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Primavera 1945, costiera dei CechPrimavera 1945, costiera dei CechPrimavera 1945, costiera dei CechPrimavera 1945, costiera dei Cech

Il caso Pino Retico (Clorindo Fiora)

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Indice

Tutta colpi di quelli venuti da fuori. ..................................................... 4

Bassa Valtellina, primavera 1944 ......................................................... 7

Vicende della Resistenza ...................................................................... 9

La ricostituzione della presenza partigiana in bassa Valtellina. ......... 12

La II divisione Garibaldi Lombardia..................................................... 17

Il distaccamento Minonzio della 55° brg. Garibaldi f.lli Rosselli. ........ 18

Marzo-Aprile nella bassa Valtellina .................................................... 24

Fabio, una vecchia conoscenza .......................................................... 29

Una strana formazione ....................................................................... 32

Dov’è Retico? ...................................................................................... 35

Il percorso di Clorindo e dei suoi libri ................................................. 41

GL l’organizzazione tra mito e realtà. ................................................. 45

Il mistero del gruppo in val Chiavenna e che sembra aver come

referente Giustizia e Libertà. .............................................................. 48

Appendice ........................................................................................... 51

La Valtellina degli anni ’30. ............................................................. 51

Documento dell’informazione clandestina .................................... 52

Martiri del periodo Cospirativo, dr. Clorindo Fiora (Pino Retico) .. 56

Giustizia e Libertà 14.12.1934 ........................................................ 62

Comune di Civo, Partigiani Combattenti e Patrioti. ....................... 63

Situazione delle forze GL in Lombardia l’11 novembre 1944 ......... 64

Relazione di Giordano Federico (Gek). ........................................... 65

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Tutta colpi di quelli venuti da fuori.

Fatte salve alcune memorie locali che si contano sulle dita di un amano, nella memoria che si è sedimentata nella lunga Valtellina i guai e di conseguenza i morti, che ci sono dopo l’otto settembre 1943, son tutti causati da persone “straniere” siano esse il partigiani milanesi o le Brigate Nere toscane o, dul-cis in fundo, i francesi della Milice.

È sorprendente la capacità con cui, ricercatori e storici sono riusciti a non inciampare nei caduti o nei fucilati a fine guerra. La stessa presenza delle formazioni fasciste, un guazzabuglio, si stempera nella parola usata: fascisti, che dice tutto e niente.

Il tentativo autarchico di fornire una mappatura dei caduti valtellinesi1 fuori dai confini provinciali, a dimostrazione che la guerra aveva comunque coinvolto le genti di questa terra, si è tradotti in un silenzio assordante, come si usa ormai dire. Lo stesso tentativo di dar corpo ad una” Cronologia Valtellinese”2 che desse conto di morti e delle azioni in questa terra dall’otto settembre in poi ha fatto la stessa fine.

Cocciuti ci ritentiamo con questa necessariamente breve ri-cerca che è tutta interna alle dinamiche valtellinesi. Evitare di dar conto dei morti ammazzati durante i venti mesi della Resi-stenza oltre a cogliere l’obiettivo di non entrare nel merito delle questioni che si pongono agli abitanti di una valle fino ad un certo punto esclusa dalla “guerra in casa”, evita altresì di fare i conti con una vulgata ormai obsoleta e relativa alle due Resi-stenze, una combattente in bassa valle e dominata di garibaldini, una attendista e furba in alta valle dominata dagli autonomi.

1 G. FONTANA, M. FUMAGALLI, Antifascismo Caduti e disobbedienti Valtellinesi, 8 set-

tembre 1943-2 giugno 1944. Il montanaro prende il fucile il difficile cammino della

lotta armata partigiana, Associazione culturale Banlieue, Gruppo editoriale

l’Espresso, Roma 2014. 2 Si può accedere su:

http://www.55rosselli.it/progetto%20catalano/pdf%20progetto%20catalan

o/Valtellina-cronologia.pdf

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Eppure basterebbe lo sguardo al monumento ai caduti di Valfurva, paese sperduto alla falde delle Alpi, per comprendere quanto sia falsa questa concezione.

Lasciare insoluti i casi dei caduti, elencandoli senza alcuna altra specificazione alla fine dei volumi pubblicati, tacere com-pletamente sulla resa dei conti, che vede la Valtellina tra le pro-vince che hanno il maggior numero di fascisti fucilati, produce solo un terreno su cui pettegolezzi, dicerie e polemiche possono attecchire: aspettano solo il momento opportuno.

Invece gli ammazzamenti che segnano tutto l’arco dei venti mesi sono l’evidenza di quella che fu una guerra civile dura e profonda. In questa terra non abbiamo momenti di dura repres-sione che si traducono in centinaia di morti e che vedono prota-gonisti in prima linea i tedeschi. Anzi, se vogliamo i tedeschi a volte accettano di subire qualche caduto quasi come tributo normale in una guerra che si è dimostrata lunga e dura. Sono le varie bande fasciste, avremo in valle gruppi della Muti, bande della Cesare Rodini di Como, Brigate Nere toscane, milizie della GNR provenienti dalla Bergamasca, una formazione che ha fatto della violenza la propria ragione di vita come la Tagliamento, che impongono una cieca violenza fino agli ultimi giorni. A questa violenza, fatta di spiate e di assassinii la risposta dovrà necessariamente porsi a un livello se non pari altrettanto alto, fuori dalle aspirazione dei resistenti, su di un terreno a loro sco-nosciuto che non sapranno comunque percorrere. A questa vio-lenza diffusa non saranno esclusi i partigiani dell’alta valle i quali si troveranno a dover constatare che la violenza fascista non trova ne confini né limiti. Sono queste le considerazioni che ci hanno spinto a prendere in considerazione il caso di Clorindo Fiora. La vicenda si sviluppa completamente all’interno delle dinamiche della Resistenza valtellinese, come dice bene Giulio Spini3 a proposito di Clorindo Fiora « Partecipò alla Resistenza

3 Personaggio importante e di primo piano della Valtellina, valgono per tutti

le parole apparse sul giornale La Provincia di Sondrio in occasione della sua

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e cadde, a poche settimane dall'insurrezione, in una delle tragi-che circostanze, fatte di equivoci e di tensione, che certo non mancarono in un avvenimento così complesso come la lotta par-tigiana». La particolarità che rende importante questo caso è che non si tratta di un contrasto tra fascisti e resistenti, ma è all’interno della Resistenza, soggetto a questo punto importante per le polemiche sui “garibaldini assassini” che ancora oggi con-tinuano ad agitare i sonni di scrittori ed editori4. L’intento è quello di fornire un’analisi della situazione che rifugga da giudi-zi e da pregiudizi, cercando di fornire ai lettori elementi e dati su cui ragionare e, ce lo auguriamo, proseguire analisi e ricerche.

morte:« Spini incarna, a livello locale, quella che fu la parabola sociale e

politica del dopoguerra, passando attraverso la Resistenza, la nascita dei

movimenti democratici, dei grandi partiti italiani (fu segretario provinciale

della Dc) che hanno traghettato la Prima Repubblica attraverso il boom

economico, il benessere diffuso, la conquista dei diritti e delle opportunità

per tutti.» 4 Vale per tutti: Mirella Serri, Un amore partigiano. Storia di Neri e Gianna

eroi scomodi della Resistenza, Longanesi, Milano, 2014.

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Clorindo Fiora

Il 3 aprile del 1945 in val Gerola (Valtellina) viene fucilato dai garibaldini della 2a divisione Garibaldi Lombardia un intellet-tuale di Roncaglia, Clorindo Fiora, questa la sua storia ma an-che la storia del suo racconto5.

Bassa Valtellina, primavera 19446

Bassa Valtellina, costiera dei Cech, sono le montagne soleggiate alla nostra sinistra e ci accompagnano, andando, da Colico verso Son-drio, fino alla stretta di Talamona. Pochi paesi sparsi Cino (586 ab), Cercino (774 ab), Civo ( 1817 ab), Dazio (360 ab), Roncaglia, Poira di Dentro, Naguarido, Caspano, Mello (1359 ab) tutti a mezzacosta a rubare quel po’ di prato su cui costruire una baita e una chiesa; Traona (1297 ab)7 in basso quasi in riva all’Adda ma con i radi pascoli su in alto fino a Oratorio sette fratelli (2000 m). Più in alto, sopra i paesi i prati, prati dell’O, prati Bioggio, prati di Aragno e, per indicare come è il terreno, Prà Succ. Una terra arida baciata dal sole, dove si portano le vacche in val di Mello, che non è qui ma in val Masino ed il nome sta ad indicare una lunga e dura transumanza. Un fazzoletto di prato è una conquista, una sorgente è oro.

Alla nostra destra il versante valtellinese delle Prealpi orobiche con i paesi di fondovalle Andalo (320 ab), Delebio (1685 ab), Rogolo (408 ab), Cosio Valtellino (2904 ab) per finire con Morbegno ( 5988 ab), il paese più numeroso sul delta dei torrenti che scendono dalla val

5 I dati relativi alla morte di Clorindo Fiora sono desunti dai documenti

depositati in copia in: IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Presso l’Ufficio Anagrafe del comune di Civo (SO), di Clorindo Fiora non esiste né data di morte né luogo di sepoltura (comunicazione dell’Ufficio Anagrafe del 26/10/2015). Roncaglia è una frazione del comune di Civo (SO).

6 Tutti i documenti citati in note sono in copia presso gli autori. 7 Fanno capo al comune di Civo: Cadelsasso, Caspano, Chempo, Civo, Lago Di

Spluga, Naguarido, Poira, Regolido, Roncaglia, Santa Croce, Serone, Vallate; al comune di Traona: Bioggio, Corlazio, Moncucco Alto, Moncucco Basso, Pianezzo; al comune di Cercino: Belenasco, Siro; al comune di Mello: Bondo, Consiglio, Piazzo, Poira Di Dentro, Poira Di Fuori Pecoia, Pusteria I dati demografici fanno riferimento al censimento del 1936.

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Gerola e dalla valle di Albaredo: le vie di comunicazione con la Val-sassina e la valle Brembana.

Talamona (2931 ab) chiude questo scorcio della Valtellina chiusa sul delta del torrente che scende dalla val Tartano, sembra un’isola a sé, lontana da Morbegno e dalla costiera dei Cech.

È anche in queste montagne che dalla primavera del 1944 in poi si sviluppa la costruzione di una brigata garibaldina, brigata Garibaldi Valtellina prima, poi 40a brg. Garibaldi G. Matteotti fronte nord e fronte sud, poi 40a brg. Garibaldi G. Matteotti fino allo sconfinamento in Svizzera il 1 dicembre 1944. La ricostruzione delle formazioni par-tigiane sarà un duro e faticoso lavoro dopo il superamento dell’inverno 1944-1945. Il duro e faticoso lavoro c’è stato anche nella primavera ed estate 1944, riuscire a far convivere “milanesi” e valli-giani non è stato facile. La politica è la capacità di riuscire a mescolare istanze materiali immediate: il no all’ammasso, il no alle requisizioni, un po’ di riso e farina che arriva dalla pianura, anche per le popolazio-ni locali, garantire la non deportazione in Germania per i renitenti alla leva della RSI, con istanze di un nuovo modello di convivenza sociale. Parole come libertà e democrazia per giovani cresciuti nel ventennio fascista non avevano senso, occorreva formarlo. Questo il lavoro che è stato alla base della costruzione della Resistenza, riuscire ad amalga-mare quotidianità e futuro.

Tutto questo non è stato esente da frizioni e rapporti duri sia con la popolazione che tra le forze stesse della Resistenza.

La debolezza militare delle formazioni veniva in qualche modo nascosta durante l’estate del 1944 con la speranza di una veloce fine della guerra che spingeva anche gli avversari, saloini e nazisti, a mo-derare gli attacchi. Svanita questa illusione le forze nazi-fasciste ave-vano buon gioco nello sconfiggere le deboli forze partigiane in bassa Valtellina.

Tra le popolazioni locali, che si sono trovate a doversi rapportare direttamente con una dura occupazione, con una crisi alimentare senza precedenti e con i lutti familiari di una guerra persa, trova spazio il rivalersi sui resistenti sconfitti. Lo Stato è una entità mai ben digerita dai valligiani, a questa sopportazione si aggiunge il panorama domina-to dalle baite bruciate e dalle requisizioni del bestiame. Il risultato di questa memoria è un amalgama non ben riuscito di racconti da osterie, manomissione di documenti, ricordi non ben organizzati e ignoranza variamente distribuita. Nessuno si è mai preso la briga di seguire le

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poche tracce del primo caduto valtellinese, Aldo Perregrini, ne di ap-profondire il contributo locale alla costruzione della 40a brg. G. Mat-teotti. Questa memoria acefala trova anche una forma per esprimesi e rimarcare le “malefatte” garibaldine, è il “Memoriale Valenti” e, in tempi non sospetti, la storia “ufficiale” della Resistenza Valtellinese, il volume di M. Fini e F. Giannantoni. È dentro questo minestrone fatto di cose non dette o ignorate, momenti di rivalsa nei confronti di chi la Resistenza l’ha vissuta intensamente, ripresa di una lontananza dello Stato e delle Istituzioni che si pone la vicenda storica e umana di Clo-rindo Fiora, Pino Retico.

Vicende della Resistenza

In un rapporto senza firma, datato 3 marzo 1945, inserito tra i documenti delle Brigate Garibaldi8 viene riportato:

“Retico. Da una infinità di prove risulta che questo losco individuo ha avuto più colloqui con le autorità fasciste. Inoltre ci risulta che l’arresto di Gilli è stato fatto eseguire dietro sue indicazioni. Ci siamo consultati con vari elementi valtellinesi i quali confermano che è un reale pericolo per le forma-zioni. Provvederemo a liquidarlo.”

Questo rapporto è inserito dentro altre relazioni che evidenziano la presenza di spie nella zona di Morbegno, in particolare una coppia di ex partigiani che segnalano ai saloini i resistenti e i loro famigliari causando parecchi arresti tra i partigiani. Ma anche altre ombre si ad-densano sullo stesso Retico «Carli9 accompagnato in quel di Roncaglia dallo scrivente immediatamente messo in contatto con Retico, come di [sic ] stabilito, dovendo fare un viaggio per prendere contatti con i vari C.D.L. locali fu arrestato. Attualmente è a Sondrio». Ironia della sorte, ma anche evidenza delle difficoltà di comunicazione, un documento

8 Fondazione Istituto Gramsci, fondo Brigate Garibaldi, sezioni regionali:

sottoserie Lombardia, doc. n. 01034. Citato in CLAUDIO PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, Feltrinelli, Milano, 1979, p. 410. Il documento completo è anche in Insmli, fondo Istituto Gramsci, documenti Brigate Garibaldi in copia, b. 8, fasc. 3, 01039; l’ evidenziato è nostro.

9 Potrebbe essere Gilli , così in GIUSTO PERRETTA (a cura di), La 52a Brigata Garibaldi “Luigi Clerici” attraverso i documenti, Istituto Comasco per la Storia del Movimento di Liberazione, Como, 1991, p. 612. In Fisec, Fondo biografia del militante, ad nomen, viene indicato solamente Gilli .

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della II div. d’Assalto Garibaldi Lombardia a firma di Gek10 e di Elio tra alcune comunicazioni al 1° btg. della 40a brg. Garibaldi G. Matte-otti, inserisce la segnalazione «qualora possa direttamente interessarvi e affinché lo comunichiate a Retico (con il quale supponiamo siate in collegamento) l’esistenza in Cino di una pericolosissima spia […]» la comunicazione porta la data del 5 marzo 194511.

Pino Retico, è il valtellinese Clorindo Fiora, personaggio di cui è difficile pennellare un ritratto. Di lui conosciamo segmenti di vita, la pubblicazione di due volumi nel 1932 a Napoli e nel 1934 a Milano, un articolo che viene ripreso da Giulio Spini nel 1982, la Valtellina negli anni ’30. É residente a Milano. Viene arrestato il 28.6.1940 per critiche al regime e all'entrata il guerra. È confinato per 5 anni a Pi-sticci e alle isole Tremiti, viene liberato il 5.11.1942. Non si hanno certezze sulla sua figura di riferimento per gli uomini che vengono mandati in montagna dalla pianura milanese.

Gilli è un ispettore delle brigate Garibaldi che sviluppa la sua at-tività tra il comasco e la Valtellina. Viene da lontano Bruno Bianchi, da Suzzara12, dove è nato nel 1909. Gilli , è il suo nome di copertura, è un vecchio comunista già condannato dal Tribunale per la Difesa dello Stato il 1° aprile 1932 a tre anni di reclusione poi nel 1936 ad altri 14 anni. Esce dal carcere dopo il 25 luglio 1943 e dopo l’8 settembre viene incaricato di verificare lo sviluppo del “ lavoro sportivo” ( pseu-donimo per lavoro militare) nelle montagne del comasco e della bassa Valtellina. Di certo l’accusa a Retico di essere la causa del suo arresto non lascia indifferenti i garibaldini, che poi l’accusa sia provata e reale è un’altra faccenda, intanto un Bruno Bianchi entra a San Vittore il 9 marzo 194513, Gilli doveva far parte del triunvirato insurrezionale assieme a Maio e Lino14.

10 Federico Giordano, vedi la sua auto-biografia in appendice. Elio è il

bergamasco Giuseppe (Popi) Taino. 11 Issrec, fondo ANPI, fasc. Brigate Garibaldi. Gek è Federico Giordano, allora

comandante della II div. Garibaldi Lombardia, Elio è il bergamasco Giuseppe Taino, commissario della II divisione Garibaldi Lombardia.

12 A volte ci sono combinazioni che è difficile considerare casuali, Vando Aldrovandi, Al, uno degli organizzatori della Resistenza in Valtellina e Valsassina è nativo di Suzzara.

13 Copia dell’Interrogatorio di Scamoni Giulio, IscComo, fondo Franco Gian-nantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Sul problema delle spie, dei contatti con i fascisti, e con la scia di miserie morali e materiali che si lasciano dietro, può essere

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Sulla vicenda di Pino Retico si staglia, ancor prima di conoscerne le traversie, la sua fine: « Il 3 aprile 1945, […]Pino Retico veniva fu-cilato in val Gerola da un reparto garibaldino in circostanze oscure», tante oscure che l’autore si affretta ad aggiungere « di quella tragica esecuzione mancano infatti testimonianze dirette»15.

Questa fine oscura ha veleggiato per anni e anni, fornendo di vol-ta in volta il destro a polemiche o contro il “famigerato Nicola”16 o contro i garibaldini. Manca, o perlomeno non è stato rintracciato, al-cun documento che chieda una indagine all’autorità giudiziaria dopo il 25 aprile inerente alla fucilazione di Clorindo. Possiamo iniziare a fare solo ragionamenti, e pertanto situare tutto nell’opinabilità, conside-rando anche che con Gilli catturato, Nicola e Al in Svizzera, Maio alle prese con il problema del Comando Unificato, tutto il peso organizza-tivo nella bassa e media Valtellina ricade su Gek, Sam ed Elio che sono nella zona di Morbegno. Bisogna però non dimenticare che il

utile cfr. ROBERTO NICCO, La Resistenza in Valle d'Aosta, 2. ed., Musumeci : Istituto storico della Resistenza in Valle d'Aosta, Aosta, 1995. La narrazione, lontana dalle montagne lombarde, consente di acquisire la consapevolezza che i problemi della Resistenza non sono riconducibili a semplici istanze locali. In Lombardia, ma sul confine dell’alta Valtellina, cfr. MIMMO FRANZINELLI , Un dramma partigiano: il caso Menici, Brescia, Fondazione Micheletti, Brescia, 1995. In Valtellina il problema delle spie non è sentito solo in bassa valle o dai garibaldini: Emilio, Teresio Gola, raggua-glia il «Comando 1° btg. 40a brigata Matteotti» che «penso che a Triangia ci sia una cellula di spionaggio composta da elementi del luogo […] il capo è un certo […] uomo sui 45 anni, sbarbato e senza baffi, di media statura magro e dai capelli neri.» PM. 9, 10 febbraio 1945, Al Comando, Issrec, fondo ANPI, fasc. 6.

14 Cfr. CLAUDIO PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 574.

15 MARCO FINI, FRANCO GIANNANTONI , La Resistenza più lunga: lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, cit., p. 99. Nessuna informazione riguardo a Clorindo Fiora è invece reperibile nello studio di: F.

CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, dattiloscritto inedito contenente i risultati di una ricerca coordinata da F. Catalano negli anni Settanta, in Fondo Catalano, Istituto di storia contemporanea “Pier Amato Perretta”; la copia che viene citata è in: http://www.55rosselli.it/progetto%20catalano/pdf%20progetto%20catalano/Valtellina-cronologia.pdf.

16 Le leggende e le maldicenze su Dionisio Gambaruto, Diego/Nicola, portano anche a queste affermazioni: «Dopo la guerra si saprà che Nicola aveva ucciso: prof Clorindo Fiora (Pino Retico), dott. Giumelli, dott. Parravicini, ten. Baruffi, Ettore Mascheroni, Costantini ma anche 17 partigiani del gruppo Pino Retico», da uno scritto dell’archivio privato di Mariarosa Romegialli.

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racconto della storia si avvale anche di quanto succede dopo il 28 apri-le in Valtellina dove si apre una rivalsa contro i partigiani garibaldini che coinvolge il sindaco socialista di Sondrio, Virgilio Bonomi e il Questore Mario Abbiezzi. Che la tragica vicenda di Clorindo Fiora non abbia avuto allora le prime pagine dei giornali, assieme al caso di Carlo Baruffi, appare quanto mai strano, ma di stranezze questa vi-cenda ne è costellata.

Ricordiamo che stiamo parlando della fucilazione di un antifasci-sta da parte delle forze garibaldine, questo è di difficile confutazione, ma noi non conosciamo né la sua posizione in un ipotetica formazione da lui comandata, né i rapporti che questa formazione ha con i coman-di milanesi del CLNAI, se mai questa formazione è esistita. Non ab-biamo trovato altra documentazione se non quella che usiamo qui e che è carente. Per riuscire ad avere un quadro più chiaro, in mancanza di documentazione locale e di racconti orali, è necessario sia rifarsi alla situazione nella bassa Valtellina tra l’inverno 1944 e la primavera 1945, sia considerare i rapporti organizzativi tra gli esponenti dei par-titi antifascisti.

La ricostituzione della presenza partigiana in bassa Val-tellina17.

La ricostruzione della presenza nella bassa Valtellina non può non prendere in considerazione anche la Valsassina e tutta la fascia che guarda il lago di Como da Lecco a Colico. Una relazione del 17 aprile 1945 che riguarda al 2a div. Garibaldi Lombardia fornisce una fotografia alquanto impietosa:

59a brg. Garibaldi Mina, occupa la zona della val Gerola fino a Colico. Gli uomini armati sono 130 con una trentina di armi automati-che, vanta alcune azioni.

55a brg. Garibaldi f.lli Rosselli con fronte da Colico a Lecco. Vanta una quarantina di uomini armati e un’ azione armata a Premana.

Il documento contiene una serie di buoni propositi e di intenzio-ni, è firmata da Gek ( Federico Giordano) e da Sam (Franco Manzotti)

17 Il tema della fine delle ostilità belliche e dei rapporti tra le formazioni

partigiane non è oggetto di questa relazione. Qui ci serve solo indicare i temi in discussione per inquadrare meglio la storia di Pino Retico.

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con il timbro del 2077 Regiment (Prov.) OSS e la firma di un ufficiale americano18.

Tra la fine dell’inverno e la primavera del 1945 il CVL di Milano mette in atto uno sforzo per riuscire a definire un comando unico di zona che superi i comandi territoriali che fanno capo alle rispettive organizzazioni politiche. L’ipotesi del Comando Unico Unificato in Valtellina aveva già fatto capolino nel settembre del 1944. Il coman-dante Neri (Luigi Canali) e Odo (Ulisse Guzzi), a nome del Raggrup-pamento 1a e 2a divisione Garibaldi Lombardia, fanno presente alla «Divisione Giustizia e Libertà» la possibilità di addivenire ad un ac-cordo in modo da formalizzare un comando unico con la partecipazio-ne dei comandanti di Giustizia e Libertà19. Questa ipotesi verrà spaz-zata via con l’inizio del rastrellamento dell’ottobre 1944. Il comando unico prevede che formalmente le varie strutture armate perderanno la connotazione politica (Garibaldi, Matteotti, Giustizia e Libertà, Maz-zini etc.), i comandi militari risponderanno ad un comandante unico, tutto verrà vagliato un modo unitario. Nella primavera del 1945 la presenza degli agenti della missione OSS fa si che si trovino a espleta-re le funzioni, più cercate che trovate, di controllori del processo mili-tare della Resistenza verso la fase insurrezionale. In merito alla bassa Valtellina abbiamo solo un’indicazione nei documenti timbrati della 2a

div. Garibaldi, mentre in alta Valtellina conosciamo i membri delle missioni OSS20 che arrivano fin li. Mentre per le formazioni in alta valle sono possibili ancora schermaglie politiche senza che queste diventino scontri aspri e a volte sanguinosi, tant’è che si sfilano dal

18 Musei Civici di Lecco, fondo Resistenza, fald. 3, documenti Guzzi. Il timbro

che fa riferimento all’ Office of Strategic Services americano ci fornisce una indicazione interessante, quella della presenza di agenti americani nelle formazioni della 2a div. Garibaldi Lombardia. Se si vuole approfondire il problema Cfr. PETER

TOMPKINS, L’altra Resistenza, Il Saggiatore, Milano 2009; cfr. CONVEGNO

INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI, Gli Americani e la Guerra di Liberazione in Italia, Office of Strategic Service (OSS) e la Resistenza Italiana, presidenza del Consiglio dei Ministri dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma, 1995.

19 Al Comando della divisione Giustizia e Libertà, 30/9/1944, Issrec, fondo AN-PI, b. 1, fasc. 7.

20 Cfr. CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICi, Gli Americani e la Guerra di Liberazione in Italia, Office of Strategic Service (OSS) e la Resistenza Italiana, cit. pp-57-64; ERASMUS H. KLOMAN , Assignment Algiers: With the OSS in the Mediterranean Theater, Naval Institute Press, Pennsylvania, 2005; MAX CORVO, La campagna d'Italia dei servizi segreti americani : 1942-1945, Gorizia, 2006.

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controllo del partito d’Azione e a fine conflitto si sfileranno anche dal controllo del Partito Liberale Italiano21 appoggiandosi completamente agli alleati, per le formazioni del Partito Comunista il controllo del territorio diventa una condizione da cui non si può derogare.

Da qui la risentita relazione di Giorgio, Leo Agliani, del 4 aprile 194522 in quanto «mi sono trovato molto impacciato per il fatto di non sapere con esattezza il numero delle nostre forze e la loro dislocazione precisa». L’ abbandono del riferimento a “Giustizia e Libertà” ma anche il non riconoscimento del CLNAI da parte delle formazioni partigiane in alta Valtellina, le difficoltà di riorganizzazione nella bas-sa Valtellina, sono certamente elementi che non concorrono a rassere-nare i rapporti tra i garibaldini ed eventuali gruppi di resistenti locali.

Maio, Mario Abbiezzi, quando rientra dalla missione in alta Val-tellina relaziona di una situazione confusa «Sono rimasto nella zona […] dal giorno 8 al giorno 22 del mese di marzo 1945. […] Il coman-dante divisionale si ritiene apolitico e in sua presenza è stato deciso di togliere la denominazione “Giustizia e Libertà” e di non riconoscere la Delegazione regionale del partito […]. Il Comando ritiene più che sufficiente l’autorità ed il collegamento col CLN di Lugano per cui ritiene inutile qualsiasi altro collegamento […]. Il Comando della di-visione alpina essendo completamente all’oscuro dell’esistenza del Comando generale del CVL […] ritenendo inutile e dannosa l’azione del commissario politico […] decide di rimandare la composizione del

21 Una comunicazione scritta, indirizzata al comando del 1° btg. della 40a brg.

Matteotti div. Garibaldina Lombardia, datata 27 febbraio 1945 riporta nella intestazione CLN Corpo Volontari della Libertà, Divisione “Valtellina” dove la dicitura Giustizia e Libertà è cancellata, la stessa cancellatura appare anche nel timbro. La firma che compare è Emilio, Teresio Gola, in Issrec, fondo Istituto Gramsci, 40a brg. Garibaldi. Al comando Divisione Giustizia e Libertà Valtellina, IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. 3, fasc. Divisione GL. Il Comando Lombardia delle formazioni Giustizia e Libertà, a firma di Vittorio (Guzzoni?), fa presente al comando della divisione in alta Valtellina che i contatti con Milano non sono difficili, semplicemente non vengono usati e si preferisce avere contatti diretti con il CLN di Lugano (!). Se fosse ancora necessario una nota Giuseppe Motta a fine conflitto e-sclude categoricamente il legame con qualsiasi partito del CLNAI, Il comandante Masera non ha mai comandato, Insmli, fondo Domenico Manera, Serie carte militari della Lombardia, b. 3. Fasc. 27

22 Insmli, fondo CVL, fasc. Comando zona lago di Como, Documenti del comando zona lago di Como.

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Comando unificato23» vero è che Fabio, Piero Vergani, comandante delle Brigate Garibaldi in Lombardia aveva precedentemente «lunedì 5 marzo […] avuto una amichevole conversazione con gli amici di GL, sul problema del Comando di zona per la Valtellina », peccato che però gli amici di GL non parlino più per le formazioni dell’alta valle24.

Anche la figura che è stata « approvata democraticamente da tutti i comandanti della divisione in parola25 » il tenente colonnello dei Carabinieri reali Alessi non gode di nessuna simpatia da parte ga-ribaldina26, è stato richiamato dalla Svizzera in cui era riparato con la moglie. Chiunque comprende come in questa situazione, in una zona che con la fine della guerra rischia di diventare bollente, trovarsi con formazioni che non riconoscono la politica del CLNAI sia un elemen-to che può provocare scintille. Oltretutto, a parte gli uomini che il cen-tro milanese delle brigate Garibaldi spedisce in valle, qui si può conta-re sugli uomini di Tiberio, Pietro Porchera, che però si trovano nel chiavennasco, sugli uomini della val Gerola che hanno in Sam, Gek ed Elio il gruppo di comando e nell’ex 1° btg. della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti che diventa, nel marzo 1945, la nuova brigata Rinaldi al comando di Germano Bodo ed Ettore Mascheroni. Il tempo non ha smussato gli angoli tant’è che il 29 marzo 1945, Lino, Siro Rosi, invia per conoscenza al Comando del Corpo Volontari della Libertà, Co-mando, copia di una lettera di chiarificazione che lo stesso Lino ha inviato a tale sig. Zecca che in «un colloquio avvenuto a Morbegno […] con Enzo di Colico vi siete permesso di dire di fare attenzione che Lino è un comunista27 ».

23 Cfr. CLAUDIO PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza :

documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 529. 24 Ivi, p. 437 25 Evidenziazione nostra. 26 Ivi, p. 575. Per la figura di Edoardo Alessi cfr. MARCO FINI, FRANCO GIAN-

NANTONI, La Resistenza più lunga : lotta partigiana e difesa degli impianti idroelet-trici in Valtellina: 1943-1945, cit., ad nomen. Cfr. Idem, L’ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera, Essezeta-Arterigere, Varese 2007, p. 288. FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., ad no-men.La sentenza nei riguardi del tenente colonnello Alessi è in: ASSo, b. Angelanto-nio Bianchi 2, fasc. 27, Tribunale Straordinario Provinciale di Sondrio, sentenze e atti processuali del 20 maggio 1944 a carico di Edoardo Alessi.

27 Cfr. CLAUDIO PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza: documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 546.

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Le schermaglie dialettiche possono restare tali in condizioni normali, dentro ad una fase di guerra dove il ricorso all’uso della forza è nel quotidiano basta un niente per passare dalle parole ai fatti.

Questo impasse verrà risolto in due passaggi, la cui realtà mate-riale della loro applicazione lascia alquanto a desiderare. Il 26 marzo 1945 viene accettata la proposta di Mario Abbiezzi, Maio, della costi-tuzione di un comando provvisorio unificato in cui Edoardo Alessi è il Comandante e Mario Abbiezzi il suo vice, questa situazione viene superata l’11 aprile con la nascita del comando unificato Zona Valtel-lina-Lario suddiviso in quattro zone, Settore Valtellina, Settore Splu-ga, Settore Grigne, settore SAP. Come questo accordo poi si sviluppi a livello pratico è tutto da verificare. Non va dimenticato che già il 15 febbraio 1945 era stato stipulato un accordo tra le forze della provincia di Sondrio in cui venivano definite le zone di influenza dei vari partiti presenti nel CLN di Sondrio fino a individuare e definire l’appartenenza politica dei sindaci nelle città importanti della provin-cia sondriese28. Ne deriva che rimettere tutto in discussione non si agevola certamente la reciproca comprensione.

Con lo sconfinamento in Svizzera di gran parte della 55a brg. Ga-ribaldi f.lli Rosselli e della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti nella pri-mavera del 1945 si procede alla ricostruzione delle brigate partendo dai gruppi che son rimasti in loco durante l’inverno. Erano le ore 3 del 1 dicembre 1944 quando Giuseppe Giumelli29 viene registrato a Bon-do dalle guardie confinarie svizzere con l’avanguardia dei partigiani che sconfinano, prodromi di un inverno duro che vede in montagna pochissime forze partigiane30,

È doveroso fare un passo indietro per comprendere l’evoluzio- ne e della presenza partigiana nella val Gerola e nella bassa Valtellina.

28 Accordo per la provincia di Sondrio, Insmli, fondo Brigate Garibaldi, Istituto

Gramsci in copia, b. 8, fasc. 3, doc. 0989. 29 medico della 40a brg. G. Matteotti. 30 Cfr. FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit.;

Cfr. GABRIELE FONTANA, Considerazioni sulla cattura e fucilazione dei partigiani della 55a brigata Garibaldi Fratelli Rosselli: Baitone della Pianca (30 dicembre 1944), “Studi e ricerche di storia contemporanea”, n 77, giugno 2012, p.50.

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La II divisione Garibaldi Lombardia

Il rastrellamento dell’ottobre 1944 e il conseguente duro inverno 1944-1945 modifica la composizione e la struttura delle brigate gari-baldine che fanno capo al Comando di Raggruppamento delle brigate Garibaldi Lombardia con sede a Lecco31. In gran parte sconfinate in Svizzera le forze della 55a brg. Garibaldi f.lli Rosselli e della 40a brg. G. Matteotti, scompaginate le forze della 90a brg. E. Zampiero, sciolta la 89a brg. G. e G. Poletti sulle falde del Grignone così come anche la 86a brg. G. Issel in Valtaleggio, in montagna restano pochi uomini. Nella media e bassa Valtellina regge il 1° btg. della Matteotti con Germano Bodo e Ettore Mascheroni32, alcuni uomini sono in val Ge-rola con Sam, Gek, Elio e Oreste, Tiberio e una quindicina di partigia-ni in val Chiavenna, alcuni dispersi sulla costiera dei Cech, in val Tar-tano e nella zona di Colico. Gli uomini sono slegati tra loro, difficili i collegamenti, le staffette ormai braccate fanno fatica a muoversi. Le catture della metà di gennaio sembrano completare l’opera delle fuci-lazioni di Barzio a fine anno, finiscono nelle mani della GNR i co-mandanti Lario, Neri, Pietro e, preventivamente, il comando delle brigate Garibaldi comunicava:

Italia occupata, 9 gennaio 1945 Al comandante "Oreste" Questo comando dopo aver esaminata attentamente la tua lettera del

mese scorso e dopo i colpi avuti con la cattura e la fucilazione del coman-do della 52a brigata e del comandante "Mina", è venuto alla determinazio-ne seguente:

ammessa l'impossibilità attuale di poter mantenere, con una certa si-curezza sulle nostre montagne delle formazioni numerose, sta studiando, e per ora ti espone in sommi capi, la riorganizzazione invernale dei nostri.

31 Cfr. F. CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 284. 32 Il 21 gennaio 1945 un organigramma della «I Divisione Garibaldina

Lombardia 40a brg. “G. Matteotti” Comando I Battaglione» viene inviato «Al Comando di Raggruppamento», la brigata è formata da tre distaccamenti al comando di Tito (XII dist.), Mas (XIII dist.), Romero (XIV dist.), il capo del servizio informazioni e intendenza è Ennio, Comandante è Ettore e Commissario è Germano. Insmli, fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci in copia, b.8, fasc. 3, doc. 0967.

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Essa deve essere basata su squadre e nuclei di pochi uomini, mobili, vo-lanti, in modo che il nemico mai sappia della loro dislocazione. Essi po-tranno vivere nei paesi, presso parenti, conoscenti, ecc. ma sotto la guida di comandanti sicuri e preparati [...].

Tutti questi nuclei dipenderanno da un comando formato da soli quadri. Questo comando vedrebbe in te il comandante più adatto al com-pito di riorganizzatore della 2a divisione.

Da parte tua impartisci ordini in tal senso ai gruppi con cui sei in contatto ["Sam", "Mario", "Pietro", "Ape", "Lince"]. [...]

Purtroppo questo comunicato non precedeva ma veniva a con-fermare una situazione che la caduta del Comando di Raggruppamen-to confermava, la struttura era impossibilitata a reggere l’impatto con le forze tedesche e saloine.

Il distaccamento Minonzio della 55° brg. Garibaldi f.lli Rosselli.

Nell’organigramma del settembre 1944 della 55° brg. Garibaldi f. lli Rosselli risultano nove distaccamenti composti da circa 30 parti-giani, nella val Gerola è di stanza il distaccamento Franco Minonzio al comando di Agol e con commissario Igo. Ercole Zugnoni e Igino Manni33 sono entrambi di Gerola Alta e, nella politica della brigata, porre al vertice gli uomini del territorio su cui viene a svilupparsi la formazione è una regola da cui solo in caso di necessità si può deroga-re. Non tutto funziona però, il racconto della presenza in bassa Valtel-lina dei partigiani, complice anche la poderosa ricerca di Franco Cata-lano34, relega alla presenza del comandante della 1a div. Garibaldi Lombardia, Dionisio Gambaruto, Diego e poi Nicola, lo scontro con i valligiani ed in particolare tra gli uomini della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Un documento a firma Igo del 18 settembre 1944 intitolato significativamente «Rapporto del Commissario sul Comandante Agol» riferisce le impressioni sul comandante «1) mancanza ASSOLUTA di una Fede e quindi di una coscienza politica […] 2) Egoismo ASSO-

33 In altri organigrammi, anche con l’errore di Igol, Igino Manni è Commissario

del dist. Benedetto Croce, Commissario del dist. Minonzio è Claudio,Egidio Zanetti. Igo verrà catturato alle baite di Abbio, sopra Biandino, il 12 ottobre 1944, morirà a Enebsee il 2 maggio 1945, cfr. ANPI Val Gerola, Igino Manni Patriota, Morbegno, s.d.

34 FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit.

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LUTO, IPERBOLICO, che naturalmente non può coesistere con la nostra Idea Democratica. […]. 3) – Per questo cerca di accentrare in sé ogni autorità […]. 5) non ha fiducia negli uomini […]» e così via, accuse pesanti che portano Igo a concludere «NON è L’ELEMENTO CHE POSSA E SAPPIA COMANDARE35». Edoardo36 rincara la dose con una lettera il 19 di settembre, che contiene due rapporti su Agol datate rispettivamente i giorni 11 e 12 dello stesso mese. Che ci sia un situazione di insoddisfazione nel distaccamento la si intuisce, ma si capisce che c’è anche chi questa condizione comprende e a cui probabilmente cerca di porre un freno. Il distaccamento il 30 agosto del 1944 ha una forza di «19 uomini + 2 sotto sorveglianza», di questi uomini tre sono senza fucile, i «Viveri sono scarsi […] facciamo nota-re grande scarsità di munizioni e assoluta deficienza armi automati-che» aggiungiamo che hanno 12 bombe a mano37. Da questa situazio-ne Igo, in un altro suo rapporto però dedicato al «Distaccamento e sui Patrioti38» rileva che il campanilismo sembra superato, ci sono ancora screzi ma tutti riconducibili al comportamento del Comandante, e se-gnala tre partigiani: Italo, vice comandante, che è portato in «palmo di mano» dagli uomini, Mom, che è un informatore preciso e tale Chicco, «molto giovane, possiede però una maturità mentale e coscienziosità tale da porlo fra i migliori elementi […] di sicura coscienza democra-tica39», accanto a questo paragrafo qualcuno ha scritto la parola Gec.

Difficile credere che Chicco sia Gek. I nomi Chicco e Gek non figurano nell’elenco degli uomini del dist. Minonzio in data 30 agosto 1944, la firma di Gek appare sotto alcuni documenti che hanno l’intestazione «55a brigata d’assalto Garibaldi “Rosselli» e che riguar-dano operazioni di controllo in Valsassina40e risalgono alla fine di settembre 1944. La documentazione, carente, ci porta al 28 novembre

35 Issrec, fondo ANPI, busta 1, fasc. 8. 36 Partigiano non individuato. 37 Issrec, fondo ANPI, busta 1, fasc. 8. 38 Ivi. 39 Rapporto del Commissario sul Distaccamento e sui Patrioti , Issrec, fondo

AMPI, b. 1, fasc. 8. 40 Verbale, 30/9/1944, si è proceduto al fermo di, Issrec, fondo ANPI, serie for-

mazioni partigiane, fasc. 8. Al Comande Distaccamento Fogagnolo e per conosc. al Comando del 1° Battaglione, IscComo, fondo brigate Garibaldi, fasc. 55a Rosselli, citato in Gabriele Fontana, 1935-1945 Valsassina anni difficili, BCC Cremeno, Intro-bio 2011, p. 178.

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’44 quando in una lettera non firmata, ma riferibile a Piero (Losi), indirizzata a Mina che è nella zona della val Taleggio per risolvere la questione “Gastone” ed i rapporti con la 86a brg. Garibaldi G. Issel41, troviamo l’informazione che «il Minonzio (unico Dist.to rimasto in zona dato che da tre giorni tutte le formazioni sono passate [al di là dell’Adda nda] con Al e Ges) […] Della Brigata, sono rimaste in zona tre squadre col compito di disturbare e sconcertare il nemico42».

Ma è ancora Agol ad essere al centro dell’attenzione alla fine di novembre, questa volta è il Commissario divisionale Marco e il com-missario Oreste a riprenderlo per aver abbandonato «in un momento critico [gli] uomini […] Questa è prova di irresponsabilità» e come conseguenza viene sollevato dall’incarico. I rastrellamenti continui hanno messo a dura prova una struttura che si era organizzata per scendere al piano alla fine di settembre e che invece è da due mesi sotto un duro attacco. Il 7 dicembre una particolareggiata relazione precisa la forza del distaccamento Minonzio e la condizione generale:

OGGETTO: Situazione e condizioni generali del Reparto Forza effettiva totale n. 42 Forza effettiva del DISTACCAMENTO N° 33 Forza presente al 7/XII/44 N° 29 La maggioranza degli uomini difetta di indumenti in generale e di cal-

zature in particolare […] Seguono considerazioni generali tra cui la constatazione che i

«fatti ISSAL (sic) MATTEOTTI, POLETTI, e ultimamente il caso FOGAGNOLO» hanno minato il morale degli uomini, una nota ri-guarda una missione la PILAT, di cui non conosciamo la funzione. La firma del Comandante (su questo documento) non è comprensibile ma su di un altro è Italo mentre il Commissario è Rubin43.

Il 23 gennaio Elio e Gek relazionano «al Comando Raggruppa-mento Divisioni» che la situazione non è certo rosea «il 16 u.s. Oreste […] lasciò questo comando» e Oreste si trova in grave disaccordo con

41

Cfr. Gabriele Fontana, Scampoli, La Resistenza brembana tra spontaneità e organizzazione, Il filo di Arianna, Bergamo, 2015, pp. 144-157.

42 28 novembre 1944, Caro Mina; Issrec, fondo ANPI, b. 1, fasc. 8. 43 I partigiani che hanno questi nomi di copertura non sono stati individuati.

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il comando in montagna, l’aver ridotto il numero degli uomini in mon-tagna è stata disapprovata da «codesto Comando [di Raggruppamento] e dai superiori organi dirigenti». A nulla paiono essere serviti sia la discussione con i comandi sottoposti e la gravissima situazione che si è determinata nella metà del dicembre 1944. Quanto deciso non è stata una smobilitazione ma un adeguamento alle situazioni contingenti. A questo hanno concorso anche: «la fucilazione di Mina con la conse-guente grave mancanza in seno a questo Comando di un elemento militarmente all’altezza della situazione», una situazione finanziaria precaria che rende difficile «il mantenimento dei patrioti attualmente in forza». La relazione si conclude con la richiesta di avere un incon-tro con un rappresentante del Comando di Raggruppamento44. Diffici-le che questo sia avvenuto lo scollegamento è grande e a fine gennaio sono già stati catturati i comandanti del Raggruppamento e anche un commissario, Lince, conoscitore dei luoghi e legame con gli uomini in montagna è stato catturato il 17 gennaio45. Nei tre mesi invernali la crisi si acuisce, il 17 febbraio Oreste, Biagio Melloni, rientra definiti-vamente a Milano e abbandona la montagna46, si cerca di richiamare in servizio Mario Cerati, Romolo, ma non c’è risposta47.

Il 5 marzo 1945, il comandante della Brigata Nera invia a quello della V compagnia di Lecco il risultato della cattura di Dino Cassinel-li, Lince: sono indicazioni relative a Gek, Elio e Ago (sic!) senza il riferimento del nome vero. L’organizzazione delle brigate garibaldine

44 Z.O. 23/1/1945 Al Comando Raggruppamento Divisioni, Insmli, fondo

Istituto Gramsci, in copia, b. 8, fasc. 3. 45 Per le condizioni nell’inverno 1944-1945 si veda l’articolo di G. FONTANA,

Considerazioni sulla cattura e fucilazione dei partigiani della 55a Brigata Garibaldi Fratelli Rosselli: baitone della Pianca (30 dicembre 1944) cit.

46 Al comando raggruppamento e alla delegazione comando, Insmli, fondo Istituto Gramsci, documenti brigate Garibaldi in copia, b. 8, fasc. 2, Valtellina. Sulla condizione delle brigate garibaldine nell’inverno 1944-1945, FONTANA GABRIELE, Considerazioni sulla cattura e fucilazione dei partigiani della 55 Brigata Garibaldi Fratelli Rosselli. Baitone della Pianca (30 dicembre 1944), cit. Biografia di Biagio Melloni, Milano, 22 maggio 1945, Alla Federazione di Milano [del PCI], Archivio Privato Luigi Borgomaneri.

47 Cfr. ANPI Comitato provinciale di Lecco, carte private Mario Cerati, fondo non catalogato; documenti pubblicati in: PIERFRANCO MASTALLI , Colico 28 aprile 1945 : la resa della colonna tedesca : i comandanti Gek e Sam nella Resistenza, Cattaneo, Lecco, 2011.

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resta un po’ nella confusione, gli organigrammi su cui poi noi oggi ci troviamo a ragionare sono organizzati a posteriori, altro raccontano i documenti48. Ancora il 13 aprile 1945 «il capufficiale (sic!) intenden-za» usava l’intestazione 1a Divisione Garibaldina Lombarda 40a bri-gata nel ringraziare il fornitore di 30 kg. di formaggio e usava il più “popolare” Viva la Libertà piuttosto che il più militaresco Morte ai nazifascisti. Tre giorni dopo, stessa macchina da scrivere e stesso scri-vente (Ennio) l’intestazione diventa Corpo Volontari della Libertà, Brigata Riccardo Rinaldi, vengono comunicati al distaccamento Ful-vio49 i dati relativi ad una spia in frazione Triangia «Per la cattura, nel caso capitasse nelle mani di codesto comando50». Gek il 26 aprile si affida più semplicemente ai vecchi e consolidati rapporti «Cara Ala51, gli avvenimenti precipitano […]» l’intestazione questa volta è Corpo Volontari della Libertà Settore Valtellina.

Intanto il 31 marzo veniva ufficializzata la presenza della 89a brigata Garibaldi “Mina” nella zona che va da Talamona a Colico. Le azioni del marzo 1945 sono fatte dal distaccamento Pizzini della ex 55a brg. f.lli Rosselli che agisce nella zona di Colico, mentre nella relazione del 18.04.1945 sono indicati tre distaccamenti, Ghislanzoni, Trezza e Grosso che agiscono nel fondovalle. Il Ghislanzoni attacca il 3 aprile «il presidio fascista di Morbegno», i nuclei dei tre distacca-menti nei giorni successivi fanno azioni che sabotano i telefoni e la linea ferroviaria nei pressi della stazione di Cosio. La 2° divisione

48 Il comando della 2a div. d’Assalto Garibaldi Lombardia, nelle figure del

Comandante Elio e Commissario Gek comunica la ripresa dei contatti con il 1° btg. della 40a Matteotti il 23.01.1945, più sfumati i ruoli in un successiva comunicazione del 14.02.1945, Elio è il commissario della 89a brg. f.f. e Gek è il commissario (della 2° div ndr) f.f., in successive comunicazioni appare solo la firma del commissario Gek. Issrec, fondo ANPI, fasc. 5, comunicazioni alle formazioni dipendenti. Formazioni e comandi, come si può notare, sono fluttuanti e lo saranno fino alla definizione di brigate e organici dopo il 25 aprile.

49 Comandante Quinto Moroni, commissario Nando Vigorelli, V. comandante Ugo, Issrec, fondo ANPI, fasc. 6 organici della brigata Rinaldi.

50 I due documenti sono in Issrec, fondo ANPI, divisioni Garibaldi, fasc. 4. 51 Ala è Angela Fanchi, partigiana di Sondrio che manteneva i contatti tra la val

Gerola ed il resto della valle.

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Garibaldi Lombardia risulterà composta, alla data del 16 aprile 1945 dalla 89a brg. Garibaldi “Mina” e dalla 55a brg. f.lli Rosselli, la prima brigata occupa la zona che va da Talamona a Colico, mentre la Rossel-li ha «fronte da Colico verso Lecco52». La realtà è un po’ meno robo-ante dei nomi, la 89a conta «oltre 130 uomini tutti armati» mentre la 55° ha un «effettivo [che] ammonta a 40 uomini53», a fine anno 1945 e precisamente il 17 dicembre, Mario Abiezzi, “Maio”, racconta di un organigramma più realistico, la «2a div. Garibaldi Valtellina venne regolarmente costituita nel periodo clandestino nelle persone di Vinci Alfonso detto BILL, Comandante, e di Giordano Federico detto GEK, Commissario. Nel periodo insurrezionale il Comando predetto, di stanza in Morbegno (Sondrio), ebbe alle sue dipendenze l’89a brigata Mina, la 40a Brigata Rinaldi e la 90a Brigata Zampiero operanti nel settore bassa Valtellina-Val Chiavenna54». Dell’impianto del Coman-do di Raggruppamento 1a e 2a div. Garibaldi Lombardia non resta più nulla, sganciata la 55a brg. f.lli Rosselli e la 52a brg. L. Clerici, sciolte e mai più ricostruite la 86a brg. G. Issel e la 89a brg. G. e G. Poletti, rimasti sulla carta i progetti del Comando Unificato, le forze garibal-dine che operano in zona si coordinano quasi in modo naturale.

A fine guerra, il 9 maggio 1945 la 89a brg. Mina risulta composta da 429 uomini suddivisi in tre battaglioni e nove distaccamenti che rispettano completamente la struttura che era della 55a brg. f.lli Ros-selli nell’estate del 1944; I distaccamenti sono intitolati ai caduti locali e rispettano la posizione geografica del paesi55. Il comando della bri-gata risulta formato da Sam, ( Franco Manzocchi di Casatenovo) co-

52 Oggetto, Relazione, ai Comandi Superiori, Issrec, Fondo ANPI, 2 div.

Garibaldi. 53Ivi. 54 Comando II divisione Garibaldi Valtellina, DICHIARAZIONE, Issrec, fondo

ANPI, b. 3, fasc. XXX. 55 Dist. Pezzini a Rogolo, dist. Fistolera a Delebio, dist. Guattini a Dubino; dist.

Bedognè a Morbegno, dist. Trezza a Ardenno, dist. Ghislanzoni a Traona, dist. Grosso a Cosio Valtellina, dist. Silvetti a Regoledo, dist. Pedranzini a Traona. Al Comando Divisione Valtellina, IscComo, fondo Franco Manzotti, fasc. documenti.

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mandante), Elio (Giuseppe Taino di Bergamo)56 commissario, Agol (Ercole Zugnoni di Gerola Alta) com. del 1° btg e Fred ( Sergio Aon-dio di Colico) comandante del 2° btg.

La 40a brg. Garibaldi R. Rinaldi, posizionata nella zona che va da Ardenno fino a Sondrio, lasciando in parte come “terra di nessuno” la costiera dei Cech, è strutturata su tre battaglioni. Comandante è Etto-re, Ettore Mascheroni di Lodi, commissario Germano, Germano Bodo di Milano, tre battaglioni intitolati a, Peppo, Bruno e Moro57.

Marzo-Aprile nella bassa Valtellina

Nel periodo di ricostruzione delle forze garibaldine la costiera dei Cech appare abbandonata. Un po’ la conformazione geografica, un po’ i piccoli nuclei di case, i pochi uomini rimasti in circolazione

56 Giuseppe Taino, Poppi, Elio. Nato a Bergamo il 14.7.1917, medico antifasci-

sta poi comunista «Arrestato nell’ottobre 1941 per avere sporcato un monumento fascista, condannato dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato a 4 anni di reclu-sione, incarcerato a Castelfranco Emilia. Liberato nell’agosto del 1943.» Cfr. ADRIA-

NA DEL PONTE et altri (a cura di) Antifascisti nel Casellario Politico Centrale, quader-no n. 18, Anppia, Roma 1994, p.17. Uomo schivo e modesto rilascia una sola intervi-sta in cui non si dilunga sulla sua esperienza partigiana. Cfr, Isrec Bg, Fondo XXXX, Testimonianza n.XX del XXXX. È incarcerato a Castelfranco Emilia con Gaetano Invernizzi, è questo il probabile tramite che lo porta in montagna dopo l’otto settem-bre. Lo ritroviamo commissario politico del 1° btg. della 55a brg. Garibaldi f.lli Ros-selli, cfr. IscComo, fondo Franco Manzotti, fasc.2. A seguito del duro rastrellamento dell’ottobre del 1944 non segue gli uomini della brigata che espatriano in Svizzera ma resta, in Valsassina assieme a Franco Manzotti, Sam. Con quest’ultimo forma un granitico sodalizio che lo porta nella primavera del 1945 a costruire la 89a brg. Gari-baldi Mina, come commissario politico della stessa parteciperà alle fasi insurrezionali. Per altre notizie, cfr. ANGELO BENDOTTI, GIULIANA BERTACCHI, GIANLUIGI DELLA

VALENTINA , Comunisti a Bergamo : storia di dieci anni, 1943-1953, Il filo di Arian-na, Bergamo, 1986, ad nomen. GABRIELE FONTANA, La Banda Carlo Pisacane: Ca-renno, Erna, Santa Brigida, Corni di Canzo, Nodo Libri ; Istituto di storia contempo-ranea Pier Amato Perretta, Como, 2010, p. 47. Elio lo troviamo ancora citato nel Diario di Sam in Isc Como, fondo Franco Manzotti, fasc. 2 che si trova anche in: http://www.55rosselli.it/documenti/pdf/documenti%2055rosselli

/Il%20diario%20di%20Sam%20Franco%20Manzotti.pdf 57Quadro della brigata Riccardo Rinaldi, Issrec, Fondo ANPI, fasc. 6. Il quadro

riporta la data del 18 maggio 1945 e definisce la brigata ricostruita l’ 11 marzo 1945 sulle ceneri del 1° btg, della 40a brg. Garibaldi Matteotti, una firma di chi redige il quadro è Angelo (Enzo Canali) l’altra non è identificabile.

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sparsi nelle baite non bruciate, sono tutti motivi che non favoriscono certo l’aggregazione. Va aggiunto anche lo svanire delle speranze che l’illusione di una fine veloce della guerra aveva generato nell’estate precedente, insomma nella primavera del 1945 non si prospetta facile la ricostruzione delle formazioni partigiane nella zona. Unica notizia uno scontro armato tra cinque partigiani del distaccamento. Puecher che era posizionato sul monte Berlinghera, a ovest di Colico, e un gruppo di fascisti il 16 febbraio a Cercino. L’obiettivo dei partigiani è catturare o dissuadere i fascisti a requisire viveri, scopo che viene rag-giunto quando si costringe il gruppo ad andarsene.

Nonostante le difficoltà e nonostante l’attesa della fine di una guerra sia ormai diventato un dato di fatto nella vita quotidiana, sem-bra che la guerra civile prenda improvvisamente il sopravvento nelle dinamiche Resistenziali come si può verificare controllando le ucci-sioni tra i primi di marzo e la metà di aprile del 1945:

Il 2 marzo1945 all’ Ospedale di Morbegno muore il partigiano della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti Abbondio Barolo cl. 1926 nato a Traona58.

A Caspano nello stesso giorno viene ucciso dalla XV B.N. “Ser-gio Gatti” di Sondrio Pietro Panera.59.

Il 09 marzo a Postalesio viene catturato e fucilato il milanese Ti-berio Pansini cl.1917. Conosciuto con il nome di copertura di “dott. Rossi” aveva ricoperto la carica di Commissario del Com. Raggr. Brg. Garibaldi Lombardia con sede a Lecco.

A Cedrasco il 12 marzo viene fucilato dai partigiani Ilio Gerola-mo Fini, è un militare dell’ Esercito della RSI inquadrato nella 18 a cmp. territoriale.

Il 17 marzo1945 a Campo (Tartano) muore, per cause che non siamo riusciti ad accertare, Barlascini Pio nato il 18/05/1916 Tartano; era militare del 5 rgt. alpini.

Il 17 marzo viene ucciso a Cino, dove era nato, Felice Pedranzini cl.192560. È partigiano della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti.

58 Issrec, fondo ANPI-Sondrio, schede caduti. 59 Ivi. Richiesta di risarcimento da parte di Pietro Panera in: On. Comitato di

liberazione nazionale, Morbegno, Issrec, fondo ANPI, fasc. 3, dichiarazioni e documentazioni.

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Nello stesso giorno viene ucciso sempre a Cino Isidoro Silvetti "Carnera" nato a Colico, Silvetti viene ucciso per mano di due spie fasciste61.

Margherita (Rita) Caligari De Romeri cl.1890, volontaria nelle Ausiliarie della B.N. Operativa “G. Garibaldi” di Sondrio e Maria Guslini De Romeri cl.1909, volontaria della CRI al posto di pronto soccorso di Sondrio, entrambe di Cino, sono qui fucilate dai partigiani il 29 marzo62.

Nello stesso giorno nel comune di Postalesio in località Prà Leone (m 1028) viene ucciso in uno scontro con i fascisti Cesare Soverna nato a Castione Andevenno63, cl. 1927.

Il 2 aprile 1945 in una località sulle montagne sopra Delebio64 viene trovato il corpo di Jole Rosa Ciapponi cl. 1925 di Morbegno.

60 Fondazione Micheletti, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana,

prov. di Sondrio del 26/03/1945. L’uccisione non è chiara, secondo la G.N.R. viene ucciso da Carnera. In Issrec, fondo ANPI-Sondrio, schede caduti ad nomen è indicato come un “caduto” della 40a brg. f.lli Matteotti.

61 Fondazione Micheletti, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana, prov. di Sondrio del 26/03/1945, in IscComo, fondo ANPI, schede partigiani caduti ad nomen.

62 «Nella notte dal 28 al 29 corr. Un gruppo di partigiani armati penetrati nell’abitazione dello squadrista Gualini Martino in Cino ne sopprimevano la moglie e le suocera. Il Gualini era assente.» Relazione del capo Servizio spionaggio presso il comando militare provinciale […]IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico; il foglio successivo del documento, oltre a raccontare il succedersi delle vicenda che riguarda Bruno Bianchi, racconta anche la cattura di un altro partgiano, Croce Emilio a Colico che viene portato a San Vittore il 14 aprile 1945 (mat. 2654). Questo documento viene probabilmente recuperato dal servizio I-C della Divisione e inviato per conoscenza al Comando Divisione alpina Valtellina e al Comando 40° brigata G. Matteotti il giorno 7 aprile 1945.

63 Ministero della Difesa, Albo d'Oro dei caduti della seconda guerra mondiale. Issrec, fondo ANPI-Sondrio, schede caduti. PAOLO PILLITTERI , Una valle lunga un anno : Sondrio, 28 aprile 1945: quando Germano con Ennio, Ettore e... /; con una intervista a Germano Bodo (Comandante "Riccardo Rinaldi" ex 40. Matteotti), Greco & Greco, Milano, 2005, ad nomen.

64 L’uccisione è documentata in GIUSEPPE ROCCO, Com'era rossa la mia valle: una storia di antiresistenza in Valtellina, , Greco & Greco, Milano, 1992, ad nomen, assieme a Moretti Santina ma datate nel novembre del 1944. L’uccisione di Jole Rosa Ciapponi è addebitata, per voce di popolo, ai partigiani della val Gerola. Come succe-de spesso, in assenza di ricerche, era considerata una collegatrice delle formazioni partigiane, viene inglobata tra i caduti civili della RSI.

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Il 4 aprile a Morbegno viene uccisa dai partigiani Liliana Picci-netti, mentre in valle Tartano Giovanni Battista Colombo, cl. 1891, di Talamona, cade durante un combattimento tra fascisti e partigiani.

Il giorno dopo in uno scontro a fuoco cadono65 nella zona tra Ar-denno e Sassella gli squadristi Rossoni Mario della 38a B.N. di Pistoia, Scarselli Sauro e, Vannini Giulio della 41a B.N. di Firenze.

Il 6 aprile in Buglio in Monte viene fucilata l’impiegata Comuna-le Luigia Mossini.

A Gera del Tartano (Talamona) il 12 aprile cade in uno scontro a fuoco il fascista Benedetto Raschetti66, probabilmente per rappresaglia il giorno dopo viene fucilato il civile Giovanni Bono cl. 1920 di For-cola67.

Il Vice Prefetto di Sondrio, Francesco Campo, viene fucilato il 14 aprile a Tartano68.

Tutti i nostri ragionamenti e le considerazioni a cui fanno segui-to, avvengono sapendo esattamente quello che succede dopo la metà del mese di aprile; dobbiamo invece fare uno sforzo per considerare i fatti e le dinamiche di allora che trovano ancora, nella prima metà del mese di aprile, i fascisti in rastrellamento sui monti. L’ipotesi del “Ri-dotto valtellinese” è per i fascisti in rotta è qualcosa di più di un desi-derio. Da questo stato delle cose un incrudimento della guerra che a noi oggi appare strano ma che allora era all’ordine del giorno.

Se in altre zone d’Italia è lo spostamento del fronte ad incrudire la guerra e a lasciare una lunga striscia di sangue alle proprie spalle, qui in bassa Valtellina, è l’incrudirsi della guerra civile a lasciare stri-sce di sangue, tant’è che il 10 ottobre del 1945 il CVL della zona uni-ficata Valtellina-Lario, divisione Valtellina, comunica al Comando dell’Arma dei Carabinieri di Sondrio ed alla Stazione di Morbegno dei CCRR che «siamo a conoscenza che in data recente si è proceduto da parte di codesta Arma ad indagini in Gerola presso i congiunti della spia Curtoni Beatrice giustiziata dalle Forze partigiane della II divi-

65 PAOLO PILLITTERI , Una valle lunga un anno : Sondrio, 28 aprile 1945: quan-

do Germano con Ennio, Ettore e... , cit., p. 136. 66 Indicato come militare nei reparti delle formazioni partigiane in Onor Caduti

Min. Difesa, cfr. :http://www.difesa.it/Il_Ministro/CadutiInGuerra/Pagine/default.aspx

67 SERGIO CAIVANO , Resistenza e Liberazione nelle nostre Valli, Issrec , Son-drio, 2011. Issrec, fondo ANPI, Schede caduti.

68 Elenco “LIVIO VALENTINI”Caduti Repubblica Sociale Italiana, ad nomen.

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sione Valtellina brigata Mina nell’inverno 1944-1945»69. La Curtoni era nata a Gerola Alta (SO) il 06/04/1878, vi risiedeva e viene fucilata il 23 marzo 1945. È un po’ come se in mancanza della guerra grossa in casa: bombardamenti, devastazioni, eccidi di massa, trova evidenza uno stillicidio di morti civili che è poi la “guerra civile” nel suo più crudo risvolto. Anche la documentazione che riguarda questo periodo presenta a volta situazioni che appaiono strane, raccontano di episodi che certamente in un contesto di guerra sarebbero finiti in un cantuc-cio, tale è una dichiarazione, in copia, datata 5 marzo 1945 e sotto-scritta da due partigiani già «residenti a Mello, […] appartenenti alla Banda partigiana del Dott. Giumelli, [ che] dichiarano di aver ricono-sciuto nella fotografia […]l’individuo che […] con un’automobile il giorno 24-25 novembre risaliva la Valmasino». L’individuo ricono-sciuto è il ten. col. della GNR Carlo Ferrario ex federale di Como. Ci sfugge il senso di una dichiarazione fatta cinque mesi dopo e riguar-dante un ipotetico tentativo di aggancio con i partigiani fatto da un ex federale, la dichiarazione è preceduta da un’altra che viene fatta il 22 febbraio 1945 da «Un nostro informatore segreto» e sempre relativa alla presenza di Carlo Ferrario in val Masino. Sono, come detto prece-dentemente, episodi marginali dentro un contesto di guerra che però danno il senso profondo delle lacerazioni che la guerra civile si porta con sé, e che si trascineranno fino ai nostri giorni; episodi non in gra-do di assurgere alle cronache nazionali, non in grado di essere utilizza-ti per “colpire in alto”, ma comunque capaci di mantenere vivo un rumore di fondo contro i garibaldini assassini70.

Accompagna questi strani racconti la mancanza completa di una memoria che riguarda la presenza degli uomini dell’OSS in bassa val-le. Agenti degli americani si trovano nella primavera del 1945 presso la 2a div. Garibaldi Lombardia, non ci sono solo gli americani a Livi-gno ma anche a Morbegno! La loro presenza diventa un elemento di garanzia nei confronti dei garibaldini, un aiuto insperato in chi ha “te-nuto duro” durante un duro inverno; la 2a divisione Garibaldi può av-

69 Issrec, fondo ANPI, fasc. 20, affari diversi. 70 Può essere un esempio l’articolo a cura di LEONARDO MARCHETTINI, Vicende

partigiane, La vicenda Partigiana di Giuseppe Giumelli, Rocco Alberti e Gino Della Nave, Civo in Comune, anno 6°, n. 1, dicembre 2014, a cui hanno fatto seguito due serate di approfondimento con la partecipazione anche dell’ANPI comitato provinciale di Sondrio!.

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vicinarsi alla fine della guerra con la convinzione di essere forte e di avere un riconoscimento ufficiale da parte degli alleati, magari non di tutti ma certamente degli americani. A rafforzare questa considerazio-ne arriva un lancio a fine marzo « nella zona boschiva tra Piazza Calda e la Mutàla sotto l’alpe Legnone dove c’era la Strapazzi, baracca di legno, rifugio del gruppo di Delebio71. La relazione che viene inoltrata il 17 aprile 1945 «Ai Comandi Superiori» dalla 2° divisione d’Assalto Garibaldi Lombardia, pur avendo al suo interno numeri di partigiani difficilmente credibili ed avendo anche l’obiettivo di rivendicare la costruzione di una Resistenza armata che si è ripresa dalle durezze invernali, termina con l’elencazione delle armi necessarie che sarebbe bene avere con un lancio. La richiesta è di un lancio con l’indicazione delle coordinate per il campo «Alta Val Varrone: quota 1770». Le firme in calce sono quelle di Gek e di Sam, accompagnate del timbro dell’OSS e dalla firma dell’ufficiale americano che approva la relazio-ne e la richiesta.

Fabio, una vecchia conoscenza

Ritornando da Clorindo Fiora, il 23 febbraio 1945, Fabio, Piero Vergani responsabile del triunvirato insurrezionale della Lombardia risponde ad una lettera di Retico:

“Ho ricevuto la tua lettera e metto giù alcuni appunti […]perché di chiacchiere non ne voglio proprio sentire, nel momento che tanti uomini stanno arrischiando e dando la vita […].

Autonomia. Cosa vuoi intendere per autonomia? Intendi forse mettere una barriera tra i valtellinesi e i non valtellinesi? Se è così sei su un terreno fascista […].

Armi e denaro. Condizione essenziale per incominciare la lotta [sic] con quei giovani che ti stanno al fianco, tu pretendi che vengano fatti copiosi lanci di materiale bellico e che ti vengano inviate grosse somme di danaro. In tutta la mia vita di dirigente partigiano, non ho mai trovato una pretesa così assurda come la tua.[…] Le somme di danaro che i CLN e i Comandi militari inviano alle formazioni, non hanno per scopo quello di mantenere dei poltro-ni in montagna che scappano alle prime avvisaglie del nemico, che non sanno disarmare un nemico, che non sanno trovare il modo di procurarsi un’arma o

71 Partigiani a Delebio, comunicazione di Firmino Fistolera, ringraziamo

Pierfranco Mastalli per averci dato l’informazione.

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da mangiare nei magazzini fascisti. […] per quanto riguarda poi i lanci […] gli Alleati fanno sapere molto sinceramente che i lanci vengono fatti là dove esiste una formazione combattente e non un branco di uomini nascosti […] prima agiscano, questi giovani, e poi avranno non solo un lancio, ma parecchi lanci.[…]72.

La lettera prosegue poi con l’invito ad uscire da una logica ultra localistica per entrare nelle file garibaldine. Non abbiamo la lettera che Retico fa avere a Fabio ma possiamo agevolmente dedurre le cri-tiche che questi rivolge ai garibaldini, sono il classico refrain che al-cuni esponenti locali, dalle alpi valdostane a quelle friulane, rivolgono sia agli uomini della pianura che salgono sui monti ma anche ai diri-genti della Resistenza armata. Che l’equilibrio tra montanari e conta-dini e il partigianato della pianura o meglio delle cinture metropolitane si regga su di un filo che può rompersi ad ogni momento è un dato di fatto, da questo elemento generalmente l’attenzione dei comandanti alle requisizioni ed anche alle azioni che possono scoprire il fianco delle formazioni partigiane a critiche e malumori della popolazione civile. Tra l’altro questa attenzione darà luogo spesso a situazioni di durezza estrema nei confronti dei partigiani che, una volta condannati per furto, sono fucilati. Ne è un esempio il comunicato con cui il Co-mando della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti afferma che « contro l'ex patriota " Achille" dopo regolare processo viene pronunciata sentenza di morte per il seguente reato di cui si rese confesso:"Abusando della sua condizione di armato,compiva un grave furto in nome della Brigata. La sentenza è stata eseguita alle ore 15 del giorno stesso.73»

Se riuscire a passare dal rifiuto dell’ adesione alla RSI al combat-timento contro la RSI non è facile74, altrettanto complicato è lo svi-luppo della guerriglia in zone dove chi si è rifugiato sui monti ha casa, famiglia e fidanzate nei paesi a valle di cui vede le ombre e le luci della sera. Appare però velleitario riproporre queste tematiche a ridos-

72 Cfr. CLAUDIO PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza :

documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 407. 73 Fucilazione dell’ex patriota Achille, IscComo, busta Brigate Garibaldi (in

copia da Istituto Gramsci doc. n. 0711 del 30/09/1944) 74 Su questo argomento cfr. GABRIELE FONTANA, MASSIMO FUMAGALLI ,

Antifascismo, caduti e disobbedienti valtellinesi : 8 settembre 1943-2 giugno 1944 : il montanaro prende il fucile, il difficile cammino della lotta armata partigiana, Associazione culturale Banlieue, Gruppo editoriale l’Espresso, Roma, 2014.

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so della primavera del 1945; dopo due duri inverni, una guerra che dura da cinque anni e una fila di caduti che non si conta più, il rifiuto del combattimento non è più considerato un elemento di dibattito ma semplicemente un intralcio.

Nella documentazione da noi consultata troviamo pochi riferi-menti a Clorindo Fiora.

Un piccolo riferimento in un doc. del 16 luglio (1944) a proposi-to di una spia in movimento da Civo «Bisogna avvertire il professo-re75, subito con regolare scritto. Pare che la spia parta oggi stesso dal paese di Civo76», un altro in una relazione del 20 luglio «Il Vice Co-mandante del prof. con altri 17 sbandati, seguendo le direttive del prof. di rimanere nascosti nei paesi sono stati arrestati nelle osterie e nelle case. Questo è il frutto delle istruzioni che il prof. ha dato ai pa-trioti di vivere nei paesi e di non andare in montagna con i partigiani […]77».

Una lunga, quattro fogli, relazione riporta la data del 2 sett. ( ma non è certamente quella dei documenti riportati) ed ha la firma di Onit Nas e Pino Retico.

La relazione, che non riporta il destinatario ma solo l’indicazione Buglio, sopra Ardenno (Morbegno) ci appare confusa e disarticolata.

Parte da una considerazione su un attacco a Buglio da parte dei fascisti«Un gruppo di partigiani è stato circondato da formazioni fa-sciste che con un camioncino hanno bombardato il paese colpendo la chiesa sei case facendo una quarantina di vittime fra partigiani e civili. I partigiani hanno raggiunto Gv, [?] ed hanno riferito con forte lamen-tele che l’imboscata notturna è dovuta al comportamento inqualifica-bile del loro comandante il quale avendo un amante nel paese preferi-va tener li gli uomini invece di metterli al sicuro in alta montagna. Il gruppo di Civo guidato dal compagno Pino Retico […]78». Questa

75 È con questo appellativo che viene indicato Clorindo Fiora 76 Al comandante del Fr. Nord; Insmli, Fondo Brigate Garibaldi, Istituto

Gramsci, b. 8, fasc. 3, doc. 0498 del 16/7, in copia. 77 Per la Delegazione comando e il Comando Regionale (unificato) lombardo;

Insmli, Fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci, b. 8, fasc. 3, doc. 0507-0510 del 20/7, in copia.

78 1ª Divisione d'assalto Garibaldi Alto Lario: 40ª brigata Garibaldi Valtellina, relazione sull'attività tra il 25 maggio e il 21 giugno 1944, riguardanti principalmente l'azione di Buglio, Fisec, f. Fontanella Odoardo , fasc. 1ª Divisione d'assalto Garibal-di, b. 2, fasc. 13.

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sembrerebbe essere la descrizione, da parte della coppia Retico-Onit dello scontro che avviene a Buglio in Monte il 16 giugno 194479.

Una strana formazione

Questo documento da noi reperito si trova in due archivi, è suddiviso in Rapporto n. 1, Rapporto n. 2 e Rapporto n. 3. Il primo e secondo rapporto sono ribattuti e sono conservati presso la Fondazio-ne Isec nel fondo Odoardo Fontanella, tutti e tre i rapporti si trovano invece in un’altra versione ribattuta presso presso l’Archivio IscComo nel fondo F. Giannantoni. La relazione fa un quadro generale della situazione in bassa Valtellina fino ad alcuni paesi della Valchiavenna (Novate Mezzola e Verceia) ipotizzando linee di attacco e di difesa, zone per lanci di paracadutisti, baite sparse che possono essere occupate come accantonamento per patrioti. Non viene neppure tralasciata presenza della frontiera Svizzera e la considerazione che, una volta nascoste le armi, la Confederazione può essere usata come rifugio.

Il Rapporto n. 1 continua con un lungo elenco di possibilità dove però fa capolino, quasi un modo casuale «nessuna promessa, neanche in misura infinitesimale, non è stata mantenuta verso questa organiz-zazione […] il desiderio immediato di questo gruppo è di anzitutto ricevere le armi […]» mentre si propongono come obiettivi «cinque grandi centrali elettriche […] sei linee ad alta tensione […] quattro posti militari», la conclusione è però «si attende con ansia il riforni-mento delle armi».

Di tutt’altro tono il Rapporto n. 2; si parla di una marcia di 80 km verso un luogo sconosciuto ordinato dal Comando all’alpe Scermen-done80 per ritirare 50 moschetti, tre mitra, munizioni e un discreto nu-mero di paia di scarpe per gli aderenti al movimento. La marcia si conclude con un nulla di fatto e la spiegazione ha l’apparenza di esse-re irrazionale, a meno che non si faccia riferimento al tentativo di at-tacco alla Caserma della GNR ferroviaria a Ballabio avvenuto il 2

79 Cfr., L’occupazione di Buglio in, FRANCO CATALANO , La Resistenza nel

Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 211. 80 Alpeggio posto lungo la costiera che guarda la piana dell’Adda sopra

Berbenno. Abbastanza alto per garantire un minimo di sicurezza in caso di attacco fascista. Cfr. FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 185.

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giugno 1944 ed a cui partecipano alcuni valtellinesi81, la marcia di 80 km può avvalorare questa ipotesi.

Entrambi i rapporti sono firmati da Onit Nas e Pino Retico, stra-na ribattitura perché si tralascia il 3° rapporto, bisogna considerare che una volta fare fotocopie significava fare fotografie da qui il ribattere a macchina un documento poteva essere la via più breve.

Quello che non riusciamo a definire è quale di queste due versio-ni origina la seconda oppure se ve ne sia una terza che genera queste due.

Vi è sempre un segno, una frase, un nome che serve d’aiuto a percorrere un sentiero. Nella versione che chiameremo per convenzio-ne “Fontanella” una traccia è il periodo che contiene le frasi: «Il comp. Costa di Milano che tiene il collegamento » a cui fa seguito «Qui non si esita ad identificare il principale operatore di questo tentativo [ lo spostamento di 80 km ] nella persona di un detto “Maio” o “Mario”» per concludere con la questione delle armi «il gruppo di Scermendone, pur essendo armato e sussidiato, in nove mesi nulla ha compiuto». Nella versione che chiameremo “Giannantoni” scompare ogni riferi-mento a Maio o Mario. Tracce indicative sono anche le assenze, nes-sun riferimento a Nicola, Dionisio Gambaruto, forse anche perché in quel periodo il suo nome di copertura, come si rileva dai documenti, è Diego82. La presenza di persone che garantiscono i collegamenti con Milano indica una certa conoscenza di chi gira per baite e paesi, men-tre l’assenza di iniziative dopo nove mesi lascia alquanto a desiderare.

81 Cfr., L’attacco a Ballabio in, FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese

e nella Valtellina, cit., p. 204. Cfr. Intervista degli autori a Biagio de Giovannetti, 2012. Cfr. Incontro dei Capi della 40a Matteotti a Commissari a Sondrio il 24 settem-bre 1967 - Sala della Provincia, Issrec, Fondo ANPI Sondrio, b4, fasc.3.

82 Dionisio Gambaruto viene mandato in montagna da Milano dove è fuggito dopo un arresto. Il suo nome di copertura, nei documenti, risulta Diego fino all’ottobre del 1944. Entrerà in Svizzera il 1 dicembre 1944 e uscirà attraverso il passo di Zocca il 10 aprile 1945. Cfr. Sottosettore zona-Como Valtellina, Insmli, fondo Istituto Gramsci, Brigate Garibaldi, b. 8, fasc.3 doc. n. 01088, in copia. Interessante notare che in MARCO FINI, FRANCO GIANNANTONI , La Resistenza più lunga : lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, cit., a p. 95 la stessa frase, riferita ad un doc. dell’ Istituto Gramsci, Roma, n. 0484-0489, riporta invece che « persona di un detto “Maio” o “Mario”» le parole «persona di un detto (“Nicola” N.d.A.)», la sostituzione di Maio (Mario Abbiezzi) con Nicola (Dionisio Gambaruto) sembra del tutto arbitraria. Purtroppo per ora ci è stato difficile riuscire a reperire il documento direttamente all’Istituto Gramsci a Roma.

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Lasciando indeterminata la data dell’estensione dei documenti o quan-tomeno di un documento, i nove mesi situano il periodo tra il giugno e il settembre 1944. Diciamo che di fatti in questo periodo in bassa valle ne sono successe83e qui o si fa finta di non sapere oppure, cosa ancor più grave, si è talmente avulsi da quanto sta succedendo in valle da non comprendere l’andamento del tempo.

Nel rapporto sopracitato del 20 luglio, dove si fa riferimento al rastrellamento a Civo, a p. 2, punto 11 si legge:

“Si allegano copie di due lettere inviate al prof. e al parroco di Ronca-

glia. Si è in possesso del 3° rapporto che il prof. ha inviato a Milano. Questo 3° rapporto è stato inviato a questo comando dal C.d.L.di M. per competenza per dimostrare che anche detto C.d.L. non tiene conto delle chiacchiere di questo azzeccagarbugli. In base a questo 3° rapporto è stato ordinato al co-mando del p. N. di arrestare il famigerato prof. con la massima segretezza, e di sottoporlo a regolare processo.”

Cosa dice questo 3° rapporto? Che noi troviamo assieme al 1° e

2° nel gruppo di documenti “Giannantoni”? Il rapporto è una filippica contro il « gruppo Nicola» accusato di vessare gli uomini che aderi-scono al gruppo di Retico, di muoversi in modo disordinato e di pro-vocare guai alla popolazione civile e alla fine chiede al «Comitato Militare di volere al più presto provvedere per l’allontanamento da questo mandamento, della Banda Nicola […] decisi a rientrare nel nulla se non si cambiano i metodi, oltre che militari anche amministra-tivi, apportati dalle ingerenze del sedicente “comando di Brigata”»

Da quanto si può comprendere il successivo “processo” non ha altra funzione che cercare di ribadire l’assoluta centralità del comando della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Era palese il tentativo di Pino Retico di rapportarsi direttamente con il CLNAI presentandosi come formazione autonoma.

Ma se Pino Retico trova una sua identità, Onit Nas che firma as-sieme i documenti chi è?

Una serie di richieste al parroco di Roncaglia non aiuta a chiarire la situazione, il 14 luglio 1944 il comando della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti chiede il suo intervento per appianare i dissidi tra un tale

83Cfr.http://www.55rosselli.it/progetto%20catalano/pdf%20progetto

%20catalano/Valtellina-cronologia.pdf.

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«sig…. detto Pino e Gek, e le autorità patriottiche militari della vostra località84», nella stessa lettera vengono indicate le modalità di compor-tamento dei patrioti (mai stare in paese, mai abbandonare le armi, mai fare magazzini nei paesi stessi) che devono preservare i paesi dalle rappresaglie. Viene indicato altresì nella lettera un comando GAP a cui sono subordinati i patrioti del gruppo Gek. Costui è Federico Gior-dano, giovane studente di ingegneria nativo della val Gerola, è dentro questa diatriba che si trova il nome di Onit Nass, Sandro Costantino, di cui però non si hanno altri dati. Il fatto che la firma di Onit Nass è apparsa assieme a quella di Pino Retico ci dice che la visione resisten-ziale dei due era simile. Una risposta ai due rapporti di cui parlavamo prima è data dal Comando 40a Matteotti il 14 luglio 1944 ( da questa data possiamo dedurre i due rapporti di prima collocati tra la metà di giugno e la metà di luglio).

La missiva è indirizzata direttamente a Onit Nass e, fatte salve le considerazioni sulla lotta partigiana diretta dal CLNAI e dal CVL, la proposta che viene alla fine fatta a Onit Nass sa molto di trappola, in poche parole gli si dice che, verificato che il gruppo non vuole avere a che fare con i partigiani sulle montagne, costituiscano allora un grup-po GAP dedito a colpi “mordi e fuggi”, questo gruppo sarà il primo di altri e lui, Onit Nass, ne sarà il comandante85.

A questa domanda non si conosce la risposta data dall’interes- sato ma di gruppi simili ai GAP non abbiamo notizie in Valtellina, né bassa né alta.

Dov’è Retico?

Nella bassa Valtellina ci sono stati ovviamente momenti di ten-sione che hanno coinvolto le forze partigiane, sia con la popolazione che all’interno delle formazioni stesse. Due in particolare sono stati i momenti di maggior tensione che hanno prospettato una spaccatura delle forze, in particolare della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Questi

84 Cfr. CLAUDIO PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza :

documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 123. 85 Al comandante del Fr. Nord; Insmli, Fondo Brigate Garibaldi, Istituto

Gramsci, b. 8, fasc. 2, doc. 0490 del 14/7, in copia. Le note relative al doc. 190 in: Claudio Pavone (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 124, sono molto confuse. Il riferimento alle Carte Aldrovandi non ha prodotto risultati.

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momenti vedono protagonista il dott. Giuseppe Giumelli, Camillo, che era il medico della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti; l’uomo impersona quello che possiamo individuare come l’ala “autonomista” della for-mazione e genera una scissione interna alla 40a brg. Il primo pronun-ciamento avviene agli inizi dell’ottobre 1944 e viene ricomposto defi-nendo le funzioni di alcune figure come il commissario politico, il secondo pronunciamento invece si ricompone spostando alcuni uomi-ni dalla 40a brg. G. Matteotti alla 55a brg. f.lli Rosselli86.

Non ci sono riscontri della presenza del gruppo di Pino Retico durante questi fatti, quasi ad evidenziare la sua completa separazione con il travaglio delle formazioni resistenziali. Questa separazione si era già evidenziata con il tentativo di collegarsi direttamente con il CLNAI87. Il suo comportamento appare strano perché, potendo vanta-re comunque dei legami, anche vecchi, con Giustizia e Libertà, essen-doci la presenza del PdA sia in alta Valtellina che nel chiavennasco, avendo alle spalle una residenza milanese e la potenzialità della pub-blicazione di due libri88 in pieno regime fascista, ebbene tutto questo non viene usato. Pino Retico si chiude a riccio nella sua Civo e, a quanto ci risulta mancando riscontri, anche la sua memoria scompa-re89. Una decina di pagine nel volume di M. Fini e F. Giannantoni, nessuna citazione nella poderosa ricerca di F. Catalano e, dato non indifferente, nessun riferimento in una intervista collettiva in cui sono presenti Primo Luigi Grassi di Milano, Commissario della 1a Divisio-ne "Garibaldi”; Giulio Giulio Spini di Morbegno già del Comando della 40a Brigata Matteotti; dott. Giuseppe Giumelli detto "Camillo" medico della 40a Brigata Matteotti; Mara, Anna Sacchetti, collegatri-

86 Cfr. FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p.

215, p. 272. 87 Un foglio di appunti inerente al «colloquio con Spini il 24 settembre 1977 a

Morbegno» riporta la notizia che «Retico era in rapporto con Plinio Corti (Ulisse-Ricci) da tempo […] voleva, d’accordo con Corti, formare un gruppo G.L.» in IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Non è dato sapere perché Franco Giannantoni non ha dato conto di questo nel volume suo e di Marco Fini.

88 CLORINDO FIORA, Concerto europeo, Società ed. Libraria, Milano 1932; idem, Metamorfosi sociale, Società editrice Dante Alighieri, Milano, 1934.

89 Questo non è del tutto vero, purtroppo il suo nome ritorna a volte per essere usato in modo improprio in una sterile polemica post resistenziale che contrappone i “partigiani locali” ai “partigiani venuti da fuori”, come si può leggere in alcuni articoli apparsi sul notiziario del comune di Civo.

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ce; Tiberio, Pietro Porchera, comandante della 90a Brigata Zampiero; Rumina suo Commissario90. Lascia un retrogusto amaro poi trovare un suo riferimento in un volume che ha rappresentato una pietra miliare nella storiografia resistenziale, Cesare Pavone, Una guerra civile : saggio storico sulla moralità nella Resistenza dove viene citata la lettera di Pietro Vergani che rintuzza le pretese localistiche di Pino Retico. La posizione di quest’ultimo viene assunta come immagine deleteria, contrapposta ad uno spirito collettivo ed unitario del movi-mento resistenziale «La Valtellina ai soli partigiani valtellinesi, come sembra voler dire il comandate Retico?»91.

Però la sua storia, che oggi ci appare avvolta nelle nebbie, pro-prio sconosciuta nell’estate del 1945 non doveva esserlo. Clorindo Fiora non è sposato ma ha alcune nipoti che si sono già interessate alla sua sorte durante il periodo del confino con una petizione indirizzata a Benito Mussolini. Rientrato dal confino è stato sottoposto a vigilanza e si è trasferito presso le nipoti. Una di esse, Maria, nell’agosto del 1945 scrive al Comitato di Liberazione Nazionale, crediamo a Son-drio, una lettera di questo tenore92:

Roncaglia 6.8.45 Onorevole Comitato di Liberazione Nazionale La sottoscritta Fiora Maria porta a conoscenza di codesto C.L.N. quanto

segue: il 3 aprile 1945 nella Valle Gerola veniva fucilato il dott. Fiora Clo-rindo, mio zio conosciuto col nome di battaglia (Pino Retico) è stato la fuci-lazione (sic!).

90 Incontro dei Capi della 40a Matteotti a Commissari a Sondrio il 24 settembre

1967 - Sala della Provincia, Issrec, Fondo ANPI Sondrio, b4, fasc. 3. 91 CLAUDIO PAVONE, Una Guerra civile. Saggio storico sulla moralità della

Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1991, p. 140. Nel volume si trova anche citato Onit Nas, Sandro Costantino, tuttavia la citazione non risolve l’enigma del personaggio rinviando a documenti che già abbiamo citato. Grazie a Luigi Borgomaneri una curiosità sul nome Onit Nas che letto al contrario suona come san Tino (Costantino ?).

92Ci sono parole che non si comprendono, la lettera è in IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, fasc. Pino Retico. Il fondo, non ordinato, si compone di quattro buste che contengono i materiali che sono serviti per la pubblicazione del volume sulla Valtellina, i documento sono in gran parte in copia. Ci sono i rimandi dei documenti nelle note dei relativi capitoli del volume: cfr. MARCO

FINI, FRANCO GIANNANTONI , La Resistenza più lunga : lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, cit. p. 111.

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Il cadavere veniva abbandonato sul luogo stesso senza che gli esecutori ne dessero avviso alla famiglia anzi quando si chiedeva dove egli fosse insi-stevano col dire che il dott. Fiora era partito con altri comandanti per destina-zione ignota poiché anche il dott. Fiora era un comandante. Egli fu invitato a presentarsi al distaccamento di valle Gerola comandato dal signor Gech per ritirare delle armi e non fece più ritorno e questo fu il ( illeggibile) per cattu-rarlo. Come sia (illeggibile) contro il dott. Fiora non posso avere notizie cer-te, ma un buon numero dei suoi partigiani potendoli chiamarli sono in grado di fornire (illeggibile). Sono (illeggibile) sicura che il dott. Fiora ucciso dagli uomini di Gech (sic!). Dopo continue ricerche fu trovato il suo corpo e fu trasportato a Roncaglia suo paese nativo. Dopo un mese, cioè in giugno il Signor Questore Mario Abiezzi ne autorizzava la pubblicazione del suo opu-scolo e il giorno otto luglio veniva solennemente commemorato.

Il signor Gech si offriva di partecipare alla cerimonia con un gruppo di ufficiali ciò che egli non ha fatto e garantiva di far pervenire alla famiglia il premio spettante ad un capo dei partigiani caduto cioè lire 20000 (Ventimila).

Poiché tutto fosse messo in riferimento da parte della famiglia. Ma nulla più si è visto. Gech non riesco a trovarlo né a Morbegno né a

Milano Anche poter parlare un minuto. Questo (illeggibile) di portare a conoscenza del C.d.L. la questione del-

la morte del dott. Fiona affinché con giustizia ne risolva la questione e voglia provvedere a dare un miglior schiarimento e il premio spettante a meno che questo sia già in corso per mezzo del signor Gech. Io non pretendo vendetta ma se il C.L.N. (Illeggibile) gradita la questione del dott. Fiora mio zio con molto piacere attendo una soddisfacente risposta.

Fiduciosa di essere sentita ringrazio e ossequio Fiora Maria Fiora Maria fu Domenico Roncaglia Civo Clorindo Fiora riposa nel cimitero di Roncaglia e il 3 luglio dello

stesso anno era stato distribuito uno stampato che ricorda la sua figura. Non un’ accenno alla sua morte ma un elogio complessivo alla sua vita di antifascista, di oppositore al fascio e di partigiano, nessuna polemica né nessuna accusa. Poi, dopo circa un mese dalla pubblica-zione Maria Fiora si fa scrivere93 la lettera di cui sopra. Il 10 agosto il C.L.N. di Sondrio chiede chiarimenti in merito ad un’altra lettera in cui compare anche il nome di Onit Nass (Sandro Costantino) e che contiene l’accusa di aver derubato Clorindo Fiora di quanto possedeva

93 Appare evidente la differenza di grafia tra la firma di Maria Fiora e la grafia

della lettera.

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al momento della fucilazione. Nel mese di ottobre segue un’altra lette-ra di Maria al C.L.N. di Sondrio in cui si rammenta che la lettera spe-dita in agosto non ha avuto risposta. L’Ufficio Stralcio della 2a divi-sione Alpina Valtellina il 17 agosto risponde in modo asciutto che quanto aveva Clorindo Fiora «al momento della fucilazione, secondo il rapporto del plotone di esecuzione» è stato consegnato al comando. La sede del Comando era «in località Cantiere di Tronella94» e quanto fu possibile rintracciare fu consegnato ai parenti. Il comando ricorda che «i beni dei giustiziati venivano incamerati a vantaggio della For-mazione».

Un altro documento che conferma «l’arresto e [la] liquidazione del provocatore Retico.» è datato 3.4.1945 ed è indirizzato «a Tiberio Sede» e proviene dal comando della 2a divisione d’Assalto Garibaldi 95.

Alla memoria locale possono essere fatti risalire due fogli, scritti a mano, senza data ne firma, che in copia sono stati trovati nella busta “Brigate Garibaldi” nell’archivio dell’Istituto di storia contemporanea di Como. Quanto scritto va considerato con opportuna cautela, non da meno richiede una certa considerazione. I dati che si ricavano sarebbe-ro certamente chiari se raccontati a qualche persona della costiera dei Cech ancora presente negli anni scorsi «Il 28 Novembre viene operato un rastrellamento generale […] io che mi trovavo a casa fui arrestato mentre mi trovavo in chiesa alla Messa, con me altri tre amici», il re-sto del racconto dimostra una buona conoscenza degli sviluppi della Resistenza nella bassa Valtellina tra l’estate del 1944 ed il novembre.

Di Clorindo Fiora conosce il suo trascorso di antifascista ma, come dice « il Fiora era si antifascista ma di idea piuttosto conservato-re […] A conclusione di questo incontro si restò poi in attesa di ordi-ni», poiché poco dopo si accenna alla «Primavera 1944, intorno alla zona di Buglio» si può ragionevolmente pensare che l’incontro di cui si parla avviene prima, dell’arrivo di «Nicola, uomo freddo e irremo-

94 La diga del lago d’Inferno, in alta val Gerola e sopra il lago di Trona viene

costruita durante il conflitto tra il 1941 e il 1944, il cantiere verrà smantellato gradualmente. Cfr. COMMISSIONE ANIDEL PER LO STUDIO DEI PROBLEMI INERENTI

ALLE DIGHE ( a cura di), Le dighe di ritenuta degli impianti idroelettrici italiani, V. 7, ANIDEL, Roma, s.d.

95 Questi documenti, in copia, provengono da IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, fasc. Pino Retico.

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vibile dalle sue decisioni». In questo racconto Fiora lo incontriamo più oltre, siamo ormai nell’inverno del 1944-1945 quando

tentò di organizzare qualche cosa, lui usava sempre delle grandi parolo-ne, parlava di portare un domani in Parlamento delle profonde riforme, in-somma io non ho mai potuto credere a queste sue esaltazioni, ebbene egli riuscì a trovare in quell’inverno 44/45 un paio di persone alle quali poté dare sfogo dei suoi progetti, le fece fare il doppio gioco con in fascisti e qui ci andarono di mezzo alcune persone, il Panera Pietro ucciso a S. Anna sopra Dazio nel febbraio 45 l’Arresto di un membro del CLN Bianchi Bruno poi il tentativo di far catturare il famoso Bisio dai Partigiani a Mantello, ma il fa-scista Bisio riuscì a sfuggire i due partigiani del Fiora furono trattenuti dai Partigiani che in quel periodo si erano di nuovo organizzati sopra a Cino ai prati dell’ O, questi venuto a conoscenza di tutto li fecero fuori dopo due o tre giorni96.

Purtroppo il documento è monco, ma quel poco che ci è pervenu-to ce lo fa ritenere autentico, non falso. Si tratta pur sempre di una memoria che viene scritta dopo, non possiamo definire il tempo, che porta con se tracce di conoscenza non superficiali, il riferimento a Bruno Bianchi è lampante in questo senso. Se ne deduce non un ran-core, nei confronti di Fiora, ma un distacco, l’immagine di una perso-na ormai fuori dal tempo.

Sono pochi elementi quelli che abbiamo trovato, che bastano pe-rò per poter affermare che nell’estate del 1945 sulla tragica fine di Clorindo Fiora non c’erano misteri. La sua storia diventa anche em-blema di come viene attrezzata la narrazione della Resistenza in modo da insinuare una narrazione fatta di ombre, dubbi che lasciano lo spa-zio a interpretazioni diverse. I fatti raccontano una storia diversa con elementi chiari al di là di ogni dubbio

Il risultato è che sulla figura di Clorindo Fiora ancor oggi non riusciamo a esprimere nessun pensiero definitivo e nessuna considera-zione più concreta del suo essere prima della sua fucilazione, ma an-che prima della Resistenza.

96 IscComo, busta Brigate Garibaldi. Il documento, un copia non ha riferimenti,

alcuni paragrafi sono sottolineati e altri evidenziati. La calligrafia è bella, indice di una persona usa a scrivere. Doveva fare parte di una memoria evidentemente più estesa.

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Il percorso di Clorindo e dei suoi libri

Due documenti ci aiutano nel cercare di fare un ritratto di Clo-rindo Fiora: il Registro matricolare del distretto militare di Sondrio e lo scritto che viene stampato il 3 luglio del 1945 per ricordarne la sua figura. Quest’ ultimo, al di là della retorica che lo permea, ci fornisce alcuni elementi attorno ai quali è possibile cercare di fare dei ragio-namenti.

Clorino Fiora è nato il 6 dicembre 1899 a Civo il suo «foglio ma-tricolare e caratteristico 97» risulta fatto in triplice copia dove la prima ha l’intestazione un po’ pasticciata, non se ne conosce il motivo sia delle copie che del pasticcio sulla intestazione, la sua matricola milita-re è la n. 26251.

Viene chiamato alle rami nel 26° rgt. fanteria il 21 giugno 1917, viene ritenuto revedibile alla leva dopo una visita all’Ospedale milita-re di Piacenza e il 19 ottobre dello stesso anno viene rimandato a casa. Viene sottoposto ad una visita di controllo presso l’Ospedale di Mila-no il 26 aprile 1918 e «lasciato in congedo illimitato». Il 1 maggio 1918 viene richiamato alle armi ed assegnato al deposito del 61° rgt fanteria. Viene successivamente denunciato dal Tribunale militare di Guerra presso l’Intendenza della 9a armata e condannato a 3 anni di carcere il 17 agosto del 1918 per autolesionismo. La pena viene sospe-sa e viene amnistiato il 26 febbraio 1919. Nell’ ottobre dello stesso anno viene richiamato alle armi nella 4a compagnia Sanità del 26° rgt. fanteria e parte per la Dalmazia dal porto di Ancona il 12 febbraio 1920. Rientra in Italia dopo un anno sbarcando a Bari e viene mandato in congedo illimitato. Rifiutando di firmale la dichiarazione di «aver tenuto una buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore» per-de il diritto al pagamento di premi in quanto aveva subito una prece-dente condanna. Nel 1922 Fiora si iscrive alla facoltà di Scienze So-ciali presso l’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori ( che poi diverrà l’Università Cattolica) e si laurea nel 1926. Fiora si iscrive ai corsi di laurea di una struttura che vede la sua presenza in Milano: Il 7 dicembre 1921 l'Università Cattolica del Sacro Cuore fu inaugurata uffi-cialmente a Milano con una Messa celebrata da padre Agostino Gemelli alla presenza del cardinale arcivescovo di Milano Achille Ratti, futuro papa Pio

97 Archivio di Stato di Sondrio, fondo Distretto Militare, fogli matricolari, Clas-

se 1899, matricola 26251 Fiora Clorindo.

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XI. La prima sede dell’Università si trovava nel palazzo di Luigi Canonica in via Sant'Agnese 2 e solo nell'ottobre del 1932 fu trasferita nell'antico Mona-stero cistercense di Sant’Ambrogio progettato dal Bramante e tutt'oggi sede dell'Ateneo. Nel 1921 gli studenti iscritti ai primi due corsi attivi, ovvero quello di Scienze filosofiche e quello di Scienze sociali, erano 68.

Possiamo immaginare che nel 1922 gli iscritti siano già saliti di nume-ro, è certo che Fiora si iscrive in una università che muove i primi passi ma che ha l’obiettivo di concretizzare la presenza cattolica sul versante dell’ insegnamento, tant’è che con la sua nascita « venne se-gnato un vittorioso punto di arrivo per il movimento cattolico, anzi, per l'intera comunità ecclesiale italiana»98.

Nel 1931 Fiora si rivolge al Regio Ministero della Guerra a cui chiede di togliere le variazioni matricolari che riportano la sua con-danna per autolesionismo.

Lo scritto è particolarmente importante perché ci illumina un po-co sulla vita dell’autore, afferma Fiora:

[sono] da quattro anni residente all’estero, mi sono liberamente iscritto

alla Sezione di Parigi del Partito Nazionale Fascista. Di là sono poi passato al Fascio di Londra e mi trovo ora iscritto al Fascio di Berlino. Aggiungo che

98 Lettera di riscontro inerente alla presenza di Clorindo Fiora nella Università

Cattolica:, Egregio Signor Fontana, in riferimento alla Sua mail, Le invio le informazioni relative al dott. Clorindo

Fiora da Lei richieste. Iscrizione all’Università. Il dott. Fiora si iscrive al corso di laurea in Scienze economiche politiche e so-

ciali, Facoltà di Scienze Sociali, presso l’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori – ente promotore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, eretto in ente morale con Regio Decreto 1014 del 24 giugno 1920 (l’Università Cattolica fu infatti giuridica-mente riconosciuta con Regio Decreto del 2 ottobre 1924, n. 1661) – per “l’anno scolastico 1922-23”.

Il corso di laurea prevedeva 4 anni (1922/23 – 1925-26). Data e tesi di laurea Il dott. Fiora si laurea il 30 giugno 1926 discutendo la tesi “Le origini della Tri-

plice Alleanza”, e conseguendo la votazione di “110 e lode”. La lettera è stata spedita il lunedì 14/12/2015, successivamente la sig.ra Barbara Bo-rea della Direzione Didattica, Formazione post-laurea e Servizi agli studenti ( che sentitamente ringrazio) mi ha anche fornito una traccia storica dell’Università cattoli-ca del Sacro Cuore.

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essendo stato funzionario presso il Regio Consolato Generale d’Italia a Lon-dra

La data del documento è il 31 gennaio del 1930 e il domicilio è

«presso Università Cattolica Via S. Agnese n. 2». Se ne deduce che all’estero ci va nel 1927 un anno dopo la laurea. Nel 1932 da alle stampe il suo primo volume Concerto Europeo. Dare alle stampe un volume non è cosa da poco, oltretutto non ci troviamo di fronte ad un racconto o comunque a un romanzo che può avere una vasta diffusio-ne, il volume si presta solo alle biblioteche universitarie o alle case di intellettuali e lo dirà lui stesso nella prefazione del suo secondo scritto, Metamorfosi Sociale «i curiosi di leggerlo, e quindi i capaci di inten-derlo, non saranno più di dieci. E si tratta già di un pubblico notevo-le.». D’altra parte la casa editrice ne garantisce la diffusione in un am-biente ben preciso99. Dobbiamo tener conto che dal 1932 al 1934, ov-vero nell’arco di due anni, Fiora riesce a dare alle stampe due volumi, il regime fascista ormai è ben consolidato e la pubblicazione di un libro non è cosa da poco. Possiamo ipotizzare che il primo volume, Concerto Europeo, sia il risultato di un progetto, per cui Fiora lascia l’Italia e viaggia per i paesi europei appoggiandosi alle strutture dello Stato fascista ed alla fine di questa esperienza viene pubblicato il vo-lume. Fiora visita l’Europa in lungo e in largo, dalla Unione Sovietica alla Francia ai paesi baltici ed ai balcani. Non doveva essere così sem-plice allora vagabondare per l’Europa, oltre ai mezzi personali, non bisogna dimenticare che viaggiare costa. Il volume è un corposo testo di 425 pagine da 25 cm cadauna, di cosa parla? Prende in esame le condizioni socio-politiche dei paesi europei con l’obiettivo di fornire al lettore « Una volta compreso il modo di essere e di agire di ciascuna

99 La Società Editrice Libraria nasce a Napoli nel 1878, viene trasferita a Milano

nel 1896. La produzione si indirizza verso un pubblico elitario composto da medici, avvocati ed ingegneri. Tra le collane di maggior pregio si ricordano la Collezione legislativa Portafoglio, la Biblioteca del Politecnico la Piccola Biblioteca scientifica e la Biblioteca di scienze applicate al commercio. La casa pubblicò anche le opere di don Sturzo. A giudicare dalla sua attività (oltre 8000 titoli) aveva una certa importanza; chiude nel 1948 e nella sua attività post-Liberazione sembrerebbe di area strettamente cattolica/democristiana. Cfr. PATRIZIA CACCIA ( a cura di), Editori a Milano 1900-1945. Repertorio, Franco Angeli, Milano, 2013. Ringraziamo Fabio Cani della cortese risposta alla nostra domanda che ha permesso questa nota.

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grande unità in sé, il lettore potrà poi da solo prevedere quale potrà essere il contegno di ogni unità di fronte a un problema determinato.»

Non un semplice trattato di politica che esponga le condizioni dei vari paesi, ma quello che si può chiamare una visione d’insieme dell’ Europa. Diversa la trama del secondo volume che invece si pone il problema delle leggi che regolano lo sviluppo socio politico di una comunità, di una nazione. La presenza di questo volume solo nella biblioteca del Ministero degli Interni ci piace considerarla come la conferma del sequestro da parte del regime di Metamorfosi Sociale. Il 15 dicembre del 1934 esce il suo articolo, ripreso poi da Giulio Spini, che riguarda la condizione della Valtellina sull’organo di Giustizia e Libertà a Parigi.

Una riflessione richiedono due fogli che riportano, scritte con la stessa macchina, «ALCUNI GIUDIZI DELLA STAMPA SU “CONCERTO

EUROPEO”» e un giudizio su «METAMORPHOSE sociale» che si trovano nel fondo Giulio Spini presso l’Issrec. Dimostrano un interesse di Spi-ni per Clorindo Fiora che si è sempre tenuto lontano dalle possibili polemiche sulla sua morte ma si è posto il problema della compren-sione del personaggio. «Livre remarquable, étudiant la “metamor-phose sociale” dans ses aspects et ses corrélations le plus imprévus […] Conception ingénieuse et tout à fait exhuasive» scrive un certo Julien Bertrand mentre giudizi favorevoli si leggono su L’Ambrosiano, Il Sole, L’Italia e L’Eco della Stampa a proposito di Concerto Europeo «Basti, dunque, il dire che mediante tre o quattro capitoli dedicati a ciascuna [nazione], sono dal Fiora esaminate le condizioni della Francia, dell’Inghilterra, della Germania, della Rus-sia, della Piccola Intesa, dell’Italia.»

C’è stridore tra le case editrici dei volumi di Clorindo, il suo i-scriversi al partito Fascista e il legame con GL che gli consente la pubblicazione di un articolo e alla fine, la sua condanna ed il suo con-fino; le case editrici sono comunque legate ad un territorio anche ge-nerico del cattolicesimo, GL ha una matrice laica pur non esplicitando una aspra critica alle credenze religiose, il partito fascista sappiamo cosa è. Ma tant’è, siamo di fronte a contraddizioni che non siamo in grado di risolvere. Viene da pensare che GL si presenti come una or-ganizzazione che ha una struttura i cui legami sono personali, amicali, dovuti agli incontri di lavoro e agli scambi di opinioni tra simili se non uguali. Non vi è ne la tensione che attraversa i partiti antifascisti stori-ci, dai comunisti ai repubblicani né la presenza di figure che si dedi-

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chino interamente alla vita dell’idea e del partito. L’articolo di Fiora pubblicato a Parigi sul giornale Giustizia e Libertà, che a noi appare come un fulmine a ciel sereno o indice di un solido legame organizza-tivo, non era né l’uno né l’altro. Rientrato in Italia già nel 1931 proba-bilmente si porta con se i legami che ha intrecciato all’estero e che lo porteranno all’arresto, con conseguente confino, nel 1940 per critiche al regime ed all’entrata in guerra. L’articolo che viene pubblicato sul giornale appare come l’eplicitarsi di questi legami.

GL l’organizzazione tra mito e realtà.

È doveroso uno sguardo che apra la sigla GL ad un racconto più articolato, anche senza entrare nella storia dell’organizzazione e della sua articolazione. É la stessa struttura di GL d'altronde che impedisce il dispiegarsi di una racconto che permetta di chiarire tutte le linee di collegamento. Giustizia e Libertà richiama inevitabilmente ai fratelli Rosselli ed ad un’area dell’antifascismo che tenta la sintesi tra libera-lismo e socialismo. Da questo umus nasce il 2 giugno 1942 il Partito d’ Azione (PdA) per rappresentare lo sforzo per adeguarsi alle neces-sità della Resistenza che già si intravede. I militanti del PdA non sono assimilabili ai comunisti o in genere alla galassia della sinistra, sono infatti gli aspetti della militanza politica degli uomini del PdA che « spinse gli uomini del PdA a fare della Resistenza il momento in cui il bisogno dell’azione si sostituì ad ogni altro impulso100» e questo, ab-binato alla scomparsa del partito dopo la Liberazione, portano a non dare importanza ai legami, ai rapporti, alla struttura stessa dell’organizzazione. È difficile cercare di dare un’immagine alla strut-tura del PdA in Lombardia e nella fattispecie a nord di Milano perché ci mancano studi e ricerche che, senza dare tutte le risposte alle do-mande che sorgono, quantomeno possano aiutarci a trovare qualche bandolo della matassa. L’impressione è che se per il PCI, la DC, il partito socialista e il repubblicano, la Resistenza e la lotta politica che ha contenuto, sono stati momenti per la loro trasformazione in organi-smi di massa in grado di contenere le spinte, gli interessi, le pulsioni di classi e strati sociali diversi, per il PdA questo non è avvenuto.

Per quanto possiamo comprendere, appoggiandoci allo studio più esaustivo che è quello di Angelo Bendotti e Giuliana Bertacchi sulle

100 GIOVANNI DE LUNA, Storia del Partito d’Azione, Utet, Torino 2006, p. X.

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GL bergamasche, sono i legami tra i singoli che determinano quelli generali, le bande sono GL perché il comandante e il commissario sono del PdA. Il loro sforzo è portare gli uomini all’azione qui e ora, se sono portati a ragionare sul dopo lo fanno per via della presenza dei comunisti nel CLN o nei comandi di zona ma non è l’elemento pre-dominante. Non conoscono la separazione tra vita privata e vita pub-blica (politica); la figura dell’ispettore regionale, che è la longa manus del comando regionale, non resta in montagna ma “va e torna”, hanno dei contatti con il centro e non farebbe meraviglia che questi contatti si concretizzassero in qualche ritrovo serale o pranzo a mezzogiorno. «Il 27 marzo (1945 nda) Quarti era stato arrestato, insieme alla moglie e a Giulio Alonzi, in casa di quest’ultimo a Lecco»101, questa frase vale di più di cento ragionamenti, tenendo presente che Alonzi era stato catturato il 6 settembre 1944 e poi rilasciato dopo varie vicissi-tudini, le modalità della cattura definiscono i modi e i comportamenti dei giellisti in modo lampante. È sempre il qui e ora che determina l’azione e, come conseguenza, si finisce per non definire neppure lo spazio politico in cui muoversi. Quest’ultimo verrà poi occupato dagli altri partiti e al PdA non resterà altro che sciogliersi dentro loro. Le brigate e i gruppi saranno sempre quello che saranno i loro comandan-ti, certo si cerca in qualche modo di rafforzare la presenza ma, come il alta Valtellina, non basta mandare Cesare Marelli che non riuscirà mai a legare con i partigiani che mal sopportano Giuseppe Motta. Se Plinio Corti, Biglia-Citterio-Ulisse, mantiene i contatti tra il centro e la peri-feria, numerosi sono i rapporti con Mario Invernicci, ma non c’è uomo della bergamasca che scollina in Valtellina e viceversa. Se dai docu-menti traspare un contatto stretto tra il centro e la periferia non risulta-no contatti tra le varie periferie senza passare dal centro.

C’era una presenza degli azionisti tra la val Chiavenna e la Val-tellina dopo l’otto settembre? E nell’alta valle come era la situazione del PdA? Difficile rispondere a queste domande perché è facile che la sostituzione della discussione con «il bisogno dell’azione» non abbia trovato pronti tutti e come conseguenza non tutti le persone sono state in grado di afferrare velocemente il cambiamento di stato.

101 Cfr. ANGELO BENDOTTI, GIULIANA BERTACCHI, Il difficile cammino della

giustizia e della libertà, l’esperienza azionista nella resistenza bergamasca, Il filo di Arianna, Bergamo, 1983, p. 233.

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Scontata l’ostilità del PCI agli uomini del PdA che si ritrova an-che in alcuni documenti non riferentesi alla Lombardia102, il fatto che la presenza di una «brigata val Mera» nella zona di Chiavenna sia ap-parsa come una chimera non depone favorevolmente per gli uomini del PdA e così anche l’esiguità della loro presenza nel sondriese e in alta valle. Resta purtroppo l’impossibilità di raccontare di una presen-za in val Chiavenna del Partito d’Azione che in alta Valtellina finirà per esaurire la sua presenza: non bastano Plinio Corti, Mario Buzzi e Cesare Marelli a rivitalizzare una situazione che Giuseppe Motta e Pietro Fojanini tengono saldamente i mano, confortati anche dalla presenza delle FFVV nella zona del passo del Mortirolo/Aprica.

102 Scontri, frizioni tra le formazioni partigiane sono all’ordine del giorno in tut-

ta l’Italia occupata, cfr. GIOVANNI DE LUNA, PIERO CAMILLA , DANILO CAPPELLI, STE-

FANO V ITALI , Le formazioni GL nella Resistenza, Franco Angeli, Milano, 1985, pp. 214-216. Il documento, relativo alla zona piemontese e datato 11 novembre 1944, riferisce di una serie di scontri al limite del conflitto a fuoco tra formazioni GL e garibaldini. Lagnanze G.L. contro Nicola, IscComo, fondo Franco Giannantoni, Val-tellina b. 3, fasc. capitolo 5. In questo documento il comm. Ulisse e il com. Camillo della 1a Divisione G.L. Valtellina affermano che «Il Comando della Brigata Valle Mera, regolarmente inquadrata in questa Unità» vede l’ingerirsi dei garibaldini nel territorio di propria competenza, chiedono l’intervento dei comandi superiori per fare rientrare l’iniziativa, siamo nel novembre del 1944.

Azione elementi Divisione Giustizia e Libertà 8 novembre 1944, IscComo, fon-do Franco Giannantoni, Valtellina b. 3, fasc. capitolo 5. I garibaldini denunciano l’attacco da parte di una squadra di ex garibaldini passati con i giellista ad una mac-chia tedesca con l’uccisione di un ufficiale e la cattura dell’autista. Gli attaccati poi portavano la macchina nel paese di Postalesio (SO) con il rischio di gravi conseguen-ze per la popolazione. Nel documento si fa notare che il gruppo di ex garibaldini che ha disertato aderendo alla divisione GL ha portato con sé oltre alle armi anche il commissario politico Franco.

Frizioni e incidenti si erano già verificati nell’estate 1944: questo Comando è venuto a conoscenza, IscComo, fondo Franco Giannantoni, Valtellina b. 3, fasc. capi-tolo 5. In questo documento, oltre a rilevare la conflittualità tra i partigiani della bassa Valtellina e quelli dell’Alta valle, si abbozza la questione del comando operativo di zona che il rastrellamento dell’ottobre 1944 rimanderà alla primavera del 1945.

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Il mistero del gruppo in val Chiavenna e che sembra a-ver come referente Giustizia e Libertà103.

In Valtellina la tensione tra forze GL e garibaldini si smorza solo durante il periodo invernale, impegnati entrambi a trovare un modo per superare l’inverno. Nell’estate-autunno 1944 l'asprezza dei rapporti fra formazioni gielline e quelle garibaldine avevano raggiunto punti molto alti tra cui il caso Baruffi rappresentò l’estremo. Un rife-rimento alla brigata val Mera, lo si trova in una nella relazione di Ca-millo

il comando della brigata "Valle Mera", regolarmente inquadrata in questa unità, ed il CLN di Chiavenna, segnalano che il comando della 1a divi-sione "Garibaldi", per opera di un capitano inviato appositamente in luogo, va tentando di indurre i reparti della brigata a staccarsi dalle formazioni GL per entrare a far parte delle forze garibaldine. A tale scopo, poiché i discorsi pro-pagandistici e gli allettamenti non sono valsi e nulli, sono state formulate minacce assurde e assolutamente inammissibili quali, ad esempio quella di effettuare rastrellamenti […] Ora è sommamente deplorevole che mentre tutte le forze dovrebbero essere impegnate nella lotta contro il nemico, vi sia inve-ce chi disperde tempo ed energie [facendone sciupare anche ad altri] in forme di concorrenza ed accaparramento, con prepotenze ed intimidazioni

Altri riferimenti si ritrovano in alcuni documenti del Comando Lombardo di Giustizia e Libertà in cui viene indicata un “Brigata Valle Mera” comandata da Piero e che ha una forza di 60 uomini (27 novembre 1944), indicata senza altri riferimenti ( lo stesso vale per le altre brigate Valtellinesi) il 20 aprile 1945104. I legami tra i rappresentanti di GL sono confermati da una lettera di Roberto, Febo Zanon, a Ricci, Plinio Corti, che nella metà di settembre del 1944 viene tranquillizzato sui problemi della val Chiavenna ag-giungendo anche che «L’ ufficiale Angelo ha abbandonato Nicola

103 Notizie concrete sul gruppo di GL che si forma in val Chiavenna si possono

trovare solo in RENATO CIPRIANI, Antifascismo e Resistenza in Valchiavenna, L’officina del libro, Chiavenna, 1999, pp. 131-134.

104 Censimento forze in data 27 novembre 1944, Insmli, fondo CVL, b. 62, fasc. 153. Nello stesso fascicolo ci sono altri documenti che riportano i numeri dei compo-nenti della Brigata valle Mera. Tra questi ve n’è uno che non riporta il numero dei componenti delle brigate GL in Valtellina, potrebbe essere indice del problema della rivendicazione di autonomia della divisone GL:

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e si è messo a disposizione del CLN di Chiavenna105». Questo uffi-ciale, non individuato, era al comando del 2° btg. della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti e viene sollevato dal comando per impedi-menti fisici il 4.10.1944106 mentre in un altro documento, a firma del commissario di brigata Giovanni, lo si accusa di stare sempre lontano dal reparto e collegato direttamente con il CLN di Chia-venna107. Questi scambi di informazioni rendono evidente la lotta politica per il controllo del territorio e delle formazioni armate che però sono da considerarsi tali solo a fronte di una omogeneità di comportamento, ovvero il livello di combattimento sul campo. È lo stesso Febo Zanon a raccontare come si tenta la formazione di un gruppo legato a GL, il riferimento lo leggiamo nel verbale d’interrogatorio della GNR di Colico, a Febo Zanon, il 10 dicem-bre 1944108:

nel mese di maggio del c.a. ebbi occasione di conoscere un certo Lazzarini Leone, il quale aveva creato un gruppo di ribelli nella zona di Chiavenna, gruppo che sovvenzionava regolarmente fino al rastrellamen-to della GNR, epoca nella quale egli prima di fuggire a Milano, mi diede l’incarico di consegnare al capobanda Bellini Luigi con le istruzioni per l’ulteriore sovvenzionamento della banda; istruzioni che mi vennero affi-date in un secondo tempo, tramite alcune signorine inviatemi da Milano per conto di un certo Ricci [questo è il nome di battaglia] con il quale in seguito a richiesta ebbi occasione di conoscerlo a Milano, la prima volta in Foro Bonaparte, ed avere successivi incontri in Silvio Pellico dove,

105 19.09.1944, Caro Ricci, ti invio, Issrec, fondo ANPI, fasc. 10, divisione alpi-

na Valtellina. 106 Al comandante il II° Btg. Angelo, Archivio privato Renato Cipriani, fondo

Piero Porchera. 107 15.09.1944, Desidero avere nel più breve, ivi. 108Cfr. FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit.,

p. 199 Febo Zanon venne arrestato in seguito alla delazione di una spia, Alberto della Pedrina. Quest’ultimo, dopo la Resistenza sarà oggetto di atti d’accusa da parte dello stesso Zanon, Cfr. RENATO CIPRIANI, Antifascismo e Resistenza in Valchiavenna, 1922-1945, L'officina del libro, cit., ad nomen. Zanon Febo, nato il 13.08.1900 a Chiavenna, (SO) iscritto al partito socialista, viene inserito nel Casellario Politico Centrale 1927. Segretario della sezione socialista negli anni 1922-1925. Viene arresta-to nel dicembre del 1926 e mandato al confine (Ustica e Tremiti) per un anno. Viene riarrestato nel 1928 ma il processo che ne segue lo vede assolto. Il 10 dicembre 1944 è di nuovo catturato, portato prima a Colico, entra nel carcere di San Vittore il 31 di-cembre e rilasciato in data imprecisata.

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strada facendo, mi consegnava una busta chiusa indirizzata al signor Luigi Bellini dicendomi che la somma era destinata ai ribelli che agivano nella zona di Chiavenna, somma che si aggirava a seconda delle volte sulle 100.000 lire. Appena ricevuto l’incarico da Milano, ritornavo a Chiaven-na dove a mio mezzo recapitavo la somma al comandante del Gruppo “Giustizia e Libertà”. Non ha mai dato l’incarico a nessun’altra persona di recapitare le somme destinate alla banda, perché io stesso le portavo in località Sasso de’ Cani, sopra l’albergo Crimea, dove mi incontravo con il Bellini una volta alla settimana e precisamente ogni sabato verso le 17. Al Bellini non consegnavo tutta la somma che mi veniva consegnata dal Ricci ma, secondo le istruzioni la ripartivo in diversi gruppi che conse-gnavo a seconda delle necessità della banda e in proporzione alla somma che ricevevo.

Il numero dei componenti della banda si aggirava sui 7/8 uomini, tenuti esclusivamente come rappresentanti del gruppo “Giustizia e Liber-tà”, del Comitato demo - liberale, per contrapporli all’espansione delle Brigate Garibaldine composte da uomini di diverse idee politiche ma guidate da commissari politici comunisti, anche se di nazionalità italiana.

Questi gruppi si scioglieranno e gli stessi componenti espatrie-

ranno in Svizzera; superata con difficoltà la pausa invernale nella pri-mavera del 1945 il gruppo della 90a brg. Zampiero con la guida di Tiberio è saldamente presente nella valle di Chiavenna. Anche i titu-banti e i contrari vedono con favore la presenza dei garibaldini e i con-flitti con il CLN di Chiavenna sono superati, su questo fronte nel mese di aprile non c’ è problema per i comandi delle brigate Garibaldi.

Sono documentate anche altre comunicazioni tra il Comando Lombardo delle brigate GL e i comandati della 1a div. Alpina GL Val-tellina Camillo e Tom, lo scrivente è Citterio, Plinio Corti ma non si trovano riferimenti sia alla brigata valle Mera che a Clorindo Fiora o ad altri gruppi in Valtellina, la presenza e l’epilogo di quest’ultimo restano avvolti in una aura di indeterminatezza.

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Appendice

Pubblichiamo uno scritto di Clorindo Fiora che appare sul nume-ro del 15 dicembre 1934 del giornale Giustizia e Libertà stampato a Parigi. Il testo viene ripreso da Giulio Spini nei Quaderni Valtellinesi, n. 4 del luglio 1982. Lo scritto è sulla condizione della Valtellina, fatta salva la limitazione geografica e la tipologia complessiva dell’intervento, quest’ultimo lo si potrebbe considerare un riassunto di alcuni elementi dell’analisi che F. Catalano fa nella sua ricerca sulla Resistenza nel lecchese e nella Valtellina. Molto interessante è la in-troduzione di Giulio Spini che, da par suo, vola alto rispetto alle tristi e pedanti contumelie sui “garibaldini assassini”109.

La Valtellina degli anni ’30110. dl Giulio Spini Ci sembra interessante riportare per i lettori dei "Quaderni Valtellinesì"

una corrispondenza dalla Valtellina apparsa su "Giustizia e Libertà" organo del "Movimento Unitario d'Azione per l'autonomia operaia, la repubblica socialista, un nuovo umanesimo” come si leggeva nell'epigrafe in grassetto nella testata del giornale, sotto il titolo in rosso. Era, come è noto, l'organo del movimento legato all'iniziativa e all'ispirazione politica dei Fratelli Ros-selli. L'articolo è firmato "Antivirus", pseudonimo sotto il quale si nasconde-va il nome del valtellinese Clorindo Fiora, di Civo, dove era nato il 6 dicem-bre 1899.

Laureatosi in scienze politiche e sociali nel 1926 presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore (Padre Gemelli lo stimava come uno degli allievi più promettenti), fu portato dai suoi stessi studi ad avversare la dittatura, così da dover espatriare più volte, dal 1927 al 1935: in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Russia. A Parigi diventò appunto collaboratore di "Giustizia e libertà“, alla cui redazione mandò, in occasione di uno dei suoi ritorni in Val-tellina, la corrispondenza che qui riprendiamo e che venne pubblicata sul n°31 del 14 dicembre 1934.L‘articolo fu ritrovato tra le sue carte dopo la morte avvenuta il 2 aprile 1945.

109 Cfr. GABRIELE FONTANA, MASSIMO FUMAGALLI , Antifascismo, caduti e

disobbedienti valtellinesi : 8 settembre 1943-2 giugno 1944 : il montanaro prende il fucile, il difficile cammino della lotta armata partigiana, cit. FRANCO CATALANO , La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., pp. 50-73.

110 L’elaborazione dell’impaginazione del testo è a cura di Eugenio Pirovano.

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Nel 1940 l'OVRA era riuscita a mettergli le mani addosso e a farlo con-dannare a cinque anni di confino, che scontò fino all'amnistia del "ventenna-le" (1942), per poi ritirarsi a Civo in domicilio coatto. Partecipò alla Resi-stenza e cadde, a poche settimane dall'insurrezione, in una delle tragiche cir-costanze, fatte di equivoci e di tensione, che certo non mancarono in un av-venimento così complesso come la lotta partigiana.

La corrispondenza va letta non come un saggio scientifico, ma come una testimonianza polemica, lucida e risentita, specchio agitato dell'atmosfera provinciale di quel periodo, con qualche inflessione che ci permette di coglie-re i segni di una emigrazione ideologica dell'autore dall'area cattolica degli studi universitari a quella "laica".

Documento dell’informazione clandestina

Fascismo provinciale

La situazione in Valtellina Ho percorso tutta la Valtellina. L'agricoltura vi ha una larga prevalenza,

poiché solo nelle cinque borgate vi è un principio di industria e di commercio al minuto. Per quanto anche queste attività abbiano fortemente risentito della crisi e de regime, niente è paragonabile alla situazione dell’agricoltore. Già l’aspetto delle case vi dice che la miseria è profonda, poiché sono vecchie, a volte mezzo diroccate e coperte da una coltre di fuliggine condensata.

Quanto alle persone, per rendervi conto della loro miseria, vi basterebbe vederle una volta in processione, quando cioè vestono meglio, per constatare che si tratta di un corteo di cenci. I loro vestiti, di cotone grossolano, sono rattoppati fino a non sapere più quale era la stoffa iniziale; ai piedi portano pantofole fatte di stracci o grossi zoccoli di abete o di pioppo, per copricapo dei cappelli senza più nessuna forma, e così intrisi di sudore che sembrano incatramati. E si nutrono di pane di segale o dì farina di castagne, di polenta gialla o bigia, della verdura che riescono a far a meno di vendere, e dei pro-dotti del latte, quelli che hanno bestiame.

La situazione in Valtellina è sempre stata non facile per causa della massa di debiti contratta in ogni tempo per poter vivere alla montagna. Il contrapposto economico del debito fu, fino al principio della politica geniale, l’emigrazione. Non meno di un terzo della popolazione più valida era costret-ta all'emigrazione diretta in tutti gli Stati e in tutti i continenti. Quelli che tornavano sani portavano spesso il denaro necessario per coprire i loro debiti e vivere nel modo meno disastroso.

L'impossibilità dell‘emigrazione, la riduzione di tutti i cespiti possibili nel luogo, cioè il rinvìlio (diminuzione di prezzo n.d.r.) dei prodotti agricoli e del bestiame, sopprimendo la contropartita dei debiti, ha oramai letteralmente consegnato la massa lavoratrice in mano degli avvocati e degli ufficiali giudi-

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ziari. Il dazio sul grano non serve al valtellinese, che non solo non produce per vendere ma non ancora abbastanza per sfamarsi. Ed è forse per la massa di sacrificio conglobata nei prodotti della terra che il valtellinese ha della proprietà una idea metafisica, come d'altro lato possiede, per le infinite di-sgrazie a cui la sua vita è esposta, il senso tragico della vita, ed egli rappre-senta quindi un supremo valore umano.

In sostituzione dell'emigrazione, per fare il denaro necessario ai bisogni più elementari, per pagare le imposte, per i quaderni dei figlioli che vanno a scuola, per il caso di malattia, il valtellinese, da qualche anno in qua, ha dis-seppellito una antica tradizione, dandosi al contrabbando.

Nella Valtellina, da Sondrio a Bormio, e in Valchiavenna, il contrab-bando ha assunto proporzioni estreme. Gruppi numerosi di contrabbandieri, talvolta accompagnati da parecchie donne, rischiano i terribili pericoli dei ghiacci e delle vette, per poter dar pane ai figli. Quante volte inutilmente! Poiché gruppi di lanzichenecchi ben pasciuti e fidando sul lungo tiro delle armi, pagate con il denaro dei contribuenti, insidiano gli eroici montanari, contro i quali essi sanno bene di non bastare in cinque contro uno. ll "panem et circenses" di Mussolini è una cosa ridicola di fronte ai bisogni della popo-lazione. Ed è anche un soccorso odiosissimo per l'atto di carità che le gerar-chie minori si danno l'aria e per le sottili ingiustizie delle distribuzioni, fatte con criteri di un'incredibile partigianeria.

L'Amministrazione locale

Questi fatti sono in stretta connessione con l'amministrazione locale. Un tempo i comuni, più o meno bene, riuscivano a vivere e a pareggiare i conti. L'avvento del fascismo ha condotto tutte le amministrazioni comunali alla disperazione. Vi basti il dire che una ventina di comuni in Valtellina ha pro-posto il concordato ai creditori, e che la maggior parte degli altri non è lonta-na dal far questo, vi riuscirà cioè fino a quando i creditori potranno essere costretti a moratorie reiterate. Non si può da questo indurre che i podestà non abbiano fatto del loro meglio per pareggiare i bilanci. Le imposte infatti si sono estese a ogni possibile azione, economica o no. Non solo l‘acqua e il vino e le galline, le pecore, le capre, i porci e la loro macellazione, sono tas-sati, ma in un gran numero di comuni il regime ha disposto la quadruplica-zione, non prevista dalle leggi, dei centesimi addizionali, e sono diventate di moda le concessioni di cose che non furono mai concesse, e la fiscalità zelan-te dei podestà è giunta a tassare fin le lapidi dei cimiteri in proporzione alla loro grandezza. Aggiungete che la distribuzione delle imposte è fatta con criterio assurdo e non suscettibile di correzione. Il contadino valtellinese, che viene tanto energicamente richiamato ai suoi doveri civici, non ha la possibi-

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lità di far valere le sue ragioni per via regolare. Egli non ignora che il mezzo per passare in ogni luogo è quello della corruzione, di cui si serve abitual-mente. Ciò non toglie che ogni valtellinese senta l'assoluta sperequazione dei pesi fiscali. E non ha mezzo di interporsi quando vede e sa che cosa costino il monumentalismo fascista, i contributi alle belle sedi dei fasci, alla federazio-ne provinciale, alle incessanti sottoscrizioni gratuite per oscuri scopi naziona-li, dall'aviazione alle colonie elioterapiche, e quindi ai balilla, ai giovani e alle giovani italiane e alle altre proteiche manifestazioni dello Stato totalita-rio.

Amministrazione della giustizia

Questo comincerete a spiegarvelo in parte - e il contadino se l'è spiegato da lungo tempo- quando saprete che (e ve lo dicono in faccia in qualsiasi ufficio pubblico) vi è una legge per gli amici, una per i nemici, e una per tutti gli altri. Se uno fosse per ipotesi sospettato di antifascismo o anche soltanto di non sufficiente devozione, i podestà, coadiuvati se del caso, dalle guardie campestri, su ordine conforme delle federazioni, non esitano ad inventare o travisare fatti e parole e ad agire di conseguenza presso la giustizia del regime eroicamente solerte, come vi sto esponendo.

L‘antifascista vede la nequizia delle sentenze soprattutto attraverso il Tribunale speciale. Il contadino valtellinese questo non lo sa, ma non ignora che sotto gli occhi suoi, la verità è regolarmente coronata di spine.

Mi si dice che ultimamente la giustizia sia alquanto migliorata in segui-to al cambiamento di tutti i magistrati. Ma ognuno sa che è uno stato di tran-sizione, poiché occorrerebbero uomini di ferro per tenersi a galla nel pantano ufficiale che regna.

Quale giustizia potete voi attendervi da un pretore di Sondrio, notoria-mente sodomita, quale giustizia da un procuratore del re, il quale non registra neanche le querele che gli giungono se esse toccano qualcuno degli immuni della giustizia!

Da quel che sento lo stesso ambiente avvocatesco sarebbe corrotto sino alle midolla, fatta qualche onorevole eccezione (...). Gli antifascisti valtelli-nesi registrano e ricordano questi e molti altri fatti, avvenuti sotto l'egida dell'on. Morelli, che pare meno noto come medico che per le sue influenze locali. Forse mediocre, ma non malvagio, sembra invece l'on. Sertoli, che vorrebbe forse fare di più se non fosse anch'egli vittima dell'ambiente e del regime che l'ha tratto dall'oscurità.

Clero, fascismo e popolo

Il valtellinese è abbastanza religioso, ma non estremamente cattolico. Infatti conserva nel suo animo, presso l'insegnamento ufficiale, anche delle

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antiche tradizioni pagane, ed è facilmente protestante. E se gli accade di ur-tarsi con il parroco, mette subito al sicuro la coscienza distinguendo tra la religione e coloro che la rappresentano. I conflitti religiosi sono abbastanza frequenti in Valtellina. Ma il fedele valtellinese in questi casi non abbandona la chiesa e non diventa indifferente.

E se clero e popolo comunemente si intendono tra di loro, questo vuol dire che il clero, per convinzione e per opportunità è piuttosto antifascista. In più di un caso il prete si è messo in testa ai reclamanti per chiedere la ripara-zione di abusi flagranti. Inoltre, egli si sente oppresso dalla gerarchia, e noto-riamente nei rapporti ufficiali col regime agisce, con seconda intenzione.

Mi hanno provato che in un paese della Valchiavenna clero e autorità si sono trovate d'accordo per consumare una singolare rapina. E il popolo ha subito concluso che il fatto, tradotto in morale, equivaleva a mettere la reli-gione al livello della tratta delle bianche. Il contadino valtellinese, che non ha mai saputo perché si fosse fatta una rivoluzione fascista, comincia a sapere perché si deve fare una rivoluzione antifascista. Nessuno glielo ha insegnato. Sono i giannizzeri del regime, sotto forma di podestà, di agenti delle imposte, di guardie campestri, di pretori, di procuratori del re, che glielo dicono ogni giorno. E‘ l'arroganza, la prepotenza, il chiedere senza tregua e il comandare, senza che al contadino mai si domandi l'approvazione sull‘uso che del denaro versato e del potere concesso si deve fare.

E' la coscienza che la miseria non avrà fine fin che ci saranno fascisti, e che nessuna giustizia si può ottenere se non si abbatte tutto il regime, poiché esso è un blocco, e non si può punire un abuso senza rovesciarlo interamente, legato com'è dall'alto in basso a doppio filo.

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Martiri del periodo Cospirativo, dr. Clorindo Fiora (Pino Retico)111

L’opuscolo riporta, per sommi capi, la biografia di Retico. Sono riscontrabili alcuni fatti, entra nel carcere milanese di san Vittore il 28 giugno 1940 mat. 47044 e viene rilasciato il 20 agosto 1940. Viene confinato alle isole Tremiti, non è possibile invece riscontrare il peri-odo della sua laurea e le modalità di viaggio in Europa con la conse-guente pubblicazione del suo primo lavoro. Ogni ipotesi logicamente coerente è valida, colpisce nella lettura del documento l’assoluta man-canza di una polemica diretta relativa alla sua fucilazione

111 IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, fasc. Pino

Retico.

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Giustizia e Libertà 14.12.1934112

112 Giustizia e libertà : movimento unitario d'azione per l'autonomia operaia, la

repubblica socialista, un nuovo umanesimo, Parigi, anno 1., numero 1, 18 maggio 1934-anno 4., numero 30, 23 luglio 1937, Feltrinelli reprint, Milano, 1966.

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Comune di Civo, Partigiani Combattenti e Patrioti.

Issrec, fondo ANPI, fasc. 3, Comando Zona Valtellina Ufficio stralcio.

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Situazione delle forze GL in Lombardia l’11 novembre 1944

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Relazione di Giordano Federico (Gek)113.

GIORDANO FEDERICO (Jkech) 1° Commissario di guerra della 2° Divisione Garibaldi delle Valtellina.

Nato e Milano II 12-5-25 studente Universitario delle Facoltà di inge-gneria. Iniziò nel 1942 una attiva propaganda antifascista e venne per questo deferito alla commissione Disciplina della G.I L.

Non cessò dal continuare nel suo compito e nel settembre del 43 fu arrestato e tradotto a Sondrio per essere avviato in un campo di con-centramento In Germania. Riuscì a evadere e riparò a Rimini dove si occupò della organizzazione della S.A.P. locale. Successivamente raggiunge le formazioni partigiane in Valsassina e da qui comincia un suo brillante stato da servizio di partigiano combattente. Vice Com-missario della 55° Brigata Rosselli partecipa alle numerose azioni di detta Brigata . Nell'Ottobre del ’44 fu sferrata le Battaglia di Biandino nel corso della quale il 1° Battaglione rimase isolato e egli ne assunse il comando. Manovrò con audacia e decisione e svolse una ininterrotta attività difensiva dalla Val Varrone alla Val Taleggio. La zona era soggetta a continui rastrellamenti e il 1° battaglione fu duramente pro-vato. Riuscì nonostante a ricongiungersi al grosso della formazione con oltre il 70% degli effettivi. Fu per questa brillante azione promos-so per meriti di guerra comandante di Brigata. Addetto al comando della 2° Divisione Garibaldi si dedicò attivamente alla riorganizzazio-ne della 55° Brigata Rosselli. Nel Novembre del ‘44 durante una azio-ne di particolare durezza rimase isolato con un 100° di uomini sulla sponda Sud della Valtellina Valsassina. Guidò i suoi uomini con co-raggio e fermezza e riuscì con abile manovra a evitare il ripiegamento in Isvizzera. Assunse il titolo di Vice Comandante di Divisione alla morte di Mina. Provvide quindi alla riorganizzazione invernale della

113 IscComo, fondo brigate Garibaldi, fasc. Comando Raggruppamento (copia). La relazione, di sicura elaborazione post insurrezionale, fornisce un esempio di

come la retorica si impadronisca subito della narrazione della Resistenza.

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formazione. Nel febbraio del '45 si iniziò una grande azione offensiva la 55° Brigata Rosselli e la 89° Brigate Mina e Gek al Comando della squadre guastatori partecipò a tutte le azioni della Mina e alcune delle Rosselli. Nel Marzo ‘45 costituì il 3° Battaglione, della Brigata Mina situato dalla sponda Nord della Valtellina fino all’imbocco della Val Masino. Nell'Aprile del '45 partecipò all’occupazione della bassa Val-tellina, all'espugnazione di Morbegno che rappresentava la I roccafor-te Fascista e in seguito a quella di Traona Delevio e Colico .Collaborò alla presa dì Sondrio alimentando la battaglia con continuo invio di forze notevoli come la 40° e la 89° Brigata. Il giorno 27 aprile fu a capo dell’ Organizzazione dello sbarramento del fondo Valle Valtelli-nese. Nel famoso punto strategico di Ponte del Passo a Colico prende parte all’ultimo glorioso episodio della epica lotta Partigiana: l’assalto alla colonna tedesca che recava con sé Mussolini pronto a fuggire e a riparare in Isvizzera, Partecipa quindi alle trattative di resa di Colico e Morbegno e chiude la sua lunga attività dedicandosi all’ organizzazio-ne e alla direzione dell'ufficio stralcio della formazione fino all'ottobre del ’45.