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III Navigare significa andare per mare o per fiume o per aria o per internet, con apparecchi adatti allo scopo. C’è un’ampia letteratura, scientifica, tecnica e fantastica sulla navigazione in tutti i sensi indicati. Navigando si esplora il mondo, si stabiliscono contatti, s’impara, co- me l’Ulisse di Dante, a “divenir del mondo esperto, degli umani vizi e del valore”. Si rischia anche molto, quando si viaggia in un mare ignoto e burrascoso. Le possibilità aumentano e i rischi si riducono, se si è provveduti, ben informati ed equipaggiati, se si ha una mèta da raggiungere e se si dispone di adeguati strumenti di navigazione, a cominciare dalla bussola. Immaginiamo ora che anche la complessa società nella quale siamo immersi, fin dalla na- scita, sia una sorta di oceano, ricco di fascino e di possibilità, ma anche d’incertezza e di rischi. Quando si esce di casa per la prima volta da soli, si provano sentimenti di ebbrezza, ma anche di paura. Da piccoli ci si attacca al telefonino, per avere indicazioni dai genitori, i quali a loro volta confidano sullo stesso strumento, per aver notizie dei figli. Quando si cre- sce, s’impara che il telefonino è anche una bussola e che può fornire una mappa del luogo in cui ci si trova e addirittura una rappresentazione dell’intero Pianeta. Sul piano tecnico dunque i problemi di orientamento si risolvono con un gruzzolo di euro, con un po’ di abilità digitale, con un call center e una persona disponibile al colloquio. Sul piano umano e sociale la questione è meno semplice, perché una società complessa non è come un mare, talora inquieto, talora tranquillo, ma sempre uguale a se stesso. Gli altri sono come me: il loro insieme non è solo una moltitudine di persone tutte uguali, come le onde, o tutte diverse, come le nuvole. In fondo siamo tutti imbarcati nel nostro Pianeta azzurro, bianco, verde e marrone: una “nave cosmica” la cui rotta è grosso modo sempre la stessa, da miliardi di anni. Quello che cambia di continuo è il rapporto fra noi passeggeri e fra noi e la nave, che negli ultimi tempi rivela segni sempre più inquietanti di logoramento e di squilibrio. Qual è il nostro posto sulla nave-Terra? Esiste un manuale di bordo, che suggerisca regole ragionevoli, seguendo le quali si possa raggiungere, se non la felicità, almeno una vita degna, accettabile e anche bella, nonostante i limiti di spazio e di tempo che ci condizionano? A noi pare che questo manuale di bordo esista e che nel complesso svolga il ruolo di una bus- sola capace di orientare la navigazione, se non della, almeno sulla nave-Terra. Anzi, i manuali sono due. Il primo, valido per l’intero Pianeta, è costituito dai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il secondo, valido per la nostra piccola penisola, è costituito dai 139 articoli della Costituzione Italiana. I due manuali di navigazione, pensati e scritti duran- te e dopo la seconda Guerra mondiale, sono come due bussole fra loro sincronizzate, come vedremo: in sostanza hanno funzionato e funzionano ancora, nonostante la scarsa conoscen- za e la scarsa capacità di usarle, che gli equipaggi hanno dimostrato nel mezzo secolo scorso. Diversi prestigiosi organismi internazionali, come l’ONU, l’UNESCO, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, in numerosi e autorevoli documenti ci ricordano la preziosità insostituibile di questi strumenti di navigazione: la Di- chiarazione universale è infatti la radice di una pianta, i cui rami sono Patti internazionali, Convenzioni, Dichiarazioni, Carte dei diritti; la Costituzione, che pure ha una parte rigida e immutabile, è stata ed è oggetto di continue modifiche e integrazioni, finalizzate a una navigazione possibilmente più rapida e sicura, nella mutevole società di oggi. Per aiutarci a saper leggere e utilizzare questi strumenti, i citati Organismi raccomandano a tutte le scuo- le di promuovere un’ educazione sociale e civica o educazione alla cittadinanza attiva. Nella stessa linea si erano espressi i padri della nostra Repubblica che, subito dopo avere varato la Costituzione, votarono all’unanimità una mozione per chiedere “che la nuova Carta Costi- tuzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano”. Il linguaggio è aulico, ma Presentazione

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Navigare significa andare per mare o per fiume o per aria o per internet, con apparecchi adatti allo scopo. C’è un’ampia letteratura, scientifica, tecnica e fantastica sulla navigazione in tutti i sensi indicati. Navigando si esplora il mondo, si stabiliscono contatti, s’impara, co-me l’Ulisse di Dante, a “divenir del mondo esperto, degli umani vizi e del valore”. Si rischia anche molto, quando si viaggia in un mare ignoto e burrascoso. Le possibilità aumentano e i rischi si riducono, se si è provveduti, ben informati ed equipaggiati, se si ha una mèta da raggiungere e se si dispone di adeguati strumenti di navigazione, a cominciare dalla bussola. Immaginiamo ora che anche la complessa società nella quale siamo immersi, fin dalla na-scita, sia una sorta di oceano, ricco di fascino e di possibilità, ma anche d’incertezza e di rischi. Quando si esce di casa per la prima volta da soli, si provano sentimenti di ebbrezza, ma anche di paura. Da piccoli ci si attacca al telefonino, per avere indicazioni dai genitori, i quali a loro volta confidano sullo stesso strumento, per aver notizie dei figli. Quando si cre-sce, s’impara che il telefonino è anche una bussola e che può fornire una mappa del luogo in cui ci si trova e addirittura una rappresentazione dell’intero Pianeta. Sul piano tecnico dunque i problemi di orientamento si risolvono con un gruzzolo di euro, con un po’ di abilità digitale, con un call center e una persona disponibile al colloquio. Sul piano umano e sociale la questione è meno semplice, perché una società complessa non è come un mare, talora inquieto, talora tranquillo, ma sempre uguale a se stesso. Gli altri sono come me: il loro insieme non è solo una moltitudine di persone tutte uguali, come le onde, o tutte diverse, come le nuvole. In fondo siamo tutti imbarcati nel nostro Pianeta azzurro, bianco, verde e marrone: una “nave cosmica” la cui rotta è grosso modo sempre la stessa, da miliardi di anni. Quello che cambia di continuo è il rapporto fra noi passeggeri e fra noi e la nave, che negli ultimi tempi rivela segni sempre più inquietanti di logoramento e di squilibrio. Qual è il nostro posto sulla nave-Terra? Esiste un manuale di bordo, che suggerisca regole ragionevoli, seguendo le quali si possa raggiungere, se non la felicità, almeno una vita degna, accettabile e anche bella, nonostante i limiti di spazio e di tempo che ci condizionano?A noi pare che questo manuale di bordo esista e che nel complesso svolga il ruolo di una bus-sola capace di orientare la navigazione, se non della, almeno sulla nave-Terra. Anzi, i manuali sono due. Il primo, valido per l’intero Pianeta, è costituito dai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il secondo, valido per la nostra piccola penisola, è costituito dai 139 articoli della Costituzione Italiana. I due manuali di navigazione, pensati e scritti duran-te e dopo la seconda Guerra mondiale, sono come due bussole fra loro sincronizzate, come vedremo: in sostanza hanno funzionato e funzionano ancora, nonostante la scarsa conoscen-za e la scarsa capacità di usarle, che gli equipaggi hanno dimostrato nel mezzo secolo scorso. Diversi prestigiosi organismi internazionali, come l’ONU, l’UNESCO, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, in numerosi e autorevoli documenti ci ricordano la preziosità insostituibile di questi strumenti di navigazione: la Di-chiarazione universale è infatti la radice di una pianta, i cui rami sono Patti internazionali, Convenzioni, Dichiarazioni, Carte dei diritti; la Costituzione, che pure ha una parte rigida e immutabile, è stata ed è oggetto di continue modifiche e integrazioni, finalizzate a una navigazione possibilmente più rapida e sicura, nella mutevole società di oggi. Per aiutarci a saper leggere e utilizzare questi strumenti, i citati Organismi raccomandano a tutte le scuo-le di promuovere un’educazione sociale e civica o educazione alla cittadinanza attiva. Nella stessa linea si erano espressi i padri della nostra Repubblica che, subito dopo avere varato la Costituzione, votarono all’unanimità una mozione per chiedere “che la nuova Carta Costi-tuzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano”. Il linguaggio è aulico, ma

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esprime la chiara consapevolezza d’aver trovato la bussola necessaria per navigare nel mare libero della società complessa, dopo l’esperienza del totalitarismo e della guerra. L’attuale normativa scolastica prevede l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” (Legge 169/2008), a cui è affidato un ruolo importante per contribuire a formare nei ragazzi le competenze di cittadinanza, fra cui quelle sociali e civiche, necessarie a navigare da cit-tadini consapevoli in questa società globalizzata: una società che comincia sull’uscio di casa e si estende a tutto il Pianeta, dall’ambito locale agli ambiti regionale, nazionale, europeo o continentale e mondiale.Il libro propone una sorta di visita guidata alla “galleria” dei 139 articoli della Costituzione, per metterne in luce le implicazioni di carattere storico, etico, giuridico, economico, politico, in modo da facilitare la scoperta e la valorizzazione del tesoro che i padri costituenti hanno scoperto e codificato intorno alla metà del secolo scorso. Si è inteso, con questa scelta di tipo dialogico, aiutare a mettere la Costituzione e i documenti internazionali sui diritti umani al centro della cultura e della vita scolastica, non come icona da venerare, ma come germe vitale da coltivare. In altre parole il nostro testo si propone di offrire uno strumento utile a orientarsi nella vita e nella cultura contemporanea, nella speranza di portare un contributo alla costruzione dell’identità personale e civile dei giovani, in un tempo d’indebolimento degli ideali e di sfiducia nella scuola e nella politica. Le conoscenze sono presentate in un orizzonte di senso che ne consenta la comprensione e la discussione, in dialogo con tutte le discipline scolastiche.Una scorsa all’indice del libro consente di rendersi conto dell’articolazione del discorso che abbiamo inteso proporre per raggiungere gli obiettivi formativi indicati. Si parte esplorando lo scenario storico (cap. 1) in cui sono maturati i diritti di cittadinanza, a partire dall’età antica, per poi passare (cap. 2) alle idee in cui si concretizza la svolta degli anni Quaranta, e alle fondamenta della Costituzione (cap. 3). La parte centrale del testo (capp. 4-8) presenta in modo sistematico il testo della Costituzione, per fornirne una mappa ragionata, colta nella sua genesi, e nelle sue potenzialità formative, in ordine alla vita culturale, sociale e politica. Il nono capitolo completa il percorso, entrando nella dimensione europea e in quella mondiale.I glossari hanno il compito di accompagnare gli studenti nel corso della lettura, offrendo subito definizioni e spiegazioni dei termini più tecnici. I laboratori, che consentono di fare il punto sui temi trattati al termine di ogni capitolo, contengono due tipologie di esercizi. Vi sono esercizi a schema chiuso, utili per verificare alcune delle conoscenze fondamentali, in una sorta di rapido check up, ed esercizi a schema aperto: questi fanno appello alla col-laborazione e alla creatività, invitando i ragazzi a creare situazioni di dialogo e di attività di gruppo, aiutandoli a tradurre, per quanto possibile, la cultura acquisita in termini di atteg-giamenti e di comportamenti di cittadinanza attiva, dentro e fuori la scuola. Il testo vorrebbe aiutare i giovani a orientarsi nella vita quotidiana e ad aprirsi a un mondo dagli orizzonti sconfinati. S’ipotizzano perciò molti possibili percorsi e itinerari di informa-zione e di approfondimento, sia a livello individuale sia di classe. Si rende inoltre disponibile un più ampio e flessibile materiale di documentazione e di approfondimento on line, che permetterà anche di tenere conto delle sollecitazioni provenienti dall’attualità della vita so-ciale e culturale.

Luciano Corradini – Andrea Porcarelli

Presentazione

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INDICE

Presentazione

Capitolo 1 Alle radici dell’idea di cittadinanza 1

1. Un’idea che viene da lontano .....................................................................22. Origine e significato del termine cittadinanza

nella cultura greco- romana ..........................................................................43. L’uomo e la città nel pensiero cristiano e medievale ...........64. Il pensiero politico moderno ........................................................................85. Le origini del liberalismo e il giusnaturalismo ..........................106. Il difficile passaggio da suddito a cittadino ................................127. Diritto, diritti, uomo e cittadino ................................................................12 laboratorio ............................................................................................................15

Capitolo 2 La Costituzione italiana: genesi e valori ... 17

1. Introduzione alla Costituzione: metafore, concetti, atteggiamenti ...........................................................................................................18

2. Il clima storico e culturale in cui prende forma la nostra Costituzione ..............................................................................................................19

3. Un richiamo storico alla genesi della Costituzione ............ 204. Il compromesso costituzionale ..............................................................245. Motivi contingenti e motivi universali nella fabbrica

della Costituzione ................................................................................................256. L’intreccio fra idealità e realtà: oltre la retorica

e il cinismo ................................................................................................................ 267. Resistenza, rivoluzione e Costituzione .......................................... 288. Una visione realistica del patto costituzionale e le modifiche finora realizzate .............................................................. 299. La lenta e difficile attuazione della Costituzione ...................3110. Il problema del fondamento e della azionabilità

dei diritti fondamentali ................................................................................... 3211. La memoria storica e la Costituzione nella scuola ............. 3312. La natura del tesoro identificato dalla mappa

della Costituzione ............................................................................................... 3413. Interiorizzare la mappa per trovare il tesoro ............................. 35 laboratorio ............................................................................................................37

Capitolo 3 La Costituzione: i principi fondamentali ... 39

1. La Costituzione come regola del gioco della società italiana ......................................................................................... 40

2. Dal regnicolo al cittadino: i primi 12 articoli della Costituzione ................................................................................................41

3. Diritti e doveri costituzionali ......................................................................424. L’Italia è una Repubblica democratica parlamentare,

decentrata e pluralistica ............................................................................... 435. I compiti della Repubblica verso le persone,

i cittadini e i lavoratori ..................................................................................... 466. La caratteristica promozionale e programmatica

della Costituzione ............................................................................................... 487. Autonomia e decentramento .................................................................. 49

8. Le minoranze linguistiche ........................................................................... 509. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere

davanti alla legge ...................................................................................................5110. Un rapporto speciale con la Chiesa cattolica .......................... 5211. Cultura, scienza, arte e ambiente ....................................................... 5412. Ripudio della guerra e partecipazione dell’Italia alle norme

di diritto internazionale, in vista della pace ................................ 5513. Gli stranieri in Italia ............................................................................................ 57 laboratorio ........................................................................................................... 59

Capitolo 4 Persona e comunità: libertà responsabile e solidarietà consapevole .......................................................................61

Diritti e doveri nella società complessa ............................... 621. I diritti fondamentali nella Costituzione ......................................... 622. Affermazione e interpretazione dei diritti .................................... 623. Quali diritti sono inviolabili? ........................................................................ 634. Diritti umani per tutti o solo per i cittadini? ................................ 64 Diritti civili ............................................................................................................... 655. Libertà inviolabile ................................................................................................ 656. Libertà, conflitti, tribunali e carceri .................................................... 667. Libertà di manifestare il proprio pensiero e di tenerlo

riservato ....................................................................................................................... 688. Le riunioni e le associazioni .......................................................................719. I sindacati e gli interessi delle categorie produttive .......... 7310. I partiti e l’interesse generale ..................................................................7411. Il patriottismo istituzionale ..........................................................................76 Rapporti etico- sociali ................................................................................ 7812. La famiglia come società naturale fondata

sul matrimonio ....................................................................................................... 7813. La scuola e il diritto all’istruzione ........................................................ 8014. La salute, chiave di volta dei rapporti etico- sociali ........... 83 laboratorio ........................................................................................................... 87

Capitolo 5 Costruire la città e umanizzare i rapporti economici ...................................................89

Rapporti economici ...................................................................................... 901. Il principio lavoristico e i diritti dei lavoratori ............................ 902. Statuto dei lavoratori e Legge Biagi ..................................................913. Assistenza e previdenza .............................................................................. 924. La proprietà, la sua funzione sociale e la libertà

d’impresa...................................................................................................................... 935. Meriti e limiti dei mercati ............................................................................ 956. Razionale ed equo sfruttamento del suolo ................................ 967. Cooperazione, artigianato, elevazione professionale

dei lavoratori ............................................................................................................ 988. Risparmio e investimenti .............................................................................. 999. Le patologie della finanza e la recessione economica ... 10110. Genesi e sviluppo del debito pubblico ........................................ 102

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11. La bussola costituzionale per evitare il naufragio ............ 10312. Alle sorgenti della giustizia fiscale e del bene

comune ......................................................................................................................104 Rapporti politici .............................................................................................10613. Doveri e responsabilità del cittadino nei confronti dello

Stato .............................................................................................................................106 laboratorio ........................................................................................................108

Capitolo 6 L’ordinamento della Repubblica ...........................109

1. Democrazia rappresentativa ..................................................................1102. Governo presidenziale e governo parlamentare .................. 111 Il parlamento (articoli 55- 82) ..........................................................1123. Parlamento bicamerale ...............................................................................1124. Le Camere e i sistemi elettorali ..........................................................1125. Mattarellum e Porcellum ............................................................................1146. Prerogative parlamentari ...........................................................................1167. La formazione delle leggi ..........................................................................1178. Leggi delega e decreti legge ..................................................................1179. Referendum abrogativo ..............................................................................11810. Amnistia e indulto ............................................................................................11911. Trattati internazionali, stato di guerra

e approvazione dei bilanci ........................................................................11912. Inchieste parlamentari, interpellanze, interrogazioni,

mozioni ....................................................................................................................... 120 Il Presidente della Repubblica (articoli 83- 91) ........... 12013. Il Presidente della Repubblica, 12014. Simbolo, garante, catalizzatore di processi

istituzionali .............................................................................................................. 120 Il Governo (articoli 92- 100) .............................................................. 12215. Il Governo: il Consiglio dei Ministri e la Pubblica

Amministrazione ............................................................................................... 12216. Il Governo: fra Parlamento e Presidenza

della Repubblica ................................................................................................. 12217. Regole della Democrazia e governo del Presidente ..... 12318. Composizione e funzioni del Governo .........................................12419. La Pubblica Amministrazione ...............................................................12520. Gli organi ausiliari ..............................................................................................127 laboratorio, 128

Capitolo 7 Il potere giudiziario e la giustizia ....................... 129

1. La giustizia e l’indipendenza della Magistratura ................ 1302. Il Consiglio superiore della Magistratura .................................. 1323. Gli organi della giurisdizione .................................................................. 1334. Il giusto processo civile e penale .....................................................1345. La Corte Costituzionale ............................................................................. 1356. La giustizia giusta ............................................................................................ 137

7. La cultura della legalità ............................................................................... 138 laboratorio ........................................................................................................ 139

Capitolo 8 Repubblica, Stato, Regioni, Province, Comuni .........................................................................43

1. Essere popolo italiano .................................................................................1442. Il profilo della Repubblica, indivisibile e articolata ........... 1453. Le competenze legislative dello Stato

e delle Regioni .................................................................................................... 1464. Stato regionale (o delle autonomie)

e Stato federale ................................................................................................. 1485. Gli statuti regionali e la struttura organizzativa

delle Regioni ......................................................................................................... 1506. Sussidiarietà verticale: Comuni e Province ............................ 1507. Sussidiarietà orizzontale e cittadinanza attiva ..................... 1528. La finanza delle Regioni e degli enti locali .............................. 1539. Il federalismo fiscale .....................................................................................15410. La crisi dello Stato e la sua interazione

con la società civile ........................................................................................ 155 laboratorio ........................................................................................................ 156

Capitolo 9 La grande impresa della costruzione dell’Europa unita ...................................................... 157

1. Il ponte fra la Costituzione e l’Europa, a partire dai sogni di Mazzini e Spinelli .............................................................. 158

2. Sguardo panoramico sui costi di un europeismo incerto .........................................................................................................................160

3. L’Europa allo stato nascente: Churchill, Schuman, Monnet, Adenauer, De Gasperi ........................................................163

4. L’inizio dell’Europa con la CECA e il primo insuccesso con la CED ...............................................................................164

5. Dai Trattati di Roma (1957) ai Trattati di Maastricht (1992) ............................................................................................................................ 165

6. Gli obiettivi e i parametri di Maastricht, per l’Unione e la cittadinanza europea ....................................... 167

7. I criteri da rispettare per entrare e restare nella cordata dell’euro .................................................................................169

8. La conquista dell’euro e le sue perduranti difficoltà .....................................................................................................................170

9. Il Trattato di Lisbona (2008- 2009) e l’accordo intergovernativo di Bruxelles (2011) ................................................171

10. Il Consiglio d’Europa ......................................................................................17211. Dove va l’Europa? ............................................................................................ 173 laboratorio .........................................................................................................174

Costituzione della Repubblica Italiana .........................................175

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Capitolo

Alle radici dell’idea di cittadinanza

1

La stele in basalto su cui è inciso il codice del re

babilonese Hammurabi, una delle

più antiche raccolte di leggi (Museo del

Louvre, Parigi).

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Alle radici dell’idea di cittadinanza

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1. Un’idea che viene da lontanoPer cercare le radici dell’importante, mutevole e complesso concetto di cittadinanza, dob-biamo risalire, sia pure con brevi richiami, ad un tempo remoto, quello in cui alle famiglie,

ai clan, alle tribù succedono società dotate di un minimo di organizzazione gerarchica, attraverso l’accettazione di auto-rità, di poteri e di regole di comportamento codificate. Con penetrante sintesi poetica Ugo Foscolo, nel carme I Sepolcri, ha individuato l’origine della civiltà umana nell’epoca in cui “nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di sé stesse e d’altrui”. è con la nascita delle prime forme di religione (altari), di stabilità familiare (nozze) e di giustizia ci-vile e penale (tribunali) che egli vede congiunta l’abitudine di seppellire i morti. Il che implica una sorta di sacralizzazione della vita sociale, e cioè il passaggio da una vita elementare basata sull’istinto, sulla forza e sull’abilità nella costruzione di strumenti per la caccia, la pesca e la pastorizia, a una vita sociale più stabile. Commenta il Foscolo: “e fu sacro su la tomba degli avi il giuramento”.

I filosofi greci, quando affermarono che l’uomo è fatto per vivere in società (l’uomo è un animale sociale scriveva Aristotele), misero in luce una pre-rogativa universale della natura umana. Essi colsero in tal modo, pur non disponendo dei risultati delle moderne scienze antropologiche, il processo con cui l’umanità ha sviluppato le sue potenzialità affettive e razionali, dando vita a diverse forme di strutture sociali, va-riamente organizzate. Talvolta esse si realizzavano in forma collaborativa, talaltra in forma dialettica e conflittuale, ma sempre possiamo considerarle espressione di una socialità che per l’uomo è naturale, ovvero è un terreno in cui può realizzare o sprecare i tratti più nobili della sua natura. Gli stessi poemi omerici, nell’esaltare le virtù eroiche del guerriero o del prode navigatore, hanno di fatto proposto come modello quelle che al tempo potevano essere considerate virtù civiche.

Tra le grandi civiltà del mondo antico possiamo ricordare come le prime città della storia dell’umanità abbiano preso forma, probabilmente in Mesopotamia, nel Iv millennio a.C.; tra di esse si trovava Ur, insediamento formatosi verso il 5000 a.C. e divenuto città attorno al 3000 a.C.: essa fu anche la patria di Abramo, patriarca del popolo ebraico. Uno degli insediamenti più antichi sul Nilo è Nekhen (in greco, Hierakompolis). Questa città, sorta intorno al 3500 a.C., si era costituita prima delle dinastie egizie e fu capitale dell’Alto

“L’uomo per natura è sociale non soltanto a causa dei bisogni e delle indigenze della natura umana, in ragione dei quali ciascuno necessita degli altri per la propria vita materiale, intellettuale e morale, ma anche a causa della radicale generosità iscritta nell’essere stesso della persona, a causa di quella attitudine alla comunicazione dell’intelligenza e dell’amo-re, propria dello spirito, che esige di mettersi in relazione con altre persone”

(J. Maritain, I diritti dell’uomo e la legge naturale, cit da P. viotto, in Jacques Maritain, Dizionario delle opere, Città Nuova, Roma 2003, p. 230).

2

Socializzazioneè il processo che, mediante l’acquisizione di conoscenze, capacità e atteggiamenti, mette un individuo in condizione di divenire membro di una società e/o di uno dei suoi sottogruppi (Goslin). Si distingue in primaria e secondaria. La socializzazione primaria si realizza per lo più in età infantile e giovanile, mettendo il ragazzo in grado di acquisire gli elementi che gli consentano di affrontare le principali attività socialmente richieste dalla comunità di appartenenza. La socializzazione secondaria riguarda quelle pratiche che la società mette in atto perché ciascuno possa esercitare i ruoli attivi propri degli adulti.

Glossario

Capitolo 1 Alle radici dell’idea di cittadinanza

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1Alle radici dell’idea di cittadinanza

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Egitto fino al 3100 a.C. circa. Città di questo tipo svolsero il ruolo fondamentale di centro di raccordo tra i numerosi villaggi della zona: in particolare furono luogo di scambi com-merciali e baricentro politico, in cui le forme di vita associata si venivano progressivamente affinando e codificando.

Tra i grandi documenti legislativi dell’antichità, famoso è quello del re babilonese Hammurabi, che nel lungo periodo di regno (1792-1750 a.C.) estese il suo potere a tutta la bassa Mesopotamia e sul medio Eufrate, promuovendo fra i popoli sotto-messi unità culturale, religiosa e giuridico-amministrativa. Il cosiddetto Codice di Hammurabi è una raccolta di 282 sentenze del sovrano, scolpite su una stele in basalto (una roccia molto resistente): porta esempi delle principali situazioni conflit-tuali che si potevano generare nella civile convivenza del tempo, dai rapporti fami-liari a quelli economici, passando attraverso l’amministrazione della cosa pubblica e l’esercizio della giustizia. Il fatto che la stele fosse esposta nella capitale, consentiva a tutti coloro che sapessero leggere di consultarla e di acquisire consapevolezza delle leggi e dei principi che regolavano la convivenza civile, assumendosi le proprie re-sponsabilità.

1Alle radici dell’idea di cittadinanza

3

Riportiamo alcuni passaggi del Codice di Hammurabi, da cui si può cogliere la logica con cui veniva concepita la giustizia. I numeri che precedono i paragrafi sono quelli corrispondenti alla numerazione progressiva delle sentenze del codice.

1. Qualora qualcuno accusi un altro, ponendo un bando su di lui, ma non possa provare l’accusa, allora quello che ha accusato sia messo a morte. 30. Se un capo o un uomo lascia la sua casa, giardino e campo e lo dà in affitto, e qualcun altro prende possesso della sua casa, giardino e campo e lo usa per tre anni: se il primo proprietario ritorna e rivendica la sua casa, giardino e campo, non sia dato a lui, ma continui ad usarlo chi ne prese possesso e lo usò. 109. Qualora cospiratori s’incontrino nella casa di una taverniera tenutaria di taverna, e questi cospi-ratori non sono catturati e consegnati alla corte, la taverniera tenutaria di taverna sia messa a morte.

Codice di Hammurabi

è notevole il fatto che il re si considerò rappresentante del Dio Sole, Marduk, ritenuto fondamento della sacralità del diritto e del potere sovrano, realizzando una grande riforma religiosa. Alla fine del Codice c’è scritto: “l’oppresso che abbia qualche causa venga davanti alla mia immagine come re del diritto, legga l’iscrizione, ascolti le mie preziose parole: l’iscrizione gli spiegherà il suo caso, scoprirà cosa è giusto e il suo cuo-re gioirà”. Le pene previste ispirate anche alla legge del taglione (occhio per occhio), pratica diffusa nel mondo antico, fino all’Editto di Rotari (643 d. C.), re longobardo, non hanno certo un ruolo rieducativo, ma deterrente: sono finalizzate a regolamentare quelle forme di vendetta privata che altrimenti sarebbero state abbandonate all’arbi-trio più totale. Prevedono anche il guidrigildo, una sorta di sanzione pecuniaria che doveva servire a sostituire la vendetta di fronte a fatti di sangue. Si tratta di embrioni del diritto scritto (ius scriptum) che in qualche misura preparano la moderna idea di Stato, a cui appartiene, come nota il sociologo Max Weber, il “monopolio della forza legittima”. è attraverso l’accettazione della sudditanza che si prepara il passaggio alla cittadinanza.

Il codice di Hammurabi

L’Edittodi Rotari

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Tra i grandi codici del mondo antico possiamo ricordare quello indubbiamente più famoso, cioè la Torah ebraica, il cui cuore è rappresentato dalla diretta rivelazione divina dei dieci comandamenti. Essi sono comandi espressi con verbi al futuro, per regolare a un tempo i

rapporti con Dio e tra gli uomini: i comportamenti e i limiti richiesti sono come promesse di vita buona. Nel racconto bi-blico si afferma che tali comandamenti furono scolpiti sulla pietra (come il Codice di Hammurabi), ma parlando di essi il testo del Deuteronomio afferma che devono piuttosto essere “scolpiti nel cuore” e insegnati di generazione in generazione.

Il codice fondamentale della legge coincide con l’identità pro-fonda del popolo ebraico, anche prima del suo insediamento nella terra promessa. Il patto di alleanza fra Dio e il popolo d’Israele istituisce una cittadinanza religiosa, che rappresenta una delle radici della cittadinanza planetaria verso la quale l’umanità si è incamminata, dopo le guerre del secolo scorso.

2. Origine e significato del termine cittadinanza nella cultura greco-romana

L’etimologia della parola, prima che la complessa storia del concetto, ci aiuta a capire an-zitutto le radici dei significati (culturali sociali e politici) dei termini che usiamo: cittadino viene dal latino civis, che vuol dire residente, che ha stabile dimora in un paese: è con-trapposto a peregrinus, che viene da fuori, a nomas che va da un posto all’altro. Dunque il rapporto stabile col territorio è ciò che costituisce la radice originaria della cittadinanza: è perciò un bene posizionale, da cui dipendono altri beni, più o meno pregevoli, in rapporto a quanto abbia saputo fare una determinata civitas, a beneficio dei suoi abitanti. Se risaliamo a etimi ancora più antichi del termine cittadinanza, troviamo in civis una radice kei, che significa insediarsi, verbo che, nel sanscrito ceva, significa caro. Sono le premesse affettive del concetto di patria, terra dei padri.

Per cittadinanza s’intende anzitutto il complesso dei cittadini residenti in un determinato luogo, e ha un significato simile a quello di popolazione: si dice per esempio che la cittadi-nanza è invitata a una manifestazione, senza distinguere fra residenti e non residenti, fra cittadini e stranieri.

Cittadinanza però, oltre che la totalità dei cittadini, indica anche il titolo di appartenenza a un certo gruppo umano e a un certo luogo: questo luogo nella Grecia classica era chiamato pòlis, donde i termini polìtes, che significa cittadino, colui che vive in città e partecipa alla sua vita e alla sua gestione; di qui viene anche il termine politica, che significa attività e scienza del governo della città e più in generale della società organizzata.

Etimologia e genesi

del concetto di cittadinanza

Spesso vissuti e affrontati come nemici (hostes, donde l’aggettivo ostile) gli stranieri sono stati anche accolti come ospiti (hospites, donde i termini osteria, ospizio, ostello). In certe culture antiche l’ospite era sacro. Ce lo ricorda ad esempio l’episodio omerico di Ulisse, giunto stremato dopo un naufragio sulla spiaggia dell’isola dei Feaci, dove la bella e saggia Nausicàa, figlia del re, giocava con le amiche. Vincendo disagio e timore, lo accolse, lo rifocillò e lo vestì, sicché anche Ulisse poté dimostrare la sua dignità regale. Notava Omero: “vengono tutti da Zeus gli ospiti e i poveri; e un dono, anche piccolo, è caro” (Odissea, 6).

Nemici e ospiti

TorahTermine ebraico che significa insegnamento o legge, con cui s’indicano i primi 5 libri della Bibbia (Pentateuco), in cui sono narrate le vicende “fon-dative” del patto tra Dio ed il suo popolo.

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Nella Roma antica il termine civitas significava insieme res publica, ossia comunità di cittadini organizzata politicamente, Stato, cittadinanza. Essere cives romani significava godere dei diritti che Roma riconosceva ai suoi cittadini. La città di Roma, nucleo centrale e motore di conquista, sviluppo e poi decadenza e trasformazione del più grande impero dell’antichità, si chiamava urbs.

Nel pensiero greco troviamo alcuni grandi testimoni che hanno teorizzato una visione com-plessiva della società, da cui cogliamo qualche suggestione. Platone (428-348 a.C.) nella sua Repubblica vide la società come articolazione gerarchica di tre fondamentali classi, quella di filosofi-governanti, quella dei combattenti-difensori e quella dei lavoratori e commercianti, corrispondenti alle tre anime di ogni uomo: la razionale, la irascibile, la concupiscibile. Tre componenti dell’unità della persona, come della società. Si tratta di una grande teorizzazione utopica, di cui fu consapevole lo stesso Platone. Sul piano empirico egli individuò tre fonda-mentali forme di costituzione: la monarchia, l‘aristocrazia e la democrazia, che significano il governo di uno solo, dei migliori o dei molti. Spesso queste forme sono degenerate rispettiva-mente in tirannide, in oligarchia e in demagogia. Ciò che gli stava a cuore non era tanto un modello perfetto da realizzare nella realtà storica, quanto un ideale di armonia sociale e di giustizia da viversi nella coscienza, come una sorta di “Città interiore”.

Anche per Aristotele (384-322), la politica ha la sua radice e il suo fine nell’etica: il fine dell’uomo, considerando la sua natura di animale sociale, è da un lato la felicità intesa co-me amicizia e come partecipazione alla vita della polis, dall’altro la contemplazione della verità. Lo Stato deve mirare all’incremento dei beni dell’anima, ossia delle virtù. La Città virtuosa sarà anche felice. Ma questo vale solo per la “parte migliore” della società, ossia per i cittadini, che partecipano al governo della pòlis. Essi saranno, da giovani, guerrieri, poi consiglieri e da anziani sacerdoti. Tocca all’educazione renderli virtuosi, e cioè capaci di scegliere la guerra avendo come scopo la pace e il lavoro, le cose necessarie e utili, per poter raggiungere quelle belle, cioè vivere in pace e contemplare.

Nel mondo greco non tutti gli abitanti erano considerati cittadi-ni, perché non tutti potevano partecipare alla vita politica, alle assemblee e all’amministrazione della giustizia. Anche grandi pensatori come Platone e Aristotele, nel concepire la cittadinan-za, restarono ancorati alla cultura dei greci del loro tempo. Gli schiavi erano ritenuti inferiori, lo stesso Aristotele afferma che erano tali per natura. Nel mondo greco erano per lo più barbari, prigionieri di guerra, e vivevano a servizio dei cittadini.

A Roma, oltre alla distinzione tra liberi e schiavi (che è sot-toposta a un regime giuridico che si evolve nel tempo), è in-teressante la distinzione tra patrizi e plebei (specialmente in età repubblicana). Il rapporto dialettico tra questi due ceti sociali è presente nel racconto dello storico Tito Livio e nella memoria collettiva: ricordiamo l’apologo del mitico console Menenio Agrippa (vI sec. a.C.), che, per convincere i plebei a scendere dall’Aventino, paragonò la vita della società a quella di un corpo che vive della collaborazione fra lo stomaco e le membra. Il popolo romano disse in sostanza, non è moltitudine disordinata, ma un’unità gerarchicamente articolata di gentes (gli aristocratici), e di plebs (il popolo comune, non aristocratico), che condividono valori comuni, anche se i loro soggetti hanno dignità, diritti e doveri diversi. La concezione che avevano della società non era individualistica, ma organica, con i valori e i disvalori che questa concezione comporta.

BarbaroIl termine è di origine greca e deriva dalla ripetizione del suffisso “bar” (bar-bar) che allude al parlare incerto, quasi balbuziente, degli stranieri che tentavano di cimentarsi con la lingua greca. Si tratta pertanto di un termine che oltre ad avere un valore semantico tendenzialmente svalutante, ha anche un’origine etimologica che denuncia il costume antico di dileggiare, prendere in giro, i diversi, coloro che non si esprimono bene nella nostra lingua, che non hanno la nostra cultura e i nostri costumi.

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3. L’uomo e la città nel pensiero cristiano e medievaleLa metafora del corpo fu utilizzata anche da Paolo di Tarso, per giustificare la differenzia-zione delle vocazioni e dei ruoli nella Chiesa, concepita come organismo universale e come corpo mistico di Cristo. La comunità ecclesiale diviene dunque, per i cristiani, il luogo della loro identità sociale più profonda, all’interno della quale “non c’è Giudeo né Greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal. 3, 28). L’affermazione ha valore interiore e religioso, ma Paolo non la utilizza per una programma rivoluzionario sul piano politico e giuridico, tanto è vero che si rivolge a Filemone “in nome dell’amore”, invitandolo a ricevere lo schiavo Onesimo “come un fratello”. Di fatto i cristiani, anche in una società pagana e schiavista, si considerano membri leali della società civile, anche se rifiuteranno l’omaggio divino all’Imperatore e molti di loro il servizio militare (si veda E.Butturini, La non violenza nel Cristianesimo dei primi secoli, Paravia, Torino 1986). Gesù di Nazareth, richiesto se fosse giusto pagare le tasse a Roma, aveva risposto con la frase famosa: “rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt. 22, 15-22); e davanti a Pilato avrebbe poi distinto fra i regni di questo mondo e il “Regno che non è di questo mondo” (Gv. 19, 36), senza porli in alternativa, ma ponendo le premesse per lo sviluppo di una cittadinanza plurima e inclusiva.

Nella famosa Lettera a Diogneto l’autore, un Anonimo cristiano del II secolo, parla della para-dossale cittadinanza (paràdoxos politèia) dei cristiani, che sono a pieno diritto cittadini sia dello Stato, sia della loro società spirituale. Essi infatti, si legge nel prezioso documento, “si confor-mano alle usanze locali nel vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi. Abitano ciascuno nella propria patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Ogni terra straniera per loro è patria, ma ogni patria è terra straniera. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con la loro condotta vanno ben al di là delle leggi”. è degno di nota il fatto che lo stesso Paolo rivendicò la sua cittadinanza romana e il diritto d’essere giudicato dall’Imperatore, ottenendo dai funzionari romani di essere liberato dal tri-bunale ebraico. La cittadinanza romana era allora un privilegio, che non si concedeva a tutti.

Il Medioevo ereditò le grandi idee della Politica di Aristotele e del Corpus iuris civilis di Giustiniano I, rielaborandole alla luce del vangelo e della ricca riflessione dei Padri della

Chiesa. Tra questi Agostino Vescovo d’Ippona (354-430) ave-va sostenuto la legittimità dello Stato, impegnandosi però a precisare le qualità morali di chi deve governare per il bene comune. “Se si toglie la giustizia – si chiede nel De Civitate Dei – che altro sono gli Stati se non associazioni a delinque-re?”. Riconobbe che di fatto non esistono al mondo solo uo-mini giusti. La Città terrena e la Città celeste vivono insieme su questa terra, che è in cammino verso la terra promessa, dove sarà decisivo il giudizio di Dio sul bene e sul male com-piuto. Agostino morì nella città di cui era vescovo, mentre questa veniva espugnata dai vandali di Genserico.

Il pensiero politico medievale cercò, fin dai primi secoli dell’era cristiana di riprendere la te-matica della distinzione e della necessaria armonia fra il potere temporale dell’Imperatore e quello spirituale del Papa. Dante Alighieri (1265-1321), nel De Monarchia, sostiene la legittimità e la necessità dell’impero, per garantire la pace: riconosce l’autonomia del pote-re politico da quello papale, e viceversa. Sostiene, però, che l’Imperatore deve rispondere direttamente a Dio del suo operato: impero e Papato sono entrambi necessari per la sal-vezza degli uomini, ma ciascuno nel suo ordine, non come sole e luna, ma come “due soli”.

Corpus iuris civilisè la raccolta di materiale normativo e giurispruden-ziale avviata tra il 529 e il 534 d.C. dall’Imperatore bizantino Giustiniano I, per tentare di mettere ordine nel sistema giuridico. Tale raccolta ha influenzato il pensiero politico di tutto il medioevo e, riscoperta e studiata in modo sistematico dalla scuola giuridica bolognese nel XII sec., è la base del sistema giuridico di molti Stati moderni.

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Alle radici dell’idea di cittadinanza

Anche Tommaso d’Aquino (1225-1274) nella Summa theologica sostiene la separazione dei poteri politici da quelli religiosi. L’attività politica ha un fine ultimo da raggiungere, che è la pienezza della umanità di ciascuno, la sua perfezione e la beatitudine, frutto dell’incontro con Dio, nella vita eterna. L’uomo, animale razionale, dotato di anima immortale, e redento da Cristo, ha bisogno di un’organizzazione politica. Nel De regimine principum Tommaso riprende la classificazione aristotelica delle tre fondamentali forme di governo (monarchia, aristocrazia e politìa) ed esprime la preferenza per una monarchia dal volto umano. Per lui è “il migliore secondo virtù” colui che deve avere il potere, coadiuvato da funzionari altrettanto virtuosi: tuttavia il governo spetta in certo senso a tutti, sia perché sono tutti eleggibili, sia perché tutti sono elettori. Insomma per Tommaso è desiderabile un ordine politico che uni-sca in sé il meglio della monarchia, dell’oligarchia e della democrazia.

Il sistema politico che prese forma in tale scenario culturale è noto con il nome di feuda-lesimo: si affermò fin dal IX secolo, con l’impero carolingio, traendo le sue origini remote dall’uso proprio delle tribù germaniche per cui il capo si circondava di guerrieri a lui fede-li (fedali) che, in cambio del servizio prestato, ricevevano dei beni o delle terre (beneficium). Consolidatosi nel IX-X secolo, grazie al fenomeno dell’incastellamento, il sistema feudale si caratterizzava per una struttura formale di tipo piramidale (al vertice stava l’Imperatore del Sacro Romano Impero, da cui di-pendevano vassalli e valvassori, e alla base stavano contadini, pastori e artigiani) e una rete assai composita di strutture che progressivamente acquisirono varie forme di indipendenza, come le abbazie, i monasteri, ma soprattutto i comuni. Possiamo considerare le istituzioni comunali da una pluralità di prospettive. Da un lato possono essere considerate come una delle tante forze che, nel contesto di una società feudale, acquisiscono una forma di indipen-

Incastellamento Fenomeno determinato da un periodo di insicurezza politica generale, per cui nasce dal basso l’esigenza di strutture solide (insediamenti fortificati da cinte murarie) a cui fare riferimento in caso di scorrerie.

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L’età dei Comuni

Se vogliamo sintetizzare gli elementi che, a livello teorico, caratterizzano il sistema feudale, possiamo focalizzarne tre:

1) beneficium: il signore affidava al vassus (termine di origine celtica che letteralmente indicava il giovane, e in senso più lato un sottoposto) terre date in feudo, perché le coltivasse, anche tramite il lavoro delle persone che vi abitavano;

2) omaggio o investitura: l’atto di sottomissione con cui il vassus dichiarava la propria fedeltà al signore che gli concedeva il beneficio. In genere ciò avveniva mediante una cerimonia solenne;

3) giurisdizione: il vassus acquisiva l’autorità giudiziaria e anche quella di richiedere tributi, corvée, e comunque di esercitare il potere sul territorio a lui affidato (e sulle persone che vi risiedevano).

La logica originaria di tale sistema era che i benefici feudali ritornassero, alla morte del feudata-rio, nella disponibilità del signore, ma ben presto esso assunse una forma stabile. Nell’877 Carlo il Calvo concesse la possibilità di trasmettere in eredità i grandi feudi e nel 1037, con la Consti-tutio de feudis, l’Imperatore Corrado II la estese anche ai piccoli feudi, ponendo le premesse per la frammentazione degli stati e per lo svuotamento dell’autorità imperiale. Questa società strati-ficata era frutto di accordi sociali reciprocamente vantaggiosi, in cui ciascuno produceva servizi utili agli altri. Il patto si rompe quando la nobiltà diventa più forte, come in Inghilterra ai tempi della Magna Charta (1215) e del Bill of Rights (1689) o quando la borghesia prende coscienza della sua forza economica e sociale e degli ingiusti privilegi dei nobili, come in Francia (1789).

Feudalesimo: elementi del sistema vassallatico-beneficiario e ragioni del suo superamento

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denza dall’autorità imperiale. Ricordiamo in tal senso la lotta che intraprese l’Imperatore Federico I detto il Barbarossa che con le due Diete di Roncaglia (1154 e 1158) aveva formalmente spogliato i comuni delle auto-nomie che questi si erano attribuite. Dopo la battaglia di Legnano (1176) il Barbarossa, sconfitto dalla Lega lombarda, riconobbe (con la Pace di Costanza nel 1183) le autonomie comunali, sul piano politico e giuridico. Dall’altro lato i comuni si configurarono come istituzio-ni di natura collegiale, che affidavano le responsabilità di governo a Consoli scelti tra i cittadini, si dotavano di Statuti che, regolamentando la vita sociale, definivano i confini per altre forme di auto-regolamentazione (come quelle realizzate, per la gestione delle questioni pro-fessionali, dalle Corporazioni delle arti e dei mestieri). Coloro che venivano accolti nel Comune divenivano soggetti ai suoi statuti, ma si liberavano, di fatto, da altre forme di soggezione, come nel caso dei servi della gleba, a cui ci si riferisce con la famosa sentenza: “l’aria del comune rende liberi”. Questa libertà non era però intesa come pacifica fruizione di eguali diritti, perché la contrapposizione e la rissosità tra le fazioni (Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri) legittimava l’esilio e addi-rittura la morte per i vinti. La vita di Dante, costretto ad abbandonare “ogni cosa diletta più caramente”, ne è viva e drammatica testimonianza. Per tutto il Medioevo il potere non è mai stato esercita-to in modo sciolto, senza vincoli normativi (ab-solutus),

dalle reti di relazioni personali e sociali che ne rendevano indubbiamente complesso l’eserci-zio e mutevoli le condizioni.S’inquadra nel sistema di potere feudale, anche se presenta alcune storiche novità, la Ma-gna Charta libertatum, che il re inglese Giovanni senza terra fu costretto a firmare dai suoi feudatari (Baroni del Regno), nel 1215. Novità assolute, che preludono a futuri sviluppi del pensiero liberale, sono il divieto al re di imporre tasse non approvate dal consiglio del regno, il divieto d’imprigionare uomini liberi, senza aver sostenuto un regolare processo da parte di una corte di pari (è il principio dell’habeas corpus integrum), la proporzionalità della pena rispetto al reato, la legittimità della resistenza all’autorità regia, anche con la guerra, nel caso in cui il re venisse meno ai suoi solenni impegni. Questi principi costituiscono la premessa ideologica all’origine del moderno costituzionalismo.

4. Il pensiero politico modernoNell’età moderna si assiste alla crisi del feudalesimo e a quella dei comuni, con lo sviluppo delle signorie e dei principati, a livello regionale, come in Italia, e delle monarchie, a livello nazionale, come in Francia, Spagna e Inghilterra. è questa l’epoca dell’assolutismo, dottrina politica, la cui elaborazio-ne è dovuta a filosofi e politologi, esperti di diritto romano e di teologia, che cercarono di contribuire al superamento dei

La Magna Carta libertatum, concessa ai baroni inglesi nel 1215 dal sovrano Giovanni senza terra (Londra, British Library).

AssolutismoDottrina politica che proclama il potere del sovrano come ab-solutus, ovvero sciolto, slegato da con-suetudini, convenzioni o leggi. Il sovrano stesso è la fonte delle leggi.

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conflitti del loro tempo, legittimando l’autorità del sovrano, contro ogni possibile disordine politico e sociale.

Una rottura con la tradizione greca e cristiana si trova in Niccolò Machiavelli (1469-1527). Nel trattato Il Principe egli teorizza il primato della politica, nei confronti della religione, della carità, dall’umanità, del rispetto per la dignità umana e per la stessa parola data. Non occorre che il principe sia onesto, ma deve sembrare che lo sia. Il fine che deve perseguire è il potere, non la perfezione morale o quella del suo popolo: questo va governato da un sovrano capace di non venire disarcionato da altri. La Fortuna non dipende dal fato, ma dalla virtù del principe: essa è intesa come capacità di conservare il potere. A giustificazione di questo cinismo, Machiavelli nota che, se gli uomini fossero buoni, il principe dovrebbe rispettare i principi religiosi e morali. Poiché non lo sono, se vuole conquistare e conservare il potere, deve “pigliare la golpe e il lione”, usare cioè l’astuzia e la forza, salvando però la propria repu-tazione di persona buona e giusta. Più che un delinquente, il principe è pensato da lui come una specie di eroe, che riesce a governare un’umanità violenta e cattiva. Anche se non è sua, la frase secondo cui il fine giustifica i mezzi rende bene una parte del suo pensiero.

Alcuni temi machiavelliani si trovano nell’opera di un altro grande teorico dell’assolutismo monarchico, il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), autore del Leviathan opera che prende il nome da un mostro biblico, che rappresenta metaforicamente il potere assoluto dello Stato. Anche per lui, chi vuole la pace deve volere una monarchia, in cui il Re detenga tutto il potere, senza condizione. Lo stato di natura è per Hobbes caratterizzato da cupidigia e volontà di sopraffazione: abbandonata a se stessa, l’umanità darebbe vita a una sorta di guerra di tutti contro tutti, dal momento che gli uomini si comporterebbero come lupi. L’espressione hobbesiana homo homini lupus (l’uomo è come un lupo per ogni altro uomo) è efficace per esprimere la necessità di un monarca “domatore di belve”. L’autorità del Re non viene da Dio, ma dalla stessa società, nella quale ogni individuo, temendo per la sua vita, si accorda con ogni altro individuo (patto di ogni uomo con ogni uomo) al fine di sottomettersi a un’autorità superiore alla quale obbedire. Si sacrifica insomma parte della propria libertà individuale, per avere la sicurezza della pace. Questa convenzione fra gli individui è detta contratto socia-le: questo è un patto tacito che viene inteso come irrevocabile. è la natura stessa dell’uomo che impone la scelta della vita contro la morte, che sarebbe provocata dalla guerra perma-nente. In base questo patto però, sostiene Hobbes, i sudditi non sono schiacciati dall’arbitrio, ma godono di eguali diritti di fronte al re, che deve rispettare il contratto. “La sicurezza del popolo richiede che la giustizia sia resa egualmente a ogni uomo, qualunque sia il suo rango”. Anche in questo caso l’assoluto potere del sovrano, come già in Machiavelli, ha una funzione protettiva e difensiva, nei riguardi di un’umanità intesa come naturalmente malvagia e inca-pace di autogovernarsi. La libertà fa più paura di un sovrano “legibus solutus”, sciolto dalle leggi e dunque libero di farle e disfarle. Diverso è il modo con cui legittima l’assolutismo il politologo francese Jean Bodin (1529-1596). Qui l’orizzonte della riflessione è chiaramente teologico. Nei suoi Six Livres de la République egli concepisce la res publica come Stato, che non può sussistere se chi lo governa non è inteso come titolare di un potere supremo, perpetuo e assoluto, cioè sciolto da qualun-que vincolo derivante da altri poteri umani. Al re vanno riconosciuti, anche senza il consenso dei sudditi, tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, perché egli, relativamente al potere temporale, è l’unico rappresentante di Dio sulla terra, e solo a Dio deve rispondere. A questo potere sono però imposti dei limiti: da un lato i principi fondamentali della religione, in cui si compendia la legge naturale, e dall’altro le leggi fondamentali del regno, che riguarda-no il rispetto della territorialità del regno stesso, della proprietà di cui sono titolari i sudditi e della successione monarchica per via ereditaria.

Il Principe e il Leviatano: la natura del potere

Il patto sociale e la legittimazione del potere

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In conclusione i teorici dell’assolutismo si sforzarono di salvare l’umanità dalla sua stessa natura, immaginando l’irrevocabilità di un potere che doveva essere illimitato, come quello di un soccorritore che stordisce il naufrago, per tirarlo a riva, evitandone l’annegamento. Il diritto a una vita umana viene per così dire trasferito da ogni persona singola alla “persona artificiale” dell’unico Sovrano, detentore e custode della libertà di tutti.

5. Le origini del liberalismo e il giusnaturalismoAlla domanda sull’origine e sul fondamento del potere di chi è chiamato a governare lo Stato, il liberalismo, che in alcuni autori s’intreccia col giusnaturalismo, dà risposte diverse da quelle dei teorici dell’assolutismo. Si tratta di dottrine ancora presenti nella cultura con-temporanea, cui hanno contribuito autori e correnti di pensiero assai diverse: queste hanno avuto origine quando, agli inizi del Cinquecento, si dovettero affrontare le conseguenze delle terribili guerre di religione successive alla Riforma protestante, l’ascesa della borghesia, l’al-largamento degli orizzonti geografici, economici, culturali e i limiti della prassi e del pensiero dell’assolutismo.

L’idea centrale è che l’uomo, anzitutto come individuo, si salva non rinunciando alla sua libertà, ma esercitandola, e che lo Stato deve rispettare questa libertà, limitando i propri poteri. Per il filosofo inglese John Locke (1632-1704), autore dei Due trattati sul governo (1690), il contratto sociale è un’ipotesi accettabile, ma esso è finalizzato non a consegnare irrevocabilmente la sovranità popolare nelle mani del re, ma a tutelare i diritti dei singoli. Questi infatti vanno difesi anche nei confronti dello stesso potere del Sovrano. La delega in-somma non è definitiva, ma revocabile. Locke rifiuta la concezione materialistica di Hobbes e la monarchia assoluta, come del resto la monarchia di diritto divino. Lo Stato nasce dalla ragione e non dall’istinto selvaggio e dalla paura. E la ragione riconosce e difende i diritti naturali, alla vita, alla libertà, alla proprietà. Alla base della morale sta la legge rivelata, che gli sembra coincidere con la naturalità e la razionalità. I poteri dello Stato sono perciò limi-tati e revocabili dal popolo, anche con la ribellione, se contraddicono le finalità per cui sono nati. Nella famosa Epistola sulla tolleranza Locke ha scritto: “La tolleranza verso coloro che dissentono dagli altri in fatto di religione è cosa talmente consona al vangelo e alla ragione, che è mostruoso che vi siano uomini ciechi a tanta luce”. Questo contrattualismo moderato è per Locke compatibile sia con la fede cristiana, sia col suo impegno di militante nell’ambito della gloriosa Rivoluzione inglese del 1688, sfociata nel citato Bill of Rights del 1689, che per molti aspetti anticipa la rivoluzione americana del 1776.

Posizioni analoghe troviamo, fra gli altri, anche nell’olandese Ugo Grozio (1583-1645), che sviluppò la teoria del diritto na-turale, che da allora prese il nome di giusnaturalismo: questo considera originari e insopprimibili, per tutti gli uomini, il di-ritto alla vita, alla dignità e alla proprietà. Nel volume De iure belli ac pacis, egli riprende l’idea classico-medievale del diritto naturale (per Tommaso era fondato sulla legge eterna, voluta dal Creatore), sostenendo che ha fondamento ontologico, tan-to che neppure Dio potrebbe cambiarlo, come accade per la logica e la matematica. Il diritto naturale è scolpito non nella pietra, ma nel profondo della natura umana, e cioè nel cuore

di ognuno: vale per tutti, per gli ebrei, i saraceni, gli atei, gli esseri umani che vivono in altri stati e in altre civiltà, come gli indigeni delle Americhe. Anche gli stati devono rispettare questo diritto, che conserverebbe la sua validità anche se Dio non esistesse. E devono farlo

GiusnaturalismoDeriva dall’espressione latina “ius naturale” (diritto naturale o diritto di natura): si tratta di un termine che racchiude, in senso generale, una pluralità di posizioni filosofico-giuridiche che affermano l’esistenza di un diritto naturale su cui fondare il diritto civile. La posizione opposta (positivismo giuridico) afferma che il fondamento di tutte le norme civili è convenzionale e soggetto al mutare delle vicende storiche.

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sia in pace sia in guerra, dove non si sospende il valore del diritto naturale. Grozio, che è cristiano, cerca di ottenere, attraverso una sorta di esperimento mentale, lo sganciamento del diritto naturale dalla religione e dalla teologia, per superare il clima delle guerre di religione, per salvare la dignità e i diritti degli uomini, senza farli dipendere dalla fede religiosa dalla metafisica o dall’arbitrio del sovrano assoluto o della maggioranza. Riconosce però che al sovrano si deve obbedire anche se ha torto. Un grande impulso alla difesa del diritto naturale era venuto da Francisco da Vitoria (1483-1546), domenicano docente a Salamanca, ritenu-to uno dei fondatori del diritto internazionale, e dall’italiano Alberico Gentili (1552-1608), entrambi citati da Grozio.

Il giusnaturalismo, nelle sue varie formulazioni e interpretazioni, ha dato un notevole con-tributo al riconoscimento della dignità della persona umana e alla elaborazione di un’idea di cittadinanza che consentisse lo sviluppo della libertà, dell’uguaglianza e della democrazia a ogni livello, da quello locale a quello planetario. In sintesi lo ius, e cioè il diritto, verrebbe da iustum (ciò che è giusto) e non da iussum (ciò che è comandato). Grozio ritiene, citando Crisippo, che l’origine etimologica sia da cercarsi in Giove (Jovis), simbolo di autorità e di fonte del diritto. Questa problematica trova una drammatica esemplificazione nel martirio di Thomas Moore, nato nel 1478, decapitato da Enrico vIII nel 1535, per essersi opposto, cattolico, al divorzio del re, che per legittimarsi si era proclamato capo della Chiesa d’In-ghilterra, dando origine all’anglicanesimo. Moro è stato dichiarato santo sia dai cattolici sia dagli anglicani, per aver affermato, a costo della vita, il primato della coscienza sulla ragion di Stato. Nella sua famosa Utopia egli ha instillato nelle coscienze il sogno di una società giusta e razionale, sviluppando, con sensibilità cristiana, i temi della Repubblica di Platone.

Con l’esperienza delle rivoluzioni inglese, americana e francese, fra Sei e Settecento, e in particolare con il secolo dei lumi (il Settecento) si vuol prendere congedo da un passato, ac-cusato un po’ frettolosamente di oscurantismo medievale, per affermare i diritti del cittadino, (termine che indicava in realtà gli appartenenti alla emergente borghesia).

Non poteva scomparire dalle coscienze il terribile ricordo delle guerre di religione fra cat-tolici e protestanti e della loro conclusione con i Trattati di Westfalia (1648): questi avevano risolto il problema della convivenza fra diverse confessioni religiose non con il principio della tolleranza, ma con il principio per cui i cittadini dovevano professare la religione dei rispettivi sovrani (cuius regio eius et religio). In tal modo la religione si poneva a servizio della politica, con un’equivoca “alleanza fra il trono e l’altare”. E la libertà della persona veniva di nuovo sacrificata all’ordine sociale.

Tolleranza e laicità, sia pure con diverse declinazioni, costitu-iscono una conquista dell’età moderna e contemporanea, seb-bene si tratti di idee che si sono formate passando attraverso forme di intolleranza nei confronti di tutte le religioni positive. Anche oggi è opportuno distinguere tra laicità e laicismo.

Altri fondamentali contributi al costituzionalismo moderno si trovano in Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), geniale e complesso pensatore, diversamente interpretato dai movi-menti politici e pedagogici dei secoli successivi, autore fra l’altro dei saggi Il contratto sociale e l’Emilio, politico il primo e pedagogico il secondo; e in Charles Louis de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755), autore di due classici del pensiero illuministico, Lo Spirito delle leggi e Lettere persiane. Precisa e insuperata è la sua distinzione dei poteri entro gli stati, in legislativo, ese-cutivo e giudiziario.

Laicità e laicismoIl termine laicità è polisemico e pone fra l’altro una corretta distinzione, senza escludere qualche forma di collaborazione, tra sfera politica e sfera religiosa. Il termine laicismo allude a una netta separazione, talora polemica, tra società e Stato da una parte e Chiesa e Vaticano dall’altra, come se fosse inevitabile il conflitto fra posizioni clericali e anticlericali.

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Si può dunque dire, riassumendo, che particolarismo e universalismo da un lato, as-solutismo e liberalismo dall’altro si susseguono e talora convivono in vario modo nelle dinamiche della storia, portando in primo piano la problematica politica dei confini. Sono questi che delimitano gli spazi della Terra e forniscono una qualche legittimità agli stati, intesi come frutto della trasformazione di diverse realtà sociali in comunità politiche. Queste comunità sono dotate di poteri normativi capaci di assicurare appartenenza e identificazione ad alcuni e di escludere gli estranei. Ma i confini non sono barriere naturali (mare, fiumi e monti) o etnico-linguistiche, ma il frutto di decisioni di chi è in grado di imporsi e di pattuire con gli altri la propria sovranità. Naturali sono piuttosto i diritti delle persone, anche se assai lungo e contrastato è il processo che porta a un loro riconoscimento giuridico e pratico.

6. Il difficile passaggio da suddito a cittadinoNell’età moderna il termine cittadino ha avuto il suo massimo fulgore nel periodo dell’Illu-minismo, particolarmente in Francia, dove nel 1789 l’Assemblea nazionale votò la Dichiara-zione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La distinzione tra uomo e cittadino intendeva distinguere fra i diritti innati e quelli acquisiti con la lotta, in certo senso strumentali rispetto ai primi, definiti naturali e imprescrittibili. Si voleva in tal modo rivendicare la sostanziale uguaglianza degli individui: in particolare lo vollero gli appartenenti al terzo stato, inte-ressati a eliminare i privilegi di origine feudale dei nobili e del clero. “Tutti sono cittadini” voleva dire “tutti sono uguali davanti alla legge”. La decapitazione di Luigi XvI, chiamato “cittadino Luigi Capeto”, fu un atto di barbarie ideologica, che però segnò drammaticamente il passaggio dalla condizione di sudditi del sovrano assoluto a quella di cittadini (donde l’inno nazionale francese “Aux armes, citoyens!”). venivano spazzati via i privilegi delle corporazioni medievali, l’obbedienza al sovrano, tale per diritto divino, e l’alleanza fra il trono e l’altare: questa in realtà si risolveva spesso nella reciproca strumentalizzazione e nella lotta per la su-premazia fra potere temporale e potere spirituale. L’esito della Rivoluzione determinò anche pericolose conseguenze di carattere sociale e politico: i singoli cittadini restavano infatti soli davanti all’onnipotenza della sovranità popolare, identificata con la Nazione francese, che finì per sacralizzare la Dea Ragione e per porre le premesse del cesarismo napoleonico e delle degenerazioni totalitarie del Novecento.

Questa rivoluzione del diritto, della politica e del costume avvenne non solo in nome dei diritti di tutti i cittadini francesi, ma in nome degli uguali diritti di tutti gli uomini. Il primo articolo della Dichiarazione afferma infatti che “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono che essere fondate sull’uti-lità comune”. Questa Dichiarazione, strutturata 17 articoli, venne poi ripubblicata come preambolo delle tre Costituzioni varate dai francesi durante il periodo rivoluzionario (1791,1793, 1795). I suoi principi fondamentali fanno parte del cosiddetto costituzionali-smo, su cui torneremo.

7. Diritto, diritti, uomo e cittadinoLa realtà socio-politica ci informa che la strada per giungere a porre sullo stesso piano la persona umana e il cittadino è stata ed è ancora lunga, anche se una svolta storica a livello mondiale si è determinata con la Dichiarazione universale del 1948 e con i successivi Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e Patto internazionale sui diritti civili e politici, approvati dall’Assemblea dell’ONU nel 1966. violenze, guerre, miseria e anche

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legittimo desiderio di migliorare le proprie condizioni suscitano squilibri fra popoli e stati, provocando migrazioni difficili da governare, nel ragionevole tentativo di conciliare sicurezza e rispetto dei diritti umani.

Oggi per cittadinanza s’intende, in prima istanza, la condizione sociologica e giuridica costituita di status e ruoli, diritti e doveri, che competono ad un soggetto che appartiene alla popolazione di uno Stato. Questa definizione però non basta a indicare la dinamica della società, dell’economia, della tecnologia e della cultura contemporanea, che vanno oltre lo spazio giuridico segnato dai confini della Patria e oltre i poteri dei singoli stati. Si parla di cittadinanze al plurale, relative ad ambiti sempre più vasti, dalla famiglia alla scuola, al quartiere, alla città, alla regione, alla nazione, e, per quanto ci riguarda, all’Europa, all’Occidente, alle Nazioni Unite. Aver diritto di cittadinanza in un ambito territoriale e istituzionale, significa essere accettati, sulla base di certe norme e di certi titoli giuridici, morali e professionali e sentirsi appartenenti a un determinato ambito. Si può dunque parlare di cittadinanza scolastica o studentesca, bresciana, lombarda, italiana, europea, mondiale.

Dentro i singoli stati si esercitano i poteri di tipo politico, giuridico, e in qualche modo anche culturale, economico e religioso. Di fatto però l’attività economica e la fede religiosa hanno sempre tentato di fuggire oltre i confini e di stabilire relazioni con tutti i popoli, in sinergia con le istanze non solo di un’economia sempre più globalizzata e purtroppo non governata, ma anche della scienza e della cultura, che rivendicano libertà e aperture universali. Si pensi alle università, che proclamano orgogliosamente di “ignorare le frontiere”, come si legge nella Magna Charta delle Università Europee.

La moderna concezione di cittadinanza

Riportiamo i principi fondamentali del documento firmato a Bologna, il 18 settembre 1988:

1. L’università opera all’interno di società diversamente organizzate sulla base di diverse condizioni geografiche e storiche ed è un’istituzione autonoma che produce e trasmette criticamente la cultura mediante la ricerca e l’insegnamento.

Per essere aperta alle necessità del mondo contemporaneo deve avere, nel suo sforzo di ricerca e d’insegnamento, indipendenza morale e scientifica nei confronti di ogni potere politico ed economico.

2. Nelle università l’attività didattica è inscindibile dall’attività di ricerca, affinché l’insegnamento sia contemporaneamente in grado di seguire l’evolversi dei bisogni e le esigenze sia della società sia della conoscenza scientifica.

3. Essendo la libertà d’insegnamento, di ricerca e di formazione il principio fondamentale di vita delle università, sia i pubblici poteri sia le università devono garantire e promuovere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, il rispetto di questa esigenza prioritaria.

Nel rifiuto dell’intolleranza e nel dialogo permanente l’Università diviene pertanto luogo privile-giato d’incontro fra professori, che abbiano la capacità di trasmettere il sapere e i mezzi di farlo progredire attraverso la ricerca e l’innovazione, e studenti che abbiano il diritto, la volontà e la capacità di arricchirsene.

4. Depositaria della tradizione dell’umanesimo europeo, ma con l’impegno costante di raggiungere il sapere universale, l’università, nell’esplicare le sue funzioni, ignora ogni frontiera geografica o politica e afferma la necessità inderogabile della conoscenza reciproca e dell’interazione delle culture.

Magna Charta delle Università Europee

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è un fatto che la globalizzazione, ossia l’estensione a livello planetario e lo scambio, con inedita velocità, d’ informazioni, d’idee, di tecnologie, di risorse economiche e finanziarie, non riguarda solo i diritti e la solidarietà, ma anche i delitti e la criminalità più o meno or-ganizzata. Ogni forza economica o politica, legale o illegale, istituzionale o volontaria tende a rivendicare spazi e diritti di cittadinanza, nel mondo globalizzato, con conseguenti ingorghi e conflitti di vario tipo, anche militari, che l’autorità universale delle Nazioni Unite non ha molto spesso la forza di risolvere.

Secondo Antonio Papisca “sullo statuto giuridico di persona umana, quindi sulla cittadinan-za universale o primaria, s’innestano per così dire le cittadinanze nazionali e sub-nazionali (anagrafiche, politiche, amministrative). La cittadinanza della persona è come un albero, il cui tronco, insieme con le radici, è costituito dallo statuto giuridico di persona, internazio-nalmente riconosciuto come tale, i cui rami sono costituiti dalle cittadinanze nazionali e sub-nazionali”.

I diritti umani non sono semplici diritti soggettivi da riferirsi a un contesto e a un apprez-zamento soggettivo (esempio: ho diritto di uscire la sera), ma esprimono “bisogni umani fon-damentali, che devono essere soddisfatti perché la persona possa realizzarsi dignitosamente, nella integralità delle sue componenti materiali e spirituali”.

Occorre considerare che qui non si tratta di teorie politiche e di auspici di anime belle, ma di diritto internazionale dei diritti umani, effettivamente praticabile come diritto positivo. Il che non significa che di fatto sia da tutti rispettato, come la storia umana insegna. Il progresso civile è dato proprio dallo sforzo di concepire i valori della realtà e della vita, in particolare quelli della dignità della persona umana, della libertà, dell’uguaglianza, della solidarietà e della giustizia e nel dare loro rilievo giuridico, come norme che riconoscono i diritti e limita-no la libertà di calpestarli, attraverso forme di prevenzione e di sanzione.

Qualcuno si limita a osservare quello che succede, o a disinteressarsi di come va e dove va il mondo, quello di oggi e quello di domani, quello vicino e quello lontano da casa propria; altri cercano di svolgervi un ruolo positivo, nell’ambito delle proprie possibilità, anche nei momenti più bui della vita personale e sociale. I diritti umani costituiscono per molte perso-ne, gruppi, organismi e istituzioni, una sorta di costellazione che, pur con la sua luce fioca, consente di orientarsi e di vedere quella dignità umana che rischia a ogni passo d’essere ignorata e mortificata.

Con altra metafora possiamo immaginare che i diritti umani siano come un’erba tenace, che spunta sia all’interno dei singoli stati, sia nei rapporti internazionali, fino a cercare di trasfor-mare l’intero pianeta in un giardino degno delle persone umane. Che si tratti non solo di un sogno, ma anche di un processo reale, avviato da millenni e aperto al futuro, cercheremo di vederlo nei prossimi capitoli, dedicandoci in particolare all’esame di quella matrice di citta-dinanza plurima che è la Costituzione italiana.

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Vero o Falso

V F Secondo Foscolo si deve alle prime forme di stabilità familiare (nozze), di giustizia (tribunali) e di religione (are) il passaggio dallo stato “bestiale” a quello “civile”.

V F L’espressione “l’uomo è un animale sociale” si trova nella Repubblica di Platone. V F Le prime grandi città della storia hanno preso forma in Mesopotamia, nel IV millennio a.C. V F Il Codice di Hammurabi è un testo sacro dell’antico Egitto, che risale al III millennio a.C. V F I dieci comandamenti fanno parte della Torah. V F La parola pòlis è un termine greco che significa città.

Ogni parola al suo postoNella colonna di sinistra trovi una sequenza di termini significativi, che hai incontrato in questo capito-lo, nella colonna di destra trovi delle sintetiche definizioni: l’esercizio consiste nell’associare a ciascun termine (identificato con una lettera) una definizione (identificata con un numero).

La comunità idealeFase 1 – Divisi in gruppi gli studenti immagineranno di costituire una libera aggregazione giovanile, in cui tutti i membri del gruppo potrebbero riconoscersi, individuando (nell’ordine): • Degli obiettivi da perseguire insieme• Un nome• Un simbolo• Una divisa e/o dei segni di riconoscimento

• Un saluto particolare

• I criteri per stabilire chi può farne parte o le ragioni per cui se ne può essere esclusi

• Delle regole da rispettare

Giusnaturalismo

Barbaro

Platone

Diorite

Grozio

Socializzazione

Assolutismo

Feudalesimo

a.

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f.

g.

h.

1. Processo che, mediante l’acquisizione di conoscenze, ca-pacità e atteggiamenti, mette un individuo in condizione di divenire membro di una società e/o di uno dei suoi sot-togruppi.

2. Dottrina politica che proclama il potere del sovrano come slegato da consuetudini, convenzioni o leggi.

3. Linea di pensiero che afferma l’esistenza di un diritto na-turale su cui fondare il diritto civile.

4. Sistema politico caratterizzato da una relazione persona-le di fiducia tra chi attribuisce una responsabilità di tipo politico-amministrativo e chi la esercita.

5. Termine onomatopeico che allude alla parlata balbuziente degli stranieri.

6. Roccia particolarmente dura, utilizzata per incidere testi destinati a durare nel tempo.

7. Filosofo olandese, vissuto in età moderna, che sviluppò la teoria del diritto naturale.

8. Filosofo greco, vissuto tra il V e il IV secolo a.C.

Fase 2 – Ciascun gruppo redige una sorta di statuto da cui emergano, con buon ordine, i punti di cui sopra. A parte si tiene nota dei “nodi problematici” emersi nella discussione, eventuali soluzioni che sono state scartate e relative motivazioni.

Fase 3 – In classe i diversi gruppi espongono il proprio lavoro e mettono a confronto gli statuti che sono stati elaborati, decidendo se è possibile conglobare alcune delle associazioni così costituite ed i relativi statuti.

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1 V F L’espressione “rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” si trova in un editto dell’Imperatore Ottaviano Augusto.

V F Il Corpus iuris civilis è stato completato da Giustiniano nel III secolo d.C. V F Dante esprime il suo ideale nei rapporti tra Papato e Impero attraverso la teoria dei due soli. V F Con il termine assolutismo si indicano le prime monarchie costituzionali. V F Per Machiavelli la politica è una parte dell’etica e il principe è chiamato a rispettare le norme

religiose, i diritti umani e la parola data: pena la rottura del patto di fiducia con i suo sudditi. V F Il liberalismo è una concezione politica per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e

devono godere di libertà individuali. V F Il principale teorico della “divisione dei poteri”, in età moderna è Montesquieu. V F La Rivoluzione francese del 1789 è stata definita una “rivoluzione borghese”.

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