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Prof. Alberto Vega – Appunti di Scienze della Navigazione Premessa. Questo lavoro di raccolta di appunti delle lezioni di Discipline Nautiche non ha la pretesa di volersi considerare un libro di testo: non ne ha il rigore scientifico e l’autorevolezza richiesti. Piuttosto deve essere considerato come una traccia, un cammino dal quale allontanarsi quando si vogliono cercare degli approfondimenti, e da seguire quando si cercano dei riferimenti. La realizzazione di questa serie di appunti nasce dalla quotidiana esperienza in classe e dalla necessità di fornire agli allievi il materiale necessario per il lavoro di costruzione del proprio bagaglio di conoscenze e competenze, che poi utilizzeranno nel corso della loro vita sul mare e tra gli uomini. Per questa ragione si è utilizzato un linguaggio elementare, cercando di semplificare, per quanto possibile, i concetti scientifici che sono alla base delle tecnologie e degli strumenti che le applicano. Prof. Alberto VEGA 1

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Prof. Alberto Vega – Appunti di Scienze della Navigazione

Premessa.

Questo lavoro di raccolta di appunti delle lezioni di Discipline Nautiche

non ha la pretesa di volersi considerare un libro di testo:

non ne ha il rigore scientifico e l’autorevolezza richiesti.

Piuttosto deve essere considerato come una traccia, un cammino dal quale allontanarsi

quando si vogliono cercare degli approfondimenti, e da seguire quando si cercano dei riferimenti.

La realizzazione di questa serie di appunti nasce dalla quotidiana esperienza in classe e

dalla necessità di fornire agli allievi il materiale necessario per il lavoro di costruzione

del proprio bagaglio di conoscenze e competenze,

che poi utilizzeranno nel corso della loro vita sul mare e tra gli uomini.

Per questa ragione si è utilizzato un linguaggio elementare,

cercando di semplificare, per quanto possibile, i concetti scientifici che sono alla base delle

tecnologie e degli strumenti che le applicano.

Prof. Alberto VEGA

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1. Le funzioni trigonometriche.

1.1. Le funzioni seno e coseno.

Si considerino i triangoli rettangoli riportati in figura; evidentemente si

tratta di triangoli simili aventi angoli uguali e i lati in proporzione tra loro.Ponendo adesso i rapporti:

e

si vedrà che essi avranno un valore costante che dipenderà dall’angolo e non dalla lunghezza dei lati.

Se ora consideriamo il Cerchio Trigonometrico rappresentato in figura e caratterizzato dall’avere raggio unitario, ossia uguale a 1, si avrà che:

sen =

cos =

entrambi i rapporti daranno risultati compresi tra – 1 e +1 e dipenderanno esclusivamente dall’angolo contato in senso antiorario sul cerchio trigonometrico.

Tali rapporti definiscono le funzioni trigonometriche seno e coseno :

- Si definisce seno dell’angolo il rapporto dell’ordinata rispetto al raggio

- Si definisce coseno dell’angolo il rapporto dell’ascissa rispetto al raggio.

Le funzioni trigonometriche seno e coseno risulteranno periodiche, cioè si ripeteranno uguali dopo un certo intervallo detto periodo T, che nel caso specifico corrisponde ad un angolo giro di 360°.

I valori assunti dalle funzioni trigonometriche ora definite possono essere rappresentate graficamente da curve chiamate rispettivamente sinusoide e

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cosinusoide, che sintetizzano quanto detto finora.

Tali curve riportano in ascissa il valore dell’angolo e in ordinata il valore della funzione, compreso tra –1 e +1. Esse permettono di stabilire rapidamente il valore della funzione corrispondente ad un certo angolo .

Nella tabella sottostante sono riportati i valori delle due funzioni in corrispondenza degli angoli principali.

Funzione 0° 90° 180° 270° 360°

Seno 0 +1 0 1 0Coseno +1 0 1 0 + 1

1.2. La funzione tangente.

Torniamo a considerare il cerchio trigonometrico e facciamo passare per il punto di intersezione con l’asse x una retta tangente .

Il tratto di retta compreso tra l’asse x e il prolungamento del raggio che sottende l’angolo è detto tangente di e si indica con il simbolo tan (o tg ). Il valore della tangente di si può ottenere operando il rapporto tra il seno ed il coseno :

Come si vede dalla figura la tangente è una funzione periodica di periodo T = 2 ovvero 360°, ma non è continua in quanto presenta due asintoti in corrispondenza di 90° e di 270°, ossia in questi punti la funzione assume valori indeterminati pari a in quanto il rapporto tra seno e coseno vale:

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2. Generalità sulla forma della Terra.

La Terra non ha una forma geometricamente definita, ciò dipende dalla sua conformazione, dall’essere ricoperta per i 7/11 dalle acque degli Oceani, dal fatto che le terre emerse hanno altezze diverse sul livello del mare. Anche la densità della Terra è variabile comprendendo fango, sabbia, terriccio e rocce; queste ultime sia di origine calcarea, cioè friabili e poco compatte, sia dure come i graniti. A tutto ciò va aggiunto che la Terra ruota intorno a se stessa e che l’effetto dell’attrazione che la Luna ed il Sole esercitano su di essa provocano una deformazione dello strato acqueo, fenomeno noto con il nome di marea. Tuttavia è anche vero che all’occhio dell’osservatore che si guarda intorno in alto mare o in una grande pianura, la superficie terrestre appare piatta. Ciò è conseguenza delle dimensioni della Terra e della lunghezza del raggio terrestre R 6371 km.

Per quanto detto fin qui, si comprende quali difficoltà si incontrano quando si vuole ricondurre la Terra ad una semplice forma geometrica. Matematicamente e considerando la Forza di Gravità, cioè quella forza che agisce lungo la verticale di un punto della superficie terrestre attira verso il basso un qualsiasi oggetto lasciato libero e fermo nell’aria, si è stabilita una certa forma della Terra, detta Geoide.

Questo è definito come uno sferoide dalla superficie variamente gobba e convessa che rappresenta una superficie equipotenziale della Forza di Gravità. Inoltre in ogni punto della superficie del Geoide la direzione della verticale e della normale alla superficie coincidono.

Al di la di ogni altra considerazione non è possibile costruire una rappresentazione del Geoide e, pertanto, introducendo alcune inevitabili approssimazioni, si preferisce rappresentare la Terra con solidi geometrici più semplici da realizzare.

In prima approssimazione e tenendo conto dello schiacciamento che la rotazione diurna della Terra provoca ai Poli e del rigonfiamento nella zona equatoriale, si è pensato di rappresentare la Terra con un ellissoide di rotazione, mediando sull’altezza dei rilievi e le eventuali depressioni della superficie terrestre, come mostrato in figura.

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Tale scelta, se soddisfa la Geodesia, scienza che studia la forma della Terra e le relative tecniche di misurazione, non soddisfa invece le esigenze del navigante in quanto le formule relative ai calcoli di navigazione risultano alquanto complesse.

Per questa ragione la Terra in navigazione è considerata di forma sferica ed è stato pertanto introdotto il Globo Terrestre.

A giustificazione di ciò è da considerare che l’eccentricità dell’ellissoide terrestre ( ossia il rapporto tra il semiasse maggiore a dell’ellisse ed il semiasse minore b ) è abbastanza bassa ( 0,08) e pertanto il raggio terrestre R può ritenersi costante come nel caso, appunto, della sfera.

Questa scelta semplifica notevolmente le considerazioni e le formule risolutive dei problemi per il calcolo dei parametri di navigazione.

3. Le coordinate geografiche.

Stabilito che per ragioni di opportunità considereremo la Terra di forma sferica, cominciamo con il ricordare che, in seguito a questa scelta la verticale di un qualsiasi punto della superficie terrestre passa per il centro della sfera che è anche il centro della Terra C. Il moto di rotazione diurna della Terra determina l’asse polare o asse del mondo che individua sulla sfera due punti detti poli: quello dal quale la Terra è vista ruotare in senso antiorario è detto Polo Nord Pn, l’alto è detto Polo Sud Ps.

Il piano perpendicolare all’asse polare e che contiene il centro della Terra C è detto piano dell’Equatore e la circonferenza massima che questo individua sulla sfera è detta Equatore Terrestre. L’Equatore divide la Terra in due emisferi: quello che contiene il Polo Nord è detto Emisfero Nord o Boreale, l’altro, che contiene il Polo Sud, è detto Emisfero Sud o Australe. Per determinare le coordinate di un qualsiasi punto della superficie terrestre cominciamo con il considerare la verticale v passante per quel punto. Questa formerà con il piano dell’equatore un angolo compreso tra 0° e 90° detto latitudine ; le linee che uniscono i punti aventi la stessa latitudine risultano essere circonferenze minori detti paralleli di latitudine o, semplicemente, paralleli. La latitudine si considera positiva + se è di specie nord (N), negativa – se di specie sud (S).

Consideriamo adesso il piano contenente sia la verticale del punto che l’asse polare; tale piano prende il nome di piano meridiano o semplicemente di meridiano. Questo formerà con il piano meridiano di Greenwich (detto meridiano fondamentale), un angolo detto longitudine . Sulla sfera i meridiani sono circonferenze massime che uniscono i poli e tagliano l’Equatore con un angolo retto. Tutti i punti appartenenti allo stesso meridiano hanno la stessa longitudine. La longitudine si conta da 0° a 180° verso Est o verso

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Ovest, convenzionalmente al segno Est (E) si da valore positivo + , al segno Ovest (W) si valore negativo – . I segni dati alle coordinate servono a facilitare le operazioni di

calcolo delle differenze di latitudine e di longitudine tra una coppia di punti.

Per calcolare la differenza di latitudine si usa la formula : ’ dove ’ è la latitudine del punto di arrivo e è la latitudine del punto di partenza. La differenza è algebrica, cioè bisogna tener conto del segno di e di ’.

Per calcolare la differenza di longitudine si adopera la relazione algebrica:

dove ’ e la longitudine del punto di arrivo e la longitudine del punto di partenza.

Vediamo alcuni esempi. 1. Si abbiano due punti A e B le cui coordinate siano :

A ( 16°36’N ; 051°38’W) B ( 20°25’N ; 075°10’W)

Applicando le due relazioni si otterrà:

’ = 51°38’

N(+)

= 16°36’

N()

= 35°02’

N

’ = 75°10’

W()

= 51°38’

W(+)

= 23°32’

W

In parentesi sono indicati i segni, si noti come nel secondo rigo il segno cambia in conseguenza della presenza del segno nella formula.

2. Si abbiano due punti A e B le cui coordinate siano :

A ( 20°20’N ; 106°36’E) B ( 31°15’S ; 018°10’W)

’ = 31°15’ S () = 20°20’ N() = 51°35’ S

’ = 18°10’ W()

= 106°36’

E ()

= 124°46’

W

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A causa del segno presente nella formula è necessario valutare il segno risultante del secondo membro della sottrazione; la regola pratica è che se i segni in parentesi sono uguali (entrambi + o entrambi ) si somma ed il risultato prende il nome dal segno in parentesi, come nel caso del secondo esempio. Se i segni risultano opposti ( uno è + e l’altro è o viceversa) si sottrae togliendo dal termine maggiore quello più piccolo; il risultato prende il segno del termine maggiore come nel caso del primo esempio.

Trattandosi evidentemente di angoli, l’unità di misura delle coordinate sono i gradi sessagesimali, i primi ed i secondi – in inglese degrees, minutes e seconds. Più recentemente, però, con l’avvenuta diffusione della strumentazione elettronica, si usa riportare il valore delle coordinate geografiche in gradi, primi e frazioni di primi (decimi, centesimi e millesimi di primo) come mostrato nell’esempio seguente:

Coordinata Valore in GG°PP’SS” Valore in GG°PP’,DDDLatitudine LAT 39°06’13” N 39°06’,217 NLongitudine LONG 017°10’11” E 017°10’,184 E

Sugli schermi dei radar ARPA, sui display dei sistemi ECDIS o, più comunemente, sui display dei ricevitori GPS le coordinate appaiono nel formato mostrato nell’ultima colonna della tabella soprastante.

4. – Orizzonte e Orientamento.

Un osservatore posto in alto mare, lontano dalla costa, guardandosi intorno vedrà una distesa d’acqua apparentemente piatta separata in modo netto dall’atmosfera. È l’esempio più semplice di orizzonte che si possa immaginare. Nella figura a fianco è mostrato l’orizzonte geometrico, ovvero la porzione di superficie terrestre che risulta visibile ad un osservatore il cui occhio o è elevato e metri dalla superficie (elevazione dell’occhio). Qualunque oggetto si trovi all’interno della ciroinferenza c sarà visto dall’osservatore in quanto risulterà posto sopra l’orizzonte. L’angolo I rappresenta la depressione vera dell’orizzonte e dipende, evidentemente, dall’elevazione dell’occhio e. Anche la distanza massima dell’orizzonte geometrico è funzione diretta di e, come mostrato dalla relazione:

dove d rappresenta evidentemente la distanza dell’orizzonte geometrico e 1,93 è un coefficiente empirico. Inoltre, osservando la figura si notano pure Z (verticale dell’osservatore), t (tangente alla superficie terrestre), il piano dell’orizzonte HH ed il centro della Terra T. In realtà la presenza dell’atmosfera introduce il fenomeno della rifrazione atmosferica che

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provoca una deviazione del percorso seguito dall’immagine dell’oggetto osservato. In particolari condizioni ambientali questo può rappresentare uno svantaggio (come nelle osservazioni astronomiche), sotto altri aspetti, invece, rappresenta un vantaggio in quanto permette di vedere oggetti posti al di fuori della linea dell’orizzonte geometrico, si parla in questo caso di orizzonte marino o apparente. In figura è schematicamente mostrato l’orizzonte marino.

La distanza D dell’orizzonte marino è espressa con la relazione:

Questa stessa espressione si trova tabulata in funzione dell’elevazione dell’occhio e nella raccolta delle TAVOLE NAUTICHE edita dall’Istituto Idrografico della Marina alla Tavola 6 – Distanza dell’orizzonte apparente.

In base anche a quanto ora descritto il piano dell’orizzonte HH rappresenta in realtà un piano tangente alla superficie terrestre nel punto occupato dall’osservatore e nel quale le linee coordinate – il piano meridiano ed il piano del parallelo – determinano rispettivamente l’asse N – S e l’asse E – W. Le direzioni N, E, S, W sono dette direzioni cardinali o punti cardinali.

La determinazione della direzione del Nord N o di un altro punto cardinale costituisce il cosiddetto problema dell’orientamento che viene risolto con l’impiego della bussola magnetica o della bussola giroscopica (detta anche girobussola) oppure utilizzando metodi astronomici basati sull’osservazione del Sole o della stella Polare.

4.1 – La Rosa dei venti.

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Il piano dell’orizzonte è diviso dai punti cardinali in quattro quadranti ampi 90° ciascuno ed ordinati in senso orario. Se si divide a metà ciascun quadrante si ottengono 4 punti intercardinali (NE, SE, SW, NW) distanti 45° dai punti cardinali che li comprendono e da cui prendono il nome. In questo modo l’orizzonte risulta suddiviso in otto venti che costituiscono la Rosa dei venti.

I nomi delle direzioni NE, SE, SO e NO derivano dal fatto che la rosa dei venti veniva raffigurata, nelle prime rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo, al centro del Mar Ionio oppure vicino all'isola di Zante. In quella posizione, a NE, approssimativamente, c'è la Grecia, da cui il nome grecale per la direzione NE; a SE vi è la Siria, da cui il nome scirocco per la direzione SE; a SO vi è la Libia, da cui il nome libeccio per la direzione SO. Infine per la direzione NO il nome maestrale discende da magister, cioè la direzione da Roma o Venezia, la via maestra dal porto di origine. Questi quattro uniti ai quattro punti cardinali formano la rosa dei venti a 8 punte.

Tra gli otto punti sopra individuati è possibile indicarne altri otto – detti mezzi venti ottenendo così una rosa dei venti a 16 punte. I nuovi otto punti sono in senso orario: NNE (nord-nord-est), ENE (est-nord-est), ESE (est-sud-est), SSE (sud-sud-est), SSW (sud-sud-ovest), WSW (ovest-sud-ovest), WNW (ovest-nord-ovest) e NNW (nord-nord-ovest).

La metà di un mezzo vento – ampio 22°30’ – costituisce una quarta ( o rombo ) pari a 11°15’ il che divide la rosa in 32 parti. Ciascuna quarta può essere suddivisa ancora ottenendo così la mezza quarta pari a 5°37’30” che porta a contarne 64. Anche la mezza quarta può essere suddivisa ancora ottenendo la quartina ampia 2°48’45”. In una Rosa dei venti si possono contare 128 quartine.

Questa suddivisione che oggi può apparire superflua ha avuto invece fondamentale importanza fino a quando le tecniche di costruzione delle bussole hanno raggiunto una specializzazione tale da poter dividere l’angolo giro in 360° singolarmente indicati.

Sulle rose delle vecchie bussole, infatti, la suddivisione era realizzata tenendo conto delle quarte, delle mezze quarte e delle quartine, che costituivano anche l’unità di misura dell’angolo di accostata delle navi.

4.2 – Orientamento con metodi astronomici.

Premesso che a bordo lo strumento principalmente adoperato per risolvere il problema dell’orientamento è la bussola, descriveremo qui anche gli altri metodi utilizzabili per individuare la direzione del nord.

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4.2.1. – Orientamento con il Sole.

È noto che la direzione del sorgere del Sole indica grossomodo l’Est (levante), mentre la direzione del tramonto indica l’ovest (ponente). Ciò non è esattamente vero, poiché a causa del moto di rivoluzione annuo della Terra, il Sole è visto sorgere in direzioni diverse asseconda delle stagioni. Sorge più verso sud dell’est in inverno e più a nord dell’est in estate. Nelle stagioni intermedie – primavera ed autunno – il Sole è molto vicino al cardine est E al sorgere ed al cardine ovest W al tramonto.

Tuttavia in qualsiasi stagione, se si possiede un orologio dotato di lancette se lo si dispone in un piano orizzontale e si pone la lancetta delle ore in corrispondenza della direzione del Sole e poi si divide per 2 l’ora indicata il risultato ci indicherà il nord. Nell’esempio di figura sono le ore 9, dividendo per 2 si otterrà 4, 5 – le quattro e mezza – ed in quella direzione si trova il nord. Se l’operazione si fa di pomeriggio, bisogna ricordarsi di aggiungere 12 ore all’ora indicata in maniera da ottenere la corretta direzione del nord.

4.2.2. Orientamento con la Stella Polare.

Un altro metodo d’orientamento è basato sull’osservazione della Stella Polare, appartenente alla costellazione del Piccolo Carro o Orsa Minore (nome astronomico Ursa minor UMI), che si trova sul prolungamento dell’asse di rotazione terrestre in corrispondenza del Polo Nord Celeste PNC.

Individuata la posizione della Polare nel cielo si conoscerà con buona approssimazione la direzione del nord.

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Per riconoscere la Polare si comincia con l’individuazione nel cielo della costellazione del Grande Carro o Orsa Maggiore (Ursa Major UMA) formata da 7 stelle di cui tre formano il cosiddetto timone del carro e le altre 4 formano un quadrilatero detto carro. Dall’allineamento di queste ultime due stelle – Merak e Dubhe – riportando cinque volte la loro distanza si giunge ad individuare la Polare

La stella polare deve il suo nome al fatto che il suo moto apparente diurno è molto piccolo, per cui sembra occupare in maniera permanente la stessa posizione in vicinanza del Polo Nord Celeste, svolgendo appunto l’importantissimo ruolo nell’orientamento.

Ma la stella Polare non è importante soltanto per questo. La sua altezza sull’orizzonte infatti fornisce con buona approssimazione una misura della latitudine dell’osservatore, come mostrato in maniera abbastanza schematica nella figura.

Per spiegare quest’ultima proprietà bisogna ricorrere alla Sfera Celeste Locale ed ai relativi piani di riferimento, argomenti che verranno trattati in Astronomia Nautica. Infine non meno importante è ricordare che la funzione di stella polare non è svolta sempre dallo stesso astro. Ciò è dovuto al fenomeno di precessione dell’asse terrestre il quale si muove nello spazio descrivendo un cono di precessione, alla stessa stregua di una trottola. L’intervallo di tempo necessario a descrivere questo cono è detto periodo di precessione e dura all’incirca 26000 anni. A questo moto si aggiunge anche il moto proprio delle stelle nello spazio. Ne consegue che il ruolo di stella polare è assolto da stelle diverse. Nel prossimo futuro questo compito sarà assolto dalla stella Alderamin (intorno al 7100 e il 9300), poi sarà il turno di Deneb (tra

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il 9400 ed il 11600) e Vega (tra il 13000 ed il 15700) . Il ruolo di Polare tornerà alla costellazione dell’Orsa Minore con la stella Kochab intorno all’anno 25600.

4.3 – Il Campo Magnetico Terrestre.

La Terra è sede di un campo magnetico la cui origine è tuttora sconosciuta. Si pensa che la causa possa essere riconducibile alla natura del nucleo terrestre un magma formato da rocce e minerali fusi a causa dell’elevata pressione e della forza di gravità.

Ebbene il movimento in questo magma dei minerali fusi provocherebbe delle correnti elettriche che, inducendo un campo elettromagnetico, darebbero origine al Campo Magnetico Terrestre (CMT).

Il campo magnetico terrestre non è costante nel tempo, ma subisce notevoli variazioni sia in termini direzionali che di intensità. Esse hanno portato, nel corso delle ere geologiche, alla deriva dei poli magnetici e a ripetuti fenomeni di inversione del campo, con scambio reciproco dei poli magnetici Nord e Sud. Il magnetismo terrestre ha una notevole importanza per la vita sulla Terra. Infatti esso si estende per svariate decine di migliaia di chilometri nello spazio, formando una zona chiamata magnetosfera, la cui presenza genera una sorta di scudo elettromagnetico che devia e riduce il numero di raggi cosmici.

Comunque sia sta di fatto che se si

prende un ago magnetizzato e lo si sospende in aria libero di muoversi, questo dopo un certo numero di oscillazioni si orienta nella direzione N-S del meridiano magnetico. Se lo si sposta, dopo una nuova serie di oscillazioni, l’ago torna ad orientarsi lungo il meridiano magnetico. Va subito fatto notare che il Campo Magnetico Terrestre (CMT) fa anche inclinare l’ago di un angolo rispetto al piano orizzontale, segno evidente che la forza F è inclinata verso il basso ed ammette quindi due componenti :

- una orizzontale H- una verticale Z

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di queste due componenti, quella più importante per la navigazione è H che orienta l’ago secondo il meridiano magnetico. L’azione direttiva di H decresce dall’equatore verso i poli, anzi oltre un certo valore della latitudine questa azione orientativa cessa. Ciò è dovuto al fatto che i poli magnetici non coincidono con i poli geografici. Infatti i poli magnetici hanno coordinate:

PmN 73°00’ N 100°00’ WPmS 68°42’ S 143°00’ E

Questo comporta che in un qualsiasi punto della superficie terrestre il meridiano geografico Nv e quello magnetico Nm formino un angolo d chiamato declinazione magnetica, che varia da luogo a luogo ed asseconda delle epoche.

Informazioni sul valore della declinazione magnetica d sono fornite dalle carte nautiche dove, all’interno della rosa dei venti in essa riportata, sono indicati sia il valore di d ad una data epoca, sia la relativa variazione annua (d).

4.3.1. – La bussola magnetica.

Per sfruttare le capacità direttive del Campo Magnetico Terrestre a bordo delle navi si usa la bussola magnetica o bussola nautica. Essa è formata da un elemento sensibile costituito da una serie di aghi magnetici (in numero pari) rigidamente connessi ad un disco graduato che prende il nome di rosa della bussola, il complesso costituito dalla rosa e dagli aghi magnetici è contenuto all’interno di una struttura in bronzo o altro materiale diamagnetico che prende il nome di mortaio.

Il mortaio è, nelle bussole a liquido, riempito con una miscela di acqua (in misura dell’80%) e di alcool (20%) nella quale la rosa galleggia; ciò con

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l’evidente scopo di evitare il ghiacciamento del liquido alle basse temperature.

Il mortaio è collegato ad alcuni anelli che costituiscono la sospensione cardanica per consentirgli di rimanere orizzontale anche quando la nave è soggetta ai movimenti di rollìo e beccheggio. Per questo scopo il mortaio viene zavorrato in maniera da essere richiamato nella posizione orizzontale dalla forza peso.

A bordo la bussola è ubicata in alto (spesso all’esterno sopra la plancia) lontano dalle possibili cause di interferenza che ne potrebbero influenzare il corretto funzionamento.

Una siffatta bussola è detta normale, – vedi figura a destra a lato – mentre quella che si trova all’interno della plancia viene detta bussola di governo o di rotta.

Nella bussola tradizionale gli aghi magnetici – che sono sempre presenti in numero pari vengono sistemati simmetricamente rispetto all’asse 0° 180° (N-S) della rosa, posizionando quelli più lunghi verso il centro della rosa.

Questa soluzione fa aumentare il momento magnetico della bussola e, quindi, la sua capacità di orientamento, qualità assai ricercata. Altra qualità che deve essere posseduta dalla bussola è la capacità di non risentire eccessivamente delle vibrazioni e della oscillazioni della nave.

Tale qualità è senz’altro presente nelle tradizionali bussole a liquido ed ancor più ovvia nelle moderne bussole elettromagnetiche e digitali che, non avendo parti in movimento, risultano assai precise e stabili. Le bussole tradizionali sono montate sopra la chiesuola che è poi sormontata dalla visiola. Le sfere metalliche poste ai lati della bussola sono di ferro cavo e servono a compensare l’azione deviante del campo magnetico di bordo; talvolta

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al loro posto possono trovarsi dei cilindri metallici.

Oggi trovano sempre più diffusione a bordo bussole elettromagnetiche di dimensioni più compatte e ad alte prestazioni. Il vantaggio di un loro impiego è che ben si integrano nelle moderne plance e possono anche essere interfacciate con gli altri strumenti di bordo (radar, carta elettronica, navigatore GPS, ecoscandaglio, ecc) caratteristica quest’ultima che fino a non molto tempo fa era ad esclusivo appannaggio delle girobussole.

4.3.2. – Cenni alle girobussole.

La classica girobussola è essenzialmente un giroscopio, ovvero un disco metallico che per effetto della rotazione tende a mantenere il suo asse (asse di spin) sempre con la stessa orientazione. Il disco (detto rotore) è mantenuto ininterrottamente in rotazione da un motore elettrico o da un motore ad aria compressa. Poiché la Terra ruota, un osservatore sulla superficie terrestre osserva che l'asse del giroscopio compie una rotazione ogni 24 ore, puntando sempre nella stessa direzione rispetto alle stelle fisse. Un giroscopio semplice non può funzionare da bussola.

L'ingrediente aggiuntivo necessario è l'attrito. Se l'asse viene frenato vincolato al piano orizzontale si avrà una resistenza al riorientamento dell'asse stesso che facendolo precessionare creerà un momento torcente ortogonale ad esso. Questo porterà progressivamente all'orientamento dell'asse in senso nord-sud (piano meridiano), unica disposizione in cui l'asse non subisce più alcuna forza. È la posizione di massima stabilità.

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Un sistema meccanico o elettromeccanico rileva la posizione dell'asse e la ripete su pannelli indicatori posti nella plancia di comando. Poiché il funzionamento della girobussola è legato alla lenta rotazione terrestre, se il mezzo su cui è montata cambia direzione troppo rapidamente, specialmente in senso est-ovest, il funzionamento ne è perturbato. Per questo motivo il tipo di giroscopio descritto è usato prevalentemente sulle navi.

La prima girobussola navale funzionante – assai diversa da quelle più recenti e sicuramente più affidabili – fu brevettata nel 1903 dal tedesco Herman Anschütz-Kaempfe. Nel 1908 l'inventore americano Elmer Ambrose Sperry brevettò a sua volta l'idea, ma quando cercò di venderla alla marina tedesca nel 1914, Anschütz-Kaempfe reclamò la priorità del brevetto vincendo la causa che ne seguì. La particolarità della girobussola di Anschutz era ed è tutt'oggi quella di lavorare all'interno di una miscela di acqua distillata, glicerina e acido benzoico il quale permette il passaggio nel liquido in maniera controllata delle tensioni per mantenere in rotazione i giroscopi ed anche di permettere il rilevamento dalla posizione del giroscopio stesso per la ritrasmissione agli organi preposti all'indicazione di rotta.

Anche Einstein collaborò con Anschutz apportando una modifica essenziale al gruppo giroscopico per ridurre ulteriormente l'attrito nel liquido, rendendo maggiormente affidabile l'indicazione.

Le moderne girobussole non hanno più i giroscopi in movimento ma adoperano circuiti di fibre ottiche che ne aumentano le prestazioni in termini di stabilità e precisione.

4.3.3. – Il campo magnetico di bordo.

Una bussola posta a terra, lontano da ferri, si orienta lungo il meridiano

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magnetico Nm, mentre quando viene ubicata a bordo risente del campo magnetico indotto dai ferri che costituiscono la struttura della nave.

Se ne deduce che essa si orienterà secondo la risultante delle forze magnetiche agenti, ovvero secondo il meridiano bussola Nb.

L’angolo formato tra il il Nm ed il Nb prende il nome di deviazione della bussola e viene considerato positivo se Nb si trova a dritta di Nm, Negativo se Nb è a sinistra di Nm.

La deviazione è variabile con il cambiamento dell’angolo di prora.Anche il campo magnetico di bordo risulta variabile con il tempo e con il

luogo, oltre che con la natura del carico imbarcato. Responsabili del campo magnetico di bordo sono principalmente i materiali ferrosi usati per la costruzione della nave, questi sono divisi in ferri dolci e ferri duri. I primi sono soggetti ad una magnetizzazione non permanente, per cui al variare del Campo Magnetico Terrestre varia la loro influenza sulla bussola. Diversamente i ferri duri si magnetizzano in maniera permanente, già da quando la nave è in costruzione, per cui anche la loro azione sulla bussola è da considerarsi tale. Inoltre contribuiscono al campo magnetico di bordo anche i cavi elettrici percorsi da corrente e posti in vicinanza della bussola, in quanto risultano sede di un campo elettromagnetico indotto. Infine anche la natura del carico può far variare il campo magnetico di bordo specialmente se è di natura metallica ( si pensi ai rottami di ferro, alle autovetture, ai container stessi, ai prodotti siderurgici, a pezzi industriali, ecc)

Per ovviare a questo inconveniente si usa compensare la bussola, operazione che ha lo scopo di ridurre la deviazione della bussola stessa. La compensazione viene eseguita dal perito compensatore e consiste nel far compiere alla nave dei giri di bussola durante i quali si rilevano punti noti della costa di cui sono noti i valori dei rilevamenti e confrontando questi con i valori letti alla bussola da compensare si determinano le differenze. Disponendo successivamente dei magneti in prossimità della bussola si provvede a ridurre la deviazione . Quando si giunge ad un valore ritenuto accettabile della deviazione residua si redige un’apposita tabella detta appunto Tabella delle deviazioni, mediante la quale è possibile passare da Pm a Pb e viceversa utilizzando il valore di indicato in corrispondenza della prora.

Tabella delle deviazioniNave Altair Data e

luogoKr, 10/10/2007 Bussol

aMC256/2001

Pm = Pb + Pb = Pm Pm Pb Pm Pb 0° 1°,5 + 1°,5 180° 182° 2°

15° 15° 0 195° 196° 1°30° 28°,5 + 1°,5 210° 209° + 1°45° 42° 3° 225° 223° + 2°60° 56°,5 + 3°,5 240° 237° + 3°75° 73°,5 + 1°,5 255° 253° + 2°90° 89° + 1° 270° 268° + 2°

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105° 106° 1° 285° 284° + 1°120° 123° + 3° 300° 299° + 1°135° 138°,5 + 3°,5 315° 316° 1°150° 153°,5 1°,5 330° 332° 2°165° 168° + 3° 345° 347°,5 2°,5

Osservazioni:

Il Comandante L’Autorità Marittima Il Compensatore

4.4. – Prora, Rotta, Rilevamento.

Finora abbiamo trattato il problema dell’orientamento in maniera generica, ora è giunto di dare alcune importanti definizioni che consentono di approfondire ed applicare quanto detto.

Si definisce prora vera Pv l’angolo orizzontale compreso tra la direzione del Nord vero Nv e l’asse longitudinale della nave, contato in senso orario da 0° a 360°.

Se per direzione di riferimento si considera il Nord magnetico Nm o il Nord bussola Nb si avrà rispettivamente la prora magnetica Pm e la prora bussola Pb, che si contano in maniera circolare da 0° a 360° come nel caso della prora vera Pv.L’angolo formato tra la direzione del Nord vero e la traiettoria seguita dalla nave riferita al fondo del mare dicesi Rotta vera Rv e si conta in maniera circolare da 0° a 360° in senso orario.

Solitamente in assenza di vento e corrente prora vera Pv e rotta vera Rv coincidono, altrimenti è bene ricordare che la prora è sempre riferita alla superficie del mare mentre la rotta si riferisce al fondo del mare.

Si definisce angolo di rilevamento o semplicemente rilevamento Rilv di un punto A l’angolo formato tra la direzione del Nord vero e la linea di vista dell’oggetto osservato. Anche il rilevamento si conta in maniera circolare da 0° a 360° in senso orario e, asseconda che ci si riferisca al Nord magnetico o al Nord bussola prenderà rispettivamente il nome di Rilevamento magnetico Rilm o Rilevamento bussola Rilb. La figura sintetizza quanto ora detto.

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Esistono delle semplici relazioni che consentono di ricavare la Pv conoscendo la Pb e viceversa. Nel primo caso queste relazioni sono dette formule di correzione nel caso inverso sono dette formule di conversione.

Correzione ConversionePv = Pb + d + Pb = Pv d

Ovviamente si tratta di relazioni algebriche per cui e d vanno considerate con il proprio segno, come mostrato negli esempi seguenti:

Pb = 151°45’ Pv = 279°30’+ = 3°30’ ( ) d = 1°25’ ( E )Pm = 148°15’ Pm = 278°05’

+ d = 1°00’ ( E ) 2°30’ ( )Pv = 149°15’ Pb = 280°35’

Il valore della deviazione va presa dalla Tabella delle deviazioni un esempio della quale è mostrato nelle pagine precedenti, mentre la declinazione magnetica d va letta sulla carta nautica, nella quale viene riportata l’epoca di riferimento e la variazione annua, p.e. :

d(1998.0) = 1°26’E (7’E)dove:

- d(1998.0) = 1°26’E rappresenta il valore della declinazione magnetica in quella zona di mare nell’anno 1998;

- (7’E) rappresenta la variazione annua da moltiplicare per ogni anno trascorso dall’epoca di riferimento.

Nel caso in esame quindi si avrà:

- 2010 – 1998 = 12 anni- d = 12 x 7’ = 84’ E pari a 1°24’ E- d(2010.0) = 1°26’ E + 1°24’ E = 2°50’ E che rappresenta il valore

attuale della declinazione magnetica per quella zona di mare

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In figura è mostrata la rosa dei venti di una carta nautica dove viene indicato il valore della declinazione magnetica d secondo gli standard internazionali, ovvero un vettore orientato che forma con il meridiano vero un angolo pari al valore di d.

5.1 – La carta nautica.

Le carte nautiche sono utilizzate per segnare la posizione della nave e risolvere la maggior parte dei problemi della navigazione costiera.

I geografi sono ricorsi a vari metodi, nella compilazione di queste carte, scegliendo di volta in volta quello più opportuno all’uso ed alla latitudine alla quale si trova l’utilizzatore. Solitamente si usano i metodi proiettivi ovvero quelli nei quali si immagina di proiettare su di una superficie geometrica (piano, cilindro o cono) una porzione (o l’intera) superficie terrestre. Molto diffusi sono anche i metodi per sviluppo o matematici dove la carta viene costruita adoperando delle equazioni dette equazioni di corrispondenza.

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Il problema più grande da risolvere è palesemente rappresentato dal fatto che il globo terrestre non può essere sviluppato su di un piano senza che siano introdotte delle distorsioni della figura rappresentata; ecco spiegato dunque il motivo della esistenza di diverse tipologie di carte ideate dai cartografi al fine di assecondare le varie esigenze degli utilizzatori.

Ma vediamo più da vicino le carte maggiormente usate in navigazione.5.2 – La carta di Mercatore.

La carta nautica più usata è la Carta di Mercatore, ideata nel 1595 dal cartografo olandese Gerhard Krémer detto il Mercatore.

Come si vede dalla figura l’Equatore è rappresentato da una linea orizzontale, i meridiani da rette perpendicolari all’equatore ed equidistanti tra loro. I paralleli sono rappresentati da rette parallele all’equatore ma non uniformemente distanziate dallo stesso, con la distanza che aumenta all’aumentare della latitudine. La scala della latitudine risulta pertanto

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variabile e ciò deve essere tenuto in considerazione perché su di essa si misurano le distanze in miglia.

Risulta simile alla carta cilindrica centrale ed è ottenuta dallo sviluppo sul piano di un cilindro tangente all’equatore sul quale è proiettata la superficie terrestre, con punto di vista al centro della terra.

Tra le proprietà della Carta di Mercatore vanno mensionati l’isogonismo, cioè la capacità di conservare gli angoli, e la rettificazione delle rotte lossodromiche.

Per il modo in cui è costruita, la Carta di Mercatore non si presta a rappresentare regioni poste al di sopra del 70° parallelo, in quanto le deformazioni non consentirebbero l’uso della stessa. Ciò non rappresenta però un problema in quanto tali regioni non sono solitamente interessate dal traffico marittimo; una loro rappresentazione è comunque realizzata utilizzando altri tipi di proiezioni quali le stereografiche o le gnomoniche.

Una certa importanza riveste, in alcune circostanze della navigazione, la costruzione della cosiddetta Carta approssimata di Mercatore, realizzata quando non si dispone della carta di una data zona di mare o non si vogliono eseguire elaborate operazioni grafiche sulla carta nautica allo scopo di preservarla o, ancora, in navigazione astronomica quando si deve ottenere il FIX .

La costruzione si opera nel modo seguente:

1. si prende un foglio di carta millimetrata e, alla base di esso, in un angolo, si traccia una linea orizzontale AB;

2. si divide la linea in tante parti uguali (in base all’unità di misura fissata) e la si indica quale scala delle longitudini;

3. dall’estremo A, dove è iniziata la gradazione, si traccia una semiretta AC che forma con AB un angolo uguale al valore della latitudine del punto di partenza o della latitudine media m se si dispone di più punti da rappresentare;

4. da ogni divisione della scala delle longitudini si fanno uscire le perpendicolari alla scala che incontreranno la retta AC in altrettanti punti determinando così la scala delle latitudini dove si leggeranno i e le distanze tra i punti.

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Ovviamente una tale carta risulta di scarsa precisione, ma considerata la limitata zona di mare rappresentata la si può utilizzare con tranquillità ogni qualvolta se ne avvede la necessità.

5.3 – La carta gnomonica.

Le proiezioni gnomoniche sono fondamentali per lo sviluppo del piano nautico. Sono realizzate immaginando di proiettare dal centro della terra la superficie terrestre su di un piano tangente alla stessa in un generico punto T.

Nelle figure seguenti sono rappresentati due tipi di carte gnomoniche:

la carta centrografica meridiana o equatoriale con punto di tangenza T in = 0°

la carta centrografica orizzontale, con punto di tangenza T in = 40° N

Usualmente le carte gnomoniche vengono utilizzate per rappresentare gli Oceani e per la pianificazione delle traversate atlantiche. Ciò consegue dalla proprietà delle carte gnomoniche di rettificare l’arco di circonferenza massima, ovvero l’ortodromia, che notoriamente rappresenta la minima distanza tra due punti della superficie terrestre.

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Come detto all’inizio del paragrafo, anche il piano nautico, che viene largamente utilizzato per rappresentare dettagliatamente porti o ristrette zone di mare, è una proiezione gnomonica.

Però al contrario delle vere e proprie carte gnomoniche, che hanno scala minore, la scala dei piani portuali è maggiore per cui il piano nautico può considerarsi isogono ai fini del suo impiego in navigazione costiera, in considerazione anche della piccola estensione della superficie terrestre rappresentata, che di solito è < a 10 miglia.5.4 – Lettura ed interpretazione delle carte.

La carta nautica è una rappresentazione simbolica della superficie marina. Ogni situazione è infatti segnalata con appositi segni convenzionali; è quindi indispensabile una loro conoscenza.- titolo della carta

è segnato in alto, possibilmente in una zona interna della costa. Riporta la denominazione dell’Istituto Idrografico, il nome del mare, il nome della carta in funzione della scala (Es. “da Punta Alice alla Foce del Sinni”), inoltre sono riportati:

- descrizione dei rilievi, ovvero fonti utilizzate per la compilazione della carta

- origine della topografia interna- tipi di proiezione per la costruzione del reticolato- ellissoide di riferimento (Madrid 1924)- Europaen datum, sistema di riferimento europeo

- scala di riferimento della carta- parallelo di riferimento della carta, che è il parallelo cui si riferisce la

carta numerica riportata nel titolo- le abbreviazioni (es. s = sabbia, f = fango, p = pietre, r = roccia, cr

= corallo, m = madrepora, a = argilla, cn = conchiglie, ecc…)

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- le unità di misura delle profondità (le carte italiane adoperano i metri, quelle inglesi talvolta i piedi)

- il livello di riferimento delle elevazioni, cioè quello medio del mare- il livello di riferimento degli scandagli, che è il livello delle basse

maree sigiziali, che si verificano quando la Terra, la Luna ed il Sole risultano allineati tra loro, in congiunzione equatoriale.

- l’indicazione di Zcioè l’altezza del livello medio del mare (relativo alla zona considerata) sul livello di riferimento degli scandagli. Lo si ricava dalle Tavole di marea.

- indicazioni delle carte

- data della pubblicazione e dell’ultima edizione- numero della carta, ai margini superiore ed inferiore- variante agli Avvisi ai naviganti; in basso a sinistra di ogni carta.

Serve ad indicare la posizione in cui vanno scritti gli estremi degli avvisi ai naviganti. Gli estremi sono costituiti da una frazione al cui numeratore si mettono i numeri dal fascicolo e dell’avviso ed al denominatore va posto il numero progressivo della correzione su quella determinata carta. La prima correzione annuale va accompagnata con l’indicazione (tra parentesi) dell’anno in corso.

- l’indicazione “Carta Ufficiale dello Stato”, in basso a destra- le rose dei venti- le dimensioni lineari della carta; sono poste all’interno e vengono

utilizzate per la verifica delle deformazioni che la carta stessa può subire con l’usura

- le coordinate degli spigoli della carta, poste in un angolo interno, utilizzate per la verifica delle deformazioni

- l’indice grafico, che riporta le carte a scala maggiore contenute nella carta stessa

- le graduazioni, riportate nelle scale laterali delle latitudini e sulla scala orizzontale delle longitudini. La numerazione dei gradi, primi e secondi (o più comunemente i decimi di primo) dipende dalla scala della carta. È buona norma, prima di iniziare qualunque operazione, di accertarsi del passo di ogni singola divisione

- la numerazione in gradi e primi varia secondo la seguente tabella:

la numerazione è riportata ogni2’ con scala 1:30.000 30’ con scala 1:500.0005’ con scala 1:4 0.000 1° con scala

1:1.000.00010’ con scala 1:100.000 2° con scala

1:2.000.00015’ con scala 1:250.000 5° con scala

1:3.000.000 - il reticolato geografico

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costituito da meridiani e paralleli, la distanza tra essi è di circa 20 centimetri; per esempio nella carta a scala 1:100.000 i meridiani sono tracciati ogni 10’ di differenza di longitudine

- la topografia è solitamente ricavata dalle carte dell’Istituto Geografico Militare. La simbologia nautica (boe, fari, relitti, zone interdette, ecc…) è quella convenuta internazionalmente e descritta dalla pubblicazione n.1111 “Segni convenzionali ed abbreviazioni “

- le linee batimetrichesegnano la profondità di 2, 5, 10, 20, 30, 50, 100, 500, 1000, 2000, 3000 metri. A seconda della scala impiegata la serie può essere più o meno completa. La batimetria dei 200 metri, che delimita la piattaforma continentale, è sempre presente. Nelle carte a maggior scala le zone delimitate dalle isobate sono colorate in azzurro di varia intensità. I fondali o scandagli vengono identificati con un numero e distribuiti sulla carta in modo da offrire l’idea delle variazioni più significative, come ad esempio, bassi fondali isolati e fosse marine con profondità notevolmente diversa da quella circostante.

5.5 – Le Pubblicazioni Nautiche.

Non tutte le informazioni idrografiche possono essere riportate sulle carte nautiche, esistono pertanto altre pubblicazioni nautiche che completano le informazioni contenute sulle carte.

Le principali sono:- Portolani

forniscono utili informazioni sui percorsi esistenti, sulle condizioni locali del tempo, sulle correnti, sui segnali di navigazione e danno notizie di carattere logistico (gli approdi, gli ancoraggi, i porti ed altro) politiche ed altro.

- Elenco fari e fanali

descrive i segnalamenti marittimi presenti lungo le coste, nei porti ed in mare aperto: fari fanali, boe luminose con relative caratteristiche, posizione geografica, portata

- radioservizi per la navigazionecontengono tutte le informazioni utili al navigante sui sistemi di radionavigazione, sui bollettini meteomarini, sui segnali dei radiofari, ecc…

-Ttavole di mareariportano le ore delle alte e basse maree, le relative altezze rispetto al livello di riferimento degli scandagli e le correnti di marea

- Effemeridi Nautiche

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forniscono le coordinate astronomiche degli astri ed altre informazioni come l’ora del sorgere e del tramonto del Sole e della Luna, la durata dei crepuscoli (crepuscolo nautico = periodo in cui sono visibili le stelle e la linea dell’orizzonte)

- Tavole Nautichesono raccolte di tavole che consentono di risolvere vari problemi di navigazione: tavole per la navigazione costiera ed astronomica, per la correzione delle girobussole, del radiogoniometro, correzioni delle letture meteorologiche, ecc…

- cataloghi delle Carte e delle Pubblicazioni Nautiche

contengono i titoli delle pubblicazioni del relativo servizio, l’anno in cui è stata edita, le correzioni e gli aggiornamenti di pubblicazioni nautiche, ecc…

- Avvisi ai naviganti

tutta la documentazione nautica deve essere continuamente aggiornata attraverso le trasmissioni radiofoniche giornaliere e l’acquisizione della pubblicazione quindicinale Avvisi ai Naviganti edita dall’I.I.M. (Istituto Idrografico della Marina). Gli aggiornamenti riguardano generalmente: la variazione delle caratteristiche dei fari, dei fondali, della declinazione magnetica, la collocazione di nuove boe, ecc… inoltre essi indicano il tipo di simbolo da disegnare facendo riferimento alla pubblicazione n. 1111.

5.6 – Operazioni e strumenti per il carteggio nautico.

Il carteggio nautico consiste in operazioni grafiche svolte direttamente sulla carta per la navigazione stimata e costiera. Comportano spesso alcuni calcoli numerici, tra cui la stima della corrente ed il calcolo del tempo di percorrenza. Aiutano molto per ogni operazione i calcolatori tascabili, le tavole Nautiche e le relative tabelle.

Il carteggio deve essere eseguito per programmare una rotta e per il controllo della stessa. Le operazioni di carteggio sono necessarie anche per il tracciamento dei LOP ottenuti dalle osservazioni costiere al fine di determinare il punto nave costiero (FIX) .

Per le operazioni di carteggio occorrono:

- gomma e matita- le squadrette nautiche

- una riga lunga - un compasso a punte fisse

È ancora meglio se del corredo fanno parte anche un compasso a punta scrivente e due righe parallele a snodo. In figura sono rappresentati gli strumenti per il carteggio.

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5.6.1. – Uso delle squadrette nautiche.

Le squadrette sono comuni squadre con un angolo di 90° e gli altri da 45° con una doppia graduazione su entrambi i lati uguali (cateti) di grado in grado da 0° a 180° e poi da 180° a 360°; vengono impiegate per la lettura ed il tracciamento di rotte e rilevamenti.

È possibile apprezzare anche il mezzo grado (0,°5), compreso tra i segni che indicano due gradi successivi.

Il lato più lungo (ipotenusa) ha una lunghezza graduata di circa 2022 centimetri, graduazione riportata da 0 a 10 11 centimetri da un lato e dall’altro con lo 0 posto, solitamente, al centro.

Esistono anche versioni di squadrette nautiche con riportata la scala dei centimetri per tutta la sua lunghezza da 0 a 2022; altre versioni, invece, sono realizzate in legno (oggi, in verità, poco diffuse).

Per tracciare una rotta o un rilevamento si porta lo zero della gradazione goniometrica sul meridiano più vicino, utilizzando le squadrette con la punta rivolta verso il petto, e si fa passare la linea del meridiano fino a coincidere con l’indicazione dell’angolo voluto (309° nell’esempio in figura). Per tornare alla zona di mare interessata si fa scorrere una squadretta sull’altra come mostrato in figura. In questo modo è possibile raggiungere ogni zona della carta.

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Esempio d’uso delle squadretteNautiche. Per “trasportare” un Rilevamento facendo scorrere una squadretta sull’altra (figura sopra) e misurando un angolo di rotta utilizzando un meridiano (figura a fianco)

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Nelle figure è mostrato il metodo da seguire per determinare la distanza tra due punti con l’impiego del compasso a punte fisse. Come si vede la lettura va fatta sulla scala delle latitudini.

La scala delle longitudini viene adoperata quando è necessario leggere le coordinate di un punto segnato sulla carta (ad esempio il FIX ottenuto con i LOP della navigazione costiera).