismi fisiologici che predispongono

l'organismo alla difesa o all'attacco.

Quando questo meccanismo è mal regolato l'ansia risponde in modo sproporzionato

all'evento e assume pertanto le sembianze di un vero disturbo mentale.

In tal caso, anziché favorire l'adattamento all'ambiente, lo peggiora e rende

necessario un intervento terapeutico.

I disturbi dell'ansia sono disturbi mentali molto diffusi che si manifestano con una

eccessiva preoccupazione per degli eventi banali nelle attività della vita quotidiana:

si crea così un clima di attesa incontrollabile e si mostrano spesso fenomeni

fisiologici di irrequietezza, irritabilità, disturbi del sonno e della concentrazione,

tensione muscolare, nausea ecc.

L'esordio di tali disturbi avviene talvolta già in età infantile - pur in maniera lieve - in

seguito a eventi stressanti, ma può aggravarsi nel corso degli anni e far perdere

tranquillità all'individuo, mantenendolo in un continuo stato di tensione e

determinando in lui nuovi motivi di infelicità.

La percentuale della popolazione colpita da stati ansiosi è stimata tra il quattro e il

sette percento, con maggiore incidenza nel sesso femminile.

L'ansia, o “ malattia dell'anima ”, se così possiamo chiamarla, oltre che

danneggiare l'uomo-atleta sia fisicamente che mentalmente, ne blocca quindi tutte

le sue capacità, la sua razionalità, disturba la sua vita affettiva e collettiva, facendo

emergere nell'individuo sentimenti ed emozioni negative, a partire da quelle più

profonde ed angosciose, come la paura.

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E' allora possibile definirla come un sentimento molto vicino alla paura o

all'angoscia; volendo trovare una differenza con queste ultime, possiamo dire che

l'ansia si scatena anche in assenza di un pericolo reale, come ad esempio quando

ci troviamo di fronte ad una semplice gara sportiva.

In definitiva l'ansia è un semplice evento emotivo espressione di uno stato mentale

e corporeo dell'individuo verso le vicissitudini della vita.

Quando una persona si trova quindi a dover affrontare una qualche prova, entra in

un leggero stato ansioso e la psiche ed il corpo reagiscono per prepararsi a

risolverlo nel miglior modo possibile.

In questo caso l'ansia “moderata” e di breve durata sembra un segno di

adattamento dell'uomo ad alcune situazioni ambientali.

L'aumento dell'attenzione, della memoria, della tensione muscolare e di altre

funzioni (come l'aumento del battito cardiaco) che ne conseguono, vengono

considerate come una carica energetica utile ai fini del superamento della prova.

Quando invece -in altre situazioni- questo stato persiste, diventando continuo

oppure troppo intenso, si può verificare la caduta delle funzioni sopra citate:

in poche parole, la persona può perdere memoria , attenzione, concentrazione e

sentirsi improvvisamente stanca e incapace di affrontare anche gli eventi più

semplici della vita di tutti i giorni.

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Per molto tempo gli psicologi sportivi hanno considerato gli stati ansiosi come un

aspetto negativo dell'individuo e quindi hanno agito nel tentativo di ridurli.

Solo negli ultimi anni si è capito che un moderato livello d'ansia può comportare un

giusto grado di attivazione fisiologica, trasformandosi a sua volta in energia positiva

utile ai fini della prestazione.

Una forte insicurezza legata ad una debole autostima favoriscono certamente

l'insorgere di una eccessiva ansia pre-prestazione.

Uno scarso apprezzamento del pubblico o delle persone che si ritengono importanti,

degli obiettivi mal riposti, delle richieste ed aspettative eccessive creano nell’atleta

sentimenti negativi, favorendo l'insorgere dell'ansia.

Al contrario, essere molto sicuri di sé, sicuri della propria preparazione, non temere

l'avversario sono fattori che aiutano l'atleta a mantenere un adeguato livello di

tensione favorendo lo stato mentale.

In definitiva possiamo dire che la scarsa autostima è l'elemento che incide

maggiormente sullo sviluppo di elevati e nocivi livelli d'ansia ; chi invece si sente

sicuro di sé, sicuro di potercela fare, riuscirà a trasformare in energia positiva anche

livelli d'ansia piuttosto elevati.

A questo punto viene da domandarsi come sia possibile che l'ansia, oltre ai sintomi

psicologici, si manifesti anche attraverso sintomi di tipo organico.

La risposta sta nelle ricerche e nello studio del sistema nervoso umano: un sistema

nervoso autonomo che agisce senza il controllo volontario e senza che l'individuo

ne sia consapevole.

Questo sistema si divide in due parti:

• sistema simpatico

• sistema parasimpatico

Entrambi sono collegati a molti organi del corpo (cuore, vasi sanguigni, muscoli

bronchiali e polmonari, stomaco, intestino, organi sessuali maschili, tutte le

ghiandole, vescica urinaria, pelle ecc.) ed agiscono su di loro, assicurandone un

buon funzionamento.

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Il sistema simpatico produce delle risposte negli organi come l'aumento della

frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della glicemia (zuccheri nel sangue).

Il sistema parasimpatico invece produce a livello degli stessi organi modificazioni in

direzione opposta.

La loro funzionalità viene regolata da centri nervosi posti nel cervello, considerato la

vera centrale operativa (non volontaria); suddetti centri sono influenzati da una

particolare zona del cervello denominata “sistema limbico” che ha lo scopo di

gestire tutte le emozioni.

Pertanto ad ogni emozione non corrisponde solo una reazione comportamentale,

ma anche una risposta da parte degli organi del corpo, gestita appunto dal sistema

nervoso autonomo.

Ecco perché in presenza di stati ansiosi si manifestano anche sintomi

“apparentemente” solo corporei come palpitazioni, nodo in gola, tremori, vertigini,

formicolii alle mani e ai piedi.

Tutto questo ha portato a considerare l'ansia il disturbo psicologico più corporeo che

ci sia, ritenendolo responsabile di tutte quelle malattie definite psicosomatiche

(gastrite, colite, psoriasi etc.) nelle quali essa sembra giocare un ruolo

fondamentale.

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1.1 ANSIA di STATO e ANSIA di TRATTO

Una prima importante distinzione in materia, è stata quella effettuata da Spielberger,

nel 1966, fra ansia di stato e ansia di tratto:

● L'ansia di stato esprime uno stato emozionale transitorio, caratterizzato da

vissuti soggettivi negativi di apprensione , tensione , paura , inquietudine ecc.

● L'ansia di tratto è invece una caratteristica relativamente stabile , una

predisposizione a reagire ai vari stimoli esterni con elevata ansia di stato ;

si manifesta come una tendenza a percepire molte situazioni come

pericolose o paurose e a reagire a queste con una sproporzionata ansia di

stato.

Le persone con una elevata ansia di tratto sono quindi particolarmente vulnerabili e

con maggiore frequenza sperimentano - in elevata intensità- reazioni di ansia di

stato (Spielberger , 1989) .

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1.2 ANSIA di STATO e ANSIA di TRATTO COMPETITIVA

Il Martens nel 1977 ha dato nell'ambito sportivo una definizione ancora più

specifica di “ansia di tratto competitiva” come la tendenza a percepire le

situazioni agonistiche pericolose e a rispondervi con sentimenti di apprensione e

tensione.

Gli atleti che presentano alti livelli di ansia di tratto manifestano infatti, in situazioni

competitive, maggiore ansia di stato , al contrario di quelli che invece evidenziano

bassa ansia di tratto.

Inoltre chi si ritiene soddisfatto dei propri successi e soddisfatto delle proprie

prestazioni presenta bassi livelli di ansia di tratto competitiva (Furst e Tenembaum ,

1984) ; chi invece manifesta scarsa autostima , evidenzia alti livelli di ansia di tratto

competitiva presentando maggiori preoccupazioni verso la prestazione (Brustad e

Weiss , 1987).

Autorevoli autori (Passer , 1982 ; Scanlan , 1977 ; Scanlan e Passer , 1978) hanno

osservato inoltre come, per esperienza , l'ansia e lo stress in situazioni competitive

aumentino al diminuire delle esperienze di successo.

Al fine di inquadrare meglio “l'ansia” nelle sue molteplici sfaccettature, è stato

quindi necessario per alcuni autori dotarsi di un “glossario” che ne definisca gli

aspetti salienti.

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DEFINIZIONI DI TERMINI COLLEGATI ALL'ANSIA (Martens , Vealey e Burton , 1990)

PauraSensazione di pericolo , potenziale o reale , di danno fisico o psichico . Nasce dalla

percezione di disequilibrio fra richieste ambientali e capacità di risposta .

Ansia di stato

Stato emozionale transitorio caratterizzato da sentimenti negativi di apprensione e

tensione . Si manifesta in situazioni specifiche .

Ansia di trattoPredisposizione soggettiva a percepire certi stimoli ambientalcome potenzialmente

pericolosi ed a rispondervi con vari livelli di ansia di stato .

Ansia competitiva di stato

Insieme di risposte fisiologiche e psichiche dell'organismo in situazioni competitive ,

come reazione a percezione di pericolo o danno potenziali e/o reali .

Ansia competitiva di tratto

Tendenza a percepire situazioni competitive come paurose o pericolose ed a

rispondervi con ansia di stato .

Ansia cognitivaComponente mentale dell'ansia determinata da attese negative e/o da scarsa stima

di sé e delle proprie capacità .

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Ansia somatica

Componente fisiologica dell'ansia che origina direttamente dall' arousal (attivazione)

dell'organismo .

StressProcesso derivante dalla percezione di un sostanziale squilibrio fra richieste

ambientali e capacità di risposta , quando incapacità e inadeguatezza ad affrontare

le richieste ambientali e a conseguire gli obiettivi sono percepite come

potenzialmente pericolose .

La risposta che ne deriva è un incremento dei livelli di ansia distato sia cognitiva che

somatica .

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Sempre Martens ci illustra un modello teorico relativo all'ansia competitiva. (v.fig 1)

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Fig.1 Modello teorico di ansia competitiva Martens 1990

- L'incertezza del risultato e l'importanza dello stesso costituiscono due parametri

fondamentali per spiegare come situazioni di gioco competitive possano far

insorgere ansia di stato nell'atleta .

L'incertezza del risultato prima di una gara è sicuramente inevitabile , nonostante

possano essere state avanzate diverse previsioni.

Questa incertezza può essere fonte di timore , ma può altresì rappresentare un

forte stimolo ad affrontare la gara.

In base alla percezione che l'atleta ha della specifica situazione si avrà quindi un

fattore positivo -di sfida piacevole- oppure negativo -fonte di eccessivo timore-.

- L'importanza del risultato è da attribuire ad altri tipi di parametri : estrinseci ( la

vincita di una medaglia , l'approvazione di amici , parenti ecc. ) intrinseci ( il senso

di competenza personale , l'incremento dell'autostima ): entrambi, agendo fra loro,

determinano una particolare valutazione della prestazione sportiva .

- La situazione competitiva oggettiva (stimolo) è percepita dall'atleta (percezione

dell'organismo) più o meno importante o più o meno incerta ; il livello di sensazione

di pericolo (paura) che ne deriva è in relazione all'ansia competitiva di tratto . La

reazione soggettiva (risposta) che scaturisce si manifesterà con livelli di ansia di

stato variabili al variare delle diverse componenti .

In conclusione , l'atleta considera le situazioni oggettive competitive più o meno

temibili in base ad una valutazione soggettiva, influenzata dal ruolo dell'ansia di

tratto della sua personalità ; atleti con elevata ansia di tratto rispondono a stimoli

particolarmente stressanti con elevati livelli di ansia di stato .

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CAPITOLO 2

RAPPORTO ANSIA – STRESS

Nella nostra analisi è necessario mettere l'ansia in relazione con lo stress:

gli atleti infatti molto spesso sono sottoposti a stimoli stressanti che provocano in

loro degli stati d'ansia .

In particolare il processo stressante deriva dalla percezione di disequilibrio che

l'atleta ha tra le richieste ambientali e le sue capacità di rispondere a queste :

proprio l'inadeguatezza ad affrontare tali richieste viene pertanto percepita come

potenzialmente pericolosa ( Robazza , Bortoli , Gramaccioni 1994 ) .

Lo stress , molto spesso , si manifesta con sintomi che generalmente influenzano in

maniera negativa la prestazione : scadimento delle abilità motorie , sensazione di

una eccessiva inadeguatezza al compito , difficoltà di concentrazione ecc.

I sintomi dello stress si manifestano, a seconda delle circostanze e delle

caratteristiche dell'atleta, su più versanti (v.fig.2 ) :

• fisiologico

• comportamentale

• cognitivo .

Pertanto non possiamo prendere in considerazione l'ansia senza metterla in

relazione con lo stress e viceversa ; tale legame si può comprendere meglio

distinguendo l'ansia in cognitiva e somatica .

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Fig.2 Relazioni fra arousal e stress

2.1 ANSIA COGNITIVA

L'ansia cognitiva rappresenta l'aspetto mentale dell'ansia , che scaturisce da diverse

valutazioni negative quali la paura del fallimento , la scarsa fiducia nei propri mezzi,

ecc.

A livello cognitivo si manifestano disturbi dell'attenzione e della concentrazione

(distrazione , incapacità di mantenere un'adeguata attenzione) e invasione di molti

pensieri interferenti , catastrofici e di fallimento ; l'atleta si dimostra smisuratamente

preoccupato per il risultato della gara o per le valutazioni negative che possono

essere avanzate in seguito alla sua prestazione .

L'atleta tende quindi a pensare al peggio , ad ignorare gli eventi positivi e ad arrivare

a conclusioni in assenza dei fatti , molto spesso trasformando situazioni

momentanee ( Es : “In questa partita ho servito male” ) in decisioni categoriche

( Es : “Non sono capace a servire” ) .

Questo modo di pensare “negativo” conduce a risposte inadeguate non solo a

livello cognitivo ( scarsa concentrazione , indecisione , basso autocontrollo ecc . )

ma anche fisiologico e comportamentale .L'ansia può essere sperimentata in ognuno di questi tre livelli ed ogni atleta può

manifestare modalità di reazione che chiamano in causa prevalentemente uno di

questi, anche in situazioni diverse tra loro .

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2.2 ANSIA SOMATICA

L'ansia somatica rappresenta la parte fisiologica dell'ansia.

Essa è legata all'attivazione dell'organismo ed in particolare rappresenta la risposta

fisiologica ad uno stimolo psichico stressante .

In particolare l'ansia somatica si manifesta attraverso la modifica di alcuni parametri

quali aumento della frequenza cardiaca , eccessiva sudorazione , alterazione del

ritmo respiratorio , innalzamento della pressione sanguigna, ecc .

Accanto a questi si manifestano altresì -come ovvio- sintomi di disagio psicofisico

quali difficoltà ad addormentarsi , sonno irregolare , perdita di appetito , problemi

digestivi , affaticamento, ecc.

Sul piano comportamentale, invece -a livello muscolare- si manifestano tensioni ,

crampi , rigidità , dolori con conseguente rischio di infortuni , oltre che una perdita

delle coordinazioni fini e della fluidità del movimento .

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CAPITOLO 3

RAPPORTO ANSIA – PRESTAZIONE

Diversi autori , negli ultimi anni , si sono preoccupati di mettere in relazione

prestazione e ansia , cercando di capire quali riflessi , quest' ultima , possa avere

sulla gara .

Nel corso delle loro ricerche hanno riscontrato come a moderati livelli di ansia

cognitiva corrisponda una buona prestazione.

La prestazione risulta invece essere più scadente quando i livelli di ansia sono molto

bassi o molto elevati, mentre tale relazione non è invece evidente per l'ansia

somatica .

Quest'ultima - quando diventa forte- tende comunque a danneggiare la prestazione,

in quanto costringe l'atleta a rivolgere la sua attenzione più al suo stato interno che

alla prestazione stessa .

Altri autori ( Fenz 1988) hanno riscontrato che l'ansia di stato aumenta velocemente

fino a pochi istanti prima della gara , per poi calare altrettanto rapidamente come a

disegnare un grafico di una V inversa ; tale incremento è collegato all'ansia

somatica e non a quella cognitiva .

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Da queste ricostruzioni possono essere tratte tutta una serie di conclusioni :

• L'ansia cognitiva ha un maggiore collegamento alla prestazione rispetto

all'ansia somatica .

• L'ansia somatica è generalmente collegata alla prestazione per eventi di

breve durata.

• L'ansia somatica è una risposta agli eventi competitivi che l'ambiente

propone , per questo motivo tende a dissolversi prima della gara

• L'ansia cognitiva invece , vista come riflesso di timori per conseguenze

negative della prestazione , varia al variare della gara , in questo caso è

l'agente che incide maniera negativa sulla prestazione (Martens 1990) .

• Una buona prestazione sportiva non si associa né a livelli di attivazione

dell'organismo troppo bassi né troppo alti ; la prestazione ottimale

consegue soltanto ad una attivazione moderata dell'organismo (v fig.3) .

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Fig.3

L'osservazione degli atleti di fronte a sintomi ansiosi, prima e durante la

competizione, ha portato alla classificazione di una lunga serie di reazioni:

LIVELLI TROPPO BASSI DI ANSIA POSSONO PROVOCARE :

● Eccessivo rilassamento dei muscoli

● Riflessi più lenti (incapacità di correggere velocemente un errore)

● Mancanza di attenzione (distrazione)

● Scarsa aggressività e poca voglia di vincere

LIVELLI ABBASTANZA ALTI DI ANSIA POSSONO PROVOCARE :

● Pensieri ossessivi (si pensa solo alla gara )

● Irritabilità

● Disturbi del ritmo sonno/veglia

● Disturbi dell'appetito (anoressia e bulimia)

● Cefalee per eccessiva tensione

● Sensazione di stanchezza e affaticamento già quando si effettua il

riscaldamento

● Crampi

● Tremore agli arti

● Apparizione di orticarie e pruriti

● Disturbi della frequenza cardiaca

● Bruciori di stomaco

● Mani fredde e sudate

● Tendenza ad orinare continuamente

● Perdita degli automatismi , poca fluidità nei movimenti

● Eccessiva fretta e imprecisione

● “ Ricerca della sconfitta “ : meglio compromettere la prestazione pur di uscire

in fretta dall'incubo e rilassarsi

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LIVELLI ALTISSIMI DI ANSIA POSSONO PROVOCARE :

● Blocco totale del raziocinio : si è completamente nel pallone

● Sensazione di paralisi muscolare

● Certezza di avere gravi malattie

● Sensazioni di asfissia

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COME SI DIFENDE L'ATLETA DALL'ANSIA:

● Razionalizzando (trovando delle spiegazioni in ciò che sta accadendo)

● Negando ( “non mi importa niente della partita” “il mio avversario è troppo

forte” ecc.)

● Scherzando

● Ridendo

● Ritualizzando (sedendosi sempre allo stesso posto nello spogliatoio , legarsi

le scarpe con un particolare procedimento)

● Proiettando (vedendo negli altri la propria ansia)

● Isolandosi (evitando gli altri , non parlando)

● Convertendo tutte le situazioni ansiose sul proprio corpo (sintomatologia

psicosomatica)

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CAPITOLO 4

LA GESTIONE DELLO STRESS

Come abbiamo visto nei precedenti capitoli , non sempre l'ansia può determinare

una scaduta della prestazione anzi, molte volte, un moderato livello d'ansia e di

attivazione dell'organismo possono aiutare l'atleta ad affrontare nel miglior modo

possibile la prestazione .

Quindi, da un'accurata analisi dell'atleta e della sua prestazione, nasce la

programmazione di un eventuale gestione dello stress .

Secondo Suinn (1987 , 1989) , sostanzialmente , esistono due situazioni che

richiedono eventuali interventi :

1. Quando l'atleta ci dimostra che l'ansia non soltanto è presente in lui , ma che

essa rappresenta un pericolo per la prestazione .

2. Quando l'ansia non è dannosa per la prestazione , ma l'atleta , in sua

presenza , sentendosi a disagio , cerca in qualche modo di controllare le sue

reazioni emotive .

Da tutto questo possiamo desumere che l'allenamento alla gestione dello stress è

utilizzato sia per rimuovere l'ansia che ostacola la prestazione , sia per

incrementare il livello di benessere indipendentemente dal risultato sportivo .

Dopo anni di esperienza , molti atleti sono in grado di mettere in atto strategie

cognitive e comportamentali più o meno valide per affrontare la gara :

i più esperti possono vedere nell'ansia un alleato , un aiuto per concentrarsi .

Le tecniche per ridurre gli effetti debilitanti dell'ansia e dello stress sono molteplici :

anche le prime applicazioni -descritte in letteratura- di procedure di rilassamento nella psicologia dello sport, riferiscono risultati positivi .

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Con il passare degli anni , sono state sperimentate numerose procedure per la

gestione dello stress e molte di queste si basano proprio su tecniche di

rilassamento .

Tali procedure però sono efficaci soltanto dopo avere identificato le reazioni

soggettive agli stimoli stressanti .

Perciò se le reazioni si manifestano a carattere comportamentale o fisiologico

saranno più indicate delle tecniche somatiche , mentre se le reazioni si riscontrano

nei contenuti dei pensieri sarà più appropriato un intervento di tipo cognitivo .

Tecniche appropriate a questi scopi sono:

• Le tecniche di rilassamento progressivo e il biofeedback per la

gestione dell'ansia somatica

• Le strategie di self talk per la gestione dell’ansia cognitiva

Molte di queste tecniche, che andremo brevemente ad esporre, impiegano

rilassamento e visualizzazioni, derivano dall'ambito clinico e vengono applicate

nello sport con frequenza.

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CAPITOLO 5

LE TECNICHE PER LA GESTIONE DELL'ANSIA

5.1 FLOODING

Il flooding è un programma che fa riferimento al “modello generale di estinzione” .

L'atleta molto spesso risponde agli stimoli ansiogeni con comportamenti di

“evitamento" che, se hanno successo, sono rinforzati dalla riduzione dell'ansia .

A tal punto , con il flooding , l'atleta viene sottoposto a stimoli ansiogeni in maniera

diretta cercando di impedire le risposte di evitamento .

Generalmente le scene che provocano tensione e ansia sono immaginate ; affinché

la tecnica immaginativa sia efficace, ogni scena deve essere presentata nei

particolari : per coinvolgere maggiormente l'atleta , viene incoraggiato a parlare

mentre vive l'esperienza .

Lo scopo di questa procedura è di provocare uno stato d'ansia molto intenso e

prolungato da protrarsi fino alla sua estinzione .

Le sessioni di flooding hanno una durata di 30 – 40 minuti; tempi inferiori

potrebbero danneggiare la procedura e probabilmente aumentare gli stati d'ansia .

Questa tecnica attiva forti emozioni spiacevoli , pertanto molti psicologi la utilizzano

solo quando altri programmi si sono rivelati inefficaci .

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5.2 DESENSIBILIZZAZIONE SISTEMATICA

Alternativo al modello di estinzione è il modello di controcondizionamento .

Tramite questo programma si ricercano delle risposte incompatibili con l'ansia o

con gli stimoli che la creano .

L'obiettivo del controcondizionamento è rimpiazzare lo stato di eccitazione

derivante dal sistema nervoso simpatico con l'azione opposta del sistema

parasimpatico (Wolpe , 1969) .

Un programma molto conosciuto, basato su questi principi, è quello che prevede la

desensibilizzazione sistematica .Questa tecnica ha lo scopo di affrontare ogni singola situazione che provoca ansia :

per questo motivo - precedentemente - è importante analizzare le situazioni che la

determinano per passare –successivamente- ad un training di rilassamento e

immaginazione .

La procedura è composta da quattro momenti :

1. individuazione degli stimoli ansiogeni

2. creazione di un ordine di importanza degli stimoli , partendo dal meno

ansiogeno fino ad arrivare al più ansiogeno .

3. Utilizzo di stimoli che determinano risposte antagoniste a quelle dell'ansia .

4. Graduale associazione tra stimoli ansiogeni e stimoli inibenti per determinare

una progressiva estinzione delle risposte d'ansia .

Con l'atleta viene stabilita una gerarchia di stimoli che consiste in 10 – 15 scene in

ordine graduale, dalla meno ansiogena alla più ansiogena ; a questo punto , in uno

stato di profondo rilassamento , viene chiesto al soggetto di immaginare la scena

meno ansiogena : se questa crea tensione , la procedura viene sospesa e

ripristinato il rilassamento .

Se la gerarchia è ben strutturata il rilassamento dovrebbe contrastare l'ansia .

29

Ogni scena è presentata con un tempo progressivamente sempre più lungo (da tre

a cinque , dieci , quindici sec.) .

Si ottiene così un decondizionamento , contrapponendo sempre alle immagini

ansiogene il rilassamento .

Una variante a questa tecnica è la desensibilizzazione sistematica in vivo , che

consiste nel costruire una gerarchia di stimoli ansiogeni da affrontare poi nella

realtà .

Questa modalità è stata più volte utilizzata in ambito motorio e sportivo .

30

5.3 RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA

Come abbiamo potuto vedere, i modelli di estinzione e di controcondizionamento

hanno lo scopo di annullare le risposte condizionate a particolari stimoli ; da questi,

pertanto , non ci possiamo aspettare grande successo con soggetti che presentano

particolari fobie e ansie diffuse; in questi casi sono preferibili altre tecniche .

Quando l'ansia si manifesta a livello mentale, attraverso pensieri negativi e

irrazionali , è importante lavorare su quelle cognizioni che tendono a rinforzare tali

emozioni disturbanti .

Tutto ciò può avvenire attraverso la ristrutturazione cognitiva dei pensieri .

Le procedure individualizzate , dirette alla modifica degli aspetti che suscitano

emozioni negative sono divise in quattro fasi (Smith , 1984) :

1. far comprendere all'atleta come le cognizioni (convinzioni , pensieri , idee)

influenzano lo sviluppo delle emozioni . Le cognizioni sono automatizzate e

inconsapevoli ;

2. Individuare i pensieri irrazionali e limitanti ;

3. intervenire sulle idee irrazionali e sostituirle con altre che prevengano e

riducano l'ansia ;

4. ripetere e stabilizzare il nuovo modo di pensare tramite applicazioni in

alcune circostanze . La modifica delle cognizioni negative in positive ,

dovrebbe poi generalizzarsi ed estendersi a tutte le situazioni che creano

ansia .

Possiamo pertanto concludere che

• nelle procedure di estinzione e controcondizionamento l'atleta svolge un

ruolo passivo , con lo psicologo che propone le situazioni

• nella procedura di ristrutturazione cognitiva il soggetto diventa

protagonista assumendosi maggiore responsabilità per lo sviluppo e

l'applicazione di nuovi modelli di pensiero .

31

5.4 STRESS INOCULATION TRAINING (SIT) di Meichenbaum

Una maggiore partecipazione dell'atleta è ricercata attraverso altre tecniche che

richiedono però una certa padronanza di abilità per affrontare lo stress .

Queste tecniche derivano dall’ ambito clinico ed hanno trovato una particolare ed

efficace applicazione anche nella psicologia dello sport per aiutare l'atleta ad

affrontare le diverse manifestazioni e reazioni soggettive allo stress .

Una di queste è lo Stress Inoculation Training (SIT) .Studiato ed applicato da Meichenbaum (1977, 1985), è un processo di

apprendimento delle abilità cognitive e di controllo fisiologico per affrontare lo

stress .

Il programma comprende tre fasi :

1. Fase istruttiva .

Sono fornite informazioni per comprendere la natura delle risposte personali

agli eventi stressanti . L'atleta impara a riconoscere le sensazioni , le paure e

gli effetti che lo stress produce nella gara e nella vita di tutti i giorni .

1. Fase di acquisizione delle abilità .

All'atleta vengono insegnate una serie di tecniche per affrontare gli eventi

stressanti (strategie cognitive , problem-solving , rilassamento ecc.) .

Situazioni stressanti sono presentate attraverso filmati , esposizione

graduale dal vivo , immaginazione ecc.

2. Fase di applicazione .

L'atleta applica le abilità assimilate affrontando reali situazioni stressanti .

Il soggetto viene così esposto a livelli sempre più alti di situazioni stressanti che

possono essere superate con relativa facilità ; in questo modo le difese personali

aumentano sempre di più.

32

5.5 STRESS MANAGEMENT TRAINING (SMT) di Smith

Lo Stress Management Training (SMT), programma sviluppato da Smith, prevede

l’assimilazione e successivamente l’applicazione di particolari abilità, sia cognitive

che di rilassamento.

Anche nello stress management training, come nel SIT, vengono messe in

discussione le risposte soggettive a stimoli ansiosi e sviluppate le capacità

psichiche per il controllo dello stress.

In questo caso -tuttavia- l’applicazione delle abilità mentali assimilate non avviene

in maniera graduale, ma con la sperimentazione delle emozioni in tutta la loro reale

portata e giungendo talvolta addirittura ad una esasperazione della loro intensità.

In questo programma il rilassamento avviene tramite procedure cognitive:

- in principio, rilassamento e autoaffermazioni vengono apprese separatamente

- successivamente vengono di nuovo abbinate ed inserite in un ciclo respiratorio

- al momento della inspirazione, vengono ripetute nella mente frasi affermative,

per ridurre l’ansia

- durante l’espirazione ci si concentra invece sul rilassamento del corpo

Solo dopo esser giunti all’acquisizione delle abilità di gestione dello stress, si può

cercare di portare l’organismo ad uno stato di attivazione emozionale molto elevato.

Tale stato di forte intensità, raggiunto con lo SMT, risulta simile al flooding, mentre

nel SIT i livelli di ansia raggiunti sono molto simili a quelli della desensibilizzazione

sistematica.

Il programma di Smith mostra rispetto agli altri due principali vantaggi:

1) assunzione di maggiore responsabilità dell’atleta, che ottiene gratificazione dai

propri progressi , ottenuti solo con sforzi personali e non con fattori esterni

2) sviluppo nell’atleta di abilità mentali “generali”, che lo aiuteranno ad affrontare

lo stress nelle situazioni più disparate.

33

5.6 ALLENAMENTO MULTIMODALE ALLA GESTIONE DELLO STRESS di Burton

Burton nel 1990 ha elaborato una procedura multimodale per la gestione dello

stress, procedura che prevede quattro tipi di approccio, a seconda del rapporto tra

ansia cognitiva e ansia somatica e delle differenze funzionali dei due emisferi del

cervello: l’emisfero sinistro e quello destro.

Nello sport si è accertato come predomini l’emisfero sinistro quando si utilizzano

abilità cognitive logiche e di risoluzione dei problemi, apprendimento di nuove

abilità o modifica di altre già presenti, sviluppo di strategie ecc.

L’emisfero destro è invece specializzato nelle attività intuitive, creative, nelle

emozioni e nelle esecuzioni di abilità automatizzate.

Pertanto è tramite l’emisfero sinistro che si apprendono nuove abilità motorie;

queste ultime, una volta consolidate ed automatizzate, verranno poi dirette

dall’emisfero destro. E viene ridotta con tecniche di ipnosi

1. In relazione all’emisfero sinistro, l’ansia somatica, che si manifesta con

tensioni muscolari prima delle gare, può essere gestita attraverso tecniche di

rilassamento corporeo, biofeedback, ipnosi, esercizio fisico e stretching

2. In relazione all’emisfero destro, invece, può essere gestita con training

autogeno, respirazione yoga e tecniche di meditazione

3. L’ansia cognitiva, in relazione all’emisfero sinistro,si manifesta invece con

pensieri negativi e viene ridotta attraverso tecniche di ipnosi, ristrutturazione

cognitiva,meditazione trascendentale, controllo dei pensieri ecc.

4. L’ansia cognitiva, collegata all’emisfero destro, si manifesta attraverso

immagini disastrose e viene gestita con tecniche di ristrutturazione cognitiva

finalizzate al cambiamento nell’atleta dell’immagine di sé.

In una valutazione di carattere pratico, è molto difficile separare i suddetti

quattro tipi di ansia, in quanto a molteplici stimoli situazionali corrispondono

molteplici tipi di risposte.

34

Con questa procedura è apparso inoltre difficoltoso ridurre l’ansia cognitiva

fintanto che l’ansia somatica non è attenuata al punto tale da consentire

l’utilizzo di tecniche cognitive di gestione dello stress.

In definitiva, l’intervento multimodale, considerando l’ansia nei suoi molteplici

aspetti cognitivi e somatici, la affronta nelle sue diverse espressioni soggettive,

e aiuta l’ atleta a sviluppare programmi personalizzati di gestione dello stress:

in base alle situazioni egli deve imparare a modificare con rapidità ed efficacia

la tensione muscolare, il livello di arousal, il dialogo interno, le immagini

competitive e gli obiettivi.

35

5.7 BIOFEEDBACK (BFB)

Le ricerche sulla tecnica del biofeedback cominciarono negli Stati Uniti negli anni

quaranta e proseguirono fino agli anni settanta, circondate però da un alone di

mistero, dovuto ad un uso distorto di questo strumento.

Soltanto negli anni ottanta, però, la psicologia dello sport iniziò a mostrare interesse

per tale tecnica, utilizzata per ridurre la fatica ed il dolore, incrementare la forza

muscolare e controllare il ritmo cardiaco.

L’interesse si è successivamente spostato verso il miglioramento delle prestazioni e

l’individuazione delle condizioni psicologiche ad esse associate.

Nonostante una –recente- maggiore attenzione per la tecnica del biofeedback da

parte dei ricercatori, la letteratura evidenzia quanto invece tale tecnica sia poco

conosciuta e poco utilizzata nell’ambito sportivo al fine di migliorare la prestazione

atletica: molti coach ed i loro atleti non ne conoscono l’importanza e le potenzialità

nei processi di allenamento.

La tecnica in questione consente di gestire volontariamente alcune funzioni

fisiologiche -relative al sistema nervoso autonomo- che generalmente sfuggono al

controllo cosciente dell’individuo, ad esempio il battito cardiaco.

E’ quindi possibile ottenere un controllo volontario tramite un adeguato training di

apprendimento.

In questo processo assume rilievo il “rilassamento progressivo”, tecnica da tempo

utilizzata, nell’ambito sportivo, ed associata -più di recente- al biofeedback, allo

scopo di aumentare la concentrazione per migliorare la prestazione.

Il biofeedback, secondo quanto dimostrato da numerose ricerche, risulta essere

particolarmente efficace, per la gestione delle funzioni psicologiche, se affiancato

dall’utilizzo:

36

• del training autogeno, che consente di raggiungere il rilassamento ottimale.

• dall’imagery (tecnica di visualizzazione), che risulta essere la tecnica

migliore per raggiungere una maggiore attivazione.

L’utilità ed efficacia del biofeedback si sono mostrate in particolare in questi ambiti:

1) controllo dell’attivazione

2) riduzione dell’ansia da prestazione

3) riduzione del dolore e della fatica

4) incremento della forza muscolare

5) regolazione del ritmo cardiaco

6) gestione dello stress

7) ottimizzazione della performance

37

5.7.1 APPLICAZIONE PRATICA DEL BFB

La tecnica del BFB consiste nel fornire all’atleta un’informazione sensorialmente

percepibile ( un feedback, che può essere acustico o visivo ) tramite una apposita

apparecchiatura elettronica.

Questo consente di monitorare l’andamento di una funzione fisiologica volontaria

od autonoma dell’atleta allo scopo di operare una modificazione della funzione

stessa.

Attraverso il BFB è possibile quindi identificare le condizioni psicologiche

dell’atleta associate sia alle prestazioni negative che a quelle positive.

Le procedure maggiormente utilizzate in materia sono:

• La psicoregolazione

• Il rilassamento

• L’attivazione

• L’allenamento allo stress mediante l’uso delle strategie di coping, volte a

predisporre il soggetto ad affondare efficacemente successivi eventi

stressanti.

38

5.7.2 Il BFB: PROCEDURA DI PREPARAZIONE ALLA COMPETIZIONE

Per simulare le sensazioni delle situazioni di gara che l’atleta può incontrare, viene

utilizzato il BFB computerizzato ed il videoregistratore, abbinati a tecniche di

rilassamento e/o attivazione.

Questa tecnica viene suddivisa in tre stadi:

primo stadio: esame del livello “Baseline” dell’autoregolazione dell’atleta

secondo stadio: l’atleta viene istruito sul BFB ed impara la respirazione ed il

controllo consapevole delle sue risposte psicofisiologiche

terzo stadio: l’atleta impara a modificare volontariamente i propri livelli di

attivazione ed a mantenerli per quanto lo desidera.

In particolare, nel primo stadio inizialmente viene utilizzato un test per esaminare

il livello dell’autoregolazione dell’attivazione; dopo aver registrato la baseline

psicofisiologica, viene chiesto all’atleta di immaginare se stesso prima in uno stato

di riposo, poi in uno stato di tensione.

Tutto questo ha lo scopo di rilevare le misure di psicoregolazione usate in maniera

intuitiva dall’atleta e si suddivide in tre/quattro sessioni di diciotto minuti in

laboratorio.

Scopo primario del secondo stadio è invece quello di rinforzare le diverse

modalità di risposta al BFB dell’atleta, insegnandogli a gestirle in modo

consapevole. In questa fase vengono introdotte tecniche di mental imagery, di

rilassamento e respirazione.

Lo psicologo dello sport mostra all’atleta come rilassarsi o attivarsi: a questi stati

corrispondono variazioni psicofisiologiche diverse, rilevabili con il BFB e

visualizzate sul computer.

39

Durante la sessione l’atleta chiude gli occhi, si concentra e viene informato del

proprio livello di rilassamento o attivazione.

Il periodo per acquisire tale padronanza è lungo e individualizzato.

La seduta ha durata di diciotto/venti minuti in laboratorio.

Nel terzo stadio l’atleta si prepara mentalmente ad affrontare la gara : tutto quello

che ha appreso nelle fasi precedenti viene riportato sul campo.

In situazioni di allenamento viene chiesto allo stesso di immaginare e rivivere le

stesse sensazioni avute durante il periodo di gara, dallo stato di attivazione, prima

della competizione, alla simulazione mentale della competizione stessa.

Tramite queste tecniche di allenamento l’atleta può raggiungere una piena

padronanza dei propri stati mentali, imparando così a controllare le proprie risposte

psicologiche e biologiche in gara.

Il periodo per acquisire tale controllo varia da individuo a individuo.

Il tempo di ogni sessione è di diciotto/venti minuti in laboratorio e sul campo.

40

CAPITOLO 6

DESCRIZIONE DELLA PROCEDURA DI INDAGINE E OBIETTIVI

Sulla base degli obiettivi che ci siamo poste, abbiamo approfondito la nostra

indagine sull’ansia con metodiche di ricerca in campo pratico.

In particolare attraverso la nostra procedura di indagine volevamo stabilire:

• se i coach utilizzano tecniche per la gestione dell’ansia

• se tali tecniche corrispondono a quelle descritte in letteratura o sono di altro

tipo

• se l’utilizzo di tali procedure avviene in campo o fuori dal campo,

• se tale utilizzo avviene o meno con l’aiuto di uno psicologo

Parallelamente l’interesse è stato focalizzato sulle giocatrici:

• sui lavori da loro svolti per la gestione dell’ansia

• sulle tipologie di tecniche utilizzate

• sul ricorso all’ausilio di uno psicologo sportivo

• sull’evoluzione delle tecniche applicate alle giocatrici di ieri ed a quelle di

oggi

Ai fini dell’indagine, particolarmente interessante si è rivelato anche stabilire in

quali momenti, prima o durante la gara, le giocatrici avvertono un maggiore stato

d’ansia.

Ciò ha dato modo di scoprire momenti comuni a più atlete ed analizzare le

modalità con le quali loro stesse intervengono per gestire la propria ansia.

41

6.1 STRUMENTI UTILIZZATI

Per eseguire l’indagine sopra descritta, abbiamo realizzato ed utilizzato diversi tipi

di strumenti rivolti ai soggetti direttamente interessati a questa materia, i coach e le

giocatrici.

Tali strumenti sono stati:

1) Il questionario “A” per i coach (v. fig. 4)

2) Il questionario “B” per le giocatrici (v. fig. 5)

3) La scala delle sensazioni durante il match (v. fig. 6)

4) Il monitoraggio di due atlete “UNDER” di alto livello

42

3° CORSO PER TECNICI NAZIONALI

PROJECT WORK 2006 “ Gestione dell’ansia nelle atlete di alto livello “

Tutor : Dott. Massimo Di Paolo

Candidati: M° Naz. Margherita SalviniM° Naz. Alessia Vesuvio

QUESTIONARIO PER COACH

Cognome e Nome ………………………………………………

1° DOMANDA Fa effettuare lavori per la gestione dell’ansia?

SI NO

2° DOMANDA Se la risposta è NO, perché non li effettua?________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Se la risposta è SI, quale tipo di allenamento applica sul campo con il suo atleta? ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

3° DOMANDA Utilizza tecniche specifiche? Con quale frequenza?________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

4° DOMANDA Si avvale dell’aiuto di uno psicologo?

SI NO

5° DOMANDA Se la risposta è SI, quale tecniche utilizza lo psicologo?Con quale frequenza?________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

6° DOMANDA In entrambi i casi ( lavoro coach, lavoro psicologo ) che tipi di risultati sono stati ottenuti?________________________________________________________________________________________

Figura 4: questionario ”A” per coach

43

3° CORSO PER TECNICI NAZIONALI

PROJECT WORK 2006 “ Gestione dell’ansia nelle atlete di alto livello “

Tutor : Dott. Massimo Di Paolo

Candidati: M° Naz. Margherita SalviniM° Naz. Alessia Vesuvio

QUESTIONARIO PER GIOCATRICI

Cognome e Nome ………………………………………………

1° DOMANDA Effettui lavori sulla gestione dell’ansia?

SI NO

2° DOMANDA Se la risposta è SI, quanti giorni la settimana dedichi a questo tipo di lavoro?________________________________________________________________________________________3° DOMANDA A quanti anni hai iniziato ad effettuare tali lavori?_______________________________________________________________________________________

4° DOMANDA Fai un lavoro dentroo fuori dal campo? Adottando quale tipo di tecniche?________________________________________________________________________________________

5° DOMANDA Hai ottenuto risultati positivi con questi lavori?

Si No Qualche volta

6° DOMANDA In quali momenti avverti un maggiore stato d’ansia?

Prima della gara Nei primi games Nei punti importanti Se altro, quando?__________________________________________________________________________

7° DOMANDA Come gestisci la situazione in questi momenti?________________________________________________________________________________

figura 5: questionario “B” per giocatrici

44

3° CORSO PER TECNICI NAZIONALI

PROJECT WORK 2006 “ Gestione dell’ansia nelle atlete di alto livello “

Tutor : Dott. Massimo Di Paolo

Candidati: M° Naz. Margherita SalviniM° Naz. Alessia Vesuvio

QUESTIONARIO PER GIOCATRICI

Nome e Cognome ……………………………………………

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10EccitataFiduciosaRilassataVelocePotenteAll’ertaAttivaEnergicaStancaEsaustaPesanteContrariata TesaNervosaIrrequietaPreoccupataScoraggiataImbarazzataNostalgica

figura 6: scala sensazioni durante il match

45

6.2 MODALITA’ DI UTILIZZO

L’utilizzo concreto degli strumenti predisposti è avvenuto sottoponendo 13 coach al

questionario “A” e 12 giocatrici al questionario “B” ed alla scala delle sensazioni

durante il match, garantendo – come richiesto da molti - l’anonimato, ai fini di una

indagine più aderente possibile alla realtà (vedi allegati).

Siamo poi scese in campo, trascorrendo alcuni giorni con due atlete “under” di alto

livello ed osservandole durante i momenti di gara e di allenamento.

In questo caso considerazioni e valutazioni sono avvenute sempre tramite l’utilizzo

della scala delle sensazioni.

Proprio attraverso quest’ultima abbiamo infatti annotato dall’esterno, con l’aiuto del

loro coach, le sensazioni delle giocatrici nei momenti più “alti” e critici del match.

Questo in particolare quando il punteggio non era a loro favore, quando si

trovavano in situazioni di parità o di rimonta e comunque in tutte le situazioni di

stress a loro occorse.

La stessa scala delle sensazioni è stata poi compilata direttamente dalle tenniste

a fine partita, per un utile confronto tra la percezione dell’atleta e quella del proprio

coach a bordo campo.

46

6.3 SINTESI E COMMENTO DEI RISULTATI

6.3.1 COACH

Le risposte ottenute dai questionari rivolti ai coach sono risultate molto interessanti

e di natura diversa, talvolta anche contraddittoria, ma comunque utile per definire

in maniera più netta quelli che sono gli orientamenti in cui si divide il movimento

tennistico italiano su questa materia.

Unica caratteristica che sembra accomunarli tutti è uno stile piuttosto assertivo in

relazione alle proprie metodologie che sembra puntare ad accrescere - oltre alla

propria - anche l’autostima delle proprie giocatrici.

Abbiamo quindi riscontrato - in questo senso - posizioni nettamente favorevoli

all’utilizzo del supporto psicologico, che si personifica nella figura dello psicologo

sportivo .

In questo caso occorre però distinguere tra quanti già da tempo hanno la

possibilità di avvalersi di tale tipo di supporto, perchè inseriti in strutture sportive

ampie e ben organizzate , come i team , e coloro che invece, lavorando

privatamente , sperano soltanto di utilizzarlo in futuro, soprattutto riguardo alle

giovani atlete che si affacciano alla ribalta del tennis italiano ed internazionale.

Queste motivazioni hanno spesso radici di natura economica, che vedono

avvantaggiate le organizzazioni più ampie e con maggiori capitali, rispetto

all’iniziativa dei singoli che si assumono dei costi diretti in prima persona.

Esiste poi un altro orientamento, cui fanno parte un discreto numero di allenatori,

che confessano di praticare loro stessi tecniche di respirazione e visualizzazione al

fine di migliorare la prestazione della propria tennista .

In questi casi è il coach che si improvvisa specialista delle abilità mentali,

ammettendo tuttavia di aver ottenuto con queste tecniche buoni risultati .

Dalle loro risposte si evince che a tutto questo tipo di lavoro uniscono un’attività

dentro il campo con esercitazioni a carattere tecnico - tattico in modo da ricreare in

allenamento lo stesso stress fisico e psico – emotivo presente nelle situazioni di

gara .

47

Dall’altra parte troviamo un ulteriore orientamento tra quei coach che pur

sostenendo tecniche di supporto psicologico, sono nettamente contrari all’impiego diretto di uno psicologo per le giocatrici .

Molti allenatori infatti hanno dichiarato di aver ottenuto in passato risultati negativi e

prestazioni agonistiche delle proprie atlete piuttosto scadenti , lamentando

addirittura di non aver trovato alcun tipo di giovamento .

Alcuni invece inoltre hanno dichiarato “ Sono contrario all’aiuto dello psicologo in

quanto l’atleta finisce per esserne dipendente “.

Da alcune espressioni simili a questa abbiamo osservato una certa diffidenza nei

confronti dello psicologo, strettamente legata all’interposizione di questa figura nel

rapporto tra giocatrice e coach .

Il ricorso ad uno specialista è visto quindi solo come soluzione estrema in

situazioni in cui il tecnico non riesce ad ottenere dalla giocatrice i risultati

prefissati.

48

6.3.2. GIOCATRICI

Particolare interesse rivestono anche i risultati ottenuti con i questionari rivolti alle

giocatrici, tutte rappresentanti quest’ultime – pur con differenti età ed in diverse fasi

della carriera - dei vertici del tennis femminile italiano ed internazionale .

Anche le giocatrici hanno rivelato diverse attitudini all’utilizzo di supporto

psicologico.

Abbiamo infatti osservato, ad esempio, come vi sia un utilizzo tardivo dell’ausilio

psicologico nelle atlete già affermate, in particolare ultra trentenni.Queste, a termine della propria carriera, raggiunto un alto grado di maturità e di

stanchezza fisica e mentale, sentono infatti la necessità di uno psicologo che le

aiuti a mantenere alto il livello di prestazione perché ormai troppo razionali .

Alcune di loro praticano tecniche di training-autogeno lavorando sulle

sensazioni ( es : piedi a terra , impugnatura , presa molto allentata ) vista ( es :

guardare le corde ) udito (es : rumore della palla contro il piatto corde ) .

Anche l’imagery ( visualizzazione ) è una tecnica utilizzata, così come le tecniche per estinguere i momenti negativi da supplire con quelli positivi per poi riportarli

sul campo .

Un noto mental-trainer dice : “Abbandonare la mente , entrare in uno stato di

grazia per non pensare , per non irrigidirsi e giocare meglio “ .

Durante il match invece queste atlete affermate si aiutano con semplici tecniche di

rilassamento, come saltellare , scuotere gambe e braccia , spesso secondo una

loro sviluppata abitudine: “ un professionista personalizza i propri esercizi “ .

49

Riscontri diversi si ottengono invece fra le atlete ormai uscite dal circuito, dopo

aver ottenuto buoni risultati e un discreto piazzamento nella classifica mondiale

WTA.

Quest’ultime ci testimoniano come in passato si facesse un moderato utilizzo di

training - autogeno, peraltro all’epoca ancora in via sperimentale.

L’uso di queste tecniche tuttavia spesso avveniva in maniera del tutto casuale , per

curiosità.

Tali opportunità erano un tempo offerte alla giocatrice dal circolo di appartenenza,

ma senza avere scopi ben precisi .

Tra le giovanissime - Under 14 - non abbiamo riscontrato uso di alcun tipo di

tecniche, tantomeno la presenza di psicologi.

Gli stessi allenatori hanno dichiarato di essere contrari all’utilizzo di uno psicologo

sportivo, per atlete al di sotto dei 15 anni .

A partire dalle giocatrici - Under 16 - si comincia invece ad osservare l’utilizzo di

tecniche di respirazione e visualizzazione e, solo in alcuni rari casi, l’ausilio dello

psicologo .

In particolare, solo alcuni coach che allenano atlete juniores di alto livello e inserite

in strutture ben organizzate si avvalgono dell’aiuto dello psicologo.

Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di far acquisire alle proprie atlete una

buona dose di autoconsapevolezza e autostima , rafforzando così il loro carattere.

Ciò permette così alle tenniste di affrontare nel miglior modo possibile le situazioni

di ansia e stress presenti nelle competizioni e nei singoli match .

50

Complementare al questionario, per definire l’indagine sulle giocatrici è stata la scala delle sensazioni.Grazie a quest’ultima abbiamo infatti potuto comprendere come una buona parte

delle atlete avverta maggiore ansia prima della gara e nel corso dei primi games:

in tali situazioni le giocatrici si sentono, da una parte , molto nervose ed irrequiete,

dall’altra fortemente fiduciose ,energiche e potenti .

L’impressione che ne abbiamo tratto è che la scala delle sensazioni sia stata molto

utile anche alle stesse atlete cui l’abbiamo sottoposta (soprattutto quelle più

giovani) poichè forse , fino a questo momento, non si erano mai soffermate a

“ studiare “ se stesse in tali situazioni.

Il monitoraggio delle due atlete under di alto livello ha fornito ulteriori elementi di

interesse all’indagine.

Abbiamo così constatato che:

• durante il match, in situazione di vantaggio, la famosa “paura di vincere “

non ha mai preso il sopravvento e quindi nessuna tecnica per la gestione

dell’ansia è stata utilizzata ;

• In situazioni di rimonta le atlete uniscono invece al loro stato fisico di

potenza e velocità, tecniche di self-talk per aiutarsi a mantenere alto il livello

di prestazione , in quel momento più che soddisfacente ;

• in situazioni di parità , ottenuta dopo una lunga rimonta , stanche fisicamente

ed emotivamente nervose ed irrequiete , provano a gestire la situazione con

tecniche di respirazione prima di ogni punto ed al cambio campo , e con

gesti rituali come saltellare e sistemare le corde .

51

• durante le sedute di allenamento in campo le giocatrici , con il proprio coach,

provano a simulare situazioni di gara tramite esercitazioni tecnico-tattiche,

allenando così la tecnica dei colpi in situazioni stressanti sia fisicamente che

mentalmente.

• nel confronto tra la percezione dell’atleta in gara e quella del coach a bordo

campo risulta come, nell’ambito femminile, alla stretta relazione di fiducia

fra questi due soggetti corrisponda anche una comprensione molto simile

delle emozioni sviluppatesi durante la gara.

Anche in questo caso merita sottolineare come queste atlete da noi sottoposte a

monitoraggio vivano e si allenino in una struttura ampia e ben organizzata, con

uno psicologo a disposizione che le aiuta , in quanto ancora giovani , a rafforzare il

loro carattere migliorando la loro autoconsapevolezza e autostima per aumentare il

livello di prestazione .

52

6.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La nostra indagine pratica ci ha sicuramente fornito dei punti fermi di riflessione in

merito alla gestione dell’ansia.

E’ chiara la difficoltà a sintetizzare dei risultati non omogenei, poiché tutti gli

intervistati - giocatrici ed allenatori -, pur sottolineando l’importanza dell’aspetto

mentale, giungono poi ad approcci e ricette molto diverse sull’argomento.

Alcuni coach hanno mostrato anche una certa ritrosia o comunque riservatezza a

trattare la materia, forse temendo di svelare i propri “segreti” sulla gestione

dell’ansia, soprattutto quando si tratta di giocatrici TOP.

Comunque, nel corso degli anni l’interesse per la cura dell’elemento ansioso nel

tennis è notevolmente aumentato, soprattutto se consideriamo che in passato

l’utilizzo delle tecniche per la gestione dell’ansia era puramente casuale ,

improvvisato e spesso limitato al solo training autogeno.

L’ansia è oggetto oggi di grande attenzione e discussione , poichè, in alcuni casi,

la sua gestione è ritenuta fondamentale per il coronamento di una carriera di atleta

ad alti livelli.

Altri risultati ci mostrano come venga invece utilizzata soltanto come un ulteriore

allenamento e spinta al fine di migliorare la prestazione in campo .

Nel corso della ricerca è emerso spesso quanto la giocatrice di tennis mostri una

particolare fragilità e cerchi supporto psicologico nel proprio allenatore stringendo

rapporti talmente stretti da diventare talvolta anche legami di natura più

strettamente personale e affettiva.

Dobbiamo purtroppo sottolineare che del bagaglio culturale di allenatori , tecnici

del settore ed anche di molte giocatrici non fanno parte molte delle tecniche di

gestione dell’ansia descritte in letteratura .

53

Nella nostra indagine, infatti, le tecniche applicate sono risultate sempre le stesse

( vedi fig. 7 ) :

1. respirazione, 2. visualizzazione3. self-talk 4. training autogeno.

Tecniche maggiormente utilizzate

0123456789

101112

Training autogenoSelf-talkImageryRespirazione

figura 7

Queste tecniche, peraltro, sembrano essere adottate solo perché ritenute più

semplici e dettate dall’esperienza.

Altri coach invece, pur conoscendo l’esistenza di altre procedure come quelle da

noi sopra descritte, spesso trovano difficoltà nell’applicarle praticamente.

Ciò è dovuto a una conoscenza solo teorica, per non averle mai viste applicate nel

nostro sport e non essere quindi in grado di ripeterle.

In questo senso appare chiara l’utilità di corsi pratici riservati a chi lavora nel

settore, che consentano un più stretto contatto tra coach e psicologi, anche al fine

di superare fin troppo radicate diffidenze .

54

Questo, in parte, avviene già per quelle giocatrici che hanno la possibilità di

allenarsi in centri dove vengono messe a loro disposizione dall’ organizzazione

entrambe le figure.

In caso contrario l’allenatore dovrà invece continuare a ricoprire lui stesso i diversi

ruoli, ma acquisendo una certa competenza anche nel campo delle abilità mentali,

proprio per poter garantire un allenamento completo e quindi più efficace.

Eventuali corsi di formazione potrebbero incuriosire anche coloro che non

manifestano alcun interesse alla materia , essere utili a quelli che in passato hanno

avuto una brutta esperienza nel settore e a quelli che temono l’interposizione dello

psicologo nello strettissimo rapporto coach - giocatrice .

Riteniamo inoltre che qualcosa in più debba essere fatto anche nel settore

giovanile, per abituare le ragazze a confrontarsi presto anche con le dinamiche

ansiose ed a conoscere più a fondo se stesse sin dai primi passi della carriera

professionistica.

55

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

• Bortoli L.,Gramaccioni G.F.,Robazza C. “ La Preparazione mentale nello

sport ” , Edizioni Pozzi Roma (1994)

• Butler R. J. “ Psicologia sportiva “ , Il pensiero scientifico (1998)

• Castellani A. “ La preparazione psicologica del tennista “ Editori Del Grifo

Montepulciano (1983)

• Cei A. “ Psicologia dello sport ” ed. Il Mulino Bologna (1998)

• Longoni U. “ Questioni di testa “, Calderini Bologna (1995)

• Martens R., Bump L.A. “ Psicologia dello sport” , Borla Roma (1991)

• Most P. Psicologia dello sport, Masson Milano (1983)

• Russo Salvatore, “ansia precompetitiva,rabbia e aggressività. Uno studio

sulla personalità degli atleti di alto livello” , CULC Catania (2003)

• Salvini Alessandro, Identità femminile e sport, La Nuova Italia (1982)

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RIFERIMENTI WEB

• www.alleniamo.com

• www.cipsef.it

• www.jb.tennis.net

• www.psicologiadellosport.it

• www.psicologiasportiva.it

• www.psicosport.it

• www.psyco.com

• www.psymedisport.com

• www.sportmedicina.com

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Un particolare ringraziamento a quanti, fra coach e giocatrici,

rappresentando i vertici del movimento tennistico femminile nel nostro paese ,

hanno contribuito alla raccolta dei dati elaborati in questo lavoro .

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