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Rivista di Algologia Clinica e Sperimentale Volume 18, numero 1, 2011 ISSN 1593-2354 Poste Italiane SpA - sped. in abbon. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 1, DCB, Milano periodico Omologato DCOER0912 MI ROSERIO CMP

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Rivista di Algologia Clinica e SperimentaleVolume 18, numero 1, 2011

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 3

Direzione scientifi caRenato ColucciaDario CovaMarco LacerenzaSergio MameliPaolo MarchettiniElsa MargariaGuido OrlandiniMaria Luisa Sotgiu

CorrispondentiAnestesiaF. Bruno (Bari)S. Codeleoncini (Milano)A. Marchi (Cagliari)P. Notaro (Milano)V.A. Peduto (Perugia)G. Savoia (Napoli)Anestesiaostetrico-ginecologicaB. Pagnoni (Milano)Anestesie loco-regionalie blocchiV. Moschini (Milano)G. Ramella (Milano)CefaleeC. Caputi (Ancona)M. Lacerenza (Milano)D. Moscato (Roma)F. Rizzi (Milano)E. Sternieri (Modena)Dolore da cancro e cure palliativeA. Caraceni (Milano)L. Piva (Milano)Dolore neuropaticoP. Marchettini (Milano)C. Mattia (Roma)A. F. Sabato (Roma)Dolore postoperatorioM. Berti (Parma)A. Severgnini (Milano)

Farmacologia A. Gennazzani (Novara)E. Molina (Parma)Fisiatria e RiabilitazioneV. Santilli (Roma)FisiologiaA. Aloisi (Siena)G.E.M. Biella (Milano)Fisiologia clinicaR. Casale (Montescano)M.A. Giamberardino (Chieti)Geriatria D. Cova (Milano)IpnositerapiaP. Mariconti (Milano)Medicina del doloreM. Bevilacqua (Venezia)C. Bonezzi (Pavia)G. Colini Baldeschi (Roma)A. Costantini (Chieti)L. Follini (Parma)V. Iorno (Milano)G. Pari (Rimini)P. Poli (Pisa)G. Varrassi (L’Aquila)NeurochirurgiaI. Dones (Milano)NeurologiaG. Cruccu (Roma)F. Nicoletti (Roma)OrtopediaG. Peretti (Milano)M. Porta (Zingonia)PediatriaF. Benini (Padova)A. Clerico (Roma)Potenziali evocatied elettromiografi aG. Pastorino (Milano)ReumatologiaM. Broggini (Varese)Scienze InfermieristicheD. Manara (Milano)

Rivista Uffi cialeS.I.C.D.Società Italiana dei Clinici del Dolore

Consiglio Direttivo SICDPresidenteSergio Mameli Incoming PresidentSergio Chisai Past PresidentGuido OrlandiniPresidente onorarioEmilio Sternieri TesoriereClaudio Lo Presti SegretarioGiovanni Maria Pisanu Vice Presidente area NordMarco La Grua Vice Presidente area CentroPasquale De Negri Vice Presidente area SudCarmelo Costa ConsiglieriPaolo MarchettiniAlfonso PapaMaurizio PintoreGiovanni RomanottoGerardo SerraGiuseppe SorrentinoRevisori dei contiAlessandro Calafi orePaola Del ChiaroSalvatore SalisProbiviriGiuseppe PietroforteGiuseppe PulitoSandro Sensini

www.sicd.net

In copertina:Immagini dal mondo.Primavera nella campagna inglese.Archivio fotografi co Publiediting.

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 5

SommarioRivista di AlgologiaClinica e SperimentaleVolume 18, numero 1Marzo 2011

Presidente fondatoreMario Tiengo

Direttore editorialeMaria Luisa Sotgiu

Direttore responsabileMara Sala

Segreteria di redazioneMartina Serra

Impaginazione Roberto Colombo

StampaAgf, Milano

Pubblicità Irene Carravieri

Direzione, Redazione e PubblicitàPublieditingVia degli Orombelli 7a20131 [email protected] 02 93887520www.publiediting.it

PATHOS

è una rivista editada PublieditingRegistrata al Tribunale di Milanoal numero 666 - 210905Iscrizione R.O.C. n. 15108ISSN 1593-2354

Editoriale Il paziente, il medico di medicina generale e la nuova legge sul dolore M. L. Sotgiu 7

Rassegna clinica Dolore ed endometriosi G. Orlandini 9

Uso degli oppiacei nel dolore cronico del paziente non oncologico: razionale e criteri di scelta S. Mameli, A. Pili, G. M. Pisanu, M. Carboni, E. Marchi 15

Casi clinici Sindrome post-trauma cranico: effi cacia dei blocchi anestetici dei nervi epicranici C. A. Caputi 27

Recensioni Un testo indispensabile per gli algologi G. Carli 31

Ricordi Ricordo di Mario Tiengo F. Bardi 32

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 20116

PATHOS IN FORMATO ELETTRONICO

Pathos è disponibile anche in forma elettronica. Per ricevere

il pdf completo della rivista è suffi ciente inoltrare la richiesta a: [email protected]

indicando nome, cognome, professione, indirizzo mail e numero telefonico per eventuali comunicazioni. Alla

pubblicazione del nuovo numero, la redazione trasmetterà un messaggio

email con un link per il download del documento.

Gli articoli devono essere inviati a: Publiediting - Redazione Pathos, via degli Orombelli 7a, 20131 Milano, [email protected].

L’accettazione dei lavori è subordinata al parere dei referees.

Gli articoli che non rispettano le norme qui indicate saranno restituiti agli autori.

Dati richiesti:1) titolo del lavoro (in italiano e inglese)2) nomi per esteso e cognomi degli autori3) enti o istituti di appartenenza 4) riassunto in italiano e inglese (da 800 a 1200 caratteri spazi inclusi)5) parole chiave in italiano e inglese6) bibliografi a: i riferimenti bibliogra-fi ci devono essere citati nel testo con numero progressivo. La bibliografi a ri-portata in ordine di apparizione7) eventuali tabelle complete di titolo, legenda e riferimento nel testo8) eventuali illustrazioni complete di didascalia, legenda, riferimenti nel testo9) indirizzo, numero telefono e posta elettronica per la corrispondenza.

La chiarezza e la completezza nella pre-sentazione di testi, tabelle e fi gure con-tribuisce ad accelerare i tempi di pub-blicazione. L’autore è responsabile di tutto il contenuto del testo pubblicato. Si dà per scontato che i testi proposti non siano già stati pubblicati, nè simul-taneamente inviati ad altri editori.

TestiRiassunto e summary saranno posizio-nati in prima pagina. Per calcolare gli spazi, si tenga conto che una colonna corrisponde a circa 1500 caratteri spazi inclusi. Una pagina intera si compo-ne di 4500 caratteri (se solo testo), di 3000 caratteri (se testo più una tabella

o fi gura), di 1500 caratteri (se testo più due tabelle/fi gure).

TitoliSi raccomanda che i titoli sianobrevi. La redazione si riserva il diritto di apportare le modifi che che si rendesse-ro necessarie.

Bibliografi aLa bibliografi a deve essere numerata consecutivamente nel testo. Alla fi ne del lavoro le voci saranno elen-cate nell’ordine numerico in cui sono state citate (e quindi non in ordine alfa-betico), come esemplifi cato di seguito: Riviste: Rossi M et al. Titolo del lavoro. Rivista 1998; (5): 444-888.Volumi: Rossi M et al. Titolo del lavo-ro. In: Titolo del libro, seconda edizio-ne. Bianchi e Viola (eds), Casa Editrice, Milano 1995: pp. 200-400.

Illustrazioni e tabelleLe illustrazioni possono essere inviate come disegni originali oppure come foto-grafi e in bianco e nero, indicando il nome dell’autore, il numero dell’illustrazione e il senso di lettura. Ogni tabella deve avere un titolo ed essere autoesplicativa (le sigle devono essere accompagnate da legenda esauriente). Il numero delle illustrazioni e delle tabelle deve essere fi nalizzato alla comprensione del testo; la redazione si ri-serva il diritto di modifi care o eliminare le fi gure che non soddisfi no questa esigenza.

BozzeSolo su specifi ca richiesta, le bozze sa-ranno inviate all’autore e dovranno es-sere restituite entro 5 giorni dal ricevi-mento. Sono accettate solo correzioni di carattere tipografi co.

RiproduzioniGli autori non riceveranno, per i lavori pubblicati, alcun compenso. L’editore

si riserva il diritto, secondo la norma-tiva vigente, di ripubblicare gli articoli in raccolte, supplementi, o in altre for-me editoriali indicando i riferimenti bibliografi ci della prima pubblicazione di Pathos.

Articoli commissionati dall’editore L’editore potrà richiedere a specialisti: editoriali, recensioni e/o articoli su argo-menti specifi ci. In alcuni casi viene defi -nito un compenso per tale prestazione. A pubblicazione avvenuta l’editore si riser-va il diritto, secondo la normativa vigen-te, di ripubblicare gli articoli in raccolte o supplementi (come sopra riportato) senza oneri aggiuntivi.

EstrattiA pubblicazione avvenuta, gli autori riceveranno copia giustifi cativa, carta-cea o elettronica. Copie supplementari o la stampa di estratti dovranno essere richieste a Publiediting, che invierà un preventivo scritto per le relative spese.

UniformitàLa redazione si riserva il diritto di ap-porre modifi che al testo per uniformità redazionale. I lavori inviati non saranno restituiti.

NORME PER GLI AUTORI

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 7

Editoriale

Il controllo e/o l’eliminazione del dolore è uno dei problemi per i quali vengono più spesso consultati i medici di famiglia o medici di medicina generale. Il dolore viene comunemente descritto dai pazienti in termini quantitativi e qualitativi approssimati oltre che gravati da una forte variabilità soggettiva che non aiuta il medico a formulare una diagnosi precisa. Per contro, la terapia proposta dal medico generalmente consiste nel trattare il sintomo dolore mediante farmaci aspecifi ci o terapie alternative con temporanea soddisfazione del paziente ma con un’alta probabilità di ricadute. A causa di una carenza diagnostica, spesso ci si ferma al trattamento del sintomo, mentre sarebbe indispensabile inserirlo in un corretto quadro di eziopatogenesi per attuare una corretta, quando possibile, terapia della patologia causale.Con l’obiettivo di far recepire ai medici non specialisti, o medici di medicina generale, la necessità di approfondire le specifi che conoscenze per affrontare i problemi diagnostici e terapeutici delle varie sindromi algiche, fi n dal 1980 sono stati organizzati da parte delle Università, di diverse associazioni e Società scientifi che, numerosi corsi sulla Medicina del Dolore.Alcuni corsi sono stati indirizzati anche a un pubblico non medico, con l’idea che divulgare informazioni, senza creare allarmismi, ma scoraggiando

il facile ricorso al “fai da te”, servisse a sensibilizzare i cittadini sul concetto che il dolore è un segnale d’allarme di cui deve essere ragguagliato il medico nel modo più chiaro e dettagliato possibile, e fosse quindi utile a facilitare la comunicazione paziente-medico.La Legge 38 del marzo 2010 sul dolore con la costituzione della Commissione Nazionale (decreto del 13 maggio 2010) per l’attuazione dei principi contenuti nella Legge stessa, ha cambiato radicalmente il ruolo del medico di medicina generale. La Legge prevede infatti la costituzione di una rete territoriale di strutture sanitarie (e di assistenza domiciliare), divisa in tre nodi: gli ambulatori dei medici di medicina generale, i centri di riferimento di terapia del dolore (Hub), l’ambulatorio di terapia antalgica (Spoke). In questo modello, i medici di medicina generale rappresentano il primo riferimento per i cittadini con dolore acuto o cronico e dovranno dare una prima risposta ai problemi del paziente. Il medico a sua volta, è in contatto con gli Hub e con gli Spoke ai quali, quando necessario, potrà indirizzare i pazienti. Come previsto dall’articolo 8 della Legge (formazione e aggiornamento del personale sanitario), per rendere operativa questa rete assistenziale è necessario agire sul piano della formazione dei medici di medicina generale.

IL PAZIENTE, IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE

E LA NUOVA LEGGE SUL DOLORE

THE PATIENT, THE PHYSICIAN AND THE NEW LAW ON PAIN

Maria Luisa SotgiuIBFM-CNR Milano

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 20118

Come primo strumento di formazione, il Ministero della Salute, tramite gli specialisti della Commissione Ministeriale, ha progettato un manuale informativo-didattico: “Il dolore cronico in medicina generale”, dedicato appunto alla preparazione e all’aggiornamento dei medici di medicina generale, che è stato recentemente pubblicato. Il testo, compilato da autori di riconosciuta competenza nelle materie trattate, è completo di tutte le nozioni di base, le indicazioni per giungere a una corretta diagnosi del tipo di dolore, i sistemi di misurazione del dolore, le tipologie di farmaci più adeguati a ogni patologia, con una particolare attenzione ai farmaci di maggior utilizzo per il dolore severo, anchenon oncologico.Una particolare attenzione è rivolta infatti ai farmaci oppiacei, sulla cui utilizzazione pesano ancora molte riserve sia da parte di quei medici che ritengono l’uso degli oppiaci riservati ai malati terminali, sia da parte di una certa opinione pubblica, che ritiene questi farmaci possibili responsabili dell’instaurarsi di fenomeni di tossicodipendenza. Oltre a fornire le basi cognitive per

le diverse tipologie di dolore, il testo è organizzato in modo da rappresentare un utile strumento di lavoro grazie alle schede di consultazione accluse a ogni capitolo.

Il manuale rappresenta dunque la risposta all’esigenza di fornire ai medici uno strumento per appropriarsi in modo rapido ma rigoroso delle competenze indispensabili per affrontare, secondo le nuove normative, la gestione dei pazienti con sindromi dolorose croniche, formulando diagnosi corrette, intervenendo con le cure adeguate e richiedendo solo nei casi più gravi l’intervento degli specialisti. Si può prevedere che l’operatività di questa rete territoriale per la gestione del dolore presenterà qualche diffi coltà organizzativa perché richiede sia la partecipazione di molti enti (governo, regioni, province autonome) sia una grande disponibilità e un forte impegno da parte dei medici di medicina generale. Si auspica tuttavia che da parte di tutti (enti, medici) sia fatto ogni sforzo per realizzare rapidamente un progetto così importante nel perseguimento della lotta contro il dolore.

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 9

ENDOMETRIOSI E DOLORE

ENDOMETRIOSIS AND PAIN

Guido OrlandiniMedicina del dolore, Casa di Cura Santa Maria delle Grazie

Voghera (Pv)

RIASSUNTOIn alcune pazienti l’endometriosi è responsabile di dolore persistente o cronico e costituisce un problema algologico specialistico. Visti i diversi possibili meccanismi patogenetici del dolore dell’endometriosi, la terapia antalgica, quando non può essere etiologica, lungi dall’essere meramente sintomatica, dev’essere impostata sul criterio patogenetico. Si deve considerare che nell’endometriosi può aversi un dolore dovuto all’attivazione dei nocicettori sensibilizzati dal tessuto endometriosico (dolore tessutale nocicettivo) che risponde ai FANS e agli oppiacei o un dolore dovuto al danno nervoso derivato dalla compressione nervosa da parte delle cisti endometriosiche o dall’inglobamento delle strutture nervose nel tessuto cicatriziale (dolore neuropatico) che non risponde ai trattamenti antinocicettivi ma, almeno in parte, risponde ai farmaci specifi ci per il dolore neuropatico e alle procedure di elettrostimolazione del sistema nervoso.

Parole chiaveDolore nocicettivo, dolore neuropatico, endometriosi, diagnosi patogenetica del dolore

Rassegna clinica

SUMMARYIn some patients endometriosis causes persistent or chronic pain and is a specialistic algologic problem. Considering various possible pathogenic pain mechanisms, when pain therapy of endometriosis cannot be etiologic, far from be only symptomatic, it is based on a pathogenetic criterion. We must consider that in endometriosis can be a pain due to activation of nociceptors sensibilized by endometriosic tissues (tissutal nociceptive pain) unresponding to NSAIDs and opioids or a pain due to the nerve damage by nerve compression from endometriosic cistis or by involvement of nerve structures in scar tissue (neuropathic pain) unresponding to antinociceptive therapy but responding, at least partially, to some neuropathic specifi c pain drugs and to electrostimulation of the nerve system.

Key wordsNociceptive pain, neuropathic pain, endometriosis, pathogenetic pain diagnosis

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201110

un criterio etiologico, non sia mera-mente “sintomatica” ma fondata sul “criterio patogenetico”.

L’endometriosi è un paradosso ana-tomico che consiste nella presenza di mucosa uterina funzionante (en-dometrio) in sedi diverse dall’utero e principalmente nelle ovaie, nelle tube, negli annessi uterini e nel peritoneo, ma anche nella vescica,3 nell’intesti-no e nel setto retto-vaginale4 e occa-sionalmente in sedi diverse quali gli ureteri,5,6 il pancreas,7 l’appendice,8 la parete addominale,9,10 e vari muscoli come il diaframma,11 il piriforme,12 e gli adduttori della coscia.13 In ciascu-na di queste sedi l’endometrio ecto-

Con una frequenza elevatissima, in-teressando più del 10 per cento delle donne in età fertile, l’endometriosi costituisce, oltre un problema d’in-fertilità nella metà dei casi1 e di au-mentato rischio di aborti spontanei, un’importante causa di dolore pelvi-co. Questo dolore si limita, nel 95 per cento dei casi, a una sintomatologia ricorrente nella sola fase mestruale (Figura 1) ma nel rimanente 5 per cento è persistente o cronico e diven-ta un problema algologico specialisti-co di notevole rilievo (Figura 2). Sul dolore associato all’endometrio-si, nella letteratura troviamo quasi sempre il riferimento a un generico “dolore pelvico” eventualmente “cro-nico” e, nonostante sia riconosciuta la sua multipla etiologia,2 la verifi -ca dell’effi cacia della terapia è quasi sempre correlata con questa generica defi nizione.Questa superfi cialità diagnostica non deve stupire perché generalmente gli specialisti che seguono le pazien-ti affette da endometriosi non sono per niente interessati alla diagnostica algologica e per loro il problema del dolore si limita a un fastidioso “sinto-mo collaterale” che non merita alcu-na considerazione specialistica e per il quale “ci sono gli analgesici…”. A questo riguardo, dal punto di vista algologico, occorre tentare di correla-re le varie espressioni cliniche del do-lore pelvico associato all’endometrio-si con le sue possibili cause per dedur-re i possibili meccanismi patogenetici e arrivare a una decisione terapeutica che, quando non può essere basata su

INTRODUZIONE

PERCHÉ E COME PROVOCA DOLORE

pico determina, con la stessa cadenza mensile del fl usso mestruale vaginale, una “mestruazione” fuori dall’utero. A seconda della sede d’impianto, le isole endometriosiche possono essere asintomatiche o provocare dolore con meccanismi patogenetici diversi a se-conda della localizzazione.14,15

Un fattore importante nella produ-zione del dolore è se il sangue me-struale ha o non ha la possibilità d’essere drenato. Nelle localizzazio-ni vescicali e intestinali il drenaggio del sangue è possibile e la sintoma-tologia è prevalentemente emorra-gica (rispettivamente con melena ed ematuria) mentre nelle localizzazio-ni ovariche, annessiali e peritoneali, dove il drenaggio è impossibile, per la liberazione dal tessuto endometrio-sico dei prodotti della fl ogosi e delle prostaglandine, per l’effetto chimico

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Figura 1Cronologia del dolore nell’endometriosi: dolore periodico

in fase mestruale (95 per cento dei casi)

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 11

irritante, diretto del sangue nonché per la produzione locale di neofor-mate fi bre nervose,16-19 l’endometriosi provoca un dolore nocicettivo, pro-fondo, avvertito nella regione pelvica con carattere gravativo-costrittivo e/o aching-crampiforme, consistente in una quota sempre presente senza re-missioni e una quota aggiuntiva che consiste in un aggravamento tempo-raneo della sintomatologia in coinci-denza con la fase mestruale. Inoltre, durante la mestruazione extrauterina, il sangue che non trova una via di uscita si accumula e produce le cisti endometriosiche a contenuto emati-co, che a loro volta possono compri-mere i tessuti circostanti esprimendo-si clinicamente in maniera diversa a seconda delle strutture anatomiche compresse. Se queste strutture sono formazioni canalari, è possibile che la loro ostruzione estrinseca produca stasi a monte come nel caso dell’idro-nefrosi da compressione dell’uretere con dolore a tipo colica renale e se sono nervi periferici è possibile che la loro compressione ischemizzante produca un danno nervoso e, poten-zialmente, il dolore neuropatico. Infi -ne, le cisti endometriosiche possono organizzarsi in un tessuto cicatriziale che, a sua volta, può produrre masse palpabili all’esame obiettivo come nel caso della localizzazione nel setto ret-to-vaginale responsabile di dispareu-nia o determinare l’inglobamento di strutture nervose periferiche con loro compressione ischemizzante e pro-duzione di un danno nervoso possi-bile causa di dolore neuropatico, per esempio nei territori dei nervi ileo-inguinale e genito-femorale, nonché talvolta nel territorio del nervo scia-tico20 per una localizzazione endo-

metriosica nel muscolo piriforme,12 potenzialmente associato al riscontro obiettivo di ipoestesia e allodinia su-perfi ciale meccanica.Va ancora considerato un altro aspet-to importante nel decorso di questa cronica, insidiosa malattia. Gli interventi chirurgici per la rimo-zione delle masse endometriosiche possono essere necessari ripetuta-mente e molte pazienti ne subiscono nel corso degli anni un numero che spesso è davvero enorme, nell’ordine delle svariate decine. Su questa lunga sequenza di interventi chirurgici s’in-serisce un’altra possibile causa, indi-retta, iatrogena di dolore da endome-triosi che è il possibile danno neuro-patico da inglobamento di strutture nervose nelle cicatrici chirurgiche con espressioni topografi che diverse a se-conda della sede della cicatrice.

Considerando i diversi meccanismi di produzione, dal punto di vista pato-genetico, nell’endometriosi il dolore può essere dovuto:- all’attivazione dei nocicettori sensi-bilizzati dal tessuto endometriosico da parte del sangue mestruale ed esse-re quindi dolore tessutale nocicettivo che si esprime con il carattere quali-tativo temporale uniforme e qualita-tivo soggettivo gravativo-costrittivo e aching-crampiforme;- al danno nervoso derivato dalla compressione nervosa da parte delle cisti endometriosiche o dall’inglo-bamento delle strutture nervose nel tessuto cicatriziale derivato dall’orga-nizzazione delle cisti endometriosi-che o nelle cicatrici chirurgiche con

TIPI PATOLOGICI DI DOLORESc

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Figura 2Cronologia del dolore nell’endometriosi: dolore senza remissioni

con aggravamenti periodici in fase mestruale (5 per cento dei casi)

Settimane

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espressioni topografi che diverse a se-conda della sede del danno nervoso ed essere dolore neuropatico perife-rico con carattere uniforme-urente e parossistico-folgorante, associato a ipoestesia e allodinia.

La terapia del dolore da endometriosi si basa su trattamenti etiologici con-sistenti in terapie conservative basate sull’ormonoterapia, volta all’interru-zione del ciclo ovarico con l’obiet-tivo di ridurre la crescita del tessuto endometriosico21-23 e chirurgiche, consistenti nella rimozione delle isole e delle cisti endometriosiche, asso-ciate, specie in quel 5 per cento dei casi dove si ha un dolore persistente o cronico senza remissioni (Figura 2), a trattamenti esclusivamente antalgi-ci. Questi ultimi non devono essere meramente “sintomatici” ma basati su una linea decisionale terapeutica antalgica specialistica incentrata sul tipo patogenetico e la cronologia del dolore.Nella pratica clinica, se alla valutazio-ne algologica si è riconosciuto che il dolore è tessutale profondo somatico come nelle localizzazioni ovarico-tu-bo-annessiali-peritoneali ed è dovuto all’attivazione dei nocicettori espri-mendosi con il carattere qualitativo temporale uniforme e qualitativo sog-gettivo gravativo-costrittivo o aching-crampiforme, è indicato un tratta-mento antinocicettivo con i farmaci antiinfi ammatori non steroidei (se c’è solo il dolore acuto periodico, per esempio in coincidenza del ciclo me-struale) o con gli oppiacei se, essen-doci anche un dolore persistente sen-

za remissioni, anche al di fuori delle fasi mestruali, è necessaria la sommi-nistrazione continua degli analgesici. In questo caso, come in ogni dolore persistente, occorre scegliere la via di somministrazione più idonea che può essere quella orale-transdermica o, se il farmaco non è tollerato alle dosi necessarie per via sistemica, quella su-baracnoidea. In questi casi di dolore persistente è quasi inevitabile il ricorso alle proce-dure chirurgiche di rimozione delle masse endometriosiche, sia per evita-re i fenomeni compressivi, sia perché alla cronica irritazione delle sierose peritoneali possono sovrapporsi le re-trazioni cicatriziali con le loro conse-guenze e le infezioni. Se alla valutazione algologica si è rico-nosciuto che il dolore è neuropatico,

cambia radicalmente l’orientamento terapeutico perché sappiamo che in questo tipo patogenetico di dolore non sono indicati i farmaci antin-fi ammatori e quelli antinocicettivi in generale, inclusi gli oppiacei. In questo caso si devono impiegare farmaci come: - l’amitriptilina- il gabapentin- il pregabalin- lo ziconotide che, agendo come anti-depolarizzanti o polarizzanti, sono in grado di con-trastare i meccanismi patogenetici del dolore neuropatico o, in alterna-tiva o a integrazione del trattamento farmacologico, alcune procedure di neuromodulazione come l’elettrosti-molazione del midollo spinale o dei nervi periferici.

TERAPIA DEL DOLORE

Figura 3Nervi periferici che possono essere inglobati

nel tessuto cicatriziale derivato dall’organizzazione delle cisti

nervo ileoinguinalenervo genitofemorale

nervo perineale

nervo ileoipogastrico

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Dal punto di vista algologico spe-cialistico, non potendo accettare nell’endometriosi la generica diagnosi di “dolore pelvico cronico” e ricono-scendo a questo dolore una multipla etiologia, ogni sforzo va fatto per ri-conoscerne clinicamente il tipo pa-togenetico e decidere la terapia sulla base di questa diagnosi.

CONCLUSIONI

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XX CONGRESSO NAZIONALE SICD ROME REHABILITATION 2011

Sindromi algiche del distretto lombo-sacrale e dell’arto inferiore

Presidenti: Sergio Mameli e Valter Santilli

Roma, Hotel Ergife 10-12 Ottobre 2011

Segreteria organizzativa: 06/7020.590

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 15

USO DEGLI OPPIACEI NEL DOLORE CRONICO

DEL PAZIENTE NON ONCOLOGICO: RAZIONALE E CRITERI DI SCELTA

OPIOIDS IN CHRONIC NON CANCER PAIN:RATIONAL AND SELECTION CRITERIA

Sergio Mameli, Angela Pili, Giovanni Maria Pisanu, Maura CarboniSC Medicina del Dolore, PO Oncologico A. Businco, Cagliari

Elisa MarchiScuola Specializzazione Anestesia, Rianimazione e Ter. Antalgica

Università di Cagliari

RIASSUNTOL’effi cacia terapeutica e la comparsa di effetti collaterali dei farmaci oppiacei è fortemente condizionata dalle caratteristiche individuali del paziente, del quale è impossibile conoscere le peculiari connotazioni farmacogenomiche che determinano quelle espressioni fenotipiche che renderanno più o meno sensibile il paziente al farmaco somministrato e ne determineranno anche la presenza e l’importanza degli effetti collaterali. La conoscenza del metabolismo degli oppiacei a livello epatico può contribuire a guidare le scelte terapeutiche verso una maggior personalizzazione delle stesse. Sono da preferire, per ridurre al minimo l’imprevedibilità sia degli effetti favorevoli che di quelli collaterali, i farmaci che risentono meno delle interazioni con altri farmaci e che, a loro volta, possano compromettere l’effi cacia delle molteplici associazioni farmacologiche cui sono sottoposti soprattutto i pazienti più anziani, spesso affl itti da gravi compromissioni d’organo.

Parole chiaveDolore cronico non oncologico, metabolizzazione epatica degli oppioidi, interazioni farmacologiche

SUMMARYThe therapeutic effi cacy and appearance of side effects of opioid drugs is strongly conditioned by the patient’s individual characteristics. It is impossible to know the patient’s particular pharmacogenomic connotations which determine those phenotypic expressions that make the patient more or less sensitive to the administered drug, and that also determine the presence and signifi cance of side effects. Knowledge of the patient’s hepatic opioid metabolization can aid in the choice of a more personalised therapy. To reduce the unpredictability of favourable effects and side effects, it is preferable to choose drugs that are less affected by pharmaco-logical interactions, and that can also compromise the effi cacy of the many pharmacological associations that patients undergo, especially elderly patients, who often suffer from serious organ impairments.

Key wordsChronic nonmalignant pain, hepatic opioid metabolization, pharmacological interactions

Rassegna clinica

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201116

Il dolore è un’esperienza complessa e soggettiva con dimensioni multiple, che comporta un enorme impatto sulla qualità di vita, con gravi riper-cussioni economiche per il sistema sanitario e sociale.In Italia l’incidenza del dolore cro-nico riguarda il 23 per cento della popolazione con una prevalenza del dolore non oncologico (80 per cento circa): le artropatie degenerative e in-fi ammatorie hanno un’incidenza del 30 per cento, il dolore neuropatico del 28 per cento, la lombosciatalgia del 27 per cento e il dolore ischemico dell’11 per cento.Circa 5 milioni di pazienti sono affet-ti da patologie muscolo-scheletriche associate a dolore cronico e, tra que-ste, le patologie osteoarticolari sono la causa più frequente di dolore cro-nico e disabilità fi sica.Obiettivi della terapia antalgica in

questi pazienti sono il recupero fun-zionale, il ritorno al lavoro, il miglio-ramento dei rapporti familiari e so-ciali, l’uscita dal tunnel della depres-sione, in altre parole il miglioramento della loro qualità di vita.Il dolore provoca infatti alterazioni funzionali, situazioni di stress e de-pressione responsabili dell’abbassa-mento della soglia al dolore. Le scelte terapeutiche di prima linea includono spesso i FANS.La letteratura è concorde nell’affer-mare il fallimento della terapia anal-gesica con i FANS, per caduta dell’ef-fi cacia o per gli effetti collaterali.La dose analgesica dei FANS è infe-riore alla dose antinfi ammatoria per cui, aumentando il dosaggio, aumen-ta il rischio di eventi avversi a carico dell’apparato gastrointestinale, car-diovascolare e renale.I fenomeni di cronicizzazione per alterata soglia e per alterata elabora-zione del segnale mettono in gioco modifi che tali per cui il substrato bio-

chimico strutturale su cui avvengono non lascia ai FANS alcuna possibilità di intervento.Il dolore cronico mal trattato è re-sponsabile dell’assenteismo sul po-sto di lavoro, della disoccupazione e dell’alterata qualità di vita.Negli anni si è consolidata la consue-tudine di utilizzare gli oppioidi per trattare il dolore da moderato a seve-ro che non ha risposto ai farmaci non oppioidi.Nonostante gli oppioidi abbiano una maggiore potenza analgesica e una vasta gamma di indicazioni rispetto a tutti gli altri farmaci per il controllo del dolore, rimangono poco usati.Ci sono ancora molti fattori che co-stituiscono barriere alla prescrizione degli oppioidi: preoccupazione e scar-sa conoscenza della dipendenza, pseu-do-dipendenza, tolleranza, rischi di abuso, timore di ripercussioni di tipo legale, possibilità di effetti collaterali.L’attuale legislazione (Legge 38 del 15 Marzo 2010) facilita la prescrizione e

INTRODUZIONE

Tabella 1Consumo di farmaci nei Paesi europei

Totale Regno Unito Francia Germania Italia Spagna Polonia Svezia Norvegia Danimarca

pesato (n=300) (n=300) (n=302) (n=300) (n=301) (n=300) (n=300) (n=304) (n=303)

FANS 44% 23% 25% 54% 68% 49% 71% 27% 24% 38%

Oppiacei deboli 23% 50% 19% 20% 9% 13% 28% 36% 50% 8%

Paracetamolo 18% 38% 38% 2% 6% 8% 8% 26% 45% 0%

Inibitori COX-2 6% 3% 6% 8% 7% 2% 1% 7% 11% 8%

Oppiacei forti 5% 12% 4% 4% 0% 1% 4% 3% 6% 11%

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 17

l’utilizzo degli oppiacei, rende obbli-gatoria la monitorizzazione del dolore nei reparti ospedalieri e la sua regi-strazione in cartella; impone l’obbli-go di mettere in atto tutte le misure necessarie per controllare il dolore.Una corretta diagnosi patogenetica guiderà la scelta terapeutica e quindi la possibilità di avere il massimo della risposta attesa dall’utilizzo di questi farmaci. Diversi studi randomizzati e controllati dimostrano l’effi cacia, la tollerabilità degli oppioidi nei dolori artrosici e in alcuni tipi di dolore neu-ropatico conseguente a patologie del sistema nervoso periferico.Questi dati sono estremamente in-teressanti, ma sono qualitativamente e quantitativamente insuffi cienti di fronte a una pratica clinica che sta assumendo in alcuni Paesi europei e americani dimensioni enormi (Ta-bella 1). Molte questioni rimangono aperte sulle indicazioni alla prescri-zione di una terapia con oppioidi in pazienti con malattie croniche dege-nerative a lunga sopravvivenza.Sono insuffi cienti i dati sulla qualità dell’analgesia e delle attività della vita quotidiana, sul recupero psicologico e funzionale di questi ammalati, sui rischi di abuso.Vanno indicati gli effetti sedativi e quelli sulle funzioni cognitive, sul si-stema immunitario, di cui sono note le conseguenze cliniche immediate e a distanza. Gli studi clinici e l’esperien-za clinica hanno evidenziato come gli oppiacei non si differenziano molto né per l’effi cacia né per l’incidenza di effetti collaterali, criteri che hanno sempre fatto la differenza in farma-cologia clinica, ma che per la terapia con oppiacei non rappresentano un criterio di scelta.

Nella terapia con farmaci oppiacei, invece, rivestono un ruolo determi-nante la variabilità genetica e le inte-razioni farmacologiche nel condizio-nare la risposta attesa, gli eventi av-versi e l’interferenza con altri farmaci (Tabella 2).La variabilità genetica e le interazio-ni possono avvenire in una qualsiasi delle tappe che caratterizzano il desti-no di un farmaco dall’assorbimento all’eliminazione ed essere responsabili della risposta individuale agli analge-sici oppiacei.

L’eliminazione di un farmaco dall’or-ganismo dipende dalla biotrasforma-zione e dall’escrezione. Ad eccezione del remifentanil, tutti

gli oppioidi sono metabolizzati a li-vello epatico in composti maggior-mente idrosolubili poi escreti per via renale e, in misura minore, per via biliare e intestinale. Il metabolismo epatico prevede le classiche reazio-ni di fase I (ossidazione, riduzione e idrolisi, catalizzate dal sistema del citocromo P-450) e/o di fase II (co-niugazione del farmaco o di un suo metabolita con un substrato endoge-no come l’acido glicuronico).1

La farmacocinetica analizza la relazio-ne tra dose e concentrazione al sito/i effettore ed è essenzialmente correla-ta alle proprietà fi sico-chimiche della molecola ed ai processi di assorbi-mento, ridistribuzione, biotrasforma-zione ed eliminazione del farmaco. La variabilità interindividuale di tali processi rende imprevedibile la cine-tica di un dato farmaco in un dato soggetto.

METABOLISMO EPATICO DEGLI OPPIACEI

Renale

25

30

20

10 105 CYP3A4

CYP2D6CYP2C9/2C19GlucuroconiugazioneAltre vie

Figura 1Incidenza (%) delle vie di eliminazione dei farmaci

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201118

Terapia CYP2D6 CYP3A4 Somministrato contemporaneamente a

Codeina1,3,8 Tramadolo2,3 Ossicodone1,3 Idromorfone3

Cardiovascolare

Amiodarone4 • • • • •Amlodipina5 • • • • •Atorvastatina4,6 • • • • •Carvedilolo7 • • • • •Diltiazem4 • • • • •Losartan4 • • • • •Lovastatina4,6 • • • • •Metoprololo7 • • • • •Nicardipina9 • •Nifedipina4,6 • • • • •Nimodipina10 • • • • •Propranololo4,7 • • • • •Simvastatina4,6 • • • • •Timololo7 • • • • •Verapamil4 • • • • •Warfarin4 • • • • •Antinfi ammatoria

Celecoxib4 • • • • •Antipiretica/Analgesica

Paracetamolo11,12 • • • • • •Gastroenterologica

Cimetidina4,13 • •Esomeprazolo4 • • • • •Granisetrone14 • • • • •Ondansetrone15 • • • • • •Omeprazolo16 • • • • •

Tabella 2Interazioni dei principali farmaci utilizzati in medicina interna e/o oncologia con gli analgesici oppiacei orali (da: D. Fornasari, Università di Milano, mod)

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 19

Tabella 2Interazioni dei principali farmaci utilizzati in medicina interna e/o oncologia con gli analgesici oppiacei orali (da: D. Fornasari, Università di Milano, mod)

Terapia CYP2D6 CYP3A4 Somministrato contemporaneamente a

Codeina1,3,8 Tramadolo2,3 Ossicodone1,3 Idromorfone3

Patologie del SNC

Aloperidolo17 • • • • • • Alprazolam4,6 • • • • •Carbamazepina4 • • • • •Diazepam4 • • • • •Donepezil17 • • • • • •Fluoxetina17,18 • • •Imipramina17 • • • • •Mirtazapina4,17 • • • • •Paroxetina17,18 • •Sertralina18 • •Triazolam4,6 • • • • •Venlafaxina17 • • • • •Zolpidem6 • • • • •Antinfettiva

Claritromicina4 • •Eritromicina4 • •Itraconazolo4 • •Ketoconazolo4 • •Antineoplastica

Anastrozolo20 • •Busulfan4 • • • • •Ciclofosfamide21 • • • • •Docetaxel4 • • • • •Doxorubicina21 • • • • •Erlotinib4 • • • • •Etoposide22 • • • • •Gefi tinib4 • • • • •Imatinib23 • • • • •

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201120

Tabella 2Interazioni dei principali farmaci utilizzati in medicina interna e/o oncologia con gli analgesici oppiacei orali (da: D. Fornasari, Università di Milano, mod)

Terapia CYP2D6 CYP3A4 Somministrato contemporaneamente a

Codeina1,3,8 Tramadolo2,3 Ossicodone1,3 Idromorfone3

Antineoplastica

Irinotecan4 • • • • •Lapatinib19 • • • • •Sorafenib24 • • • • •Sunitinib25 • • • • •Paclitaxel4,21 • • • • •Tamoxifene21,23,26,27 • • • • • •Vinblastina21 • • • • •Vinorelbina28 • • • • •

• Inibitore isoenzima • Substrato isoenzima • Nessuna interazione • Possibile interazione Interazione altamente probabile

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 21

Ciò può spiegare in parte le differen-ze soggettive osservate nella pratica clinica in termini di effi cacia ed ef-fetti avversi. Le reazioni di fase I, in particolar modo, assumono notevole rilevanza in tale contesto. I citocromi P450 sono i principali enzimi catalizzatori delle reazioni di fase I, essi procedo-no all’ossidazione di sostanze endo-gene ed esogene in composti mag-giormente idrosolubili.2 Si tratta di una superfamiglia di enzimi con almeno 57 geni funzio-nali noti nella specie umana.3 Al di là del numero elevato di citocromi noti, circa l’80% dei farmaci sono ossidati dagli enzimi 2D6 (30%) e 3A4 (50%). Tali enzimi sono espres-si principalmente nel fegato, ma si ritrovano anche nell’intestino tenue (dove possono contribuire a ridurre la biodisponibilità dei farmaci som-ministrati per os), nei polmoni, nei reni e nella placenta.4 La variabilità nell’attività dei citocro-mi può infl uenzare profondamente la risposta ai farmaci in vivo, ciò può tradursi clinicamente in variazioni dell’effi cacia (in eccesso o in difetto) o nello sviluppo di reazioni avverse in seguito a somministrazione della medesima dose standard in soggetti differenti.5,6 Un individuo su quindici può pre-sentare una risposta esagerata o nulla al dosaggio standard di un farmaco. L’attività dei citocromi è in prima istanza geneticamente determinata. Un gene specifi co codifi ca per ogni enzima del CYP450 e ogni soggetto eredita un allele paterno e un allele materno. Gli alleli sono distinti in “tipo sel-vaggio” (wild type) o “variante”, con

il tipo selvaggio identifi cato nell’alle-le che si presenta più comunemente nella popolazione generale. Un “metabolizzatore estensivo” (ov-vero, il soggetto con attività enzima-tica rientrante nella norma) presenta due coppie di alleli wild type. Il poli-morfi smo si verifi ca quando un allele variante sostituisce uno o entrambi gli alleli wild type. Gli alleli varianti codifi cano solita-mente per un enzima CYP450 che presenta attività ridotta o assente.7 I soggetti con due coppie di alleli varianti sono “poveri metabolizzato-ri” mentre quelli con un allele “wild type” e uno variante sono classifi cati come “metabolizzatori intermedi”. Infi ne, alcune persone ereditano coppie multiple di alleli “wild type”, il che risulta in una attività superiore dell’enzima, tale genotipo è defi nito “metabolizzatore ultrarapido”.8 Bisogna tuttavia tener conto della possibile non corrispondenza tra ge-notipo e fenotipo, dal momento che tali enzimi possono essere indotti o inibiti nella loro attività da svariati composti. I fenotipi del CYP2D6 metaboliz-zatori ultrarapidi (UMs), estensivi (EMs), intermedi (IMs) e poveri (PMs), cui corrisponde un decre-scendo di attività enzimatica, rap-presentano il 3-5 per cento, 70-80 per cento, 10-17 per cento e 5-10 per cento, rispettivamente, della po-polazione caucasica.9 Tali percentuali variano tuttavia a seconda della etnia considerata, sicché i PMs corrispon-dono all’1 per cento dei cinesi e al 19 per cento degli afro-americani,10-12 mentre gli UMs rappresentano il 2 per cento dei caucasici svedesi13 e il 16 per cento dei neri etiopi.14

Oltre alla variabile genetica, si deve tener presente che la co-somministra-zione di farmaci che seguono la stessa via metabolica conduce inevitabil-mente a interazioni tra gli stessi, con possibili effetti deleteri. Molte interazioni farmacologiche re-gistrate nella pratica clinica sono in-fatti il risultato di un’alterazione del metabolismo del CYP450.15 I farmaci interagiscono con il sistema CYP450 con modalità differenti. I farmaci possono essere metabolizzati soltanto da un enzima CYP450 o da più enzimi CYP450 contemporanea-mente. I farmaci causa di interazioni correlate al metabolismo del CYP450 possono essere distinti in inibitori o induttori. Gli inibitori bloccano l’at-tività metabolica di uno o più enzi-mi del CYP450; l’entità con cui un inibitore interessa il metabolismo di un farmaco dipende da fattori quali la dose e la capacità dell’inibitore di legarsi all’enzima. Un farmaco può essere metabolizzato da un enzima e inibirlo allo stesso tempo, o può esse-re metabolizzato da un enzima e ini-birne un altro.Gli induttori incrementano l’attività dell’enzima CYP450 aumentando la sintesi enzimatica. Differentemente dall’inibizione metabolica, che risulta essere spesso immediata, vi è solita-mente un ritardo prima dell’aumento dell’attività dell’enzima, che dipende dall’emivita del farmaco induttore.Un farmaco può inoltre essere meta-bolizzato dallo stesso enzima CYP450 che induce. La scoperta di queste interazioni tra

INTERAZIONI FARMACOLOGICHE

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geni, ambiente e attività dei cito-cromi ha portato la FDA ad esigere che il produttore riporti sul fogliet-to illustrativo informazioni sul me-tabolismo del farmaco da parte dei CYP450 e sulla sua potenziale capa-cità di inibizione o induzione degli stessi, per ogni farmaco approvato a partire dal 1997. Nella pratica clinica è frequente im-battersi in pazienti con dolore croni-co affetti da più patologie e sottoposti pertanto a un regime politerapeutico; molti farmaci comunemente prescrit-ti quali antipertensivi, antiaritmici, antidepressivi e gastroprotettori se-guono la via del metabolismo epati-co attraverso i citocromi, prevalente-mente gli isoenzimi 3A4 e 2D6. La scelta dell’oppioide non può esen-tarsi in questi casi dalle valutazioni sopra riportate, se si considera in par-ticolar modo che la maggior parte di essi è O-demetilata dagli isoenzimi CYP 2D6 e N-demetilata dai CYP 3A4. Una rapida panoramica sul metabo-lismo degli analgesici oppioidi più frequentemente utilizzati, evidenzia come siano poche le molecole dispo-nibili che possano considerarsi esenti dai menzionati fenomeni di variabili-tà farmacocinetica correlati alla gene-tica e alle interazioni farmacologiche.

CodeinaLa codeina è un analgesico utilizzato in associazione al paracetamolo nel trattamento del dolore lieve, con de-bole azione agonista sui recettori mu. L’effetto antinocicettivo della codeina è tuttavia principalmente legato alla sua trasformazione in morfi na CYP 2D6-mediata.16 Come dimostrato da diversi studi, i

PM per il CYP 2D6 sperimentano un effetto analgesico ridotto17 o as-sente18,19 in seguito ad assunzione di codeina. Di recente, un case report20 e uno studio caso-controllo21 hanno evi-denziato il rischio di depressione neonatale, con conseguenze poten-zialmente letali, in caso di assunzione di codeina durante l’allattamento da parte di puerpere con fenotipo UM per il CYP 2D6, per un aumento del-la concentrazione di morfi na nel latte materno.

OssicodoneL’ossicodone è un oppioide forte se-misintetico con metabolismo simile a quello della codeina, che prevede reazioni di O-demetilazione cataliz-zate principalmente dal CYP 2D6 e di N-demetilazione a opera dei CYP 3A4 e 3A5. I suoi livelli ematici pos-sono essere incrementati dagli anti-micotici (voriconazolo, miconazolo) per inibizione dei citocromi 2D6 e 3A422,23 e ridotti dall’assunzione con-temporanea dell’erba di San Giovan-ni per induzione del CYP 3A4, con riportata riduzione dell’effi cacia anal-gesica riferita dai pazienti.24 Anche la rifampicina riduce la concentrazione plasmatica dell’ossicodone orale ed endovenoso, attraverso l’induzione degli enzimi CYP 2D6 e 3A4.25

MetadoneIl metadone è metabolizzato princi-palmente dal CYP3A4 e in minor mi-sura dal CYP2D6 con produzione di un metabolita inattivo, ed è noto or-mai da tempo come le interazioni far-macologiche possano alterarne i livelli in maniera signifi cativa. In generale, i farmaci che inibiscono o inducono

il 3A4 (es: rifamicina, carbamazepi-na, pentobarbital, fenitoina e l’erba di San Giovanni) alterano i livelli sierici di metadone.26 Se da una par-te l’induzione del metabolismo può perfi no portare allo sviluppo dei sin-tomi di una sindrome d’astinenza,27 dall’altra l’inibizione del 3A4 da parte di farmaci (es: ciprofl oxacina, clari-tromicina, diltiazem, eritromicina, itraconazolo, ketoconazolo, nefazo-done e ritonavir) può condurre rapi-damente a tossicità.26 Recentemente, l’uso del metadone è stato associato ad un incremento dell’intervallo Qtc ed al rischio di torsioni di punta.28-30 Tale rischio può aumentare con l’uso concomitante di farmaci che ne inibi-scono il metabolismo. Alla luce di tali eventi, nei pazienti complessi dal punto di vista medico, è consigliato attualmente il monito-raggio dei livelli ematici di metadone nella terapia di mantenimento.29

FentanylIl fentanyl è un analgesico popolare ampiamente utilizzato nella sua for-mulazione transdermica nel tratta-mento di svariate sindromi dolorose croniche. Anche il fentanyl è princi-palmente metabolizzato dal 3A4. Il foglietto illustrativo della formulazio-ne transdermica riporta, in neretto, l’avvertenza sul possibile incremento dei livelli ematici in caso di co-som-ministrazione con inibitori del 3A4 (quali ritonavir, ketoconazolo, itraco-nazolo, troleandomicina, claritromi-cina, nelfi navir e nefazodone).31

Il foglietto illustrativo dell’alfentanyl menziona la capacità dell’eritromi-cina di ridurne signifi cativamente il metabolismo con eventuale svilup-po di depressione respiratoria, ciò è

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probabilmente dovuto all’inibizione del 3A4 da parte dell’eritromicina.32 È sottolineato inoltre che la cimetidi-na riduce la clearance dell’alfentanil; il meccanismo è probabilmente si-mile a quello dell’interazione farma-cologica con l’eritromicina, dato che la cimetidina è un inibitore di molti degli enzimi del P450.33

Anche il sufentanyl segue la via me-tabolica del 3A4.34 Nel più recente foglietto illustrativo non compare al-cun riferimento alla farmacocinetica e al metabolismo,35 sebbene siano ri-portate genericamente le più comuni interazioni farmacologiche. Ad ogni modo è ragionevole considerare che gli inibitori e gli induttori del 3A4 possano alterarne i livelli ematici. È necessaria dunque prudenza qualora tali farmaci vengano somministrati contemporaneamente al sufentanyl.

TramadoloIl tramadolo è un composto sintetico simile alla codeina che presenta pro-prietà analgesiche uniche. Sembre-rebbe essere un profarmaco ed è atti-vato a livello analgesico dal CYP 450 2D6. L’inibizione del 2D6 da parte di altri farmaci o il defi cit genetico del 2D6 possono condurre ad una ri-sposta analgesica effettiva minore. Il tramadolo stesso esercita alcuni effetti analgesici, ma si tratta fondamental-mente di un parziale profarmaco che richiede l’attività del 2D6 (con pro-duzione del metabolita attivo) per un adeguato effetto analgesico. Il 2D6 demetila il tramadolo a un composto chiamato M1, l’isomero destrogiro dell’M1 è associato a una miglio-re analgesia.36 Poulsen et al37 hanno trovato una risposta analgesica più debole in pazienti PMs per il 2D6.

I livelli ematici del M1(+) sono stati dimostrati essere bassi o inesistenti nei poveri metabolizzatori del 2D6, e questi bassi livelli correlano con una peggiore analgesia.38 Inoltre, un dise-gno di studio a quattro vie sovrappo-ste placebo-controllato ha dimostrato che l’uso di 20mg di paroxetina (un potente inibitore del 2D6) per 3 giorni riduce in maniera signifi cativa l’effi cacia analgesica di 150mg di tra-madolo.39 I livelli di M1(+) sono più bassi quando la paroxetina è usata in combinazione con il tramadolo. Co-munque, la risposta analgesica non è interamente eliminata. Questo può essere dovuto al fatto che il tramadolo stesso ha un debole effetto analgesi-co. Il tramadolo sembra inoltre essere metabolizzato dal 3 A4 e dal 2D6 at-travero N-demetilazione.40 Approssi-mativamente il 7%-10% della popo-lazione caucasica è rappresentata da PMs del 2D6.41 Pertanto, un defi cit di effi cacia analgesica di tramadolo in alcuni individui può essere causa-to dal fallimento nell’attivazione del farmaco. Inoltre, l’assunzione con-temporanea di un potente inibitore del 2D6 può indurre un fenotipo di povero metabolizzatore del 2D6 e può quindi verifi carsi se il paziente assume in concomitanza farmaci che inibiscono il 2D6 (bupropione, cime-tidina, fl uoxetina, metoclopramide, paroxetina, quinidina e ritonavir). In alcuni casi, il defi cit di effi cacia anal-gesica da genotipo o fenotipo PMs può essere impropriamente attribuito a un comportamento di craving per il farmaco da parte dei pazienti. Pertan-to, la conoscenza del metabolismo del tramadolo e del profi lo farmacocine-tico è imperativa prima della prescri-zione di questo farmaco.

Meperidina e piperidinaLa meperidina e altre piperidine sono metabolizzate dal 3A4. Il metabo-lismo della meperidina da parte del 3A4 conduce alla formazione di un metabolita tossico, la normeperidina, con una lunga emivita. L’induzione del 3A4 può spingere il sistema a produrre ancora più norme-peridina. La meperidina può anche essere associata a un prolungamento dell’intervallo Qtc, proprio come per il metadone. Queste preoccupazioni hanno condotto alcuni autori a pro-porre che la meperidina non venga usata ordinariamente, ma all’occor-renza, dato che esistono analgesici più sicuri, specialmente per l’uso a lungo termine.

Pentazocina e remifentanylLa pentazocina sembra essere meta-bolizzata dai CYP 1A2 e dal 3A4.42,43 L’induzione del CYP 1A2 nei fuma-tori cronici riduce le concentrazioni ematiche di questo farmaco e può condurre ad una riduzione dell’ef-fi cacia analgesica. Il remifentanyl non è metabolizzato dal sistema del P450,44 ma si avvale al contrario di un singolare metabolismo organo-indi-pendente a opera di esterasi tissutali aspecifi che, che rende la sua cinetica prevedibile a prescindere dalla funzio-nalità epato-renale e dalla assunzione concomitante di altri farmaci. Tuttavia presenta una biotrasfor-mazione estremamente rapida che rende necessaria un’infusione endo-venosa continua per il mantenimen-to dell’analgesia, caratteristica che lo rende l’analgesico maggiormente utilizzato in anestesia ma che ne li-mita allo stesso tempo l’applicazione nell’ambito della algologia.

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Morfi naAnche la morfi na è metabolizzata attraverso vie alternative a quelle dei citocromi, essendo per lo più glucu-ronidata in posizione 3 e 6, con for-mazione di metaboliti attivi ma idro-solubili, successivamente eliminati per via urinaria.

IdromorfoneL’idromorfone è un analgesico oppiaceo semisintetico che differisce struttural-mente dalla morfi na per la sostituzione di un ossigeno al posto del gruppo os-sidrilico in posizione 6 e per l’idrogena-zione del doppio legame 7-8.45

Benché le stime varino (da 2 a 10 vol-te), sembra che l’idromorfone assunto per via orale sia circa 5 volte più po-tente della morfi na e abbia una durata d’azione inferiore; è circa 10 volte più liposolubile della morfi na.45

A differenza della maggior parte delle molecole oppioidi, è metabolizzato esclusivamente mediante reazioni di fase II, con glucuronidazione a livello epatico e formazione di un metabo-lita principale privo di attività anal-gesica, l’idromorfone-3-glucuronide, e di quantità marginali di metaboliti 6-idrossilati.L’idromorfone, a differenza della mor-fi na, non ha come metabolita il 6-glu-curonide (M6G), che presenta attività analgesica e depressiva sul SNC .46 Questo farmaco quindi, non passan-do attraverso la via dei citocromi per la propria inattivazione ed elimina-zione, presenta il grosso vantaggio di eludere l’ampia porzione di variabili-tà farmacocinetica legata alla genetica ed alle possibili interazioni farmaco-logiche dei citocromi. Rispetto alla morfi na si distingue per l’assenza di metaboliti attivi, e del potenziale ri-

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La conoscenza del metabolismo degli oppiacei è di enorme importanza cli-nica per il medico.Il trattamento individualizzato del dolore comincia con la selezione di un farmaco appropriato.La scelta può essere complessa quan-do si è di fronte a pazienti spesso an-ziani, affetti da altre patologie in tera-pia polifarmacologica, che può indur-re o inibire il sistema del citocromo P 450, sottoponendo i metabolizzatori lenti o intermedi a un maggiore ri-schio. Nei pazienti sottoposti a tratta-menti complessi può essere opportu-no iniziare la terapia antalgica con un oppiaceo che non venga metabolizza-to dal sistema dei citocromi.Pur non esistendo l’analgesico ideale, occorrerebbe scegliere tra gli oppiacei quello che più si avvicina ai caratteri di quest’ultimo:

• Essere un agonista completo • Non produrre tolleranza• Non indurre effetti avversi• Non avere potenziale di abuso• Non facilitare iperalgesia• Avere lunga durata d’azione• Avere un’alta biodisponibilità orale• Non essere gravato da importanti interazioni farmacologiche• Non legarsi in maniera signifi cativa alle proteine plasmatiche• Non avere metaboliti attivi

• Avere una cinetica lineare• Essere eliminato per idrolisi in un metabolita non attivo.Questo sarebbe l’analgesico ideale teorico, non ancora realizzato farma-cologicamente, ma se su questi pa-rametri confrontiamo gli oppiacei a disposizione, qualcuno si avvicina più di altri a questo profi lo.

CONCLUSIONI

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. JURNISTA 4 mg compresse a rilascio prolun-

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rilascio prolungato. JURNISTA 32 mg compresse a rilascio prolungato. JURNISTA 64 mg

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ne cloridrato e ne rilascia 4 mg equivalente a 3,56 mg di idromorfone. Ogni compressa

a rilascio prolungato di JURNISTA 8 mg contiene 8,72 mg di idromorfone cloridrato e

ne rilascia 8 mg equivalente a 7,12 mg di idromorfone. Ogni compressa a rilascio pro-

lungato di JURNISTA 16 mg contiene 16,35 mg di idromorfone cloridrato e ne rilascia

16 mg equivalente a 14,24 mg di idromorfone. Ogni compressa a rilascio prolungato di

JURNISTA 32 mg contiene e rilascia 32,00 mg di idromorfone cloridrato, equivalente a

28,48 mg di idromorfone. Ogni compressa a rilascio prolungato di JURNISTA 64 mg

contiene e rilascia 64,00 mg di idromorfone cloridrato, equivalente a 56,96 mg di idro-

morfone. Eccipienti: ogni compressa contiene la seguente quantità di lattosio: compresse

4 mg: 0,01 mg; compresse 8 mg: 4,37 mg; compresse 16 mg: 6,81 mg; compres-

se 32 mg: 10,02 mg; compresse 64 mg: 8,03 mg. Per l’elenco completo degli ec-

cipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Compresse a rilascio

prolungato. JURNISTA 4 mg compresse a rilascio prolungato: compressa beige chiaro,

rotonda, biconvessa, con “HM 4” stampato su un lato con inchiostro nero. JURNISTA

8 mg compresse a rilascio prolungato: compressa rossa, rotonda, biconvessa, con “HM

8” stampato su un lato con inchiostro nero. JURNISTA 16  mg compresse a rilascio

prolungato: compressa gialla, rotonda, biconvessa, con “HM 16” stampato su un lato

con inchiostro nero. JURNISTA 32  mg compresse a rilascio prolungato: compressa

bianca, rotonda, biconvessa, con “HM 32” stampato su un lato con inchiostro nero.

JURNISTA 64 mg compresse a rilascio prolungato: compressa blu, rotonda, biconvessa,

con “HM 64” stampato su un lato con inchiostro nero. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1 Indicazioni terapeutiche. Trattamento del dolore intenso. 4.2 Posologia e modo di somministrazione. Analogamente agli altri analgesici oppiacei, una somministra-

zione sicura ed effi cace di JURNISTA ai pazienti che lamentano dolore dipende dalla

valutazione complessiva del paziente. La natura del dolore, nonché la condizione clinica

concomitante del paziente incideranno sulla scelta della dose. A causa delle differenti

risposte agli oppiacei osservate fra i diversi individui, si raccomanda che a tutti i pazienti

venga somministrata una dose conservativa della terapia con oppiacei, successivamente

incrementata fi no al raggiungimento di un adeguato livello di analgesia, bilanciato da

un grado accettabile di reazioni avverse. Come con qualsiasi altro oppiaceo forte, deve

essere considerata un’appropriata profi lassi per le reazioni avverse note (ad esempio la

stipsi). È necessario avvertire i pazienti che devono inghiottire la compressa di JURNISTA

intera, accompagnata da un bicchiere d’acqua, ogni giorno all’incirca alla stessa ora

senza mai masticarla, dividerla o frantumarla. Pazienti attualmente in terapia non siste-

matica con oppiacei: nella maggior parte dei pazienti la dose iniziale di JURNISTA deve

essere 8 mg 1 volta al giorno e non deve eccedere gli 8 mg. Alcuni pazienti potrebbero

benefi ciare di una dose iniziale di 4 mg 1 volta al giorno per aumentarne la tollerabilità.

Se richiesto, la dose dovrebbe essere aggiustata in aumento o in diminuzione con varia-

zioni di 4 o 8 mg 1 volta al giorno a seconda della risposta e della richiesta di analgesici

supplementari. Poiché è possibile che con una preparazione a rilascio controllato di

oppiacei occorra far passare più tempo prima di individuare per un paziente la dose

che consente di ottenere un’adeguata analgesia, è consigliabile iniziare il trattamento

con preparazioni convenzionali a rilascio immediato (ad esempio, idromorfone a rilascio

immediato, o morfi na a rilascio immediato), per poi passare ad una appropriata dose

giornaliera totale di JURNISTA. Per la conversione delle dosi, utilizzare la relativa tabella

di conversione. Pazienti che ricevono già oppiacei regolarmente: nei pazienti attualmente

in terapia con analgesici oppiacei, la dose iniziale di JURNISTA deve basarsi sulla dose

giornaliera di oppiacei, adottando dosi equianalgesiche standard. Per quanto concerne

gli oppiacei diversi dalla morfi na, deve essere valutata in primo luogo la dose totale

giornaliera equivalente di morfi na, quindi deve essere usata la tabella di seguito riportata

per determinare la dose totale giornaliera di JURNISTA.

Tabella di conversione: fattori di moltiplicazione per la conversione della dose gior-

naliera di oppiacei somministrati in precedenza, nella dose giornaliera di JURNISTA.

(mg/die di oppiacei precedenti x fattore = mg/die di JURNISTA)

Oppiacei precedenti

Oppiacei precedenti per

via orale

(fattore)

Oppiacei precedenti per via

parenterale

(fattore)

Morfi na 0,2 0,6

Idromorfone 1 4

Non vi sono fattori di conversione fi ssi che possano essere soddisfacenti in tutti i pazien-

ti, a causa delle caratteristiche individuali dei pazienti e delle differenze nelle formulazio-

ni. Quindi, deve essere fatta la conversione alle dosi iniziali raccomandate di JURNISTA,

seguita da un attento monitoraggio del paziente e dalla titolazione. Le dosi devono es-

sere arrotondate per difetto alla dose più vicina di JURNISTA, disponibile a incrementi di

4 mg (compresse da 4, 8, 16, 32, 64 mg), come indicato dal punto di vista clinico.

Quando si inizia la terapia con JURNISTA, devono essere sospesi tutti gli altri farmaci

analgesici oppiacei assunti durante il giorno. JURNISTA può inoltre essere impiegato in

modo sicuro con le dosi convenzionali di analgesici non oppiacei e di adiuvanti analgesi-

ci. Analgesia supplementare: oltre alla somministrazione giornaliera di un’unica dose di

JURNISTA, è possibile mettere a disposizione di tutti i pazienti affetti da dolore cronico,

un farmaco antidolorifi co supplementare per il dolore episodico, sotto forma di prepa-

razione a rilascio immediato (ad esempio, idromorfone a rilascio immediato o morfi na a

rilascio immediato). Per la fase di conversione, deve essere utilizzata la tabella di con-

versione. Le dosi supplementari individuali di idromorfone a rilascio immediato o della

morfi na a rilascio immediato non devono superare, in linea di massima, il 10%-25%

della dose di JURNISTA somministrata nelle 24 ore (vedi la tabella di seguito riportata).

Dose iniziale raccomandata per terapia analgesica supplementare.

Dose giornaliera

di JURNISTA (mg)

Idromorfone a rilascio

immediato

Dosaggio della compressa

(mg) per dose

Morfi na a rilascio

immediato (mg)

4 - - 5

8 2 10

16 2 10-15

32 4 20-30

64 8 40-60

Personalizzazione della dose e mantenimento della terapia: dopo l’inizio della terapia con

JURNISTA, è possibile che occorra aggiustare la dose per ottenere il migliore equilibrio

per il paziente, fra attenuazione del dolore ed effetti indesiderati associati all’assunzione

degli oppiacei. Se il dolore aumenta di intensità o l’analgesia risulta inadeguata, è

possibile che occorra aumentare gradualmente la dose. Per consentire la stabilizzazione

degli effetti relativi alla modifi ca della dose, occorre aumentare la dose con una frequenza

che non sia inferiore a due giorni d’intervallo. Di norma, per ogni fase di aggiustamento

della dose devono essere presi in considerazione aumenti compresi fra il 25% e il 100%

dell’attuale dose giornaliera di JURNISTA. Una volta che il paziente si è stabilizzato con

una terapia giornaliera di JURNISTA assunto in un’unica somministrazione, è possibile

continuare con quella dose fi no a che non si renda necessaria un’ulteriore attenuazione

del dolore. La necessità di una terapia continuativa a base di oppiacei per tutto il giorno

e gli aggiustamenti della dose, devono essere rivalutati periodicamente, secondo le

necessità. Impiego nei bambini e adolescenti: l’uso di JURNISTA non è raccomandato nei

bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni a causa della insuffi cienza di dati sulla

sicurezza ed effi cacia. Impiego nei pazienti anziani: il quadro clinico del paziente anziano

è spesso complesso. Il trattamento con idromorfone deve essere quindi iniziato con

cautela e la dose iniziale deve essere ridotta. Compromissione renale ed epatica: negli

studi clinici, dopo la somministrazione di una singola dose di idromorfone compresse a

rilascio immediato, sono stati osservati i seguenti risultati: • nei pazienti con insuffi cienza

epatica di grado moderato (punteggi 7-9 della scala Child-Pugh), sia la concentrazione

media (AUC plasmatica) che le concentrazioni plasmatiche massime dell’idromorfone

erano approssimativamente 4 volte più elevate rispetto a quelli dei controlli sani, mentre

l’emivita di eliminazione è rimasta invariata; • nei pazienti con insuffi cienza renale

moderata (clearance della creatinina 40-60 ml/min), la concentrazione media (AUC

plasmatica) dell’idromorfone è stata approssimativamente 2 volte più elevata rispetto a

quella dei soggetti con funzionalità renale nella norma, mentre l’emivita di eliminazione

è rimasta invariata; • nei pazienti con grave insuffi cienza renale (clearance della

creatinina < 30 ml/min), la concentrazione media (AUC plasmatica) dell’idromorfone è

stata approssimativamente 4 volte più elevata di quella registrata nei soggetti con

funzionalità renale nella norma, mentre l’emivita di eliminazione è stata 3 volte più lunga.

Quindi, i pazienti affetti da insuffi cienza renale o epatica di grado moderato devono

iniziare ad assumere una dose ridotta ed essere attentamente monitorati durante la fase

di aggiustamento della dose. Per quanto riguarda i pazienti con grave insuffi cienza

renale, è necessario prendere in considerazione un maggiore intervallo tra le dosi, oltre

a un monitoraggio attento durante la terapia di mantenimento. Interruzione della terapia:

nei pazienti fi sicamente dipendenti dagli oppiacei e in terapia con una somministrazione

giornaliera di idromorfone, l’interruzione improvvisa del trattamento con JURNISTA

provoca la sindrome da astinenza. Nel caso in cui sia indicata l’interruzione della terapia

con JURNISTA, è necessario somministrare ai pazienti una dose di JURNISTA ridotta del

50% ogni 2 giorni, fi no a raggiungere la dose più bassa possibile a cui la terapia può

essere sospesa in modo sicuro. In caso d’insorgenza dei sintomi da astinenza, è

necessario interrompere la riduzione graduale della dose. La dose deve essere

aumentata lentamente fi no alla scomparsa dei sintomi dell’astinenza da oppiacei.

Successivamente, occorre iniziare di nuovo a ridurre gradualmente la dose, ma con

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 27

SINDROME POST-TRAUMA CRANICO:EFFICACIA DEI BLOCCHI ANESTETICI

DEI NERVI EPICRANICI

THERAPEUTIC EFFECTIVENESSOF EPICRANIAL NERVE BLOCKS

ON POST-TRAUMATIC SYNDROME FROM HEAD INJURY

Claudio Antonio CaputiS.O.D. di Medicina del Dolore e Palliativa

Azienda Ospedaliera-Universitaria “Ospedali Riuniti di Ancona”

RIASSUNTOSi riporta il caso di una donna di 53 anni che, in seguito a trauma cranico per incidente sul lavoro, manifestava una cefalea continua con vertigini, talora nausea, acufeni all’orecchio destro e allodinia diffusa al cuoio capelluto. Il trattamento iposensibilizzante, mediante blocchi con anestetici locali dei punti iperalgici alla digitopressione in corrispondenza dei nervi epicranici, ha controllato rapidamente l’allodinia e successivamente la cefalea. Inoltre, inaspettatamente, si sono notevolmente ridotte le vertigini e sono cessati gli acufeni. Questo risultato, del tutto insperato, evidenzia le imprevedibili potenzialità terapeutiche di un trattamento di semplice esecuzione e poco invasivo. Pertanto risulta di grande interesse l’interpretazione neurofi siopatologica.

Parole chiaveCefalea post-traumatica, allodinia, vertigini, acufeni, nervo grande occipitale, blocchi anestetici

Casi clinici

SUMMARYThe autor describes the case of a 53-year-old woman suffering from headache and dizziness, sometimes nausea, tinnitus in the right ear, and diffuse scalp allodynia following an occupational accident involving a head injury. Hyposensitizing treatment by anesthetic blockade at the emergence points of the epicranial nerves, which were hyperalgesic to fi nger pressure, rapidly controlled the allodynia and eventually the headache. Unexpectedly, the patient also reported reduced dizziness and resolution of the tinnitus. The unforeseen outcome highlights the unpredictable therapeutic potential of a simple and modestly invasive procedure. The neuropathophysiological interpretation is consequently very interesting.

Key wordsPost-traumatic headache, allodynia, dizziness, tinnitus, greater occipital nerve, anesthetic blocks

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201128

Il caso clinico che si va a descrive-re è inquadrabile, in accordo con la ICHD-II,1 come cefalea acuta post-traumatica da trauma cranico mode-rato. La paziente ha, infatti, accusato una cefalea di forte intensità, accom-pagnata a forte vertigine, lieve agita-zione, diffi coltà di concentrazione, insonnia, acufeni, comparsa entro due giorni dal trauma. Le vertigini sono sicuramente la manifestazione più fre-quente dopo tale tipo di cefalea.2 Fi-siopatologicamente è ipotizzabile un danno assonale diffuso, conseguenza dello stiramento delle terminazioni nervose sottoposte alla energia del trauma. Il trauma può anche essere causa di alterazioni dell’emodinamica cerebrale3 e di modifi cazioni metabo-liche che includono il rilascio di neu-rotrasmettitori inibitori e di aminoa-cidi eccitatori.4

La terapia farmacologica prevede co-munemente l’uso di antiepilettici, cal-cioantagonisti, eccetera.

Donna di 53 anni, in data 15 febbraio2009 subiva un trauma cranico in un incidente sul lavoro (caduta di due mensole sul capo) senza perdita di coscienza. Al Pronto Soccorso riferiva cefalea intensa e vertigine in assenza di segni obiettivi neurologici. In anam-nesi: due gravidanze a termine, aspor-tazione di fi bromi mammari da qual-che anno e un intervento chirurgico al ginocchio sinistro per trauma. La TAC cerebrale risultava nella norma e una TAC spirale cervicale evidenzia-

va inversione della fi siologica lordosi cervicale con alterazioni spondilosiche diffuse. Trattenuta in osservazione, il giorno successivo lamentava diffusa dolenzia cervico-dorsale con persi-stente cefalea di intensità non seve-ra e lieve sonnolenza, con normale obiettività neurologica. Un episodio di nausea e vomito postprandiale era trattato con somministrazione di me-toclopramide (10mg ev). Il secondo giorno si manifestava un improvvi-so malessere con vomito e lipotimia. Una TAC cerebrale di controllo era negativa. L’esame clinico vestibolare, eseguito per la ricomparsa di un’in-tensa vertigine oggettiva posturale, non evidenziava presenza di nistagmo spontaneo; normale l’esame otoscopi-co. Si prescriveva pertanto betaistina dicloridrato (16 mg per due volte al giorno per 15 giorni).La paziente giungeva alla nostra os-

servazione al dodicesimo giorno dal trauma accusando cefalea quotidiana, resistente al trattamento farmacologi-co, ed episodi di vertigine con nausea, oltre alla comparsa di fastidiosi acufe-ni all’orecchio destro. Obiettivamente presentava intensa allodinia meccani-ca dinamica diffusa al cuoio capelluto, evocata dallo sfi oramento dei capelli, con impossibilità di indossare gli oc-chiali e con conseguente disturbato riposo notturno. I punti di emergenza sottocutanei dei nervi sovraorbitario e grande occipitale risultavano intensa-mente iperalgici alla digitopressione, bilateralmente.Per la presenza di tale sintomatologia, si decideva di iniziare un trattamento iposensibilizzante loco-regionale me-diante blocchi anestetici dei nervi epi-cranici, seguendo un nostro originale schema terapeutico, praticato già da anni.5-6 Al secondo blocco anestetico

CASO CLINICO

INTRODUZIONE

Figura 1Connessioni anatomiche dei nervi epicranici

e punto di infi ltrazione del nervo grande occipitale

grande nervo occipitale

piccolo nervo occipitale

linea nucale

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 29

dei nervi epicranici, dopo due giorni dal primo, si otteneva una netta re-gressione dell’allodinia. La paziente riferiva inoltre la remissione degli acufeni, durante il tempo di persisten-za dell’effetto anestetico. Il giorno 3 marzo, nuovo ricovero in Pronto Soc-corso per episodio lipotimico di bre-ve durata e successiva lieve ipostenia e disestesia a carico dell’arto inferiore sinistro. Ulteriori controlli radiologici (TAC cerebrale e cervicale) risultava-no nella norma. Si prescrivevano: col-lare cervicale morbido, riposo a letto, gabapentin 400mg x 2/die, desameta-sone 8 mg im da scalare progressiva-mente nei giorni successivi.La paziente terminava il primo ciclo di 5 sedute di blocchi anestetici in data 11 marzo, dopo un’interruzione di una settimana circa, con completa e defi nitiva scomparsa dell’allodinia del cuoio capelluto e delle regioni sovrau-ricolari (riferiva la possibilità di rimet-tersi gli occhiali fi no ad allora non più tollerati). Riconfermava inoltre la re-missione degli acufeni durante l’effet-to anestetico dei blocchi. Constatata la buona effi cacia del trattamento si decideva un secondo ciclo iposensibi-lizzante, mediante blocchi anestetici, a partire dal giorno 25 dello stesso mese, in quanto, pur in remissione completa dell’allodinia del capo, la paziente riferiva la ricomparsa di una cefalea, quotidiana notturna, pulsan-te, localizzata in sede parietale destra.I nervi epicranici sovraorbitari e il nervo grande occipitale di destra risul-tavano iperalgici alla digitopressione. Nel corso del secondo ciclo di terapia la paziente riferiva la scomparsa defi -nitiva degli acufeni con una netta ri-duzione di intensità e durata della ce-falea notturna che recedeva spontane-

amente, senza assunzione di antalgici.Al termine del trattamento avvenuto in data 31marzo si otteneva la com-pleta remissione anche della cefalea.A un follow-up a 15 giorni, permaneva la remissione completa della cefalea, dell’allodinia e degli acufeni, con per-sistenza di sporadiche ed episodiche vertigini, di lieve intensità e breve du-rata. Al follow-up a 6 mesi la paziente risultava del tutto asintomatica, senza alcuna terapia farmacologica.

Più recentemente si sono aggiunte ul-teriori esperienze cliniche sull’utilizzo di blocchi anestetici nella terapia delle cefalee primarie7-8 e si è anche eviden-ziato come il blocco anestetico del ner-vo grande occipitale potesse controlla-re effi cacemente l’allodinia meccanica che si manifesta sul cuoio capelluto di alcuni pazienti emicranici, espressio-ne di ipersensitizzazione centrale.9-10 Secondo la nostra ipotesi l’effetto te-rapeutico dei blocchi si giustifi ca con l’inibizione dell’ipersensitizzazione periferica, testimoniata dalla iperalge-sia provocata da una leggera pressione dei nervi epicranici grande occipitale (GON) e sovraorbitario (NS); e ciò non solo per l’effetto anestetico di blocco di conduzione degli stimoli nocicettivi, ma prevalentemente per il blocco, da parte degli anestetici locali, dei fl ussi antidromici di sostanza P e del peptide relato al gene della calci-tonina (CGRP), mediatori dei rifl essi assonali generati dalla infi ammazione neurogenica perivascolare. Probabil-mente il ripetuto blocco anestetico, provocando una protratta ipostimo-lazione dei nocicettori periferici, ri-

normalizza la loro soglia di attivazione con la conseguente mancata induzio-ne dei meccanismi neuroplastici di ipersensitizzazione centrale, causa di dolore cronico.6 La tossina botulinica, che si è rivelata effi cace sui pazienti emicranici, agi-rebbe analogamente, inibendo il rila-scio dei neurotrasmettitori, tra cui il CGRP, per effetto del blocco della fu-sione della vescicola sinaptica a livello della membrana cellulare.11-12

Inoltre, la recente osservazione del controllo di un’aura emicranica emi-plegica, mediante il blocco anestetico del GON,13-14 andrebbe ad avvalorare l’idea che l’ipostimolazione periferica possa modulare direttamente l’iperec-citabilità corticale.Il caso descritto conferma l’effi cacia dei blocchi anestetici dei nervi epi-cranici nel controllo della cefalea e dell’allodinia, in questo caso, postumi di un trauma cranico. Imprevedibil-mente il trattamento si è rivelato al-trettanto effi cace anche nel controllo delle vertigini e in modo netto degli acufeni. L’inatteso successo terapeuti-co ci ha indotto a un approfondimen-to neurofi siopatologico.Afferenze da strutture sensoriali trige-minali verso il nucleo cocleare sono state individuate con metodi speri-mentali nelle cavie e negli uomini. Si è visto infatti che il nucleo dorsale co-cleare oltre agli input dall’ottavo ner-vo, riceve direttamente impulsi soma-tosensoriali dal quinto nervo cranico; pertanto nel nucleo dorsale si verifi ca un’integrazione multisensoriale.15

Questi circuiti neuronali hanno im-portanti risvolti clinici perché, come le alterazioni strutturali uditive peri-feriche che generano sordità possono infl uire sulla struttura dei neuroni

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201130

centrali uditivi, così alterazioni neu-rologiche dalla periferia somatosen-soriale possono infl uenzare la fun-zione uditiva, richiedendo questa input multisensoriali. La percezione di acufeni nei pazienti che ricevono insulti somatici possono, analoga-mente, essere il risultato di un input somatosensoriale alterato al nucleo cocleare. Tale evento può verifi carsi in pazienti coinvolti in traumi crani-ci, del collo o addirittura in pazienti con ascessi dentari.15 La proiezione dal ganglio trigeminale sul nucleo co-cleare termina a livello sia dei neuroni sia dei vasi sanguigni; ciò suggerisce un’interferenza di questi collegamenti nella regolazione del fl usso sanguigno e del metabolismo.16-17 Le afferenze dalle branche oftalmiche e mandibola-ri del trigemino proiettano, attraverso il ganglio, rispettivamente alla coclea e all’orecchio medio, infl uenzando pro-babilmente il fl usso sanguigno a livello cocleare e cerebrale.18-19 Le variazioni di fl usso possono tra-dursi in una modulazione eccitatoria/inibitoria di tali aree. Pertanto la per-cezione di acufeni in pazienti che han-no subito un trauma cranico potrebbe imputarsi a un’alterata modulazione inibitoria delle afferenze provenienti dalle strutture trigeminali, con con-seguente ipersensibilità dei neuroni nell’area cerebrale collegata all’udito. Noi ipotizziamo che il trattamento ipostimolante con anestetico locale sui punti di emergenza sottocutanei delle branche trigeminali e del GON, funzionalmente connesso al nucleo caudale spinale del trigemino, possa determinare una deafferentazione so-matica periferica con effetto rimodu-lante della neuroeccitabilità centrale.Iperalgesia e allodinia sono ricono-

sciute espressioni di ipersensibilizza-zione nervosa con evidenze cliniche del loro effi cace controllo mediante blocchi anestetici. Non ancora de-scritto, come nel nostro caso, un con-trollo clinico di fenomeni quali la ver-tigine e gli acufeni; anch’essi probabile espressione di una “irritazione” nervo-sa centrale. Vertigini e acufeni, insie-me alla cefalea, alla nausea, al vomito, all’allodinia si sono manifestati nella sindrome post-traumatica della nostra paziente. Il trauma è stato quindi cau-sa di una turba della complessa rete di circuiti di regolazione cerebrale. E’ stato sorprendente verifi care come un trattamento periferico con bloc-chi anestetici sia risultato terapeutico, laddove farmaci, specifi camente atti-vi, sono stati ineffi caci. È possibile che l’anestetico locale, bloccando i fl ussi assonali del nervo, possa interferire sul trasporto assonale di neurotrasmetti-tori vasoattivi e ipersensibilizzanti che, in tali eventi clinici, giocano un ruolo non secondario.6

Il trattamento con blocchi anestetici, effi cace nel controllo del dolore da ce-falea, si è dimostrato, in questo caso, effi cace anche sul controllo di altri sintomi neurologici. Ciò potrebbe aprire il campo a nuove possibilità terapeutiche e a utili spe-culazioni neurofi siologiche, nel com-plesso labirinto dei circuiti di regola-zione cerebrale.

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011 31

UN TESTO INDISPENSABILEPER GLI ALGOLOGI

AN ESSENTIAL BOOK FOR ALGOLOGISTS

A cura di Giancarlo Carli

Cattedra di Fisiologia UmanaUniversità degli Studi di Siena

Recensione

La prima edizione del libro “Dolore. Basi molecolari” di Alessandro Fabrizio Sabato (Università Tor Vergata, Roma) si è esaurita in qualche mese. Nell’introduzione l’autore, riferendosi ai probabili lettori, menziona gli anestesisti, che sono di gran lunga gli specialisti più numerosi che si dedicano alla terapia del dolore e delle cui esigenze culturali è un attento osservatore. Questi medici hanno una preparazione di base sull’anatomia e fi siologia del dolore ma si trovano a trattare quotidianamente pazienti con dolore in carenza di una visione della biologia molecolare suffi cientemente aggiornata. Il libro si concentra sulla nocicezione, cioè sui meccanismi di trasduzione, trasmissione e modulazione ascendente e discendente dell’informazione nocicettiva e sulle modifi cazioni indotte dalla lesione e dall’infi ammazionee sul ruolo della glia. Dando per scontate le conoscenze sulle prostaglandine e sulle citochine, e tralasciando la neuroimmunomodulazione, l’attenzione si concentra sulle molecole/canali di membrana della trasduzione e della generazione del potenziale d’azione, sui vecchi e sui nuovi trasmettitori, sul ruolo dei neuropeptidi e delle neurotrofi ne, sull’endocitosi mediata dai recettori, sui meccanismi sinaptici dell’iperalgesia, sulla long term depression e la long term potentiation.Gli argomenti di grande attualià come il dolore neuropatico,

il controllo del dolore con oppiacei e con endocannabinoidi hanno un adeguato risalto. L’aggiornamento viene svolto con grande chiarezza e diligenza, con note a margine che riprendono vecchi e nuovi concetti, defi nizioni e abbreviazioni di centinaia di molecole, con lo scopo preciso di informare in maniera esauriente e agile il lettore. La complessità dei problemi è affrontata presentando modelli di dolore umano e/o animale, illustrando le basi logiche del trattamento, i presupposti fi siopatologici della cronicizzazione del dolore e la misura del dolore. Una particolare attenzione è prestata alla presentazione dei nuovi concetti e dei nuovi dati accentuando la loro rilevanza non solo per la comprensione dei meccanismi, ma soprattutto per la possibilità di nuovi bersagli terapeutici. La trattazione si avvale di oltre cento fi gure, soprattutto schemi di funzionamento e interazione che facilitano la comprensione del testo. Il libro è arricchito da un elencodelle abbreviazioni e da un dettagliato sommario degli argomenti che compensano la mancanza di un indice analitico. In conclusione si tratta di un testo del quale ben pochi algologi possono fare a meno per suffragare il trattamento quotidiano del dolore con la logica della conoscenza.

(Sabato AF. Dolore. Basi molecolari. Cic Roma 2010, pp 372, ISBN: 8871419014).

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Volume 18 PATHOS Nro 1, 201132

RICORDO DI MARIO TIENGO

IN MEMORY OF MARIO TIENGO

Franco BardiPrimario Emerito

Ospedale San Paolo, Milano

Conobbi Mario nel 1950 quando assieme ad alcuni giovani colleghi (fra i quali ricordo Gianni Arosio, Marialuisa Bozza, Hermes Emanuelli, Milan Bisiani, Enrico Colucci, Piergiorgio Sironi, Consuelo Tonso e pochi altri coraggiosi pionieri) ci riunivamo allo scopo di trovare la strada per far uffi cialmente riconoscere una dignitosa e autonoma collocazione fra le specialità mediche di questa nuovissima attività di “anestesia” (ancora non esistevano né la terapia intensiva, né la rianimazione, né la terapia del dolore), attività peraltro in parte misconosciuta, in parte malconsiderata e, in taluni casi di… oscurantismo medico, perfi no avversata. Fu per merito anche di Mario e principalmente di Consuelo Tonso, purtroppo scomparso prematuramente, il quale con grande sagacia fece ripetuti viaggi a Roma per contattare altri giovani colleghi e per sensibilizzare e spronare il mondo politico, che ottenemmo fi nalmente la legge che istituiva negli ospedali i Servizi Autonomi di Anestesia.Ritrovai Mario alcuni anni più tardi durante un simposio organizzato in occasione della sua nomina a docente di Anestesia negli Istituti Clinici di Perfezionamento, cui partecipò il nostro maestro Rodolfo Margaria. Cominciò così fra noi una profonda amicizia e collaborazione: egli mi appoggiò nell’organizzare le “Giornate di Terapia Antalgica” che si tennero nel mio Ospedale San Paolo; io lo

Ricordi

associai alla fondazione di “Algos Club” di cui fu vicepresidente con la mia presidenza e la presidenza onoraria di Paolo Mantegazza; egli mi chiamò quale cofondatore delle sue riviste Algos dapprima e Pathos poi; mi incluse fra i docenti della Scuola di Specializzazione da lui diretta in alternanza con Rinaldo Trazzi. Conducemmo assieme ad altri ricerche su incarico dell’Università, portammo avanti una battaglia, che risultò vittoriosa, per bloccare la proposta di una legge che legalizzasse l’eutanasia.Ma non intendo qui dilungarmi nei nostri rapporti sul piano professionale né porre l’accento sui grandi meriti scientifi ci di Mario, universalmente riconosciuti: di ciò altri potrà parlare con ben maggiore autorevolezza.Il vivo ricordo che voglio mi resti è quello di una sincera, affettuosa amicizia con una personalità di tanto spessore umano. Ci univa anche l’amore per l’arte in ogni sua espressione e per il bello, in particolar modo per la musica classica. Ricordo bene il giorno in cui mi disse, con entusiasmo di adolescente nonostante i suoi circa sessant’anni, di essersi perdutamente innamorato - felicemente corrisposto - di una giovane americana, e i suoi occhi sfavillanti quando mi presentò questa sua bellissima moglie che subito mi conquistò per la dolcezza e l’amore che a sua volta rivolgeva a Mario.Così voglio ricordarlo, oggi che non c’è più. La sua scomparsa è, non solo per me, una dolorosa incolmabile perdita.

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intervalli più lunghi fra una diminuzione della dose di idromorfone e quella successiva,

oppure convertendolo in una dose equianalgesica di un altro oppiaceo, per poi proseguire

con la riduzione graduale. 4.3 Controindicazioni. Ipersensibilità all’idromorfone o a

uno qualsiasi degli eccipienti. Pazienti che sono stati sottoposti a un intervento chirurgico

e/o con patologia di base che porta a stenosi del tratto gastrointestinale, o hanno “anse

cieche” nel tratto gastrointestinale o ostruzione gastrointestinale.Trattamento del dolore

acuto o post-operatorio. Pazienti con funzionalità epatica gravemente ridotta. Pazienti

con insuffi cienza respiratoria. Pazienti con dolore addominale acuto di origine

sconosciuta. Pazienti con stato asmatico. Trattamento concomitante con inibitori della

monoaminossidasi (MAO) o entro 14 giorni dall’interruzione di tale terapia (vedere

paragrafo 4.5). Trattamento concomitante con buprenorfi na, nalbufi na o pentazocina

(vedere paragrafo 4.5). Pazienti in stato di coma. Pazienti pediatrici. Durante il travaglio

e il parto. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. Gli analgesici oppiacei,

compreso l’idromorfone, possono causare una grave ipotensione nei pazienti la cui

capacità di mantenimento della pressione sanguigna sia compromessa a causa della

deplezione del volume ematico o della concomitante somministrazione di farmaci come

le fenotiazine o gli anestetici generali. JURNISTA non deve essere somministrato nei casi

in cui sussista il rischio di ileo paralitico. Se, durante il trattamento, si sospetta un ileo

paralitico, è necessario interrompere la terapia. Nel caso in cui siano programmati una

cordotomia o altri interventi di attenuazione del dolore, i pazienti non devono essere

trattati con JURNISTA nelle 24 ore successive a tali operazioni. Quindi, deve essere

somministrata una nuova dose, in base alla variazione delle necessità di attenuazione del

dolore, se esistente. Compromissione della respirazione. La depressione respiratoria è il

rischio più importante delle preparazioni a base di oppiacei, anche se è più frequente nei

casi di sovradosaggio, nei pazienti anziani, nei pazienti debilitati e in quelli affetti da

condizioni cliniche accompagnate da ipossia o ipercapnia, quando dosi anche moderate

possono ridurre pericolosamente la respirazione. JURNISTA, analogamente agli altri

oppiacei, deve essere impiegato con estrema cautela nei pazienti con una riserva

respiratoria considerevolmente ridotta o una depressione respiratoria preesistente,

nonché in pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il dolore severo antagonizza

gli effetti depressivi degli oppiacei a carico della respirazione. Tuttavia, se il dolore

dovesse improvvisamente attenuarsi, tali effetti potrebbero manifestarsi rapidamente. I

pazienti per i quali sono state programmate procedure di anestesia locale o un altro

genere di interruzione delle vie di trasmissione del dolore, non devono essere trattati con

JURNISTA dalle 24 ore precedenti la procedura. La somministrazione concomitante di

idromorfone con altri analgesici oppiacei è associata a un incremento del rischio di

insuffi cienza respiratoria. È quindi importante ridurre la dose di idromorfone, in caso di

co-somministrazione con altri analgesici. Trauma cranico e aumento della pressione

intracranica. Gli effetti depressivi degli oppiacei a carico della respirazione, con ritenzione

di anidride carbonica e aumento secondario della pressione del liquido cerebrospinale,

possono essere marcatamente esacerbati in presenza di trauma cranico o di aumento

della pressione intracranica. Gli oppiacei producono effetti che possono nascondere i

segni neurologici di ulteriori aumenti di pressione intracranica in pazienti con trauma

cranico. JURNISTA deve essere somministrato solo in circostanze in cui è ritenuto

essenziale, ma sempre con estrema cautela. Tratto gastrointestinale e muscolatura

liscia: analogamente agli altri oppiacei, l’idromorfone provoca una riduzione della motilità

gastrointestinale associata a un aumento del tono della muscolatura liscia. La stipsi è un

effetto indesiderato frequentemente segnalato in presenza di trattamento con gli

oppiacei. È necessario raccomandare ai pazienti le misure da adottare per impedire la

stipsi, oltre a considerare l’impiego di lassativi a scopo profi lattico. Occorre porre

estrema cautela nei pazienti con stipsi cronica. Condizioni cliniche o medicinali che

causano un’improvvisa e apprezzabile diminuzione del tempo di transito gastrointestinale,

possono causare una diminuzione dell’assorbimento dell’idromorfone contenuto in

JURNISTA e possono potenzialmente condurre a sintomi di astinenza in pazienti con

dipendenza fi sica dagli oppioidi. La somministrazione di oppiacei può oscurare la

diagnosi o il decorso clinico di condizioni acute addominali. Perciò è importante

assicurarsi che il paziente non sia affetto da occlusione intestinale, in particolare da ileo,

prima di iniziare il trattamento. L’idromorfone può inoltre provocare un aumento della

pressione nelle vie biliari, a seguito dello spasmo dello sfi ntere di Oddi. Prestare quindi

attenzione durante la somministrazione di JURNISTA a pazienti affetti da disturbi

infi ammatori od ostruttivi dell’intestino, da pancreatite acuta secondaria a patologia delle

vie biliari e nei pazienti che si apprestano ad affrontare un intervento di chirurgia biliare.

La compressa di JURNISTA è indeformabile e la sua forma non cambia in modo

apprezzabile nel tratto gastrointestinale. Si sono verifi cati rari casi di sintomi ostruttivi in

pazienti con stenosi note, in seguito all’ingestione di farmaci in formulazioni a rilascio

controllato indeformabili (vedere paragrafo 4.3). È necessario avvisare i pazienti di non

allarmarsi nel caso in cui dovessero notare nelle feci la compressa di JURNISTA, poiché

si tratta solo dell’involucro indissolubile. Pazienti con rischi particolari: JURNISTA,

analogamente agli altri analgesici oppiacei, deve essere somministrato con cautela e a

dosaggi ridotti nei pazienti affetti da insuffi cienza renale o insuffi cienza epatica da lieve

a moderata, insuffi cienza corticosurrenale, mixedema, ipotiroidismo, ipertrofi a prostatica

o stenosi uretrale. Deve essere inoltre prestata molta attenzione nella somministrazione

di JURNISTA nei pazienti affetti da depressione del SNC, cifoscoliosi, psicosi tossica,

alcolismo acuto, delirium tremens o disturbi convulsivi. Impiego nei pazienti anziani: i

pazienti anziani sono maggiormente predisposti a manifestare reazioni avverse a carico

del sistema nervoso centrale (SNC) (confusione) e disturbi gastrointestinali, nonché

riduzione fi siologica della funzionalità renale. Occorre quindi prestare molta attenzione,

oltre a somministrare una dose iniziale ridotta. L’uso concomitante di altri farmaci, in

particolare di antidepressivi triciclici, aumenta il rischio di confusione e stipsi. Nei pazienti

anziani sono spesso presenti patologie a carico della ghiandola prostatica e delle vie

urinarie, il che contribuisce ad aumentare il rischio di ritenzione urinaria. Le considerazioni

sopra citate servono a sottolineare l’importanza di usare cautela nell’uso, piuttosto che

implicare una limitazione d’uso degli oppiacei nei pazienti anziani. Anche se la dose è

elevata, un aumento della dose non corrisponde a uno sviluppo di tolleranza. Dipendenza

farmacologica: JURNISTA deve essere somministrato con cautela nei pazienti alcolizzati

o con dipendenza farmacologica di altro genere, a causa dell’aumento della frequenza a

sviluppare tolleranza agli oppiacei e dipendenza psicologica riscontrata in questa

popolazione di pazienti. Con l’abuso per via parenterale, gli eccipienti della compressa

potrebbero causare complicazioni letali. L’uso continuato di oppiacei, JURNISTA

compreso, può generare lo sviluppo di tolleranza e di dipendenza fi sica. È possibile che

si verifi chi un abuso volontario di JURNISTA, come accade con gli altri oppiacei,

caratterizzato da modifi che comportamentali, non riscontrate nei pazienti il cui dolore

viene opportunamente trattato con JURNISTA. Si ritiene che solo nei pazienti in un certo

qual modo predisposti possa svilupparsi una dipendenza psicologica o un effetto che

determina assuefazione, pur non essendo una risposta normale o prevista durante l’uso

appropriato degli oppiacei per il trattamento del dolore. Tuttavia, anche se un paziente ha

abusato di oppiacei in passato, l’idromorfone o gli altri oppiacei possono essere ancora

indicati nel trattamento del dolore severo del paziente. La necessità di aumentare la dose

può essere dovuta a una patologia sottostante e deve quindi essere rivalutata. Nella

maggior parte dei casi, la richiesta rifl ette l’esigenza reale di attenuazione del dolore e

non deve essere confusa con un uso inappropriato del farmaco. L’impiego di idromorfone

da parte di chi svolge attività sportiva a livello agonistico comporta la squalifi ca. Il

farmaco contiene lattosio. I pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio,

come il defi cit di Lapp-lattasi o la sindrome da malassorbimento di glucosio-galattosio

non devono assumere questo farmaco. L’uso concomitante di JURNISTA con alcool o con

altri farmaci che lo contengono, deve essere evitato in quanto l’alcool aumenta l’effetto

sedativo dell’idromorfone. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione. Gli inibitori delle monoaminossidasi (IMAO), se vengono somministrati

insieme agli oppiacei, possono provocare eccitazione o depressione del SNC, ipotensione

o ipertensione. JURNISTA è controindicato nei pazienti in terapia con gli IMAO (vedere

paragrafo 4.3). La somministrazione concomitante di idromorfone con gli agonisti/

antagonisti della morfi na (buprenorfi na, nalbufi na, pentazocina) può comportare una

riduzione dell’effetto analgesico mediante il blocco competitivo dei recettori, con il

rischio d’insorgenza dei sintomi da astinenza. Questa associazione è pertanto

controindicata (vedere paragrafo 4.3). La somministrazione concomitante di depressori

del sistema nervoso centrale come ipnotici, sedativi, anestetici generali, antipsicotici e

alcool, può causare effetti depressivi additivi che possono provocare l’insorgenza di

depressione respiratoria, ipotensione, sedazione profonda o coma. Nel caso in cui sia

indicata questa associazione, è necessario ridurre la dose di uno o di entrambi gli agenti.

JURNISTA, analogamente agli altri oppiacei, può potenziare l’azione di blocco

neuromuscolare dei miorilassanti e provocare un aumento del grado di depressione

respiratoria. Occorre evitare l’uso concomitante di alcool; quest’ultimo infatti aumenta

l’effetto sedativo dell’idromorfone. 4.6 Gravidanza e allattamento. Gravidanza. Non vi

sono dati adeguati riguardanti l’uso dell’idromorfone in donne in gravidanza. Mentre gli

studi nell’animale (vedere paragrafo 5.3) non hanno rivelato effetti teratogeni, è stata

osservata tossicità riproduttiva. Nelle sperimentazioni condotte sull’animale, l’idromorfone

ha dimostrato di attraversare la barriera placentare. Non è noto il rischio potenziale per

l’uomo derivante dall’uso di oppiacei durante la gravidanza. JURNISTA non deve

essere somministrato in gravidanza e durante il travaglio a causa di un indebolimento

della contrattilità uterina e del rischio di depressione respiratoria nel neonato. Sintomi

da astinenza potrebbero essere osservati nei neonati di madri sottoposte a trattamento

cronico. Allattamento. Negli studi clinici, basse concentrazioni di idromorfone e altri

oppiacei sono state riscontrate nel latte materno. Studi preclinici hanno dimostrato che

l’idromorfone può essere trovato nel latte dei ratti che allattano. JURNISTA non deve

essere usato durante l’allattamento. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. JURNISTA può compromettere in misura rilevante la capacità

di guidare veicoli o di usare macchinari. Questo fenomeno è più probabile all’inizio

della terapia, a seguito di un incremento della dose o cambiamento della preparazione.

4.8 Effetti indesiderati. Negli studi clinici con JURNISTA (n = 1684), le reazioni

avverse più comunemente riportate sono state stipsi, nausea e vomito. Di solito

possono essere gestite con riduzione della dose, lassativi (vedere paragrafo 4.2) o

antiemetici, come più appropriato. La tabella riportata di seguito mostra le reazioni

avverse (ADR) osservate durante gli studi clinici con JURNISTA e quelle che sono state

segnalate con altre formulazioni di idromorfone cloridrato. Se le frequenze osservate

con JURNISTA e con altre formulazioni a base di idromorfone cloridrato erano

diverse, venivano utilizzate quelle a più alta incidenza di entrambi i database.

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Classifi cazione

sistemica organica

Reazioni avverse

Frequenza

Molto comuni

(≥ 1/10)

Comuni

(≥ 1/100; < 1/10)

Non comuni

(≥ 1/1000; < 1/100)

Rari

(≥ 1/10.000; <1/1000)

Molto rari

(< 1/10.000)

Esami diagnostici Calo ponderale Ridotta saturazione

dell’ossigeno, diminuzione

potassio plasmatico, aumento

enzimi epatici, aumento

amilasi plasmatica

Diminuzione testosterone

plasmatico

Patologie cardiache Tachicardia Palpitazioni, extrasistoli Bradicardia

Patologie del sistema nervoso Sonnolenza, cefalea, vertigini Problemi della memoria,

ipoestesia, parestesia,

tremore o contrazioni

muscolari involontarie,

sedazione, disturbi

dell’attenzione, disgeusia

Mioclono, coordinazione

anomala, discinesia, sincope,

disartria, disturbi dell’equili-

brio, depressione dei livelli di

coscienza, iperestesia, ence-

falopatia, disturbi cognitivi,

iperattività psicomotoria, crisi

epilettiche, convulsioni

Iperrefl essia

Patologie dell’occhio Disturbi della vista come

offuscamento della visione

Miosi, diplopia, secchezza

dell’occhio

Patologie dell’orecchio e del

labirintoVertigini Tinnito

Patologie respiratorie,

toraciche e mediastiniche

Dispnea Sofferenza respiratoria,

rinorrea, ipossia,

broncospasmo,

iperventilazione, starnuti

Depressione respiratoria

Patologie gastrointestinali Stipsi, nausea, vomito Secchezza delle fauci,

diarrea, dolore addominale,

dispepsia, disfagia, fl atulenza

Distensione addominale,

emorroidi, ematochezia,

feci anormali, ostruzione

intestinale, diverticoli, erutta-

zione, disturbi della motilità

gastrointestinale, perforazione

dell’intestino crasso

Aumento degli enzimi

pancreatici*, ragadi anali,

bezoario, duodenite, ileo

paralitico, alterazioni dello

svuotamento gastrico,

defecazione dolorosa

Patologie renali e urinarieRitenzione urinaria, disuria,

disturbi urinari

Esitazione nell’urinare,

pollachiuria

Patologie della cute e del

tessuto sottocutaneo

Iperidrosi, prurito, eruzione

cutanea

Eczema* Rossore al volto/ eritema

Patologie dell’apparato

muscolo-scheletrico e del

tessuto connettivo

Spasmi muscolari, dolore

di schiena, artralgia, dolore

delle estremità

Mialgia

Patologie del sistema

endocrinoIpogonadismo

Classifi cazione

sistemica organica

Reazioni avverse

Frequenza

Molto comuni

(≥ 1/10)

Comuni

(≥ 1/100; < 1/10)

Non comuni

(≥ 1/1000; < 1/100)

Rari

(≥ 1/10.000; <1/1000)

Molto rari

(< 1/10.000)

Disturbi del metabolismo e

della nutrizione

Anoressia, disidratazione Aumento dell’appetito,

ritenzione di liquidi,

iperuricemia

Infezioni e infestazioni Gastroenterite, diverticolite

Traumatismo, avvelenamento

e complicazioni da procedura

Cadute, contusioni Sovradosaggio

Patologie vascolari Ipotensione, rossore,

ipertensione

Patologie sistemiche e

condizioni relative alla sede

di somministrazione

Astenia Edema, sindrome da

astinenza dal farmaco,

piressia, dolore, oppressione

toracica, brividi

Sensazione anomala, males-

sere, diffi coltà a camminare,

agitazione, stato di confusio-

ne come dopo sbornia

Sensazione di ubriacatura,

sensazione di caldo e freddo,

ipotermia

Patologie epatobiliari Coliche biliari

Patologie dell’apparato

riproduttivo e della mammella

Disfunzione erettile/

impotenza, disfunzioni

sessuali

Disturbi psichiatrici Insonnia, ansia, stato

confusionale, nervosismo,

sogni anomali, depressione,

alterazioni dell’umore,

irrequietezza, allucinazioni

Diminuzione della libido,

attacchi di panico, paranoia,

aggressività, crisi di pianto,

apatia, tolleranza al farmaco*,

disforia, euforia

Dipendenza*

*Reazioni avverse (ADR) riportate con altre formulazioni a base di idromorfone cloridrato

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In letteratura sono stati segnalati i seguenti eventi di cui non si conosce la frequenza: insuffi cienza

respiratoria, delirio e amenorrea. La depressione respiratoria può essere più probabile in alcuni

sottogruppi di pazienti (vedere paragrafo 4.4). 4.9 Sovradosaggio. Il sovradosaggio con

idromorfone è caratterizzato da depressione respiratoria, sonnolenza che evolve fi no a stupore e

coma, fl accidità muscolo-scheletrica, cute fredda, contrazione delle pupille e a volte, tachicardia

e ipotensione. In caso di grave sovradosaggio, in particolare immediatamente dopo la

somministrazione endovenosa, possono insorgere apnea, collasso circolatorio, arresto cardiaco

e morte. Nel trattamento del sovradosaggio, è necessario prestare attenzione innanzitutto a

ristabilire un’adeguata funzione respiratoria, mantenendo le vie respiratorie pervie ed istituendo

una ventilazione assistita e controllata. Se l’ingestione orale è recente, è possibile effettuare una

lavanda gastrica. Nei pazienti con perdita di coscienza e vie respiratorie pervie, è necessario

instillare carbone attivo (30-100 g negli adulti, 1-2 g/kg nei bambini), per via nasogastrica. Alla

prima dose di carbone attivo, è possibile aggiungere sorbitolo. Per gestire lo shock e l’edema

polmonare, che può seguire al sovradosaggio, è necessario adottare misure di supporto

(ossigeno, vasopressori). L’arresto cardiaco e le aritmie possono richiedere un massaggio

cardiaco o la defi brillazione. Nei casi di grave sovradosaggio, occorre somministrare per via

endovenosa 0,8 mg di naloxone. Se necessario, ripetere dopo 2-3 minuti. In alternativa,

somministrare per infusione 2 mg di naloxone in 500 ml di sodio cloruro soluzione 9 mg/ml

(0,9%) o in una di glucosio soluzione 5% (50 mg/ml). L’infusione deve essere regolata in base

alla risposta del paziente. L’effetto del naloxone è relativamente breve, perciò il paziente deve

essere attentamente monitorato fi no alla stabilizzazione della respirazione. JURNISTA rilascia

idromorfone per circa 24 ore. È necessario tenerne conto nella pianifi cazione del trattamento. In

caso di sovradosaggio meno grave, è possibile la somministrazione per via endovenosa di 0,2 mg

di naloxone e, se necessario, ripetere tale somministrazione. Il naloxone non deve essere

somministrato in assenza di depressione respiratoria clinicamente signifi cativa o depressione

circolatoria dovuta all’assunzione di oppiacei. Il naloxone deve essere somministrato con cautela

nei pazienti in cui è presente una sospetta dipendenza fi sica da idromorfone, poiché il rapido

antagonismo di un oppiaceo, idromorfone compreso, può far precipitare i sintomi da astinenza.

5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1 Proprietà farmacodinamiche. Categoria

farmacoterapeutica: analgesici; alcaloidi naturali dell’oppio, codice ATC: N02AA03. L’idromorfone

è un derivato semisintetico della morfi na. Analogamente agli altri oppiacei, l’idromorfone esercita

i suoi effetti farmacologici principali sul SNC e sulla muscolatura liscia. Tali effetti sono espressi e

modulati dal legame con specifi ci recettori per gli oppiacei. L’idromorfone è principalmente un

agonista dei recettori μ, con una debole affi nità per i recettori κ. L’analgesia si verifi ca come

conseguenza del legame dell’idromorfone ai recettori μ del SNC. Benché le stime varino (da 2 a

10 volte), sembra che l’idromorfone assunto per via orale sia circa 5 volte più potente (in peso)

della morfi na e abbia una durata d’azione inferiore. La depressione respiratoria insorge

principalmente per azione diretta sui centri di controllo cerebrali della respirazione. Gli oppiacei

possono provocare nausea e vomito, a causa della stimolazione diretta dei chemiorecettori per

l’emesi, nella regione posteriore del midollo. 5.2 Proprietà farmacocinetiche. Dopo una singola

somministrazione orale di JURNISTA compresse a rilascio prolungato, le concentrazioni

plasmatiche aumentano gradatamente in 6-8 ore e successivamente rimangono costanti per

approssimativamente 18-24 ore; i valori medi di Tmax

sono stati approssimativamente tra 13 e 16

ore. Ciò dimostra che, come desiderato, l’idromorfone viene rilasciato in modo costante dalla

formulazione del farmaco, con un assorbimento continuato attraverso tutto il tratto intestinale per

circa 24 ore, compatibile con la monosomministrazione giornaliera. La biodisponibilità media

assoluta dell’idromorfone dopo una singola dose di 8, 16 o 32 mg di JURNISTA è compresa fra

il 22% e il 26%. Le concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario sono approssimativamente

il doppio rispetto a quelle osservate dopo la somministrazione della prima dose, e lo stato

stazionario è raggiunto alla terza dose di JURNISTA. Non sono state osservate variazioni della

farmacocinetica tempo-dipendenti con somministrazione di dosi multiple. Allo stato stazionario

JURNISTA, somministrato una volta al giorno, ha mantenuto le concentrazioni plasmatiche di

idromorfone entro lo stesso intervallo di concentrazione di una compressa a rilascio immediato

somministrata 4 volte al giorno alla stessa dose giornaliera complessiva e ha diminuito le

fl uttuazioni periodiche delle concentrazioni plasmatiche delle compresse a rilascio immediato. Il

grado di fl uttuazioni nelle concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario durante un periodo di

24 ore, è stato inferiore con JURNISTA (83%) in confronto con le fl uttuazioni totali delle compresse

a rilascio immediato (147%). Allo stato stazionario, l’AUC dell’idromorfone contenuto in JURNISTA

è equivalente a quella osservata per le compresse a rilascio immediato. Il legame alle proteine

plasmatiche è basso (< 30%). La glucoronidazione è il percorso metabolico principale e il

metabolita primario è l’idromorfone-3-glucoronide, che ha un tempo di rilascio nel plasma

analogo a quello dell’idromorfone. Diversamente da quanto accade per la morfi na, non viene

prodotto il 6-glucoronide. Per la compressa a rilascio controllato è stata dimostrata una

farmacocinetica lineare nell’intervallo di dosaggio 4-64 mg, con un aumento proporzionale della

dose nelle concentrazioni plasmatiche (Cmax

) e della concentrazione complessiva (AUC). L’effetto

esercitato dall’età sul profi lo farmacocinetico dopo singola dose dell’idromorfone a rilascio

immediato mostra una riduzione del 14% della Cmax

e un modesto aumento (11%) dell’AUC nei

pazienti anziani, rispetto a quelli giovani. Non è stata riscontrata alcuna differenza del Tmax

. Non

può essere esclusa una maggiore sensibilità dei soggetti anziani. In generale, la selezione della

dose per un paziente anziano deve essere fatta con cautela, iniziando solitamente dal livello più

basso dell’intervallo di dosi, in quanto in questa popolazione di pazienti possono manifestarsi con

frequenza maggiore una diminuzione della funzionalità epatica, renale o cardiaca, patologie

concomitanti o l’uso di altri farmaci. Le concentrazioni plasmatiche e i parametri farmacocinetici

dell’idromorfone dopo la somministrazione di JURNISTA sono comparabili in soggetti maschi e

femmine. Negli studi che hanno impiegato somministrazioni orali singole di compresse

convenzionali (a rilascio immediato), la compromissione epatica ha ridotto il metabolismo di primo

passaggio dell’idromorfone, comportando un aumento dei livelli plasmatici di idromorfone quattro

volte superiori nei soggetti con disfunzione epatica di grado moderato. La compromissione renale

ha inciso sul profi lo farmacocinetico dell’idromorfone e dei suoi metaboliti, l’idromorfone-3-

glucoronide e il 3-solfato. Gli effetti della compromissione renale sulla farmacocinetica

dell’idromorfone erano rappresentati da incrementi di due e quattro volte della biodisponibilità

dell’idromorfone, rispettivamente con compromissione di grado moderato e grave. Sono stati

osservati anche cambiamenti sostanziali della cinetica di eliminazione dell’idromorfone-3-

glucoronide, nel gruppo con compromissione grave, anche se l’emodialisi è stata effi cace nel

ridurre i livelli plasmatici sia dell’idromorfone che dei suoi metaboliti. Per le raccomandazioni sulle

dosi fare riferimento al paragrafo 4.2. In uno studio in cui è stato confrontato l’assorbimento

dell’idromorfone dopo somministrazione di JURNISTA in associazione con 240 ml di alcool al 4,

20 e 40%, la Cmax

è aumentata mediamente del 17, 31 e 28% rispettivamente in condizioni di

digiuno mentre tale assorbimento è stato meno condizionato dopo il pasto con aumenti

rispettivamente del 14, 14 e 10%. Il Tmax

medio (a stomaco pieno e a digiuno) dopo assunzione

di alcool al 4, 20 e 40% è stato di 12-16 ore e con lo 0% di alcool è stato di 16 ore. Non si sono

visti effetti sui valori dell’AUC in entrambi i casi a digiuno e dopo il pasto. Grazie alla tecnologia

OROS delle compresse di JURNISTA, le proprietà di rilascio prolungato sono mantenute in

presenza di alcool. Per le interazioni farmacodinamiche vedere paragrafo 4.4. 5.3 Dati preclinici di sicurezza. I dati non clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi

convenzionali di farmacologia per la sicurezza, tossicità a dosi ripetute, genotossicità e fertilità. Nei

ratti è stata osservata una lieve ma signifi cativa riduzione nell’impianto ad una dose di

6,25 mg/kg/die, una dose che produce tossicità nella madre durante il periodo dell’accoppiamento.

L’esposizione plasmatica (AUC) all’idromorfone a questo dosaggio è stata di 135 ng/ora/ml,

fornendo un fattore di sicurezza 1,5 volte superiore rispetto all’esposizione nell’uomo (AUC)

basato sulla dose media giornaliera. La vitalità e la sopravvivenza neonatale si sono ridotte nei ratti

in pre-svezzamento, alla dose orale giornaliera per la madre di 6,25 mg/kg. Quest’ultimo sembra

essere un effetto di classe degli analgesici oppiacei. Non sono stati eseguiti studi di carcinogenesi

a lungo termine. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1 Elenco degli eccipienti. Nucleo

della compressa rivestita: polietilene ossido 200K, povidone K29-32, magnesio stearato, ferro

ossido giallo E172 (solo per le compresse da 4 e 32 mg), butilidrossitoluene E321, polietilene

ossido 2000K, sodio cloruro, ipromellosa, ferro ossido nero E172, lattosio anidro, cellulosa

acetato, macrogol 3350. Rivestimento colorato: 8 mg, 16 mg, 32 mg e 64 mg: lattosio

monoidrato, ipromellosa, titanio diossido E171, glicerolo triacetato, ferro ossido rosso E172

(8 mg)/ferro ossido giallo E172 (16 mg). 4 mg: ipromellosa, titanio diossido E171, macrogol 400,

ferro ossido giallo E172, ferro ossido rosso E172 e ferro ossido nero. Rivestimento trasparente:

ipromellosa, macrogol 400. Inchiostro di stampa: ferro ossido nero E172, glicole propilenico,

ipromellosa. 6.2 Incompatibilità. Non pertinente. 6.3 Periodo di validità. 2 anni.

6.4 Precauzioni particolari per la conservazione. Non conservare a temperatura superiore a

25 °C. 6.5 Natura e contenuto del contenitore. Blister di PVC/Aclar con pellicola di alluminio.

Confezioni da 7, 10, 14, 20, 28, 30, 35, 40, 50, 56, 60, 100 compresse. È

possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento. Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. JANSSEN-CILAG SpA - Via M. Buonarroti, 23 - 20093

COLOGNO MONZESE (MI) - Italia. 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. JURNISTA® 4 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.

037396518/M. JURNISTA® 4 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.

037396532/M. JURNISTA® 8 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.

037396037/M. JURNISTA® 8 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.

037396052/M. JURNISTA® 16 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.

037396153/M. JURNISTA® 16 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.

037396177/M. JURNISTA® 32 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.

037396278/M. JURNISTA® 32 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.

037396292/M. JURNISTA® 64 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.

037396393/M. JURNISTA® 64 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.

037396417/M. 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. 23 Luglio 2007. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. 03/2009.

PREZZO AL PUBBLICO:• Jurnista 4 mg (14 cpr) 15,64 €* - SSN, Classe A**

• Jurnista 8 mg (14 cpr) 31,28 €* - SSN, Classe A**

• Jurnista 16 mg (14 cpr) 53,17 €* - SSN, Classe A**

• Jurnista 32 mg (14 cpr) 90,51 €* - SSN, Classe A**

• Jurnista 64 mg(14 cpr) 154,73 €*- SSN, classe A **

* Sono fatte salve eventuali riduzioni e/o modifi che imposte dall’Autorità Sanitaria competente.** Medicinale soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta. Tabella II,

sezione D del testo unico di cui al D.P.R. 309/90 e successivi aggiornamenti.

Janssen-Cilag SpA

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