PilotESSE - Romina Ciuffa

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AUT maggio 2010 16 aut download: muccassassina.com 17 Ciò che rende pilota un pilota è la solitudine. Non tutte le donne sanno star da sole. Il distacco da terra: senza di esso non si vola. Le ali sono per chi ama il silenzio, per chi ha dolore sulle scapole, per chi ha paura di volare (non c’è atterraggio senza paura: questa consente di so- pravvivere, darwiniano meccanismo di difesa). Le donne, più leggere, sono fatte per l’aria più di alcuni uccelli. Vo- lano per passione o per lavoro, praticano tutti gli sport aeronautici, pilotano ogni tipo di velivolo (ultraleggeri, aerei certificati, motoalianti, deltaplani, paramotori, mon- golfiere, aerei di linea, caccia, astronavi), si riuniscono in manifestazioni Flydonna, non temono il pregiudizio e sono più attente e preparate degli uomini: è stata proprio una donna, la 24enne Maxi J., copilota, a recuperare con una manovra acrobatica l’Airbus A320 della Lufthansa colpito a marzo del 2008 da una raffica della tempesta Emma durante un atterraggio ad Amburgo, impedendo lo schianto dell’aereo e salvando la vita ai 131 passeggeri e all’equipaggio. In guerra feroci, vere combattenti: l’Unio- ne Sovietica ricorse a tre reparti aerei da combattimento rosa, le “streghe della notte”, che non indossavano il pa- racadute ritenendo più onorevole morire sui propri aerei. Fu la prima equiparazione aeronautica tra uomini e don- ne e andarono tre medaglie di Eroe dell’Unione Sovietica al maggiore Marina Mikhailovna Raskova e alle sue col- leghe, che stabilirono un record mondiale di vol o non- stop a bordo di un ANT-37 nell’estrema Siberia orientale, coprendo circa 6.000 chilometri in 26 ore e 29 minuti. Ieri ribelli, oggi audaci. Come la romana Angie Ciuffoletti, campionessa europea di paramotore, anche detentrice di un guinness di velocità e di tutti i titoli che spettano a una numero uno. Angie l’ho conosciuta una volta che atterrai sul campo di volo di Otricoli. Ero partita con un Tecnam P92 dalla Flyroma - l’aviosuperficie di un grande uomo vo- L’AEREO È MIO E ME LO GESTISCO IO CULTURE O STILI testo e foto di Romina Ciuffa Un viaggio sopra l’Atlantico per conoscere e incontrare le donne con le ali. Le donne sono fatte per l’aria più di alcuni uccelli. Volano per passione o per lavoro, praticano tutti gli sport aeronautici, pilotano ogni tipo di velivolo e sono più attente e preparate degli uomini. Tornata sulla terra da questo viaggio eccezionale in aria, la nostra giorna- lista aerea ci racconta le storie e i percorsi di queste donne pilota, un fenomeno e una passione sempre più in crescita dove, tanto per cambiare, i pregiudizi non mancano.

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Ciò che rende pilota un pilota è la solitudine. Non tutte le donne sanno star da sole. Il distacco da terra: senza di esso non si vola. Le ali sono per chi ama il silenzio, per chi ha dolore sulle scapole, per chi ha paura di volare (non c’è atterraggio senza paura: questa consente di sopravvivere, darwiniano meccanismo di difesa). Le donne, più leggere, sono fatte per l’aria più di alcuni uccelli. Volano per passione o per lavoro, praticano tutti gli sport aeronautici, pilotano ogni tipo di velivolo (ultraleggeri, aerei certificati, motoalianti, deltaplani, paramotori, mongolfiere, aerei di linea, caccia, astronavi), si riuniscono in manifestazioni Flydonna, non temono il pregiudizio e sono più attente e preparate degli uomini: è stata proprio una donna, la 24enne Maxi J., copilota, a recuperare con una manovra acrobatica l’Airbus A320 della Lufthansa colpito a marzo del 2008 da una raffica della tempesta Emma durante un atterraggio ad Amburgo, impedendo lo schianto dell’aereo e salvando la vita ai 131 passeggeri e all’equipaggio. In guerra feroci, vere combattenti: l’Unione Sovietica ricorse a tre reparti aerei da combattimento rosa, le “streghe della notte”, che non indossavano il paracadute ritenendo più onorevole morire sui propri aerei. Fu la prima equiparazione aeronautica tra uomini e donne e andarono tre medaglie di Eroe dell’Unione Sovietica al maggiore Marina Mikhailovna Raskova e alle sue colleghe, che stabilirono un record mondiale di volo non-stop a bordo di un ANT-37 nell’estrema Siberia orientale, coprendo circa 6.000 chilometri in 26 ore e 29 minuti. (...) SEGUE NELLE PAGINE DELL'ARTICOLO

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Ciò che rende pilota un pilota è la solitudine. Non tutte le donne sanno star da sole. Il distacco da terra: senza di esso non si vola. Le ali sono per chi ama il silenzio, per chi ha dolore sulle scapole, per chi ha paura di volare (non c’è atterraggio senza paura: questa consente di so-pravvivere, darwiniano meccanismo di difesa). Le donne, più leggere, sono fatte per l’aria più di alcuni uccelli. Vo-lano per passione o per lavoro, praticano tutti gli sport aeronautici, pilotano ogni tipo di velivolo (ultraleggeri, aerei certificati, motoalianti, deltaplani, paramotori, mon-golfiere, aerei di linea, caccia, astronavi), si riuniscono in manifestazioni Flydonna, non temono il pregiudizio e sono più attente e preparate degli uomini: è stata proprio una donna, la 24enne Maxi J., copilota, a recuperare con una manovra acrobatica l’Airbus A320 della Lufthansa colpito a marzo del 2008 da una raffica della tempesta Emma durante un atterraggio ad Amburgo, impedendo lo

schianto dell’aereo e salvando la vita ai 131 passeggeri e all’equipaggio. In guerra feroci, vere combattenti: l’Unio-ne Sovietica ricorse a tre reparti aerei da combattimento rosa, le “streghe della notte”, che non indossavano il pa-racadute ritenendo più onorevole morire sui propri aerei. Fu la prima equiparazione aeronautica tra uomini e don-ne e andarono tre medaglie di Eroe dell’Unione Sovietica al maggiore Marina Mikhailovna Raskova e alle sue col-leghe, che stabilirono un record mondiale di vol o non-stop a bordo di un ANT-37 nell’estrema Siberia orientale, coprendo circa 6.000 chilometri in 26 ore e 29 minuti. Ieri ribelli, oggi audaci. Come la romana Angie Ciuffoletti, campionessa europea di paramotore, anche detentrice di un guinness di velocità e di tutti i titoli che spettano a una numero uno. Angie l’ho conosciuta una volta che atterrai sul campo di volo di Otricoli. Ero partita con un Tecnam P92 dalla Flyroma - l’aviosuperficie di un grande uomo vo-

l’ a e r e o È M i o e M e l o g e s t i s C o i o

Culture o stilitesto e foto di Romina Ciuffa

Un viaggio sopra l’Atlantico per conoscere e incontrare le donne con le ali. Le donne sono fatte per l’aria più di alcuni uccelli. Volano per passione o per lavoro, praticano tutti gli sport aeronautici, pilotano ogni tipo di velivolo e sono più attente e preparate degli uomini. Tornata sulla terra da questo viaggio eccezionale in aria, la nostra giorna-lista aerea ci racconta le storie e i percorsi di queste donne pilota, un fenomeno e una passione sempre più in crescita dove, tanto per cambiare, i pregiudizi non mancano.

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lante, Italo Marini, colui che “battezza al volo” quasi tutto il Centro Italia, ma non solo - per assistere a un raduno di paramotoristi; la sera davanti a un camino più grande di noi, quello della Club House, questa paramotorista mi ha raccontato di sé. È in aria da quando era piccola. “Vedere mio padre volare mi ha reso come lui”, ossia immortale. Ogni volta che la incontro ha i piedi per terra ma la testa - bionda, effimera - è dove si trova la sua vela. Perennemente insoddisfatta, e ha ragione: “Al volo, ma soprattutto al para-motore, non è prestata attenzione. Ho vinto praticamente tutti i premi, non solo in Italia, ed è come se fossi una disoc-cupata tra le tante”. Non è come in America, dove le atlete sono stimate e appoggiate: Angie vince, e la si dimentica.

Ma non è sola. L’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) nel 2006 evidenziava un aumento negli ultimi anni delle donne pilota: tra il 1980 e il 1999 solo 51 donne risultavano iscritte all’Albo della Gente dell’Aria, mentre in poco più di 5 anni - dal 2000 al 2006 - il nu-mero arrivava a 88. In quella data, l’apporto femminile nel trasporto pubblico era di 6 comandanti e 67 pilote su velivoli di linea, 3 comandanti e 29 pilote su velivoli non di linea, 4 comandanti e 10 pilote su elicotteri non di linea; quindi, 20 istruttrici di volo, di cui 18 su velivoli e 2 su elicotteri. Tra di esse l’altoatesina Martha Heissen-berger, prima pilota italiana di mongolfiera; Maddalena Schiavi, 48 anni di volo alle spalle; la pilota di elicotteri

Paola Bogazzi, titolare dell’Avmap Satellite Navigation, che si occupa di cartografia e sistemi Gps. Io stessa. Dall’Aeronautica Militare proviene il tenente pilota Ste-fania Ida Irmici, del 6° Stormo di Ghedi, prima pilota di tornado: il padre non fece nemmeno il servizio militare ma lei a 22 anni aveva un sogno: guidare un jet. “Si può essere donna e pilota allo stesso tempo”, dice. La giovane Char-lotte Costantini mi spiega: lei, che è un’antropologa, porta gli aerei dell’Airone, vola 20 giorni al mese su tratte euro-pee e si sottopone a un addestramento continuo e check rigorosi. Pregiudizi? “Molti. Una volta proprio una signora, appreso che a pilotare sarebbe stata una donna, ha chiesto di scendere dall’aereo. Ma sono riuscita a calmarla. C’è diffidenza ma anche molta solidarietà a bordo, soprattut-to da parte delle passeggere”. E aggiunge: “Una volta ho volato con un comandante donna, ma è stato un evento eccezionale”. Eppure lei, Samantha Cristoforetti, è andata oltre. Non solo aviatrice: è la prima astronauta italiana e la terza in Europa, dopo l’inglese Helen Sharman (che ha vo-lato nel 1991) e la francese Claudie Andre-Deshays (sulla ISS nel 2001). Nata a Milano nel 1977 e residente in pro-vincia di Trento, è tenente pilota di velivoli AM-X e AM-XT in servizio presso il 32° Stormo con base ad Amendola. Alla selezione per lo spazio, che prevedeva la scelta di 6 astronauti, avevano partecipato più di 8500 aspiranti. Lau-reata all’Università Tecnica di Monaco di Baviera e all’Ac-cademia Aeronautica di Pozzuoli, è stata la prima donna a ricevere l’onoreficienza della “Sciabola d’onore”. Allora vado in volo. Decollo dalla Flyroma, pista 09 per vento traverso prove-niente da sud-est. Questa navigazione mi porta fuori dai nostri confini senza un piano di volo ben definito. Dallas, Texas. “Sono consapevole che sto rinunciando ad avere una famiglia”, mi confessa Katie Braun, capitano nella Ho-rizon Airlines, istruttore di volo e pilota che negli anni ha insegnato a molti allievi a volare, parecchi di essi italiani e “tutti scioccati di avere un’istruttrice donna”. A capo di un jet Bombardier canadese di 70 posti, è sottoposta continua-mente allo stupore di passeggeri e primi ufficiali, nonostante nella sua compagnia su 600 dipendenti 60 siano donne. Ma solo poco più di venti capitane. “Le mie vacanze le faccio in aereo”, com’è naturale. Riparto. Com’è naturale. Innanzitut-to faccio un touch-and-go sull’aereoporto RHV di San José, in California, intitolato a quell’Amelia Reid nota per essere una delle prime donne nell’aviazione americana (la prima pilota del Nebraska, Evelyn Sharp, la iniziò al volo nel 1939), che ha insegnato a volare a più di 4 mila allievi. Un’Amelia da non confondere con la Earhart, protagonista di un (risi-bile) film che racconta la vicenda della pilota che non la-sciò tracce di sé dopo la trasvolata che da Miami la portò a Porto Rico, lungo la costa no d-orientale del Sud America,

in Africa, India e Nuova Guinea; dopo 22.000 miglia - ne mancavano 7 mila per compiere il giro del mondo - ven-ne persa a poca distanza dall’isola di Howland, carburante esaurito e comunicazione interrotta. Per alcuni l’operazione fu il prodotto di una missione di spionaggio (nell’isola di Mi-kumaroro venne ritrovata la suola di una scarpa dello stesso modello e numero di quelle indossate da Amelia), per altri l’aviatrice fu fatta prigioniera dai giapponesi con l’accusa di essere una spia ed in seguito giustiziata mentre, secondo il documentario della National Geographic WHERE’S AME-LIA EARHART?, sarebbe sopravvissuta ai campi di prigio-nia e tornata in America sotto falso nome. Che quasi mi pare di vederla in volo. Per rifornimento atterro ad Ellington, Connecticut. Manica a vento ferma, velocemente libero la pista. Unico aeroplano fra tanti elicotteri per parlare con Susanne Hallen, della scuola della North East Helicopters: “Per lavoro piloto gli Air Atlanta Helicopters, per diletto i choppers”, come l’R-22, un gioiellino sul quale volo spes-so anch’io, e ne conosco le meraviglie dell’atterraggio sulla vetta più alta e innevata di un cucuzzolo d’Appennini, o della merenda accanto alla croce alta del Tuscolo. “Ho il brevetto di pilota commerciale (CPL, ndr) e sono prossima a conseguire i brevetti da istruttore (CFI e CFII, ndr)”. Si solleva un polverone, vento traverso, meglio proseguire: decollo ala al vento e piede destro, direzione sud-est, bussola 140 gradi, Messico. Lisa Cooper proviene dal Missouri: per 8 anni ha vissuto a Portland, nell’Oregon, lavorando per l’Horizon Air, sussidiaria dell’Alaska Airlines. Pilota un CRJ-700 tra l’Ame-rica occidentale, il Messico e il Canada: “Volo sin dai tempi del college e voglio entrare in una compagnia di bandiera”. Quindi bussola 120, Brasile. Dall’alto Copacabana, l’aero-porto di Maricà, il Cristo di Rio, ma mi dirigo (270 gradi) ver-so San Paolo dove Clarissa Pereira mi racconta il suo primo volo da solista: “L’ho fatto a 18 anni su un elicottero leggero. Da allora non ho mai smesso di volare” e, finite le riprese del video Atlas Brazil per Discovery Channel per le quali ha messo a disposizione le proprie abilità, le hanno detto: “Grazie Clarissa, ci hai incoraggiato a volare”. Incoraggia anche me per la mia traversata sopra l’Atlantico e rientro a Roma in volo strumentale notturno sopra un aereo di cartone. Atterro per pista 27, il vento ora spira da nord e punta la manica a vento in posizione consueta, ripongo le mie ali nell’hangar della Flyroma e mi fermo un attimo, in silenzio. L’odore è quello dell’erba umida ed è quasi l’alba. Nessuno sa che ho preso un ULM per attraversare l’oceano e parlare di donne. Solo uno struzzo ed un maiale mi guar-dano. Il primo allunga il collo e, nonostante ali inette al volo, dal mio sguardo si convince che un giorno lo faranno vola-re. Il secondo mi chiede com’è il cielo, perché i maiali non possono guardarlo. Gli rispondo che è come una donna: inafferrabile. E quasi vive meglio lui, che non lo sa.

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E se Icaro avesse avuto una sorella? O un cognome? Icaro De Bernardi, non suona male. È infatti a una nostra pilota che gli americani hanno addirittura dedicato una borsa di studio, ritenendo che sia lei ad aver aperto la strada alle donne nell’aviazione commerciale: Fiorenza De Bernardi è la prima pilota di linea in Italia (1967), la quarta nel mondo e la prima pilota di montagna con licenza di pilota tra i ghiacciai. Una volta ha costruito un igloo in una situazione di emergenza sull’Ada-mello, a 20 gradi sotto zero. Il Minotauro la guardava incredulo. Iniziò a volare nel 1951 con il padre Mario de Bernardi e nel 1966 ottenne il brevetto commerciale. Ha fondato l’Associazione Pilote Italiane, oggi Associazione delle Donne dell’Aria, è vicepresidente della Federazio-ne Pilote Europee, membro delle 99 (cui appartengono tutte le pilote del mondo) e membro dell’Isa, l’Associazione Internazionale delle Pilote di Linea. Se Icaro avesse avuto una sorella sarebbe stata più o meno cosí. Solo, a raggiungere il sole, più attenta del fratello.

Cosa ne pensa della situazione attuale dell’aviazione?Disastrosa: ho amiche in America e in Francia che vanno a fare la spesa con l’aeroplano mentre l’Italia non fa volare e il Ministero dell’Aviazione Civile fa di tutto per tenerci a terra. È colpa di po-litici che danno incarichi di comodo a persone inesperte che di volo non sanno nulla. Ci ostacolano con prezzi immotivati, tasse d’atterraggio e di decollo, che non consentono di utilizzare l’aero-plano in maniera libera, mentre prima, per incrementare il turismo, portavamo in volo attori e attrici in maniera da attirare l’attenzione.

Lei, che è la prima pilota donna di linea, come vede la situa-zione dell’Alitalia?Proprio l’Alitalia non volle mai farmi un contratto. Lavoravo già per l’Aeralpi da tempo, con la quale volavamo per Alitalia con passeggeri AZ che spesso chiedevano, per il volo successivo, di volare con me. Quando l’Alitalia affittò l’Aeralpi, si rifiutò di farmi un contratto espli-citamente perché ero una donna. Solo dopo 15 anni hanno assunto Antonella Celletti, che è ancora comandante. Io, intanto, fui assun-ta dall’Aertirrenia e divenni la prima comandante donna in Italia nel 1969; poi me ne andai in Russia. L’Alitalia era la compagnia più bella del mondo prima che politiche di assunzione in esubero non la por-

La donna che ha aperto la strada alle donne nell’aviazione commerciale è Fiorenza De Bernardi, la prima pilota di linea in Italia, la quarta nel mon-do (gli americani le hanno anche intitolato una borsa di studio) e la prima pilota di montagna con licenza di pilota tra i ghiacciai. All’interno di que-sto speciale sulle donne pilota, non potevamo esimerci dall’intervistarla.

i n t e r v i s t a a F i o r e n z a d e B e r na r d il a p r i M a

noi

tassero sul baratro: il volo non può tenersi sulle spalle di mi-gliaia di dipendenti inutili. La situazione è stata usata per anni da chi la gestiva per curare i propri comodi, oggi è esplosa.

Come è nata la sua passione per il volo?Devo tutto ai miei genitori, che mi hanno educato all’indi-pendenza: quando avevo 15 anni mi hanno messo il sacco in spalla e mi hanno lasciato andare. Fin da ragazza, in un’epoca rigida, io potevo fare campeggi con gli amici, roccia e sci in montagna, mentre mio padre mi ha iniziato al volo su un pic-colo aereo da turismo. Durante i primi anni volai per sport fa-cendo competizioni in Italia e in altri Paesi europei, spesso in coppia con Graziella Sartori. Divenni il copilota di un amico di mio padre, rappresentante della Piper. Questa ero io. Oggi i giovani sono strumentalizzati. Il voto in condotta, ad esempio: che novità è? Non avrebbe mai dovuto essere tolto. Ci vuole severità, educazione, lotta contro la droga e non lassismo.

Rappresenta l’Associazione delle Donne dell’Aria: di cosa si tratta?Della naturale evoluzione dell’API, l’Associazione Donne Pi-lota da me fondata, destinata a coinvolgere le donne che fan-no parte della famiglia aeronautica. Mentre nell’API soltanto le donne con brevetto di pilota si associavano, ora, con l’ADA, tutte coloro che occupano posizioni nei settori dell’ aviazione civile o militare hanno la possibilità di iscriversi e lavorare per lo scopo dell’Associazione, quello di affermare e sostenere la presenza delle donne dell’Aviazione, favorire la diffusione della cultura del volo, essere di stimolo alle istituzioni.

Continuerà a lottare per affermare la libertà di volo?Sì. Ho cominciato la mia battaglia in un periodo in cui le donne sui voli di linea non c’erano, sono diventata femmi-nista quando mi hanno ostacolato ed oggi sono coi fucili puntati contro chi non ci fa volare.

testo e foto di Romina Ciuffa

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aut aut [àut àut]modo familiare tolto al latino che significa o sì o no, o in un modo o in un altro.

per noi da sempre simbolo della scelta.

aut magazine è distribuito gratuitamente in tutta italia grazie alla tenacia e all’impegno dei volontari del Circolo Mario Mieli,

e al sostegno dei nostri partner. aspettateci, cercateci, leggeteci.

aut soMMarioQuesto mese

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"Ho cominciato la mia battaglia in un periodo in cui le donne sui voli di linea non c’erano, sono diventata femminista quando mi hanno ostacolato ed oggi sono coi fucili puntati contro chi non ci fa volare"

Fiorenza DeBernardi, prima pilota di linea in Italia

InPiazza:La Consulta sui matrimoni gaydi Andrea Maccarronea pagina 9

Culture o stili:Le donne pilotadi Romina Ciuffaa pagina 14

Chiamatele pure sgualdrinedi Daniele Catenaa pagina 30

Speciale Moda di missAlessiaa pagina 32

Le ultime follie dal Giapponedi Daniele Catena e Domenico Orioloa pagina 38

Blogger vs fashion editordi Andrea Bandieraa pagina 42

Noi: Le provocazioni del duo Ricci/Fortedi Rosa Vitalea pagina 20

Dusty Springfielddi Maria Tridicoa pagina 24

RadioMucca on aira cura della redazionea pagina 26

Priscilla a teatrodi Maria Tridicoa pagina 34

pag45 Sensi

pag60 Metropoli

pag64 Incipit

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