Petrolio e petrolchimica - file4 La più accreditata è, però, la teoria...
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Petrolio e petrolchimica
sabato 21 agosto 2010
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Le origini del petrolio
Le prime ipotesi sulle origini del petrolio risalgono al 1700: Alessandro Volta espresse l'opinione che il gas delle paludi o
metano, fosse prodotto dalla decomposizione di sostanze animali. Il metano venne poi studiato da Dalton.
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In questi ultimi anni sono state formulate varie teorie:secondo Fischer e Tropsch, il petrolio si sarebbe formato da reazioni chimiche tra fra carbonio inorganico (carburi) e acqua ad altissime pressioni nella zona p ro fonda de l l a Te r ra ch iamata "mantello". Il petrolio esiste nel mantello fin da epoche remotissime, ovvero fin dalla formazione del pianeta. Queste enormi quantit di idrocarburi sotterranei migrano lentamente alla superficie formando i pozzi dai quali oggi estraiamo petrolio e gas; secondo un'altra teoria la radioattivit terrestre avrebbe liberato idrogeno dall'acqua, con successive reazioni di addizione al carbonio.
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La pi accreditata , per, la teoria dell'origine organica del petrolio, per la quale la degradazione anaerobia di organismi morti avrebbe formato per primi gli idrocarburi superiori;
questi sarebbero stati poi elaborati da batteri aerobi e anaerobi. A convalida, si trovano nel petrolio grezzo sostanze organiche di struttura simile al colesterolo, sostanze otticamente attive e pigmenti del gruppo delle porfirine.
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I materiali organici da cui si formato il petrolio sono costituiti da resti di organismi vegetali e animali (alghe, coralli, lamellibranchi, ecc.), che vivevano nel mare, allo sbocco dei fiumi o in prossimit della costa. Questo materiale sedimentava sul fondo e veniva ricoperto dai detriti portati dai fiumi: si formarono, cos, rocce argillose, rese compatte dal peso degli strati che man mano
andavano accumulandosi.
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Queste rocce sedimentarie sono state battezzate rocce madri in quanto in esse si svolse il lento processo di trasformazione che ha dato origine al petrolio. Successivamente avvenne il fenomeno della migrazione: le rocce madri, pressate dagli
strati superiori, si comportarono come una spugna schiacciata, facendo sprizzar fuori il petrolio che and a impregnare sabbie e rocce pi porose, quindi pi permeabili come argille sabbiose e calcari, ma non sottoposte a elevate forze di schiacciamento.
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Le rocce nelle quali si accumula il petrolio sono dette rocce magazzino o rocce serbatoio e rappresentano gli attuali giacimenti. Questi giacimenti, prettamente sottomarini, si ritrovano oggi in molte zone continentali: la loro attuale dislocazione dovuta agli imponenti fenomeni che hanno modificato e modificano la struttura e la morfologia della crosta terrestre, trasportando ovunque le rocce magazzino e le rocce madri.
Il petrolio si ritrova, per, solo nelle rocce magazzino che non sono affiorate; dalle altre, affiorate nelle epoche passate, il pe t ro l io s i d isperso in superficie e le rocce stesse si sono trasformate dando origine a tipiche rocce asfaltiche; in rari c a s i , s i v e r i f i c a t a l a formazione di veri e propri laghi d'asfalto come quello, ancora esistente, di Trinidad.
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Il processo di sprofondamento pu
anche continuare passando alla
catagenesi, continuando nella metagenesi e fino
ad arrivare al metamorfismo per
profondit superiori ai 6-7 Km e temperature di oltre
200.
La trasformazione della sostanza organica in petrolio iniziano gi a circa 1 Km di profondit e ad una temperatura di almeno
60 C con il processo di diagenesi attraverso il quale i sedimenti diventano roccia e in questo caso roccia madre.
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Durante la diagenesi il sedimento e la materia organica, prevalentemente composta da lipidi, proteine e carboidrati
(con lignine e tannini per i vegetali), subiscono una compattazione a causa dalla pressione ed un aumento di temperatura che favorisce i batteri presenti nel terreno a
"fermentare" la sostanza organica producendo CO2 e CH4; quest'ultimo a volte pu formare i famosi gas di palude, detto metano biogenico. Al termine della diagenesi la
sostanza organica in parte si trasformata in Kerogene, geopolimero complesso progenitore del petrolio.
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Con l'incremento della temperatura e della profondit si passa alla fase di catagenesi dove il kerogene passa allo stato
amorfo in macromolecole formate principalmente da carbonio ed idrogeno, con una piccola percentuale di ossigeno, zolfo e
azoto. Aumenta ancora la temperatura e il kerogene continua a trasformarsi eliminando dalla macromolecola le molecole pi
leggere, e relativamente ricche di O e H, assumendo una struttura via via pi ordinata e stabile.
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Nella fase finale della catagenesi il kerogene completa
la sua maturazione (a circa 150C e diversi Km di profondit
con pressioni di circa 1000 Atm. ). Qui avviene il processo
di cracking, causato dalla temperatura. Le macromolecole originali si rompono formando molecole di bitume (petrolio) e
di gas che, essendo molto meno dense della
macromolecola di partenza, migreranno verso l'alto e per accumularsi contro barriere
rocciose impermeabili (trappole).
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La produzione di petrolio avviene tra due temperature: una minima di circa 60 in cui inizia la fase di
diagenesi al cui termine si genera il kerogene, ed una massima tra i
100-150 in cui il kerogene subisce il cracking. Queste due soglie termiche delimitano la finestra
dell'olio, ossia l'intervallo di profondit e temperatura in cui la roccia madre produce la massima
quantit di petrolio.
Alla soglia del metamorfismo (circa 5-6 Km di profondit e temp di circa 200) il kerogene diventa un residuo carbonioso grafitico.
Non esiste possibilit alcuna di generare petrolio ma pu formarsi ancora metano.
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Ricapitolando
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Qualche ripensamento?
Ottimi risultati sono stati ottenuti in Siberia, nel Vietnam, negli anni Sessanta e Settanta, e in una regione considerata per
quarantacinque anni come un bacino geologicamente sterile, il bacino del Dnieper-Donets, situato fra la Russia e lUcraina.
La vecchia teoria secondo la quale il petrolio sarebbe una rielaborazione degli idrocarburi inizialmente presenti nella formazione della Terra stata utilizzata costantemente dai geofisici russi.
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La maggior parte degli olii di tipo paraffinico-naftenico, generalmente di media densit e con poco zolfo, oppure di tipo aromatico-intermedio di solito densi e con tenore di zolfo spesso elevato. Gli oli naftenici sono molto rari.Con l'aumentare della profondit e della temperatura gli olii si alterano, diventando pi leggeri, pi paraffinici e meno ricchi di zolfo; viceversa, per olii pi superficiali, il dilavamento per azione di acque meteoriche, accompagnato da azioni batteriche, rende gli olii pi pesanti e viscosi, e pi ricchi di aromatici e composti con azoto/zolfo/ossigeno.
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Composizione petroliparaffinici naftenici aromatici provenienza
Greggi paraffinici
60-70 20-25 10 Nord AmericaMedio Oriente
Greggi naftenici
10-12 70 10 Russia
Greggi paraffino-naftenici
45-50 30-35 15-18 Medio Oriente
Greggi aromatico-naftenici
15-20 35-45 25-50 Nord America
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Commercialmente, la propriet utilizzata per descrivere il greggio la densit, tradizionalmente espressa con il grado API. Si definiscono olii pesanti quelli con API minori di 25, ossia con peso specifico
maggiore di 0,9; gli olii leggeri hanno densit attorno ai 40 api, ossia peso specifico 0,83. Un altro parametro che ha molta importanza nella valorizzazione del greggio il contenuto di zolfo, che pu variare tra
lo 0,1 e valori oltre il 5% peso. La maggior parte dei greggi lavorati sul mercato ha composizione compresa in una forchetta pi ristretta.
500.000 barili/giorno
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Recupero primario Nella maggior parte dei casi, i pozzi petroliferi
vengono trivellati con il metodo "a rotazione" (rotary) brevettato in Gran
Bretagna nel 1844 da R. Beart. L'elemento pi appariscente di un impianto di
perforazione l'alta struttura a traliccio detta torre di trivellazione, o derrick, che a circa tre metri dal suolo sostiene una piattaforma sulla
quale sono montati la "tavola rotante" e il relativo apparato motore. Entro un foro a
sezione quadrata della tavola rotante (orizzontale) scorrono verticalmente,
ricevendo da questa un moto rotatorio, le aste tubolari (pure a sezione quadrata) della
batteria di perforazione, che vengono avvitate una sull'altra man mano che penetrano nel
terreno.
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La prima asta, che provvede alla perforazione del terreno, dotata di
una testa tagliente (denominata "scalpello"), generalmente costituita da tre ruote dentate coniche ad assi
concorrenti, con i denti di acciaio temprato o di altro materiale adatto a frantumare la roccia. All'interno della batteria di perfo