Pescare in Valtellina 1 - ANNO 2014

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Poste italiane S.p.a. - Spedizionre in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 - DCB Sondrio in Valtellina Rivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXX - N° 1 - 2014 Pescare

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Rivista pescare in Valtellina 1 - ANNO 2014

Transcript of Pescare in Valtellina 1 - ANNO 2014

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in ValtellinaRivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXX - N° 1 - 2014

Pescare

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Pescarein Valtellina

UNIONE PESCA SPORTIVA DELLA PROVINCIA Dl SONDRIOSONDRIO - Via Fiume, 85Tel. 0342.21.72.57 (2 linee urbane)Fax [email protected]

Direttore Responsabile:Marco Corengia

Redazione:Valter Bianchini Giorgio Lanzi

Hanno collaborato per i testi:Valter BianchiniMarco CasliniMarco CorengiaAngelo della MariannaDon MarianoPierpaolo GibertoniLuigi GuglielmettiGiorgio LanziMauro MazzoMichele Salvador

Hanno collaborato per le foto:Valter BianchiniEnzo BevilacquaFabiano MasseraMauro MazzoCarlo Romanò

Foto di copertina:Il quarto lago di CampagnedaFoto Valter Bianchini

StampaTIPOGRAFIA POLARISVia Vanoni, 7923100 SONDRIOTel. 0342.51.31.96Fax [email protected]

Della presente rivista sono state stampate e diffuse 7.500 copie

Iscritta al n° 166 Registro Tribunale di Sondrio

RIVISTa DeLL’UNIONe PeSCa SPORTIVa DeLLa PROVINCIa DI SONDRIOAnno XXV - N° 1 - 2009

A t t u A l i t àTempi non facili per la pesca 4

V i t A A s s o c i A t i V AIl regolamento 2014 8I nostri numeri 10

F i l o d i r e t t oQuarant’anni e non sentirli 13

V i c i n i d i c A s AChe bel tipo il commissario 14E alla fine arriva Fermi (forse…) 19

A p p r o F o n d i m e n t iIl Mera com’era 20

p e s c i e p e s c A t o r iRiflessioni lungo il fiume 28

i l t o r o p e r l e c o r n AProgetto mediterranea: lo stato dell’arte 32

t e c n i c h e d i p e s c ALa pesca in montagna, che passione 40

u p s c o n s i g l i AI laghi di Campagneda in Valmalenco 42Mangiare e dormire in alpeggio 50

p r o V i A m o c i l o s t e s s oProve tecniche di Valtellina 56

l e t t i p e r V o iIl grande silenzio 62

i l p e r s o n A g g i oIntervista a Angelo della Marianna 66

t u t e l A A c q u eLo svaso del lago di Livigno: da un progetto al suo contrario 70

l e V o s t r e l e t t e r eUn parroco di oratorio e i suoi pescatori 76

s A p o r i d i V A l t e l l i n AIl Vecchio Ristorante Fiume a Morbegno 78

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e d i t o r i A l e

Livigno: 218, Bormio 180, Aprica 400, Chiesa Valmalenco 330, Madesimo 500.

No, non sono i numeri degli associati a UPS suddivisi per comprensorio, ma il bollettino della neve aggiornato a giovedì 20 febbraio 2014.Ieri sera al telegiornale hanno detto che – tra neve e pioggia – di acqua ne è caduta quattro volte tanto rispetto alla media invernale degli ultimi anni.Per noi pescatori questo vuol dire soprattutto una cosa: “un po’ di acqua di neve” dovremo aspettarcela. Forse. E sarà inutile anche guardarsi in giro, visto che le altre valli alpine che alimentano fiumi come Sesia, Serio, Brembo e Oglio sono messe più o meno allo stesso modo. Per il Veneto quello che è successo a Cortina dice tutto.Escludendo l’ipotesi di trasferirci in cava e diventare tutti pescatori da pesca “sportiva”, non rimane che prepararci, diventare “flessibili”. Ce lo chiedono

i governi tecnici quando parlano di lavoro e disoccupazione, oppure le mogli quando programmano il sabato mattina al supermercato e la domenica all’Ikea. Era giusto che cominciassimo a chiedervelo anche noi. Quindi in Adda e Mera fino ad aprile e poi sotto da settembre in avanti. In mezzo UPS si è impegnata a proporre qualche alternativa, scommettendo su torrenti laterali e laghi alpini. Per il momento l’idea è piaciuta al consorzio turistico della Valmalenco, e la cosa ci fa molto piacere. Leggendo la rivista scoprirete che forse interessa anche a qualcun altro, che viene da molto lontano. Per chi ci crede.Dal punto di vista del regolamento, la grande novità di quest’anno è l’istituzione di un permesso che consente di pescare in tutte le acque libere - con tutte le tecniche di pesca - con la formula no kill. Al momento il risparmio è poco significativo – 20 euro – ma è un primo passo verso ipotesi di gestione tutte da sondare. Il principio è ovvio: se è vero che le semine di adulto condizionano significativamente i bilanci, è giusto dare la possibilità di spendere meno a chi non incide su quella voce di spesa.La soluzione potrebbe interessare non solo quelli che già rilasciano tutto il pescato, ma anche chi trattiene pochi pesci in un anno: potreste pensare al permesso NK base e ogni tanto togliervi la voglia nelle turistiche o nei tratti mosca a prelievo limitato. Pensateci.L’altra grossa novità è il censimento. Torniamo a proporvelo dopo una quindicina d’anni e ci crediamo

molto. Paradossalmente quello che ci segnalerete conterà “dopo”; la cosa fondamentale è che vi esprimiate. Non serve aver fatto statistica per saper che, un campione di utenza, ha valore solo se rappresenta una fetta significativa della torta da analizzare.In ogni caso sappiate che le scelte gestionali di UPS con buona probabilità passeranno da qui.Di mio ho scoperto il modo giusto per farsi notare. Basta scriversi una lettera e si scatena il finimondo. Non so se funziona anche con le donne, l’avessi saputo prima avrei provato anche questa.Le lettere arrivate in redazione sono state parecchie e decisamente interessanti.Al netto di un gruppo di pescatori di Milano che invitava UPS a darsi una mossa e reintrodurre i silos in Adda “senza badare alla burocrazia” (e io mi sono pure preso la briga di chiedere alla Forestale se la cosa fosse possibile, ma la risposta vi farebbe passare la voglia di portarvi a casa anche solo un secchio di ghiaia per le fioriere), la quasi totalità delle lettere riguardava lo stato del progetto mediterranea. Troverete risposta anche a questo.Se ne erano accorti in pochi, ma avrete modo di scoprire che – in questi ultimi mesi – sempre la stessa burocrazia di cui sopra ha rischiato di mandare a scatafascio tutte le convenzioni tra amministrazioni provinciali e associazioni che gestiscono la pesca. Ci ha messo una pezza Regione Lombardia, e capirete che il modello UPS non è poi così da buttare.

S O M M A R I O

Unitamente al modulo di affiliazione ogni socio riceverà un questionario da restituire, debitamente compilato in forma anonima, allo stesso punto ven-dita in cui viene sottoscritta l’iscrizione ad UPS o da inviare direttamente alla nostra sede.Per la seconda volta, dopo ben 14 anni dalla prima inchiesta, UPS richiede ai propri soci di collaborare compilando il questionario per permetterci di avere una panoramica il più possibile completa sui pescatori che frequentano le acque della nostra Provincia.I risultati che emergeranno da questo lavoro potranno esserci estremamente utili nel migliorare le modalità di gestione delle nostre acque e valutare le vostre preferenze.Ci auguriamo che la stragrande maggioranza degli Associati collabori fattiva-mente all’iniziativa ripromettendoci di darvi conto dei risultati nel prossimo numero di “Pescare in Valtellina”.Vi ringraziamo fin d’ora per il tempo che dedicherete alla compilazione.

CONOSCIAMOCIMEGLIO

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A t t u A l i t à

Con tutta la neve caduta quest’inverno sulle montagne speriamo non ci si stupisca dell’imponente disgelo che

verrà e incrociamo le dita perché non fac-cia danni. Lo scorso mese di novembre, osservando tanta acqua nell’Adda, qualcuno commentava ironicamente in una piazza virtuale: “sarà il disgelo!”. Quasi a voler insinuare che i produttori elettrici si diver-tissero a buttarne via apposta un po’ dai loro bacini per farci un dispetto durante le ultime giornate di pesca. Ovviamente le cose non stavano così, i signori dell’energia facevano semplicemente il loro mestiere approfittando della tanta acqua regalata-gli dalla stagione più piovosa degli ultimi cento anni.

Che il clima della Terra stia cambiando, spesso con effetti disastrosi, è sotto gli occhi di tutti. Il nostro pianeta diventa più caldo ogni anno, molto più caldo. Succede un po’ ovunque. Se non sono le alluvioni, a paralizzare interi stati ci pensano le bufere di neve o la siccità. Le tavole rotonde dei potenti della terra sui mutamenti climatici sono all’ordine del giorno, con pochi risul-tati a dire il vero. Le grandi multinazionali invece stanno investendo ingenti capitali per rendere i loro processi industriali più sostenibili - non che siano diventate improvvisamente filantropiche - ma i mutamenti climatici stanno diventando un enorme problema anche per loro. Pare che nel mondo il 2013 sia stato l’anno più caldo dal 1880 a oggi. I cambiamenti in atto stanno già modifi-cando l’ambiente che ci circonda e quello

fluviale è tra i primi a farne pesantemente le spese. Dobbiamo prendere atto di ciò che sta acca-dendo se vogliamo comprendere le vere cause di buona parte dei problemi che hanno iniziato a riguardarci. L’innalzamento delle temperature in alta quota e il conseguente scioglimento dei ghiacciai rischiano di trasformare gli alvei dell’Adda e Mera in spianate di sabbia e ghiaia. Basterebbe prendersi la briga di visitare l’alta Valfurva per rendersi conto in mezzo a quale sconquasso idrogeologico scorra oggi l’Adda a valle del ghiacciaio dei Forni, il più grande ghiacciaio vallivo delle Alpi italiane che tra circa 80 anni potrebbe essere ridotto, secon-do le proiezioni dei ricercatori, al 5% del suo attuale volume. In gran parte è da lì che scende il limo che colora di grigio il fiume nelle giornate più calde, lo stesso materiale che si deposita in quantità sempre maggiori nei bacini artificiali e di cui i produttori elettrici, che in tutta one-stà ne farebbero volentieri a meno, chiedono

di potersene sbarazzare. Ma i fiumi in tali condizioni costituiscono un problema non da poco anche per la sicurezza delle aree abitate del fondo valle. Ci sono le risorse necessarie per porvi rimedio? No, non a sufficienza e non di questi tempi. Anche perché la difesa del territorio viene messa ai primi posti delle priorità nazionali solo di fronte ad una trage-dia. Rimuovere gli inerti che soffocano i nostri fiumi è un compito della Regione, ma pure qui i soldi non abbondano anche se molti interventi sono stati eseguiti e altri lo saranno presto. Di certo la crisi del settore edile non stimola le imprese a partecipare alle aste. Gli svasi degli ultimi 4 anni poi, in particolare quelli primaverili di Cancano, hanno inflitto un duro colpo alla popolazione del temolo nella sua fase riproduttiva. Grazie al cielo le misure da noi richieste e faticosamente ottenute, come l’individuazione della Val Pola a vasca di decantazione del limo scaricato da quell’invaso, hanno funzionato (circa il 60% dei solidi sospesi si sono depositati lì). Se avessimo dato retta a chi ci chiedeva di stare alla larga dai tavoli dove si prendono le decisioni, a che punto saremmo ora? Come nel 2013, anche quest’anno non ci sarà alcuno svaso primaverile. Non è stato facile ottene-re questo stop, ma la decisione favorirà la riproduzione del temolo. Il 2015 sarà l’anno dell’Expo, all’insegna della sostenibilità, del

rispetto dell’ambiente e della biodiversità, aspettiamo quindi di vedere quali saranno le intenzioni. Nel frattempo predisporremo tutti i dati in nostro possesso a far sì che la Regione Lombardia possa valutare, a ragion veduta, le conseguenze di quanto autorizzato sino ad oggi. E’ impensabile che le future richieste di nuovi svasi non vengano esaminate a fondo alla luce dell’impatto che le precedenti ope-razioni hanno avuto sull’ambiente fluviale nel suo complesso. A tal proposito, se le risorse ce lo consentiran-no, al fine di caratterizzare sia da un punto di vista biologico che ittiologico e idromorfologi-co i tratti di Adda e Mera,  è nostra intenzione utilizzare un team di professionisti con diverse competenze, dall’ittiologia all’ingegneristica idraulica, proprio per meglio comprendere i comportamenti dei pesci in relazione alle con-dizioni degli ambienti fluviali e soprattutto per definire le conseguenze e gli impatti generati dagli svasi o dalle piene naturali. Ciò consen-tirà non solo di valutare uno status ottimale ma anche  di risalire agli impatti recenti di fe-nomeni naturali  e artificiali  grazie all’utilizzo di sistemi di studio scientifici e di simulazione dei cambiamento degli habitat. La Prerogativa e l’ambizione finale è quella di proteggere al meglio in nostri fiumi di fondovalle.”Se la fotografia della situ azione non è ras-sicurante, non siamo però ancora all’allarme rosso. E comunque questa associazione - anche a dispetto di qualche menagramo - non ha nessuna intenzione di alzare bandiera bianca. Nonostante tutto abbiamo ancora un conside-revole patrimonio ittico, a fare testo ci sono anche i numeri (per difetto) dei censimenti catture e non solo le lamentele, anche se in parte giustificate. Ma a tal proposito, per dirla tutta, forse è arrivato anche il momento in cui molti comincino a fare i conti con le proprie attese e pretese, in buona parte ancorate a passate condizioni non ripetibili.Per tutelare la fauna ittica e assicurare un fu-turo alla nostra passione non è più sufficiente ripopolare con passione ogni più piccolo corso d’acqua, almeno non dappertutto. La fauna ittica necessita di habitat sani e di elevato pre-gio ambientale, un alveo piatto e banalizzato diventa inidoneo ad ospitare i pesci che in tali condizioni si trovano più esposti alle av-versità climatiche, alle escursioni termiche e ai predatori alati. Per rendere la pesca meno vulnerabile al cam-

Tempi non faciliper la pescaCosa si può fare?

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di Valter Bianchini

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biamento climatico le opere di riqualificazione fluviale sono considerate universalmente tra le poche carte vincenti, cioè tra quelle in grado di fermare il degrado e conservare habitat ido-nei alla fauna ittica. Quindi dobbiamo insistere perché si facciano. La nostra associazione ha intrapreso da tempo questa strada con deter-minazione grazie a finanziamenti pubblici e privati. Dopo gli interventi di rimodulazione di dodici briglie eseguiti tra Sernio e Tirano, a breve opereremo sullo Spoel e sulla parte finale del Torrente Masino. Poi nei prossimi mesi ci dedicheremo alla progettazione di uguali interventi sulla Mera e alla riqualifi-cazione delle merette. Tra somme già spese e da spendere in pochi anni avremo realizzato direttamente opere per circa 815.000 euro, non sono certamente sufficienti ma almeno siamo sulla giusta strada.Con il regolamento di pesca 2014 abbiamo inteso tutelare maggiormente il temolo, non possiamo permetterci di perdere questa me-ravigliosa specie. Stiamo inoltre monitorando con attenzione l’andamento della trota fario mediterranea. Siamo perfettamente consape-voli che i risultati ottenuti sino ad ora non

sono omogenei sul territorio e i nostri consu-lenti ne stanno studiando le ragioni. Quest’an-no ancora e ne tireremo delle conclusioni attendibili. Al riguardo dobbiamo ricordare che chi sposò il “progetto mediterranea” lo fece, tra l’altro, perchè la reintroduzione della fario atlantica in Adda e Mera - dopo l’allu-vione del 1987- non ha mai dato i risultati sperati. Questo dovrebbe farci capire quanto è difficile per l’uomo sostituirsi all’opera della natura e quali tempistiche richiedano questi progetti prima di poterne tirare, in bene o in male, le somme. Magari fosse altrettanto facile come realizzare un prodotto di consumo e correggerne i difetti attraverso un software. E di problemi simili non sono esenti gestio-ni vicine a noi che certamente non possono essere accusate di dilettantismo, mancanza di ricerca e scarsità di risorse, come quelle venete, trentine e svizzere. La buona salute, la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio ittico dipendono però anche dai nostri comportamenti individuali. Oggi abbiamo tutte le informazioni e le capacità intellettuali per comprendere quanto è bello e spesso raro il pesce selvatico che si ha tra

le mani: in fondo spetta solo a noi decidere quali e quanti pesci trattenere, sapendo che il numero di temoli e trote selvatiche non è disponibile a nostro piacimento. E allora, al di là di quanto stabilisce il regolamento, perché non cominciare ad avere un occhio di riguardo in particolare dove la popolazione ittica è in difficoltà? In fondo tutti noi amiamo pescare quasi sempre negli stessi luoghi, facciamo un passo in avanti e diventiamo i tutori del nostro tratto di fiume o torrente. Nonostante la riduzione del numero degli as-sociati - anche questo un dato comune ovun-que - abbiamo scelto di mantenere i costi dei permessi invariati, anzi in alcuni casi li abbiamo diminuiti e ampliato l’offerta, in particolare per i giovani. In futuro valuteremo la possibilità di differenziarli ulteriormente compatibilmente con la necessità di avere le risorse necessarie per svolgere la nostra mis-sione e i compiti che la Provincia di Sondrio ci ha affidato. Acquistare il permesso annuale significa conse-gnare 38 centesimi al giorno a una associazio-ne che, con tutti i suoi limiti, pregi e difetti, non solo vi consente di andare a pescare e

prendere pesci, ma combatte per 365 giorni all’anno. Così come ci sono decine di milioni di persone sparse nel mondo che finanziano associazioni e campagne ambientali senza aspettarsi nulla in cambio se non la speranza di un ambiente più sostenibile, non vale la pena farlo anche per le acque della Valtellina?

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La neve di quest’inverno in alta Valchiavenna.

Sconto 10%

soci UPS

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V i t A A s s o c i A t i VA

Il regolamento 2014Al pescatore, dunque, non rimane altro che presentarsi con l’intero fo-glio/modulistica in un punto auto-rizzato al rilascio dei permessi con la ricevuta di pagamento del bollettino di versamento in c/c postale in base alla propria scelta di stagionale. Detti punti autorizzati contrassegnati con l’asterisco nella colonna “annuali” consegneranno il permesso stagionale di pesca.

LICENZA REGIONALEPer esercitare la pesca nelle acque della Provincia di Sondrio è necessario essere anche in possesso della licenza regionale tipo “B”. La Legge Regio-nale n.31 del 2008 e il Regolamento Regionale n. 9 del 22 maggio 2003 prevedono:• la licenza regionale ha validità 10

anni dalla data di rilascio; • la tassa di concessione regionale per

l’esercizio della pesca dilettantisti-ca non è dovuta dai cittadini resi-denti nel territorio italiano di età inferiore a 18 anni o superiore a 65, nonché ai portatori di handi-cap, ai sensi della L.r.10/2003;

• l’istituzione di un permesso “tu-ristico per la pesca dilettantisti-

ca, sostitutivo della licenza di tipo”B”– che per la provincia di Sondrio ha il costo di €. 2,00 e validità quindicinale.

Chi risiede in Lombardia e non deve rinnovare la licenza regionale, dovrà limitarsi a versare la tassa annua-le 22,72 € sull’apposito bollettino di conto corrente postale 25911207 intestato a Regione lombardia, ser-vizio Tesoreria, via Pirelli 12, 20133 MILANOPer il rilascio di nuova licenza regio-nale e/o per il rinnovo delle stesse occorrerà presentare all’ufficio pesca della provincia di provenienza: n.2 foto formato tessera, autocertifica-zione su apposito modello / ricevuta del versamento di € 22,72 della tassa di concessione regionale da effet-tuarsi sul ccp n. 25911207 intestato a Regione Lombardia, Servizio Teso-reria, Via Pirelli 12-20133 Milano / fotocopia del documento d’identità / n. 2 marche da bollo da € 16,00 (*Per i pescatori della provincia di Sondrio dovrà essere presentata anche ricevuta del versamento di € 5,16 sul c.c.p. n. 11925237 intestato a Am-ministrazione Provinciale di Sondrio - Servizio di Tesoreria indicando la causale “licenza di pesca”).

IL LIbREttO sEGNApEsCI VA REstItUItO.

Non ci interessa sapere quanto siete stati bravi. Dall’analisi dei dati relativi alle catture si possono de-durre una serie di informa-zioni che non immaginate nemmeno. In buona parte, le future politiche gestio-nali passeranno da qui.il libretto e il modulo censimento dovranno es-sere consegnati entro 15 marzo 2014.

PERMESSO n° S/

UNIONE PESCAPROVINCIA DI SONDRIO

LIBRETTOSEGNAPESCI

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StAgIONE2013

I COstI DEI pERMEssIAbbiamo deciso di mantenere inalte-rati i costi dei permessi, non è stata una decisione facile, ma considerati i tempi di “vacche magre” per molti, speriamo lo apprezzerete e continue-rete a sostenerci. Non solo, abbiamo voluto anche prestare attenzione ai tanti che ci chiedono di differenzia-re il costo dei permessi e allargato l’offerta per i ragazzi. Ecco i costi dei permessi: a) Stagionale adulti: €. 140,00b) Stagionale adulti “Senza Cattu-

re”: €. 120,00 - Chiunque deci-da di non trattenere alcun pesce nelle zone a regolamentazione normale potrà acquistare questo permesso. Se vorrà, potrà ovvia-mente accedere anche alle zone speciali previo pagamento del relativo permesso.

c) Stagionale ragazzo nati dal 1.1.1998 al 31.12.2000: €. 40,00 (max. catture: nr. 50 trote e nr. 5 temoli)

d) Stagionale bambini nati dal 1.1.2001: €. 20,00 (età minima anni 5 compiuti) (max. catture: nr. 50 trote e nr. 5 temoli)

I ragazzi e i bambini potranno accedere gratuitamente, previa richiesta a Ups, a tutte le zone dedicate alla pesca a mosca e artificiali ma a condizione prati-chino la pesca No Kill.

e) stagionale “plus no kill”: €. 250,00

a) giornaliero con catture (acquista-bile dal 02.06.2014) €. 25,00 (n. 5 permessi €. 100,00). L’acquisto del pacchetto da n. 5 permessi consente di fruirne in giornate a scelta.

f) giornaliero “no-kill” pesca a mo-sca con coda di topo: €. 20,00 (n. 5 permessi €. 80,00). L’ac-

quisto del pacchetto da n. 5 permessi consente di fruirne in giornate a scelta.

Fascia A – Zone NO KILL Pesca a mosca con coda di topo(Art. 13 Re-golamento Generale) a) annuale per soci: €.155,00b) giornaliero soci: € 20,00 (n. 5

permessi € 80,00: L’acquisto del pacchetto da n. 5 permessi consente di fruirne in giornate a scelta

c) giornaliero NON soci: €.35,00d) permessi per gruppi (min. 10

persone o nr. 10 permessi com-plessivi: euro 20,00 cad.)

Fascia B & C - Zone a mosca e artifi-ciali: €. 50,00(Art. 13 Regolamento Generale) valido per 15 catture.

Fascia D – Zone riservate alla pesca turistica

a) Tessera valida per n.15 catture: €.50,00 (Art. 13 Regolamento Generale)

b) Permesso giornaliero: € 25,00

LE MODIFICHE AL REGOLAMENtO 2014 Tutte le modifiche sono evidenziate in neretto nel regolamento. Le prin-cipali sono le seguenti:misurA e limiti di cAtturA del temolo - La misura minima del te-molo sale a 40 cm. e si uniforma quindi a quella già in vigore nelle zone speciali. Il limite di catture è stabilito in 15 capi annui; i posses-sori del permesso giornaliero pos-so catturare nr.1 temolo al giorno. pescA nel lAgo di liVigno - La regolamentazione della pesca sarà decisa dal Comitato di Gestione non appena verrà ridefinito dalle auto-rità svizzere il programma di svaso del lago. A tal proposito si presti attenzione all’apposito articolo dedi-

cato all’argomento su questa rivista. Le decisione in ordine alle modalità di pesca saranno diffuse a mezzo sito web di UPS e la stampa locale. Inoltre l’esercizio della pesca è con-sentito anche dalla barca secondo le modalità stabilite dall’apposito rego-lamento comunale per la navigazione nel lago consultabile sul sito web del Comune di Livigno.

VAlmAlenco - E’ istituita una zona di pesca turistica (fascia D) in loca-lità Curlo in Chiesa Valmalenco. E’ istituita una zona di pesca a mosca No Kill con coda di topo (Fascia B) in Chiesa Valmalenco da ponte Pedrotti (T. Lanterna) fino alla 1^briglia sul Torrente Mallero. Sul lago di Campa-gneda inferiore è consentita la sola pesca con la mosca artificiale(coda di topo o moschera) senza obbligo di permesso aggiuntivo con limi-te di catture come da regolamento generale.giornAte di pescA – La pesca è consentita anche nei giorni 24/25 aprile, 1/2 maggio, 14/15 agosto.trotA mArmorAtA – E’ istituito il divieto di cattura della trota marmo-rata e dei suoi ibridi nell’intera asta del torrente Mallero .

COME E DOVE ACQUIstARE I pERMEssI DI pEsCA AVVERtENZE VARIELa Rivista “Pescare in Valtellina” contiene: a) modulistica persona-lizzata e raccolta in un unico foglio necessaria per ottenere i permessi di pesca. b) Regolamento 2014 c) busta indirizzata all’UPS per la re-stituzione del modulo di censimento catture e del libretto segna pesci .Presso la sede Ups, in via Fiume 85 – Sondrio, è disponibile il Servizio POS fisico fornito dalla Banca tesoriere.

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V i t A A s s o c i A t i VA

Residenti in provincia di sondrio:

3.003Residenti fuori provincia

1.727sOCI 2013 pER Età

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CAttURE 2012

bILANCIO DI pREVIsIONE 2014 - pubblicazione in estrattoENTRATE (previsioni) SPESE (previsioni)

2014 2015TITOLO I eNTRaTe TRIBUTaRIe 0,00 TITOLO I SPeSe CORReNTI 955.090,00

TITOLO II eNTRaTe DeRIVaNTI Da CONTRIBUTI aMM.Ne PROVINCIaLe TITOLO II SPeSe C/CaPITaLe 268.100,00

TITOLO III eNTRaTe CORReNTI (permessi di pesca, obblighi ittiogenici ecc.) 854.390,50

TITOLO IV eNTRaTe Da aLTRI eNTI PUBB.ICI e PRIVaTI PeR INVeSTIMeNTI 231.600,00

TOTALE 1.085.990,50 1.223.190,00

TITOLO V eNTRaTe DeRIVaNTI Da aCCeNSIONe DI PReSTITI 100,00 TITOLO III SPeSe PeR RIMBORSO

PReSTITI 100,00

TITOLO VI eNTRaTe Da SeRVIZI PeR CONTO DI TeRZI 32.800,00 TITOLO IV SPeSe PeR SeRVIZI

PeR C/TeRZI 32.800,00

TOTALE 1.118.890,50 1.256.090,00aVaNZO DI aMMINISTRaZIONe 137.199,50 DISaVaNZO DI aMMINISTRaZIONeTOTALE GENERALE ENTRATA 1.256.090,00 1.256.090,00

RENDICONtO DI GEstIONE 2013 - pubblicazione in estratto

QUADRO RIASSUNTIVO DELLA GESTIONE FINANzIARIA

G E S T I O N EResidui Competenza Totale

Fondo di cassa al 1° gennaio 2013 –– –– 481.752,34RISCOSSIONI 125.071,92 906.805,63 1.031.877,55PaGaMeNTI 37.135,32 771.130,82 808.266,14FONDO DI CaSSa aL 31 DICeMBRe 2013 705.363,75PaGaMeNTI per azioni esecutive non regolarizzate al 31 dicembre 2012 0,00Differenza 705.363,75ReSIDUI aTTIVI 3.276,00 580.310,06 583.586,06ReSIDUI PaSSIVI 174.024,41 652.704,56 826.728,97Differenza -243.142,91AVANzO (+) O DISAVANzO (-) 462.220,84

I nostri numerI

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F i l o d i r e t t o

Se non vi ho fatto gli auguri, un motivo c’è.Ricambio per cortesia a chi invia mail,

messaggini, cartoline, biglietti. A dicembre è praticamente impossibile sfuggire agli auguri. Inutile scantonare: c’è gente che ti aspetta dietro l’angolo, tipo imboscata dei Vietcong, e senza che tu possa opporre resistenza ti impallina con un augurio ad alzo zero. Io non faccio gli auguri perché sono superstizioso (lo confesso) a livelli inimmaginabili. Così evito accuratamente di dire frasi tipo “buon viaggio” quando uno parte per le vacanze, o “buon anno” tra San Silvestro e i primi giorni di gennaio. Anche perché temo che qualcuno, un giorno, mi avvicini, mi batta sulla spalla e mi dica: “Buon anno un corno, peggio di così non poteva iniziare”. Parlando con voi, che di lenze ve ne intendete, non mi soffermerò più di tanto sui rischi che si corrono augurando “buona pesca” a chi sta cercando di godersi alcune ore in riva al fiume o al torrente nella speranza di catturare quale trota o un temolo. Mi era capitato da piccolo. Avevo visto un pe-scatore e gli avevo ingenuamente rivolto quel terribile augurio. “Non farlo più, porta sfortu-na” – disse sottovoce mio papà. Lezioni che non dimentichi più. Prendi e porti a casa. Poi nel corso degli anni ho notato un fenomeno che sconfina nel paranormale: gli anniversari spesso sono accompagnati dalla malasorte. Ditte che andavano a gonfie vele finite in cattive acque proprio dopo aver festeggiato il 50esimo o il centenario dalla fondazione. Anche nello sport capita di assistere a sta-gioni da incubo proprio quando la società o la squadra taglia il traguardo dei 25 anni o di altri anniversari. La cosa migliore, secondo me, è brindare senza grande enfasi, ricordare chi si è speso per la causa, tenere un profilo basso e andare avanti come se nulla fosse ac-caduto. Bene ha fatto l’Unione pesca sportiva a festeggiare il 40esimo senza clamori, con la sobrietà che i tempi impongono. E’ bello esserci: quante iniziative, quante associazioni

40 annie non sentirli

el penelinsono nate, sono cresciute e poi sono scompar-se? Nulla è scontato. Mi è capitato, proprio durante le festività natalizie, di incontrare l’Angelo. Amico d’infanzia di mio papà, cre-sciuto a quella scuola di vita che era la Porta Capuana (gruppo di case vicine al Parco delle Rimembranze di Sondrio) è pescatore di lungo corso. Ha dedicato la sua vita ad immortalare personaggi e persone, con la macchina foto-grafica diventata quasi un prolungamento del suo corpo. Nascosto dietro l’obiettivo, lui che in fondo in fondo è un timido da competizione, ha raccontato l’evoluzione di una città passata in pochi anni dalla miseria ad un discreto benessere. Anche l’Angelo ha tentato l’assalto alla diligenza e l’impresa è riuscita. Oggi fa il fotografo per passione, va a caccia e pesca per divertimento. Ma prima di salutarmi, dopo aver bevuto un aperitivo assieme, mi ha detto: “Guarda che l’Unione pesca sportiva compie 40 anni. E’ una cosa importante. Quando siamo partiti eravamo in quattro”. La gente che era sopravvissuta all’esperienza della guerra ha avuto la forza di costruire, di dare vita a nuove associazioni. Ora, tocca a noi.

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UlCiMin di azzini Sabrina

Si eSegUono riParazione di canne e mUlinelli Si effetUano licenze e PermeSSi

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Signor Guglielmetti, dopo mesi di trat-tative nessuno sa ancora come andrà a finire la storia della concessione della gestione della pesca ad APS. Per

chi non lo sapesse, riuscirebbe a riassumerci quello che era successo negli ultimi mesi?La Convenzione tra Provincia di Como e APS Como Fipsas, in vigore nell’anno 2013, in un primo tempo sembrava non potesse essere rinnovata per profili di illegittimità rilevati dalla Segreteria Generale e questo nonostante il parere sostanzialmente favorevole della Re-gione Lombardia e il precedente quarantennale della Provincia di Sondrio. In parole povere, il Segretario Generale con-

testava la possibilità di assegnare una con-cessione che riguardasse TUTTE le acque pro-vinciali ma solo tratti a macchia di leopardo, oltre alla necessità di affidare tale concessione attraverso un bando pubblico aperto a tutte le associazioni che ne avessero i requisiti. Dopo di chè - attraverso un paziente lavoro di revisione e definizione di ogni minimo aspetto giuridico portato avanti da Regione Lombar-dia - la concessione avrebbe potuto essere rinnovata, ma al momento il Commissario Straordinario non ha ancora dato il via libera alla delibera. Il perché non lo sa nessuno. Veramente “stra-ordinario” il Commissario!

“Che bel tipo il commissario”lo ringrazia tutto il Lario

“ecco cosa succede quando la burocrazia si mette di traverso”

V i c i n i d i c A sA (2)

Una preoccupazione - questa dell’illegittimi-tà - che fin da subito è sembrata eccessiva ai vostri associati ma anche a chi – in Regione Lombardia – si occupa della gestione della pesca.D’altronde questo rientra nelle specificità ter-ritoriali della nostra nazione. Ciò che viene ritenuto valido dalla segreteria generale di una provincia, può anche non essere ritenuto valido da una segreteria di altra provincia. Dopo di che, a fronte di eventuali impugna-zioni dei provvedimenti concessori, decidono i T.A.R. Comunque ora il problema non è più quello della legittimità o meno della conces-sione bensì la “caratterialità” del Commissario Straordinario della provincia di Como.

Eccessive preoccupazioni che non hanno fatto dormire voi ma che secondo lei avrebbe po-tuto costituire una minaccia per tutte le as-sociazioni – quindi anche UPS - che abbiano in concessione la gestione della pesca vero?Beh, era abbastanza implicito che se l’impian-to giuridico che sta alla base della concessione delle acque veniva considerato illegittimo per Como, si poneva all’interno di Regione Lom-bardia un’evidente disparità di trattamento che paradossalmente avrebbe potuto portare qualcuno a impugnare il provvedimento di concessione delle acque di cui è titolare l’UPS di Sondrio.

E crede che la minaccia sia ormai alle spalle o potrebbe ripresentarsi?Con il provvedimento di revisione dello speci-fico articolo della legge regionale sulla pesca riguardante la concessione delle acque alle Associazioni qualificate a scopo di piscicoltura che la Regione ha adottato a fine anno, penso che questa minaccia sia stata eliminata.

Tra l’altro, è vero che proprio Regione Lom-bardia ha portato come modello la vostra

Intervista di Marco Corengiaal Presidente APS Como Fipsas luigi guglielmetti

foto di carlo romanò

bREVE CRONIstORIAL’Associazione Pescatori Sportivi di Como raccoglie poco meno di 5mila tesserati, 45 società locali ed è convenzionata con la FIPSAS.Fino al 2012 gestiva soltanto la Riserva Celesia (le acque del primo bacino che vanno da Tavernola a Blevio) e i campi gara distribuiti sui torrenti provinciali.Nel 2013 ha avuto in concessione tutte le acque della provin-cia, eccetto i diritti esclusivi di pesca privati.Come scoprirete nell’intervista al presidente Luigi Guglielmetti, per il 2014 il commissario straordinario della Provincia di Como Leonardo Carioni non ha ancor firmato il rinnovo.Contro la riconferma si era costituito un comitato che aveva consegnato in amministrazione provinciale un documento sostenuto da qualche decina di firme ( si parla di 60-70 nomi). L’unica voce “ufficiale” a sostenere l’iniziativa è stata quella del vicesindaco di Lezzeno, epicentro della protesta, dove si svolse nella primavera dello scorso anno la prima riunione. Quello che i firmatari mettevano in discussione era l’intera gestione associativa affidata ad APS – e la quota associativa che ne conseguiva - a favore di quella pubblica.La faccenda è arrivata sui banchi di Regione Lombardia che - per mezzo del Presidente dell’VIII Commissione Regionale agricoltura, montagna, foreste e parchi con competenze in ma-teria di pesca Alessandro Fermi - sta cercando una mediazione.

Quello che è successo all’APS di Como avrebbe potuto in-teressare tutte le concessioni di pesca in essere, compresa ovviamente quella che la provincia di Sondrio ha assegnato all’Unione Pesca.

forma di gestione presso altre amministra-zioni?Diciamo che Regione Lombardia ha apprezzato il nostro modello gestionale. Mi risulta inoltre che la FIPSAS di Cremona abbia adottato con la locale amministrazione rovinciale un modello gestionale uguale a quello praticato a Como nel 2013 e che altre realtà territoriali, sia in Lombardia che fuori dalla nostra regione, stiano valutando l’esempio gestionale di Como.

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E lei come se l’è spiegata questa ostilità nei confronti di un modello i cui meriti sembra-vano talmente chiari ed evidenti a tutti?Sono più di 30 anni che mi occupo di gestione della pesca e ho imparato che le “sensibilità” in questo settore sono estremamente varie. Del resto, non penserà che nei primi anni di

gestione della pesca da parte dell’UPS ci fosse - soprattutto fuori dalla provincia di Sondrio - una ge-nerale favorevole ac-coglienza del nuovo modello di gestione! Sono socio dell’UPS dal 1973 e quindi co-nosco bene la genesi di quella esperienza.

A proposito di mo-delli, ho letto che proprio lei si è trovato a parlare di UPS come un’associazione da prendere come riferimento per la gestione delle acque…Ho già detto che sono socio dell’UPS da 40 anni. Se avessi considerato la gestione UPS in senso negativo non mi troverei in questa condizione.

Non sia troppo lusinghiero; ci sarà pure qual-cosa di migliorabile…A prescindere dal fatto che, trovandomi nella stessa situazione, so perfettamente quali sono i problemi e le preoccupazioni che il presiden-

Comunque tra UPS e APS una differenza evi-dente c’è: voi siete convenzionati alla Fipsas mentre l’Unione Pesca è nata quarant’anni fa proprio per rivendicare la propria autonomia nei confronti della federazione…Vuole proprio “estirparmi” alcune considera-zioni. Vede, una delle “critiche” (assolutamente in senso costruttivo) che posso fare all’UPS, è quella di essere un po’ chiusa su se stessa e non confrontarsi con una certa sistematicità con altre realtà gestionali che sono sparse in tutta Italia. Per esempio, si possono cercare collaborazioni o scambi con altri incubatoi, magari anche di materiale ittico o soluzioni gestionali. Penso che nonostante tutto un discreto numero di associati dell’UPS, come il sottoscritto, siano anche associati FIPSAS, quindi non ci vedrei al-cunché di lesa maestà intavolare ragionamenti su problematiche comuni in merito alla gestio-ne delle acque. Il mondo negli ultimi 40 anni è diventato più grande e dobbiamo imparare a confrontarci con questa nuova visone. Però, ribadisco, questa è una mia considerazione personale. Potrei anche sbagliarmi.

Ma tra quella Fipsas e quella di adesso che cosa è cambiato?Ritengo molto. Tuttavia anche l’attuale FIPSAS deve realizzare ancora tanti cambiamenti. Prova ne sono le continue assemblee nazionali per adattare giorno per giorno il proprio Statuto alle sistematiche trasformazioni della società. Problemi giuridici, fiscali, assicurativi, sportivi, gestionali, cambiano di continuo e la Federazio-ne avendo una visuale nazionale non può che cercare di adattarsi sempre al meglio a queste continue trasformazioni. Detto questo una cosa è certa: la FIPSAS, nel panorama generale dello sport della pesca in Italia, rappresenta certamente il maggior nume-ro di pescatori (oltre 200.000). In più, e non è poco, è l’unica associazione di pescatori rico-nosciuta dal Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio come “Associazione di protezione ambientale”

Non vorrà mica convincere l’Unione Pesca e i suoi associati a riavvicinarsi alla Fipsas…Non ci vedrei nulla di negativo. Oggi la Fe-derazione Nazionale ha improntato il proprio modello organizzativo su un effettivo federa-lismo gestionale, quindi le peculiarità di ogni territorio vengono rispettate. Poi bisogna far convivere tutto ciò in un con-tenitore nazionale per cui le prerogative valide per il pescatore associato di Como devono essere fruibili anche dal pescatore associato di Firenze o Trapani. In ogni caso, come ho già detto prima, non in-tendevo un “riavvicinamento” in questo senso. Semplicemente parlare, discutere, confrontarsi in una logica di condivisone di problemi sicu-ramente comuni.

Ci ha detto che “anche lei c’era” vero? Da comasco che impressione si fece di quello che stava succedendo in Valtellina?In Valtellina ho iniziato a pescare nel 1967 all’età di 14 anni e da allora ho sempre preso dei bei pesci. E’ il mio luogo preferito per i fine settimana e molti giorni di vacanza. La mia nonna è una delle vecchie “circasse” di Grosio. Quindi in quel lontano 1973 non mi sono fatto troppe domande sul perché e percome vennero adottate alcune decisioni. Come già detto, mi ricordo solo che ci fu un po’ di casino fuori dalla provincia di Sondrio.

A guardare i vostri numeri e le modalità gestionali che avete attuato si direbbe che la vostra associazione sia un’espressione ben riuscita di quel concetto che – in tempi di

Al momento, per pescare in provincia di Como – sia da riva che dalla barca - ba-sta la sola licenza di pesca governativa, mentre nel tratto di lago denomina-to Primo Bacino – Riserva Celesia (per capirsi quello antistante il capoluogo) occorre la tessera FIPSAS più un per-messo annuale di euro 50 per la pesca dalla barca.

te Bianchini si porta a letto tutte le sere. Poi certamente tutto è migliorabile. Tuttavia siamo volontari e, come dico sempre, ogni ora spesa per gli altri è ben accolta. Certo che se le ore sono 7.000 si possono fare determinate cose, se le ore sono 700 non si possono fare miracoli. Comunque, come associato avrei alcuni sugge-rimenti da dare a Bianchini, ma glieli dirò solo personalmente in un orecchio !

vacche magre – per le amministrazioni pub-bliche sembra essere diventato la panacea di tutti i mali: la sussidiarietàGuardi, Lei può portare tutti i numeri posi-tivi di questo mondo (ndr.4.700 associati, 1.800 permessi speciali, più di 7.000 ore di volontariato, una produzione record di circa 700.000/800.000 avannotti nell’Incubatoio di Valmorea, migliaia di fascine messe a dimora nel Lario e nel Ceresio, più altri interventi, ecc.) ma se le posizioni di “principio” sulla libertà di accesso alle acque vengono prima di tutto ciò, il problema è esclusivamente politico.

E lei che pescatore è?Pratico diverse tecniche di pesca perché ritengo che la “sportività” sia nella testa del pescatore e non nell’attrezzo che si usa. Puoi essere un grande sportivo anche pescando al tocco in un torrente perché vai a cercare solo il “mostro” di una buca inaccessibile, mentre non sei sportivo se ti diverti a fare il no-kill a mosca pungen-do decine di temoli sottomisura per semplice divertimento. Non sopporto il termine “divertimento” nella pesca. E’ una mancanza di rispetto nei confronti del pesce. Io non mi “diverto” a pescare. E’ una passione, una fatica, un impegno fisico e mentale. La pesca, eticamente parlando, è una cosa seria. E’ una sfida col pesce e se vinco io, ovviamente nei limiti regolamentari, il pesce muore. Molte volte però ho dato la libertà a pesci che potevo trattenere. In quel momento mi sembra-vano particolarmente belli o che so, “simpatici”. Comunque prediligo la pesca a spinning, a mo-sca e camolera e i pesci in misura che catturo normalmente li trattengo, anche perché sono una buona forchetta.

Luigi Guglielmetti a pesca

A pesca di agoni con la canna fissa

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E alla fine arriva Fermi (forse...)con i tecnici della Provincia (tra i quali anche il Segretario) al fine di chiarire alcuni dubbi rispetto alla compatibilità tra la legge regio-nale e l’assegnazione di una parte delle acque ad una associazione. In quell’occasione si era ritenuto - al fine di evitare qualsiasi dubbio interpretativo - di modificare la legge regionale introducendo  all’ art. 134 della Legge 31/2008 la rubrica “con-cessioni a scopo di piscicoltura, acquacoltura, altre attività ittiogeniche e gestioni particolari della pesca” e sostituendo, con riferimento alla concessione di acque, la parola “tratti” con “ tutto o in parte”.  Tali modifiche hanno consentito di predisporre un bando, differente rispetto a quello dello scorso anno, per la concessione solo di una parte delle acque provinciali (circa il 25%), evitando l’affidamento di tutte le acque ad un’unica associazione, cosa che aveva solle-vato qualche legittimo risentimento rispetto all’obbligo per chiunque di doversi tesserare presso l’associazione titolare della conces-sione. Legittimo quindi auspicarsi che si possa trova-re un punto d’intesa comune, che non obblighi nessuno a tesserarsi per l’associazione, vista la possibilità di poter esercitare liberamente la pesca nelle acque rimanenti”.L’augurio da parte del Presidente è che si trovi ancora un margine di ripensamento; anche perché in caso contrario l’Amministrazione Provinciale sarebbe obbligata a rivedere le sue attività ittiogeniche e di piscicoltura, vedendosi costretta a individuare la necessaria copertura finanziaria dei costi connessi a tali attività. Detto della querelle burocratica sull’asse-gnazione delle concessioni, Fermi ci tiene a informare tutti i pescatori che lo scorso 23 luglio il Consiglio Regionale ha approvato un suo ordine del giorno finalizzato a recepire

alcune riflessioni ricevute da molti pescatori lombardi. “In un ottica di semplificazione, ho infatti ri-tenuto che si debba procedere all’eliminazione della licenza di pesca in quanto inutile balzel-lo, limitato ormai alla sola nostra regione. Tale provvedimento – qualora accolto dal Consiglio - consentirà quindi di eliminare il libretto di licenza limitando quindi il contributo al solo pagamento della tassa di concessione regio-nale”. Che di fatto vuol dire poter pescare con il solo versamento della tassa di concessione in corso di validità, senza più l’obbligo della consegna delle due foto, la marca da bollo da 16 euro e la tassa relativa agli storni dei costi di segreteria per la gestione della pratica.“Nel medesimo ordine del giorno – conclude Fermi - è stato anche approvato l’impegno di Regione Lombardia alla costituzione di un fondo per la gestione ittica finalizzato ad in-centivare la pesca dilettantistica e a sostenere la tutela della fauna ittica. Tutto questo dovrà concretizzarsi entro il corrente anno”.

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Al netto della citazione cinemato-grafica, la cosa più inquietante (o divertente, dipende da come prefe-riate prenderla) è quel “forse” che

sta nel titolo.E non certo perché la Regione non se ne sia interessata. Anzi. Il problema è che l’ultima parola spetta al Commissario Straordinario della Provincia di Como – di nomina prefet-tizia – ed è con lui che Regione Lombardia sta cercando di “trovare la quadra”.Ad oggi, mercoledì 19 febbraio 2014 - seb-bene sembrerebbero aprirsi spiragli di intesa – nessuno sa ancora come andrà a finire con certezza questa partita.Una cosa è certa, quello che è successo all’APS di Como avrebbe potuto interessa-re tutte le concessioni di pesca in essere, compresa ovviamente quella che la provincia di Sondrio ha assegnato all’Unione Pesca. Abbiamo quindi pensato di approfondire ulteriormente quanto accaduto chiedendo lo stato delle cose ad Alessandro Fermi, il con-sigliere di Regione Lombardia e Presidente dell’VIII Commissione Regionale agricoltura, montagna, foreste e parchi con competenze in materia di pesca che ha fatto – o meglio, “che sta facendo” – da mediatore tra APS e il commissario straordinario della Provincia di Como Leonardo Carioni.Per riassumere a sommi capi, il cavillo bu-rocratico che ha suggerito al Segretario Ge-nerale di Como l’ipotesi di illegittimità della concessione assegnata ad APS si basava sul fatto che – come recita l’articolo 134 della legge regionale 31/2008 – una provincia può dare in concessione a un’associazione TRATTI di acque pubbliche. Il dettaglio non è di poco conto, perché l’ipotesi si reggeva proprio sulla differenza quantitativa che sus-siste tra l’assegnazione di “TRATTI” a quella della “TOTALITA’” delle acque provinciali.“Quale Presidente dell’VIII commissione re-gionale - precisa Fermi - mi aveva sorpreso constatare che, a differenza dello scorso anno, l’Amministrazione provinciale di Como avesse ritenuto di non provvedere al rinnovo della concessione. Anche perché - proprio lo scorso mese di ottobre – avevo organizzato presso l’assessorato regionale un incontro

Negli ultimi anni lo scotto che la valle ha dovuto pagare in conseguenza dello sfrutta-mento dei nostri corsi d’acqua a scopo idroe-lettrico è stato altissimo. Lei che impressione si è fatto in merito?Grande e decisivo tema che ci tocca anche in provincia di Como. Ecco questo è un argomento dove l’unione fa la forza e il peso dei numeri degli associati conta moltissimo. Anche i diver-si modi di affrontare questo problema possono confrontarsi per capire la strada migliore. Come già detto la FIPSAS è associazione ambientale riconosciuta dallo Stato.

Nonostante tutto rinnoverà il tesseramento o pensa sia il caso cominciare a guardarsi attorno?Ho detto ai miei figli che quando morirò, un poco delle mie ceneri le devono disperdere nell’Adda. Penso di aver risposto alla sua do-manda!

Luccio catturato davanti a Cernobbio

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A p p r o F o n d i m e n t i

Negli ultimi mesi ho realizzato moni-toraggi protesi allo studio della fauna ittica nelle acque del Piano di Chiaven-na, all’interno del Sito di Interesse Co-

munitario, SIC, n° IT2040041. La conoscenza delle componenti biologiche degli ambienti acquatici, notoriamente indicatori biologici, ha come obiettivo quello di tarare idonee po-litiche gestionali al fine di migliorare lo status delle specie di interesse comunitario e degli ambienti in cui queste vivono. Il Piano di Chiavenna è caratterizzato dalla presenza del Fiume Mera con alcuni suoi tribu-tari montani e di risorgive e canali di drenag-gio, definiti “merette”, che confluiscono nel Pozzo di Riva. Al margine inferiore, e a confine delle province di Como e Sondrio è presente il Lago di Novate da cui fluiscono tutte le acque del piano verso il Lario.Ho scelto di operare queste prime indagini me-

diante lo studio dell’ittiofauna degli ambienti acquatici correnti principali. In particolare si è censita la comunità ittica delle merette e della Mera, in diversi tratti, da valle verso monte caratterizzati o da peculiarità ambientali o da impatti antropici, quali per esempio impianti per le attività zootecniche intensive, soglie, briglie, derivazioni o sbarramenti. Si è operato indagando l’ambiente naturale cogliendone caratteristiche fisico-chimiche e idromorfolo-giche e mediante elettropesca per la cattura e il campionamento della fauna ittica. Ogni pesce è stato riconosciuto per specie e per sesso e si è proceduto a registrare le mi-surazioni del peso in grammi e della lunghezza corporea totale in millimetri; ad alcuni sog-getti è stato anche prelevato un frammento di tessuto, in maniera non cruenta per le future analisi di caratterizzazione genetica di labo-ratorio nonché qualche scaglia per gli studi

Il MERA com’era

UNO stUDIO pRELIMINARE pER RIpORtARE

LA pIANA DI CHIAVENNA A QUELLO CHE ERA UN tEMpO

di pierpaolo gibertoni(f

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Lacustre migratrice(foto Fabiano Massera)

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scalimetrici, cioè protesi all’identificazione dell’età del pesce e dei suoi accrescimenti annui medi.Nel complesso sono state catturate e censite parecchie specie ittiche autoctone quali per-sico reale, luccio, bottatrice, vairone, scazzo-ne, cavedano, barbo, gobione, temolo, trota marmorata nelle forme stanziali e lacustri, trota mediterranea nelle forme stanziali e lacustri. Inoltre sono state censite anche due

specie alloctone, la trota iridea e la trota fario atlantica.Rispetto a temolo, marmorata e mediterranea, specie inserite nelle liste rosse della IUCN, è stato possibile apprezzare aspetti etologici ed ecologici di grande rilievo che pongono però degli importanti interrogativi in merito alle politiche ambientali generali dell’intero territorio del piano di Chiavenna. Da una prima analisi è apparso subito con evidenza che la tutela e la salvaguardia delle specie autoctone e di interesse comunitario come quelle censite e campionate e dell’intero ecosistema del SIC debba obbligatoriamente passare attraverso lo studio delle interazioni tra alcune componenti del territorio, quali per esempio gli impatti sugli ecosistemi generati dalle attività avicole intensive sulla qualità del suolo e delle “merette”, dagli stabilimenti di troticoltura intensiva, in particolare rispetto ai reflui e alle questioni igieniche e sanita-rie, dagli scarichi civili e industriali diffusi e puntiformi, dalle derivazioni idroelettriche presenti nella Mera e in alcuni suoi tributari, dagli effetti di “Idropeaking” e di DMV a valle di opere di presa e di restituzione e dalla ba-nalizzazione/artificializzazione della Mera, che sta di fatto sprofondando nel suo alveo con

Trota marmorata lacustre

Brown maschio

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notevoli problemi legati alla falda del piano.Vi sono poi alcuni impatti dati da attività umane dirette, quali per esempio la fram-mentazione longitudinale del corpo idrico per la presenza di sbarramenti insormontabili, l’artificializzazione di percorso e sponde con particolare riferimento all’esigenza di rifugi per l’ittiofauna onde limitare i danni dalla predazione di avifauna ittiofaga (aironi, cor-morani e gabbiani) e rispetto al mutare dei regimi idrici.Non ultimi sono tutti gli aspetti normativi e gestionali in materia di pratiche di ripopo-lamento e immissione di specie ittiche e di attività alieutiche ricreative e professionali.Inoltre per quanto attiene all’ittiofauna autoc-tona e selvatica è stata rilevata la presenza di popolazioni stanziali e migratrici che uti-

lizzano il fiume per la riproduzione e per lo svezzamento delle forme giovanili e i laghi per le fasi trofiche di accrescimento e matu-razione sessuale. Questi popolamenti ittici sono incredibilmente pregiati e preziosi, sia per le acque del piano di Chiavenna che per il Lario; di primaria importanza è garantire la libera circolazione dei pesci dai laghi di Como e di Novate verso Mera e merette, attraverso opportune regole per le eventuali attività di pesca professionale, per impedire per esempio la posa di reti in prossimità di foci o corridoi biologici principali, oltre che alla sistemazio-ne e riqualificazione della continuità fluviale mediante costruzione o ripristino di passaggi per pesci stabili e funzionali.Il Piano di Chiavenna è davvero da considerarsi una “perla“ incastonata in una cornice am-

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bientale di elevato pregio; una saggia gestione degli aspetti ambientali e faunistici consentirà di ottimizzare al meglio la presenza di pesci “naturali” per i quali l’unico intervento richie-sto è il rispetto delle loro necessità essenziali. Inoltre alcuni tratti di merette particolarmente banalizzati nel loro percorso - come nel caso della n° 5 – meriterebbero di essere valorizzati per la loro naturale attitudine a svolgere il ruolo di “nursery” naturale per lo svezzamento e l’accrescimento di novellame ottenuto dalla riproduzione artificiale delle specie salmonico-le autoctone, magari ottenute da “selvatici” in risalita di marmorata e mediterranea stanziale o lacustre e di temolo.

I nostri volontari al lavoro

Due maschi di iridea (sopra) di lacustre (sotto).

Meretta n. 5

Bresaola della ValtellinaBresaole Del Zoppo srl

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X Xp e s c i e p e s c At o r i

La pesca, si sa, riserva attimi in cui la mente può vagare all’infinito e riflettere sui più svariati aspetti della vita. Quando tutto è fermo, quando i pesci sembrano

proprio non voler farsi vedere ecco che i pen-sieri partono incontrollati. Quella sera lungo l’Adda la mia testa si era arenata nel concetto di “pescare rispettando la Natura”. La conclusione è arrivata rapida … pescare rispettando la Natura non è possibile. Per Natura si intende l’ ecosistema in cui ci troviamo a pescare: nessun fiume, lago o tor-rente gradisce residui di incagli come piom-bo, tungsteno, acciaio, ferro,nylon, gomma e plastica, e nessun pesce trova giovamento

nell’ essere infilzato con un amo e trascinato a forza verso il luogo che più gli è estraneo e dannoso, cioè fuori dall’ acqua. Per non parlare poi del trattamento riservato a camole, vermi e portasassi!Se si amplia il sistema di riferimento si può facilmente riflettere sul fatto che anche la tanto decantata pesca a mosca no kill utilizza materiali come penne, piume, pelo ecc. che derivano perlopiù da animali “yes kill”,cioè uc-cisi, oppure, per ottenere mosche dalle presta-zioni migliori, spiumati vivi (qualcuno mi starà accusando di blasfemia...”Nella nostra famiglia non c’era una chiara linea di demarcazione tra religione e pesca a mosca......”,vangelo

Riflessioni lungo il fiume

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)

secondo Norman Maclean, “In mezzo scorre il fiume”, capitolo 1,versetto 1).Definito, quindi, che nessuno di noi, qualsiasi tecnica adotti, può permettersi di avere una coscienza pulita al 100% relativamente al rispetto della Natura e, in particolar modo, dei pesci che auspichiamo di allamare in ab-bondanza, si può discutere su tecniche di pesca, accorgimenti e comportamenti con i quali potremmo avere un impatto sostenibile sull’ecosistema in cui peschiamo.“Se fosse tutto pesca a mosca no kill ci sareb-bero pesci enormi ovunque!Pensiamo alla no kill di Piateda!!” - tuonerà qualcuno. Sicuramente è vero, nonostante le difficoltà in

cui versa l’Adda tra svasi e conseguente insab-biamento delle buche quella zona conserva in abbondanza pesci meravigliosi.Ma la Pesca, in generale, è un’ altra cosa: così facendo sarebbe l’equivalente del “non-pescare”, poiché si precluderebbe alla maggior parte dei pescatori la possibilità di pescare con la propria tecnica preferita o con quella che giudicano essere la migliore in quel par-ticolare momento. E la bellezza della Pesca risiede proprio in questo fattore.Certo, l’avidità dell’uomo porta allo stesso risultato: prelevare un numero eccessivo di pesci in un determinato luogo compromette la possibilità futura di catture e quindi di pescare.

di marco caslini

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“Basta limitazioni,che l’UPS aumenti le semine, così si che ci saranno pesci per tutti!!” - griderà qualcun altro. Potrebbe essere una soluzione, ma vogliamo fiumi e laghi morti pieni di pesci di dimensione standard introdotti dall’uomo dalla scarsissima attrattività commerciale, oppure vivi e con pesci autoctoni splendidi di cui poterci vantare? Armonizzare la salvaguardia del patrimonio ittico della nostra Valle e la soddisfazione del maggior numero possibile di pescatori non è banale, ma neanche impossibile. Sicuramente serve una grande apertura e rispetto da parte di tutti.La natura umana, per essere appagata, ha bi-

sogno di emozioni, che nella pesca sono fatte di ferrate, sfrizionate e, diciamocelo, qualche volta anche di carnieri pieni di pesci.Siamo in Valtellina, ci sono spot di pesca com-pletamente diversi l’uno dall’altro e pescatori con i più svariati stili di pesca ed esigenze differenti. Abbiamo l’opportunità di soddisfare qualsiasi pescatore in qualunque modo, dal purista no kill all’insacchettatore più accanito, dal pescatore a mosca al fondista stile “piombo e burduloc”, passando per lo spinning. Non c’è chi ha ragione e chi ha torto a prescindere e non c’è assolutamente bisogno di una guerra ideologica.

Come una sveglia la canna si piega violen-temente riportandomi sulla riva umida dell’ Adda: il minnow ha innervosito una fario ab-bondantemente sopra la misura minima, che, dopo una breve lotta, si è mostrata in tutto il suo splendore. Dopo aver sganciato l’amo delicatamente e averla ammirata mentre si riprendeva dallo sforzo del combattimento, è ritornata nelle sue acque, ormai buie al calar del sole.L’ultimo pensiero irrompe mentre chiudo la canna… “Sarebbe interessante poter disporre di una zona come la no kill di Piateda, ma aperta a un maggior numero di tecniche...magari con la possibilità di trattenere qualche

“pesce trofeo”…si esalterebbero davvero le caratteristiche di questo fiume e di tutti i pe-scatori…in realtà non è necessario utilizzare una mosca per poter liberare un pesce senza particolari danni…”.Arrivo alla macchina, tolgo gli stivali e torno a casa. Il giubbino è vuoto, ma la mente ancora piena di pensieri.Riprendendo spunto dal libro di Norman Ma-clean… “Alla fine tutte le cose si fondono in una sola, e un fiume la attraversa”. In questo caso il fiume è l’Adda in Valtellina, non è il Big Blackfoot River nel Montana. E non lo sarà mai.Purtroppo…o per fortuna.

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32 33

Alla redazione di “Pescare in Valtellina”

Vorrei fare alcune considerazioni che, lungi dal voler essere delle

critiche, possono servire come spunto di riflessione. Chi come me

pratica la pesca prevalentemente in piccoli torrentelli di montagna,

avrà notato negli ultimi  4-5 anni una sensibile mutazione della

quantità e della qualità del patrimonio ittico, dovuto a mio modo

di vedere, dall’aver intrapreso il così detto “Progetto Mediterra-

nea”. La semina di novellame di fario del ceppo mediterrano e di una

quantità abnorme di iridee (per quanto ho avuto modo di sentire,

immesse per evitare ibridazioni) ha condotto a situazioni singolari.

Questa è la mia personale esperienza, che sebbene non si fondi su

basi scientifiche, ben rappresenta una sorta di personale censimento

nel frequentare svariati torrenti della Valle: vasti tratti di torrente

sono dominati da iridee di piccola taglia, le fario mediterranee non

si vedono (ancora?) forse sopraffatte dalla voracità competitiva

delle iridee, e la mancata semina di avannotti di quelle splendide

fario atlantiche che eravamo abituati spesso a vedere ha creato un

buco di 5 anni di quella specie che prima dominava. Non so quale

possa essere la “scadenza” per valutare se questo progetto sia più

o meno efficace ma qualche dubbio sulla sua effettiva riuscita, per

lo meno negli habitat dei torrenti di montagna, è ovvio che sorga.

michele salvador

Un progetto di reintroduzione e valoriz-zazione di ittiofauna autoctona è un percorso che si misura sul medio perio-do e che pertanto necessita di periodici

monitoraggi di controllo. Tali monitoraggi si operano mediante i conteggi di ricattura dell’attività piscatoria e da censimenti ittici nelle varie aste fluviali di un dato territorio.La Provincia di Sondrio è vasta e molto varie-gata per caratteristiche di acque e paesaggi attraversati; infatti esistono torrenti con pen-denze elevate e altri più pianeggianti, acque oligominerali, quasi distillate, originate dalla fusione di ghiaccio e neve e altre ricche di mi-nerali e sali disciolti. Inoltre anche gli habitat acquatici differiscono parecchio. Basti pensare ai fiumi grandi collettori di fondovalle, quali Adda e Mera, rispetto ai loro tributari orobici o retici magari oltre i 1500 metri di quota; se a ciò si aggiungono anche le risorgive, le merette

La risposta di pierpaolo gibertoni

e i laghi ecco che il quadro ci appare con tutta la sua complessa armonia.L’attività di monitoraggio di cui riferisco è quella operata con elettropesca all’interno di transetti in vari fiumi e torrenti che ab-biamo svolto in cinque momenti distinti tra febbraio e ottobre 2013. In effetti la pesca elettrica presenta dei limiti, legati per esempio alle portate e alle caratteristiche di acqua e fondali, o al momento del ciclo biologico dei pesci, visto che bisogna evitare di stressare o danneggiare i popolamenti salvatici nelle fasi di riproduzione naturale.Le modalità di campionamento appli-cate rispecchiano le procedure tipiche utilizzate per la realizzazione delle normali Carte Ittiche. Sono state scel-te stazioni di campionamento di una lunghezza mediamente ricompresa tra 60 e 100 metri, significativi dal punto di vista ittiologico e idro-logico e ricadenti in segmenti di torrente omogenei per caratteri-stiche ambientali. Una volta sta-bilita l’ubicazione delle stazioni di

campionamento, le operazioni di recupero e cattura della fauna ittica sono state effettuate attraverso passaggi ripetuti di elettropesca. L’elettropesca è un metodo di cattura rela-tivamente rapido e innocuo per i pesci, che possono così essere rimessi in libertà una volta effettuate le misurazioni necessarie. Tale metodo si basa sull’effetto di elettrotassi positiva che un campo elettrico produce sul pesce. L’efficienza dell’elettropesca è influen-zata da alcuni fattori ambientali, primo fra tutti la conducibilità elettrica dell’acqua: valori troppo bassi (es. in acque di bacini cristallini, con pochi sali disciolti) fanno sì che l’ac-qua non conduca adeguatamente la corrente elettrica, mentre valori troppo alti (es. acque calcaree, termali o salmastre) danno luogo a una dispersione eccessiva di corrente. Un altro fattore che condiziona la pesca elettrica è la natura del substrato di fondo: maggiore è la sua conducibilità, come nel caso di fondali fangosi, più il campo elettrico si disperde,

Il TORO per le CORNArisultandone una minore efficienza di cattura; fondali rocciosi, poco conduttivi, sono invece ottimali. Importante è anche la profondità dell’acqua, al crescere della quale diminuiscono le possibilità di cattura, sia per una maggiore dispersione di corrente aumentando la distanza tra gli elettrodi, sia per le difficoltà operative che insorgono in tali condizioni.Dopo aver catturato i pesci con strumento di elettropesca spallabile alimentato da motore a scoppio si è proceduto per ciascuno a misu-rarne la lunghezza totale (LT) in mm attraverso un ittiometro con precisione ± 5 mm, il peso in grammi mediante una bilancia di precisione tarata ± 1 gr, e successivamente si è passa-ti all’identificazione fenotipica della specie di appartenenza in base alle caratteristiche morfologiche, sessuali e di livrea; dopodiché tutti gli esemplari sono stati rilasciati nei siti di cattura.I dati raccolti hanno permesso così di elaborare le strutture di popolazione e i grafici a “torta” delle composizioni delle varie comunità ittiche di ogni transetto. Rilevando poi la superficie di campionamento è stato possibile calcolare per ogni stazione la densità di popolazione. Per ogni stazione di campionamento sono stati

rilevati parametri chimico – fisici (temperatura dell’acqua, ossigeno disciolto, ecc.) per mezzo dell’utilizzo di un ossimetro digitale. Attraverso l’osservazione sul campo sono stati rilevati parametri geomorfologici dell’alveo fluviale come l’assetto strutturale del corso, l’assetto idrodinamico e idromorfologico insieme a pa-rametri di qualità dell’acqua. Durante le operazioni di campionamento alcuni pesci che presentavano fenotipi ricorrenti o particolari, sono stati analizzati e fotografati con macchina digitale. Questo per il confronto

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fenotipico con i soggetti campionati e studiati nel territorio nazionale realizzato in altri studi e caratterizzati geneticamente, i quali sono utilizzati come unità di comparazione e di riferimento per ascrivere con una maggiore precisione la specie o la linea genetica di appartenenza dei pesci catturati nel corso dei lavori di campo e per successive e future consultazioni.Innanzitutto l’obiettivo di UPS nella realizza-zione dei monitoraggi è verificare la presenza di buone densità di trote al fine, da una parte di asseverare la qualità delle riqualificazioni fluviali in corso, e dall’altra di garantire la pe-scosità nelle acque di competenza a favore del mondo alieutico. Infatti nel corso degli ultimi mesi ricorrenti sono i quesiti che mi vengono posti sia nelle varie assemblee sul territorio che attraverso i nuovi metodi di divulgazione e condivisione, quali per esempio i social net-work e i forum sul web, che si possono così sintetizzare:• Come stanno attecchendo le mediterranee?• I primi esemplari sessualmente maturi si

sono riprodotti?• Esiste una diversità di accrescimento e di

adattamento tra atlantiche e mediterranee?• Qual è lo stato dei popolamenti dei vari

tributari rispetto ad Adda e Mera? • I periodi e le taglie di semina sono da con-

siderarsi ottimali?• Come colmare le eventuali lacune ed ottimiz-

zare la gestione?Per rispondere a tali quesiti riporto qui di se-guito i grafici dei risultati finali di alcuni fiumi e torrenti censiti che hanno fatto emergere un quadro decisamente interessante rispetto al buon esito del progetto mediterranea:Per seguire l’ordine dei quesiti di cui sopra, alla luce dei risultati ottenuti con i campionamenti ittici e con le successive elaborazioni, si può affermare:• Nella quasi totalità delle acque investigate

la popolazione di mediterranea sta sosti-tuendo quella di atlantica con varie classi di età ben strutturate e con morfologie e fenotipi di riferimento, seppur già in corso di differenziazione di livrea talvolta molto marcato (cosa del tutto naturale considerati gli adattamenti ambientali e trofici nonché le diverse linee di provenienza fenotipica uti-lizzate appositamente per la reintroduzione).

• Tra i torrenti censiti l’unico che ha dato esito negativo è stato il Bocco, a valle di Vendolo, in cui però il tratto scelto per i campiona-

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buon stato, tant’è che è stato avviato un programma di valorizzazione e riproduzione di contingenti selvatici del Mallero e di ri-popolamento dell’Adda e del Mera.

• Indagini recenti dimostrano che i pesci in Adda stanno ritornando, sia mediterranee che temoli, ma con tempi di ripresa differenti a seconda del tratto considerato; in alcuni tratti la popolazione è addirittura sovraden-sitaria e in altri più rarefatta; pertanto è in fase di elaborazione un’azione di indagine sulle reali caratteristiche idromorfologiche dell’Adda e del Mera per meglio compren-dere le criticità e la manifestazione delle stesse di fronte a “problemi” rappresentati da svasi e piene naturali, poiché pare che i pesci di fatto si spostino con grande facilità macinando chilometri per stazionare in tratti più torrentizi e caratterizzati da una minore possibilità di decantazione dei solidi sospesi; in altre parole i pesci vanno dove i substrati rimangono più puliti e produttivi sia a fini trofici che riproduttivi.

In merito ai periodi ed alle taglie ottimali

da ripopolamento, sull’ipotesi da più parti suggerita di rimodulare i periodi e le taglie delle 0+ da semina, ritengo si debbano prima raccogliere ulteriori dati da altri censimenti da

menti non presentava caratteri di naturalità ed il popolamento di atlantiche era costituito da 12 esemplari in 60 metri lineari; questo torrente dovrà essere campionato nuovamen-te sia in un tratto superiore che in un tratto inferiore prossimo alla foce.

• Si può affermare che è avvenuta già la prima riproduzione spontanea, in quanto sono state catturate trotelle mediterranee 0+ di frega nel Valfontana, nel Boalzo, nel Liro, nello Scalcoggia e nel Belviso.

• Gli accrescimenti medi misurati inducono a pensare che nella più parte delle acque il popolamento salmonicolo mediterraneo sarà oggetto di prelievo alieutico soprattutto a partire dalla corrente stagione di pesca 2014, avendo consentito così la riproduzione natu-rale nell’inverno appena trascorso;

• Considerate le taglie delle atlantiche residuali è molto probabile che nella corrente stagione di pesca siano queste ad essere catturate con maggior frequenza, accelerando così il tempo di sostituzione.

• Risulta una differenza di accrescimento tra mediterranee ed atlantiche come evidenziato dal rapporto peso/lunghezza sia in curva di distribuzione che in trasformazione lineare. Ciò che ci dice questo grafico è molto impor-tante; in effetti le mediterranee al di sotto dei 20 cm sono più “snelle” delle atlantiche, ma oltre tale dimensione il rendimento e la performance di accrescimento è migliore nelle mediterranee, sinonimo ecologico di ottimo adattamento.

• In Adda l’attecchimento è stato ottimale sino al giugno del 2012, in cui avevamo esemplari che già arrivavano a 25-27 cm, e apparen-temente ben distribuiti; poi nel corso dei trimestri successivi è avvenuto un drastico calo della pescosità, non solo delle medi-terranee ma pure di atlantiche e di temoli; poiché tale condizione ha riguardato tutte le specie ittiche presenti si può di buon grado affermare che il corso d’acqua ha subito profonde e impattanti modificazioni delle sue capacità biogeniche portanti, tali da indurre una drastica diminuzione dei popolamenti ittici in esso presenti. Tali modificazioni è palese possano essere ascritte al lungo e pesante periodi di svasi, tra cui quello di Cancano, oltre che agli eventi naturali di sfasciume glaciali avvenuti nel corso dei mesi di agosto e di settembre 2012.

• Per contro, dalle vicissitudini di svasi e sfa-sciume glaciale la marmorata pare essere in

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allargare a tutto il territorio della Valchiavenna e della Valtellina. Giusto per una questione sperimentale si è operato già nel corso della scorsa annata posticipando - solo per qualche torrente con acque da fusione glaciale e per l’Adda - la semina delle 0+ alla fine dell’estate e a una dimensione maggiore (7-9 cm). Va però ricordato che più un pesce rimane all’interno di una struttura protetta e custodi-ta, come le vasche di allevamento, più perderà la rusticità a favore della domesticità e potrà più facilmente incorrere nelle classiche lesio-ni e mutilazioni da vasca, quali per esempio pinne sfrangiate, mozzate o corrose. Per non incorrere in questi problemi il novellame do-vrebbe uscire dal centro ittiogenico con una taglia non superiore ai 3-4 cm, dimensione per contro molto vulnerabile ad acque di svaso o di sfasciume glaciale.In tal senso è plausibile e consigliabile utiliz-zare per l’accrescimento del novellame sino a taglie maggiori alcuni tratti particolari di corpi idrici come risorgive e merette oltre ai tratti terminali dei tributari come nursery naturali di dispersione e irradiamento del novellame

stesso verso l’Adda e il Mera. Stessa logica è applicabile pure ai temolotti prodotti presso il nostro centro.Per quanto riguarda la Mera si è evidenziata la presenza di temoli, di trote lacustri e marmo-rate di grandi dimensioni, sia di atlantiche, di mediterranee e di iridee; ciò che appare evidente è che il reticolo idrografico del Piano di Chiavenna è fortemente legato alle migra-zioni trofiche e riproduttive da e per il lago di Novate, il pozzo di Riva e il Lario. Ogni azione gestionale deve obbligatoriamente tenere in considerazione che la priorità assoluta è la connessione longitudinale del fiume, cioè la possibilità per un pesce di spostarsi senza ostacoli insormontabili in un ambiente che necessita di interventi urgenti di riqualifica-zione fluviale.Personalmente ritengo che lo scenario che si è delineato a seguito della raccolta dei dati qui parzialmente esposti, ha evidenziato nel complesso risultati soddisfacenti ma ha anche messo in luce la necessità di operare altre azio-ni correttive e probabilmente di rivedere nel complesso alcune strategie gestionali generali.

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t e c n i c h e d i p e s c A

di michele salvador

Durante la stagione invernale, quando le distese di neve immacolata ricoprono i pendii delle splendide montagne Valtellinesi non c’è niente di più bello che mettere gli sci ai piedi, risalire i sentieri verso le cime e scendere sulla

soffice coltre bianca delle vallate incontaminate. I ruscelli alpini e i laghetti di alta montagna si riposano sotto gli strati di ghiaccio che permettono al manto nevoso di accumularsi e di nasconderli..tutto sembra addormentato, ma noi pescatori sappiamo che quella coltre bianca protegge dal gelo la vita...là sotto ci sono fantastiche trote ad attenderci! Poi l’inverno lascia spazio alla primavera, la natura si risveglia, i ghiacci e le nevi si sciolgono e le acque portano con sè il nutri-mento vitale per le magre e assopite trote di montagna che pian piano, ancora scurissime, escono dalle loro tane e si apprestano a cacciare nelle dismonte e nei correntini dei ruscelli...è il momento propizio per andare a insidiarle, la passione dello sci lascia spazio alla passione della pesca.È proprio il fascino della montagna che dona alla pesca praticata in questi ambienti un sapore particolare, unico, indescrivibile e credo inimmaginabile per chi già non lo conosce; sono convinto che esercitare la pesca in questi bellissimi contesti, ricchi di pa-norami mozzafiato e avvolti da assordante silenzio crei una sorta di dipendenza: una volta che si comincia non si può più smettere, è un incantesimo inspiegabile. Il tipo di pesca che prediligo è quello che si definisce al “tocco” e come avrete intuito lo pratico prevalentemente nei torrentelli in quota; segnafilo, terminale con girella, un paio di olivette da montagna, amo, il tutto su un monofilo 0,14-0,16mm, perchè nelle acque cristalline dove le prede sono sospettose e scaltre anche l’invisibilità della lenza è molto importante.Un altro fattore determinante per la buona riuscita dell’azione di pesca è la capacità di saper leggere il torrente e individuare i pos-sibili punti dove staziona la trota: pesca al tocco vuol dire ricerca, il pescatore deve avere l’abilità di portare l’esca direttamente nella tana della trota. In questo senso la conoscenza dettagliata del luogo di pesca gioca un ruolo molto importante; ogni pescatore ha i suoi posti prediletti, quelli che frequenta più di altri, là dove conosce il corso d’acqua come le proprie tasche, pozza per pozza, sasso per sasso.

LA pESCA IN MONTAgNA,che passione!

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Per quel che mi riguarda considero le trote che popolano i torrenti di alta montagna come prede “esclusive”, sia perchè esclusivi sono i luoghi che abitano (a volte è necessaria una lunga e faticosa camminata per raggiungerli), sia perchè esse stesse sono caratterizzate da un comportamento sensibilmente diverso dal “pesce di semina”; sono schive, sospettose, diffidenti e territoriali. Queste caratteristiche fanno sì che anche l’av-vicinamento alla pozza rivesta una grande importanza nell’azione di pesca: un movimento troppo brusco o un’ombra che si adagia sulle acque limpide e quella preda che ci appresta-vamo a insidiare sparisce nella propria tana per ore, senza la minima intenzione di abboccare alla nostra lenza. In questo senso assume una certa importanza anche la lunghezza della canna, di norma una teleregolabile da pochi mt fino ad 8-10mt, che ci permetterà di risalire il torrente mantenendo sempre un’adeguata distanza dal punto di pesca; viceversa po-terla chiudere sino a 2-3 mt ci permetterà di affrontare anche zone “infrascate” dove la vegetazione complica l’azione di pesca.Su questo tipo di trote selvatiche anche l’esca ha la sua importanza per la buona riuscita dell’azione di pesca (seppur, a mio parere, minore rispetto ad altri fattori quali il non farsi scorgere, individuare i giusti punti e saper pescare “leggeri”). Tipicamente si possono usare i soliti lombrichi o le camole del miele, ma esche più ricercate come grilli, cavallette, portasass, verdine, raspe, sono certamente più attraenti perchè costituiscono la consueta alimentazione delle trote..Poi arriva il momento magico dell’abboccata, a volte con tocche secche e forti, altre vol-te con una rapida corsa verso la corrente, a volte con colpetti rapidi e leggeri, altre volte con trattenute talmente vigorose che fanno dubitare di aver incagliato..ogni mangiata è diversa dall’altra, non importa quale sia la sua natura, procura sempre sensazioni uniche! Ti-picamente sono solito “ferrare” in maniera ab-bastanza secca e repentina per evitare l’ingoio (eventualità che si riduce viste le dimensioni dell’amo - con il lombrico solitamente uso un grosso amo del 4). Personalmente nutro dei dubbi norma che vie-ta l’uso dell’ardiglione, ritenendo che la stessa non porti grosso giovamento al pesce che deve essere rilasciato. Per evitare di essere frain-teso per questa personale opinione cercherò di spiegare meglio come vedo il concetto: se si pesca con ami grossi e si ferra rapidamente

è molto difficile che il pesce ingoi e di con-seguenza quasi sempre può essere rilasciato senza difficoltà adottando le debite precau-zioni; viceversa se si pesca con ami piccoli oppure si lascia mangiare molto il pesce prima di ferrare nulla cambia, che vi sia ardiglione o meno sull’amo poichè esso - una volta ingoiato - dovrà essere lasciato inevitabilmente nella bocca del pesce tagliando rapidamente il filo. Non scrivo questo per sollevare una sterile polemica ma vorrei solo presentare quella che è la mia opinione an-che per confrontarmi con voi che leggete. Sostanzialmente cre-do che altre misure, come ad esempio opere di capillare informazione e di divulgazione sulle corrette modalità per affrontare il rilascio - bagnarsi le mani ed evitare ripetute e prolungate mani-polazioni del pesce o evitare di forzare l’estrazione dell’amo quando questa sia palesemente difficile da eseguire - salve-rebbero molti più pe-sci che la presenza o meno dell’ardiglione sull’amo.A prescindere da que-ste ultime riflessioni credo che ben si leg-ga in quanto scritto quello che la pesca in montagna può dare a quegli appassionati che non si lasciano intimorire dalle ore di cammino, dal fred-do gelido delle albe primaverili, dalle tante sudate “con cappotto”.. la pesca in montagna sa ispirare ed emozionare anche soltanto gra-zie ai luoghi incontaminati e stupendi che si frequentano, al senso di libertà che si vive e alla pace interiore che si prova quando, in solitudine, si ascolta in silenzio il mormorare dell’acqua che scorre verso valle..e soprattutto quando tutto questo è coronato da catture esclusive con livree spettacolari.. Che passione la pesca in montagna!

(foto Valter Bianchini)

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I laghI dI Campagnedain Valmalenco

u p s c o n s i g l i A

Il primo lago di Campagneda

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Nel periodo estivo tanti nostri associati ci chiedono spesso di essere consigliati su itinerari di pesca nei laghi alpini naturali o in torrenti situati a pochi chilometri da Sondrio. Senza alcun dubbio i laghi di Campagneda sono tra i più suggestivi da proporre. Ubicati in un ambiente naturale di assoluta bellezza e facili da raggiungere, sono incastonati ai piedi del Pizzo Scalino, vetta maestosa a forma di piramide che domina con i suoi 3.323 m. s.l.m. l’alta Valmalenco e che rappresenta uno dei simboli più celebri delle montagne di questa valle per le ascensioni estive e per lo scialpinismo nei mesi invernali e primaverili. Alla base della montagna è situato il vasto e dolce altopiano prativo di Campagneda, compreso tra i 2.000 mt. e i 2.300 mt. di origine glaciale. Da qui salendo in direzione est verso l’omonimo passo si incontrano in successione i quattro laghetti naturali oggetto del nostro itinerario.

Come arrivareDa Sondrio si prende la strada provinciale in direzione di Chiesa Valmalenco. Arrivati alla rotonda in località Vassalini(prima della sta-zione di partenza della funivia per il Palù) si gira a destra per Lanzada e proseguendo su una comoda carrozzabile intervallata da tornanti e gallerie si giunge a Campo Franscia. Dopo l’ampio parcheggio si prosegue sulla strada per Campo Moro (circa sei chilometri) e dopo avere superato due gallerie si incontra a destra l’ampia deviazione per Campagneda. La strada è asfaltata per qualche centinaio di metri e vi è ampio spazio ai margini per parcheggiare prima del cartello che ne vieta la prosecuzione ai non autorizzati. Parcheggiata l’auto, si sale a piedi lungo se-guendo la strada o il sentiero che si inoltra in un bosco di larici fino all’alpe Campascio di Caspoggio (m.2068), da dove inizia ad aprirsi il magnifico anfiteatro di Campagneda con alla destra l’imponente mole del pizzo Scalino. Attraversato un gruppo di baite si continua fino in prossimità di una stalla (ben visibile) a monte del rifugio Cà Runcasch e poi ci si incammina lungo la traccia appena visibile del sentiero attraverso i prati fino a prendere il sentiero n. 7 dell’”Alta Via” della Valmalenco ben marcato con le bandierine segnapercorso. Lungo questo tratto di sentiero sulla nostra destra si può ammirare la torbiera nella conca lacustre interrata dell’altopiano, una delle zone umide più interessanti della Valmalenco che ospita alcune specie non comuni di flora di alta montagna. Tutta l’area di Campagneda è di particolare interesse naturalistico e pae-saggistico e ricade negli ambiti di rete Natura 2000 per la conservazione degli elementi di pregio di cui è caratterizzata.

il primo lagoDopo questo falsopiano il sentiero inizia a sa-lire dolcemente, sempre in mezzo alla prateria, fino ad incontrare il primo lago di Campagneda (2276 m.), il “lach di pes”, come lo chiamano i locali.E’ adagiato in un ampio pianoro, di forma rettangolare, circondato da prati con le rive che degradano dolcemente con una profondità massima di m.3,50 nella parte più a nord. Il corso d’acqua immissario assicura un gradiente idrico, in particolare nei mesi estivi durante la presenza del un numero consistente di bovini che utilizzano il lago per l’abbeveraggio, suf-

1º Lago Campagneda m. 2276 (lach di pes)Località di partenza: Campo Moro mt. 2.000 - in prossimità bivio per CampagnedaDislivello: m. 276Salita complessiva: 60 minutiCaratteristiche: naturale - rettangolare - Superficie: 2 ha (circa) Profondità max. 3,50 m. -Rive: prateria alpina - Specie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea - Sanguinerola Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n.1000 - Iridea n.500 (dato 2013) .Tecniche di pesca: con coda di topo e moschera.

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2º Lago Campagneda m. 2275Dislivello: m. 275Salita complessiva: 60 minutiCaratteristiche: naturale - circolare - Superficie: 1 ha (circa) Profondità max. 5,60 m. -Rive: prateria alpina - rocce - sfasciumeSpecie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea - Sanguinerola Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n..500 - Iridea n.100 (dato 2013) .Tecniche di pesca: tutte.

ficiente a garantire una buona ossigenazione alle acque. In questo corso d’acqua e sullo scarico del lago, con le dovute cautele, in par-ticolare verso il tramonto, è possibile scorgere numerose trotelle e sanguinerole (bamali) che risalgono e scendono lungo questi due ruscel-li. La situazione morfologica di contorno del lago e la presenza per almeno due mesi del bestiame favoriscono lo sviluppo degli insetti rendendo il lago particolarmente idoneo per la pesca a mosca. Per questi motivi, a partire dal-la stagione in corso, si è deciso di consentire l’esercizio della pesca esclusivamente a mosca artificiale (con coda di topo o moschera) senza l’obbligo di permesso aggiuntivo con limite di cattura come da regolamento generale La popolazione ittica è costituita da trote fario, iridea e sanguinerole.

Il secondo lago Sul lato nord è situato il secondo lago di Campagneda a quota di 2275 m. facilmente

testo di giorgio lanzi

foto diValter Bianchini

Il terzo lago di Campagneda

raggiungibile dopo circa dieci minuti di marcia dal primo lago dopo avere risalito e ridisceso il versante nord dell’altopiano.Adagiato in una profonda depressione gla-ciale di forma circolare ad imbuto alimen-tato da un ruscello temporaneo che nel prosieguo della stagione scompare e di conseguenza a causa della permeabilità del fondo del lago il livello dello stesso si abbassa sensibilmente. La profondità

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massima è di 5,60 m. La popolazione ittica è composta di trote fario, iridea e sanguinerole.

il terzo lagoSi riprende il sentiero principale, si può salire anche direttamente da questo ultimo lago percorrendo un tratturo lungo la prateria. Dopo una breve salita, circondati dalle marmotte che fanno capolino dalle loro tane al nostro

incedere, si raggiunge il lago Nero di Campag-neda (2350 m.) decisamente più grande e pro-fondo. Il lago è circondando per buona parte da prateria e sul lato apposto lascia il posto a un importante sfasciume proveniente dalle sovrastanti cime con massi ciclopici immersi completamente nello specchio d’acqua e altri che affiorano in parte. Il lago è di forma irregolare con le rive facil-mente raggiungibili per i tre quarti, la restante parte è impervia a strapiombo, alimentato da un ruscello che nel corso della stagione verso l’autunno asciuga.La profondità massima misurata è di m. 9,40 con un fondo melmoso, sabbioso verso lo sca-rico. La popolazione ittica è composta da trote fario, iridea, salmerini alpini che si riproduco-

no naturalmente e sanguinerole. Questo lago si presta ad ogni tipologia di pesca.Nelle belle e lunghe giornate di luglio, se non si è troppo stanchi, non si può fare a meno di proseguire sul sentiero dell’Alta Via per rag-giungere dopo una mezzora di cammino anche il quarto e ultimo lago situato in prossimità del passo di Campagneda a quota di m.2500.

il quarto lagoQuesto splendido lago, a detta dei pescatori, è il più pescoso di tutti i laghi della zona forse perché è scarsamente “battuto” a causa del tempo che serve per raggiungerlo e per l’impegno fisico che richiede.Si tratta di un lago oligotrofico di forma co-

3º Lago Nero di Campagneda m. 2350Località di partenza: Campo Moro mt. 2.000 - in prossimità bivio per CampagnedaDislivello: m. 350 Salita complessiva: 70 minutiCaratteristiche: naturale - asimmetrico Superficie: 2,5 ha (circa) Profondità max. 9,40 m. -Rive: prateria alpina - rocceSpecie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea - Salmerino alpino -Sanguinerola Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n.1000 - Iridea n.200 (dato 2013) Tecniche di pesca: tutte

nica asimmetrica, circondato per la maggior parte da pietraie, le rive sono accessibili da ogni lato, la profondità massima misurata di mt. 6,20 vicino allo scarico, l’alimentazione è legata a piccoli immissari stagionali. La po-polazione ittica è ben strutturata, costituita, da trote fario e iridea, è presente anche una discreta quantità di sanguinerole. Sono con-sigliate tutte le tecniche di pesca. I ripopolamenti vengono effettuati per i primi tre laghi con le brentine portate a spalla dal personale, mentre per l’ultimo lago si utilizza

Il quarto lago di Campagneda

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4° lago di Campagneda m. 2500Località di partenza: Campo Moro mt. 2.000 - in prossimità bivio per CampagnedaDislivello: m.500 Salita complessiva: 120 minutiCaratteristiche: naturale - ovaloide Superficie: 2,5 ha (circa) Profondità max. 6,20 m. -Rive: - rocce - sfasciumeSpecie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea - -Sanguinerola Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n.600 - Iridea n.750 (dato 2013) - semina effettuata con elicottero.Tecniche di pesca: tutte.

l’elicottero come per la maggiore parte dei laghi naturali della provincia.Quando un pescatore arriva fin quassù non può fare a meno di andare a godersi il panorama al Passo di Campagneda che separa l’Italia con la Svizzera. Si riprende il sentiero dell’Alta Via, la salita si fa più ripida e superata una breve ferrata e una pietraia si arriva finalmente al passo (2615 m).Ogni fatica è ricompensata dalla fantastica vista che si ha a nord sul gruppo del Bernina a sud/est sul vasto ghiacciaio del Pizzo Scalino che, le cui acque di fusione scendono verso la valle Poschiavina, ad ovest la vista sconfina nei sottostanti laghetti e nel vasto pianoro di Campagneda e sul Disgrazia.

Con i traumi infantili ci abbiamo fatto i conti tutti. A qualcuno è morto il cane, a qualcun altro il gatto. Ai più sfortunati i nonni. Quelli davve-

ro disgraziati perdono i genitori, come è successo a mio papà che il suo gliel’hanno ammazzato per sbaglio il giorno di Natale del 1946. E ti tocca capire al volo che, di tutte quelle storie dei crediti e dei debiti, non te ne fai proprio niente; perché il tuo conto l’hai già pagato prima di sederti a tavola. Con un tasso da usura. E una cosa così te la porti dentro per sempre anche se eri ancora piccolo. Ci sono poi quei traumi che non sono legati a una perdita ma qualcosa che hai visto o sentito.Come quella mia compagna di classe che a 8 anni non si spiegava perché a volte, la sera tardi, sentiva girare la chiave della camera dei suoi genitori. A 16 il perché l’aveva ca-pito da un pezzo e un po’ faceva fatica ad accettarlo. Adesso che è mamma anche lei, ci ride su e mi racconta che la chiave nella toppa non ce l’ha, ma ha studiato una serie di combinazioni fatte di porte socchiuse e giochi distribuiti sul pavimento, che se i bambini si alzano te ne accorgi per tempo.Al netto di criceti e pesci rossi - che da quelli ci passano tutti ma ti accorgi presto che non sono “animali da compagnia” come gli altri – il mio trauma infantile è legato sicuramente agli extraterrestri.E si che le cose erano cominciate pure bene, con la maestra che ci aveva portati al ci-nema a vedere E.T., e il giorno dopo tutti a comprare quel pupazzetto che sembrava un vecchio ma con il collo che si allungava.Tutto bene fino a quando a Canale 5 non venne in mente di importare quella strama-ledetta serie televisiva che ha sconvolto il mio rapporto con l’ultraterreno: i Visitors. Era il 1986.Mia mamma l’aveva pure capito che tirava una brutta aria, ma i nonni li freghi più facilmente e quello che vidi quella sera me lo ricordo ancora. Era la puntata dove una tizia che aveva avuto una storia con un alieno partorisce; ma mica esce un bambino normale. Prima una specie di sgorbio con la lingua di serpente e poi - con la madre collassata, i medici più bianchi di lei e il prete che si fa il segno della croce – da sotto i teli spunta un mostriciattolo verde,

V almalencola serie finisce e in sovraimpressione esce la scritta “continua”.Beh, io con quel “continua” ci faccio i conti ancora adesso, ecco perché questa storia del lago “solo mosca” istituito a Campagneda non so bene come prenderla.Si perché me l’hanno detto che il posto è meravi-glioso, il lago pieno di pesci seminati da avannotti e il Pizzo Scalino è una cornice che non è proprio la zona industriale di Morbegno, ma il problema è che in Valmalenco ci sono gli UFO!E allora se il pezzo devo scriverlo io, non mi va certo di parlare di come si pesca a mosca sui laghi alpini, della mattina presto e del tardo pomeriggio che sono i momenti migliori per trovare i pesci fuori a bollare e delle mosche giuste. Tanto poi ci provano in tanti a scrivere qualcosa di diverso, ma lo sapete meglio di me che, se pescate su pesci selvatici, bisogna tirargli quando non sono disturbati; che se rifiutano si allunga il finale e si scende di diametro. E se usate qualche imitazione nera che richiami le mosche attirate dal letame al pascolo più altri terrestrial (per capirsi cose tipo formiche, cavallette o maggiolini) è difficile sbagliare.Gli extraterrestri che vengono a trovarci è una cosa che non me la sono mai saputa spiegare. E’ una di quelle questioni che ogni tanto si riaf-facciano ma poi riesco a cacciarle di nuovo in un angolo.Di solito. Perché mai come ora quel “continua” che chiudeva la serie di Visitors riesce a tormentarmi.E anche stavolta, oggi come allora, a metterci lo zampino è Mediaset.Fino a questa estate l’alta Valmalenco godeva di un primato già di per sé rispettabile. Era il luogo che nel 2013 aveva totalizzato il maggior numero di avvistamenti sospetti. Segnali luminosi nel cielo che vanno e vengono, dischi di fuoco che si piazzano per un tot fermi nel cielo e poi spariscono all’improvviso. Il tutto inserito in una tradizione di pastori e vecchi del posto che da decenni ri-feriscono di aver visto più o meno le stesse cose.Se ci vuoi credere ci credi. Ma se hai bisogno di non crederci, trovi mille giustificazioni per non farti tirare dentro.Il vino buono, la polenta taragna. I funghi che magari ne hai mangiati troppi o hai sbagliato a

raccoglierli. O magari tutte e tre queste cose in-sieme, impastate in un cocktail allucinogeno che ti fa viaggiare con la fantasia. Fino ad arrivare al Grande Complotto Interessato, ipotesi per la quale un gruppo di cittadini del posto ci goda ad alimentare le voci per attirare turisti beoti.Questo fino al 9 agosto dello scorso anno, quando un team di “studiosi” – e le virgolette ce le metto perché ormai mi aggrappo a tutto – che si chiama Iperlab si apposta all’alpe Prabello con strumenta-zioni varie alla ricerca di segnali sospetti per conto della trasmissione di Italia 1 Mistero.Già quello che rintracciano “ufficialmente” – coset-tine da niente, tipo un’ora di micro-vibrazioni tipo la trasmissione dati dei nostri fax o il passaggio di una figura antropomorfa alta un paio di metri almeno che saltellava e correva qua e là come una scheggia – basterebbe per farci una serie televisiva intera; ma il meglio deve ancora venire. E te lo raccontano a microfoni spenti personalità autorevolissime presenti sul posto. Roba grossa. Roba sequestrata; da segreto militare.E’ a questo punto che io mi rendo irrimediabilmen-te conto di essere finito. Io da questa cosa non ne vengo fuori. Punto.Il problema non è tanto se sia vero o no. La do-manda più inquietante è “ammesso che fosse vero, cosa ci vengono a fare?” In altre parole, se davvero venissero da una società superiore, che cos’avranno mai da imparare da dei disgraziati come noi? Staranno finendo l’acqua? Ce la siamo giocata tutta anche noi. Cercheranno forme alternative di energia pulita? Peggio che andar di notte.Ci prendono in giro? Può essere. O forse vorran-no trovare soltanto un bel posto dove pescare a mosca?CONTINUA… (M. C.)

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Da dove si lascia la macchina al primo lago di Campa-gneda c’è una piacevole passeggiata piuttosto dolce che dura meno di un’ora. Se qualcuno decidesse di ammortizzare la fatica e passare la notte in quota,

i rifugi in zona sono due: il Ca’ Runcasch, raggiungibile in una quarantina di minuti (e quindi a 20 minuti circa dal lago) e il rifugio Cristina, che si trova proprio ai piedi della piramide del Pizzo Scalino, a un’ora e mezza dal posteggio e a mezz’ora circa dal lago Muffolee e da quello di Campagneda. Per i servizi che offrono, le strutture si presentano come ideali basi d’appoggio per pescatori, escursionisti e le loro famiglie. E’ possibile cimentarsi in camminate molto diversificate, che vanno dalle meno impegnative – come quella che porta al lago o alle sorgenti che sgorgano dal Pizzo Scalino – a

percorsi per specialisti.Il luogo si presta anche a ospitare

famiglie e bambini, che

Mangiare e dormire in alpeggio

u p s c o n s i g l i A

Per informazioni:consorZio turistico

del mAndAmento di sondrio

sondrioVia Tonale, 13 - 23100 Sondrio

tel. +39 0342/[email protected]

chiesA VAlmAlencoLocalità Vassalini23023 Chiesa V.co

tel. +39 0342/451150

Raggiungibile in auto, è partenza obbligata per ogni cam-minata verso il Pizzo Scalino e base ideale per la pesca nei bacini di Campo Moro e Campo Gera.Prende il nome dalle falesie dello Zoia, splendido teatro naturale per le arrampicate all’ombra del Bernina. Stiamo parlando di un percorso decisamente impegnativo, desti-nato a climbers esperti.Se invece voleste iniziare i più piccoli all’arrampicata, nel periodo estivo il rifugio attrezza una parete di roccia per ragazzini. L’attività viene svolta sotto la supervisione di una guida alpina professionista e va concordata preventi-vamente con i titolari del rifugio.Per quanto riguarda la cucina, come per gli altri locali il menù ricalca i piatti della tradizione valtellinese. Sovrappo-nibile anche il range di prezzi.I prezzi del pernottamen-to vanno dai 45 ai 55 euro, e anche qui i

pescatori godono di uno sconto del 10% sulla mezza pen-sione con un soggiorno minimo di due notti.Per ottimizzare l’offerta turistica, l’Unione Pesca e il Con-sorzio turistico Sondrio e Valmalenco si stanno organizzan-do per dare la possibilità di rilasciare i permessi di pesca alle strutture ricettive del territorio.

possono giocare nelle zone umide adiacenti la piana di Campagneda, divertirsi a osservare le marmotte che abi-tano i prati intorno ai rifugi, assistere alla mungitura delle mucche o – previo accordi con i casari – alla lavorazione del formaggio d’alpeggio.Nella cucina del Ca’ Runcasch sono serviti i grandi classici della tradizione montana valtellinese, dai pizzoccheri alla polenta taragna, dai salmì di cervo agli stufati o alle grigliate. Richiestissimo d’estate lo yougurt dell’alpe ac-compagnato con i frutti di bosco.Torta fatta in casa, pizzoccheri, brasato e polenta taragna al rifugio Cristina.Per entrambi i locali, il costo medio dei pasti si aggira tra i 15 e i 25 euro, la mezza pensione a Ca’ Runcasch va dai 48 euro per le camere da 3-4 posti ai 55 per la camera doppia (prezzi che possono essere soggetti a variazioni). 38 euro al rifugio CristinaPer incentivare il pernottamento in loco i gestori hanno pensato a proporre offerte promozionali per i pescatori.Sconto del 50% per un soggiorno di due notti a Ca’ Run-casch. Promozioni ancora da stabilire al rifugio Cristina. Se invece preferiste soggiornare più a valle, all’altezza di

Campo Moro c’è il rifugio Zoia.

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Rifugio Ca’ Runcascha mt. 2170, ai piedi del Pizzo Scalino - in loc. alpe campagneda - 23020 lanzada (So) giancarlo Sertore tel. 347 980.4889 e-mail: [email protected] - www.caruncasch.it

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54 INFO

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Consorzio TuristicoSondrio e Valmalencotel. 0342 451150fax 0342 [email protected]

i nuovi percorsidella PESCA

Proposte speciali per i soci dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio

Della pesca sapevate già. Per i pescatori che frequentano la Valtellina, l’area geografica rappresentata dal Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco vuol dire

soprattutto 30 chilometri di fiume Adda – os-sia il tratto che scorre dallo sbarramento del Baghetto a Castello dell’Acqua fino allo sbarra-mento di Ardenno – più un’infinità di torrenti laterali che scendono sia dal versante retico, come il Mallero, il Fontana e l’Antognasco, che da quello orobico, come Armisa, Venina e Madrasco, uniti a tantissimi laghi alpini, naturali e artificiali.Ma quel pezzo di Valtellina vuol dire anche il tratto di fiume Adda alla Sassella, la zona turistica sul Mallero in centro a Sondrio e soprattutto “la riserva nella riserva”, il tratto che tutti ci invidiano, i cinque chilometri di Piateda.E da quest’anno l’offerta si amplia ancora di più, con l’aggiunta del primo lago di Campa-gneda riservato alla pesca a mosca oltre alla zona turistica, al tratto riservato ai bambini e alla zona no kill tra i torrenti Lanterna e

Mallero, tutti all’altezza di Chiesa Valmalenco. Il messaggio è chiaro: promuovere il territorio attraverso la pesca e dare valore alla pesca inserita in un territorio da sogno.Si, perché i pesci da soli non bastano. Il com-prensorio turistico di Sondrio e della Valmalen-co è un’opportunità per i pescatori ma anche per le loro famiglie.E’ un’offerta che parla di arte e cultura, di turismo rurale, di gusti e sapori che attraver-sano le strade del vino proprio al centro di quella tradizione gastronomica che si esprime con piatti ricchi di storia, come la bresaola, i pizzoccheri, gli sciatt o le mele di Valtellina.Ma è anche sport e vita all’aria aperta, che d’estate è fatta di passeggiate in montagna ed escursioni a cavallo o in bicicletta; ma an-che canoa, rafting, golf e arrampicata e nella stagione invernale offre impianti sciistici di valore assoluto insieme a lunghe passeggiate nella neve, armati di ciaspole o con l’attrez-zatura da sci-alpinismo.Come recita il motto del consorzio turistico: “Sondrio e Valmalenco, cuore di Valtellina”.

Sondrio e Valmalenco, cuore di Valtellina

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proViAmoci lo stesso

Ormai da parecchi anni l’asta centrale dell’Adda è diventata fonte di gioie e dolori per i pescatori che frequentano la Valtellina. Quando i livelli dell’ac-

qua sono bassi e l’acqua pulita, ci si ritrova a pescare in quello che è sicuramente uno dei migliori fiumi europei, soprattutto per la pesca del temolo, drasticamente calato in quasi tutti i fiumi italiani, e anche non più così abbondante nei fiumi austriaci o sloveni, come la Traun o la Sava, che parecchi anni fa erano veri paradisi per i pescatori di temoli. Quando si sporca per il moschista è quasi im-possibile pescarci, e i problemi non mancano neanche per gli amici che pescano a spinning o con le esche naturali.Spesso però ci si presenta una terza alterna-tiva possibile, che prevede acqua alta, velata ma comunque pescabile. Questa è la situazione ideale per chi ama la pesca a ninfa, e ovviamente anche per chi vo-glia mettere alla prova attrezzature progettate

specificatamente per questa tecnica di pesca. Visto che da anni faccio parte del team di Field tester della G.Loomis - o per dirla in italiano, dei fortunati che possono giustificare l’ennesimo weekend dedicato alla pesca con la scusa di dover andare a provare una canna - mi sono ritrovato a sfruttare le condizioni di acqua alta, spesso caratteristiche della Valtellina, per le prove sul campo di prototipi di diverse canne da ninfa della G. Loomis. Come molti di voi sapranno il mondo della pesca a ninfa negli ultimi anni è stato quello che ha visto la maggiore evoluzione sia nel-le tecniche di pesca che nelle attrezzature, grazie alla forte spinta arrivata dall’ambiente agonistico. Le canne da ninfa sono radicalmente cambia-te, e la 9 coda 6 con la quale la mia genera-zione, che è quella delle persone che hanno passato il mezzo secolo, affrontava la pesca a ninfa, pur rimanendo un attrezzo di per sé valido, non è certo il più adatto a chi voglia

affrontare l’affascinante mondo delle tecniche di pesca a ninfa moderne, dove si sono verifi-cati grandi cambiamenti.Quando iniziai a pescare, la secca la faceva da padrone, e ancora ricordo giornate sul neonato no-kill di Piateda dove, seppur dotati di una tecnica quantomeno approssimativa, ogni due lanci avevamo in canna un bel pesce, e questo pescando quasi esclusivamente a secca o sommersa.Ora i tempi sono cambiati, si vedono meno schiuse, probabilmente anche i pesci hanno meno voglia di far fatica e non salgono più a bollare sugli insetti, ma preferiscono starsene tranquilli sul fondo ad aspettare che il cibo finisca nella loro bocca. Per questo la ninfa è diventata la tecnica che può offrire le mi-gliori opportunità di cattura, a qualsiasi ora del giorno.Il boom della pesca a ninfa “moderna” ha di fatto colto impreparato il mercato, visto che le prime canne adatte a questo tipo di pesca

erano prodotte solamente da laboratori più o meno artigianali, che avevano il grande van-taggio di essere molto veloci nell’adeguarsi alle nuove richieste del mercato, ma a volte faticavano a mantenere costante la qualità del prodotto, oltre ad avere una limitata capacità produttiva.Va detto che oggi in Italia i costruttori di grezzi da mosca sono pressoché spariti, e i piccoli produttori rimasti si limitano ad assemblare fusti più o meno buoni, cosa che permette loro poche modifiche a lunghezze e azioni degli attrezzi.Le case più importanti invece seguono diret-tamente progettazione e produzione dei loro grezzi, cosa che però allunga di molto i tempi di sviluppo di un nuovo prodotto.Discorso che vale anche per la G. Loomis, che con il suo responsabile tecnico Steve Rajeff - sicuramente il più grande lanciatore di tutti i tempi, la cui competenza è pari solamente alla sua modestia - progetta e produce tutti

di VALTELLINA

prove tecnichetesto e fotodi mauro mazzo

L’Adda a Le Prese - Bormio

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i grezzi delle proprie canne negli USA, nello stabilimento di Woodland.L’incontro tra le acque valtellinesi e questa grande casa americana si concretizzò qualche anno fa, quando Steve telefonò a Raffaele Ma-scaro - product manager europeo di G.Loomis – per informarlo che aveva preparato un paio di prototipi di canne adatte all’ European nymphing, come loro chiamano il nostro modo di pescare a ninfa, e voleva che li mettessimo alla prova. Raffaele mi informò subito della cosa e insieme mettemmo a punto un program-ma di prove il più vario possibile, per ri-uscire a capire quali fossero le even-tuali criticità di questo primo prototi-po. Quando si testa una canna è importante che le prove vengano effettuate in fiume e non su prato, dal momento che servono non solo a valutare le prestazioni in senso assoluto, ma soprattutto a capire se la canna può essere utilizzata con facilità nelle diverse situazioni di pesca da parte di un numero di pescatori il più ampio possibile.

Nel caso della pesca a ninfa, questo significa provare le canne pescando a diverse distanze , con ninfe che vanno da quelle del 18 fina-lizzate alla pesca del temolo, fino ad arrivare ai ferri da stiro utilizzati nei correntoni, per stanare la marmorata della vita. Tra le tante destinazioni a disposizione, la Valtellina è sicuramente tra le più comple-te, dal momento che, nel corso della stessa giornata, si può passare dalla pesca al te-molo con due ninfette del 18, a quella alla grossa trota in profondi correntoni, e tut-to questo con buone probabilità di cattura. Per testare appieno una nuova canna il con-tatto con il pesce è molto importante. Bisogna infatti poter saggiare la capacità di ferrata e di recupero del pesce; senza trascurare il mag-gior divertimento per chi si trova costretto a portare avanti questo duro compito. Ma la risposta alla ferrata non è l’unica va-riabile in gioco; un buon attrezzo non deve essere troppo rigido altrimenti, pescando con finali sottili, si rischierebbero rotture a raffica. Deve essere anche progressivo e uniforme nel-la flessione, perché questo aiuta molto nello

stancare il pesce.La nostra giornata tipo di solito partiva dall’alta valle - spesso nel no kill di Le Prese - anche se negli ultimi anni ha avuto parecchi problemi. Uno spot che ci consente di passare in poche centinaia di metri dalle lame della parte più a valle - ideali per ninfe leggere e mosche sommerse - alle caratteristiche tor-rentizie di quella più a monte. La taglia dei pesci è medio-alta, e i combattimenti sempre entusiasmanti.Ricordo ancora giornate come quella del pri-mo anno in cui era stato creato il no-kill, in cui mi ero talmente divertito, che la domenica sera avevo deciso di pernottare in loco, in modo da poterci pescare anche il lunedì, cosa che la mia consorte, alla quale avevo detto che sarei tornato per cena, non aveva preso benissimo.Le canne di nuova concezione consentono di affrontare ambienti come questi con tecniche di pesca mirate. Nello specifico nelle lame occorre pescare a distanze medio-lunghe onde evitare di spa-ventare il pesce, con un finale di lunghezza pari a due volte la profondità del fondale, e un segnalatore, che altro non è che uno spezzone di monofilo fluo bicolore.Utilizziamo solitamente due o tre ninfe del 14 oppure del 16, montate a circa 60 cm. l’una dall’altra e peschiamo a risalire, con lanci di circa 45 gradi verso monte, in modo da far coprire alle nostre imitazioni l’area più ampia possibile. Si pesca lasciando scendere le mosche a una velocità prossima o inferiore a quella della corrente, evitando di mettere in tensione il sistema coda-finale, cosa che provocherebbe l’ immediato dragaggio delle nostre imitazioni.Spesso, se il cimino ha la giusta sensibilità, si percepiscono tocche anche minime del pesce, per quanto il metodo migliore per individuare le abboccate sia quello di seguire con at-tenzione il percorso del segnalatore, per poi ferrare alla minima esitazione.Quando il corso dell’Adda si fa torrentizio pre-feriamo cambiare la disposizione delle ninfe sul finale, cercando di ridurre la distanza tra le due. A cambiare è anche l’approccio al fiume, dal momento che cominciamo a pescare a risalire lanciando a monte, quasi perpendicolarmente rispetto alla corrente.Qui i lanci si fanno più corti e molto più precisi, perché si pesca in modo più mirato, cercan-do di arrivare con precisione in tutti i giri

d’acqua che possono offrire rifugio ai pesci.Ovviamente più sono difficili da raggiungere, maggiori sono le possibilità di cattura che saranno in grado di offrire. Un’ altra zona che abbiamo battuto con la massima attenzione è la riserva mosca di Stazzona che, anche se a volte può essere piuttosto affollata, garantisce acque quasi sempre pescabili. E’ il luogo ideale per la pesca a secca oppure con ninfe leggere.Potrebbe sembrare un paradosso, ma una delle difficoltà di progettare un fusto per la pesca a ninfa è proprio quella di mettere insieme una canna che all’occorrenza possa “convertirsi” in un attrezzo sufficientemente valido anche per la pesca a secca, in quanto le tecniche di lancio sono molto diverse.Infatti pescando con imitazioni piombate, è preferibile lanciare con loop abbastanza ampi, e un timing abbastanza tranquillo, in modo da evitare di ritrovarsi le ninfe avvolte in grovigli inestricabili, mentre a secca sono preferibili loop stretti, e velocità di esecuzione più alte. Devo dire che nel nostro caso - visto che chi progetta le canne di lancio qualcosina capisce - difficilmente abbiamo incontrato problemi di questo tipo.Da Stazzona scendendo verso valle è un con-tinuo alternarsi di piane e raschi, veri paradisi per chi pesca il temolo.Ma il luogo dove tutte le variabili si sommano, la taglia del pesce cresce in maniera esponen-ziale, dove il corso dell’Adda si diversifica di ansa in ansa, passando dal tratto torrentizio a valle di Boffetto fino alle famose piane dei meleti, le prismate o le profonde buche del tratto più a valle è lo storico no-kill di Piateda. Chiaramente con livelli alti tutto diventa più complesso, le zone di pesca si riducono, ma se la limpidezza dell’acqua rimane entro limiti accettabili, con la pesca a ninfa si può con-tinuare a pescare mantenendo alte le nostre aspettative.Mi è capitato spesso di vedere pescatori ab-bandonare la zona con la coda tra le gambe, convinti dell’impossibilità di pescare in ma-niera proficua in un fiume che si era gonfiato improvvisamente.Ma è proprio in situazioni come queste che un buon attrezzo, unito a una tecnica di pesca completa, può aiutarci a trasformare in utile risorsa un’apparente difficoltà.Quella che non deve mancare è la disponibilità ad affrontare il fiume in modo nuovo, andando (f

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a cercare i pesci soprattutto nei giri d’acqua più lenti, che andranno ispezionati con cura, con lanci che inizieranno vicinissimi alla riva per poi spostarsi verso il centro del fiume, allargandosi ogni volta di venti-trenta centi-metri, sperando di far arrivare le nostre ninfe nella bocca del pesce.Quasi sempre l’innalzamento del livello dell’acqua comporta anche l’aumento della velocità della corrente; una buona canna dovrà essere in grado di lanciare senza prob-lemi ninfe sensibilmente appesantite, man-tenendo però la giusta rapidità, in modo da non “”cedere” nel tanto agognato momento della ferrata. Se definire “dura” la vita di un tester è sicura-mente un eufemismo, la stessa cosa non vale certo per i poveri prototipi che ci capitano per le mani. Il nostro “duro lavoro” consiste infatti nel pescare per più giornate possibili con un determinato attrezzo, alternando a un’azione di pesca “normale” momenti in cui facciamo quello che solitamente non si dovrebbe fare con una canna da pesca. Questo significa lanciare streamer di parecchi grammi con una coda 3, oppure recuperare pesci di

taglia con il filo dello 0,20 e la frizione quasi chiusa. Solo se una canna viene portata al limite se ne possono mettere alla prova i limiti. A gioirne saranno sicuramente i pesci, ai quali risparmieremo lunghissimi recuperi, foto e filmini indesiderati. Solo dopo aver superato queste prove infer-nali il prototipo può essere ritenuto valido. La prassi vuole che venga inviato un report a Steve Rajeff , che si occuperà degli ultimi ritocchi all’azione della canna. Quello che viene messo a punto non è ancora il prodotto definitivo, ma un campione pre-serie – per altro quasi sempre già vicino al pezzo finale - che tornerà in Italia per le ultime prove sull’acqua.Alla fine, dalla progettazione dei primi pro-totipi alla produzione in serie – sarà passato un periodo che solitamente oscilla tra i 12 e i 18 mesi. Una gestazione che potrà farvi capire il motivo per cui i grossi produttori di canne non possono essere velocissimi nell’uscire sul mercato con nuovi modelli.D’altra parte c’è la consapevolezza di aver messo a punto un attrezzo pronto ad affron-tare le peggiori fatiche.

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l e t t i p e r V o i

Il grande sIlenzIo

Thomas McGuane è un pescatore a mosca, ma que-sto non c’entra niente sul suo modo di intendere la pesca. Le divisioni nelle quali puntualmente si arrabattano i pescatori sono fumo negli occhi, ci fanno perdere di vista il problema che minaccia la nostra passione. “Sessanta milioni di pescatori disorganizzati – dice l’autore commentando le riforme portate avanti dal parlamento del Monta-na in merito alla gestione delle acque nel centro della pesca alla trota del Nord America – vengono turlupinati da elite avide e inquadratissime… Il mondo va avanti senza di noi, e utilizza i nostri fiumi per scopi ben diversi da quelli naturali. Do-vremmo davvero unire le forze.”Thomas McGuane rimette in acqua tutto quello che cattura, ma sa che non è questo aspetto a fare di lui un pescatore migliore, anzi. Un giorno era a trote in un piccolo fiume dell’Oregon, una di quel-le giornate dove infili un pesce via l’altro, quando gli si avvicina un tizio che pescava con canna fissa e galleggiante, stivali di gomma al polpaccio e g i a c c o n e l i so d i lana.

Se mai vi passasse per la testa di leggere questo libro, agite d’anticipo, preparatevi per tempo. Si perché Il Grande Silenzio e Thomas McGuane scavano drammaticamen-

te un solco tra quello che la pesca significa da noi e quello che rappresenta negli Stati Uniti. E allora d’accordo che mangiano il tacchino con la marmellata quando va bene e si ammazzano di hamburger e patatine per il resto del tempo, d’accordo che in alcuni stati esiste ancora la pena di morte e in certi licei di provincia cammini tran-quillo soltanto se hai una pistola in tasca, ma in America la pesca è una cosa seria. E il confronto con quello che succede dalle nostre parti potrebbe farvi male. Parecchio.Per Thomas McGuane – da mezzo secolo allevatore di mandrie in un ranch del Montana ed ex campio-ne di rodeo ma anche sceneggiatore a Hollywo-od, membro dell’American Academy of Arts and Letters e collaboratore del New Yorker – la pesca non è un hobby o una via di fuga, ma uno stru-

mento per decifrare il mondo. “La pesca mi ha innanzitutto insegnato a osservare i fiumi.

Ora mi sta insegnando a osservare le persone. Il lettore di manuali – che

comunque anch’io leggo con piacere – potrebbe pensa-

re che io sia andato parecchio lon-

tano, forse

troppo. Ma sono convinto che la frontiera della pesca non è più né tecnica né geografica. La Bibbia ci dice di guardare e di ascoltare. Queste parole sono anche un suggerimento su cosa la pesca dovrebbe essere: utilizzare il rito del nostro sport, di questa nostra passione, per suscitare in noi più elevate risonanze.”Ma il mondo di McGuane non ha soltanto una dimensione intima e spirituale; il mondo è l’aria che ci fa respirare, è terra e acqua, e noi li stiamo mettendo a rischio. “Nella vita del pianeta, e nelle pretese che su di esso esercita il genere umano, abbiamo raggiunto il punto in cui ogni pescatore dovrà farsi guardia fluviale, amministratore dei fondali marini, custode del mare aperto. Abbia-mo ormai oltrepassato il punto in cui riusciremo a restituire ciò che abbiamo preso. Dobbiamo restituire più di quanto prendiamo. Dobbiamo condurre una guerra santa contro i nemici della vita acquatica. Altrimenti…perderemo quanto già abbiamo perduto e non rimarrà quasi nulla: popolazioni superstiti, pronta pesca, idioti in fila dietro le autocisterne.”Lo scarto tra noi e loro, tra cos’è la pesca in Italia e quello che rappresenta negli Stati Uniti, in buo-na parte sta tutta qui, nella cesura senza rimedio tra il pescatore che si sente in debito verso il mondo e gli idioti in fila dietro le autocisterne, pronte a scaricare pesci pollo per soddisfare il nostro ego di pescatori da laghetto.

Alberta(foto Valter Bianchini)

di Marco Corengia

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“Liberai il pesce e ne presi un terzo. Al che mi si precipitò accanto con il guadino telescopico pronto.” “Se non li vuole li dia a me”, disse. “Io li lascio andare”, spiegai. “Mi piace così”.“Stia a sentire – fece lui – sono quattro giorni che cerco di prendere un pesce per dar da mangiare ai miei vecchi e non ce n’è uno che abbocchi. Non potrebbe darmi almeno questo qui?”“Be’, ci pensai su”. Erano quasi tutti pesci provenienti dai vivai ed era perfettamente legale ucciderli. Non che l’idea mi piacesse ma gli risposi “va bene”. Pochi minuti dopo il pesce era nel retino: un luccicante, frenetico maschio non di vivaio. Il mio compagno fissò il retino e prima che potessi parlare disse: “Ahi, non ha le pinne tagliate. E’ selvatico. Lo lasci andare”.Liberammo il pesce e lo guardammo allontanarsi. Ci stringemmo la mano e in un clima di cameratismo ce ne andammo ognuno per la propria strada. Ecco un uomo con cui si poteva parlare, un fratello di pesca, uno che si sarebbe schierato con noi contro dighe e chiuse. Sapeva riconoscere i pesci selvatici”.Una volta chiesero a McGuane perché la pesca in America fosse vissuta ancora come una sorta di rito di iniziazione. “Mio nonno e mio padre pescavano, io l’ ho insegnato a mia figlia. Conserviamo una certa nostalgia per gli spazi selvaggi, inconta-minati, nel contatto con la natura e nella pesca troviamo una conferma delle nostre origini. Gli Stati Uniti sono molto vasti e la popolazione si concentra prevalentemente lungo i fiumi, percorrendoli si potrebbe raccontare la storia della nazione”.E allora Il Grande Silenzio forse è soprattutto questo, il raccon-to di una nazione e del suo popolo – o almeno di una parte di esso – che rivive nell’esperienza di un pescatore. Trentatré racconti che, come un diario fitto di appunti, riescono sempre a rendere concreti, fisicamente percepibili, i ricordi di viaggi entusiasmanti persi sulle flats di Key West a caccia di tarpon; o che ti lasciano sugli scogli a tremare al buio, sferzato dai venti di Sakonnet Point in mezzo agli schizzi dell’Atlantico mentre aspetti quel cambio di marea che, insieme alla notte, porterà sotto riva gli striped bass nel gomito di Cape Cod, “quasi pensando di vedere i balenieri del Pequod scendere marciando dai loro pescherecci per accoglierci”. Certo, è un libro che parla di pesca e capisco le perplessità dei non pescatori che - loro malgrado - si trovassero catapultati in annotazioni messe in fila con tanta morbosa ossessione. Quando sono in coda dal dentista e mi ritrovo a sfogliare

Alberta(foto Valter Bianchini)

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riviste di barca a vela o equitazione a me capita più o meno lo stesso. Che poi saranno le stesse perplessità di Masolino D’Amico, nato a Roma, da 35 anni critico letterario de La Stampa, nonché traduttore, saggista, scrittore, anglista, docente universitario e un elenco di onorificenze che qui inizia e non so dove finisce, quando sul suo giornale ha scritto: “dai trentatré capitoli che formano il volume non si direbbe che il narratore abbia fatto altro che immagazzinare momenti preziosi in luoghi pittoreschi, spesso visitati poco prima di una loro devastazione irreparabile per sopraggiunta modernità, momenti trascorsi a mettere in opera la combinazione di esca e lenza ideali per catturare quel particolare esemplare di fauna ittica - e non per altro fine che quello estetico-sportivo, perché da molti anni ormai, come ci comunica con orgoglio, McGuane ributta subito le sue prede in acqua. Sulla voluttà che tante descrizioni-evocazioni di questo tipo possano procurare agli appassionati, il profano non è in grado di pronunciarsi… La mia ammirazione per il traduttore Francesco Franconeri è sconfinata.”Ora, io questo Masolino D’Amico non lo conosco proprio e un po’ mi sento pure in colpa, anche perchè mi faceva simpatia immaginare che – se di battesimo ti hanno dato nome “Tom-maso” e sei arrivato a “Masolino” – dovevi essere ben stufo di sentirti chiamare Tommy o Tomma’; ma se a 75 anni (e con tutto quello che hai fatto e studiato) ti tocca recensire un libro che parla di pesca e tu non sai nemmeno come si tiene una canna in mano, beh forse facevi prima a dire “no grazie” e non si offendeva nessuno.E se davvero vuoi sentirne un’altra, l’unica cosa che non quadra del libro sono proprio le traduzioni dei nomi dei pesci. Vada per “tarpon” che passa a “tarpone”, ma se il “bonefish” mi diventa una “volpe biancastra”, vuol dire che Hemingway si dovrà rivoltare nella tomba per un pezzo. Niente da dire sul resto, tutto perfetto. Così mi sarò bruciato di sicuro un futuro come giornalista alla Stampa ma come traduttore una porta mezza aperta mi rimane ancora. Per lo meno di riviste di settore.Inutile girarci attorno; criticare le passioni “dal di fuori”, quando non ne porti sintomi, segni e cicatrici è un lavoro duro, si rischia grosso. Appena un gradino sotto le offese alla mamma o i giudizi non richiesti sull’educazione dei figli. Una delle osservazioni più belle che ho letto su questo libro suona più o meno così: “basterebbe occuparsi di qualsiasi cosa con un decimo delle motivazioni che Thomas McGuane riversa nella pesca e il mondo sarebbe di sicuro un posto migliore.”Non so chi l’ha scritta ma vale doppio, è di un non pescatore.

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i l p e r s o n A g g i o

ero molto affezionato. Per i pregi lascio giu-dicare chi mi ha visto pescare in tutti questi anni.

Quali sono secondo te le caratteristiche più importanti per essere un bravo pescatore?Come in tutte le cose, anche nella pesca ci vogliono grande passione ed esperienza. Quan-do si gareggia ad alti livelli anche i piccoli dettagli possono fare la differenza, e in questo una buona attrezzatura aiuta. Non ultima una buona dose di capacità innata.

Con quali squadre hai gareggiato?Ho iniziato a gareggiare con la società Valma-lenco e poi sono passato nei Garisti Provinciali Sondrio dove ho conseguito i primi risultati a livello nazionale. Dal 2000 sono tesserato per la società Valle San Martino di Bergamo dove gareggio tuttora. In questa società - dove tra l’altro militano grandi campioni - ho fatto il salto di qualità che mi ha permesso di ottenere

i più grandi risultati.

C’è una tecnica che prediligi in partico-lare?Sono un pescatore che pratica tutti i tipi di pesca, ma quella che preferisco è la pesca a canna lunga (13 metri).

Cosa conta secondo te in una gara?Sono tante le cose importanti, mantenere la calma, saper “leggere” il corso d’acqua, sce-gliere la montatura adatta in base al fiume, non perdere la testa e non mollare mai fino alla fine. Dacci un piccolo segreto…….Non ho nessun segreto, do sempre dei consigli a chiunque mi chieda informazioni.

Angelo della Marianna curriculum: • terzo al campionato italiano individuale

1997• tre volte campione italiano a squadre

(2003-2005-2012)• cinque volte campione del mondo per

nazione(2000-2001-2002-2004-2007)• una volta campione del mondo per club

(2013)• Più volte campione provinciale

Nella pesca al colpo moderna, non ci sono pescatori valtellinesi che possa-no lontanamente avvicinarsi al ricco palmares di Angelo della Marianna:

Angelo è uno dei pochi che ha dimostrato di saper vincere sia con la maglia azzurra della nazionale che con quella dei club dove ha militato. Con questa intervista scopriamo l’uomo e l’ago-nista. Angelo è nato a Sondrio il 23/11/1963 e vive a Lanzada, in Valmalenco. Sposato con Rita, ha due figli, Nicola e Mattia

Partiamo dall’inizio, come è nata la passione per la pesca?Ho iniziato a pescare a 10 anni, la mia prima licenza fu il regalo di mio zio quando sono stato promosso in quinta elementare, da allora ad oggi sono sempre stato un tesserato U.P.S.

Come ti sei avvicinato al mondo delle gare?Per caso, andando come sostituto di un con-

corrente che si era ammalato e nonostante fosse la mia prima gara feci un ottimo piaz-zamento, da lì continuai.

La tua famiglia ti ha sempre appoggiato?Si sempre.

Come sei riuscito a conciliare il lavoro con l’agonismo?Fortunatamente non ho mai avuto problemi; al massimo mi sono trovato a sacrificare giornate di ferie per partecipare a gare lontane da casa.

Quale vittoria ti ha dato più soddisfazione?Tutte le vittorie hanno la loro importanza per-ché sono il risultato di sacrifici, un approccio mirato a quella gara specifica e tanto impegno.

Se potessi scegliere un tuo difetto e un tuo pregio, quali indicheresti?In questi anni di competizioni ad alto livello ho limitato la mia tecnica di pesca al tocco, abbandonando altre sistemi di pesca ai quali

Intervista a

Angelo Della Mariannail terzo da destra

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Hai mai pensato di abbandonare l’agonismo ad alto livello?No, non è ancora nelle mie intenzioni.

Cosa ne pensi del futuro delle gare di pesca?Purtroppo le prospettive non sono certo delle migliori. E il problema non riguarda solo il mondo dell’agonismo, ma quello della pesca in generale. Il calo dei praticanti è notevole.

Tra l’altro mi sembra che anche il mondo dell’agonismo abbia cambiato rotta: il pesce viene rilasciato, va maneggiato con tutte le cautele del caso, non ci sono più le mattanze di un tempo… Cosa c’è di nuovo tra il mondo delle gare di adesso e quello di qualche anno fa? Credi che sia possibile gareggiare anche in modo più “naturale”?Si, da alcuni anni nelle gare di club azzurro e campionati del Mondo si pratica la pesca no-kill usando il guadino, senza toccare il pescato con le mani e tagliando il filo ad ogni cattura.Anche da noi non sarebbe un problema ga-reggiare con questo regolamento, l’unica dif-ficoltà sarebbe a livello organizzativo, perché ci vorrebbe un commissario per ogni concor-rente, quando già si fa fatica a trovarne uno o due per settore.

Alcuni sostengono che gareggiare o pescare in piccoli torrenti come i nostri con canne da 10 metri e oltre è un po’ come sparare sulla croce rossa. Insomma, si tratta solo di calare in verticale la lenza su ogni picco-lo giro d’acqua, senza che ci sia nemmeno la sfida di non farsi scorgere dal pesce o c’è qualcosa di più?…

Al giorno d’oggi tutti gli agonisti sono at-trezzati con canne lunghe fino a 13 metri, ma non è così semplice come sembra; non bisogna solo arrivarci, si deve saper mano-vrare nel modo corretto la propria lenza per attirare e stimolare la trota ad attaccare l’esca. Non è certo come sparare sulla croce rossa.

Ci racconti Angelo Della Marianna a pesca in Valtellina? Quante uscite fai all’anno, che tecniche preferisci, quali i corsi d’ac-qua che batti maggiormente?Da diversi anni frequento fiumi, torrenti e laghi della Valtellina e secondo me - no-nostante l’alluvione del 1987, l’arrivo di cormorani e aironi così come gli svasi dei bacini idroelettrici che non ci permettono di pescare per diversi periodi dell’anno – visti

i pesci che ancora popolano le nostre ac-que credo che possiamo ritenerci fortunati. Non faccio moltissime uscite di pesca perché sono impegnato con le gare, ma nelle poche uscite che riesco a combinare frequento so-prattutto torrenti tipo il Mallero.

In questo numero abbiamo deciso di tornare a proporre ai nostri associati un questio-nario per capire che pescatori siamo. Tu ad esempio, che pescatore sei? Io sono un pescatore che già da giovane non ha differenziato la pesca in categorie, ho praticato qualsiasi pesca in base alle con-dizioni dell’acqua, del tempo e del periodo pescatorio.

Storicamente in Italia c’è un’atavica dif-fidenza tra pescatori con esche naturali e chi pesca con esche artificiali. D’altra parte, proprio in questo numero recensiamo il libro di uno scrittore americano – Thomas McGua-ne – che sostiene l’importanza di coalizzarsi tutti di fronte al vero nemico comune: gli speculatori dell’acqua. Tu che rapporto hai con chi pesca con esche artificiali? Credi che sia una diffidenza giustificata o ormai superata? Ti trovi d’accordo con la tesi di McGuane?Sono d’accordo sul fatto che Thomas Mc-Guane scriva di praticare il no-kill, specie se paragonato a chi invece pratica una pesca predatoria.Credo che il presupposto di ogni pescatore sia il rispetto della fauna ittica - soprattutto per quanto riguarda la taglia dei pesci sottomi-sura - e un occhio di riguardo per le specie più a rischio, come il temolo e la marmorata.

Alcuni sostengono che ormai – piuttosto che il metodo di pesca – la vera differenza tra i pescatori sia una questione di approccio al pesce e all’ambiente che lo ospita. Da una parte il pescatore ricreativo, che esercita la sua passione senza l’angoscia di fare quota, magari ricercando preferibilmente pesce naturale, dall’altra un pescatore legato alla logica “pago, pesco, pretendo”, che non si pone particolari problemi sulla qualità del materiale ittico, programma le sue uscite in base al calendario semine e vive il fiume come una sorta di “laghetto in movimento”. Dal tuo punto di vista quanto c’è di vero in questa interpretazione?L’approccio a tutte le tecniche di pesca deve essere un divertimento in qualsiasi condi-

zione, sia che porti a casa il pesce sia che lo restituisci al suo ambiente naturale. Alla base di tutto questo c’è sempre il rispetto per il pesce.

In questi mesi è forte la discussione sullo stato della mediterranea. In questo numero della rivista Pierpaolo Gibertoni – l’ittiolo-go che si è occupato del progetto – ha steso un rapporto dettagliato sui risultati fin qui ottenuti. Tu che impressione ti sei fatto?Come già ripetuto dal dottor Gibertoni, la trota fario mediterranea non attecchisce in tutti i fiumi della Valtellina; ho l’impressione che aver insistito unicamente su questa stra-da abbia ridimensionato i risultati ottenuti in anni di ripopolamenti con il ceppo di fario atlantica. Se poi pensiamo allo stress che hanno dovuto subire i nostri corsi d’acqua in seguito alle politiche di svaso dei bacini idroelettrici, unito alle conseguenze dei fenomeni meteo-climatici degli ultimi anni, non possiamo certo negare che la fauna ittica abbia subito un pesante contraccolpo.

Ci dici un aspetto dell’operato di UPS che ti ha colpito positivamente e una critica che ti senti di sollevare all’associazione? Anche più d’una; dopo un interrogatorio come questo hai carta bianca…Sicuramente la nota positiva è avere insistito sulla valorizzazione del centro ittiogenico. Sono soldi bene impegnati che di fatto si stanno trasformando in un investimento, in virtù del risparmio economico ma anche della selezione genetica dei pesci allevati. Un altro aspetto positivo è che nelle ultime gestioni si cerca di dare più spazio a tutte le tecniche di pesca.Per quanto riguarda le note negative, sappia-mo benissimo come non si possano addossare tutte le responsabilità al consiglio direttivo; stiamo vivendo un periodo duro a livello na-zionale e in queste condizioni diventa sempre più difficile anche amministrare un’attività come la pesca in Valtellina. Bisogna fare dei sacrifici, non possiamo certo aspettarci inizia-tive che possano soddisfare indistintamente tutti i tesserati.

Per finire: se ti augurano “buona pesca” tu come gli rispondi?Augurami pure buona pesca poi vieni a pe-scare con me. Vedrai come andrà a finire…

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t u t e l A A c q u e

Quando le cose (non girano) come un orologio svizzero

di giorgio lanzi

Lo svaso del lago di Livigno:da un progetto al suo contrario

Purtroppo per l’ambiente non sono andate per il verso giusto le cose alla Engadiner Kraftwerke A.G., la società svizzera concessionaria a fini idroelettrici della diga di Punt al Gal a Livigno, all’estremità nord del lago di

Livigno al confine Italo-Grigionese. Nel marzo 2013 un proble-ma tecnico ha provocato la morte di migliaia di pesci e altri organismi acquatici nel sottostante torrente Spoel che scorre nel Parco nazionale svizzero. La magistratura svizzera sta ac-certando le responsabilità. Da quanto è dato di sapere, dopo aver notato una carenza di acqua nel torrente a valle dello sbarramento, un gruppo di guardia parco dell’area naturale ha lanciato l’allarme. Un guasto al sistema di sorveglianza non ha però permesso al tecnico incaricato di regolare il livello delle acque di individuare la forte presenza di sedimenti nel bacino idroelettrico. L’apertura delle paratie della diga ha così provocato il deflusso di una grande quantità di fango nel corso d’acqua, provocando la morte del fiume sino a Zernez e oltre. Non solo, migliaia di trote e temoli sono finiti nelle turbine della sottostante centrale idroelettrica di Ova Spin. Da 12 anni la Spöl era oggetto di studio da parte dell’Istituto per la ricerca sulle acque nel settore dei Politecnici federali (Eawag). Un programma di rinaturalizzazione del torrente che voleva dimostrare la possibile convivenza di interessi economici (sfruttamento idrico) ed ecologici. Questo ha indotto le autorità svizzere e il gestore alla comple-ta revisione del progetto di svaso previsto per il 2015 e già in fase di avanzata esecuzione Quanto successo e deciso dagli svizzeri ha ovviamente conseguenze anche per la gestione della pesca nella parte italiana del lago. Cerchiamo quindi di fare il punto della situazione ricordando gli antefatti.

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Il progetto di svaso originario e il protocollo di intesaNel 2012 la Società Svizzera Engadiner Kraf-twerke A.G. ( E.K.W.), concessionaria ai fini idroelettrici del bacino di Livigno, presentava alle autorità Elvetiche e Italiane un progetto

finalizzato allo svuotamento pressoché to-tale del suddetto invaso per l’effettuazione, nell’anno 2015, di lavori di manutenzione stra-ordinaria degli organi idraulici afferenti allo sbarramento del predetto bacino denominato “Punt dal Gal”. Sempre nel 2012 la medesima Società, al fine di attuare, ante svaso, delle misure preventive volte a diminuire con una corretta tempistica la consistenza del patrimo-nio ittico, aveva indetto una serie di incontri con le autorità competenti e UPS tenutisi a Zernez (CH) e a Sondrio. Durante gli incontri tutti i presenti, dopo attenta disamina delle problematiche che avrebbero comportato le suddette operazioni di svaso sulla popolazione ittica e sulla attività di pesca, avevano  conve-nuto, sulla necessità di adottare alcune misure “ante operam” in coerenza con i seguenti obbiettivi: 1) evitare una strage di pesci a valle della

diga durante le operazioni di svaso ( come accaduto in analoga operazione effettuata nel 1984 che aveva suscitato l’indignazione dei pescatori e dei cittadini da parte Sviz-zera e Italiana.)

2) Scongiurare inquinamenti genetici al patri-monio ittico presente nel tratto di Fiume Spoel che scorre nel Parco Nazionale Sviz-zero (richiesta formulata dalle Autorità Elvetiche).

Di conseguenza vennero valutate due soluzioni possibili:• proseguire fino alla data di inizio lavori con

il regolamento di pesca in vigore e poi, prima dell’apertura degli scarichi della diga, procedere alla cattura dei pesci con le reti. Operazione a detta di tutti assai difficile da attuare per le condizioni del livello del bacino e per la situazione di contorno dello stesso al momento dello svaso che avrebbe comunque comportato una sicura strage di pesci.

• Adottare, come poi si è ritenuto di fare, prov-vedimenti equilibrati volti alla progressiva riduzione della fauna ittica previlegiando l’esercizio della pesca, come attività prope-deutica allo scopo. E quindi consentire ai pescatori di trattenere il pesce di qualsiasi specie, misura e numero.

Nel maggio 2012 tra la società EKW, l’Uffi-cio Caccia e Pesca del Cantone Grigioni, la Provincia di Sondrio e l’Unione Pesca venne sottoscritto un “protocollo di intesa program-matica”. In sintesi nel protocollo erano conte-nute le misure, adottate durante la stagione

2012/2013, attinenti: a) alla sospensione del-le immissioni relative agli obblighi ittiologici del concessionario nel periodo 2012/2015; b) alla riduzione del popolamento ittico nel trien-nio dove a ciascun pescatore veniva consentito di catturare il pesce di ogni specie senza limiti di misura e cattura per il salmerino alpino, un limite complessivo di 10 capi fra trote e temoli con un numero massimo giornaliero di due capi per quest’ultima specie ittica.Ulteriori prescrizioni erano state ammesse rendendo obbligatorio per ogni pescatore di trattenere e uccidere tutti i pesci catturati di qualsiasi misura sino al raggiungimento delle quote consentite. Al fine di giungere ad una adeguata stima della consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio ittico del lago di Livigno venivano adottati dei provvedimenti in ordine alla registrazione delle catture. A questo scopo l’Unione Pesca e in modo ana-logo l’Ufficio Cantonale della Pesca Svizzero, avevano istituito un apposito permesso dove registrare il pescato al fine di monitorare la pressione pescatoria esercitata e l’entità del pescato stesso. Questo per consentire a UPS una corretta quantificazione del danno subito. L’incidente ambientale del marzo 2013 ha completamente modificato gli scenari delle programmate attività di svaso del bacino e di conseguenza è stata rimessa in discussione l’opportunità di mantenere o meno i provve-dimenti adottati in precedenza. Si sono quindi susseguiti diversi incontri con i responsabili della Società Engadiner Kraftwerke e i vari Enti Svizzeri e italiani interessati dalle operazioni suddette.

Il nuovo progettoNel mese di ottobre 2013 il gestore ha presen-tato un nuovo progetto alle Autorità Italiane e Svizzere che prevede la revisione di quello precedente e che modifica in modo sostanziale il quadro complessivo delle operazioni di svaso previste per il 2015. In sintesi il nuovo pro-getto prevede ora quattro azioni fondamentali:1) La non effettuazione di uno svaso totale;2) L’esecuzione dei lavori verrà effettuata con

l’utilizzo dei palombari con l’invaso a livello della quota di esercizio;

3) Non sono previsti abbassamenti sotto la quota di minimo esercizio;

4) Sono esclusi danni al patrimonio ittico.Di conseguenza con l’attuazione del nuovo progetto il lago non verrà vuotato completa-mente ma mantenuto alla quota mt. 1.735,

corrispondente ad una colonna d’acqua di 35 mt. superiore alla minima quota di eser-cizio che coincide con il livello dell’invaso a quota m.1.700, questa operazione consentirà di mantenere un volume d’acqua nell’invaso sufficiente a garantire la sopravvivenza della fauna ittica.

I nuovi provvedimentiLa revisione sostanziale del progetto preceden-te comporterà di conseguenza una mutazione

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radicale dell’impat-to di queste attività sull’ecosistema acqua-tico del lago di Livigno e probabilmente gli effetti sulla fauna ittica saranno minimi. In parole povere cambia quin-di totalmente lo scenario, se l’acqua resta nel lago, la fauna ittica va ora tutelata.Nel biennio 2012/2013 nell’invaso sono stati catturati n. 48.000 salmerini, esattamente il triplo del dato tendenziale dei due anni precedenti (2010/2011), quindi ben oltre le potenzialità riproduttive di questa specie it-tica. Anche i dati relativi al temolo indicano un sensibile calo delle catture passate da 187 nel 2013 a 44 nel 2012. Ma in particolare non sono stati catturati temoli nel torrente Spoel

e nel Rio Torto da parte del

nostro personale di vigilanza per la spremitura della uova durante il periodo di riproduzione maggio/giugno, cosa che normalmente avve-niva negli anni precedenti. Ne consegue che la riduzione significativa di una popolazione di temolo e salmerino, come è avvenuto negli ultimi due anni nel bacino, richiede almeno tre anni per essere colmata. I tempi di recupero sono connessi sia all’en-tità della riduzione che al fatto che siano o meno interessate le classi dei riproduttori. Si è convenuto pertanto, in occasione dell’ultima riunione tenutasi a Zernez con le autorità inte-ressate, che i provvedimenti da adottare per i

prossimi due anni, prima delle operazioni di abbassamento dell’invaso, dovran-no procedere nella direzione opposta rispetto a quelli assunti precedente-mente e dovranno essere diretti alla tutela e all’incremento della fauna ittica con una regolamentazione di pesca applicata da entrambi gli Stati e adeguata al nuovo progetto.Da parte di UPS nei prossimi mesi si procederà alla determinazione dei danni indotti alla fauna ittica dalle suddette operazioni e alla stesura di un progetto di ripopolamento da ca-librare almeno per i prossimi sei anni, tale da garantire, comunque il proficuo esercizio della pesca nel bacino da parte dei numerosi pescatori che ogni anno frequentano il lago di Livigno.

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le Vostre lettere

Un parroco di oratorio e i suoi pescatori

L’incantevole laghetto di Acque Sparse (a mt. 2022) è situato in alta Val d’Eita, valle laterale della Val Grosina. È originato da uno

sbarramento di massi lungo il Rio di Verva ed è circondato da una splendida pecceta. Nelle sue calme acque si specchiano le cime circostanti, vale a dire Sasso Maurigno (mt.3062) e il Sasso Calosso (mt.2532). Non lontano scorre la stra-dina che da Eita sale al Passo Verva (mt.2301) aperto fra il gruppo della Cima Piazzi e il gruppo Cima Viola-Dosdè.Lo scorso 19 giugno, una cinquantina di bam-bini e ragazzi dell’oratorio di Grosio, in vacanza presso la casa della Fabbriceria di Eita, hanno scelto questo laghetto per un’esperienza davvero speciale: imparare a pescare! Per moltissimi di loro era la prima volta che si cimentavano in quest’avventura, ed è stato davvero emozio-nante.All’inizio erano timorosi e impacciati. Poi però - invitati e incoraggiati dai ragazzi un po’ più “esperti” - tutti si sono lasciati coinvolgere.La giornata, fresca e soleggiata, e l’ambiente na-turale meraviglioso hanno fatto da lieto contorno a questa giornata speciale. Per me, prete di ora-torio, è stato un gradito spettacolo osservare con

quanto interesse, attenzione e concentrazione i bambini ascoltassero le indicazioni dei pescatori promotori dell’iniziativa, e come cercassero di metterle in pratica, aiutati dai loro amici. Dopo poco tempo, quasi tutti hanno avuto la soddisfazione di pescare la loro prima trota, poi la seconda, e la terza; alcuni sono arrivati fino a cinque, limite massimo! Orgogliosi e contenti, credo che abbiano impa-rato che la pazienza e la fatica, insieme all’im-pegno, la condivisione e la costanza portano sempre buoni risultati. Non solo nella pesca, ma anche nella vita. Riposti amo e canne, sono stati i ragazzi stessi a pulire i pesci, divertendosi a riconoscerne gli organi interni. Alla fine tutto è stato condiviso e messo sul fuoco, offrendo porzioni gustose anche a chi non aveva pescato.Un grazie agli amici del gruppo di pesca sportiva di Grosio, che con passione e simpatia hanno “addestrato” i loro giovani allievi. Un grazie a tutti i partecipanti e a chi ha creduto fin dall’ini-zio al valore di questa proposta.Se il maestro di Nazaret, tanti anni fa, sulle rive del lago di Galilea, scelse tra i suoi primi collaboratori proprio tre pescatori, ci sarà stato motivo, vero?

di don mariano

Il mondo delle aziende è molto simile a un laghetto di montagna, uno di quelli dove andiamo a pescare. In entrambi i casi, infatti, la regola è che i pesci grandi mangiano quelli piccoli… A meno che, aggiungiamo noi, quelli piccoli non si fanno furbi, innovando il più possibile, grazie anche a soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Così, infatti, piccoli negozi, ristoranti e hotel possono adattarsi velocemente alle nuove esigenze della propria clientela con dei programmi informatici che permettono, per esempio, di raccogliere e gestire tempestivamente qualsiasi loro malumore o critica. Il risultato? Servizio migliore e clienti soddisfatti.

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s A p o r i d i V A l t e l l i n A

Il Vecchio Ristorante Fiume

Prima di parlare del Vecchio Ristorante Fiume sarebbe meglio specificare almeno un paio di cose:la prima è che se cercate un posto

“easy”, dove ricaricare le pile a metà giornata sulla strada del ritorno dopo una pescata in valle, purtroppo il posto non fa per voi.Il ristorante infatti rispetta gli ora-ri canonici di pranzo e cena e non riesce a soddisfare la fame chimica e fuori via di noi pescatori.Se invece cercaste un posto di li-vello dove infilare le gambe sotto il tavolo, allora siete capitati in uno dei migliori locali di Morbe-gno e dintorni.La seconda puntualizzazio-

ne riguarda il titolare: di nome fa “Fabio” e di cognome “Bianchini”, ma non è parente dell’omonimo presidente dell’Unione Pesca. In un paese dove il conflitto di interessi non ha mai scandalizzato nessuno potrà sembrare una notizia superflua, ma meglio non correre rischi.A gestire il locale è Fabio appunto, che sta ai fornelli, insieme alla sua compagna Elisa in sala. 36 anni lui e 32 lei.Il suo background è di perito elettrotecnico, ma se pensate che uno come Filippo La Mantia prima di diventare una chef-star faceva il fo-toreporter e ha imparato a cucinare in carcere (dove era finito per sbaglio) o il tre stelle Mi-chelin Massimo Bottura dell’Osteria Francescana

lavorava come grossista di prodotti petroliferi, credo gli si possa concedere il vezzo del cuoco “non studiato”.Si perché la passione per la cucina per Fabio è nata tardi, quando è andato a vivere da solo e si è trovato di fronte a una scelta: o imparare a cucinare o morire di scatolette.Da lì è partito un percorso che l’ha portato a farsi le ossa, su e giù per la valle, fino alla grande scelta di tre anni fa: ritirare il locale di famiglia (allora in mano ad altri gestori) e provare a cavarsela da solo.“La nostra scelta – dice Fabio – è di provare a proporre una cucina “di livello”, che trovi il giusto mix tra tradizione e innovazione”.E te lo dice con orgoglio ma anche con la velata consapevolezza che – per questi poveri chef di Valtellina – ci siano dei “must” dai quali proprio non possono sottrarsi. Che per chi no l’avesse ancora capito si chiamano pizzocchero e risotto al bitto. “La gente li vuole come tradizione co-manda, la massima divagazione che mi concedo – si arrende Fabio - sono le coste d’estate e le verze d’inverno. poi è tutto da disciplinare. Le soddisfazioni me le prendo sul resto”.E qui gli torna il sorriso, anche perché “tutto il resto” per Fabio vuol dire composizione di pesce spada e mango in vinaigrette al lime e pepe rosa, risotto ai gamberoni con riduzione al vino “Sfursat” della Valtellina, filetto di cervo al caffè con spàtzli e pera alla grappa e spezie, o ancora il trancio di baccalà al burro di cocco con insalata di frutta e verdura all’emulsione di yogurt o la coda di bue al cioccolato fondente con polenta alle due farine.I prezzi si aggirano intorno agli 11 euro per gli antipasti, tra i 10 e i12 per i primi e 20 per i secondi.Parecchio se per voi un tagliere avrebbe fatto lo stesso; non male se calcolate che pane e grissini sono fatti in casa e vi viene servito “d’ufficio” un pre-antipasto, che il più delle volte è un assaggio di quello che troverete sulla carta del trimestre successivo.Se poi foste stufi della solita trota saltata in padella, la sua ricetta d’acqua dolce è un filetto di trota al burro e salvia su letto di semolino e rapa rossa. Se per voi il no kill non fosse un dogma incontestabile, avete trovato il modo di mettervi alla prova.

Vecchio ristorAnte Fiume

Piazza Lusardi 1,

23017 Morbegno (So)

Info e prenotazioni:

0342.610248

oppure [email protected]

Sito internet:

www.vecchioristorantefiume.it

Chiuso il lunedì sera ed il martedì.

Dal 1° agosto 2013 il Lago di Livigno è finalmente navigabile! Si tratta di un’importante novità per la stagione estiva di Livigno che apre l’offerta turistica agli sport acquatici come kayak, kitesurf, sup, windsurf, canottaggio e barca a remi (in generale alle imbarcazioni non a motore fino

a 6 metri di lunghezza e 1,5 metri di pescaggio). Il Lago è navigabile ma non balneabile. Livigno, un turismo di sportivi per passione, per tutti coloro che sono alla ricerca di una vacanza attiva inserita in un contesto paesaggistico di assoluto valore.

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