Professione Salute 4/2015

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ottobre 2015 4 Corso accreditato ECM L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita Alimentazione e stile di vita nella celiachia SANITÀ Fascicolo sanitario elettronico e dossier farmaceutico: vantaggi non solo per i pazienti SALUTE & BENESSERE Studi indagano il rapporto tra attività fisica e patologie dell’apparato gastroenterico PATOLOGIE CARDIACHE Le aritmie cardiache possono causare gravi danni al cuore e agli altri organi STILI DI VITA Un italiano su sedici ha il diabete e la malattia continua a diffondersi ATTUALITÀ Rapporto sull’impiego dei farmaci in Italia: spesa farmaceutica è di 26,6 mld

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Periodico bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione

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ottobre 20154

Corso accreditato ECM

L’apparato gastroentericotra salute e patologia:ruolo di alimentazionee stile di vita

Alimentazionee stile di vitanella celiachia

sanitàFascicolo sanitario elettronicoe dossier farmaceutico:vantaggi non solo per i pazienti

salute & benessereStudi indagano il rapportotra attività fisica e patologie dell’apparato gastroenterico

patologie cardiacheLe aritmie cardiachepossono causare gravi dannial cuore e agli altri organi

stili di vitaUn italiano su sediciha il diabete e la malattiacontinua a diffondersi

attualitàRapporto sull’impiegodei farmaci in Italia: spesa farmaceutica è di 26,6 mld

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Professione Salute 3ottobre 2015

Best practice per un modellodi decisioni “informate”

Stanno emergendo in questi giorni nuovi tagli alla Sanità non proprio attesi. Con la precedente legge di stabilità per il 2016 erano stati stanziati 115,4 miliardi di euro; ora la nuova proposta li ha ridotti a 111. La necessità di far quadrare i conti sembra stia prevalendo sulla scuola di pensiero che vede la sanità come un servizio primario e necessario da mantenere a livelli di eccellenza.Il ricorso al taglio dei costi indiscriminato è il frutto della solita politica miope, di breve periodo, volta a nascondere sotto il tappeto gli errori passati e le inefficienze presenti. La mancanza di analisi prima e programmazione sanitaria poi potrebbe determinare un veloce impoverimento di quella cultura dell’eccellenza che ha contraddistinto fino a oggi alcune parti del nostro sistema sanitario. La capa-cità di programmazione deve nascere dal dialogo franco e aperto di tutte le parti in causa, sia quel-le della politica (Ministero e Consigli Regionali) che quelle degli operatori diretti (medici, farmacisti e specialisti in genere) e per finire quelle degli investitori (le aziende che operano nella sanità), che può scaturire la chiave giusta per scardinare l’ignoranza sul futuro e garantire un approccio sempre con-sapevole nelle azioni da intraprendere. È di questi giorni un ottimo esempio di collaborazione tra pubblico e privato che vede protagonisti la Re-gione Lombardia e un’importante azienda medicale (Medtronic) nel progetto Orme (Outcome Research & Medtech Efficiency), che nasce dalla volontà di dimostrare il ruolo centrale dell’innovazione biomedi-cale come chiave di volta “per produrre efficienza e contribuire alla sostenibilità dei Sistemi Sanitari Re-gionali”. O meglio, come può un’azienda sostenere investimenti per migliorare i processi terapeutici di singole patologie a fronte del sistematico taglio dei costi o dei rimborsi dei Drg alle strutture ospedalie-re? Quale diventa il ruolo di queste imprese? È giusto che si debbano convertire ad attività conservati-ve e rinunciare al progresso? A parer mio esiste una sola risposta se pensiamo di vivere in un Paese pro-gressista, ed è no, non è giusto. E a confermarlo sono i risultati del progetto Orme su alcuni ambiti clinici, elaborati da un ente terzo, come l’Università Milano Bicocca, che si è avvalso “di un unico a livello inter-nazionale e inestimabile patrimonio di dati sanitari” a disposizione della Regione Lombardia sui ricoveri, prestazioni ambulatoriali, spese farmaceutiche e altri centri di spesa più specifici, nell’arco temporale di 10 anni (dal 2000 al 2009) per singolo paziente. Dalla ricerca sono emersi risultati significativi, tra i qua-li cito a titolo di esempio l’innalzamento costante dei tassi di ospedalizzazione del paziente nei tre anni precedenti il momento dell’intervento o del fatto acuto; ciò ha sicuramente messo in rilievo come un in-tervento preventivo, reso possibile grazie alla innovazione tecnologica, avrebbe consentito di alleviare le pene del paziente e ridurre sensibilmente la spesa sanitaria legata a quel caso.Con questa analisi si giunge così a spostare l’attenzione sugli esiti clinici ed economici correlati alle pro-cedure e ai percorsi terapeutici dei pazienti. Il progetto Orme è un caso di best practice nella partnership pubblico-privato, “in cui tutti gli attori coinvolti contribuiscono alla messa a disposizione di informa-zioni, ciascuno nel suo ambito di competenza”. A beneficiarne sarà la programmazione sanitaria con-sapevole e, come logica conseguenza, il diritto alla salute di tutti i cittadini. Giuseppe Roccucci

editoriale

La ricerca, condotta

nell’ambito del progetto

Orme, è stata un’occasione

di rilettura retrospettiva dei

dati attualmente esistenti

in materia di epidemiologia,

percorsi clinici e trattamenti

disponibili in tre aree:

le arteriopatie periferiche

nella popolazione con diabete

mellito; lo scompenso cardiaco

e la morte improvvisa;

la fibrillazione atriale

editoriale

Giuseppe [email protected]

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4 Professione Salute ottobre 2015

ECM a distanza 2015alimentazionee stile di vita nella celiachiadi Mara Oliverie M. Luisa Fonte

Salute&Benesserequale nessotra attività fisicae patologiegastrointestinalidi Luca Marine Matteo Vandoni

Salute&Benesserequando il cuoreperde il ritmodi Renato Torlaschi

Salute&Benessereintolleranzaal lattosiocome cambial’alimentazionedi Rachele Villa

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sommario

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Le aziendeinformano

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Direttore responsabileGiuseppe Roccucci

Board scientifico

Hellas Cena (Direttore)

Donatella Ballardini

Silvia Brazzo

Mario Calzavara

Mariano Casali

Massimo Labate

Luca Marin

Fulvio Marzatico

Mara Oliveri

Marco Rufolo

RedazioneAndrea [email protected] [email protected] [email protected]

GraficaGrafic House, Milano

Hanno collaboratoCarla Carnovale, M. Luisa Fonte, Luca Marin, Vincenzo Marra, Massimo Negro, Mara Oliveri, Renato Torlaschi, Matteo Vandoni

VenditeStefania Bianchi, 340 1246792Giovanni Cerrina Feroni, 346 2330694Barbara Guglielmana, 335 5803827Lucia Oggianu 338 9609937

Ufficio AbbonamentiTel. 031.789085 - [email protected]

SIDeMaSTSocietà Italiana di Dermatologiamedica, chirurgica, estetica e delleMalattie Sessualmente Trasmesse

StampaReggiani spa - Divisione Arti GraficheVia Alighieri, 50Brezzo di Bedero (VA)

Abbonamento annuale Italia: euro 0,95Singolo fascicolo: euro 0,19

Professione Salute periodico bimestraleAnno VI - n. 4 - ottobre 2015

Registrazione del Tribunale di Comocon il n. 4 del 14/04/2010

EditoreGriffin srl unipersonale, piazza Castello 5/E22060 Carimate (CO)

Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la respon-sabilità degli Autori. La pubblicazione degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e uti-lizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previ-sto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Grif-fin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titola-re del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra ope-razione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inser-zionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.

sommario

Stili di vitai diabetici italianisempre più numerosi,un po’ piùconsapevolidi Renato Torlaschi

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Editoriale AttualitàNE PARLIAMO CONfarmacovigilanzae appropriatezza:temi sempre all’ordinedel giornointervista ad Andrea Mandelli

3 547rubriche

Campagne informativeal via la campagnal’influenza che verrà#previeniladi Rachele Villa

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Integrazione alimentareanemia, si combatte con una dietaferrea e integratoridi Carla Carnovale

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Professione Saluteottobre 2015 7

La realizzazione in tempi brevi di un dossier farmaceutico

consentirebbe di tracciare tutti i farmaci dispensati a ogni singolo

paziente e quindi di gestire al meglio, con maggiore sicurezza

e meno sprechi, il percorso terapeutico

L’estate appena trascorsa e l’inizio dell’autunno sono stati caratterizzati da diversi interventi, da parte

del ministero della Salute e dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), che in modi differenti possono essere ricondotti ai temi della farmacovigilanza e dell’appropriatezza. E la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi) non ha mancato di far sentirela propria voce, talvolta anche critica. Professione Salute ha chiesto un commento ad Andrea Mandelli, che ne è presidente.

Dottor Mandelli, quali sono i principali temi dibattuti in Federazione negliultimi mesi?Sono state all’ordine del giorno numerose questioni, diverse ma riconducibili al tema della sicurezza e appropriatezza dell’impiego del farmaco sul territorio. Il primo caso significativo è quello dei medicinalida banco a base di diclofenac: il puntoè innanzitutto quello di avere un quadroil più possibile preciso non tantodel consumo complessivo, ma delle modalità del consumo e della tipologia dei pazienti

Intervista diRenato Torlaschi

Andrea MandelliPresidente Fofi

che impiegano questi medicinali. In parte è così anche per il caso delle preparazioni galeniche per il trattamento dell’obesità. È comprensibile che il ministero, per il doveroso principio di cautela, le abbia proibite, ma non si dispone di dati che permettano di individuare a quali tipologie di pazienti fossero prescritte e quindi di stabilire se fossero situazioni in cui il rapporto tra rischi e benefici poteva risultare positivo. Non va dimenticato che attualmente l’obesità è una condizione per la quale non sono disponibili farmaci con indicazioni specifiche.

E quindi, per ovviare a questo deficitdi informazione, che cosa si deve fare?Come abbiamo sempre sostenuto, la chiave sta nell’implementazione del fascicolo sanitario elettronico e, quindi, del dossier farmaceutico aggiornato dal farmacista. Solo potendo tracciare tutti i farmaci che vengono dispensati al paziente in modo preciso e puntuale è possibile promuovere realmente sicurezza e appropriatezza. Da sempre, in Italia ma non soltanto, si segnala

ne Parliamo con

Farmacovigilanzae appropriatezza: temi sempre all’ordine del giorno

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8 Professione Salute ottobre 2015

interviSta ad Andrea Mandelli

che per il curante, il medico di famiglia, è arduo conoscere con precisione qualie quanti farmaci assume effettivamenteil suo paziente, sia perché a volte nonè al corrente delle prescrizioni specialistiche su ricetta bianca, sia perché il paziente ricorre a farmaci da banco, anche sistematicamente, ma non lo comunica al medico. In tutti questi casi si rischiano interazioni tra farmaci oppure altre reazioni avverse: sono un caso classico i sovradosaggi dovuti all’assunzione di medicinali differenti, da banco o soggetti a prescrizione, che però contengono lo stesso principio attivo. Peraltro, la stessa sperimentazione della revisione dell’uso

dei medicinali promossa dalla Federazione ha rivelato che, con una discreta frequenza, i pazienti, in questo caso asmatici, assumevano farmaci controindicatiper la loro condizione oppure che interferivano con quelli prescritti per l’asma, quasi sempre all’insaputa del medico. Poter controllare immediatamente quali farmaci assume il paziente serve a evitare errorie duplicazioni e, alla fine, a migliorarela salute del paziente.

dossieR fARMAceuTico e fAscicolo sAniTARio eleTTRonico: quAli vAnTAggi

Il dossier farmaceutico aggiornato dal farma-cista era già stato previsto dal decreto sulle li-beralizzazioni, anche conosciuto come “cresci-Italia” del 2012, e poi convertito in legge, con modificazioni, nell’agosto 2013. Il dossier far-maceutico è previsto quale parte specifica del fascicolo sanitario elettronico (Fse), aggiorna-to a cura della farmacia che effettua la dispen-sazione, al fine di favorire la qualità, il moni-toraggio, l’appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e l’aderenza alla terapia, con l’o-biettivo ultimo di garantire una migliore sicu-rezza del paziente.Il fascicolo sanitario elettronico ha come

obiettivo quello di fornire ai medici una visione globale e unificata dello stato di salute dei sin-goli cittadini, e rappresenta il punto di aggre-gazione e di condivisione delle informazioni e dei documenti clinici afferenti al cittadino, ge-nerati dai vari attori del Sistema sanitario. Esso contiene eventi sanitari e documenti di sintesi, organizzati secondo una struttura gerarchica paziente-centrica, che permette la navigazio-ne fra i documenti clinici in modalità differen-ti. Il Fse traccia la storia clinica di ogni paziente rendendo disponibili informazioni prodotte sul territorio regionale da medici e operatori sani-tari anche di strutture diverse.

C’è anche una ricaduta sul piano economico?Senz’altro, perché i dati fornitidal dossier farmaceutico consentiranno anche di valutare l’aderenza alle terapie prescritte e, quindi, a evitare sprechi.Se un paziente cui vengono prescritticerti medicinali si reca in farmacia soltanto una volta su due, significa che non sta seguendo le indicazioni del medico. Si verifica quindi un doppio danno economico: da una parte i farmaci dispensati,se non c’è un’assunzione adeguata e costante, rappresentano uno spreco, perché non possono ottenere il risultato sperato e questo, a sua volta, apre la strada al presentarsi di complicazioni e aggravamenti che provocano un danno per l’individuo ma anche per il servizio sanitario. È un fatto positivo, dunque, che sia stato pubblicato il regolamento del Fascicolo sanitario e mi auguro che la sua implementazione non tardi ancora a lungo: dalla sua introduzione tutti riceveranno solo vantaggi, i pazienti,i professionisti sanitari e il Servizio sanitario nazionale. n

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ECM

Corso ECM 2015Modalità di Formazione a Distanza (FAD)

risErvAto Agli AbbonAti pAgAnti*

L’apparato gastroenterico tra salute e patologia:ruolo di alimentazione e stile di vita

Responsabile scientificoprof.ssa Hellas CenaMedico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia

Programma del corsoIl corso L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita si prefigge di approfon-dire le patologie dell’apparato digerente ovvero i disturbi che possono interessare i vari organi che lo compongono, i quali hanno il compito di digerire e metabolizzare le sostanze nutritive introdotte attraverso l’alimentazione e di espellere, infine, ciò che ne rimane.Il corso è stato inoltre pensato e strutturato per evidenziare la stretta connessione esistente fra alimentazione, stile di vita e salute dell’apparato gastroenterico.

Struttura del corso

z Il reflusso gastroesofageo (Silvia Salvatore)

z Il microbiota intestinale, un meta-organo indispensabile (Fabio Pace)

z La diverticolosi miti ed evidenze (Giovanni Brandimarte, Antonio Tursi)

z Alimentazione e stile di vita nella celiachia (Mara Oliveri, Maria Luisa Fonte)

z Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Edoardo V. Savarino, Giorgia Bodini)

Obiettivi del corsoIl presente corso si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi:

z l’obiettivo specifico di alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere “trasferiti” all’utente finale, con ripercussioni in termini di “aumento di competenze” della comunità in cui si è chiamati ad agire;

z l’obiettivo più generale di contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professionali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventi-vo, che potrà avere importanti ripercussioni “a cascata” in termini di “guadagno di salute” di tutta la popolazione.

Modalità di somministrazione del corso e accreditamente ECMIn ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2015 e per tutto il 2015 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di autovalutazione.A fine corso saranno disponibili online (www.fadmedica.it) tutti i moduli pubblicati sulla Rivista e sarà possibile, modulo per modulo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM, validi per l’anno 2015, avverrà al superamento di tutti i questionari.Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.

*per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: [email protected]

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ecm

Mara OliveriBiologa, Nutrizionista e Specialistain Scienza dell’AlimentazioneM. Luisa FonteMedico Chirurgo, Specialistain Scienza dell’Alimentazione

Alimentazionee stile di vita

nella celiAchiA

Introduzione

Nonostante l’evoluzione delle conoscen-ze, la storia naturale delle patologie gluti-ne-correlate non sembra ad oggi comple-

tamente tracciata; anche per questo, il percorso che dalla sintomatologia porta alla diagnosi di certezza e alla definizione della terapia può risul-tare decisamente complicato, sia per i clinici sia per tutte quelle figure professionali a vario tito-lo coinvolte nei processi di risk assesment e di di-sease management. Argomentando sulle patolo-gie nutrizione-correlate del tratto gastroenterico, focalizzeremo la nostra attenzione sulla malat-tia celiaca (MC), un disordine glutine-correlato in grado di causare alterazioni della mucosa inte-stinale con atrofia dei villi e conseguente altera-zione della funzione di assorbimento. Paradossal-mente, nonostante la componente scatenante la malattia sia di tipo alimentare, nonostante il dan-no intestinale porti appunto a un’alterata capaci-tà assorbitiva e nonostante la terapia efficace sia di tipo strettamente nutrizionale (dieta priva di glutine, gluten free), raramente vengono presi in esame – tentando di risolverli – proprio i proble-mi relativi all’esaustiva valutazione sia dello stato nutrizionale del soggetto celiaco sia dell’adegua-tezza della dieta gluten free rispetto ai fabbisogni.

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l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

In sintesi, la malattia celiaca è l’unica tra i di-sordini cronici intestinali in cui un program-ma alimentare che preveda la completa e per-manente esclusione del glutine rappresenti ad oggi la sola terapia efficace; è però facilmen-te intuibile che ogni programma alimentare in cui si debbano pianificare delle limitazioni, ri-spetto all’introduzioni di alimenti di consumo raccomandato per la popolazione sana, può essere a rischio di inadeguatezza nutriziona-le. Sebbene possa sembrare paradossale, sia-mo ancora nella fase in cui si sta tentando di chiarire gli aspetti relativi proprio alla qualità e all’adeguatezza nutrizionale della dieta gluten free, alle problematiche nutrizionali riscontra-bili in fase di pre-diagnosi e/o alla diagnosi e/o come possibile conseguenza di una alimenta-zione gluten free che venga seguita sul lun-go periodo. Tratteremo in modo sintetico i meccanismi etio-patogenetici, gli accertamenti diagnostici e le possibili conseguenze sintomatologiche; inve-ce intendiamo approfondire contenuti utili a colmare, per quanto possibile allo stato attua-le della letteratura, il gap di conoscenza rispet-

to all’impatto che la MC può avere sullo stato nutrizionale dei pazienti adulti alla diagnosi e/o sull’esito cui può portare, sempre da un punto di vista nutrizionale, un programma alimentare strettamente gluten free attuato con l’obiettivo di portare alla remissione di malattia e al man-tenimento di tale condizione. Vedremo quan-to è importante, nel counselling nutrizionale al paziente, sia informare/comunicare su co-me evitare il glutine sia aggiornare in merito ai rischi di possibili inadeguatezze e, di conse-guenza, sulle possibili scelte alimentari per una dieta gluten free che possa garantire il com-pleto soddisfacimento dei fabbisogni nutrizio-nali sul lungo periodo.

Malattia celiaca: breve storia di un lungo viaggioIl termine celiachia fu introdotto nel I secolo d. C. da Aretaeus di Cappadocia, che ne riportò la prima descrizione scientifica, ma la defini-zione della malattia come sindrome da malas-sorbimento è da attribuirsi all’inglese Samuel Gee che nel 1887 descrisse la malattia «come un tipo di indigestione cronica possibile a tut-

te le età e che affligge prevalentemente bam-bini da 0 a 5 anni […] una possibile causa po-trebbero essere errori alimentari». È però nel periodo successivo alla Seconda guerra mon-diale che il pediatra tedesco Dicke Willem Ka-rel stabilì una correlazione tra esposizione alle proteine del glutine e la MC, notando che una carenza di pane dovuta al periodo storico no-to come “inverno del digiuno 1944-45” aveva portato a una riduzione significativa di morti tra bambini affetti da malattia mentre, al ter-mine della guerra, le morti erano tornate ai li-velli inizialmente registrati. I bimbi erano allora stati alimentati con patate, banane e altri ali-menti privi di glutine; al termine della guerra, per contro, il ritorno alla normalità alimentare provocò il ripresentarsi dei sintomi. Questa os-servazione portò all’identificazione del glutine come agente causale di patologia.Per una definizione scientificamente condi-visa della malattia arriviamo quasi ai giorni nostri: «La celiachia è una patologia infiam-matoria intestinale cronica caratterizzata da appiattimento dei villi della mucosa del pic-colo intestino, ed è indotta in soggetti geneti-camente predisposti dall’ingestione di protei-ne ricche in prolina e glutammina contenute in frumento, segale, orzo e collettivamen-te definite: glutine». La malattia causa quin-di atrofia dei villi intestinali che, infiammati e danneggiati, non sono più in grado di as-solvere la loro funzione di riduzione, assor-bimento e trasporto dei nutrienti attraverso la mucosa intestinale. Nell’ambito dell’ampio spettro dei disordini glutine-correlati la MC si colloca come un’enteropatia cronica au-toimmune scatenata dall’ingestione di gluti-ne in soggetti geneticamente predisposti. Lo schema in figura 1 è per tutti i professioni-sti un supporto estremamente chiarificatore. Elemento caratterizzante la patologia è che l’allontanamento del glutine consente di ot-tenere la normalizzazione della morfologia e della funzionalità della mucosa, mentre la sua reintroduzione è causa di recidiva. Oggigior-

Figura 1 - Schema dei disordiniglutine-correlati. Fonte: a. Sapone,J. c Bai, c. ciacci, c. catassi, a. Fasanoet al. Spectrum of gluten relateddisorder: consensus on newnomenclature and classification.Bmi medicine 2012, 10:13

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ecm

tigen Presenting Cells, APC) alle altre cellule della risposta immu-ne. La suscettibilità alla MC è conferi-ta da aplotipi ben identificati del-l’HLA di classe II, prevalentemente il DQ2 e il DQ8 (più del 95% dei pazien-ti), fattori di rischio presenti in tutti i pazien-ti celiaci. Le molecole HLA hanno la funzione di “presentare l’antigene” alle cellule T effet-trici del sistema immunitario; solo le moleco-le HLA codificate dagli alleli DQ2 e DQ8 so-no in grado di riconoscere e “alloggiare” nella propria tasca i frammenti peptidici derivanti dalla scissione della gliadina, avviando la ri-sposta causale del danno intestinale. La pre-senza sulla superficie delle APC di almeno una delle molecole codificate da questi alleli è condizione necessaria per lo sviluppo di MC.Tuttavia altri fattori genetici sembrano in-fluenzare questa predisposizione: è noto in-fatti che alleli portati in trans aumentano il rischio rispetto a configurazioni in cis, che la suscettibilità è legata anche a decine di altri geni prevalentemente coinvolti nella rispo-sta immunitaria e infiammatoria; per contro, il contributo dato da ogni singolo gene non-HLA è tuttavia modesto. L’avere aplotipo DQ2 e/o DQ8 è condizione necessaria ma non suf-ficiente per slatentizzare la MC, infatti il 30-40 % della popolazione generale è DQ2/DQ8 positiva, ma non celiaca.

Permeabilità intestinaleIn condizioni fisiologiche le tight junctions (TJ) pre-

senti tra gli enterociti garantiscono l’imperme-abilità della barriera intestinale; nello stato di malattia tuttavia si instaura un’alterazione della permeabilità epiteliale con modificazioni delle TJ che consente ai peptidi derivanti dalla gliadina di raggiungere la lamina propria, dando il via al-la risposta immunitaria. Qui la transglutamina-si tissutale (t-TG) converte i residui di glutammi-na in acido glutammico per deamidazione, con formazione di epitopi peptidici aventi aumenta-ta affinità per le Antigen Presenting Cells (APC) e potenziato potere immunostimolante; que-ste cellule presentano l’antigene ai macrofagi, ai linfociti B e T. Anche il cross-link dei frammenti di gliadina con la t-TG può rinforzare il mecca-nismo di presentazione dell’antigene in sogget-ti HLA DQ2 o DQ8 positivi. Inoltre la presenza di frammenti di glutine indigerito causa la sovrae-spressione di zonulina da parte degli enterociti, una molecola in grado di “allentare” le TJ, con-

no si conoscono varie forme di celiachia, tra cui la MC potenziale, latente e silente. La lo-ro trattazione esula dagli obiettivi di questo modulo.

EtiopatogenesiLa malattia celiachia ha etiopatogenesi mul-tifattoriale: essa origina come conseguen-za dell’incontro tra uno stimolo alimentare (il glutine), la predisposizione genetica e l’e-ventuale presenza di possibili cofattori am-bientali quali la quantità di glutine ingerito, la nutrizione durante il primo anno di vita ed eventuali infezioni intestinali (per es. rotavi-rus). Inoltre recenti evidenze riconoscono co-me cofattore un’aumentata permeabilità in-testinale, in grado di incrementare l’ingresso del glutine a livello intestinale.

Il glutineIl glutine è la frazione proteica presente nell’endosperma dei chicchi di alcuni cerea-li, alla quale i celiaci sono intolleranti; nella patogenesi della malattia rappresenta l’inne-sto, ovvero il fattore scatenante in assen-za del quale la malattia non diventa manife-sta. Più propriamente, per glutine si intende il complesso proteico estratto dal grano, ma il termine viene esteso alle corrispondenti pro-teine della segale (secaline) e dell’orzo (ordei-ne), in considerazione della loro omologia di sequenza aminoacidica e dell’effetto causa-to nei celiaci. Della componente alimentare si tratterà più in dettaglio nella parte relati-va alla componente alimentare. In questa se-de ci basta ricordare che la degradazione en-zimatica di tali proteine determina il formarsi di peptidi “tossici” in soggetti predisposti.

La componente genetica Il sistema maggiore di istocompatibilità di classe II (HLA) gioca un ruolo cruciale nella predisposizione genetica alla malattia celia-ca; questo è presente sulle cellule in grado di effettuare la presentazione dell’antigene (An-

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l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

sentendo ai peptidi tossici di raggiungere la sot-tomucosa. Oltre a ciò, variazioni del citoschele-tro degli enterociti favoriscono la migrazione dei linfociti verso le APC, che possono così attivarsi.

Il danno a livello intestinale Non si conoscono ancora tutti i dettagli dell’a-zione immunitaria che si scatena nel celiaco; ad oggi sono stati descritti alcuni meccanismi di danno a livello della mucosa intestinale nel-la malattia in fase attiva. I peptidi derivanti dalla scissione enzimatica del glutine possono essere trasportati attraverso l’epitelio intestinale con le seguenti modalità: via paracellulare (conseguen-te alla ridotta integrità mucosale attribuibile al rilascio di zonulina), via transcitosi e via retro-transcitosi di IgA secretorie (sIgA). L’accumulo di frammenti di glutine sotto le cellule epitalia-li induce la produzione di IL-15, in grado di atti-vare i linfociti intraepitaliali a reagire contro gli enterociti stessi; i linfociti T helper attivati pro-ducono alti livelli di citochine proinfiammatorie; il processo infiammatorio induce la secrezione di metalloproteinasi da parte di fibroblasti e cellu-le mononucleate della lamina propria (LPMC) re-sponsabili della degradazione della membrana basale e della matrice extracellulare, ma anche dell’aumento dell’azione dei linfociti intraepite-liali e delle cellule Natural Killer. Per mezzo della concomitante produzione di citochine viene in-dotto il meccanismo di attivazione ed espansio-ne clonale delle cellule B che, differenziandosi in

plasmacellule produco-no anticorpi anti-glia-dina e anti-tranglu-taminasi (tTG) che interagiscono con la transglutami-nasi tissutale sulla membrana extra-cellulare (mtTG); il complesso si può

depositare causan-do variazioni del cito-

scheletro degli enterociti con ridistribuzione dell’actina. L’esito è il dan-no epiteliale con degradazione della matrice e il rimodellamento della mucosa, iperplasia delle cripte e la ben nota atrofia dei villi.In sintesi, dall’insieme dei dati di tipo fisiopato-logico, genetico ed epidemiologico, emerge che il danno alla mucosa intestinale e le sue conse-guenti manifestazioni cliniche rappresentano il risultato finale di complesse interazioni fra ge-ni e ambiente. Tra i fattori causali non ancora menzionati, le infezioni intestinali, il momen-to di introduzione del glutine durante lo svez-zamento e lo sviluppo di particolari ceppi nella flora batterica intestinale potrebbero aumen-tare la permeabilità intestinale e attivare uno stato infiammatorio poi potenziato nei sogget-ti DQ2/DQ8 positivi.

Importanza della diagnosiIl corretto inquadramento diagnostico del-la varie forme di celiachia rappresenta anco-ra oggi una sfida per il professionista e deriva dalla valutazione clinica-sintomatologica, dal dosaggio dei marcatori sierologici e dell’even-tuale esito della biopsia intestinale. Negli adulti il gold standard per la diagnosi rimane la biopsia dell’intestino tenue con sierologia positiva. Ri-cordiamo che ogni indagine relativa all’accerta-mento di patologia celiaca deve avvenire in die-ta contenente glutine, fondamentale per evitare falsi negativi alla diagnosi. Seppur la frequenza delle diagnosi sia in continuo aumento, le co-

noscenze acquisite in decenni di studi sono ben sintetizzate nel modello dell’iceberg proposto da Richard Logan nel 1992. Gli esperti concorda-no nel ritenere che la maggior parte della malat-tia (70-80% dei casi) sia ad oggi non diagnosti-cata (parte sommersa dell’iceberg), mentre solo una piccola percentuale, rappresentabile come la punta dell’iceberg, sia la quota delle diagno-si di malattia. È condiviso che la “dimensione” dell’iceberg sia equivalente nelle varie parti del mondo, mentre ciò che varia da zona a zona è il rapporto tra la parte emersa/sommersa ossia il rapporto tra diagnosticati e non diagnosticati (da 1:2 in Finlandia a 1:20 in Argentina). Soggetti con CD non trattata a lungo termine hanno un elevato rischio di complicazioni be-nigne o maligne quali: aumento del rischio di cancro, linfoma maligno, tumore del piccolo intestino o orofaringeo, infertilità, osteoporo-si, fratture ossee, con alcuni studi che riportano una mortalità doppia rispetto alla popolazione generale. La diagnosi tempestiva può miglio-rare la salute psico-fisica del paziente a breve termine e, a lungo termine, ridurre il rischio di mortalità per patologie associate. Per contro, una diagnosi non corretta di MC può costrin-gere il soggetto a un trattamento inutile di die-ta priva di glutine, con le relative implicazioni per sé e per l’intorno familiare.

EpidemiologiaLa prevalenza di MC a livello mondiale è intor-no allo 0,6-1%, con ampie differenze tra paesi per cause ancora non identificate: in Germania la prevalenza è dello 0,3%, in Finlandia del 2% come confermato da un recente studio mul-ticentrico condotto in Europa. Sebbene i pri-mi studi epidemiologici considerassero la MC come caratteristica delle popolazioni di origine caucasica prevalentemente distribuite in Euro-pa e Nord America, studi condotti in altre aree confermano che la malattia è un disordine co-mune presente anche nei paesi in via di svilup-po, quali alcuni paesi del nord Africa, in India e in Pakistan così come in alcune zone della Cina.

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In Italia, la prevalenza della celiachia calcola-ta sulla base del censimento dei soggetti affetti nel 2013 risulta intorno allo 0,27%. A fine 2013 si registrano 164.492 diagnosi (3.000 diagnosi circa in più rispetto al 2012), a fronte di un più alto numero teorico di celiaci stimato sulla ba-se della prevalenza, pari a circa 600.000 sog-getti, in tutto il paese; si stima quindi che vi si-ano 430.000 celiaci senza diagnosi. Vi è una differenza di genere nella prevalenza re-gistrata: la patologia è più frequente nel genere femminile rispetto al maschile (0,37% vs. 0,16%); a fine 2013 tra i pazienti, 47.837 sono maschi e 115.933 sono femmine. In pratica, per ogni ma-schio celiaco vi sono due femmine affette, ma il classico rapporto medio maschi:femmine pa-ri a 1:2 può arrivare in alcune regioni fino a 1:3. La popolazione celiaca sul territorio italiano nel 2013 risulta così distribuita: 46% al nord, 22% al centro, 19% al sud e 13% nelle isole. Le regio-ni con più diagnosi in età adulta sono: Lombar-dia, Lazio, Campania e Sicilia; la regione con me-no celiaci è la Valle d’Aosta.

Esordio della malattia“Malati di celiachia” non si nasce, ma si nasce con la predisposizione genetica ad ammalarsi, che in presenza dei fattori causali sopra discussi può slatentizzare nelle varie forme della MC. La pa-tologia può pertanto esordire a varie età, dall’in-

fanzia alla vecchiaia, e compromette la capaci-tà dell’organismo di assorbire sostanze nutritive, come conseguenza dell’atrofia dei villi a livello in-testinale, di grado correlato con l’estensione e il danno fisico della mucosa interessata. Sebbene il pensiero comune tra i non addetti ai lavori ten-da ad affermare che la celiachia è una patologia dell’infanzia o dell’età evolutiva, i dati dimostrano che la maggior parte dei celiaci sono in età adul-ta; questo a supportare l’evidenza che la malattia può avere esordio tardivo e/o che questa fascia di popolazione è quella che si sottopone maggior-mente all’indagine diagnostica (fig. 2).

La componente alimentareIl glutine è, in sintesi, la frazione proteica alcol-solubile del frumento, alla quale i celiaci sono intolleranti. Grazie alle sue caratteristiche ha un’ampia versatilità d’impiego nelle produzioni alimentari. Fisicamente è una massa elastica di proteine di deposito con differente solubilità in acqua e alcol; può pertanto essere suddivisa in due frazioni principali rappresentate rispettiva-mente da proteine solubili in acqua (non gluti-ne) e proteine insolubili in acqua (glutine), che costituiscono la quota prevalente, a loro volta suddivise, per la loro differente solubilità in al-col, in gliadine e glutenine (fig. 3).Il glutine è responsabile delle proprietà di elasticità, coesività e viscosità degli impasti di farine di frumento; ha una struttura qua-ternaria complessa con caratteristiche fisiche ideali per la produzione di prodotti da forno, difficilmente ritrovabili in altre componen-ti proteiche alimentari. La sua “plasticità” ha rilevanti implicazioni pratiche, tra cui: l’au-

Figura 3 - le componenti proteichedel frumento. Fonte: chinuki Y, morita e. Wheat-dependent exercise-induced anaphylaxis sensitized with hydrolyzed wheat protein in soap. allergolint. 2012 dec;61(4):529-37.

Figura 2 - celiachia in italia per fasce di età e regione. Fonte: relazione annuale al Parlamento, anno 2013, ministero della Salute, direzione generale per l’igiene e la Sicurezza degli alimenti e la nutrizione.

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l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

mento di volume dei prodotti da forno lievi-tati, la capacità di trattenere l’amido durante la cottura della pasta, ecc. L’energia mecca-nica durante l’impastamento e la presenza di acqua consentono la formazione di un retico-lo glutinico in cui le proteine passano da una forma folded (ripiegata) a una forma unfol-ded (distesa) che tende ad assumere una di-sposizione allineata, caratteristica della com-posizione fibrosa dell’impasto. La presenza di legami idrogeno con le molecole di acqua consente di tenere le proteine separate e, du-rante l’impastamento, la formazione di cross-link permette di aumentarne la resistenza e di stabilizzarne la struttura ma allo stesso tem-po di rendere l’impasto “estensibile” e in gra-do di catturare, proprio come fosse una re-te, i prodotti gassosi della lievitazione che ne permettono l’espansione fino all’ottenimen-to della forma desiderata e, punto fondamen-tale, consentono di mantenerla immodificata fino a fine cottura/preparazione.

Tossicità del glutine per il celiacoL’impossibilità degli enzimi dell’apparato ga-stroenterico di digerire completamente il glu-tine, imputabile alla presenza di un eleva-to contenuto di residui di prolina, aminoacido particolarmente resistente all’azione di tripsi-na e pepsina, determina la tossicità del glutine

in soggetti celiaci. A contatto con la superficie assorbente della loro mucosa intestinale si ot-terranno quindi peptidi di circa 10 aminoacidi, anziché singoli aminoacidi o dipeptidi che nor-malmente derivano dai fisiologici processi di digestione proteica in soggetti sani. La prolami-na, una delle frazioni proteiche che costituisco-no il glutine, è la responsabile dell’effetto tos-sico per il celiaco; il suo contenuto nel glutine è considerato mediamente pari a circa il 50%.

Presenza del glutine in naturaTecnicamente il glutine si ritrova esclusiva-mente nel frumento. Anche segale e orzo con-tengono proteine di deposito che possono scatenare l’enteropatia, ma non si possono de-finire propriamente glutine, piuttosto queste proteine, rispettivamente secalina e ordeina, sono prolammino-simili. La loro capacità tos-sica è derivata principalmente dalle seguenti evidenze scientifiche:z tassonomicamente sono cereali appartenen-ti alle triticacee della famiglia delle graminacee, dando evidenza indiretta dell’omologia nella se-quenza aminoacidica di composizione dei peptidi, associata a vario grado di effetto tossico (tab.1);z studi clinici indicano che i celiaci reagiscono anche all’ingestione di orzo e segale e, fonda-mentale, la loro condizione migliora in seguito alla privazione di questi cereali.

A causa della presenza di prolammine o moleco-le prolammino-simili, il celiaco deve evitare ce-reali quali farro, frumento, orzo, segale, kamut, spelta, triticale, frik-grano egiziano, monococco, germe di grano e tutti i loro ceppi ibridati o da essi derivati; è invece consentito il consumo di riso, mais, miglio, sorgo, grano saraceno, ama-ranto e quinoa, naturalmente privi in glutine. Un lungo dibattito vede tutt’oggi impegnati i pro-fessionisti del settore riguardo al possibile con-sumo di avena, un cereale di cui si vorrebbe evi-tare l’esclusione perché potrebbe essere molto importante nella dieta grazie al suo contenuto in fibra. Seppur recenti evidenze sperimentali e trial clinici hanno concluso che l’avena è ben tollerata dalla maggior parte dei soggetti celiaci, allo sta-to attuale delle conoscenze l’Associazione italia-na celiachia adotta il principio di precauzione se-condo cui servono più accurate definizioni delle specifiche caratteristiche delle tipologie di ave-na maggiormente adatte alla dieta senza glutine, prima di consigliarne il consumo ai celiaci.

Alimenti privi di glutineIl regime alimentare privo di glutine preve-de il consumo di alimenti naturalmente privi e di prodotti dell’industria alimentare, defini-ti gluten free (GF) e normati dal Regolamento CE 41/2009 del 20 gennaio 2009 (in applicazio-ne del Codex Alimentarius europeo) relativo al-la composizione e all’etichettatura dei prodot-ti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine. La normativa definisce “senza glutine” i prodotti con contenuto di glutine <20 ppm (20 mg/kg di prodotto finito), applicabile sia ai prodotti distribuiti attraverso il canale delle far-macie sia a quelli destinati al consumatore ge-nerale, che rispettino comunque il limite di 20 ppm. Possono essere definiti senza glutine an-che i prodotti ottenuti con l’impiego di materie prime derivanti da cereali vietati all’origine (per es. amido di frumento), purché lavorati al fine di garantire un contenuto in glutine <20ppm nel prodotto finito. Le diciture riguardanti le infor-mazioni fornite ai consumatori devono rispet-tare i seguenti requisiti:

cereale prolammine composizione tossicitàfrumento gliadine 35% Q; 17-25% P +++

orzo ordeine 35% Q; 17-25% P +

segale secaline 35% Q; 17-25% P +

avena avenine Q, P ?

riso orizine Q, A, L -

mais zeine Q, A, L -

A = alanina; L = leucina; P = prolina; Q = glutammina Modificata da: Effetti immunologici di orzo, segale, avena sulla mucosa intestinale di soggetti celiaci.

Tesi in Dottorato di Ricerca, dott. M. di Tola.

tabella 1 - cereali e relative prolammine: tossicità in soggetti celiaci

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z “senza glutine”, consentita solo ove il conte-nuto in glutine dell’alimento venduto al con-sumatore finale non sia superiore a 20 mg/kg;z “con contenuto di glutine molto basso”, con-sentita solo dove il contenuto in glutine dell’a-limento venduto al consumatore finale, con-sistente in uno a più alimenti ricavati da frumento, segale, orzo, avena o da loro varietà incrociate, specialmente lavorati per ridurre il contenuto in glutine o contenente uno o più di tali ingredienti, non sia superiore a 100 mg/kg;z per alimenti contenenti avena, l’avena con-tenuta in un alimento presentato come “sen-za glutine” o “con contenuto di glutine molto basso” deve essere stata specialmente prodot-ta, preparata e/o lavorata in modo da evitare contaminazione da parte di frumento, segale, orzo, o da loro varietà incrociate, e il suo con-tenuto non deve superare i 20 mg/kg.Gli alimenti gluten free consentiti al celiaco e reperibili in commercio in Italia sono quindi:z alimenti naturalmente privi di glutine, non pre-lavorati/lavoratiz alimenti senza glutine presenti nel Registro nazionale dei prodotti destinati a una alimen-tazione particolare del ministero della Salute (Decreto Legislativo 111/92), contraddistinti da logo verdez alimenti di uso corrente con dicitura “senza glutine” (Regolamento 41/2009)z prodotti con il marchio Spiga Barrata (mar-chio registrato di proprietà delle Associazioni dei pazienti celiaci)z prodotti presenti nel Prontuario degli Ali-menti Aic (Associazione italiana celiachia)

Stato nutrizionale nel paziente celiacoprima e dopo dieta senza glutineLa malattia celiaca (MC) influisce sullo stato nutrizionale del paziente affetto sia prima del-la diagnosi, a causa del malassorbimento, sia in seguito ossia all’inizio della terapia dieteti-ca, a causa dell’esclusione del glutine. In particolare, nel passato i pazienti si presen-tavano con uno stato nutrizionale alla diagno-si particolarmente compromesso poiché que-

sta era più tardiva e spesso effettuata solo nei casi sintomatici con grave danneggiamento dell’intestino. Oggigiorno lo stato nutriziona-le del paziente non trattato dipende dal tem-po intercorso tra l’esordio della malattia e il suo trattamento, dall’estensione del danno inte-stinale e dal grado di malassorbimento. È no-to che lo spettro di presentazione clinica della MC è molto ampio e variabile, classicamente in-clude steatorrea, deficit di vitamine liposolubili, malassorbimento di ferro, acido folico e calcio. Carenze di tali micronutrienti sono molto fre-quenti poiché la sede del loro assorbimento è il primo tratto dell’intestino ossia il tratto più in-teressato dalla MC. Grazie al miglioramento de-gli strumenti diagnostici a nostra disposizione, non tutti i pazienti adulti diagnosticati presen-tano un quadro classico di sottopeso e malnu-trizione. Tuttavia, indipendentemente dall’indi-ce di massa corporea, si consiglia uno screening dei deficit nutrizionali più comuni prima e dopo l’inizio della dieta glutine priva, al fine di per-sonalizzare e integrare la terapia medico nutri-zionale per il raggiungimento di una stabilizza-zione clinica efficiente e completa. Le principali carenze nutrizionali conseguenti al malassor-bimento vengono colmate dopo l’inizio della dieta senza glutine che porta a ricostituzione dell’integrità anatomo-funzionale della muco-sa intestinale e alla ripresa del normale assor-

bimento di nutrienti. Infatti, obiettivi della dieta gluten free sono il miglioramento delle con-dizioni della mucosa intestinale e la reversio-ne del malassorbimento, l’eliminazione dei sin-tomi, il recupero e il mantenimento dello stato di benessere, la prevenzione delle complicanze. Una volta instaurata la dieta senza glutine bi-sognerà quindi porre attenzione ai rischi nu-trizionali legati all’esclusione dall’alimenta-zione dei cereali contenenti glutine; seppur il glutine in sé non sia nutriente indispensabi-le e il termine “dieta priva di glutine” sia asso-ciato all’idea di una alimentazione salutare, in-tesa come adeguata alle richieste nutrizionali, al soddisfacimento dei fabbisogni energetici e frequentemente percepita come sostenibile da un punto di vista ambientale, vi sono diversi studi che indicano che in pazienti a dieta priva di glutine per lunghi periodi (8-12 anni) si pos-sono riscontrare inadeguati introiti di alcuni nutrienti quali fibre, minerali e vitamine, pre-disponendo all’aumentato rischio di insorgen-za di condizioni patologiche quali stipsi, ecces-so ponderale e deficit nutrizionali importanti. In particolare, le principali carenze cui vanno incontro i pazienti celiaci riguardano l’introi-to di fibra alimentare, folati, niacina e vitami-na B12. Inoltre, i pazienti celiaci a dieta senza glutine da diversi anni presentano un maggior rischio di malnutrizione per eccesso e sindro-

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me metabolica; tale rischio è stato messo in relazione al possibile maggior consumo di ci-bi ricchi in grassi di scadente qualità (saturi e trans), nonché di zuccheri e sale. Rispetto al-lo stato ponderale, aumenti di Imc, desidera-ti o indesiderati, dopo il trattamento dietetico sono probabilmente di origine multifattoriale. Vari autori suggeriscono che il miglioramen-to dell’assorbimento di nutrienti così come lo stile di vita e le scelte alimentari giocano pro-babilmente un ruolo importante nelle varia-zioni ponderali osservate. Studi che hanno in-dagato la composizione degli alimenti gluten free mostrano che i celiaci possono incorrere in aumento di consumo di prodotti a elevato contenuto di grassi, zuccheri, proteine anima-li – e quindi di calorie – con eccessivo introi-to di grassi saturi; da qui è stato ipotizzato che una dieta a stretto regime gluten free possa rappresentare un fattore di rischio di patolo-gie cardiovascolari in quanto orienterebbe i pazienti a scelte nutrizionalmente non sempre del tutto corrette; inoltre l’osservazione alla diagnosi di bassi livelli di colesterolo HDL rap-presenterebbe un ulteriore fattore di rischio, anche se in questo momento diagnostico non è infrequente trovare bassi livelli di colestero-lo totale forse attribuibile al malassorbimento.In assenza di dati incontrovertibili, si suggeri-sce una corretta valutazione del profilo lipidi-co alla diagnosi e follow-up dopo dieta gluten free che, risolvendo il malassorbimento, può causare aumento dei livelli ematici di coleste-rolo totale ma può anche modulare/normaliz-zare i livelli di HDL e di conseguenza “riassesta-re” il rapporto t-Col/HDL.

Carenza di ferroL’anemia sideropenica è la più comune ma-nifestazione extraintestinale della MC, essen-do presente nel 49% circa dei pazienti adul-ti ed essendo più frequentemente riscontrata nel sesso femminile. La celiachia, pertanto, do-vrebbe essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale delle anemie siderope-niche dato che il deficit di ferro può essere la

sua unica manifestazione clinica. L’8% dei ca-si di anemia sideropenica resistenti alla tera-pia marziale può essere infatti attribuito a MC. I livelli di ferro tornano generalmente alla nor-malità seguendo una dieta gluten free, sebbe-ne possa persistere un deficit fino al completo ripristino dell’integrità della mucosa intestina-le e delle riserve marziali. Nei pazienti con gra-ve deplezione delle riserve di ferro e anemia, è raccomandabile consigliare una dieta ricca in ferro o valutare una terapia integrativa, con-siderato che alcuni degli alimenti permessi ai celiaci hanno scarse quantità di ferro mentre altri che ne sono più ricchi (per es. il teff) non hanno grande diffusione in tutti i paesi. La te-rapia integrativa dovrebbe essere prescrit-ta per una durata totale di 6 mesi dall’inizio della dieta gluten free, ossia il periodo mini-mo ritenuto necessario a normalizzare l’ana-tomia della mucosa intestinale. In ogni caso, bisogna sempre ricordare di associare all’inte-gratore di ferro la vitamina C, al fine di otti-mizzarne il dosaggio. In questi pazienti è uti-le il monitoraggio di ferritina anche in seguito all’inizio della terapia dietetica.

Carenza di acido folicoNei pazienti non trattati la gravità dell’atrofia dei villi intestinali correla con bassi livelli di fola-ti e iperomocisteinemia. La carenza di acido fo-lico è stata documentata in letteratura con una prevalenza che varia dall’8 all’85% degli adulti affetti, a seconda della casistica presa in consi-derazione. Molti studi, tuttavia, evidenziano ta-le carenza anche nei pazienti che seguono dieta senza glutine da anni, con sierologia negativa e nessun segno di danno istologico. Tale osserva-zione sarebbe supportata da altri studi da cui è emerso che i pazienti in terapia dietetica per MC hanno un basso introito di acido folico a causa del contenuto inferiore di tali nutrienti nei pro-dotti privi di glutine rispetto ai normali prodot-ti contenenti glutine. È stato quindi suggerito lo screening di tale carenza per tutti i pazienti affetti da MC, indipendentemente dalla terapia dietetica e con particolare attenzione ai sogget-

ti di sesso femminile in età fertile per il poten-ziale aumentato rischio di gravidanze patologi-che. L’integrazione di acido folico è consigliata per tutti quei pazienti che arrivano alla diagno-si con un deficit di tale nutriente. Alcuni studi, inoltre, suggeriscono che l’integrazione di aci-do folico e vitamina B12 per 6 mesi migliori si-gnificativamente lo stato di depressione e an-sia dei pazienti affetti da MC da lungo tempo. Questi studi, nonostante necessitino di ulteriori conferme, supportano l’ipotesi che l’attenuazio-ne dei sintomi psichiatrici dei pazienti con MC può essere ottenuta con l’integrazione di acido folico e vitamine del gruppo B.

Carenza di vitamina B12Il deficit di vitamina B12 è sempre stato con-siderato poco frequente poiché l’assorbimen-to di tale nutriente avviene nell’ileo, parte soli-tamente risparmiata dalla MC. Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato un dosaggio di vita-mina B12 insufficiente nel 5-41% dei pazien-ti celiaci non trattati. I suoi livelli ematici sem-brano essere indipendenti dalla presentazione clinica della MC, dal grado di atrofia dei villi in-testinali e dal sesso del paziente. La carenza di tale vitamina è solitamente lieve e viene col-mata con la dieta senza glutine a meno che sia concomitante lo stato di anemia perniciosa o di insufficienza pancreatica.

Carenza di vitamina D e calcioLa carenza di vitamina D e calcio è molto fre-quente in caso di MC. Sia l’osteopenia che l’o-steoporosi sono state descritte in circa il 50% dei pazienti affetti da MC, che risultano quindi avere un rischio di frattura aumentato rispetto alla popolazione generale. I meccanismi attra-verso cui si instaurano tali deficit sono ascrivi-bili al malassorbimento e al ridotto introito con-seguente alla frequente presenza di intolleranza al lattosio e quindi all’esclusione dei prodotti derivati dal latte; il 62% dei pazienti celiaci non introduce la dose giornaliera raccomandata di vitamina D. Attualmente, a tutti i soggetti af-fetti da MC è consigliato un esame Dexa in sede

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di diagnosi o follow-up. Sia nei casi di osteope-nia sia per i pazienti che hanno un basso inta-ke o una ridotta densità minerale ossea si rende necessaria la terapia integrativa. I livelli di vita-mina D e calcio, nonché la densità minerale os-sea, migliorano significativamente in seguito a 1-2 anni di dieta gluten free. Particolare atten-zione va tuttavia rivolta alle donne in età meno-pausale, in cui possono persistere ridotti valori di densità minerale ossea, nonostante la dieta gluten free. In questi casi l’integrazione di calcio e vitamina D a lungo termine previene un’ul-teriore perdita ossea. Bisogna inoltre ricordare che l’osteomalacia può rappresentare una for-ma clinica di presentazione della MC nell’adul-to, laddove si sia instaurato un grave deficit di vitamina D. In questi casi, la combinazione della dieta gluten free con la terapia integrativa di vi-tamina D porta a un miglioramento dei sintomi e alla normalizzazione dei livelli di calcio.

Altre carenze di micronutrientiI pazienti affetti da MC possono presentare an-che carenze di vitamina B6, zinco, magnesio, ra-me e selenio. Tuttavia uno screening di tali nu-

trienti non è richiesto alla diagnosi poiché tali deficit sono velocemente reversibili una volta che il paziente inizia la dieta gluten free. È stato riportato che più del 50% dei pazienti affetti da MC non trattati hanno un deficit di zinco. Tale carenza si instaura a causa del malassorbimen-to, della chelazione da parte degli acidi grassi, della perdita eccessiva dovuta alla enteropatia protido-disperdente e alle aumentate richieste dovute al maggiore turnover degli enterociti. Il deficit di zinco favorisce un ritardo di cresci-ta e maturazione sessuale, ipogeusia e manca-ta cicatrizzazione. Probabilmente alcuni segni e sintomi associati alla celiachia sono correlati a questo deficit. La carenza di zinco viene gene-ralmente colmata dopo un anno di dieta senza glutine stretta, non rendendo necessaria alcuna integrazione. Il deficit di magnesio è riportato in circa il 20% dei casi non trattati e può persi-stere a causa del contenuto relativamente scar-so in magnesio di alcuni alimenti senza glutine.

Counselling per una correttaalimentazione gluten freeLa terapia nutrizionale del paziente celiaco non

deve solo escludere in maniera stretta il gluti-ne, ma deve essere bilanciata, apportando un giusto quantitativo di micro e macronutrienti di qualità elevata.Il corretto counselling nutrizionale al paziente celiaco deve essere orientato ai seguenti com-portamenti.z Incoraggiare il consumo di alimenti natural-mente privi di glutine, prima dei prodotti tra-sformati. Attualmente il mercato sembra aver riscoperto alcuni cereali che risultano adat-ti all’alimentazione del celiaco, ampliando la possibilità nella scelta dei chicchi; proporre al paziente alimenti per lui nuovi può contribuire ad aumentare l’aderenza alla dieta, distoglien-dolo da un’alimentazione monotona.z Tra gli alimenti naturalmente privi e quel-li trasformati, preferire quelli di tipo integra-le (per es. riso integrale invece di riso brillato). La maggior parte dei prodotti senza glutine è preparata con amidi e farine raffinate priva-te della parte esterna del chicco ricca di fibra, minerali e vitamine del gruppo B, può portare a un effettivo rischio di carenza di assunzio-ne. Si consideri che nella popolazione italiana il gruppo dei cereali e derivati fornisce il 42% degli apporti di fibra, ma gli alimenti che ne apportano maggiormente non sono consentiti ai celiaci (per es. crusca di frumento 42g/100g, farina di segale 14g/100g; la farina più povera in fibra è proprio quella di riso adatta ai celia-ci, che ne contiene 1g/100g).z Promuovere abitudini che consentano un au-mento dell’intake di fibra ovvero consumare frutta ben lavata con la buccia ogni qualvolta possibile, preferire pane o sostituti di tipo in-tegrale, muesli gluten free a colazione, preferi-re zuppe con cereali gluten free e legumi, inse-rire frutta secca nell’alimentazione quotidiana in quantità caloricamente adeguata a mante-nere il peso corporeo nel range di normalità.z Incrementare la scelta anche di prodotti glu-ten free arricchiti in fibre, ad esempio con cru-sca di riso e/o semi di lino e/o altri ingredienti. È infatti da sottolineare che il consumo di alimen-ti arricchiti è minimo nella popolazione italiana

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l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

generale e non vi sono dati sulla popolazione di celiaci che ne fanno uso o che ricorrono all’inte-grazione con specifici prodotti di sole fibre.z Promuovere il consumo di almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, ricche in vitami-ne, minerali, fitonutrienti e antiossidanti; i dati di popolazione generale indicano che in tutte le fasce di età i loro consumi sono lontani dai livelli raccomandati.z Promuovere il consumo di alimenti natural-mente ricchi in ferro e folati, ricordando di ab-binare agli alimenti ricchi in ferro alimenti ric-chi in vitamina C.z Favorire il consumo di alimenti fortificati/ar-ricchiti in ferro e folati.z Incoraggiare il consumo di cereali e pseudo-cereali come importante fonte di proteine vege-tali e di buon valore biologico quali ad esempio amaranto e grano saraceno; le proteine vege-tali naturali hanno valore nutrizionale ma an-che di biosostenibilità, sono sicure per la salu-te e a basso costo.z Tra i prodotti trasformati, preferire quelli a mi-nor densità calorica, con ridotto apporto di aci-di grassi saturi e trans. Ricordare che i celiaci

tendono a compensare ciò che reputano un’a-limentazione “restrittiva”, rischiando un ecces-so di intake calorico e di grassi di scarsa qualità.Dalla bromatologia dei più comuni cereali (tab. 2) si rileva che amaranto, grano saraceno e quinoa apportano quantità significative di proteine vegetali; grano saraceno, teff e miglio sono da preferire per il loro contenuto in fibra; amaranto e teff possono contribuire a soddi-sfare il fabbisogno di calcio e di ferro; amaran-to e grano saraceno hanno un contenuto in magnesio superiore ad altri cereali gluten free; rispetto ai folati un contributo rilevante può essere dato da quinoa, amaranto e miglio.

Riflessioni su dieta gluten freee complianceSe da un lato la stretta aderenza alla dieta ha un impatto fondamentale per garantire la salu-te dei celiaci, dall’altro il loro livello di complian-ce alla dietoterapia può ripercuotersi sulla qua-lità di vita, tanto da essere oggetto di studio in tutta Europa. Indagini volte a rilevare l’atteggia-mento e volontà di evitare l’ingestione di alimen-ti con glutine indicano che non tutti i pazienti ri-

escono ad attenervisi fedelmente e con massima continuità. Secondo alcune casistiche addirittura il 30-40% di essi non la segue in modo rigoroso a causa di molteplici fattori, tanto che sulla base di varie osservazioni Collin e coll. ritengono che un’alimentazione gluten free assoluta e comple-ta sia in pratica impossibile da ottenere sul lungo periodo. Questionari sono stati somministrati a un campione costituito da 2.853 pazienti eviden-ziando che, seppur l’89% non ha mai assunto ali-menti con glutine, vi è una quota di circa il 33% di soggetti tentati dall’idea di non seguire le indi-cazioni nutrizionali. Il trattamento dietoterapico a lungo termine GF è quindi ancora difficoltoso; il paziente tenta di sfuggirlo. Secondo le indagi-ni il “trasgressore tipo” ha un’età compresa tra i 37-56 anni, un buon grado di inclusione sociale, un lavoro congruo con il proprio livello di scola-rizzazione ed è diagnosticato da almeno 6 anni.

ConclusioniNella dieta GF vi è una complessa relazione tra abitudini alimentari individuali, caratteristiche della dieta e adeguatezza nutrizionale degli in-take. Alcune inadeguatezze possono dipende-

Unità Amaranto Riso Mais Grano Quinoa Teff Miglio Avena Frumento Orzo Farro di misura integrale giallo saraceno

Energia Kcal/100g 371 362 365 343 368 367 378 389 339 352 338

Proteine g 13.56 7.5 9.42 13.25 14.2 13.3 11.02 16.89 13.68 9.91 14.57

Lipidi g 7.02 2.68 4.74 3.4 6.07 2.38 4.22 6.9 2.47 1.16 2.43

Glucidi g 67.3 76.17 74.26 71.5 64.16 73.13 72.85 66.27 71.13 77.72 70.19

Fibre g 6.7 3.4 7.3 10.0 7.0 8.0 8.5 10.6 d.n.p 15.6 10.7

Calcio mg 159 33 7 18 47 180 8 54 34 29 27

Ferro mg 7.61 1.8 2.71 2.2 4.57 7.63 3.01 4.72 3.52 2.5 4.44

Zinco mg 2.87 2.02 2.21 2.4 3.1 3.63 1.68 3.97 4.16 2.13 3.28

Magnesio mg 248 143 127 231 197 184 114 177 144 79 136

Folati ug 82 20 19 30 184 d.n.p 85 56 43 23 45

Naturalmente privi di glutine (sfondo verde, permessi al celiaco), contenenti glutine (sfondo arancione, non permessi al celiaco);avena: vale il principio di precauzione enunciato nel testo (sfondo giallo). In grassetto le quantità significative dello specifico nutriente; dnp = dato non presente.Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference 27.

tabella 2 - composizione bromatologica dei più comuni cereali

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22 Professione Salute ottobre 2015

re dalle specifiche scelte dei pazienti, mentre altre sembrano specificamente correlate alla dieta GF, altre ancora possono derivare da una combinazione tra scarsa varietà alimentare e deficienze tipiche degli alimenti GF: per esem-pio il ridotto intake di fibre può essere attribu-ibile a scelte alimentari non del tutto corrette unitamente alle proprietà dei cereali e dei pro-dotti dell’industria gluten free. Molte sono le azioni in atto per ridurre gli ostacoli a una pre-cisa aderenza e a una corretta variabilità nelle scelte alimentari sul lungo termine: dal miglio-ramento delle informazioni al consumatore al-la reperibilità di prodotti di sempre maggiore qualità nutrizionale, ai prezzi al consumo, al coinvolgimento delle parti interessate nella ri-storazione collettiva o fuori casa.Capire le motivazioni che oggigiorno, nonostan-te l’enorme disponibilità di prodotti GF sul mer-cato, portano a desiderare una “via di fuga” può essere utile a migliorare le condizioni di aderen-za al trattamento. Unitamente a tutto ciò è desi-derabile iniziare a proporre al paziente una nuo-va modalità di approccio ovvero interpretare la necessità di cibi senza glutine come l’occasione per conoscere e per avvicinarsi a sapori e alimen-ti mai provati prima, ma già ampiamente diffusi tra le popolazioni dove il glutine non è così pre-sente in cucina. Si tratta quindi di cambiare la prospettiva, scegliendo insieme al paziente, sul-la base delle necessità dietoterapiche individua-li, che cosa aggiungere per migliorare gli appor-ti nutrizionali piuttosto che focalizzarsi su che cosa eliminare, vivendo la dieta gluten free co-me una restrizione socialmente discriminatoria e psicologicamente inficiante. Un piccolo passo per i professionisti di riferimento che, se oppor-tunamente condiviso e adeguatamente suppor-tato, può rivelarsi un passo importante per ogni paziente celiaco di tutte le fasce di età. n

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Professione Saluteottobre 2015 23

domande ecm

A. Se un soggetto è predisposto alla malattia ma non mangia glutine per tutto l’arco della vita, presenterà la malattia celiaca?1 Sì, a un certo punto della sua vita2 No, non diventerà mai celiaco3 Presenterà i sintomi (tutti o alcuni), ma avrà una sierologia negativa4 Presenterà comunque tutti i segni e sintomi diagnostici suggestivi della patologia

B. Elemento caratterizzante la patologia è che:1 l’eliminazione del glutine consente di ottenere la normalizzazione della morfologia della mucosa intestinale ma non necessariamente della sua funzionalità2 l’eliminazione del glutine causa un ripristino sia della morfologia sia della funzionalità della mucosa intestinale; una volta ottenuto lo stato fisiologico, la reintroduzione di glutine non può causare recidiva3 l’eliminazione del glutine esita nella normalizzazione morfologica e funzionale della mucosa intestinale; la reintroduzione di glutine è causa di recidiva4 una ridotta introduzione di glutine, al di sotto di 100 ppm/die, risolve la patologia in tutti i soggetti

C. Quale affermazione è corretta?1 La prevalenza della MC non presenta differenze di genere2 La MC è più frequente nel genere maschile rispetto al genere fem-minile3 La MC è più frequente nel genere femminile rispetto al genere maschile4 Allo stato attuale delle conoscenze è possibile affermare che la MC presenta alcune differenze di genere, ma non nei dati di prevalenza, che sono equivalenti tra uomini e donne

D. In sintesi, il glutine è:1 la frazione proteica del frumento, solubile in acqua, alla quale i celiaci sono intolleranti2 la frazione proteica di molti cereali tra cui frumento, segale, orzo; è alcol solubile ed i celiaci ne sono intolleranti3 L’insieme di tutte le proteine di deposito di frumento, segale, orzo; è una frazione solubile in acqua ed i celiaci ne sono intolleranti4 la frazione proteica del frumento alcol-solubile alla quale i celiaci sono intolleranti

E. Quale delle seguenti affermazioni non è corretta?1 Il glutine può essere presente naturalmente nelle materie prime/alimenti

2 Il glutine può essere presente come ingrediente in tutti i prodotti che derivano dalla lavorazione dei cereali contenenti glutine3 Il glutine può essere presente per contaminazione durante le fasi di lavorazione industriale o quelle relative alle varie preparazioni culinarie4 Il glutine non può essere mai aggiunto, per legge, sotto forma di additivo nella preparazione di salumi, sughi, salse, gelati, confetture, surimi ecc.

F. Nei celiaci è frequente il riscontro di carenza di vitamina D e calcio:1 perché il malassorbimento intestinale e ridotto introito di prodotti caseari, conseguente alla possibile presenza di intolleranza al lattosio, possono causare deficit di tali nutrienti2 perché il malassorbimento intestinale ne riduce significativamente l’assorbimento3 perché, seppur i cereali per celiaci siano ricchi in questi nutrienti, le carenze non vengono colmate dalla sola dieta GF 4 in realtà il riscontro di carenza di tali nutrienti non è frequente se non nelle donne in età peri-menopausale

G. Farine e/o derivati da alimenti naturalmente privi di glutine come riso, cocco, ecc. sono sempre adatti per il celiaco?1 Sì, perché la materia prima è di fatto priva di glutine2 No, rientrano nella categoria dei prodotti “a rischio” per cui è ne-cessario verificare sempre la loro idoneità3 Sono idonei solo quelli presenti nel prontuario AIC4 Sono sempre idonei in quanto il loro contenuto in glutine sarà comunque al di sotto della soglia fissata per legge

H. La diagnosi di celiachia nell’adulto richiede che i soggetti se-guano una dieta gluten free per il periodo prima dell’indagine?1 No, l’attuale gold standard per la diagnosi prevede che i pazienti non siano messi a dieta priva di glutine prima delle indagini diagno-stiche per non incorrere nel rischio di falsi negativi2 È indifferente, le indagini diagnostiche in soggetti a dieta priva sono oggi in grado di individuare comunque i soggetti celiaci, sulla base degli accertamenti genetici3 È fondamentale che il paziente non elimini il glutine dalla dieta prima di sottoporsi alle indagini diagnostiche, solo nel caso in cui si sospetti una celiachia “latente”, che la presenza di glutine contribui-rebbe così a evidenziare4 La necessità della presenza di glutine nella dieta di un paziente che deve sot-toporsi a diagnosi di certezza dipende dal tipo di esame che si intende effettuare

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di Luca Marine Matteo VandoniLaboratorio di attività motoria adattata (Lama)Università di Pavia

Ad oggi gli effetti dell’attività fisica (Af) sulle patologie dell’apparato gastroenterico (Pag) sono oggetto di

numerose discussioni e divergenze. Molte delle evidenze sono deboli e alcuni lavori ottengono risultanti contrastanti tra loro. È naturale che gli specialisti manifestino pareri discordanti sull’utilizzo dell’esercizio nel trattamento delle patologie di tale apparato. Tuttavia, analizzando con attenzione le fonti a disposizione, è comunque possibile ipotizzare una linea capace di supportare coloro che desiderano capire se sia utile o meno consigliare l’attività fisica. Alcuni studi recenti hanno rivelato una relazione inversa tra attività fisica e il rischio di sviluppare alcune delle principali patologie dell’apparato gastroenterico come cancro del colon, diverticoliti, colelitiasi e costipazione (1). Nuove evidenze stanno emergendo anche sui benefici dell’attività fisica su altre malattie come la steatosi epatica non alcolica,

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Quale nesso tra attività fisicae patologie gastrointestinali?

la sindrome dell’intestino irritabile e le patologie correlate al suo stato infiammatorio. All’opposto studi recenti hanno evidenziato il rischio indotto sulle patologie dell’apparato gastroenterico dall’esercizio molto intenso. È fondamentale rammentare che il numero di persone attive è relativamente basso e decresce con l’età; di contro, la prevalenza della maggior parte di queste patologie è relativamente alta e aumenta con l’età.

neoplasie gastrointestinaliEvidenze suggeriscono che l’attività fisica ri-duce il rischio di sviluppare neoplasie gastri-che e pancreatiche (2,3). In particolare uno studio prospettico, della durata di 9 anni, che ha coinvolto 420.449 partecipanti, ha trovato un’associazione inversa tra neoplasia gastrica e tempo di pratica del ciclismo e dello sport. Una revisione sistematica di 28 studi ha indi-viduato una relazione diretta tra riduzione di

Recenti studi hanno evidenziato

il ruolo determinante che una

moderata attività fisica è in grado

di svolgere nella prevenzione

di alcune delle principali patologie

dell’apparato gastroenterico

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26 Professione Salute ottobre 2015

rischio di cancro del pancreas e alti livelli di attività fisica, sia strutturata che relativa al-le attività quotidiane (3). Nonostante notevo-li differenze metodologiche sulla quantità e la tipologia di attività fisica, esistono consistenti evidenze che, indipendentemente dal genere, le persone attive riducono il rischio di cancro al colon (4,5). Uno studio effettuato da Frie-denreich et al. ha concluso che 2 ore al gior-no di attività fisica moderata o 1 ora di attivi-tà vigorosa sono associate a una riduzione del rischio di contrarre il cancro al colon che va-ria dal 20% al 25% (6). Il razionale potrebbe essere individuato nel ridotto tempo di tran-sito intestinale, favorito dall’attività fisica, che diminuisce il contatto tra la mucosa intesti-nale e gli agenti cancerogeni. Inoltre, la pra-tica dell’attività fisica potrebbe influire positi-vamente sulla modifica dello stile di vita (7,8).

reflusso gastroesofageo (Gerd)Recenti studi hanno dimostrato che attività fi-sica molto intensa può indurre il reflusso ga-stroesofageo (Gerd) e che esso è comune tra gli atleti; questo porterebbe a supporre che l’attività fisica sia un fattore di rischio per il re-flusso gastroesofageo (9,10). Di contro evidenze recenti evidenziano un’as-sociazione positiva tra reflusso gastroesofageo e attività fisica vigorosa ma non per l’esercizio a intensità moderata (11,12). Inoltre, uno stu-dio retrospettivo norvegese ha dimostrato una correlazione tra il numero di allenamenti di al-meno 30 minuti e la diminuzione del rischio di andare incontro ai sintomi del reflusso gastro-esofageo (13).

Ulcera pepticaIl rapporto tra ulcera peptica e attività fisica è controverso. Uno studio prospettico di coorte, effettuato su 2.16 cittadini danesi, portereb-be a suggerire che una moderata attività fisica protegga dai disturbi dell’ulcera peptica (14). Studi epidemiologici hanno dimostrato che, indipendentemente da altri fattori di rischio, l’impegno fisico correlato all’attività lavorativa

può aumentare il pericolo di sviluppare ulcera peptica (15,16). Tuttavia le limitazioni presen-ti in questi studi portano a valutare con atten-zione il reale valore delle loro conclusioni.

Steatosi epatica non alcolica (nafld)La stretta associazione con la sindrome meta-bolica porta a considerare il rapporto tra stea-tosi epatica non alcolica (Nafld) e attività fisica inserendolo nel contesto della modifica dello stile di vita e abbinandolo al controllo dell’in-take alimentare. I 23 studi considerati in una revisione sistematica hanno analizzato gli ef-fetti sugli indicatori di steatosi, sulle evidenze istologiche di infiammazione e fibrosi e sulla sensibilità all’insulina (17). Sono state rileva-te significative diminuzioni di grasso epatico, della concentrazione di aminotransferasi o di entrambe; la correlazione maggiore si è avuta con la perdita di peso.

colelitiasiMentre i primi studi che indagarono la relazio-ne tra attività fisica e colelitiasi hanno otte-nuto risultati contrastanti, la maggioranza dei lavori più recenti supportano il ruolo protet-tivo dell’attività fisica ed evidenziano una re-lazione diretta dose-risposta (18-20). Un net-to rapporto dose-risposta è stato evidenziato da tre studi che hanno rilevato che, indipen-dentemente dai potenziali fattori di rischio, ci sono forti indicazioni che la colelitiasi sinto-matica, oltre che con il controllo del peso e la dieta, può essere prevenuta con l’attività fisi-ca (18,19,21). Due studi prospettici, comparan-do gli individui più attivi con quelli meno atti-vi, hanno dimostrato una riduzione del RR tra quelli più attivi e abbinato un aumento del RR a uno stile di vita sedentario (1).

Patologie infiammatorie cronicheintestinali (ibd)Si ritiene che l’attività fisica abbia un effet-to protettivo contro l’insorgenza delle pato-logie infiammatorie croniche intestinali (Ibd), ma la letteratura a supporto di questa ipote-

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SALUTE&BENESSERE_benefici dell’eSercizio fiSico

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si è debole e inconsistente. Tuttavia è stato chiarito che l’esercizio non influenza la pato-logia (22,23). Per questo gli specialisti dovreb-bero consigliare attività fisica ai pazienti con Ibd che sono a rischio di sviluppare debolezza muscolare e osteoporosi, specialmente se as-sumono glucocorticoidi (24). Inoltre l’attività fisica potrebbe diminuire i sintomi e migliorare la salute generale, le manifestazioni extrainte-stinali, la risposta immunitaria, lo stress perce-pito e la qualità della vita (24).

diverticolosiLa prevalenza di diverticolosi è maggiore tra le persone che svolgono lavori sedentari (25). Esistono numerosi studi che evidenziano l’in-fluenza positiva dell’attività fisica sulla diverti-colosi. Uno studio prospettico, effettuato per 4 anni su una coorte di uomini, ha mostrato una relazione inversa tra attività fisica e di-verticolosi (26). La riduzione del rischio è sta-ta più forte per attività fisica vigorosa rispetto a quella non vigorosa. Uno studio prospetti-co del 2009 ha trovato una bassa incidenza di sofferenza diverticolare negli individui fisica-mente attivi. Una riduzione di diverticolosi e di sanguinamento è stata osservata nelle per-sone che praticavano maggiore quantità di at-tività fisica, la riduzione maggiore si è avuta nel gruppo che ha svolto attività fisica vigo-rosa (27).

Sindrome dell’intestino irritabile (ibs)La sindrome dell’intestino irritabile (Ibs) colpi-sce circa il 15% della popolazione occidentale. Anche se appare naturale utilizzare l’attività fi-sica nel trattamento dell’Ibs i dati che suppor-tano questo approccio sono limitati. Uno stu-dio randomizzato, effettuato su pazienti con diagnosi di Ibs, ha analizzato due gruppi, uno su cui è stato compiuto un intervento di con-sulenza e promozione dell’esercizio fisico e uno che ha seguito le normali terapie. Al ter-mine delle 12 settimane, tra i due gruppi, non sono apparse differenze sulla qualità della vi-ta ma il gruppo dell’esercizio ha evidenziato un

significativo miglioramento dei sintomi riferi-ti alla costipazione (28). Uno studio basato sul-la somministrazione di un questionario ha rile-vato che, tra i pazienti affetti da Ibs, le persone fisicamente attive riferivano un numero mino-re di sintomi rispetto a quelle inattive (29).

costipazioneNumerosi lavori hanno dimostrato una rela-zione inversa indipendente tra costipazione e AF (30-32). Due studi caso-controllo hanno evidenziato che la defecazione degli individui che praticano la corsa è migliore di quella degli inattivi (33). È stato dimostrato da due studi, effettuati su popolazioni anziane, che la com-binazione di attività fisica e di un programma nutrizionale migliora la defecazione e riduce l’uso di lassativi; l’effetto dell’attività fisica da sola non è stato indagato (13,34). Tutti gli stu-di hanno indagato gli effetti dell’attività fisica a bassa intensità.

Quali sono i rischiL’incidenza di sintomi di sofferenza gastroin-testinale durante l’attività fisica dipende da numerosi fattori come durata, intensità, tipo-logia di esercizio, età, genere, grado di allena-

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mento, dieta, numero di sintomi durante i pe-riodi di riposo e non ultimi i metodi utilizzati nello studio (35,36). I sintomi più frequenti sono nausea, tachi-cardia, diarrea e sanguinamento gastrointe-stinale e compaiono maggiormente negli at-leti che praticano sport di lunga durata come triathlon e marcia, in misura minore tra i ci-clisti (37,38). Queste manifestazioni possono essere consi-derate protettive per gli organi interni perché costringono i praticanti a ridurre la durata e l’intensità dell’esercizio (36,39). Proprio l’in-tensità parrebbe essere un importante fatto-re di aggravamento dei sintomi durante l’at-tività fisica (36,40,41). Normalmente i sintomi non sono così importanti da ridurre la prati-ca dell’attività fisica o limitare la prestazione e non hanno effetti a lungo termine (40,41).

conclusioniCi sono forti evidenze che l’attività fisica ridu-

ce il rischio di cancro del colon. Esistono pro-ve meno convincenti sull’efficacia dell’attività fisica nel cancro pancreatico, in quello gastri-co, nell’ulcera peptica, nella steatosi epatica non alcolica, nel reflusso gastroesofageo, nel-la colelitiasi, nella diverticolosi, nella sindro-me dell’intestino irritabile e nella costipazione. L’attività fisica potrebbe ridurre il rischio di pa-tologie infiammatorie croniche intestinali, tut-tavia le evidenze sono poche e a volte in con-flitto. L’attività fisica vigorosa e gli sport di lunga du-rata come la marcia e il triathlon potrebbero causare sintomi gastrointestinali e scoraggia-re le persone a praticarla. La tabella in questa pagina declina gli effetti delle varie tipologie di attività sulle patologie e definisce il livello di evidenza scientifica che li supporta.È auspicabile che vengano effettuati degli stu-di randomizzati controllati, ben programmati, che valutino i benefici ed i rischi dell’attività fi-sica sulle patologie gastrointestinali. n

Gerontol Nurs 1994;20:32-40.35. Peters HP et al. Gastrointestinal symptoms in long distance runners, cyclists, and triathle-tes: prevalence, medication, and etiology. Am J Gastroenterol 1999;94:1570-1581. 36. Brouns F, Beckers E. Is the gut an athle-tic organ? Digestion, absorption and exercise. Sports Med 1993;15:242-257. 37. Rehrer NJ et al. Fluid intake and gastroin-testinal problems in runners competing in a 25-km race and a marathon. Int J Sports Med 1989;10(1 suppl):S22-S25. 38. Van Nieuwenhoven MA et al. Gastroin-testinal profile of symptomatic athletes are rest and during physical exercise. Eur J Appl Physiol 2004;91:429-434.39. Steege RW et al. Prevalence of gastroin-testinal complaints in runners competing in a long-distance run: an Internet-based observa-tional study in 1281 subjects. Scand J Gastro-enterol 2008;43:1477-1482. 40. Peters HP et al. Gastrointestinal symptoms during long-distance walking. Med Sci Sports Exerc 1999;31:767-773. 41. Peters HP et al. Gastrointestinal symptoms during exercise. The effect of fluid supplemen-tation. Sports Med 1995;20:65-76.

SALUTE&BENESSERE_benefici dell’eSercizio fiSico

effetti deLLe Varie tipoLogie di af suLLe patoLogie deLL’apparato gastroenterico

Livellodi evidenza

Sufficiente

Scarso

Scarso

Patologia

Cancro del pancreas

Cancro del colon

Reflusso gastroesofageo (Gerd)

Ulcera peptica

Nafld

Colelitiasi

Ibd

Diverticolosi

Ibs

Costipazione

Sanguinamento

Tipologia/intensitàdi Af consigliata

Alti livelli, anche attività occupazionali

2 ore/die moderata1 ora/die vigorosa

Vigorosa, frequenti allenamenti di almeno30 minuti

Moderata e del tempo libero

Attività che favoriscono la perdita di peso

Strettamente correlata al rapporto dose-risposta

Nessuna evidenza sulla protezione,Af non influenza la patologia

Relazione inversa tra livelli di Af e patologia

Minori sintomi tra i pazienti attivi

Relazione inversa indipendente, maggiori effetti se Af abbinata a programma nutrizionale

Livello di evidenza

Scarso

Buono

Sufficiente

Scarso

Sufficiente

Sufficiente

Sufficiente

Sufficiente

Sufficiente

Scarso

Tipologia/intensitàdi Af sconsigliata

Molto intensa

Attività lavorativa intensa

Maratona, attivitàmolto intensa

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di Renato Torlaschi

Palpitazioni, dolori lancinanti, pulsazioni anomale, tremolio, la sensazione che il cuore abbia smesso di battere: sono

cinque sintomi tipici delle aritmie cardiache. Talvolta però di sintomi non ce ne sono proprio e a scoprire l’esistenza di questa condizione può essere il medico durante un esame di routine. Il termine stesso di aritmia cardiaca indica di cosa si tratta: un’irregolarità nel ritmo o nella frequenza cardiaca, ossia del numero di batti-ti al minuto, che possono essere troppi, trop-po pochi o molto irregolari. Nella maggior parte dei casi sono innocue, ma le aritmie non devono essere sottovalutate: possono impe-dire un normale funzionamento cardiaco e causare danni al cuore stesso o ad altri orga-ni, a partire dai reni fino al cervello.Le aritmie sono segno del fatto che i segnali elettrici che coordinano le pulsazioni cardia-che non sono emessi in modo corretto. Com’è noto, il cuore è composto da due cavità supe-riori (atri) e due inferiori (ventricoli). Il ritmo

Quando il cuoreperde il ritmo

cardiaco è controllato dal nodo seno-atriale, un gruppo di cellule situate nell’atrio destro, che costituiscono una sorta di pacemaker na-turale; da qui gli impulsi elettrici si propaga-no prima agli atri, i cui muscoli si contraggo-no; il segnale elettrico arriva poi a un altro gruppo di cellule, il nodo atrio-ventricolare, che lo rallenta prima di inviarlo ai ventricoli: è questo piccolo ritardo a permettere che i ven-tricoli si riempiano di sangue, poi si contrag-

Le aritmie cardiache

si verificano quando il cuore

batte troppo veloce, troppo

lento oppure con un ritmo

irregolare e, a seconda

della gravità, possono essere

curate con un trattamento

farmacologico o chirurgico

salute&beneSSere_PatOlOGIe CarDIaCHe

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gono e riescano a pompare il sangue nei pol-moni e nel resto del corpo. In un cuore sano, questo processo avviene regolarmente, tra le 60 e 90 volte ogni minuto; quando si inceppa, si possono avere aritmie che si differenziano a seconda della loro origine (atri o ventrico-li) e in base al rallentamento o accelerazio-ne del ritmo.

Vari tipi di aritmiaCome spiega il ministero della Salute nel suo sito, di aritmie è corretto parlare al plurale, poiché raggruppano patologie diverse tra loro. Vediamo di cosa si tratta nel dettaglio.z Extrasistoli. Sono le aritmie più comuni, spesso asintomatiche e quasi sempre inno-cue. Possono nascere negli atri o nei ventri-coli e sono frequenti in alcune cardiopatie ma si verificano anche in persone del tutto sane, talvolta a causa di stress o dell’assunzione di troppe bevande contenenti caffeina.z Aritmie sopraventricolari. Le più frequen-ti sono la fibrillazione atriale, il flutter atriale, la tachicardia parossistica sopraventricolare e la Wolff-Parkinson-White.La fibrillazione atriale è un battito accelera-to causato da impulsi caotici negli atri che

comportano contrazioni atriali deboli, rapi-de e scoordinate; per complicare le cose, i ventricoli possono rispondere con un ritmo a sua volta accelerato. In genere la fibrillazione atriale è temporanea, ma alcuni episodi sono prolungati e richiedono un intervento. Tra le possibili complicanze, quella più pericolosa è l’ictus tromboembolico, conseguenza di una contrazione incompleta del cuore, di un rista-gno del sangue nell’atrio sinistro, con una co-agulazione che può portare alla formazione di trombi. Entrati nel circolo sanguigno, pos-sono fermarsi in una arteria cerebrale, ma an-che a livello dell’intestino (infarto intestinale), dei reni (infarto renale) o degli arti.Simile alla fibrillazione è il flutter atriale, con modificazioni del battito meno marcate e con un diverso impatto diverso a livello del ventricolo.La tachicardia parossistica sopraventriclare (Tpsv) è caratterizzata da una frequenza ele-vata che inizia e finisce in modo improvvi-so; uno sforzo fisico la può produrre anche in soggetti giovani.Una sua forma particolare è la sindrome di Wolff-Parkinson-White, in cui i segnali elet-trici atriali passano ai ventricoli attraverso una via accessoria, senza essere “filtrati” dal nodo atrio-ventricolare; per questo motivo la frequenza cardiaca può essere molto elevata e dunque pericolosa.z Aritmie ventricolari. Hanno origine nei ventricoli e possono rappresentare emergen-ze mediche, come nel caso della fibrillazione ventricolare. Possono essere causate da even-ti ischemici cardiaci. La tachicardia ventrico-lare è un rapido battito del cuore prodotto da segnali elettrici anomali nei ventricoli. La fre-quenza troppo elevata non permette ai ven-tricoli di riempirsi e contrarsi in maniera ef-ficace. In molti casi costituisce un’emergenza medica e senza un pronto intervento può de-generare in fibrillazione ventricolare.La fibrillazione ventricolare si verifica quan-do impulsi elettrici caotici impediscono ai ventricoli di contrarsi e di pompare sangue a

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sufficienza nel corpo; l’evento può essere ra-pidamente fatale, a meno che non si inter-venga con un defibrillatore, ripristinando il normale ritmo nel giro di pochi minuti. Co-stituito da due piastre che devono essere po-ste sul torace del paziente, il defibrillatore produce uno shock elettrico che può mette-re fine all’aritmia. La maggior parte di coloro che sperimentano una fibrillazione articola-re hanno una patologia cardiaca o hanno su-bito un trauma serio come una forte scossa elettrica. La sindrome del QT lungo è una rara anomalia cardiaca caratterizzata da una ri-tardata ripolarizzazione delle cellule miocar-diche, con aritmie gravi che possono dege-nerare in fibrillazione ventricolare, produrre svenimenti e persino la morte improvvisa. In questi pazienti, le aritmie sono spesso scate-nate da un esercizio fisico intenso o da sti-moli emotivi.z Bradicardia. La frequenza cardiaca parti-colarmente bassa (meno di 50 battiti al mi-nuto) può impedire un afflusso sufficiente di sangue al cervello e può produrre sincopi. In-farto, processi legati all’invecchiamento e al-terazione di potassio nel sangue e alcuni far-maci (come i beta-bloccanti) possono esserne la causa. La bradicardia tipica degli sportivi non è invece una condizione preoccupante, ma anzi segno di efficienza cardiaca.

Quando è necessario intervenireNon sempre le aritmie richiedono un tratta-mento; di solito questo diventa necessario quando i sintomi sono fastidiosi oppure c’è il rischio di aritmie più gravi o complicanze.In presenza di bradicardie che non hanno una causa evidente, i medici ricorrono spesso al pacemaker, poiché non esistono farmaci che possano in modo affidabile produrre un’ac-celerazione del ritmo del cuore. Si tratta di un apparecchio che invia una corrente elet-trica di piccola entità per stimolare il battito

cardiaco; viene collegato al cuo-re mediante uno o due condut-tori elettrici particolari introdotti in una vena e, pur intervenendo quando il battito è troppo lento, non impedisce al cuore di fun-zionare autonomamente quando batte in modo regolare.Il trattamento delle tachicardie può avvenire attraverso la stimolazio-ne vagale, che si può ottenere me-diante la somministrazione di far-maci o manovre particolari. Le più note sono la manovra di Valsalva e quella di Muller, che si avvalgono

salute&beneSSere_PatOlOGIe CarDIaCHe

PREVENZIONE DELLE ARITMIE: ATTENZIONE ALLO STILE DI VITA

Probabilmente sarà lo stesso medico a consiglia-re a coloro che soffrono di aritmie di affianca-re ai trattamenti più professionali alcuni cam-biamenti al proprio stile di vita per mantenere il cuore il più sano possibile. Ecco alcune abitudini utili per una buona salute generale e anche per aiutare nella prevenzione di aritmie.Alimentazione sana. Una dieta sana, povera di sale e di grassi e ricca di frutta, verdura e cere-ali integrali.Esercizio fisico. Deve essere effettuato rego-larmente, senza sforzi improvvisi ma se possi-bile ogni giorno.Smettere di fumare. Se non ci si riesce da soli, può essere utile farsi aiutare e seguire program-

mi appositi.Mantenere un peso ottimale. Le persone so-vrappeso hanno un rischio più elevato di svilup-pare patologie cardiache.Tenere sotto controllo pressione e livello di colesterolo. Alimentazione corretta e attività fi-sica aiutano a ridurre ipertensione e grassi pre-senti nel sangue, nel caso non fosse sufficiente si può ricorrere a farmaci.Bere alcol con moderazione. Per adulti in buo-na salute è opportuno non superare uno o due drink al giorno.Controllare la propria salute. È importante ef-fettuare controlli medici regolari e assumere i farmaci eventualmente prescritti.

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di una respirazione forzata; altre manovre, che devono anch’esse essere eseguite da un medico, sono la compressione simultanea dei bulbi ocu-lari e la stimolazione del seno carotideo.Ci sono anche farmaci che agiscono sul ner-vo vago, direttamente come quelli a base di acetilcolina o indirettamente, come la nora-drenalina o il metaraminolo che vanno som-ministrati per via endovenosa: alzando la pressione, aumentano il tono vagale.In caso di fibrillazione atriale, il medico può prescrivere farmaci anticoagulanti per preve-nire la formazione di coaguli oppure eseguire una procedura di cardioversione. Ce ne sono di due tipi: la cardioversione elettrica è effet-tuata con l’ausilio di un defibrillatore, men-tre quella farmacologica consiste invece nel-la somministrazione di farmaci antiaritmici.Una pratica mininvasiva utilizzata nella cu-ra delle aritmie è l’ablazione transcatetere, che si pratica introducendo un catetere per via percutanea attraverso una vena femora-le e posizionandone la punta in specifiche lo-calizzazioni all’interno delle cavità cardiache, per poi somministrare una stimolazione elet-trica al miocardio.

Possibili cause delle aritmieSono molti i fattori che possono condur-re a un’aritmia cardiaca; gli esperti della Ma-yo Clinic, una grande organizzazione no-pro-fit statunitense per la pratica e ricerca medica, elencano alcune cause gravi e altre molto più blande ed estremamente comuni.Tra le cause più diffuse ci sono le malattie del-le arterie coronarie, altri problemi cardiaci e un precedente intervento al cuore. Arterie car-diache ristrette o ostruite, un attacco cardia-co, anomalie alle valvole, cardiomiopatie e al-tri danni al cuore sono fattori di rischio per quasi ogni tipo di aritmia. Anche una pressio-ne troppo alta aumenta il rischio di sviluppa-re una malattia delle coronarie e può produrre gradualmente un’ipertrofia del ventricolo sini-stro, ossia un allargamento del tessuto musco-lare che costituisce la parete della camera di pompaggio principale del cuore.Tra le cause più comuni sono riportate an-che le malattie cardiache congenite, chi na-sce con un’anomalia al cuore soffre spesso di ritmo cardiaco alterato, e i problemi alla tiroi-de. Il rischio di aritmie è aumentato sia in caso di ghiandola tiroidea troppo attiva (ipertiroidi-smo) che non abbastanza attiva (ipotiroidismo).Attenzione anche a farmaci e integratori, in quanto sia alcuni farmaci da banco che ven-duti su prescrizione possono contribuire allo sviluppo di aritmie.Inoltre, i rischi di malattia coronarica e di pres-sione del sangue elevata si associano non di rado al diabete e favoriscono a loro volta l’in-sorgere di aritmie.Anche lo stile di vita gioca un ruolo non in-differente: bere alcol, soprattutto se in quan-tità elevata, aumenta il rischio di fibrillazio-ne atriale, così come sostanze stimolanti quali caffeina e nicotina possono indurre il cuore a pulsare più rapidamente e condurre ad aritmie più gravi. Infine, droghe illegali, come amfeta-mine e cocaina, possono influenzare profon-damente l’attività cardiaca e portare a diversi tipi di aritmia e anche a morte improvvisa do-vuta a fibrillazione ventricolare. n

salute&beneSSere_PatOlOGIe CarDIaCHe

gIORNATA MONDIALE DEDIcATA AL cuORE

Il 29 settembre ricorre la Giornata mondiale de-dicata al cuore e alla lotta delle patologie cor-relate. Il tema della manifestazione di quest’an-no, che ha per slogan “Heart Choices NOT Hard Choices” è creare ambienti salutari per il cuore e poter raggiungere l’obiettivo “25by25” cioè ri-durre entro il 2025 il 25% dei decessi prematuri causati delle malattie croniche non trasmissibi-li, tra cui soprattutto le malattie cardiovascola-ri, il cancro, le malattie respiratorie croniche e il diabete. La prevenzione e la cure delle malat-tie cardiovascolari sono al centro dell’obiettivo dei programmi sanitari a livello mondiale poi-ché purtroppo queste patologie sono ancora la prima causa di morte nei Paesi occidentali, Ita-lia compresa.Più di 36 milioni di persone muoiono ogni anno

per queste malattie, con 9 milioni di persone che muoiono prima dei 60 anni. Le malattie cardiova-scolari rappresentano più del 50% di tali deces-si, infatti sono responsabili di ben 17,3 milioni di morti premature ogni anno e si prevede che nel 2030 queste aumenteranno a 23 milioni. L’obiet-tivo di diminuire di un quarto l’incidenza dei de-cessi legati soprattutto a problemi cardiovascolari non è impossibile se si pensa che la prevenzione è ‘relativamente semplice’ visto che è legata soprat-tutto allo stile di vita. Uno stile di vita salutare è fatto di tanto sport e una dieta equilibrata, ma è necessario anche affidarsi agli specialisti.L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) raccomanda la necessità di raggiungere 9 obiet-tivi per vincere la lotta contro le malattie non trasmissibili.

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Vivere bene con un’intolleranza

al lattosio, disturbo sempre più diffuso

tra bambini e adulti, non è certo facile.

Un ruolo cruciale, una volta

diagnosticata la patologia, lo riveste

una dieta povera di lattosio in grado

di ridurre i sintomi più fastidiosi

Nausea, crampi addominali e flatulenza sono solamente alcuni dei segnali che possono rappresentare un campanello

di allarme e far sospettare la presenza di un’in-tolleranza al lattosio, un problema sempre più diffuso a livello globale, i cui sintomi vengono spesso erroneamente confusi con quelli di pa-tologie associate al colon irritabile.Il lattosio è il principale carboidrato presente nel latte di quasi tutti i mammiferi, insieme a numerosi altri principi attivi che contribuisco-no a rendere il latte un alimento completo. Ba-sti pensare che il latte materno è ricco di pro-teine, grassi, vitamine, minerali e altri principi attivi, oltre a carboidrati, costituiti appunto da

lattosio e oligosaccaridi, in grado di favorire lo sviluppo dei batteri probiotici, proteggendo l’apparato digerente dalle infezioni.Proprio in virtù delle sostanze in esso contenu-te, indispensabili per la rapida crescita dell’or-ganismo, il latte rappresenta il nutrimento esclusivo del neonato nei primi mesi di vita ed è costantemente presente nell’alimentazione umana anche dell’adulto.Nei soggetti intolleranti al lattosio si verifica una regressione nella produzione della lattasi, l’enzima digestivo responsabile della scissione del lattosio nelle sue due componenti zucche-rine (glucosio e galattosio). A causa di questa carenza enzimatica (ipolattassia), il sogget-

di Rachele Villa

Intolleranzaal lattosiocome cambial’alimentazione

approfoNdimeNti

Esistono grandi differenze regionalinella frequenza dell’intolleranzaal lattosio. Per esempio, nei paesi nordicisolo il 3% della popolazioneè intollerante,mentre in Africa la percentualesale quasi fino al 100%.

SALUTE&BENESSERE_intolleranza al lattoSio

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SALUTE&BENESSERE_intolleranza al lattoSio

to non è più in grado di trasformate il latto-sio, che si accumula non digerito nell’intestino, con conseguente richiamo di acqua che sca-tena fenomeni di diarrea. A livello del colon, il lattosio subisce l’attacco di batteri con produ-zione di metano, idrogeno e CO2, elementi gas-sosi che danno origine a flatulenza, distensio-ne addominale, senso di gonfiore e produzione di feci acide.

I sintomi più comuniLa sintomatologia associata all’intolleranza al lattosio può variare da persona a persona e si manifesta con modalità differenti a secon-da di una serie di fattori come la quantità di

lattosio ingerito, l’attività residua delle latta-si, la composizione della flora intestinale e il tempo di permanenza del cibo nello stoma-co e nell’intestino tenue. In particolare, la ve-locità del transito intestinale può variare in base dalla composizione del cibo: maggiore è il tempo di permanenza, maggiore sarà la quantità di lattosio scisso e digerito. Per que-sto motivo gli alimenti solidi, che hanno un tempo di permanenza nel tratto gastrointe-stinale nettamente superiore rispetto ai liqui-di, saranno da preferire nella dieta del sog-getto intollerante.I tipici sintomi intestinali si manifesta-no solitamente dai trenta minuti alle due ore successive all’assunzione degli alimen-ti contenenti lattosio e comprendono dolo-ri addominali, meteorismo, flatulenza, diar-rea, nausea e vomito. Anche la stipsi che si verifica in seguito all’accumulo di metano e rallentamento della motilità intestinale può essere associata a ipolattasia. Possono com-parire inoltre alcuni sintomi sistemici come mal di testa, sonnolenza, disturbi della con-centrazione, stanchezza cronica, dolori mu-scolari e articolari, disturbi del ritmo cardiaco e afte del cavo orale.

Intolleranza al lattosio o allergia al latte?L’intolleranza al lattosio viene frequente-mente confusa con l’allergia al latte. Occor-re precisare che si tratta di due disturbi com-pletamente differenti tra loro: il primo è un problema che non riguarda il sistema immu-nitario e coinvolge unicamente l’apparato ga-stroenterico a causa dell’incapacità dell’appa-rato digerente di assorbire completamente il lattosio e trasformarlo in uno zucchero sem-plice; l’allergia alle proteine del latte dipende invece da una reazione del sistema immuni-tario nei confronti delle proteine del latte e si manifesta con sintomi che interessano l’inte-ro organismo, dall’apparato respiratorio al si-stema cutaneo fino a quello gastrointestinale (meteorismo, emicrania, artrite, reflusso, diar-rea, dermatite ecc.). Inoltre, è bene chiarire che

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Professione Saluteottobre 2015 39

approfoNdimeNti

Il latte “delattosato” è un particolare tipo di latte che viene trattato con l’enzima lattasi, che ha la funzione di scindere il lattosio in glucosio e galattosio.Contiene meno dello 0,5% di lattosio e risulta digeribile anche da parte dei soggetti che non sono in grado di produrre naturalmente la lattasi, mantenendo invariate le preziose proprietà nutrizionali del latte. In commercio è disponibileanche lo yogurt totalmente o parzialmente privo di lattosio.

L’evidente presenza di un rapporto causa-effetto tra assunzione di lattosio e comparsa della sin-tomatologia tipica può già essere di per sé suf-ficiente per porre una prima diagnosi di intolle-ranza al lattosio.Tuttavia, la certezza si può avere solamente con un semplice breath test al lattosio, un esame dia-gnostico non invasivo che consiste nel far soffia-re il paziente dentro uno speciale palloncino, pri-ma (a digiuno) e dopo avergli somministrato una quantità definita di lattosio. Questa operazione viene ripetuta ogni mezz’ora per le tre ore suc-cessive e l’aria espirata raccolta viene esaminata

al fine di valutare il malassorbimento del lattosio tramite la misurazione del contenuto di idrogeno proveniente dalla fermentazione del lattosio non digerito rimasto nell’intestino.Se il contenuto di idrogeno nell’aria esalata rac-colta dopo l’assunzione di lattosio è superiore a quello presente nel respiro raccolto prima della somministrazione, significa che il paziente è in-tollerante al lattosio. Spesso può risultare diffici-le eseguire il breath test, soprattutto nei bambini e nei neonati, in questi casi si può ricorrere a test genetici eseguiti tramite un tampone buccale, at-tualmente disponibili in farmacia.

la diagnosi con bReath test

la sintomatologia associata all’allergia verso le proteine del latte si manifesta indipendente dalla dose di latte introdotta nell’organismo e sono sufficienti quantità ridotte per scatenare la reazione, mentre gli effetti dell’intolleran-za al lattosio possono essere mininizzati ridu-cendo le quantità assunte.L’ipolattasia può essere di tre tipi a secon-da delle cause scatenanti e del periodo di in-sorgenza.z Intolleranza al lattosio di tipo congenito. È piuttosto rara ed è dovuta a un difetto ge-netico; si manifesta con diarree acquose su-bito alla nascita, non appena il neonato vie-ne alimentato con latte materno o artificiale. Questa forma di intolleranza perdura per tut-ta la vita e può determinare ritardi nella cre-scita, disidratazione e insorgenza di alcalosi.z Intolleranza al lattosio di tipo primario. Si tratta della forma di intolleranza più dif-fusa, dovuta a un carenza di lattasi acquisita nel corso della vita. Se infatti l’attività enzi-matica della lattasi è al massimo nel neonato, durante l’infanzia e l’età adulta tende a dimi-nuire progressivamente in seguito a un natu-rale adeguamento ai cambiamenti nelle abi-tudini alimentari. La gravità dei sintomi di questa forma di in-tolleranza al lattosio è soggettiva e dipende dall’entità della carenza di lattasi.

z Intolleranza al lattosio di tipo seconda-rio. Questo tipo di intolleranza può essere transitoria o permanere per tutta la vita. Si sviluppa generalmente in associazione a pa-tologie che interessano il sistema digestivo, come ad esempio morbo di Crohn, gastroen-teriti, celiachia, deficit immunologici, trat-tamenti farmacologici, infezioni intestinali acute o dopo importanti operazioni all’in-testino, che causano alterazioni e danni alle mucose intestinali (fino all’atrofia dei villi in-testinali), con conseguente diminuzione della produzione di lattasi.

L’alimentazione nei soggetti intollerantiL’unica cura possibile in caso di intolleranza al lattosio è una dieta personalizzata che pre-veda un ridotto contenuto di lattosio e, nei casi più gravi, in farmacia si trovano inte-gratori che trasformano il lattosio ingerito in zuccheri semplici, glucosio e galattosio, facil-mente digeribili.Poiché il grado di carenza enzimatica è sog-gettiva e sempre diversa, occorre innanzitut-to individuare la quantità di lattosio tollera-ta dal paziente, eliminando progressivamente alcuni alimenti, a partire da quelli a maggior contenuto di lattosio. Di fatto, la prima reazione del soggetto che sospetta di essere intollerante al lattosio con-

SALUTE&BENESSERE_intolleranza al lattoSio

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40 Professione Salute ottobre 2015

SALUTE&BENESSERE_intolleranza al lattoSio

siste tipicamente nell’esclusione di latte e lat-ticini dalla dieta quotidiana (fino alla totale eliminazione) con conseguente drastica ri-duzione nell’assunzione di quantità adegua-te di calcio. Una fase di questo tipo, della du-rata di circa un paio di settimane, può essere utile per monitorare i sintomi e confermare la diagnosi di intolleranza al lattosio, a pat-to che sia seguita da una graduale reintrodu-zione del latte nella dieta di tutti i giorni, per evitare carenze alimentari. Andrà consigliato il reinserimento di latte delattosato e alimenti a ridotto contenuto di lattosio (vedi tabella in questa pagina) in associazione a cibi che ral-

lentino il transito intestinale al fine di miglio-rarne l’assorbimento, quindi la tollerabilità. In commercio si trovano facilmente latticini pri-vi di lattosio, in cui le due componenti (glu-cosio e galattosio) sono disponibili in forma già scissa e vengono assimilate senza proble-mi a livello intestinale, o prodotti vegetali so-stituivi del latte, come il latte di soia o di riso, da preferire nella variante arricchita di calcio.A differenza di quanto comunemente si pen-sa, lo yogurt può essere consumato dai sog-getti intolleranti, perché una parte del latto-sio viene già scomposta durante il processo di produzione; l’abbinamento dello yogurt con i probiotici permette tra l’altro l’assun-zione dei nutrienti del latte e, allo stesso tempo, contribuisce al riadattamento inte-stinale della lattasi.

Via libera anche al formaggio stagionato, che proprio per il tipo di lavorazione che subi-sce contiene percentuali mi-nime di lattosio. Al contrario, alcuni formaggi freschi, for-maggio fuso e panna acida sono da evitare, in quanto in fase di lavorazione subisco-no l’aggiunta di latte in pol-vere per migliorare la qualità del prodotto. Un’attenta let-tura degli ingredienti ripor-tati sull’etichetta può servire

per fare chiarezza. Occorre inoltre fare at-tenzione alle etichette di numerosi prodot-ti contenenti latte in polvere o siero di latte, come ad esempio pasticcini, biscotti, cioc-colato, piatti pronti, insaccati. Senza dimen-ticare che anche alcuni farmaci e preparati omeopatici possono prevedere l’impiego di tali sostanze.Infine, per sopperire alla carenza di calcio do-vuta alla riduzione di latticini nella dieta, si consiglia l’assunzione di alimenti ricchi di que-sto minerale, come le verdure verdi (broccoli, coste, spinaci ecc.), cereali, legumi e acque mi-nerali ricche di calcio. n

liVelli di lattosio nei latticini

Latticini Livelli di lattosioLatte intero/scremato Contiene quantità elevate di lattosio ed è mal tollerato (di vacca, di pecora, di capra) dalla maggior parte delle persone affette da intolleranza. Come alternativa consigliare latte privo di lattosio

Panna La panna contiene lattosio, viene però normalmente consumata in piccole quantità ed è quindi ben tollerata. Come alternativa consigliare panna priva di lattosio

Yogurt, latte acidulato Il lattosio è già in parte scomposto e perciò questi alimenti sono tollerati meglio del latte. Come alternativa consigliare yogurt privo di lattosio

Ricotta, feta, mozzarella Tenore di lattosio medio, provarne la tollerabilità. Come alternativa consigliare formaggi freschi poveri o privi di lattosio

Formaggi a pasta molle (tipo Brie) Contengono solo tracce di lattosio e sono ben tolleratie formaggi semiduri

Formaggi a pasta dura (tipo Sono privi di lattosio e sono ben tolleratiEmmentaler) e formaggi a pasta extradura (tipo Parmigiano)

Burro Il burro è praticamente privo di lattosio

approfoNdimeNti

Il regolare consumo di latte e dei suoi derivati è importante e ampiamente consigliato da medici e nutrizionisti in tutte le fasi della vita. In particolare, in età evolutiva i latticini contribuiscono allo sviluppo dell’apparato scheletrico, mentre durante la gravidanzail latte garantisce al nascituroun adeguato apporto di proteine,calcio e vitamine B2 e D.

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42 Professione Salute ottobre 2015

Tra i vari tipi di anemia esistenti, quella da carenza di

ferro o sideropenica rappresenta la forma

più diffusa e interessa persone di tutte le età e in

particolare le donne in età fertile e i soggetti con

regime dietetico alimentare non adeguato

di Carla CarnovaleFarmacista

L’anemia è una condizione clinica caratterizzata da una riduzione della capacità del sangue di trasportare

l’ossigeno. È definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come una concentrazione di Hb al di sotto di 13 g/dl nell’uomo e di 12 g/dl nella donna. Dati in merito indicano che tale condizione clinica è piuttosto frequente; colpisce dal 2 al 10% della popolazione occidentale e un nu-mero ancora più vasto di individui nei Paesi in via di sviluppo.È generalmente associata a un basso ema-tocrito (percentuale del volume sanguigno occupata dai globuli rossi), che può dipen-

dere sia da una diminuzione del numero di eritrociti nel sangue sia da un’alterazione della loro dimensione oppure da una bassa concentrazione di emoglobina (Hb) deputa-ta al trasporto dell’ossigeno a tutte le cellu-le dell’organismo.

Vari tipi di anemieLe forme di anemia sono innumerevoli e pos-sono essere sia congenite che acquisite. Le cause sono ascrivibili a una diminuzione del-la produzione dell’Hb che può verificarsi nelle cellule del midollo osseo progenitrici dei glo-buli rossi circolanti, a causa di un aumento del fabbisogno oppure di stati patologici.Può essere conseguenza anche di una mag-giore “fragilità” dei globuli rossi, che accelera il processo di eliminazione da parte dell’orga-nismo, per cause genetiche o attivazione ano-mala del sistema immunitario. Infine può es-servi un aumento della perdita di globuli rossi causato da un’emorragia acuta o cronica.

integrazione alimentare_carenza di Ferro

Anemia, si combattecon una dieta

ferrea e integratori

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Professione Salute 43ottobre 2015

integrazione alimentare_carenza di Ferro

Il primo compito del medico è dunque quello di stabilire qual è il meccanismo principale alla base del quadro di anemia.

anemia da carenza di ferroQuella da carenza di ferro (detta anche ane-mia sideropenica o da carenza marziale) rap-presenta la forma di anemia più comunemente riscontrata nella pratica clinica. Si tratta di una condizione in cui vi è una diminuzione della di-sponibilità di ferro nell’organismo, con conse-guente compromissione del trasporto di ossi-geno attraverso il sangue.L’incidenza si attesta intorno al 3% tra gli uo-mini adulti, è del 20% tra le donne e supera il 50% tra le donne in gravidanza. Interessa tut-te le fasce di età, in prevalenza i bambini, gli adolescenti, i soggetti con regime dietetico ali-mentare inadeguato e le donne in età fertile, in gravidanza e allattamento. In età compresa tra i 19 e i 50 anni, le donne hanno infatti bisogno di assumere 18 mg di ferro al giorno, mentre gli uomini solo 8 mg. Dopo la menopausa, a causa della scompar-sa del ciclo mestruale, il fabbisogno giornalie-ro di ferro diminuisce e uomini e donne ritor-nano ad avere bisogno della stessa quantità di ferro al giorno (8 mg).

Sintomi e causeLe cause che possono indurre questo tipo di anemia sono molteplici. Di seguito ne riportia-mo le principali.z Emorragie e sanguinamenti, di frequen-

gli integratori di ferro

Si rendono necessari quando l’apporto alimen-tare del minerale è ridotto, quando diminuisce la capacità dell’organismo di assorbirlo o quan-do aumentano le perdite. Quelli più diffusi con-tengono compresse a base di sali organici fer-rosi da assumersi preferibilmente a stomaco vuoto per favorirne l’assorbimento; in caso di intolleranza gastrica possono essere assunti in concomitanza del pasto.z Solfato ferroso: antianemico per eccellenza, utilizzato nella terapia marziale. Reperibile sot-toforma di compresse a rilascio controllato da 595 mg di attivo. Per migliorare l’assorbimen-to, si consiglia di assumere il farmaco con vita-mina C (es. con un bicchiere di succo d’arancia).z Ferro destrano: indicativamente, assume-re 25-100 mg di attivo per via intramuscolare o endovenosa. z Ferro fumarato: iniziare la terapia con 325 mg di farmaco per via orale, una volta al gior-no. Proseguire con la terapia di mantenimento assumendo 325 mg di attivo, tre volte al giorno.

z Ferro gluconato: disponibile in compresse ef-fervescenti e granulato effervescente. La poso-logia ricalca quella del ferro fumarato.z Ferro carbonile: la dose per adulti affetti da anemia sideropenica è 50 mg di attivo, da assu-mere per via orale, tre volte al giorno.Ferro saccarato: la dose è di 2-3 flaconcini (ognuno contenente 40 mg di ferro), dopo i pa-sti. La dose deve essere ridotta a 1-2 flaconcini al giorno nei bambini. È importante ricordare che alcuni farmaci, come le tetracicline, i chinolonici e gli antiacidi, limi-tano l’assorbimento del ferro e devono pertan-to essere assunti a distanza di almeno due ore. Tra gli effetti collaterali degli integratori di fer-ro rientrano diversi disturbi di origine gastroin-testinale, come diarrea, stitichezza, nausea, vo-mito, dolori addominali e colorazione nera delle feci. La terapia si deve protrarre per tre quattro mesi dopo il raggiungimento del livello normale di Hb, in modo da saturare le scorte dell’organi-smo e prevenire ricadute.

te nelle donne in età fertile. Il sanguinamen-to può essere anche occulto, lento e cronico (in corrispondenza di una ernia iatale, di polipo del colon-retto, di un’ulcera peptica).z Scarso apporto nell’alimentazione. z Scarso assorbimento del ferro, ad esempio in presenza di malattie intestinali croniche (colite ulcerosa e morbo di Crohn) o di celiachia, nel-le quali il danneggiamento dei villi intestina-li compromette la capacità di “estrarre” il ferro dai cibi, di diverticoli, tumori del colon e del-lo stomaco.z Gravidanza e allattamento, fasi in cui è ri-chiesto un apporto maggiore di ferro per lo sviluppo del feto.z Interventi chirurgici, che hanno pro-dotto l’asportazione o il bypass di parti del tubo intestinale possono ridurre la capacità di assorbi-mento del ferro.Per quanto riguarda la sin-tomatologia, inizialmente

approfondimenti

eventi esclusivamente appartenenti all’universo femminile, come la gravidanza, il parto e l’allattamento causano un enorme dispendio di ferro e di conseguenza richiedono un apporto maggiore di cibi ricchi di questo minerale o un’integrazione farmacologica.

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non si manifesta con alcun segnale in quan-to l’organismo si approvvigiona dai depositi di ferro presenti sotto forma di ferritina; quan-do la carenza continua, con il progredire del-la malattia, i prodromi tendono a manifestarsi più intensamente, fino a creare conseguen-ze anche piuttosto gravi. Si osservano: astenia, pallore della cute e delle mucose, irritabilità, mal di testa, insonnia, fiato corto e mancanza di respiro, dolore toracico, vertigini e capogiri, mani e piedi freddi, unghie e capelli fragili, ac-celerazione del battito cardiaco, scarso appeti-to, formicolio alle gambe.

come avviene la diagnosiIn presenza di questi sintomi, nel caso si so-spetti un’anemia, i primi esami da eseguire sul sangue sono un esame emocromocitometrico, un dosaggio del ferro e della ferritina. La prima spia di anemia da carenza di ferro è la diminu-zione dell’Hb e la riduzione del volume (MCV) dei globuli rossi, che sono di dimensioni ridotte rispetto alla norma (valore MCH sulle analisi). A volte è possibile rilevare globuli rossi di for-ma diversa tra loro (valore RDW sulle analisi). Oltre all’ematocrito e al volume, i parame-tri ematochimici da tenere in considerazio-ne sono:z Sideremia (range: 50-150 mg/dl nell’uomo e 15-120 mg/dl nella donna): misura della quan-

Bibliografia1. Screening for iron deficiency anemia - inclu-ding iron prophylaxis. Guide to clinical preven-tive services. 2nd ed. Baltimore (MD): Williams & Wilkins; 1996. 231-46.2. Routine iron supplementation during pre-gnancy. Canadian guide to clinical preventive health care. Ottawa: Health Canada; 1994 . 64-72.3. Fishman SM, Christian P, West KP The role of vitamins in the prevention and control of anae-mia. Public Health Nutr. 2000 Jun;3(2):125-50.

tità di transferrina, proteina deputata al tra-sporto del ferro nel sangue. z Transferrinemia (range: 240-360 mg/dl): quantità totale di transferrina in circolo in gra-do di rilasciare questo elemento nei tessuti.z Ferritinemia (range: 20-120 microgrammi/L per le donne e 20-200 microgrammi/L per gli uomini): misura della quantità della ferritina, proteina deputata allo stoccaggio del ferro.

terapia e prevenzioneLa terapia rivolta alla cura dell’anemia sidero-penica è chiamata “marziale” e si basa essen-zialmente sulla somministrazione di sali fer-rosi, in genere per via orale; nei pazienti che presentano malassorbimento, è consigliabile preferire la via parenterale. Nel caso in cui il paziente fosse malnutrito, o eccessivamente magro, la causa dell’anemia potrebbe essere imputata a un’alimentazione sregolata. In questo caso, è estremamente im-portante la cura della propria alimentazione. La prima misura terapeutica da adottare sarà assumere cibi ricchi in ferro eme perché più fa-cilmente assorbibile e dunque, carne rossa ma-gra, in particolare quella di cavallo, carni bian-che, tonno, salmone, merluzzo, bresaola, uova. Sono comunque da preferire anche gli alimen-ti contenenti ferro non eme che, sebbene con-tengano una forma di ferro non facilmente assorbibile, posso comunque apportare un di-screto aiuto. Il ferro non eme lo troviamo negli spinaci, nella frutta secca e oleosa, nei legumi. Risultano di fondamentale importanza anche gli alimenti ricchi di vitamina C (agrumi, frutta in genere, verdura), in quanto questa sostan-za è necessaria all’assimilazione del minerale. Qualora né l’integrazione di ferro, né la correzione delle abitudini alimentari fossero sufficienti per curare l’anemia sideropenica, il paziente deve sottoporsi a controlli più approfonditi, al fine di individuare la vera causa scatenante. In base all’elemento eziologico, il medico può prescrivere antibiotici, contraccettivi orali o consigliare un intervento chirurgico. n

integrazione alimentare_carenza di Ferro

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47ottobre 2015 Professione Salute

di Renato Torlaschi«Nel 2035 le diagnosi complessive di diabete potrebbero arrivare a 595 milioni di casi»: inizia

così, con la forza di un numero imponente, Diabetes Monitor 2015, il rapporto ricavato da un’indagine della popolazione affetta da diabete, che viene condotta ogni anno da Medi-Pragma in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e la Fondazione Ibdo (Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation), con l’obiettivo di analizzare le modalità di gestione della malattia e del trattamento farmacologico specifico. L’analisi è riferita alla situazione italiana, a partire dai dati raccolti attraverso interviste effettuate su un campione rappresentativo della popolazione affetta da diabete.

stili di vita_diabete

I diabetici italianisempre più numerosi,un po’ più consapevoli

Pur non avendo un intento statistico, il docu-mento riporta alcuni dati epidemiologici mol-to significativi, alcuni dei quali mutuati da Ita-lian Health Policy Brief, la testata che dal 2011 si prefigge l’obiettivo di fotografare il siste-ma sanitario italiano: un italiano su sedici ha il diabete e la malattia è destinata a diffonder-si ulteriormente, fino a toccare i cinque milio-ni di diabetici nel 2030. Ma si stima che ogni tre persone con diabete noto, ce ne sia una con diabete non diagnosticato e che per ogni persona con diabete noto, vi sia almeno una persona ad alto rischio di svilupparlo perché affetto da ridotta tolleranza al glucosio o alte-rata glicemia a digiuno.Non sorprende dunque che l’impatto economi-co della malattia sia molto rilevante: il rischio di ricovero in ospedale per specifiche complican-ze o comorbilità (dalle malattie cardiovascolari alla retinopatia diabetica), a parità di età e ses-so, è da due a otto volte maggiore in presenza

Oltre a fornire un’accurata

fotografia della popolazione

diabetica in Italia, l’indagine

conferma il noto rapporto

tra diabete e peso:

8 diabetici su 10 hanno

un indice di massa corporea

superiore alla norma,

e ben il 30% risulta obeso

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48 Professione Salute ottobre 2015

di diabete. «Il costo medio per paziente con dia-bete è infatti di circa 2.600-3.100 euro l’anno – spiegano gli esperti dell’Ibdo – più del doppio rispetto a persone di pari età e sesso ma senza diabete. E i costi aumentano con l’aumentare dell’età degli assistiti. Tale dato va considerato di particolare rilievo, considerando le previsio-ni di crescita della popolazione degli ultrases-santacinquenni. Ai costi diretti dell’assisten-za vanno aggiunti quelli derivanti da perdita di produttività, pensionamento precoce, disabilità permanente e altri costi indiretti, che possono riguardare i costi “out of pocket” sostenuti di-rettamente dalle persone con diabete e le per-dite di produttività di chi le assiste».

Una fotografia della popolazionediabetica italianaLe cause della progressiva diffusione del diabete mellito di tipo 2, la forma di gran lunga più fre-quente, risiede in alcuni dei fenomeni sociali più caratteristici del nostro tempo. Il primo è ap-punto l’invecchiamento della popolazione: tra le persone che hanno compiuto i 65 anni, quelle colpite da patologia diabetica sono circa il 15% e, solo nell’ultimo decennio, questa fascia di età

è cresciuta di quasi due milioni. C’è poi il pro-blema dell’obesità, la cui gravità sta diventan-do sempre più evidente, grazie a studi che la associano a numerose condizioni patologiche: tra queste c’è anche il diabete. La percezione di questi rischi non ha però ancora prodotto mo-difiche significative dei comportamenti sociali e l’obesità sta aumentando in tutte le fasce d’età, compresa quella pediatrica. In Italia ci sono og-gi 17,6 milioni di adulti in sovrappeso e 4,9 mi-lioni di obesi: questi ultimi hanno un rischio die-ci volte maggiore di sviluppare il diabete. Infine, a migliorare le cose non hanno certo aiutato la recente crisi economica e la distribuzione del-la ricchezza sempre più polarizzata tra persone benestanti e ampi strati di persone indigenti: è dimostrato infatti che la prevalenza di diabete è superiore nelle fasce sociali con livello culturale ed economico più basso.Uno degli elementi di interesse del Diabe-tes Monitor è l’analisi dei comportamenti dei soggetti diabetici, di cui viene fatta una vera e propria mappatura, considerando due fattori. Il primo è la compliance, ossia la tendenza dei pazienti a rispettare scrupolosamente le indi-cazioni del medico, a prestare molta attenzio-ne all’alimentazione, a mantenere un peso cor-poreo nella norma e a tenere sotto controllo la glicemia, premessa essenziale per una migliore gestione della terapia. Il secondo fattore esami-nato è stato l’autonomia, ritenuta tale quando la sintomatologia del diabete non rappresen-ta un limite al normale svolgimento della vita quotidiana, il paziente conduce una vita asso-lutamente normale e riesce a gestire la propria malattia in modo del tutto autonomo. In base a queste variabili, i diabetici sono stati definiti in quattro categorie: i disattenti, i non complian-ti, i consapevoli infelici e i consapevoli infelici.Ma come cambia nel tempo, la popolazione dei diabetici? Rispetto alla rilevazione dello scorso anno, il fenomeno più rilevante è la netta ridu-zione della quota di soggetti definiti disattenti. Ma gli autori del report mettono in guardia dai facili ottimismi: «Non tutti i disattenti sono tra-sformati in consapevoli, anzi una buona fetta

stili di vita_diabete

quaTTRo Tipi di pazienTi diabeTici

Secondo il Diabetes Monitor si possono suddivide-re gli italiani affetti da diabete in quattro tipologie.z Disattenti (8%). Maschi giovani (meno di 45 anni), residenti al Sud; frequentemente sovrap-peso o obesi; svolgono attività lavorativa e han-no una elevata scolarità; vanno poco dal medico (spesso una sola volta all’anno) e sono meno incli-ni a effettuare l’autocontrollo della glicemia.z Non complianti (28%). Più spesso donne se-nior (più di 60 anni) residenti al Sud; spesso so-vrappeso o obese; non svolgono attività lavo-rativa; hanno bassa scolarità; hanno scoperto il diabete casualmente (esami di routine o Pronto soccorso); spesso non conoscono il proprio valo-re di emoglobina glicata e praticano scarsamente l’autocontrollo della glicemia.

z Consapevoli infelici (30%). Più spesso re-sidenti al Sud, con diagnosi relativamente re-cente (meno di cinque anni); in condizione la-vorativa e con un’elevata scolarità; assumono insulina dall’esordio della malattia (diagnosti-cata spesso in ospedale); usano il microinfuso-re e sono iscritti ad associazioni pazienti con un ruolo attivo.z Consapevoli felici (34%). Maschi senior (più di 60 anni), con una lunga storia di malattia dia-betica alle spalle; prevalentemente in pensione e frequentemente con patologie concomitanti; più spesso la terapia di esordio è stata l’insulina; co-noscono il proprio valore di emoglobina glicata; usano il microinfusore e sono iscritti ad associa-zioni pazienti con un ruolo attivo.

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Professione Saluteottobre 2015 49

è migrata nell’area del-la non-compliance; so-stanzialmente stabile è invece la quota di soggetti che si sentono “malati”».L’appartenenza a una asso-ciazione di pazienti sembra giocare un ruolo essenzia-le nell’acquisizione di una rea-le consapevolezza della propria condizione e nel mantenere abitudini che aiutino a tenerla sot-to controllo: «In sintesi, i rispondenti non par-tecipanti ad associazioni di pazienti mostrano una sostanziale crescita dell’area della non-compliance, che oggi tocca il 34% mentre si attestava al 20% nella rilevazione preceden-te. Viceversa tra i partecipanti ad associazioni di pazienti, se da un lato si allarga l’area della non-compliance (da 10% a 18%), cresce in ma-niera robusta l’area dei consapevoli, dal 29% al 39%. Insomma, l’associazionismo sembra po-ter svolgere un ruolo positivo nel creare le con-dizioni per una migliore aderenza alla terapia».

due tipi di diabeteIl diabete mellito comprende un gruppo di di-sturbi metabolici accomunati dal fatto di pre-sentare una persistente instabilità del livel-lo glicemico del sangue, dovuta a una carenza di insulina nell’organismo umano. Ne esistono due forme principali: il tipo 1 e il tipo 2. Il diabete mellito di tipo 1 si caratterizza per l’assenza quasi totale dell’insulina, l’ormone che viene prodotto dalle cellule beta del pan-creas: il sistema immunitario di chi ne soffre distrugge queste cellule; la malattia si manife-sta nei bambini o nei giovani e per questa ra-gione si parla di “diabete giovanile” o “diabe-

te insulino-dipendente”. Ne soffre circa il 10% dei diabetici e la terapia fondamentale consi-ste fornire all’organismo l’insulina mancante. Esistono numerosi prodotti con diversa rapidi-tà di azione, durata e modalità di somministra-zione: la penna usa e getta è il sistema più uti-lizzato e il più gradito, ma si sta diffondendo anche l’uso del microinfusore, che viene scelto da circa il 17% dei pazienti.Il diabete mellito di tipo 2 è molto più frequen-te: in questi pazienti l’insulina è presente, al-meno negli stadi iniziali, ma le cellule di alcuni tessuti non sono in grado di utilizzarla (tra cui quello adiposo, il tessuto muscolare e il fega-to). Questa forma di diabete compare general-mente dopi i 40 anni e può essere prevenuta o controllata agendo sugli stili di vita, combat-tendo la sedentarietà, la cattiva alimentazio-ne, il fumo e l’obesità. Le possibilità terapeu-tiche sono per questi pazienti sono svariate, a seconda della gravità della malattia e alle pre-ferenze personali: è compito del diabetologo individuare il farmaco o la combinazione di farmaci più adeguata alla situazione clinica, considerando anche gli aspetti comportamen-tali fino ad arrivare a una terapia il più possibi-le personalizzata. n

approfoNdimeNti

Mettendo a confronto i dati raccolti nell’indagine diabetes Monitor 2015 con quelli delle precedenti indagini, in merito alle fonti di informazione è rilevante la differenza 2015 vs 2013 delle persone che dichiarano di attingere le proprie informazioni da internet (68% vs 21.2%).

4,9 milionidi obesi

5 milionidi diabetici

nel2030

17,6 milionidi adulti

in sovrappeso

1 italianosu 16

hail diabete

In ItalIa

stili di vita_diabete

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50 Professione Salute ottobre 2015

Si prevede che nei prossimi mesi l’influenza costringerà a letto quasi 5 milioni di persone, con un picco

tra Natale e Capodanno. Responsabili i virus H1N1, H3N2 e B Phuket e possibile l’arrivo di B Brisbane

di Rachele Villa Una campagna di informazione sul tema dell’influenza, grazie alla quale i cittadini potranno trovare utili

risposte per prepararsi all’influenza che verrà. L’iniziativa “L’influenza che verrà #previenila” è promossa dal Movimento Italiano Genitori Onlus (Moige), dall’Associazione Medica Italiana di Omotossicologia (Amiot) e dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

(Sipps), con il contributo incondizionato di Guna S.p.a.Tra gli obiettivi della campa-gna rientra la creazione di una rete di informazione capilla-re, a disposizione dei cittadini, per promuovere una maggio-re sensibilizzazione nei con-

fronti della prevenzione influenzale, non solo attraverso la pratica vaccinale, ma anche dif-fondendo una migliore conoscenza delle pos-sibilità terapeutiche della medicina naturale.

Diffusione dell’influenza:le previsioniNel corso della stagione 2014-2015, l’influen-za ha colpito l’11% degli italiani, per un totale di circa 6.300.000 casi. Durante l’epidemia in-fluenzale, l’Istituto Superiore di Sanità ha con-tato 160 decessi. Dati non confortanti si sono

registrati per quanto riguarda le vaccinazioni: solo il 49% degli over 64enni si è vaccinato, si tratta della percentuale più bassa degli ultimi dieci anni.Secondo Fabrizio Ernesto Pregliasco, virolo-go dell’Università degli Studi di Milano e diret-tore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano, quest’anno l’influenza colpirà 4,5-5 milioni di persone: 40% nella fascia di età 0-18 an-ni, 40% nella fascia di età 18-65 anni, il 20% oltre i 65 anni. Il picco si verificherà tra Nata-le e Capodanno 2015 ad opera dei virus H1N1 - H3N2 e del virus B Phuket. Ad amplificare la possibile emergenza il probabile arrivo del vi-rus B Brisbane.Saranno 262 i virus in circolazione anche quest’anno, variamente mescolati e con sin-tomatologie relativamente diverse, pronti a diffondersi in funzione delle temperature. I virus H1N1 - H3N2 e il virus B Phuket rappre-sentano delle nuove varianti, ma non mol-to distanti dai virus che hanno circolato gli scorsi anni. Ad oggi si può dire che la prossi-ma stagione influenzale sarà di intensità me-dia e l’effettiva diffusione dipenderà anche dall’andamento della temperatura. Il vaccino antinfluenzale resta un’opportunità e diventa un salvavita per le persone fragili, ovvero gli anziani sopra i 65 e i malati cronici per i quali

camPagne informative_Prevenzione Dell’influenza

Al via la campagnal’influenza che verrà

#previenila

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Professione Salute 51ottobre 2015

camPagne informative_Prevenzione Dell’influenza

l’influenza potrebbe determinare complican-ze. Anche se non protegge da tutte le forme non dovute a virus influenzali e a volte non evita completamente la malattia, ne attenua sintomi e rischio di complicanze.

la campagna Da ottobre sarà operativo l’Osservatorio dell’influenza guidato dal virologo Fabrizio Er-nesto Pregliasco, che seguirà il monitoraggio dei picchi influenzali durante l’inverno e comu-nicherà i dati tramite il sito www.previenila.it. Attivo anche il numero verde 800.38.50.14 per chiedere informazioni, suggerimenti e indica-zioni ai medici dell’Associazione medica ita-liana di omotossicologia (Amiot). Dal mese di ottobre sarà inoltre in distribuzione il materia-le informativo dell’iniziativa nelle farmacie e presso gli studi medici aderenti.Unanime la voce delle varie associazioni che hanno preso parte all’iniziativa, che in-tendono promuovere una maggiore sensi-bilizzazione nei confronti della prevenzione dell’influenza. «Per noi genitori è importante intervenire nella tutela della salute dei nostri figli – ha dichiarato Maria Rita Munizzi, pre-sidente nazionale del Movimento italiano ge-nitori (Moige) –. Con il mondo medico abbia-mo istituito un Osservatorio dell’Influenza al fine di informarci sui periodi di picco influen-zale. Essere preparati e forti immunologica-mente parlando è la chiave di volta per su-perare serenamente la stagione invernale e i suoi malanni». Giuseppe Di Mauro, presidente della Socie-tà italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), ha ribadito la fondamentale impor-tanza della vaccinazione: «Nella prevenzio-ne dell’influenza la vaccinazione è la strate-gia raccomandata, insieme alle buone norme igieniche. Tra le nuove opportunità farmaco-logiche sono sempre più numerosi gli studi scientifici che evidenziano il ruolo preventivo e terapeutico della low dose medicine. Come Sipps siamo impegnati in una intensa attività di informazione e formazione dei pediatri ita-

i Vaccini disponibili

Attualmente in Italia sono disponibili vaccini antinfluenzali trivalenti (TIV) che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e un virus di tipo B e un vaccino quadrivalente che contiene 2 vi-rus di tipo A (H1N1 e H3N2) e 2 virus di tipo B. L’efficacia del vaccino dipende soprattutto dal match esistente fra i virus in esso conte-nuti e quelli circolanti. Per tale motivo l’Or-ganizzazione mondiale della sanità (Oms) in-dica ogni anno la composizione del vaccino basandosi sulle informazioni sui ceppi virali circolanti e sull’andamento delle sindromi si-mil influenzali (influenza-like-illness). L’Oms ha indicato che la composizione del vacci-no per l’emisfero settentrionale nella stagio-

ne 2015/2016 sia la seguente: antigene ana-logo al ceppo A/California/7/2009 (H1N1)pdm09; antigene analogo al ceppo A/Switzer-land/9715293/2013 (H3N2); antigene analogo al ceppo B/Phuket/3073/2013 (lineaggio B/Ya-magata).Il vaccino per la stagione 2015/2016 conter-rà, pertanto, una nuova variante antigenica di sottotipo H3N2 (A/Switzerland/9715293/2013), che sostituirà il ceppo A/Texas/50/2012 conte-nuto nel vaccino della stagione 2014/2015 e una nuova variante di tipo B (B/Phuket/3073/2013), appartenente sempre al lineaggio B/Yamaga-ta/16/88, in sostituzione del precedente ceppo vaccinale, B/Massachusetts/2/2012.

liani per un uso consapevole e “giudizioso” di tutte le strategie antinfluenzali». Il presidente dell’Associazione medica italia-na di omotossicologia (Amiot), Cesare San-ti, ha commentato con queste parole l’ade-sione all’iniziativa: «L’impegno di Amiot sarà volto a raggiungere, attraverso la formazione della classe medica, una consensus culturale e scientifica su tutte le diverse possibilità di fare prevenzione – anche quelle offerte dalla Low Dose Medicine – senza pregiudizi, barrie-re ideologiche e, viceversa, all’insegna dell’in-tegrazione e dell’overlapping delle terapie».«Abbiamo deciso di sostenere questo progetto di prevenzione e informazione,

promosso da importanti associazioni mediche e professionisti del settore, per senso civico, perché si tratta di epidemie che possono limitare salute, benessere e serenità di milioni di persone nel nostro Paese e perché è una grande operazione culturale, utile per creare consapevolezza, specie sui temi della prevenzione che sovente passa anche attraverso piccoli gesti quotidiani» ha dichiarato Alessandro Pizzoccaro, Presidente di Guna S.p.a. n

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attualità

Rapporto OsMed: spesa farmaceutica non è cresciuta nel 2014

Farmaci per il trattamento dei disturbi cardiovascolari al primo posto, media di spesa pro capitepari a 438 euro, aumento delle segnalazioni di reazioni avverse del 25% rispetto al 2013 sono alcuni dei dati emersi dal rapporto stilato dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali

Il 2014 per l’Agenzia italiana del farmaco (Ai-fa) è stato un anno turbolento, basti menzio-nare, tra le altre vicende, la complessa, quanto inverosimile, questione Stamina, senza di-menticare tutto ciò che ha riguardato la valu-tazione e l’autorizzazione dei medicinali per il trattamento dell’epatite C.Il rapporto relativo al 2014 sull’uso dei farma-ci in Italia, stilato dall’Osservatorio naziona-le sull’impiego dei medicinali (OsMed) e pre-sentato di recente a Roma, dà il polso della situazione sull’impiego dei medicinali nel no-stro Paese.

Numeri e dati del settoreEbbene, nei 12 mesi del 2014 complessiva-mente la spesa farmaceutica, pubblica e pri-vata, ha raggiunto i 26,6 miliardi di euro (so-lo lo 0,1% in più del 2013), di cui il 75% è stato rimborsato dal Ssn, con una media cal-colata per ciascun cittadino italiano di circa 438 euro.L’esborso a carico dei cittadini, comprendente la spesa per compartecipazione (ticket regio-nali e differenza tra il prezzo del medicinale a brevetto scaduto erogato al paziente e il prez-zo di riferimento), i medicinali di classe A ac-quistati privatamente e quelli di classe C, ha fatto segnare una contrazione dello 0,1% ri-spetto al 2013. A determinare tale diminuzio-ne ha contribuito la riduzione di spesa per l’ac-quisto privato di medicinali di fascia A (-1,9%)

e di quella relativa ai medicinali di classe C con ricetta (-1,6%). Inoltre la spesa per comparte-cipazione è stata di 1,5 mld di euro, equivalen-te a 24,7 euro pro capite. In riferimento, poi, alle diverse componenti della spesa farmaceu-tica convenzionata, si può osservare, rispetto al 2013, un aumento dei consumi pari al 2,5%, con una diminuzione dei costi del 3,3%. Il costo sostenuto dalle strutture pubbliche per l’acquisto di farmaci è stato di 9 miliar-di di euro (148 euro pro capite), segnando un +4,8% rispetto al 2013.

Ovviamente il consumo dei farmaci varia a se-conda della fascia d’età presa in considerazio-ne: ad esempio, quella che riguarda gli over 64 (la cui popolazione assorbe il 60% della spesa in assistenza convenzionata) evidenzia una spesa pro capite a carico del Ssn fino a tre volte maggiore rispetto alla media nazionale; mentre il 50% della popolazione pediatrica e quasi il 90% di quella anziana (con età supe-riore ai 74 anni) ha ricevuto almeno una pre-scrizione di farmaci durante l’anno.Da sottolineare quanto nella fascia d’età 15-64

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anni le donne presentino una maggiore predi-sposizione all’uso dei medicinali rispetto agli uomini, con una differenza assoluta del 9%.

La spesa regionaleConcentrando l’attenzione sui livelli di spesa territoriale, la provincia autonoma di Bolza-no, con 173,6 euro pro capite, registra quello più basso, mentre il dato più alto lo si rileva in Campania (290,2 euro pro capite a fronte di una media nazionale di 233,9).La Liguria, con 130,9 euro pro capite, e il Mo-lise con 80 euro pro capite sono rispettiva-mente le regioni caratterizzate dalla più al-ta e dalla più bassa spesa privata di farmaci.Invece, per quanto concerne i farmaci acqui-stati dalle strutture pubbliche, avendo come dato di media nazionale la cifra pro capite di 148 euro, si passa dalla Puglia con il valore più alto (183,6 euro) fino alla più parsimo-niosa Valle d’Aosta con 113,9 euro pro capite.48,7 euro è, poi, la spesa pro capite riferibile ai farmaci di classe C, facendo registrare un -2,8% rispetto al 2013; mentre per i farma-ci di automedicazione la cifra si attesta a 38,1 euro (-1,2% in confronto al 2013).

I farmaci più vendutiI farmaci per la cura delle patologie cardiova-scolari si attestano al primo posto sia per quan-to riguarda la spesa totale (pari a 4,087 mld di euro) sia in termini di consumi; mentre per la prima volta al secondo posto della spesa com-plessiva – pubblica e privata – si trovano i far-maci antitumorali e immunomodulatori (3,934 mld di euro), al primo posto per quella pubblica.Altre categorie di medicinali ai vertici in ter-mini di spesa totale sono quelli per la cura dei disturbi di apparato gastrointestinale e meta-

attualità

bolismo (3,771 mld di euro) e i farmaci per il sistema nervoso centrale (3,228 mld di euro).Tra i farmaci di classe C con ricetta fanno re-gistrare la parte del leone i derivati benzo-diazepinici, in particolare gli ansiolitici (377,2 milioni di euro), a cui seguono i farmaci per il trattamento della disfunzione erettile (264,6 milioni di euro). Tadalafil, lorazepam, drospi-renone ed etinilestradiolo sono i tre principi attivi più venduti nel 2014. Nel campo dei farmaci di automedicazione, invece, diclofenac (140,8 milioni di euro), ibu-profene (127,0 milioni di euro) e paracetamo-lo (108,9 milioni di euro) sono i principi atti-vi che hanno fatto registrare la spesa più alta.Per quanto riguarda l’assistenza farmaceutica ospedaliera e ambulatoriale, che ammonta a 2,9 miliardi nel 2014, ben 12 principi attivi ap-partenenti alla categoria degli antineoplastici e immunomodulatori compaiono nella lista dei primi trenta principi attivi, con trastuzumab, rituximab e bevacizumab ai primi tre posti.

Monitoraggio reazioni avverseAl monitoraggio sul consumo dei farmaci si associa una precisa azione di farmacovigilan-za al fine di valutare costantemente il profi-lo di sicurezza di ciascun farmaco. Nel 2014 le segnalazioni di sospette reazioni avverse re-gistrate attraverso la Rete nazionale di far-macovigilanza sono state 842 per milione di abitanti (+25% rispetto al 2013).

La maggioranza delle segnalazioni avvenute nel corso del 2014 ha interessato la catego-ria degli antineoplastici e immunomodulatori (17%), con a seguire quella dei vaccini (14%) e degli antimicrobici (13%).

Utilizzo improprio dei farmaciTema di estrema delicatezza è quello dell’im-piego improprio dei farmaci, purtroppo molto diffuso nel nostro Paese, che vede gli antibio-tici superare il 30% di utilizzo non corret-to considerando tutte le condizioni cliniche studiate. Oltre ad esporre i soggetti a inuti-li rischi derivanti dagli effetti collaterali, l’uso improprio degli antibiotici amplifica la pos-sibilità di sviluppo di resistenze, in forte au-mento negli ultimi anni. Tra la popolazione adulta, sono le infezio-ni acute delle vie respiratorie e le infezioni acute non complicate delle basse vie urina-rie le patologie per le quali si osserva un uti-lizzo maggiormente inappropriato degli an-tibiotici. Nello specifico, il 41% dei pazienti con diagnosi di affezioni virali delle prime vie respiratorie (influenza, raffreddore, laringo-tracheite acuta) ha ricevuto una prescrizione di antibiotico. Tutti gli usi inappropriati de-gli antibiotici per le infezioni delle vie respi-ratorie sono stati registrati in maggioranza al Sud, nella popolazione femminile e in quella di età avanzata.

Vincenzo Marra

patologie cardiovascolari e impiego di farmaci

Nel 2014 la spesa per i farmaci dell’apparato car-diovascolare rimane al primo posto, sia in termi-ni di spesa farmaceutica complessiva, con 4,087 mld di euro, che di consumi, con l’83,8% a carico del Ssn in regime convenzionale (3,423 mld di eu-ro), l’11,1 % sostenuto dal cittadino (456 milioni di euro) e il restante 5,1% acquistato dalle strutture sanitarie pubbliche (208 milioni di euro). La spesa pro capite totale per i farmaci cardiovascolari è ri-sultata pari a 67,2 euro.

L’analisi del profilo di farmacoutilizzazione per fa-scia d’età e sesso conferma il costante incremento dell’impiego dei farmaci cardiovascolari al cresce-re dell’età per entrambi i sessi (circa il 75% degli uomini con più di 74 anni d’età ne fa uso). Paral-lelamente, anche la spesa pro capite sostenuta dal Ssn aumenta con l’età dei pazienti, fino a raggiun-gere il livello massimo di circa 192 euro pro capite nella fascia di età con più di 74 anni, con un mag-gior valore negli uomini rispetto alle donne.

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attualità

Vivere a lungo non è soloquestione di geni

I fattori genetici inciderebbero solo tra il 20 e il 25% sulla speranza di vita, il resto è alimentazione, stile di vita, attività fisica e socialità. A Expo 2015 si è parlato anche delle «blue zone» sparse per il pianeta, e presenti anche in Italia, dove l’uomo riesce a vivere più a lungo

Vivere a lungo, vivendo bene. La longevità è una conquista a cui si arriva giorno dopo giorno, prestando attenzione per tutto l’ar-co della vita ad alimentazione e stile di vita, con un occhio di riguardo nei confronti delle principali minacce per la salute cardiovasco-lare ovvero sovrappeso, ipertensione e cole-sterolo, ma curando anche gli affetti e i pro-getti personali.A svelare gli ingredienti di quello che potrem-mo definire l’elisir di lunga vita sono stati gli esperti di Italia Longeva, network internazio-nale fondato dalla Regione insieme al mini-stero della Salute per indagare e diffondere le evidenze scientifiche su un invecchiamento in buona salute fisica e mentale, che al Forum internazionale sulla longevità, nell’ambito di Expo 2015, hanno presentato i risultati del Longevity Check-up, un vero e proprio test sui principali parametri vitali proposto ai vi-sitatori dello spazio Expo delle Marche, la Re-gione con l’aspettativa di vita più alta d’Italia.Il test, condotto dai medici di Italia Longe-va su circa mille visitatori (94% italiani e 6% stranieri) con un’età media di 54 anni e con una prevalenza del genere femminile (56% di donne contro il 44% di uomini), ha rivelato che le tre minacce alla longevità più diffu-se sono rappresentate da sovrappeso (stato in cui si trovava il 48% dei visitatori), pres-sione alta (46%) e colesterolo fuori controllo (38%). Un altro fattore di rischio è rappresen-

tato, anche se con numeri decisamente più bassi, dal vizio del fumo, con il 17% di fuma-tori incalliti e il 25% di ex fumatori. Buone in-vece le percentuali che interessano la corretta alimentazione e un moderato esercizio fisi-co: l’80% del campione analizzato segue una dieta equilibrata e il 70% pratica regolarmen-te un’attività sportiva. «Il dato genetico – ha dichiarato il professor Roberto Bernabei, presidente di Italia Lon-geva e direttore del Dipartimento di geriatria all’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di

Roma – incide fra il 20 e il 25% sulla spe-ranza di vita di ciascuno di noi. Ciò significa che quel che fa la differenza sono le abitudi-ni di vita, dall’alimentazione all’attività fisica: la longevità è quindi una conquista persona-le. Per questo abbiamo posto al centro del no-stro Longevity Check-up i sette parametri di salute cardiovascolare che sono alla base di una vita lunga e in salute: astensione dal fu-mo, regolare esercizio fisico, dieta equilibrata con adeguato apporto di frutta e verdura, lot-ta al sovrappeso, valori di colesterolemia sot-

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to controllo e attenzione anche alla pressione arteriosa e alla glicemia. Purtroppo, dal no-stro test sui visitatori dello spazio Marche in Expo è risultato che solo il 9% delle persone esaminate rispetta tutti e sette questi para-metri». «È chiaro, quindi, – continua Bernabei – che l’alimentazione gioca un ruolo cru-ciale per la conquista della longevità, eppu-re mangiare bene non basta: l’esercizio fisico, che nelle Marche è spesso imposto dall’accli-vità del terreno, fatto di sali-scendi collinari, una rete familiare e sociale solida, il mante-nimento di forti rapporti inter-generazionali, fra genitori e figli e fra nonni e nipoti, e persi-no saldi riferimenti spirituali sono all’origine di una vecchiaia lunga e serena, che si fonda sulla salute fisica, ma anche sulla lucidità in-tellettiva e sull’equilibrio psicologico».

Alla ricerca della longevità: gli abitanti delle «blue zone»Nel corso del Forum internazionale sulla lon-gevità i massimi esperti a livello mondia-le hanno proposto un’analisi scientifica del-le abitudini messe in atto dagli abitanti delle cosiddette «blue zone», aree sparse nel mo-

attualità

do caratterizzate dalla presenza di un elevato numero di ultracentenari: Okinawa in Giap-pone, Loma Linda in California, Ikariia in Gre-cia, Nicoya in Costa Rica e quattordici comu-ni dell’Ogliastra in Sardegna tutti accomunati da una longevità senza paragoni che i ricer-catori riconducono a una serie di fattori pro-tettivi tra cui un’alimentazione sana, una mo-derata attività fisica, matrimoni consolidati e forti legami transgenerazionali.«Gli studi mostrano chiaramente che il fumo, l’obesità, la felicità e persino la solitudine so-no contagiosi – ha dichiarato Dan Buettner, esploratore del National Geographic che ha studiato le «blue zone» sparse per il pianeta –. Il segreto, in fondo, è circondarsi di ami-ci che seguano e ci incoraggino a seguire uno stile di vita salutare. Anche dal punto di vista dell’esercizio fisico, infatti, i popoli più longe-vi del mondo non passano la giornata a sol-levare pesi in palestra, non sono maratone-ti né assidui frequentatori di circoli sportivi: piuttosto, vivono in un ecosistema familiare, lavorativo, sociale e ambientale che li induce a muoversi in continuazione, senza neanche pensarci. La strategia ottimale per la longe-

vità sembra quindi soprattutto combattere la pigrizia e la tristezza, andare a piedi a lavoro, fare le scale invece di prendere l’ascensore». Dello stesso parere è Gianni Pes, del Dipar-timento di medicina clinica e sperimentale dell’Università di Sassari, scopritore della pri-ma «blue zone», in Sardegna. «Negli ultimi de-cenni – ha spiegato Pes – le ricerche sulla lon-gevità si sono concentrate su una strategia multidisciplinare, che ha visto l’integrazione di genetica, demografia, antropologia e scien-za dell’alimentazione, tutte alleate nello sfor-zo comune di comprendere non solo come si viva più a lungo, ma soprattutto come si pos-sa invecchiare in buona salute, fisica e menta-le. Non tutti sanno che è italiana la prima zo-na del pianeta ormai ampiamente accreditata dalla scienza come vero osservatorio interna-zionale sulla longevità: la prima «blue zone». Si tratta dell’Ogliastra, la zona montuosa cen-tro-orientale della Sardegna nella quale si re-gistrano gli indici di sopravvivenza media più elevati al mondo, soprattutto nella popolazio-ne di sesso maschile, in controtendenza rispet-to a quanto avviene nel resto del pianeta. «A mio parere – ha precisato l’esperto – la prin-cipale lezione che possiamo apprendere dallo studio delle “zone blu” è che i fattori modifica-bili hanno un peso maggiore di quelli ereditari, e pertanto uno stile di vita equilibrato è la mi-gliore strategia per una vita lunga e in buona salute. Cibi elaborati, sedentarietà, isolamento sociale, vizi persino ricercati e ogni altra abitu-dine che più si discosti dallo stile di vita di po-poli pastorali, con un’alimentazione essenziale e la necessità di spostarsi al seguito delle greg-gi, sono senza dubbio le strategie meno effica-ci per candidarsi alla longevità».

Rachele Villa

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attualità

Cordoglio per la scomparsadi Fulvio Marzatico

Stimato docente universitario, esperto nell’ambito dell’integrazione nutrizionale in campo sportivo,e membro del board editoriale della rivista Professione Salute, il professor Marzatico si è spentoprematuramente. Il ricordo commosso nelle parole di chi lo conosceva.

Il 5 giugno scorso è venuto a mancare il pro-fessor Fulvio Marzatico, una notizia che la-scia increduli tutti: famigliari, amici, la co-munità scientifica. Io e i suoi colleghi lo ricordiamo così. Fulvio Marzatico conse-gue la Laurea in Scienze Biologiche nel 1978 all’Università di Pavia, dove dal 1981 è ri-cercatore presso l’ex Istituto di Farmacolo-gia (oggi facente parte del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani”). Il professor Marzatico si forma in ambito far-macologico nei settori della bioenergetica cerebrale e muscolare, della neurobiologia e neuropatologia dell’invecchiamento cere-brale, che da sempre caratterizzano la scuola farmacologica pavese della Facoltà di Scien-ze. Nel 1989 vince una borsa di studio del Cnr per un soggiorno di studio e di ricerca presso il Dipartimento di Neurologia e Neu-rochirurgia dell’Università della California di San Francisco (Ucsf). Grande appassionato di sport, Fulvio Mar-zatico diviene ben presto un riferimento na-zionale nell’ambito della farmacologia dello sport, che con gli anni evolverà nell’appro-fondimento della nutrizione sportiva.Lo studio appassionato dell’integrazione e della supplementazione nutrizionale in cam-po sportivo ha caratterizzato gran parte del-la sua attività di ricerca, in particolare su tematiche quali lo stress ossidativo legato all’esercizio, l’utilizzo di antiossidanti nello

sport e l’invecchiamen-to muscolare. Campi nei quali il professor Fulvio Marzatico ha dato con-tributi pionieristici e di eccellenza e che ne han-no consolidato la figura di leader a livello nazionale e internazionale. Di particolare rilevanza sono stati i suoi po-liedrici ruoli scientifici: membro dell’edito-rial board per riviste quali il Journal of Sports Medicine and Physical Fitness; membro atti-vo dell’Advisory Board dell’International So-ciety of Sport Nutrition (Issn) e della Socie-tà Italiana di Nutrizione Sport e Benessere (Sinseb), in cui ha ricoperto la carica di vi-ce presidente sin dalla sua fondazione; au-tore di oltre 120 lavori su riviste scientifiche indicizzate; docente universitario e forma-tore per oltre 30 anni; ideatore e promoto-re di progetti scientifici a vari livelli; grande esperto di allenamento e di biologia dell’e-sercizio.Ebbi la fortuna di conoscere il professor Marzatico nel 1998 e l’anno successivo ini-

ziai a lavorare insieme a lui ai primi progetti.Insostituibile “maestro di scienza”, Fulvio mi ha in-trodotto all’affascinate studio dei fenomeni bio-logici correlati allo sport

e alla nutrizione, trasmettendomi un sape-re scientifico che mi ha permesso di con-dividere con lui oltre 15 anni di esperien-ze. Esperienze fatte non solo di convegni, di lezioni agli studenti, di lavori scientifici, di consulenze, ma anche di contatto quotidia-no, di apprendimento continuo, di scambi di idee, di riflessioni, di coraggio nell’affronta-re nuove sfide. Fulvio è stato una figura determinante nel-la mia vita, e nella vita di tutti coloro che in lui hanno visto il riferimento scientifico, la non comune disponibilità, l’autorevolezza, la professionalità, il genio creativo.Lo ricorderò per sempre con grande stima, affetto e riconoscenza.

Massimo NegroUniversità di Pavia

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attualità

Lutto nel mondo della farmacia:si è spento Giacomo Leopardi

Il fiocco rosa, simbolo della lotta controil tumore al seno, veste Piazza Affari

È scomparso a Roma all’età di 87 anni Giaco-mo Leopardi, grande protagonista della far-macia italiana. Dal 1985 al 2009 aveva rive-stito la carica di presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti. Con Giacomo Leo-pardi scompare una figura fondamentale non soltanto della professione, ma della sanità ita-liana, testimone delle grandi trasformazio-ni della sanità italiana, nelle quali ha saputo operare da protagonista non soltanto a tutela dei farmacisti e della farmacia, ma della salute della collettività. «Leopardi, apparentemente schivo, di poche parole, sapeva come conquistare il cuore e le energie degli uomini – ha dichiarato Andrea

Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti (Fofi). – Chi lo ha cono-sciuto, e grazie alla sua lunghissima vita nel-la professione in moltissimi hanno avuto que-sta fortuna, sa che quella che poteva apparire come cautela o prudenza era in realtà quella capacità, che nei nostri tempi stiamo sempre più perdendo, di vedere oltre. Di andare sem-pre un passo più in là del presente, della pole-mica spiccia e contingente».«Giacomo Leopardi ci lascia una preziosa ere-dità: la profondità del suo pensiero, il pragma-tismo operativo, la saggezza dei suoi consigli, lo stile sobrio della sua vita – ha commenta-to il vicepresidente della Fofi, Luigi D’Ambro-

Un gesto forte e irriverente per dire no al tu-more al seno. È con questo spirito che la Le-ga per la Lotta contro i Tumori di Milano il 7 ottobre ha rivestito L.O.V.E., opera dell’artista Maurizio Cattelan comunemente nota come il “Dito”, con l’ormai famoso fiocco rosa, sim-bolo internazionale della lotta contro il car-cinoma mammario. L’arte si mette, quindi, a servizio della prevenzione per lanciare un messaggio provocatorio, per ribadire insieme a Lilt Milano che non bisogna mai abbassa-re la guardia. «Con questa iniziativa vogliamo lanciare un messaggio di sfida contro il tumore al se-no. Abbiamo pensato a un’immagine inequi-

sio Lettieri. – Tutto ciò continuerà a costituire la base dell’azione e dell’impegno della Fede-razione degli Ordini dei Farmacisti Italiani e di quanti ne proseguiranno il lavoro».Commozione anche nelle parole di Mauri-zio Pace, segretario Fofi: «Giacomo Leopardi è stato l’uomo che ha lanciato l’idea di una Federazione di giovani farmacisti, che subito raccolsi appena iscritto al mio Ordine e questo suo costante guardare con attenzione e co-stanza alle future generazioni ha rappresen-tato, rappresenta e rappresenterà il punto no-dale del suo impegno politico all’interno della categoria e nella società. È un’indicazione pre-ziosa, alla quale restiamo fedeli».

vocabile per colpire e attirare l’attenzione di tutti su questo tema – ha affermato il pro-fessor Marco Alloisio, presidente della Lilt di Milano –. Ogni anno solo in Italia si stima che siano circa 48mila i nuovi casi di cancro alla mammella. Ma il tumore al seno si può e si deve sconfiggere. Lilt Milano è da sempre in prima linea nella lotta contro questa neo-plasia sensibilizzando la popolazione femmi-nile a prendersi cura di sé attraverso diverse iniziative e in tanti modi. Questo particolare connubio dell’arte con la prevenzione rientra, infatti, nelle attività che la Sezione Milanese di Lilt ha organizzato per il mese di ottobre in occasione della Campagna Nastro Rosa».

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difendersi dall’invernocon probinul 5

Con l’avvicinarsi dell’inverno e durante i cambi di stagio-

ne diventiamo più esposti all’at-tacco di virus e batteri e siamo più soggetti a influenza, raffreddo-re e affezioni respiratorie. Anziani e bambini sono i soggetti più vul-nerabili a tali malesseri di stagione ed è raccomandabile per loro affi-darsi alla prevenzione per raffor-zare le difese.Probinul 5 buste, integratore di fermenti lattici vivi, consente una completa stimolazione delle dife-se naturali, poiché contiene ele-vate quantità di specie batteriche salutari diverse (8 ceppi di Latto-

bacilli e Bifidobatteri) che, gra-zie alla tecnologia brevettata del-la microincapsulazione, riescono ad arrivare vive e nelle adegua-te proporzioni nell’intestino, co-lonizzandone tratti diversi. Ide-ale quindi per ridurre incidenza, severità e durata di tali malesse-ri di stagione, Probinul 5 interve-ne per rafforzare il nostro sistema immunitario che nell’uomo risie-de per il 70% nell’intestino. L’a-zione immunostimolante viene potenziata anche dalla presenza di fibre prebiotiche, che agiscono da nutrimento per i batteri bene-fici “autoctoni” del colon, e della

Vitamina C.Da oggi è d i s p o n i b i -le anche il nuovo Pro-binul 5 goc-ce. La for-mulazione in gocce, molto pratica per i bam-bini più piccoli e per gli anzia-ni, contiene una combinazione di tre ceppi probiotici microincap-sulati, Vitamina B6 e vitamina D che rafforza il sistema immuni-tario e favorisce l’equilibrio del-la flora intestinale, prevenendo e contrastando le infezioni sia in-

testinali sia delle vie respiratorie. L’inte-grazione di vitamina D, particolarmente necessaria durante i mesi invernali, svol-ge inoltre un ruo-lo molto importante

nella prevenzione di asma, aller-gie e dermatiti atopiche, e con-tribuisce a formare e mantenere le ossa forti.

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melatonina med, migliorare la qualitàdel sonno con la fitoterapia

Il sonno rappresenta per il no-stro organismo una fase tutt’al-

tro che passiva durante la qua-le il nostro cervello elabora tutti gli stimoli raccolti durante la gior-nata e avvengono importanti pro-cessi fisiologici come la secrezione dell’ormone della crescita in gra-do di stimolare i meccanismi di ri-generazione tissutale e la neutra-lizzazione dei radicali liberi. Un sonno inadeguato contribuisce ad aumentare il rischio di obesità, diabete, disturbi cardio-circolato-ri, eventi cerebrovascolari e a di-minuire le difese immunitarie. Nella terapia farmacologica l’uso

di farmaci sedativo-ipnotici cau-sa dipendenza, assuefazione, dif-ficoltà cognitive durante il gior-no. I rimedi naturali hanno invece dimostrato di essere efficaci e pri-vi di effetti indesiderati. In primis la melatonina, una molecola che il nostro organismo sintetizza nel-la ghiandola pineale, la cui pro-duzione è regolata dal ciclo luce/buio e che interviene attivamente nella regolazione del rit-mo circadiano. Melatonina Med è il rimedio natura-

le proposto da Phyto Garda. Con-tiene 1 mg di melatonina per ogni compressa che contribuisce alla ri-duzione del tempo richiesto per prendere sonno e inoltre contri-buisce ad alleviare gli effetti del jet lag; l’escolzia o papavero giallo della California favorisce il sonno e il rilassamento in caso di stress

mentre la vitamina B6 contribuisce alla normale funzione psicologica.Tra le piante efficaci contro l’in-sonnia l’escolzia è in grado di di-minuire notevolmente il tempo di addormentamento, di migliora-re la qualità e la durata del sonno, la valeriana e il tiglio sono invece utili per favorire il rilassamento in caso di stress e un sereno sonno, infine la melissa e la passiflora fa-voriscono il benessere mentale.

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Professione Saluteottobre 2015 65

skin-absolute dayper il ringiovanimento fotodinamico

le aziende informano

inuvital plus per una correttafunzione intestinale

Dalla ricerca nutraceutica Gu-na nasce Inuvital Plus. La

formula di Inuvital Plus, sen-za glutine, grazie all’ottimale bi-lanciamento delle fibre vegetali prebiotiche (Frutto-oligosaccari-di e Polidestrosio) e delle vitami-ne essenziali, è stata studiata per sostenere il benessere e la fisio-logica funzionalità dell’intestino. L’assunzione di Inuvital Plus è uti-le per: aiutare l’attività intestinale in caso di transito intestinale ral-lentato o non regolare e contri-buire al riequilibrio di eventuali quadri vitaminici carenziali dovu-ti a malassorbimento e ad alterato equilibrio della funzionalità della flora batterica benefica.

Lo specifico pool vitaminico che completa la formulazione è co-stituito da: vitamina A che so-stiene l’integrità della mucosa intestinale, vitamina E che con-tribuisce alla protezione del-le cellule dallo stress ossidativo, aiutando a mantenere l’integri-tà delle membrane e dei tessu-ti, vitamina C essenziale per lo stato di salute dell’organismo e per il mantenimento di una buo-na funzione della barriera immu-nitaria intestinale, vitamina B12 che sostiene l’attività delle cellu-le del sistema immunitario.L’azione sinergica delle vitamine B12 e C di Inuvital Plus contri-buisce al sostegno della funzio-

nalità del sistema immunitario dell’organismo.Si consiglia l’assunzione di una bustina di Inuvital Plus al gior-no, preferibilmente durante il pasto principale, da sciogliere in un bicchiere di acqua mesco-

lando subito fino a completa di-spersione.

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Filorga presenta un trattamen-to dall’approccio innovativo

per il ringiovanimento fotodina-mico: Skin-Absolute Day, anti-età che agisce efficacemente sui segni dell’invecchiamento. Diverse sono le azioni di Skin-Absolute Day, per un trattamen-to ad ampio spettro. Riparazione fotodinamica: nel cuore del trat-tamento, un principio attivo dal potere assolutamente rigeneran-te, la fotoliasi, un enzima svilup-pato da un’alga blu (l’anacystis nidulans) che vive sulla superfi-

cie degli oceani. Questa potenzia i meccanismi di ristrutturazio-ne del Dna cellulare per un’effi-cacia moltiplicata su tutti i segni dell’invecchiamento: rughe, mac-chie, rilassamento, incarnato ir-regolare.

Energia positiva anti Uv+Ir: degli enzimi termostabili, estratti da un batterio marino (thermus ther-mophilus), catturano l’energia potenzialmente nociva dei raggi Uv e degli infrarossi della luce del giorno e la trasformano in ener-gia positiva per stimolare la pel-le in profondità. Detox illuminante: fruttani di ta-rassaco dalle virtù detossinan-ti liberano le cellule dall’inqui-namento urbano, purificano la pelle e migliorano la luminosi-tà dell’incarnato e la finezza del-

la grana della pelle. Splendo-re istantaneo: zaffiro bianco e agenti soft focus formano sulla superficie dell’epidermide un ve-lo riflettente che aumenta la lu-minosità del viso.Inoltre, Skin-Absolute Day ha un alto potere idratante e rivitaliz-zante, grazie alla combinazione di Nctf e di acido ialuronico.

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66 Professione Salute ottobre 2015

le aziende informano

Linea govegan, quaLità aLimentarein stiLe vegano

Linea ozonia, ozoniaterapiaad azione protettiva

Innovares propone una linea di prodotti che prende il nome da

Ozonia3000, il nome attribuito all’olio di girasole ad elevato cari-co di Ozono sviluppato e prodot-to in proprio dall’azienda stessa. Ozonia 10 è una crema utile nel-la cute danneggiata. Esplica un’a-zione protettiva nelle condizioni di

abrasione, esco-riazione, erosio-ne, disepiteliz-zazione, ferita chirurgica, ul-cera cutanea, in quanto crea un ambiente locale sfavorevole alla

contaminazione e alla colonizza-zione microbica. Utile in condizio-ni dermatologiche che necessiti-no di una detersione profonda e di uno stimolo rigenerativo come acne, dermatite seborroica e in-tertrigine. Favorisce la riparazio-ne delle microlesioni e la riduzione

della flogosi e dell’edema ed è ef-ficacemente impiegata come trat-tamento sintomatico anche nella malattia emorroidaria.Ozonia 15 è invece utile nella sec-chezza e come normalizzante del-la cute e delle mucose sensibi-li. Ozonia3000, proposto in forma di Lipogel, trae forza dalla strut-tura anidra della formulazione, che induce maggiore permanen-za e interazione con la superficie trattata, una profonda idratazio-ne, un’azione emolliente, lenitiva e protettiva, a maggior vantaggio delle condizioni che si esplichino in secchezza cutanea, xerosi, de-

squamazione, flogosi, ragadizza-zione in genere, esiti di disidrosi, eritema e debolezza nei fattori di resistenza epiteliale. Ozoral è infine protettivo nel-le condizioni di mucosite, disepi-telizzazione, erosione, alterazione, ulcerazione, contaminazione e co-lonizzazione del cavo orale, indi-pendentemente dalla loro eziolo-gia, comprese le cause iatrogene (chirurgia, farmaci).

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Probios, azienda fiorentina ai vertici in Italia nella distribu-

zione degli alimenti biologici vege-tariani, promuove la coltivazione di materie prime nel rispetto dell’uo-mo e della natura e da molti anni si dedica anche alla commercializ-zazione di linee di prodot-ti adatti a chi deve seguire specifici regimi alimenta-ri. Dal 1978, anno della sua fondazione, Probios propo-ne una vasta scelta di ali-menti biologici, nel rispetto della salute e dell’ambiente.L’azienda ha lanciato di re-cente la sua nuova e inedita gamma di prodotti GOve-

gan, pensata su misura per chi sce-glie lo stile di vita vegano, evitando il consumo di ogni tipo di elemento di origine animale. La nuova linea di prodotti è certificata dalla Vegan Society che per prima, nel 1944, co-niò il termine vegan con l’obiettivo

di assicurare ai propri soci la quali-tà dei prodotti e la loro effettiva ri-spondenza ai requisiti “vegani”.La linea si compone di croissant di farro, vegan ciok (crema spalmabile di cacao e nocciole italiane), piadi-ne e wrop (per merende o in sosti-

tuzione del pane) e di una gamma di specialità studiata in collabora-zione con Roberto Politi, autore di libri e ricettari vegan. «Con questa nuova gamma», spiega Fernando Favilli presidente di Probios, «ab-biamo voluto proporre qualcosa di inedito, mai fatto prima, a tutti co-loro che per scelta personale pre-feriscono non mangiare prodotti di origine animale. Con la ricca varie-tà di sapori di GOvegan, vogliamo dimostrare che mangiare vegano non significa rinunciare al gusto».

ProbiosTel. 055 8985932

www.probios.it

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