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G iulio non riusciva a concentrarsi nella lettura del giornale. Leggeva le parole che si mettevano a fuoco e subito dopo si sfuocavano giocando con lui come la Fata Morgana che aveva conosciuto nel deserto quando era stato in Africa. Le lettere prendevano nuove forme e assumevano le sembianze di torri, pinnacoli, obelischi. Si trattava di un effetto dovuto alla particolare distribuzione dell’indice di rifrazione della luce del sole in diversi strati d’aria e quindi, per certi versi, analogo al miraggio. Ripensò a suo figlio, nato a Sarzana. Gli avevano dato il nome di Filippo, non si ricordava perché. Sua madre aveva scoperto, durante l’ultima ecografia all’ospedale, di avere un tumore. Il dottore le aveva dato dai due ai tre mesi di vita. Lei, che non parlava molto, aveva rassicurato Giulio: durante il parto, oltre al figlio, avrebbe espulso anche il cancro. Prima che arrivassero le doglie gli disse: «Ti voglio parlare dei miei sogni d’infanzia e di come li ho realizzati. Da questo punto di vista sono stata una donna molto fortunata. Ti parlerò di come credo di aver reso possibili i sogni altrui e ti parlerò degli insegnamenti che ne ho ricavato. Sono una femmina che ti ama come tu ami me e ti darò il figlio dei tuoi sogni. Con il tempo scoprirai che permettere ai sogni altrui di realizzarsi è molto, molto più gratificante che realizzare i propri. Fai imparare a memoria quella piccola filastrocca, che tu sai così bene, alla nostra creatura. Ti amo Giulio». Se ne andò la notte dopo avere partorito Giulio la amava e prese una decisione sbagliata, una delle tante. Diede la colpa di questo al figlio e non volle più rivederlo. Se ne andò in punta di piedi. Ogni tanto, pensava alla filastrocca che sua moglie, la sua sempre amata voleva che lui passasse a suo figlio. Curati dei tuoi pensieri: diventeranno le tue parole. Curati delle tue parole: diventeranno le tue azioni. Curati delle tue azioni: diventeranno le tue abitudini. Curati delle tue abitudini: diventeranno il tuo carattere. Curati del tuo carattere: diventerà il tuo destino. Ora erano solo sue quelle parole, un tormento. Non sarebbe mai stato capace di rimuoverle se non convidendole con qualcuno. Ora era tardi per qualsiasi cosa. Lasciando suo figlio lo aveva ucciso e colui che uccide un bambino può giudicare se stesso, non più gli altri. Klaus, Cittadino responsabile Sommario What I planned, what happened ......1 La truffa ....................................................2 Suggerimenti di lettura ........................3 Avventura ..................................................4 Ecco continua a nevicare ......................5 Il bicchiere mezzo pieno........................6 Il futuro dei miei......................................7 Incontrarci per raccontarci ..............8-9 La Bellezza delle Cose ......................10 PERIODICO TRIMESTRALE DI MEDICINA NARRATIVA n.10 dicembre 2014

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Giulio nonriusciva aconcentrarsi

nella lettura delgiornale. Leggevale parole che simettevano a fuoco esubito doposi sfuocavano giocandocon lui come la FataMorgana che avevaconosciuto nel desertoquando era stato inAfrica. Le lettereprendevano nuoveforme e assumevanole sembianze di torri,pinnacoli, obelischi.

Si trattava di un effettodovuto alla particolaredistribuzione dell’indice di rifrazionedella luce del sole in diversi stratid’aria e quindi, per certi versi,analogo al miraggio.

Ripensò a suo figlio, nato a Sarzana.Gli avevano dato il nome di Filippo,non si ricordava perché. Sua madreaveva scoperto, durante l’ultimaecografia all’ospedale, di avere untumore. Il dottore le aveva dato daidue ai tre mesi di vita.Lei, che non parlava molto, avevarassicurato Giulio: durante il parto,oltre al figlio, avrebbe espulso ancheil cancro.

Prima che arrivassero le doglie glidisse: «Ti voglio parlare dei mieisogni d’infanzia e di come li horealizzati. Da questo punto di vistasono stata una donna moltofortunata. Ti parlerò di come credodi aver reso possibili i sogni altrui eti parlerò degli insegnamenti che neho ricavato. Sono una femmina che tiama come tu ami me e ti darò il figliodei tuoi sogni. Con il tempo scopriraiche permettere ai sogni altrui direalizzarsi è molto, molto piùgratificante che realizzare i propri.

Fai imparare amemoria quellapiccola filastrocca,che tu sai così bene,alla nostra creatura.Ti amo Giulio».Se ne andò la nottedopo avere partorito

Giulio la amava eprese una decisionesbagliata, una delletante. Diedela colpa di questoal figlio e non vollepiù rivederlo.Se ne andò in puntadi piedi.

Ogni tanto, pensavaalla filastrocca che

sua moglie, la sua sempre amatavoleva che lui passasse a suo figlio.

Curati dei tuoi pensieri:diventeranno le tue parole.Curati delle tue parole:diventeranno le tue azioni.Curati delle tue azioni:diventeranno le tue abitudini.Curati delle tue abitudini:diventeranno il tuo carattere.Curati del tuo carattere:diventerà il tuo destino.

Ora erano solo sue quelle parole, untormento. Non sarebbe mai statocapace di rimuoverle se nonconvidendole con qualcuno.Ora era tardi per qualsiasi cosa.Lasciando suo figlio lo aveva ucciso ecolui che uccide un bambino puògiudicare se stesso, non più gli altri.

Klaus, Cittadino responsabile

SommarioWhat I planned, what happened ......1

La truffa ....................................................2

Suggerimenti di lettura ........................3

Avventura..................................................4

Ecco continua a nevicare ......................5

Il bicchiere mezzo pieno........................6

Il futuro dei miei......................................7

Incontrarci per raccontarci ..............8-9

La Bellezza delle Cose......................10

PERIODICO TRIMESTRALE DI MEDICINA NARRATIVA n.10 dicembre 2014

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Atto IChi è il signor W alla primavista? Uomo di 70 anni, affettoda 6 mesi da tumore dellatesta del pancreasmetastatizzato, operato,chemio trattato, CT“momentaneamente sospesa”,ha dolore non controllato ,non mangia . Lui vive da soloed è il papà del VulcanoMargherita professione chirurgo,che ci attiva perché “ vuole faresolo la figlia , non il medico”.Suono, viene ad aprirmi ilmalato,ci presentiamo, lui,scheletrico, molto composto, lapianta della flebo nella sinistra,mi porge la destra e mi invita adaccomodarmi su un divano dipelle bianca grandissimo ebassissimo. Strana quella casa chesembra una essere unagarçonnière e contrasta così tantocon l’aspetto del malato.Sprofondo nel divano e Il malato,che siede sulla sua poltroncinadue volte più alta, cortesementemi interroga sul mio ruolo e sulfunzionamento e l’obiettivo dellanostra associazione sua. Avrò horisposto bene? Sembra unparadosso ma mi vienecomplicatissimo spiegargli cosafaccio.Finalmente mi indica la saccadella flebo. Il Vulcano Margheritachirurgo per l’week end ne haprogrammato alcune sacche chele sue infermiere attaccano almattino e lui stesso stacca allasera. “dottoressa tre giorni fa nonriuscivo più a reggermi in piedi,con queste ora mi alzo e possocamminare”. Io vorrei potere dinuovo mangiare ma non ci riesco.Lei cosa mi consiglia? Imbastiscouna risposta, indirizzo il discorsosul dolore, che c’è , ma non è lui aparlarmene, sono io, ma, ecco cheentra la vulcanica Margherita e misalva in corner . In seguito ilmalato mi interrogherà più voltesulla nostra associazione e sulnostro lavoro.

Atto IIIn un mesetto il signor W riesce dinuovo ad alimentarsidiscretamente e il dolore è piùcontrollato ma una nottealzandosi cade e si ferisce la testa.lui, su insistenza delle figlie enostra, accetta passivamente divivere con una badante Svetlana.La luce nei suoi occhi si spegne.Non mi parla più di natura, di voli,di viaggi.I figli e i nipotini partono per levacanze. Svetlana una notte ,insospettita da un rumore, si alzae trova il malato in cucina che si“gratta”la schiena con un grossocoltello da cucina.La notte successiva il malato sialza e inizia a preparare le valige,dice che la mattina successivatornerà a casa e poi si imbarcheràper un viaggio. Svetlana tentainvano di convincerlo che è notte,che è già nella sua casa ma ilmalato prosegue e preparanoassieme le valige con oggetti elibri. Al mattino si addormentastravolto La notte successiva sialza di nuovo prepara la valigia ela borsa con gli effetti personalima al mattino non si addormenta,si veste prende le chiavi di casa,apre la porta , prende i bagagli ,chiama l’ascensore. VelocissimaSvetlana lo ferma. Il malatoreagisce minacciandola, Svetlananon cede, lui cerca di farle male.Le ordina di andarsene. Lei, nonso come, lo convince ad aspettarela figlia, mi telefona. Salgo con ilcuore in gola, la porta è aperta, c’èil caos nella garçonnière.

Lui è in piedipallido,immobile, uncerottone in testa. Mii siedosul divano, gli chiedo disedersi, lui si siede, gliprendo istintivamente lamano. Mi gela... “eee nodottoressa lasci perdere, èfinita, se ne vada, se ne vadadi cui per piacere, lacommedia è finita. Lei è stataal gioco, mi ha truffato e se io

volessi potrei rovinarla e persempre e lei sarebbe finita , unpovero essere”Mi vengono i brividi, adessofinalmente inizio a capire ma ètroppo tardi ormai per spiegare ecomunque ha ragione lui, l’hotruffato.Entra il vulcano Margherita cheviene attaccata dal padre ma poicon diplomazia e dolcezza riescea spegnere in lui un po’ diviolenza. Margherita propone dibere un caffè assieme, caffè alquale aggiunge o aggiungiamoAlprazolam , il malato si rilassa econ dolcezza Margherita lo mettea letto. Poi noi, Svetlana e io ,andremo a casa nostra, lui rimarràper il week end in quella casa conla figlia a riposare , non riusciràpiù a reggersi in piedi, ne a berene a mangiare, cosciente aprirà gliocchi di tanto in tanto, poi allunedì verrà ricoverato inHospice, chiuderà gli occhi e noncomunicherà più.Chi è il signor W alla fine dellaassistenza ? E’ un malato con untumore metastatizzato della testadel pancreas operato, chemiotrattato con terapia oncologicaconclusa.E’ un ingegnere tipo che amaprofondamente la natura e larispetta. Con la moglie abitavanella loro casa fuori città immersanel verde. Ha tre figli e 3 nipotini.La moglie è mortada un anno per un tumoremammario e in quella casa luiviveva solo. Ma, dopo l’intervento,la figlia MargheritaVulcano ha insistito

La Truffa commedia in due atti

( segue a pg. 3 )

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La Truffasegue da pag 2

L'ultima lezioneRandy Pausch, Jeffry Zaslow

Edizione Rizzoli 2008

Scritto con stile semplice, leggero e molto di-retto. La forza della parola è presente più che maied è una storia di quelle difficili da dimenticare.

La canzone dei mille rimpiantiErik OrsennaEdizione Ponte alle Grazie 2009

Cercare l'amoredella vita eperderlo, persempre. Unacanzone all'amore,per la compagnaamata eprematuramentescomparsa, chetocca le corde piùprofonde e sitrasforma in unacanzone dolce emalinconica.

Suggerimenti di lettura

Vi doniamo volentieri questi suggerimentie ne accogliamo da voi,

inviatieli ai nostri indirizzi di posta elettronica:[email protected] [email protected]

perché si trasferisse per lachemioterapia vicino all’ospedale e aifigli e gli ha trovato un appartamentoarredato nel centro di Milano dove gliha traslocato alcuni libri, la suapoltrona preferita e i crocifissi.Lui, confidando nei medici e credendodi guarire ha accettato il trasferimentogiusto per il tempo dellachemioterapia.Se gli fosse stata detta la verità, seavesse saputo di morire presto, nonavrebbe mai lasciato la sua casa.A me il malato ha chiesto come poteremangiare per rinforzarsi, io gli horisposto come controllare il dolore.Voleva stare solo e ha dovuto viverecon Svetlana.Non c’è stato bisogno al quale abbiarisposto adeguatamente.Siamo riusciti infine a rubare al signorZeta anche la morte.

Alessandra, medico palliativista.

PS Anche nell’ angoscia della morte,del dolore e delle brutture, resta la famee insieme alla fame la vita con tuttala sua pace. Come se i nostri corpi,più saggi di noi, ci incoraggiassero,contro di noi e quello che abbiamoimparato e ci costringesseroa rispondere e a mangiare.

Molta pazzia è divino buon sensoper un occhio avvertito

molto buon senso,pura pazzia

è la maggioranzain questo, come in tutto,

a prevalereDì sì e sei sano ribellati

subito sei pericolosoe ti trattano con catene

E.D.

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Schiacciata, cometutti, sotto ilpeso inesorabile

della calura agostana;come tutti inspasmodica attesadella pioggia, Chiaraaspetta anche unachiamata dallaCentrale Operativa edè pronta per ilprossimo servizio. Trauna visita e l’altra hatempo per leggerequalche poesia diPessoa, il suo poetapreferito, e ha mododi riflettere sulla sua vita lavorativa...È ormai da dieci anni che svolgeturni di Guardia Medica, adora la suaprofessione e cerca di svolgerla conscienza e coscienza. Stranamentequell’attività viene considerata daalcuni colleghi arroganti lacenerentola di tutte le medicine,roba per falliti, per chi ha unanecessità immediata di liquidi, perspecializzandi in attesa diqualificazione... C’era stato untentativo di riabilitarla da parte diuna dirigente ASL. Era stato perfinocambiato il nobile e antico nome diGuardia Medica in uno più asettico eche, secondo alcuni, suonava meglio:“continuità assistenziale.” Forse sipensava, con questo nuovo nome, diriscattare la guardia medica dallevecchie diffamazioni, pregiudizi eluoghi comuni... di cui eracircondata? Forse si pensava conquesta nuova denominazione di daremaggiore dignità al ruolo del medicodi guardia e di farlo assurgere alpiano prestigioso del medico difamiglia?... A Chiara sembrava che laprofessione di Guardia Medica nonavesse bisogno di cambiare nomeperché aveva già una sua peculiaredignità e finalità, diversa da quelladel medico generalista.

Continuavano i soliti turni diurni enotturni, festivi e prefestivi... Casedei ricchi e case dei poveri, sudicialbergucci di periferia, lussuosialberghi del centro ove puoi esserechiamata a visitare un sultano arabo

con il suo harem al seguito..., sacchedi miseria e di degrado da terzomondo, proprio in zone centrali, nonlontane dai palazzi e dalle ville dellaMilano bene... visite all’ultimo pianodi case di ringhiera in cima alle qualiarrivi con il fiatone e tutta sudata,piegata in due sotto il peso deiborsoni carichi di farmaci estrumenti di lavoro indispensabiliper la diagnosi e la terapia, ausilipreziosi da cui non ti separi mai.

Durante quell’estate, continuavano apervenire a Chiara, regolari comebollettini di guerra, le comunicazionidella ASL, di massima allerta per imedici di guardia a causa delperdurare della straordinaria ondatadi calore che si era abbattuta sullacittà,... gli interventi per colpi dicalore e per colpi di sole eranoall’ordine del giorno, massimo rischiodi scompenso per anziani e fragili.Eppure a Chiara quel lavoro piacevamoltissimo e ne era massimamenteorgogliosa. Nell’arco del suo lungopercorso lavorativo aveva visitatoanche numerosi pazienti stranieri,presenti in città o per turismo o perlavoro e aveva ricevuto da loroapprezzabili complimentisull’organizzazione della GuardiaMedica a Milano, sulla velocità degliinterventi e sulla professionalità deimedici chiamati ad assolverli. Moltidi questi pazienti le avevano riferito,lagnandosi, che un servizio sanitariosimile al nostro, efficiente, gratuito ea completa disposizione del

cittadino, è difficiletrovarlo in altremetropoli europee;essi ce lo invidiano,lo vedono come unmodello diriferimento e siaugurano che possaessere esteso anchealle loro città diprovenienza.

Chiara trovava il suolavoro faticoso e digranderesponsabilità maanche avvincente,

persino avventuroso intendendo per“avventura” ogni incontro, ogniesperienza che accenda una lucenuova su un aspetto nascosto oinsolito della realtà e degli esseriumani con cui vieni in contatto. Lerisuonavano ancora nell’orecchio leparole di scherno pronunciate da ungiovane collega chirurgo di ungrande ospedale cittadino, il quale difronte a tutti, in Pronto Soccorso,con un sorriso sarcastico sulle labbra, le aveva detto: “Hai superatol’esame di stato già da moli anni e faiancora la Guardia Medica? Ma non tivergogni?” Chiara non aveva maidimenticato quelle parole sprezzanti,non l’ avevano offesa maprofondamente sorpresa eamareggiata. Lei era innamorata delsuo lavoro, ne vedeva l’intrinsecabellezza e si meravigliava che altrinon la percepissero... lei, dall’indolenomade, inquieta e curiosa, nonavrebbe potuto fare nessun altrolavoro nella vita se non quello; quellavoro sembrava fatto su misura perlei... si può dire che ne fossepredestinata...

Tutti questi pensieri fluttuavanonella mente di Chiara quandoimprovvisamente squillò il telefono:era la Centrale Operativa. Subito inpiedi, con i suoi borsoni, Chiara èpronta per correre incontro a unanuova avventura fatta di umanità esofferenza...

Chiara (studentessa 9° Master)

Avventura

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Ecco continua a nevicare; erainiziato a maggio, quellanevicata speciale, che non

porta il freddo, ma il bianco deifiocchi di neve che giocanosparpagliati nel cielo, rendendo ilpaesaggio intorno delicato come loera la mia Maria.

Ho pensato anche a lei caro Prof,e mi auguro con grande piacere chetutto proceda per il meglio nellasua vita, io proseguo la mia, avendocome obbiettivo la crescita ela felicità di Mattia.

La memoria mi riporta inesorabilea rivivere i momenti di angosciae di dolore legati a sequenze disperanze e disperazione,che ho condiviso con Maria.

La nostra storia ebbe inizio circa 14anni fa, lei separata senza figli, ioseparato con tre figli. Iniziamo afrequentarci, per poi decidere a brevedi andare a convivere. Nella nostramente il desiderio di avere un figliotutto nostro, e così quando ilginecologo ci comunica dellagravidanza, si immagini la gioia perentrambi e in modo particolareper Maria, che a suo tempo fùcolpevolizzata dall’ex marito di nonessere riuscita ad avere un figlio.Dopo poche settimane in una visitadi controllo il dott. Di Tizio scopreil dramma, e comunica la terribilesentenza: “spina bifida”. Urla e pianti,Maria riconosce di essere una ragazzasfortunata. Ma dopo meno di 18 mesiriproviamo con una nuova

gravidanza, e il regalo più grande èstato quello di avere Mattia con noi.La vita diventa una storia stupendaassieme a Maria e al nostro bambino.

C’erano tutte le premesse per attimidi felicità, soprattutto dopo la nascitadi Mattia, quando piccole nubi diincomprensione appaionoall’orizzonte della nostra storia.Problemi causati dalla presenzainvadente della madre di Maria, laquale sembra prendere il sopravventoall’interno della mia famiglia, facendoleva sulla sua forza di madre, e io misento tagliato fuori, messo indisparte. Ma non demordo, nulla èprioritario all’infuori di Mattia e conlui Maria, quindi decidiamo di partireper una vacanza, e il mio intentoè quello di ristabilire un equilibrio

nella nostra relazione, e cercare disoffiare via quelle nubi che oscuranola nostra felicità.

So di avere fatto una scelta giusta,perché ritrovo la serenità della miafamiglia e il sorriso di Maria in queigiorni, ma fu di breve durata, si stavasolo preparando il peggio con l’arrivoquesta volta di nuvole di tempesta:Maria accusa una forte stitichezza,rientriamo dalle vacanze e percasualità, nella visita di controlloginecologica, scopre la massa aridosso del colon. Inizia l’iter e dopola colonscopia il medico ci rivela lapresenza di una massa tumoralemaligna di grosse dimensioni.E’ Così che ci indirizza da lei,il nostro caro Prof.

Questi momenti terribili hannopermesso a me e Maria diriavvicinarci, e pensare con estremafreddezza e lucidità a quanto erapossibile fare per sopravvivereil più a lungo possibile.Allo stesso modo, quando le speranzehanno smesso di illuderci, ci siamoconcentrati sul il futuro di nostrofiglio Mattia .

Il mio compito adesso è arduo egravoso per la tenera età di Mattia,ma il giuramento fatto a Maria miconforta e mi è di aiuto e forza. Lafamiglia di Maria mi crea ancoramolti problemi, dimenticando ilparticolare che mai ho lasciato Mariasola, e gli sono sempre stato accanto.L’ amore per Mattia, è adesso più chemai, ciò che più mi conforta e mi dà ilcoraggio di andare avanti.

Devo però ringraziarla per il suoimpegno e quello delmeraviglioso personale delloIEO, che ha reso possibile a mee Maria, di vivere una illusioneterrena.Grazie di cuore, ti voglio beneProf. Il mio è un saluto e non unaddio. Buon lavoro,

Patrizio

Ecco continua a nevicare

MARIA... l’abbiamo conosciuta nel raccontodi Bruno pubblicato sul n°� della Bellezzadelle cose nella storia “Nevica a maggio”

La storia è poi continuata nel racconto pub-blicato nel n°� della Bellezza delle cose,“Anche la neve fa rumore”, arricchita dal di-segno del piccolo Mattia.

Patrizio, il marito di Maria ci regala altre pa-role per lei, e la Bellezza delle cose raccontacon affetto.

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La mia esperienza da tirocinante assistente familiare

ALI AI PIEDITirocinio alla “Nemo”: mi impegnoper arrivare puntuale. Fin dall’inizioti accorgi che il caregiver è in realtàcolui che mette in risalto il “bicchie-re mezzo pieno”. Il bicchiere mezzovuoto lo vede già da se il paziente.E allora impari a mostrare tutto ciòche può dare sollievo e benesserealla persona alla quale stai dedican-do le tue cure. Gli mostri quello chec’è fuori: una bella giornata non co-mincerà sempre con un sole splen-dente, ma noi possiamo renderlamigliore con un’igiene accurata delpaziente, l’uso di creme emollientiprofumate, ma anche immergere leloro mani nell'acqua calda e indu-giare dolcemente nell’accarezzarecon la schiuma le braccia le gambe;farli sentire curati e in ordine. Ladignità del paziente non viene tra-scurata. Questo aiuta a migliorarela loro qualità di vita. Anche la mu-sica: accendere la radio per dar lorouna terapia che non sia necessaria-mente una medicina, ma un mezzoper stimolare la voglia di fare e dicontinuare, nonostante la malattia

L'INIZIAZIONEM, ad esempio, non è semplicemen-te una paziente. Lei non articola leparole, ma si fa capire piuttosto be-ne, gesticolando oppure scrivendosul suo inseparabile taccuino. Scri-ve molto, di lei mi ha colpito la te-nerezza dei suoi gesti. E’ una perso-na solare. Scherza con gli operatori,ed è incredibilmente vivace, tantoda creare spesso inconvenienti chefiniscono comunque col far sorride-re anche noi: con le sue riviste scan-dalistiche, la sua agenda con pennae la sua inseparabile radiolina. Ilgiorno che suo figlio viene a trovar-la, lei è emozionata e si prepara benprima dell’arrivo del figlio. Mi fa se-gno all’orologio a muro: “Mezzogior-no” quindi esce nel corridoio e simette davanti alla porta a vetri dell’ingresso. Le facciamo notare chenon è salutare per lei stare davantiad una porta , rischia di prenderefreddo. Ma non se ne cura, non vedel’ora di godersi la visita del figlio

LA VARIABILE IMPAZZITAIl signor E. mi porta a comprenderequanto difficile sia trovare un mala-to SLA con caratteristiche uguali aun altro. La sera del suo breve rico-vero per un cambio cannula, l’infer-miere mi chiede se voglio imboccareil signor E. Lì per lì rimango un atti-mo perplesso perchè tutti i pazientiche ho visto tracheostomizzati, han-no la Peg, nessuno di loro assumecibo per bocca. Così, incuriositoquanto mai, mi presento al signorE., un uomo grande come me e dalfisico massiccio. Quando inizio adimboccarlo, la prima forchettata dipasta è un pochino tremolante; ep-pure lui mangia voracemente e, conmia grande sorpresa, dopo un pò michiede se non posso farle più grandiqueste porzioni. Così, con grandestupore, mi accorgo che riesce adingurgitare quattro pennette pervolta e finisce il piatto in men chenon si dica. Poi mi chiede polpetti-ne di verdura e si divora anchequelle. Mi chiede il pane e a quelpunto, mi chiedo se si tratta di unoscherzo architettato contro di me.E invece no! Si mangia mezzo pani-no. Poi il fruttino. A fine pasto assu-me la sua terapia con grandi cuc-chiaiate di budino al cioccolato...non ho più parole! La sua storia per-sonale parla di un uomo che a pocoa poco ha cercato di combattere lasua malattia , non accettando maidi rinunciare al piacere del cibo.Cuoco di professione, con la suagrande passione per la cucina, nonha mai accettato di sottoporsi al-l’alimentazione enterale. Così, spe-rimentando poco alla volta sulla sua

pelle, ha cominciato ad as-sumere cibo, pochi bocconialla volta, fino a un pastocompleto Di certo la capar-bietà non gli fà difetto. E lavoglia di combattere nem-meno!

A PROPOSITO DI RQuando ormai,giunto all'ul-tima settimana di tirociniopensi di aver raggunto unbuon livello di apprendi-mento,ti accorgi che, in re-altà, hai ancora moltissimo

da imparare: mi viene affidata R.,una ragazza davvero speciale, mala-ta di SLA, che mi insegnerà che co-sa è la comunicazione . R usa un co-municatore e il movimento dei suoiocchi per farsi meglio comprendereda chi gli sta vicino. L'unico movi-mento possibile è quello delle ditadella mano destra,quasi impercetti-bile.Iniziamo la giornata con l’igie-ne: bagno con l'idromassaggio, lelaviamo per bene i capelli.poi al ter-mine la riportiamo a letto e la ve-stiamo. Poi mi dice: “Devi impararead scoltare il paziente, devi guar-darmi negli occhi per capire se tisto dando dei segnali. Quando mihai infilato il braccio nel golfino mihai fatto male! Devi capire dal miosguardo quando fermarti. Non insi-stere!”. E' così, trascorriamo le mat-tinate a interagire, in parte attra-verso il comunicatore e in parte conil movimento dei suoi occhi. Lei miaiuta nelle parti lacunose, facendo-mi ripetere più e più volte interven-ti che mi creano ancora insicurezza.

LA STORIA INFINITAUna mia amica e compagna di cor-so, con la quale ci scambiamo rego-larmente impressioni e pareri sullereciproche esperienze, parlandoledei pazienti che ho conosciuto, miriferisce che, sia M., che E., li possotrovare entrambi nella struttura pri-vata non molto distante da dove abi-to io. E così, felice all'idea di rive-derli, un pomeriggio decido di farloro visita e da allora diventa davve-ro una storia infinita.

Wjlliam, 7° Corso assistenti familiari

Il bicchiere mezzo pieno

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Un dialogo fra zio e nipotesu una carretta del mare,che può aiutarcia dare un significatodiverso alle paroleextracomunitario,immigrato, clandestino...

Su una nave. In mare.Da qualche parte.“ Zio Amadou?”“ Si…”“ Zio?”.“ Si?”.“ Mi senti?”:“ Si che ti sento…”.“ Ma non mi guardi…”.L’ uomo si volta ed accontenta ilnipote:“ Stai tranquillo”, gli diceinarcando il sopraciglio sinistro:“ Le mie orecchie funzionano beneanche senza l’aiuto degli occhi...”.E si volta a studiare le onde.Il ragazzino poco più di sei anni, loosservo dubbioso, tuttavia si fida eriattacca:“ Zio…Tu conosci bene l’ italiano?”“ Certo, laggiù ci sono già stato duevolte”.“ Conosci proprio tutte le parole?”.“ Sicuro , Ousmane”.Il nipote si guarda in giro, come seavesse timore di essere udito daaltri, e arriva al sodo:“ Cosa vuol dire extracomunitario?”.L’ uomo, alto e magro, ha trent’anni,ma la barba grigia gliene aggiungealmeno una decina. Non appenacoglie l’ultima parola del bambino ,si gira di scatto e fissa i propriocchi nei suoi. Trascorre un breveistante che tra i due sa di eternità,possibile solo in un viaggio in cui èin gioco la vita.“ Extracomunitario dici?”, ripeteabbozzando un sorriso sincero.“ Extracomunitario è bellissimaparola. I comunitari sono quelli chevivono tutti in una sola comunità,come gli italiani, el’extracomunitario è colui che neentra a far parte arrivando dalontano. Non appena i comunitari

lo vedono capiscono subito che haqualcosa che loro non hanno,qualcosa che non hanno mai visto,un extra, cioè qualcosa in più.Ecco un extracomunitario èqualcuno che viene da lontanoa portare qualcosa in più “.“ E questo qualcosa in più è unacosa bella?”.“ Certamente!”, esclama Amadouaccalorato,“ Tu ed io, una volta giunti in Italia,diventeremo extracomunitari.o lo sono così così, ma tu sei disicuro una cosa bella, bellissima”.L’ uomo riprende a far correre losguardo sulla superficie dell’acqua,quando Ousmane lo informa che l’interrogatorio non è ancoraterminato:“ Zio, cosa vuol dire immigrato?”Lo zio stavolta sembra piùpreparato e rispondeimmediatamente:“ Immigrato è una parola più belladi extracomunitario. Devi sapereche quando noi extracomunitariarriveremo in Italia e inizieremo avivere li, diventeremo degliimmigrati”.“ Anche io?”.“ Si anche tu. Un bambinoimmigrato. E siccome sei anche unextracomunitario, cioè uno cheporta alla comunità qualcosa in piùdi bello, tutti gli italiani con cuifaremo amicizia ci diranno grazie,cioè ci saranno grati.Da cui imm-grati. Chiaro?”“ Chiaro, zio. Primaextracomunitari e poi immigrati”.“ Bravo”, approva Amodou e ritorna

soddisfatto ad ammirare il mareche abbraccia la nave..Ciònonostante, non ha il tempo dilasciarsi rapire nuovamente daiflutti che il bambino richiamaancora la sua attenzione:“ Zio..”“Si ?”, fa l’uomo voltandosi perl’ennesima volta.“ E cosa vuol dire clandestino?”.Questa volta Amodou compie unenorme sforzo per sorridere,tuttavia riesce nell’impresa:“ Clandestino... sai, questa è laparola più importante. Noiextracomunitari, prima didiventare migranti, siamo stati deiclandestini. I comunitari, comequasi tutti gli italiani cheincontrerai di passaggio, moltoprobabilmente ancora non lo sannoche tu hai qualcosa in più di bello equalcuno di loro potrà al contrarioinsinuare che sia qualcosa dibrutto. Tu non devi credere aqueste persone, mai. Promettilo!”.Il tono dell’uomo divenneall’improvviso aggressivo, malgradoAmadou non se ne accorga.“ Lo prometto!” si affretta arispondere il bambino, sebbene nonsia affatto spaventato.“E per quante persone possanonegarlo”, prosegue lo zio,“ Tu sei qualcosa in più di bello equesto a prescindere da quel chepensano gli altri. E lo sai perché?”.“ Perché ?”“ Perché tu sei un clandestino. Tusei il destino del tuo clan, cioè dellatua famiglia. Tu sei il futuro deituoi cari...”. L’ uomo riprende adosservare il mare.Ousmane finalmente smette difissare lo zio e si volta anch’egliverso le onde. Mi correggo, il suosguardo le sovrasta e punta oltre,all’orizzonte.“ Sono il futuro dei miei...”, pensa ilbambino.Le parole si mescolano ad orgoglioe commozione, gioia e fierezza.E chi può essere così ingenuo dapensare di poterlo fermare?

Alessandro Ghebreigziabiher

Il futuro dei miei

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Dal mese di ottobre con cadenza settima-nale ( ogni lunedì), Studenti delMaster inCure Palliative e Operatori sociosanitari, siincontrano per condivideremomenti di ri-flessione su varie tematiche riguardanti lemalattie; abbiamo raccontato di Alzheimer,condividendo il racconto “ La bella e la Be-stia” tratto dal periodico di Medicina Nar-rativa “ la Bellezza delle Cose” ( scritto daLaura un medico che ha vissuto l’espe-rienza di figlia accanto alla madre affettada Alzheimer).

Abbiamo poi riflettuto sulla visione di duevideo clips, che potete rivedere ai seguentiindirizzi

https://www.youtube.com/watch?v=_YOqWqo9ctACos'è quello?Diventare Genitori Eccellenti

ascina è simbolo e meta-fora di legame con il pas-

sato e la tradizione e le proprieradici, ma la cascina lombarda èsempre luogo aperto al cambiamento ealla transculturalità: i braccianti agricoli si spo-

stavanodi cascina in cascina a se-conda dei raccolti annuali e por-tavano con se le loro lingue e i loro

costumi e le loro abitudini: Brandez-zata quindi luogo di radici e di futuro in-

contro di stagioni passate e di stagioni future.

Incontrarci per raccontarciCentro Universitario Interdipartimentale per le Cure palliative Cascina Brandezzata via Ripamonti ��8 Milano

C

Ogni giornocortometraggio di Francesco Felliche trovate al seguente indirizzo:https://www.youtube.com/watch?v=U_IVuJkH81M

This is a storyhttps://www.youtube.com/watch?v=FL_Jz9OCec0

Ci siamo confrontati su una malattiadegenerativa come la SLA, leggendo“Asimmetrie Evolutive” di S.Bastianello:la storia di Stefania e di Cesare chehanno vissuto l’esperienza della SLA,riflettendo con la visione del video clips

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Incontrarciper raccontarciCentro UniversitarioInterdipartimentaleper le Cure palliativeCascina Brandezzatavia Ripamonti ��8 Milano

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LA BELLEZZA DELLE COSE è uN PERIODICO DI MEDICINA NARRATIVA,

REgISTRATO PRESSO IL TRIBuNALE DI MILANO. LA BELLEZZA DELLE

COSE è uNA INIZIATIVA SIA DEgLI STuDENTI DEI MASTER IN CuRE

PALLIATIVE E DEI CORSI DI FORMAZIONE PER ASSISTENTI FAMILIARI,

SIA DEL PERSONALE SANITARIO E DEI VOLONTARI DELL’HOSPICE

CASCINA BRANDEZZATA. LA BELLEZZA DELLE COSE è IL MONTAggIO

DI “PEZZI DI VITA” DI CHI VIVE O HA VISSuTO L’ESPERIENZA DI

PAZIENTI CON MALATTIE INguARIBILI (ONCOLOgICHE E NON

ONCOLOgICHE) O DI PERSONE CON gRAVI FRAgILITà PSICO-FISICO-

SOCIALI CHE VIVONO NELLA COMuNITà. LE NARRAZIONI

POTREBBERO DARE uN SENSO ALLA SOFFERENZA DI PERSONE CHE,

ANCHE gRAZIE ALLA TESTIMONIANZA DI “PEZZI” DELLA LORO VITA,

RIMARRANNO NELLE MEMORIA DI COLORO CHE

LE HANNO CONOSCIuTE E CHE

VOgLIONO COMPRENDERE

SENZA DIMENTICARE.

OGNI CONTRIBUTO DEVE RIPORTARE:.Titolo.Nome e Cognome dell’Autore, con in-dirizzo E-mail e recapito telefonico..Qualifica dell’Autore, Istituto di appar-tenenza (se dipendente) e città di resi-denza..La lunghezza delle narrazioni deve es-sere contenibile in una o almassimoduepagine del periodico. I testi devono esse-re inviati sotto forma di file word..Nel casodi“riflessioni sull’argomento”, iltesto deve prevedere una introduzionesintetica, unaconclusionee2-3 voci biblio-grafiche (secondo le norme redazionalidella Rivista Italiana di Cure Palliative)..Eventuali riferimenti bibliografici devo-no essere numerati nell’ordine di citazio-ne nel testo (dove vanno riportati tra pa-rentesi).

NORME EDITORIALI PER GLI AUTORI

Il periodico pubblica:- narrazioni di famigliari, caregiver, ope-ratori socio-sanitari e volontari che assi-stono o hanno assistito Pazienti conma-lattie avanzate (oncologiche e nononco-logiche);. - ricordi donati dai Pazienti edai Famigliari(foto, oggetti, pensieri, poesie…);. - riflessioni sull’assistenza a Pazienti conmalattie inguaribili/ terminali e a Personecongravi fragilità psico-fisiche che vivononella comunità.I contributi sono valutati dal Comitato diRedazione per la eventuale pubblicazio-ne; le narrazioni non pubblicate, se con-sentitodagli Autori, sarannoconservate inun archivio, e raccolte ogni anno in un li-bro dedicato.Gli Autori dei contributi potrebberoessereinvitati ad operare modifiche marginaliproposte dal comitato di redazione.

AUTORIZZAZIONI.Nel caso di narrazioni relative a Pazien-ti e nel caso di storie ambientate pressoStrutture socio-sanitarie, l’Autore deve ot-tenere, nel rispetto del Dlgs 196/2003,l’autorizzazione alla pubblicazionedapar-te del paziente (in assenza del Paziente oin casodi sua incompetenza, da parte delFamigliare-Caregiver) e da parte del Re-sponsabile della struttura.

Raccontarsi consemplicità e in amiciziacon familiari,caregivers, personalesanitario e volontari

DIRETTORE RESPONSABILEBruno Andreoni

COMITATO DI REDAZIONEAdele Calori, Alessandra Favero, CristianaGerosa, Maryla Guzman, Cinzia Pellegrini,Mara Rold, Ornella Schito

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