PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO …

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“Rallegrati, piena di grazia” MARIA, PIENA DELLA GRAZIA DI DIO PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT “Rallegrati, piena di grazia” MARIA, PIENA DELLA GRAZIA DI DIO 87 I 2006 PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT In caso di mancato recapito, restituire a “Venite e Vedrete” c/o Adria Maffei Nazzaro, Via Antonio Cesare Carelli, 15/i - 71100 Foggia - una copia 4,50 Euro. Periodico - Poste Italiane Sped. in Abb. Post. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Foggia CPO

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“Rallegrati,piena di grazia”

MARIA, PIENA DELLA GRAZIA DI DIO

PERIODICO UFFICIALE DELRINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO

AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNSA CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

“Rallegrati,piena di grazia”

MARIA, PIENA DELLA GRAZIA DI DIO

87•I•2006

PERIODICO UFFICIALE DELRINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO

AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNSA CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

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PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

Periodico ufficiale del Rinnovamento nello Spirito Santoal servizio delle Comunità,non vuol essere una rivista riservataad una cerchia ristretta di lettori,ma si propone di essere:

una voce profetica per annunciare ciò che il Signoresuggerisce alle Comunità del RnS,che ha suscitato all’interno della sua Chiesa;

un servo fedele della specifica vocazionecomunitaria carismatica,attento ad approfondire i contenutispecifici del RnS;

un ricercatore scrupoloso delle ricchezzedella spiritualità della Chiesa:dai Padri al recente Magistero;

un agile mezzo spirituale di collegamentoed uno strumento di unità per presentarevita, fatti, testimonianze delle varie Comunità del RnSal fine di accrescere la conoscenza e la reciproca stima;

una finestra perennemente apertasulle realtà comunitarie carismatichedi tutto il mondo per ammiraree far conoscere le meraviglie che il Signorecontinua a compiere in mezzo al suo popolo.

Direttore responsabileOreste Pesare

CaporedattoreAntonio Montagna

Collaboratori di redazioneGiuseppe BentivegnaAlessandro CesareoDon Davide Maloberti

Tarcisio MezzettiGiuseppe Piegai

Comunità CorrispondentiLe Comunità

del Rinnovamento nello Spirito Santo

DirezioneVia Londra, 50 - 00142 Roma

Tel. e Fax 06.8606409email: [email protected]

Segreteria e servizio diffusionec/o Adria Maffei e Giuseppe A. Nazzaro

Via Antonio Cesare Carelli, 15/i - 71100 Foggiatel. 0881.613713 - Fax 0881.653309

Resp. AmministrativoFederica De Angelis

IconografiaArchivio Venite e VedreteArchivio Il Nuovo Giornale

Progetto grafico e StampaGrafiche Grilli

ProprietàRivista trimestrale di proprietà

dell’Associazione Venite e VedreteAut. Trib. di Foggia n. 435 del 5/10/1998

QUOTE ABBONAMENTO 2006(diritto a quattro numeri)

Ordinario 15,00Straordinario 30,00Sostenitore 60,00Estero (Europa) 20,00Estero (altri Paesi) 28,00

Vanno inviate a:

C/C postale 16925711 intestato a:Associazione “Venite e Vedrete”c.p. - 71016 San Severo - Foggia

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1Venite e Vedrete 87- I - 06

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EDITORIALE

PIENI DI GRAZIAOreste Pesare

“RALLEGRATI, PIENA DI GRAZIA”MARIA, PIENA DELLA GRAZIA DI DIO

Responsabili Generali della Comunità Magnificat

IN LUI ABBIAMO RICEVUTO GRAZIA SU GRAZIA...Don Patrizio Rota Scalabrini

LO SPIRITO SANTO CI FA LIBERINikol Baldacchino

SALVATI PER GRAZIATestimonianza di un Fratello alleato della Comunità Magnificat

DEUS CARITAS ESTa cura di don Davide Maloberti

MARIA, STORIA DI UNA RAGAZZA NORMALETarcisio Mezzetti

IL BATTESIMO NELLO SPIRITO, FONTE DELLA VITA NUOVA NELLA GRAZIA

Intervista a don Renato Tisota cura di Antonio Montagna

FILOCALIA CARISMATICA

GETTATE IN DIO OGNI VOSTRA PREOCCUPAZIONE (1 Pt 5,7)Giuseppe Bentivegna S.J.

NOTIZIE

NOTIZIE DAL 6° CONVEGNO GENERALE DELLA COMUNITÀ MAGNIFICATIL SITO DELLA COMUNITÀ È ONLINE!

VEGLIA DI PENTECOSTE CON IL SANTO PADRERICORDANDO MONS. DINO FOGLIO E DIANA TROVÒ

SOMMARIO

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O Dio nostro Padre,origine e fonte della vita.

Nel tuo Figlio fatto uomohai toccato la nostra carnee hai sentito la nostra fragilità.Nel tuo Figlio crocifisso e risortohai vinto la nostra paurae ci hai rigenerati a una speranza viva.

Guarda con bontà i tuoi figliche cercano e lottano, soffrono e amano,e accendi la speranza nel cuore del mondo.

Nel tuo grande amore, rendici testimoni di speranza

Cristo Gesù, Figlio del Padre, nostro fratello.

Tu, obbediente,hai vissuto la pienezza dell’amore.Tu, rifiutato,sei divenuto pietra angolare.Tu, agnello condotto alla morte,sei il buon pastore che porta l’uomo stanco e ferito.

Rivolgi il tuo sguardo su di noi,stranieri e pellegrini nel tempo.Fa’ di noi pietre scelte e preziose,e la tua Chiesa sarà lievito di speranza nel mondo.

Nel tuo grande amore, rendici testimoni di speranza

Spirito Santo, gioia del Padre, dono del Figlio.

Soffio di vita, vento di pace,sei tu la nostra forza,tu la sorgente di ogni speranza.Luce che non muore,susciti nel tempotestimoni del Risorto.

La nostra vita sia memoria del Figlio,i nostri linguaggi eco della sua voce,perché mai si spenga l’inno di gioia degli apostoli, dei martiri e dei santi, fino al giorno in cui l’intero creatodiventerà un unico canto all’Eterno.

Nel tuo grande amore, rendici testimoni di speranza

(preghiera in preparazione al IV Convegno della Chiesa Italiana in programma a Verona dal 16 al 20 ottobre 2006)

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“Rallegrati, piena di grazia”

PREGHIAMO

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La «grazia». Che bel tema «pentecostale» da approfon-dire.

In Ef 2,8, Paolo ci ricorda che siamo salvi per «grazia»mediante la fede e che questa «grazia» è dono di Dio... enon viene da noi.

Il termine «grazia» sta, infatti, per «gratuità» ed esprimela sconvolgente verità - peculiarmente cristiana - chel’onnipotente ed eterno Dio ha deciso liberamente di «do-nare» agli uomini la dignità di essere «figli di Dio» con tut-to ciò che questo comporta.

L’esperienza carismatica del Battesimo nello SpiritoSanto o Effusione dello Spirito Santo, altrimenti detta,rappresenta per noi esattamente l’appropriarci di questadignità, di questo dono di grazia. E da quel momento tut-to cambia. TUTTO CAMBIA! Chi ne fa l’esperienza divie-ne testimone di questo cambiamento con la propria vita,vivendo concretamente «per grazia» quella che noi defi-niamo «la vita nuova nello Spirito Santo».

In questa «nuova» vita non c’è alcun merito da con-quistare o da barattare con il Signore. Le sue grazie ed isuoi benefici sono gratuiti. Egli ci ama per quello che sia-mo e non per ciò che facciamo o siamo più o meno ca-paci di fare. Nemmeno la nostra incapacità a ricambiareil suo amore con la nostra fedeltà è impedimento alla suagrazia, la quale dura sempre e nonostante tutto. Questo èil nostro Dio. Questo è il Dio che ci ha salvato. Egli ha,infatti, offerto la «sua vita» affinché noi avessimo la «suavita». E per questa offerta «sovrabbondante» della sua vitanoi abbiamo ottenuto «la vita», «la vita nuova nello SpiritoSanto».

Quale mamma di Gesù prescelta da Dio Padre, MariaSantissima ha precorso i tempi cosiddetti pentecostali e,

«visitata gratuitamente» dall’amore di Dio, ha partorito almondo Gesù, il Salvatore... per grazia.

Per grazia anche molti di noi - come già miriadi di di-scepoli nel corso dei due millenni che ci hanno precedu-to - siamo stati «visitati» dall’amore di Dio mediante lo Spi-rito Santo che ci è stato donato (cf Rm 5,5)... nel giornodel nostro Battesimo, in quello della nostra Effusione edogni qualvolta noi lo invochiamo con cuore sincero. Frut-to di questa visitazione sono i fiumi d’acqua viva (cf Gv7,37ss) che ci lavano, ci dissetano, ci rinfrescano e ci ri-generano in ogni circostanza della nostra vita e che desi-derano straripare attorno a noi.

Chi, dunque, gratuitamente (per grazia) ha ricevutotutto questo, per grazia (gratuitamente) doni ciò che haricevuto! Mi è cara a questo proposito l’immagine del-l’annaffiatoio, uno strumento umile ma utilissimo. Questonon ha acqua in sé se non la prende da una fonte. Non èla fonte, ma ha la possibilità di portare l’acqua della fon-te a tante pianticelle che altrimenti non avrebbero nessu-na possibilità di sopravvivere.

In maniera simile, anche noi siamo chiamati ad esse-re annaffiatoi di grazia, annaffiatoi di Spirito Santo: fa-cendo il pieno dalla fonte dell’acqua della vita, infatti, sia-mo chiamati a portare l’acqua viva nel mondo per rige-nerarlo a vita nuova.

Fratelli, comprendete bene come, in parole semplici,questa è l’esperienza pentecostale, l’esperienza di Maria,l’esperienza che solo i «pieni di grazia» possono fare. Qua-lora tu non abbia ancora fatto il pieno, allora, non rima-nere inerte, ripiegato su te stesso. Alza lo sguardo del tuocuore a Gesù, fonte dell’acqua viva e chiedigli da bere...

Non dimenticarti, poi, di raccontarci cosa ti accadrà!

Oreste Pesare

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EDITORIALE

Venite e Vedrete 87- I - 06

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1. Per grazia di Dio sono quello che sono

La lettera vivente di Dio, che è Ma-ria, comincia con una parola così va-sta da racchiudere in sé, come un se-me, tutta quanta la vita di lei. È la pa-rola grazia. Entrando da lei, l’angelodisse: “Rallegrati, o piena di grazia”, edi nuovo: “Non temere, Maria, perchéhai trovato grazia” (Lc 1,28.30).

L’angelo, nel salutarla, non chia-ma Maria per nome, ma la chiamasemplicemente “piena di grazia” o«ricolmata di grazia»; non dice: «Ralle-grati, Maria», ma dice: “Rallegrati,piena di grazia”. Nella grazia è l’i-dentità più profonda di Maria.

Maria è, così, la proclamazionevivente, concreta, che all’inizio di tut-to, nei rapporti tra Dio e le creature,c’è la grazia. La grazia è il terreno e illuogo in cui la creatura può incontra-re il suo creatore.

La grazia è ciò per cui Dio si «spor-ge» e si china verso la creatura. “Dioè amore”, dice san Giovanni (1Gv4,8) e, appena si esce dalla Trinità,ciò equivale a dire che Dio è grazia.Che il Padre ami il Figlio, non è gra-zia, o dono, ma è esigenza paterna,cioè, in un certo senso, dovere; cheami invece noi, è pura grazia, favorelibero e immeritato.

Il Dio della Bibbia non solo «fa»grazia, ma «è» grazia. Di questa miste-

riosa grazia di Dio, Maria è una spe-cie di icona vivente. Parlando dell’u-manità di Gesù, sant’Agostino dice:In base a che cosa, l’umanità di Gesùha meritato di essere assunta dal Ver-bo eterno del Padre nell’unità dellasua persona? Quale sua opera buonaprecedette ciò? Che cosa aveva fattoprima di questo momento, che cosaaveva creduto, o chiesto, per essereinnalzata a tale ineffabile dignità?Cerca il merito, cerca la giustizia, ri-fletti e vedi se trovi altro che grazia.

Queste parole gettano una lucesingolare su tutta la persona di Maria.Di lei si deve dire, a più forte ragio-ne: Che cosa aveva fatto Maria, permeritare il privilegio di dare al Verbola sua umanità? Che cosa aveva cre-duto, chiesto, sperato o sofferto, pervenire al mondo santa e immacolata?Cerca, anche qui, il merito, cerca lagiustizia, cerca tutto ciò che vuoi, evedi se trovi in lei, all’inizio, altro chegrazia! Maria può fare sue, in tuttaverità, le parole dell’Apostolo e dire:

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“Rallegrati, piena di grazia”

PIENA DELLA GRAZIA DI DIO> Responsabili Generali della Comunità Magnificat*

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FOCUS TEOLOGICO

“Per grazia di Dio sono quello che so-no” (1Cor 15,10). Nella grazia risiedela completa spiegazione di Maria, lasua grandezza e la sua bellezza. Ma-ria è Maria perché è piena di grazia.Dire di lei che è piena di grazia è di-re tutto.

2. Cosʼè la grazia

Ma che cos’è la grazia? Partiamo,per scoprirlo, dal linguaggio correnteche è accessibile a tutti. Che cosa si-gnifica, per noi, la parola grazia? Il si-gnificato più comune è quello di bel-lezza, di fascino, di amabilità. Ma es-so non è l’unico significato. Quandodiciamo, di un condannato a morte,che è stato graziato, che ha ottenutola grazia, intendiamo dire che ha rice-vuto il favore, il condono della pena.

Anche nel linguaggio della Bib-bia, si nota lo stesso duplice signifi-cato. “Farò grazia a chi vorrò fargrazia - dice Dio - e avrò misericor-dia di chi vorrò aver misericordia”(Es 33,19). Qui è chiaro che grazia hail significato di favore assolutamentegratuito, libero e immotivato; lo stes-so che ha in Esodo 34, 6, dove Dio èdefinito “ricco di grazia e di fedeltà,che conserva il suo favore per millegenerazioni”.

Accanto a questo significato prin-cipale, si fa luce, nella Bibbia, anchel’altro significato, in cui grazia indicauna qualità inerente alla creatura, tal-volta vista come un effetto del favoredivino, e che la rende bella, attraentee amabile. Così, per esempio, si par-

la della grazia che è “diffusa sullelabbra” dello sposo regale, il più bel-lo tra i figli dell’uomo (cfr. Sal 45,3) edi una buona moglie si dice che hal’“amabilità della cerva e la grazia diuna gazzella” (Pr 5,19).

È possibile vedere un legame trale due cose: è perché Dio è passatoaccanto alla giovinetta che simboleg-gia Israele, l’ha amata e ha stretto al-leanza con lei, cioè è a causa dellagrazia di Dio, che essa è diventata“sempre più bella”, fino a essere diuna bellezza perfetta (cfr. Ez 16,8 ss).La grazia della creatura dipende dal-la grazia di Dio.

Se ora torniamo a Maria, ci accor-giamo che, nel saluto dell’angelo, siriflettono tutti e due questi significatidi grazia messi in luce. Maria ha tro-vato grazia, cioè favore, presso Dio;ella è piena del favore divino. Comele acque riempiono il mare, così lagrazia riempie l’anima di Maria. Conchi il Signore è stato più che «conlei»? A Maria Dio non solo ha dato ilsuo favore, ma ha dato tutto se stes-so nel proprio Figlio. “Il Signore ècon te”: detta di Maria, questa fraseha un significato diverso che in ognialtro caso.

In conseguenza di tutto ciò, Mariaè piena di grazia anche nell’altro si-gnificato. È bella, di quella bellezzache chiamiamo santità; tutta bella(«tota pulchra») la chiama la Chiesacon le parole del Cantico (cfr. Ct 4,1).Maria è bella perché è amata.

Questa grazia, consistente nellasantità di Maria, ha anch’essa una ca-ratteristica che la pone al di sopradella grazia di ogni altra persona. Èuna grazia incontaminata. La Chiesalatina esprime ciò con il titolo di «Im-macolata» e quella ortodossa con il ti-tolo di «Tuttasanta». L’una mette piùin risalto l’assenza di ogni peccatoanche di quello originale, l’altra met-te più in risalto la presenza in lei ditutte le virtù e di tutto lo splendoreche da ciò promana.

Anche la Chiesa è chiamata a di-venire “tutta gloriosa, senza macchiané ruga, o alcunché di simile, masanta e immacolata” (cfr. Ef 5,27).Ma ciò che è recuperato, difeso pal-mo a palmo, ripreso, raggiunto, nonè lo stesso di ciò che non è stato maiperduto. Una carta imbiancata nonsarà mai una carta bianca, né una te-la imbiancata una tela bianca, néun’anima imbiancata un’anima bian-ca. La Chiesa è liberata da ogni mac-chia, Maria è preservata da ogni mac-chia. L’una ha rughe che saranno ungiorno spianate; l’altra non ha nullada spianare per grazia di Dio.

È facile, parlando del titolo “pienadi grazia” dato dall’angelo a Maria,cadere nell’equivoco di insistere piùsulla grazia di Maria che sulla graziadi Dio. Piena di grazia è stato il pun-to di partenza privilegiato, su cui ci siè basati per definire i dogmi dell’Im-macolata concezione, dell’Assunzio-ne e quasi tutte le altre prerogative diMaria. Tutto ciò costituisce un pro-gresso per la fede. Ma, messo questoal sicuro, occorre ritornare in fretta alsenso primario di grazia, quello cheparla più di Dio che di Maria, più dicolui che dà la grazia, che di coleiche la riceve. Senza questo richiamo,

Maria è bella, di quella bellezzache chiamiamosantità. Maria è bella perché

è amata

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grazia può finire per indicare il suocontrario e cioè il merito.

La grazia di cui Maria è stata ricol-mata è la “grazia di Dio data in Cri-sto Gesù” (cfr. 1Cor 1,4), cioè il favoree la salvezza che Dio concede ormaiagli uomini, a causa della morte re-dentrice di Cristo. Maria - ha dichiara-to la Chiesa nel definire il dogma del-l’Immacolata concezione - è stata pre-servata dal peccato, in previsione deimeriti di Gesù Cristo salvatore.

In Maria contempliamo la novitàdella grazia della nuova alleanza, ri-spetto all’antica alleanza; in lei si èoperato il salto qualitativo. Quale no-vità ha portato il Figlio di Dio, venen-do nel mondo? si domanda sant’Ire-neo, e risponde: Ha portato ogni no-vità, portando se stesso. La grazia diDio non consiste più in qualche do-no di Dio, ma nel dono di se stesso;non consiste in qualche suo favore,ma nella sua presenza.

La prima cosa che la creatura de-ve fare in risposta alla grazia di Dio -ci insegna san Paolo - è di renderegrazie: “Ringrazio continuamente ilmio Dio per voi - dice - a motivo del-la grazia di Dio” (1 Cor 1,4). Allagrazia di Dio deve far seguito il gra-zie dell’uomo. Rendere grazie non si-gnifica restituire il favore, o dare ilcontraccambio. Chi potrebbe dare aDio il contraccambio di qualcosa?Ringraziare significa piuttosto rico-noscere la grazia, accettarne la gra-tuità; non volere “riscattare se stessoe dare a Dio il suo prezzo” (cfr. Sal

49,8). Per questo, esso è un atteggia-mento religioso così fondamentale.Ringraziare significa accettarsi comedebitori, come dipendenti; lasciareche Dio sia Dio.

Ed è quello che Maria ha fatto conil Magnificat: “L’anima mia magnifi-ca il Signore..., perché grandi cose hafatto in me l’Onnipotente”. Maria re-stituisce davvero a Dio il suo potere;mantiene alla grazia tutta la sua gra-tuità. Ella attribuisce allo sguardo diDio, cioè alla grazia, la grande cosache sta accadendo in lei, e non se neattribuisce alcun merito. È come sedicesse: «Guardate cosa ha fatto di meil Signore, nel giorno in cui ha rivoltoil suo sguardo all’umile sua serva!».

3. Una relazione personaledʼamore con Dio

Ma che cosa significa, per la Chie-sa e per ognuno di noi, il fatto che lastoria di Maria cominci con la parolagrazia? Significa che anche per noi,all’inizio di tutto, c’è la grazia, la libe-ra e gratuita elezione di Dio, il suo in-spiegabile favore, il suo venirci in-contro in Cristo e donarsi a noi perpuro amore. Significa che la grazia è«il primo principio» del cristianesimo.

Questa affermazione è veramenterivoluzionaria e noi siamo continua-mente tentati di sostituirla con ciòche per noi è più semplice da accet-tare e da comprendere, e cioè unasorta di «contratto con Dio». Ma il Cri-stianesimo è innanzitutto una relazio-ne personale d’amore.

La grazia è la presenza stessa diDio in noi, è “Cristo in noi, speranzadella gloria” (Col 1,27). Per ogni cri-stiano, come per Maria, la grazia rap-presenta il nucleo profondo della suarealtà e la radice della sua esistenza;ciò per cui è quello che è: “Per gra-zia di Dio sono quello che sono” (1Cor15,10). Secondo la filosofia cristiana(fondata sul concetto di grazia) «esse-re, è essere amato», cioè noi esistia-mo perché siamo amati da Dio. Lacreatura non ha altra spiegazione delsuo essere che nell’amore con cuiDio l’ha amata e, amandola, l’ha crea-ta. Dire che all’inizio di tutto c’è lagrazia, significa allora dire che all’ini-zio di tutto c’è una relazione, ed unarelazione d’amore e non un semplice«contratto di dare e avere». Significadire che noi al di fuori di essa nep-pure esistiamo. Questa è la cosa piùpreziosa che abbiamo, quel “tesoro digloria” che portiamo “in vasi di creta,

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“Rallegrati, piena di grazia”

Maria è l’iconadella grazia.

Contemplandola,siamo trasformati

dal mistero che si contempla

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FOCUS TEOLOGICO

perché appaia che questa potenzastraordinaria viene da Dio e non danoi” (2Cor 4, 7).

Guardiamo perciò alla nostra vitae verifichiamo quanto spazio diamo acoltivare la nostra relazione con Dio,che abita nel profondo del nostrocuore, e quanto invece a cose piùmarginali del nostro essere cristiani.

Maria ci mostra come vivere lanostra relazione con Dio, la nostrastoria d’amore con lui. In lei la graziaindica la presenza stessa di Dio nelmodo più forte concepibile, fisico espirituale insieme, e indica l’effetto diquesta presenza, ciò per cui Maria èMaria e nessun altro è simile a lei.

Maria è l’icona della grazia e leicone sono fatte per essere contem-plate e, attraverso la contemplazione,arrivare ad essere penetrati, trasfor-mati dal mistero che si contempla.Contemplare Maria quindi, ci introdu-ce nel mistero della grazia di Dio, ciintroduce nella relazione con lui, ci facomprendere quanto considerarlapreziosa, come coltivarla ogni gior-no... ci rende simili all’icona stessa.Attraverso la sua contemplazione pos-siamo comprendere un intero mododi metterci in relazione con Dio, pos-siamo vedere un’impronta sulla qualemodellare la nostra personale relazio-ne con lui. Ella esprime la totale spro-porzione fra l’inondazione dell’amoredi Dio e il nostro nulla, ci fa ricono-scere la totale predominanza dellagrazia di Dio nella nostra vita, nei no-stri pensieri, nei nostri atti. Ci guida a

diventare pienamente recettivi allagrazia di Dio per essere da questa tra-sformati e portare i frutti delle virtù.

In ogni relazione umana, anche lapiù ricca, esiste una tensione, un equi-librio dinamico che porta, di volta involta, a dare maggior peso alle esi-genze dell’uno rispetto all’altro. Inquesta tensione, ci accade spesso diessere inclini all’egocentrismo, cioè avalutare con maggiore attenzione lenostre esigenze rispetto a quelle del-l’altro. Non siamo diversi con Dio, espesso al centro della nostra relazionecon lui c’è il nostro io. In Maria rico-nosciamo invece una relazione total-mente sbilanciata verso Dio. Il Magni-ficat ne è la prova: esso esprime grati-tudine, amore, stupore: ma il centro èDio, la sua opera, la sua volontà.

4. Non ricevere invanola grazia di Dio

La riscoperta della grazia contieneanche un appello alla conversione.Di fronte ad essa sorge subito infattil’interrogativo: Che ne ho fatto io del-la grazia di Dio? Che ne sto facendo?

San Paolo ci ammonisce a “nonaccogliere invano la grazia di Dio”

(2Cor 6,1). Si può infatti accogliereinvano la grazia di Dio, cioè lasciarlacadere nel vuoto, ed è terribile. Si«sciupa la grazia» quando non si cor-risponde alla grazia; quando non sicoltiva la grazia, di modo che essapossa produrre i suoi frutti che sonoi frutti dello Spirito, le virtù. Quandoci si prende gioco della ricchezzadella bontà di Dio, della sua tolleran-za e pazienza, senza riconoscere chela bontà di Dio ci spinge a conver-sione (cfr. Rm 2,4). In questo modo siaccumula collera su di sé per il gior-no del giudizio.

Questo monito vale soprattuttoper chi, come noi, da anni vive inuna comunità cristiana che lo impe-gna nel cammino, e rischia di caderein quell’atteggiamento tipico dei fari-sei del Vangelo che si sentivano aposto perché facevano le opere chela legge prescriveva e dalle opere sisentivano salvati, «giustificati» davantia Dio.

Per non ricevere invano la graziadi Dio, è necessario quindi ricordar-ci che noi abbiamo sempre bisognodi essere salvati; che la salvezza, nel-la sua radice, è grazia, non risultatodi volere di uomo: “Per questa graziasiete salvi mediante la fede; e ciò nonviene da voi, ma è dono di Dio” (Ef2,8). Prima del comandamento, nellafede cristiana, viene dunque il dono.Ed è il dono che genera il dovere,non viceversa. Non è cioè la leggeche genera la grazia, ma è la graziache genera la legge. La grazia infatti èla legge nuova del cristiano, la leggedello Spirito.

Questa è una di quelle verità ele-mentari e chiarissime, ma proprioper questo tanto facili ad essere per-se di vista e perciò da riscoprire sem-pre di nuovo, ognuno per conto suo.Non basta che altri prima di me l’ab-biano proclamata, vissuta, e che ioabbia letto quello che essi hannoscritto della grazia. Se io non ne hofatto mai l’esperienza, se non sonomai stato abbagliato dalla luce di

La più grande eresiadell’uomo moderno

non credente è pensare

di poter fare a menodella grazia

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questa verità, almeno per un istante,è come se per me non esistesse.

Maria ci ricorda e proclama anzi-tutto questo: che tutto è grazia. Lagrazia è il distintivo del cristianesi-mo, nel senso che esso si distingueda ogni altra religione per la grazia.Dal punto di vista delle dottrine mo-rali e dei dogmi, o delle opere com-piute dagli aderenti, ci possono esse-re somiglianze ed equivalenze, alme-no parziali. Le opere di taluni segua-ci di altre religioni possono essereperfino migliori di quelle di molti cri-stiani. Quello che fa la differenza è lagrazia. I fondatori di religioni si sonolimitati a dare l’esempio, ma Cristonon ha dato solo l’esempio; ha datola grazia. All’esterno, tutti i fili di ra-me sono uguali. Ma se dentro uno diessi passa la corrente elettrica, allorache differenza rispetto a tutti gli altri!Toccandolo, si prende la scossa, ciòche non avviene con tutti gli altri filiapparentemente uguali.

La più grande eresia e stoltezzadell’uomo moderno non credente èpensare di poter fare a meno dellagrazia. A maggior ragione, questovale per il cristiano: disprezzare, ocredere stoltamente di poter fare ameno della grazia, è condannarsi al-l’incompiutezza. Non saremo mai ca-paci, con le nostre sole forze, di rea-lizzare il progetto di Dio sulla nostravita. Dobbiamo porre quindi tutta lanostra attenzione e le nostre energieper rimanere collegati alla fonte del-la grazia per essere persone in cui lagrazia è viva e operante, producefrutti di vita spirituale e si comunicaa chi viene in contatto con loro.

La responsabilità di dover conser-vare la grazia di Dio, deve farci con-cepire un sano senso di timore e tre-more. Non dobbiamo solo custodir-la, ma coltivarla, farla crescere, per-ché si può crescere in grazia, come èdetto di Gesù stesso. Dopo aver det-to: “Per grazia di Dio sono quello chesono”, san Paolo aggiunge: “e la suagrazia in me non è stata vana” (1Cor

15,10). Egli ha fatto fruttificare la gra-zia. Ne è stato il grande predicatore,ma anche il grande coltivatore. Egliinsegna a tutti gli annunciatori cri-stiani che il primo annuncio nel cri-stianesimo deve essere quello dellagrazia, ma che per essere in grado difarlo, bisogna fare l’esperienza dellagrazia, bisogna viverla.

L’annuncio della grazia contieneanche una carica di consolazione edi coraggio che dobbiamo raccoglie-re. Maria è invitata dall’angelo a ral-legrarsi a causa della grazia e a nontemere a causa della stessa grazia. Eanche noi siamo invitati a fare lostesso. Ad ogni anima credente e èrivolto l’invito: “Rallegrati, piena digrazia!” e ancora: “Non temere per-ché hai trovato grazia!” La grazia è laragione principale della nostra gioia,è ciò che dà gioia. Rallegrarsi per lagrazia significa cercare la gioia nelSignore (cfr. Sal 37,4) e in nessun al-tro all’infuori e senza di lui. Nienteassolutamente anteporre al favore eall’amicizia di Dio.

Bisogna fare il possibile per rin-novare ogni giorno il contatto con lagrazia di Dio che è in noi. Non sitratta di entrare in contatto con unacosa, o un’idea, ma con una perso-na, dal momento che la grazia, ab-biamo visto, non è altro che “Cristoin noi, speranza della gloria” (cfr.Col 1,27). E per fare questo abbiamoa disposizione tutti gli strumenti del-la vita spirituale: la preghiera vissuta

con regolarità e profondità, l’adora-zione e la lode, la fedeltà all’ascesi, ilcelebrare la liturgia in Spirito e ve-rità, la carità senza finzioni e un au-tentico spirito di servizio. Tutti stru-menti che ci permettono di viverel’esperienza della grazia nella vitaquotidiana e di rafforzarne la pre-senza nella nostra vita.

In questo cammino noi contem-pliamo i vari “passi” che vediamonella vita della Madonna, per poicompierli e imitarli subito nella no-stra vita. Qual è dunque l’esercizioda fare ora, al termine di questo pri-mo passo, o primo capitolo della vi-ta di Maria che è la grazia? È un eser-cizio di fede, di gratitudine e di stu-pore. Dobbiamo credere alla grazia,credere che Dio ci ama, che ci è ve-ramente favorevole, che per graziasiamo stati salvati, che il Signore èanche con noi, come fu con Maria.Accogliere come dette a ognuno dinoi le parole pronunciate da Dio permezzo del profeta: “Ma tu, Israelemio servo, tu Giacobbe, che ho scelto[...] non temere, perché io sono conte; non smarrirti perché io sono il tuoDio” (Is 41,8.10). “Non temere, per-ché hai trovato grazia!”.

Se il primo dovere, e anzi il pri-mo bisogno, che nasce in chi ha ri-cevuto una grazia è quello di rende-re grazie, che per la Bibbia significabenedire, esaltare il Donatore, mo-strando per lui veemente amore eammirazione, diciamo dunque an-che noi con i Salmi: “Quanto è pre-ziosa la tua grazia, o Dio!” (Sal 36,8);“La tua grazia vale più della vita”(Sal 63,4).

* Il presente articolo, redatto a curadei Responsabili Generali della Comunità

Magnificat adattando opportunamentetesti dal libro “Maria, uno specchio

per la Chiesa” di RANIEROCANTALAMESSA O.F.M. CAP., Ed. Àncora,

Milano 1997, è stato usato per il Cammino 2005/2006 dei membri

della Comunità Magnificat.

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“Rallegrati, piena di grazia”

La grazia è laragione principaledella nostra gioia.Rallegrarsi per

la grazia significacercare la gioia nel

Signore.

Page 11: PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO …

Sono numerosissimi i testi del Pri-mo Testamento che possono aiutarcia comprendere come Israele intendala relazione di Dio con le sue creatu-re e, in particolare, con quel popoloche Egli si è eletto; l’imbarazzo è sol-tanto quello di sceglierne alcuni chepropongano in modo sintetico que-sta teologia della ‘grazia’, che è dav-vero lo specifico dell’annunzio bibli-co su Dio. Ne indichiamo tre.

La misericordia: un filo rosso dalla creazione

alla redenzione

Il primo è il Sal 136, consacratodalla tradizione come «Grande Hal-lel», cioè la Grande Lode; si tratta diun inno sviluppato in forma litanica,con un’identica risposta ad ogni in-vocazione: “perché eterna è la suamisericordia”. In questo rendimentodi grazie, che è anche una confessio-ne di fede (il verbo ebraico «renderegrazie» [hwdh] significa sia il ringra-ziare, sia il riconoscere) si proclamaciò che costituisce il filo rosso che le-ga la creazione con la redenzione, ilmondo e gli altri viventi con l’uma-nità, l’umanità con Israele: lo «hesed»del Signore. Questo termine ebraicoè uno dei tanti con cui Israele cercadi dire i vari aspetti della grazia divi-na, ed esprime un amore compassio-

nevole e gratuito. Per questo, solita-mente lo si rende con «misericordia».Ciò che è significativo, in questo sal-mo, è proprio il dispiegarsi di talemisericordia in tutte le azioni di Dio,le quali risultano perciò fondate sol-tanto nel suo amore, nella sua inizia-tiva gratuita. Ecco perché il salmoinizia proclamando la radicale bontàdel creatore, e del Dio che si è rive-lato ad Israele come YHWH (Signo-re): “Lodate il Signore perché è buo-no:/ perché eterna è la sua misericor-dia” (Sal 136,1).

Ciò che impressiona, in questosalmo, è la profonda unità che il sal-

mista avverte nel piano di Dio, unpiano che non trascura niente e nes-suno (neppure il piccolo del corvoche grida a Lui: “Egli dà il cibo adogni vivente” - v. 25), e nel quale lacreazione è aperta alla redenzione,alla liberazione. Certamente il postocentrale nella lode del salmo è occu-pato dalla confessione delle «magna-lia Dei» nella storia della liberazionedi Israele dall’Egitto, vicenda in cui siè manifestata in modo sommo la mi-sericordia del Signore. Certamenteemergono anche alcuni tratti cupi,come l’aver gettato il faraone e il suoesercito nel Mar Rosso (v. 15) o l’a-

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FOCUS BIBLICO

ABBIAMO RICEVUTO GRAZIA SU GRAZIA...

> Don Patrizio Rota Scalabrini*

Venite e Vedrete 87- I - 06

MICHELANGELO - Creazione di Adamo, Cappella Sistina, Città del Vaticano

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ver sconfitto i due mitici re Og e Si-con (vv. 19-20), che sembrerebberoquasi limitare la portata di questagrazia divina che intesse ogni realtà;ma non è così! Infatti il salmista vuo-le semplicemente proclamare la for-za di questa misericordia, la concre-tezza di questa grazia divina, la qua-le lotta attivamente per la vita dellesue creature e per la dignità e la li-bertà del popolo che Egli si è sceltocome suo servo.

Peraltro il salmista confessa que-sta misericordia non solo collegando-la ai grandi eventi dell’esodo, ma an-che alle tante altre vicende difficili edolorose, che il popolo d’Israele hadovuto attraversare. Ebbene, anchein queste egli riconosce la manifesta-zione potente della grazia del Signo-re: “Nella nostra umiliazione si è ri-cordato di noi:/ perché eterna è lasua misericordia” (v. 23). Non c’è si-tuazione che si sottragga, dunque, al-la grazia del Signore, che non possaessere visitata dal suo ‘vento’ divino.

Un mistero di grazia:l’elezione d’Israele

Un secondo testo sul quale vo-gliamo sostare è Dt 7,6-8, che è co-me il condensato della lunga rivisita-zione che Mosè fa di tutto il cammi-no del popolo, quando questo è or-mai giunto alle soglie della terra pro-messa, nella quale entrerà sotto laguida di Giosuè: “Tu infatti sei un popolo consacratoal Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio

ti ha scelto per essere il suo popoloprivilegiato fra tutti i popoli che sonosulla terra. Il Signore si è legato a voie vi ha scelti, non perché siete più nu-merosi di tutti gli altri popoli - sieteinfatti il più piccolo di tutti i popoli -,ma perché il Signore vi ama e perchéha voluto mantenere il giuramentofatto ai vostri padri, il Signore vi hafatti uscire con mano potente e vi hariscattati liberandovi dalla condizio-ne servile, dalla mano del faraone, redi Egitto”.

Queste poche righe sono di den-sità incomparabile, e illuminanoprofondamente la natura dell’iniziati-va di grazia del Signore verso Israeleper costituirlo come suo popolo, co-me partner dell’alleanza. Tre verbicondensano l’iniziativa divina versoIsraele, il quale esprime così la con-sapevolezza che la sua esistenza èradicata esclusivamente nell’impe-gno del Signore, impegno incondi-zionato e assolutamente immeritatoda Israele: amare [‘ahab]; scegliere[bahar]; prediligere [hasaq].

Il primo verbo, ‘ahab, dice cheYHWH è Colui che ama Israele. Aben guardare, questo amore è rivoltoad un oggetto che ancora non esiste,poiché Israele è ancora una massainforme di schiavi, non è ancora un

popolo; è perciò un amore che faesistere. L’impegno del Signore è inquesto «dare esistenza». «Amore» dicela decisione del Signore di «generare»Israele. La prima modalità è appuntoquella contemplata dalla tradizionedeuteronomica, che vede nell’Esodola manifestazione di questo amoregenerativo (Dt 7,8). E questo amoredi Dio è ribadito poco dopo come ilfuturo più vero che attende Israele:“Egli ti amerà, ti benedirà, ti moltipli-cherà...” (Dt 7,13); la benedizione dicui Israele vive e vivrà (cfr. Dt 23,6)coincide dunque con la manifesta-zione dell’amore del Signore. Mosèribadisce poi come questo amore siaassoluta grazia, e non la risposta delSignore ad un qualche merito o qua-lità d’Israele (“Il Signore si è legato avoi... non perché siete più numerosidi tutti gli altri popoli - siete infatti ilpiù piccolo di tutti i popoli - ma per-ché vi ama” - Dt 7,7).

Questa affermazione ha riscontroanche in altri testi biblici, come adesempio nel profeta Osea, dove l’a-more di YHWH per Israele appare intutta la sua singolarità e con unpathos senza pari (cfr. Os 3,1 con lametafora dell’amore sponsale, e co-me vedremo in Os 11,1ss con l’im-magine dell’amore genitoriale riferi-

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“Rallegrati, piena di grazia”

L’amore di Dioè assoluta grazia,e non la rispostaad un qualche

merito o qualità di Israele.

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FOCUS BIBLICO

to all’evento esodico). Anche in mez-zo alla crisi dell’esilio, Israele saràchiamato poi a riscoprire questoamore, come afferma l’indimentica-bile Ger 31,3: “Ti ho amato di amoreeterno; per questo ti conservo ancorapietà”, o i numerosi passi del Deute-roisaia, tra i quali ne ricordiamo uno:“Sei prezioso ai miei occhi, sei impor-tante e io ti amo e do uomini al tuoposto e nazioni in cambio della tuavita” (Is 43,3-4).

Il secondo verbo è «scegliere»,bahar, che è regolarmente impiegatoper indicare l’elezione, cioè l’iniziati-va per cui il Signore dà ad Israele unruolo e una relazione speciale. È unlinguaggio legato all’ambito regale eindica la nomina o l’incarico ricevutoper decreto del sovrano. Oggi questoverbo può suonare problematico, difronte ad un pensiero che vorrebbeappiattire la singolarità d’Israele nel-l’ambito di una religione o di un sen-so religioso universale. L’imbarazzo elo scandalo suscitati dal verbo devo-no essere conservati, proprio perchéIsraele è lo ‘scandalo’ della particola-rità della grazia divina che, se da unaparte è universale, dall’altra è assolu-tamente particolare, unica e irrepeti-bile, verso il destinatario di essa. No-tiamo qui che parlare dell’elezioned’Israele non deve portare al frain-tendimento, per cui essa coincide-rebbe con un privilegio equivalentead impunità e irresponsabilità. Alcontrario, poiché l’elezione è incari-co per decreto del sovrano, è unasorta di raddoppiamento di respon-sabilità. Certo, Israele cade spessonella trappola di confondere l’elezio-ne con l’impunità, la responsabilitàcon il privilegio. D’altra parte, però,si rende conto che la specificità del-l’elezione è inspiegabile e chiede so-lo di essere accettata e gradita.

Infine il terzo verbo è hasaq, cheè tradotto piuttosto inadeguatamentedalla CEI con “si è legato a voi”. In-fatti il verbo indica un amore di pre-dilezione, un amore appassionato,

quasi un innamoramento inconteni-bile; infatti il verbo hasaq, in altricontesti non immediatamente teolo-gici, è riferito a situazioni con forticonnotazioni emotive e passionali(cfr., ad es., Gn 34,8 per la passionedi Sichem verso Dina; Dt 21,11 perl’innamoramento di uno verso laschiava prigioniera di guerra). InDeuteronomio appare qui e in Dt10,5: “Ma il Signore predilesse soltan-to i tuoi padri, li amò e, dopo loro,ha scelto fra tutti i popoli la loro di-scendenza, cioè voi, come oggi”.Israele afferma allora questa suaesperienza della grazia, proclaman-dosi oggetto di un amore travolgen-te, come quello di un amante che èall’affannosa ricerca di una partnered è disposto a tutto. In definitiva,Israele può comprendere la propriaidentità soltanto a partire dall’inizia-tiva del Signore verso di lui, dall’im-pegno di YHWH si è preso, che nonè una semplice obbligazione politi-ca, formale, ma un impegno perso-nale con una fortissima dimensioneaffettiva, tutta tesa a cercare l’interes-se d’Israele e solo d’Israele, non deldivino amante!

La grazia di un perdono immeritato

Il terzo testo di cui proponiamola lettura è uno degli indimenticabilipassi del libro di Osea, in cui Dio simanifesta come Colui che vuole, conostinazione, trovare una via per po-ter rivestire di perdono il suo popoloinfedele. Si tratta di Os 11,1-11, in cuiil Signore viene presentato quale Dioche ama come un padre e una ma-dre. È questa una mirabile medita-zione sulla storia della salvezza, co-me opera di Dio per il suo popolo,elaborata secondo il simbolismo del-l’amore genitoriale; si crea un evi-dente parallelismo con la metaforasponsale, prevalente nei primi capi-toli di Osea. Dio è paragonato alla fi-gura di un padre premurosissimo - eperciò con tratti anche materni -, cheinsegna a camminare al proprio bim-bo, lo nutre, lo cura quando cade, loporta in braccio quando è stanco.Tutto ciò rimane incompreso daIsraele, fino a provocare la minacciadivina di un esilio in terra d’Assiria.Ma tale prospettiva lacera il cuore diDio stesso, il quale si converte, percosì dire, per primo, pur di non se-pararsi dal proprio popolo. La letturaebraica ama parlare perciò di una«conversione di YHWH», che precedeogni conversione umana. Il verticedel testo è l’affermazione della san-tità di Dio (v. 9), la cui trascendenzasi manifesta paradossalmente pro-prio come un amore fedele e ostina-to verso il popolo ribelle.

In definitiva, si sta facendo largoquanto poi il Nuovo Testamentoesplicita chiaramente, e cioè che lagrazia divina non è qualcosa, un do-no che rimane sostanzialmente ester-no alla vita divina, ma è il suo mododi essere verso l’uomo e, nel casoconcreto del Primo Testamento, ver-so quel popolo che Egli si è sceltocome testimone della sua misericor-dia. Dio, nel fare grazia, è toccato in-timamente da questo suo gesto, fino

Dio Padre, Chiesa della Madonna degliAngeli, Veroli (Frosinone)

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quasi a lasciarsi spezzare ilcuore. Ebbene, ciò che nelprimo Testamento è ancorametafora, nel Nuovo Testa-mento diventa la realtà di uncuore trafitto, di un corpoconsegnato alla morte.

La graziadell’Innalzato

Inoltrandoci nel NuovoTestamento, ogni paginaevangelica trasuda del temadella grazia divina che si ma-nifesta nella persona di Ge-sù, nel suo annunzio del Re-gno, nei suoi miracoli, nellasua misericordia per i pecca-tori, nella sua cura amorosaverso i discepoli. Anche quis’impone una scelta; propo-niamo allora di sostare suquello che ci sembra essereuna delle vette assolute delquarto evangelo e cioè Gv3,16. Per apprezzare questoversetto giovanneo, bisognarileggere almeno i due precedentiversetti (Gv 3,14-15), nei quali Gesùrivela a Nicodemo come il cielo sifaccia conoscere alla terra, e come simanifesti la grazia divina che salva,e cioè nel mistero dell’Innalzato,cioè del Figlio dell’uomo crocifisso:“E come Mosè innalzò il serpente neldeserto, così bisogna che sia innal-zato il Figlio dell’uomo, perchéchiunque crede in lui abbia la vitaeterna”. Gesù dice: non aspettateche uno salga al cielo, perché il cie-lo ce l’avete qui! Ma dove è il cielo?Come ha parlato «il cielo»? Il cieloparla in un modo unico, in un modoche è solo quello lì e bisogna volge-re lo sguardo soltanto lì: con l’innal-zamento del Figlio dell’uomo. A que-sto punto, Gesù indirizza l’attenzio-ne di Nicodemo al fondamento ditutto ciò, a quella grazia che davve-ro rigenera, che fa essere creaturenuove, nate dall’alto.

Ecco allora il v. 16: “A tal puntoDio ha amato il mondo da dare ilsuo figlio unigenito, perché chiun-que crede in lui non muoia, ma ab-bia la vita eterna”. Ecco cosa è cherigenera e guarisce davvero: il Croci-fisso che rivela l’amore gratuito e in-finito di Dio. “A tal punto Dio hatanto amato il mondo...”: questa èl’unica verità che è capace di rigene-rare l’umanità peccatrice, che ha di-sprezzato la promessa divina e si èchiusa alla ricerca d’amore che Diofaceva di lei. Il serpente innalzatosulla croce manifesta l’amore di Dio,perché chiunque la conosce nonmuoia ma abbia la vita eterna. L’uo-mo è malato, è pieno di morsi e diferite, come quella gente morsa daiserpenti brucianti nel deserto (Nm21,4-9) e l’unico rimedio per le feri-te è la conoscenza dell’amore di Dio;chi «conosce» questo amore viene ri-generato.

La chiamata ad essere “figli”

L’intero progetto che portadalla creazione al mistero pa-squale di Cristo ha come fi-nalità ultima la nostra figlio-lanza divina. Contemplarequindi la grazia di Dio di cuici parlano le Scritture signifi-ca giungere a scoprire il no-stro essere figli nel Figlio,perché a ciò tendeva il pianoeterno di Dio, che ci ha co-nosciuti, predestinati ad es-sere figli nel Figlio, chiamati,giustificati e glorificati (cfr.Rm 8,28-30). A questa graziaci si apre nella fede, nel rico-noscere il nome dell’unigeni-to Figlio di Dio come nostrosalvatore e come nostro Si-gnore. È per questo che inlui “abbiamo ricevuto e gra-zia su grazia” (Gv 1,16)

Questa figliolanza, versola quale nessuno può vanta-re un titolo di merito, ma che

va accolta solo come grazia, immet-te nella vita cristiana, in quella vitain cui la grazia, assolutamente gra-tuita, è paradossalmente anche «gra-zia a caro prezzo». Ciò significa chel’amore di Dio muove la nostra li-bertà, la soccorre fino a renderci ca-paci di rispondere al suo amore, divivere finalmente per quello chedavvero siamo, e cioè come creatureche Egli ha misericordiosamentechiamato alla comunione con Luiper rivestirle della sua vita divina, li-bera da ogni ombra di peccato e dimorte.

*Don Patrizio Rota Scalabrini,sacerdote diocesano, è docente di

Introduzione, Esegesi e Teologia biblicapresso la Facoltà Teologica dell’Italia

Settentrionale. Attualmente è delegato diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso ed assistente

ecclesiastico del RnS.

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“Rallegrati, piena di grazia”

PIERO DELLA FRANCESCA - Polittico della Misericordia (parti-colare), Pinacoteca Comunale, Sansepolcro

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Quando le mie figlie erano ado-lescenti, molte volte mi sono trovatoa dare loro ordini del tipo, «puoi pu-lire la tua camera per favore?» o, «de-dichereste un’ora del vostro tempo,sabato prossimo, quando tornate dascuola, per aiutare vostra madre incucina?» o, «quando usate il bagno,vi prego, assicuratevi di lasciarlo pu-lito», o, «potete portare a casa i vostri

amici, ma niente rumore, per rispet-to ai nostri vicini!» o addirittura, «sa-bato prossimo, quando uscite, dove-te essere di ritorno a quest’ora preci-sa!». Tutti questi sono ordini e le miefiglie non li hanno graditi. Hannodovuto seguirli. Altrimenti? Avreb-bero dovuto affrontarne le conse-guenze. Nessuna paghetta il fine set-timana. O, se avessero infranto una

regola seria, sarebbero dovute rima-nere a casa tutto il weekend. Miamoglie ed io di solito ripetevamoogni giorno questi ordini alle nostrefiglie. Ricordavamo loro tutti i loroobblighi. Ma nonostante questo, nonera facile farle obbedire, special-mente farle tenere pulite e in ordinele loro camere. Penso che ogni ge-nitore di ragazzi adolescenti sappia

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FOCUS PASTORALE

CI FA LIBERI

> Nikol Baldacchino*

Venite e Vedrete 87- I - 06

GIOTTO - La Pentecoste (particolare), Cappella degli Scrovegni, Padova

Page 16: PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO …

di cosa sto parlando. Non è facile farseguire ai vostri ragazzi certe regolein modo da avere una casa pulita edordinata.

Neppure la preghiera sembravafunzionare. Mia moglie ed io di solitodicevamo al Signore, «mostra loro,nel profondo dei loro cuori, quanto èimportante che collaborino con noi.Dopo tutto è per il loro bene!».

Niente sembrava funzionare. Ognigiorno era un combattimento. Dareordini. Ricordare loro le conseguenzenel caso in cui non li avessero ese-guiti. E soprattutto, dover affrontarele resistenze dei tuoi figli. Poi un gior-no, accadde qualcosa di fantasticoche ha cambiato completamente l’at-teggiamento almeno della mia figliapiù grande. Ero tornato dall’ufficio ela trovai che puliva la sua camera emetteva a posto i libri, i vestiti e i CD.Aveva scopato per terra, probabil-mente dopo mesi che non lo facevae, miracolo dei miracoli, stava pulen-do i vetri della finestra della sua stan-za! Io, pieno di gioia, pensai: «alla fi-ne, sembra che Dio abbia ascoltato lemie preghiere! Mia figlia deve averevisto finalmente la luce!».

Ma quando ho condiviso tuttoquesto con mia moglie, la sua rispo-sta mi ha stupito, «no, no, no, sta pu-lendo la sua camera e si è persinoofferta di aiutarmi a pulire il sog-giorno, perché questa sera, per laprima volta, porterà a casa il suo ra-gazzo!». Lei non stava «obbedendo»ai miei ordini perché aveva pauradelle conseguenze di non farlo.Neppure perché sentiva che era suodovere contribuire alla pulizia dellacasa. No! Stava aiutando a casa perun motivo diverso. Era innamorata equesto cambiava tutto. Pulire la suastanza e aiutare a casa non eranopiù un dovere ma una gioia. Deside-rava dare una buona impressione alsuo ragazzo. Voleva fargli trovare unambiente piacevole.

Non è ciò che accade anche a noiquando entriamo in una relazioned’amore con il Signore? Quandoapriamo a Lui la nostra vita in modotale che attraverso il suo Spirito lainondi d’amore? L’amore di Dio cicambia e cambia il modo in cui guar-diamo le sue leggi. Prima, sicura-mente avremo obbedito molte volteai comandamenti, come “non ruba-

re”, «non tradire il marito o la mo-glie», «non mentire», perché avevamopaura dell’«ira di Dio». O eravamoabituati ad andare in chiesa la dome-nica, non perché sentivamo il biso-gno di incontrarci con altri cristianiper ringraziare Dio, ma perché eraun obbligo. E obbediamo di più, per-ché se no faremo dispiacere Dio!

Purtroppo, la fede di molti cristia-ni è basata sulla paura di dispiacereDio, sulla paura che quando mori-ranno andranno all’inferno. In altreparole, il loro rapporto con Dio ruo-ta attorno alla legge. Dio è un legi-slatore. E guarda che cosa è accadu-to al popolo di Israele nel vecchioTestamento, quando hanno infrantola legge di Dio! Ma Gesù ci ha datoun’immagine diversa di Dio, di suoPadre, di nostro Padre. CertamenteDio ci ha dato i comandamenti e nonvuole che li violiamo. Ma non è quel-lo l’aspetto più importante di Dio.Dio è amore, ama te e me, e deside-ra entrare in una relazione amorosacon tutti i suoi figli.

Questa è la rivoluzione che loSpirito Santo fa nelle nostre vite.Questo è - credo - il vero significatodel Battesimo nello Spirito Santo.Dio riversa ancora una volta il suoSanto Spirito nelle nostre vite e allo-ra noi scopriamo che «siamo amatida Dio». Ci mostra che la cosa piùimportante non è che dobbiamo ob-bedire ai suoi comandamenti, nem-meno per amare Dio, ma che Dio ciama e che ci ha amati per primo. “Inquesto sta l’amore: non siamo stati

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“Rallegrati, piena di grazia”

La fede di molticristiani è basata

sulla paura che quandomoriranno

andranno all’Inferno

Page 17: PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO …

noi ad amare Dio, ma è lui che haamato noi” (1 Gv 4,10).

Purtroppo, quello che molti siaspettano quando ricevono la pre-ghiera per l’effusione dello Spirito èche comincino a parlare in lingue, oa profetizzare, o a compiere miraco-li. Naturalmente, queste cose acca-dono e dobbiamo chiederle. Ma ol-tre a questi specifici «doni carismati-ci», possiamo sperimentarne gli effet-ti più profondi nelle nostre vite spiri-tuali. È soltanto grazie allo SpiritoSanto che possiamo avere una cono-scenza più profonda o sperimentareche siamo figli di Dio, amati da Dio,con tutto ciò che questo implica. Equando capiamo questo, siamo libe-ri dalla legge o, in altre parole, ob-bedire ai comandamenti diventagioia, perchè stiamo facendo la vo-lontà del Padre.

Quando usiamo la parola «li-bertà», la prima cosa che viene inmente nella nostra società è un’altraparola, «scelta». È la libertà di merca-to. Siamo liberi scegliere tra varie al-ternative, tra comprare Coca-cola oPepsi-cola. Naturalmente, per alcunipopoli le alternative sono molto li-mitate. Ma sembra che questo puntodi vista della libertà sia radicato nel-la mentalità contemporanea. Ognu-no vuole essere libero di fare quelloche lui o lei desidera. Lo EuropeanValues Study identifica «l’individuali-smo» come, forse, la chiave caratteri-stica dell’europeo moderno. «Io ho il

diritto di prendere decisioni sullamia vita. Io posso scegliere fra giu-sto e sbagliato. Non voglio che nes-suna istituzione, né la Chiesa, né loStato, interferisca nella mia vita!».Questo è il modo in cui molte per-sone, soprattutto i giovani, guardanoalla libertà.

E la gente non sarà portata nellaChiesa se l’insegnamento morale èvisto solo come il dire alle personequello che devono fare. Purtroppo,questo è quanto la gente capiscedella Chiesa - quando interferiscenella loro vita, specialmente nella lo-ro vita sessuale. Credo che questasia solo una buona notizia per noiche abbiamo conosciuto l’amore diDio attraverso un’esperienza delloSpirito Santo.

La libertà che ci viene dall’accet-tare Gesù come Salvatore e Signoree, quindi, dall’accettare il suo Spirito,è la libertà dal senso di colpa e dallapaura, dal mondo, dalla «carne» e daldiavolo. È una libertà di amare, di es-sere nella pace, di essere noi stessi.Non sto parlando della libertà di «far-si i fatti propri». La libertà di cui cistiamo occupando qui è il risultatodell’accettare Gesù per quello che è,il nostro unico Salvatore e Signore.

Allora siamo arrivati alla verità sunoi stessi, su Dio, sulla vita. Diven-tiamo «completi». I nostri peccati so-no perdonati e la colpa ci viene tol-ta. La nostra ansia svanisce. Infinesiamo liberi, di amare e di essereamati, da Dio e da chi sta intorno anoi. Siamo liberi di fare la volontà diDio non per un obbligo ma perchéciò scaturisce dal nostro profondoamore per lui che ci ha amati per pri-mo. Cercandolo per primi e ricono-scendo il suo amore per noi, crescia-mo nei frutti dello Spirito; i nostri va-lori cambiano e così cresciamo nel-l’amore, nella pace, nella pazienza enel dominio di sé. Diventiamo liberi!Questo è il genere di libertà che ilmondo sta cercando ed a cui sta ane-lando. Questo è il genere di libertàche non sempre la Chiesa riflette.Questa è la libertà che noi possiamodare alla nostra società: libertà diamare come conseguenza dell’amoreche il Padre ha per noi!

* Nikol Baldacchino, responsabile delRinnovamento in Malta, è stato Presidente

del Comitato Nazionale di Servizio nelsuo Paese. Dal 1994 al 2001 è stato

Membro del Consiglio dell’ICCRS

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FOCUS PASTORALE

La gente non saràportata nella Chiesase l’insegnamentomorale è visto solo

come il dire alle persone quelloche devono fare

Page 18: PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO …

“Laddove è abbondato il peccato,ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20b).

La vita è paragonabile ad una stra-da da percorrere. Una strada che nonconosci, sempre nuova, spesso impre-vedibile, fatta di bivi, di svolte e di tor-nanti, a volte larga, a volte stretta, conun manto stradale perfetto o corollatadi buche e crepe, panoramica conbelle vedute, o costeggiante precipizie pareti rocciose, a volte trafficata, avolte deserta. Può essere in salita o indiscesa, avere una segnaletica chiara eleggibile oppure errata e insufficiente,se non assente.

Il lungo cammino di essa inizia sindai primi giorni della vita di ciascuno.

In genere sei tra le braccia di tuamadre, respiri e vivi l’atmosfera deicari che ti sono attorno. I primi giochidell’infanzia, le voci dei tuoi fratellini,il suono delle chiavi del babbo cheannuncia il suo rientro a casa dal la-voro. Atmosfere meravigliose, straor-dinarie e irripetibili che avviano il tuocammino.

Vi voglio raccontare una storia,una bella storia: la mia storia.

Ho avuto la «fortuna», ma oggi di-rei a gran voce «la Grazia», di nascerein una famiglia cattolica. Ho percorsola mia strada sotto la cura attenta emeticolosa dei miei genitori, sino al-l’età adolescenziale. Poi, le prime

esperienze. Certamente minime, mache pian pianino mi hanno allontana-to dall’occhio vigile dei miei cari, dal-l’appuntamento domenicale con GesùEucaristia nella SS. Messa.

Fino a quel momento la strada cheavevo percorso mi era stata indicatadai miei genitori. L’avevo percorsa so-stenuto da loro in tutto. Le cose anda-vano molto bene.

Alle scuole superiori iniziai a pren-dere percorsi scelti solo da me. Si ma-

nifestò uno spirito di autosufficienza,di superiorità, di orgoglio e superbia.Se da una parte decidevo di percorre-re strade nuove, mai attraversate, dal-l’altra sicuramente abbandonavo quel-le con una segnaletica chiara e visibileche mi avvisavano di ogni cosa, consegnali indicativi, di pericolo e di di-vieto. No, non avevo bisogno di queipaletti: via alle nuove esperienze, al-l’avventura, alla voglia di aprirsi a rela-zioni di ogni tipo. Mi ritrovai presto anon seguire con profitto i miei studi.Persi il secondo anno di liceo, recupe-rato l’anno dopo e riperso ancora suc-cessivamente. Sì, credo che non stiaraccontando nulla di speciale se non ilvoler sottolineare che, seppure i mieigenitori avevano avvertito l’inizio del-la mia ribellione, non allontanaronomai il loro sguardo da me e mai mi ne-garono un aiuto quando richiesto.

In tutto questo, meritavo qualco-sa? No!

Eppure il cuore di un padre e diuna madre non si stancano mai dellapropria creatura, pur bizzarra che sia.Andai via dalla mia città per avviare imiei studi universitari a Napoli e nonmi è per nulla facile ricordare l’inten-sità di quegli anni. Una gran voglia divivere a tutto campo la mia vita. Nonc’erano nè se nè ma, nè condizioni nèriflessioni. Un crescendo esponenzialedi vigore che prendeva direzioni a vol-

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“Rallegrati, piena di grazia”

PER GRAZIALA TESTIMONIANZA DI UN FRATELLO ALLEATO

DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

EL GRECO - Gesù guarisce il cieco nato(particolare), Galleria Nazionale, Parma

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te poco opportune. C’era dentro di meil desiderio di seguire il corso di laureaa cui mi ero iscritto, ma nel contempovivevo tante altre esperienze che miportavano ad occupare il mio tempoin direzioni sbagliate. Gli ambienti, omeglio le piazze che frequentavo era-no le più disparate. Si andava forman-do in me una creatura trasformista, ca-pace di assumere posizioni e condi-zioni che si conformavano alle piùsvariate situazioni. Ricordo giornate disole, ma anche giorni di pioggia e so-litudine. Una in particolare ricordo,quando dissi a mio padre, con alteri-gia, che non avrei avuto più bisognodi lui, dei suoi soldi. Avevo cercato etrovato un paio di lavori che mi per-mettevano di essere autosufficiente.Iniziavo a non avere ovviamente piùtempo per svolgere il compito di stu-dente per cui ero a Napoli. Era piùsemplice percorrere la strada larga chesi presentava, dove non dovevo tenerconto di alcuna segnaletica.

Il primo anno vissi in un apparta-mento che dividevo con due amici equella casa era un porto di mare.Chiunque poteva approdare a qual-siasi ora del giorno e della notte. Il di-sordine andava via via affermandosi.Cambiai casa per due volte in circa treanni. Nel mio ultimo anno e mezzo di

soggiorno napoletano occupai con unmio amico la camera di una ‘pensio-ne’ che ospitava stabilmente solo ra-gazze. Era una casa a luci rosse, diquelle che vedi nei film, ubicata neiquartieri spagnoli. Per chi non cono-sce Napoli, alla fine degli anni Settan-ta, questi quartieri erano famosi peressere impenetrabili. Chiunque si ad-dentrava correva rischi di ogni gene-re. Circolava un codice che ci permisedi soggiornare senza pericoli: il mioamico ed io eravamo «i studient».

Non mancarono esperienze diogni tipo. La miscellanea «sesso, dro-ga e rock ’n’ roll» divenne il motivoconduttore del mio stile di vita. Fre-quenti viaggi a Firenze, Bologna e Mi-lano mi permettevano di coltivareamicizie che sempre meno avevano ache fare con le mie ragioni di studen-te universitario. Fino a quando nonmi ritrovai a fianco una ragazza incin-ta di un mio figlio.

Avevo solo ventuno anni e per mee quella mia compagna di allora fu unviaggio senza mete: non sapevamodove andare e a quali porte bussare.Avevamo trovato un lavoro stagionalein un’industria multinazionale di tra-sformazione alimentare in provinciadi Modena, dove già l’anno primaavevo lavorato per due settimane,

soggiornando in una «comune», unacasa occupata abusivamente da ex fi-gli dei fiori e indiani metropolitani. E’molto doloroso per me ricordare. Ful’anno in cui scoppiò in agosto labomba nella stazione di Bologna e,per una «fortuita coincidenza», noi,che quel giorno saremmo dovuti arri-varci in treno partendo la sera prima,ci ritrovammo a fare l’autostop al mat-tino dopo. Apprendemmo la notiziadalla radio del furgone che ci avevapreso a bordo.

Dopo la nascita di mio figlio rien-trai a casa dai miei genitori che accol-sero non senza riserve questo nuovonucleo. Decisi di abbandonare gli stu-di, vibrando un ulteriore colpo al cuo-re dei miei genitori, e presi a lavorare,rendendomi autonomo e andando avivere, dopo pochi mesi, in una casain fitto. La relazione con la mia com-pagna andava deteriorandosi giornodopo giorno fino al punto di lasciarci.Andò via e il figlio rimase a me cheaveva da poco compiuto un anno.

I miei genitori tornarono ad esse-re presenti nella mia vita, ma non eropiù il bravo ragazzo di un tempo. Sipresero cura del piccolo al punto che,mentre io conducevo la mia vita, ilbambino viveva e cresceva sotto il lo-ro tetto.

La mia vita, sempre condotta conlo stesso stile, si arricchiva di nuoveesperienze, ancora più pesanti. Presi aviaggiare continuamente in Italia e al-

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FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

La miscellanea«sesso, droga

e rock ’n ’roll» divenneil motivo conduttoredel mio stile di vita.

Fino a quando non miritrovai a fianco unaragazza che rimase

incinta di un mio figlio

«Alle scuole superiori iniziai a prendere percorsi scelti solo da me. (...) Mi ritrovai pre-sto a non seguire con profitto i miei studi».

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l’estero. La trasgressione e tutto ciòche rientrava nella logica del proibitoincuteva in me un fascino incredibile:tutto era da provare nella vita. Mi per-devo e mi crogiolavo nel raccontare lemie esperienze. Ad esempio che in unmio viaggio negli Stati Uniti a Chica-go, ero stato, per caso, di notte nelquartiere della strage di San Valentino(quella di Al Capone), e ne ero uscito«vivo». Altro che quartieri spagnoli diNapoli o di Barcellona. Ero stato peruna notte in una delle più esclusivediscoteche di New York e, rientrandoall’alba in albergo, il mio tassista por-toricano incappò in una «bagarre» conun altro tassista nero che non volevache entrasse in Manhattan, dov’era ilmio albergo, minacciando di spararglicon una pistola. Dal Gargano a Cope-naghen e in ogni angolo da me fre-quentato, ricercavo sempre e solo leesperienze più estreme. Caddi anchenella morsa dell’usura. Anche in que-sto caso l’amore incondizionato di pa-dre e di madre mi salvarono.

La morte improvvisa in un inci-dente stradale di un mio caro amicomi riportò in Chiesa in occasione deisuoi funerali. La sera, stravolto, avver-tii tutto il peso dell’accaduto. Andavagenerandosi in me il disgusto della vi-ta che conducevo. Era il desiderio dicambiare. Avevo scritto su di un fo-glietto, attaccato su una parete di ca-sa, la seguente frase: Non si è mai tan-to vicini ad un grande mutamento co-me quando la vita appare insopporta-bile fin dalle cose minime e quotidia-ne (Rainer Maria Rilke). È vero: facevo

fatica, al mattino, a consumare il miocaffé da solo.

Quella notte, forse per la primavolta in vita mia, tuonai un urlo a Diodalla più profonda e silenziosa solitu-dine del mio cuore: «Se esisti, ora, fat-ti incontrare!». Aprii, sempre per la pri-ma volta, un libro che era rimastochiuso sulla mensola vicino al mio let-to. Era un regalo ricevuto un anno pri-ma da mio fratello e mia sorella e lororispettivi fidanzati. Loro avevano ini-ziato da qualche anno un camminocristiano. Il titolo era «Parola del Si-gnore. Il nuovo testamento». Non ave-vo mai dato peso a quel testo perchésapevo che dentro avrei trovato la sto-ria di Gesù che conoscevo da sempre.Eppure quella notte, aprendo a ‘caso’una pagina, trovai scritta la mia storia.Iniziai ad avvertire un’emozione for-tissima. Leggevo questo passo che miera capitato ed il mio cuore batteva,mi commuovevo. Non riuscivo ad in-

terrompere la lettura. Era la paraboladella pecora smarrita (Lc 15, 1-7).Continuai, provando fame, e lessi laparabola seguente della moneta d’ar-gento (Lc 15, 8-10).

Il massimo fu quando, con gli oc-chi grondanti di lacrime, vidi le paroledella parabola successiva staccarsi dalfoglio e venire verso la mia bocca. Sodi aver vissuto un momento di straor-dinaria grazia, assolutamente inaspet-tato. Ero davvero sorpreso per comela storia di quel figlio che andò via dicasa, chiedendo l’eredità anticipata alpadre, fosse così simile alla mia. Sì,perchè la parabola in questione eraquella del padre misericordioso e delfigliol prodigo (Lc 15, 11-32). Io, lon-tano da anni dalla Grazia di Dio, in uncolpo solo e senza alcun merito, quel-la notte avvertii forte l’onnipotentepresenza di Dio con tutto il suo amo-re. In un colpo solo, il Signore vennea parlarmi, per mezzo della sua Paro-

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“Rallegrati, piena di grazia”

Andava generandosiin me il disgusto

della vita che conducevo. Era il desiderio di cambiare

«Ero stato per una notte in una delle più esclusive discoteche di New York e, rientran-do all’alba in albergo, il mio tassista portoricano incappò in una «bagarre» con un al-tro tassista nero che non voleva che entrasse in Manhattan, dov’era il mio albergo,minacciando di sparargli con una pistola...»

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la, con le tre parabole della misericor-dia. Proprio come scrive il salmista:“Ho sperato: ho sperato nel Signore edegli su di me si è chinato, ha datoascolto al mio grido” (Sal 39, 2).

Cresceva in me la nostalgia del fo-colare domestico che io avevo piùvolte rinnegato. Il fondamento che ilSignore mi aveva gratuitamente dona-to, in prima istanza, era quello dellafamiglia. Avevo un figlio ormai di ottoanni. Due storie con donne, più o me-no importanti, finite drammaticamen-te. Ricercai con fatica cosa a quel pun-to avrei potuto fare per invertire lamia rotta, per cambiare strada, per po-ter riprendere la guida della mia vitacon sicurezza. In fondo, scoprivo dav-vero che nel mio cuore qualcuno ave-va seminato sin dalla nascita un semecapace di discernere ciò che è buonoe ciò che buono non è.

Nell’incidente la ragazza del mioamico si salvò. E fu proprio con leiche iniziai a parlare di Dio, dell’aldilà,di cosa c’è dopo la morte. Affrontam-mo, durante lunghe conversazioninotturne, il grande tema dell’esisten-za. Mi ritornarono in mente tutti gli in-segnamenti del catechismo di quando

ero un bimbo di sette anni. Intanto lagratuità di Dio mi aveva messo accan-to, come segretaria, la fidanzata dimio fratello (una delle donatrici del Li-bro). Era il capro espiatorio delle miemagagne sul lavoro. Fu lei l’angelo acui potetti rivolgermi per chiedere unconsiglio. Sino a quel momento nonavevamo mai parlato di cose così «per-sonali». Lei, insieme ai miei fratelli ead altri giovani, vivevano nella sem-plicità e senza sfarzo e avevano unagioia di vivere ed una forza tali da in-durmi a manifestare il disagio dellamia condizione. Chiesi allora cosaavrei potuto fare per cambiare vita.Una sola risposta: «Se credi davvero diaver sbagliato qualcosa nella tua vita,la prima cosa che devi fare è di ricon-ciliarti con Dio».

Dovetti lottare moltissimo. Dovettilottare moltissimo contro il mio «amorproprio». Dovetti lottare moltissimocontro chi, nemico acerrimo dell’uo-mo, non voleva che ritornassi a ricon-ciliarmi con il Padre. Fu un tempo diricerca, ma anche di nuova Grazia.Durante la veglia pasquale di quel-l’anno, era il 1990, fu battezzato il mioprimo nipotino, insieme a molti altri

bambini. Ma fu lui ad essere preso trale braccia del celebrante e ad esseremostrato all’assemblea al termine delrito: indossava una veste candida,splendente, al punto da sentirmi inve-stito da un raggio di luce. Ancora unavolta mi prostrai in lacrime dinanzi aquella presenza straordinaria e gratui-ta di Dio. Ed io cercavo sempre unabuona occasione per tornare al sacra-mento della riconciliazione.

Ed è proprio quando meno te l’a-spetti che il Signore ti dona ciò di cuihai bisogno. «Egli» continuò a manife-starsi fino a quando in Sila, in occa-sione di un matrimonio di colleghiuniversitari, incontrai dopo anni il miocaro amico del periodo napoletano:era nella morsa dell’eroina. Fu quellal’occasione che mi dette la forza di di-re basta definitivamente alla vita con-dotta fino ad allora.

Il matrimonio si celebrava in unacappellina e arrivati in anticipo, cercaiun sacerdote che non trovai da nessu-na parte. Intravidi sotto gli alberi altis-simi di quella foresta silana la figura diun uomo anziano, con un abito lungoe sporco perché stava coltivando ilproprio orto. Chiesi di indicarmi unsacerdote per potermi confessare. Sirese disponibile egli stesso, perchéera un sacerdote, e, facendomi acco-modare su un grande macigno e se-dendosi accanto a me, mi mise unamano sulla spalla.

Iniziai ad accusare i miei peccati.Peccati che ostruivano la nuova stradache avrei voluto percorrere. Più li ac-

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FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

Nell’incidente la ragazza del mio

amico si salvò. E fu proprio con lei che iniziai a parlare di Dio, dell’aldilà.

“Cresceva in me la nostalgia del focolare domestico che io avevo più volte rinnegato...”.

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cusavo, e più sentivo il mio cuore li-berarsi. Piangevo per il dolore, veden-do quanto male avevo fatto attorno ame in tutti quegli anni. Più accusavo,più piangevo e più il mio cuore si li-berava. Vidi raggi di luce attraversarele fronde degli alberi e la misericordiadi Dio donarmi una nuova giovinez-za. Ricevetti l’assoluzione da tutte lemie colpe e, a quel punto, non vede-vo l’ora di tornare a casa a raccontar-lo a tutti che il Signore mi aveva per-donato, aveva rimesso tutte le miecolpe. Non ricordo il volto di quel sa-cerdote e, se dovessi rivederlo so chenon riuscirei a riconoscerlo, ma di unacosa sono certo: «quella mano sullamia spalla era di Gesù».

Al rientro fui accolto, senza giudi-zio, nella comunità dove erano incammino mio fratello e mia sorella.Furono loro ad invitare me e la ragaz-za del mio amico morto nell’incidentestradale a partecipare ad un convegnodi «Evangelizzazione 2000». Così ci ri-trovammo con loro a Berna senza an-cora comprendere bene cosa fosse ecosa ci aspettasse. La mia amica, il ve-nerdì del convegno, giorno della pe-nitenziale, festeggiava il suo com-pleanno, ad un anno esatto dall’inci-dente e dalla morte del suo fidanzato.Fu anche per lei un’esperienza indi-menticabile dell’amore di Dio. Ritornòanche lei a riconciliarsi con Dio Pa-dre, nonostante fosse arrabbiata conLui. Il sacerdote spagnolo che la con-fessò ebbe un dono di conoscenza

che l’inginocchiò dinanzi all’impreve-dibilità di Dio: condurci a Berna, cosìlontani da casa, per poterci parlare alcuore per circa quattro giorni.

Tanti anni di dissolutezza per ve-dere in pochissimi mesi una Graziamai provata prima. Ma le meravigliedi Dio non finirono così e non sonofinite. Dopo poco più di un anno miunii in matrimonio proprio con l’ami-ca delle lunghe chiacchierate notturnesu Dio. Con lei seguimmo, prima del-le nozze il seminario di vita nuovanello Spirito, ricevendo la preghiera dieffusione. Oggi posso dire che il Si-gnore mi aveva già regalato almenoaltre tre effusioni: la notte in cui miparlò con la sua Parola, durante il bat-tesimo del mio nipotino e con la ri-conciliazione in Sila.

Il mio babbo, che per l’amarezzaprodotta dalla mia vita scapestrata, siera allontanato dalla grazia, ritornò aconfessarsi e a prendere l’eucaristiaproprio il giorno del suo anniversariodi nozze. Egli non potè partecipare al-la celebrazione del mio matrimonioperché, quattro giorni prima fu rico-verato in ospedale per una malattia dicui soffriva da tempo. Attese il nostrorientro dal viaggio di nozze, nutren-dosi quotidianamente dell’eucaristiain ospedale. Il giorno in cui doveva

essere dimesso coincideva con la ri-correnza di un mese di matrimonio.Avevamo preparato una grande festa,ma, «le vie del Signore non sono lenostre vie, i suoi pensieri non sono inostri pensieri». Papà ebbe una crisi e,il pomeriggio, dopo aver ricevuto laGrazia dei sacramenti, con tutti i figliattorno al suo letto, recitata la pre-ghiera del rosario, alla quale lui era fe-dele quotidianamente da diversi mesi,passò a nuova vita.

Sono grato a Dio Padre, al SignoreNostro Gesù Cristo ed allo Spirito San-to per tutti i doni che ho ricevuto. Cer-tamente senza avere alcun merito.Posso dire che la salvezza di Dio miha travolto e sconvolto la vita. Ho sco-perto che la vera «strada» da seguire èla Sua: “Io sono la Via, la Verità e laVita”. La mia sposa ed io possiamo te-stimoniare che uno dei regali più gran-di che il Signore ci ha potuto elargireè di averci fatto dono della perseve-ranza, innestandoci nella sua vignacome membri alleati della ComunitàMagnificat.

Per questo e per sempre vogliamocantare: «Quanto a noi e alla nostracasa, noi serviremo il Signore».

* un fratello Alleato della Comunità Magnificat

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“Rallegrati, piena di grazia”

Le meraviglie di Dionon finirono così. Miunii in matrimonioproprio con l’amica

delle lunghechiacchierate

notturne su Dio

«Sono grato a Dio Padre, al Signore Nostro Gesù Cristo ed allo Spirito Santo per tutti idoni che ho ricevuto...»

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Viviamo in un mondo soffocatodi notizie. Crescono le possibilità dicomunicare grazie alle nuove tecno-logie, dalla posta elettronica al cellu-lare e alla tv via satellite, ma para-dossalmente l’uomo resta sempre lostesso. Certo i nuovi modi di comu-nicare lo trasformano, anche inte-riormente, ma rischiano alla fine disoffocarlo. Soffocarlo di notizie e diemozioni.

La vera difficoltà oggi è di sele-zionare le notizie, di capirle, di an-darne a fondo e di non recepirle su-perficialmente, come se fosse tuttovero. Maria nella sua esperienza - edanche tutto il Vangelo - ci insegna acercare i fatti, e a separarli dalla fin-zione, da ciò che non è realtà, masemplicemente prodotto per fare au-dience e pubblicità.

All’inizio dell’esperienza di Mariae di ogni credente c’è un fatto: la

chiamata di Dio, l’iniziativa del Pa-dre che ci viene a cercare.

“Benedetto sia Dio, padre del Si-gnore nostro Gesù Cristo, che ci habenedetti con ogni benedizione spi-rituale nei cieli, in Cristo” (Ef 1, 3).Queste parole della Lettera agli Efe-sini rivelano l’eterno disegno di DioPadre, il suo piano di salvezza del-l’uomo in Cristo. E’ la convinzioneche esprimeva il papa Giovanni Pao-lo II nell’enciclica «Redemptoris Ma-ter» (al numero 7) dedicata alla Bea-ta Vergine Maria nella vita della Chie-sa in cammino (il testo è del 25 mar-zo 1987).

E ancora: Maria viene definitiva-mente introdotta nel mistero di Cri-

sto mediante questo evento: l’an-nunciazione dell’angelo (n. 8). L’an-nunciazione, pertanto, è la rivelazio-ne del mistero dell’incarnazione all’i-nizio stesso del suo compimentosulla terra (n. 9).

L’annunciazione non è una bellafavola, ma è l’annuncio di una batta-glia che si apre tra la vita e la morte,tra Dio e il «serpente». Maria, Madredel Verbo incarnato - scriveva sem-pre il Papa al n. 11 -, viene colloca-ta al centro stesso di quella inimici-zia, di quella lotta che accompagnala storia dell’umanità sulla terra e lastoria stessa della salvezza. In que-sto posto ella, che appartiene agli«umili e poveri del Signore», porta in

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IL MAGISTERO CI TRASMETTE LA FEDE

CARITAS EST

IL MAGISTERO CI TRASMETTE LA FEDE

> a cura di don Davide Maloberti

Maria è il segnodell’elezione

da parte di Dio.Questa elezione

è più potente di ogniesperienza del male

Venite e Vedrete 87- I - 06

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sè, come nessun altro tra gli esseriumani, quella «gloria della grazia»che il Padre «ci ha dato nel suo Fi-glio diletto», e questa grazia determi-na la straordinaria grandezza e bel-lezza di tutto il suo essere. Maria ri-mane così davanti a Dio, ed anchedavanti a tutta l’umanità, come il se-gno immutabile ed inviolabile del-l’elezione da parte di Dio (...). Que-sta elezione è più potente di ogniesperienza del male e del peccato,di tutta quella «inimicizia», da cui èsegnata la storia dell’uomo. In que-sta storia Maria rimane un segno disicura speranza.

In sostanza, attraverso Maria èDio che viene a cercarci per donarciil suo amore. Questa consapevolez-za - è Dio che viene verso di noi, egrazie a lui la storia assume una di-mensione nuova - è il filo condutto-re della prima enciclica di BenedettoXVI, «Deus caritas est», che porta ladata del 25 dicembre 2005.

Dio è amore

Dio è amore - sono le prime pa-role del testo -; “chi sta nell’amoredimora in Dio e Dio dimora in lui”(1 Gv 4, 16). Queste parole della Pri-ma Lettera di Giovanni esprimonocon singolare chiarezza il centro del-la fede cristiana: l’immagine cristianadi Dio e anche la conseguente im-magine dell’uomo e del suo cammi-no. All’inizio dell’essere cristianonon c’è una decisione etica o unagrande idea, bensì l’incontro con unavvenimento, con una Persona, che

dà alla vita un nuovo orizzonte econ ciò la direzione decisiva. E ag-giunge: Siccome Dio ci ha amati perprimo (cfr. 1 Gv 4, 10), l’amore ades-so non è più solo un «comandamen-to», ma è la risposta al dono dell’a-more col quale Dio ci viene incon-tro.

Vale la pena di percorrere breve-mente i diversi passaggi dell’encicli-ca per comprendere le positive ebelle conseguenze del primato dell’i-niziativa di Dio nella nostra vita quo-tidiana e sociale.

Nella prima parte dell’enciclicaBenedetto XVI sottolinea la molte-plicità di significati della parola«amore». Cita così l’amor di patria,per la professione, amore tra amici,amore per il lavoro, tra genitori e fi-gli, tra fratelli e familiari, amore peril prossimo fino all’amore per Dio, ri-servando la centralità all’amore trauomo e donna, in quanto - scrive -archetipo di amore per eccellenza,al cui confronto, a prima vista, tuttigli altri tipi di amore sbiadiscono.

Chiesa e amore: solo divieti?

Benedetto XVI richiama le criti-che che, da taluni settori, vengonomosse alla comunità cristiana. LaChiesa - scrive, riferendosi tra l’altroanche al filosofo Nietzsche - con isuoi comandamenti e divieti non cirende forse amara la cosa più belladella vita (l’eros, ndr)? Non innalzaforse cartelli di divieto proprio là do-ve la gioia, predisposta per noi dalCreatore, ci offre una felicità che cifa pregustare qualcosa del Divino?.

Ma è veramente così? si chiede ilPapa. Il cristianesimo ha davvero di-strutto l’eros? La risposta - precisa ilPapa - va oltre una limitata visioneemozionale ed egoistica del senti-mento umano più diffuso: L’eros eb-bro ed indisciplinato non è ascesa,estasi verso il Divino ma caduta, de-gradazione dell’uomo. Così diventaevidente che l’eros ha bisogno di di-sciplina, di purificazione per donare

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“Rallegrati, piena di grazia”

“All’inizio dell’esserecristiano non c’è

una decisione eticao una grande idea,bensì l’incontro conun avvenimento”

GIOTTO - La lavanda dei piedi (particolare), Cappella degli Scrovegni, Padova

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all’uomo non il piacere di un istan-te, ma un certo pregustamento delvertice dell’esistenza, di quella bea-titudine a cui tutto il nostro esseretende.

L’uomo diventa veramente sestesso quando corpo e anima si ri-trovano in intima unità. Da ciò deri-va che l’eros degradato a puro sessodiventa merce, una semplice cosache si può comprare e vendere, an-zi, l’uomo stesso diventa merce.

L’amore vero ha necessità di uncammino di ascesa e purificazione;necessità di esclusività, di essere persempre perché mira all’eternità. L’e-ros rimanda l’uomo al matrimonio, aun legame caratterizzato da unicità edefinitività (...). All’immagine delDio monoteistico corrisponde il ma-trimonio monogamico. Il matrimo-nio basato su un amore esclusivo edefinitivo diventa l’icona del rappor-to di Dio con il suo popolo e vice-versa.

Dall’eros all’agape

L’amore nelle parole del Papa èestasi, intesa come cammino, comeesodo permanente dall’io chiuso inse stesso verso la sua liberazionenel dono di sé. Da questa dimensio-ne di agape, l’amore può scalare levette dell’offerta assoluta non solo auna persona, com’è nella normalitàdel rapporto di coppia, ma a piùpersone, fino all’intera umanità, co-me avviene nelle famiglie aperte al-la vita e all’accoglienza e anche, inaltro ambito, nella vocazione pre-sbiterale o religiosa, facendosi «tuttoa tutti».

L’amore esige un’intima compe-netrazione e un profondo equilibriotra corpo e anima, tra l’eros e l’aga-pe, tra l’umano e il divino. Scrive ilPapa: L’uomo non può neanche vi-vere esclusivamente nell’amore obla-tivo, discendente. Non può sempresoltanto donare, deve anche riceve-re. Chi vuol donare amore, deve egli

stesso riceverlo in dono. E la sorgen-te primordiale dell’amore è Dio.

La carità

Dalla consapevolezza dell’origi-ne divina dell’amore, che in Cristo sifa dono, nasce l’esercizio della caritàda parte della Chiesa.

Le forme di intervento caritativosono espressione di un amore checerca il bene integrale dell’uomo,con la sottolineatura che la Chiesanon può trascurare il servizio dellacarità così come non può tralasciarei Sacramenti e la Parola.

È questo il «triplice compito» chenon viene meno in nessun contestostorico e politico. L’amore caritassarà sempre necessario, anche nellasocietà più giusta, fa notare anzi ilPapa, ricordando che ciò di cui c’èsempre bisogno, ad ogni livello del-l’intervento caritativo, è l’amorevolededizione personale. Le esperienzedi carità si fondano su un vero uma-nesimo, che riconosce nell’uomol’immagine di Dio e vuole aiutarlo arealizzare una vita conforme a que-sta dignità.

L’azione fondata sulla preghiera

Il Papa si occupa poi dei «respon-sabili dell’azione caritativa dellaChiesa», ricordando il gran numerodi organismi e realtà che svolgono inogni parte del mondo «un servizio dicarità». L’esperienza della smisuratez-za del bisogno, ricorda BenedettoXVI, potrebbe indurre alla tentazionedell’inerzia sulla base dell’impressio-ne che, comunque, nulla possa esse-re realizzato. Ma - è la sua proposta -è venuto il momento di riaffermarel’importanza della preghiera di fron-te all’attivismo e all’incombente se-colarismo.

Un appello quindi a confidare inDio, piuttosto che ad erigersi a giu-dice di Dio, accusandolo di permet-tere la miseria senza provar compas-sione per le sue creature. Per il cre-dente non è possibile pensare cheEgli sia impotente, oppure che stiadormendo (cfr. 1 Re 18,27) - scriveancora il Papa - (...) i cristiani infatticontinuano a credere, malgrado tut-te le incomprensioni e confusionidel mondo circostante, nella bontàdi Dio e nel suo amore per gli uomi-ni (Tt 3,4).

I santi

I santi sono coloro che hannocreduto «che Dio è amore» e che Luitiene il mondo nelle sue mani e chenonostante ogni oscurità Egli vince.Ne ricorda diversi: S. Martino diTours, Francesco d’Assisi, Ignazio diLoyola, Giovanni di Dio, Camillo deLellis, Vincenzo de’ Paoli, Luisa deMarillac, il Cottolengo, don Bosco,don Orione, Madre Teresa.

Tra i santi - conclude il Papa - ec-celle Maria. Maria è grande proprioperchè non vuole rendere grande sestessa, ma Dio, un Dio che noi in-contriamo nella preghiera e nel ser-vizio al prossimo.

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IL MAGISTERO CI TRASMETTE LA FEDE

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E’ difficile immaginarsi la scenadell’Annunciazione, anche se natu-ralmente pittori, cineasti e poeti cihanno ripetutamente provato. Ognu-no di loro ha sottolineato un aspettocertamente affascinante, ma che iosento sempre largamente incomple-to. La cosa più bella forse è di lascia-re che sia la Parola di Dio a descri-vere la scena nel nostro cuore. La ve-rità che Dio inciderà nel nostro inti-mo è forse la cosa più affascinanteper ciascuno di noi ed ogni cosa chesarà “creata” dalla Parola resterà l’i-cona più affascinante a cui tornere-mo sempre per gustare nel silenziodel dono di Dio la profondità del suoamore per noi.

Ho avuto nella mia vita l’esperien-za fortunata di avere un lampo cheper un attimo ha illuminato l’amoreche Dio ha per noi e l’esperienza vis-suta è stata non solo impossibile dadimenticare, ma ha cambiato netta-mente tutto il mio modo di vivere edi parlare di Dio.

La grandezza di Maria

L’apparizione dell’angelo a Mariacambiò la storia dell’umanità, ma cer-tamente mutò per sempre anche isentimenti, le aspirazioni, la preghie-ra, le estasi ed inevitabilmente anchela vita quotidiana di Maria, che da

quel momento avrà vissuto per sem-pre la gioia di essere già tra le bracciadel Padre a riempirsi senza fine delsuo amore. Forse il vescovo Andreadi Creta ci può aiutare a capire il mi-stero di quell’istante:

Ma come doveva pervenire a noiun tal dono, per sua natura immen-so, eccezionale, veramente grandenel piano divino? Non forse tramitela manifestazione di Dio fatto carne,nella sua sottomissione alle leggidella natura, nel suo accondiscende-re meraviglioso a essere come unodi noi, adattandosi al nostro modo dipensare? E in qual modo questo di-

segno doveva essere condotto a ter-mine, se non per mezzo di una ver-gine pura, che, dopo aver accettatodi servire al mistero, portò nel suogrembo il Dio che trascende ognicosa, per una legge superiore a tuttele leggi della natura? E si sarebbepotuto pensare un’altra fanciulla al-l’infuori di quella sola, che era statascelta dal creatore di ogni cosa pri-ma di tutte le generazioni? Questavergine è Maria, la madre di Dio,chiamata così dall’Altissimo: dal suoseno uscì Dio immenso, rivestito dicarne ed egli stesso la scelse per sécome suo tempio, plasmandola so-

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“Rallegrati, piena di grazia”

STORIA DI UNA RAGAZZA NORMALE

I Padri ci insegnano a vivere la Comunità

> a cura di Tarcisio Mezzetti

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prannaturalmente [ANDREA DI CRETA,Lode per la nascita della Madre diDio, PG 97, 812].

Pensando a Maria ed alla sorpresache riceve dall’arcangelo Gabriele chela saluta con quelle misteriose parole: “Rallegrati piena di grazia...”,non è possibile non pensare al turba-mento esaltante ed estatico della gio-vane fanciulla. San Giovanni Dama-sceno ci mostra almeno in parte que-sto mistero senza fine:

L’agnella della cui lana il pastorevestirà il gregge. Oggi è stata edifica-ta la porta che guarda a oriente attra-verso la quale “entrerà e uscirà” Cri-sto; e “sarà chiusa la porta” (Ez44,32) nella quale sta Cristo, “la portadelle pecore”; “Oriente è il nome dilui” (Zc 6,12 LXX) per il quale abbia-mo ottenuto accesso al Padre, princi-pio di luce. Oggi spirano aure an-nunciatrici di gioia universale.

Si rallegri il cielo lassù “ed esulti laterra” quaggiù il mare del mondo fre-ma (cfr. Sal 96,11), perché in esso siforma una conchiglia che dal cielo,dal bagliore della divinità concepirànel seno e partorirà la perla prezio-sissima, Cristo, e da essa “il re dellagloria” (Sal 24,7-10), prendendo laporpora della carne e rivestendose-ne, si presenterà “ai prigionieri” adannunciare la “liberazione” (cfr. Is61,11). Tripudi la natura: viene gene-rata l’agnella della cui lana il pastorerivestirà il gregge, e potrà strapparele tuniche dell’antica mortalità.

Danzi in coro la verginità, perchéè nata, secondo il detto di Isaia, laVergine che “concepirà nel seno edarà alla luce un figlio che chiame-ranno per nome Emmanuele”, cioè“Dio con noi” (Zc 6,12 LXX) [GIOVAN-NI DAMASCENO, Discorso per la nascitadella SS. Madre di Dio, 4].

In Gesù, figli di Dio

Come si vede questo evento stra-volge la storia dell’uomo, ma scon-volge anche tra la gioia e lo stupore

la vita della fanciulla Maria. Certa-mente lei prende coscienza della pre-senza straordinaria di Dio, ma nelsuo cuore non può non sorgere unadomanda piena di ombre rispetto alfuturo. Questo contatto di Dio comesarà? Sono certo che nel turbamentodi Maria si inserì subito il senso dellagrazia che esclusivamente scendevada Dio e cambiava la realtà.

San Cipriano di Cartagine in unsuo scritto medita proprio questopunto che sarà stato uno dei piùprofondi che si sono affacciati nelcuore di Maria:

Sono molti e grandi, fratelli caris-simi, i benefici divini, con i quali lalarga clemenza di Dio Padre e di Cri-sto ha operato e sempre opera a no-stra salvezza: che cioè il Padre, persalvarci e vivificarci, ha mandato ilsuo Figlio a redimerci, e che il Figliomandato tra noi ha voluto chiamarsiFiglio dell’uomo per fare di noi figlidi Dio. Si umiliò, per innalzare il po-polo che giaceva oppresso; fu feritoper curare le nostre ferite, fu servoper condurre noi servi a libertà, sop-portò la morte per offrire a noi mor-tali l’immortalità. Sono questi i donigrandi e copiosi della divina miseri-cordia. Ma inoltre, quale provvidenza

è questa e quanta clemenza, che siprovveda al nostro bene col metodopiù salutare, che all’uomo redento siprocurino mezzi maggiori per unasalvezza più piena?.

Infatti, avendo il Signore guaritocon la sua venuta le ferite inflitte adAdamo, ed avendo curato l’antico ve-leno del serpente, diede all’uomo ri-sanato una legge, comandandogli dinon peccare più, che non gli avven-ga qualche cosa di più grave. Erava-mo coartati e costretti in breve spazioper questo obbligo di mantener l’in-nocenza, e la fiacchezza, la debolez-za della nostra umana fragilità nonavrebbe potuto far nulla, se la divinapietà, soccorrendoci nuovamente,non ci avesse mostrato quali sono leopere di misericordia, aprendoci lavia nel conservare la salvezza, inse-gnandoci a lavare con l’elemosinatutte le macchie in seguito contratte[CIPRIANO DI CARTAGINE, Le opere buo-ne e le elemosine 1, T.P.].

L’uomo ha sete dello Spirito

Tutto questo discorso sulla graziaspalanca all’improvviso un mondosconfinato alla meraviglia dell’amoredi Dio per gli uomini.

Ogni volta che l’uomo apre gli oc-chi su questo mondo di Dio sembraquasi che riesca a scorgere il sorrisostesso di Dio. Maria davanti all’Ange-lo trovò certamente questo meravi-

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I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

Avendo il Signoreguarito con la sua

venuta le feriteinflitte ad Adamo,

diede all’uomorisanato una legge,

comandandogli di non peccare più.

Affresco nel santuario della Madonna diMontelungo, Ruino (Pavia)

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glioso affascinante sorriso e tutto losciorinare della grazia le apparve inun attimo sia nel suo splendore sen-za confini, che nella sua abbacinanteluce, come un lampo improvviso nelpieno della notte. San Cipriano ve-scovo di Cartagine e martire spiegacosì questo fulgore improvviso:

È opera di Dio, lo ripeto, è operadi Dio tutto ciò che noi possiamo. Dilui viviamo e a lui dobbiamo le no-stre forze; da lui riceviamo, e nutria-mo in noi quel vigore per cui, postiancor quaggiù, riconosciamo i segnidelle realtà future; solo che il timorecustodisca l’innocenza, affinché il Si-gnore, che si è benignamente river-sato nei nostri cuori con la discesadella grazia celeste, si fermi, allietatodalla buona ospitalità delle nostreopere sante, nel nostro animo, e nonavvenga che la sicurezza raggiuntapartorisca trascuratezza e vi si insinuialla fine il vecchio nemico. Del resto,se tu tieni la via dell’innocenza, setieni la via della giustizia e resti saldosui tuoi passi, se, raccolto in Dio contutte le tue forze e tutto il tuo cuore,tu rimani sempre solo quello che haicominciato ad essere, quanto piùcrescerà in te la grazia spirituale, tan-to più ti verrà concesso di forza e ca-pacità. Poiché nel dono che si riceveda Dio non vi è limite né misura al-cuna, come è normale per i beneficidi questa terra.

Lo Spirito che discende largamen-te non viene costretto da confini, nonviene obbligato entro limiti, non vie-ne frenato in spazi circoscritti. Pro-mana senza posa, sovrabbonda tra-boccando: purché il nostro cuore neabbia sete e gli si apra. Quanta è lacapacità della fede che gli presentia-mo, tanta è la grazia inondante cheattingiamo. Per questa ci viene con-cesso, se siamo sobri nella castità, in-tegri nella mente, puri nelle parole, dipoter spegnere nelle membra dolentil’influsso mortale dei veleni, di purifi-care dalle colpe gli animi dei deboli,rendendo loro la sanità, di imporre la

pace ai nemici, ai violenti la mansue-tudine, agli animi inferociti la mitez-za; e inoltre di costringere alla con-fessione, con acerbe minacce, gli spi-riti immondi erranti che si immergo-no negli uomini per sopraffarli; dipressarli con dure percosse ad allon-tanarsi; e se ricalcitrano, se urlano, segemono tormentarli con una penamaggiore, colpirli coi flagelli, bruciar-li col fuoco. È una battaglia che sicombatte e non si vede: la piaga èocculta e la pena manifesta.

Infatti, abbiamo cominciato ad es-ser suoi, perciò lo Spirito che abbia-mo ricevuto opera con tutta libertà:ma poiché non abbiamo ancora subì-to la trasformazione del corpo e del-le membra la nostra vista carnale èoscurata dalla nebbia del mondo.Che potenza spirituale, che forza èquesta: non solo sottrarsi ai contattiperniciosi del mondo, ma in più nonlasciarsi contagiare, una volta mondie purificati, dalla corruttela del nemi-co che rinnova i suoi assalti, anzi, rin-vigorirsi ancora e rinsaldarsi nelle

proprie forze, tanto da dominare im-periosamente tutto l’esercito del ne-mico che viene all’assalto.

E affinché si manifesti la verità ebrillino di maggior splendore i segnidella grazia divina, ti darò luce di co-noscenza, ti libererò dalle tenebre checoprono il mondo dissipando la neb-bia del male. Pensa per un istante divenir condotto sulla cima altissima diun arduo monte, di osservare da lassùgli aspetti di tutte le cose che sotto dite giacciono, di dirigere lo sguardo dilà e di qua e, libero da ogni contattoterreno, osservare i flutti minacciosi incui è immerso il mondo: anche tu al-lora verrai preso da compassione perquesta terra e, timoroso di te e rico-noscente a Dio, ti congratulerai contanta più letizia di esserne scampato[CIPRIANO DI CARTAGINE, A Donato, 4-6].

La novità di Pentecoste

Davanti all’Arcangelo Gabriele,Maria ha vissuto certamente anchequesta stupefacente esperienza chenon l’ha più lasciata. Certamente,quando è giunta la Pentecoste, tantidei pensieri di Maria sono diventatiuna corona di gloria. La “piena digrazia” poteva ora vedere questa«grazia attiva nella vita degli altri» enon solo come uno speciale donoche lei aveva ricevuto, ma come lapotenza santificante ed il fondamentocreativo della felicità di ogni uomo,che sperimenta l’amore di Dio che loinvade e vuole unirsi a lui.

Per questo non sono mai statodell’opinione di immaginare Mariachiusa in un permanente silenzio, gi-rare sempre al largo dalle folle che siaccalcavano intorno a Gesù, ma piut-tosto la immagino molto viva nel co-gliere le sfumature nascoste dellapredicazione di Gesù e poi ripresen-tarle anche nei colloqui ordinari conPietro e gli altri.

La grazia di Dio, quando si mani-festa davanti agli occhi dell’uomo,permette subito due cose: la prima, la

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“Rallegrati, piena di grazia”

Madonna delle Grazie, Cattedrale, Pia-cenza.

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presa di coscienza da parte dell’uomodella presenza amorosa di Dio e la se-conda, la consapevolezza che permezzo della grazia Dio lo avvicina asé e lo divinizza. Questo passo sta amostrare proprio un aspetto affasci-nante: mi piace pensare che la pre-senza di Dio e la sua azione diviniz-zante sulla creatura abbia riempitotutta intera la vita di Maria fino a Pen-tecoste, quando lo Spirito Santo, dopoaver dato le risposte adeguate, ha mo-strato la gloria della Chiesa nascente.

Dio è stato ed è. È stato senza ini-zio nella sua magnificenza, ed è eter-namente instancabile nella sollecitudi-ne per le sue creature. Verità egli èstato, e lo è. È stato pienamente im-mutabile, ed è il sostentatore del crea-to. Sapienza priva di errore e ricca diutilità egli è stato, e nella sua infinità èla luce delle creature. Regola di unasaggezza irraggiungibile è stato egli, elo è, nella sua sollecitudine inesprimi-bile per le sue creature. Lo è stato conammonimenti vivifici, saggi, utilissimiper aderire con salda fede alla sua es-senza, e lo è con la grazia, eterna-mente salvifica, che egli continua-mente dispensa agli uomini, perché alui si appressino e con lui si uniscanoin amore vivo. Forza onnipotente egliè stato, ed è, nella sua natura, perciòegli rafforza i deboli nella lotta spiri-tuale. Grazia misericordiosa e amanteè stato, ed è, nel suo ardore per il be-ne, perciò egli è sollecito dei giusti e liprotegge, mentre conduce i peccatoria penitenza. Luce e magnifica santitàegli è stato, ed è; perciò contrassegna,onora e rinnova le creature con graziemolteplici e col battesimo illuminante.

Sollecitudine misericordiosa egli èstato, e lo è, con la sua indicibilebontà nella sua cura per le creaturevisibili e invisibili, affinché giunganoal porto del bene, ottengano le pro-messe e attuino la loro vocazione alcielo, che è traboccante di viva beati-tudine nella vita. Grazia di misericor-dia egli è stato, e lo è, nella sua inde-scrivibile bontà e nei suoi ricchissimi

doni, perciò egli mostra e dà all’amo-re umano i suoi frutti, chiamando al-la grazia dell’adozione. Longanime ecomprensivo egli è stato, e lo è, conla sua mitezza e la sua volontà mise-ricordiosa, dato che non si mostratroppo oculato verso il male e nontutto punisce quaggiù, affinché i pec-catori abbandonino i loro peccati etornino a vivere. La bontà della Tri-nità santissima egli è stato nella suasollecitudine per le sue creature, e loè in pienezza assoluta, che mai nondiminuisce, che mai può essere misu-rata o limitata, né da ciò che è visibi-le, né da ciò che è invisibile, di fron-te alla preghiera e alla supplicaconforme a un contegno saggio [ME-SROP ARMENO, Quinto discorso].

Leggendolo e godendo le millesfumature di cui è pieno, si avvertecosa voglia dire la bellezza dell’unio-ne con Dio nell’amore.

Questo amore straordinario cheDio manifesta a contatto dell’uomocertamente ha riempito tutta quantala vita della giovane Maria.

La ricerca della verità

Capire Maria a Nazareth, quandoviene visitata dall’Arcangelo Gabriele,vuol dire anche avvertire che era pro-prio la grazia che le permetteva il suodialogo profondo con Dio ed era an-che l’origine del suo stupore e la sor-gente della sua gioia interiore. SanCipriano ci spiega la sua esperienza:

Quando giacevo nelle tenebre diuna notte cieca, quando venivo sbal-

lottato nel mare burrascoso del mon-do, vagando incerto e vacillante suimiei passi, senza conoscere la mia vi-ta, lontano dalla verità e dalla luce,credevo che fosse davvero difficile eduro, in quella mia situazione, ciò chela divina bontà mi prometteva a miasalvezza: che si possa cioè rinascere,essere animati da una nuova vita permezzo del lavacro nell’acqua di sal-vezza, e che l’uomo, riposta la suavecchia essenza, si muti nell’animo enella mente, pur nel permanere dellasua struttura corporea. Come è possi-bile, mi dicevo, una tale trasformazio-ne? Che all’improvviso e con violenzaci si spogli di ciò che in noi è conge-nito, saldo per predisposizione natu-rale, oppure è in noi incallito, rasso-dato da un’abitudine inveterata? Talidisposizioni sono incrollabili, perchéhanno una radice profonda e vigoro-sa. Quando imparerà ad esser sobriochi è abituato a cene splendide, a ric-chi banchetti? E chi si è vestito di abi-ti preziosi, si è sempre messo in mo-stra nello splendore dell’oro e dellaporpora, quando si abbasserà all’ab-bigliamento semplice, popolare? Chisi è allietato per i fasci, simbolo delpotere, e per gli onori, non sopportacerto di esserne privato, di vivere nel-l’oscurità. Chi è sempre circondatodalle schiere dei clienti, corteggiatoda una truppa di adulatori che lo ac-compagnano, considera come un tor-mento essere solo. Per la tenacia del-le passioni, sempre, come al solito,sarà necessariamente travolto dall’u-briachezza, gonfiato dalla superbia,infiammato d’ira, agitato dall’ingordi-gia, stimolato dalla crudeltà, adescatodall’ambizione, travolto dalla libidine.

Ciò ripetevo continuamente trame e me. Infatti io stesso mi trovavoinviluppato tra i molti errori della vi-ta anteriore, e non credevo di poter-mene spogliare; perciò assecondavoi miei vizi radicati e, disperando diogni miglioramento, mi adagiavo neimiei mali, quasi fossero intimi e fa-miliari. Ma dopo che, tolta con l’aiu-

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I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

La grazia di Diopermette all’uomo

la presa di coscienza

della presenzaamorosa di Dio

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to dell’acqua di rigenerazione la cor-ruzione della vita passata, si riversòdall’alto la luce nel mio cuore purifi-cato e mondo, dopo che, sorbito lospirito celeste, la seconda nascita fe-ce di me un uomo nuovo, all’im-provviso, meravigliosamente, i dubbisparirono, si spalancarono le portechiuse, splendettero le tenebre, fu inmio potere ciò che prima sembravadifficile, potei compiere quello che siriteneva impossibile: fu necessarioperciò riconoscere come fosse terre-no l’uomo di prima, nato dalla carnee schiavo dei vizi, e come fosse inve-ce ormai di Dio quello che lo SpiritoSanto animava. Sai bene anche tu, elo ammetti con me, ciò che questamorte del peccato, ciò che questa vi-ta di virtù ci hanno rispettivamentetolto e donato. Lo sai tu e non insi-sto. È odiosa la lode di sé, la millan-teria; per quanto non possa esseremillanteria, ma gratitudine, ciò chenon si ascrive alla virtù dell’uomo masi attribuisce al dono di Dio: se siammette quale effetto della fede ilnon peccare, e quale effetto dell’er-rore umano il peccato [CIPRIANO DI

CARTAGINE, A Donato, 3-4].

Questa esperienza di trasforma-zione e rinascita a vita nuova è l’e-sperienza di Cipriano che passa at-traverso la propria conversione escopre questa medesima gioia. Marianon ha avuto questo passaggio, quin-di, per lei, tutta l’esperienza delloSpirito da personale diventa univer-sale solo dopo la Pentecoste, quandopuò scorgere il ripetersi negli altri di

quello stesso effetto dello Spirito cheha vissuto in sé.

Certamente, in Maria, vedere lagioia della salvezza operare negli al-tri, dava nuova dimensione alla pro-pria esperienza di felicità.

Maria, l’esperienzadi una ragazza normale

Mi rendo conto sempre più dellastraordinaria esperienza di Maria edel suo turbamento alle parole del-l’Arcangelo Gabriele. Fu, per la gio-vane e «normale» ragazza Maria untuffo - in un solo istante - nellaprofondità di Dio, toccandone il suoamore non con i sensi, come in ge-nere siamo abituati a sperimentare,ma con tutta l’anima e questosprofondare in Dio non era l’espe-rienza di un attimo, ma l’esperienzaeterna che non ha più passato e nonconosce futuro. Sant’Agostino ci de-scrive così la grazia connessa all’In-carnazione:

Nulla poté commendare la graziadi Dio più del fatto che lo stesso uni-co Figlio di Dio, restando pienamen-te immutato in sé, rivestì la naturaumana al fine di donare agli uominila speranza del suo amore, per me-diazione di lui uomo, così che gli uo-mini potessero pervenire a colui chetanto dista da loro: egli immortale daloro mortali, egli immutabile da loromutabili, egli giusto da loro peccatori,egli felice da loro miserabili. E aven-do già posto in noi il desiderio natu-rale di essere beati e immortali, accet-tando la nostra realtà mortale pur re-stando beato, ci insegnò con la soffe-renza a disprezzare ciò che temiamo,per elargirci un giorno ciò che amia-mo [AGOSTINO, La città di Dio, 10,29].

Questa grazia avveniva in Maria,perciò essa, da madre, poté goderenon solo di tutte le grazie che Dio leelargiva e le mostrava, ma godere al-tresì della stessa gioia del Figlio diDio che adesso veniva a riportare al-l’amore del Padre i suoi figli dispersi.

Riflettendo su questo intensissi-mo momento della vita di Maria esulla sua immensa gioia, mi viene dapensare - e condividere con i lettori -la visione di questa nostra Comunitàche è pure chiamata in qualche mo-do a vivere questa profondissima vi-sione della nostra realtà. Una realtàche deve essere costruita solo sull’a-more e sulla contemplazione estaticadel mistero di Dio che ci ha sceltoper vivere insieme con noi.

Perché questo miracolo avvenga èperò necessario eliminare ogni formadi rigido e gelido strutturarsi, ma vive-re sempre più la Comunità come «or-ganismo vivente», dove l’obbedienzavenga sostituita dall’amore e l’amoresia eroicamente guidato in ogni mo-mento da quella «generosità di cuore»che da sempre è stata la caratteristicabiologica più specifica del DNA origi-nario della Comunità Magnificat.

Maria da ora non è più la ragazzi-na israelita di Nazareth, ma è la Ma-dre della nuova umanità. Nessuno leha chiesto d’obbedire, a pensarci be-ne neppure Dio, ma la scelta d’amo-re di Dio ha incontrato la totale «ge-nerosità di cuore» di una fanciullache dicendo semplicemente:“Eccomi, sono la serva del Signore,avvenga di me quello che hai detto”(Lc 1, 38),ha dato origine alla nuova umanitàsognata da Dio.

Questa semplicità dell’amore è ilpatrimonio più importante che pos-siamo trasmettere alle nuove genera-zioni, ma per trasmetterlo è necessa-rio sempre più il processo perma-nente della conversione del cuore.

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“Rallegrati, piena di grazia”

All’Annunciazione, in un solo istante,

la giovane e normaleragazza Maria

fece un tuffo nellaprofondità di Dio.

Per vivere il miracolodella grazia

è necessario viverela comunità come

un organismo vivente

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29Venite e Vedrete 87- I - 06

Se parliamo del tema della graziadi Dio, non possiamo non pensareall’esperienza «gratuita» più caratteri-stica delle nostre realtà carismatiche,il Battesimo nello Spirito Santo. Perquesto abbiamo intervistato don Re-nato Tisot, un «pioniere» del Rinno-vamento Carismatico Cattolico, testi-mone di questa nuova corrente digrazia fin dalle sue origini quando,nel 1970, fece esperienza dello Spiri-to Santo negli Stati Uniti, partecipan-do ai primi grandi ritiri sacerdotalinel New Jersey e nell’Ohio e coope-rando a fondare gruppi di preghieracarismatici nello Stato di New York ein Florida.

Tornato in Italia, ha fondato l’A-DIM (Alleanza Dives in Misericor-dia), recentemente entrata a far par-te anche della Fraternità Cattolica.Dal 2004 don Renato è membro delConsiglio ICCRS come rappresentan-te per l’Europa del Sud.

— Il Battesimo nello Spirito è l’e-sperienza fondante del Rinnova-mento Carismatico. Cosa significaquesta esperienza nel progetto diDio per la sua Chiesa ?

Semplice, quello che fu agli inizidel Cristianesimo: una sorpresa insenso assoluto e un evento travol-gente. Già fratel Carretto mi avevaparlato di un’importante «ora messia-

nica» che doveva avverarsi in ognibuon cristiano per un passaggio dal-la «pratica religiosa» alla vera e palpi-tante esperienza di Gesù Cristo. Fui

sorpreso nel vedere questa esperien-za evidenziata in maniera tanto fortein diversi miei parrocchiani «nati dinuovo». E devo a loro il mio primo

> a cura di Antonio Montagna

FONTE DELLA VITA NUOVA NELLA GRAZIAINTERVISTA A DON RENATO TISOT

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“Rallegrati, piena di grazia”

ingresso nella nuova e forte espe-rienza dello Spirito che segnò la miavita e la mia missione.

Presso un frequentatissimo grup-po di RCC era in corso un seminariodi vita nello Spirito e si annunciavaun Battesimo nello Spirito. Confessoche, da buon teologo mi sentii dicontestare questa dizione per nonfare confusione col Sacramento. Ileader non s’inoltrarono in discus-sioni e invece, ancora in quella pri-ma serata, mi invitarono a seguirli inuna cappella dove si teneva costan-temente esposto il Santissimo Sacra-mento. Mi fecero inginocchiare e co-minciarono a lodare, a cantare in lin-gue, a impormi le mani e a profetiz-zare. Fu il mio vero «battesimo nelloSpirito», una cosa travolgente e de-terminante per un cammino che du-ra ancora oggi.

Fui assiduo poi nel cammino del-la comunità, feci umilmente il «semi-nario di vita nello Spirito» che allorastava prendendo forma e venne an-che il giorno dell’effusione, ma nien-te si può paragonare a quel «battesi-mo» improvvisato e sorprendentedella prima sera.

Conobbi tutte le difficoltà in cam-po cattolico per accettare quella ter-minologia, ma la sostanza rimaneva:provocava una svolta vitale, un’e-sperienza nuova che gioiosamente tifaceva partecipe della globalità delVangelo. Cominciavi a capire cosaera accaduto duemila anni fa: nonera stata fondata una nuova religio-ne o non erano nate nuove teodicee.Il Verbo si faceva carne e veniva adabitare dentro di noi: non più una ri-cerca dal basso ma un incontro dal-l’Alto. Finalmente veniva offerta lapiù grande sorpresa divina nella sto-ria umana: quella che ha investitoinizialmente Maria e che poi, grazieal suo libero «sì» sta passando nellastoria umana fino alla fine dei tempi.

Senz’altro per tutto il Rinnova-mento Carismatico il Battesimo nelloSpirito ha costituito l’esperienza di

base. E senz’altro può essere propo-nibile, fra tante grazie di Dio, anchea tanti buoni cattolici che, come di-ceva S. Tommaso, hanno avuto una«inhabitatio» nel Battesimo ma nonsperimentano ancora una fervente«innovatio».

— Cosa significa vivere la “vitanuova nella grazia”?

Non trovo parole migliori diquelle del più acerrimo persecutoredella novità cristiana che diviene poiuno dei massimi sperimentatori del-la vita nuova nello Spirito: “Maquando venne la pienezza del tem-po, Dio mandò il suo Figlio, nato dadonna, nato sotto la legge, per ri-scattare coloro che erano sotto lalegge, perché ricevessimo l’adozionea figli. E che voi siete figli ne è provail fatto che Dio ha mandato nei no-stri cuori lo Spirito del suo Figlio che

grida: Abbà, Padre! Quindi non seipiù schiavo, ma figlio; e se figlio, seianche erede per volontà di Dio” (Gal4,4-7).

La «conoscenza» di Dio, l’espe-rienza trinitaria, la vitalità palpitantedella comunione divina che ti apreanche alla vera fraternità con le crea-ture umane, in tutte le nuove relazio-ni di carità orante e operante: il mon-do divino che fa irruzione in quelloumano cambia tutto. È pienezza divita. Ed è bello vedere qui S. Paoloche, in questa pienezza dei tempi,vede la «donna», quella che l’Angelo,annunciando il progetto per tutti noi,chiamò “piena di grazia”.

— Si può dire che Maria è statala prima donna a sperimentarel’effusione dello Spirito Santo. Co-sa ha significato questa esperien-za nella sua vita?

È S. Luca che con grande dolcez-za ci racconta la «pre-pentecoste ma-riana». Non c’è dubbio che il salutoangelico definisca già una pienezzadi grazia e una specialissima appar-tenenza al Signore, ma qui si mettein evidenza una straordinaria «effu-sione dello Spirito» per la missione:“Hai trovato grazia presso Dio... LoSpirito Santo scenderà su di te, su testenderà la sua ombra la potenza

“L’esperienza del Battesimo

nello Spirito puòessere proponibile

anche a tanti buoni cattolici”

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dell’Altissimo” (Lc 1,30.35). Comesempre l’iniziativa parte dall’Alto,ma si fa «condizionare» dalla libera eamorosa risposta umana.

È chiaro che il «sì» di Maria haaperto la porta a tutte le nostre «ef-fusioni» e che il suo esempio mater-no è una pista sicura per tutte le no-stre risposte ed esperienze di vitanello Spirito. Essa è la prima creatu-ra umana che entra in simbiosi conDio, che sperimenta la comunionetrinitaria e la vita nello Spirito contutti i carismi di santità e di ministe-ro ad extra. Elenco i doni spiritualipiù evidenti: preghiera di lode spon-tanea e gioiosa, carismi di discerni-mento e di profezia, potenza evan-gelizzante nell’incontro con le per-sone, spirito di carità e di donazioneanche nei più umili servizi, fino allafedeltà assoluta della Croce. Neces-sariamente poi madre e maestra delCenacolo pentecostale.

— Come cambia la nostra vitaumana dopo l’esperienza dellagrazia nei termini delle nostre re-lazioni con Dio, con noi stessi, congli altri o la società? In particola-re, cosa ha cambiato questa espe-rienza nella tua vita personale?

Se posso dire che il Signore èstato generosamente presente nellavita mia personale e della mia fami-glia, anche con manifestazioni mira-colose, posso anche onestamenteaffermare che l’incontro col Rinno-vamento Carismatico è stato deter-minante per il mio nuovo rapportocon Dio e per le innovazioni sostan-ziali generate nel mio ministero sa-cerdotale.

Già quello che m’impressionavanei laici incontrati diventava una te-stimonianza forte, soprattutto se miera dato di conoscere il prima e ildopo del loro vivere. Ecco l’identikitdel laico «rinnovato»: gioia dell’in-contro con Dio e con la comunitàecclesiale (anche ai livelli dello stan-dard parrocchiale), vivace presenza

cristiana nella società, voglia di co-municare il santo contagio, ascoltoincantato della Parola di Dio con let-tura personale della Bibbia, gustonuovo nella celebrazione dei Sacra-menti, desiderio di una direzionespirituale per una crescita, percorsopiù condiviso nell’anno liturgico,partecipazione più generosa nei mi-nisteri, affidamento della vita al Si-gnore anche nei momenti difficili,più attenzione ai bisogni spirituali eanche materiali del prossimo, vogliadi evangelizzare, anche con l’usodei nuovi carismi. Spesso con la na-scita di vocazioni anche alla vitaconsacrata.

Tutto questo ho sperimentato iostesso nel mio cammino sacerdotalecon una continuità che da allora du-ra ancora nonostante le umane fra-gilità, gli errori di percorso e le scon-volgenti svolte pastorali richieste dalcammino.

— Ci stiamo avviando a celebrareil quarantesimo anniversario delRinnovamento Carismatico. A tuoparere, quali sono stati i frutti di

questa esperienza per la Chiesa,per i cristiani dopo quasi 40 anni?

Anzitutto penso a milioni di per-sone toccate e coinvolte nell’espe-rienza, con numeri da capogiro mairegistrati nella storia del cristianesimoe per di più nel giro di poco tempo.

Ovviamente ho visto stagioni en-tusiasmanti e cali preoccupanti, zonefloride e zone in regressione, territo-ri nuovi e poveri in nuova esplosio-ne, divisioni dolorose ma anche dira-mazioni piene di nuova fruttificazio-ne. Del resto non ci sono dei fonda-tori umani e i carismi hanno creatoproblemi anche nelle chiese paoline.Il discernimento dei pastori dellaChiesa non è stato facile. Direi che iPapi dei nostri tempi provvidenzial-mente hanno avuto qualche dono inpiù per i primi discernimenti e le pri-me accoglienze del RinnovamentoCarismatico nel grembo di Santa Ro-mana Chiesa, con valutazioni e conproposte di piste operative eccezio-nali e sempre da seguire.

Bisogna pensare che il Quarante-simo si riferisce all’esperienza cari-smatica americana che, se è statapunto di riferimento storico per ladatazione, non è stata comunquel’unica né la prima, come ho potutocostatare da tante testimonianze diquel tempo. Il cardinal Suenens ful’uomo della provvidenza per la pri-ma visione e per la giusta canalizza-zione di quella che per lui era unamaestosa e imprevista «corrente digrazia». Non un movimento con fon-datore umano, con regole, statuti estrutture, ma neanche «una correntedel golfo che qui e là riscalda le co-ste, bensì destinata a penetrare nelcuore stesso del paese».

Oggi i Carismatici Cattolici s’aggi-rano ancora attorno ai cento milioninel mondo. Posso dire che, nono-stante il costante esodo di tante per-sone, ne ho incontrate poche chenon abbiano detto: «adesso non fre-quento più, ma quello che ho rice-vuto è stato grande e fruttuoso».

Don Renato Tisot.

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“Rallegrati, piena di grazia”

— Un altro frutto del Battesimonello Spirito è l’evangelizzazione.Perché nei nostri gruppi e comu-nità si vedono sempre meno mira-coli e segni della potenza di Dio?

Tutti sappiamo che, nel program-ma chiaro assegnatoci da Cristo stes-so e ben praticato dalla Chiesa delleorigini, l’annuncio forte della «buonanotizia» doveva essere accompagna-to dai ministeri di liberazione e diguarigione. Alle origini del RCC que-sta realtà ritornava vigorosa. Nondiamo sempre la colpa alla gerar-chia, che ovviamente poteva trovar-si imbarazzata di fronte a questo va-sto ritorno di ministeri carismaticicondivisi in maniera vistosa anchedai laici.

Il colloquio di Roma del 2001 èstato estremamente positivo econfortante in merito.

Piuttosto pensiamo a quanto si èspenta in noi, nei nostri gruppi e perla nostra freddezza, la fiamma degliinizi, preoccupati magari più perl’organizzazione e i regolamenti.

— Recentemente sei stato nomi-nato membro del Consiglio dell’IC-CRS. Cosa ti sta dicendo il Signoreper questa missione cui ti ha chia-mato?

Al tempo della nascita dell’ICCRSe poi ancor più all’entrata nel diritto

pontificio con rappresentanza nelPontificio Consiglio per i Laici, era-vamo tutti in esultanza ed estrema-mente grati allo Spirito Santo cheera il nostro vero fondatore e mode-ratore. C’era un bisogno sentito, nontanto riferito ad un governo o ad undirettivo condizionante, quanto aduna voglia di comunione, di coordi-nazione, di soccorso e di indicazioniutili nel rispetto anche della ricchez-za carismatica e ministeriale propriadelle varie esperienze e diramazio-ni. Si sentiva il forte dovere di ap-poggiare, consultare e finanziarel’ICCRS.

Io sono entrato da poco e, comegià sapevo, le cose non stanno piùcome ai vecchi bei tempi. C’è unaforte crisi e un disinteresse allargatoche può minacciare l’esistenza stessadi questo Servizio, nonostante gli ac-corati appelli. Resistevo molto a que-sta chiamata, oberato ancora allamia «tenera età» da tanti impegni efulminato anche da un’elezione chenon mi aspettavo. Poi ho detto «sì»come ad una volontà del Signore.Prego molto e quel poco che possofare lo dono col cuore.

— Le nostre comunità, nate daquesta esperienza di grazia, sonooggi chiamate ad affrontare moltesfide. Per concludere con un tuomessaggio: quali sono le sfide, nel-la Chiesa e nel mondo che atten-dono oggi le nostre comunità ?

Voglio esser sincero. Ho seguitoil Concilio con grande partecipazio-ne interiore, con grandi attese e spe-ranze; nel dopo-Concilio ho avutodiversi incarichi accanto al mio Arci-vescovo e ci siamo dati da fare perorganizzare convegni di approfon-dimento, di aggiornamento, di stra-tegie e di risposte alle «sfide» delmoderno, del postmoderno, del«nextmoderno». Dopo tante discus-sioni (a dire il vero con sempre me-no preghiera) potevano entrare nel-la vita, soprattutto dei pastori, forti

vene di scoraggiamento, di frustra-zione e d’impotenza. Che vorticetremendo e incomprensibile questastoria umana!

Gridava Santa Caterina da Sienain tempi duri (e quali sono nella sto-ria umana quelli teneri?): Baluardidi preghiera, baluardi di preghiera.Ma non si fermava là, perchè tuttisappiamo quanta forza anche «politi-ca» emanava da quei cenacoli cateri-niani.

E allora non abbiamo paura, an-zi non sentiamoci alienati ai nostritempi quando lo Spirito Santo c’invi-ta ancora alle forti esperienze di Ce-nacolo: “Restate in città, finché nonsiate rivestiti di potenza dall’alto”(Lc 24,49), “Avrete forza dallo Spiri-to Santo che scenderà su di voi e misarete testimoni a Gerusalemme, intutta la Giudea e la Samaria e finoagli estremi confini della terra” (At1,8).

E, dopo l’evento pentecostale,vediamo quella sparuta schiera dipoveracci rivestiti di una carica uma-namente inspiegabile e nutrita da unmodello di vita comunitaria che nondeve mai scomparire: “Erano assi-dui nell’ascoltare l’insegnamentodegli apostoli e nell’unione fraterna,nella frazione del pane e nelle pre-ghiere. Un senso di timore era in tut-ti e prodigi e segni avvenivano peropera degli apostoli... Intanto il Si-gnore ogni giorno aggiungeva allacomunità quelli che erano salvati”(Atti 2, 42-43; 48).

“Non diamo sempre la colpa alla gerarchia,

che poteva trovarsiimbarazzata

di fronte a questovasto ritorno di ministericarismatici”.

“Nel dopo-Concilioabbiamo organizzato

convegni diapprofondimento. Il frutto? Spesso

solo frustrazione”.

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Filocalia carismatica

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IChi sei tu, Signore, chi sono io? Tu

l’abisso di ogni bene, io l’abisso diogni male.

Questa espressione di san France-sco d’Assisi può servire da avvio ver-so una comprensione delle verità chefanno centro nella espressione chedà il titolo al tema di cui ci stiamo oc-cupando.

Al centro delle cose che fannoparte dell’abisso dei nostri mali stan-no tutte le ansie e le inquietudini chenella Scrittura si raccolgono sotto ilnome di «preoccupazione»; termineche nel testo biblico originale vienereso con la voce «merimna», con ilverbo «merimnao» e parole affini co-me «meteorizo».

Nell’uso linguistico greco gli at-teggiamenti dell’animo umano assu-mono le caratteristiche tipiche di una“preoccupazione” quando implicanosentimenti che corrispondono ademozioni che possono assumere no-mi come: attesa timorosa, tormentointeriore, assillo, amarezza, affanno,sollecitudine apprensiva, angoscia.

IIL’Antico Testamento ci ricorda

che solo gli interventi amorosi di Dioci liberano dalla «preoccupazione»che opprime il cuore, che getta nel-l’angoscia, che suscita panico, che to-

glie il sonno, che fa invecchiare anzi-tempo.

“Getta sul Signore il tuo affannoed egli ti darà sostegno” (Sal55/54,23).

“La preoccupazione anticipa lavecchiaia” (Sir 30,26).

“La preoccupazione allontana ilsonno” (Sir 42,9).

Cfr. 2Sam 7,10; 1Cr 17,9; Sal36/37,19; Pr 12,25.

Nel Nuovo Testamento si dà tuttoun susseguirsi di richiami alla libera-zione che il Signore concede a tutti

coloro che camminano sotto la suapotente e amabile guida.

1) Le preoccupazioni di questomondo soffocano la parola di Dio,turbano ogni buona ispirazione, ri-ducono la creatività delle nostreazioni:Lc 8,14: “Il seme caduto in mezzo al-le spine sono coloro che, dopo avereascoltato, strada facendo, si lascia-no sopraffare dalle preoccupazioni,dalla ricchezza e dai piaceri dellavita e non giungono a maturazione”(cfr. Mc 4,19).

> Giuseppe Bentivegna S.J.

Il carisma dell’umiltà assembleare

OGNI VOSTRA PREOCCUPAZIONE (1Pt 5,7)

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Filocalia carismatica

2) La preoccupazione e l’affanno«per le molte cose» suscitano irre-quietezza e avvilimento, gettano lavittima in forme di depressione e diaggressione.

Lc 10,41: “Ma Gesù le rispose:Marta, Marta, tu ti preoccupi - me-rimnàs - e ti agiti per molte cose, mauna sola è la cosa di cui c’è bisogno.Maria si è scelta la parte migliore.Che non le sarà tolta”.

Lc 12,28-29: “Non cercate perciòche cosa mangerete e berrete, e nonstate con l’animo in ansia - me me-teorìzesthe = non siate né inquieti néansiosi - di tutte queste cose si preoc-cupa la gente del mondo”.

3) Se prevale la preoccupazionedi sé, la benedizione di Dio viene ri-dotta o impedita.

Ag 1,9: “Facevate assegnamentosul molto e venne il poco: ciò che por-tavate in casa io lo disperdevo”.

4) L’uomo non dispone autono-mamente della propria vita e delproprio futuro. La vita umana di-stratta dalla preoccupazione per lemille cose esteriori smarrisce prestoenergie, orizzonti e determinazione.Solo Dio con la sua presenza attivaè colui che può garantire l’esistenzae la vita alla sua creatura: Non preoc-cupatevi [mè oùn merimnesete] (Mt6,31).

5) Chi agisce ispirato da Dio eper Dio, è libero da legami e dipen-denze umane e fa esperienza concre-

ta della provvidenza di Dio, la cuigioia consiste nel donare: “tutte que-ste cose vi saranno date in aggiunta”(Mt 6,33).

6) Questo abbandonarsi a Dio èun gesto consapevole di umiltà in-fantile. Una umiltà che va vissuta an-che in termini assembleari, come in-segna san Pietro usando il pluralenel versetto che fa da guida a questenostre riflessioni: “Umiliatevi, perchéDio vi esalti: gettando in lui ogni vo-stra preoccupazione” [pasan ten mé-rimnan ymòn epiripsantes ep’autòn],“perché egli ha cura di voi” (1Pt 5,6,cfr. Sal 55,23).

7) Questa fiducia che si esprimecon la preghiera, la confessione e ilringraziamento non verrà delusa. Chiaffida a Dio le sue preoccupazionisperimenta protezione e pace.

Chi riesce a superare la preoccu-pazione di sé, sperimenta la bontàcompassionevole di Dio e diventacapace di condividere il destino de-gli altri e l’impegno responsabile peri fratelli.

Sal 40,18: “Io sono povero e infeli-ce, di me ha cura il Signore”;

Mc 13,11: “E quando vi condur-ranno via per consegnarvi, non preoc-cupatevi di ciò che dovrete dire”;

Fil 4,6: “Non angustiatevi per nul-la” [medèn merimnate].

8) Il cristiano, che si preoccupadella “causa di Dio” e della “gloriadel suo regno” (cfr. 1Cor 7,32) e chequindi non vive per se stesso (cfr.2Cor 5,15, 2Tm 2,4), si sente posto alservizio dei fratelli (cfr. 1Cor 12,25;Fil 2,4); e si impegna perché nellacomunità non venga a mancare il ne-cessario: la “preoccupazione per tut-te le chiese” [e merimna pasòn tonekklesiòn] (2Cor 11,28).

IIICommento patristico

1Pt 5.6-7: “Umiliatevi dunquesotto la potente mano di Dio, perchévi esalti al tempo opportuno, gettan-do in lui ogni vostra preoccupazio-ne, perché egli ha cura di voi”.

1Pt 5.6a: “Umiliatevi dunque sottola potente mano di Dio”.

La maestà di Dio è presente intutta la sua potenza in tutti coloro aiquali per la sua causa ci sottomettia-mo.Umiliarsi equivale a rendersi con-to della propria miseria quando cimettiamo al cospetto di Dio. Sonosegni notevoli di vera umiltà:1. Mortificazione dei propri giudizi.2. Sottomissione alla propria guida

spirituale.3. Pratica della mitezza e pazienza

evangelica.4. Accettazione di eventuali ingiurie

e disprezzi.5. Sentirsi veramente inferiore a tutti.6. Giudicarsi indegno dei buoni trat-

tamenti che riceve.7. Lasciare al Signore la guida della

sua gioia.

1Pt 5.6b: “perché vi esalti”.Dinanzi a Dio saliamo tanto più

in alto quanto più in basso ci collo-

Chi riesce a superarela preoccupazione di sé, sperimenta

la bontàcompassionevole di Dio e diventa

capace di condividereil destino degli altri

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chiamo dinanzi a noi stessi e agli uo-mini che ci circondano. Questa veritàè frequentemente ribadita nella Scrit-tura e conseguentemente nell’inse-gnamento dei Padri della Chiesa.

1Sam 15,17: “Non sei tu stato fat-to capo delle tribù di Israele, quandoeri piccolo ai tuoi stessi occhi?”

Pr 29,23b: “L’umile di cuore ottie-ne onori”.

Sal 17,28: “Tu salvi il popolo degliumili”.

Gb 5,11: “Dio colloca gli umili inalto”.

Lc 1,48: “Ha guardato l’umiltàdella sua serva”.

Lc 14,11: “Chi si umilia sarà esal-tato”.

S. Gregorio Magno, Mo 22: Ognivero credente dovrebbe sentirsi diredal Signore: Sei grande dinanzi ame, perché hai disdegnato te stesso;quando però ti fai grande dinanzi ate, ti sei fatto degno di disprezzo di-nanzi a me.

1Pt 5.6c: “al tempo opportuno”[greco: en kairò = nel tempo (oppor-tuno); Volgata: in tempore visitatio-nis = nel tempo della visita].

Dio si riserva di visitare i creden-ti che si umiliano davanti a lui. Il plu-rale sta ad indicare l’esaltazione cheil Signore riserva ad essi, non solocome individui, ma anche come as-semblea, quando tra di essi prevalel’umiltà.

Di visita del Signore si parla inmaniera esplicita nel capitolo 2 diquesta stessa lettera.

1Pt 2,12: “La vostra condotta tra ipagani sia irreprensibile , perchémentre vi calunniano come malfat-tori, al vedere le vostre buone operegiungano a glorificare Dio nel gior-no del giudizio” [greco: en emeraepiskopès = nel giorno della visita;volgata: in die visitationis; Ist. Bibli-co-Vaccari: quando gli piacerà visi-tarli].

Si tratta di una esperienza dellapresenza del Signore che comporta

un giudizio, cioè una correzione mi-stica.

Questa correzione implica duetempi.1° Accoglienza di una grazia che ci

illumina e ci stimola ad una con-versione sempre più avanzata ver-so il modello della santità evan-gelica.

2° Accettare le tribolazioni e le de-trazioni provenienti da coloro checi osservano con una mentalitàpagana.

3° Supplica perché il nostro compor-tamento (martirio) susciti una glo-rificazione di Dio da parte di colo-ro che prima ci disprezzavano (cfr.Sap 5.3-8).

1Pt 5,7a: “gettando in lui ogni vo-stra preoccupazione”.

Frase ebraica. Participio al postodell’esortativo: «gettate». Il credenteche si umilia sinceramente davanti aDio è felice di deporre nella potenzadelle sue mani ogni sua preoccupa-zione: inquietudini, angosce, paure,ansie, timori, trepidazioni.

Dimostriamo di sentire umilmen-te di noi stessi e eccelsamente diDio, quando diffidiamo completa-mente di noi stessi e confidiamo to-talmente in lui. Attestiamo da un latodi essere tanto deboli da non riuscirea venire incontro a noi stessi, da unaltro lato di essere sicuri che Dio ècosì potente, provvido e benigno davenirci incontro in tutte le situazionicome un padre e una madre.

Gesù vieta a coloro che lo seguo-no di essere ansiosi (Mt 6,25: [me me-rimnate] = non affannatevi). Non vie-ta loro però, anzi consiglia di agiresempre con la diligenza o sollecitudi-

ne [spoudè] che deve accompagnaretutte le cose che facciamo per il Si-gnore o per ispirazione o per missio-ne da parte del Signore (cfr. Rm 12.8:“chi presiede lo faccia con diligenza”- [en spoudè]; 12,11: “siate sollecitinon pigri” - [en spoudè me okneroi];cfr. 2Cor 7,11). “La spensieratezza faperire gli sciocchi” (Pr 1,32).

La tendenza all’ansietà e all’an-goscia rimane sempre in noi. Perquesto san Paolo esorta: “Non angu-stiatevi per nulla. Ma in ogni neces-sità esponete a Dio le vostre richieste,con preghiere, suppliche e ringrazia-menti, e la pace di Dio, che sorpassaogni intelligenza, custodirà i vostricuori e i vostri pensieri in Cristo Ge-sù” (Fil 4,6-7).

Cfr. S. GIROLAMO, In Mt 6; S. AGO-STINO, In Ps 39,18.

1Pt 5,7: “perché egli ha cura divoi” [oti autò melei perì ymon = per-ché a lui importa di voi].

Dio oltre ad essere creatore è an-che conservatore, provveditore, re-sponsabile delle sue creature, spe-cialmente dei fedeli e dei giusti. Ap-partiene quindi a lui governare, assi-stere, controllare tutte le realtà, le in-combenze, le molestie, che accom-pagnano l’esistenza di questi esseri.

Tu, onnipotente, sei così buonoda prenderti cura di ognuno di noi,ti prendi cura di me come se esistessiio solo, ti prendi cura di tutti e singo-larmente di ognuno (S. AGOSTINO,Conf. 3,11).

Non ti prendere cura delle cosetue, ma permetti a Dio che se ne pren-da lui cura. Poiché se ti dai da fareda te, agisci come uomo; se invece ri-nunci a fare da te, Dio provvederà(GIOVANNI CRISOSTOMO, Hom. 56).

Cristo nella sua agonia sudò ac-qua e sangue, Cristo si lasciò inco-ronare di spine, per guarire e toglie-re a noi tutte le preoccupazioni, leinquietudini, le angustie e trepida-zioni (S. ATANASIO, De Passione etCruce).

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Dio si riservadi visitare i credenti

che si umilianodavanti a lui.

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Testimonianze e News

Notizie dal 6° ConvegnoGenerale della ComunitàMagnificatMONTESILVANO,5-8 GENNAIO 2006

La cerimonia di rinnovo dell’Al-leanza di sabato 7 gennaio, presiedu-ta da Monsignor Rylko, ha visto l’in-gresso nella Comunità Magnificat ditrentacinque nuovi alleati, provenien-ti dalle numerose fraternità presenti inquasi tutte le regioni d’Italia ed in Ro-mania. I fratelli e le sorelle hanno in-fatti solennemente professato il loroimpegno a far parte della ComunitàMagnificat apponendo la loro firmasul libro dell’Alleanza e indossando laveste bianca, l’alba, segno dell’appar-tenenza alla Comunità.

Innumerevoli abbracci pieni diamore fraterno e di tenerezza hannoreso questo momento ancora più toc-cante e decisamente più forte la testi-monianza offerta a tutti quanti, novi-zi, amici, parenti o ospiti, affollavanoil salone del Grand Hotel Adriatico diMontesilvano. Molti, inoltre, i volti ri-gati di lacrime e gli occhi arrossati dipianti di commozione.

Uno sguardo sereno e gioioso hafatto da sfondo ad ogni momento delritiro: quello penetrante, silenzioso epieno d’amore di Maria, la vera pro-tagonista di ogni giornata, colei perla quale si è innalzato il Canto delMagnificat, così bene presentato espezzato come vera Parola di Dio inogni suo aspetto, grande o piccoloche sia, dall’entusiasta relatore JeanPliya, un vigoroso e scattante settan-tacinquenne che deve molta dellapropria energia e del proprio, ine-

sauribile entusiasmo al profondoamore e ad un profondo rapportopersonale che lo lega alla VergineMaria e del quale si è fatto, durantetutti gli insegnamenti tenuti nel corsodelle varie sessioni che hanno vistolo svolgersi del Convegno, testimoneappassionato e travolgente. Padre disette figli, Jean è nato in Benin nel1931 ed è stato docente di geografia,oltre che vice cancelliere presso l’u-niversità Nazionale del suo Paese,nonchè deputato del Ministero del-l’Informazione. Molto letto e moltoapprezzato è un suo famoso libro,Dare come un figlio di Re, che mol-tissimi dei presenti hanno acquistatoed iniziato subito a leggere. Dal 2000è membro del Consiglio dell’ICCRS,in qualità di rappresentante dei pae-si africani di lingua francese.

Molto importante, infine, è stata la

Messa conclusiva del ritiro, celebratadomenica otto da Padre Antonio, par-roco di una chiesa cattolica di Istan-bul, il quale - visibilmente commossoper essere stato chiamato da Gesù apresiedere quell’Eucaristia - ha datoun’importante testimonianza sulla si-tuazione della nostra fede in Turchia esi è rivelato letteralmente rapito dall’i-dea che l’esperienza della ComunitàMagnificat possa prendere piede an-che in Turchia, cosa del resto già ac-caduta in Romania e - perché no - ac-cendere infine con il fuoco dello Spi-rito Santo l’intera Europa.

Siano rese lodi e grazie al Signo-re Gesù per la Sua tenerezza e perl’abbondanza inesauribile della Suamisericordia!

Alessandro CesareoComunità Magnificat,Fraternità di Elce (PG)

Alcune immaginidel Convegno della ComunitàMagnificat a Montesilvano. Sopra, la messapresieduta dal vescovo Stanislaw Rylko. A lato, un momento della preghiera.

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Testimonianze e News

Venite e Vedrete 87- I - 06

Il sito della Comunitàè online!WWW.COMUNITAMA-GNIFICAT.ORG

Da alcuni mesi è online il nuovosito web della Comunità Magnificat:www.comunitamagnificat.org . Pote-te trovarvi una breve presentazionedella Comunità oltre che il testo inte-grale della Premessa al nuovo Statu-to che condensa in poche righe ilcredo e la missione della Comunità.Il sito è in continua espansione e ag-giornamento e presto saranno dispo-nibili anche i calendari delle attivitàdelle varie fraternità diffuse in tuttaItalia.

Ma la vera novità è data dalla pos-sibilità per tutti gli utenti di iscriversie diventare così protagonisti dellacostruzione del sito. Potete inviareinsegnamenti, registrazioni audio,immagini e quant’altro riteniate utileper l’edificazione del sito e della co-munità. “Con Gesù, su Gesù, costrui-sci” diceva la profezia alla nascitadella Comunità, dai anche tu il tuopiccolo contributo!

Antonio MontagnaComunità Magnificat,

Fraternità di Roma

Veglia di Pentecostecon il Santo Padre 3 GIUGNO 2006: IL PAPA BENEDETTO XVIINCONTRA I MOVIMENTI ECCLESIALIIN PIAZZA SAN PIETRO

Come aveva fatto otto anni faGiovanni Paolo II, nel memorabileincontro del 30 maggio 1998, ancheBenedetto XVI ha invitato tutte le co-munità e i movimenti ecclesiali per laVeglia di Pentecoste in piazza SanPietro. Sarà un’occasione unica perprepararsi alla Pentecoste con tuttele realtà carismatiche ed ecclesiali.Ma non solo. Per rendere più memo-rabile la Pentecoste 2006 a gloria del-lo Spirito Santo, l’ICCRS (Internatio-nal Catholic Charismatic RenewalServices), assieme alle realtà Cari-smatiche Italiane, ha programmatouna serie di eventi internazionali per

celebrare la Pentecoste e in prepara-zione al 40° anniversario del Rinno-vamento Carismatico Cattolico, natodurante il famoso ritiro di Duquesnenel 1967.

Di seguito i principali eventi or-ganizzati dall’ICCRS per l’occasione:3 giugno - Veglia di Pentecoste con il

Santo Padre Benedetto XVI, Roma- piazza San Pietro

4 giugno - Celebrazione di Penteco-ste “L’anima mia magnifica il Si-gnore”. Tra i relatori, p. RanieroCantalamessa e p. Tom Forrest. Lagiornata si concluderà con una“Festa di Lode” straordinario con-certo internazionale in onore del-lo Spirito Santo.

5-9 giugno - Conferenza Internazio-nale Aperta “Il Rinnovamento ca-rismatico cattolico: ieri, oggi e do-mani”, Fiuggi

9-11 giugno - Pellegrinaggio ad Assisi

Per maggiori informazioni e perle iscrizioni visita il sito web www.ic-crs.org/Rome2006_it.htm

Antonio MontagnaComunità Magnificat,

Fraternità di Roma

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Ricordandomons. Dino Foglio e Diana Trovò

Sono scomparsi in questi mesidue protagonisti della vita del Rinno-vamento nello Spirito in Italia. Lei,Diana Trovò (si è spenta il 6 feb-braio), nel Rinnovamento dal 1975, èstata la prima coordinatrice regionaledel Piemonte e Valle D’Aosta. Fondòa Torino la Comunità di Gesù con cuisi impegnò in un ricco ministero dievangelizzazione.

Lui, mons. Dino Foglio (scompar-so il 28 gennaio), è stato per tanti an-ni l’anima del Rinnovamento in Italia.

“Un prete gioioso, fortunato, cheha avuto in dono dal Signore moltis-sime esperienze spirituali”. Si definivacosì don Dino nel libro intervista “Uncanto di giubilo” a cura di SaverioGaeta. “Un prete che, anche nelle dif-ficoltà, ha avuto fiducia nella Provvi-denza e nella realtà dello Spirito”.

Don Dino Foglio era nato a Bago-lino nel bresciano il 27 agosto 1922.Ordinato sacerdote nel 1946, era sta-to cofondatore e primo segretariodella Federazione Italiana EserciziSpirituali, nonché cofondatore delCentro Nazionale Vocazioni.

Aveva conosciuto il Rinnovamen-to nel 1974, quando una maestra diBrescia, di ritorno dall’Inghilterra, gliparlò, con molto entusiasmo e trepi-dazione, del Rinnovamento carismati-co cattolico, della preghiera di effu-sione, che lei stessa aveva ricevuto, egli lasciò da leggere il libro “L’ora del-lo Spirito” di don Serafino Falvo. “Lasera stessa cominciai la lettura e andaiavanti tutto d’un fiato. M’era venuto ildesiderio di saperne di più e ne par-lai con qualche amico – scrisse lostesso don Dino –. Così decidemmo,due sacerdoti e tre laici, di fare un sal-

to a Roma, dove avevamo saputo chesi riuniva uno dei primi gruppi italia-ni. Siamo andati per tre sabati conse-cutivi a Roma in auto, tornando innottata, ricavandone sempre una for-te impressione. Poi abbiamo comin-ciato la preparazione per l’effusione,che ci è stata data il Lunedì di Pasquadel 1975”.

Poche settimane dopo l’effusionepartecipò al primo Congresso inter-nazionale del Rinnovamento carisma-tico cattolico, che si tenne presso leCatacombe di San Callisto, dove ri-trovò personaggi a quel tempo presti-giosi della Chiesa e del mondo laico,e tra i tanti incontrò, inaspettatamen-te, il suo amico padre Mario Pancie-ra (scomparso nel giugno 2005), an-ch’egli agli inizi del suo cammino nelMovimento. Tra i due c’era un’amici-zia di vecchia data per il lavoro cheavevano svolto insieme per le voca-zioni a livello nazionale.

La nuova esperienza spirituale se-gnò profondamente la vita di don Di-no: “A partire da quei giorni, la miavita è completamente cambiata. Nonavevo nulla da invidiare a nessun sa-cerdote: dopo 12 anni trascorsi inparrocchia, ero responsabile del Cen-tro vocazioni della diocesi di Brescia,ero stato tra i fondatori della Federa-zione esercizi spirituali (della qualeero segretario) ed ero anche impe-gnato per la costruzione del nuovoSeminario. Ma l’effusione mi fece

comprendere che mancava un tassel-lo nella mia vita sacerdotale: la cono-scenza esperienziale dello Spirito San-to, del quale avevo sentito parlarepochissimo anche in seminario”.

Da allora don Dino instancabil-mente si è dedicato alla cura dellepersone, specialmente i giovani e lefamiglie. Dal 1977 al 1997 è stato ilcoordinatore nazionale del Rinnova-mento. Nel ’97, con la nomina a coor-dinatore di Salvatore Matinez, don Di-no diventava consigliere spirituale delMovimento che intanto negli anniaveva ricevuto l’approvazione dellaChiesa italiana.

Così egli ha descritto il suo impe-gno in questi anni: “Il mio stile è sem-pre stato improntato all’ascolto, viag-giando continuamente per l’Italia, in-contrando e incoraggiando quanti piùgruppi e persone possibile, ricevendolamentele insieme con testimonianzegioiose, cercando di dare una mano arisolvere problemi”.

Decisivo è stato il suo impegnonel rendere sistematica la formazionedegli animatori attraverso le settima-ne di Lozio prima e di Gaver poi pres-so il “Villaggio Paolo VI”. Fra le realtàa cui è stato particolarmente legato,sono l’èquipe di evangelizzazione“Agape” e la più recente fraternità dilaiche consacrate “La Tenda di Dio”.

Con la nascita al cielo di don Dinola Chiesa Italiana guadagna un nuovopotente intercessore.

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Testimonianze e News

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