Pm di settembre 2013

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set 2013 - n.9 ANNO 87 - n° 1010 - 3,00 Poste Italiane S.p.a. spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA CONTIENE I.P. di Malala forza www.bandapm.it

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Grandi novità nel numero di settembre del PM. Quello che ci vuole per ricominciare un anno scolastico con nuovo slancio e tanta grinta

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set 2013 - n.9

ANNO 87 - n° 1010 - € 3,00Poste Italiane S.p.a. spedizione

in abbonamento postale D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA

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E allora, dai una bella accele-rata di vita e mettiti al posto di partenza in questo mese di inizio anno scolastico. Parti con lo scatto “giusto”, in com-pagnia della rivista PM che non mancherà di stupirti an-che quest’anno.

Buona ripresa!

N o, non stiamo parlando di auto o di moto scat-tanti, dallo spunto del

motore saettante. La ripresa di cui ti parlo è quella – forse meno entusiasmante ma sem-pre indispensabile – propria del mese di settembre, quan-do milioni di giovanissime e giovanissimi italiani riprendo-no gli impegni del loro lavoro scolastico. Dopo le “fatiche” e le noie delle vacanze, non ti sembrerà vero tornare a scuo-la e riprendere i contatti con amici, compagni, maestre e prof, lasciati in sospeso a giu-gno scorso. Dopo tre mesi di “meritata” pausa, tornare in aula ti costerà qualche sforzo ma ne varrà la pena.La stessa parola “ripresa” la usiamo per il PM di questo mese. Lo troverai un po’ cam-biato e con alcune grosse no-vità. Il cambio più evidente è la nuova grafica: più moderna, agile, colorata ed efficace. Al-meno così pensiamo noi che l’abbiamo realizzata.E poi le novità, riassunte in tre nuove rubriche: Foto di fami-glia; Sulle strade di Gesù; Gi-rogiromondo. La prima (pagina 22), dal titolo si capisce, ti porterà a cono-scere le esperienze di famiglie

di oggi, che vogliono condivi-dere con noi la loro realtà quo-tidiana.Nella seconda (pagina 26) camminerai sulle stesse strade percorse da Gesù e dove lui ha incontrato tante persone che da quell’incontro hanno avuto la vita profondamente trasfor-mata.Nella terza (le pagine centra-li della rivista) partirai per un “viaggio nel mondo dell’im-migrazione di ieri e di oggi”, per approfondire un tema di grande attualità.

Ma che ripresa.I

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...tanto per cominciare

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Attualità

A cura di Elio Boscaini e Pablo Sartori

s ul mare blu scuro galleg-gia una corona di splen-didi fiori gialli e bianchi.

È l’omaggio del vescovo di Roma, il papa vestito di bian-co di nome Francesco, alle migliaia di persone che negli ultimi vent’anni hanno per-

so la vita nel tentativo di aver accesso ad un futuro migliore. Il ricordo e la preghiera per i migranti sepolti in mare; per i naufraghi che si sono salvati aggrappandosi alle reti per la pesca dei tonni; per i super-stiti recuperati sulle loro “car-rette del mare” alla deriva; per

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Il primo viaggio di papa Francesco all’ultima frontiera d’Europa

O' Scia'

i disperati rinchiusi nei centri di “detenzione” (non di acco-glienza) oramai al collasso per le troppe presenze. Tutto que-sto è accaduto l’8 luglio scorso sull’isola siciliana e nel tratto di mare di Lampedusa, pic-colo scoglio di terra divenuto “porta d’Europa”.

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“Benvenuto tra gli ultimi”

«Ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compie-re un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è ac-caduto non si ripeta» ha affer-mato il papa appena arrivato sulla minuscola isola.

rà nella omelia: «Ho ascoltato uno di questi fratelli. Prima di arrivare qui sono passati per le mani dei trafficanti che fanno della povertà degli altri una fon-te di guadagno». Ciò accade per la responsabilità di tutti perché – come ha ricordato Francesco - «non siamo più attenti al mon-do in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodir-ci gli uni gli altri».Il contrario di quanto hanno fatto, invece, gli abitanti di Lampedusa, che hanno dato prova di grande solidarietà, salutati dal papa con un vigo-roso: «A voi: o’scià!». Che nel dialetto locale significa ”fiato mio” o “mio respiro”, ed espri-me il modo in cui gli isolani si salutano con amicizia.

LAMPEDUSA: Isola appartenente all’arcipelago delle Pelagie, in Sicilia. Per la sua posizione strategica, a soli 113 chilometri dalle coste della Tunisia, è considerata un ponte naturale tra Europa e Nord Africa. Sono 6mila i suoi abitanti, su appena 20 km2, e deci-ne di migliaia i migranti “disperati” che ogni anno si rifugiano sulle sue coste

IMMIGRATI: Il rappresentante dell’Alto Commissariato delle Na-zioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) per l’Italia e il sud Europa Lau-rent Jolles ha definito il gesto del papa “di grande valore umano e simbolico, che contribuirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla causa di 45 milioni di persone che in tutto il mondo sono state co-strette a lasciare le loro abitazioni”

Sul molo Favarolo, simbolo della storia di accoglienza di cui si è resa protagonista da sempre la gente di Lampedu-sa, uno striscione lo ha accolto così: “Benvenuto tra gli ultimi”. Lì Francesco ha incontrato e salutato a lungo alcune decine di immigrati eritrei, tra loro anche alcuni bambini: «Sono qui per pregare insieme a voi per voi e per quelli che non ce l’hanno fatta». Ha ascoltato le loro drammatiche storie e le pressanti richieste d’aiuto. Così ben sintetizzate da John, in lin-gua eritrea: «Siamo fuggiti per due motivi, uno economico e uno politico. Dopo essere stati rapiti dai trafficanti e aver mol-to sofferto in Libia, siamo qui e abbiamo bisogno di essere aiu-tati». Un messaggio che il papa farà suo e che più tardi ricorde-

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I segni della solidarietà

Ma a Lampedusa, più che da parole e discorsi, il significato più profondo della visita pa-pale è stato espresso dai gesti e dai segni. L’altare dell’euca-restia è stato costruito con i resti dei barconi dei naufraghi, ancora oggi arenati nel porto dell’isola. L’ambone della Parola, ricava-to da due timoni di imbarcazione e una ruota da timoniere. Sempre di legno e non di oro, il calice del-la messa, presentato all’offertorio assieme a pani, pesci e a due libri della Bibbia, uno in inglese e l’altro in francese, recuperati dal parroco di Lam-pedusa, don Stefano Nastasi, da una delle barche naufragate. Ricavato da assi di mare anche il bastone pastorale che il papa teneva in mano. Due

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do, altri uomini, scono-sciuti sbucati all’oriz-zonte e provenienti dal-le terre del sud. Il cuore dell’Europa e del mon-do intero, sollecitato da un invito di papa Fran-cesco via Twitter: “Pre-ghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giu-dicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi”.

ICQUS: parola greca (pronuncia “ichthys”) che traduce il termi-ne “pesce”. È formata dalle ini-ziali della frase Iesous Christos Theou Yios Soter (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore). Per i cri-stiani dei primi secoli, il simbolo del pesce rappresentava la fede in Gesù Cristo

L'opera “Porta di Lampedusa, Porta d'Europa” dell'artista Mimmo Paladino, monumento dedicato

ai migranti morti e dispersi in mare

pezzi di legno a formare una croce, rottami di morte di-pinti di bianco e azzurro, sui quali mani di artista aveva-no disegnato il simbolo cri-stiano del pesce. Due pesci disegnati sui bracci della croce al posto dei chiodi e un piccolo cuore al centro. Il cuore di Lampedusa, un lembo di terra nel mare, dove uomini accolgono, soffren-

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Foto di famiglia

a cura di Chiara Milano

“r agazzi, vi andrebbe di apparecchiare la tavola?”. Quante

volte avrete sentito questa do-manda, diciamo tutti i giorni? C’è chi sbuffa, chi fa finta di dormicchiare sul divano, chi continua a leggere o a guarda-

dolce casaCasa,

Famiglie allo specchio: a tu per tu

in casa dei lettoricon interviste e

approfondimenti

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re la televisione come niente fosse accaduto, chi dice il più banale “sto arrivando!”, ma non si capisce mai perché la strada fino alla tavola sia sem-pre così lunga e piena di ten-tazioni, visto che nessuno si fa vedere con forchette e coltelli in mano!

Se i muri delle nostre case potessero parlare ne senti-remmo davvero delle belle! Vi suonano forse familiari questi racconti? Allora queste pagine fanno per voi! BandaPM si è infatti chiesta: chi sono i fol-lowers del PM? Quali sono i loro passatempi quotidiani tra

dolce casale mura di casa? Come vivono in famiglia il rapporto con la televisione e internet, con lo sport, con la fede? Dietro al PM c’è un mondo da scopri-re, storie e persone che vale la pena di raccontare.

Qual è la novità?

Allegri, ragazzi! Non vi faremo attendere ancora molto! Dal prossimo numero abbiamo in serbo una nuova rubrica, dedi-cata a voi che ci seguite fedel-mente e alle vostre famiglie. Per sentire ancora più vicina la rivista abbiamo pensato di incontrare ogni volta una fa-miglia diversa, coinvolgendo mamme, papà, figli, nonni, gatti e pesci rossi in una chiac-chierata, parlando di argo-menti di attualità, dai più seri come il loro rapporto con la fede a quelli più leggeri come i loro gusti in cucina.

Racconta la tua famiglia!

C’è qualche famiglia di scouts? Qualche famiglia straniera che vive in Italia da un po’ e vuole

credo che ne vedremo

delle belle...

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raccontare la sua esperienza? Se pensate che la vostra fami-glia abbia qualche caratteristi-ca curiosa da presentare, vo-lete rispondere alle nostre do-mande e vedere le vostre foto pubblicate su PM, scrivete a:

Occhio Ai segni!

Potrete riconoscere in ogni numero il punto di vista delle persone della famiglia intervi-state, osservando l’icona che li rappresenta, perché sarà sem-pre uguale: una per i papà, una per le mamme, e così via.

Perché proprio le famiglie?

La classe non andava bene? Oppure la squadra di calcio? No, abbiamo scelto la famiglia perché è la prima cellula della nostra società, il nostro punto di partenza. Avete presente il tabellone del Monopoli o del Gioco dell’Oca? Quando si ini-zia una partita non si può sa-pere a priori ciò che accadrà strada facendo, ma sono le prime mosse che spesso con-dizionano l’andamento del gioco. È così anche per la famiglia che ci mette al mondo, perché in parte condiziona le scelte del futuro. Il luogo in cui si cre-sce è diverso per ogni persona, le famiglie si formano e si divi-dono per formarne di nuove.

Penso positivo… sono positivo!

Non possiamo negare che a volte accadano episodi più o meno belli, episodi che lascia-no un segno nelle nostre fami-glie e che cambiano le abitu-dini quotidiane. Sono proprio quegli episodi che ci rendono più sensibili e capaci di capire meglio gli altri, tanto da accor-gersi che la nostra famiglia, guardandosi allo specchio, è simile a tante altre, per le espe-rienze vissute, per le passioni, gli affetti, i passatempi.

“Voi siete il sale della terra” …o il lievito?

La famiglia non deve chiudersi su sé stessa, altrimenti i rap-porti non hanno l’opportunità di crescere e arricchirsi di ciò che essa vive all’esterno. La famiglia è un ingrediente che, unendosi alle altre, va a com-pletare una torta, a più gusti, composta da una ciambella marmorizzata visto la miria-de di culture che si mescolano nelle strade delle nostre città. Le nostre differenze sono pro-prio quel lievito che è neces-sario alla torta per crescere ed essere gustata da tutti!

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[email protected]

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Viaggio nel mondo dell’immigrazione

di ieri e di oggia cura di Marco Braggion

e Claudio Bighignoli

C on questo numero par-tiamo per un lungo viaggio alla scoperta

della realtà dell’immigrazio-ne. Come negli antichi villag-gi, quando chi partiva cercava il consiglio dal vecchio saggio del paese che conosceva le dif-ficoltà del cammino, così ini-ziamo noi questo viaggio con le parole di un vecchio saggio,

un grande “nonno” che ci inse-gna la via: papa Francesco. L’8 luglio scorso il nostro nonno è andato a trovare gli immigra-ti che vivono a Lampedusa. Come sapete, Lampedusa è un’isola non molto grande a sud della Sicilia e molto vicino alle coste africane. Per la sua vicinanza è diventata la meta di molti africani o asiatici che

cominciamo da questa terra di confine...

...LAMPEDUSA

Immigratitudine,cancelliamo l'indifferenza

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un'altra carretta del mare è approdata sulle

nostre coste...

poveracci...

...cara, cosa c'è di buono

stasera?

Chi accoglie deve togliere dalla propria vita:Indifferenza

menefreghismoEgoismo

cercare una vita migliore. Il papa ci ricorda che il suo viag-gio a Lampedusa è per scuo-terci da questo sonno per fare in modo che queste cose non succedano mai più. “Quando l’altro è uno che di-sturba il mio benessere” o qualcuno da sfruttare, ecco che non siamo più capaci, come dice il papa, di “custo-dirci tra fratelli”! Continua poi papa Francesco: “Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto mi-gliore per sé e per le loro fami-glie, ma hanno trovato la mor-te. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano soli-

di questi fratelli e sorelle ma per risvegliarci da una terribile malattia che ci sta prendendo tutti: l’indifferenza che secon-do il papa è diffusa in tutto il mondo, attraverso “la globaliz-zazione dell’indifferenza”. L’indifferenza è non provare sentimenti rispetto alla soffe-renza delle persone, in questo caso dei disperati che attra-versano il deserto e il mare per

fuggono dai loro paesi per cercare una vita migliore in Europa. Come sappiamo, pur-troppo, sono però migliaia gli immigrati che non riescono ad arrivare e che sono inghiottiti dal mare trasformando quelle barche da mezzo di speranza a strumento di morte. Il primo viaggio che papa Fran-cesco ha voluto fare è stato non solo per ricordare le tragedie

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...cara, cosa c'è di buono

stasera?

ehi, avete l'ultimo modello di paraocchi?

come no, vanno via come il pane...

darietà! E le loro voci salgono fino a Dio!”.Ma di chi è la colpa, si chiede il papa? Di tutti noi quando siamo indifferenti, quando di fronte alla sofferenza ce la caviamo con un “poverino” e poi andiamo avanti per la no-stra strada. Il papa ci dice che l’egoismo ci rende talmente concentrati sui noi stessi che la sofferenza degli altri non ci riguarda, non ci interessa. Afferma, inoltre, che la glo-balizzazione dell’indifferenza è arrivata a toglierci anche la capacità di piangere per le sof-ferenze degli altri. Nella con-clusione del suo discorso papa Francesco chiede perdono per tutte queste cose che ci “ane-stetizzano” il cuore!

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Primi del ’900. Emigranti italiani al loro arrivo negli Stati Uniti d’America. “Per tutti l’impatto con il nuovo mondo si rivelava difficile fin dai primi istanti: ammassati negli edifici di Ellis Island, o di qualche altro porto come Boston, Baltimora o New Orleans, gli immigrati, dopo settimane di viaggio, affrontavano l’esame, a carattere medico e amministrativo, dal cui esito dipendeva la possibilità di mettere piede sul suolo americano. La severità dei controlli fece ribattezzare l’isola della baia di New York come l’«Isola delle lacrime».” (Maddalena Tirabassi)

Chi parte deve mettere in valigia:

CoraggioDiritto ad un futuro

Speranza

quei paesi ma purtroppo non sempre sono accolti, compresi e rispettati. Come in ogni viag-gio che si rispetti cercheremo di riempire la valigia di tutte quelle conoscenze e di quelle domande che riguardano la vita degli immigrati e di quel-le informazioni indispensabili che ci permetteranno di cono-scere la vita di tanti nostri fra-telli e sorelle!

Ecco allora uno dei motivi che ci ha portati ad iniziare questo viaggio: svegliarci dal sonno dell’indifferenza che ci allon-tana dalla realtà di un mondo dove milioni di persone si muo-vono alla ricerca di un futuro migliore. Persone che facendo appello ad un diritto sacrosan-to di ogni uomo, si mescolano con i popoli di altre nazioni e spesso diventano cittadini di

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spazzascienza

a cura di Beniamino Danese

s outh Dakota, 1901 – Da una decina d’anni que-sto stato nelle grandi pia-

nure fa parte degli Stati Uniti d’America. Su questa terra, che prende il nome dalle tribù dei nativi Sioux o “Dakota”, sono arrivati nell’800 molti immi-grati, soprattutto dalla Norve-

gia, mossi dalla povertà e dalle persecuzioni religiose.Nel 1901, nella comunità degli immigrati norvegesi, nasce un bambino, Ernest Lawrence, fi-glio di Gunda e Carlo Gustavo, due giovani insegnanti nella locale scuola superiore.Da ragazzo Ernest è molto abi-le nella manualità, è un tinke-rer come dicono gli americani,

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Ernest Lawrence

Il cannone di

un ripara-tutto, uno smanet-tone. Non ancora trentenne è professore di fisica all’Univer-sità della California, e costru-isce il primo acceleratore di particelle. È un aggeggio che sembra una pentola con at-taccati diversi tubi. All’interno, un fascio di protoni descrive cerchi sempre più larghi, ac-celerato da un campo elettrico e deviato in circolo dal campo magnetico di calamite, fino a colpire un bersaglio.Questo apparecchio, e altri più

grandi costruiti in seguito, ser-vono per studiare come sono fatti i nuclei degli atomi. Le parti principali sono:1) un “cannone” che spara elet-troni o protoni o altre particelle2) un tubo in cui è fatto il vuoto (il tubo può essere anche a for-ma di ciambella) dove i fasci di particelle vengono accelerati e deviati.

elettronelettron

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Attenzione!Dopo gli esperimenti possono rimanere degli aloni colorati sulle immagini. È pos-sibile farli svanire o con un’apposita fun-zione dello schermo detta “de-gauss” (de-magnetizzare) o con pazienza muo-vendo le calamite vicino allo schermo al-lontanandole gradualmente.

su Ernest Lawrencewww.education.llnl.gov/

archives/ernest-lawrencesul tubo catodico

www.mi.infn.it/~phys2000/tv

3) un bersaglio su cui arrivano le particelle. Ernest è molto bravo a pro-muovere la costruzione di ap-parecchi sempre più grandi, coinvolgendo e organizzando centinaia di scienziati. È la “big science”. Oggi un grandissimo laboratorio negli USA, uno dei più grandi del mondo, è a lui intitolato.

All’opera!!!sarete forse stupiti se vi dico che avete un “canno-ne elettronico” in casa o forse, addirittura, a pren-dere polvere in cantina o in soffitta! ogni vecchio schermo di computer o di televisore infatti, di quelli pesanti e ingombranti, contiene un cannone di elettroni! È la parte pesante che si chiama “tubo catodico” e serve per formare l’immagine.Ci serve: un vecchio schermo di computer o TV, delle calamite. Eventualmente, un computer da collegare allo schermo.

Deviare i fasci

di elettronise riusciamo a far disegnare, collegando il computer, l’im-magine di un puntino verde su fondo nero, vuol dire che il no-stro cannone spara un fascio di elettroni che vanno a colpire alcune finestrelle verdi.

Noi possiamo deviare questo fascio di elettroni, muovendo-gli vicino una calamita.Se disegniamo lo schermo tut-to verde, stiamo sparando un fascio di elettroni su ogni fine-strella verde. Se avviciniamo la calamita, l’immagine diventa rossa o blu a seconda di come il campo magnetico fa deviare gli elettroni.

L'effetto della deviazione

La calamita

Il cannone di elettroniLo schermo

Il tubo catodicoCom’è fatto il tubo catodico?È un cono di vetro sigillato. La “base” del cono è lo scher-

mo, con il vetro protettivo; nella “punta” c’è il catodo, il

cannone elettronico vero e proprio.Lo schermo è una grande parete di migliaia di piccole fi-

nestrelle rotonde colorate, rosse, verdi e blu (RGB). Si

possono guardare con una lente (v. PM ott 2012). L’im-

magine viene disegnata dal fascio di elettroni “sparati”

con grandissima precisione dal “catodo”, colpendo ora

questa ora quella finestrella. Quando questi elettroni col-

piscono una finestrella verde, essa si accende di verde.

Se rossa, di rosso.