Primo Semestre

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LUDWIG WITTGENSTEIN TRACTATUS LOGICO-PHILOPHICUS (TLP) (con tagli vari) (Einaudi editore, 1989) 4.022 La proposizione mostra il suo senso. (…) 4.II4 La filosofia deve limitare il pensabile e, con ciò, l’impensabile. Essa deve delimitare l’impensabile dall’interno attraverso il pensabile. 4.II5 Essa significherà l’indicibile rappresentando chiaramente il dicibile. 4.I2I2 Ciò che può essere mostrato non può essere detto. 5.62I Il mondo e la vita sono un tutt’uno. 5.63 Io sono il mio mondo. 5.632 Il soggetto non appartiene al mondo, ma del mondo è un limite. 6.4I Il senso del mondo deve essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non c’è in esso alcun valore – né, se vi fosse, avrebbe valore. Se un valore che abbia valore v’è (…) Deve essere fuori dal mondo. 6.42 Né, quindi, vi possono essere proposizioni dell’ etica. Le proposizioni non possono esprimere nulla di ciò che è più alto. 6.421 È chiaro che l’etica non può formularsi. 6.422 Il primo pensiero nell’atto che è posta una legge etica della forma “Tu devi….” è: E se non lo faccio ? Ma è chiaro che nulla l’etica ha a che fare con pena e premio (…) 6.43II La morte non è evento della vita. La morte non si vive. Se per eternità si intenda (…) intemporalità, vive eterno colui che vive nel presente. 6.43I2 L’immortalità temporale dell’anima dell’uomo (…) non solo non è per nulla garantita, ma, a ,supporla, non si consegue affatto ciò che, supponendola, si è sempre perseguito. Forse è sciolto un enigma perciò che io sopravviva in eterno? Non è forse questa vita eterna enigmatica come la presente? La risoluzione dell’enigma della vita nello

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LUDWIG WITTGENSTEINTRACTATUS LOGICO-PHILOPHICUS (TLP) (con tagli vari)(Einaudi editore, 1989)

4.022 La proposizione mostra il suo senso. (…)4.II4 La filosofia deve limitare il pensabile e, con ciò, l’impensabile. Essa deve delimitare l’impensabile dall’interno attraverso il pensabile.4.II5 Essa significherà l’indicibile rappresentando chiaramente il dicibile.4.I2I2 Ciò che può essere mostrato non può essere detto.5.62I Il mondo e la vita sono un tutt’uno.5.63 Io sono il mio mondo.5.632 Il soggetto non appartiene al mondo, ma del mondo è un limite.6.4I Il senso del mondo deve essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non c’è in esso alcun valore – né, se vi fosse, avrebbe valore. Se un valore che abbia valore v’è (…) Deve essere fuori dal mondo.6.42 Né, quindi, vi possono essere proposizioni dell’ etica. Le proposizioni non possono esprimere nulla di ciò che è più alto.6.421 È chiaro che l’etica non può formularsi.6.422 Il primo pensiero nell’atto che è posta una legge etica della forma “Tu devi….” è: E se non lo faccio ? Ma è chiaro che nulla l’etica ha a che fare con pena e premio (…)6.43II La morte non è evento della vita. La morte non si vive. Se per eternità si intenda (…) intemporalità, vive eterno colui che vive nel presente.6.43I2 L’immortalità temporale dell’anima dell’uomo (…) non solo non è per nulla garantita,

ma, a ,supporla, non si consegue affatto ciò che, supponendola, si è sempre perseguito. Forse è sciolto un enigma perciò che io sopravviva in eterno? Non è forse questa vita eterna enigmatica come la presente? La risoluzione dell’enigma della vita nello spazio e nel tempo è fuori dello spazio e del tempo. (…)

6.432 Come il mondo è, è affatto indifferente per ciò che è più alto. Dio non rivela sé nel mondo.6.45 La visione del mondo sub specie aeterni è la visione di esso come una totalità (...). il sentimento del mondo come una totalità delimitata è il sentimento mistico.6.52 Noi sentiamo che, persino nell’ipotesi che tutte le possibili domande scientifiche abbiano avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure sfiorati. Certo, allora non resta più domanda alcuna, e appunto questa è la risposta.6.52I La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparire di esso. (Non è forse per questo che degli uomini ai quali il senso della vita divenne (…) chiaro, non seppero poi dire in che cosa consistesse questo senso?)6.522 Ma v’è dell’ineffabile: Esso mostra sé, è il Mistico.6.54 Le mie proposizioni sono chiarificazioni le quali illuminano in questo senso: Colui che mi comprende, infine, le riconosce insensate, se è asceso per esse – su esse – oltre esse. (…) Egli deve superare queste preposizioni; è allora che egli vede rettamente il mondo.7 Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

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ANAT BILETZKI, ANAT MATARTRACTATUS LOGICO-PHILOSOPHICUS(Stanford Encyclopedia of Philosophy, 2014)

2.2 Sense and Non-sense

(…) “He makes a distinction between saying and showing which is made to do additional crucial work. “What can be shown cannot be said,” that is, what cannot be formulated in sayable (sensical) propositions can only be shown. This applies, for example, to the logical form of the world, the pictorial form, etc., which show themselves in the form of (contingent) propositions, in the symbolism, and in logical propositions. Even the unsayable (metaphysical, ethical, aesthetic) propositions of philosophy belong in this group—which Wittgenstein finally describes as “things that cannot be put into words. They make themselves manifest. They are what is mystical” (TLP 6.522).”

2.4 Interpretative Problems

(…) “The Tractatus, on this stance, does not point at ineffable truths (of, e.g., metaphysics, ethics, aesthetics, etc.), but should lead us away from such temptations. An accompanying discussion must then also deal with how this can be recognized, what this can possibly mean, and how it should be used, if at all.This discussion is closely related to what has come to be called the ethical reading of the Tractatus. Such a reading is based, first, on the supposed discrepancy between Wittgenstein's construction of a world-language system, which takes up the bulk of the Tractatus, and several comments that are made about this construction in the Preface to the book, in its closing remarks, and in a letter he sent to his publisher, Ludwig von Ficker, before publication. In these places, all of which can be viewed as external to the content of the Tractatus, Wittgenstein preaches silence as regards anything that is of importance, including the ‘internal’ parts of the book which contain, in his own words, “the final solution of the problems [of philosophy].” It is the importance given to the ineffable that can be viewed as an ethical position. “My work consists of two parts, the one presented here plus all that I have not written. And it is precisely this second part that is the important point. For the ethical gets its limit drawn from the inside, as it were, by my book; … I've managed in my book to put everything firmly into place by being silent about it …. For now I would recommend you to read the preface and the conclusion, because they contain the most direct expression of the point” (ProtoTractatus, p.16). “

3.6 Grammar and Form of Life

(…) “Grammar is not abstract, it is situated within the regular activity with which language-games are interwoven: “… the word ‘language-game’ is used here to emphasize the fact that the speaking of language is part of an activity, or of a form of life” (PI 23). What enables language to function and therefore must be accepted as “given” are precisely forms of life. In Wittgenstein's terms, “It is not only agreement in definitions but also (odd as it may sound) in judgments that is required” (PI 242), and this is “agreement not in opinions, but rather in form of life” (PI 241). Used by Wittgenstein sparingly—five times in the Investigations—this concept has given rise to interpretative quandaries and subsequent contradictory readings. Forms of life can be understood as changing and contingent, dependent on culture, context, history, etc; this appeal to forms of life grounds a relativistic reading of Wittgenstein. On the other hand, it is the form of life common to humankind, “shared human behaviour” which is “the system of reference by means of which we interpret an unknown language” (PI 206). This might be seen as a universalistic turn, recognizing that the use of language is made possible by the human form of life.”

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ALBERT NEWENFILOSOFIA ANALITICA(Einaudi editore, 2010)

I.6 La distinzione tra “dire” e “mostrare”(pp. 80-82)

(…) “Accanto ai concetti formali ci sono i concetti di valore in base ai quali un enunciato è insensato. Concetti di valore sono quelle espressioni presenti negli enunciati etici, estetici e religiosi, ai quali si deve il fatto che l’enunciato non sia una descrizione, ma voglia fare una valutazione. Poiché i valori non sono contingenti, mentre gli enunciati sensati possono descrivere solo stati di cose contingenti, non possiamo esprimere valutazioni mediante enunciati sensati (TLP 6.41). Con gli enunciati insensati ci scontriamo con i limiti del linguaggio. In essi si mostra il limite del linguaggio. Si mostra che voler fare affermazioni etiche, estetiche o religiose è un tentativo destinato a fallire. (…) poiché la scienza si occupa solo di enunciazioni sensate, la scienza non può, in linea di principio, dire nulla riguardo alle questioni che nel linguaggio ordinario vengono formulate attraverso tali enunciati.”

2.2 Regole e abitudini (pp. 87-88)

“Al centro dell’ultimo periodo della vita di Wittgenstein stanno il concetto di regola e quello di seguire una regola. (…) Wittgenstein, basandosi sul gioco degli scacchi, sviluppa il ruolo che le regole hanno per il significato dei giochi linguistici (…)

Non posso dire: questo è un fante e per questa pedina valgono determinate regole. Sono invece le regole del gioco che determinano la figura: il fante è la somma delle regole in base a cui si muove (…), proprio come nel linguaggio sono le regole sintattiche che determinano l’elemento logico della parola (WITTGENSTEIN, 1975, p.124 (…))

(…) Wittgenstein sosteneva quindi che il significato del segno linguistico è fissato dalle regole grammaticali di un linguaggio. Nelle RF1 si occupa poi del problema di come una regola grammaticale (o, in generale, una regola) possa determinare un certo modo di agire, ossia l’agire secondo una regola.

RF 198: Ma come può una regola insegnarmi che cosa debbo fare a questo punto? Qualunque cosa io faccia, può sempre essere resa compatibile con la regola mediante qualche interpretazione.RF 198: Le interpretazioni, da sole, non determinano il significato.

Deve esistere allora un fondamento per stabilire l’interpretazione di una regola, un fondamento per il seguire una regola, e questo consiste, secondo Wittgenstein, nelle abitudini di una comunità. (…)Per seguire una regola non è necessario avere subito davanti agli occhi la regola a cui ci si attiene. Piuttosto il comportamento secondo regole è caratterizzato dal fatto di essere imparato, per esempio attraverso l’addestramento, e quando lo si è imparato, esso diviene ovvio (RF 238). Seguire una regola significa agire secondo l’abitudine, e ciò non prevede né giustificazioni né riflessioni di alcun genere, ma la pure e semplice competenza di agire come si è imparato a fare, in modo abituale e ovvio. La abitudini sono perciò valide non perché siano fissate o concordate, ma perché quasi tutti di solito si sentono legati proprio a quelle abitudini. Se ciò non si verifica, allora non esistono

1“Ricerche Filosofiche”, 1953

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abitudini e quindi non c’è alcuna base per un agire secondo una regola. (…) Questo è appunto ciò che afferma la nota formula: “Il significato di un segno è il uso”.”

2.3 L’impossibilità di un linguaggio privato.

“Seguire una regola è un’istituzione, una prassi fondata sul presupposto teorico che esista una comunità, e quindi una moltitudine di persone, e non una sola persona. Un determinato modo di agire può essere compreso come comportamento conforme a regole solo se colui che agisce viene considerato parte di una comunità in cui questo modo di agire è ovvio ed usuale. (…) È anche escluso concettualmente che qualcuno crei in privato (…) un sistema di regole e che segua queste regole, poiché mancherebbe un’istanza di controllo e di sanzione:

RF 202: Per questo “seguire una regola” è una prassi. E credere di seguire la regola non è: seguire la regola. E perciò non si può seguire la regola privatim: altrimenti credere di seguire la regola sarebbe la stessa cosa che seguire la regola.”

JEAN-FRANÇOIS MALHERBEASCOLTARE L’INAUDITO. L’ETICA DEGLI ERETICI.(EDI; 2014)

Capitolo SettimoWITTGENSTEIN(pp. 167-184)I giochi linguistici e le loro “collisioni”(pp. 168-173)

(…) “la domanda che impegna il filosofo lungo tutto il corso della sua riflessione è una sola: “Come è possibile che il linguaggio abbia un significato?” (…) In particolare questo se per comunicare avessimo a disposizione solo le parole e le frasi, il significato di ciò che diremmo resterebbe alquanto impreciso. (…) Ma è vero anche l’inverso: i nostri comportamenti non sono sufficienti a produrre un significato (…). L’insaturazione semantica del linguaggio e dei comportamenti considerati separatamente ha portato Wittgenstein ad elaborare un nuovo concetto filosofico, quello di “gioco linguistico”. Non si tratta di un semplice gioco di parole, ma di una realtà complessa, composta di frasi e di parole, certo, ma anche di elementi contestuali e di comportamenti. (…) Un gioco linguistico consiste nel parlare e nell’agire per comunicare qualche significato a qualcuno. (…) La filosofia dei giochi linguistici di Ludwig Wittgenstein si presta particolarmente bene a comprendere la tensione tra l’uno e il molteplice. (…) Il linguaggio stesso esprime questa tensione. Si può dire che la lingua, in quanto strumento disponibile, rappresenta l’universale di una comunità e affermare allo stesso tempo che ogni utilizzo della parola è un atto singolare diverso da tutti gli altri. Non ci sarebbero atti linguistici senza una lingua a disposizione, e non ci sarebbe una lingua se non ci fossero dei singoli allocutori che ne conservano le strutture. (…) Solo se prendiamo come perno il nostro reale bisogno, vale a dire la nostra “forma di vita”, la nostra concreta interlocuzione con gli altri, possiamo passare dal mito della purezza cristallina alla significanza effettiva del linguaggio concreto. (…) Per esprimere le analogie nell’utilizzo delle espressioni linguistiche Wittgenstein introduce il concetto di somiglianza di famiglia. Le somiglianze di famiglia sono sempre approssimative. (…) Si parla quindi di somiglianze di famiglia per designare questi insiemi flessibili la cui legge di appartenenza non è rigida. (…) Wittgenstein propone di considerare la grammatica di un gioco linguistico come ciò che definisce l’ontologia di quel gioco linguistico. (…) Wittgenstein afferma che ogni gioco linguistico si definisce tramite una grammatica che implica un’ontologia originale. Aggiunge che la maggior parte delle nostre difficoltà linguistiche è dovuta a

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contrasti tra giochi linguistici che obbediscono a grammatiche diverse e che, di conseguenza, implicano ontologie diverse (…).”

“Il sole non sorge e non tramonta mai”(pp.173-174) (…) D’altronde l’autore delle Ricerche Filosofiche concepisce la filosofia come una pratica terapeutica, vale a dire come un lavoro curativo che mira a liberare i nostri spiriti dall’incantesimo dei tranelli del linguaggio. (…)

La “grammatica” di Dio(pp. 175)

(…) “Se, come Wittgenstein, si accettasse un’ontologia di insiemi flessibili, si potrebbe evitare l’ostacolo del soggettivismo: erigere la propria soggettività singolare a visione che si pretende universale. Ed evitare anche l’oggettivismo: credere di potere detenere la verità mentre a essa ci si può solo avvicinare per il tramite, per forza di cose inadeguato, delle diverse forme che cercano di esprimerla.” (…)

Il nomade poliglotta(pp. 176-178)

(…) “ Se si pratica un solo gioco linguistico non si può sapere che si tratta di un gioco linguistico e si scambia ingenuamente la sua ontologia particolare per la natura delle cose. (…) Ci si trova sempre calati in un gioco linguistico che interagisce con altri giochi linguistici. Ciò significa che il mistico e il teologo dotati di senso critico non possono che essere, come il terapeuta wittgensteiniano, dei “nomadi poliglotti”. (…) Ma la filosofia praticata come terapia del linguaggio permette di superare questi incantesimi, ci insegna a uscire dall’uniteralità della visione del mondo legata al nostro gioco linguistico di partenza. (…) Il mistico è un allocutore che utilizza la virtù auto-terapeutica del linguaggio per non lasciargli scampo. Infatti egli provoca deliberatamente scontri tra giochi linguistici per ampliare li spazio linguistico e prepararlo ad accogliere ciò che non ha mai nemmeno intravisto: l’inatteso, l’insperato, il sorprendente.”

BIOGRAFIA

1889: Ludwig Wittgenstein nasce a Vienna, ottavo figlio di un industriale di origini ebraiche.1908: studia ingegneria a Berlino e aeronautica a Manchester. 1911: incontra Gottlob Frege, che lo inizia allo studio della logica e dei fondamenti della matematica suggerendogli di incontrare Bertrand Russell a Cambridge. 1912: parte per la Norvegia dove si stabilisce fino allo scoppio della prima guerra mondiale.1914: arruolatosi nell'esercito austriaco, è catturato dagli italiani e internato nel campo di Cassino.E' durante l'esperienza militare che Wittgenstein completa il Logisch-philosophische Abhandlung, più noto come Tractatus logico-philosophicus (titolo suggeritogli da G.E. Moore).1920-1926: lavora come maestro elementare in un paesino della bassa Austria.Intanto è pubblicato il Tractatus (prima solamente in tedesco poi, nel '22, anche in inglese) con un'introduzione di Russell. In questo periodo Wittgenstein abbandona la filosofia.1926: lavora come giardiniere presso un convento di frati ospitalieri.In questa fase della vita conosce Moritz Schlick e altri esponenti del futuro Circolo di Vienna e riprende ad interessarsi allo studio della filosofia.1929: torna a Cambridge dove consegue il titolo di Doctor of Philosophy discutendo il Tractatus con Moore e Russell.

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1930- 1936: insegna a più riprese a Cambridge, dove i suoi allievi raccolgono i suoi appunti in quelli che saranno poi conosciuti come il Libro blu e il Libro marrone.1936-1937: Wittgenstein è a Skjolden, in Norvegia, dove inizia a lavorare alle due opere più significative del secondo periodo: le Ricerche filosofiche e le Osservazioni sui fondamenti della matematica (anch'esse pubblicate postume e sistemate dai curatori testamentari).1939: succede a G.E. Moore come Professor of Philosophy nell'università di Cambridge. 1941-1944: Wittgenstein, a causa della guerra, lascia Cambridge per prestare aiuto come volontario in vari ospedali in Inghilterra.1944: riprende le sue lezioni, interessandosi a temi di filosofia della psicologia.1949: gli viene diagnosticata la malattia che lo porterà alla morte. Stimolato dalla lettura della Farbenlehre di Goethe, avvenuta durante le vacanze natalizie del 1949, Wittgenstein redige le Osservazioni sui colori.1951: Ludwig Wittgenstein muore a Cambridge.

Concetti trattati: mostrare, Mistico, norma, insieme flessibile, gioco linguistico.