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Privacy del minore e potestà dei genitori SOMMARIO: 1. Valorizzazione dei diritti della personalità del minore e superamento di un’antica concezione della potestà. La tutela della riserva- tezza del minore nei rapporti tra genitori e figli. – 2. La privacy del minore alla luce del nuovo codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196). – 3. Il consenso al trattamento dei dati personali. La capacità del minore di esprimere tale consenso come esercizio di un diritto fondamentale della persona. – 4. Il conflitto tra la riservatezza del minore e altri interessi contrapposti. Ammissibilità della nomina di un curatore o rap- presentante speciale. – 5. Limiti alla privacy del minore per la sua difesa so- ciale. – 6. Il trattamento dei dati personali dei minori nell’esercizio dell’attivi- tà giornalistica. – 7. Apparente superamento del principio dell’anonimato dei genitori biologici nell’adozione e riconoscimento del diritto fondamentale della persona a conoscere le proprie origini. 1. Il riconoscimento di una sfera di privacy per i minori è una con- quista non molto datata 1 , soprattutto in àmbito civilistico 2 , dove la concezione tradizionale della potestà genitoriale poneva dei limiti ri- 1 V. M. DOGLIOTTI e S. BOCCACCIO, Il diritto alla riservatezza negli orientamenti della giurisprudenza, in Nuova giur. civ. commentata, 1989, II, p. 351 ss., ove all’in- terno della panoramica giurisprudenziale sul diritto alla riservatezza vi è uno spazio dedicato a riservatezza e vita familiare. Nell’àmbito dei rapporti genitori-figli si sot- tolinea che «gli orientamenti piú tradizionali (e la stessa lettera del codice civile, che attribuiva un potere pressoché assoluto e incontrollato al padre) negavano l’esi- stenza di una sfera di privacy per i minori, ostando ad essa il potere-dovere di con- trollo e guida del genitore. La scoperta relativamente recente del minore come sog- getto di diritto e della sua educazione come momento di progressiva acquisizione delle capacità e posizioni proprie di ogni cittadino, richiedeva evidentemente un profondo mutamento di prospettive». 2 Si alludeva in maniera velata alla privacy del minore in alcuni contributi dottrinali risalenti: cfr. A. BUCCIANTE, La patria potestà nei suoi profili attuali, Milano, 1971, p. 118 ss.; M. DOGLIOTTI, Patria potestà, diritti del minore e intervento del giudice, in Giur. merito, 1976, I, p. 44; M. BESSONE, Rapporti etico-sociali, in Commentario della Costitu- zione a cura di G. Branca, artt. 29-34, Bologna-Roma, 1976, sub art. 30, p. 86 ss.

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Privacy del minore e potestà dei genitori

SOMMARIO: 1. Valorizzazione dei diritti della personalità del minore esuperamento di un’antica concezione della potestà. La tutela della riserva-tezza del minore nei rapporti tra genitori e figli. – 2. La privacy del minore allaluce del nuovo codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30giugno 2003, n. 196). – 3. Il consenso al trattamento dei dati personali. Lacapacità del minore di esprimere tale consenso come esercizio di un dirittofondamentale della persona. – 4. Il conflitto tra la riservatezza del minore ealtri interessi contrapposti. Ammissibilità della nomina di un curatore o rap-presentante speciale. – 5. Limiti alla privacy del minore per la sua difesa so-ciale. – 6. Il trattamento dei dati personali dei minori nell’esercizio dell’attivi-tà giornalistica. – 7. Apparente superamento del principio dell’anonimato deigenitori biologici nell’adozione e riconoscimento del diritto fondamentale dellapersona a conoscere le proprie origini.

1. Il riconoscimento di una sfera di privacy per i minori è una con-quista non molto datata1, soprattutto in àmbito civilistico2, dove laconcezione tradizionale della potestà genitoriale poneva dei limiti ri-

1 V. M. DOGLIOTTI e S. BOCCACCIO, Il diritto alla riservatezza negli orientamentidella giurisprudenza, in Nuova giur. civ. commentata, 1989, II, p. 351 ss., ove all’in-terno della panoramica giurisprudenziale sul diritto alla riservatezza vi è uno spaziodedicato a riservatezza e vita familiare. Nell’àmbito dei rapporti genitori-figli si sot-tolinea che «gli orientamenti piú tradizionali (e la stessa lettera del codice civile,che attribuiva un potere pressoché assoluto e incontrollato al padre) negavano l’esi-stenza di una sfera di privacy per i minori, ostando ad essa il potere-dovere di con-trollo e guida del genitore. La scoperta relativamente recente del minore come sog-getto di diritto e della sua educazione come momento di progressiva acquisizionedelle capacità e posizioni proprie di ogni cittadino, richiedeva evidentemente unprofondo mutamento di prospettive».

2 Si alludeva in maniera velata alla privacy del minore in alcuni contributi dottrinalirisalenti: cfr. A. BUCCIANTE, La patria potestà nei suoi profili attuali, Milano, 1971, p.118 ss.; M. DOGLIOTTI, Patria potestà, diritti del minore e intervento del giudice, in Giur.merito, 1976, I, p. 44; M. BESSONE, Rapporti etico-sociali, in Commentario della Costitu-zione a cura di G. Branca, artt. 29-34, Bologna-Roma, 1976, sub art. 30, p. 86 ss.

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stretti alla libera espressione della personalità del fanciullo3. La rifor-ma del diritto di famiglia del 19754 con la nuova formulazione dell’art.147 c.c., ispirata all’art. 30 cost.5, ha garantito una sfera di riservatezzaal minore, poiché l’obbligo di mantenere, educare, istruire i figli deveraffrontarsi alle capacità, alle inclinazioni naturali e alle aspirazionidella prole. Lo sviluppo e la crescita del minore comportano una ridu-zione del contenuto della potestà genitoriale6, la quale dovrebbe arre-starsi dinanzi agli aspetti piú intimi della personalità del fanciullo, inparticolar modo del “grande minore”7, a meno che l’intervento delgenitore sia finalizzato a prevenire o a risolvere situazioni nocive per lapersonalità del figlio.

In questa prospettiva si è giunti a sostenere che il comportamentodi un genitore che violi il diritto alla riservatezza del minore possa non

3 P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, 2a ed., p.497 ss., ridefinisce il rapporto educativo, alla luce dei princípi di eguaglianza e diunità della famiglia, come «correlazione di persone», superando quindi lo schemadella potestà intesa come potere-soggezione. La funzione della potestà, indispensa-bile per la corretta crescita del fanciullo, non può però mortificare l’esercizio deidiritti fondamentali di questi. Nel rapporto dialettico tra potestà dei genitori e li-bertà dei minori, l’obiettivo da perseguire è quello del «libero sviluppo delle perso-ne componenti l’unità familiare».

4 Per un approfondimento critico sull’evoluzione storica del concetto di famigliav. F. RUSCELLO, Dal patriarcato al rapporto omosessuale: dove va la famiglia?, in Scritti inmemoria di Ernesto Cantelmo, II, Napoli, 2003, p. 664 ss. L’a. ritiene non superate intoto dalla riforma del diritto di famiglia le antinomie tra la normativa ordinaria e iprincípi costituzionali, le quali generano una «situazione di conflitto all’interno delsistema familiare».

5 Cfr. F. GIARDINA, I rapporti personali tra genitori e figli alla luce del nuovo dirittodi famiglia, in Riv. trim., 1977, p. 1388 ss.; A.C. MORO, Il diritto dei minori, Bologna,1974, p. 374.

6 L. SACCHETTI, Problemi e prospettive fra giurisdizione e amministrazione negli in-terventi giudiziari a protezione dei minori, in P. DUSI (a cura di), Le procedure giudiziariecivili a tutela dell’interesse del minore (Atti del convegno «La tutela dell’interesse delminore e le procedure giudiziarie civili», Venezia 6-8 dicembre 1987), Milano, 1990,p. 101. Secondo l’a., il potere dei genitori sarebbe inversamente proporzionale al-l’età del figlio, per cui con la crescita si riduce il potere di costrizione e di influenzasulla volontà del figlio.

7 La dottrina minorile ricorre spesso ad un’altra espressione, anch’essa moltosignificativa, ossia quella di «giovane adulto». Si registra da ultimo un ampio dibat-tito degli operatori minorili sulle questioni sostanziali e processuali della giustiziaminorile in AA.VV., Giustizia minore? La tutela giurisdizionale dei minori e dei “giova-ni adulti”, in Nuova giur. civ. commentata, 2004, 3, suppl.

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soltanto comportare un provvedimento di limitazione o decadenza dal-la potestà genitoriale (ex art. 330 ss. c.c.) nei casi piú gravi8, ma ancheuna tutela risarcitoria per i danni subiti dal figlio9.

Tuttavia, si tratta di un orientamento che si è fatto strada negliultimi tempi all’interno della dottrina e della giurisprudenza10 e che hadovuto superare le impervie barriere delle immunità della famiglia11.Fino a cinquant’anni fa il nucleo familiare non ammetteva intrusionidall’esterno che potessero minare la stabilità familiare, in quanto talenucleo era visto come un «gruppo sociale chiuso»12, all’interno delquale non era riconosciuta al minore alcuna autonomia13, sí che appa-riva ultroneo l’intervento del giudice a favore di questi.

8 Cfr. Trib. min. Catania, 21 giugno 1990, in Dir. fam. e pers., 1992, p. 1064 ss.,che riguarda una vicenda di una minore adolescente in condizioni psichiche meno-mate, esposta attraverso i mass-media alla curiosità collettiva, con evidente violazio-ne della sua riservatezza. Il Tribunale dei minorenni ha ritenuto opportuno adottareprovvedimenti limitativi della potestà genitoriale, innanzitutto per l’inidoneità deigenitori allo svolgimento del ruolo genitoriale e poi per aver consentito la violazionedella riservatezza della minore, nonostante le sue particolari condizioni psichiche.

9 In tal senso v. G. DOSI e C. DI BARTOLOMEO, Abuso della potestà genitoriale erisarcimento del danno al minore, in Fam. e dir., 1996, p. 489 ss.

10 Sul punto v. R. DE MEO, I princípi generali del diritto di famiglia e la tutela dellepersone nelle relazioni familiari (a proposito di un convegno romano), in Rass. dir. civ.,2003, p. 526 ss.

11 P. RESCIGNO, Immunità e privilegio, in Riv. dir. civ., 1961, I, p. 438 ss., criticaval’atteggiamento della giurisprudenza che rifiutava il superamento dell’immunità fa-miliare, realizzabile attraverso l’esercizio da parte dei componenti della famigliadell’azione di risarcimento del danno per atti illeciti compiuti dall’altro coniuge odal genitore nei confronti del figlio, per tutelare la tranquillità familiare e l’intimitàdomestica. Tale ragione era ritenuta insufficiente dall’autorevole a., in quanto traconiugi e tra genitori e figli nel nostro ordinamento non è sancita l’irresponsabilitàpenale.

12 G. DOSI e C. DI BARTOLOMEO, Abuso della potestà genitoriale e risarcimento deldanno al minore, cit., p. 493, che individuano due ostacoli alla risarcibilità del dannosubito dal minore per lesione della sua persona a seguito di comportamento illecitodei genitori: il primo di ordine sociologico deriva dalla concezione della famigliacome gruppo sociale chiuso impenetrabile dai giudici, mentre il secondo di ordineprettamente giuridico è quello relativo all’incapacità di agire del minore che si tra-duce inevitabilmente nell’incapacità processuale.

13 M. BESSONE e G. FERRANDO, Persona fisica (diritto privato), in Enc. dir., XXXIII,Milano, 1983, p. 169, che riconoscono nel tramonto del principio dell’autoritàl’emersione nell’àmbito familiare delle posizioni individuali dei singoli e precisa-mente della donna e del minore.

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Peraltro, il filone giurisprudenziale14 che ha aperto il diritto di fa-miglia alle «mobili frontiere»15 della responsabilità civile, potrebbe es-sere neutralizzato dall’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione europea, che sancisce la tutela della privacy familiare. Taledisposizione, infatti, potrebbe essere utilizzata per ristabilire le immu-nità familiari16, impedendo il risarcimento dei danni arrecati dal geni-tore o dal coniuge ai figli e all’altro coniuge (artt. 143, 147, 148 c.c.).

I danni subiti dai componenti della famiglia per la violazione deidoveri nascenti dal matrimonio o dal rapporto di filiazione possono, aseconda del singolo caso, configurarsi in distinti tipi assumendo ora laforma del danno alla salute, in caso di compromissione della integritàpsico-fisica, ora del danno morale ex art. 2059 c.c., del danno esisten-ziale17, qualora la violazione di tali doveri abbia influito sulle attivitàrealizzatrici della persona.

Il dovere di sorveglianza dei genitori, la cui violazione comporta laloro culpa in vigilando per gli illeciti compiuti dai minori in tenera etànon capaci di scelte autonome (ex art. 2047 c.c.) e la culpa in educando

14 Trib. Milano, 10 febbraio 1999, per la risarcibilità dei danni derivanti da vio-lazione dei doveri coniugali e Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, per la risarcibilità deidanni derivanti da violazione di doveri genitoriali, con nota di M. BONA, Violazionedei doveri genitoriali e coniugali: una nuova frontiera della responsabilità civile?, inFam. e dir., 2001, p. 185 ss.

15 L’espressione è di F. GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr.e impr., 1985, p. 1 ss.

16 F. CAGGIA, Il rispetto della vita familiare, in Fam. e dir., 2002, p. 218, sottolineail rischio di un ritorno al passato che potrebbe derivare dall’art. 7 della Carta deidiritti fondamentali dell’Unione europea, che riconosce ad ogni individuo,contestualmente al rispetto della vita privata, del domicilio e delle proprie comuni-cazioni, il rispetto della propria vita familiare. Il diritto alla privacy familiare po-trebbe portare alla rinascita di aree di immunità intorno alla famiglia, che in passatohanno impedito l’esercizio dell’azione di responsabilità civile del coniuge per il fattoillecito dell’altro coniuge o del figlio nei confronti di uno dei genitori.

17 Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Fam. e dir., 2001, p. 159, con nota di M.DOGLIOTTI, La famiglia e l’«altro» diritto: responsabilità civile, danno biologico, dannoesistenziale, che ha per la prima volta riconosciuto la risarcibilità del danno esisten-ziale in un caso nel quale il genitore, dichiarato tale giudizialmente, aveva per annirifiutato di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza, cagionando cosí una «lesio-ne in sé» di fondamentali diritti della persona inerenti alla qualità di figlio e diminore. Contra, v. Trib. Bergamo, 24 febbraio 2003, in Danno e resp., 2003, p. 547,con nota di G. PONZANELLI, Non c’è bisogno del danno esistenziale.

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per quelli commessi dagli adolescenti capaci di intendere e di volere(ex 2048 c.c.)18, ha storicamente determinato l’esclusione di qualsiasiforma di riservatezza dei figli, soprattutto in riferimento alla libertà ealla segretezza della corrispondenza19.

Tale visione appare superata, poiché si è giunti alla comune presadi coscienza che l’esercizio dei diritti fondamentali della persona siasvincolato dall’età del soggetto20. L’iter evolutivo è stato impegnativo21,in quanto ancora piú arduo era tale compito per l’interprete, allorquandoil fanciullo non era considerato soggetto di diritti22, ma, secondo unaconcezione atavica e ormai superata di fanciullo, oggetto di diritti e

18 Sulla responsabilità dei genitori v. C. SALVI, La responsabilità civile, in Tratt. didir. priv. Iudica e Zatti, Milano, 1998, p. 132 ss., che sottolinea la tendenza, neisistemi continentali, ad attenuare il dovere di sorveglianza dei genitori con l’avvici-narsi del figlio alla maggiore età. La finalità è quella di rendere meno rigorosa laresponsabilità dei genitori nei confronti dei grandi minori, al contrario di quantoavviene nel nostro ordinamento, ove la giurisprudenza utilizza proprio «la culpa ineducando per neutralizzare la graduazione del contenuto dell’obbligo di vigilanzaconnessa al crescere dell’età del minore».

19 In dottrina è stato evidenziato che la garanzia della libertà e della segretezzadella corrispondenza ex art. 15 cost. non fa riferimento alcuno all’età del soggetto;peraltro le limitazioni imposte dal potere di sorveglianza dei genitori potrebberodeterminare dei traumi e delle crisi nello sviluppo dei minori: cfr. R. TOMMASINI,Diritti alla riservatezza, comunità familiare, tutela dell’intimità dei soggetti conviventi,Napoli, 1985, p. 122 ss.

20 M. GIORGIANNI, Della potestà dei genitori, in Commentario al diritto italianodella famiglia, a cura di G. Cian, G. Oppo e A. Trabucchi, IV, Padova, 1992, p. 292ss.; ID., In tema di capacità del minore di età, in Rass. dir. civ., 1987, p. 103 ss.,secondo il quale l’esercizio dei diritti fondamentali non può essere impedito dallaregola dell’art. 2 c.c., che si riferisce alle attività che riguardano l’area dell’autono-mia negoziale, alle quali appunto si applica storicamente il concetto di capacitàd’agire. Non si risolve in un’equazione matematica il rapporto tra minore e maggio-re età e tra incapacità e capacità d’agire, in particolar modo nei rapporti personaliper P. PERLINGIERI, Il diritto civile, cit., p. 499.

21 Tra le ipotesi normative di espressione della personalità del minore vi è ilmatrimonio ex art. 84, comma 2, c.c. e l’interruzione della gravidanza della minoreex art. 12, l. 22 maggio 1978, n. 194. Qui il fanciullo ricopre sicuramente un ruolopiú attivo rispetto alle altre ipotesi disciplinate dall’ordinamento, relative agli anniche precedono il raggiungimento della maggiore età.

22 Costituisce un principio pacifico il riconoscimento della qualità di soggetto didiritto a tutti gli uomini per il sol fatto della nascita e per tutto il corso della lorovita; in tal senso v. A. PIZZORUSSO, Persone fisiche, art. 1-10, in Comm. del cod. civ.Scialoja e Branca, a cura di F. Galgano, Bologna, 1988, p. 6.

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destinatario delle decisioni altrui23, a causa del suo status di inferioritàpersonale e giuridica.

Il passaggio dalla tutela degli interessi del minore, ad opera deipropri rappresentanti legali o degli organi giudiziari, alla tutela deisuoi diritti24 ha determinato l’esigenza di garantire i diritti fondamen-tali del minore sia come singolo sia all’interno delle formazioni sociali,fra le quali in primis la famiglia, ove si svolge la sua personalità, inossequio agli art. 2, 3 e 30 cost.25.

2. Il diritto alla riservatezza, che rappresenta una delle forme diespressione della personalità, è sorto in ritardo nel nostro ordinamen-to26, a causa dell’inesistenza di una norma che ne sancisse in via direttala tutela27.

23 L. BARBIERA, L’umanizzazione del diritto di famiglia, in Rass. dir. civ., 1992, p.265, che mette in luce il passaggio dalla concezione dei figli come soggetti-oggettodella patria potestà a quella di componenti attivamente responsabili della famiglia aseguito dell’eliminazione della patria potestà. Il processo di umanizzazione ha inve-stito il diritto di famiglia a partire dalla legge del 1970, introduttiva dell’istituto deldivorzio, e poi successivamente con la riforma del diritto di famiglia del 1975 e conle leggi sull’adozione legittimante, che pongono sullo stesso piano la famiglia disangue e quella fondata sugli affetti.

24 M.E. QUADRATO, Il minore tra interessi e diritti, Bari, 1995, passim; G. DOSI,Dall’interesse ai diritti del minore: alcune riflessioni, in Dir. fam. e pers., 1995, p. 1604ss.: secondo l’a. si tratta di due categorie diverse, in quanto il diritto soggettivocostituirebbe un prius rispetto all’interesse e non si identificherebbe con esso.

25 R. PANE, Favor veritatis e diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini nellarecente riforma delle adozioni, in Rass. dir. civ., 2003, p. 243 ss., che pone l’accentonon soltanto sul riconoscimento nei confronti del minore dei diritti costituzional-mente garantiti, dai quali deriva l’attribuzione dello status personae, ma soprattuttosul favor minoris operato dalla riforma del diritto di famiglia e dalle leggi successive.Queste ultime progressivamente hanno cancellato il profilo autoritario della pote-stà genitoriale, giungendo ad «una ricostruzione in chiave di funzione». Cfr. M.E.QUADRATO, Il ruolo dei genitori dalla “potestà” ai “compiti”, Bari, 1999 e per un’accu-rata disamina sull’argomento v. F. RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti persona-li, Artt. 315-319, in Cod. civ. Commentario Schlesinger, Milano, 1996, p. 10 ss.

26 La Corte costituzionale, con la decisione del 12 aprile 1973, n. 38, in Foro it.,1973, I, c. 1707, in un obiter rinvenne il fondamento normativo del diritto alla riser-vatezza nell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, resa esecutiva inItalia con la legge 4 agosto 1955 («toute personne à droit au respect de sa vie privée etfamiliale, de son domicilie et de sa correspondance»).

27 Indicative sono le parole della Suprema Corte che negano decisamente l’esi-stenza di un diritto alla sfera privata soprattutto se si tratta di personaggi famosi:

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Il diritto al rispetto della vita privata e familiare viene sancito per laprima volta dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei dirittidell’uomo e delle libertà fondamentali, la quale è stata ratificata dal-l’Italia con la l. 4 agosto 1955, n. 848. Da ultimo la Carta dei dirittifondamentali dell’Unione europea del 200028 agli artt. 7 e 8 tutela ildiritto al rispetto della vita privata e familiare, del proprio domicilio edelle proprie comunicazioni ed inoltre il diritto alla protezione dei datidi carattere personale29.

Il diritto alla riservatezza, pur non essendo espressamente menzio-nato dalla Costituzione, figura come diritto della personalità elaboratodalla dottrina e dalla giurisprudenza30 in base a specifici referenti co-stituzionali ed alla tutela della persona come principio fondamentaledel sistema costituzionale31.

«nessuna disposizione di legge autorizza a ritenere che sia stato sancito come princi-pio generale il rispetto assoluto all’intimità della vita privata e tanto meno come limitegenerale alla libertà dell’arte»: cfr. Cass., 22 dicembre 1956, n. 4487, in Giust. civ.,1956, I, p. 5. Un’ampia analisi dell’evoluzione giurisprudenziale in tema di riservatez-za si ritrova in M. BESSONE e G. GIACOBBE, Il diritto alla riservatezza in Italia ed in Fran-cia, Padova, 1988, p. 377 ss. Per gli spunti normativi, individuati dalla dottrina, che siriferiscono direttamente o indirettamente alla tutela della privacy v. M. DOGLIOTTI, Lepersone fisiche, in Tratt. di dir. priv. Rescigno, I, Torino, 1982, p. 143 ss.; G. GIACOBBE,Riservatezza (diritto alla), in Enc. dir., XL, Milano, 1989, p. 1254 s., che indica diversefonti normative, ma ritiene che non siano idonee alla ricostruzione di una linea unita-ria di tendenza (l. 4 agosto 1955, n. 848, che ratifica la Convenzione europea sullaprotezione dei diritti dell’uomo; l. 31 ottobre 1955, n. 1064, relativa agli atti dellostato civile; l’art. 8 della l. 20 maggio 1970, n. 300, ossia lo statuto dei lavoratori e l.11 luglio 1978, n. 382, relativa alla disciplina militare); un’indagine comparatistica èin G. ALPA, Privacy e statuto sull’informazione, in Riv. dir. civ., 1979, I, p. 119 ss.

28 Sul punto v. G. RESTA, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti delladignità (note a margine della Carta dei diritti), in Riv. dir. civ., 2002, p. 801 ss.

29 S. RODOTÀ, Tra diritti fondamentali ed elasticità della normativa: il nuovo Codicesulla privacy, in Europa e dir. priv., 2004, p. 1 ss., configura il diritto alla protezionedei dati personali come diritto fondamentale nuovo ed autonomo distinto dal dirittoal rispetto della vita privata e familiare. Infatti, nel primo caso la tutela della privacyè dinamica, in quanto sono previsti poteri d’intervento per la protezione dei dati,mentre nel secondo la tutela è statica e negativa, in quanto si limita ad escludere leinterferenze altrui.

30 È la conclusione cui perviene G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), cit., p.1259, che aderisce all’orientamento che vede nella giurisprudenza la fonte primariadi legittimazione del diritto alla riservatezza all’interno del nostro ordinamento.

31 Sulla centralità del valore della persona nell’ordinamento, dalla quale si evincel’indiscutibile esigenza di garantire, promuovere e tutelare i diritti fondamentali e

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The right to privacy ha origini piú antiche nella letteratura america-na32, mentre in quella italiana si è formato a seguito di un revirementdella Corte di Cassazione33 che, avallando le opinioni dottrinali piúevolute34 e una parte minoritaria della giurisprudenza di merito35, ri-conobbe la tutela della riservatezza secondo una concezione definita«monista»36. Si riteneva, pertanto, insuscettibile di divisione in tantidiritti autonomi la nozione di personalità, al contrario di quanto soste-

inviolabili di natura esistenziale, v. P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordina-mento giuridico, Camerino-Napoli, 1972, pp. 12, 44 e 154. Nello stesso senso v.anche D. MESSINETTI, Personalità (diritti della), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, p.371 ss. e G. GIACOBBE, o.c., pp. 1248 e spec. 1252 ss.; P. RESCIGNO, Persona e comuni-tà, Bologna, 1966, pp. 21 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, I, La norma giuridica, isoggetti, Milano, 2002, p. 136; M. BESSONE e G. FERRANDO, Persona fisica (diritto priva-to), cit., p. 170.

32 Le origini del diritto alla riservatezza risalgono al noto saggio di S.D. WARREN

e L.D. BRANDEIS, The Right to Privacy, in Harvard L. Rev., 1890, p. 193 ss.; ricca è laletteratura anglosassone: fra i tanti, v. A.F. WESTIN, Privacy and Freedom, New York,1970, p. 8 ss.; A.R. MILLER, The Assault on Privacy, Ann Arbor, 1971, p. 42 ss.; T.PROSSER, Privacy, in California L. Rev., 1960, p. 385, che definisce la tutela della riser-vatezza come «the right to be let alone» o «to live a life of esclusion and anonimity».

33 Cass., 27 maggio 1975, n. 2129, in Foro it., 1976, I, c. 2895, con nota di G.MONTELEONE, relativa al celebre caso Soraya, che rappresenta il leading case del rico-noscimento del diritto alla riservatezza in Cassazione.

34 Tra i primi contributi dottrinali si segnala M. FERRARA SANTAMARIA, Il dirittoall’illesa intimità privata, in Riv. dir. priv., 1957, I, p. 170 ss.; B. FRANCESCHELLI, Ildiritto alla riservatezza, Napoli, 1960; M. GIORGIANNI, La tutela della riservatezza, inRiv. trim., 1970, p. 13 ss.; A. CATAUDELLA, La tutela civile della vita privata, Milano,1972; T.A. AULETTA, Riservatezza e tutela della personalità, Milano, 1978; una ricostru-zione piú recente del diritto alla riservatezza si ritrova in A. CATAUDELLA, Riservatezza(diritto alla), I, Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, p. 1 ss.

35 Trib. Roma, 14 settembre 1953, in Foro it., 1954, I, p. 117 ss., con nota criticadi G. PUGLIESE, Il preteso diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, ereplica di A. DE CUPIS, Il diritto alla riservatezza esiste, in Foro it., 1954, IV, c. 90, cuisi aggiunge l’intervento R. MUSATTI, Appunti sul diritto alla riservatezza, ivi, IV, c. 184.

36 Al filone dottrinale della pluralità dei diritti della personalità si contrapponeun altro orientamento, che non condivide tale teoria, ma ritiene sussistente un uni-co diritto della personalità: in tal senso v. V. CARNELUTTI, Diritto alla vita privata, inRiv. trim. dir. pubbl., 1955, p. 6 ss.; P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordina-mento giuridico, cit., p. 174 ss.; G. GIAMPICCOLO, La tutela giuridica della personaumama e il c.d. diritto alla riservatezza, in Riv. trim., 1958, p. 466 ss.; M. GIORGIANNI,La tutela della riservatezza, ivi, 1970, p. 15 ss.; A. DI MAJO, Profili dei diritti dellapersonalità, ivi, 1965, p. 69 ss.; A. CATAUDELLA, La tutela civile della vita privata, cit.,p. 36 ss.; T.A. AULETTA, Riservatezza e tutela della personalità, cit., p. 39 ss.

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nuto da una tesi dottrinale un tempo dominante37, e veniva ravvisato ilfondamento del diritto alla riservatezza nei princípi costituzionali (artt.2 e 3, comma 2, cost.)38. Superata la fase iniziale sulla sussistenza onon del diritto all’intimità della sfera privata dell’individuo39, si è pas-sati a risolvere i problemi relativi all’individuazione dell’oggetto e deilimiti di tale diritto. Dalla mera intimità delle pareti domestiche, se-condo una logica prettamente proprietaria, si è giunti a garantire unatutela, che non va limitata a priori, ma che necessita di essere parametrataal momento storico, nel quale si inserisce la fattispecie concreta40.

L’esigenza di tutela della sfera privata della persona si è tradotta indiverse situazioni giuridiche soggettive: il diritto alla vita privata, ildiritto all’intimità personale, il diritto ad essere lasciati soli. Di là dallediverse espressioni tecnico-giuridiche utilizzate, che possono sintetiz-zarsi indubbiamente nel concetto di riservatezza, il dato comune di talidiritti è che la violazione della sfera intima della persona aumenta conil progresso tecnologico degli strumenti di informazione.

37 Tra i sostenitori piú autorevoli della concezione pluralistica dei diritti dellapersonalità vi è A. DE CUPIS, I diritti della personalità, in Tratt. di dir. civ. e comm. Cicue Messineo, continuato da Mengoni, IV, Milano, 1982, p. 35 ss. Contra, sostienel’inconfigurabilità dei diritti della personalità per l’impossibilità di discernere l’og-getto A. CANDIAN, Il diritto d’autore nel sistema giuridico, Milano, 1953, p. 61 ss.

38 Cass., 22 giugno 1985, n. 3769, in Foro it., 1985, I, c. 2211, individua l’art. 2cost. come clausola aperta e generale di tutela del libero svolgimento della personaumana, «idonea ad abbracciare nel suo àmbito nuovi interessi emergenti della per-sona […] purché essenzialmente della medesima». Anche la dottrina avalla l’orien-tamento della giurisprudenza di merito e di legittimità che, al fine di realizzare unagiustizia civile nella legalità costituzionale e comunitaria, opta per una lettura costi-tuzionalmente orientata della legge ordinaria o per un’applicazione diretta deglienunciati costituzionali. In tal senso v. P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalitàcostituzionale, cit., p. 53 ss.

39 In dottrina sosteneva efficacemente la sussistenza del diritto soggettivo allariservatezza, A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., p. 348 ss.: «al di là dei suoilimiti, legali e volontari, il diritto alla riservatezza esiste pienamente; e, si badi, essonon è circoscritto alla sfera di ciò che è inaccessibile alla altrui conoscenza; bensí siestende a ciò che, pur essendo accessibile a tale conoscenza, non dev’essere indi-scretamente propalato».

40 Sul punto v. P. RESCIGNO, Personalità (diritti della), in Enc. giur. Treccani, XXIII,Roma, 1990, p. 2; E. ROPPO, Diritti della personalità, diritto all’identità personale e sistemadell’informazione. Quale modello di politica del diritto, in L’informazione e i diritti dellapersona, a cura di Alpa, Bessone, Boneschi e Chiazza, Napoli, 1983, p. 29 ss.; M. DOGLIOTTI,Le persone fisiche, in Tratt. di dir. priv. Rescigno, I, Torino, 1982, pp. 55 e 662.

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Il titolo I del libro I del codice civile disciplina la tutela della perso-na e dei suoi segni distintivi in una forma41, che potremmo definireembrionale42, cui si aggiunge una legislazione speciale un po’ frammentaria,rappresentata dalla legge sui diritti d’autore (l. 633/1941)43 e dallalegge sulla privacy (l. 675/1996)44, da ultimo inglobata nel recentissimocodice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003,n. 196, entrato in vigore il 1° gennaio 2004)45. Nelle pagine che seguo-

41 La configurabilità del diritto alla riservatezza è stata ricavata dalla dottrinamediante l’estensione analogica della tutela di specifici interessi della persona, pre-senti all’interno dell’ordinamento positivo nella forma di diritti soggettivi, come ildiritto al nome (artt. 6 e 7 c.c.), il diritto all’immagine (art. 10 c.c.), il dirittoall’inviolabilità del domicilio e della corrispondenza, utilizzando anche categorie in-termedie come il diritto all’onore e alla reputazione. Per gli altri orientamenti dottrinaliin tema di riservatezza cfr. G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), cit., p. 1249.

42 Le ragioni della «assai debole tutela» e della «disciplina assai scarna» deidiritti della persona privi di contenuto patrimoniale derivano dalla tradizione bor-ghese, che caratterizza il codice civile del 1942, ove vengono privilegiati gli interessidel patrimonio rispetto a quelli della persona; in tal senso v. M. BESSONE e G. FERRAN-DO, Persona fisica (diritto privato), cit., p. 172.

43 Tale legge è stata di recente modificata dalla l. 18 agosto 2000, n. 248, in G.U.n. 206 del 4 settembre 2000.

44 In dottrina v. C.M. BIANCA e F.D. BUSNELLI (a cura di), La tutela della privacy, inNuove leggi civ. commentate, 1999, p. 223; V. FRANCESCELLI, La tutela della privacyinformatica. Problemi e prospettive, Milano, 1998; G. BUTTARELLI, Banche dati e tuteladella riservatezza. La privacy nella società dell’informazione, Milano, 1997; E.GIANNANTONIO, M.G. LOSANO e V. ZENO-ZENCOVICH (a cura di), La tutela dei dati perso-nali. Commentario alla L. 675/1996, Padova, 1997; V. CUFFARO e V. RICCIUTO (a curadi), La disciplina del trattamento dei dati personali, Torino, 1997; G. ALPA, La norma-tiva sui dati personali. Modelli di lettura e problemi esegetici, in Dir. infor., 1997, p. 703ss.; M. COSTANZA, Brevi osservazioni sulla legge 31 dicembre 1996, n. 675 – Tutela dellapersona e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali, in Resp. Comun.Impr., 1997, p. 309 ss.; G. FINOCCHIARO, Una prima lettura della legge 31 dicembre1996, n. 675, «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di datipersonali», in Contr. e impr., 1997, p. 299 ss. Per un aggiornamento sulle modifichealla legge sulla privacy, operate dal d.lg. 28 dicembre 2001, n. 467, v. AA. VV., Lemodifiche alla normativa in tema di privacy, Piacenza, 2002.

45 Il Codice in materia di protezione di dati personali, pubblicato sulla G.U. del29 luglio 2003, n. 174, S.O. n. 123/L, è entrato in vigore il 1° gennaio 2004, esostituirà la legge n. 675/1996 e molte disposizioni di legge e di regolamento. IlCodice della privacy recepisce anche i princípi propri della direttiva 2002/58/CE,relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settoredelle comunicazioni elettroniche. Tra i primi commenti dottrinali si segnala S. RODOTÀ,Tra diritti fondamentali ed elasticità della normativa: il nuovo Codice sulla privacy,

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no verranno evidenziate le norme contenute nel codice in materia diprotezione dei dati personali, che manifestano una maggiore sensibilitànei confronti delle problematiche relative alla tutela del minore, soprat-tutto in riferimento ad alcune attività professionali, quali quelle di pro-tezione sociale e quelle relative all’attività giornalistica.

La legge sulla privacy ed anche il nuovo Codice46, pur sancendo achiare lettere la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, nonchédella dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riser-vatezza e all’identità personale, tuttavia non prevedono come principiogenerale il rispetto assoluto all’intimità privata, ma hanno la finalità digarantire che l’uso dei dati personali, soprattutto di quelli sensibili, daparte delle banche dati si svolga nel rispetto dei diritti della persona47.

Il trattamento dei dati sensibili della persona, idonei a rilevarnel’origine razziale o etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opi-nioni politiche, l’adesione ai partiti, associazioni od organizzazioni a

cit., p. 1 ss.; V. ZENO-ZENCOVICH, Privacy e informazioni a contenuto economico nel d.legisl. n. 196 del 2003, in Studium iuris, 2004, p. 452. Per un’analisi dettagliata degliarticoli del nuovo codice sulla privacy v. R. IMPERIALI e R. IMPERIALI, Codice dellaprivacy, Commento alla normativa sulla protezione dei dati personali, Milano, 2004;Il codice sulla protezione dei dati personali, a cura di G.P. Cirillo, Milano, 2004;Codice in materia di protezione dei dati personali, a cura di G. Cassano e S. Fadda,Milano, 2004.

46 G. RESTA, Il diritto alla protezione dei dati personali, in S. SICA E V. ZENO-ZENCOVICH

(a cura di), Commentario al Codice in materia di protezione dei dati personali, in corsodi pubblicazione, annovera tra le novità piú rilevanti del nuovo codice l’introduzio-ne della figura del «diritto alla protezione dei dati personali», non contemplata dallal. n. 675/1996. S. RODOTÀ, Tra diritti fondamentali ed elasticità della normativa: ilnuovo Codice sulla privacy, in Europa e dir. priv., 2004, p. 1 ss., che richiama l’art. 8della Carta dei diritti UE sul diritto alla protezione dei dati personali, configurandotale diritto come fondamentale nuovo ed autonomo, distinto dal diritto al rispettodella vita privata e familiare. Infatti, nel primo caso la tutela della privacy è dinami-ca, mentre nel secondo è statica e negativa, in quanto si limita ad escludere le inter-ferenze altrui.

47 Sul punto v. V. CARBONE, Il consenso, anzi i consensi, nel trattamento informaticodei dati personali, in Danno e resp., 1998, p. 27, il quale evidenzia che «la tutela sisposta dal criterio localistico (le mura domestiche, i luoghi di lavoro, l’associazione,il partito, il sindacato, l’ospedale), ad un criterio esclusivamente oggettivo ocontenutistico, in cui il dato sensibile è in quanto tale tutelato dal trattamentoinformatico, indipendentemente dal contesto nel quale si è manifestato ed in cuipuò tranquillamente continuare a circolare». V. anche V. ZENO-ZENCOVICH, Commen-to all’art. 22, in Tutela dei dati personali, cit., p. 203.

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carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e lavita sessuale (art. 22, comma 1, l. 675/1996 ed ora nel Codice art. 4,comma 1, lett. d), rappresenta il «nucleo duro» 48 del trattamentoinformatizzato dei dati personali, che coincide con l’area della riserva-tezza, secondo la concezione tradizionale.

Nell’ipotesi di trattamento di dati sensibili sono prescritti sia ilconsenso scritto dell’interessato sia l’autorizzazione del Garante, conle sole eccezioni previste dall’art. 26 del d.lg. 196/2003.

Il legislatore, sulla scia degli ordinamenti stranieri49, si è preoccu-pato di contemperare le esigenze di tutela della persona con quelle delprogresso tecnologico-informatico, la cui invasività va delimitata, ma nelcontempo legittimata quando l’interesse da perseguire con l’uso dei datipersonali da parte delle banche dati sia prevalente rispetto all’interessedella persona a non vedere divulgate le proprie vicende personali.

È bene evidenziare che il concetto di privacy è in costante e continuaevoluzione, tant’è che un illustre giurista ha da tempo individuato deiparadossi, che hanno caratterizzato la storia evolutiva di tale istituto50.

48 S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, p. 208; V. CARBONE, o. c., p. 27,usa un’espressione simile, ossia nocciolo.

49 Il processo di codificazione della riservatezza informatica investí l’Europanegli anni ’70: Austria (legge federale austriaca del 18 ottobre 1978 sull’elaborazio-ne dei dati relativi alle persone fisiche e giuridiche nel settore pubblico e privato),Danimarca, Francia (Loi relative à l’informatique, aux fichiers et aux libertés, relativaall’informatica, agli archivi e alle libertà, del 6 gennaio 1978, n. 78-17), Germania(Datenschutzgesetz del 27 gennaio 1977, entrata in vigore il 1° gennaio 1978, per laprotezione contro gli usi illeciti dei dati personali), Lussemburgo, Norvegia, Porto-gallo (art. 35 della Costituzione del 2 aprile del 1976), Spagna (art. 18 della Costitu-zione del 23 dicembre 1978), Svezia (Datalag dell’11 maggio 1973, n. 289, sullaraccolta dei dati, poi modificata con legge 1° luglio 1982, n. 446), Ungheria. Va,inoltre, ricordato il Privacy act del 31 dicembre 1974, come integrato dal PrivacyProtection Act del 1980 degli Stati Uniti e il Data Protection Act del 12 luglio 1984della Gran Bretagna. Queste esperienze straniere non sono collegate all’attuazionedella direttiva comunitaria 46/95 relativa «alla tutela delle persone fisiche con ri-guardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati»,diversamente dalla l. 675/1996, che ne costituisce l’attuazione. Sul punto v. G. ALPA,Privacy e statuto dell’informazione (il privacy act 1974 e la loi relative all’informatique,aux fichiers et aux libertés n. 78- 17 del 1978), in Riv. dir. civ., 1979, p. 65 ss. Sul-l’esperienza tedesca v. M. BESSONE, Politica dell’informazione e strategie di“Datenschutz”, in Pol. dir., 1974, p. 107 ss.

50 S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, cit., p. 101 ss., che individua oltre ai tre para-dossi della privacy, anche quattro tendenze: 1) passaggio dal diritto d’essere lasciato

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Si è passati dalla privacy come diritto ad essere lasciati soli alla privacycome diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni51,dato che il progresso tecnologico da un lato aumenta gli attacchi allasfera privata e dall’altro ne amplia contenuti a causa dell’isolamentodell’individuo.

Il trattamento dei dati personali inevitabilmente si traduce nellapossibilità di ricostruire tramite quei dati parte della vita delle perso-ne52; sí che, se tali dati non sono utilizzati per finalità meritevoli53 daparte di chi su di essi ha il potere di controllo, il loro uso può risultarenocivo per il corretto sviluppo della personalità umana, a maggior ra-gione quando l’interessato sia un minore. Tuttavia, come già osservatodalla dottrina minorile54, all’interno della disciplina sulla privacy, pri-ma dell’emanazione del nuovo Codice, non era presente una disposi-zione specifica relativa al minore, che tenesse conto della peculiaresituazione di questi, in quanto personalità in fieri.

Il d.lg. 196/2003 supera, come vedremo nel prosieguo, alcuni osta-coli relativi al trattamento dei dati sensibili del minore da parte deglioperatori minorili per la tutela dei suoi diritti, ma non si preoccupa dirisolvere i dubbi ermeneutici sul soggetto tenuto ad esprimere il con-

solo al diritto di mantenere il controllo sulle informazioni; 2) dalla privacy al dirittoall’autodeterminazione informativa; 3) dalla privacy alla non discriminazione; 4) dallasegretezza al controllo.

51 Sul potere di controllo in materia di situazioni esistenziali v. M. PENNASILICO,Controllo e conservazione degli effetti, in Rass. dir. civ., 2004, p. 120 s. e nota 5, ed iviulteriore bibliografia.

52 S. RODOTÀ, La “privacy” tra individuo e collettività, in Pol. dir., 1974, p. 551,che pone l’accento sul passaggio dalla dimensione individuale della riservatezza aquella collettiva. La linea di demarcazione tra tutela della riservatezza e tutela dellaidentità personale è data dalla diversa finalità perseguita: la prima, soprattutto al-l’origine, mirava a garantire la persona dalle indiscrezioni, che poteva subire dallasocietà civile; la seconda cerca di garantire una circolazione corretta e veritieradelle informazioni e dei dati personali; sul punto v. M. BESSONE e G. FERRANDO, Perso-na fisica (diritto privato), cit., pp. 183-186.

53 S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, cit., p. 112, che pone l’accento sulle finalitàlegittime e trasparenti, che devono essere perseguite dalla raccolta e dal trattamen-to dei dati personali.

54 A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, 3ª ed., Bologna, 2002, p. 360; L. SAC-CHETTI, Gli operatori minorili di fronte alla privacy, in Prosp. soc. e san., 1999, p. 7 ss.e ID., Privacy, nodi e scioglimenti con particolare riferimento alla tutela dei minori, inFam. e dir., 1998, p. 292 ss.

Valeria Corriero / Privacy del minore e potestà dei genitori 1011

senso informato55 per il trattamento dei dati personali, soprattutto quan-do i genitori abbiano un interesse in conflitto con il minore e quest’ul-timo presenti una capacità di discernimento sufficiente per esprimeretale consenso.

Eppure, la tutela della riservatezza del minore è sancita a livello in-ternazionale dall’art. 16 della Convenzione di New York, che prevedeche nessun fanciullo potrà essere oggetto di interferenze arbitrarie oillegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio e corri-spondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputa-zione; in ogni caso, qualora si verifichino tali situazioni, egli ha dirittoalla protezione della legge. Anche l’art. 8 delle Regole di Pechino56,intitolato «Tutela della vita privata», prevede che «il diritto del giovanealla vita privata deve essere rispettato a tutti i livelli, per evitare che inutilidanni gli siano causati da una pubblicità inutile e denigratoria». Soprat-tutto in àmbito penalistico, l’esigenza di garantire il corretto sviluppodella personalità del minore si è tradotta in varie disposizioni del codice dirito, presenti sia in quello per gli adulti sia in quello per i minorenni. Nelbilanciamento tra il diritto alla riservatezza del minore e quello all’infor-mazione, costituzionalmente garantito ex art. 21 cost., risulta prevalente ildiritto del minore a non vedersi additato per tutto il corso della sua vitacome protagonista di vicende penalmente rilevanti. L’art. 114, comma 6,del nuovo codice di procedura penale per adulti vieta la pubblicazione,con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l’identifica-zione del minorenne, comunque coinvolto in un procedimento penale peradulti (o in quanto persona offesa o danneggiata dal reato).

Allo stesso modo l’art. 13 del d.P.R. 448/1988, che contiene le nuo-ve disposizioni per il processo penale con imputati minorenni, prevede

55 La legge sulla privacy, sia nel nuovo testo, sia in quello precedente, prevedediverse fattispecie di consenso: consenso documentato per iscritto in relazione altrattamento dei dati personali (art. 11, l. 675/1996 ed ora art. 23, d.lg. 196/2003);consenso scritto dell’interessato oltre all’autorizzazione del garante per il tratta-mento dei dati sensibili (art. 22, l. 675/1996 e art. 26, del d.lg. 196/2003); consensoespresso dell’interessato per la comunicazione e la diffusione dei dati (art. 20, l.675/1996); consenso espresso dall’interessato per il trasferimento di dati personaliall’estero (art. 28, l. 675/1996 e art. 43, d.lg. 196/2003).

56 Le regole di Pechino sono state approvate nell’Assemblea generale delle Na-zioni Unite del 29 novembre 1985 e prevedono le regole minime per l’amministra-zione della giustizia minorile.

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anch’esso il divieto di pubblicazione e divulgazione di notizie o imma-gini idonee ad identificare il minorenne comunque coinvolto nel pro-cedimento penale. Nel caso di audizione del minorenne, vittima di unreato, l’art. 472 c.p.p. stabilisce che il dibattimento si svolga a portechiuse. La divulgazione dei dati personali e dell’immagine di imputatie vittime minorenni nel processo penale minorile ed ordinario è vietatae la violazione costituisce un illecito disciplinare, come previsto dall’art.115 c.p.p. La tutela della riservatezza delle vittime di reati sessuali èsancita dall’art. 734 bis c.p., che prevede che la divulgazione delle ge-neralità e dell’immagine della persona offesa senza il suo consensocostituisca un’ipotesi di reato contravvenzionale57.

Questa sensibilità del legislatore nei confronti del minore non siavvertiva, fino all’emanazione del nuovo Codice in materia di privacy (v.art. 50)58, in altri settori dell’ordinamento, nonostante l’interesse pub-blico alla conoscenza di fatti penalmente rilevanti sia piú giustificabilerispetto alla mera curiosità di vicende personali e familiari59.

3. L’aporia insanabile che potrebbe emergere da una interpretazio-ne aridamente letterale della disciplina sulla privacy consiste nel fattoche, pur partendo dal presupposto che il diritto alla riservatezza sia undiritto personalissimo, questo venga esercitato nel caso di minori dalrappresentante legale60. Non sarebbe ipotizzabile altra soluzione in basead una tale interpretazione del disposto dell’art. 23 del Codice sullaprivacy, sostanzialmente coincidente con quello dell’art. 11 della l. 675/1996, poiché in entrambe le norme non si fa assolutamente riferimentoalla capacità del soggetto che presta il consenso.

Di conseguenza andrebbe applicato l’art. 2, comma 1, c.c., sí cheper la prestazione del consenso al trattamento dei dati personali occor-rerebbe il compimento della maggiore età61. Già dai primi commenti

57 Per un approfondimento delle questioni relative alla tutela del diritto allariservatezza e ai limiti del diritto di cronaca v. G. SERGIO, Libertà di informazione etutela dei soggetti deboli, in Dir. fam. e pers., 2000, p. 805 ss.

58 Sul punto v., infra, § 6.59 A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, cit., p. 358.60 A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, cit, p. 360.61 P. RESCIGNO, Capacità di agire, in Noviss. dig. it., II, Torino, 1958, p. 862; ID.,

Capacità di agire, in Dig. disc. priv., Sez. civ., II, Torino, 1988, p. 213 ss., che giusti-fica la scelta del legislatore del raggiungimento della maggiore età per l’acquisto

Valeria Corriero / Privacy del minore e potestà dei genitori 1013

dottrinali relativi alla legge sulla privacy (l. 675/1996)62 emergeva uncontrasto di opinioni sulla necessità della piena capacità d’agire del-l’interessato per una valida manifestazione di volontà del consenso altrattamento63. Vale la pena di precisare che ai sensi dell’art. 4, lett. i delCodice sulla privacy per interessato si intende «la persona fisica, la per-sona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali».

L’orientamento dottrinale favorevole ad una partecipazione direttadel minore alle vicende personali che lo riguardano, senza l’interpo-sizione soggettiva dei genitori, tiene conto della concezione del minorea livello internazionale, espressa in diverse convenzioni, tra le quali lepiú significative sono quella di New York del 1989 sui diritti dei fan-ciulli64 e quella di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti deifanciulli65, entrambe ratificate dall’Italia. Tra l’altro l’art. 7 della diret-

della capacità di agire, e quindi della possibiltà di compiere validamente qualsiasiatto giuridico, in quanto si fonda sull’id quod plerumque accidit, che potrebbe inalcuni casi non avere riscontro nella realtà concreta, non potendosi procedere perogni singolo caso all’accertamento della capacità di intendere e di volere. La matu-rità del minore, proprio per la presunzione quasi assoluta di incapacità, può essereaccertata eccezionalmente.

62 S. PATTI, Commento all’art. 11 della legge n. 675/1996, in Nuove leg. civ. com-mentate, 1999, p. 359 ss.; V. CUFFARO e V. RICCIUTO (a cura di), La disciplina deltrattamento dei dati personali, Torino, 1997, p. 222 ss.

63 In questo senso v. V. CUFFARO, La disciplina del trattamento dei dati personali,cit., p. 222 ss.; contra S. PATTI, o. c., p. 359.

64 Sulla Convenzione di New York circa i diritti dei fanciulli, ratificata con la l.27 maggio 1991, n. 176, v. A. SALZANO, La rete internazionale di protezione del fanciul-li. Accordi internazionali in vigore ed in corso di ratifica a tutela della minore età, Mila-no, 1998; M.R. SAULLE (a cura di), La convenzione dei diritti del minore e l’ordinamen-to italiano, Napoli, 1994; A. FINOCCHIARO, L’audizione del minore e la convenzione suidiritti del fanciullo, in Vita not., 1991, I, p. 834; A.C. MORO, Il bambino è un cittadi-no. Conquista di libertà e itinerari formativi. La Convenzione dell’ONU e la sua attua-zione, Milano, 1991; A. DELL’ANTONIO, La Convenzione sui diritti del fanciullo: lastato di attuazione in Italia, in Dir. fam. e pers.,1997, p. 246; M. DOGLIOTTI, I diritti delminore e la Convenzione dell’ONU, ivi, 1992, p. 301; F. UCCELLA, Il progetto di conven-zione sui diritti del bambino, in Giur. it., 1990, IV, c. 212.

65 Ci si permette di rinviare al resoconto dell’ultimo convegno organizzato dal-l’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia sul tema dell’avvocato del minore,che si proponeva di registrare le opinioni degli operatori del diritto minorile relativealla ratifica della Convenzione di Strasburgo, avvenuta di recente con la l. 20 marzo2003, n. 77; sul punto v. V. CORRIERO, «L’avvocato del minore: le norme, le prassi e iproblemi». Note a margine dell’ultimo convegno dell’Osservatorio nazionale sul dirittodi famiglia, in Rass. dir. civ., 2003, p. 1017 ss. e tra i primi commenti v. A. LIUZZI, La

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tiva 95/46/CE, specificamente dedicata «alla tutela delle persone fisi-che con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla liberacircolazione di tali dati» non fa riferimento ad un’età determinata, síche sarebbe piú corretto ritenere che il consenso per il trattamento deidati personali venga manifestato direttamente da quei minori capaci didiscernimento.

La letteratura giuridica è ormai quasi unanimemente convinta che ifanciulli, soprattutto i cosiddetti grands enfants66, non possano piú es-ser considerati soggetti incapaci d’agire in riferimento agli atti per iquali la legge non prevede un’età diversa dalla maggiore età67.

Si ritiene68, invece, che sia ammissibile il riconoscimento di unalimitata capacità negoziale e che debba essere garantita al minore una

Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli: prime osservazioni, in Fam. edir., 2003, p. 287.

66 F. GIARDINA, I rapporti personali tra genitori e figli alla luce del nuovo diritto difamiglia, cit., p. 1388, ritiene che il legislatore con la riforma del diritto di famigliaabbia distinto i grands enfants dagli altri minori proprio in considerazione «dellaloro maturità di sviluppo e della raggiunta autonomia di figli, prescindendo dallacapacità legale di agire per seguire invece il criterio della effettiva evoluzione dellapersonalità dell’individuo».

67 Osserva condivisibilmente S. PATTI, o.c., p. 361, che «un vincolo per l’inter-prete ben piú difficile da superare sarebbe derivato da una formulazione – frequen-temente riscontrabile in diverse materie – che avesse fatto riferimento espresso adaltre leggi o norme, come ad. es. “con la maggiore età si acquista la capacità dicompiere tutti gli atti per i quali la legge non stabilisce un’età diversa” oppure “…norme specifiche non stabiliscano un’età diversa” ed invece l’aver adottato la for-mula attualmente vigente dell’art. 2 cod. civ. consente all’interprete di ritenere che“il soggetto capace di intendere e di volere abbia una piena disponibilità riguardo adinteressi strettamente connessi alla persona e ai diritti fondamentali». Sul puntosviluppa la problematica in riferimento ai diversi atti e attività posti in essere dalminore, ritenendo che la centralità del valore della persona umana anche per ilminore non possa essere conciliata con la preclusione di qualsiasi atto o attività inriferimento alla quale questi possa avere la capacità occorrente anche prima dellamaggiore età, L. TAFARO, L’età per l’attività, cit, p. 222 ss. L’a. evidenzia che la presun-zione di incapacità del minore è stabilita nel suo interesse, analogamente a quantoprevisto dal codice in materia di annullabilità degli atti compiuti dal minore, sí che èsempre rimessa alla sua valutazione l’effettiva rispondenza dell’atto al suo interesse.

68 C.M. BIANCA, Diritto civile, 1, La norma, i soggetti, Milano, 1978, p. 214, chegià da un ventennio aveva evidenziato la necessità di «ridimensionare la portatadell’incapacità negoziale del minore, il quale, compatibilmente con l’esigenza dellasua protezione, deve poter godere dell’autonomia necessaria per svolgere la suapersonalità». Nello stesso senso v. anche M. GIORGIANNI, In tema di capacità del

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capacità sostanziale e processuale per l’esercizio dei diritti della perso-nalità69, fra i quali quello alla privacy. Questo tipo di limitata capacitàd’agire è tradotta in termini convenzionali con la capacità di discerni-mento70, della quale possono essere dotati i minori, in diverse età aseconda del singolo caso, prima del compimento del diciottesimo anno.Diverse norme presenti nel tessuto codicistico (artt. 145, 244, 250,252, 264, 273, 284, 348, 363, 774, 1389, 2580 c.c.) e in alcune leggispeciali, fra le quali quella sul divorzio, si riferiscono in maniera impli-cita alla capacità di discernimento, senza tuttavia individuare un’etàprecisa (che generalmente è 16 anni, ma a volte è inferiore), né i criteri oparametri di valutazione tramite i quali si possa stabilire tale capacità, inmodo da garantire al minore tutti i diritti sanciti a livello internazionale.La legge sulla adozione, invece, fa riferimento espresso alla capacità didiscernimento di un minore di età inferiore ai dodici anni (artt. 4, comma1 e 6, 7, comma 3, 10, comma 5, 15, comma 2 e 25, comma 1).

La capacità di discernimento consente al minore, in ossequio aldisposto dell’art. 12 della Convenzione di New York, di essere ascol-tato nelle procedure giudiziarie o amministrative71 che lo riguardano

minore di età, cit., p. 103 ss. e F. TOMMASEO, Processo civile e tutela globale del minore,in Fam. e dir., 1999, p. 583.

69 P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, p. 501,il quale ritiene che l’esercizio dei diritti fondamentali della persona sia svincolatodalla capacità di agire e che sia limitato soltanto dalla regola della capacità naturale;v. anche A. PIZZORUSSO, Persone fisiche, cit., p. 149 s., che tuttavia non reputa oppor-tuno ricorrere all’applicazione analogica della disposizione di cui all’art. 98 c.p.,come invece sostenuto da altra dottrina, ossia P. STANZIONE, Capacità e minore etànella problematica della persona umana, Camerino-Napoli, 1975, p. 372 ss.; ID., Ca-pacità (diritto privato), in Enc. giur. Treccani, V, 1988, p. 10, che considera impossi-bile scindere l’astratto riconoscimento della dignità e della personalità umana dallasua concreta attuazione, evidenziando cosí «l’errore, comunemente diffuso, di tra-sporre la dicotomia capacità giuridica-capacità di agire dal campo patrimoniale, incui essa è sorta ed in cui può forse conservare utilità d’impiego, ai rapporti chetoccano molto da vicino e spesso coinvolgono l’essenza dell’uomo».

70 P. STANZIONE, Capacità e minore età nella problematica della persona umana, cit.,pp. 315 ss., 362 ss. e piú di recente L. TAFARO, L’età per l’attività, cit., pp. 40 ss., 222 ss.

71 L’ascolto del minore è previsto in diverse disposizioni del codice civile ed ètalvolta obbligatorio, talvolta facoltativo. Nella disciplina sul divorzio, l’art. 6, comma9, prevede la facoltà del giudice, qualora lo ritenga strettamente necessario in con-siderazione dell’età, di ascoltare il fanciullo. In dottrina favorevole all’ascolto è L.BARBIERA, Separazione e divorzio: fattispecie, disciplina processuale, effetti apatrimoniali,Bologna, 1997, p. 136.

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e, in base all’art. 3 della Convenzione di Strasburgo, di essere infor-mato e di esprimere la propria opinione nelle procedure giudiziarieche lo coinvolgono.

L’argomento contrario alla tesi della possibilità che il consenso ven-ga espresso dal minore capace di discernimento72, secondo alcuni73 siricava dall’art. 12, lett. g, della l. 675/1996 (e dagli analoghi artt. 20,lett. b, e 28, lett. e). In base a tale disposizione «il consenso non èrichiesto quando il trattamento è necessario per la salvaguardia dellavita o dell’incolumità fisica dell’interessato o di un terzo, nel caso incui l’interessato non può prestare il proprio consenso per impossibilitàfisica, per incapacità d’agire o per incapacità di intendere o di volere».Il consenso al trattamento dei dati personali richiederebbe la capacitàdi agire e sarebbe, quindi, preclusa al minore la tutela diretta di inte-ressi strettamente connessi alla sua persona.

Il Codice sulla protezione dei dati personali, invece, offre un utilis-simo argomento per poter affermare la capacità del “minore grandicello”di esprimere direttamente il consenso, in quanto l’art. 24, lett. e, cheha come riferimento previgente proprio l’art. 12, lett. g, della l. 675/1996, prevede che qualora sia necessaria la salvaguardia della vita odell’incolumità fisica dell’interessato e questi non possa prestare il pro-prio consenso per impossibilità fisica, per incapacità d’agire o per in-capacità di intendere e di volere, il consenso è manifestato da chi eser-cita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da unfamiliare, ecc. Ciò vuol dire, in altri termini, che al di fuori di questeipotesi eccezionali, ossia di trattamento di dati necessario per la salva-guardia della vita o dell’incolumità fisica dell’interessato, il minorecapace di discernimento e quindi capace di intendere e di volere potràesprimere direttamente il suo consenso.

Ulteriore sostegno a tale tesi si può ricavare dal disposto del comma4 dell’art. 82 del Codice, che prevede l’acquisizione di una nuova ma-nifestazione del consenso, quando questo è necessario, dopo ilraggiungimento della maggiore età. Si tratta, però, sempre di ipotesi di

72 Solleva dubbi sul limite di età rigido per l’acquisto della capacità di agire, cheresta disancorato dalla effettiva e consapevole capacità di discernimento del minoree pone in luce l’esigenza di adeguamento della realtà normativa a quella naturalistica,L. TAFARO, L’età per l’attività, cit., p. 30 ss.

73 V. CUFFARO, La disciplina del trattamento dei dati personali, cit., p. 222 ss.

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emergenza sanitaria o di igiene pubblica, nelle quali la prestazionemedica può essere pregiudicata dall’acquisizione preventiva del con-senso, e nelle quali, per la delicatezza della condizione di salute del-l’interessato (per es. impossibilità fisica), potrebbe non essere suffi-ciente anche la capacità d’agire di questi.

Non vi è, quindi, un collegamento tra consenso e capacità d’agire,in quanto nell’art. 23 del T.U. sulla privacy non è richiesta la capacitàdi agire per una valida manifestazione del consenso. La modifica ap-portata dall’art. 24 del nuovo Codice al previgente art. 12, lett. g, dellal. 675/1996 sembra essere decisiva per avallare quelle tesi dottrinaliche, in coerenza con le convenzioni internazionali, garantiscono al mi-nore capace di discernimento l’esercizio dei diritti della personalità.

4. L’altra faccia della medaglia della privacy del minore è rappresen-tata dal rischio che può determinare un’eccessiva privatezza del datopersonale74, tale da creare intralcio all’opera dei servizi sociali che ope-rano a tutela dei minori. La legge 675/1996, secondo un esponentedella dottrina minorile75, non mostrava sensibilità verso le problematicherelative alla protezione sociale, limitandosi a garantire soltanto quelledi difesa sociale (art. 4, lett. e, l. cit.). Prima dell’emanazione del nuo-vo Codice, che in parte ha colmato dei vuoti normativi, si auspicavauna modifica o un’interpretazione della l. 675/1996 che potesse garan-tire nel contempo due tipologie di interessi del minore di rilevanzacostituzionale: l’interesse alla protezione dei dati personali, soprattut-to se sensibili, e l’interesse ad un intervento degli operatori socialinelle ipotesi di minori a rischio.

Se, nella prassi, il trattamento dei dati personali sensibili dei minori(in particolare, quelli relativi allo stato di salute e alla vita sessuale)fosse stato condizionato al consenso informato dei genitori, questo

74 GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, 28 novembre 2001, in Nuovagiur. civ. commentata, 2002, I, p. 697 ss., con nota di commento di M. CATALLOZZI,Riservatezza, minori e test psichiatrici, che affronta una questione relativa all’eserci-zio del diritto di accesso ex art. 13 l. 31 dicembre 1996, n. 675, da parte di un padrealla cartella clinica della figlia minore, detenuta da un neuropsichiatra. Il Garanteha ritenuto lesivo dell’identità personale degli interessati (padre e figlia) il diniegodella richiesta di comunicazione delle informazioni personali raccolte dal medico.

75 L. SACCHETTI, Gli operatori minorili di fronte alla privacy, cit., p. 7 ss.

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avrebbe paralizzato l’attività dei servizi sociali. Infatti, nei casi di abu-so della potestà genitoriale, garantire la privacy del minore avrebbesignificato paradossalmente garantire la riservatezza del genitore e nonquella del minore in contrasto con l’altra. Il genitore, in ipotesi di talgenere, non esprimerebbe mai un consenso al trattamento di dati rela-tivi al minore (per es. turbe psichiche), che potrebbero essere sintoma-tici di comportamenti in violazione dei propri doveri genitoriali, maopterebbe ovviamente per la tutela della sua riservatezza.

Il rifiuto di esprimere il consenso informato per il trattamento deidati sensibili del minore da parte dei genitori potrebbe cagionare undanno al minore che, a causa dell’atteggiamento perseverante nellaviolazione dei doveri genitoriali e reticente nei confronti dei servizisociali dei propri genitori, sarebbe costretto a vivere un’esistenza nonlibera e non dignitosa.

Si tratta, indubitabilmente, di un’ipotesi di conflitto di interessi tragenitore e figlio, che dovrebbe legittimare, in sede di azione giudiziariaper il risarcimento del danno subito dal minore, la nomina di un cura-tore speciale ex art. 78, comma 2, c.p.c76 o di un rappresentante spe-ciale secondo la terminologia convenzionale77 (artt. 4 e 9 della Conven-zione di Strasburgo), qualora l’Italia estendesse l’àmbito di applicazio-ne della Convenzione di Strasburgo a tutta la giustizia minorile.

La Convenzione di Strasburgo, infatti, stabilisce che se i genitorinon possono secondo il diritto interno rappresentare il figlio a causa diun conflitto di interessi con questi, un rappresentante speciale puòessergli nominato dall’autorità giudiziaria d’ufficio (ex art. 9, comma1) o su richiesta dello stesso minore (art. 4, comma 1); la richiesta puòessere fatta personalmente dal fanciullo o attraverso altre persone odorgani. Il comma 2 dell’art. 4 dà all’ordinamento interno degli Staticontraenti la possibilità di stabilire che il diritto di chiedere la nomina

76 In tal senso v. Cass., 16 settembre 2002, n. 13507, in Mass. Giur. it., 2002;Cass., 13 aprile 2001, n. 5533, ivi, 2001.

77 G. MAGNO, Il minore come soggetto processuale. Commento alla convenzioneeuropea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, Milano, 2001, p. 46 ss., ritiene che lascelta semantica operata dalla Convenzione con la figura del rappresentante specia-le non sia casuale: essa, pur distinguendo i concetti giuridici di rappresentanza e diassistenza, ha ritenuto opportuno ricorrere ad una «figura di rappresentante esper-to, che comuli in sé quando ciò è necessario e utile, i poteri giuridici di rappresen-tanza e la capacità (di fatto) di assistenza».

Valeria Corriero / Privacy del minore e potestà dei genitori 1019

di un rappresentante speciale appartenga soltanto al fanciullo conside-rato, dallo stesso ordinamento, capace di discernimento.

La Convenzione medesima, che è stata recepita nel nostro ordina-mento con una nuda ratifica, prevede per gli Stati aderenti la possibili-tà, non sfruttata al momento dal legislatore italiano, di riconoscere alminore altri diritti procedurali eventuali, fra i quali nominare un rap-presentante speciale per il minore (art. 5, lett. b), anche di là dalleipotesi di conflitto di interesse con il genitore.

Il riconoscimento di questo diritto procedurale c.d. eventuale sa-rebbe stato ben gradito dagli operatori minorili, dato che il nostroordinamento mostra un certo scetticismo nel riconoscere ipotesi diconflitto di interessi tra genitori e figli al fine di evitare che tali conflit-ti vengano istituzionalizzati.

Quest’atteggiamento paternalistico dell’ordinamento non ha avutorisvolti positivi nella prassi, come è stato dimostrato nell’àmbito dellaseparazione e del divorzio78. La Corte costituzionale79 ha negato il ri-conoscimento della qualità di parte al minore nelle procedure di sepa-razione e di divorzio, ritenendo superflua la nomina del curatore spe-ciale. Nelle questioni relative all’assegno di mantenimento o all’affida-mento del minore, la tutela dell’interesse di quest’ultimo dovrebbeessere garantita dal p.m. e dal potere del giudice di decidere ultrapetita. Tale tipo di tutela indiretta del minore si pone in contrasto conle convenzioni internazionali, che garantiscono al fanciullo, gli inte-ressi del quale siano in conflitto con i genitori, il diritto ad avere unproprio rappresentante speciale (artt. 4 e 7 della Convenzione diStrasburgo, ratificata con l. n. 77/2003).

Una lettura «ottusa»80 della legge 675/1996 avrebbe portato a similiconclusioni aberranti, senza possibilità di porre rimedio mediante la

78 Trib. Genova, ord., 1° aprile 1982, in Dir. fam e pers., 1982, p. 1178, ha solle-vato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, della legge 1°dicembre 1970, n. 898, nella parte in cui non prevede la nomina di un curatorespeciale che rappresenti il minore, figlio delle parti in causa. Successivamente sem-pre il Tribunale di Genova, con ordinanza del 19 giugno 1984, ivi, 1985, p. 25, hasollevato analoga questione in relazione all’art. 708 c.p.c., circa l’affidamento incaso di separazione tra i coniugi.

79 Corte cost., 14 luglio 1986, n. 185, in Foro it., 1986, I, c. 2679.80 L’espressione è di L. SACCHETTI, Privacy, nodi e scioglimenti con particolare rife-

rimento alla tutela dei minori, in Fam. e dir., 1998, p. 292.

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nomina di un curatore speciale o rappresentante speciale, come dir sivoglia, data l’ostilità dell’ordinamento verso il riconoscimento di situa-zioni di conflitto di interessi tra genitori e figli.

5. Il nuovo Codice in materia di protezione dei dati personali, oltreal merito di aver raccolto in un sol testo la copiosa normativa in temadi privacy, cui si aggiungono i preziosi provvedimenti del Garante81, harisolto anche i problemi che i «paralizzanti formalismi»82 relativi alconsenso informato dell’interessato avrebbero creato agli operatori so-ciali, se questi avessero rispettato alla lettera la legge.

Sembrano superati gli ostacoli che la legge 675/1996 creava con ilconsenso informato dei genitori per il trattamento dei dati sensibilirelativi ai minori a rischio, garantendo cosí la tutela di diritti anch’essicostituzionalmente rilevanti quali il diritto di difesa del minore e ilcompito della Repubblica di proteggere l’infanzia e la gioventú, cuicorrisponde il dovere pubblico degli operatori sociali. Tra le varie ipo-tesi di intervento dei servizi sociali, alle quali avrebbe dovuto applicar-si la regola del consenso informato del rappresentante legale del mino-re, vi è lo stato di abbandono del minore. La legge sull’adozione, at-tualmente modificata dalla l. 149/2001, prevede l’obbligo per gli ope-ratori sociali di riferire al tribunale per i minorenni le situazioni diabbandono morale e materiale. Questa attività dovrebbe rientrareappieno nella sfera di applicazione della legge sulla privacy.

Il dato allarmante è che durante la vigenza della legge 675/1996 eprecisamente prima che fosse emanato il Provvedimento del Garanten. 1/P/2000 del 13 gennaio 200083, il trattamento dei dati sensibilirelativi al minore da parte degli operatori minorili senza il consensodei genitori, pur non potendo costituire un illecito, per mancanza del

81 S. SICA, Disciplina della riservatezza: un equilibrio instabile per definizione, inScritti in memoria di Ernesto Cantelmo, II, Napoli, 2003, p. 787 ss., che fra le authoritiesdi recente istituzione considera il Garante per la protezione dei dati personali la piúriuscita per aver creato una «cultura» della riservatezza e per essere stata in gradodi creare un rapporto dialettico con i soggetti chiamati a dare applicazione allanormativa.

82 L. SACCHETTI, Gli operatori minorili di fronte alla privacy, cit., p. 7.83 PROVVEDIMENTO GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, 13 gennaio 2000,

n. 1, pubblicato in G.U. n. 26 del 2 febbraio 2000 e consultabile anche su Dir.inform., 2000, p. 424 ss.

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dolo specifico, avrebbe potuto comunque essere punito con una san-zione amministrativa (ex art. 39, comma 2, l. 675/1996). Affinché iltrattamento senza consenso sia illecito e punibile (ex artt. 11 e 35 l.675/1996), occorre che vi sia stato il dolo specifico, ossia che il fatto siastato commesso «al fine di trarne per sé o per altri profitto».

Tuttavia, si esclude84 che, nella vigenza della l. n. 675/1996, ilGarante, di fronte ad un trattamento irregolare ma non illecito daparte dei servizi sociali per finalità di rilevanza costituzionale, possairrogare una sanzione amministrativa.

A sciogliere questi dubbi interpretativi85 in ordine all’applicabilitào meno degli strumenti sanzionatori all’opera dei servizi sociali a tute-la del minore vi è in primo luogo il citato Provvedimento del Garanten. 1/P/2000 del 13 gennaio 2000 e poi, in recepimento di questo, l’art.73 del d.lg. 196/2003. In questa norma vi è un’elencazione abbastanzadettagliata delle varie attività svolte dai servizi socio-assistenziali, chesono considerate di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli artt. 20e 21 del Codice sulla privacy.

L’art. 22, comma 3, della l. 675/1996, come modificato dall’art. 5del d.lg. 11 maggio 1999, n. 135, ammetteva il trattamento dei datisensibili da parte dei soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici econo-mici, soltanto se autorizzati da espressa disposizione di legge, nellaquale venivano specificati i tipi di dati che potevano essere trattati, le

84 L. SACCHETTI, o.u.c., p. 8.85 L. SACCHETTI, Privacy, nodi e scioglimenti con particolare riferimento alla tutela

dei minori, cit., p. 289 ss. L’a. suggerisce un’interpretazione estensiva dell’autorizza-zione n. 6 del Garante («sul trattamento di dati sensibili da parte degli investigatoriprivati»), che ha dichiarato non applicabile la legge ai trattamenti diretti alla tuteladi un proprio diritto anche mediante comunicazione a un’autorità giudiziaria. L’ap-plicazione della l. 675/1996 paralizzerebbe la essenziale funzione dei servizi socialie interromperebbe la comunicazione con la giustizia minorile, sí che la facoltà rico-nosciuta agli investigatori privati e avvocati per la tutela giudiziaria dei propri clien-ti andrebbe riconosciuta anche agli operatori minorili con «una estensione tempo-rale implicita e conforme ad attività prodromiche e strumentali agli atti di difesa nelprocesso». In realtà, il provvedimento del Garante per la protezione dei dati perso-nali del 13 gennaio 2000, n. 1, che individua le attività che perseguono rilevantifinalità di interesse pubblico per le quali è autorizzato il trattamento dei dati sensi-bili da parte dei soggetti pubblici, precede l’autorizzazione n. 6. Nell’elencazione ditali attività rientra anche quella dei servizi socio-assistenziali nelle sue varie espressio-ni, fra le quali le indagini psico-sociali relative all’adozione di provvedimenti di ado-zione anche internazionale, l’assistenza dei minori coinvolti in vicende giudiziarie ecc.

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operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perse-guite86. Per i trattamenti non autorizzati da espressa disposizione dilegge, come nel caso delle attività dei servizi sociali prima dell’emana-zione del codice (art. 73), i soggetti pubblici potevano chiedere alGarante per la protezione dei dati personali di individuare tra le attivi-tà ad essi demandate dalla legge, quelle che perseguivano rilevantifinalità di interesse pubblico e per le quali il trattamento dei dati sen-sibili potesse essere autorizzato nelle more di una specificazione legi-slativa (in tal senso v. Provvedimento n. 1/P/2000 intitolato allaindividuazione di attività che perseguono rilevanti finalità di interessepubblico per le quali è autorizzato il trattamento dei dati sensibili daparte dei soggetti pubblici).

Pertanto, dopo la modifica operata dal Codice, gli operatori minorilipossono trattare i dati sensibili relativi ai minori (per es. nell’attività diassistenza nei confronti dei minori, anche in relazione a vicendegiudiziarie, nelle indagini psico-sociali relative a provvedimenti di ado-zione anche internazionale, in base alle lett. c e d dell’art. 73 del Codi-ce), senza l’obbligo del preventivo consenso informato dei genitori (art.18, comma 4, d.lg. n. 196/2003), i cui interessi, soprattutto nelle ipote-si di violazione dei doveri genitoriali, potrebbero essere in conflittocon quelli del minore.

6. La nociva diffusione dei fatti di cronaca giudiziaria relativi aiminori in àmbito civilistico ha sensibilizzato il legislatore, che, nel nuovoCodice sulla privacy, stimolato anche dall’infaticabile attività delGarante87, ha inserito il capo II, intitolato «Minori» nella parte II,relativa a specifici settori.

86 Sulle garanzie del trattamento dei dati personali da parte dei soggetti pubbliciv. A. LOIODICE e G. SANTANIELLO, La tutela della riservatezza, in Tratt. di dir. amm.Santaniello, XXVI, Padova, 2000, p. 23 ss.

87 Nella newsletter del 7 aprile 1999, in Cittadini e soc. inform., 8, p. 81, il Garanteha posto in evidenza la violazione del codice deontologico dei giornalisti, che preve-de il divieto di pubblicare i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca e di fornireparticolari in grado di condurre alla loro identificazione (vicenda relativa ad unaminore coinvolta nel fenomeno della prostituzione); il Garante (28 maggio 2001,ivi, n. 20, p. 7) ha ritenuto prevalente il diritto alla riservatezza dei minori rispetto aldiritto di cronaca anche in relazione a figli di personaggi noti.

Valeria Corriero / Privacy del minore e potestà dei genitori 1023

L’art. 50 del Codice88 estende il divieto contenuto nell’art. 13 deld.P.R. n. 448/1988, sopra richiamato, a tutte le ipotesi nelle quali ilminore è coinvolto a qualunque titolo in un procedimento giudiziarioe quindi anche in materie diverse da quella penale.

Si tratta di una svolta epocale per la tutela del diritto alla riservatez-za del minore a qualsiasi titolo coinvolto in procedimenti civili e ammi-nistrativi. L’inesistenza di una norma, che sancisse il divieto di pubbli-cazione di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione diun minore coinvolto in procedimenti diversi da quelli penali, avevadeterminato la possibilità che il genitore autorizzasse la diffusione divicende giudiziarie relative al minore, per perseguire interessi perso-nali (come per esempio il rispetto del provvedimento giudiziario diaffidamento)89.

Il consenso del genitore del minore infrasedicenne è, secondo partedella dottrina90, non validamente prestato per la diffusione dell’imma-gine di questi, in quanto si tratta di un diritto inerente alla personalitàdel minore, sí che non può essere dato dal suo rappresentante legale.A convalidare questa tesi sembra esserci l’art. 114 c.p.p., che prevedeper la diffusione dell’immagine relativa ad un minore, un’unica alter-

88 R. IMPERIALI e R. IMPERIALI, Codice della privacy. Commento alla normativa sullaprotezione dei dati personali, cit., p. 268, non accolgono con tanta enfasi tale disposi-zione, poiché un capo intitolato minori «avrebbe lasciato pensare che esso conte-nesse ed accorpasse l’intera disciplina in tema di tutela dei dati personali riferiti aiminori». Interessante appare il richiamo al Children’s Online Privacy Protection Act(COPPA), promulgato nell’ottobre del 1998 in America, che affronta il problemadella raccolta dei dati personali dei minori tramite Internet. Il COPPA distingue iminori di anni 13 dagli altri minori, tant’è che la raccolta dei dati di quest’ultimi èsoggetta alla generale situazione di deregolamentazione.

89 Emblematico è un caso giurisprudenziale (v. Pret. Roma, decr. 29 dicembre1988 e ord. 11 gennaio 1989, in Temi rom., 1989, p. 380), nel quale il genitore affidatarioaveva prestato il proprio assenso ad un’iniziativa televisiva di largo interesse sociale,per poter dare maggior risalto alla sua pretesa di esigere il rispetto del provvedimentogiudiziario relativo all’affidamento, dato che il minore era presso la madre nonaffidataria. Il Pretore di Roma, mediante un intervento di tutela preventiva (ex art.700 c.p.c.), garantí la tutela della riservatezza del minore, imponendo alla R.A.I. che«nell’ideazione e nella realizzazione dell’inchiesta-dibattito su detta vicenda fosseroadottate le opportune tecniche giornalistiche (testuali, scenografiche, foniche ecc.),che avrebbero consentito di preservare l’anonimato dei soggetti e l’oggettiva nonriconoscibilità della vicenda personale della ricorrente e del figlio minore».

90 A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, cit., p. 359.

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nativa: o il consenso del minore sedicenne o l’autorizazzione del tribu-nale per i minorenni, previa valutazione dell’interesse del fanciullo, incaso di minori infrasedicenni.

Anche se si prendono in esame altre norme dell’ordinamento, comequelle relative al divieto per il genitore di alienare un bene del figliosenza autorizzazione del giudice tutelare, si giunge alla stessa conclusio-ne: il genitore non può surrogarsi alla volontà del figlio, specialmentenel disporre di un bene fondamentale quale quello della riservatezza.

Tra le varie soluzioni, si è pensato91 di considerare il consenso al-l’uso dell’immagine del figlio come un atto di straordinaria ammini-strazione, da sottoporre al controllo del giudice tutelare, il quale ètenuto a valutare in maniera obiettiva l’eventuale esistenza di una si-tuazione pregiudizievole per il minore.

La ratio che ispira la nuova codificazione in tema di trattamento didati personali è rappresentata dalla tutela effettiva dei diritti e delladignità degli interessati, soprattutto quando questi siano dei soggettideboli. Infatti, l’art. 52, comma 5, del Codice, che si trova all’internodel capo dedicato all’informatica giuridica, prevede che, fermo restan-do quanto previsto dall’art. 734-bis c.p., in caso di riproduzione di unasentenza o di un provvedimento per finalità di informazione giuridica(per esempio in caso di pubblicazione su riviste giuridiche, su suppor-ti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica) siano omes-se le generalità e gli altri dati identificativi dei minori.

Nonostante l’incisività degli intenti stabiliti con la Carta di Trevisodel 199092 e le ripetute segnalazioni del Garante93, i fatti di cronacarelativi ai minori sembrano deludere le aspettative che scaturivano daquell’accordo. La tutela della personalità del minore viene di continuo

91 A.C. MORO, o.l.u.c.92 La Carta di Treviso è stata approvata nel corso del Convegno-seminario, orga-

nizzato dalla Federazione nazionale della stampa italiana, dall’Ordine nazionale deigiornalisti e dal Telefono azzurro, che ha avuto luogo a Treviso fra il 4 e il 5 ottobre1990 sul tema «Da bambino a notizia. I giornalisti per una cultura dell’infanzia».

93 GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, 20 giugno 2001, in Cittadini esoc. inform., 21, p. 4, ha richiamato l’attenzione dei giornalisti non soltanto sullenorme del codice deontologico, ma anche su quelle della Carta di Treviso, secondola quale il rispetto per la persona del minore, sia imputato sia vittima del reato,comporta l’anonimato nei suoi confronti. Si ritiene, quindi, preferibile ricorrere anomi di fantasia per tutelare la riservatezza del minore.

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messa a repentaglio da un’attività giornalistica, che divulga notizie re-lative ai minori protagonisti di vicende giudiziarie sia a caratterepenalistico sia civilistico (non soltanto fatti di cronaca nera, ma anchequestioni relative ad affidamenti, adozioni internazionali, riconosci-menti di figli naturali). La pubblicazione di notizie che conducono, informa diretta e indiretta, all’identificazione del minore, non può certoessere ritenuta non nociva per un corretto sviluppo della personalitàdel minore. Il bilanciamento tra il fondamentale diritto all’informazio-ne94, nella duplice forma di diritto di informare e diritto di essereinformati, e il rispetto dei diritti della personalità del minore spessonella prassi non è realizzato dai giornalisti, l’attività dei quali dovreb-be arrestarsi dinanzi a «interferenze arbitrarie o illegali nella privacy ead illeciti attentati all’onore e alla reputazione»95.

Nel rispetto dei princípi e dei valori della Carta costituzionale (artt.2, 3 e 30) e della Convenzione dell’Onu del 1989 sui diritti del bambi-no, la Carta di Treviso stabilisce che l’attività giornalistica deve rispet-tare «il maggiore interesse del minore», anche sacrificando tutti glialtri interessi.

Peraltro, la protezione dei dati personali dei minori è anche undovere deontologico del giornalista96. Sia la precedente normativa sul-la privacy sia il nuovo Codice esonerano dalla regola del consenso edall’autorizzazione del Garante, la diffusione e la comunicazione deidati personali nell’esercizio della professione del giornalista (artt. 137d.lg. 196/2003 e 25, comma 1 e 6, 28, comma 6, 12, comma 1, lett. e,20, comma 1, lett. d, l. 675/1996). Per quanto concerne i dati sensibili,l’art. 139, comma 1, del d.lg. 196/2003, contiene il richiamo alla pro-mozione da parte del Garante (ai sensi dell’art. 12) dell’adozione di uncodice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nel-l’esercizio dell’attività giornalistica, che «preveda misure ed accorgi-menti a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in

94 Ritiene che il rilancio degli studi sulla privacy, a seguito di un «rigurgitoprivatistico», derivi dal fatto che tale categoria sia stata assunta come alternativa ri-spetto al diritto all’informazione, N. LIPARI, Diritto e valori sociali, Roma, 2004, p. 167.

95 L’espressione è tratta dalla Carta di Treviso.96 Approfondisce i collegamenti tra la disciplina sulla protezione dei dati perso-

nali e i doveri deontologici dei giornalisti A. BELLELLI, Legge sulla privacy e codicedeontologico dei giornalisti, in Rass. dir. civ., 1999, p. 3 ss.

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particolare per quanto riguarda quelli idonei a rivelare lo stato di salu-te e la vita sessuale»97.

Il codice deontologico relativo al trattamento dei dati personalinell’esercizio dell’attività giornalistica dedica una specifica disposi-zione alla tutela dei minori. L’art. 7 stabilisce che, al fine di tutelarela personalità del minore, il giornalista non deve pubblicare i nomidei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornire particolari in gradodi condurre alla loro identificazione; qualora lo faccia, per motivi dirilevante interesse pubblico, fermo restando i limiti di legge, dovràsotto pena di responsabilità valutare se la pubblicazione sia davveronell’interesse oggettivo del minore, secondo i limiti e i princípi stabi-liti dalla Carta di Treviso.

Alla luce degli ultimi interventi normativi (d.lg. 196/2003) e delledisposizioni di vario grado presenti nell’ordinamento, come quelledeontologiche dei giornalisti, si può sostenere con fermezza che il di-ritto del minore alla riservatezza risulta essere prevalente rispetto aldiritto di cronaca, salvo ipotesi eccezionali.

7. L’era moderna è caratterizzata da una costante erosione del-l’area della segretezza e dell’intangibilità di alcuni tipi di dati perso-nali. La tutela della privacy è nata come tutela degli interessi dellaclasse borghese ed è apparsa all’origine in una forma prettamenteindividualistica, per assumere col tempo una dimensione collettiva euna concezione dinamica98.

97 Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’eserciziodell’attività giornalistica (pubblicato su G.U. del 3 agosto 1998, n. 179) prevedenell’art. 1 relativo ai princípi generali che «le presenti norme sono volte acontemperare i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all’in-formazione e con la libertà di stampa».

98 S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, 1995, Bologna, p. 21 ss., il quale magistralmentetraccia l’iter evolutivo della storia della privacy, criticando l’atteggiamento di quanticonsiderano «i problemi della privacy seguendo il pendolo tra riservatezza e divul-gazione; tra l’uomo prigioniero dei suoi segreti e l’uomo che non ha nulla da nascon-dere; tra la casa fortezza, che glorifica la privacy e favorisce l’egocentrismo, e la casavetrina, che privilegia gli scambi sociali». Si tratta di un approccio alla privacy unpo’ datato, in quanto negli ultimi tempi emerge la necessità di superare l’inizialevisione individualistica.

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In questo processo di riduzione dell’area del segreto si colloca larecente riforma in tema di adozione (l. 149/2001)99, che in virtú delfavor veritatis100, prevede che il minore adottato conosca, nei modi enei tempi piú opportuni per i genitori adottivi, la sua condizione difiglio adottato101.

L’art. 28 della l. 184/1983, cosí come sostituito dall’art. 24 della l.149/2001, stabilisce che l’adottato a venticinque anni possa accedere adinformazioni che riguardino la sua origine e l’identità dei propri genito-ri biologici e, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla suasalute psico-fisica, possa farlo al raggiungimento della maggiore età.

Questa disposizione sembra segnare una svolta decisiva nell’àmbitodella ricerca della propria identità biologica e apparentemente rivoluzio-na la concezione tradizionale dell’istituto dell’adozione fondata sul prin-cipio dell’anonimato dei genitori biologici. La conoscenza da parte del-l’adottato delle proprie origini in passato era considerata nociva per ilsuo sviluppo psico-fisico102, in quanto si riteneva che l’intromissionedella famiglia di sangue nella vita dell’adottato avrebbe potuto determi-nare dei turbamenti nella sua personalità. La riforma sull’adozione, in-vece, in coerenza con l’evoluzione del costume sociale, sembra in primabattuta affermare che il segreto sull’identità dei genitori biologici costi-tuisca un ostacolo alla libera formazione della personalità dell’adottato.

99 Per un’accurata disamina della riforma che evidenzia luci ed ombre presentinel testo legislativo, tra l’altro non scevro di censure anche da un punto di vistatecnico, v. R. PANE, Le adozioni tra innovazioni e dogmi, Napoli, 2003, p. 18 ss.

100 Sul punto v. ampiamente R. PANE, Favor veritatis e diritto dell’adottato diconoscere le proprie origini nella recente riforma delle adozioni, cit., p. 249 ss.

101 L. SACCHETTI, Nuove norme sul segreto nell’adozione: una serie di problemi, inFam. e dir., 2002, p. 97, ritiene che il primo comma di tale disposizione sia «unasovrapposizione legale pesante, teoricamente sanzionabile con provvedimento sullapotestà, a ribadire la speciale connotazione pubblicistica della funzione attribuita aquesta famiglia»; v. anche A. FINESSI, “Il diritto del minore ad una famiglia”: per unaprima lettura della disciplina dell’affidamento e dell’adozione, in Studium iuris, 2001,p. 793 e V. SCIARRINO, Tutela del minore e comunità familiari nel sistema delle adozioni,Napoli, 2003.

102 V. SCALISI, Della dichiarazione di adozione, in Comm. al dir. it. fam. a cura diCian, Oppo e Trabucchi, VI, 2, Padova, 1993, p. 356 ss. e v. anche A. PROCIDA

MIRABELLI DI LAURO, Le adozioni dei minori nei sistemi italiano e francese, Napoli,1988, p. 136 e L. ROSSI CARLEO, L’affidamento e le adozioni, in Tratt. di dir. priv. Rescigno,III, Torino, 1982, p. 278 ss.

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Tuttavia, il fattore determinante che ha spinto il legislatore a garan-tire il diritto di accesso alle informazioni genetiche dei consanguinei èindubitabilmente la tutela della salute dell’adottato103, tant’è che tra isoggetti titolari di questo diritto vi sono oltre ai genitori adottivi anchei responsabili delle strutture ospedaliere e sanitarie104. Le informazio-ni genetiche sono dei dati personali, dai quali si ricava lo stato disalute dell’individuo, con la peculiarità di definire nel contempo laspecificità della persona e la sua appartenenza ad un gruppo105.

La tutela della riservatezza dei genitori biologici, in un certo sen-so compressa nei rapporti tra questi e la famiglia adottiva e tra questie il figlio adottivo venticinquenne e ultradiciottenne, si riespande neiconfronti dei terzi estranei. Infatti, l’accesso alle informazioni, dallequali possa risultare il rapporto di adozione, è precluso ai terzi estra-nei in base all’art. 28, comma 3, salvo autorizzazione espressa del-l’Autorità giudiziaria. In realtà, il divieto di accesso per i terzi estra-nei, la cui inosservanza tra l’atro è penalmente sanzionata dall’art. 73della legge, mira a tutelare la riservatezza dell’adottato, piú che quel-la dei genitori biologici.

Il trattamento di tali dati personali è garantito per finalità merite-voli di tutela, come la salute dell’adottato e il diritto del venticinquennedi conoscere le proprie origini, sí che l’accesso è garantito soltanto adeterminati soggetti (genitori adottivi, figlio adottivo, responsabili distrutture sanitarie) e, tranne il caso dell’adottato venticinquenne, su

103 In tal senso v. A. e M. FINOCCHIARO, Adozione e affidamento dei minori. Com-mento alla nuova disciplina (l. 28 marzo 2001, n. 149 e d.l. 24 aprile 2001, n. 150),Milano, 2001, p. 12 ss.

104 Ritiene che non debba essere interpretata letteralmente l’ultima parte delcomma 4 dell’art. 28, poiché l’informazione utile per i responsabili dei servizi sani-tari non sarà sicuramente l’identità dei genitori, quanto il patrimonio genetico diquesti, R. PANE, Favor veritatis e diritto dell’adottato di conoscere le proprie origininella recente riforma delle adozioni, cit., p. 259. Condivisibilmente l’a. critica taledisposizione per il fatto di subordinare l’accesso alle informazioni da parte del-l’adottato maggiorenne all’autorizzazione del tribunale per i minorenni, il che risul-ta incompatibile con le ragioni di necessità e di urgenza e di grave pericolo per lasalute dell’adottato.

105 Per un approfondimento delle problematiche sul trattamento dei dati geneti-ci alla luce dei progressi della medicina predittiva e dell’eugenetica v. S. RODOTÀ, Tradiritto e società. Informazioni genetiche e tecniche di tutela, in Riv. crit. dir. priv., 2000,p. 584 ss.

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autorizzazione del tribunale per i minorenni, se sussistono gravi e com-provati motivi o ragioni di necessità o urgenza o di grave pericolo perla salute del minore.

Per conoscere l’identità dei genitori biologici e le informazioni sulproprio patrimonio genetico, il legislatore ritiene addirittura non suf-ficiente la capacità di agire, ma richiede immotivatamente il compi-mento del venticinquesimo anno di età. All’interno della stessa rifor-ma sull’adozione affiorano, quindi, delle stridenti contraddizioni, per-ché da un lato, in linea con le convenzioni internazionali sui diritti delfanciullo, si riconosce il diritto all’ascolto dei minori infradodicenni inrelazione alla loro capacità di discernimento; dall’altro si limita il dirittofondamentale ed inviolabile di conoscere le proprie origini all’adottatomaggiorenne. A dispetto degli orientamenti ormai consolidati della dot-trina, che sostengono l’esercizio diretto dei diritti della personalità daparte del minore, il legislatore ritiene invece necessaria anche per l’adot-tato maggiorenne l’autorizzazione del tribunale per i minorenni.

Questa discrepanza della normativa in esame, da subito opportuna-mente segnalata dalla piú attenta dottrina minorile106, spinge a defini-re l’adottato che ha compiuto i diciotto anni come «maggiorenne mi-norato»107, ancora bisognevole della tutela minorile, che quantunquemaggiorenne e capace di agire, in una situazione di necessità per latutela della sua salute, debba anche essere valutato dal tribunale per iminorenni psichicamente idoneo a sopportare il peso di certe notizie.

Tra il quinto e il sesto comma della norma si riscontrano delleantinomie non soltanto rispetto all’intero ordinamento per l’incapacitàd’agire del diciottenne relativamente al diritto di conoscere le proprieorigini, ma soprattutto in ordine alla inutilità dell’istruttoria finalizza-ta alla autorizzazione del tribunale per i minorenni per l’accesso alleinformazioni genetiche. Tale autorizzazione, secondo il legislatore, èfinalizzata ad evitare che l’accesso alle informazioni possa procurare

106 In tal senso v. L. SACCHETTI, Nuove norme sul segreto nell’adozione: una serie diproblemi, cit., p. 99.

107 L’espressione è di L. SACCHETTI, o.l.u.c., che tra le varie incongruenze dell’art.28 della l. 184/1983 individua quella del diritto alle informazioni dell’adottato fra i18 e 25 anni. Nasce cosí «un piccolo adulto, maggiorenne deprivato fra i diciotto ei venticinque anni di capacità giuridica in ordine alla conoscenza della propria origi-ne e dei procreatori».

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un grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente. Riescedifficile immaginare come un maggiorenne, che in base al primo commadella norma in esame dovrebbe già essere a conoscenza della sua condi-zione di figlio adottato, possa non mostrare un certo turbamento difronte alla necessità di conoscere quelle informazioni per la eventualerisoluzione di problemi di salute, sapendo che il giudice è libero di ne-gare l’autorizzazione, se non si convinca della sua idoneità. Piuttosto,tale procedura potrebbe creare degli stati ansiosi per l’adottato e, qualo-ra venga emesso un decreto di rifiuto, oltre a lasciare insoddisfatta lameritevole esigenza di conoscere le proprie radici biologiche, potrebbeeliminare la probabilità di risolvere dei problemi di salute o quanto menodi adottare terapie idonee per combattere alcuni tipi di patologie.

Tra l’altro l’ultimo inciso del comma 5, che prevede l’istanza altribunale per i minorenni, non può che riferirsi soltanto all’adottatoche abbia un’età compresa tra i diciotto e i venticinque anni - e già quinon senza qualche difficoltà - e non al venticinquenne.

L’impianto normativo di tale disposizione risulta ancora abbastanzacontorto, in quanto il comma 7 prevede ben tre limiti all’accesso alleinformazioni sull’identità dei genitori biologici che sussistono: a) sel’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale;b) qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato dinon voler essere nominato; c) se anche uno solo di essi abbia manife-stato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.

Quest’ultimo comma, contrariamente alla ratio che ispira i commiprecedenti, si traduce in una ipertutela del diritto alla privacy deigenitori biologici a discapito del diritto alla salute del figlio adottivoe del diritto fondamentale della persona di conoscere le proprie ori-gini108, diritti costituzionalmente garantiti (artt. 32 e 2 cost.), da rite-

108 M.R. MARELLA, Il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini biologiche.Contenuti e prospettive, in Giur. it., 2001, p. 1170, che compie un’indaginecomparatistica sul diritto di conoscere le proprie origini, sottolineando l’esigenza,già avvertita nelle legislazioni europee, di garantire tale diritto tout court. Infatti inGermania una recente legge, e precisamente la Kindschaftsrechtsreformgesetz del 16dicembre 1997, entrata in vigore il 1° luglio 1998, riconosce a tutti i figli il diritto aconoscere le proprie origini biologiche, attuando cosí un’effettiva parificazione frafiliazione fuori del matrimonio e filiazione legittima. Trattandosi di un diritto fonda-mentale della persona, cosí come per la prima volta delineato da una sentenza delBundesverfassungsgericht del 1989, esso deve secondo l’a. essere garantito oltre «gli

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nere in questo caso prevalenti rispetto al diritto alla riservatezza deigenitori biologici109.

Anche questo comma non può considerarsi scevro di censure, poi-ché la prima ipotesi è tautologica, in quanto si tratta del caso del mino-re abbandonato dalla nascita, sí che risulta improbabile conoscere l’iden-tità dei genitori biologici110. Ci si trova dinanzi ad una situazione og-gettiva di impossibilità di raccogliere quei dati, in quanto inesistenti,data la scelta della madre di far perdere completamente le sue tracce.

Nella seconda ipotesi si estende la scelta dell’anonimato di un geni-tore biologico automaticamente all’altro senza tener conto della suavolontà, cosí ope legis.

La terza, invece, prospetta una ipotesi non prevista dalla disciplinasulla adozione nazionale, semmai realizzabile nel caso di adozione in-ternazionale. Infatti, ai fini della dichiarazione di adottabilità si tieneconto dello stato di abbandono morale e materiale del minore, ma nondel consenso dei genitori naturali. Al contrario l’adozione può esserepronunciata anche in caso di opposizione di questi o dei parenti entroil quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con ilminore. Una svista di un certo rilievo, dato che non tiene conto del-l’abrogazione del comma 2 dell’art. 296 c.c. effettuata dall’art. 67 dellal. 184/1983. Infatti, prima dell’abrogazione il comma 2 dell’art. 296recitava: «se l’adottando non ha compiuto la maggiore età il consenso èdato dal suo legale rappresentante». D’altronde anche il genitore na-

angusti confini dell’adozione» ed «in contesti in cui mutano gli interessi in conflittoe le modalità in cui si atteggia il contrasto fra di essi».

109 Contra R. PANE, Favor veritatis e diritto dell’adottato di conoscere le proprieorigini nella recente riforma delle adozioni, cit., p. 259 ss., la quale, pur partendo dalpresupposto che la conoscenza della verità sul proprio patrimonio genetico sia daannoverare tra i diritti inviolabili dell’uomo, sostiene che tale esigenza possa esseredisattesa in presenza di interessi maggiormente meritevoli di tutela come quello delgenitore biologico di conservare l’anonimato, seppure entro precisi limiti. Ritienecomunque mal formulati i limiti all’accesso alle informazioni genetiche contenutinel comma 7 dell’art. 28 della l. 149/2001.

110 Condivide la ratio della disposizione, ritenendo che tale limite ponga al riparoda possibili azioni di stato, come la dichiarazione giudiziale di maternità naturale,«attraverso cui sarebbero pericolosamente imposti gli effetti di un rapporto di di-scendenza, siccome accertato e giudizialmente statuito», G. SCIANCALEPORE, Il dirittodel minore alla propria famiglia (note a margine della l. 28 marzo 2001, n. 149), inScritti in memoria di Ernesto Cantelmo, II, cit., p. 757.

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turale che ha riconosciuto il proprio figlio non può disporre di questi,secondo i princípi sui quali si basa il nostro ordinamento, manifestan-do il consenso all’adozione e ponendo nel contempo la condizionedell’anonimato111.

La ratio dell’adozione legittimante è di garantire al fanciullo unafamiglia, quando quella di origine non sia in grado di tutelare i suoidiritti, adempiendo gli obblighi genitoriali. Non si richiede il consensodei genitori naturali all’adozione, ma il tribunale per i minorenni,avvalendosi dell’opera dei servizi sociali, verifica se sussiste una situa-zione oggettiva di abbandono.

L’ultimo comma dell’articolo in esame, infine, esclude l’autorizza-zione del tribunale per i minorenni, qualora i genitori adottivi sianomorti o divenuti irreperibili. Anche qui emergono delle perplessitàsulla coerenza del legislatore nella scelta di un effettivo superamentodel principio dell’anonimato dei genitori di sangue nell’esclusivo in-teresse morale e materiale dei figli.

È un passo incerto del legislatore, che da un lato resta ancorato allaconcezione della paternità e maternità sociale propria dell’adozione, edall’altro avverte un ritorno alla preminenza della maternità e paterni-tà biologica, sotto le «mentite spoglie» del diritto fondamentale dellapersona a conoscere le proprie origini biologiche112. Si avverte nel pre-sente uno scontro tra passato remoto, che vede primeggiare la famigliadi sangue, e passato prossimo, caratterizzato dalla tutela della famigliadegli affetti.

Se da una prima lettura della norma in esame potrebbe sembrare inun certo senso superato il principio dell’anonimato dei genitori biolo-gici, in realtà da un approfondimento ermeneutico si possono scorgerenumerosi punti di resistenza (v. per es. l’autorizzazione del tribunaleper l’accesso ai dati da parte dell’adottato ultradiciottenne, mainfraventicinquenne) e di indecisione.

111 Ritiene auspicabile la valorizzazione del consenso per favorire l’aumento deiminori adottabili a fronte di un numero esorbitante di richieste di adozione e peraccelerare i tempi della procedura, R. PANE, Le adozioni tra innovazioni e dogmi, cit.,p. 20. Nello stesso senso si era espresso in precedenza F.D. BUSNELLI, Legge 4 maggio1983, n. 184. Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori, in Nuove leggi civ.commentate, 1984, p. 14.

112 S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, cit., p. 210.

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Non è quindi del tutto superata la concezione tradizionale dell’ado-zione legittimante, che dietro l’esigenza di garantire al minore unafamiglia cela anche altri interessi, quali quello all’anonimato dei geni-tori di sangue e quello dei genitori adottivi di recidere i legami delminore con il passato.

La disposizione in esame, criticabile sotto un profilo tecnico-giuri-dico, potrebbe non esserlo sul piano etico, là dove mostra dei limitialla ricerca incontrollata della verità al fine di preservare i legami affet-tivi e personali costruiti nel tempo113.

Tuttavia, l’accesso alle proprie informazioni genetiche non può es-sere limitato, anche se tali dati siano nella disponibilità di altri sogget-ti, quando la finalità è quella di tutela della propria salute. I progressidell’ingegneria genetica a tutela della salute dell’individuo non posso-no restare lettera morta per l’ostilità di regole giuridiche non al passocon i tempi.

Si parla da tempo di diritto all’autodeterminazione informativa, cherientra in una nuova definizione di privacy, come diritto di ciascuno dimantenere il controllo delle proprie informazioni, anche quando essesi trovino nella disponibilità di soggetti socialmente estranei mabiologicamente legati come i genitori naturali dell’adottato.

VALERIA CORRIERO

113 S. RODOTÀ, Tra diritto e società. Informazioni genetiche e tecniche di tutela, cit,p. 586 ss., che sintetizza in una breve ma intensa espressione i rischi della veritàbiologica: «la biologia vuole cancellare la biografia, con una pericolosa regressioneculturale e sociale».