Petrarca - Canzoniere

7/31/2019 Petrarca - Canzoniere

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Francesco Petrarca - Rerum Vulgarium Fragmenta

1

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suonodi quei sospiri ond'io nudriva 'l corein sul mio primo giovenile errorequand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,

del vario stile in ch'io piango et ragionofra le vane speranze e 'l van dolore,

ove sia chi per prova intenda amore,spero trovar piet, nonch perdono.

Ma ben veggio or s come al popol tuttofavola fui gran tempo, onde soventedi me medesmo meco mi vergogno

et del mio vaneggiar vergogna ! 'l frutto,e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramenteche quanto piace al mondo ! breve sogno.

"

#er fare una leggiadra sua vendettaet punire in un d ben mille offese,celatamente $mor l'arco riprese,come huom ch'a nocer luogo et tempo aspetta.

%ra la mia virtute al cor ristrettaper far ivi et ne gli occhi sue difese,quando 'l colpo mortal l gi& disceseove solea spuntarsi ogni saetta.

#er, turbata nel primiero assalto,non ebbe tanto n vigor n spazioche potesse al bisogno prender l'arme,

overo al poggio faticoso et altoritrarmi accortamente da lo straziodel quale oggi vorrebbe, et non p, aitarme.

(

%ra il giorno ch'al sol si scoloraroper la piet del suo factore i rai,quando i' fui preso, et non me ne guardai,ch i be' vostr'occhi, donna, mi legaro.

)empo non mi parea da far riparocontra colpi d'$mor* per m'andaisecur, senza sospetto onde i miei guainel commune dolor s'incominciaro.

)rovommi $mor del tutto disarmatoet aperta la via per gli occhi al core,che di lagrime son fatti uscio et varco*

per al mio parer non li fu honoreferir me de saetta in quello stato,a voi armata non mostrar pur l'arco.

+ue' ch'infinita providentia et artemostr nel suo mirabil magistero,che cr- questo et quell'altro hemispero,et manseto pi& /iove che Marte,


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vegnendo in terra a 'lluminar le cartech'avean molt'anni gi celato il vero,tolse /iovanni da la rete et #iero,et nel regno del ciel fece lor parte.

0i s nascendo a oma non fe' gratia,a /iudea s, tanto sovr'ogni statohumiltate e2altar sempre gli piacque

ed or di picciol borgo un sol n' dato,

tal che natura e 'l luogo si ringratiaonde s bella donna al mondo nacque.

3

uando io movo i sospiri a chiamar voi,e 'l nome che nel cor mi scrisse $more,4$5dando s'incomincia udir di foreil suon de' primi dolci accenti suoi.

Vostro stato %al, che 'ncontro poi,raddoppia a l'alta impresa il mio valorema* )$ci, grida il fin, ch farle honore! d'altri homeri soma che da' tuoi.

6os 4$5dare et %verire insegnala voce stessa, pur ch'altri vi chiami,o d'ogni reverenza et d'onor degna*

se non che forse $pollo si disdegnach'a parlar de' suoi sempre verdi ramilingua mortal presumptosa vegna.

7

8 trav-ato ! 'l folle mi' desioa seguitar costei che 'n fuga ! volta,

et de' lacci d'$mor leggiera et scioltavola dinanzi al lento correr mio,

che quanto richiamando pi& l'envioper la secura strada, men m'ascolta*n mi vale spronarlo, o dargli volta,ch'$mor per sua natura il fa restio.

%t poi che 'l fren per forza a s raccoglie,i' mi rimango in signoria di lui,che mal mio grado a morte mi trasporta*

sol per venir al lauro onde si coglieacerbo frutto, che le piaghe altruigustando afflige pi& che non conforta.

9

4a gola e 'l sonno et l'ot-ose piumenno del mondo ogni vert& sbandita,ond'! dal corso suo quasi smarritanostra natura vinta dal costume

et ! s spento ogni benigno lumedel ciel, per cui s'informa humana vita,che per cosa mirabile s'addita

chi vl far d'%licona nascer fiume.ual vaghezza di lauro, qual di mirto:#overa et nuda vai philosophia,dice la turba al vil guadagno intesa.

#ochi compagni avrai per l'altra via*


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poi che in me conosceste il gran desioch'ogni altra voglia d'entr'al cor mi sgombra.

Mentr'io portava i be' pensier' celati,ch'nno la mente des-ando morta,vidivi di pietate ornare il voltoma poi ch'$mor di me vi fece accorta,fuor i biondi capelli allor velati,et l'amoroso sguardo in s raccolto.uel ch'i' pi& desiava in voi m'! tolto*s mi governa il veloche per mia morte, et al caldo et al gielo,de' be' vostr'occhi il dolce lume adombra.

1"

8e la mia vita da l'aspro tormentosi pu tanto schermire, et dagli affanni,ch'i' veggia per vert? de gli ultimi anni,donna, de' be' vostr'occhi il lume spento,

e i cape' d'oro fin farsi d'argento,

et lassar le ghirlande e i verdi panni,e 'l viso scolorir che ne' miei dannia @llamentar mi fa pauroso et lento*

pur mi dar tanta baldanza $morech'i' vi discovrir de' mei martiriqua' sono stati gli anni, e i giorni et l'ore

et se 'l tempo ! contrario ai be' desiri,non fia ch'almen non giunga al mio dolorealcun soccorso di tardi sospiri.

1(uando fra l'altre donne ad ora ad ora$mor vien nel bel viso di costei,quanto ciascuna ! men bella di leitanto cresce 'l desio che m'innamora.

A' benedico il loco e 'l tempo et l'orache s alto miraron gli occhi mei,et dico* $nima, assai ringratiar dBiche fosti a tanto honor degnata allora.

0a lei ti v!n l'amoroso pensero,che mentre 'l segui al sommo ben t'invia,

pocho prezando quel ch'ogni huom desiada lei vien l'animosa leggiadriach'al ciel ti scorge per destro sentero,s ch'i' vo gi de la speranza altero.

1+

Ccchi miei lassi, mentre ch'io vi gironel bel viso di quella che v' morti,pregovi siate accorti,ch gi vi sfida $more, ond'io sospiro.

Morte p chiuder sola a' miei penseril'amoroso camin che gli conduceal dolce porto de la lor salutema puossi a voi celar la vostra luceper meno obgetto, perch meno interisiete formati, et di minor virtute.


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#er, dolenti, anzi che sian venutel'ore del pianto, che son gi vicine,prendete or a la finebreve conforto a s lungo martiro.

13

Ao mi rivolgo indietro a ciascun passocol corpo stancho ch'a gran pena porto,et prendo allor del vostr'aere confortoche 'l fa gir oltra dicendo* Cim! lassoD

#oi ripensando al dolce ben ch'io lasso,al camin lungo et al mio viver corto,fermo le piante sbigottito et smorto,et gli occhi in terra lagrimando abasso.

)alor m'assale in mezzo a'tristi piantiun dubbio* come posson queste membrada lo spirito lor viver lontane:

Ma rispondemi $mor* Eon ti rimembrache questo ! privilegio degli amanti,sciolti da tutte qualitati humane:

17

Movesi il vecchierel canuto et bianchodel dolce loco ov' sua et fornitaet da la famigliuola sbigottitache vede il caro padre venir manco

indi trahendo poi l'antiquo fiancoper l'e2treme giornate di sua vita,quanto pi& p, col buon voler s'aita,

rotto dagli anni, et dal cammino stanco

et viene a oma, seguendo 'l desio,per mirar la sembianza di coluich'ancor lass& nel ciel vedere spera*

cos, lasso, talor vo cerchand'io,donna, quanto ! possibile, in altruila dis-ata vostra forma vera.

19

#iovonmi amare lagrime dal visocon un vento angoscioso di sospiri,quando in voi adiven che gli occhi giriper cui sola dal mondo i' son diviso.

Vero ! che 'l dolce manseto risopur acqueta gli ardenti miei desiri,et mi sottragge al foco de' martiri,mentr'io son a mirarvi intento et fiso.

Ma gli spiriti miei s'aghiaccian poich'i' veggio al departir gli atti soavitorcer da me le mie fatali stelle.

4argata alfin co l'amorose chiavil'anima esce del cor per seguir voiet con molto pensiero indi si svelle.

1;


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uand'io son tutto vlto in quella parteove 'l bel viso di madonna luce,et m'! rimasa nel pensier la luceche m'arde et strugge dentro a parte a parte,

i' che temo del cor che mi si parte,et veggio presso il fin de la mia luce,vommene in guisa d'orbo, senza luce,che non sa ove si vada et pur si parte.

6os davanti ai colpi de la mortefuggo* ma non s ratto che 'l desiomeco non venga come venir sle.

)acito vo, ch le parole mortefarian pianger la gente et i' desioche le lagrime mie si spargan sole.

1

8'$more o Morte non d qualche stroppioa la tela novella ch'ora ordisco,et s'io mi svolvo dal tenace visco,mentre che l'un coll'altro vero accoppio,

i' far forse un mio lavor s doppio


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tra lo stil de' moderni e 'l sermon prisco,che, paventosamente a dirlo ardisco,infin a oma n'udirai lo scoppio.

Ma per che mi mancha a fornir l'opraalquanto de le fila benedettech'avanzaro a quel mio dilecto padre,

perch tien' verso me le man' s strette,contra tua usanza: A' prego che tu l'opra,

e vedrai r-uscir cose leggiadre.

+1

uando dal proprio sito si rimovel'arbor ch'am gi #hebo in corpo humano,sospira et suda a l'opera Vulcano,per rinfrescar l'aspre saette a /iove*

il qual or tona, or nevicha et or piove,senza honorar pi& 6esare che /ianola terra piange, e 'l sol ci sta lontano,che la sua cara amica ved'altrove.

$llor riprende ardir 8aturno et Marte,crudeli stelle, et Cr-one armatospezza a' tristi nocchier' governi et sarte

%olo a Eeptuno et a /iunon turbatofa sentire, et a noi, come si parteil bel viso dagli angeli aspectato.

+"

Ma poi che 'l dolce riso humile et piano

pi& non asconde sue bellezze nove,le braccia a la fucina indarno movel'antiquissimo fabbro ciciliano,

ch'a /iove tolte son l'arme di manotemprate in Mongibello a tutte prove,et sua sorella par che si rinovenel bel guardo d'$pollo a mano a mano.

0el lito occidental si move un fiato,che fa securo il navigar senza arte,et desta i fior' tra l'erba in ciascun prato.

8telle noiose fuggon d'ogni parte,

disperse dal bel viso inamorato,per cui lagrime molte son gi sparte.

+(

Al figliuol di 4atona avea gi novevolte guardato dal balcon sovrano,per quella ch'alcun tempo mosse invanoi suoi sospiri, et or gli altrui commove.

#oi che cercando stanco non seppe oves'albergasse, da presso o di lontano,

mostrossi a noi qual huom per doglia insano,che molto amata cosa non ritrove.

%t cos tristo standosi in disparte,tornar non vide il viso, che laudatosar s'io vivo in pi& di mille carte


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et piet lui medesmo avea cangiato,s che' begli occhi lagrimavan parte*per l'aere ritenne il primo stato.

++

ue'che 'n )esaglia ebbe le man' s prontea farla del civil sangue vermiglia,pianse morto il marito di sua figlia,raffigurato a le fatezze conte

e 'l pastor ch'a /olia ruppe la fronte,pianse la ribellante sua famiglia,et sopra 'l buon 8a&l cangi le ciglia,ond'assai pu dolersi il fiero monte.

Ma voi che mai piet non discolora,et ch'avete gli schermi sempre accorticontra l'arco d'$mor che 'ndarno tira,

mi vedete straziare a mille morti*n lagrima per discese anchorada' be' vostr'occhi, ma disdegno et ira.

+3

Al mio adversario in cui veder soletegli occhi vostri ch'$more e 'l ciel honora,colle non sue bellezze v'innamorapi& che 'n guisa mortal soavi et liete.

#er consiglio di lui, donna, m'avetescacciato del mio dolce albergo fora*misero e2ilio, avegna ch'i' non fQrad'abitar degno ove voi sola siete.

Ma s'io v'era con saldi chiovi fisso,non devea specchio farvi per mio danno,a voi stessa piacendo, aspra et superba.

6erto, se vi rimembra di Earcisso,questo et quel corso ad un termino vanno,bench di s bel fior sia indegna l'erba.

+7

4'oro et le perle e i fior' vermigli e i bianchi,che 'l verno devria far languidi et secchi,son per me acerbi et velenosi stecchi,ch'io provo per lo petto et per li fianchi.

#er i d miei fien lagrimosi et manchi,ch gran duol rade volte aven che 'nvecchi*ma pi& ne colpo i micidiali specchi,che 'n vagheggiar voi stessa avete stanchi.

uesti poser silentio al signor mio,che per me vi pregava, ond'ei si tacque,veggendo in voi finir vostro desio

questi fuor fabbricati sopra l'acque

d'abisso, et tinti ne l'eterno oblio,onde 'l principio de mia morte nacque.

+9

Ao sentia dentr'al cor gi venir meno


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gli spirti che da voi ricevon vitaet perch naturalNmente s'aitacontra la morte ogni animal terreno,

largai 'l desio, ch'i teng'or molto a freno,et misil per la via quasi smarrita*per che d et notte indi m'invita,et io contra sua voglia altronde 'l meno.

%t mi condusse, vergognoso et tardo,

a riveder gli occhi leggiadri, ond'ioper non esser lor grave assai mi guardo.

Vivrommi un tempo omai, ch'al viver miotanta virtute sol un vostro sguardoet poi morr, s'io non credo al desio.

+;

8e mai foco per foco non si spense,n fiume fu gi mai secco per pioggia,ma sempre l'un per l'altro simil poggia,et spesso l'un contrario l'altro accense,

$mor, tu che' pensier' nostri dispense,al qual un'alma in duo corpi s'appoggia,perch fai in lei con disusata foggiamen per molto voler le voglie intense:

Lorse s come 'l Eil d'alto caggendocol gran suono i vicin' d'intorno assorda,e 'l sole abbaglia chi ben fiso 'l guarda,

cos 'l desio che seco non s'accorda,ne lo sfrenato obiecto vien perdendo,et per troppo spronar la fuga ! tarda.

+

4'arbor gentil che forte amai molt'anni,mentre i bei rami non m'ebber a sdegnofiorir faceva il mio debile ingegnoa la sua ombra, et crescer negli affanni.

#oi che, securo me di tali inganni,fece di dolce s spietato legno,

i' rivolsi i pensier' tutti ad un segno,che parlan sempre de' lor tristi danni.

6he por dir chi per amor sospira,s'altra speranza le mie rime novegli avessir data, et per costei la perde:

E poeta ne colga mai, n /iovela privilegi, et al 8ol venga in ira,tal che si secchi ogni sua foglia verde.

71

Genedetto sia 'l giorno, et 'l mese, et l'anno,et la stagione, e 'l tempo, et l'ora, e 'l punto,e 'l bel paese, e 'l loco ov'io fui giuntoda'duo begli occhi che legato m'nno

et benedetto il primo dolce affannoch'i' ebbi ad esser con $mor congiunto,et l'arco, et le saette ond'i' fui punto,et le piaghe che 'nfin al cor mi vanno.

Genedette le voci tante ch'iochiamando il nome de mia donna sparte,e i sospiri, et le lagrime, e 'l desio

et benedette sian tutte le carteov'io fama l'acquisto, e 'l pensier mio,ch'! sol di lei, s ch'altra non v' parte.

7"

#adre del ciel, dopo i perduti giorni,dopo le notti vaneggiando spese,con quel fero desio ch'al cor s'accese,mirando gli atti per mio mal s adorni,

piacciati omai col )uo lume ch'io torni

ad altra vita et a pi& belle imprese,s ch'avendo le reti indarno tese,il mio duro adversario se ne scorni.

Cr volge, 8ignor mio, l'undecimo annoch'i' fui sommesso al dispietato giogo


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che sopra i pi& soggetti ! pi& feroce.

Miserere del mio non degno affannoreduci i pensier' vaghi a miglior luogoramenta lor come oggi fusti in croce.

7(

Volgendo gli occhi al mio novo colore

che fa di morte rimembrar la gente,piet vi mosse onde, benignamentesalutando, teneste in vita il core.

4a fraile vita, ch'ancor meco alberga,fu de' begli occhi vostri aperto dono,et de la voce angelica soave.0a lor conosco l'esser ov'io sono*

ch, come suol pigro animal per verga,cos destaro in me l'anima grave.0el mio cor, donna, l'una et l'altra chiave

avete in mano et di ci son contento,

presto di navigare a ciascun vento,ch'ogni cosa da voi m'! dolce honore.

7+

8e voi poteste per turbati segni,per chinar gli occhi, o per piegar la testa,o per esser pi& d'altra al fuggir presta,torcendo 'l viso a' preghi honesti et degni,

uscir gi mai, over per altri ingegni,del petto ove dal primo lauro innesta

$mor pi& rami, i' direi ben che questafosse giusta cagione a' vostri sdegni*

ch gentil pianta in arido terrenopar che si disconvenga, et per lietanaturalmente quindi si diparte

ma poi vostro destino a voi pur vietal'esser altrove, provedete almenodi non star sempre in od-osa parte.

73

4asso, che mal accorto fui da primanel giorno ch'a ferir mi venne $more,ch'a passo a passo ! poi fatto signorede la mia vita, et posto in su la cima.

Ao non credea per forza di sua limache punto di fermezza o di valoremancasse mai ne l'indurato corema cos va, chi sopra 'l ver s'estima.

0a ora inanzi ogni difesa ! tarda,altra che di provar s'assai o pocoquesti preghi mortali $more sguarda.

Eon prego gi, n puote aver pi& loco,che mesuratamente il mio cor arda,ma che sua parte abbia costei del foco.

77


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4'aere gravato, et l'importuna nebbiacompressa intorno da rabbiosi v!ntitosto conven che si converta in pioggiaet gi son quasi di cristallo i fiumi,e 'n vece de l'erbetta per le vallinon se ved'altro che pruine et ghiaccio.

%t io nel cor via pi& freddo che ghiaccio di gravi pensier' tal una nebbia,qual si leva talor di queste valli,serrate incontra agli amorosi v!nti,et circundate di stagnanti fiumi,quando cade dal ciel pi& lenta pioggia.

An picciol tempo passa ogni gran pioggia,e 'l caldo fa sparir le nevi e 'l ghiaccio,di che vanno superbi in vista i fiumin mai nascose il ciel s folta nebbiache sopragiunta dal furor d'i v!ntinon fugisse dai poggi et da le valli.

Ma, lasso, a me non val fiorir de valli,anzi piango al sereno et a la pioggia

et a' gelati et a' soavi v!nti*ch'allor fia un d madonna senza 'l ghiacciodentro, et di for senza l'usata nebbia,ch'i' vedr secco il mare, e' laghi, e i fiumi.

Mentre ch'al mar descenderanno i fiumiet le fiere ameranno ombrose valli,fia dinanzi a' begli occhi quella nebbiache fa nascer d'i miei continua pioggia,et nel bel petto l'indurato ghiaccioche trF del mio s dolorosi v!nti.

Gen debbo io perdonare a tutti v!nti,

per amor d'un che 'n mezzo di duo fiumimi chiuse tra 'l bel verde e 'l dolce ghiaccio,tal ch'i' depinsi poi per mille vallil'ombra ov'io fui, ch n calor n pioggian suon curava di spezzata nebbia.

Ma non fuggo gi mai nebbia per v!nti,come quel d, n mai fiumi per pioggia,n ghiaccio quando 'l sole apre le valli.

79

0el mar )irreno a la sinistra riva,dove rotte dal vento piangon l'onde,s&bito vidi quella altera frondedi cui conven che 'n tante carte scriva.

$mor, che dentro a l'anima bolliva,per rimembranza de le treccie biondemi spinse, onde in un rio che l'erba ascondecaddi, non gi come persona viva.

8olo ov'io era tra boschetti et collivergogna ebbi di me, ch'al cor gentilebasta ben tanto, et altro spron non volli.

#iacemi almen d'aver cangiato stileda gli occhi a' pie', se del lor esser molligli altri asciugasse un pi& cortese aprile.

7;


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4'aspetto sacro de la terra vostrami fa del mal passato tragger guai,gridando* 8ta' su, misero, che fai:et la via de salir al ciel mi mostra.

Ma con questo pensier un altro giostra,et dice a me* #erch fuggendo vai:se ti rimembra, il tempo passa omaidi tornar a veder la donna nostra.

A' che 'l suo ragionar intendo, alloram'agghiaccio dentro, in guisa d'uom ch'ascoltanovella che di s&bito l'accora.

#oi torna il primo, et questo d la volta*qual vincer, non so ma 'nfino ad oracombattuto nno, et non pur una volta.

7"

6esare, poi che 'l traditor d'%gittoli fece il don de l'onorata testa,celando l'allegrezza manifesta,pianse per gli occhi fuor s come ! scritto

et anibl, quando a l'imperio afflittovide farsi Lortuna s molesta,

rise fra gente lagrimosa et mestaper isfogare il suo acerbo despitto.

%t cos aven che l'animo ciascunasua pass-on sotto 'l contrario mantoricopre co la vista or chiara or bruna*


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per, s'alcuna volta io rido o canto,facciol, perch'i' non se non quest'unavia da celare il mio angoscioso pianto.

1>(

Vinse anibl, et non seppe usar poiben la vittor-osa sua ventura*per, signor mio caro, aggiate cura,che similmente non avegna a voi.

4'orsa, rabbiosa per gli orsacchi suoi,che trovaron di maggio aspra pastura,rode s dentro, e i denti et l'unghie enduraper vendicar suoi danni sopra noi.

Mentre 'l novo dolor dunque l'accora,non riponete l'onorata spada,anzi seguite l dove vi chiama

vostra fortuna dritto per la stradache vi pu dar, dopo la morte anchoramille et mille anni, al mondo honor et fama.

1>+

4'aspectata vert?, che 'n voi fiorivaquando $mor cominci darvi bataglia,produce or frutto, che quel fiore aguaglia,et che mia speme fa venire a riva.

#er mi dice il cor ch'io in carte scrivacosa, onde 'l vostro nome in pregio saglia,ch 'n nulla parte s saldo s'intagliaper far di marmo una persona viva.

6redete voi che 6esare o Marcelloo #aolo od $ffrican fossin cotaliper incude gi mai n per martello:

#andolfo mio, quest'opere son fralia @llungo andar, ma 'l nostro studio ! quelloche fa per fama gli uomini immortali.

1>3

Mai non vo' pi& cantar com'io soleva,ch'altri no m'intendeva, ond'ebbi scornoet puossi in bel soggiorno esser molesto.Al sempre sospirar nulla relevagi su per l'$lpi neva d'ogn' 'ntornoet ! gi presso al giorno* ond'io son desto.5n acto dolce honesto ! gentil cosaet in donna amorosa anchor m'aggrada,che 'n vista vada altera et disdegnosa,non superba et ritrosa*$mor regge suo imperio senza spada.6hi smarrita la strada, torni indietrochi non albergo, posisi in sul verdechi non l'auro, o 'l perde,

spenga la sete sua con un bel vetro.A'die' in guarda a san #ietro or non pi&, no*intendami chi p, ch'i' m'intend'io./rave soma ! un mal fio a mantenerlo*quando posso mi spetro, et sol mi sto.


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Letonte odo che 'n #o cadde, et moroet gi di l dal rio passato ! 'l merlo*deh, venite a vederlo. Cr i' non voglio*non ! gioco uno scoglio in mezzo l'onde,e 'ntra le fronde il visco. $ssai mi doglioquando un soverchio orgogliomolte vertuti in bella donna asconde.$lcun ! che risponde a chi nol chiamaaltri, chi 'il prega, si delegua et fugge

altri al ghiaccio si struggealtri d et notte la sua morte brama.

#roverbio Tama chi t'amaU ! fatto antico.A' so ben quel ch'io dico* or lass'andare,ch conven ch'altri impare a le sue spese.5n' humil donna grama un dolce amico.Mal si conosce il fico. $ me pur paresenno a non cominciar tropp'alte impreseet per ogni paese ! bona stanza.4'infinita speranza occide altruiet anch'io fui alcuna volta in danza.uel poco che m'avanza

fia chi nol schifi, s'i' 'l vo' dare a lui.A' mi fido in 6olui che 'l mondo regge,et che' seguaci 8uoi nel boscho alberga,che con pietosa vergami meni a passo omai tra le 8ue gregge.

Lorse ch'ogni uom che legge non s'intendeet la rete tal tende che non pigliaet chi troppo assotiglia si scavezza.Eon fia zoppa la legge ov'altri attende.#er bene star si scende molte miglia.)al par gran meraviglia, et poi si sprezza.5na chiusa bellezza ! pi& soave.

Genedetta la chiave che s'avvolseal cor, et sciolse l'alma, et scossa l'avedi catena s grave,e 'nfiniti sospir' del mio sen tolseD4 dove pi& mi dolse, altri si dole,et dolendo adolcisse il mio dolore*ond'io ringratio $moreche pi& nol sento, et ! non men che suole.

An silentio parole accorte et sagge,e 'l suon che mi sottragge ogni altra cura,et la pregione oscura ov'! 'l bel lumele nocturne v-ole per le piagge,et le le fere selvagge entr'a le mura,et la dolce paura, e 'l bel costume,et di duo fonti un fiume in pace vltodov'io bramo, et raccolto ove che sia*$mor et /elosia m'nno il cor tolto,e i segni del bel voltoche mi conducon per pi& piana viaa la speranza mia, al fin degli affanni.C riposto mio bene, et quel che segue,or pace or guerra or triegue,mai non m'abbandonate in questi panni.

0e' passati miei danni piango et rido,perch molto mi fido in quel ch'i' odo.0el presente mi godo, et meglio aspetto,et vo contando gli anni, et taccio et grido.% 'n bel ramo m'annido, et in tal modoch'i' ne ringratio et lodo il gran disdetto


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che l'indurato affecto alfine vinto,et ne l'alma depinto TA sare' udito,et mostratone a ditoU, et nne e2tintoHtanto inanzi son pinto,ch'i' 'l pur dirI TEon fost& tant'arditoU*chi m' 'l fianco ferito, et chi 'l risalda,per cui nel cor via pi& che 'n carta scrivochi mi fa morto et vivo,chi 'n un punto m'agghiaccia et mi riscalda.

1>7

Eova angeletta sovra l'ale accortascese dal cielo in su la fresca riva,l 'nd'io passava sol per mio destino.

#oi che senza compagna et senza scortami vide, un laccio che di seta ordivatese fra l'erba, ond'! verde il camino.

$llor fui preso et non mi spiacque poi,s dolce lume uscia degli occhi suoi.

1>9

Eon veggio ove scampar mi possa omai*s lunga guerra i begli occhi mi fanno,ch'i' temo, lasso, no 'l soverchio affannodistruga 'l cor che triegua non mai.

Luggir vorrei ma gli amorosi rai,che d et notte ne la mente stanno,risplendon s, ch'al quintodecimo annom'abbaglian pi& che 'l primo giorno assai

et l'imagine lor son s cosparteche volver non mi posso, ov'io non veggiao quella o simil indi accesa luce.

8olo d'un lauro tal selva verdeggiache 'l mio adversario con mirabil artevago fra i rami ovunque vuol m'adduce.

1>;

$venturoso pi& d'altro terreno,ov'$mor vidi gi fermar le piante

ver' me volgendo quelle luci santeche fanno intorno a s l'aere sereno,

prima poria per tempo venir menoun'imagine salda di diamanteche l'atto dolce non mi stia davantedel qual la memoria e 'l cor s pieno*

n tante volte ti vedr gi maich'i' non m'inchini a ricercar de l'ormeche 'l bel pie' fece in quel cortese giro.

Ma se 'n cor valoroso $mor non dorme,prega, 8ennuccio mio, quand 'l vedrai,

di qualche lagrimetta, o d'un sospiro.

1>$mor, che nel penser mio vive et regnae 'l suo seggio maggior nel mio cor tene,talor armato ne la fronte v!ne,ivi si loca, et ivi pon sua insegna.


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uella ch'amare et sofferir ne 'nsegnae vl che 'l gran desio, l'accesa spene,ragion, vergogna et reverenza affrene,di nostro ardir fra se stessa si sdegna.

Cnde $mor paventoso fugge al core,lasciando ogni sua impresa, et piange, et tremaivi s'asconde, et non appar pi& fore.

6he poss'io far, temendo il mio signore,

se non star seco infin a l'ora e2trema:6h bel fin fa chi ben amando more.

1+1

6ome talora al caldo tempo slesemplicetta farfalla al lume avezzavolar negli occhi altrui per sua vaghezza,onde aven ch'ella more, altri si dole*

cos sempre io corro al fatal mio soledegli occhi onde mi v!n tanta dolcezzache 'l fren de la ragion $mor non prezza,e chi discerne ! vinto da chi vle.

% veggio ben quant'elli a schivo m'nno,e so ch'i' ne morr veracemente,ch mia vert& non p contra l'affanno

ma s m'abbaglia $mor soavemente,ch'i' piango l'altrui noia, et no 'l mio dannoet cieca al suo morir l'alma consente.

1+"

$ la dolce ombra de le belle frondicorsi fuggendo un dispietato lumeche'nfin qua gi& m'ardea dal terzo cieloet disgombrava gi di neve i poggil'aura amorosa che rinova il tempo,et fiorian per le piagge l'erbe e i rami.

Eon vide il mondo s leggiadri rami,n mosse il vento mai s verdi frondicome a me si mostrFr quel primo tempo*tal che, temendo de l'ardente lume,non volsi al mio refugio ombra di poggi,ma de la pianta pi& gradita in cielo.

5n lauro mi difese allor dal cielo,onde pi& volte vago de' bei ramida po' son gito per selve et per poggin gi mai ritrovai tronco n fronditanto honorate dal supremo lumeche non mutasser qualitate a tempo.

#er pi& fermo ognor di tempo in tempo,seguendo ove chiamar m'udia dal cieloe scorto d'un soave et chiaro lume,tornai sempre devoto ai primi ramiet quando a terra son sparte le frondi

et quando il sol fa verdeggiar i poggi.8elve, sassi, campagne, fiumi et poggi,quanto ! creato, vince et cangia il tempo*ond'io cheggio perdono a queste frondi,se rivolgendo poi molt'anni il cielofuggir disposi gl' invescati rami


68/151

tosto ch'incominciai di veder lume.

)anto mi piacque prima il dolce lumech'i' passai con diletto assai gran poggiper poter appressar gli amati rami*ora la vita breve e 'l loco e 'l tempomostranmi altro sentier di gire al cieloet di far frutto, non pur fior' et frondi.

$ltr'amor, altre frondi et altro lume,

altro salir al ciel per altri poggicerco, ch n' ben tempo, et altri rami.

1+(

uand'io v'odo parlar s dolcementecom'$mor proprio a' suoi seguaci instilla,l'acceso mio desir tutto sfavilla,tal che 'nfiammar devria l'anime spente.

)rovo la bella donna allor presente,ovunque mi fu mai dolce o tranquillane l'habito ch'al suon non d'altra squillama' di sospir' mi fa destar sovente.

4e chiome a l'aura sparse, et lei conversaindietro veggio et cos bella riedenel cor, come colei che tien la chiave.

Ma 'l soverchio piacer, che s'atraversaa la mia lingua, qual dentro ella siededi mostrarla in palese ardir non ave.

1++

E cos= bello il sol gi mai levarsiquando 'l ciel fosse pi& de nebbia scarco,n dopo pioggia vidi 'l celeste arcoper l'aere in color' tanti var-arsi,

in quanti fiammeggiando trasformarsi,nel d ch'io presi l'amoroso incarco,quel viso al quale, et son nel mio dir parco,nulla cosa mortal pote aguagliarsi.

A' vidi $mor che ' begli occhi volgeasoave s, ch'ogni altra vista oscurada indi in qua m'incominci apparere.

8ennuccio, i' 'l vidi, et l'arco che tendea,tal che mia vita poi non fu secura,et ! s vaga ancor del rivedere.

1+3

#onmi ove 'l sole occide i fiori et l'erba,o dove vince lui il ghiaccio et la neveponmi ov'! 'l carro suo temprato et leve,et ov'! chi ce 'l rende, o chi ce 'l serba

ponmi in humil fortuna, od in superba,

al dolce aere sereno, al fosco et greveponmi a la notte, al d lungo ed al breve,a la matura etate od a l'acerba

ponmi in cielo, od in terra, od in abisso,in alto poggio, in valle ima et palustre,libero spirto, od a' suoi membri affisso


69/151

ponmi con fama oscura, o con ilustre*sar qual fui, vivr com'io son visso,continando il mio sospir trilustre.

1+7

C d'ardente vertute ornata et caldaalma gentil chui tante carte vergoo sol gi d'onestate intero albergo,torre in alto valor fondata et salda

o fiamma, o rose sparse in dolce faldadi viva neve, in ch'io mi specchio e tergoo piacer onde l'ali al bel viso ergo,che luce sovra quanti il sol ne scalda*

del vostro nome, se mie rime intesefossin s lunge, avrei pien )Sle et Gattro,la )ana e 'l Eilo, $thlante, Climpo et 6alpe.

#oi che portar nol posso in tutte et quattroparti del mondo, udrallo il bel paesech'$ppennin parte, e 'l mar circonda et l'$lpe.

1+9

uando 'l voler che con duo sproni ardenti,et con un duro fren, mi mena et reggetrapassa ad or ad or l'usata leggeper far in parte i miei spirti contenti,

trova chi le paure et gli ardimentidel cor profondo ne la fronte legge,et vede $mor che sue imprese correggefolgorar ne' turbati occhi pungenti.

Cnde, come collui che 'l colpo temedi /iove irato, si ritragge indietro*ch gran temenza gran desire affrena.

Ma freddo foco et paventosa spemede l'alma che traluce come un vetrotalor sua dolce vista rasserena.

1+;

Eon )esin, #o, Varo, $dige et )ebro,%ufrate, )igre, Eilo, ermo, Ando et /ange,)ana, istro, $lpheo, /arona, e 'l mar che frange,odano, ibero, en, 8ena, $lbia, %ra, ebro

non edra, abete, pin, faggio, o genebro,poria 'l foco allentar che 'l cor tristo ange,quant'un bel rio ch'ad ognor meco piange,co l'arboscel che 'n rime orno et celebro.

uesto un soccorso trovo tra gli assaltid'$more, ove conven ch'armato vivala vita che trapassa a s gran salti.

6os cresca il bel lauro in fresca riva,

et chi 'l piant pensier' leggiadri et altine la dolce ombra al suon de l'acque scriva.

1+

N 6he fai alma: che pensi: avrem mai pace:avrem mai tregua: od avrem guerra eterna: N

N 6he fia di noi, non so ma, in quel ch'io scerna,a' suoi begli occhi il mal nostro non piace. N

N 6he pro, se con quelli occhi ella ne facedi state un ghiaccio, un foco quando inverna: NN %lla non, ma colui che gli governa. NN uesto ch'! a noi, s'ella s'el vede, et tace: N

N )alor tace la lingua, e 'l cor si lagnaad alta voce, e 'n vista asciutta et lieta,piange dove mirando altri nol vede. N

N #er tutto ci la mente non s'acqueta,rompendo il duol che 'n lei s'accoglie et stagna,

ch'a gran speranza huom misero non crede.

131

Eon d'atra et tempestosa onda marinafuggo in porto gi mai stanco nocchiero,com'io dal fosco et torbido penserofuggo ove 'l gran desio mi sprona e 'nchina.

E mortal vista mai luce divinavinse, come la mia quel raggio alterodel bel dolce soave bianco et nero,in che i suoi strali $mor dora et affina.

6ieco non gi, ma pharetrato il veggonudo, se non quanto vergogna il velagarzon con ali* non pinto, ma vivo.

Andi mi mostra quel ch'a molti cela,ch'a parte a parte entro a' begli occhi leggoquant'io parlo d'$more, et quant'io scrivo.

13"

uesta humil fera, un cor di tigre o d'orsa,

che 'n vista humana e 'n forma d'angel v!ne,in riso e 'n pianto, fra paura et spenemi rota s ch'ogni mio stato inforsa.

8e 'n breve non m'accoglie o non mi smorsa,ma pur come suol far tra due mi tene,per quel ch'io sento al cor gir fra le vene


71/151

dolce veneno, $mor, mia vita ! corsa.

Eon p pi& la vert& fragile et stancatante var-etati omai soffrire,che 'n un punto arde, agghiaccia, arrossa e 'nbianca.

Luggendo spera i suoi dolor' finire,come colei che d'ora in hora manca*ch ben p nulla chi non p morire.

13(

Ate, caldi sospiri, al freddo core,rompete il ghiaccio che #iet contende,et se prego mortale al ciel s'intende,morte o merc sia fine al mio dolore.

Ate, dolci penser', parlando foredi quello ove 'l bel guardo non s'estende*se pur sua asprezza o mia stella n'offende,sarem fuor di speranza et fuor d'errore.

0ir se p ben per voi, non forse a pieno,

che 'l nostro stato ! inqu-eto et fosco,s come 'l suo pacifico et sereno.

/ite securi omai, ch'$mor v!n voscoet ria fortuna p ben venir meno,s'ai segni del mio sol l'aere conosco.

13+

4e stelle, il cielo et gli elementi a provatutte lor arti et ogni e2trema curaposer nel vivo lume, in cui Eatura

si specchia, e 'l 8ol ch'altrove par non trova.4'opra ! s altera, s leggiadra et novache mortal guardo in lei non s'assecura*tanta negli occhi bei for di misurapar ch'$more et dolcezza et gratia piova.

4'aere percosso da' lor dolci rais'infiamma d'onestate, et tal diventa,che 'l dir nostro e 'l penser vince d'assai.

Gasso desir non ! ch'ivi si senta,ma d'onor, di vertute* or quando maifu per somma belt vil voglia spenta:

133

Eon fur ma' /iove et 6esare s mossi,a folminar collui, questo a ferire,che #iet non avesse spente l'ire,e lor de l'usate arme ambeduo scossi.

#iangea madonna, e 'l mio signor ch'i' fossivolse a vederla, et i suoi lamenti a udire,per colmarmi di doglia et di desire,et ricercarmi le medolle et gli ossi.

uel dolce pianto mi depinse $more,anzi scolpo, et que' detti soavimi scrisse entro un diamante in mezzo 'l core

ove con salde ed ingegnose chiaviancor torna sovente a trarne fore


72/151

lagrime rare et sospir' lunghi et gravi.

137

A' vidi in terra angelici costumiet celesti bellezze al mondo sole,tal che di rimembrar mi giova et dole,ch quant'io miro par sogni, ombre et fumi

et vidi lagrimar que' duo bei lumi,ch'n fatto mille volte invidia al soleet ud' sospirando dir paroleche farian gire i monti et stare i fiumi.

$mor, 8enno, Valor, #ietate, et 0ogliafacean piangendo un pi& dolce concentod'ogni altro che nel mondo udir si soglia

ed era il cielo a l'armonia s intentoche non se vedea in ramo mover foglia,tanta dolcezza avea pien l'aere e 'l vento.

139

uel sempre acerbo et honorato giornomand s al cor l'imagine sua vivache 'ngegno o stil non fia mai che 'l descriva,ma spesso a lui co la memoria torno.

4'atto d'ogni gentil pietate adorno,e 'l dolce amaro lamentar ch'i' udiva,facean dubbiar, se mortal donna o divafosse che 'l ciel rasserenava intorno.

4a testa r fino, et calda neve il volto,

hebeno i cigli, et gli occhi eran due stelle,onde $mor l'arco non tendeva in fallo

perle et rose vermiglie, ove l'accoltodolor formava ardenti voci et bellefiamma i sospir', le lagrime cristallo.

13;

Cve ch'i' posi gli occhi lassi o giriper quetar la vaghezza che gli spinge,trovo chi bella donna ivi depingeper far sempre mai verdi i miei desiri.

6on leggiadro dolor par ch'ella spirialta piet che gentil core stringe*oltra la vista, agli orecchi orna e 'nfingesue voci vive et suoi sancti sospiri.

$mor e 'l ver fur meco a dir che quellech'i' vidi, eran bellezze al mondo sole,mai non vedute pi& sotto le stelle.

E s pietose et s dolci paroles'udiron mai, n lagrime s belledi s belli occhi uscir vide mai 'l sole.

13

$mor et io s pien' di meravigliacome chi mai cosa incredibil vide,miriam costei quand'ella parla o rideche sol se stessa, et nulla altra, simiglia.

0al bel seren de le tranquille ciglia

sfavillan s le mie due stelle fide,ch'altro lume non ! ch'infiammi et guidechi d'amar altamente si consiglia.

ual miracolo ! quel, quando tra l'erbaquasi un fior siede, over quand'ella premecol suo candido seno un verde cespoD

ual dolcezza ! ne la stagione acerbavederla ir sola co i pensier' suoi inseme,tessendo un cerchio a l'oro terso et crespoD

171C passi sparsi, o pensier' vaghi et pronti,o tenace memoria, o fero ardore,o possente desire, o debil core,oi occhi miei, occhi non gi, ma fontiD

C fronde, honor de le famose fronti,o sola insegna al gemino valoreDC faticosa vita, o dolce errore,che mi fate ir cercando piagge et montiD

C bel viso ove $mor inseme posegli sproni e 'l fren ond'el mi punge et volve,

come a lui piace, et calcitrar non valeDC anime gentili et amorose,s'alcuna 'l mondo, et voi nude ombre et polve,deh ristate a veder quale ! 'l mio male.

17"

4ieti fiori et felici, et ben nate herbeche madonna pensando premer slepiaggia ch'ascolti sue dolci parole,et del bel piede alcun vestigio serbe

schietti arboscelli et verdi frondi acerbe,amorosette et pallide v-oleombrose selve, ove percote il soleche vi fa co' suoi raggi alte et superbe

o soave contrada, o puro fiume,


74/151

che bagni il suo bel viso et gli occhi chiariet prendi qualit dal vivo lume

quanto v'invidio gli atti honesti et cariDEon fia in voi scoglio omai che per costumed'arder co la mia fiamma non impari.

17(

$mor, che vedi ogni pensero apertoe i duri passi onde tu sol mi scorgi,nel fondo del mio cor gli occhi tuoi porgi,a te palese, a tutt'altri coverto.

8ai quel che per seguirte gi sofferto*et tu pur via di poggio in poggio sorgi,di giorno in giorno, et di me non t'accorgiche son s stanco, e 'l sentier m'! troppo erto.

Gen veggio io di lontano il dolce lumeove per aspre vie mi sproni et giri,ma non come tu da volar piume.

$ssai contenti lasci i miei desiri,pur che ben des-ando i' mi consume,n le dispiaccia che per lei sospiri.

17+

Cr che 'l ciel et la terra e 'l vento taceet le fere e gli augelli il sonno affrena,Eotte il carro stellato in giro menaet nel suo letto il mar senz'onda giace,

vegghio, penso, ardo, piango et chi mi sface

sempre m'! inanzi per mia dolce pena*guerra ! 'l mio stato, d'ira et di duol piena,et sol di lei pensando qualche pace.

6os sol d'una chiara fonte vivamove 'l dolce et l'amaro ond'io mi pascouna man sola mi risana et punge

e perch 'l mio martir non giunga a riva,mille volte il d moro et mille nasco,tanto da la salute mia son lunge.

173

6ome 'l candido pie' per l'erba frescai dolci passi honestamente move,vert& che 'ntorno i fiori apra et rinove,de le tenere piante sue par ch'esca.

$mor che solo i cor' leggiadri invescan degna di provar sua forza altrove,da' begli occhi un piacer s caldo piovech'i' non curo altro ben n bramo altr'sca.

%t co l'andar et col soave sguardos'accordan le dolcissime parole,

et l'atto manseto, humile et tardo.0i tai quattro faville, et non gi sole,nasce 'l gran foco, di ch'io vivo et ardo,che son fatto un augel notturno al sole.


75/151

177

8'i' fussi stato fermo a la speluncal dove $pollo divent profeta,Liorenza avria forse oggi il suo poeta,non pur Verona et Mantoa et $runca

ma perch 'l mio terren pi& non s'ingiuncade l'humor di quel sasso, altro pianetaconven ch'i' segua, et del mio campo mieta

lappole et stecchi co la falce adunca.4'oliva ! secca, et ! rivolta altrovel'acqua che di #arnaso si deriva,per cui in alcun tempo ella fioriva.

6os sventura over colpa mi privad'ogni buon fructo, se l'etterno /iovede la sua gratia sopra me non piove.

179

uando $mor i belli occhi a terra inchina

e i vaghi spirti in un sospiro accoglieco le sue mani, et poi in voce gli scioglie,chiara, soave, angelica, divina,

sento far del mio cor dolce rapina,et s dentro cangiar penseri et voglie,ch'i' dico* Cr fien di me l'ultime spoglie,se 'l ciel s honesta morte mi destina.

Ma 'l suon che di dolcezza i sensi legacol gran desir d'udendo esser beatal'anima al dipartir presta raffrena.

6os mi vivo, et cos avolge et spiega

lo stame de la vita che m'! data,questa sola fra noi del ciel sirena.

17;

$mor mi manda quel dolce penseroche secretario anticho ! fra noi due,et mi conforta, et dice che non fuemai come or presto a quel ch'io bramo et spero.

Ao, che talor menzogna et talor vero ritrovato le parole sue,

non so s'i' 'l creda, et vivomi intra due,n s n no nel cor mi sona intero.

An questa passa 'l tempo, et ne lo specchiomi veggio andar ver' la stagion contrariaa sua impromessa, et a la mia speranza.

Cr sia che p* gi sol io non invecchiogi per etate il mio desir non variaben temo il viver breve che n'avanza.

17

#i& volte gi dal bel sembiante humano preso ardir co le mie fide scorted'assalir con parole honeste accortela mia nemica in atto humile et piano.

Lanno poi gli occhi suoi mio penser vanoperch'ogni mia fortuna, ogni mia sorte,mio ben, mio male, et mia vita, et mia morte,quei che solo il p far, l' posto in mano.

Cnd'io non pot' mai formar parolach'altro che da me stesso fosse intesa*cos m'ha fatto $mor tremante et fioco.

% veggi' or ben che caritate accesalega la lingua altrui, gli spirti invola*chi p dir com'egli arde, ! 'n picciol foco.

191

/iunto m' $mor fra belle et crude braccia,

che m'ancidono a torto et s'io mi doglio,doppia 'l martir onde pur, com'io soglio,il meglio ! ch'io mi mora amando, et taccia*

ch poria questa il en qualor pi& agghiacciaarder con gli occhi, et rompre ogni aspro scoglioet s egual a le bellezze orgoglio,che di piacer altrui par che le spiaccia.

Eulla posso levar io per mi' 'ngegnodel bel diamante, ond'ell' il cor s durol'altro ! d'un marmo che si mova et spiri*

ned ella a me per tutto 'l suo disdegnotorr gi mai, n per sembiante oscuro,le mie speranze, e i miei dolci sospiri.

19"

C Anvidia nimica di vertute,ch'a' bei principii volentier contrasti,per qual sentier cos tacita intrastiin quel bel petto, et con qual' arti il mute:

0a radice n'i svelta mia salute*troppo felice amante mi mostrasti

a quella che' miei preghi humili et castigrad alcun tempo, or par ch'odi et refute.

E per che con atti acerbi et reidel mio ben pianga, et del mio pianger rida,poria cangiar sol un de' pensier' mei


77/151

non, perch mille volte il d m'ancida,fia ch'io non l'ami, et ch'i' non speri in lei*che s'ella mi spaventa, $mor m'affida.

19(

Mirando 'l sol de' begli occhi sereno,ove ! chi spesso i miei depinge et bagna,dal cor l'anima stanca si scompagnaper gir nel paradiso suo terreno.

#oi trovandol di dolce et d'amar pieno,quant'al mondo si tesse, opra d'aragnavede* onde seco et con $mor si lagna,ch' s caldi gli spron', s duro 'l freno.

#er questi e2tremi duo contrari et misti,or con voglie gelate, or con accesestassi cos fra misera et felice

ma pochi lieti, et molti penser' tristi,e 'l pi& si pente de l'ardite imprese*tal frutto nasce di cotal radice.

19+

Lera stella Hse 'l cielo forza in noiquant'alcun credeI fu sotto ch'io nacqui,et fera cuna, dove nato giacqui,et fera terra, ove' pie' mossi poi

et fera donna, che con gli occhi suoi,et con l'arco a cui sol per segno piacqui,fe' la piaga onde, $mor, teco non tacqui,che con quell'arme risaldar la pQi.

Ma tu prendi a diletto i dolor' miei*ella non gi, perch non son pi& duri,e 'l colpo ! di saetta, et non di spiedo.

#ur mi consola che languir per leimeglio !, che gioir d'altra et tu me 'l giuriper l'orato tuo strale, et io tel credo.

193

uando mi v!ne inanzi il tempo e 'l locoov'i' perdei me stesso, e 'l caro nodoond'$mor di sua man m'avinse in modoche l'amar mi fe' dolce, e 'l pianger gioco,

solfo et sca son tutto, e 'l cor un focoda quei soavi spirti, i quai sempre odo,acceso dentro s, ch'ardendo godo,et di ci vivo, et d'altro mi cal poco.

uel sol, che solo agli occhi miei resplende,co i vaghi raggi anchor indi mi scaldaa vespro tal qual era oggi per tempo

et cos di lontan m'alluma e 'ncende,

che la memoria ad ognor fresca et saldapur quel nodo mi mostra e 'l loco e 'l tempo.

197

#er mezz'i boschi inhospiti et selvaggi,


78/151

onde vanno a gran rischio uomini et arme,vo securo io, ch non p spaventarmealtri che 'l sol ch' d'amor vivo i raggi

et vo cantando Ho penser' miei non saggiDIlei che 'l ciel non poria lontana farme,ch'i' l' negli occhi, et veder seco parmedonne et donzelle, et son abeti et faggi.

#arme d'udirla, udendo i rami et l're

et le frondi, et gli augei lagnarsi, et l'acquemormorando fuggir per l'erba verde.

aro un silentio, un solitario horrored'ombrosa selva mai tanto mi piacque*se non che dal mio sol troppo si perde.

199

Mille piagge in un giorno et mille rivimostrato m' per la famosa $rdenna$mor, ch'a' suoi le piante e i cori impennaper fargli al terzo ciel volando ir vivi.

0olce m'! sol senz'arme esser stato ivi,dove armato fier Marte, et non acenna,quasi senza governo et senza antennalegno in mar, pien di penser' gravi et schivi.

#ur giunto al fin de la giornata oscura,rimembrando ond'io vegno, et con quai piume,sento di troppo ardir nascer paura.

Ma 'l bel paese e 'l dilectoso fiumecon serena accoglienza rassecurail cor gi vlto ov'abita il suo lume.

19;

$mor mi sprona in un tempo et affrena,assecura et spaventa, arde et agghiaccia,gradisce et sdegna, a s mi chiama et scaccia,or mi tene in speranza et or in pena,

or alto or basso il meo cor lasso mena*onde 'l vago desir perde la tracciae 'l suo sommo piacer par che li spiaccia,d'error s novo la mia mente ! piena.

5n amico penser le mostra il vado,non d'acqua che per gli occhi si resolva,da gir tosto ove spera esser contenta

poi, quasi maggior forza indi la svolva,conven ch'altra via segua, et mal suo gradoa la sua lunga, et mia, morte consenta.

19

#o, ben puo' tu portartene la scorzadi me con tue possenti et rapide onde,ma lo spirto ch'iv'entro si nascondenon cura n di tua n d'altrui forza

lo qual senz'alternar poggia con orzadritto per l'aure suo desir seconde,battendo l'ali verso l'aurea fronde,l'acqua e 'l vento e la vela e i remi sforza.

e degli altri, superbo altero fiume,che 'ncontri 'l sol quando e' ne mena 'l giorno,e 'n ponente abandoni un pi& bel lume,

tu te ne vai col mio mortal sul cornol'altro coverto d'amorose piumetorna volando al suo dolce soggiorno.

1;1

$mor fra l'erbe una leggiadra reted'oro et di perle tese sott'un ramodell'arbor sempre verde ch'i' tant'amo,bench n'abbia ombre pi& triste che liete.

4'sca fu 'l seme ch'egli sparge et miete,dolce et acerbo, ch'i' pavento et bramole note non fur mai, dal d ch'$damoaperse gli occhi, s soavi et quete.

% 'l chiaro lume che sparir fa 'l solefolgorava d'intorno* e 'l fune avoltoera a la man ch'avorio et neve avanza.

6os caddi a la rete, et qui m'n coltogli atti vaghi et l'angeliche parole,e 'l piacer e 'l desire et la speranza.

1;"

$mor, che 'ncende il cor d'ardente zelo,di gelata paura il t!n constretto,et qual sia pi&, fa dubbio a l'intellecto,la speranza o 'l temor, la fiamma o 'l gielo.

)rem'al pi& caldo, ard'al pi& freddo cielo,sempre pien di desire et di sospetto,pur come donna in un vestire schiettoceli un huom vivo, o sotto un picciol velo.

0i queste pene ! mia propia la prima,

arder d et notte et quanto ! 'l dolce malen 'n penser cape, nonche 'n versi o 'n rima

l'altra non gi* ch 'l mio bel foco ! talech'ogni uom pareggia et del suo lume in cimachi volar pensa, indarno spiega l'ale.


80/151

1;(

8e 'l dolce sguardo di costei m'ancide,et le soavi parolette accorte,et s'$mor sopra me la fa s fortesol quando parla, over quando sorride,

lasso, che fia, se forse ella divide,o per mia colpa o per malvagia sorte,gli occhi suoi da Merc, s che di morte,l dove or m'assicura, allor mi sfide:

#er s'i' tremo, et vo col cor gelato,qualor veggio cangiata sua figura,questo temer d'antiche prove ! nato.

Lemina ! cosa mobil per natura*ond'io so ben ch'un amoroso statoin cor di donna picciol tempo dura.

1;+

$mor, Eatura, et la bella alma humile,ov'ogn'alta vertute alberga et regna,contra men son giurati* $mor s'ingegnach'i' mora a fatto, e 'n ci segue suo stile

Eatura t!n costei d'un s gentilelaccio, che nullo sforzo ! che sostegnaella ! s schiva, ch'abitar non degnapi& ne la vita faticosa et vile.

6os lo spirto d'or in or v!n menoa quelle belle care membra honesteche specchio eran di vera leggiadria

et s'a Morte #iet non stringe 'l freno,lasso, ben veggio in che stato son questevane speranze, ond'io viver solia.

1;3

uesta fenice de l'aurata piumaal suo bel collo, candido, gentile,forma senz'arte un s caro monile,ch'ogni cor addolcisce, e 'l mio consuma*

forma un diadema natural ch'allumal'aere d'intorno e 'l tacito fociled'$mor tragge indi un liquido sottilefoco che m'arde a la pi& algente bruma.

#urpurea vesta d'un ceruleo lembosparso di rose i belli homeri vela*novo habito, et bellezza unica et sola.

Lama ne l'odorato et ricco grembod'arabi monti lei ripone et cela,che per lo nostro ciel s altera vola.

1;78e Virgilio et omero avessin vistoquel sole il qual vegg'io con gli occhi miei,tutte lor forze in dar fama a costeiavrian posto, et l'un stil coll'altro misto*


81/151

di che sarebbe %nea turbato et tristo,$chille, 5li2e et gli altri semidei,et quel che resse anni cinquantaseis bene il mondo et quel ch'ancise %gisto.

uel fior anticho di vertuti et d'armecome sembiante stella ebbe con questonovo fior d'onestate et di bellezzeD

%nnio di quel cant ruvido carme,

di quest'altro io* et oh pur non molestogli sia il mio ingegno, e 'l mio lodar non sprezzeD

1;9

/iunto $le2andro a la famosa tombadel fero $chille, sospirando disse*C fortunato, che s chiara trombatrovasti, et chi di te s alto scrisseD

Ma questa pura et candida colombaa cui non so s'al mondo mai par visse,nel mio stil frale assai poco rimbomba*cos son le sue sorti a ciascun fisse.

6h d'Cmero dignissima et d'Crpheo,o del pastor ch'anchor Mantova honora,ch'andassen sempre lei sola cantando,

stella difforme et fato sol qui reocommise a tal che 'l suo bel nome adora,ma forse scema sue lode parlando.

1;;

$lmo 8ol, quella fronde ch'io sola amo,tu prima amasti, or sola al bel soggiornoverdeggia, et senza par poi che l'addornosuo male et nostro vide in prima $damo.

8tiamo a mirarla* i' ti pur prego et chiamo,o 8ole et tu pur fuggi, et fai d'intornoombrare i poggi, et te ne porti il giorno,et fuggendo mi toi quel ch'i' pi& bramo.

4'ombra che cade da quel' humil colle,ove favilla il mio soave foco,ove 'l gran lauro fu picciola verga,

crescendo mentr'io parlo, agli occhi tollela dolce vista del beato loco,ove 'l mio cor co la sua donna alberga.

1;1

Mia ventura et $mor m'avean s adornod'un bello aurato et serico trapunto,ch'al sommo del mio ben quasi era aggiunto,pensando meco* $ chi fu quest'intorno:

E mi riede a la mente mai quel giornoche mi fe' ricco et povero in un punto,ch'i' non sia d'ira et di dolor compunto,pien di vergogna et d'amoroso scorno,

che la mia nobil preda non pi& strettatenni al bisogno, et non fui pi& costantecontra lo sforzo sol d'una angioletta

o, fugendo, ale non giunsi a le piante,per far almen di quella man vendettache de li occhi mi trahe lagrime tante.

">"

0'un bel chiaro polito et vivo ghiacciomove la fiamma che m'incende et strugge,et s le v!ne e 'l cor m'asciuga et suggeche 'nvisibilmente i' mi disfaccio.

Morte, gi per ferire alzato 'l braccio,come irato ciel tona o leon rugge,va perseguendo mia vita che fuggeet io, pien di paura, tremo et taccio.

Gen poria anchor #iet con $mor mista,per sostegno di me, doppia colonnaporsi fra l'alma stancha e 'l mortal colpo

ma io nol credo, n 'l conosco in vistadi quella dolce mia nemica et donna*n di ci lei, ma mia ventura incolpo.

">(4asso, ch'i' ardo, et altri non me 'l credes crede ogni uom, se non sola coleiche sovr'ogni altra, et ch'i' sola, vorrei*ella non par che 'l creda, et s sel vede.


86/151

Anfinita bellezza et poca fede,non vedete voi 'l cor nelli occhi mei:8e non fusse mia stella, i' pur devreial fonte di piet trovar mercede.

uest'arder mio, di che vi cal s poco,e i vostri honori, in mie rime diffusi,ne porian infiammar fors'anchor mille*

ch'i' veggio nel penser, dolce mio foco,

fredda una lingua et duo belli occhi chiusirimaner, dopo noi, pien' di faville.

">+

$nima, che diverse cose tantevedi, odi et leggi et parli et scrivi et pensiocchi miei vaghi, et tu, fra li altri sensi,che scorgi al cor l'alte parole sante*

per quanto non vorreste o poscia od anteesser giunti al camin che s mal tiensi,per non trovarvi i duo bei lumi accensi,n l'orme impresse de l'amate piante:

Cr con s chiara luce, et con tai segni,errar non dBsi in quel breve v-aggio,che ne p far d'etterno albergo degni.

8frzati al cielo, o mio stancho coraggio,per la nebbia entro de' suoi dolci sdegni,seguendo i passi honesti e 'l divo raggio.

">3

0olci ire, dolci sdegni et dolci paci,dolce mal, dolce affanno et dolce peso,dolce parlare, et dolcemente inteso,or di dolce ra, or pien di dolci faci*

alma, non ti lagnar, ma soffra et taci,et tempra il dolce amaro, che n' offeso,col dolce honor che d'amar quella i presoa cui io dissi* )u sola mi piaci.

Lorse anchor fia chi sospirando dica,tinto di dolce invidia* $ssai sostenneper bellissimo amor quest'al suo tempo.

$ltri* C fortuna agli occhi miei nemica,perch non la vid'io: perch non venneella pi& tardi, over io pi& per tempo:

">7

8'i' 'l dissi mai, ch'i' vegna in odio a quelladel cui amor vivo, et senza 'l qual morreis'i' 'l dissi, che miei d sian pochi et rei,et di vil signoria l'anima ancellas'i' 'l dissi, contra me s'arme ogni stella,et dal mio lato sia

#aura et /elosia,et la nemica miapi& feroce ver 'me sempre et pi& bella.

8'i' 'l dissi, $mor l'aurate sue quadrellaspenda in me tutte, et l'impiombate in lei


87/151

s'i' 'l dissi, cielo et terra, uomini et d!imi sian contrari, et essa ognor pi& fellas'i' 'l dissi, chi con sua cieca facelladritto a morte m'invia,pur come suol si stia,n mai pi& dolce o piaver' me si mostri, in atto od in favella.

8'i' 'l dissi mai, di quel ch'i' men vorreipiena trovi quest'aspra et breve vias'i' 'l dissi, il fero ardor che mi desviacresca in me quanto il fier ghiaccio in costeis'i' 'l dissi, unqua non veggian li occhi meisol chiaro, o sua sorella,n donna n donzella,ma terribil procella,qual #haraone in perseguir li hebrei.

8'i' 'l dissi, coi sospir', quant'io mai fei,sia #iet per me morta, et 6ortesias'i' 'l dissi, il dir s'innaspri, che s'udias dolce allor che vinto mi rendei

s'i' 'l dissi, io spiaccia a quella ch'i'torreisol, chiuso in fosca cella,dal d che la mamellalasciai, finch si svellada me l'alma, adorar* forse e 'l farei.

Ma s'io nol dissi, chi s dolce apriameo cor a speme ne l'et novella,regg 'anchor questa stanca navicellacol governo di sua piet natia,n diventi altra, ma pur qual soliaquando pi& non potei,che me stesso perdei

Hn pi& perder devreiI.Mal fa chi tanta fe' s tosto oblia.

A'nol dissi gi mai, n dir poriaper oro o per cittadi o per castella.Vinca 'l ver dunque, et si rimanga in sella,et vinta a terra caggia la bugia.)u sai in me il tutto, $mor* s'ella ne spia,dinne quel che dir dBi.A' beato direi,tre volte et quattro et sei,chi, devendo languir, si mor pria.

#er achel servito, et non per 4ian con altra sapreiviver, et sosterrei,quando 'l ciel ne rappella,girmen con ella in sul carro de elia.

">9

Gen mi credea passar mio tempo omaicome passato avea quest'anni a dietro,senz'altro studio et senza novi ingegni*or poi che da madonna i' non impetro

l'usata aita, a che condutto m'i,tu 'l vedi, $mor, che tal arte m'insegni.Eon so s'i' me ne sdegni,che 'n questa et mi fai divenir ladrodel bel lume leggiadro,senza 'l qual non vivrei in tanti affanni.


88/151

6os avess'io i primi annipreso lo stil ch'or prender mi bisogna,ch 'n giovenil fallir ! men vergogna.

4i occhi soavi ond'io soglio aver vita,de le divine lor alte bellezzefXrmi in sul cominciar tanto cortesi,che 'n guisa d'uom cui non proprie ricchezze,ma celato di for soccorso aita,vissimi, che n lor n altri offesi.Cr, bench'a me ne pesi,divento ingiur-oso et importuno*ch 'l poverel digiunov!n ad atto talor che 'n miglior statoavria in altrui biasmato.8e le man' di #iet Anvidia m' chiuse,fame amorosa, e 'l non poter, mi scuse.

6h'i' cercate gi vie pi& di milleper provar senza lor se mortal cosami potesse tener in vita un giorno.4'anima, poi ch'altrove non posa,

corre pur a l'angeliche favilleet io, che son di cera, al foco tornoet pongo mente intornoove si fa men guardia a quel ch'i' bramoet come augel in ramo,ove men teme, ivi pi& tosto ! colto,cos dal suo bel voltol'involo or uno et or un altro sguardoet di ci inseme mi nutrico et ardo.

0i mia morte mi pasco, et vivo in fiamme*stranio cibo, et mirabil salamandrama miracol non !, da tal si vle.

Lelice agnello a la penosa mandrami giacqui un tempo or a l'e2tremo fammeet Lortuna et $mor pur come sle*cos rose et v-ole primavera, e 'l verno neve et ghiaccio.#er, s'i' mi procaccioquinci et quindi alimenti al viver curto,se vl dir che sia furto,s ricca donna deve esser contenta,s'altri vive del suo, ch'ella nol senta.

6hi nol sa di ch'io vivo, et vissi sempre,dal d che 'n prima que' belli occhi vidi,

che mi fecer cangiar vita et costume:#er cercar terra et mar da tutti lidi,chi p saver tutte l'umane tempre:4'un vive, ecco, d'odor, l sul gran fiumeio qui di foco et lumequeto i frali et famelici miei spirti.$mor, et vo' ben dirti,disconvensi a signor l'esser s parco.)u i li strali et l'arco*fa' di tua man, non pur bramand'io mora,ch'un bel morir tutta la vita honora.

6hiusa fiamma ! pi& ardente et se pur cresce,

in alcun modo pi& non p celarsi*$mor, i' 'l so, che 'l provo a le tue mani.Vedesti ben, quando s tacito arsior de' miei gridi a me medesmo incresce,che vo noiando et pro2imi et lontani.C mondo, o penser' vani


89/151

o mia forte ventura a che m'adduceDC di che vaga luceal cor mi nacque la tenace speme,onde l'annoda et premequella che con tua forza al fin mi menaD4a colpa ! vostra, et mio 'l danno et la pena.

6os di ben amar porto tormento,et del peccato altrui cheggio perdono*anzi del mio, che devea torcer li occhidal troppo lume, et di sirene al suonochiuder li orecchi et anchor non me 'n pento,che di dolce veleno il cor trabocchi.$spett'io pur che scocchil'ultimo colpo chi mi diede 'l primoet fia, s'i' dritto e2timo,un modo di pietate occider tosto,non essendo ei dispostoa far altro di me che quel che soglia*ch ben muor chi morendo esce di doglia.

6anzon mia, fermo in campo

star, ch'elli ! disnor morir fuggendoet me stesso reprendodi tai lamenti s dolce ! mia sorte,pianto, sospiri et morte.8ervo d'$mor, che queste rime leggi,ben non 'l mondo, che 'l mio mal pareggi.

">;

apido fiume che d'alpestra venarodendo intorno, onde 'l tuo nome prendi,notte et d meco dis-oso scendi

ov'$mor me, te sol Eatura mena,vattene innanzi* il tuo corso non frenan stanchezza n sonno et pria che rendisuo dritto al mar, fiso u' si mostri attendil'erba pi& verde, et l'aria pi& serena.

Avi ! quel nostro vivo et dolce sole,ch'addorna e 'nfiora la tua riva manca*forse Ho che spero:I e 'l mio tardar le dole.

Gasciale 'l piede, o la man bella et biancadille, e 'l basciar sie 'nvece di parole*4o spirto ! pronto, ma la carne ! stanca.

">

A' piansi, or canto, ch 'l celeste lumequel vivo sole alli occhi miei non cela,nel qual honesto $mor chiaro revelasua dolce forza et suo santo costume

onde e' suol trar di lagrime tal fiume,per accorciar del mio viver la tela,che non pur ponte o guado o remi o vela,

ma scampar non potienmi ale n piume.8 profondo era et di s larga venail pianger mio et s lunge la riva,ch'i' v'aggiungeva col penser a pena.

Eon lauro o palma, ma tranquilla oliva#iet mi manda, e 'l tempo rasserena,e 'l pianto asciuga, et vuol anchor ch'i' viva.

"(1

A' mi vivea di mia sorte contento,

senza lagrime et senza invidia alcuna,che, s'altro amante pi& destra fortuna,mille piacer' non vaglion un tormento.

Cr quei belli occhi ond'io mai non mi pentode le mie pene, et men non ne voglio una,tal nebbia copre, s gravosa et bruna,che 'l sol de la mia vita quasi spento.

C Eatura, pietosa et fera madre,onde tal possa et s contrarie vogliedi far cose et disfar tanto leggiadre:

0'un vivo fonte ogni poder s'accoglie*

ma )u come 'l consenti, o sommo #adre,che del )uo caro dono altri ne spoglie:

"("


97/151

Vincitore $le2andro l'ira vinse,et fe' 'l minore in parte che #hilippo*che li val se #Srgotile et 4Ssippol'intagliFr solo et $ppelle il depinse:

4'ira )Sdo a tal rabbia sospinse,che, morendo ei, si rPse Menalippol'ira cieco del tutto, non pur lippo,fatto avea 8illa* a l'ultimo l'e2tinse.

8a 'l Valentin-an, ch'a simil penaira conduce* et sa 'l quei che ne more,$iace in molti, et poi in se stesso, forte.

Ara ! breve furore, et chi nol frena,! furor lungo, che 'l suo possessorespesso a vergogna, et talor mena a morte.

"((

ual ventura mi fu, quando da l'unode' duo i pi& belli occhi che mai furo,mirandol di dolor turbato et scuro,mosse vert& che fe' 'l mio infermo et brunoD

8end'io tornato a solver il digiunodi veder lei che sola al mondo curo,fummi il 6iel et $mor men che mai duro,se tutte altre mie gratie inseme aduno*

ch dal de2tr'occhio, anzi dal de2tro sole,de la mia donna al mio de2tr'occhio venneil mal che mi diletta, et non mi dole

et pur com'intellecto avesse et penne,pass quasi una stella che 'n ciel vole

et Eatura et #ietate il corso tenne.

"(+

C cameretta che gi fosti un portoa le gravi tempeste mie dirne,fonte se' or di lagrime nocturne,che 'l d celate per vergogna porto.

C letticciuol che requie eri et confortoin tanti affanni, di che dogliose urneti bagna $mor, con quelle mani eburne,solo ver 'me crudeli a s gran tortoD

E pur il mio secreto e 'l mio riposofuggo, ma pi& me stesso e 'l mio pensero,che, seguendol, talor levommi a volo

e 'l vulgo a me nemico et od-osoHch 'l pens mai:I per mio refugio chero*tal paura di ritrovarmi solo.

"(3

4asso, $mor mi trasporta ov'io non voglio,

et ben m'accorgo che 'l dever si varcha,onde, a chi nel mio cor siede monarcha,sono importuno assai pi& ch'i' non soglio

n mai saggio nocchier guard da scoglionave di merci prec-ose carcha,quant'io sempre la debile mia barcha


98/151

da le percosse del suo duro orgoglio.

Ma lagrimosa pioggia et fieri v!ntid'infiniti sospiri or l'nno spinta,ch'! nel mio mare horribil notte et verno,

ov'altrui noie, a s doglie et tormentiporta, et non altro, gi da l'onde vinta,disarmata di vele et di governo.

"(7

$mor, io fallo, et veggio il mio fallire,ma fo s com'uom ch'arde e 'l foco 'n seno,ch 'l duol pur cresce, et la ragion v!n menoet ! gi quasi vinta dal martire.

8olea frenare il mio caldo desire,per non turbare il bel viso sereno*non posso pi& di man m'i tolto il freno,et l'alma desperando preso ardire.

#er s'oltra suo stile ella s'aventa,

tu 'l fai, che s l'accendi, et s la sproni,ch'ogni aspra via per sua salute tenta

et pi& 'l fanno i celesti et rari donich' in s madonna* or fa' almen ch'ella il senta,et le mie colpe a se stessa perdoni.

"(9

Eon tanti animali il mar fra l'onde,n lass& sopra 'l cerchio de la lunavide mai tante stelle alcuna notte,

n tanti augelli albergan per li boschi,n tant'erbe ebbe mai il campo n piaggia,quant' 'l io mio cor pensier' ciascuna sera.

0i d in d spero ormai l'ultima serache scevri in me dal vivo terren l'ondeet mi lasci dormire in qualche piaggia,ch tanti affanni uom mai sotto la lunanon sofferse quant'io* sannolsi i boschi,che sol vo ricercando giorno et notte.

Ao non ebbi gi mai tranquilla notte,ma sospirando andai matino et sera,poi ch'$mor femmi un cittadin de' boschi.Gen fia, prima ch'i' posi, il mar senz'onde,et la sua luce avr 'l sol da la luna,e i fior d'april morranno in ogni piaggia.

6onsumando mi vo di piaggia in piaggiael d pensoso, poi piango la notten stato mai, se non quanto la luna.atto come imbrunir veggio la sera,sospir' del petto, et de li occhi escono ondeda bagnar l'erbe, et da crollare i boschi.

4e citt son nemiche, amici i boschi,a'miei pensier', che per quest'alta piaggia

sfogando vo col mormorar de l'onde,per lo dolce silentio de la notte*tal ch'io aspetto tutto 'l d la sera,che 'l sol si parta et dia luogo a la luna.

0eh or foss'io col vago de la luna


99/151

adormentato in qua' che verdi boschi,et questa ch'anzi vespro a me fa sera,con essa et con $mor in quella piaggiasola venisse a starsi ivi una nottee 'l d si stesse e 'l sol sempre ne l'onde.

8ovra dure onde, al lume de la lunacanzon nata di notte in mezzo i boschi,ricca piaggia vedrai deman da sera.

"(;

eal natura, angelico intelletto,chiara alma, pronta vista, occhio cerviero,providentia veloce, alto pensero,et veramente degno di quel petto*

sendo di donne un bel numero elettoper adornar il d festo et altero,s&bito scorse il buon giudicio interofra tanti, et s bei, volti il pi& perfetto.

4'altre maggior' di tempo o di fortunatrarsi in disparte comand con mano,et caramente accolse a s quell'una.

4i occhi et la fronte con sembiante humanobasciolle s che rallegr ciascuna*me empi d'invidia l'atto dolce et strano.

"(

An tale stella duo belli occhi vidi,tutti pien' d'onestate et di dolcezza,che presso a quei d'$mor leggiadri nidiil mio cor lasso ogni altra vista sprezza.

Eon si pareggi a lei qual pi& s'aprezza,in qual ch'etade, in quai che strani lidi*non chi rec con sua vaga bellezzain /recia affanni, in )roia ultimi stridi

no la bella romana che col ferroapre il suo casto et disdegnoso pettonon #oli2ena, Ysiphile et $rgia.

uesta e2cellentia ! gloria, s'i' non erro,grande a Eatura, a me sommo diletto,ma' che v!n tardo, et s?bito va via.

"71

ual donna attende a glor-osa famadi senno, di valor, di cortesia,miri fiso negli occhi a quella mianemica, che mia donna il mondo chiama.

6ome s'acquista honor, come 0io s'ama,come ! giunta honest con leggiadria,ivi s'impara, et qual ! dritta viadi gir al ciel, che lei aspetta et brama.

Avi 'l parlar che nullo stile aguaglia,e 'l bel tacere, et quei cari costumi,che 'ngegno human non p spiegar in carte

l'infinita belleza ch'altrui abbaglia,non vi s'impara* ch quei dolci lumis'acquistan per ventura et non per arte.

"7"

N 6ara la vita, et dopo lei mi parevera honest, che 'n bella donna sia.N 4'ordine volgi* e' non fXr, madre mia,senza honest mai cose belle o care

et qual donna si lascia di suo honor privare,n donna ! pi& n viva et se qual priaappare in vista, ! tal vita aspra et riavia pi& che morte, et di pi& pene amare.

E di 4ucretia mi meravigliai,se non come a morir le bisognasseferro, et non le bastasse il dolor solo. N

Vengan quanti philosophi fur mai,

a dir di ci* tutte lor vie fien basseet quest'una vedremo alzarsi a volo.

"7(

$rbor victor-osa tr-umphale,


107/151

onor d'imperadori et di poeti,quanti m'i fatto d dogliosi et lietiin questa breve mia vita mortaleD

vera donna, et a cui di nulla cale,se non d'onor, che sovr'ogni altra mieti,n d'$mor visco temi, o lacci o reti,n 'ngano altrui contr'al tuo senno vale.

/entileza di sangue, et l'altre care

cose tra noi, perle et robini et oro,quasi vil soma egualmente dispregi.

4'alta belt ch'al mondo non parenoia t'!, se non quanto il bel thesorodi castit par ch'ella adorni et fregi.

"7+

A' vo pensando, et nel penser m'assaleuna piet s forte di me stesso,che mi conduce spessoad altro lagrimar ch'i' non soleva*ch, vedendo ogni giorno il fin pi& presso,mille f-ate chieste a 0io quell'aleco le quai del mortalecarcer nostro intelletto al ciel si leva.Ma infin a qui n-ente mi relevaprego o sospiro o lagrimar ch'io faccia*e cos per ragion conven che sia,ch chi, possendo star, cadde tra via,degno ! che mal suo grado a terra giaccia.uelle pietose bracciain ch'io mi fido, veggio aperte anchora,ma temenza m'accora

per gli altrui e2empli, et del mio stato tremo,ch'altri mi sprona, et son forse a l'e2tremo.

4'un penser parla co la mente, et dice*N 6he pur agogni: onde soccorso attendi:Misera, non intendicon quanto tuo disnore il tempo passa:#rendi partito accortamente, prendie del cor tuo divelli ogni radicedel piacer che felicenol p mai fare, et respirar nol lassa.8e gi ! gran tempo fastidita et lassase' di quel falso dolce fugitivoche 'l mondo traditor pu dare altrui,a che ripon' pi& la speranza in lui,che d'ogni pace et di fermezza ! privo:Mentre che 'l corpo ! vivo,i tu 'l freno in bailia de' penser' tuoi*deh stringilo or che pQi,ch dubbioso ! 'l tardar come tu sai,e 'l cominciar non fia per tempo omai.

/i sai tu ben quanta dolcezza porseagli occhi tuoi la vista di coleila qual ancho vorrei

ch'a nascer fosse per pi& nostra pace.Gen ti ricordi, et ricordar te 'n dBi,de l'imagine sua quand'ella corseal cor, l dove forsenon potea fiamma intrar per altrui face*ella l'accese et se l'ardor fallace


108/151

dur molt'anni in aspectando un giorno,che per nostra salute unqua non v!ne,or ti solleva a pi& beata spene,mirando 'l ciel che ti si volve intorno,immortal et addorno*ch dove, del mal suo qua gi& s lieta,vostra vaghezza acquetaun mover d'occhi, un ragionar, un canto,quanto fia quel piacer, se questo ! tanto: N

0a l'altra parte un pensier dolce et agro,con faticosa et dilectevol salmasedendosi entro l'alma,preme 'l cor di desio, di speme il pasceche sol per fama glor-osa et almanon sente quand'io agghiaccio, o quand'io flagro,s'i' son pallido o magroet s'io l'occido pi& forte rinasce.uesto d'allor ch'i' m'addormiva in fascevenuto ! di d in d crescendo meco,e temo ch'un sepolcro ambeduo chiuda.#oi che fia l'alma de le membra ignuda,

non p questo desio pi& venir secoma se 'l latino e 'l grecoparlan di me dopo la morte, ! un vento*ond'io, perch paventoadunar sempre quel ch'un'ora sgombre,vorre' 'l ver abbracciar, lassando l'ombre.

Ma quell'altro voler di ch'i'son pieno,quanti press'a lui nascon par ch'aduggee parte il tempo fuggeche, scrivendo d'altrui, di me non calmee 'l lume de' begli occhi che mi struggesoavemente al suo caldo sereno,

mi ritien con un frenocontra chui nullo ingegno o forza valme.6he giova dunque perch tutta spalmela mia barchetta, poi che 'nfra li scogli! ritenuta anchor da ta' duo nodi:)u che dagli altri, che 'n diversi modilegano 'l mondo, in tutto mi disciogli,8ignor mio, ch non togliomai dal volto mio questa vergogna:6h 'n guisa d'uom che sogna,aver la morte inanzi gli occhi parmeet vorrei far difesa, et non l'arme.

uel ch'i' fo veggio, et non m'inganna il veromal conosciuto, anzi mi sforza $more,che la strada d'onoremai nol lassa seguir, chi troppo il credeet sento ad ora ad or venirmi al coreun leggiadro disdegno aspro et severoch'ogni occulto penserotira in mezzo la fronte, ov'altri 'l vede*ch mortal cosa amar con tanta fedequanta a 0io sol per debito convensi,

pi& si disdice a chi pi& pregio brama.%t questo ad alta voce ancho richiamala ragione sv-ata dietro ai sensima perch'ell'oda, et pensitornare, il mal costume oltre la spigne,et agli occhi depigne


109/151

quella che sol per farmi morir nacque,perch'a me troppo, et a se stessa, piacque.

E so che spatio mi si desse il cieloquando novellamente io venni in terraa soffrir l'aspra guerrache 'ncontra me medesmo seppi ordiren posso il giorno che la vita serraantiveder per lo corporeo veloma var-arsi il peloveggio, et dentro cangiarsi ogni desire.Cr ch'i' mi credo al tempo del partireesser vicino, o non molto da lunge,come chi 'l perder face accorto et saggio,vo ripensando ov'io lassai 'l v-aggiode la man destra, ch'a buon porto aggiunge*et da l'un lato pungevergogna et duol che 'ndietro mi rivolvedall'altro non m'assolveun piacer per usanza in me s fortech'a patteggiar n'ardisce co la morte.

6anzon, qui sono, ed 'l cor via pi& freddode la paura che gelata neve,sentendomi perir senz'alcun dubbio*ch pur deliberando vlto al subbiogran parte omai de la mia tela breven mai peso fu grevequanto quel ch'i' sostengo in tale stato*ch co la morte a latocerco del viver mio novo consiglio,et veggio 'l meglio, et al peggior m'appiglio.

"73

$spro core et selvaggio, et cruda vogliain dolce, humile, angelica figura,se l'impreso rigor gran tempo dura,avran di me poco honorata spoglia

ch quando nasce et mor fior, herba et foglia,quando ! 'l d chiaro, et quando ! notte oscura,piango ad ognor* ben di mia ventura,di madonna et d'$more onde mi doglia.

Vivo sol di speranza, rimembrandoche poco humor gi per continua provaconsumar vidi marmi et pietre salde.

Eon ! s duro cor che, lagrimando,pregando, amando, talor non si smova,n s freddo voler, che non si scalde.

"77

8ignor mio caro, ogni pensier mi tiradevoto a veder voi, cui sempre veggio*la mia fortuna Hor che mi p far peggio:Imi tene a freno, et mi travolge et gira.

#oi quel dolce desio ch'$mor mi spiramenami a morte, ch'i' non me n'aveggioet mentre i miei duo lumi indarno cheggio,dovunque io son, d et notte si sospira.

6arit di signore, amor di donnason le catene ove con molti affanni


110/151

legato son, perch'io stesso mi strinsi.

5n lauro verde, una gentil colomna,quindeci l'una, et l'altro diciotto anniportato in seno, et gi mai non mi scinsi.

"79

Cim! il bel viso, oim! il soave sguardo,

oim! il leggiadro portamento alterooim! il parlar ch'ogni aspro ingegno et ferofacevi humile, ed ogni huom vil gagliardoD

et oim! il dolce riso, onde usco 'l dardodi che morte, altro bene omai non spero*alma real, dignissima d'impero,se non fossi fra noi scesa s tardoD

#er voi conven ch'io arda, e 'n voi respire,ch'i' pur fui vostro et se di voi son privo,via men d'ogni sventura altra mi dole.

0i speranza m'empieste et di desire,

quand'io part' dal sommo piacer vivoma 'l vento ne portava le parole.

"7;

6he debb'io far: che mi consigli, $more:)empo ! ben di morire,et tardato pi& ch'i' non vorrei.Madonna ! morta, et seco il mio coreet volendol seguire,interromper conven quest'anni rei,perch mai veder lei

di qua non spero, et l'aspettar m'! noia.#oscia ch'ogni mia gioiaper lo suo dipartire in pianto ! volta,ogni dolcezza de mia vita ! tolta.

$mor, tu 'l senti, ond'io teco mi doglio,quant'! il damno aspro et gravee so che del mio mal ti pesa et dole,anzi del nostro, perch'ad uno scoglioavem rotto la nave,et in un punto n'! scurato il sole.ual ingegno a paroleporia aguagliare il mio doglioso stato:$hi orbo mondo, ingrato,gran cagion i di dever pianger meco,ch quel bel ch'era in te, perduto i seco.

6aduta ! la tua gloria, et tu nol vedi,n degno eri, mentr'ellavisse qua gi&, d'aver sua conoscenza,n d'esser tocco da' suoi sancti piedi,perch cosa s belladevea 'l ciel adornar di sua presenza.Ma io, lasso, che senzalei n vita mortal n me stesso amo,

piangendo la richiamo*questo m'avanza di cotanta spene,et questo solo anchor qui mi mantene.

C-m!, terra ! fatto il suo bel viso,che solea far del cieloet del ben di lass& fede fra noi


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l'invisibil sua forma ! in paradiso,disciolta di quel veloche qui fece ombra al fior degli anni suoi,per rivestirsen poiun'altra volta, et mai pi& non spogliarsi,quando alma et bella farsitanto pi& la vedrem, quanto pi& valesempiterna bellezza che mortale.

#i& che mai bella et pi& leggiadra donnatornami inanzi, comel dove pi& gradir sua vista sente.uesta ! del viver mio l'una colomna,l'altra ! 'l suo chiaro nome,che sona nel mio cor s dolcemente.Ma tornandomi a menteche pur morta ! la mia speranza, vivaallor ch'ella fioriva,sa ben $mor qual io divento, et HsperoIvedel colei ch'! or s presso al vero.

0onne, voi che miraste sua beltate

et l'angelica vitacon quel celeste portamento in terra,di me vi doglia, et vincavi pietate,non di lei ch'! salitaa tanta pace, et m' lassato in guerra*tal che s'altri mi serralungo tempo il camin da seguitarla,quel ch'$mor meco parla,sol mi ritien ch'io non recida il nodo.Ma e' ragiona dentro in cotal modo*

N #on' freno al gran dolor che ti trasporta,ch per soverchie voglie

si perde 'l cielo, ove 'l tuo core aspira,dove ! viva colei ch'altrui par morta,et di sue belle spoglieseco sorride, et sol di te sospiraet sua fama, che spirain molte parti anchor per la tua lingua,prega che non e2tingua,anzi la voce al suo nome rischiari,se gli occhi suoi ti fur dolci n cari. N

Luggi 'l sereno e 'l verde,non t'appressare ove sia riso o canto,canzon mia no, ma pianto*

non fa per te di star fra gente allegra,vedova, sconsolata, in vesta negra.

"7"

4evommi il mio penser in parte ov'eraquella ch'io cerco, et non ritrovo in terra*ivi, fra lor che 'l terzo cerchio serra,la rividi pi& bella et meno altera.

#er man mi prese, et disse* N An questa sperasarai anchor meco, se 'l desir non erra*i' so' colei che ti die' tanta guerra,et compie' mia giornata inanzi sera.

Mio ben non cape in intelletto humano*te solo aspetto, et quel che tanto amastie l giuso ! rimaso, il mio bel velo. N

0eh perch tacque, et allarg la mano:6h'al suon de' detti s pietosi et castipoco manc ch'io non rimasi in cielo.

(>(

$mor, che meco al buon tempo ti stavifra queste rive, a' pensier' nostri amiche,et per saldar le ragion' nostre antichemeco et col fiume ragionando andavi

fior', frondi, herbe, ombre, antri, onde, aure soavi,valli chiuse, alti colli et piagge apriche,porto de l'amorose mie fatiche,de le fortune mie tante, et s gravi

o vaghi habitator' de' verdi boschi,o nimphe, et voi che 'l fresco herboso fondodel liquido cristallo alberga et pasce*

i d miei fur s chiari, or son s foschi,come Morte che 'l fa cos nel mondosua ventura ciascun dal d che nasce.

(>+

Mentre che 'l cor dagli amorosi vermifu consumato, e 'n fiamma amorosa arse,di vaga fera le vestigia sparsecercai per poggi solitarii et hermi

et ebbi ardir cantando di dolermid'$mor, di lei che s dura m'apparse*ma l'ingegno et le rime erano scarsein quella etate ai pensier' novi e 'nfermi.

uel foco ! morto, e 'l copre un picciol marmo*che se col tempo fossi ito avanzandoHcome gi in altriI infino a la vecchiezza,

di rime armato, ond'oggi mi disarmo,con stil canuto avrei fatto parlandoromper le pietre, et pianger di dolcezza.

(>3$nima bella da quel nodo scioltache pi& bel mai non seppe ordir Eatura,pon' dal ciel mente a la mia vita oscura,da s lieti pensieri a pianger volta.


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4a falsa opin-on dal cor s'! tolta,che mi fece alcun tempo acerba et duratua dolce vista* omai tutta securavolgi a me gli occhi, e i miei sospiri ascolta.

Mira 'l gran sasso, donde 8orga nasce,et vedra'vi un che sol tra l'erbe et l'acquedi tua memoria et di dolor si pasce.

Cve giace il tuo albergo, et dove nacque

il nostro amor, vo' ch'abbandoni et lasce,per non veder ne' tuoi quel ch'a te spiacque.

(>7

uel sol che mi mostrava il camin destrodi gire al ciel con glor-osi passi,tornando al sommo 8ole, in pochi sassichiuse 'l mio lume e 'l suo carcer terrestro*

ond'io son fatto un animal silvestro,che co pie' vaghi, solitarii et lassiporto 'l cor grave et gli occhi humidi et bassial mondo, ch'! per me un deserto alpestro.

6os vo ricercando ogni contradaov'io la vidi et sol tu che m'affligi,$mor, vien meco, et mostrimi ond'io vada.

4ei non trov'io* ma suoi santi vestigitutti rivolti a la superna stradaveggio, lunge da' laghi averni et stigi.

(>9

A' pensava assai destro esser su l'ale,non per lor forza, ma di chi le spiega,per gir cantando a quel bel nodo egualeonde Morte m'assolve, $mor mi lega.

)rovaimi a l'opra via pi& lento et fraled'un picciol ramo cui gran fascio piega,et dissi* N $ cader va chi troppo sale,n si fa ben per huom quel che 'l ciel nega. NMai non poria volar penna d'ingegno,nonch stil grave o lingua, ove Eaturavol, tessendo il mio dolce ritegno.

8eguilla $mor con s mirabil curain adornarlo, ch'i' non era degnopur de la vista* ma fu mia ventura.

(>;

uella per cui con 8orga cangiato $rno,con franca povert serve richezze,volse in amaro sue sante dolceze,ond'io gi vissi, or me ne struggo et scarno.

0a poi pi& volte riprovato indarnoal secol che verr l'alte belleze

pinger cantando, a ci che l'ame et preze*n col mio stile il suo bel viso incarno.

4e lode mai non d'altra, et proprie sue,che 'n lei fur come stelle in cielo sparte,pur ardisco ombreggiare, or una, or due*


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ma poi ch'i' giungo a la divina partech'un chiaro et breve sole al mondo fue,ivi manca l'ardir, l'ingegno et l'arte.

(>

8ento l'aura mia anticha, e i dolci colliveggio apparire, onde 'l bel lume nacqueche tenne gli occhi mei mentr'al ciel piacquebramosi et lieti, or li t!n tristi et molli.

C caduche speranze, o penser' folliDVedove l'erbe et torbide son l'acque,et vto et freddo 'l nido in ch'ella giacque,nel qual io vivo, et morto giacer volli,

sperando alfin da le soavi pianteet da begli occhi suoi, che 'l cor m'nn'arso,riposo alcun de le fatiche tante.

[ servito a signor crudele et scarso*ch'arsi quanto 'l mio foco ebbi davante,or vo piangendo il suo cenere sparso.

("1

Z questo 'l nido in che la mia fenicemise l'aurate et le purpuree penne,che sotto le sue ali il mio cor tenne,et parole et sospiri ancho ne elice:

C del dolce mio mal prima radice,ov'! il bel viso, onde quel lume venneche vivo et lieto, ardendo mi mantenne:8ol' eri in terra or se' nel ciel felice.

%t m'i lasciato qui misero et solo,talch pien di duol sempre al loco tornoche per te consecrato honoro et clo

veggendo a' colli oscura notte intornoonde prendesti al ciel l'ultimo volo,et dove li occhi tuoi solean far giorno.

(""Mai non vedranno le mie luci asciuttecon le parti de l'animo tranquillequelle note ov'$mor par che sfaville,et #iet di sua man l'abbia construtte.


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8pirto gi invicto a le terrene lutte,ch'or su dal ciel tanta dolcezza stille,ch'a lo stil, onde Morte dipartille,le disv-ate rime i ricondutte*

di mie tenere frondi altro lavorocredea mostrarte et qual fero pianetane 'nvidi inseme, o mio nobil tesoro:

6hi 'nnanzi tempo mi t'asconde et vieta,

che col cor veggio, et co la lingua honoro,e 'n te, dolce sospir, l'alma s'acqueta:

("(

8tandomi un giorno solo a la fenestra,onde cose vedea tante, et s nove,ch'era sol di mirar quasi gi stancho,una fera m'apparve da man destra,con fronte humana, da far arder /iove,cacciata da duo veltri, un nero, un bianchoche l'un et l'altro fiancho

de la fera gentil mordean s forte,che 'n poco tempo la menaro al passoove, chiusa in un sasso,vinse molta bellezza acerba morte*et mi fe' sospirar sua dura sorte.

Andi per alto mar vidi una nave,con le sarte di seta, et d'r la vela,tutta d'avorio et d'ebeno contestae 'l mar tranquillo, et l'aura era soave,e 'l ciel qual ! se nulla nube il vela,ella carca di ricca merce honesta*poi repente tempesta

or-ental turb s l'aere et l'onde,che la nave percosse ad uno scoglio.C che grave cordoglioDGreve hora oppresse, et poco spatio asconde,l'alte ricchezze a nul'altre seconde.

An un boschetto novo, i rami santifiorian d'un lauro giovenetto et schietto,ch'un delli arbor' parea di paradisoet di sua ombra uscian s dolci cantidi vari augelli, et tant'altro diletto,che dal mondo m'avean tutto divisoet mirandol io fiso,

cangiossi 'l cielo intorno, et tinto in vista,folgorando 'l percosse, et da radicequella pianta felices&bito svelse* onde mia vita ! trista,ch simile ombra mai non si racquista.

6hiara fontana in quel medesmo boscosorgea d'un sasso, et acque fresche et dolcispargea, soavemente mormorandoal bel seggio, riposto, ombroso et fosco,n pastori appressavan n bifolci,ma ninphe et muse a quel tenor cantando*ivi m'assisi et quando

pi& dolcezza prendea di tal concentoet di tal vista, aprir vidi uno speco,et portarsene secola fonte e 'l loco* ond'anchor doglia sento,et sol de la memoria mi sgomento.


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5na strania fenice, ambedue l'aledi porpora vestita, e 'l capo d'oro,vedendo per la selva altera et sola,veder forma celeste et immortaleprima pensai, fin ch'a lo svelto allorogiunse, et al fonte che la terra invola*ogni cosa al fin volach, mirando le frondi a terra sparse,e 'l troncon rotto, et quel vivo humor secco,

volse in se stessa il becco,quasi sdegnando, e 'n un punto disparse*onde 'l cor di pietate, et d'amor m'arse.

$lfin vid'io per entro i fiori et l'erbapensosa ir s leggiadra et bella donna,che mai nol penso ch'i' non arda et treme*humile in s, ma 'ncontra $mor superbaet avea indosso s candida gonna,s te2ta, ch'oro et neve parea insemema le parti supremeeran avolte d'una nebbia oscura*punta poi nel tallon d'un picciol angue,

come fior colto langue,lieta si dipartio, nonch secura.$hi, nulla, altro che pianto, al mondo duraD

6anzon, tu puoi ben dire*N

Petrarca - Canzoniere

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