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Maggio 2016 N° 66 Eccoci, Mamma! Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 1, LO/CO N. 64 - Maggio 2015 Si miei cari, questo è l’invito della Mamma che vede noi figli immersi nella lotta della vita e ci chiede di lasciarci aiutare anche da Lei, per riscoprire la forza e la bellezza della recita del Santo Rosario, per credere che la preghiera, fatta con sacrificio e amore, ci rende capaci di vera umiltà e fede. Figli miei, il mio cuore immacolato è il vostro rifugio.

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Maggio2016

N° 66

Eccoci, Mamma!

Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 1, LO/CO N. 64 - Maggio 2015

Si miei cari,questo è l’invito della Mamma che vede noi

figli immersi nella lotta della vita e ci chiede di lasciarci aiutare anche da Lei, per riscoprire

la forza e la bellezza della recita del Santo Rosario, per credere che la preghiera, fatta con sacrificio e amore, ci rende capaci di vera umiltà e fede.

Figli miei, il mio cuore immacolato è il vostro rifugio.

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SI, Mamma, aiutaci a pregare, a lodare, ad adorare Dio.

Solo pregando sapremo vivere l’obbedienza gioiosa e l’abbandono alla Sua volontà

Solo così sapremo aprire il cuore alla Santissima Trinità e, nell’Amore, non ci daremo mai per vinti, ma saremo resi capaci, in Gesù risorto, di superare le “porte chiuse”, le paure, lo scoraggiamento e divenire in Lui coraggiosi testimoni della Verità, della Misericordia, della Carità.

Questo, carissimi, chiedo con tutto il cuore per la nostra famiglia di Radio Mater e per la Comunità di Maria.

In questo numero del giornalino troverete una bella immagine della Mamma, e la preghiera delle “dodici virtù” che sentite innalzare al termine del Cenacolo del sabato.

Anche ora chiedo alla Mamma di stringerci al Suo cuore e di aiutarci a contemplare, desiderare e vivere le Sue virtù, perché siano vita e virtù anche nostre.

Con tutto il cuore Le chiedo, con questa immagine, di entrare nelle vostre case, nei vostri cuori e di farli fiorire con la tenerezza del Suo meraviglioso “grazie”, per l’aiuto che date alla Sua Radio.

Credetemi, soffro molto nel non avere la possibilità di ringraziare ciascuno, attraverso uno scritto personale.

Ma... non ne abbiamo le disponibilità economiche.

Questo Dio lo sa!Per questo, con tutta la

Comunità e i Collaboratori, Vi prego: ogni volta che il vostro sguardo si poserà su di Lei, sentitevi abbracciati e ringraziati anche da ciascuno di noi.

Si, in una vera famiglia, è proprio nelle difficoltà che ci si stringe in un unico abbraccio per ricevere, nel misterioso progetto della vita, il coraggio, la forza e la gioia di accogliere il progetto di Dio e portarlo a compimento.

Rifugiamoci, miei cari, nel Cuore Immacolato della Mamma, perché la nostra debolezza, la nostra miseria, i nostri sforzi, diventino fede, speranza e carità, nel mare della Misericordia di Dio.

Saremo così testimoni delle meraviglie che fioriranno anche nella missione che il cielo ci affida con Radio Mater:

“La radio che porta la Chiesa in casa e che tutti riunisce nell’amore, come una sola famiglia”.

Coraggio, immergiamo la nostra vita nella preghiera, lasciamo che la “sorgente della

vita”, ci attiri a sè e ci doni la Sua passione per la salvezza delle anime.

Carissimi, vi prego, nel nostro parlare, nel nostro agire, nel nostro telefonare anche in radio, ci sia comprensione e perdono per le debolezze reciproche, perché brilli sempre in noi la fiamma della fiducia e dell’amore, per avere gli stessi sentimenti gli uni verso gli altri, per sentire battere il cuore della Santa Madre Chiesa.

La Mamma è felice quando in Gesù ci ascoltiamo, ci accogliamo, ci incoraggiamo, quando alleviamo le fatiche e asciughiamo le lacrime di tanti fratelli e, abbandonandoci, nell’unico abbraccio di Dio Padre, viviamo la gioia del perdono, dell’unità, della comunione.

Questo è il fiore più bello che possiamo offrire nel mese di Maggio a Lei:

rimanere nell’Amore di Dio e amarci come Lui ci ama!

Vi benedico con tutto il cuore!don Mario

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Mi è particolarmente caro condividere con i lettori questo ricordo dell’amico Giorgio, il quale diceva di essere cieco, ma che in realtà ci vedeva molto più di tanti altri, perché, come affermava lui: “con la cecità degli occhi ho finalmente imparato a vedere con il cuore!”. E gli riusciva per davvero ed anche molto bene!

Appena giunto, su invito del caro Vescovo Vicario Generale, in aiuto alla parrocchia, ho dovuto abituarmi a scendere i gradini dell’altare per venire al banco dove tu, Giorgio, tendevi le tue mani per accogliere Gesù, primo fra tutti. Ho sperimentato ben presto come lo stesso Gesù in realtà avesse proprio fretta di venire da te, per primo, nel tuo cuore, e mi sono via via sempre più convinto che Lui ci stesse proprio bene dentro di te. Quanta gioia avevi nel cuore... quanto eri contento e onorato di appartenere agli adoratori e adoratrici del SS. Sacramento, prima nella tua parrocchia e... dopo lo “sfratto”, come dicevi tu, presso le suore “Sacramentine” di Monza, dove nonostante il disagio accresciuto per la maggiore distanza da casa, tu e il tuo fedele “compagno” Filippo, il tuo bastoncino bianco,

ti recavi per il turno a te riservato per far compagnia all’Adorato Gesù. Abbiamo, tu ed io, da subito stretto una cordiale amicizia dandoci l’un l’altro del tu, ed ogni volta era per me edificante l’incontro con te: come il respirare una bella boccata d’aria buona. La parola più ricorrente sulle tue labbra era “Grazie!”, rivolta al Signore perché col “dono” della cecità ti aveva preservato da tanti pericoli di offenderlo e da tante occasioni di distrazione e dispersione spirituale. Poi dicevi “Grazie” per tutto quanto la vita ti aveva riservato: la moglie Maria, l’amata figlia Sara, il genero, i nipotini… la tua famiglia. Perfino a me dicevi “grazie”, pieno di stupore, quando giungendo in chiesa per celebrare la Santa Messa, talvolta ti avvicinavo discretamente e all’orecchio ti dicevo: ”Ciao Giorgio! Per cortesia puoi dire una preghiera anche per me”. Tu rispondevi subito: “Sì! Certo! Grazie per avermelo chiesto... Grazie perché me lo hai chiesto”. Avevi un animo gentile e accogliente, molto sensibile.

Il semplice vibrato della voce ti faceva identificare l’interlocutore e poi, con la tua estrema delicatezza e discrezione, da amico vero, dimostravi di avere colto con precisione: ansia e preoccupazione, oppure stanchezza e delusione, gioia e soddisfazione, o attesa e speranza di qualche cosa che dovesse accadere. Eri sempre pronto ad assicurare il tuo ricordo affettuoso al Signore. Durante l’omelia delle sacre esequie che ho presieduto, ho sentito il bisogno sincero di affermare il piacere e l’onore di averti conosciuto. Rivolgendomi a te seppure in una circostanza non proprio allegra, almeno per noi che eravamo attorno alla tua

bara, non ho potuto rinunciare al tono faceto che caratterizzava sempre i nostri incontri, anche i più intimi nel Sacramento del Perdono. Ci si sedeva uno vicino all’altro, fuori della sacristia, e tu esprimevi con la semplicità, la tenerezza e la gioia di un bimbo, la consolazione del tuo essere cristiano. Era un piacere ascoltarti e francamente ero io al termine a sentirmi in difetto davanti al Signore. Mi domandavo sempre, ogni volta, se davanti ad una prova così grande come la tua per aver perso la vista da ormai 32 anni e da quando ne avevi 40, io avrei saputo ringraziare col cuore pieno di gioia il Signore come facevi tu, schiettamente e pienamente convinto!!! Grazie, Giorgio, per la tua straordinaria testimonianza. Non hai mai smesso di sorridere anche quando ci siamo incontrati nella sala della cardiologia in ospedale, in attesa entrambi dell’esito dell’esame. Io ti ho chiesto: “Ti hanno trovato qualcosa?” e tu: “No!”. Io allora ho insistito con quest’altra domanda: “Come, neanche il cuore ti hanno trovato?”. E tu, ironicamente e sorridendo come sempre e con la battuta sempre pronta mi hai risposto: “Questi medici sono proprio degli incapaci!!!”. Eri già smagrito e molto pallido, ma nulla lasciava presagire che in soli 24 giorni avresti fatto Pasqua nel Cielo! Sì! Te ne sei andato lasciando il tuo “testamento” a Radio Mater con quel po’ di respiro

Giorgio con la moglie Maria

Giorgio la moglie Maria e il cane guida Oscar

“Con la cecità degli occhi ho finalmenteimparato a vedere con il cuore!”

Questo articolo è scritto da don Maurizio Muzzioli, amico, confessore e padre spirituale del nostro Giorgio Tassetto, conduttore della rubrica “Luce e amore” del MAC (Movimento Apostolico Ciechi), salito al cielo il 31 Marzo alle ore 08.30. Giorgio è stato per tutti noi veramente un esempio di luce e di amore.

GIORGIO TASSETTO: UN AMICO DA RICORDARE

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che ti era rimasto e nella settimana dedicata alla novena alla Divina Misericordia hai spiccato il volo, e il primo sabato del mese dedicato alla Madonna hai ricevuto il commiato della tua comunità che, numerosa e commossa, ti ha affidato a quel Padre che ora ti tiene sulle Sue ginocchia. Nell’Omelia ho anche ricordato che Pasqua significa “passaggio” e ho spiegato come Sant Agostino risolve nel IV Secolo la questione fra il “passare di Dio” o il “passare dell’uomo”, rileggendo nello Spirito Santo il capitolo 13 del vangelo di Giovanni che dice così: “Gesù sapendo che era giunta la Sua ora di passare da questo mondo al Padre e… che da Dio veniva e a Dio ritornava…” per aiutarci a capire che: in Cristo vero Dio e vero Uomo, sono Dio con l’Uomo che “passano insieme”. E’ il Signore Gesù che si fa viatico e accompagna l’uomo nel passaggio da questo mondo al Padre. L’uomo non è dunque mai solo ad affrontare quel momento! Come non ricordare, infatti, il salmo 22 del Buon Pastore: “ anche se dovessi attraversare una valle oscura (la morte), non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il Tuo bastone e il Tuo vincastro mi danno sicurezza”.

Tu eri pronto, e come Gesù sapeva che era venuta la Sua ora, anche tu hai gioito nel vedere esaudita la preghiera di sempre: “Fa’, o Signore, che io possa evitare la morte improvvisa, ma avvisami in tempo per potermi consapevolmente preparare e venirTi incontro con la lampada accesa, i fianchi cinti e i sandali ai piedi.” Appena hai udito il grido: “Ecco lo Sposo andategli incontro!”, tu

hai risposto subito il tuo “eccomi!” e sei entrato nella casa del Padre per celebrare le tue nozze eterne di gioia con il Tuo Signore.

Concludo questo piccolo, troppo piccolo ricordo di te, ma come tu sai, fatto con tutto il cuore, ripetendoti ancora una volta (e so bene che non sei né cieco, né sordo) quella stessa preghiera che ti ho rivolto per me e per tutti coloro che ti vogliono bene: “Caro Giorgio, come tu hai saputo pienamente accettare la tua cecità, così dal Cielo aiuta anche noi ad accettare la nostra cecità, cioè il sacrificio di saperti vicino, ma di non poter più temporaneamente vedere il tuo volto e il tuo sorriso. Caro Giorgio, prima ero io che per venire da te e darti la Comunione dovevo scendere i gradini dell’altare, oggi per venire da te, ti prego, aiutami a salire i gradini della santità vera e della vita. Così presto staremo per sempre insieme nella gioia che non ha fine e nella Pace.

Il tuo piccolo amico prete.Don Maurizio

“Comunicazione e misericordia, un incontro fecondo” è il tema scelto da papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si è celebrata l’8 maggio scorso. Una ricorrenza sempre importante (è l’unica Giornata mondiale voluta dal Concilio Vaticano II), ma ancora più questa edizione del 2016: è la cinquantesima e si svolge a metà percorso nell’Anno della Misericordia. Francesco nel Messaggio per la 50° Giornata indica la finalità della comunicazione: deve “creare ponti”, deve “favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così

la società. Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni,

guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli”.

Non è sempre facile scegliere le parole giuste, che permettano di far crescere la comunione, la condivisione. Francesco, in questo, è maestro. E’ bastato il 13 marzo di tre anni fa quel “buonasera” dalla Loggia di San Pietro quando fu eletto “Vescovo di Roma”, per iniziare il dialogo con milioni di uomini sparsi in tutto il mondo. Un dialogo a tutto campo, fatto di condivisione, di ascolto, di accoglienza di tutti

Giorgio incontra Papa Francesco

mons. Dario Edoardo Viganò

50° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Intervista a Mons. Dario Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede.

“Francesco ci invita a lasciare uscire Cristo,a lasciarlo andare tra la gente,

a non tenerlo prigioniero”.

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gli uomini, senza alcuna differenza. Con papa Francesco è in atto all’interno della Chiesa una “rivoluzione”. Ma è proprio così?

Lo chiediamo a mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, il dicastero creato dal papa, per integrare tutti i media vaticani: Sala Stampa, Osservatore Romano, Centro Televisivo Vaticano, Ufficio Internet e Radio Vaticana

“Potremmo definire papa Francesco come un sistema App nei computer. E’ un sistema molto complicato ma con una interfaccia molto semplice. Ha un’enorme cultura e profonda spiritualità, ma parla un linguaggio accessibile, non astratto, concettuale. Ci racconta storie concrete. Ci presenta non un Cristo disincarnato, lontano dalla gente, racchiuso in una torre d’avorio, ma un Cristo che si fa uomo, e che vive accanto alla sofferenza dell’uomo. Francesco sta facendo emergere le questioni centrali dell’uomo. Perché il male, perché il dolore? E ci dice che Dio è carità, è misericordia...”

Lei, mons. Dario, ha pubblicato recentemente un libro dal titolo significativo “Fedeltà è cambiamento: la svolta di Francesco raccontata da vicino”. Edito da RaiEri. E già il titolo sembra una contraddizione…

“Apparentemente è così. Il titolo scaturisce dalle parole del papa: “il restare, il rimanere fedeli implica un’uscita. Proprio se si rimane nel Signore si esce da se stessi. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita”. Solo quando noi siamo fedeli e viviamo il radicamento al cuore e alla tradizione della Chiesa, allora non abbiamo paura di intraprendere le strade creative che la Spirito Santo suscita. Solo l’uomo così fortemente consolidato nella certezza dell’amore misericordioso di Dio non ha paura di essere una Chiesa in uscita, magari mettendo in conto anche un incidente, come dice Francesco: “Preferisco una chiesa incidentata che una chiesa chiusa”. Si è disposti a cambiare, quando si è fedeli. Diversamente se siamo persone centrate su noi

stessi, sui nostri progetti, sulla costruzione che noi abbiamo fatto del nostro essere cristiano, allora abbiamo paura a cercare nuove vie”.

Il 22 gennaio 2013 Benedetto XVI, il papa emerito, lo nomina direttore del Centro Televisivo Vaticano. L’11 febbraio sempre del 2013 papa Benedetto rinuncia al ministero petrino e il 13 marzo viene eletto pontefice papa Francesco. Insomma, in pochi giorni, lei, mons. Dario, ha dovuto gestire avvenimenti importanti, storici.

“E’ vero, in poco tempo ho dovuto “imparare il mestiere”. Trovarsi, dopo pochi giorni dalla nomina a direttore del CTV, a dover raccontare al mondo intero un fatto storico e inconsueto come le dimissioni di un pontefice, è stato un compito di grande responsabilità, ma anche di grande passione. Non si è trattato di documentare un fatto, ma di costruire un racconto che in qualche modo rendesse giustizia ad un uomo come papa Ratzinger, che da quando è stato eletto al soglio pontificio non ha avuto un grande rapporto empatico con i media. Con le riprese televisive abbiamo cercato di evidenziare la forza, l’umanità, la capacità e la delicatezza delle relazioni che papa Benedetto ha sempre voluto gestire come suo proprio stile di vita. Qualcuno ricorderà che quando papa Benedetto è entrato in casa a Castel Gandolfo, all’interno c’era una telecamera, quasi a voler raccontare che in quell’edificio c’erano tutti gli spettatori che accoglievano il papa emerito.

E poi c’è stato il secondo evento, il conclave, con l’elezione di papa Francesco. E con Francesco abbiamo iniziato insieme un apprendistato. Lui a fare il papa e noi come responsabile del Centro televisivo vaticano. Abbiamo iniziato a raccontare, e lo stiamo raccontando, un pontificato straordinario, che sa parlare al cuore degli uomini e delle donne, che sa vivere quella tenerezza che noi tutti abbiamo bisogno.

In “Fedeltà è cambiamento” lei osserva che con Francesco la dottrina della fede non è cambiata, ma “oggi ha un cuore, e la forma del dialogo, dell’ascolto attento, della prossimità plasma gli stessi contenuti della fede”. Dialogo, ascolto, cuore: termini tanto cari al Santo Padre e che ritornano anche nel Messaggio per la 50°Giornata delle comunicazioni...

Giovanni Paolo II ha gridato a tutto il mondo: “Aprite le porte a Cristo”. Francesco ripete, invece, di lasciare uscire Cristo dalla Chiesa, di lasciarlo andare tra la gente, di non tenerlo prigioniero. E di andare anche noi con Lui per diventare “ospedale da campo”, cioè per diventare prossimità, vicinanza alle persone. La Chiesa è fatta per gli uomini e per le donne che vivono la realtà di ogni giorno. Non c’è esperienza di Chiesa se non c’è incontro con l’uomo.

E. Vig.

mons. Dario Edoardo Viganò

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Leyla Ayeb a Pasqua riceve il Battesimo, come gli altri 115 catecumeni adulti che con lei il 19 marzo erano in Duomo per la veglia in Traditione Symboli con l’Arcivescovo. In questa occasione, Leyla, commossa, parlando al microfono, porta la sua testi-monianza ai tanti giovani seduti sulle panche della Cattedrale.

Il papà è di altra religione, la mamma cattolica. I genitori non la avviano verso nessun cam-mino di fede: «Tu e tuo fratello sceglierete da grandi», dicono loro fin da piccoli. «A scuola frequentavo regolarmente le lezioni di religione, la domenica assistevo alla celebrazione della Santa Messa e trascorrevo i miei pomeriggi in oratorio. Mi sono sempre immaginata battezzata, con Comunione, Cresima e spo-sata in Chiesa. Ma la malattia di mia madre mi ha allontanato da questo percorso», racconta Leyla nel suo toccante intervento. «Come poteva il Signore - si è chiesta, tre anni fa - far soffrire mia mamma, una donna di così grande fede?».

Mentre la madre lottava con-tro un male inguaribile «che la portava via giorno dopo giorno, io mi arrabbiavo sempre più con Dio e con lei. Tornavo a casa e

mi dava fastidio vederla sveglia a qualsiasi ora, per pregare o ascoltare Radio Mater». Eppure in Leyla qualcosa cambia. «Mentre io la osservavo, insieme ad altri ammalati in ospedale, riuscivo a scorgere solo sguardi pieni d’a-more. Com’era possibile ciò? Come poteva sopportare e vivere tutto questo male e avere ancora fidu-cia nel Signore? Perché nei suoi occhi e in quelli di altri ammalati leggevo pace e amore?». Fu così che decise che avrebbe dovuto anche lei cominciare a conoscere seriamente il Signore. Da lì, il passo è breve per attaccarsi al citofono del parroco.

«Abbiamo parlato per oltre un’ora - ricorda - e don Andrea mi disse che avrei dovuto seguire un percorso di catechesi che sarebbe durato due anni e che presto avrei conosciuto il mio catechista, Maurizio. Uscii da quella stanza con il cuore ricolmo di gioia, con la domanda a Dio di accompa-gnarmi su questo cammino.

Conobbi Maurizio e Matilde, sua moglie, con i loro due figli e la gatta. Per me la loro è come se fosse la mia seconda casa». Leyla conclude la sua testimonianza in Duomo con un personalissimo inno di ringrazia-mento: «Ringrazio mia madre,

mio padre e la mia famiglia per tutto l’amore che non mi hanno risparmiato. Ringrazio Maurizio e Matilde per aver creduto in me nonostante le mie debolezze e le mie fragilità, per non avermi mai lasciata sola, per avermi insegnato a scoprire quanto ancora non conoscevo della bontà, della bellezza e della verità della fede cristiana. Un grazie al mio fidanzato per tutte le volte che mi ha seguito in questo percorso e per tutte le volte che ha partecipato agli incontri insieme a me.

Grazie mamma per avermi sem-pre accompagnata, tenendomi per mano, per non avermi mai imposto la tua fede e per avermi sempre fatto vedere nei tuoi occhi e riversato nel mio cuore, in abbondanza, quell’amore di cui ho avuto il privilegio di godere. Grazie Signore per il dono della vita e per tutte quelle persone buone che hai messo sulla mia strada e che mi hanno voluto bene e che adesso desiderano per me l’incontro con il mio vero Bene che sei proprio Tu. Grazie per avere avuto la bontà e la pazienza di aspettarmi».

«Ora non Ti lascio più».

Il card. Scola alla celebrazione “in Traditione Symboli”

Il card. Scola benedice l’acqua battesimale durante la Veglia Pasquale

Riportiamo la testimonianza di Leyla, apparsa il giorno di Pasqua su “Milano sette – Avvenire” . Leyla è una dei 115 catecumeni adulti, che hanno ricevuto il Battesimo durante la Veglia Pasquale lo scorso 26 marzo. Sua madre lottava contro un male inguaribile e quando tornava a casa, racconta Leyla, la vedeva sveglia a qualsiasi ora per pregare o a ascoltare Radio Mater e si chiedeva:

“Come poteva sopportare e viveretutto questo male e avere ancora

fiducia nel Signore?”“Grazie mamma, per avermi sempre accompagnata, tenendomi per mano”

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Eccoci, Mamma!per percorrere con Te la “Tua strada di santità”

O Donna vestita di sole con la luna sotto i Tuoi piedi e attorno al capo una “corona di dodici stelle”, che ci inviti a “scoprire la nostra strada di santità”, aiutaci a camminare sulla “Tua strada di santità” tracciata da “queste tue dodici virtù”: ● la Tua fede◊ per saper mettere ogni giorno al primo posto Dio, la Sua Presenza, la Sua Parola, l’Eucarestia, la Preghiera

● la Tua Speranza◊ per saperci fiduciosamente abbandonare in tutto ai Suoi disegni e alla Sua volontà, persuasi che sono sempre il nostro bene

● la Tua carità◊ per amarLo veramente con tutto il cuore e fare tutto solamente per Lui

● la Tua povertà◊ per usare le cose della terra solo per il necessario alla vita o per un giusto risparmio e il resto donarlo in opere di bene

● la Tua castità◊ per vivere in totale purezza di pensieri, desideri, sguardi, parole, affetti e azioni secondo il nostro particolare stato di vita (sacerdotale, religioso, matrimoniale, giovanile)

● la Tua ubbidienza◊ per piegare sempre la nostra volontà alla legge e alle ispirazioni del Signore, alle disposizioni e inviti dei Superiori o Genitori, ai suggerimenti del Confessore o Direttore Spirituale

● la Tua umiltà◊ per essere “vite nascoste con Cristo in Dio” che non cercano di emergere ma solo di essere strumenti delle “opere di Dio” anche nelle umiliazioni e incomprensioni

● la Tua dolcezza◊ per avere un cuore e un sorriso per tutti

● la Tua bontà◊ per dir bene e voler bene a tutti, come unica verra Chiesa di Gesù, e per tutti sacri-ficarsi fino al “tutto è compiuto” di Gesù

● il Tuo spirito di sacrificio◊ per saper rinunciare a tutto ciò che è male e ripararlo con ogni forma di penitenza. La Tua gioia anche nella sofferenza, per saper accettare ogni prova, anche dolorosa, così da completare in noi la Redenzione di Gesù

● il Tuo fervore anche nelle aridità◊ per non lasciarci mai vincere dalla pigri-zia, dalla superficialità, dalla freddezza ma fare tutto con l’ardore e la fedeltà dei veri apostoli

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“Buongiorno cari amici di Radio Mater; ben ritrovati a ‘Leggiamo insieme Avvenire...”. Da alcune settimane, più precisamente da sabato 19 marzo, festa di San Giuseppe, ho la gioia di iniziare la giornata del sabato in vostra compagnia. E queste parole ormai ritornano spesso nella mente, perché collabo-rare con Radio Mater significa in realtà entrare a far parte di una grande famiglia. Ma pro-cediamo con ordine.

Mi chiamo Giacomo Bertoni, ho venticinque anni e vi scrivo da Pavia, dove frequento l’ultimo anno della Laurea Specialistica in Filosofia. Conoscete Pavia? E’ una città ricca di storia, e la sua Università è tra le più antiche d’Europa! Amo molto la mia città, e proprio qui è iniziata la mia piccola avventura come autore. Ho sempre letto tan-tissimo, fin da piccolo. Poi, col tempo, ho scoperto la bellezza di scrivere, di raccontare e rac-contarsi, e nel 2006 ho iniziato una piccola collaborazione con “il Ticino”, il settimanale della diocesi di Pavia, con reportage e articoli di cronaca locale. Nel

2009 ho pubblicato il mio primo libro illustrato per bambini, e negli anni successivi ne sono usciti altri due, che mi portano ad incontrare tanti giovani let-tori – durante i miei laboratori nelle scuole, nelle librerie e nelle biblioteche - e a riscoprire la ricchezza infinita che è nascosta nel mondo dei bambini. Viviamo tempi nei quali la spiritualità, la meraviglia, la purezza del cuore, tutto ciò insomma che ci riporta alle nostre origini, è visto come antiquato e per questo viene soffocato. Io credo che un antidoto efficace a questa “società liquida” sia proprio nell’innocenza dei bambini e nelle grandi energie rivoluzio-narie dei giovani.

“Giacomo, ti andrebbe di parlare dei giovani e della mise-ricordia?” Tutto è partito da qui, dalla fiducia di Enrico Viganò, al quale avevo manifestato il mio desiderio di raccontare i sentimenti e le speranze di noi ragazzi. Pensate, proprio la sera del mio compleanno ero in collegamento a “Giovani per i giovani”, di Anna Becattini, per raccontare la nostra voglia di essere protagonisti della nostra vita, liberi dai tanti falsi idoli che popolano il mondo della televisione e del web e cercano di catturare le nostre speranze e i nostri sogni, per poi usarli in battaglie che portano solo nebbia nel cuore.

Ma... “procediamo con ordine”. Immagino siate tentati di ricor-darmi queste parole, avete ragione, torniamo alla radio. Dopo questi contatti telefonici, un soleggiato giovedì pomeriggio, ho preso la macchina e sono partito alla volta di Albavilla, desideroso di conoscere da vicino la realtà di Radio Mater. Beh, mi sono perso. A Como. Nonostante il navigatore satellitare. Dopo questo primo smarrimento, abba-stanza consueto quando sono

al volante, mi sono perso una seconda volta, ma in un grande abbraccio materno. E’ questo ciò che ho avvertito entrando a Radio Mater: un caldo abbraccio. Enrico, che mi ha fatto da guida e mi ha raccontato la storia della radio (una storia che ha gli stessi colori del cielo); la comunità di Maria, con l’accoglienza e la generosità di Giovanna che mi ha fatto sentire subito a casa; Mario, con i suoi occhi limpidi e sinceri, che mi ha mostrato i tanti segni che accompagnano Radio Mater sin dalla sua nascita e l’abbaiare festoso di Dodic, il cane di don Mario, che mi ha accolto chiedendo subito tante carezze. E la visita alla radio? La voce famigliare di Dania (e il suo sorriso dolce, che anche dalla radio si riesce a intravedere) come guida, e la disponibilità di Alessandro, che vincerà il Nobel per la Pazienza per l’assistenza professionale e umana con la quale mi accompagna durante le rassegne stampa del sabato. E poi l’incontro, atteso con tanta trepidazione, con don Mario, che mi ha subito coinvolto in una chiacchierata amichevole, senza formalità, come se mi conoscesse da sempre. Non ho potuto fare a meno di pensare

Giacomo in studio durante: “Leggiamo insieme Avvenire”

Giacomo alla presentazione di un libro per bambini

Da qualche settimana, come certamente avrete sentito, ha iniziato a collaborare con Radio Mater da Pavia Giacomo Bertoni, studente in filosofia, giovane di “idee chiare”, di un entusiasmo incredibile, ma anche di intensa spiritualità e che avverte forte - sono sue parole – “il compito di proporre spunti di riflessione per rendere manifesto il pericolo del pensiero unico, un processo che porta ad un nuovo totalitarismo”.

A Radio Mater la speranza non delude mai!

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Lo scorso settembre, par-lando con i giornalisti durante la conferenza stampa sull’ae-reo di ritorno dagli USA, papa Francesco, rispondendo ad una domanda sulla questione delle donne sacerdote, ha ribadito: “Non si può fare, Giovanni Paolo II lo ha detto chiaramente”. “Non perché le donne non ne abbiano la capacità”, ha aggiunto il Ponte-fice. “Anzi, nella Chiesa le donne sono più importanti degli uomini. Perché la Chiesa è donna”

Concetti questi che Francesco ha ripetuto in altre circostanze, come, ad esempio, sull’aereo di ritorno dalla GMG 2013 di Rio de Janeiro: “Una Chiesa senza le donne è come il Col-legio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna è più importante degli Apostoli! E’ più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa,

è madre… Credo che noi non abbiamo fatto ancora una pro-fonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto può fare que-sto, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas... Ma, c’è di più! Biso-gna fare una profonda teologia della donna. Questo è quello che penso io”.

Parole forti, parole chiare. Il papa ribadisce che la testimo-nianza evangelica non è una peculiarità al maschile, ma anche al femminile. Ma quante sono le donne impiegate con ruoli di responsabilità nella Chiesa? Poche, molto poche. Nessuno chiede di elargire anche a loro

i titoli onorifici degli uomini di chiesa, di farle monsignori o cardinali! No, assolutamente. Certamente, però, è necessario, allargare gli spazi di una pre-senza femminile più incisiva, ad ogni livello, perché senza le donne la Chiesa è un corpo mutilato. Già il Concilio Vaticano II, 50 anni fa, aveva sottoline-ato l’importanza di un ruolo più attivo della donna nella Chiesa e aveva autorizzato il loro ingresso nelle università teologiche. In questi anni, però, il loro ruolo è stato perlopiù decorativo se non subalterno, o per dirla con il papa, di “servitù”. Ai parte-cipanti al seminario di studio promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici sul tema “Dio affida l’essere umano alla donna”, in occasione del XXV anniversario

al Concilio Vaticano II. Ecco, quando mi chiedono “Ma com’è don Mario?”, io rispondo: “è un uomo del Concilio”. Sì, perché don Mario ha intuito l’importanza di raccontare la fede in Gesù con parole e mezzi nuovi, ha saputo testimoniare la speranza che nasce dalla fede. E continua a farlo ogni giorno, affidandosi totalmente alla Madonna,

che a Radio Mater impari a chiamare con il suo nome più bello e più appropriato: Mamma.

Ho scoperto, e scopro ogni volta che sono davanti al microfono, che collaborare con Radio Mater non vuol dire solo fare la rassegna stampa, scegliere notizie e leggerle. Significa invece mettersi a servizio di chi ascolta, entrare nelle case non di un pubblico anonimo, ma di tanti amici. La fede è gioia, è incontro con Gesù e incontro con gli altri. E’ anche condivisione di sofferenze, nell’attesa comune di un’alba nuova. La fede è un cammino, fatto di salite, discese, soste, un cammino di affidamento continuo al Signore e alla sua e nostra Mamma. Se fatto insieme, questo cammino diventa più agevole.

Radio Mater ci raduna nell’amore come una sola famiglia: questo non è un semplice slo-gan, ma l’espressione di un desiderio sincero di condivisione, perché nessuno si senta più solo, ma sperimenti, nell’abbraccio della Mamma celeste, di essere dentro il grande abbraccio della Chiesa. Grazie, grande famiglia di Radio Mater, per avermi accolto!

Giacomo BertoniRiceve il Premio Letterario Nazionale Città di Riparbella 2015, “Un ponte tra le Valli”

Papa Francesco: “Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria”.

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Eccoci, Mamma! n° 66 Maggio 2016

Comunità di Maria ONLUS • C.F. 93012890138 • Casella Postale n. 84 - 22031 Albavilla (CO)Registro stampa: Tribunale di Como n. 1/96 dell’8/1/1996 • Lett. in famiglia “Pro Manoscritto” di Comunità di Maria Onlus, Albavilla (Como) • A. 2005Direttore Responsabile: Enrico Viganò.Impaginazione e Grafica: Roberto BonfantiStampa: Grafiche Artigianelli s.p.a. Brescia • via Ferri, 73 - 25123 Brescia.

della “Mulieris dignitatem”, affermò: “Soffro, dico la verità, quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni ecclesiali che il ruolo di servizio, che tutti noi dobbiamo avere, della donna scivola verso un ruolo di servitù, quando vedo donne che fanno cose di servitù non di servizio e non si capisce bene cosa deve fare una donna”.

“Donne che fanno cose di ser-vitù”. E questo perché nei loro confronti persistono ancora nume-rosi pregiudizi. Primo tra tutti un certo maschilismo clericale, che mette in cima a tutto sempre il prete. Nella Chiesa non ci sono solo ruoli e mansioni peculiari del ministero ordinato. “La con-figurazione del sacerdote con Cristo a capo – leggiamo nella Evangelii Gaudium – vale a dire come fonte principale della grazia, non implica un’esaltazione che lo collochi in cima a tutto il resto.

Le funzioni non danno luogo alla superiorità degli uni sugli altri. Di fatto una donna, Maria, è più importante dei vescovi”.

Fondamentale è che la loro partecipazione sia anche ai vertici, come ad esempio, i Pontifici Consigli della famiglia, della cultura, della comunica-zione sociale, della promozione della nuova evangelizzazione, la Congregazione per gli isti-tuti di vita consacrata (il 70-80 per cento delle persone consa-crate appartengono all’universo femminile). La Chiesa se vuole crescere non può fare a meno della donna.

E’ indispensabile. Con papa Francesco il cammino in que-sta direzione si è accelerato. La nomina di suor Mary Melone, S.F.A. a Rettore Magnifico della Pontificia Università Antonianum, più di un anno fa, è stato un

evento di portata storica: per la prima volta nella Chiesa, a una donna è stato assegnato l’incarico di Rettore in una Pon-tificia Università.

Del resto nel Vangelo la pre-senza femminile è costante, continua e coraggiosa. Tutti i discepoli fuggono al momento della Passione. Solo le donne seguono Gesù al Calvario e rimangono sotto la croce con il discepolo che Gesù amava. Senza le donne, la resurrezione di Cristo non sarebbe stata rive-lata al mondo. “Alle prime luci del primo giorno della setti-mana vennero Maria Maddalena e l’altra Maria a guardare il sepolcro” e l’angelo annuncia loro: “E’ risorto”. E Gesù dice loro: “Andate e annunciate ai miei fratelli…”. Gesù sceglie di manifestarsi per prima alle donne. Proprio a loro che a quel tempo erano escluse da tutto, dai beni ereditari della famiglia, dall’istruzione religiosa (secondo gli scribi, era meglio che le parole della Legge venis-sero distrutte dal fuoco piuttosto che insegnate alle donne”) e in certi casi valevano meno degli animali da soma. Gesù invece ribalta questa concezione. Oggi diremmo che Gesù fu il primo “femminista” della storia, e ci ha insegnato che l’annuncio del Vangelo non è una prerogativa maschile, ma frutto della coope-razione e condivisione di uomini e donne insieme, in un impegno comune ed appassionato.

Enrico ViganòU

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