Progetto reheat attemperator

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REHEAT ATTEMPERATOR IN ACCIAI X10CrMoVNb9-1 e X10CrWMoVNb9-2 Autori: Luca Giulia Alessia Moretti Christian Nesa Riccardo Ortelli Danilo Paganoni Andrea

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REHEAT ATTEMPERATOR IN ACCIAI X10CrMoVNb9-1 e

X10CrWMoVNb9-2 Autori: •  Luca  Giulia  Alessia  •  Moretti  Christian  •  Nesa  Riccardo  •  Ortelli  Danilo  •  Paganoni  Andrea    

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Sommario  1.   Abstract ......................................................................................................................................... 3  

2.   Descrizione del reheater attemperator .......................................................................................... 4  

3.   Presentazione dei materiali assegnati: x10crmovnb9-1 e x10crwmovnb9-2 ............................... 6  

3.1   Individuazione di un terzo materiale idoneo alla realizzazione del componente ................ 7  4.   Tecnologie di ottenimento del componente ................................................................................ 10  

5.   Condizioni di lavoro e problematiche di utilizzo dell’attemperatore ......................................... 12  

6.   Forme di degrado attese in esercizio .......................................................................................... 16  

6.1   Il creep ............................................................................................................................... 16  

6.2   La fatica meccanica ............................................................................................................ 17  

6.3   Interazione tra fatica meccanica e creep ............................................................................ 17  

6.4   La fatica termica ................................................................................................................ 18  

6.5   Usura e corrosione ............................................................................................................. 19  7.   Saldatura ..................................................................................................................................... 20  

7.1   Descrizione passate di saldatura ........................................................................................ 22  

7.2   Ciclo di saldatura ............................................................................................................... 24  

8.   Progettazione del componente .................................................................................................... 25  

8.1   Definizione delle sollecitazioni ammissibili ...................................................................... 25  

8.2   Curva dei costi/sollecitazioni ammissibili ......................................................................... 26  

8.3   Definizione della geometria del componente .................................................................... 27  

8.4   Definizione del ramp rate ammissibile .............................................................................. 29  

9.   Verifica delle condizioni in esercizio ......................................................................................... 32  9.1   Verifica al creep ................................................................................................................. 32  

9.2   Verifica alla fatica termica ................................................................................................. 37  

9.3   Sovrapposizione degli effetti: creep e fatica termica ......................................................... 38  

9.4   Verifica all’ossidazione ..................................................................................................... 39  

10.   Conclusioni ............................................................................................................................. 44  

11.   Bibliografia ............................................................................................................................. 46  

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1.   ABSTRACT

Il presente lavoro ha come obbiettivo il dimensionamento delle tubazioni di una sezione di un attemperatore collocato nel risurriscaldatore di una caldaia a polverino di carbone. In particolare, le fasi seguite per la progettazione sono:

•   Costruzione delle curve di sforzo ammissibile e analisi di costo: In questa fase si considerano i valori di sforzo del materiale in funzione dalla temperatura con l’obiettivo di tracciare una curva rappresentante i valori di sforzo massimo ammissibile. Ad ogni valore di temperatura analizzato si valuta anche la competitività economica dei materiali considerati.

•   Definizione della geometria del componente: Considerate le condizioni di progetto assegnate ed i risultati ottenuti al punto precedente, si calcola la geometria minima resistente a partire dalla quale si definisce la geometria nominale del componente.

•   Calcolo dei massimi “ramp rate”: Affinché la progettazione tenga conto degli effetti legati a sollecitazioni di fatica termica, si valutano le massime velocità dei transitori termici sopportabili dai materiali.

•   Verifica di resistenza allo scorrimento viscoso: Note le geometrie effettive, si verificano le sollecitazioni a creep per diverse possibili condizioni di lavoro a cui può esser soggetto il componente nel corso della sua vita utile.

•   Verifica di resistenza alla fatica termica: Fissate le condizioni di gestione dell’impianto, si verifica la capacità del componente di resistere agli sforzi indotti dai transitori termici.

•   Verifica di resistenza alla combinazione creep-fatica termica: Data la compresenza, nelle condizioni di esercizio, sia dello scorrimento viscoso sia della fatica termica, si verifica la capacità del componente di resistere allo sforzo complessivo generato da entrambi.

•   Valutazione dell’impatto dell’ossidazione: Si valuta il danneggiamento provocato dall’ossidazione in termini di spessore resistente perso; si valutano inoltre le conseguenze economiche derivanti da possibili soluzioni del problema.

La procedura sopra elencata è stata svolta per due materiali (X10CrMoVNb9-1 e X10CrWMoVNb9-2) con l’obiettivo di identificare quello che meglio si adatta all’impiego.

Per il lavoro si è fatto riferimento alle seguenti normative:

•   BS EN 10216: “Seamless steel tubes for pressure purposes — Technical delivery conditions” •   UNI EN 12952: “Caldaie a tubi d’acqua e installazioni ausiliarie”

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2.   DESCRIZIONE DEL REHEATER ATTEMPERATOR

Allo scopo di limitare la temperatura in ingresso alla turbina a vapore, in modo da non superare la temperatura di progetto e quindi salvaguardare i componenti sollecitati, si effettua un attemperamento (che può essere collocato tra i banchi dell’ SH o tra quelli dell’ RH), cioè si inietta nel vapore una portata di acqua attemperante (proveniente dall’acqua di alimento della caldaia), che evaporando (entrando in contatto diretto con il vapore), raffredda il vapore stesso.

Figura 1 sezione 3D dell'attemperatore

Questa portata d’acqua, per limitare le irreversibilità dovute al miscelamento va prelevata alla minore pressione possibile (ma comunque superiore a quella del vapore in cui deve essere iniettata) e alla maggiore temperatura possibile (ma comunque sufficientemente inferiore a quella del vapore in modo che la miscela raggiunga l’obiettivo desiderato di non superare la temperatura limite). L’acqua è iniettata perpendicolarmente al flusso di vapore surriscaldato come spray.

Figura 2 grafico T-Q del miscelamento nell'attemperatore

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Figura 3 grafico T-Q vapore surriscaldato

L’attemperamento nell’RH è praticato solo in condizioni critiche e non per il regolare controllo di temperatura poiché attemperare nell’ RH comporta la riduzione del rendimento di tutto il ciclo poiché la portata attemperante espande solo negli stadi di turbina di media e bassa pressione bypassando quelli di alta.

E’ inoltre da tenere presente le quantità in gioco: per diminuire il flusso di calore dello 0,2% è necessaria una quantità di spray pari all’ 1% del flusso di vapore (e ragionevolmente la portata di acqua attemperante non può superare l’8% del flusso di vapore).

Figura 4 schema parziale di impianto con attemperatore nell'SH

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3.   PRESENTAZIONE DEI MATERIALI ASSEGNATI: X10CRMOVNB9-1 E X10CRWMOVNB9-2

I gradi 91 e 92 sono acciai ferritico-martensitici fortemente legati. Hanno tenori di C bassi (0,08-0,12%) e tenori di Cr medi (8-9,5%), sono inoltre controllati i tenori di nichel (<3-4%) e azoto (0,03-0,07%). Questi tenori di cromo rendono questi materiali abbastanza resistenti alla corrosione. La presenza del molibdeno in questi tenori da rafforzamento per soluzione solida e consente quindi una buona resistenza a creep. Vanadio e niobio generano carburi e nitruri che migliorano la resistenza a creep grazie al rafforzamento per precipitazione. Quindi essendo materiali resistenti a creep possono essere utilizzati per l’impiego temperatura anche elevata (fino a 610°C) e per la resistenza a corrosione possono essere utilizzati nei circuiti con vapore per realizzare flange e tubi. La composizione chimica è dettagliata nella seguente tabella:

Tabella 1 composizione grado 91 e 92

La composizione del grado 92 si differenzia dal 91 per l’aggiunta di tungsteno (W) che da un ulteriore contributo di rafforzamento per soluzione solida e di boro (B) che origina carburi di piccola dimensione e quindi rafforza come precipitati fini. Per queste ragioni la resistenza a creep del grado 92 è maggiore e quindi ci si può spingere a temperature anche di 10°C superiori rispetto al grado 91 (fino a 620°C).

Questi materiali richiedono particolare attenzione nell’esecuzione di giunzioni saldate (saldature automatiche e non manuali) al fine di mantenere le stesse caratteristiche di resistenza a scorrimento viscoso del materiale base altrimenti perderei i vantaggi che l’utilizzo di questo acciaio comporta.

Questi acciai nel loro ciclo tecnologico vengono normalizzati cioè subiscono una ‘ricottura in aria’ cioè vengono riscaldati a temperature superiori a quelle dei punti AC in modo da trasformare tutto l’acciaio in fase γ, l’acciaio viene mantenuto a quella temperatura per un tempo sufficiente perché le trasformazioni di fase avvengano in tutto il pezzo e un successivo raffreddamento lento in aria. Rispetto alla ricottura completa che avviene in forno posso ottenere con la normalizzazione grani più fini e quindi un carico a rottura e snervamento superiori. Questi acciai vengono poi anche rinvenuti

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dopo una tempra (tempra+ rinvenimento=bonifica). Il rinvenimento ha lo scopo di distruggere l’eccessiva durezza e fragilità acquisita dall’acciaio con la tempra, nonché lo stato di tensione del materiale dovuto al brusco raffreddamento della tempra. Grazie al rinvenimento il materiale diventa quindi più duttile grazie al grano che diventa più fine. Le principali caratteristiche meccaniche dei due gradi di acciai sono:

Tabella 2 principali proprietà del P91 e P92 [11]

I due materiali sono molto simili anche per quanto riguarda la durata a fatica ma il P92 è più performante e ciò è dovuto al fatto che ha un Rm più elevato.

Tabella 3 proprietà deformazione ciclica [11]

3.1   INDIVIDUAZIONE DI UN TERZO MATERIALE IDONEO ALLA REALIZZAZIONE DEL COMPONENTE

L’alternativa commerciale al P91 e P92 per la realizzazione del componente è l’E911 (X11-CrMoWVNb9-1-1 ).

Figura 5 composizioni chimiche [11]

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Testando i tre materiali a creep (a 600 °C a 100000 h ) lo sforzo a rottura è risultato minore per il P91 e maggiore e simile per il P92 e l’E911 (il P92 è risultato più performante). Questo effetto è dovuto al rafforzamento causato dal W che nel caso del P91 è assente.

Analizzando invece una prova iso-sforzo (120 MPa ) si ottengono, per le varie temperature e ore di prova, queste curve per i nostri acciai:

Figura 6 tempi di rottura per prova iso-sforzo [11]

Ulteriore analisi mostra la velocità di creep secondario per diversi valori dello sforzo operando a due diverse temperature ( 600 e 650 °C). I dati per i tre acciai mostrano due diverse regioni di comportamento a creep che possono essere descritti dalla legge di Norton con due diversi valori di K e n. Ad alti sforzi il valore di n è circa 16, mentre a bassi sforzi è circa 6 . Ad alti sforzi si osserva che la differenza di velocità di creep secondario tra i vari materiali è trascurabile.

Figura 7 velocità a creep dei vari materiali [11]

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La microstruttura dei tre acciai consiste di martensite rinvenuta con alta densità di dislocazioni e carburi, nitruri e carbonitruri finemente distribuiti. Questa microstruttura deve rimanere stabile durante l’esercizio negli impianti di potenza a vapore.

Per quanto riguarda il materiale pre-esercizio la densità di dislocazioni e la grandezza media del grano sono simili per il P92 e P91 mentre per l’E911 ci sono meno dislocazioni e la grandezza del grano è superiore.

Tabella 4 densità delle dislocazioni e dimensioni medie del grano [11]

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4.   TECNOLOGIE DI OTTENIMENTO DEL COMPONENTE

Per avere più garanzie dal punto di vista della resistenza, i tubi che devono sopportare il passaggio di vapore in pressione, sono realizzati senza saldatura, in questo modo infatti sono parte di un unico pezzo che è ottenuto tramite trafilatura a freddo.

La trafilatura è simile all’estrusione solo che si differenzia perché il materiale viene tirato all’uscita e quindi sollecitato a trazione invece che a compressione. Il massello è quindi forzato a passare attraverso un foro sagomato (matrice) operando così una riduzione della sezione.

Quindi con il processo di trafilatura a freddo ottengo barre a sezione costante della dimensione voluta all’uscita e quindi sollecitato.

Figura 8 deformazione plastica

Il processo può essere considerato come un tipico processo stazionario perché se si isola il volume di riferimento, contenente la zona nella quale avviene la riduzione di diametro, il flusso di materiale

avviene in condizioni di stazionarietà, con tensioni e deformazioni costanti nel tempo. Nel caso dell’idealità è possibile calcolare lo sforzo di deformazione plastica come:

(1)     𝝈𝒅 =𝑲𝜺𝟏𝒏

𝒏 + 𝟏  𝐥𝐧  (𝑨𝟎𝑨𝒇)

Il lingotto così ottenuto viene ora riscaldato fino a temperature dell’ordine dei 1300 °C e viene forato per deformazione plastica a caldo secondo un processo detto ‘Mannesmann’ in cui il pezzo viene sottoposto a compressione e rotazione grazie a due rulli sghembi. Quindi si produce un movimento di avanzamento elicoidale del massello contro una spina per ottenere dal massello un cilindro forato.

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Figura 9 processo Mannesmann

Per trasformarlo in un tubo di dimensioni commerciali, bisogna allungarlo, aumentare il diametro interno, diminuire il suo spessore e renderlo uniforme. Per fare ciò il tubo passerà da un laminatoio a passo pellegrino che è dotato di due cilindri oltre all’apparato di alimentazione. I due cilindri hanno senso di rotazione opposto all’avanzamento del tubo.

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5.   CONDIZIONI DI LAVORO E PROBLEMATICHE DI UTILIZZO DELL’ATTEMPERATORE

L’attemperatore, come si è visto, è quel componente dell’impianto atto a ridurre la temperatura del vapore, portando il vapore surriscaldato a diretto contatto con acqua.

L’acqua attemperante viene fatta entrare nell’attemperatore e viene poi suddivisa in tanti piccoli getti in modo da promuovere l’atomizzazione finale in presenza del vapore

Figura 10 Atomizzazione primaria a valle dell'ugello di iniezione di un attemperatore [9]

A valle della gola dell’ugello di iniezione, si crea una miscela di acqua e vapore che si immette poi nel flusso principale di vapore della tubazione di inter-stadio in cui l’attemperatore è posizionato. In questo modo lo scambio termico tra i due flussi è ottenuto lontano dalle pareti della tubazione, consentendo la massima efficienza di de-surriscaldamento del vapore con una minima usura procurata alle pareti.

Quello che accade è che le goccioline d’acqua attemperante vengono rapidamente portate al punto di ebollizione ed evaporano, assorbendo calore dal flusso di vapore principale.

Il tempo per la completa evaporazione dipende dalla superficie totale del volume d’acqua introdotta e in particolare risulta proporzionale al quadrato del diametro medio delle gocce formate. Se le gocce, nel tratto a valle, non dovessero evaporare prima di raggiungere il sensore di temperatura (atto al controllo e alla regolazione dell’attemperatore stesso) esse bagnerebbero il sensore, tendendo a compromettere il controllo della temperatura voluta.

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Per quanto riguarda le problematiche vere e proprie legate all’utilizzo dell’attemperatore, tra le più importanti vi è l’aggiunta di una quantità indesiderata di acqua alla linea di vapore come risultato di una impropria gestione del componente stesso. Infatti, una scorretta regolazione dell’iniezione d’acqua nelle linee inter-stadio, da parte dell’attemperatore, si traduce molto spesso in danneggiamenti da shock termici delle tubature e, nei casi più severi, in erosione dei gomiti delle stesse e dei surriscaldatori più a valle (circa il 25% dei casi di danneggiamenti nei tubi di SH è attribuibile agli attemperatori a monte). Problemi di questa portata causano importanti ripercussioni su tutto l’impianto, obbligando a shutdown non pianificati dell’impianto stesso e a onerose riparazioni.

Figura 11 [3]

Un’altra tipica problematica legata agli attemperatori, anche se non altrettanto rovinosa, è l’incapacità di mantenere un controllo preciso dei valori di temperatura finale del vapore entro specifici range; questo accade quando l’attemperatore presenta un valore di turndown (rapporto tra la portata massima e la portata minima fatta transitare) insufficiente, quando le variazioni del flusso di acqua iniettata non vengono regolate con adeguata precisione o quando le perdite e i trafilamenti attraverso gli elementi costituivi del componente superano la domanda istantanea di acqua da iniettare.

Le cause all’origine di queste problematiche evidenziate sono da ricercarsi in: una cattiva progettazione dell’attemperatore e/o dell’elemento di controllo dell’iniezione d’acqua, una cattiva installazione di questi componenti o una strumentazione di controllo non adeguata alle condizioni operative dell’impianto.

Va tenuto presente, infatti, che i requisiti di funzionamento per un attemperatore sono molto stringenti. Innanzitutto, per quanto riguarda gli sbalzi termici: i materiali che lo costituiscono possono trovarsi per lungo tempo esposti ad alte temperature senza che siano bagnati da alcun flusso interno di acqua, per poi esser improvvisamente messi in contatto, non appena è richiesto, con il flusso di acqua (relativamente) fredda da iniettare; le differenze di temperature sperimentate dai materiali possono così raggiunger valori dell’ordine dei 300-400°C.

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Questo tipo di transitori che caratterizza il funzionamento di un attemperatore causa fatica e stress termici nel componente; ad oggi, tipicamente, un attemperatore è progettato perché possa resistere, nell’arco della sua vita utile, a un numero di transitori termici di questo tipo dell’ordine di 10000.

Figura 12 [3]

Inoltre, supponendo di utilizzare attemperatori “a sonda” (del tipo mostrato in figura 13, con una sonda per la misura della temperatura del vapore posta all’estremità inferiore), va tenuto presente che spesso si creano vibrazioni legate al distacco di vene fluide con formazioni di vortici e alle alte energie cinetiche del flusso di vapore incontrato dalla sonda.

Figura 13 Modello della struttura di un attemperatore a sonda [9]

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Le vibrazioni indotte da questi vortici, insieme con le alte temperature, possono poi causare la rottura del giunto saldato tra la flangia su cui è montata la sonda e la parte inferiore del componente.

Il ciclaggio termico, inoltre, può avviare una fessurazione della saldatura tra la testa dell’ugello (di uscita dell’acqua attemperante) e questa regione inferiore dell’attemperatore, allentando la testa stessa e cambiando di conseguenza l’orientazione dell’angolo dello spray iniettato.

Per quanto riguarda infine il controllo del flusso attemperante spruzzato, è necessario che la valvola di controllo scelta dal progettista sia tale da permettere un alto valore di turndown, a fronte anche di marcate variazioni delle perdite di carico del flusso d’acqua che percorre l’attemperatore nelle diverse condizioni operative.

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6.   FORME DI DEGRADO ATTESE IN ESERCIZIO

Le forme di degrado che si potrebbero manifestare durante l’esercizio sono principalmente: creep, fatica meccanica, fatica termica, usura e corrosione.

6.1   IL CREEP

Il creep o scorrimento viscoso è un fenomeno di deformazione inelastica dipendente dal tempo che si presenta nei metalli soggetti a sforzi a temperature omologhe (T/Tm)> 0,3-0,4 causando una riduzione drastica di resistenza agli sforzi del materiale stesso. Dalle prove sperimentali si evince che, all’aumentare della temperatura, il metallo subisce un aumento della dilatazione termica e della conducibilità termica che portano a un maggiore allungamento percentuale e riduzione della sezione resistente. E’ da sottolineare che, in caso di T < TS, lo sforzo costante induce una deformazione elastica e plastica senza che questa continui fino a rottura: non vi è infatti abbastanza energia per il movimento delle dislocazioni, quindi ad un certo punto la deformazione si arresta. Oltre a ciò si ha la riduzione del modulo elastico che comporta, simultaneamente agli effetti precedenti, la vicinanza delle curve dei valori RP0,2 e RM in modo critico. Questa condizione influenzerà molto la scelta del materiale e le sue condizioni di esercizio poiché, come si vede per l’esempio in figura 14, i valori di sforzo ammissibili possono ridursi più del 80% passando dalla temperatura ambiente a una temperatura di esercizio di 600°C.

Figura 14 Andamento percentuale di RM, RP0,2, Z, A

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Questo fenomeno non è unicamente funzione della temperatura bensì, come descritto dalla relazione di Larson Miller, anche dal tempo di permanenza nella condizione di esercizio (presenza di sforzi e temperature elevate).

(2)     𝑷𝑳𝑴 = 𝑻   𝑲 ∗ 𝐥𝐨𝐠𝟏𝟎 𝒕   𝒐𝒓𝒆 + 𝒄𝒐𝒔𝒕

I componenti dell’impianto verranno quindi progettati secondo particolari leghe le quali possiedono intrinsecamente maggiori capacità di resistenza ai fenomeni microscopi alla base del creep dipendenti dalla diffusione come il movimento delle dislocazione e delle vacanze. Il movimento delle dislocazioni viene rallentato notevolmente attraverso gli atomi di soluto disciolti nella lega i quali generano un effetto di dragging che rallenta il glide delle dislocazioni. Maggiore è la concentrazione degli elementi sostituzionali e maggiore è il rafforzamento. Gli acciai X10CrMoVNb9-1 e X10CrWMoVNb9-2 essendo molto legati soddisfano i requisiti di resistenza a creep diminuendo i fenomeni di diffusione. Scegliendo metalli con maggiore temperatura di fusione, inoltre, si avranno valori di energia di attivazione dei moti diffusionali più alti quindi una minore probabilità di movimenti atomici all’interno del grano. Infine si tenderà ad avere leghe con grani di grandi dimensioni che permettono un ulteriore ostacolo ai meccanismi diffusionali. La teoria della resistenza a creep dei metalli, nella progettazione, poi si confronterà con altri aspetti ingegneristici economici come il costo del materiale o la sua resistenza ad altri fenomeni termici meccanici o chimici.

6.2   LA FATICA MECCANICA

La fatica meccanica avviene quando il componente viene sottoposto a cicli meccanici, come l’accensione e spegnimento degli impianti o la continua variazione di carico, ed è un ulteriore criticità che porta la rottura anticipata del componente rispetto alla sua vita attesa tenendo conto dei soli parametri di sforzo della lega utilizzata. La fatica agisce prevalentemente per generazione e propagazione di cricche, che aumentano all’aumentare del numero di cicli e della tipologia di ciclo (il più critico è il ciclo alternato in corrispondenza di un valore R= -1 dove R rappresenta il rapporto tra lo sforzo minimo e quello massimo), le quali si formano prevalentemente in corrispondenza degli intagli poiché sono i punti di maggiore sollecitazione. La trattazione è più complessa di quanto ci si aspetti in quanto la durata del componente non diminuisce univocamente rispetto al medesimo componente senza intagli ma è funzione del tipo di materiale, se duttile, se la lega possiede reticolo cristallino CFC o CCC.

6.3   INTERAZIONE TRA FATICA MECCANICA E CREEP

La fatica, agendo simultaneamente al creep, determina condizioni più critiche dei due fenomeni presi separatamente e in base al numero di cicli e all’hold time uno delle due forme di degrado sarà più rilevante dell’altro. Un metodo semplice per valutare le condizioni di un componente in cui agiscono creep e fatica è sommare i rispettivi effetti normalizzati tramite l’equazione 3:

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(3)    𝒏𝑵𝒅 𝒋

𝒋@𝒌

𝒋@𝟏

+𝒕𝒕𝒅 𝒍

𝒍@𝒌

𝒍@𝟏

≤ 𝑫

La figura 15 mostra l’area di corretto esercizio di un componente considerando creep e fatica: i due effetti combinati e normalizzati saranno sempre minori di 1.

Figura 15 Combinazione degli effetti del creep con la fatica

6.4   LA FATICA TERMICA

La fatica termica è l’equivalente di quella meccanica ma la sua causa scatenante sono i gradienti termici che si formano durante i transitori di riscaldamento o raffreddamento dell’impianto. In questo caso le condizioni più critiche non sono gli intagli, che possono essere, in certi casi, attraversati da teoriche linee isoterme, ma gli spigoli dove i gradienti termici sono maggiori e quindi dove si formeranno le cricche. Il raffreddamento è un transitorio termico che porta alla formazione di stati di sforzo di trazione, i più pericolosi per materiali fragili o già criccati. Per avere un componente resistente agli shock termici devono esser usati materiali con alta conduttività termica e basso coefficiente di dilatazione lineare come suggerisce l’indice di resistenza allo shock termico (Eq. 4). Le leghe maggiormente utilizzate per un attemperatore sono acciai ferritici quindi con un alpha minore degli austenitici tuttavia la conduttività termica è anch’essa minore per gli elementi di lega quindi i due effetti si contrappongono.

(4)     𝑻𝑹𝑪 =𝝈𝒂  𝒓𝒐𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂

𝑬 ∗𝒌𝜶

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6.5   USURA E CORROSIONE

L’usura è un deterioramento superficiale dei metalli cioè un decadimento, che evolve nel tempo, delle prestazioni meccaniche, estetiche e funzionali del componente associata all’asportazione di materiale, al suo riposizionamento o alla formazione di fini particelle. Siccome il caso considerato è relativo a tubazioni non si avranno moti relativi tra due superfici metalliche bensì un’usura di tipo erosiva cioè legata al contatto tra un solido e un fluido che normalmente è corrosivo.

La corrosione consiste nella formazione di ossidi, idrossidi, carbonati, carburi o solfati che portano alla riduzione dello spessore metallico per distacco delle scaglie del terzo elemento o perforazione localizzata. Nel caso in esame la corrosione nell’attemperatore è di tipo umido cioè l’ambiente è caratterizzato dalla presenza di acqua la quale ad alta temperatura è molto corrosiva rispetto all’aria ambiente. La formazione di uno strato, essenzialmente ceramico, equivale a una diminuzione della sezione resistente che per X10CrMoVNb9-1 e X10CrWMoVNb9-2 risulta molto elevata, circa 12 mm per il primo e 16 mm per il secondo (al riferimento di 600 °C e dopo 200.000 h di servizio), che porta a un aumento delle sollecitazione. Oltre a ciò lo strato ceramico funge da isolate che peggiora lo scambio termico dei tubi aumentando il valore differenziale logaritmico della temperatura riferito allo spessore metallico. La presenza di scaglie nell’attemperatore inoltre può portare a ostruzioni del tubo nonché a un raffreddamento poco omogeneo della corrente vapore.

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7.   SALDATURA

Sample Welding Procedure Specification (WPS) Form P91

Welding Parameters

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Sample Welding Procedure Specification (WPS) Form P92

Welding Parameters

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7.1   DESCRIZIONE PASSATE DI SALDATURA

Figura 16 passate della saldatura

Analizziamo il caso di saldatura testa a testa in posizione 1G (ASME). Il processo di saldatura è simile per i due materiali. Per quanto riguarda la radice del giunto il procedimento di saldatura è la saldatura TIG (Tungsten Inert Gas) o GTAW (Gas Tungsten Arc Welding), di cui sono eseguite n° 3 passate, che è un procedimento di saldatura ad arco con elettrodo infusibile (di tungsteno), sotto protezione di gas inerte, che può essere eseguito con o senza metallo di apporto. La saldatura TIG è uno dei metodi più diffusi, fornisce giunti di elevata qualità ed è possibile eseguirli in qualsiasi posizione, ma richiede operatori altamente specializzati ed è caratterizzata da bassa produttività. Per queste caratteristiche è spesso usata per le prime passate del giunto mentre per il riempimento ci si affida a tecniche con produttività più elevata.

Il materiale di apporto scelto è il 9CrMoV-N per il P91 e 9CrWV per il P92 e il gas inerte Ar puro di cui 4:15 l/min per la schermatura e 4:10 l/min come purge (cioè per pulizia superficie).

Figura 17 TIG

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Per quanto riguarda la passata calda (hot pass) il processo di saldatura è del tipo MMA (Manual Metal Arc Welding) (SMAW: Shielded Metal Arc Welding) cioè una saldatura manuale ad arco che usa un elettrodo rivestito ‘consumable’ cioè che fornisce materiale da apporto alla saldatura, mentre il rivestimento ha la funzione di flussante della corrente. Di questo tipo di saldatura si fanno le passate dalla n°4 alla n°7. Il materiale d’apporto e quindi di cui è rivestito l’elettrodo è Chromet 9MV-N per il P91 e Chromet 92 per il P92.

Figura 18 MMA

Analizziamo ora le passate rimanenti di riempimento che sono eseguite con tecnica SAW (saldatura ad arco sommerso-Submerged Arc Welding) che è un procedimento di saldatura ad arco a filo continuo sotto protezione di scoria. La scoria essendo un cattivo conduttore termico fa si che si generi una grande quantità di calore localizzato nel bagno di saldatura. questo tipo di saldatura è particolarmente veloce (400:500 mm/min) e per questo spesso automatizzato ma non adatto a saldare in alcune posizioni (ad esempio se devo saldare nella parte inferiore un tubo che non posso ruotare) a causa della presenza del flusso granulare necessario a proteggere il bagno di saldatura. Il materiale di apporto è il medesimo della saldatura a TIG.

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Figura 19 SAW

7.2   CICLO DI SALDATURA

La saldatura inizia con un preriscaldo che riduce l’apporto termico e i gradienti termici, riducendo la velocità di raffreddamento ed espandendo la HAZ (zona termicamente alterata). La temperatura del preheat deve essere superiore a 200°C (sopra la temperatura di fine martensite (Mf) circa 150 °C) e la temperatura delle passate (interpass temperature) è massimo 300°C.

Dopo la saldatura è necessario fare calare la temperatura per trasformare pienamente l’austenite residua tipicamente sotto 80:100 °C (raffreddamento intermedio) prima del PWHT. Il trattamento post saldatura è obbligatorio indipendentemente dallo spessore per ridurre la durezza in modo da migliorare la duttilità e la tenacità della saldatura. E’ critico nel PWHT il controllo della temperatura (760°C) e del tempo di mantenimento ( 1h ogni 25 mm) con velocità di riscaldamento inferiore a 100°C/h quando si iniziano a superare i 300 °C. Segue un raffreddamento controllato fino ai 300°C e poi un successivo raffreddamento in aria ambiente.

Figura 20 processo di saldatura e trattamento termico [4]

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8.   PROGETTAZIONE DEL COMPONENTE

8.1   DEFINIZIONE DELLE SOLLECITAZIONI AMMISSIBILI

La prima fase relativa alla progettazione del componente in esame consiste nell’identificare gli sforzi ammissibili dei materiali considerati (X10CrMoVNb9-1 e X10CrWMoVNb9-2).

La normativa che illustra la procedura da seguire in questo caso è la UNI EN 12952 parte 3, ovvero la normativa relativa a “Caldaie a tubi d’acqua e installazioni ausiliarie” dove la parte terza indica, in particolare, “Progettazione e calcolo delle parti in pressione della caldaia”. In particolare “La norma specifica i requisiti per la progettazione e il calcolo delle parti in pressione delle caldaie a tubi d’acqua secondo le definizioni indicate nella UNI EN 12952-1, al fine di assicurare che i pericoli associati alle caldaie a tubi d’acqua siano ridotti al minimo”.

Al paragrafo 6.3.2 della norma, è indicata la procedura specifica per il calcolo delle curve ammissibile.

Lo sforzo minimo di progetto (indicato con la lettera f ) è quello dato dalla relazione:

(5)     𝒇 = 𝒎𝒊𝒏𝑹𝒎,𝟐𝟎𝟐, 𝟒 ;

𝑹𝒆𝑯,𝒕𝒄𝟏, 𝟓

𝒆

𝒐𝑹𝒑𝟎,𝟐,𝒕𝒄𝟏, 𝟓

;𝑹𝒎𝑻,𝒕𝒄𝟏, 𝟐𝟓

dove:

•   Rm,20 è il “tensile strength at room temperature (20 °C)”; •   ReH,tc è il “upper yield strength at calculation temperature tc”; •   Rp0,2,tc è il “0,2%-proof strength at calculation temperature tc”; •   RmT,tc è il “creep rupture strength for the specified lifetime T at calculation temperature tc”.

Per i valori di Rm,20, ReH,tc, Rp0,2,tc e RmT,tc si sono impiegati quelli forniti dalla normativa EN 10216-2 (nonostante gli stessi parametri siano stati reperiti anche da altre fonti, la decisione è stata quella di riferirsi sempre, ove possibile, a dati presenti nelle normative per garantire una miglior “standardizzazione” della trattazione).

Dall’analisi effettuata si ottengono i seguenti grafici:

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Figura 21 curva degli sforzi ammissibili del X10CrMoVNb9-1

Figura 22 curva degli sforzi ammissibili del X10CrWMoVNb9-2

8.2   CURVA DEI COSTI/SOLLECITAZIONI AMMISSIBILI Con questa analisi si vuol mostrare se, in base alle sollecitazioni cui è soggetto il componente considerato, esista una chiara convenienza economica nell’impiego del X10CrMoVNb9-1 o del X10CrWMoVNb9-2.

I costi specifici considerati per i due materiali sono riportati in tabella 5.

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    $/tonn  X10CrMoVNb9-­‐1     6500  X10CrWMoVNb9-­‐2     7200  

Tabella 5 costi specifici per i due materiali

La valutazione effettuata è relativa all’andamento del parametro TUVWUX

$Z[\

in funzione della

temperatura T [°C].

I risultati sono mostrati nella figura seguente:

Figura 23 confronto delle curve del rapporto costo/sforzo al variare della temperatura

Dal grafico, risulta evidente l’impossibilità nel trarre conclusioni in merito alla bontà di uno o dell’altro materiale basate su semplicistiche considerazioni economiche: al crescere della temperatura, le curve risultano sempre molto vicine, incrociandosi più volte, indicando una sostanziale eguaglianza, in termini economici, tra X10CrMoVNb9-1 o del X10CrWMoVNb9-2.

La scelta del materiale con cui realizzare il componente dovrà esser definita in base ad altri tipi di considerazioni.

8.3   DEFINIZIONE DELLA GEOMETRIA DEL COMPONENTE

Mediante l’analisi del comportamento dei materiali a creep, effettuata tracciando le curve ammissibili, si è in grado di valutare lo stato di sforzo che il componente deve essere in grado di sopportare nelle condizioni cui sarà soggetto durante il normale funzionamento dell’impianto nel

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quale verrà installato. Partendo da queste informazioni è ora necessario identificare la geometria del componente calcolando i diametri e lo spessore della tubazione.

Si riassumono nel seguente prospetto le condizioni di lavoro:

Ps  [MPa]   Ts  [°C]   f  [MPa]   ν   d_is  [mm]  X10CrMoVNb9-­‐1     7,5   580   84,8   0,8   630  X10CrWMoVNb9-­‐2     7,5   580   86   0,8   630  

Tabella 6 condizioni di lavoro e stato dei componenti

Dove d_is rappresenta un valore di diametro interno minimo di riferimento.

Attraverso la BS EN 10216 “Seamless steel tubes for pressure purposes — Technical delivery conditions” ed in paricolare nella parte 2 “Non-alloy and alloy steel tubes with specified elevated temperature properties” si determinano le tolleranze da applicare su spessore e diametro.

Considerando il diametro interno di riferimento come un diametro minimo, i valori ottenuti sono:

  d_min     2%   4  mm  

X10CrMoVNb9-­‐1     12,6   4  X10CrWMoVNb9-­‐2     12,6   4  

Tabella 7 valutazione delle tolleranze sul diametro minimo

d  interno     d_min  

[mm]  d_max  [mm]  

X10CrMoVNb9-­‐1     630   642,6  X10CrWMoVNb9-­‐2     630   642,6  

Tabella 8 diametri interni in funzione del materiale

Per il calcolo dello spessore minimo resistente, si fa riferimento alla norma EN12952 “Caldaie a tubi d’acqua e installazioni ausiliarie” ed in particolare alla parte 3 “Progettazione e calcolo delle parti in pressione della caldaia” (già citata per il calcolo delle curve ammissibili, presentato in precedenza) che propone la seguente relazione per identificare lo spessore minimo resistente:

(6)     𝒆 =𝒑𝒔 ∙ 𝒅𝒎𝒂𝒙𝟐𝒇 − 𝒑𝒔 ∙ 𝝊

Dove si è utilizzato il diametro interno massimo (d_max) per valutare la situazione più sfavorevole dal punto di vista dello stato di sforzo e un’ “efficienza di apertura isolata o adiacente” imposto. I valori ottenuti sono:

e  [mm]  (spessore  min)  X10CrMoVNb9-­‐1     37,164  X10CrWMoVNb9-­‐2     35,904  

Tabella 9 spessore minimo

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Lo spessore minimo reale dovrà avere un valore maggiore. La scelta è stata fatta considerando i valori di spessore unificati (BS EN 10216 -2 Table 6) e scegliendo il primo spessore maggiore dei valori minimi calcolati. Per entrambi i casi la scelta è ricaduta su uno spessore s=40 mm. Nel caso trattato, il componente è definito partendo da un diametro di riferimento interno; ciò comporta che venga realizzato su richiesta del costruttore e in modo apposito senza quindi seguire le indicazioni della norma citata che, nella tabella 6, correla gli spessori commerciali con i diametri esterni. Si è comunque scelto di usare spessori commerciali.

Impiegando nuovamente la BS EN 10216-2, si determinano le tolleranze sullo spessore.

  spessore     t_min/d_medio   s_min   s_max  

X10CrMoVNb9-­‐1     0,062863429   40   51,2  X10CrWMoVNb9-­‐2     0,062863429   40   51,2  

Tabella 10 spessore minimo e massimo

Si è quindi definito in modo completo la geometria del componente in analisi.

Si valutano gli sforzi presenti sul componente così definito considerando che le condizioni peggiori si hanno per diametro interno massimo e spessore minimo. Si ottiene:

parametri  scelti   verifica  parametri     d_max   s_min   f   verifica  

X10CrMoVNb9-­‐1     642,6   40   79,0546875   0,93224867  X10CrWMoVNb9-­‐2     642,6   40   79,0546875   0,91924055  

Tabella 11 parametri scelti e verifica parametri

Avendo scelto uno spessore minimo maggiore rispetto al minimo resistente (e) la verifica dà, come voluto, un coefficiente di sicurezza minore di 1.

8.4   DEFINIZIONE DEL RAMP RATE AMMISSIBILE La variazione di temperatura imponibile al componente durante i transitori di accensione e spegnimento è limitata, ciò è indicato nelle norme sotto il nome di Ramp Rate. A seguito dell’introduzione nel sistema energetico della borsa dell’energia e delle fonti rinnovabili, gli impianti termoelettrici tradizionali hanno subito un numero di cicli di accensione e periodi di modulazioni sempre maggiori, ponendo in evidenza la criticità di tale fenomeno. Inoltre tale ciclicità introduce un ulteriore problema, quello della fatica termica, causa di precoce rottura del componente. E’ stato possibile eseguire i calcoli sui due materiali tramite il foglio Excel fornito dal docente, basato sulla normativa EN 12952 – 3, prg. 13, Annex B e Annex D. E’ stata, in particolare, valutata la velocità massima sopportabile dai materiali durante i transitori termici. Il primo passaggio prevede l’inserimento dei dati del ciclo: temperatura e pressione di calcolo, temperatura minima e massima, pressione minima e massima. In accordo con la norma, il foglio Excel

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prevede il calcolo preliminare di una temperatura di riferimento t* = 0,75 max (tmin; tmax) + 0,25 min (tmin; tmax), necessaria per la valutazione delle proprietà del materiale.

cycling  data:              

cycle  number:           1  cycle  type:           cold  start  calculation  pressure   pc   N/mm2   7.5  calculation  temperature   tc   °C   580  operating  pressure   po   N/mm2   7  min.  cyclic  pressure   pmin   N/mm2   0  max.  cyclic  pressure   pmax   N/mm2   7  min.  cyclic  temperature   tmin   °C   20  max.  cyclic  temperature   tmax   °C   580  reference  temperature   t*   °C   440  

Tabella 12 dati dei cicli termici

Queste vengono valutate nel secondo passaggio. In particolare, sono richiesti i valori seguenti: •   Tensile strength, alla temperatura ambiente, disponibile dal calcolo delle curve di ammissibile

per entrambi i materiali; •   Yield strength, alla temperatura di riferimento, ottenibile dai dati delle curve di ammissibile,

tramite interpolazione lineare dei valori alle temperature di 400 e 450°C per entrambi i materiali;

•   Coefficient of linear thermal expansion, alla temperatura di riferimento, ottenibile dal sito di ThyssenKrupp, tramite interpolazione lineare dei valori alle temperature di 400 e 500°C per entrambi i materiali;

•   Modules of elasticity, alla temperatura di riferimento, ottenibile dal sito di ThyssenKrupp, tramite interpolazione lineare dei valori alle temperature di 400 e 500°C per entrambi i materiali;

•   Thermal diffusivity, alla temperatura di riferimento, previa valutazione di densità, conduttività termica e capacità termica, come da normativa:

(7)     𝑫𝒕𝒉 =𝝀𝒕

𝝆𝒕𝒄𝒑,𝒅𝒊𝒇𝒇

Dove: •   𝜌W =

efg(hijfg(Wklm°T))o

;

•   𝜆W è stato calcolato alla temperatura di riferimento tramite interpolazione lineare a partire da dati disponibili in letteratura;

•   𝑐r,stXX è stato calcolato alla temperatura di riferimento tramite interpolazione lineare a partire da dati disponibili all’interno delle tabelle della normativa.

•   Poisson’s ratio, considerato pari a 0.3, indipendentemente dalla temperatura.

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material  properties:              tensile  strength  at  room  temperature   Rm   N/mm2   630  yield  strength  at  t*   Re(t*)   N/mm2   324  coefficient  of  linear  thermal  expansion  at  t*   betaL   1/K   1.37E-­05  modules  of  elasticity  at  t   E   N/mm2   1.71E+05  thermal  diffusivity  at  t*   Dth   mm2/s   5.964841  Poisson's  ratio   ny       0.3  

Tabella 13 proprietà dei materiali

material  properties:  tensile  strength  at  room  temperature   Rm   N/mm2   620  yield  strength  at  t*   Re(t*)   N/mm2   362.4  coefficient  of  linear  thermal  expansion  at  t*   betaL   1/K   1.18E-­05  modules  of  elasticity  at  t*   E   N/mm2   1.87E+05  thermal  diffusivity  at  t*   Dth   mm2/s   5.882872  Poisson's  ratio   ny       0.3  

Tabella 14 proprietà dei materiali

Il terzo passaggio prevede l’inserimento delle dimensioni del componente, quali: •   diametro esterno (somma di diametro interno per porsi nelle condizioni più sfavorevoli, e

doppio spessore); •   spessore medio; •   diametro esterno e spessore, relativi a due casi distinti: apertura “grande” e apertura “piccola”.

Componente   Acciaio  

Diametro  apertura  “piccola”  (mm)  

Spessore  apertura  “piccola”  (mm)  

Diametro  apertura  “grande”    (mm)  

Spessore  apertura  “grande”      (mm)  

Per  Collettori    (mk.  H..,  P..)  

Same  of  Run  Pipe  

51   12   150   40  

Tabella 15 riassunto dei diametri e spessori dei componenti

E’ stato infine possibile valutare i massimi valori di ramp rate sopportabili dai due materiali, garantendo un vincolo di uguaglianza su determinati coefficienti di intaglio, impostando il numero di cicli di accensione e spegnimento dell’impianto a 2000 e garantendo il coefficiente di danneggiamento per fatica termica inferiore a 1. I risultati per i due materiali sono i seguenti:

V [K/s] V [K/min] X10CrMoVNb9-­‐1 0.307 18.45 X10CrWMoVNb9-­‐2   0.348 20.9

Tabella 16 ramp rate di progetto

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9.   VERIFICA DELLE CONDIZIONI IN ESERCIZIO

9.1   VERIFICA AL CREEP

La prima verifica del comportamento in service del componente riguarda la resistenza alla scorrimento viscoso. Questo si rende necessario per via delle condizioni operative a cui lavora la sezione di attemperamento.

To [°C]

po [MPa]

610 24,5 Tabella 17 condizioni operative

La pressione di esercizio, che provoca nel materiale uno stato tensionale elevato, e la presenza di elevate temperature di esercizio (relativamente al valore di riferimento di 0,3-0,4 volte la temperatura omologa) concorrono a creare le condizioni tipiche per il verificarsi del creep.

Per effettuare questo tipo di verifica si fa riferimento alla EN12952 “Caldaie a tubi d’acqua e installazioni ausiliarie” dove la parte 4 è relativa al “Calcolo della durata di vita prevedibile di caldaie in esercizio” e al suo interno “specifica i procedimenti per il calcolo dei danni da scorrimento viscoso e/o fatica dei componenti della caldaia durante il funzionamento” (alla stessa si farà riferimento anche per la successiva verifica alla fatica termica). La sezione della EN12952-4 dedicata al creep è l’Annex A ed i passi che si seguiranno per la verifica del componente consistono nell’identificare il comportamento del materiale in esame tracciandone la “master curve”, facendo ricorso al parametro di Larson-Miller (il parametro più usato per le analisi dello scorrimento viscoso, ma non l’unico), e successivamente definire la “situazione” del componente, ad un determinato numero di ore di servizio e per una determinata situazione di carico, mediante un coefficiente di “avanzamento” del creep.

Per descrivere il comportamento dei materiali considerati per la realizzazione del componente, si costruisce la Master Curve, tramite i dati di temperatura e sforzi a disposizione, già utilizzati per elaborare le curve di ammissibile: in questo modo è possibile riassumere in un’unica curva gli andamenti delle curve σ-t calcolate a diverse temperature di prova.

Figura 24 sforzo ammissibile in funzione della durata

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Figura 25 sforzi ammissibili in funzione della durata

(Oss: le curve che descrivono il grado 92 sono “incomplete” a causa della scarsità di dati disponibili a numeri elevati di ore di prova)

Tali curve presentano il parametro di Larson Miller (PLM) sull’asse delle ordinate ed il logaritmo degli sforzi a rottura su quello delle ascisse (agli sforzi si è attribuito un fattore di sicurezza 0.8). Il PLM “sintetizza” le informazioni di temperatura e tempo a rottura del componente in un singolo valore.

(8)     𝑷𝑳𝑴 =(𝑻 + 𝟐𝟕𝟑)(𝑪 + 𝒍𝒐𝒈𝟏𝟎𝒕𝑹)

𝟏𝟎𝟎𝟎

con T in [°C], tr in [h].

Gli andamenti ottenuti sono riportati di seguito:

Figura 26 parametro di Larson Miller

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Figura 27 curva di Larson Miller

Si è quindi applicato il metodo della regressione per descrivere l’andamento dei punti ottenuti secondo una funzione matematica semplice; la scelta è ricaduta sull’impiego di un polinomio di terzo grado.

(9)    (𝑻 + 𝟐𝟕𝟑)(𝑪 + 𝒍𝒐𝒈𝟏𝟎𝒕𝑹)𝟏𝟎𝟎𝟎 =  𝜷𝟎 + 𝜷𝟏 𝒍𝒐𝒈𝟏𝟎𝝈𝑹 + 𝜷𝟐 𝒍𝒐𝒈𝟏𝟎𝝈𝑹 𝟐 + 𝜷𝟑 𝒍𝒐𝒈𝟏𝟎𝝈𝑹 𝟑

con T in [°C], tr in [h] e σ in [MPa].

I coefficienti di regressione ottenuti sono quindi:

C=30 C=35 X10CrMoVNb9-­‐1 X10CrWMoVNb9-­‐2 β0 63.397 77.731 β1 -44.035 -63.437 β2 22.259 35.089 β3 -4.3377 -7.0687

Tabella 18 coefficienti di regressione

Note le “master curve” per i due materiali, è quindi possibile effettuare le valutazioni sullo specifico componente in analisi. Per far questo si è calcolata la sollecitazione a cui sono sottoposte la tubazione, definita da:

(10)     𝒇 =𝒑 ∙ 𝒅𝒎𝒂𝒙𝟐𝝊 ∙ 𝒔 +  

𝒑𝟐

Noto lo sforzo ed i coefficienti β di regressione, è quindi possibile valutare il PLM e, utilizzando la relazione inversa si ricava il tempo a rottura del pezzo.

Concentrando l’analisi su un periodo d’esercizio del componente di 200000 ore, si ricava un coefficiente Dc che descrive “l’avanzamento” dello stato di creep:

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(11)     𝑫𝒄 =𝑷𝒆𝒓𝒊𝒐𝒅𝒐  𝒅′𝒆𝒔𝒆𝒓𝒄𝒊𝒛𝒊𝒐𝑻𝒆𝒎𝒑𝒐  𝒅𝒊  𝒓𝒐𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂

Per entrambi i materiali si sono studiati quattro differenti casi: I) condizioni operative, II) condizioni operative con verifica delle saldature con valore di ν posto 0,6, III) temperatura considerata pari alla temperatura massima di progetto, IV) ricerca della temperature che, a 200000 ore e con ν=0,6, porta ad avere Dc pari a 100%.

Si riportano i risultati, rispettivamente per il X10CrMoVNb9-1 e il X10CrWMoVNb9-2:

T  [°C]   P  [MPa]   d  [mm]   s  [mm]   ν   LOG(f)   P_LM   t_R  [h]   Dc  I   560   7   642,6   40   0,8   1,868   30,537   4557828   4,39%  II   560   7   642,6   40   0,6   1,988   29,747   514262   38,9%  III   580   7   642,6   40   0,8   1,868   30,537   629843   31,8%  IV   570   7   642,6   40   0,6   1,988   29,747   200008   100%  

Tabella 19 verifiche del danneggiamento a creep per X10CrMoVNb9-1

T  [°C]   P  [MPa]   d  [mm]   s  [mm]   ν   LOG(f)   P_LM   t_R  [h]   Dc  I   560   7   642,6   40   0,8   1,868   35,596   53957160   0,37%  II   560   7   642,6   40   0,6   1,988   34,759   5344857   3,74%  III   580   7   642,6   40   0,8   1,868   35,596   5371868   3,72%  IV   589,5   7   642,6   40   0,6   1,988   34,759   199989   100%  

Tabella 20 verifiche del danneggiamento a creep per X10CrWMoVNb9-2

Il primo caso analizza lo stato di avanzamento dello scorrimento viscoso nel caso in cui vengano rispettate le condizioni operative e sia garantito un buon valore di sicurezza delle saldature (ν=0,8). I valori di danneggiamento a creep valutati al termine della vita utile del componente (200000 ore) sono molto ridotti.

Il secondo caso valuta, partendo dalle condizioni di temperatura e pressione operative, l’eventualità di bassa efficienza delle saldature: il valore ν=0,6 scelto è molto severo poiché sarebbe il valore ideale in caso di carico longitudinale che, per il componente in esame, non è previsto. Il danneggiamento a creep è molto più marcato rispetto al caso base (l’incremento è di un ordine di grandezza per entrambi i materiali) ma si è comunque molto lontani dalla soglia limite.

Il terzo caso valuta la lo scenario in cui si debba gestire il componente in condizioni di off design ed in particolare la condizione per la quale la temperatura del vapore aumenti: questa situazione può verificarsi ad esempio in caso di danneggiamento dei sistemi di controllo della temperatura (mediante iniezione di acqua liquida, è un componente molto critico e soggetto a frequenti sostituzioni) o nel caso in cui venga richiesto all’impianto di fornire una sovra potenza per un breve periodo temporale (funzionamento in peak load). Entrambe le situazioni sono da evitarsi ma non si può escludere che queste non avvengano. In questo caso l’analisi è oltremodo severa considerando che si considera il componente esercito per tutta la vita utile alla temperatura massima di progetto (T=580°C): i valori di danneggiamento a creep sono paragonabili aa quelli del caso II.

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Il quarto scenario, che si pone un quesito diverso da quelli precedenti, identifica la temperatura massima a cui il componente può essere esercito per tutte le 200000 ore e con un’efficienza di saldatura di 0,6 per raggiungere la soglia di Dc=1. Risulta per il grado 91 una temperatura minore rispetto a quella massima di progetto mentre per il grado 92 e lievemente maggiore. Questo non può far concludere che il grado 91 sia inadatto per realizzare il componente (data l’estrema severità di questa condizione che contempla elevate temperature e basso valore di ν per tutta la vita utile del componente), ma pone l’attenzione su una situazione che potrebbe risultare critica.

In generale, da quest’analisi emerge che il X10CrWMoVNb9-2 ha un comportamento decisamente migliore nei confronti dello scorrimento viscoso rispetto al grado 91: in tutte le prove considerate (I,II,III), il valore di danneggiamento a creep risulta inferiore di un ordine di grandezza.

Dc  -­‐  X10CrMoVNb9-­‐1   Dc  -­‐ X10CrWMoVNb9-­‐2  I   4,39%   0,37%  II   38,9%   3,74%  III   31,8%   3,72%  

Tabella 21 valori di danneggiamento a creep

Nonostante questo, anche il grado 91 garantisce l’integrità strutturale al creep per le condizioni analizzate.

Si noti che nella definizione del PLM è presente una costante C. Per i calcoli precedenti, come indicato in letteratura, il valore di C è pari a:

X10CrMoVNb9-1 30 X10CrWMoVNb9-2 35

Tabella 22 valori del coefficiente C trovati in letteratura

Un tentativo di affinare ulteriormente i risultati ottenuti ha riguardato la ricerca del coefficiente C di best fit che ottimizzasse la regressione, cercando quel valore di C che massimizzasse lo scarto quadratico medio. Attraverso questo procedimento si è trovato un valore ottimo per i due materiali pari a:

 

Mentre il valore di best fit per il primo materiale è sicuramente plausibile vista la sua somiglianza con quelli reperibili in letteratura, lo stesso non si può concludere per il secondo: il valore di best fit si allontana troppo dall’intorno del valore 35.Questo può essere giustificato considerando che per l’analisi grado 92 si dispone di un numero inferiore di dati e che questi sono concentrati soprattutto per un basso numero di ore (molto minore rispetto al numero di ore di interesse) e per alte temperature (maggiori rispetto a quelle considerate in fare di progetto): questo “addensamento” non simmetrico di dati può aver influenzato negativamente l’analisi statistica di questi portando ad ottenere un valore di C di best-fit errato.

X10CrMoVNb9-­‐1 X10CrWMoVNb9-­‐2 C best fit 31.47 24.24

Tabella 23 C di best fit calcolato

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Si riportano di seguito i coefficienti delle regressioni:

X10CrMoVNb9-­‐1 X10CrWMoVNb9-­‐2 C=30 C=31.47 C=35 C=24.24 β0 63.397 64.266 77.731 63.111 β1 -44.035 -43.067 -63.437 -55.282 β2 22.259 21.732 35.089 29.915 β3 -4.3377 -4.2683 -7.0687 -5.867

Tabella 24 coefficiente delle regressioni

Nella trattazione si è comunque deciso di analizzare i risultati ottenuti dai valori di C reperiti in letteratura, dal momento che, per il grado 92, non si sono considerati accettabili i valori ottenuti dall’analisi di ottimizzazione della regressione e, per il grado 91, i valori si discostano poco e quelli relativi a C=30 risultano essere più critici (valori di Dc maggiori).

Si riporta, per completezza, l’analisi dei quattro casi visti in precedenza con l’impiego delle curve di regressione ottime rispettivamente per il X10CrMoVNb9-1 e il X10CrWMoVNb9-2.

T  [°C]   P  [MPa]   d  [mm]   s  [mm]   ν   LOG(f)   P_LM   t_R  [h]   Dc  I   560   7   642,6   40   0,8   1,868   31,827   5517027   3,6%  II   560   7   642,6   40   0,6   1,988   31,003   565526   35,4%  III   580   7   642,6   40   0,8   1,868   31,827   701214   28,5%  IV   570,2   7   642,6   40   0,6   1,988   31,003   199996   100%  

Tabella 25 verifiche del danneggiamento a creep con C di best fit per X10CrMoVNb9-1

T  [°C]   P  [MPa]   d  [mm]   s  [mm]   ν   LOG(f)   P_LM   t_R  [h]   Dc  I   560   7   642,6   40   0,8   1,868   25,988   9079384   2,2%  II   560   7   642,6   40   0,6   1,988   25,344   1531830   13,1%  III   580   7   642,6   40   0,8   1,868   25,988   1684869   11,9%  IV   584,9   7   642,6   40   0,6   1,988   25,344   200079   100%  

Tabella 26 verifiche del danneggiamento a creep con C di best fit per X10CrWMoVNb9-2

9.2   VERIFICA ALLA FATICA TERMICA La verifica del componente relativa ai danni da fatica termica prende in considerazione le condizioni effettive d’esercizio. Per ragioni di sicurezza, il ramp rate viene limitato a 12 K/min, mentre i cicli effettivi annuali di accensione e spegnimento dell’impianto sono fissati pari a 1500. Si va, dunque, a verificare che il danneggiamento per fatica termica sia inferiore a 1. I valori di usage factor sono riportati di seguito: UF – apertura piccola UF – apertura grande X10CrMoVNb9-­‐1 0.306 0.2294 X10CrWMoVNb9-­‐2   0.2959 0.2295

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Tabella 27 valori di usage factor

E’ possibile verificare che:

•   Entrambi i materiali in esercizio ben sopportano le condizioni a cui sono sottoposti; •   La condizione più critica si verifica nella configurazione con apertura piccola; •   Il materiale X10CrWMoVNb9-2 subisce un danno per fatica termica minore rispetto al

materiale X10CrMoVNb9-1.

9.3   SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFETTI: CREEP E FATICA TERMICA

Nelle verifiche delle condizioni in service eseguite in precedenza si sono analizzati singolarmente il problema dello scorrimento viscoso e della fatica termica. La condizione reale di esercizio è, però, ulteriormente aggravata dal momento che questi due fenomeni di danneggiamento si presentano contemporaneamente sul materiale. Questo fa sì che le verifiche dei coefficienti Dc per il creep e Df per la fatica termica non possano considerarsi sufficienti per valutare la capacità del materiale di garantire la tenuta strutturale per il quale è stato progettato.

Per analizzare l’effetto combinato dei due fenomeni si sceglie l’approccio della ASME III, N-47 Code Case, che prevede di calcolare un coefficiente globale di sicurezza D mediante la sovrapposizione degli effetti dei coefficienti precedentemente calcolati Dc e Df. Si ha quindi che le interazioni creep-fatica termica vengono combinate linearmente secondo la:

(12)     𝑫 =𝒏𝑵𝒅 𝒋

+𝒑

𝒋@𝟏

∆𝑻𝑻𝒅 𝒌

𝒒

𝒌@𝟏

≤ 𝑫′

Il coefficiente globale D deve risultare inferiore ad un valore soglia D’.

I valori dei coefficienti Dc e Df sono i seguenti:

Materiale   Caso   Df   Dc  

X10CrMoVNb9-­‐1  I   0,306   0,0439  II   0,306   0,389  III   0,306   0,318  

X10CrWMoVNb9-­‐2  I   0,296   0,0037  II   0,296   0,0374  III   0,296   0,0372  

Tabella 28 coefficienti di danneggiamento di creep e fatica termica per i casi analizzati

L’analisi viene eseguita per via grafica: la norma, in riferimento alla tipologia di acciaio utilizzato, indica la regione del piano in cui il componente lavora in condizioni di sicurezza; questa regione è delimitata dagli assi x e y e dal punto di coordinate (0,1;0,1).

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Ne risulta:

Figura 28 composizione degli sforzi creep-fatica termica

All’intero della curva limite - rappresentata in azzurro e descritta come una spezzata di punti (0,1), (0,1;0,1) e (1;0) - ricadono tutti i casi analizzati per il grado 92, che quindi risulta lavorare sempre in condizioni di sicurezza. Per quanto riguarda il grado 91, non sono verificati gli scenari II e III.

Questi risultati portano a concludere che è possibile impiegare il X10CrWMoVNb9-2 in qualunque situazione considerata mentre ulteriori analisi devono esser fatte per valutare la possibilità di impiego del X10CrMoVNb9-1: andranno verificate situazioni più verosimili rispetto a quelle ipotizzate in questa trattazione (dove le condizioni di temperature o di efficienza delle saldature restano a valori costanti per tutta la vita utile del componente) per poter concludere definitivamente sul possibile impiego di questo materiale.

9.4   VERIFICA ALL’OSSIDAZIONE

Si analizza ora l’effetto provocato dal fenomeno di ossidazione che, come descritto precedentemente, è particolarmente critico per il componente in esame, essendo a contatto con acqua liquida a elevata velocità. La letteratura disponibile riporta, infatti, una diminuzione di spessore (o equivalentemente un aumento di diametro interno) lungo una vita utile di 30 anni pari a 12 mm per l’X10CrMoVNb9-1 e a 16 mm per l’X10CrWMoVNb9-2.

Si procede tramite quattro step:

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1.   calcolo della durata reale del componente con lo spessore commerciale scelto per le curve di ammissibile, andando a valutare gli anni di funzionamento necessari perché il danno da ossidazione provochi la diminuzione dello spessore fino al valore minimo di progetto (utile per valutare il numero di sostituzioni del componente);

2.   valutazione del minimo spessore commerciale a partire dal calcolo dello spessore minimo di progetto tale da garantire una vita utile pari a 30 anni;

3.   Analisi dei costi a fronte dell’utilizzo dello spessore commerciale utilizzato al punto 1, ovvero per sostituzione del pezzo;

4.   Analisi dei costi a fronte dell’utilizzo dello spessore commerciale valutato al punto 2, ovvero sovradimensionato per garantire la resistenza a ossidazione su tutta la vita utile.

Per quanto riguarda il primo punto, gli anni reali di funzionamento sono stati calcolati come:

(13)     𝒚 =(𝒔𝒄𝒐𝒎𝒎,𝒂𝒎𝒎 − 𝒆)

𝑿

Dove :

•   𝑠𝑐𝑜𝑚𝑚,𝑎𝑚𝑚 è lo spessore commerciale risultante dall’analisi delle curve ammissibili; •   e è lo spessore minimo di progetto; •   X è la diminuzione di spessore annua.

Per quanto riguarda il secondo punto, si è individuato il minimo spessore commerciale tramite un bilancio che garantisca gli anni di funzionamento pari alla vita utile di 30 anni. La formula è la seguente:

(14)     𝒔 = 𝒆 + 𝒚𝑿

Dove :

•   y è il numero di anni di funzionamento pari alla vita utile di 30 anni; •   e è lo spessore minimo di progetto; •   X è la diminuzione di spessore annua.

Per quanto riguarda il terzo punto, l’analisi dei costi parte dal calcolo della sezione della corona circolare come:

(15)     𝑺 =𝝅𝟒 𝒅 + 𝟐𝒔𝒄𝒐𝒎𝒎,𝒐𝒙

𝟐 − 𝒅𝟐

dove 𝑠�U��,U� è il più piccolo spessore disponibile da norma maggiore di s.

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X10CrMoVNb9-1   X10CrWMoVNb9-2  𝒆     37.16   35.90  𝒔𝒄𝒐𝒎𝒎,𝒂𝒎𝒎     40   40  𝒔     49.16   51.90  𝒔𝒄𝒐𝒎𝒎,𝒐𝒙     50   55  

Tabella 29 diametri considerati per valutare il fenomeno di ossidazione

Considerando per l’X10CrMoVNb9-1 un prezzo di 6500$/ton e una densità pari a 7760 kg/m^3 e per l’X10CrWMoVNb9-2 un prezzo di 7200$/ton e una densità pari a 7850 kg/m^3, e considerando la sezione della corona circolare come un volume per unità di lunghezza, è possibile valutare il costo per unità di lunghezza del dato componente che, moltiplicato per il numero di sostituzioni minime (valutato come rapporto tra la vita utile e gli anni di funzionamento y, calcolabile come visto precedentemente), identifica il costo totale a cui si deve far fronte durante la vita utile dell’impianto per sostituzione del componente.

Per quanto riguarda il quarto punto, l’analisi dei costi parte dal calcolo della sezione persa (ovvero come differenza tra la sezione della corona circolare calcolata a partire dallo spessore commerciale calcolato al punto 2, che tiene conto del fenomeno di ossidazione (𝑠�U��,U�) e la sezione della corona circolare calcolata a partire dallo spessore commerciale usato per il calcolo delle ammissibili (𝑠�U��,\��)) per effetto dell’ossidazione come:

(16)    𝜟𝑺 =

𝝅𝟒 𝒅 + 𝟐𝒔𝒄𝒐𝒎𝒎,𝒐𝒙

𝟐 − 𝒅 + 𝟐𝒔𝒄𝒐𝒎𝒎,𝒂𝒎𝒎𝟐

Considerando per l’X10CrMoVNb9-1 un prezzo di 6500$/ton e una densità pari a 7760 kg/m^3 e per l’X10CrWMoVNb9-2 un prezzo di 7200$/ton e una densità pari a 7850 kg/m^3, e considerando la sezione della corona circolare come un volume per unità di lunghezza, è possibile valutare il costo per unità di lunghezza aggiuntivo dovuto all’utilizzo del nuovo spessore commerciale che garantisce una vita utile del componente di 30 anni rispetto allo spessore commerciale utilizzato per il calcolo delle ammissibili.

Analisi  costo  

X10CrMoVNb9-1 X10CrWMoVNb9-2

per  differenza  spessori  

 per  sostituzione  pezzo  

per  differenza  spessori  

 per  sostituzione  pezzo  

Prezzo   $/ton   6500   6500   7200   7200  Densità   kg/m^3   7760   7760   7850   7850  Volume  lineare   mm^3/m   23.015   85.778   34.759   85.778  Massa   kg/m   179   665   273   673  Costo  aggiuntivo   $/m     4.327     4.848  N.cambi  pezzo           5       4  Costo  sostituzioni   $/m   1.161   21.633   1.965   19.393  

Tabella 30 analisi costi dovuti all'ossidazione

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E’ facile notare la grande convenienza nella scelta preventiva di uno spessore atto a garantire una vita utile del componente pari alla vita utile dell’impianto, piuttosto che optare per un certo numero di sostituzioni del componente.

L’analisi effettuata fa capire come, per il componente costruttivo in analisi nelle condizioni considerate e realizzato con i materiali assegnati, sia proprio i fenomeno dell’ossidazione quello più critico. Le scelte progettuali, che devono considerare sempre le condizioni peggiori per poter garantire la sicurezza dell’esercizio, devono quindi basarsi sulle conclusioni tratte mediante lo studio dell’ossidazione, fenomeno ancor più severo di quanto non siano lo scorrimento viscoso e/o la fatica termica.

Si definisce quindi una nuova geometria per il componente che prevede spessori in grado di garantire la resistenza meccanica per tutta la vita utile dell’impianto.

  d_max   Scomm,ox  X10CrMoVNb9-­‐1     642,6   50  X10CrWMoVNb9-­‐2     642,6   55  

Tabella 31 Nuove geometrie del componente

Aumentare lo spessore garantisce non compromette le verifiche alle sollecitazioni eseguite in precedenza, come mostrato brevemente sei seguenti prospetti.

Per quanto riguarda la verifica allo scorrimento viscoso, con le nuove condizioni i risultati ottenuti sono:

T  [°C]   P  [MPa]   d  [mm]   s  [mm]   ν   LOG(f)   P_LM   t_R  [h]   Dc  I   560   7   642,6   50   0,8   1,776   31,100   21599695   0,93%  II   560   7   642,6   50   0,6   1,895   30,367   2852339   7,01%  III   580   7   642,6   50   0,8   1,776   31,100   2877926   6,95%  IV   587,2   7   642,6   50   0,6   1,895   30,367   199994   100%  

Tabella 32 Nuovi valori delle verifiche del danneggiamento a creep per X10CrMoVNb9-1

T  [°C]   P  [MPa]   d  [mm]   s  [mm]   ν   LOG(f)   P_LM   t_R  [h]   Dc  I   560   7   642,6   55   0,8   1,737   36,363   449606595   0,04%  II   560   7   642,6   55   0,6   1,855   35,676   67301452   0,30%  III   580   7   642,6   55   0,8   1,737   36,363   42591173   0,47%  IV   612,2   7   642,6   55   0,6   1,855   35,676   200004   100%  

Tabella 33 Nuovi valori delle verifiche del danneggiamento a creep per X10CrWMoVNb9-2

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Per quanto riguarda la verifica fatica termica, con le nuove condizioni i risultati ottenuti sono:

Per quanto riguarda la composizione di creep e fatica termica, con le nuove condizioni:

Figura 29 Composizione degli sforzi di creep e fatica termica con la nuova geometria

Figura 30 Ingrandimento di Figura 29

UF – apertura piccola UF – apertura grande X10CrMoVNb9-­‐1 0.614 0.442 X10CrWMoVNb9-­‐2   0.683 0.493

Tabella 34 Nuovi valori di Uf per la fatica termica

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10.  CONCLUSIONI

Si riassumono nel seguito i risultati delle analisi svolte nel corso dell’elaborato:

𝑙𝑒𝑔𝑒𝑛𝑑𝑎:                =      𝑙𝑒  𝑠𝑖𝑡𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖  𝑠𝑜𝑛𝑜  𝑒𝑞𝑢𝑖𝑣𝑎𝑙𝑒𝑛𝑡𝑖    ↓        𝑙𝑎  𝑠𝑖𝑡𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒  è  𝑝𝑖ù  𝑠𝑓𝑎𝑣𝑜𝑟𝑒𝑣𝑜𝑙𝑒↑          𝑙𝑎  𝑠𝑖𝑡𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒  è  𝑝𝑖ù  𝑓𝑎𝑣𝑜𝑟𝑒𝑣𝑜𝑙𝑒

  X10CrMoVNb9-1 X10CrWMoVNb9-2 Costo =   =  Creep ↓   ↑  Fatica termica =   =  Creep + Fatica termica ↓   ↑  Ossidazione ↑   ↓  

Tabella 35 Riassunto dei risultati ottenuti

•   Dall’analisi economica non risulta un’evidente convenienza di un materiale rispetto all’altro in funzione della temperatura di esercizio. Ciò è evidenziato dalla continua sovrapposizione delle curve di costo (Figura 23)

•   E’ stata definita la geometria del componente, come di seguito riportato, valida per entrambi i materiali:    

 Figura 31 geometrie di massima del componente

   

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•   Dalla verifica a creep risulta che il materiale X10CrWMoVNb9-2 ha un comportamento decisamente migliore rispetto al X10CrMoVNb9-1 (il coefficiente di danneggiamento risulta essere inferiore di un ordine di grandezza nei casi analizzati). Si sottolinea la criticità del grado 91 nel caso IV, in cui la temperatura massima sopportabile risulta essere inferiore alla temperatura di progetto.

•   Dalla verifica a fatica termica risulta che entrambi i materiali ben sopportano questo tipo di sollecitazioni nelle condizioni di esercizio previste. Non si registra quindi un evidente vantaggio nell’utilizzo di un materiale rispetto all’altro;

•   Dalla verifica del binomio creep-fatica, risulta che il X10CrWMoVNb9-2 ricade all’interna dell’area dei danneggiamenti ammissibili per ogni caso analizzato (anche quelli eccessivamente gravosi, come già evidenziato nella trattazione). Per il grado 91, risultano critiche le verifiche a temperatura massima e con saldatura (ν=0.6);

•   Dall’analisi economica relativa al fenomeno di ossidazione, si evidenzia la convenienza del materiale X10CrMoVNb9-1, avendo questo un costo specifico alla tonnellata e una perdita di spessore resistente minori rispetto al materiale X10CrWMoVNb9-2. Per entrambi i materiali, risulta conveniente la scelta di adottare spessori commerciali che garantiscano la resistenza su tutta la vita utile, piuttosto che la sostituzione periodica del componente. Si ridefinisce quindi la geometria del componente per tener conto che il fenomeno più critico sul componente è quello dell’ossidazione. La geometria finale è rappresentata in figura 32:  

Figura 29 geometrie di massima dei componenti

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11.  BIBLIOGRAFIA

Di seguito si riportano i titoli dei testi e i collegamenti internet dei siti da cui si sono reperite informazioni e dati utili alla stesura del lavoro.

•   [1] G.Lozza, ‘Turbine a gas e cicli combinati’ (usato per il capitolo 2)

•   [2] http://www.powermag.com, ‘DesuprhtngVlvsTakeHeat_2008’ (usato per il capitolo 2)

•   [3] http://www.ccj-online.com, ‘Attemperators: Continual vigilance required’ (usato per il

capitolo 5)

•   [4] Muhammad Hussain, (ICS-2014), ‘Effect of welding on the Mechanical properties of

weldments in grade 91 Creep resistant steel’ (usato per il capitolo 7)

•   [5] Tenaris, ‘Seamless Tubesand Pipes for Power Plants’ (usato per il capitolo 4)

•   [6] G. Junak, M. Cieśla, Archive of Materials Science and engineering_volume 48, ‘Low-

cycle fatigue of P91 and P92 steels used in the power engineering industry’ (usato per il

capitolo 3)

•   [7] William D.Callister, ‘Scienza e ingegneria dei materiali’ (usato per il capitolo 2)

•   [8] Schtutte & Koerting, ‘Desuperheater Bulletin 6D’ (usato per il capitolo 5)

•   [9] Dr Sanjay V Sherikar, Peter Borzsony , ‘Tight specs, good engineering, quality

manufacture ensure reliable control of steam temperature’ (usato per il capitolo 5)

•   [10] P.S. Jackson, D.S. Moelling, F.C. Anderson, J.W. Malloy, ‘Operating experience of

large reheat HRSGs in merchant service’ (usato per il capitolo 5)

•   [11] A. Czyrska-Filemonowicz , A. Zielińska-Lipiec , P.J. Ennis, ‘Modified 9% Cr steels

for advanced power generation: microstructure and properties’ VOLUME 19 ISSUE 2

December 2006 Research paper 43, Journal of Achievements in Materials and

Manufacturing Engineering (usato per il capitolo 3)