Polipo anno VII - numero I

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Direttore Franceso Turati | Codirettori Virgilio Ferroni, Bruno Carvelli | Progetto grafico Marco Saporiti, Lorenzo Piazzoli, Lucia Cosma, Marta Mandile | Redattori Davide Settoni, Tommaso Colombo, Andrea Montanaro, Marco Pecoraro, Davide Isgro, Federico Codazzi, Marco Bertaggia, Simone Ripanti, Pietro Brazzale, Giulia Tosi, Annalisa Brambilla, Chiara Montanari, Marco Saporiti, Leonardo Poma, Elena Traversa, Saul Bosatelli, Pietro Giacchetti | Ringraziamenti Claudio Signorelli, Francesco Altieri, Lucilla Perugini, Carlo Citterio, Livia Tosi, Paolo Piccinini. tentacoli di giudizio G uardando la situazione odierna del nostro paese, uno potrebbe essere deluso e disinteressato anche da quello che accade al Poli. Ma allora come ci provocano le prossime elezioni interne studentesche? Ci interessano? Cosa ci spinge tutti i giorni ad andare nel luogo in cui ci formiamo? E’ forse la possibilità di avere un lavoro più o meno bello? Forse la promessa di iniziare a vivere quando saremo laureati? Queste due ipotesi di risposta non ci bastano. Infatti per cinque anni (se va bene!), per cinque giorni alla settimana, lo studio occupa gran parte della nostra giornata e viverlo come un incidente di percorso sarebbe alienante. Volenti o nolenti non possiamo fare a meno di cercare un senso nelle cose che facciamo, un senso che non può essere rimandato a “quando sarò laureato…”, ma che deve passare attraverso l’impegno quotidiano: lo studio, le lezioni, giocando i nostri interessi. Per questo guardiamo WORK IN PROGRESS Pag. 4-5 E PO(L)I? Pag. 6-8 AD USUM FABRICAE Pag. 11 Interviste Mostra sul Duomo Lista Aperta con interesse l’occasione delle prossime elezioni per la rappresentanza nei vari organi dell’Ateneo, che saranno l’inizio di un lavoro interessante per tutto il Politecnico nei prossimi due anni (pag 4-5). Ma non solo. Per comprendere meglio le nostre competenze e la professione dell’ingegnere, abbiamo intervistato alcuni amici da poco inseritisi nel mondo del lavoro (pag 6-7) e raccolto il meglio di alcuni viaggi didattici (pag 9). Racconti ed esperienze interessanti che hanno il sapore di un piccolo pezzo di strada percorso insieme cercando di gustare meglio la nostra vita e di capirla più a fondo; altro esempio concreto sono le mostre proposte da studenti del Politecnico (pag 10-11). Vivendo le giornate lasciandoci incuriosire e provocare da quello che vediamo accadere intorno a noi, stiamo sperimentando un modo più interessante e pieno di vivere l’università: è quanto vi vogliamo raccontare. Buona lettura. NUMERO Anno VII Aprile 2013

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polipo aprile 2013

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Direttore Franceso Turati | Codirettori Virgilio Ferroni, Bruno Carvelli | Progetto grafico Marco Saporiti, Lorenzo Piazzoli, Lucia Cosma,

Marta Mandile | Redattori Davide Settoni, Tommaso Colombo, Andrea Montanaro, Marco Pecoraro, Davide Isgro, Federico Codazzi, Marco

Bertaggia, Simone Ripanti, Pietro Brazzale, Giulia Tosi, Annalisa Brambilla, Chiara Montanari, Marco Saporiti, Leonardo Poma, Elena Traversa,

Saul Bosatelli, Pietro Giacchetti | Ringraziamenti Claudio Signorelli, Francesco Altieri, Lucilla Perugini, Carlo Citterio, Livia Tosi, Paolo Piccinini.

tentacoli di giudizio

Guardando la situazione odierna del nostro paese, uno

potrebbe essere deluso e disinteressato anche da quello che accade al Poli. Ma allora come ci provocano le prossime elezioni interne studentesche? Ci interessano? Cosa ci spinge tutti i giorni ad andare nel luogo in cui ci formiamo? E’ forse la possibilità di avere un lavoro più o meno bello? Forse la promessa di iniziare a vivere quando saremo laureati? Queste due ipotesi di risposta non ci bastano. Infatti per cinque anni (se va bene!), per cinque giorni alla settimana, lo studio occupa gran parte

della nostra giornata e viverlo come un incidente di percorso sarebbe alienante. Volenti o nolenti non possiamo fare a meno di cercare un senso nelle cose che facciamo, un senso che non può essere rimandato a “quando sarò laureato…”, ma che deve passare attraverso l’impegno quotidiano: lo studio, le lezioni, giocando i nostri interessi. Per questo guardiamo

WORK IN PROGRESS

Pag. 4-5E PO(L)I?Pag. 6-8

AD USUM FABRICAE

Pag. 11

Interviste Mostra sul DuomoLista Aperta

con interesse l’occasione delle prossime elezioni per la rappresentanza nei vari organi dell’Ateneo, che saranno l’inizio di un lavoro interessante per tutto il Politecnico nei prossimi due anni (pag 4-5). Ma non solo. Per comprendere meglio le nostre competenze e la professione dell’ingegnere, abbiamo intervistato alcuni amici da poco inseritisi nel mondo del lavoro

(pag 6-7) e raccolto il meglio di alcuni viaggi didattici (pag 9). Racconti ed esperienze interessanti che hanno il sapore di un piccolo pezzo di strada percorso insieme cercando di gustare meglio la nostra vita e di capirla più a fondo; altro esempio concreto sono le mostre proposte da studenti del Politecnico (pag 10-11).Vivendo le giornate lasciandoci incuriosire e provocare da quello che vediamo accadere intorno a noi, stiamo sperimentando un modo più interessante e pieno di vivere l’università: è quanto vi vogliamo raccontare.

Buona lettura.

NUMEROAnno VIIAprile 2013

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2 // Aprile 2013 • Anno VII POLIPO tentacoli di giudizio

Il Consiglio di riferimento è un or-gano di indirizzo, programmazio-ne e gestione del Polo. Esso defini-sce il Piano di sviluppo da sottoporre all’approvazione del Consiglio di am-ministrazione, previo parere del Se-nato accademico; elabora le richie-ste di risorse finanziarie, di spazi e di personale; destina, in coerenza con il Piano di sviluppo, le risorse finan-ziarie attribuite al Polo; cura l’orien-tamento degli studenti, la promozio-ne, la logistica e la gestione dei Corsi di studio attivi nel Polo in accordo con le Scuole; collabora con i Diparti-menti per facilitare e potenziare l’at-tività di ricerca; promuove e sviluppa attività di trasferimento tecnologico, anche in collaborazione con soggetti e forze produttive del territorio.

Il Consiglio di Corso di Studio (CCS) è l’organo in seno a ogni Corso di Stu-dio che ha la responsabilità didatti-ca relativamente agli insegnamenti erogati e ne definisce obiettivi di-dattici e formativi. Tra i suoi com-piti vi sono quello di approvare i programmi degli insegnamenti, ap-provare i piani individuali degli stu-di e svolgere tutte le pratiche relative alla carriera degli studenti e delibera-re, nell’ambito delle regole e principi stabiliti dalla Scuola di appartenenza sulle pratiche di propria pertinenza.

Le Commissioni Paritetiche sono organi istituiti presso ogni Scuola del Politecnico. Queste Commissioni hanno il compito di giudicare l’an-damento e la qualità della didatti-ca della Scuola vigilando sull’efficien-za delle strutture formative e delle scelte operate, eventualmente effet-tuando proposte per il loro migliora-mento. Le Commissioni Paritetiche redigono periodicamente una rela-zione sulla didattica che viene poi trasmessa al alla Giunta di Scuola ed al Nucleo di valutazione.

Fanno parte dei CCS tutti i titolari de-gli insegnamenti ufficiali dei Corsi di studio e una rappresentanza eletta degli studenti (carica di due anni); la composizione del CCS viene ag-giornata ogni anno dal Preside.

Sono composte pariteticamente da rappresentanti degli studenti e dei professori in un numero complessi-vo di 10 membri. I docenti che vi fan-no parte sono nominati dal Preside della Scuola su proposta della Giun-ta di Scuola; mentre gli studenti so-no eletti tramite votazione. Uno studente.ELE.

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CONSIGLI DI RIFERIMENTO DEI POLI TERRITORIALI

CNSUCONSIGLIO NAZIONALE DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI

Organo di carattere consultivo, ha il compito di formulare proposte al Ministro dell’istruzione su diversi te-mi ad esempio: i progetti di riordi-no del sistema universitario predi-sposti dal Ministro, i criteri generali per la disciplina degli or dinamenti didattici dei corsi di studio, le mo-dalità e gli strumenti per l’orienta-mento la mobilità degli studenti. Formula proposte sui criteri per l’as-segnazione e l’utilizzazione del fon-do di finanziamento ordinario e sulla quota di riequilibrio delle università. Può formulare proposte ed essere sentito dal Ministro su ogni materia di interesse generale per l’univer-sità. Inoltre presenta al Ministro, en-tro un anno dall’insediamento, una relazione sulla condizione studente-sca nell’ambito del sistema universi-tario.

Il CNSU è composto da 30 membri, 28 di essi sono iscritti ai corsi di lau-rea e laurea specialistica, uno ai corsi di specializzazione ed uno ai corsi di dottorato di ricerca.

I componenti sono nominati con de-creto del Ministro, durano in carica tre anni.

SENATO ACCADEMICO

E’ l’organo che indirizza e program-ma lo sviluppo dell’Ateneo, con par-ticolare riguardo alla didattica e alla ricerca vigilando sul funzionamento complessivo dell’istituzione.

Esso è presieduto dal Rettore del Poli (il prof. Giovanni Azzone) ed è com-posto da 17 professori, tra i quali vi sono i direttori dei diversi diparti-menti, da 2 rappresentanti eletti dal personale tecnico-amministrativo e da 4 rappresentanti degli studenti.

I membri che vengono eletti riman-gono in carica per un tempo massi-mo di quattro anni. Gli studenti inve-ce restano in carica solo per due.

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

Il Consiglio di Amministrazione è l’organo che, operando in coeren-za con le scelte programmatiche e i criteri di utilizzazione delle risorse stabiliti dal Senato Accademico, ha funzioni normative, di indirizzo e di controllo della gestione ammini-strativa, economica e patrimoniale dell’Ateneo.

Quest’organo è presieduto dal Retto-re del Poli ed è formato da 4 mem-bri eletti dal personale docente, un membro eletto dal personale tec-nico-amministrativo, 3 componen-ti esterni e due rappresentanti degli studenti (in carica anch’essai per due anni). Vi è poi il Direttore Generale, con funzioni di Segretario e senza di-ritto di voto.

COMMISSIONI PARITETICHE

CONSIGLI DI CORSO DI STUDIO

LEGENDA:FUNZIONI DELL’ORGANO

COMPOSIZIONEDELL’ORGANO

DURATA DELLA CARICA

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Aprile 2013 • AnnoVII // 3POLIPO tentacoli di giudizio

85%RAPPRESENTANTI

DOCENTI

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2 RAPPRESENTANTIDEL PERSONALETECNICO

4RAPPRESENTANTIDEI DOCENTI

4RAPPRESENTANTIDEI DOCENTI

3COMPONENTIESTERNI

2RAPPRESENTANTIDEGLI STUDENTI

50%RAPPRESENTANTISTUDENTI

50%RAPPRESENTANTIDOCENTI

15% 15%RAPPRESENTANTI

STUDENTI

4RAPPRESENTANTIDEGLI STUDENTI

28RAPPRESENTANTI

DEGLI STUDENTI

1 RETTOREPRO-TEMPOREPRESIDENTE

1

RAPPRESENTANTE DEIDOTTORANDI

1

RAPPRESENTANTE DEGLI SPECIALIZZANDI

1 RETTOREPRO-TEMPOREPRESIDENTE

1RAPPRESENTANTE

DEGLI STUDENTI

ALTRIMEMBRI

DOCENTI DIRETTORI DI DIPARTIMENTO

CANDIDATURA DI LISTA

CANDIDATURA NOMINALE

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4 // Aprile 2013 • Anno VII POLIPO tentacoli di giudizio

WORK_IN_PROGRESS#BORSEDISTUDIODIRITTO ALLO STUDIO:La nostra priorità è che gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, possano scegliere liberamente di venire al Politecnico e che vengano messi nelle condizioni di poter studiare al meglio. In questi ul-timi due anni, in cui la crisi si è fatta sentire per tutti, abbiamo lavorato con tutti i rappresentanti degli studenti affinché al Poli tutti gli studen-ti idonei ricevessero la borsa per il Diritto allo Studio!Abbiamo anche proposto e ottenuto che i buoni pasto per gli studenti borsisti potessero essere spesi lungo l’arco dell’intera giornata, non so-lo a cavallo del pranzo.Questo lavoro è proseguito anche a livello regionale, dove con il nostro rappresentante nel Comitato Regionale per il Diritto allo Studio abbia-mo ottenuto che venissero premiate con maggiori finanziamenti quelle università che investono fondi propri per pagare le borse di studio (co-me avviene al Politecnico).Lo stesso obiettivo ci ha portato anche a Roma a lavorare su due fronti: da un lato partecipando alla scrittura della riforma del diritto allo stu-dio, d’altro canto vigilando affinchè il Governo e il Parlamento destinas-sero al diritto allo studio i finanziamenti opportuni.

BORSE PER IL MERITO:Abbiamo lavorato per premiare il merito!Le borse del “diritto allo studio” non sono sufficienti e la crisi si fa sentire. Così abbiamo sollecitato il Politecnico affinchè si mettesse in campo una vera e propria operazione di fund-raising da azien-de e ex-studenti per sostenere i più meritevoli. Le borse di studio da privati non sono certo una novità assoluta, ma è necessario che il sostegno degli studenti meritevoli diventi una priorità strategica per la nostra università. I primi risultati si sono visti, con l’ammon-tare di borse di studio esterne quasi raddoppiato nel 2011.

DETASSAZIONE BORSE DI STUDIO:Dopo aver ottenuto che alcune aziende investissero sugli studenti tra-mite borse di studio ci siamo accorti che tali borse vengono tassate! Le borse di studio, eccetto quelle strettamente “statali” , sono considera-te reddito da lavoro dipendente. Così le università devono versare l’I-RAP sulle borse erogate, gli studenti devono pagare l’IRPEF, le famiglie, se il reddito complessivo del figlio supera i 2.840,51€, non possono più considerarlo persona a carico, vedendosi oltretutto salire la fascia ISEE degli altri figli. Per quanto riguarda chi “dona”, le imprese possono de-durre somme non oltre il 2% del reddito imponibile. Nei mesi passati abbiamo portato il problema al CNSU, che all’unanimità ha approva-to una proposta avanzata dal gruppo cui apparteniamo (Lista Aperta - Obiettivo Studenti). In seguito abbiamo portato la proposta all’attenzio-ne del Presidente Napolitano, del Ministro Profumo e di alcuni senatori, grazie ai quali è stata introdotta nell’ultima Legge di Stabilità una age-volazione fiscale per chi dona borse di studio agli studenti universita-ri, finanziata per 1 milione di euro nel 2013 e ben 10 milioni per il 2014.

ESONERO DALLE TASSE PER GLI STUDENTI DISAGIATI DAL TERREMOTO IN EMILIA:A seguito del terremoto in Emilia-Romagna, abbiamo chiesto e ottenu-to dal CdA del Politecnico l’esonero completo dal pagamento delle tas-se per questo anno accademico, oltre all’inserimento nel bando 150 ore in via privilegiata.Lottiamo perché studiare al Poli sia possibile davvero per tutti!

PORTALE DELLE OPPORTUNITA’:Abbiamo chiesto e ottenuto, d’accordo con gli altri rappresentanti de-gli studenti, che l’Ateneo si impegnasse a organizzare una pagina conte-nente tutte le info sulle borse di studio e le possibilità per gli studenti: il cosiddetto “Portale delle Opportunità” disponibile al seguente link: http://www.polimi.it/studenti/sostieni-i-tuoi-studi/

FONDO MERITO:Lavorando insieme agli altri rappresentanti, abbiamo chiesto e ottenuto all’incirca il raddoppio dei fondi per BORSE per TESI ALL’ESTERO e BORSE ALLOGGIO per STUDENTI FUORI SEDE, oltre ad aver integra-to circa 1200 mensilità Erasmus (per 200 euro a mensilità) reindirizzan-do fondi non utilizzati per il progetto merito.Inoltre è partito il PROGETTO SPORTELLO, che consisterà a regime

in circa 200.000€ a semestre destinati ad attività integrative che il Poli non eroga a cui studenti meritevoli potranno far richiesta. (Es: corsi di lingua, software)

#DIDATTICA5 APPELLO:Abbiamo chiesto e ottenuto che si introducesse per gli studenti del 2° e 3°anno della laurea triennale una seconda data di appelli a settembre per ogni esame per venire incontro all’esigenza di avere più tempo per studiare gli esami e far realmente proprie le conoscenze che ogni inse-gnamento dovrebbe generare in ogni studente. Lavoreremo per garan-tire questo anche agli studenti del primo anno, ma è una delle più stori-che conquiste mai ottenute!

INTERDISCIPLINARIETÀ: Siamo intervenuti alla conferenza d’ateneo di Maggio 2011 convocata dal Rettore per raccogliere idee e proposte per il proprio mandato. A seguito del nostro intervento è nata una commissione ad hoc a cui ha partecipato il nostro rappresentante Stefano Sala. I principali risutati, approvati dal Senato: ERASMUS INTERNI, PASSAGGI DI CORSO FACILI-TATI (es: 30 crediti di Ingegneria del vento alla specialistica di Ing. Ci-vile – Strutture)

INTERNAZIONALIZZAZIONE:Come sapete, il Senato Accademico del Politenico ha stabilito che a partire dal 2014/2015 tutti i corsi di laurea magistrale verranno erogati esclusivamente in lingua inglese. I nostri rappresentanti hanno votato a favore, tuttavia ci rendiamo conto che il tema è delicato e comples-so. Per capirci di più, abbiamo effettuato un sondaggio in tutto l’ate-neo coinvolgendo oltre 8500 studenti circa il passaggio all’inglese di tutti i corsi di laurea specialistica. Qui di seguito i principali risul-tati emersi, puntualmente presentati in Senato Accademico:

PUNTI DI FORZA DELLA SCELTA: _ Politecnico è ragionevole ambisca a competere su scala mon diale e non solo nazionale _ Per noi studenti è evidente la necessità di essere inseriti in un contesto internazionale _ Maggior visibilità e attrattività dell’ateneo sia lato studenti, sia docentiREQUISITI D’ACCETTABILITA’ DELLA PROPOSTA: _ Adeguata preparazione all’inglese della docenza. _ Adeguata preparazione degli studenti a seguire un corso in inglese. _ Garanzia che un corso senza studenti stranieri si terrà in italiano. _ Garanzia che corsi particolarmente significativi restino in Italiano per l’affinità dei temi trattati con la nostra lingua (es: Storia dell’Arte).

TECNOLOGIE PER LA DIDATTICA: _ Abbiamo lavorato allo sviluppo del nuovo Applicativo per la presentazione del piano di studi: più flessibile, funzionale e agevole per gli studenti anche nella compilazione di un piano di studi autonomo! _ Abbiamo partecipato al tavolo di lavoro per lo sviluppo nell’uso della tecnologia della didattica portando significativi miglioramenti e lavorando allo sviluppo della nuova piattaforma Beep: si tratta certamente di un passo avanti, ma ancora molto resta da fare! Il lavoro della commissione sta continuando tuttora, se hai suggerimenti scrivici.

VALUTAZIONE DELLA DIDATTICA: _ ACCESSO AI DATI: a partire dalla redazione del nuovo statu to del Politecnico, adottato a seguito della riforma Gelmini, abbiamo ot-tenuto che il Poli sia la prima università in Italia in cui i rappresentanti degli studenti hanno diritto ad avere accesso a un insieme di dati per valutare la qualità della didattica, compresi gli esiti dei questionari sot-toposti agli studenti. Abbiamo proposto l’adozione del set di dati e indi-catori con cui i rappresentanti dei CCS e delle commissioni paritetiche potranno lavorare da Giugno. Finalmente i rappresentanti degli studen-

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ti saranno messi nelle migliori condizioni per svolgere il proprio lavoro, non solo a partire dalle vostre impressioni e segnalazioni (che sono fon-damentali) ma anche da dati certi e confrontabili nel tempo.

#CALENDARIOACCADEMICOEcco cosa abbiamo chiesto e ottenuto per rendere il calendario accade-mico a misura di noi studenti: _ Più tempo per consegnar la tesi in seguito alla riduzione delle tempistiche di segreteria! _ Più tempo per far gli esami nel semestre di laurea per la Triennale! _ Ampliato la settimana di sospensione della didattica per lo studio dei compitini, sfruttando il ponte dell’1 Maggio.

SPOSTAMENTO APPELLI D’ESAME DEL 25 FEBBRAIO 2013:Abbiamo così garantito, insieme alla richiesta congiunta di tutti i rap-presentanti, a tutti gli studenti di poter votare alle elezioni nazionali senza dover rischiare di compromettere il risultato di un esame a chi fosse fuori sede. Tale decisione aveva però fatto sì che per alcuni stu-denti la nuova data dell’esame coincidesse con la laurea triennale. Così abbiamo chiesto e ottenuto che tali esami venissero ulteriormente po-sticipati per garantire a tutti di potersi agevolmente laureare e sostene-re poi l’esame!

#CARTADIRITTIEDOVERISTUDENTIAbbiamo lavorato alla scrittura della carta dei diritti e dei doveri degli studenti introducendo anche la figura del Garante degli studenti (Prof. Broglio) a cui chiunque può rivolgersi in caso di necessità

#RIASSETTOSCUOLEAbbiamo collaborato con l’Ateneo nell’organizzazione delle nuove Scuo-le. Esistono ora 6 scuole invece che 9: sono state accorpate le vecchie scuole di ingegneria industriale, ingegneria dei sistemi, ingegneria dei processi industriali e ingegneria dell’informazione in un’unica grande scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione. In questo modo, avendo le scuole obiettivi comuni, bisognerà lavorare perché risulti più agevole per uno studente inserire un esame della scuola o effettuare un

passaggio di corso senza ricevere debiti!

#SPAZISTUDENTIAULE BOVISAI nostri rappresentanti in Senato Accademico hanno approfondito le ra-gioni dei forti disguidi legati al sovraffollamento delle aule del Politec-nico. Il problema sorge perchè la politica con cui sono pensate le aule è diversa da quella con cui vengono dimensionati gli scaglioni! Ad esem-pio, le nuove aule del Campus Bovisa sono pensate per scaglioni di 150 studenti alla triennale e di soli 80 nei corsi di laurea magistrale! Abbia-mo presentato una relazione ai membri del Senato, mostrando queste (gravi) criticità. Finalmente si è cominciato a lavorare seriamente per trovare una soluzione alla problematica: il Senato dovrà arrivare a una soluzione entro settembre.

AULE STUDIO BOVISASu nostra richiesta è stata finalmente aperta una grossa aula studio in Bovisa sotto la mensa e ogni sabato è aperta almeno un’aula del Grande Capannone per permettere agli studenti che vogliono studiare in uni-versità di poterlo fare!

LA BIBLIOTECA DEL DIP. CHIMICA Abbiamo chiesto e ottenuto l’ampliamento dell’orario di apertura por-tandolo dalle 9:00 alle 19:00.

#ACCOGLIENZAMATRICOLEPRETESTCome ogni anno abbiamo aiutato nella preparazione del test d’ingresso del Politecnico centinaia di studenti di Ingegneria e Architettura!

WELCOME ON BOARD: BENVENUTO ALLE MATRICOLE!Ogni inizio anno accademico, in ognuna delle 4 sedi principali, abbia-mo organizzato banchetti di accoglienza per le nuove matricole in mo-do da potergli essere d’aiuto nei primi giorni in università mostrando-gli progetti di lavori svolti da noi e rispondendo a qualsiasi domanda o esigenza avessero.

GRUPPI DI STUDIO ANALISI 1In questi due anni, come già da tempo del resto, ci siamo impegnati nell’aiuto allo studio di Analisi 1 per gli studenti del primo anno, orga-nizzando incontri gratuiti di ripresa delle lezioni e esercitazioni in pre-parazione all’esame!

#ASPIRANTIINSEGNANTITFA: Con i nostri rappresenanti al CNSU abbiamo lavorato per evitare che, sotto la spinta dei sindacati, venisse negata ogni possibilità di insegna-re ai giovani neolaureati. Infatti il decreto proposto per avviare i nuo-vi percorsi per l’abilitazione all’insegnamento (TFA: Tirocini Formati-vi Attivi)sarebbero stati riservati a un ridottissimo numero di giovani. Insegnare sarebbe stato un miraggio, secondo stime ottimistiche, per i prossimi sette anni. Non trovando ascolto nelle istituzioni, siamo sta-ti tra i primi sostenitori di www.appellogiovani.it, convinti che l’Italia non possa rimanere un paese per vecchi, ricevendo il sostegno di mol-te personalità di rilievo del mondo dell’istruzione e non solo. Le nostre due proposte fondamentali: _ Sganciare abilitazione da reclutamento. _ Rendere disponibile per le lauree magistrali e le abilitazioni all’insegnamento un n°di posti che garantisca l’effettivo ricambio generazionale, salvaguardando al tempo stesso le giuste aspirazioni dei giovani laureati e i diritti ac quisiti di chi si trova da anni nelle graduatorie ad esaurimento.Il lavoro è poi proseguito anche al Poli, garantendo che venissero at-tivati i TFA per l’abilitazione all’insegnamento anche nella nostra uni-versità.

#RESIDENZEGrazie alle numerose segnalazioni ricevute abbiamo chiesto e ottenu-to un significativo potenziamento della rete wireless e un aumento del-la velocità di connessione al Campus Martinitt. Ci siamo impegnati per ottenere una riqualificazione e ammodernamento di tutte le residenze dell’ateneo, in particolare della Casa dello Studente, e di consentire un adeguato utilizzo degli spazi disponibili per lo studio e il tempo libero.

#ERASMUSAbbiamo partecipato ai lavori della Commissione Erasmus istituita su richiesta degli studenti per affrontare e risolvere i numerosi problemi legati alle esperienze di studio all’estero. Le principali decisioni prese dalla commissione sono le seguenti: _ Ciascuna Scuola è ora obbligata a nominare una propria commissione di Mobilità Internazionale che si occupi di pro grammare, approvare, monitorare e uniformare i criteri di partecipazione ai programmi di mobilità _ I voti conseguiti all’estero saranno considerati ai fini del cal colo della media, con modalità da deifinire. _ I CCS sono invitati a predisporre dei piani di studio standard per ciascuna sede da proporre agli studenti, garan tendone a priori il riconoscimento, per agevolare la scelta delle sedi da parte di noi studenti.

In questa pagina abbiamo cercato di raccogliere i principali esiti del lavoro degli ultimi anni da parte di tutti i rappresentanti di Lista Aperta, a Roma (CNSU), in Senato Accademico, nelle commissioni paritetiche di scuola, si-no nei singoli consigli di corso di studio. Siamo proprio noi rappresentanti ad essere grati della possibilità che abbiamo avuto di contribuire a miglio-rare l’università dove studiamo e spendiamo alcuni tra i migliori anni della nostra vita. Ciò per cui ci muoviamo è la passione per quel che studiamo e il desiderio di poter contribuire al bene comune. Se questo è stato possi-bile, dobbiamo ringraziare chi a suo tempo ci ha votato, e chi di voi ci ha segnalato problemi o suggerito soluzioni e proposte. Questi anni dimostra-no che se a noi studenti interessa, è possibile cambiare l’università in cui siamo. Provare per credere, aspettiamo vostri contributi.

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“A cosa mi servirà studiare questo esame?”

Spesso ci poniamo questa domanda davanti alla fati-ca dello studio ma a volte evitiamo di rispondere ac-

contentandoci di superare l’esame con il minimo sforzo e possibil-mente il massimo risultato. Que-sto evidentemente non basta e ci è sembrato interessante confrontar-ci con le esperienze di alcuni gio-vani ex-studenti del Politecnico, chiedendogli di raccontare in cosa consiste il loro lavoro.

A cura della Redazione

Finito il Politecnico con una laurea in ingegneria civile strutturale nel Dicembre 2010, mi sono trovato in

un mercato lavorativo molto osti-le verso i giovani e profondamen-

te ingessato. La crisi che stiamo passando ha completamente bloc-cato infrastrutture, edilizia, gran-di progetti in Italia. Dopo sei mesi di un’interessan-te esperienza in un grosso can-tiere a Milano, ho passato i col-loqui per una mul t inaz iona le dell’oil and gas, che proponeva formazione, cre-scita professio-nale e possibili-tà di esperienze all’estero. Dopo meno di un an-no di formazione e pochi progetti e dopo aver pas-sato l’esame di stato, sono parti-to per l’Africa, in Mozambico, in-serito in un pro-gramma di trai-ning all’interno di un megaproject di sviluppo. Attualmente sono nel-la capitale mozambicana con ruo-lo di project engineer. Professio-nalmente è la possibilità di essere protagonista nella realizzazione di

un grande progetto. Per il partico-lare momento di stallo del setto-re edilizio in cui il nostro paese si trova, l’esperienza estera è spes-

so obbligata per questo tipo di attività. Il ruolo che ricopro non è tecnico, ma più di management e coordinamento. La passione per le costruzioni e i grandi progetti, così come il me-todo ingegneri-stico di approc-cio ai problemi insegnatomi in università, so-no le peculiari-tà che la società in cui lavoro ri-cercava in profi-li come il mio e sono le caratte-ristiche proprie con cui mi impe-

gno e mi gioco nella quotidianità professionale. Essendomi staccato dalla tecnica vera e propria, degli anni di università rimane quello che quando si studia si percepisce poco, ma che si apprezza appena

si entra nel mondo del lavoro: il metodo, la forma mentis nell’ap-proccio ai problemi di più vario genere, l’organizzazione del lavo-ro, la capacità di analisi e sintesi. Tutte caratteristiche che di fronte a formule complicate o alle slides indecifrabili di alcuni professori, non sembrano azzeccarci molto. Eppure è il valore aggiunto che la nostra università ha stimolato ed educato. Da non dimenticare poi l’aspetto creativo proprio dell’in-gegneria, che, tramite una cono-scenza a fondo della realtà e delle sue regole e l’utilizzo dell’ingegno cosciente e pragmatico, permette all’uomo di costruire e modifica-re la realtà. Sembrano dinamiche distanti dall’esame da passare, ep-pure il carico di attività didatti-che sotto la guida dei nostri pro-fessori, ha come risultato, per chi lo affronta con fiducia e tenacia, la creazione di un vero ingegne-re. Aver frequentato il Politecni-co di Milano è sicuramente un im-portante biglietto da visita per chi si presenta sul mondo del lavoro, che deve essere accompagnato da un impegno personale, una dedi-zione e una iniziativa che ogni uo-mo appassionato della realtà non può tralasciare.

«La passione per le costruzioni e i grandi progetti, così come il

metodo ingegneristico di approccio ai

problemi insegnatomi in università, sono

le peculiarità che la società in cui lavoro ricercava in profili come il mio e sono le caratteristiche proprie con cui mi

impegno e mi gioco nella quotidianità

professionale.»

Martino, Mozambico.

Il mondo del lavoro visto dai neolaureati del Politecnico

E PO(L)I ?

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Aprile 2013 • AnnoVII // 7POLIPO tentacoli di giudizio

Mi sono laureato in Inge-gneria Chimica nell’ot-tobre 2011. Negli ultimi tre mesi di preparazio-

ne della Tesi è arrivata una propo-sta di tirocinio in Germania pres-so la divisione Ricerca & Sviluppo di un’importante multinazionale dei beni di consumo. Subito do-po la laurea sono stato assunto, ricoprendo il ruolo di Process En-gineer. Non ho mai voluto andare all’estero durante il corso di stu-di: ritenevo che le occasioni non sarebbero mancate dopo. Infatti è stato così. Il mio desiderio è sem-pre stato quello di lavorare per una grande azienda attiva in mol-ti Paesi, in modo da avere la pos-sibilità di vedere e ricoprire ruoli diversi, posti diversi senza mai an-noiarsi, il che è per me una priori-tà sul lavoro. Ci sono in apparenza pochi punti di contatto tra il lavo-ro che svolgo e ciò che ho studiato al Politecnico: i beni di largo con-sumo non sono oggetto dei casi studio universitari, più impronta-ti ad applicazioni “nobili”, come il settore petrolchimico o la produ-zione di energia. Al contrario, la formazione inge-gneristica è stata la mia risorsa più preziosa, se si considera che il mio lavoro si può riassumere così: inventare i processi industriali del futuro, per prodotti che non esi-stono ancora e fare in modo che siano controllabili, riproducibili e scalabili ai volumi di un’azien-da che serve un miliardo di con-sumatori ogni giorno. Nessun li-bro di testo, nessun esempio dalle lezioni passate, solo gli scienzia-ti del gruppo di Front End Inno-vation che propongono un’idea e chiedono: “Puoi costruire un im-pianto che fa questo?”. Questo ap-proccio all’innovazione mi ha co-stretto a ritornare alle basi della mia formazione: nessun proble-ma si può risolvere riapplicando qualcosa di già visto (in Ricerca & Sviluppo si spera di fare qualcosa che gli altri non hanno ancora in-ventato), invece è necessario pri-ma capire la realtà fisica del pro-blema, quindi formalizzarlo e a quel punto ci si rende conto che gli strumenti per affrontarlo sono gli stessi con cui si risolvevano gli esami al Poli. Quello che più è ri-masto dagli anni di studio è pro-prio questa dinamica di analisi e sintesi che, una volta appresa, è riapplicabile ad ogni sfida tecnica di cui si comprenda la sostanza. Da questo punto di vista qualsiasi esame, anche quello che può sem-brare inutilmente teorico, getta le basi per il metodo ingegneristico.

Anzi, dalla mia esperienza all’e-stero posso dire che l’abitudine a formalizzare i problemi è proprio quello che manca a molti ingegne-ri stranieri. Al Poli probabilmente non ci sono i laboratori più com-pleti ma quello per cui non rifarei ingegneria in un altro ateneo è il livello di profondità con cui si ap-proccia la comprensione degli ar-gomenti. Questo rimane, mentre per imparare ad usare attrezzatu-re sofisticatissime c’è sempre tem-po.

«Quello che più è rimasto dagli anni di studio è proprio questa dinamica di

analisi e sintesi.»

«La lezione principale che ho imparato al Poli è che va bene

sbagliare e non esistono problemi

insormontabili.»

Carlo Maria, Germania.

Giovanni, USA.

Considero fondamentale nel mio percorso formativo l’e-sperienza del Poli, non per le materie specifiche studia-

te, ma per la forma mentis che ho sviluppato studiando per gli esami. Il percorso di ingegneria dell’Automa-zione è fatto di un numero enorme di esami, 53 in tutto, considerando anche un paio di extra. Tante volte la frammentazione delle materie e il poco tempo da dedicare mi è sem-

brato un limite, invece la capacità di focalizzarsi su più problemi con-temporaneamen-te senza trascura-re la qualità è ciò che adesso mi di-stingue di più al la-

voro. Soprattutto in America la mag-gior parte dei professionisti fa quello che ha sempre fatto, anche molto bene, cercando di restare nella pro-pria “comfort zone”. Pochi rischia-no su terreni sconosciuti. La lezione principale che ho imparato al Poli è che va bene sbagliare e non esistono problemi insormontabili, i problemi più grandi prendono solo più tem-po (come gli esami!). Penso proprio che la capacità di considerare come sfida qualsiasi problema, sia quello che i miei colleghi e capi stimino di più in me. Il Politecnico mi ha edu-cato ad interessarmi della realtà che ho davanti andando a fondo delle co-se anche dove costa fatica; devo di-re che gran parte di questa educazio-ne è dipesa in primis dai professori, grandi uomini che ho visto appassio-nati alla comprensione della realtà piuttosto che alla propria posizione.La proposta di tra-sferirmi in Indiana per due anni è ar-rivata dopo un an-no di esperienza lavorativa in Italia. Inizialmente non ero molto propen-so a partire, infatti stavo cercando di realizzare un progetto con degli ami-ci in Italia, ma la proposta era vera-mente attraente. Attualmente mi sto

occupando della costruzione di un capannone per l’espansione del bu-siness dell’azienda per cui lavoro nel nord America, con un budget di pa-recchi milioni di dollari e l’obiettivo di aumentare il fatturato aziendale di oltre il 50%, il tutto interagendo con una cultura e una lingua diverse dalla mia. Effettivamente era una di quelle proposte che non si possono rifiuta-re ed essendo sostenuto fin da subi-to dalla morosa ho deciso di accetta-re la proposta. Non sto cercando di scappare dalla crisi che sta mettendo in ginocchio il nostro paese, anzi cre-do ancora che sia possibile costruire qualcosa in Italia e che abbiamo una marcia in più di tutti gli altri. Sto fa-cendo un’esperienza formativa spe-rando di tornare presto a casa per da-re un valore aggiunto al luogo dove vivono i miei amici e la mia famiglia.

Mi sono laureato in Inge-gneria Meccanica Mec-catronica nel 2010, ed ora lavoro come capo

della R&D presso un’ azienda che opera nel setto-re energetico. Mi ha aiutato molto ad inserirmi nel mondo del lavo-ro l’interazione che ha il Poli con le aziende, tant’è che la società in cui lavoro attual-mente mi ha cer-cato attraverso il Career Service. Appena laurea-to mi sono trova-to davanti ad uno scenario abba-stanza ampio: il miglior contratto offerto da una raffineria, lavoro per me poco interessante; la pos-sibilità di andare in Svizzera, eco-nomicamente allettante ma non per questo determinante, e infine quella che poi è stata la mia scel-ta, ovvero occuparmi della pro-gettazione di una turbina centri-fuga, del tutto innovativa, presso un’azienda con prospettive di cre-scita. Mi sono trovato da subito di fronte ad una serie di problemati-che: l’idea che dovevamo svilup-

pare comporta-va lo studio di un fluido con c arat ter i s t i che particolari e la stessa macchi-na doveva lavo-rare in un modo mai studiato pri-ma, ma d’altro

canto avevo tra le mani l’opportu-nità di confrontarmi con qualco-sa di completamente nuovo. Qui

sono stati fondamentali il meto-do per affrontare i problemi e la capacità di ragionare imparati in università, sicuramente più delle innumerevoli formule studiate a memoria! Questa è stata una scel-ta molto rischiosa, in pochi infat-ti ci davano fiducia ma ad oggi so-no convinto che la cosa migliore è stata l’aver seguito ciò che più mi piaceva fare. Con una buona dose di fortuna il progetto ha avuto suc-cesso e tutt’ora la mia azienda è in grande crescita. Essendo una pic-cola società si vive alla giornata, ovvero quello che al mattino tro-vo da fare lo faccio, senza troppe previsioni. E per forza di cose de-vo rendermi autonomo e impara-re a prendere decisioni importan-ti. Basti pensare che appena finito il progetto abbiamo dovuto firma-re ordini d’acquisto per centinaia di migliaia di euro, prendendoce-ne totalmente la responsabilità! Una cosa molto bella che mi è sta-to possibile fare in una società co-me la mia è stata quella di poter toccare con mano “il ferro”, an-dando a montare fisicamente la turbina; penso che questo sia un grande valore aggiunto al mero lavoro di calcolo che un ingegne-re solitamente svolge. Da un pun-to di vista pratico non mi lamento affatto della formazione che ho ri-

cevuto in univer-sità, infatti non credo sia tanto utile voler subi-to imparare tut-to nelle aule del Politecnico; pen-so sia corretto ri-cevere un’ampia veduta su tut-ti i vari campi del l ’ inge gner ia scelta: ognuno ha il modo poi di affinare la prati-

ca specifica nel settore in cui è im-merso quotidianamente; dopo è tutta una questione di esperienza da acquisire con il tempo.

«… sono stati fondamentali il

metodo per affrontare i problemi e la

capacità di ragionare imparati in università, sicuramente più delle innumerevoli formule studiate a memoria!»

Un anno e mezzo fa, poco prima di laurearmi al Po-li in urbanistica, scher-zavo con tre amici al bar

sul nostro futuro e sulla eventua-le possibilità di aprire uno studio di urbanistica. La gente che aveva-mo attorno ci diceva che era trop-po azzardato e che prima sarebbe stato meglio farsi un po’ di espe-rienza. Mi ero detto: “Punto tutto su quello che ho di fronte”, ovvero il fatto che avevo già qualcosa da dire davanti all’urbanistica e che avevo tre amici con cui poter co-struire. Marco, uno di noi, era

Oscar, Italia- Francia.

Dario, Svizzera.

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8 // Aprile 2013 • Anno VII POLIPO tentacoli di giudizio

andato in Francia dove aveva vi-sto una nuova modalitá per ope-rare nel mercato immobiliare e si è chiesto: “Perché non portar-lo in Italia?”. Abbiamo importato cosí un nuovo modo per vendere e affittare casa, inventato da Seba-stian Vidal, senza costi di media-zione e tramite una compravendi-ta che rimane solo tra privati. Ogni

giorno che passa-va, vedevamo su Internet qualcosa che si avvicinava alla nostra idea “Il giorno miglio-re per far partire un’idea è ieri!”. Così è nato Immo-neo, prenden-do subito l’iniziativa. Una delle

prime difficoltà incontrate è sta-ta trovare perso-ne pronte a inve-stire sul progetto invece che sul capitale, anche perché garanzie

non ne avevamo. Grazie alla for-mazione ricevuta al Poli siamo ri-

usciti a destreggiarci di fronte a tali problematiche lavorative. Og-gi offriamo al futuro acquirente la possibilità di immaginarsi gli spa-zi della futura casa con foto ad al-ta definizione, planimetrie rileva-te direttamente da noi, render 3D e home staging (allestimento sce-nico), così da visitare da casa sua tutti gli spazi della villa.

«Il giorno migliore per far partire un’idea è ieri”. Così è nato

Immo-neo, prendendo subito l’iniziativa»

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Aprile 2013 • AnnoVII // 9POLIPO tentacoli di giudizio

OLANDA di Elena Traversa

“... Per un edificio l’immobilità è un’ec-cezione: il nostro piacere viene dal cam-minarci intorno facendo in modo che l’edificio si muova a sua volta, godendo di ogni combinazione delle sue parti”

Paul Valery “... Se permettiamo alle fotografie sulle riviste o alle immagini su uno schermo di rimpiazzare l’esperienza diretta, la nostra capacità di percepire l’architet-tura diminuirà così tanto da renderne impossibile la comprensione…”.

Steven Holl

La formazione di un gusto, di un giudizio sulle co-se non può prescindere dall’esperienza dell’ “at-

traversamento”.C’è esattamente questo dietro la scelta del viaggio in Olanda. L’oc-casione data dal Politecnico ha messo in gioco la voglia di tra-sferire l’insegnamento accademi-co nel concreto del viaggio. Per quattro giorni, dalla notte del 27 febbraio alla mattina del 3 mar-zo, ci siamo giocati la possibili-tà di starcene in vacanza prima dell’inizio delle lezioni. Racconta Pier Paolo: “Sono rappresentan-te degli studenti per la scuola di Architettura e Società e, con alcu-ni amici, abbiamo deciso di orga-nizzare il viaggio in Olanda per-ché penso che per noi architetti sia una grande occasione poter vedere dal vivo ciò che studiamo in università. Abbiamo cercato di pensare ad un itinerario che po-tesse essere interessante e stimo-lante. Abbiamo coinvolto i parte-cipanti al viaggio nello studio e nella spiegazione delle varie ope-re che avremmo visitato. Ragazzi più grandi e con più capacità ac-quisite nel tempo hanno spiega-to ai più giovani le architetture, in modo tale che le visite fossero un’occasione di crescita.”Il programma del viaggio è den-so: Utrecht, Almere, Amster-dam e Rotterdam, spaziando dal moderno al contemporaneo. Parliamo di architetti del ca-libro di Hertzberger, Koolha-as, Sejima, Meyer, Mvrdv, Holl, per citarne solo alcuni, affida-ti allo studio di noi studenti. Utrecht: in questa città abbiamo seguito un percorso che va da ca-sa Schröder di Rietveld passando alla contemporaneità dell’Edu-

catorium di Koolhaas, attraverso la storicità del centro. L’impatto con il nuovo modo di intendere lo spazio “fatto per l’uomo” ha mes-so in evidenza da subito i caratte-ri dell’architettura olandese: una società con esigenze diverse, che sembra quasi escludere il concet-to italiano di “privato” sostituen-dolo con un’idea di condivisione di spazi quasi privi di filtro verso l’esterno. Il limite fra pubblico e privato risulta a tal punto stravol-to da spostare una residenza nel-la sommità di un centro commer-ciale. E’ il caso del masterplan di Koolhaas per Almere, che scandi-sce un modello urbano molto lon-tano da quello a cui siamo abitua-ti. A contatto diretto con opere come queste ci si rende conto del pesante ruolo che un architetto ha per la società e di come le sue opere possano arrivare a defini-re la vita e le sensazioni del “fru-itore”, in un rapporto biunivoco tra l’arte e la natura circostante. Questa attenzione risulta eviden-te nel Kunstlinie della Sejima: al-la monumentale freddezza di un edificio solitario eretto al bordo di un lago artificiale si sostituisce un interno frammentato fra sale della musica, sculture e altre an-cora piene di anziani pittori che riscoprono il gusto dell’arte. Tut-to rimanda ad un’assurda convi-venza fra l’imposizione della na-tura, che obbliga la capitale ad un’urbanistica definita, e la mano dell’uomo, che è succube ma pa-drona. Poi ancora il Borneo, do-ve centinaia di case costruite sul-la riva dei fiumi di Amsterdam, pur mantenendo una propria sin-golarità architettonica, vengono sottomesse dall’imporsi dell’ele-mento Acqua. In conclusione è riscontrabile un filo conduttore che sottende l’architettura olan-dese: l’esigenza di uno Spazio che non si denunci per la “bellez-za” in sé per sé, ma che riesca ad esprimere il suo valore intrinseco per l’uso che l’uomo ne fa e per ciò che ne deriva dal viverlo.Uno può vedere milioni di cose, visitare centinaia di luoghi, ma di sicuro, nel confronto diretto con i propri compagni di studi, si in-travvede come un viaggio non sia solo un’esperienza oltre i banchi universitari ma un bagaglio per la propria formazione e crescita. È forse questa la cosa più importan-te che rimane di questo viaggio.

di Saul Bosatelli

L’autista lascia la Provin-ciale e si inoltra per una strada circondata dai campi; di fronte a noi, co-

me un muro, si stagliano le Preal-pi Orobiche. Un cartello nel dia-letto locale indica “Brembate di Sopra” e subito la mente torna ad un tragico fatto di cronaca che ha sconvolto questo tranquillo paese a due passi da Bergamo. Ancora un paio di svolte e ci si ri-trova in una selva di capannoni, poi finalmente il pullman si ferma e ci lascia scendere.Dai portoni spalancati si vede gente indaffarata al lavoro e, se si tende l’orecchio, si coglie una parlata strana: sicura, decisa ed essenziale che rappresenta più di tante parole l’indole della gente che abita queste terre nel cuore della Lombardia. Alcuni passi e ci accorgiamo dell’insegna su cui campeggia a caratteri cubitali la scritta NOLAN: ecco la nostra de-stinazione, siamo arrivati.Pochi sanno che alcuni dei mo-tociclisti più famosi al mondo co-me Stoner e Lorenzo, Melandri e Checa, hanno deciso di rivolger-si a questa azienda bergamasca che da oltre 40 anni produce ca-schi motociclistici. All’ingresso ci stanno aspettando e subito ve-niamo condotti nello showroom aziendale : una stanza sulle cui pareti campeggiano come trofei un centinaio di caschi che riper-corrono la storia del marchio.Sonia, responsabile comunicazio-ne del gruppo, ci illustra l’orga-nizzazione attuale della società prima di lasciare la parola all’Ing. Salvetti, responsabile del repar-to R&D. “Il periodo non è certo dei migliori - esordisce l’ingegne-re, che da oltre 20 anni lavora qui - anche noi abbiamo subìto una flessione negli ultimi anni, tutta-via - continua orgoglioso - la gen-te apprezza i nostri prodotti ed il nostro lavoro che, nonostante le difficoltà, viene svolto al 100% in Italia assicurando quasi 400 posti di lavoro”. Salvetti ci conduce nei

suoi uffici e qui ci spiega ogni sin-golo passo per la progettazione e la realizzazione dei nuovi pro-dotti. “La sfida è ardua rispetto al passato. Ogni 2 o 3 anni dob-biamo proporre nuove idee per rimanere competitivi rispetto ai colossi orientali ma di certo non ci tiriamo indietro e, nei prossimi mesi, torneremo in Giappone per esporre le nostre novità”.Sonia ci porta via, è tardi, c’è an-cora molto da vedere! Ci conduce quindi nel laboratorio dove i ca-schi vengono sottoposti a severi test di omologazione che riguar-dano tutte le componenti.Procediamo poi nei reparti pro-duttivi: lo stampaggio della ca-lotta esterna, la lavorazione del polistirolo da cui ricavare l’im-bottitura di protezione, l’assem-blaggio e infine la decorazione a mano di ogni singolo casco.Di tutti questi reparti quello che sorprende è la disponibilità e la passione di ogni addetto che, ac-cogliendoci, ci mostra orgoglioso quello che fa all’interno del ciclo produttivo consapevole dell’im-portanza del proprio ruolo nell’a-zienda. Ma ormai si è fatta sera, dobbiamo andarcene e veniamo accompagnati all’uscita soddi-sfatti di quanto visto ma soprat-tutto grati dell’attenzione che ci è stata riservata. L’autobus ri-prende la sua corsa ed ecco che finalmente possiamo riflettere su quanto accaduto. Lo sappiamo bene, non è un momento facile e indignarsi per la situazione at-tuale sembra essere la scelta più comoda e più in voga soprattutto tra noi giovani.Però, dopo ciò a cui abbiamo as-sistito durante questa giornata, il mio personale desiderio è quel-lo di rituffarmi con impegno nei miei studi per farmi trovare pron-to a dare con passione e tenacia il mio piccolo contributo nella real-tà in cui sarò chiamato a lavorare come ho visto fare oggi da tutti gli impiegati di questa azienda. Non so cosa accadrà del nostro paese domani ma di una cosa sono cer-to: io voglio esserci. Da protagonista.

Insieme a Lista Aperta alla scoperta dell’azienda che con i suoi caschi protegge i campioni del mondo.

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10 // Aprile 2013 • Anno VII POLIPO tentacoli di giudizio

“Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi?”

Questo è il titolo della mostra riguardo l’uomo e le sco-perte genetiche di Jerome Lejeune che per una

settimana ha allestito il chiostro della ciminiera. Ma chi era Jerome Lejeune? Cosa centra con noi ingegneri? Tutto ebbe inizio un anno fa, quando, con un gruppo di amici ci siamo confrontati con persone che lavorano nell’ambito biomedico per capire che ruolo avesse l’ingegnere nella sanità e vedere come il nostro studio potesse essere utile. In uno di questi colloqui, siamo venuti a cono-scenza di Jerome Lejeune, ricercato-re genetista francese, vissuto nella se-conda metà del XX secolo. Da questi dialoghi è nata in noi una grande cu-riosità per la storia di quest’uomo, il cui fascino ci ha portato ad organiz-zare la mostra in università. Per chi non avesse avuto l’occasione di visi-tarla, ecco chi era Jerome Lejeune: l’uomo che scoprì la causa genetica della sindrome di Down, la trisomia 21, ovvero la presenza di un cromoso-

di Annalisa Brambilla e Chiara Montanari

ma in più all’interno di ogni cellula. La scoperta fu rivoluzionaria e aprì gli orizzonti della genetica. La co-munità scientifica dopo aver inizial-mente premiato Lejeune con nume-rosi riconoscimenti decise tuttavia di sfruttare i suoi studi per la diagnosi prenatale, in modo tale da poter eli-minare i feti portatori della sindrome prima della nascita. I soggetti affet-ti da sindrome di Down risultavano essere un peso per la società ed era più semplice eliminarli che trovare una cura per la loro malattia. Lejeu-ne però vuole una sola cosa: trovare una cura per i suoi malati. A causa di ciò venne ostracizzato dalla comuni-tà scientifica, che infine gli negò lo strameritato premio Nobel. Lejeune sosteneva che fosse contro la scien-za la posizione di coloro che tenta-vano di eliminare il “problema”. In fondo lo scienziato non è colui che cerca di scoprire come sono fatte le cose? E che di fronte a un problema ne ricerca la soluzione? Esattamente come noi ingegneri! Anche per noi sarebbe più semplice eliminare l’e-same che non riusciamo a sostenere! Continuando i suoi studi si accorse di come ogni DNA fosse una sequenza originale di basi azotate che portas-se alla nascita di un individuo unico e

irripetibile, che doveva essere quindi trattato in quanto tale. Partendo da questa concezione di uomo, basata su una evidenza razionale, sfidò tut-ta la comunità scientifica portando avanti e difendendo la sua posizio-ne, di uomo e di medico: “Dite piut-tosto che questo bambino vi distur-ba e che perciò preferite ucciderlo, ma dite la verità. E’ un uomo la “co-sa” in questione, non un ammasso di cellule”. Solo 33 anni dopo Char-les Epstein, presidente dell’American Society of Human Genetics, nonché uno dei promotori della sua ostra-cizzazione, riconobbe il valore del-la posizione di Lejeune affermando: “il motivo è semplice: bisogna ricor-darsi che la parola operativa nella ge-netica umana è che la parola umana ha a che fare con l’essere umano, con l’umanità”. La posizione di Lejeune, profondamente umana e realista, la si nota dal fatto che egli passava gran parte delle sue giornate con i pazien-ti: il suo studio non rimaneva distac-cato dalla realtà, ridotto al contesto del suo laboratorio, ma in gran parte veniva svolto in reparto a stretto con-tatto con i bambini affetti dalla sin-drome. Per questo Jerome conosce-va bene tutto quello che comportava l’essere affetti da sindrome di Down,

affermava infatti: “non può essere negato che il prezzo (delle malattie genetiche) sia alto, in termini di sof-ferenza per l’individuo e oneri per la società. Senza menzionare quel che sopportano i genitori! Se questi individui potessero essere eliminati precocemente il risparmio sarebbe enorme! Ma noi possiamo assegnare un valore a quel prezzo: è esattamen-te quello che una società deve pagare per rimanere pienamente umana.” Uno scienziato sempre pronto a vo-ler imparare e lasciarsi colpire dalla realtà, tanto che interrompeva sem-pre il suo lavoro ogniqualvolta arriva-va uno dei suoi pazienti a chiedergli aiuto o uno dei suoi figli a chiedergli di riparare un gioco… Scrisse la figlia Clara “i suoi occhi azzurri scintillano di intelligenza e umorismo e vi guar-dano con infinita tenerezza. Sono tuttavia esigenti perché amano la ve-rità. Cercano instancabilmente il per-ché e il come di ciò che vedono”. L’a-ver condiviso la sua storia attraverso la mostra in università è stata l’occa-sione di vedere come sia più interes-sante porsi di fronte alle cose cercan-do di capire cosa sono realmente e come funzionano, e accorgerci che il bello del nostro studio sta proprio in questo.

CHE COS’È L’UOMOPERCHÈ TE NE RICORDI?

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Aprile 2013 • AnnoVII // 11POLIPO tentacoli di giudizio

di Leonardo Poma e Marco Saporiti

Di fronte allo stupore ri-scontrato visitando la mostra sul Duomo di Milano “Ad usum fabri-

cae”, alcuni di noi si sono chiesti se il “metodo di lavoro” descritto nella mostra sia possibile nel pro-prio lavoro in università.La mostra mette a tema come il popolo abbia partecipato alla co-struzione della cattedrale e co-me la cattedrale abbia costruito il popolo. In particolare, nell’ulti-ma parte, emerge un approccio al lavoro che fiorisce in una cura al dettaglio generante una bellezza quasi eccessiva. Ciò non è riduci-bile ad un mero esercizio formale. Nel percorso della mostra questo concetto veniva riassunto dalla presenza di una copia di una gu-glia perfettamente scolpita che, a causa della sua altezza, è qua-si celata all’occhio umano. Per-ché farla così bene? Un approccio simile è possibile anche per noi? Cosa genera una tale bellezza? Per approfondire queste provoca-zioni abbiamo allestito nel cam-pus Bovisa Durando la versione

itinerante della mostra, organiz-zando visite guidate per un’inte-ra settimana, proprio perché es-sa è stata il punto di partenza di questo lavoro. Ci siamo fatti aiu-tare dalla prof.ssa Mariella Car-lotti, una delle curatrici della mo-stra, invitandola per l’incontro di apertura dell’evento. Durante il suo intervento sottolineava: “Og-gi una persona non cerca lavoro, cerca un certo lavoro, perché non sente la propria soddisfazione nel lavorare […] se la propria sod-disfazione non è nel fatto di po-ter dare un contributo non ci sa-rà mai un lavoro che ci soddisfa, perché tu vorrai sempre essere da un’altra parte.” Poi si chiedeva chi al giorno d’og-gi potrebbe mettersi a costru-ire qualcosa di cui non vedrà la fine: “Come può un uomo esse-re dimentico del traguardo? […] se gli dà gusto il correre, se ha il gusto del passo. Oggi quello che manca, a mio avviso, è il gusto del correre; di quello che stiamo co-struendo ora, della tesi che stia-mo facendo ora, di quello che stai imparando ora, perché il futuro è il fondo dell’ora non è il dopo dell’ora.” Per confrontare il te-

ma con quello che studiamo, ab-biamo poi cercato professionisti architetti e designer che avesse-ro una cura unica verso il proprio lavoro. Tra questi abbiamo invita-to Odoardo Fioravanti (industrial designer), Erasmo Figini (desi-gner e stilista) e Maurizio Riva (ti-tolare dell’azienda Riva1920), e poi Giuseppe Rivadossi (progetti-sta e scultore) e Giuseppe Frangi (direttore di “Vita” e Casa Testo-ri). Da questi incontri è emerso come la bellezza sia una compo-nente innata nell’uomo, e come essa sia oggettiva. Ci ha stupito come, anche parlando di artefat-ti, al centro ci sia sempre l’uo-mo e le sue esigenze, soprattutto quelle più profonde. Nel secondo incontro organizzato, gli ospiti ri-prendevano il rapporto tra la bel-lezza e la vita, ma hanno aggiunto che  l’uomo deve avere una sensi-bilità tale da poterla cogliere, co-sa che oggigiorno non siamo abi-tuati a fare. “La bellezza ha a che fare con la vita! È nella vita! E bi-sogna coglierla, cantarla attraver-so le nostre opere! […] l’uomo ha un’esigenza profonda di bellezza, questo mi ha portato a scoprire nuove forme, nuove immagini…”

dice Giuseppe Rivadossi. Di certo con questo evento non era nostra intenzione dare delle risposte de-finitive, ma piuttosto accendere una scintilla, lanciare una pro-vocazione ai nostri compagni, ai professori, a noi stessi, ma anche agli stessi invitati, perché, come abbiamo potuto vedere, la bellez-za ha un legame inscindibile con l’uomo. Da questo evento è emer-sa anche un’importante provoca-zione personale: che ruolo ha la bellezza nel mio lavoro quotidia-no? Mi dà gusto correre o faccio di tutto per arrivare al traguar-do e iniziare una nuova corsa? I nostri ospiti ci hanno mostrato quanto si gustano il proprio lavo-ro, grazie ad una lealtà e una se-rietà in quell’innato rapporto con la bellezza che ci hanno descrit-to; chi nella natura,  chi nel rap-porto tra gli uomini, chi nella na-scita di un figlio. La sfida lanciata è risultata uno spunto interessan-te  per interrogare gli esperti, ma soprattutto noi, per vedere se esi-ste ancora un metodo di lavoro e una ricerca della bellezza in quel-lo che si fa, proprio come lo scal-pellino lavorò la guglia del Duo-mo.

Architettura a misura d’uomo

Page 12: Polipo anno VII - numero I

12 // Aprile 2013 • Anno VII POLIPO tentacoli di giudizio

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by Caronte

Avevo pensato di scrive-re due righe sul feno-meno “spotted”, visto il sommo divertimento

che mi procura e la fantasia del-le persone che ci scrivono, ma ri-sultava una roba troppo schizo-frenica da stampare. Le ricerche che ho svolto però mi hanno fatto constatare una cosa: esistono del-

le categorie di persone insoppor-tabili per tutti. O meglio, pensa-vo fosse solo un problema mio ma vista la diffusione di questi senti-menti mi è venuto il sospetto che forse era colpa loro… Ho così pen-sato di categorizzarle un pochino per consolare chi, come me, pen-sa magari di essere pazzo furioso e invece è perfettamente in linea con il pensiero generale. Sono in ordine dal meno peggio alla ne-mesi, i sentimenti per loro vanno dal mero disprezzo al desiderio di costruire la Morte Nera.Il meno peggio è la ragazza gras-sa con i leggins. Quest’essere in-compreso e fastidioso ha un for-te problema nel ragionamento. Infatti non ha capito che è con-troproducente esplorare qual è il confine fra “aderente” e “atti osceni in luogo pubblico” se pe-si più di ottanta chili e sei alta un metro e cinquanta. Deve arrivare a comprendere che l’uomo medio non la trova particolarmente at-traente in quelle condizioni. Per carità, le ragazze un po’ cariche sono bellissime, ma non si abbi-

nano un granché con i vestiti ul-tra aderenti. Un po’ come non si abbina la Viennetta con il formag-gio grattugiato. Segue nella scala del fastidio l’uo-mo che non si lava. In realtà è un assunto che faccio, quella che non si lavi; il fatto è che, sempli-cemente, puzza come il gorgon-zola. “Ragazzi siamo in tanti e l’aula è piccola… la mattina lava-tevi per favore!” recita un appel-lo disperato su Spotted (ma non è

l’unico). Può darsi che non si ren-da conto delle condizioni in cui versa, il che gli dà l’attenuante dell’incapacità di intendere, ma prima o poi si accorgerà che non trova mai coda alle macchinette, in bagno, in mensa, in posta, al-lo stadio eccetera, no? Quindi il puzzone occasionale è giustifica-bile (magari è inciampato e cadu-to in un tombino mentre veniva a lezione), ma il fetente sistemati-co, incurante di compagni e vici-ni, è decisamente odiabile. Esiste poi il tremendo soggetto definito “il circo”. In realtà ge-neralmente è un’aggregazione di coglionazzi, composto per lo più da edili, civili o gestionali, pro-pensi ai lavori di gruppo e di con-seguenza più casinisti. “Ai genti-luomini che hanno rotto il cazzo a tutti imitando animali, preva-lentemente gorilla e asini raglian-ti, vorrei dirvi che imitando per strada guadagnereste pure, inve-ce che venire al Poli a dare fasti-dio a chi vuole studiare…”. In ef-fetti se il tentativo di studiare è frustrato da chi sembra non do-

ver fare niente o da chi studia per modo di dire (“ogni due righe mi fermo a pensare che io sto ana-lizzando equazioni differenziali e voi intanto giocate con dei fot-tutissimi Lego facendo un casino assurdo”), al Poli, che già non è semplice, si è tentati di preferire la carriera di mercenario in Re-pubblica Centrafricana. La mia personalissima nemesi è la coppietta felice. Avete in men-te quei personaggi che sembrano

usciti da una fiaba tipo Lilli e il Vagabondo? Lui è evidentemen-te stato addestrato in una scuo-la per maggiordomi o in un cani-le, infatti ha imparato a seguirla senza usare nemmeno il guinza-glio. Lei è una dominatrice del ti-po che ti guarda come Elisabet-ta I guardava l’ultimo peone del Galles. Mescolate il tutto con il fatto che vengono vestiti a lezio-ne come se dovessero presentare un telegiornale e il gioco è fatto! Come suggerisce Spotted: “Trop-pe coppiette felici[…]. La soluzio-ne è solo una: un lanciafiamme”. Santissimo Buddha! C’hai 23 anni e ancora giri per manina come un liceale? Ma non puoi prestare un po’ di rispetto per tutti i poveretti che al Poli non hanno la tipa per-ché studiano tutto il giorno e la sera giocano a World of Warcraft?E qui si inserisce la categoria del videogiocatore. Non quello oc-casionale: quello seriale, quello che cammina solo quando usa il WASD e che ha il pc con più RAM delle postazioni informatiche NA-SA. Scatena sempre una doman-

da: che diavolo ci fa al Poli? Ha 35 anni ed è arrivato qui ex bam-bino prodigio, progressivamen-te sempre più rovinato dal gioco. Come diavolo fa a mantenere il suo computer che da solo manda in deficit una centrale elettrica, a mantenere se stesso e a non ren-dersi conto che deve darsi una mossa? Il peggiore di tutti a furor di po-polo virtuale è impossibile da de-scrivere in una parola sola, ci ac-contenteremo di: lo stronzo. È un personaggio che siede sempre in prima fila, pone frequenti do-mande che non hanno attinenza con la lezione, approfondisco-no temi non interessanti né uti-li. Spesso sono richieste difficili o impossibili da risolvere, altre volte sono conferme di cose sot-taciute perché ovvie. Se si lavo-ra in gruppo con lui, cercherà di sobbarcarsi tutto il lavoro possi-bile, guardandoti con alterigia, arrivando a non farti fare nulla per poi lamentarsene con il pro-fessore. Non sodalizza se non con altri esseri reietti, non dà, non chiede, non sa ma prende 30. È la personificazione del male uni-versitario. Quando vedo quello in aula con me penso sempre alle cose più nefande, tipo riempirgli le scarpe di Lego, tagliargli l’ela-stico delle mutande e tutto quel-lo che esce cliccando il gufo di io-timaledico*.

*iotimaledico.tumblr.comda vedere assolutamente!

LA RAGAZZA GRASSA COI LEGGINS

L’UOMO CHE NONSI LAVA

IL “CIRCO”

LA COPPIETTA FELICE

IL VIDEOGIOCATORE

LO STRONZO