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Torino e il suo territorio Prospettive urbane e architetture di paesaggio all’ombra della Mole Guide Verdi d’Italia Touring Editore

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Torino e il suo territorioG

uide Verdi d’Italia

Torinoe il suo territorio

Prospettive urbanee architetture di paesaggioall’ombra della Mole

Guide Verdi d’Italia

Touring Editore

PANTONE METALLIZZATO 8400 C

Piazza castello, il Polo reale e il Duomo

Il centro storico all’ombra della Mole

Il Quadrilatero e Borgo Dora

Da Porta Susa a Porta Nuova

Lungo il Po dal Valentino al Lingotto

Le residenze sabaude e la collina torinese

Fuori Torino

Oltre 100 immagini e la cartografia Touring

con il consueto dettaglio: tavole e piante di città,

planimetrie dei monumenti principali

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Quadro d’unione delle tavole cartografiche e indice delle carte e delle piante 6

Come consultare la guida 8

PREPARARE IL VIAGGIO

Da non perdere 12Notizie utili 14

POPOLI CULTURE AMBIENTE

Il territorio e la popolazione 30Storia e sviluppo urbano 34Cronologia storica essenziale 39Il percorso artistico 41Dizionario d’arte e cultura 47Box: Fiat: evoluzione di una company town, 37

LA VISITA

Il prisma Torino 50Box: Dal Cantacronache al Balôn Combo: Tori­no rock, 53

1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo 62

Profilo dell’area / La visita 621.1 La corona di piazza Castello 631.2 Il Polo Reale, la Biblioteca Reale

e palazzo Chiablese 691.3 Il Duomo e il suo corredo 77Box: La carica dei toret, 63; Palazzo Madama e Museo Civico d’Arte Antica, 64; Una sera al Re­gio, 66; Polo Reale: informazioni, orari, servizi,

69; Torino e misteri: i luoghi della ‘città magica’, 73; Sindone: il mistero del Sacro Volto, 79

2 Il centro storico all’ombra della Mole 80

Profilo dell’area / La visita 802.1 Via Roma e le sue piazze 812.2 Il Museo Egizio e i palazzi del centro 842.3 Lungo via Po 912.4 La Mole Antonelliana e il Museo

del Cinema 952.5 Da piazza Vittorio Veneto al monte

dei Cappuccini 99Box: Museo Egizio: informazioni, orari, servizi, 86; Aristocratica tazzina: i caffè storici del cen­

SOMMARIO

Il Museo del Cinema

Porta Palazzo

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SOMMARIO

tro, 90; Torino capitale del cioccolato, 94; Mu­seo del Cinema: informazioni, orari, servizi, 96; Dopo mezzanotte: il cinema al Museo del Cine­ma, 97

3 Il Quadrilatero e Borgo Dora 102

Profilo dell’area / La visita 1023.1 Lungo via Garibaldi 1033.2 Nel raggio di piazza Savoia 1063.3 Porta Palazzo e Borgo Dora 110Box: Quadrilatero, S. Salvario, Vanchiglia: il do­pocena torinese, 107; Nel suq torinese da Por­ta Palazzo al Balôn, 110; La riscossa delle offi­cine: tour nella Torino postindustriale, 112

4 Da Porta Susa a Porta Nuova 113

Profilo dell’area / La visita 1134.1 Da piazza Statuto a piazza Solferino 1144.2 La Crocetta e dintorni 1174.3 S. Salvario e Porta Nuova 121Box: Quattro passi nel giardino fiorito della Pic­cola Torino, 115; Imprevisti sul passante ferro­viario: arte pubblica a Torino, 117; La nuova Spina dorsale della città, 119; Suonami, sono tuo, 122

5 Lungo il Po dal Valentino al Lingotto 123

Profilo dell’area / La visita 1235.1 Il parco del Valentino 1245.2 I Musei Universitari e il Lingotto 128Box: Libri da voliera: poesia del riciclo nelle aiuo­le di Torino, 124; Salone del Gusto e Terra Madre: appuntamenti slow, 131; Itinerari to­rojuventini, 133

6 Le residenze sabaude e la collina torinese 134

Profilo dell’area / La visita 1346.1 Basilica di Superga 1356.2 Venarìa Reale 1376.3 Castello di Rivoli 1416.4 Palazzina di Caccia di Stupinigi 1446.5 Moncalieri 1466.6 La collina torinese 148Box: Come arrivare a Superga, 136; Come arri­vare a Venarìa Reale e La Mandria, 138; Parco La Mandria, percorsi guidati a piedi o in bici­cletta, 140; Borgata Leumann, gioiello operaio, 141; Come arrivare a Rivoli, 142; Fly Experien­ce a Grugliasco, 143; Di fiera in fiera a Monca­lieri, 147; I parchi della collina torinese, 148; I peperoni di Carmagnola, 150

7 Fuori Torino 151

Profilo dell’area / La visita 1517.1 Ivrea e il castello di Masino 1527.2 La valle di Susa 1557.3 Pinerolo 161Box: La torta del secolo, 153; La battaglia delle arance, 154; Dalla focaccia all’acquavite: sa­pori forti in valle di Susa, 156; Rocciamelone, salita al gigante delle Graie, 159; Avventure in Vialattea, galassia dello sci, 160; Galuperie per tutti i gusti, 161; Pinerolo, Giamaica: il caso Africa Unite, 162

INDICI

Indice dei luoghi 163 Referenze iconografiche 166

Il Museo Egizio

TOP 5 TORINOTorino con i bambini pag. 15Prospettive urbane pag. 51Teatri pag. 67Street food pag. 75Torino in versi pag. 76Shopping pag. 92Birrifici pag. 98Discoteche pag. 101Gelaterie pag. 105Piole pag. 111Mercati rionali pag. 120Giardini segreti pag. 126Merende reali pag. 137

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Il prisma Torino

I volti della cittàAlla fama di città squadrata e regolare come il suo reticolo di vie, proiettate nella mo-dernità direttamente dall’antica Roma, Torino (m 239, ab. 902 000 circa al 1° gennaio 2014) risponde mostrando un fascino inaspettato. Concreta per natura, pragmatica per scelta, trasformista per necessità, pur restando fedele al suo innato basso profilo Torino si è scrollata di dosso l’etichetta di città ‘grigia, fredda e industriale’, affermandosi come uno dei capoluoghi più colti e attenti alle sollecitazioni del mondo contemporaneo.Dal punto di vista architettonico, otto e più secoli di governo dei Savoia hanno dato alla città un’omogeneità di stile unica. Una dimensione teatrale che a ogni incrocio svela un rincorrersi di vie, portici e auliche piazze aperte come quinte su scorci di collina e di creste alpine, mentre lo scorrere sinuoso del Po, i viali e i grandi parchi fanno da contraltare agli angoli verdi nascosti oltre i portoni dei palazzi nobiliari.Specie nel centro storico, Torino può vantare un omogeneo bouquet architettonico di stili, fatto di reperti romani e profili rinascimentali, di tratti medievali ed echi liberty, neogotici e art déco, incantevoli comprimari del primattore barocco piemontese.La Porta Palatina, Palazzo Reale e palazzo Madama, la cupola del Duomo, la Mole Anto-nelliana, il salotto di piazza S. Carlo, ma anche i grattacieli contemporanei sono alcuni testimoni dell’evoluzione della prima capitale d’Italia. Il fermento culturale trova dina-mica espressione nel rinnovamento dei fiori all’occhiello del sistema museale torinese: il Museo Egizio, riaperto nell’aprile 2015 con un nuovo allestimento che si articola in quattro piani di visita, coprendo un arco temporale che va dal 4000 a.C. al 700 d.C.; il Museo del Cinema e quello del Risorgimento, il Museo dell’Automobile e il Polo Reale. Ma soprattutto l’ex capitale dell’automobile è tornata a brulicare di quella vita «giovane, forte e libera» che stregò Lev Tolstoj un secolo e mezzo fa. Giovani e giovanissimi affollano i corridoi dell’università, i parchi, i locali, alla domenica lo stadio e, al calar della sera, i quartieri di S. Salvario, del Quadrilatero Romano e dell’emergente Vanchiglia: aree un tempo degradate, dopo importanti interventi urbanistici sono diventati sede di caffè, bistrot, locali di tendenza e punti di riferimento per una città che vive giorno e notte.A nord-ovest della città si trova la Reggia di Venarìa Reale, capolavoro barocco, mentre alla periferia ovest e sud si stagliano rispettivamente gli antichi castelli dinastici di

Veduta panoramica del centro con piazza Castello dalla torre campanaria del Duomo

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Rivoli e Moncalieri, di impianto medievale ma ristrutturati tra ’500 e ’600, e, sempre a sud, la leggiadra Palazzina di Caccia di Stupinigi. La quinta della collina oltre il Po, elemento chiave dello skyline torinese, cinge Superga e la sua basilica, icona cittadina ed ennesima memoria sabauda. Nella cintura metropolitana spiccano infine i centri di Chieri e Moncalieri, ricchi di testimonianze storiche e artistiche, e Sàntena, a sud di Torino, custode della residenza estiva e della tomba di Camillo Benso conte di Cavour.

Passeggiate a naso in suLa scacchiera torinese, di strade parallele e perpendicolari, facilita l’orientamento e consente di concedersi divagazioni senza mai perdere la bussola. La proposta di visita si articola in sei percorsi che si diramano dal centro alla periferia. Si comincia da piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo, dove fanno bella mostra di sé le dimore reali dei Sa-voia. Il profilo di Palazzo Reale crea il fondale, ma a riempire la scena è palazzo Madama, residenza prediletta dalle signore della dinastia. Uno straordinario patrimonio di cultura è custodito tra Museo Civico di Arte Antica, Teatro Regio, Archivio e Segreteria di Stato, Biblioteca e Armeria Reale e chiesa di S. Lorenzo.

TOP 5 PROSPETTIVE URBANE 1 Piazzale del monte dei Cappuccini Location preferita (non a caso) dalle tante fiction girate in città

negli ultimi anni, concede la visione ‘live’ della Mole, dello skyline delle Alpi e dei tetti a distesa. Un’emozione unica, a prescindere dal clima e dalla stagione.

2 Dal Po La città svela le sue anime a chi passeggia lungo le banchine ottocentesche dei Murazzi, sul camminamento sospeso fra verde e palazzi borghesi di lungopo Machiavelli, o a bordo dei battelli panoramici Gtt in servizio sul Po, dai Murazzi a Italia ’61.

3 Tranvia Sassi-Superga Si assaporano suggestioni alpestri accomodati nelle originarie carrozze della tranvia a dentiera (1884), unica in Italia nel suo genere: 3 km di viaggio d’altri tempi, fra boschi e radure con pendenze che sfiorano il 21%.

4 Turin Eye In Borgo Dora, la mongolfiera frenata più grande al mondo si leva, tempo permettendo, a 150 m d’altezza e per una ventina di minuti regala visioni urbane a dir poco inconsuete. Accessibile anche alle persone con disabilità.

5 Arco Olimpico Visioni postindustriali, sino a contemplare la collina, dalla passerella pedonale (m 400) che unisce i padiglioni del Lingotto all’ex Villaggio Olimpico del Moi, gli ex Mercati generali. Visibile a grande distanza, l’Arco rosso in metallo è il simbolo architettonico dei XX Giochi Olimpici Invernali del 2006.

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1 Torino e la collina

Di fronte a Palazzo Reale si spalanca il cammino lineare di via Roma. È la prima direzione del variegato percorso che perlu-stra il centro storico all’ombra della Mole e prevede una tappa nel salotto cittadino di piazza S. Carlo, che ‘sfuma’ in piazza Cln. Via Lagrange con il suo shopping di lusso e via Carlo Alberto sono punteggiate di palazzi d’epoca; su via Accademia delle Scienze, naturale proseguimento di via Lagrange, si affaccia il palazzo omonimo con il rinomato Museo Egizio, mentre cu-stodisce memorie della Storia d’Italia la bella piazza Carignano. Il riflettore sulla città moderna si accende scendendo lungo via Po, altro palcosce-nico di aristocratici edifici che nelle vie retrostanti nascondono, da un lato, il Borgo Nuovo con le sue piazze e, dall’altro, la Mo-le Antonelliana, simbolo di Torino e loca-tion del Museo del Cinema. Fiancheggiato dalle antiche arcate dei Murazzi, il Po dà respiro al panorama sulla sponda opposta,

dominato dalla chiesa della Gran Madre di Dio e sovrastato dal monte dei Cappuccini.Tra il Quadrilatero e Borgo Dora, lungo via Garibaldi, c’è da sbizzarrirsi in chiese e palazzi aulici. Sul fronte sacro, spiccano il santuario della Consolata, nella piazzetta omonima, il Museo della Sindone, la chiesa della Ss. Maria Ausiliatrice. Sul versante laico l’ingresso romano della Porta Palatina, i palazzi rinascimentali e il Museo d’Arte Orientale, che svela insospettabili inclinazioni esotiche dell’austera Torino. Un percorso da stazione a stazione, da Porta Susa a Porta Nuova, conduce attraverso piazza Statuto e piazza Solferino, dal quartiere Crocetta a S. Salvario: è l’occasione di scoprire la Torino sotterranea, scendendo nelle gallerie sotto i bastioni della Cittadel-la, e due dei grandi viali paralleli diretti fuori città: corso Re Umberto e corso Galileo Ferraris. Oltre il raccordo ferroviario di Porta Nuova, il quartiere S. Salvario è simbolo della Torino multietnica e il nuovo centro della movida. L’anima del borgo sfuma dal folclore popolare di via Nizza, nella fascia vicina alla stazione, all’atmosfera residenziale alto borghese dei palazzi affacciati verso il Po. Il parco del Valentino, con il suo castello autentico e il falso storico di Borgo e Rocca Medievale, disegna un’oasi di verde ed è meta ideale per una pausa.Scendendo lungo il Po dal Valentino al Lingotto, ancora una volta lo scenario muta. Passati i musei universitari, corso Massimo D’Azeglio scorre verso corso Unità d’Italia, sui cui si affaccia il Museo Nazionale dell’Automobile. Poco oltre c’è Italia ’61, il quartiere che ospitò l’Esposizione Internazionale del Lavoro - Torino 1961. Da qui al Lingotto, tra via Nizza e il passante ferroviario, il passo è breve. L’imponente stabilimento Fiat d’inizio ’900 oggi è un importante complesso espositivo, commerciale, culturale, corredato dalla palazzina dove, nel 1997, sono tornati gli uffici direzionali torinesi della fabbrica d’auto. Di fronte all’ingresso del centro commerciale, nell’ex stabilimento Carpano, imperano le golosità di Eataly. Dal Lingotto alla stazione omonima, sorvolando i binari, si arriva grazie all’opera simbolo delle Olimpiadi invernali 2006, l’Arco Olimpico rosso sotto cui scorre la passerella pedonale.Siamo ormai in periferia, dove Torino si specchia nella ‘Corona di delizie’ che la circon-dano a raggiera: le residenze sabaude e la collina. La Basilica di Superga caratterizza l’orizzonte di nord-est, mentre a segnare altri quattro punti cardinali sono altrettante dimore che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità: la Venarìa Reale a nord-ovest, il Castello di Rivoli a ovest, la Palazzina di Caccia di Stupinigi sul fronte sud-occidentale e il Castello di Moncalieri sul lato sud-orientale.Mete di visita fuori Torino sono infine alcuni comuni come Sàntena e Carignano, o destinazioni più lontane ma raggiungibili comunque in giornata come Ivrea e il castello di Masino. Chi non resiste alla tentazione della montagna può fare rotta verso Pinerolo e la valle di Susa, con le rinomate piste da sci della Vialattea.

La ‘bolla’ del Lingotto, opera di Renzo Piano

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Dal Cantacronache al Balôn Combo: Torino rock

È una storia curiosa quella delle canzoni di Torino, su Torino, perché c’è un buco tra la fine degli anni ’50-primi ’60 e i giorni nostri. Ai due estremi una Torino vivace, ricca di idee, avanti anche spericolatamente; in mez-zo, appunto, lunghi anni di sonno.Negli anni Cinquanta Torino è la città della Rai. La Francia è vicina, se non l’America, e filtrano idee avventurose. Un gruppo di ra-gazzi guidati da Michele Straniero e Fausto Amodei fonda il gruppo dei Cantacronache e toglie il diminutivo-vezzeggiativo alla parola ‘canzonetta’; le loro sono canzoni di lotta e protesta, di curiosità e sfogo, che anticipano profeticamente il mondo dei cantautori. Il più bravo e attivo è Fausto Amodei, l’uomo di Per i morti di Reggio Emilia; da buon torine-se capta gli umori della città in una serie di asciutte ballate che raccontano il mondo del lavoro, gli scioperi, le rivendicazioni operaie: Nei reparti della Fiat e La canzone della Mi-chelin, per esempio, con un tono schietto da Robin Hood cantastorie. Ma la Torino di que-gli anni (Cantacronache nasce nel 1958) è anche più frivola e un po’ surreale. È la patria di Rita Pavone e, prima, la città in cui Do-menico Modugno inizia timidamente e quel-la in cui Fred Buscaglione, con Leo Chiosso, immagina una sua America tra il Valentino e il Po, ambientando esotici playboy tra le borgate – memorabile Porfirio Villarosa «che faceva el manoval alla Viscosa» – «lo crede-vano spagnolo o portoghese / egli invece è torinese / era un rude e modesto terrazziere».Dopo quei fermenti, Torino si addormenta e partecipa marginalmente alla grande abbuf-fata del beat, del Prog, della canzone d’au-tore. Resta a vegliarla qualche figlio innamo-rato, come Gipo Farassino, che ne descrive i lati più umili e veri inscenando ‘cansson d’la piola’, le canzoni delle trattorie popolari – al-cuni squarci sono memorabili (La mia città,

El 6 ed via Coni, Cor nen va pian) ma è una gloriosa eccezione. Forse è la tradizionale riservatezza della città, brusca e sfuggente anche per chi la abita; o forse ha ragione Venditti quando la definisce «malata di ma-linconia» in un LP del 1982, non prima però di averla accarezzata con affetto («Torino ma chi l’ha detto che non sei bella / antica quan-do la sera diventi stella / non parli perché hai paura di sapere troppo»). Ci vogliono gli anni Novanta, dopo le sbornie pop di Umberto Tozzi e dei Righeira, perché la scena torni ad animarsi davvero. Nella serra musicale cittadina fioriscono cantautori come Lalli, complessi ska come Statuto e Persiana Jones, punk come i Negazione e i Linea 77 (che prendono il nome da un au-tobus che collega hinterland e centro), rock come Subsonica (nella foto), Perturbazione e Mau Mau. Il legame con la città specie nelle giovani generazioni è forte: Torino va ritrovata, rimodellata, abitata. Torino è la madre, anche se «qui non c’è il mare», come cantano gli Statuto, la cui sigla viene da una storica piazza cittadina. Torino è lo sfondo, il guscio e «il cielo sopra», anche se l’aria è sporca (Subsonica). Torino è «sotto la luna» ma anche «sulla luna», come spiega un film di Davide Ferrario con il tema visionario di Dente. È cambiata la gente, il vecchio Pie-monte si è mescolato con il Sud non solo d’I-talia ma del mondo; e dagli incroci viene la strana mappa di una Torino simile a Kingston o a Rio de Janeiro. La disegnano i Mau Mau di Balôn Combo, raccontando lo storico mer-cato del sabato in una saporosa lingua italo-afro-piemontese. «Yo man sono arrivato e in poco tempo ho imparato / Sono entrato negli affari / Je suis nigga 100% / culo e camicia la stessa gente / del sud sempre contento / I am a brotha rispettato».

Riccardo Bertoncelli

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1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo

Profilo dell’areaTutto in piazza Castello fa pensare di trovarsi al centro della città: la concentrazione dei palazzi storici, l’architettura imponente ma così ben distribuita da dare respiro all’insieme, le strade che confluiscono da tre lati verso un punto focale, l’affluenza di persone che si godono la vista e la piazza con le sue fontane a raso, fresca tentazione per chi ci passa accanto nelle giornate assolate.È un paesaggio da ammirare affacciati a una delle torri di palazzo Madama, dove la vista spazia fino all’arco alpino e all’Europa, mentre le fondamenta affondano in epo-ca romana. Da qui è facile immaginare l’antico raccordo con Palazzo Reale, saltano all’occhio i fregi del barocco piemontese e, con loro, la cancellata ‘lirica’ del Regio, opera nell’opera; da qui si scorgono la mistica cupola di S. Lorenzo nascosta dietro l’anonima facciata, la torre Littoria, sfrontata e austera con il suo stile primo ’900, la cupola della Cappella della Sacra Sindone, capolavoro barocco di Guarino Guarini che arricchisce il Duomo rinascimentale. Sempre qui i Savoia fecero battere il cuore degli affari di Stato e della vita privata e ancora qui, oggi, i torinesi si riuniscono per eventi e manifestazioni, anche se la piazza dei palazzi reali deve spartire con piazza S. Carlo il titolo di location preferita per i grandi raduni cittadini. Sulla corona dell’agorà fer-vono le attività, si diramano le vie commerciali e gli uffici si animano dietro le facciate degli antichi palazzi. A ogni angolo il passato sembra tendere il testimone al presente, perché la città dei bogianen (non ti muovere), come recita uno slogan istituzionale, in realtà non sta mai ferma.

La visitaLa visita del nucleo storico è divisa in tre aree e spazia, idealmente, tra i centri del potere temporale e spirituale. La prima tappa è piazza Castello, nucleo cittadino che celebra i fasti della dinastia Savoia, da palazzo Madama alla chiesa di S. Lorenzo, tanto ‘discreta’ quanto significativa nella storia della città. Il secondo cammino perlustra il Polo Reale, la Biblioteca, ‘scrigno’ del ritratto di Leonardo, e palazzo Chiablese, luoghi in cui si conservano documenti e simboli del dominio militare e culturale. La terza rotta vira decisamente al sacro e conduce verso il Duomo e la cappella della Sacra Sindone.

I giochi d’acqua delle fontane a scomparsa di piazza Castello

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Piazza Castello è il fulcro di quei ‘palazzi del potere’ torinesi inseriti dall’Unesco nei Patrimoni dell’Umanità. Fu a partire dalla seconda metà del ’500, in seguito al trasferimento della capitale da Chambéry a Torino, che prese forma il programma architettonico e urbanistico sfociato, nell’arco di tre secoli, nell’ascesa dinasti-ca dello Stato sabaudo. La piazza è una sorta di anteprima di quanto Torino ha da offrire: due dimore reali e il Teatro Regio, ovvero storia e cultura; chiese e arcate da passeggio, quindi anima e frivolezza; ampie vie e passaggi quasi nascosti, che aprono orizzonti verso ogni direzione.La zona è raggiungibile con la metropolita-na: dalla stazione Porta Nuova si percorre 1 km a piedi per le vie dello shopping.

Piazza Castello** (1, C4-5). È il cuore sto-rico di Torino, baricentro anche simbolico della città. Fu a partire dal primo ’600, con l’edificazione del grandioso complesso del Palazzo Ducale, e poi Reale, che si determinò definitivamente il suo ‘ruolo’ politico. Prima di allora, lo spazio che si apriva davanti al castello, dove ora si erge l’attuale palazzo Madama, era perife-rico rispetto all’insediamento medievale d’impianto romano. Solo nel xiii secolo la romana porta Decumana che si apriva nelle mura in corrispondenza dell’estre-mità orientale del decumanus maximus,

l’odierna via Garibaldi, venne trasformata in fortezza da Guglielmo VII del Monferrato. Fu Ascanio Vitozzi, chiamato a fine ’500 da Emanuele Filiberto, a dare alla piazza la prima allure di capitale. Un vasto spazio scenico, profilato da facciate uniformi e lunghe sequenze di portici, da cui i Savo-ia esibivano momenti di vita pubblica e privata: cortei nuziali, feste di Carnevale, fiere e solenni esposizioni della Sindone. Oggi la piazza, come altri spazi del centro sottratti al traffico e all’incuria, è un ‘luogo ritrovato’, oggetto di un intervento che ha riconsegnato alla zona una nuova fisiono-mia. L’area antistante palazzo Madama, attrezzata con fontane dai getti a scomparsa e panchine, insieme alla piazzetta di Palazzo Reale, forma un unico grande spazio pedo-nale, incorniciato dal perimetro dei portici, dalle prospettive che si aprono su via Roma, via Pietro Micca, via Garibaldi, via palazzo di Città e via Po, dagli alti e uniformi profili dei palazzi circostanti. A svettare sull’insieme, la cappella della Sacra Sindone, la sagoma della torre Littoria (Armando Melis de Villa, 1931-33), primo discusso ‘grattacielo’ citta-dino all’angolo tra via Roma e via Viotti, e l’elegante cupola di S. Lorenzo. Palazzo Madama** (1, C4). La piazza pare ruotare attorno alla mole imponente di questo edificio, custode di tutti gli stili architettonici che hanno segnato la città.

1.1 La corona di piazza Castello

È una vera e propria mandria quella dei toret, le caratteristiche fontanelle verdi con la testa di toro che costellano parchi e giardini, viali e piazze, in centro come in periferia. In tutto sono circa 850 e la loro storia affonda le radici almeno nel secolo scorso (secondo alcune fonti, i primi sarebbero comparsi già a fine ’800). Certo è che i ‘torelli’ sono parte essenziale dell’arredo urbano. Per chi visita la città sono piccole oasi dove dissetarsi o rinfrescarsi. Per i torinesi, abituati a fruirne fin da piccoli, sono così familiari da far dimenticare quanto siano tipici e preziosi, con la loro acqua limpida e potabile che zampilla a getto continuo. Dal 2012, a tutelarli, ci pensa il progetto I love toret (www.ilovetoret.it), nato dall’iniziativa di alcuni estimatori che propongono l’adozione ‘ideale’ delle fontanelle, incoraggiando chi le ama a prendersene cura. Nel negozio di I love toret (via Vittorio Andreis 18, interno 16S, del Cortile del Maglio) si trovano T-shirt, tazzine, bicchieri a soffietto, gadget e perfino biciclette, rigorosamente decorati con la testa di toro incastonata nel cuore. Icona della ‘torinesità’, solidi e immutabili nel loro blocco di ghi-sa, i toret stanno al passo con i tempi e apprezzano la tecnologia. Grazie alla app ‘iToret’, che aiuta a localizzarle, le fontane verdi sono tra i primi monumenti in Europa capaci di mandare messag-gini turistici, raccontando la propria storia.

La carica dei toret

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1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo

Un tempo collegato a Palazzo Reale attra-verso la galleria di Carlo Emanuele I, di-strutta nel 1809, si conferma un capolavoro dell’architettura del primo ’700 europeo e una delle più visitate Residenze sabaude urbane del Patrimonio Unesco.

Storia. Porta Decumana della romana Julia Augu-sta Taurinorum divenne castello nel medioevo e reggia signorile nel ’400, con Ludovico d’Acaja. Nel 1637 fu eletta a residenza di Maria Cristina di Francia, sorella di Luigi XIII, vedova di Vittorio Amedeo I e reggente per conto del figlio Carlo Emanuele II, la ‘madama’ che per prima legò a sé il nome di quel palazzo. Per tutto il ’600, la struttura fu al centro di progetti che ne ridelinea-rono la facciata (Ascanio Vitozzi) e coprirono la corte interna, ricavando al primo piano un salone di rappresentanza (Carlo di Castellamon-te). Altri ‘ritocchi’ furono commissionati dalla seconda Madama Reale, Maria Giovanna Battista Savoia-Nemours, nel 1718, al messinese Filippo Juvarra, nuovo architetto di corte che, tre anni dopo, ultimata la realizzazione dello scalone e della facciata ovest, lasciò l’incarico. Ragione per cui, ancor oggi, la facciata est ha mantenuto l’aspetto medievale. La chiusura al pubblico, nel 1998, ha segnato l’inizio di un lungo e radi-cale risanamento che nel dicembre del 2006 ha restituito il palazzo alla sua funzione museale.

Inondata dalla luce che spiove all’interno attraverso nove ampi finestroni, l’opera di Juvarra è una sorta di monumentale appa-rato scenografico. Alla vista, si presenta come uno strumento di composizione ar-chitettonica, incorniciato dall’alta balau-stra che corona la facciata in un gioco di statue e vasi e ripartito dalle tre aperture centrali (ora vetrate), scandite da quat-tro gigantesche colonne scanalate, che in origine formavano una vasta loggia sulla

piazza. Ancora più sorprendente è l’inter-no: dalla volta centrale dell’atrio, sorretta da quattro esili colonne doriche, prende forma lo Scalone Monumentale che sale con due rampe simmetriche in un aereo gioco di archi, conducendo alle sale che oggi accolgono la raccolta Civica di Arte antica. Nella Sala del Voltone – la corte coperta dell’antico castello – la pavimen-tazione trasparente consente di ‘leggere’ le stratificazioni del sottosuolo (fondazioni e

Orari. Il Museo Civico d’Arte Antica è aperto martedì-sabato 10-18, domenica 10-19. L’ingres-so è a pagamento, tranne il primo martedì del mese, ma si può sempre entrare gratui tamente a palazzo Madama per ammirare lo Scalone Monumentale e la Corte Medievale (martedì-sabato 10-18 e domenica 10-19). Biglietti. Con un unico biglietto, valido tutto il giorno, si possono visitare sia le collezio-ni permanenti sia le mostre temporanee del Museo Civico d’Arte Antica, esposte all’interno degli ambienti storici di palazzo Madama. I gruppi con più di 10 persone devono prenotare (possono essere accompagnati da guide esterne o richiedere una guida del museo). Un tour completo, non approfondito, richiede all’incirca un’ora e mezza; a meno che non si abbia la possibilità di tornare, è opportuno scegliere in anticipo i settori che interessano di più. Servizi. Lungo il percorso di visita, che si sviluppa su quattro piani, si trovano indicazioni sulle sale, approfondimenti sulle opere e postazioni multimediali; in biglietteria è possibile noleggiare le audioguide. All’interno si trovano una libreria (al piano terra), dove acquistare guide e pubblicazioni del Museo, e una caffetteria (al primo piano). Per ulteriori informazioni: www.palazzomadamatorino.it

Palazzo Madama e Museo Civico d’Arte Antica

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1.1 La corona di piazza Castello

lastricato romani), in una cornice di mura e finestre di epoca medievale. Salendo al pri-mo piano dal sontuoso scalone, si ammira attraverso le grandi vetrate l’ampio Salone del Senato, ora sede di mostre temporanee e fulcro del sistema espositivo. Adibito nel 1848 ad aula del Senato Subalpino, qui Vittorio Emanuele II giurò fedeltà allo Stato e insediò il Primo Parlamento italiano, inau-gurato nel 1861. Incastonati nei due angoli opposti della facciata juvarriana, la solare veranda adibita a salottino per i visitatori e il Caffè Madama, accanto alla Camera della Galleria, ottimo pretesto per un caffè o una cioccolata calda accomodati a un tavolino della loggia vetrata. Esternamente, l’antico fossato ospita un giardino medievale che ricostruisce verosimilmente il giardino del principe Ludovico d’Acaja, rispettando la tradizionale suddivisione dello spazio in hortus (orto), viridarium (bosco e frutteto) e iardinum domini (giardino del princi-pe) come anche la presenza degli arredi tradizionali (falconara, porcilaia, recinto delle galline).

Museo Civico d’Arte Antica (1, C4). All’interno di palazzo Madama, dove fu trasferito nel 1934, il museo, nato nel 1863 per tramandare il patrimonio storico e artistico della città e della regione, espone

settantamila e più pezzi che spaziano dal medioevo al xx secolo. Un tesoro di rilievo che negli anni si è arricchito di acquisi-zioni pubbliche, donazioni regie e lasciti di privati. Oltre alle sezioni di pittura, dal ’400 al ’700 (tavole di Jaquerio, la Madonna

La scenografica facciata di palazzo Madama, opera di Juvarra, che cela sul retro il castello medievale

Palazzo Madama: le rampe simmetriche dello Scalone Monumentale

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1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo

Tucker di Spanzotti, dipinti di Defendente Ferrari e Macrino d’Alba), ai codici miniati e alle collezioni di scultura, fin dall’inizio si è distinto come importante raccolta di arti decorative e applicate all’industria. Oltre 4000 pezzi di ceramiche (maioliche e porcellane delle maggiori manifatture europee), a cui si aggiungono le collezioni di vetri e vetrate di vetri graffiti e dipinti (medaglione paleocristiano del iii secolo col Ritratto di Marcia Otacilia Severa), di smalti, ori e argenti, avori, mobili e arredi. Due dei pezzi più pregiati del museo sono frutto di una vicenda di acquisizioni che, verso la metà degli anni ’30, fece clamore. Pietro Accorsi, noto antiquario torinese, con il sostegno di Umberto, principe di Pie-monte, acquistò la celebre e allora privata collezione Trivulzio Belgioioso di Milano per conto del museo di palazzo Madama. In extremis, il passaggio di proprietà fu ostacolato (pare dallo stesso Mussolini) e la prestigiosa raccolta passò nelle mani del Comune di Milano. A parziale risarcimento per l’imprevista rescissione contrattuale, Accorsi ottenne che fossero donati al Mu-seo d’Arte Antica il misterioso Ritratto di ignoto* di Antonello da Messina (1476) e la parte delle Très belles heures del duca di Berry nota come Heures de Milan*, miniata dal 1380 al 1450, per mano, tra gli altri, dei fiamminghi Hubert e Jan Van Eyck.Davanti a palazzo Madama è il monumento all’Alfiere dell’Esercito Sardo (1857-59),

opera di Vincenzo Vela. In origine posta in asse con via Garibaldi, nel 2000, è stata arretrata verso la facciata. Altre statue circondano la mole del palazzo: lungo il lato sud, il monumento ai Cavalieri d’Italia (Pietro Canonica, 1923); sul retro, verso via Po, quello dedicato a Emanuele Filiberto duca d’Aosta (Eugenio Baroni, 1937).

Teatro Regio* (1, C5). Lungo un tratto dei portici che fronteggiano la facciata medievale di palazzo Madama si staglia una moderna cancellata bronzea a motivi astratti. È l’Odissea musicale, opera di Um-berto Mastroianni (1994), che fronteggia l’ingresso del Teatro Regio. Costruito tra il 1738 e il 1740 da Benedetto Alfieri, nel 1936 fu devastato da un incendio. Scampò solo la facciata, celata dal profilo urbani-stico omogeneo della piazza, volutamente preservata da Carlo Mollino nel progettare il nuovo teatro, inaugurato nel 1973, e che solo nella parte più interna sviluppò avve-niristici volumi. Volumi che, insieme alle scale, seguono un andamento che riman-da per analogia alle soluzioni barocche di palazzo Carignano. Vista dall’alto la strut-tura del teatro, a paraboloide iperbolico, si presenta come un’enorme sella, mentre seguendone le sinuose pareti laterali spicca il forte contrasto tra il cotto – decorato con il motivo della stella a otto punte – e le superfici a vetro. All’interno, il foyer è un grande e suggestivo spazio aperto, disposto

Il sipario sulla stagione del teatro si alza in ottobre e, da quel momento, il Regio inanella circa 200 appuntamenti all’anno, tra opera, balletti e concerti.È possibile acquistare biglietti e abbonamenti presso le biglietterie del Regio stesso, del Teatro Stabile e di Infopiemonte-Torinocultura, tutte in genere chiuse nel mese di agosto (indirizzi e orari sul sito del Regio, alla pagina www.teatroregio.torino.it/biglietteria/informazioni). Per la vendita telefonica il numero è 0118815270 (da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 12). La vendita online è affidata al circuito Vivaticket by Best Union. Sono previste riduzioni per associazioni convenzionate (l’elenco è pubblicato sul sito del teatro), famiglie, giovani under 30 e anziani over 65, disabili, posti a ridotta visibilità, di palco e di platea, con dislocazione laterale. Non è garantita la vendita last minute, ma i biglietti disponibili sono acquistabili a prezzo ridotto un’ora prima dello spettacolo (massimo due a persona).Straordinario per gli allestimenti, il teatro vale una visita anche a scena vuota. Dal martedì al sabato (esclusi i festivi e i giorni con spettacoli pomeridiani) nel periodo settembre-luglio si può partecipare alla visita guidata ‘Al Regio dietro le quinte’, con accesso al palcoscenico, al foyer e alle strutture tecniche del teatro. In occasione degli spettacoli il teatro organizza inoltre gli ‘Incontri con l’opera e il balletto’ e, nell’anno, propone convegni, conferenze, mostre e laboratori didattici dedicati ai bambini. Alle proposte interne si affianca l’iniziativa ‘Il Regio itinerante’, con l’orchestra del teatro in trasferta sul territorio, ma anche ospite dei più prestigiosi eventi musicali internazionali. Nel complesso, l’intensa attività coinvolge ogni anno più di duecentomila spettatori.Per informazioni: www.teatroregio.torino.it

Una sera al Regio

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1.1 La corona di piazza Castello

su tre livelli, con elementi architettonici a vista: da qui si ha anche la veduta sull’a-diacente palazzo dell’Archivio di Stato e sull’antistante piazzetta. La sala evoca una conchiglia semiaperta, con un giro di palchi digradanti e linee convergenti verso il pal-coscenico. Elemento complesso che è per grandezza, in Europa, secondo solo a quello dell’Opéra-Bastille di Parigi e consente di mettere in scena gli allestimenti più arditi.

Archivio e Segreterie di Stato (1, C4-5). Attorno all’attuale piazzetta Mollino, sul lato più interno del Teatro Regio, da cui un tempo si accedeva direttamente ai quartieri militari della Cavallerizza (ora in via di recu-pero), si concentrava la ‘zona di comando’ dei Savoia. In particolare il palazzo dell’Ar-chivio, ancora oggi cassaforte di patrimo-ni documentari più cospicui e importanti d’Europa, corre parallelo al nuovo Teatro Regio, mentre l’ala delle Segreterie, oggi occupata dalla Prefettura, si allunga sotto i portici fin quasi a Palazzo Reale. L’Archivio e le Segreterie di Stato, disegnati e realizzati sotto la direzione di Filippo Juvarra (1731-34), già in fase progettuale prevedevano la funzione di conservazione documentaria delle cancellerie di Stato, l’ampiezza degli ambienti e indicazioni per gli stessi arre-di. Peculiarità che ne fece un esempio di ammirata architettura funzionale.

Chiesa di S. Lorenzo* (1, C4). Da piazza Castello spicca il profilo dell’ardita cupola ma la chiesa, opera di Guarino Guarini, appare senza facciata. Da un portone che sembra quello di un palazzo civile si acce-

de alla cappella dell’Addolorata, dedicata in origine alla Madonna della Neve, poi a S. Maria ad Praesepe e dopo la battaglia di San Quintino a S. Lorenzo, in attesa che fosse costruita la chiesa. Qui, nel 1572, Emanuele Filiberto fondò l’ordine di S. Maurizio e Lazzaro, e nel 1578 volle la pri-ma ostensione della Sacra Sindone.

L’ampia sala del Teatro Regio

TOP 5 TEATRI1 Teatro Regio Tempio della lirica di rilievo

internazionale, propone un cartellone dedicato a opera e balletto, e incontri di approfondimento in occasione degli allestimenti. Piazza Castello 215; www.teatroregio.torino.it

2 Teatro Carignano È il più antico teatro cittadino, spettacolo e arte in sé, culla della prosa, di memorabili trionfi, prestigiosi debutti e grandi autori. Piazza Carignano 6; www.teatrostabiletorino.it

3 Teatro Alfieri Realizzato a metà ’800 e completamente rimodernato un secolo dopo, è riferimento per grandi produzioni nazionali di commedia musicale e brillante, classici e teatro leggero. Piazza Solferino 4; www.teatroalfieri.it

4 Teatro Colosseo Prosa e musica: ogni stagione spazia a 360 gradi tra parole e note, con protagonisti di primo piano della scena nazionale. Via Madama Cristina 71; www.teatrocolosseo.it

5 Teatro Nuovo Teatro ma anche Fondazione, liceo e centro di formazione dedicati alla danza, tra echi di classici e incursioni moderne. Corso Massimo D’Azeglio 17; www.teatro nuovo.torino.it

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1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo

Storia. Il 10 agosto 1557, giorno di S. Lorenzo, Emanuele Filiberto di Savoia, governatore delle Fiandre spagnole, sul campo di San Quintino infligge una pesantissima sconfitta alla Francia. È una data fondamentale per la dinastia Savoia: il valoroso Testa ’d Fer, secondo quanto poi sancito dal trattato di Cateau-Cambrésis (1559), riacquista il ducato perduto e fa di Torino la nuova capitale. Un po’ in ritardo rispetto al voto fatto alla vigilia della battaglia – in caso di vittoria, avrebbe fatto innalzare una chiesa in onore di S. Lorenzo –, entrato trionfalmen-

te a Torino, nel febbraio del 1563, Emanuele Filiberto dà corso al restauro della cappella ducale di S. Maria ad Praesepe, dedicandola a S. Lorenzo. Solo nel 1666 Guarino Guarini, architetto modenese affiliato al potente ordine religioso dei Teatini, inaugura il cantiere da cui sarebbe sorta l’attuale chiesa di S. Lorenzo. Il risultato è talmente impressionante che Guarini viene trattenuto a Torino come architetto e matematico della corte ducale di Carlo Ema-nuele II e vi resta fino al 1681, lasciando nella città fondamentali testimonianze del suo genio.

Una volta nel tempio, si è immediatamente colpiti dall’avvolgente dinamica degli spazi e dalla suggestione della luce che piove dalle aperture della cupola**. Tutto (alta-re, decori, arredi, stucchi inclusi) porta la firma del Guarini, disposto su una pianta ottagonale a lati convessi su cui si aprono cappelle sfavillanti di ori e marmi policro-mi. Originale il presbiterio a pianta ellittica dove l’altare reca nel paliotto un rilievo che commemora il voto di San Quintino. Armonia e vertigine allo stesso tempo so-no le sensazioni che si avvertono alzando lo sguardo verso la cupola: la complessa struttura si articola in sedici costoloni che si intersecano a formare un disegno a stella. Le linee e le aperture paiono mascheroni orientali, con naso a forma di pentagono rovesciato e bocca spalancata. Nel lanterni-no, a 50 m d’altezza, punto più elevato della struttura, proprio al centro della cupola di luce, Guarini ha simboleggiato lo Spirito Santo; in corrispondenza sul pavimento vi è una stella a otto punte.

La struttura ad archi incrociati della cupola di S. Lorenzo: un fiore a otto petali

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1.2 Il Polo Reale, la Biblioteca Reale e palazzo Chiablese

Il Polo Reale riunisce in un complesso museale unitario l’Armeria Reale, Palaz-zo Reale, la nuova Galleria Sabauda e il Museo d’Antichità. Questi edifici, insieme alla Biblioteca Reale, ai Giardini Reali, a palazzo Chiablese e al Teatro Romano, costituiscono il cuore antico della città, centro di comando della dinastia Savoia prima del trasferimento della capitale da Torino a Firenze. Alcuni di questi palazzi si affacciano su piazzetta Reale, percepi-ta ‘a pelle’ come un unicum con piazza Castello di cui allarga ulteriormente lo spazio, e vissuta dai torinesi per quello che è in realtà: il proscenio di Palazzo Reale, che apre il sipario sulla Storia. Introdurre nuovi orizzonti, del resto, sembra essere una predisposizione del Polo Reale, con la sua reggia che dà le spalle alla Porta Palatina, al Duomo e al nucleo della città cinquecentesca, per guardare a via Roma, la Contrada Nuova che nel ’600 tracciò lo sviluppo della città futura.

Biblioteca Reale* (1, C4-5). L’ingresso, al N. 191 di piazza Castello, si nota appena. Un solo indirizzo, nel corpo di fabbrica che chiude a est la piazzetta Reale, per due pregevoli musei che testimoniano la passione di Casa Savoia per le arti e il col-lezionismo. Al pian terreno è la Biblioteca Reale, allestita nel 1840 nel grande rettan-golo con volta a botte affrescata, opera dell’architetto della corte albertina, Pela-gio Palagi. All’interno del ricco patrimonio manoscritto e librario – dalle pergamene ai codici miniati e ai libri d’ore, dagli incuna-

boli ad atti e statuti che documentano la vita sociale e politica dello Stato sabaudo – ha un posto di eccellenza la raccolta di disegni di Leonardo da Vinci (esposti solo in occasione di mostre temporanee), che comprende il celeberrimo Autoritratto** a sanguigna, lo studio preparatorio per il volto dell’angelo della Vergine delle rocce (conservato al Louvre) e un Codice sul volo degli uccelli.

Armeria Reale* (1, C4-5). Dalla Biblioteca Reale si sale al piano superiore (a cui i restauri del 1998 hanno ridato le origi-narie delicate sfumature di ocra e grigio) con un grande scalone che fu concepito da Benedetto Alfieri (1738-40) sia come accesso dalla piazza al Palazzo Reale, sia come raccordo tra la corte e gli edifici delle Segreterie di Stato. Da qui si accede all’Ar-meria Reale, allestita nel 1837, per volontà di Carlo Alberto, negli ambienti lasciati liberi dai dipinti della Galleria Reale (poi Galleria Sabauda). Una raccolta di armi e armature, appartenute e collezionate nei secoli dai Savoia, e in gran parte prove-nienti dagli arsenali di Torino e Genova. Aperta al pubblico, ben presto si rivelò una delle collezioni d’armi più importanti d’Europa che, dopo vari assestamenti, ha recuperato la disposizione ottocentesca, strutturata in tre ambienti: la Rotonda di Pelagio Palagi, la galleria del Beaumont e la Sala del Medagliere Reale. La Sala della Rotonda prende il nome dal rondò, lo spazio circolare che un tempo costituiva la cerniera architettonica tra

Orari. Palazzo Reale: martedì-domenica 8.30-19.30; Galleria Sabauda e Armeria Reale: martedì- domenica 9-18.30; Museo di Antichità: martedì-sabato 8.30-19.30, domenica e festivi 14-19.30. Biglietti. La biglietteria del Polo Reale si trova a Palazzo Reale e chiude alle 18; la visita è gratuita ogni prima domenica del mese. Con un biglietto unico è possibile compiere, lungo un percorso di visita di oltre 3 km, uno straordinario viaggio di 2000 anni a ritroso nella storia, dal primo insediamento romano in Piemonte all’Unità d’Italia. Percorsi alternativi. All’interno di Palazzo Reale periodicamente vengono aperti altri percorsi (Cucine Reali; l’Appartamento del Re e l’Appartamento di Madama Felicita; l’Appartamento della Regina, la Cappella Reale con le Tribune e la sacrestia della Sindone; l’Appartamento dei Principi di Piemonte) non compresi nel biglietto del Polo Reale. In genere, uno fra questi percorsi è aperto con visite guidate dagli Assistenti alla Vigilanza ministeriali dal martedì al giovedì, e da volontari dell’Associazione ‘Amici di Palazzo Reale’ il venerdì e sabato.Servizi. Nella corte d’onore di Palazzo Reale (aperta anche a chi non visita il Palazzo), l’antica Frutteria ospita la Caffetteria Reale, che osserva gli orari del Palazzo.Per informazioni: www.poloreale.beniculturali.it

Polo Reale: informazioni, orari, servizi

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l’ala orientale di Palazzo Reale, palazzo Madama e palazzo Chiablese. Demolita infatti, nel 1809, la galleria che avanzava sulla piazza fino quasi a palazzo Madama e distrutta da un incendio, nel 1811, par-te del padiglione che correva dove ora sorge la cancellata che delimita piazzetta Reale, si rendeva necessaria una nuova soluzione. Il Palagi (1841-45) ripensò la sala, già destinata a teatro di corte prima e quindi a sala da ballo, come ampliamen-to dell’Armeria e la dotò di quella loggia affacciata su piazza Castello dalla quale, il 23 marzo 1848 re Carlo Alberto dichiarò l’inizio della prima guerra d’Indipendenza. L’attigua galleria Beaumont, dal nome del pittore di corte che dal 1738 al 1743 e poi nel 1764 dipinse la volta con le Storie di Enea, fu ripresa dallo Juvarra nel 1733 (dopo il rogo che aveva devastato quest’a-la del palazzo), che la pensò come grande galleria di rappresentanza, detta ‘della Regina’. La partenza dell’architetto per Madrid (1735) destinò ad altri il compito di terminare l’opera. Trent’anni dopo il restyling spetterà a Benedetto Alfieri, che al rococò juvarriano sovrappose modelli più esplicitamente classicisti.

La Sala del Medagliere Reale, infine, venne progettata dal Palagi (1835-39) su invito di Carlo Alberto per accogliere la ricca raccolta di medaglie, monete e sigilli di proprietà dei Savoia. Le collezioni comprendono armi prei-storiche, di età classica e medievale, ma soprattutto armi cinquecentesche; ecce-zionali sono le armature di fabbricazione tedesca e il nucleo attribuito a un famoso armaiolo lombardo della fine del xvi secolo, Pompeo della Cesa. Non c’è arma, bianca o da fuoco, che manchi a questa rassegna d’arte militare che contempla varianti di spade, stiletti, lance e decine di armi e armature appartenute a personaggi di casa Savoia, come la guarnitura di armi da cac-cia donata da Massimiliano I di Baviera a Carlo Emanuele II nel 1650. Assai curiosa l’armatura secentesca di don Diego Felipe de Guzman, un cavaliere alto più di 2 m. Ricchi i cimeli ottocenteschi, dalla spada di Napoleone alle armi dei re sabaudi; di grande effetto i cavalli di legno rivestiti di pelle, nella Sala della Rotonda: uno di que-sti, Favorito, appartenne a Carlo Alberto che lo volle con sé nel breve autoesilio di Oporto (1848-49).

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Piazzetta Reale (1, C4). Chiusa, sul lato verso piazza Castello, da una cancellata di ferro disegnata nel 1835 da Pelagio Palagi, è un salotto appartato che, oltrepassan-do l’apertura fiancheggiata dalle statue equestri dei Dioscuri, opera di Abbondio Sangiorgio (1846), sottolinea l’imponenza di Palazzo Reale.

Palazzo Reale** (1, C4-5). Cuore e simbolo di potere della corte sabauda, s’innalza nella piazzetta Reale, adiacente a piazza Castello, con l’elegante fronte bianca, con-tribuendo a fare delle due piazze uno dei luoghi più ariosi di tutta la città.

Storia. È con un bando di gara ante litteram che Emanuele Filiberto, in seguito alla decisio-ne di stabilire a Torino la capitale del ducato, nel 1583 chiama a corte i maggiori architetti del tempo per la progettazione della nuova residenza ducale. Vince Ascanio Vitozzi, un ingegnere militare che rimarrà al servizio dei Savoia fino alla morte (1615), contribuendo alla trasformazione urbanistica di Torino. La nuova Residenza sorge sul confine nord-est della città, orientata in direzione opposta ri-spetto alle strutture preesistenti rivolte verso gli edifici simbolo della città vecchia, il Duomo e il palazzo di Città. La facciata viene eseguita nel 1586 con una galleria che univa, sul lato destro, la corte al futuro palazzo Madama. Durante la reggenza di Maria Cristina, al Vitozzi succedono

La spettacolare galleria Beaumont dell’Armeria Reale, con la parata di cavalli sormontati da armature

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1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo

Carlo di Castellamonte e Carlo Morello, artefice del padiglione, il braccio del palazzo (distrutto a inizio ’800) che chiudeva la piazzetta Rea-le collegando l’ala della galleria con palazzo Chiablese. Architetti, artisti, artigiani, per tutto il ’600, fanno di Palazzo Reale un laboratorio, per rendere splendida la reggia dell’emergente assolutismo sabaudo. Tra i pittori coinvolti nella realizzazione del pia-no iconografico celebrativo, firmato dal poeta di corte, Emanuele Tesauro, il fiammingo Jan Miel, il lorenese Charles-Claude Dauphin e i fratelli Fea. Numerosi e pregiati sono gli arazzi, alcu-ni provenienti da celebri manifatture francesi (Beauvais, i parigini Gobelins).Tra il 1667 e il 1668 Guarino Guarini costruisce sull’abside della cattedrale di S. Giovanni la cappella della Sindone, a cui la corte può acce-dere direttamente grazie a un collegamento con l’ala sinistra del Palazzo Reale. Parallelamente all’ascesa dinastica, la residenza muta e si arric-chisce. Vittorio Amedeo II dà corso a una nuova stagione di abbellimento, coinvolgendo il pittore viennese Daniel Seyter e maestranze di ‘minu-sieri’ (falegnami) e stuccatori. Il Palazzo Ducale diviene Reale con l’incoronazione di Vittorio Amedeo II a re di Sicilia, nel 1713: i successivi due decenni coincidono con la grande stagione architettonica di Filippo Juvarra. A rilevare il ruolo che fu di Juvarra, intorno al 1735, è Benedetto Alfieri che continua nell’opera di arricchimento decorativo. Dopo l’intervallo napoleonico, tornato a essere simbolo del cuore

del potere, Palazzo Reale conoscerà una nuova stagione di splendore durante il regno di Carlo Alberto e la regia, in gran parte, dell’architetto bolognese Pelagio Palagi. Periodo che risente dei nuovi gusti stilistici conseguenti al recu-pero archeologico di temi e motivi dell’antico Egitto e al successivo revival gotico. Due anni dopo l’Unità d’Italia si compie l’ultima notevole trasformazione architettonica dell’edificio, con la ristrutturazione del grande scalone d’onore. Ceduto, prima a Firenze e poi a Roma, il ruolo di capitale del regno, il palazzo perde la sua funzione di residenza di corte e si trasforma con il tempo in luogo di memorie storiche e artistiche. Passato nel secondo dopoguerra sotto il controllo della Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici del Piemonte, negli anni Novanta del ’900 ha ‘ritrovato’ i colori architettonici originali.

L’interno dell’edificio, a pianta quadrata, con corte interna, è un trionfo di decora-zioni e arredi. Al pianterreno si trovano gli Appartamenti del Re e l’Appartamento di Madama Felicita. Attraverso lo scalone d’onore, opera di Domenico Ferri, costellato da monumentali statue a celebrazione della gloria sabauda, si accede dall’atrio al piano nobile. Qui si trova l’Appartamento di Rappresentan-za, che comprende le sale che un tempo ebbero una funzione ufficiale, riccamente

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decorate con soffitti intagliati, stucchi, dorature e affreschi. Tra questi ambienti, in cui oggi si può ammirare l’elegante inter-vento palagiano, particolar pregio hanno il grandioso Salone della Guardia Svizzera, affrescato con la rappresentazione delle leggendarie origini genealogiche dei Savoia (opera dei fratelli Fea), la Sala del Trono, la Sala delle Udienze e quella del Consiglio con i soffitti secenteschi. Notevole è il Gabinetto Cinese*, apice dell’esotismo rococò, con lacche cinesi in parte acqui-state dallo stesso Juvarra e in parte ‘re-plicate’ da ebanisti locali, che consente di accedere all’Armeria Reale. La galleria del Daniel prende il nome dal pittore viennese Daniel Seyter, che ne dipinse gli affreschi allegorici della volta (Apoteosi di un eroe, al centro, e intorno raffigurazioni di Apollo, Aurora, Ercole e Iride).Sempre su questo piano si trovano la ca-mera da letto di Carlo Alberto, la Sala della Colazione, la Sala del Caffè, decorata su disegno di Lanfranchi (1685-1690), la Sa-la da Pranzo, la Sala dell’Alcova, la Sala dei Medaglioni e la Sala da Ballo, ricavata da preesistenti ambienti e impreziosita,

Palazzo Reale con l’antistante piazzetta Reale

Arroccati ai lati della cancellata di piazzetta Reale, Castore e Polluce, figli gemelli della bella Leda e di un cigno sotto le cui spoglie si celava Giove, sono i responsabili della creden-za che fa di Torino una meta esoterica. Il mito racconta che Polluce, alla morte di Castore – privo dell’immortalità ereditata dal fratello –, pregò invano gli dei di ridare la vita al gemello, e alla fine i due dovettero accontentarsi di vi-vere un giorno nell’Olimpo e uno nell’Ade. Ispirandosi alla diversa natura dei due gemelli (umana e divina), credenza vuole che fra le due statue passi la linea di confine tra sacro e diabolico, tra la magia bianca (Polluce, la sta-tua con la stella in capo; nella foto) e la magia nera (Castore). Secondo gli esperti di esoterismo, Torino sorgerebbe nel punto in cui s’interseca-no canali di energia che solcano la superficie del pianeta: sarebbe quindi teatro di una lotta tra le forze del bene e quelle del male. Due sarebbero i luoghi ‘positivi’: la chiesa della Gran Madre, oltre il ponte Vittorio Emanuele I, in cui pare si conservi traccia di un tempio dedicato alla dea egizia Iside (la statua dell’allegoria della Fede che alza nel pugno un calice indicherebbe il luogo dove è nascosto il Sacro Graal, il calice dell’Ultima Cena); e la fontana delle Quattro Stagioni di piazza Solferino, detta anche ‘fontana Angelica’, simbolo o porta dell’Infinito. Luogo ‘temibile’ per l’influsso negativo sarebbe invece piazza Statuto, posta a Occidente (cioè ‘verso le tenebre’), su un’area un tempo occupata da una necropoli e che a lungo fu scelta per le pubbliche esecu-zioni capitali. Altri luoghi misteriosi della città, tappe di percorsi turistici a tema, sono: villa Teso-riera (il cui parco è detto ‘del diavolo’), palazzo Falletti di Barolo, Museo Egizio e piazza Carlina.

Torino e misteri: i luoghi della ‘città magica’

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1 Piazza Castello, il Polo Reale e il Duomo

oltre che da 20 colonne di marmo bianco, da decorazioni neoclassiche (Bellosio e Gonin), l’Appartamento della Regina, la Cappella Reale con le Tribune e la sacre-stia della Sindone e l’Appartamento dei Quadri Moderni.Grazie alla scala ‘delle Forbici’, un’impo-nente gradinata in marmo capolavoro di Juvarra (che risolse l’arduo raccordo tra il primo e il secondo piano ricorrendo allo sdoppiamento delle rampe), si accede al

secondo piano. Qui si trovano gli Appar-tamenti nuziali dei principi di Piemonte e dei duchi d’Aosta, con decorazioni e arredi dei secoli xviii-xix. Nei sotterranei del palazzo si trovano invece le spettacolari Cucine Reali*, mentre nella corte inter-na l’antica Frutteria ospita la Caffetteria Reale fra teche cariche di antichi servizi da tavola.

Giardini Reali (1, C5). Si estendono alle spalle di Palazzo Reale, in perfetta sinto-nia con le vicende storico-architettoniche di corte. Ricchi di specie vegetali, giochi d’acqua, fiori e fontane, furono progettati tra il 1697 e il 1698 da Vittorio Amedeo II, che affidò ad André Le Nôtre, il più geniale architetto di giardini del ’600 europeo, il compito di rielaborare lo spazio verde. Di quell’intervento restano alcune tracce nella disposizione geometrica dei roseti e delle altre aiuole, che trova il suo fulcro nella fontana di Nereide e dei Tritoni. Da corso S. Maurizio, due bastioni, il pen-tagonale Bastion Verde e il Bastione di S. Maurizio, sormontano parte della fortifi-cazione settecentesca.

Palazzo Chiablese (1, C4). La severa murata in mattone che, sul lato sini-stro, delimita piazzetta Reale, nasconde uno dei palazzi del potere meno cono-sciuti. L’ingresso principale affaccia su piazza S. Giovanni, raggiungibile dal sottoportico che si apre all’angolo si-

Lo scalone d’onore di Palazzo Reale

La Sala da Ballo al primo piano di Palazzo Reale, realizzata da Pelagio Palagi

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nistro della facciata di Palazzo Reale. L’impianto medievale, già rielaborato nel ’600, venne riplasmato dall’intervento di Benedetto Alfieri (1739-67), che, dietro alla facciata in mattoni a vista, concepì un asse centrale a separazione di due cortili. Dall’atrio, caratterizzato da ampie volte a crociera, si accede a una bella corte e a uno scenografico scalone. Il nome si deve a Benedetto Maurizio, secondogenito di Carlo Emanuele III e duca del Chiablese, la provincia tra il Vallese e il lago Lemano, antico cuore del ducato sabaudo. Durante il periodo napoleonico fu residenza del governatore, il principe Camillo Borghese e della sua celebre moglie, Paolina Bonapar-te, che a Torino, città che pare l’annoiasse a morte, restò solo due anni, dal 1808 al 1810. Dal 1956 al 2000 sede provvisoria del Museo Nazionale del Cinema, prima del tra-sferimento nella Mole Antonelliana, ospita la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte insieme agli uffici della Sopraintendenza. Alcune sale sono occupate da mostre temporanee di artisti famosi.

Galleria Sabauda* (1, C4). Ultima gemma del Polo Reale, definitivamente ricollocata nelle luminose sale al piano terra della Manica Nuova di Palazzo Reale, contigua al Museo di Antichità, è stata riaperta nel dicembre 2014. Inaugurata da Carlo Alber-to, l’anno successivo la sua ascesa al trono (1832) e inizialmente allestita nella galleria del Beaumont (oggi parte dell’Armeria Rea-le), dopo una lunga convivenza (dal 1865 al 2011) con il Museo Egizio nel palazzo dell’Accademia delle Scienze, nel 2012 ha cominciato il trasloco che permette oggi di

ammirare nella loro interezza le raccolte.L’‘Ermitage torinese’, come viene affettuo-samente soprannominata, vanta un patri-monio di prim’ordine, frutto della mania-cale passione per l’arte e il collezionismo tramandata dai Savoia. Tra i capolavori per cui la Galleria Sabauda è nota in tutto il mondo ci sono le tele di maestri fiamminghi (Van der Weyden) e olandesi dal ’400 al ’600, come Le Stigmate di S. Francesco* di Jan van Eyck, la Passione di Cristo di Hans Memling, commissionata all’artista dal celebre banchiere fiorentino Tommaso Portinari in occasione del suo matrimonio con Maria Baroncelli, il Ritratto equestre di Tommaso Francesco di Savoia-Carignano di Antoon van Dyck, e il Ritratto di un vecchio* (forse l’Allegoria dell’Accidia) di Rembrandt van Rijn. Straordinari per importanza e qualità pittorica anche le due tele raffiguranti Ercole e Dejanira di Pieter Paul Rubens, e I figli di Carlo I d’Inghilterra e Il principe Tommaso di Savoia-Carignano a cavallo, due aulici ritratti barocchi di Anton van Dyck. Dalla famosissima quadreria del principe Eugenio di Savoia-Soissons (1663-1736), valoroso condottiero al servizio della corte viennese, vincitore dei turchi, amante delle arti e colto collezionista, provengono la Giovane olandese alla finestra di Gerard Dou, i Quattro tori di Paulus Potter, e il S. Giovanni Battista di Guido Reni. La pittura italiana è ben rappresentata da Maestri quali Filippino Lippi (Tre arcangeli e Tobiolo), Beato Angelico (Madonna con Bambino), Pollaiolo (L’arcangelo Raffaele e Tobiolo), Andrea Mantegna (Madonna col Bambino e santi, dipinta con l’aiuto di un collaboratore), Paolo Veronese (Cena in casa di Simone); Orazio Gentileschi (An-

TOP 5 STREET FOOD1 Mister Hot Dog Hot dog preparati con panini prodotti da un forno locale e würstel di vario tipo (suino, suino

e manzo, pollo e tacchino, salmone norvegese, formaggio e anche 100% vegano), da accompagnare con crauti e svariate salse, dalle più classiche alle più fantasiose. Piazza Castello 48

2 Gofreria Piemonteisa Dotato di mulino con macina a pietra, il locale rinnova un’antica tradizione rurale delle valli alpine, dedicandosi ai gofri, croccanti cialde a nido d’ape, alle miasse in farina di mais e alle miacce in grano saraceno e miglio, tutto farcito in versioni salate e dolci. Via S. Tommaso 4A; www.gofriemiassepiemontesi.it

3 Fol Popcorn Pop corn da gourmet in un regno ‘folle’, dove i chicchi di mais, rigorosamente non Ogm e scoppiati ad aria, escono con gusto dagli schemi, insaporiti con pomodoro, peperoncino e aromi naturali o ricoperti di caramello, cioccolato, caffè e fantasia. Via Maria Vittoria 2; www.folpopcorn.com

4 Poormanger Le patate piemontesi, farinose e cotte al forno, sono incise e imbottite su ricette della casa o con i prodotti scelti dal bancone, secondo le preferenze del cliente. Via Maria Vittoria 32D; www.poormanger.it

5 Il polpettificio Polpette dolci e salate, di carne o vegetariane, anche personalizzate su ordinazione, sono proposte come alternativa agli hamburger, da gustare nel panino o in versione ‘da passeggio’, nel cartoccio di carta, anche in gusti misti. Via Galliari 17; www.ilpolpettificio.it

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nunciazione*), Guercino (la S. Francesca romana). Capitolo a sé per i Maestri delle scuole piemontesi dal xiv al xvi secolo, quali Guglielmetto Fantini, Macrino d’Alba, Gio-vanni Martino Spanzotti (Vergine in trono con S. Ubaldo e S. Sebastiano*), Defendente Ferrari (S. Ivo che raccoglie le suppliche dei poveri), Gaudenzio Ferrari (Crocifis-sione*), Pietro Grammorseo, fiammingo molto attivo a Casale (Madonna con S. Pietro martire*). Ad arricchire la collezione dei Savoia, ha contribuito la raccolta di arte antica dona-ta alla galleria nel 1928 dall’imprenditore e finanziere torinese Riccardo Gualino: oltre ai mobili, ai tessuti, all’oreficeria e agli oggetti preziosi, sono da ricordare una tempera su tavola di Duccio di Boninse-gna (Madonna in trono col Bambino e due angeli), una Venere e Marte con Cupido del Veronese.

Teatro Romano (1, C4). L’accesso della Manica Nuova di Palazzo Reale, nuova sede della Galleria Sabauda, poco oltre il campanile di S. Andrea, ha ridato visibi-lità a questo teatro di fondazione tardo-augustea o tiberiana, riportato alla luce nel 1899, su volere di re Umberto I, dopo secoli di decadenza. Riconoscibili i pilastri esterni della cavea, le gradinate e il piano dell’orchestra.

Museo di Antichità* (1, B5). In continui tà con il Teatro Romano, lungo via XX Set-tembre si trova l’ingresso, condiviso con la Galleria Sabauda, al Museo di Antichità, che dal 1982 si è trasferito nelle sale alle-stite nelle ex Serre di Palazzo Reale.

Storia. Il primo nucleo della raccolta coinci-de, nella seconda metà del xvi secolo, con le collezioni del duca Emanuele Filiberto, che

furono poi riunite, quasi un secolo dopo da Carlo Emanuele II e dalla Madama Reale Maria Cristina. Per volere di Vittorio Amedeo II, la collezione costituì, nel 1723, il Regio Museo di Antichità, posto nel cortile al pianterreno del palazzo dell’Università in via Po, e nel 1832 andò a formare, in un’unica sede museale nel palazzo dell’Accademia delle Scienze, il Museo di Antichità greco-romane ed egizie, fino al 1940, quando fu sancita la separazione tra il Museo Egizio e il Museo di Antichità.

La sezione delle Collezioni, nucleo ‘sto-rico’ del Museo, comprende i materiali archeologici raccolti da casa Savoia fin dal xvi secolo, insieme a prestigiose dona-zioni e acquisizioni (tra le altre, collezio-ni cipriote, preistoriche e protostoriche, etrusche, greche, scultura greco-romana) con il Papiro di Artemidoro. Nel padiglione sotterraneo si trova la sezione del Territorio piemontese: un viaggio virtuale a ritroso nel tempo, a partire dal rinascimento fino al Paleoliti-co, in cui si incontrano uno dopo l’altro i materiali archeologici rinvenuti in Piemon-te in passato e nelle più recenti indagini archeologiche.Questo padiglione collega le Serre alle sale semisotterranee della Manica Nuova di Palazzo Reale, sede dal 2013 dell’espo-sizione Archeologia a Torino, dedicata alla lunga storia della città, e del nuovo allestimento del Tesoro di Marengo*, che comprende una trentina di manufat-ti in argento (secoli i-iii d.C.). Ritrovati schiacciati e accartocciati per ridurne l’ingombro, occultati probabilmente già intorno alla metà del iii secolo d.C., sono stati rinvenuti nel 1928 nelle campagne dell’Alessandrino. Oltre al busto in argento, a grandezza naturale, dell’imperatore Lu-cio Vero (161-169 d.C.), vi sono pregevoli elementi di arredo e cultuali.

TOP 5 TORINO IN VERSI1 El 6 ed via Coni Sono tante le canzoni di Gipo Farassino dedicate a Torino, anche amare (La mia città).

Questa è la più toccante: il ricordo fiero del cortile dove l’autore è nato, nel cuore della Torino povera.2 Balôn Combo Torino cambia negli anni ’90, l’Italia cambia, e i Mau Mau fotografano la diversità con questo

divertente inno fusion tratto dal secondo album, Bass paradis.3 Il cielo sopra Torino Non è la città più bella del mondo per i Subsonica, non è Paradiso né delizia ma un

paesaggio, una quinta teatrale che alla fine trova un suo senso – e «il cielo di Torino sembra muoversi al tuo fianco», «il cielo di Torino sembra ridere al tuo fianco».

4 Qui non c’è il mare Gli Statuto prendono in giro la loro città, che ha «la fabbrica più grossa d’Occidente», «gran castelli», «cioccolate e gianduiotti sopraffini» ma «solo un fiume sporco dove non ti puoi bagnare / così quando fa caldo noi gridiamo: qui non c’è il mare!»

5 Intervista con l’Avvocato Torino compare spesso nei dischi di Lucio Dalla, in particolare Automobili, con i geniali testi di Roberto Roversi. Qui un ritratto vero-surreale di Gianni Agnelli nello scenario della Fiat anni ’70.

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È un cambio repentino di scenario quello che si profila in pochi metri, sbucando dal sottoportico defilato e un po’ ombro-so che si apre dalla piazzetta Reale su piazza S. Giovanni. Alle spalle, resta tutta l’opulenza barocca del potere. Davanti si prospetta il rigore della facciata del Duomo che sembra voler nascondere, nella sua sobrietà, il ‘tesoro di fede’ custodito. Solo la cupola della cappella della Sindone, che svetta al cielo oltre la torre campanaria, ripropone la sensazione di egemonia, in questo caso non più soltanto terrena ma anche spirituale.

Piazza S. Giovanni (1, C4). Una strana com-mistione di stili e di epoche si incontra e si ‘scontra’ in questa piazza dove all’austera severità di palazzo Chiablese corrisponde l’equilibrata modulazione della facciata del Duomo, raro frutto dell’armonia architet-tonica rinascimentale a Torino. Di lato, affaccia su via XX Settembre, il settecente-sco Seminario Arcivescovile dirimpetto alla cattedrale, il brusco scarto stilistico del triste palazzo degli Uffici Tecnici Comunali (1957-59); sullo sfondo rosseggia il laterizio della romana Porta Palatina.

Duomo* (1, C4). Nella città emblema del barocco stupisce che la cattedrale, o me-glio il Duomo, in piazza S. Giovanni, si presenti di modeste proporzioni e in una veste sobriamente spoglia. Dedicata a S. Giovanni Battista, fu realizzata tra il 1491 e il 1498 su progetto del toscano Meo del Caprino, chiamato a Torino dall’allora vescovo Domenico della Rovere. Valo-rizzata dalle sue stesse caratteristiche architettoniche, la chiesa è resa ancor più celebre dal fatto di essere lo scrigno che custodisce la Sindone e la ‘location’ delle sue ostensioni. I volumi ridotti e il candore del rivestimento in marmo contrastano con il maestoso contesto architettonico che si sviluppò intorno dall’epoca barocca in poi (palazzo Chiablese, Palazzo Reale, la cappella della Sindone che spunta pre-potentemente alle spalle della cupola del Duomo). Rimane, tuttavia, l’elegante sim-metria della facciata, con i suoi ondulati raccordi tra i prospetti delle tre navate, scandite da tre portali decorati, nei sot-tarchi, dai fini rilievi di Meo del Caprino e aiuti. L’interno, a croce latina, è partico-larmente luminoso e di struttura ancora prevalentemente gotica. In controfacciata,

Piazza S. Giovanni e il Duomo, unico esempio in città di arte rinascimentale

1.3 Il Duomo e il suo corredo

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la bella tomba di Giovanna d’Orlier de la Balme*, dama di corte, opera di uno scul-tore francese di metà del xvi secolo. Nelle navate laterali, ricavate nello spessore della muratura, cappelle devozionali sono arricchite da opere pittoriche e scultoree dal ’500 all’800. Nel braccio destro del transetto, sovrastato dalla monumentale cantoria barocca, con organo, alla sini-stra della porta d’ingresso alla sagrestia – dove si conserva un Battesimo di Cristo (1508-11), della coppia Spanzotti-Ferrari – è il sepolcro dell’arcivescovo Claudio di Seyssel, opera di Matteo Sanmicheli (1525-30). A destra, invece, incombe la tribuna reale scolpita da Ignazio Perucca (1775): ai suoi piedi è la teca che custodisce la Sindone. Nella cappella di S. Massimo, primo vescovo di Torino (vi secolo), la 3ª della navata sinistra, sotto le statue degli angeli è la tomba del beato Pier Giorgio Frassati. Al suo fascino ha ora aggiunto quello della salita, una volta a settimana, rigorosamente accompagnati da volontari sulla torre campanaria*, il campanile di S. Andrea, di disegno romanico, rifatto nella seconda metà del xv secolo e poi sopra-elevato da Juvarra (1720-23). Prospettiva unica per cogliere dall’alto la geometria dei tetti, i resti della Torino romana e scorci del Polo Reale.

Cappella della Sacra Sindone** (1, C4). Da due scalinate speculari che si arram-picano verso il cielo, introdotte da due portali al fondo delle navate laterali del Duomo, ai lati dell’altare maggiore, si ac-cede a questo luogo speciale, capolavoro del Guarini, inno al mistero dell’ascesi spirituale e, al contempo, al genio terreno dell’uomo. Oggi la Sindone viene esposta in Duomo in occasione delle periodiche Ostensioni, l’ultima delle quali nella prima-vera del 2015, in concomitanza con l’Expo di Milano e le celebrazioni per il bicente-nario della nascita di S. Giovanni Bosco.

Storia. Dopo essere stata commissionato a più artisti dal duca Carlo Emanuele I di Savoia per conservare il prezioso telo della Sindone che la famiglia ducale sabauda custodiva da alcuni secoli, intorno al 1667 il progetto della cappella fu affidato a Guarino Guarini, uomo di fede prima ancora che architetto. Si trattava di realizzare un ambiente di collegamento tra l’abside del Duomo e il piano nobile del Palazzo Reale, così da richiamare simbolicamente, proprio attraver-so la collocazione della sacra reliquia, il punto d’incontro tra il potere della religione e quello dello Stato. Il Guarini riuscì a risolvere una serie di difficoltà ingegneristiche con fantasiosa e al La torre campanaria del Duomo

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tempo stesso scientifica genialità. Fin dal 1694, sotto la cupola, sull’altare, fu collocata la teca della Sindone. Nella prima metà dell’800 furono aggiunti i gruppi di statue sui grandi personag-gi di Casa Savoia commissionati da re Carlo Alberto. Nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997, all’interno della cappella divampò un rovinoso incendio. Uno dei più strabilianti capolavori del barocco europeo, dal 1993 in restauro in vista di un ponderato spostamento della teca del Sacro Lenzuolo dietro l’altare maggiore del Duomo, fu così in gran parte distrutto dal rogo. Il pronto intervento dei vigili del fuoco salvò la Sindone e altri preziosi arredi sacri, ma poco poté nei confronti della quasi totale distruzio-ne della cappella. Il monumentale restauro è ancora in corso.

La struttura e la composizione dei materiali della cappella si presentano in evidente contrasto con l’antecedente spazio interno della cattedrale: avanzando tra le nava-te tardogotiche, rischiarate dall’alto da un’aperta pioggia di luce, il fedele inizia a scorgere sul fondo del presbiterio una pre-senza architettonica ‘altra’ in un crescendo di tensione drammatica. Il marmo nero di Frabosa, su cui s’impostano i portali e le due scalinate a gradini curvi, scandisce l’ascesa in un clima di sospensione quasi angosciata. Anche la matematica ha un

preciso significato in questo contesto, e in particolare i numeri che hanno come base il 3, numero perfetto, i suoi multipli e le conseguenti trasposizioni geometriche (triangoli, esagoni, stelle a sei e dodici punte). Dalle scalinate ai lati dell’altare si acce-de ai due vestiboli (il terzo, in posizione centrale rispetto ai primi due, mette in comunicazione la cappella con Palazzo Reale) e di qui al vano centrale. La tensione tra l’oscurità dei piani inferiori e la lumino-sità che si propaga dalla struttura conico-piramidale della cupola sostenuta dall’alto tamburo, aperto in sei finestroni ad arco, e sovrastata dalla cuspide, si trasforma in un senso di vertigine, nel tentativo di individuare il gioco sovrapposto dei sei esagoni che, sfalsati, creano un caleidosco-pico effetto-infinito a raggiungere la stella a dodici punte. Al centro, una colomba di-vina prende luce dagli ovali della lanterna. La cappella è decorata con candidi gruppi marmorei, che raffigurano quattro ante-nati di Carlo Alberto: Emanuele Filiberto e il principe Tommaso, rispettivamente di Pompeo Marchesi e di Giuseppe Gaggini, e nella parte adiacente al Palazzo Reale, Carlo Emanuele II e Amedeo VIII.

Sindone: il mistero del Sacro Volto

Sottoposta a un ultimo importante restauro con-servativo nel 2002, la Sindone rappresenta e ali-menta da secoli un mistero irrisolto. Sul sudario di lino, lungo 4,37  m e largo 1,11, è impressa l’impronta del corpo di un uomo ferito in volto, sul capo, sul corpo e da un profondo taglio sul costa-to destro, tutti segni che rimandano alla passione e alla morte di Gesù Cristo, così come vengono raccontate nei Vangeli. Nonostante le obiezioni scientifiche sull’autenticità della reliquia, questo reperto è nella tradizione cristiana oggetto di pro-fonda devozione. Notizie storiche sulle vicende della Sindone si hanno a partire dalla metà del ’300, in Francia, anche se prima il telo sembra abbia percorso un lungo viaggio, da Gerusalemme in Anatolia e a Costantinopoli, per arrivare infine nelle mani di Goffredo di Charny, da cui i Savoia l’acquistarono nel 1453; poi per quasi un secolo il lino venne conservato nella cappella del Castello di Cham-béry. Nel 1578 Emanuele Filiberto lo trasferì a Torino, dove è rimasto. Dal 1694 e per tre secoli conservata nella cappella edificata da Guarino Guarini, la Sindone è scampata a vari inci-denti, tra cui l’incendio che nel 1532 devastò la cappella del castello di Chambéry e quello nella notte del 12-13 aprile 1997, che distrusse la cappella guariniana.Per informazioni: www.sindone.org

Manifesto del 1933 in occasione dell’Ostensione della Sindone