PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico...

24
ANNO XL - N. 4 - DICEMBRE 2019 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 Pubbl. inf. 50% Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/BL BELLUNO TAXE PERÇUE TASSA RISCOSSA PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A. IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA 1979-2019: QUARANT’ANNI di informazione alpina NUMERO SPECIALE

Transcript of PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico...

Page 1: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

ANNO XL - N. 4 - DICEMBRE 2019 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 Pubbl. inf. 50%Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/BL

BELLUNOTAXE PERÇUE

TASSA RISCOSSAPERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA

1979-2019: QUARANT’ANNIdi informazione alpina

NUMERO SPECIALE

Page 2: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

2 Alpini… Sempre! - N. 4/20192

ANNO XL - N. 4 - DICEMBRE 2019 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 Pubbl. inf. 50%Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/BL

BELLUNOTAXE PERÇUE

TASSA RISCOSSAPERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA

1979-2019: QUARANT’ANNIdi informazione alpina

NUMERO SPECIALE

DI QUESTO NUMERO SONO STATE STAMPATE 5.200 COPIE

PRESIDENTE:

Stefano Mariech

DIRETTORE RESPONSABILE:

Italo Riera

PUBBLICITÀ:

Gruppo DBS-SMAA srl

ADDETTO AGLI INDIRIZZI:

Giancarlo Garbuio

REDAZIONE DIRETTORE: Italo RieraVICE DIRETTORE: Nicola MioneHanno collaborato: Carlo Balestra, Paola Capretta, Roberto Casagrande, Mariolina Cattaneo, Stefano Mariech.

Direzione, Redazione e Amministrazionepresso la sede A.N.A. - Via Mezzaterra, 11/AFELTRE - Tel. 0439/80992 - Fax 0439.83897E-mail: [email protected] del Tribunale di BellunoN. 6/79 - Prot. N. 23337 del 22 ottobre 1979Editore A.N.A. Feltre - Via Mezzaterra, 11/A Iscr. repertorio ROC n. 23842

Stampa DBS - Rasai di Seren del Grappa (BL)

Si comunica che l’Assemblea Generale annuale dei Soci e dei delegati della Sezione Alpini di Feltre è convocata

Domenica 23 febbraio 2020presso l’Auditorium dell’Istituto Canossiano

di Via Monte Grappa, 1 a Feltresecondo il seguente programma:

Ore 7.30 Assemblea Generale dei Soci: prima convo-cazione.

Ore 8.15 Santa Messa in onore dei Caduti di tutte le guerre.

Ore 9.00 Assemblea Generale dei Soci: seconda convo-cazione. Nomina del Presidente dell’Assem-blea. Relazione morale del Presidente della Sezione. Relazione finanziaria del Tesoriere. Relazione del Coordinatore della Protezione Civile sezionale. Relazione del Coordinatore allo Sport. Approvazione delle relazioni. Saluto delle Autorità presenti.

Ore 11.30 Ammassamento nel piazzale della stazione. Ore 11.45 Inizio sfilamento: Viale Piave, Via Garibaldi,

Largo Castaldi, Via XXXI Ottobre, Via Cesare Battisti, Monumento ai Caduti.

Ore 12.00 Onore ai Caduti. Ore 13.00 Pranzo sociale presso il ristorante Birreria

Pedavena.

Alla sfilata sarà presente la Fanfara Alpina di Borsoi d’Alpago

Il Presidente Stefano Mariech

Informazioni e contatti tel. 0439.80992 - [email protected]

Sezione Alpini di Feltre

ASSEMBLEA GENERALE ANNUALE ORDINARIA DEI DELEGATI

Venerdì 21 febbraio ore 20.30Istituto Canossiano

Serata di emozioni in musica con racconti dei Reducia cura di Carlo Balestra

Lettori:Patrizia BertoliFederica De ColAntonio PanizCarlo Cassol

Musiche a cura dei ‘Pevar Soner’Barbara Dalla Valle (voce e chitarra)

Filippo Gris (percussioni)Luisa Nalato (flauto traverso e traversiere)Claudia Zender (pianoforte e fisarmonica)

Regia di Carlo Cassol

Serata culturale Nikolajevka storia e mito

Page 3: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 33

Questo numero di Alpini… Sempre! è interamente dedica-to ai festeggiamenti per i qua-rant’anni dalla sua fondazione. Un lungo periodo di tempo nel corso del quale il nostro gior-nale ha raccontato con cadenza trimestrale, e senza mai fallire un’uscita, la storia della Sezione A.N.A. di Feltre, ma soprattut-to quella dei suoi alpini, degli amici degli alpini e delle loro comunità.

Storie di uomini e di donne legati da un’esperienza irripeti-

bile, che ha segnato la vita e l’intimo di ciascuno di loro al punto di far emergere una passione, talora volutamente celata, che puntualmente riaffiora ogniqualvolta lo spirito alpino si manifesta chiamandoli a raccolta in occasione di piccoli o grandi eventi.

Sono convinto che una delle più vive manifestazioni del senso civico di una comunità sia riposta nella facoltà di espressione, declinabile in varie forme, una delle quali è senz’altro quella di una non condizionata libertà di stampa.

Sembrerà forse esagerato paragonare l’attività di un gior-nale di settore, come potrebbe essere definito un giornale ‘alpino’, a quella delle più blasonate e impegnate testate gior-nalistiche nazionali, ma non possiamo disconoscere il ruolo e il significato, anche in termini di contributo nella formazione di opinioni, che riveste un giornale come il nostro.

Scorrendo i molti numeri di Alpini… Sempre! pubblicati nel tempo emergono numerosi gli articoli che con forza hanno scandito il vivere della nostra comunità nel corso degli anni, rivolti non solo al nostro mondo alpino, ma anche e forse soprattutto capaci di presentare un’opinione decisa nei con-fronti di molte dinamiche del vivere comune.

È questo che un giornale come il nostro deve continuare a fare: rivolgersi ai nostri soci con un’ottica che traguardi oltre la nostra cauta, ma solida visione delle cose.

Tanti auguri quindi ad Alpini… Sempre! per i suoi qua-rant’anni, con la certezza che possa continuare ancora per molto a portare nelle case dei Feltrini il messaggio di unità e di disponibilità nei confronti del prossimo sul quale si basa la nostra meravigliosa Associazione Nazionale Alpini.

Il PresidenteStefano Mariech

Editoriale

Note per il lettore: cosa c’è in questo numeroQuesto numero speciale di Alpini… Sempre! vuole essere,

per scelta della Redazione e del Presidente di Sezione, un omaggio a quanti nel tempo si sono adoperati con passione per la crescita del nostro periodico dedicandovi tempo ed energie, spesso sottraendole ai doveri familiari e alla vita privata.

La diffusione di notizie legate alla vita alpina, alla divul-gazione delle attività svolte, alla formazione morale dei Soci riveste infatti un’importanza speciale e storiche figure come quelle di don Giulio Perotto, William Faccini e in tempi più recenti Carlo Rossi, Gianpaolo Sasso, Roberto Casagrande ce lo dimostrano con i loro scritti.

Ne riportiamo di seguito alcuni, che sono apparsi in varie annate di Alpini… Sempre! e ci aiutano a rileggere problemi, riflessioni e iniziative che hanno accompagnato la nostra Sezione dagli anni ’80 al Nuovo Millennio, quasi a seguire l’evoluzione e i cambiamenti, non solo del giornale, ma anche del nostro ‘sentimento’ alpino e del nostro modo di agire.

Al centro di questo numero abbiamo collocato un inserto staccabile con la ristampa della prima edizione di Alpini… Sempre! (Numero 0 - dicembre 1979), dove le vibranti parole del Direttore William Faccini ci riportano di slancio alle ori-gini del giornale.

Conservatelo! È parte integrante della nostra storia.Buona lettura dunque! E chissà che qualcuno ritrovando

tra le righe nomi, volti, emozioni e ricordi legati alle proprie esperienze di vita alpina, non ritrovi se stesso, sentendosi parte di una grande famiglia.

Nicola Mione

Page 4: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

4 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Questo numero unico dedi-cato ai 40 anni di Alpini…sempre! mi offre la possibilità di ricordare anche a chi non l’ha conosciuta una persona a dir poco speciale.

Albino Capretta era un uomo particolare perché por-tava in sé, oltre allo spirito di avventura degli anni giovanili, un’innata umiltà unita ad una cultura di maestro elementare di altri tempi, quei tempi in cui i maestri sapevano spaziare dal latino alla filosofia e alla

storia e non avevano nulla da invidiare ad alcuni più ‘colti’ professori di oggi.

Le sue doti maggiori erano la rettitudine morale e l’amore per l’Italia. Era un Alpino nel profondo dell’animo, coerente nelle proprie idee, e sapeva interpretare nel migliore dei modi i valori di quella che definiamo ‘alpinità’.

Albino, nato a Valdobbiadene nel 1922, fu maestro di scuo-la elementare per oltre trent’anni. Aveva prestato servizio nel Corpo degli Alpini, per cui nel Dopoguerra assunse anche il ruolo di Segretario del Terzo Raggruppamento dell’Associa-zione Nazionale Alpini.

Dal dicembre 1986 al giugno 2002 rivestì la carica di Direttore Responsabile di Alpini…sempre!, scrivendo nel nostro periodico e apportandovi anche delle migliorie strut-

turali. Fu inoltre Direttore della rivista L’Endimione e de La Voce del Tempio, organo ufficiale del Tempio Internazionale del Donatore del Sangue di Valdobbiadene.

Fra i suoi numerosi libri, mi piace citare I Primi cento anni del “Feltre”, del 1987, In India con la mia Lambretta, del 1988, e Monte Piana, del 1996 (quest’ultimo in ricordo dei Caduti su quella cima durante la Prima Guerra Mondiale).

A parer mio, il libro che più rispecchia la sua personalità è quello relativo al viaggio in Lambretta fino in India (dove Albino andò anche a trovare il compaesano missionario Padre Angelo Cobello), che non è un semplice diario, ma diventa invece sguardo introspettivo di sé stesso, rivela il bisogno di riscoprire - tramite l’avventura - la sicurezza personale dopo la tragedia della guerra perché, dice: “Ero uscito con vaste lacerazioni nel corpo e nello spirito. Le ferite del passato mi disturbavano con grosse inquietudini. Per questo, si è fatta strada in me una esigenza di purificazione e di collaudo caratteriale: l’esigenza di pormi davanti ad un ostacolo che fosse determinante e per superare il quale io dovessi usare tutte le mie energie fisiche e spirituali”.

Un viaggio attraverso molti paesi che, da poco usciti dalla guerra, univano all’instabilità politica quella economica; cinque mesi attraversando all’andata Jugoslavia, Grecia, Turchia, Iran, Pakistan, India e, al ritorno, Pakistan, Iran, Iraq, Siria, Giordania, Turchia, Grecia, Jugoslavia, per rien-trare finalmente in Italia.

Un ricordo di Albino, che ci ha lasciato nell’agosto del 2003, come Alpino, come scrittore e, se vogliamo, anche come esploratore di sé stesso e degli uomini di un mondo lon-tano dal nostro, ma ugualmente ricco di storia e di tradizioni.

La sua saggezza di uomo alpino, che ritengo ancora attua-le, l’aveva espressa così: “Il tempo matura il suo divenire attraverso il nostro essere e noi ne siamo la sua presa di coscienza; ciascuno di noi è una goccia, un atomo di tempo-coscienza, ma noi - insieme - formiamo la storia del tempo che viviamo e nel quale viviamo e del quale siamo spettatori e protagonisti”.

Carlo Balestra

Albino Capretta

Page 5: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 5

Uno sguardo a quarant’anni di Alpini… Sempre!“Dando vita a questo giornale, […] desideriamo anche

incontrarci ogni tanto e parlarci di ciò che maggiormente ci riguarda, desideriamo infine tenerci più uniti e affratellati.” È un passo tratto dall’articolo Perché … e come il nostro giornale di William Faccini, ideatore, fondatore e primo direttore redazionale di Alpini… Sempre!, il periodico della nostra Sezione che proprio con questo numero raggiunge i suoi primi quarant’anni di vita.

L’articolo apparve sul primo numero del giornale, distri-buito ai soci nel dicembre 1979 e nel quale l’amico William illustrava le motivazioni che lo avevano ispirato nel fondar-lo. Motivazioni che a distanza di tanto tempo rimangono più che mai attuali se solo pensiamo che non esiste più il servizio militare di leva e l’unità e la fratellanza di cui face-va cenno nel 1979 William è oggi ancor più necessaria se vogliamo davvero cercare di trasmettere alle giovani gene-razioni della società quel sistema valoriale di cui da sempre andiamo orgogliosi e che ci auguriamo altri sappiano portare avanti anche senza il cappello con la penna, primi tra tutti gli amici degli Alpini.

Per la stampa del notiziario fu decisa una periodicità tri-mestrale, che non è mai stata variata da allora. Questo che state sfogliando e leggendo è il centosessantunesimo nume-ro del nostro periodico, per il cui nome giunsero alla sede sezionale venticinque diverse proposte tra le quali fu scelta appunto Alpini… Sempre!, indicata dal socio Nuto Forato.

La grafica della testata fu realizzata dall’allora Vice Presidente Arnaldo Lorenzoni e da allora non è stata oggetto di particolari modifiche.

A ricoprire il ruolo di Direttore Responsabile fu chiama-to Bruno De Biasi e il primo comitato di redazione, oltre a William, era composto da Giuseppe Giacomelli, Giangi Bonzo, Giancarlo Cozzi, don Giulio Perotto e Carlo Rossi.

I primi cinque numeri uscirono nella veste a quattro pagine, ma già del primo numero del 1981 si passò ad otto, segno dell’interesse che fin dall’inizio suscitò il giornale, che evidentemente aveva necessità di ampliarsi per trovare nuovi spazi per le tante notizie e fotografie che pervenivano alla redazione.

Tre anni dopo, nel marzo 1984, Alpini… Sempre! arrivò ai soci nella versione a dodici pagine.

Dalla prima uscita del 1999 il nostro periodico cambiò il formato, riducendosi nelle dimensioni di stampa, ma portan-

do nel contempo a sedici il numero delle pagine. Nel marzo del 2001 fece la sua prima comparsa il colore,

anche se solo sulla prima pagina, poi nei successivi numeri si adottò a pagine alterne fino al 2005, quando già dalla prima uscita Alpini… Sempre! era tutto a colori.

Un anno dopo fu stampato il primo numero a venti pagine, divenute nel 2011 ventiquattro, che è ancora oggi il formato con cui il nostro periodico viene realizzato (solo in poche occasioni negli anni successivi è stato necessario ampliarlo a ventotto pagine).

Nel settembre del 2010, infine, Alpini… Sempre! uscì per la prima volta dalla tipografia con la copertina, in pratica una foto a colori a tutta pagina sotto la testata che sottolinea una delle notizie più rilevanti contenute in ogni numero; a questa si accompagna una ‘quarta di copertina’, la pagina finale, anch’essa occupata da un soggetto fotografico collegato al momento di uscita del giornale o a particolari anniversari, come le immagini dei Reduci ancora in vita del secondo conflitto mondiale pubblicate negli anni che hanno ricordato il centenario della Grande Guerra.

Con il passare del tempo anche la grafica si è evoluta e migliorata, passando da una composizione ancora a caratteri mobili a quella digitale, ma conservando invariato quello spirito che William Faccini aveva inteso dare al giornale.

Per concludere questo breve sguardo sui primi otto lustri del nostro trimestrale devo ricordare i nomi di coloro che hanno ricoperto l’incarico di Direttore Responsabile: Bruno De Biasi, Albino Capretta, Gianpaolo Sasso, Roberto Casagrande, Italo Riera.

Nel tempo a capo della redazione si sono alternati invece: William Faccini, Roberto Casagrande, Carlo Rossi, Italo Riera.

A loro si aggiungono i tantissimi soci e amici degli alpini che in questi quarant’anni hanno contribuito alla realizza-zione di queste pagine, come i componenti del comitato di redazione, ma non solo. Per tutti ricordo un solo nome don Giulio Perotto.

Oggi celebriamo questo ambito traguardo, ma da domani è già tempo di mettere lo zaino in spalla verso la prossima vetta da raggiungere: i cinquant’anni di Alpini… Sempre!.

Roberto Casagrande

William Faccini

Manca la battuta, mancano i consigli nei momenti di indecisione, manca l’affetto dimostrato alla sua maniera. Manca William, uomo sui generis, di una cultura nuova che regala visioni senza orizzonti. La sua andatura lenta di chi ha calcato per decenni i sentieri di montagna, il suo sguardo che diceva tutto, ammoniva o approvava, il suo estro che sapeva condividere, esternare, concretizzare come quando si inventò di andare all’adunata a La Spezia su una zattera costruita con poco. Se leggesse queste righe direbbe in dialetto feltrino, quello puro che professava lui, “Basta dire di me”. Generoso, fuori dagli schemi, comprensivo, lungimi-rante, dall’animo candido. Aveva anche lui dei difetti, ma quando accadeva che li mostrasse, era difficile poi non passarci sopra per la sua lealtà e la sua totale assenza di dietrologia. Lo ricordiamo con la consapevolezza che un destino generoso lo assegnò a noi quale marito, padre, amico, maestro, esempio. Caro William, noi continuiamo a parlare di te e ne parliamo anche a chi ti ha conosciuto poco e per nulla. È la nostra consolazione, il nostro modo per non dirti addio.

Mariolina Cattaneo

Page 6: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

6 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Come nasce un giornaleCome sia ‘fatto’ fisicamente un giornale, tutti noi lo sap-

piamo bene quando lo teniamo tra le mani e scorriamo con lo sguardo gli articoli che lo compongono, magari soffer-mandoci su temi curiosi o foto interessanti. Se facciamo però una riflessione più generale, la stampa, il giornalismo e la redazione di testi, sono da sempre temi che affascinano: chi non ha mai sognato di diventare un famoso direttore o magari un esuberante reporter d’assalto?

Quello che però molti non sanno è proprio come ‘si fa’ un giornale, come lo si stampa, quali sono gli elementi che lo costituiscono e quali le parti che mantengono in moto que-sta macchina complessa; un giornale è fondamentalmente un’organizzazione composta da un gruppo di persone con al vertice una redazione, che a sua volta è capitanata dal diret-tore responsabile, il quale è garante di tutto ciò che viene pubblicato sul giornale.

Per capire come avviene questa nascita serve sicuramente parlare anche dell’evoluzione tecnica che l’accompagna: non serve certamente partire dalle incisioni rupestri degli antichi né dalle tavolette in cera che i romani vergavano con lo stilo, ma, sbirciando ai tempi delle contese tra Gutemberg e Vittorino da Feltre, vanno menzionate le prime esperienze di stampa a caratteri mobili che sviluppandosi con le rotative introdotte a metà ottocento, sopravvissero in Italia fino a pochi decenni or sono, quando l’avvento del digitale rivolu-zionò per sempre il mondo della stampa e della grafica.

Tornando all’ideazione di un giornale, in linea di massima, si basa sul lavoro di una redazione che si divide in vari grup-pi di lavoro per seguire argomenti diversi, ad esempio per i giornali nazionali politica estera e interna, cronaca, sport, economia, cultura e spettacoli e via dicendo. Nel caso che ci riguarda più da vicino, quello di ‘Alpini …Sempre!’ questa squadra si riduce ad un gruppo di collaboratori che seguono in base ai propri interessi cerimonie, manifestazioni od eventi sportivi o di Protezione Civile producendone un resoconto. Ci sono poi collaboratori occasionali che propongono argo-menti legati a proprie esperienze o interessi oppure (sempre più rari!) a temi attuali.

Nelle grandi redazioni attorno al giornale ruota quindi un nutrito gruppo di addetti: la segretaria di redazione, i col-laboratori, l’archivio di redazione, la tipografia. Nel nostro caso tutto viene ridotto, salvo la complessa gestione dei testi, i rapporti con i Gruppi e il coordinamento con la Tipografia che da alcuni decenni è al nostro fianco: la DBS di Silvio De Boni. Come avrete già potuto intuire, rispondere alla domanda ‘Come si fa un giornale? Come nasce ‘Alpini…Sempre!’?’ Non è certo cosa semplice.

Vediamo ora nel dettaglio attraverso un elenco quali sono le fasi da affrontare per la stampa di un numero del nostro periodico:

Fase preliminareRaccolta delle notizie e riunione di redazione: il Comitato

di Redazione, sentito il parere del Presidente di Sezione, indi-vidua il tema che caratterizza il numero stabilendo le infor-mazioni da pubblicare in base alle attività svolte nel trimestre precedente o a quelle programmate per quello futuro.

Acquisizione articoli: il Direttore ed il Vicedirettore esa-minano il contenuto della casella postale del periodico dove confluiscono tutti gli articoli da pubblicare, suddividendoli per tema.

Fase operativaTimone: predisposizione di una scaletta, uno schema che

mostra come sarà il giornale (numero di pagine, articoli ecc…) così come sarà letto dal lettore.

Correzione: il Direttore ed il Vicedirettore esaminano cia-scun articolo correggendo eventuali errori (talvolta si preferi-sce drasticamente riscriverlo) e ottimizzandolo per la stampa. E’ questo il lavoro più ‘duro’ perché richiede pazienza e molto tempo per presentare gli scritti nella veste migliore. Si tratta di un’attenzione speciale ricolta ai Gruppi e ai loro collaboratori per far sì che ogni contributo sia valorizzato al di là della preparazione letteraria di chi lo scrive.

Fase realizzativaMenabò: ‘disegno’ di ogni singola pagina inserendo le pub-

blicità, gli spazi e le foto.Elaborazione.Invio per la stampa digitale.Stampa.

Una volta pronto, serve preparare gli indirizzi di spedizio-ne. Qui entra in gioco la nostra Segreteria dove gli Addetti al tesseramento Giancarlo Garbuio e Luciano Dionessa pre-dispongono la lista con i nominativi e gli indirizzi dei Soci. Questi dati vengono poi spediti alla tipografia per l’imbu-stamento e la consegna del tutto a Poste Italiane. Talvolta il giornale non arriva o arriva in ritardo: segnalatelo! Serve la collaborazione di tutti per migliorare il servizio.

Se poi capitano inesattezze di indirizzo, vengano segnalate! Possono verificarsi errori di trascrizione o di registrazione dei dati anagrafici. I nostri Addetti si stanno adoperando con pazienza per sistemare tutto ma serve collaborazione da parte di tutti!

Whatsapp, il grande problemaParlando di articoli, risulta inevitabile per chi mette mano

come me al giornale, parlare delle foto che li accompagnano: possono rappresentare un contributo importante che arric-chisce e rafforza il valore del testo. Purtroppo, da alcuni anni si presenta il grande problema delle foto inviate attra-verso whatsapp, un vero disastro! Il social più diffuso nei nostri smartphone presenta infatti un grosso limite: quando si inviano delle immagini, queste vengono scalate e ridot-te di qualità. In buona sostanza le foto ricevute attraverso whatsapp sembrano perfette sullo schermo… ma non lo sono in termini di stampa tipografica! Scatta allora la rincorsa alla ricerca dell’autore della foto per poterne ottenere la versione originale, facendosela mandare via mail.

Nota di gratitudineIn tutto questo va sicuramente reso onore al nostro collabo-

ratore grafico, il Sig. Mario D’Incau, che con il suo lavoro ci sostiene con pazienza nella raccolta dei vari files e nella loro elaborazione. Tra qualche giorno si ritirerà in pensione: non ti dimenticheremo!

Nicola Mione

Page 7: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 7

Ci giunge gradito e, a nostro avviso molto opportuno, l’articolo firmato dal ten. col. Davide Giacobazzi, attuale comandante del Btg. Feltre e dal magg. Giovanni Mossino, per più anni comandante di una compagnia del «Feltre» ed attualmente frequentante la Scuola di Guerra.

La loro educatissima e tipicamente militare forma di prote-sta, ci sembra legittima.

Gradiremmo che le competenti Autorità del Corpo Forestale dello Stato, leggendo questo articolo, avessero a comprendere appieno le esigenze degli Alpini in armi, quegli stessi Alpini che quando vengono interpellati dal C.A.I. o dai valligiani, sono sempre disposti a dare, gratuitamente, il loro generoso aiuto.

La Redazione

«Busa delle Vette», «Busa del Pietena», «Piazza del Diavolo», «Forcella Scarnia», ricorrevano spesso nei pro-grammi e sulle labbra degli alpini del battaglione Feltre, sacramentati tra i denti sotto il peso dello zaino e dell’arma, ricordati con baldanzosa nostalgia da «borghesi».

Si partiva la mattina piuttosto presto e ci si incamminava al buio, sotto la luce dei lampioni, in silenzio, guardando con gli occhi assonnati gli scarponi di quello che camminava davanti e che pestavano l’asfalto ed andavano a tastare i ciuffi d’erba e le chiazze di terra al bordo della strada, quasi a cercarne il morbido contatto.

Si saliva poi insieme al sole in alto, attraverso i boschi, accompagnati dall’odore della resina e del muschio, e poi tra le rocce fino ai prati alti, con nelle orecchie il rumore del vento ed il brontolio degli scarponi sulla mulattiera, ad un passo dal cielo azzurro.

Ricordo quella volta che si è data da bere ai muli l’acqua bollita delle pozze della Busa delle Vette perché l’unica sor-gente della zona buttava così piano che ci volevano quasi venti minuti per riempire la borraccia; ricordo il Pavione rag-giunto in un giorno nebbioso di ottobre del ’66, quando anco-ra si andava in marcia col cappello alpino; ricordo la lapide a ricordo dell’impresa ardita del gruppo Agordo per aver portato un obice a Cima Dodici, la traversata della Piazza del Diavolo e poi la corsa verso la Forcella Scarnia per rientrare a Feltre dalla Valle di S. Martino.

Le Vette erano i nostri «2000» metri, insieme al Tomatico, il banco di prova per saggiare la resistenza della compagnia ai campi. Ora le guardiamo dal Tomatico o dal Roncon quelle forme piramidali contornate da rupi scoscese: sembrano più sole, più lontane.

Erano il primo contatto del «bocia» con la montagna, in

compagnia degli altri alpini, e c’era sempre un qualcosa di reverenziale nel salire fin lassù: la fatica era ripagata dallo spaziare dello sguardo, dal colore del cielo, dal contrasto del bianco della neve, del verde dell’erba e del rosso mattone delle rocce affioranti nelle conche, una specie di bandiera tutta nostra che si alzava e si mostrava passo dopo passo.

Erano immagini queste che ognuno si portava nel cuore e negli occhi quando se ne tornava a casa. Chi c’è stato e passa in caserma a salutare chi è rimasto dei vecchi ed a bere un bicchiere, chiede se si va ancora lassù e rimane male, quando viene a sapere che non ci possiamo più andare.

... Questi sono pensieri, ricordi, buttati giù così, come sono venuti: non sono nient’altro che un po’ di nostalgia di uno che sulle Vette ha portato i suoi alpini ... !

Ora le Vette sono lassù, belle, misteriose ed inaccessibili agli ... Alpini ! Una legge dispone che il complesso delle Vette sia protetto e chiuso per non creare turbative all’habitat e per favorire il ripopolamento della fauna stanziale che negli ultimi tempi andava lentamente estinguendosi. In un’epoca in cui l’inquinamento nelle sue più svariate forme ed aspetti minaccia di distruggere in modo irreversibile i delicatissimi e vitali equilibri ecologici in Italia e nel mondo, il provve-dimento adottato appare degno di lode e di incondizionata approvazione. Ma gli alpini e i loro tradizionali muli vengo-no forse considerati come elementi inquinanti estremamente pericolosi? Questa domanda è purtroppo lecita se si pensa che il «Parco delle Vette Feltrine», specialmente nella stagio-ne estiva, viene normalmente visitato da numerose piccole comitive di turisti, non crediamo abusive, visto che il tutto avviene alla luce del sole, compresi ì numerosi pic-nic ed i relativi resti sparsi sul terreno.

E allora perché gli Alpini del «Feltre» non possono effet-tuarvi marce ed escursioni (non esercitazioni a fuoco) in quanto, se sorpresi, corrono il rischio (é già avvenuto) di essere denunciati alla stessa stregua di malfattori o di cittadi-ni non rispettosi delle leggi? In fondo, chi ama la montagna più degli Alpini, suoi figli naturali che ritornano da borghe-si, raggruppati volontariamente nelle sezioni e nei gruppi dell’A.N.A., per visitare le montagne della loro giovinezza, per effettuarvi manifestazioni, per organizzarvi ed eseguirvi lavori di mantenimento della viabilità e delle infrastrutture, tipo bivacchi, rifugi, ecc.? Gli Alpini vicentini, emiliani e romagnoli del «Feltre» non conoscono i monti più spettacola-ri del Feltrino e, non conoscendoli, non pensano di ritornarvi da congedati, magari con la fidanzata e poi con moglie e figli. Conoscono altre montagne e lì spesso ritornano come sem-plici, ma entusiasti turisti, attratti dalla bellezza inquietante e selvaggia delle montagne che furono «le loro», perché con-quistate con fatica e sacrificio durante la permanenza al bat-taglione Feltre. E intanto le Vette Feltrine, così rigorosamente protette e vietate agli Alpini, vanno lentamente ripopolandosi della loro fauna stanziale, grazie all’equilibrio dell’habitat originale ristabilito, che sarebbe perfetto se non fosse ora minacciato dal preoccupante prevalere in esso di ofidi ed altri rettili, favoriti dallo stato di abbandono e dalla scarsità delle specie, loro naturali nemiche.

Ten. Col. Davide Giacobazzi Maggiore Giovanni Mossino

C’erano una volta le “VETTE FELTRINE”Settembre 1980, p. 2

Page 8: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

8 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Perché: ALPINI ... sempre!Marzo 1981, p. 5

Forse perché siamo nati in montagna confondendone i contorni con i lineamenti, il volto della mamma e fin dal giorno che abbiamo visto la luce ci è rimasta impressa nella memoria.

Forse perché quella visione attraverso gli occhi ci è giunta al cuore, nel sangue, nelle vene, nella carne o come giuntavi frammista al latte materno.

Forse perché camminando sulle vette, sulle cime, non abbiamo scorto o trascuriamo ciò che sta in basso, nelle valli oscure, spesso fangose.

Forse perché la vicinanza, l’anelito dei cieli, preserva in noi purezza di cuore ed integrità di sentimenti.

Forse perché ci siamo spesso compiaciuti di vivere operan-do in silenzio e fra i silenzi.

Per questo sentiamo di essere Alpini! Perché chi non è nato fra i monti, ma ha imparato a rispet-

tarli ed amarli per il paesaggio, la bellezza, l’aria, le acque, i paesi, gli abitanti, per il nitore del cielo, così tanto diverso da quello caliginoso e fumoso delle città e delle piane, non può non essere travolto, conquistato da quel mondo ed attratto, assimilato alla sua gente.

Perché il giovane, assieme alla montagna talora crudele, ricorda momenti di gioia: un favore, un aiuto prestato o rice-vuto, una confidenza, una confessione, un consiglio, un’ora trascorsa in allegria. una fatica sopportata con rassegnazione,

un ostacolo superato, una meta od una vetta raggiunta, ed allora non può provare che nostalgia e rimpianto di un tempo trascorso; non può non sentirsi orgoglioso di essere Alpino!

Perché l’anziano, il vecchio, guardando una penna sbiadita e spuntata, il proprio cappello sdrucito che tanto, talora, ha portato pur “mugugnando” per contrade e “terre balorde” tut-tavia gli ricorda la sua giovinezza e pur se talvolta una fatica, le paure, hanno lasciato una traccia, una ruga sul volto; una ferita, il segno nella carne e spesso una lacrima, tante lacrime, scorrono sul viso, per un amico, tanti amici, paesani, cono-scenti, che si sono fermati lungo la strada o andati avanti, ad attenderlo sul sentiero del Paradiso, tuttavia egli è fiero di essere Alpino!

Perché se ti vien dato di ricordare tante cose discorrendo, dimenticandone molte altre con un canto, un bicchiere bevuto in compagnia, puoi constatare che gli altri la pensano come te ed hanno a noia formalità, finzioni ed apparenze.

Perché sei sicuro che alla fine dei tuoi giorni qualcuno potrà un poco ricordarsi di te, che la tua memoria sarà un poco custodita.

Perché se è vero, com’è vero, che Alpini si nasce o si diventa, che da Alpini spesso si vive, è pur vero che, alla fine: «alpini… si muore» « alpini… sempre».

Nino Cela

Risposta ai giovani di VasMarzo 1981, p. 2

Riportiamo il testo di un manifestino divulgato in zona dal «gruppo di vas presso casa della gioventù»: «Vogliamo con questo volantino condannare qualsiasi forma di strumentalizzazione militare. Noi giovani, come convinti obiettori di coscienza, abbia-mo apprezzato la volontà di alcuni cittadini del paese, di riunirsi per discutere di argo-menti vari. Però crediamo che riunirsi con il nome di alpini

(sottolineato alpini) voglia dire o accettare lo stato militari-sta che da alcuni anni si sta cercando di sostenere con cam-pagna pubblicitaria e con notizie spesso diffamatorie. Per riuscire una volta per tutte a dimenticare le armi e a pensare alla pace e a una vita migliore, bisogna anche saper rifiutare strumentalizzazioni, nomi assurdi e associazioni inutili».

Segue poi la poesia di Salvatore Quasimodo intitolata «Uomo del mio tempo».

A questo volantino, il nostro Presidente ha voluto rispon-dere, ed è con vivo piacere che riportiamo integralmente la sua risposta:

«Gli ultimi giorni di dicembre dello scorso anno è stato divulgato, dai «Giovani di Vas», il volantino sopra riportato il quale contesta agli alpini in congedo le loro riunioni, mentre

apprezza la volontà di alcuni cittadini del paese di riunirsi per discutere argomenti vari. Come Presidente della Sezione di Feltre dell’Associazione Nazionale Alpini, rispondo in questa maniera:

1 - Anzitutto chi scrive volantini dovrebbe, principalmente, farsi capire ed essere coerente con quanto intende esprimere.

2 - Essere «obiettori di coscienza» non è certo una subli-me virtù della quale un giovane possa portare vanto, perché l’obiezione può essere dovuta a plagio, paura, interesse ed altri motivi che, se non spiegati, poco hanno a che fare con la coscienza.

3 - Non siamo militaristi, né facciamo campagne pubbli-citarie per nessuno. Amiamo l’Esercito, in modo particolare la nostra specialità, perché desideriamo che l’Italia resti una nazione libera ed indipendente, come liberi ed indipendenti da tutti siamo noi associati. Ma ciò può essere capito solo da chi conosce un po’ la storia d’Italia ed ha fatto qualcosa per la Patria, non da giovani che sono nati nella libertà (procu-rata loro dagli altri, Esercito compreso) e non sanno quanti sacrifici questa libertà è costata. Molti credono di avere solo diritti, senza mai porsi il problema se verso la società nella quale vivono, devono assolvere anche qualche dovere.

4 - Se è all’Associazione Alpini che si sono riferiti come ad una «associazione inutile», dovremmo gratificarli, per essere buoni, di disinformazione. Forse non sanno (ma avrebbero potuto e dovuto informarsi prima di scrivere), che nel 1956 abbiamo avuto in zona una grossa alluvione, seguita, subito dopo, dal disastro del Vajont, in seguito dal terremoto del Friuli

Page 9: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 9

NON CAMBIAMO PROPRIO TUTTODicembre 1982, p. 1

Mancano pochi giorni al Natale e al Capodanno; vi saranno bacioni, strette di mano ed auguri a non finire: “Buon Natale! Buon anno!”.

Con la speranza nel cuore, che: “Anno nuovo, vita nuova!”.

D’accordo, nel 1982, come del resto durante gli anni scor-si, non è che tutto sia andato per il meglio; molte cose sono andate storte, perché... così; altre, invece, potevano riuscire bene, se ci avessimo messo

un pizzico di buona volontà o fossimo stati un momentino più attenti; altre, ancora, c’è stato qualcuno che ha proprio voluto, e ce l’ha messa tutta, perché andassero storte, e c’è riuscito: chi ha orecchi per intendere, intenda.

Comunque, molto deve essere cambiato, se vogliamo un vivere tranquillo, operoso e proficuo.

Vi sono però delle cose che, invece, non vanno assoluta-mente cambiate, pena rimetterci di più ancora di quanto ci è toccato sinora.

E sono gli elementi più umanamente autentici, che costitui-scono le virtù della nostra “brava gente” - tra cui gli alpini, che erano chiamati così dai russi, in guerra - alla quale gente dovrebbe essere consegnata una grande medaglia al “valore civile”. Se non altro perché è tutta questa “brava gente” che, con dignità e coraggio, continua a tenere botta, anche se presa a calci nel sedere e a sberle in faccia.

Nell’anno “nuovo” dovrà rimanere vivo il senso e lo slan-cio di solidarietà umana e civile che il popolo ha manifestato e continua manifestare nei momenti di smarrimento, di ama-rezza, di sventura. Non va cambiato, e non può cambiare, perché nasce dalle profonde e antiche radici di una “Italia umile”, da secoli esperta di disgrazie e di lotte, abituata a misurarsi sull’imprevisto, a contare sulla resistenza dell’uo-mo, più che sull’efficienza dei mezzi politici, economici, tecnici. Secolare pazienza di un popolo che, appunto perché “povero”, è capace di capire le necessità degli altri e di occ-cuparsi, silenziosamente e concretamente, degli altri, ancora più poveri.

Ma chi crede di poter scherzare con questa generosità nativa e costante, sbaglia di grosso, e finisce per profanare

un sentimento genuino, una sincerità consapevole, un’antica pazienza.

Si dice che l’italiano è uno dei popoli che non le manda a dire, che non risparmia improperi e critiche alle inadempien-ze e alla pigrizia degli uomini e delle istituzioni.

Proprio perché la nostra gente, prima fa, poi mugugna. Se è vero che Cavour, un giorno, disse: “Lasciateli bronto-

lare, dato che pagano le tasse”, ciò significa che aveva colto, anche se paradossalmente, quel fondo pronto e positivo della coscienza del popolo, portato prima a compiere il proprio dovere, a dare una mano alle vittime delle sventure, che a criticare gli eventuali responsabili.

Anche questo bisogno di brontolare è uno degli aspetti nati-vi della democrazia sostanziale della nostra gente.

Che motivo c’è di cambiare il nostro “mugugnare” nel 1983? Se si vuole che la gente smetta di lagnarsi, di mormo-rare, di criticare, toccherà a chi di dovere finire di rompere l’anima!

Sempre in tema di cose che non dovrebbero cambiare nel 1983: sia chiaro che tutto quello che è nuovo, perché nuovo, non è che sia valido; come pure, tutto quello che è vecchio, perché vecchio, non è detto che vada buttato nella pattumiera.

Si è peccato parecchio, in un passato abbastanza recente, di “giovanilismo”; e se ne sono viste di buone, d’accordo, ma parecchie di cattive. Occorre andarci con i piedi di piombo e con la testa lucida.

Erano i giovani sudamericani che, nei loro cortei, tempo fa, scandivano, tra i tanti slogan suggeriti dai loro dirigenti: “Del viejo, ni el consejo”: dai vecchi non accettiamo niente, neppure un consiglio.

Un’assolutezza, una categoricità, un dogmatismo, che non può ragionevolmente essere accettato.

Lo sanno anche gli alpini, che al “vecio”, il “bocia” deve dare una certa fiducia e credibilità.

Se non altro perché lui, il “bocia”, diventato a sua volta “vecio”, trovi nei più giovani chi gli creda e faccia tesoro anche della esperienza o saggezza - che si matura nel passare da “bocia” a “vecio”.

Buon Natale e Buon anno a tutti, con l’invito a non cam-biare o fare cambiare proprio tutto.

Giulio Perotto

e per ultimo da quello che ha colpito il Meridione. In tutte que-ste tristi vicende gli alpini in congedo sono accorsi per soccor-rere le popolazioni sinistrate ed unitamente all’Esercito hanno portate il loro contributo di solidale fratellanza. Gli obiettori di coscienza cosa hanno fatto in quelle occasioni? Dove erano?

5 - Per quanto ci riguarda, come Sezione di Feltre (della quale fanno parte anche gli alpini di Vas), continuiamo le nostre opere di solidarietà e di pace. Con il denaro dei nostri associati e con il contributo di moltissimi cittadini che la pensano come noi o che hanno in noi fiducia, siamo riusciti a regalare all’Ospedale Civile due «reni artificiali» ed un altro apparecchio per il centro trasfusionale. Abbiamo aiutato ed aiuteremo ancora le case di riposo per anziani della nostra zona, stimoliamo la gente ad aderire all’associazione dona-

tori di sangue e, senza secondi fini, aiutiamo la popolazione che ha bisogno in modo concreto, non a parole, come fanno molte persone per fini di partito e di demagogia, persone le quali non portano niente di costruttivo, ma solo veleno, alla convivenza civile.

Se il gruppo giovani di Vas (ma sono proprio sicuri che tutti i giovani del paese siano solidali con loro?) leggessero i giornali, capissero cosa in essi c’è scritto e meditassero sul contenuto degli articoli pubblicati, probabilmente si vergo-gnerebbero di aver stampato il volantino in questione, la cui essenza dimostra solo che sono per niente informati, faziosi ed anche arroganti, inclini a considerare la libertà una grazio-sa concessione da poter togliere se l’opinione degli altri non coincide od è contraria alla loro».

Page 10: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

10 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Ricordo dei Lager NON ERAVAMO NIENTE Dicembre 1984, p. 2

Il sole se n’era già andato da. un pezzo dietro il Fontanasecca. Dalla valle del Calcino giungevano più rari i chioccolii di un merlo spaurito alla ricerca d’alloggio per la notte. Tutto era silenzioso ormai, quassù, fra questi monti, tanti anni addietro, sconvolti dalla guerra. Anche il cane da pastore, giù alla malga, s’era acquietato. Dai Solaroli spira-va, ora, una brezza. pungente e le stelle erano stranamente nitide da far presagire per l’indomani una bella giornata.

“Speriamo che sia buono anche il passo delle beccacce”, avevo esclamato, dopo aver dallo ancora un’occhiata al cielo entrando nella casera e chiudendo la porta. Gli amici, accanto al focolare, non si scomposero. Continuarono a parlottare e guardare il fuoco che crepitava vivace. Seduto, anch’io mi misi a fissare le fiamme, a discorrere sottovoce, piano. Rimembravo allegre serate in compagnia, ma tor-navano anche troppi ricordi lontani, di guerra, di fame, di morti. Tornavano figure e volti di amici, conoscenti, che non erano più, persi o lasciati lungo le strade della vita.

All’improvviso Guido interruppe il discorso ed i miei pensieri dicendo: “Cosa ti è saltato in mente, Nino, di far giungere la rappresentanza dei combattenti “todeschi” fino lassù, sui Solaroli?”.

La domanda mi colse di sorpresa, tanto da non sapere, lì per lì, cosa rispondere. È inutile fingere.

Nel mio animo, così come credo in quello di molta gente del mio paese, una secolare tradizione di diffidenza, di ripulsa verso tutto ciò che si chiama “todesco” ha lasciato il segno, così come ha tracciato un solco la lunga propaganda e l’odio fomentato nella scuola, identificato spesso come un movente, se non l’unico movente della nostra riscossa nazionale.

“Dobbiamo dimenticare. Dobbiamo anche noi - risposi - fare un esame di coscienza, ammettendo le nostre colpe, i nostri torti. È assurdo alimentare sempre l’odio e la violenza e farci la guerra. Tutti ormai dovrebbero capire a cosa ci portano le guerre... Quelle passate ci avranno pure insegna-to qualcosa! È ad una Europa supernazionale cui dobbiamo tendere, non alcuna Europa delle Patrie...”. Avevo detto ciò con fervore, quasi tutto d’un fiato.

“È facile, a parole - mi rispose ancora Guido, cocciuto -, ma, nei fatti, l’Europa è ben lontana dall’essere veramente unita ed il mondo è sempre più diviso e si arma sempre di più. E poi - continuò - non vorrai mica farmi credere che il tuo animo sia ora placato, che non nutri più alcun risentimento, che ti sei, insomma, dimenticato dei lager tedeschi!? A pro-posito, perché invece non scrivi qualcosa, qualche episodio di quella vita là dentro?”.

“Caro amico - risposi - tu mi valuti troppo, ma anche se

un tempo, subito dopo la fine della guerra, fresco di ricordi, fossi stato capace di scrivere di quello che avevo sofferto, chi vi avrebbe badato? Sì, altri lo hanno fatto, certamente, ma è solo diventata letteratura, come dire, per gli addetti, per gli “iniziati”, insomma.... E poi, non c’è stato niente di eroico, di sensazionale, quindi non desta curiosità, non interessa. Se lo facessi ora, inoltre, a tanti anni di distanza, quegli episodi di patimenti, di sevizie, di fame, sembrerebbero ancora più inverosimili da destare incredulità e diffidenza, specialmente in questa nostra vita alquanto comoda suonerebbero come note stonate. Non è forse vero, anche, che l’animo umano non gradisce indugiare in visioni tristi, in ricordi di dolore, di miseria?”.

Guido annuì con il capo. Mi guardò per un attimo, serio, poi prese ad attizzare lentamente il fuoco. Io continuai: “Non v’era niente di eroico. La mia, la. nostra guerra fra i reticolati - dissi - fu, allora, come spiegare, un fatto perso-nale, privato, una guerra contro noi stessi. Non provammo i disagi della trincea, l’orrore del sangue, delle lotte all’ar-ma bianca. Non vedemmo corpi di compagni, di amici, di cristiani, maciullati o straziati dalle bombe, crivellati dalle mitraglie, carbonizzati dal fuoco ... Noi combattevamo con-tro noi stessi, ripeto, tentando di resistere alle nostre umane debolezze che ci inducevano alla resa dinanzi alla violenza, che, spesso per un tozzo di pane, faceva abbracciare idee od ideologie contrarie alla nostra coscienza, alla nostra cultura, alla nostra civiltà ... Noi combattevamo la nostra guerra nel chiuso delle nostre coscienze, soli con noi stessi, in uno stato di supremo disagio e di prostrazione, sia fisica che morale. Vedevamo morire, accanto a noi, di stenti, di tifo petecchia-le... Vedevamo gente spegnersi adagio, adagio come una candela... Noi non eravamo combattenti, nel senso vero della parola; non eravamo prigionieri.... Non eravamo nessuno e di nessuno... Non eravamo niente!

Al ritorno, presto, tutti ci dimenticarono, come si dimenti-cano le cose fastidiose, ingombranti, sgradite alle coscienze, quando, addirittura, non ci dileggiarono come successe a me la volta che un tizio che si era imboscato e poi, rimasto a casa a fare la “borsa nera”, ebbe la sfrontatezza di dirmi: “An bèl mona tu se stat a farte ciapar!”. Gli mollai una sberla improvvisa, che quello si ricordò per un pezzo! Sì, un “bèl mona”, un fesso, a farmi prendere, ma come me erava-mo più di ottocentomila, mi pare, e quasi il dieci per cento di questi “mone” rimasero per sempre in terre lontane, quando non “passarono per il camino”. Gli uni spesso non ebbero un nome, un segno, una croce sopra una fossa, gli altri si dispersero nell’aria grigia. Tutto ciò in nome dell’odio e della violenza fra i popoli, fra le razze”.

Potrei finire qui questa mia storia che ho in parte inven-tata, poiché da tanto Guido non c’è più e non ho più tra-scorso alcuna serata in casera. Da allora nessuno mi ha fatto domande. Non ho amici con cui intrattenermi, lassù o altrove, accanto al fuoco. La rossa brace di faggio si è spenta, la cenere dispersa nel vento. Eppure voglio terminare citando quanto Paride Piasenti, presidente dell’Associazione Nazionale ex Internati scrive nel giornale “noi del lager” dell’agosto-settembre n. 8-9 di quest’anno a proposito della scritta “discant viventese” (imparino i viventi) posta nel piazzale fra i Blocchi di Mauthausen:

“Non c’è ideologia che prevalga, non c’è ipocrisia che tenga, né alibi morali o politici. Qui è l’uomo, con i suoi valori, che grida ancora e sempre i suoi diritti fondamentali ed inalienabili; e denuncia il ritorno dei kz in cento edizioni

Page 11: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 11

Page 12: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

12 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Page 13: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 13

Page 14: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

14 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Page 15: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 15

diverse e variamente legittimate e sempre infami, e impone ad ognuno di noi un esame di coscienza severo e intransigente.

Davanti a quel masso di pietra bianca mi sono sentito spi-ritualmente nudo. Lì c’era un giudice invisibile, inappellabile e acuto, e penetrava dentro e chiedeva, più che a me poverac-cio vivente, alla mia generazione scampata agli orrori: che cosa. si vuol fare perché in nessun luogo del mondo vi siano più kz, emarginazioni, genocidi, persecuzioni, avvilimenti della dignità umana e delle umane libertà.

Ma i “viventi” si limitano alla visita rituale e alla condan-na di quel passato; poi il solco si chiude e il seme è soffocato fra le spine; e ideologie, interessi, passione politica, egoismi, riprendono rapidamente il sopravvento.

Ma sì, scattiamo qualche fotografia di gruppo, e andiamocene. Morti di Mauthausen e degli altri mille Lager, ormai siete

morti, e pace a voi. Ma evitate di diventare fastidiosi per la coscienza dei viventi, che hanno altro a cui pensare!

Del resto non avete motivo di lamentarvi per le nostre incu-rie e dimenticanze. Col 40° della Liberazione già si prean-nunciano commemorazione e lapidi, nonché Tavole rotonde su tutti gli aspetti, gli angoli e gli anfratti del quinquennio 1940-45. E per ciò che riguarda gli orrori presenti, non c’è “Amnesty International” che se ne occupa... ?”.

Così finisce Paride Piasenti ed anch’io vi lascio, ora, a meditare.

Nino Cela

Estremo saluto al Presidente GiacomelliSettembre 1990, p. 1

Sabato, 15 settembre 1990, il nostro presidente Giacomelli è andato avanti. Erano parecchi mesi che soffriva e noi tutti lo sapevamo. Molti alpini sono andati a trovarlo durante i lunghi mesi di malattia. Io pure nei primi tempi gli ho fatto visita. Poi ho saputo che si trattava di un male irreversibile e non ho più avuto il coraggio di incontrare il Suo sguardo!

Viene da chiedersi come mai un alpino può essere tanto «coniglio» da non avere la forza di andare a salutare un amico ammalato gravemente. Eppure ho scoperto che altri hanno agito come me. Avevo incaricato mia figlia che lavora in ospedale ad andarlo a trovare. E lei ci andava sempre, magari solo a sbirciare tra la porta, specie quando Bepi era peggiora-to. Egli la guardava come per chiederle: «E tuo papà, perché non si fa più vedere?». Ma, orgogliosamente, non gliel’ha mai chiesto!

Eravamo molto amici io e Bepi. Ci siamo conosciuti una ventina di anni fa. Intendo dire conosciuti dandoci del tu. Prima lo conoscevo solo di vista.

Ricordo come fosse ieri il giorno in cui mi comunicò che il Consiglio Direttivo sezionale aveva accolto la mia richiesta di «dare il via» al giornale!

Eravamo al bar, mi offerse un bicchiere e mi disse: «William, i Consiglieri sono d’accordo ed hanno dimostra-to fiducia in te: hanno accolto la proposta di pubblicare un giornale per la nostra Sezione!». Ed io subito gli chiesi: «E tu che cosa ne pensi?». Allora lui, con un sorriso, mi rispose: «Vedremo! Prima comincia, poi ti dirò cosa ne penso».

Bepi Giacomelli era una persona che poteva apparire «dura», specie con gli alpini meno ligi alle regole. Era orgoglioso, caparbio quasi, perché voleva che tutto andasse bene. Quando aveva deciso qualcosa, voleva a tutti i costi che venisse realizzata. Ma lui era sempre in testa perché si realizzasse.

Era attaccatissimo alla Sua Sezione e dimostrava ricono-scenza per coloro che lavoravano sul serio per il bene degli altri.

Giacomelli, lo dico e lo scrivo senza tema di sbagliare, era un «signor presidente», sempre attento ed aggiornato. Leggeva molto e non gli sfuggiva mai nulla. Sapeva stare con la compagnia, ma guai se sentiva qualcuno che sparlava degli alpini...: diventava subito accigliato e rispondeva per le rime!

L’ANA di Feltre continuerà la sua strada, ma risentirà molto della scomparsa di Bepi Giacomelli. Gli alpini sono accorsi in massa al Suo funerale ed erano tutti visibilmente commossi. Anche dopo le esequie, quando, come di consue-tudine dalle nostre parti, ci siamo ritrovati nei bar, nessuno aveva voglia di fare un pur minimo scherzo: eravamo ancora frastornati perché ci rendevamo conto che avevamo perso un caro e stimatissimo amico.

Caro Bepi, nel darti l’ultimo saluto sul «Tuo giornale», desideriamo dirti che non ti dimenticheremo mai e che sapre-mo far tesoro dei tuoi suggerimenti sempre saggi, sempre ricchi di amore per la nostra Associazione.

W. F.

Page 16: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

16 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

Scompaiono gli ultimi muli dal nostro esercitoSettembre 1993, p. 7

Proprio in questo mese di settembre in cui esce il terzo numero dell’anno del nostro giornale, si chiude una pagina importante della storia degli alpini. Gli ultimi muli dell’e-sercito italiano, in forza alla caserma D’Angelo di Belluno, vanno all’asta e viene così sciolta l’ultima unità di salmeria alpina. A Belluno in questo stesso mese dovrebbe essere inaugurato il monumento all’artigliere alpino, voluto in occa-sione del raduno delle delegazioni di tutta Italia dell’Ass.ne Artiglieri (anarti). Il soggetto del monumento è un condu-cente che fa bere il “suo” mulo dal cappello alpino. L’opera dell’artista Facchin è un omaggio a tutti gli artiglieri, ma sottolinea anche il sentimento che ha legato molti di loro a

questo animale. Un detto comune afferma “Testardo come un mulo!”. Forse la tenacia che hanno sempre mostrato gli alpi-ni in ogni frangente si rifletteva bene nel carattere di questo animale. Il mulo scompare quindi dalla nostra storia dopo oltre un secolo di presenza, talvolta anche massiccia come numero. Risale infatti al 1872 la sua introduzione nei reparti alpini, per assolvere inizialmente servizi logistici pesanti della compagnia. L’anno dopo con la costituzione delle prime batterie, ogni pezzo d’artiglieria era someggiato da tre muli. Passano gli anni e il numero dei muli, presenti nei vari reparti alpini e soprattutto di artiglieria da montagna, aumenta fino a raggiungere i 700 animali, numero che costituiva l’organico di un gruppo di artiglieria affiancato ad un reggimento alpini nel periodo tra i due conflitti mondiali. Anche nel secondo dopoguerra la presenza del mulo nelle varie unità alpine è sempre notevole. All’inizio degli anni settanta l’introduzione di nuovi mezzi meccanici sottrae a questi quadrupedi molte funzioni operative. Si giunge così al 1991, quando appunto alla caserma D’Angelo, già sede del gruppo “Lanzo”, viene costituita la “salmeria storica”, ultima di tutto il nostro eser-cito. Tra i tanti nomi dati a questi simpatici animali, ricordo, per sentito dire, quello di Ubbia.

Quest’ultima nei sentieri in discesa veniva spesso richia-mata dal suo conducente con l’esclamazione “Frena Ubbia!”. Oggi purtroppo, non solo per Ubbia, ma per tutti i muli è venuto il tempo di frenare, di mettere “lo zaino a terra”!

Roberto Casagrande

VECCHIE OSTERIE DEL CENTRO DI FELTREDicembre 1994, p. 4

Ho accolto con entusia-smo la proposta dell’amico Direttore (racconta e descrivi ai nostri lettori, le vecchie osterie del centro) e ora, faci-litato dai miei prossimi 70 anni e dal fatto che sempre mi sono piaciuti il vino e la buona compagnia, mi accin-go a girovagare, a ritroso nel tempo, fra i vecchi, indimen-ticabili ritrovi.

Iniziando dalla parte ovest: esisteva, con annessa rivendita di generi di monopolio, l’oste-ria della Gigia Pontina, frequentata dagli abitanti di Mugnai e molto nota per la degustazione di ottimi grappini.

In via Zuecca era famosa “La Mastelera”, ritrovo delle belle donne dei giovani aitanti, chiusa negli anni cinquanta.

In via Cesare Battisti si distingueva l’Albergo “Il Pavone”, con gioco bocce e una capiente sala da pranzo che, spesso, ospitava i nostri cacciatori che si raccontavano formidabili imprese venatorie; ottimo il vino servito.

In via Tezze molto conosciuta era “La Fraiota”, resa celebre per la bomba fatta esplodere, nel suo interno, dai partigiani nel 1944.

Nel fabbricato dove ora è aperta la birreria “Loch Nes”

lavoravano, con una rinomata pasticceria, il professor Scalet e sua nipote, l’Antonia, originari di Fiera di Primiero. Al loro posto subentrarono successivamente, provenienti dal Pian della Cesa (Val di Seren) i coniugi Maria e Marino Scopel.

In via Madoneta (oggi via Tofana) gestiva un’osteria tipica Piero “Ostia” (il vero); egli proveniva da un suo vecchio loca-le posto al primo piano di un caseggiato, ora demolito, situato tra il ponte delle Tezze e via XX Settembre.

In quest’ultimo, salendo una vecchia e ripida scala, ci si trovava in un’ampia sala arredata con grandi tavoli in legno, sedie impagliate e un vecchio bancone.

Il Piero era celebre non solo per le bestemmie di cui si ser-viva per sottolineare e condire ogni discorso, ma anche per il buon vino che spinava da capienti botti poste in una cantina sotterranea (alla quale si accedeva attraverso una piccola botola), per le sue saporitissime “sardèle in sàor” e per i con-tinui scherzi cui lo sottoponevano i bontemponi.

Nella gestione della vecchia osteria gli successero in segui-to, e per diversi anni, Vittorio Biasuz e la figlia Elvira.

Alla fine di via Tofana era aperto un simpatico bar, il “Giardinetto”, con annessi giardino e pista da ballo.

In via Tezze e in via XXXI Ottobre e nelle loro immediate vicinanze vi erano: l’Albergo “Nuovo” dei De Cesero; l’o-steria “Dai Frandin” la cui specialità era il vino manduria; la locanda “Al Ponte” nella quale si potevano degustare enormi piatti di trippa assai prelibati; il caffè “Roma”, da Gabito,

Page 17: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 17

in cui noi, allora giovani con pochi soldi in tasca e da poco avviati ai vizi, potevamo comperare, una alla volta, le famose sigarette “Tre stelle”.

L’osteria delle “Vecète” era l’ultimo punto d’acquisto di una bottiglia di crema marsala per chi voleva far visita ai degenti della Casa di cura Bellati o dell’Ospedale civile; infi-ne l’albergo “alla Luna” con annesse due sale ristorante, una per i “siori” e una per i “poareti”.

Era, quest’ultima locanda, il ritrovo abituale dei mercanti di bestiame sia locali che della “bassa”, i quali concludevano i loro affari con una poderosa stretta di mano. Qualcuno cer-tamente ricorderà i Mèrcol, i Tassei, Gino Zucca, Moscina, Malco, Cadorin, Gino Chenet e tanti altri.

Nella stessa via erano gestiti: il caffe “Mimiola”, con Momi e la Moma che servivano ottime paste e nel quale si giocava a biliardo; il bar della signora Lise (oggi bar Sommariva) raf-finato ed elegante, in cui si davano appuntamento quasi tutte le signore della cosiddetta “buona società”.

Un’osteria buia con il bancone in fondo al locale era gestita dalla famiglia di Micel Dall’Oglio che distribuiva Bachero, Manduria, Aleatico e altri vini meridionali ad alto grado alcolico.

Vi era poi il “bar Alpino”, sede per diversi anni della nostra Sezione. Gestito prima da Albino e dalla Paola e in seguito dalla signora Sandi, prima della chiusura definitiva venne condotto dalla Anna, che dava ospitalità a incalliti giocatori di tresette e di conteggio.

Poco distante, in largo Castaldi, accanto all’albergo”Al Vapore”(ora Cassa Rurale di Mezzano), ecco i tre principali caffè, tutti dotati di pensilina caratteristica e tavolini esterni in ferro battuto di ottima fattura.

Il primo di questi era il “Mimiola”, arredato in legno tipico tirolese, molto elegante, gestito dalla famiglia omonima; il secondo era il “Commercio”, sempre affollato da uomini d’affari e da giovani studenti; infine il “Caffè Grande”, deno-minato il caffè dei “Siori” poiché frequentato da una certa èlite.

Rinomanza particolare godeva poi l’osteria (vera) alla “Rosa”, con le sue enormi botti nel cortile, i suoi gustosissimi spiedi e l’ottimo vino di Valdobbiadene.

Gestito dal ’34 al ’41 dalla famiglia Barioli, poi da Ezio (che ingoiava incredibili quantità di bicarbonato) e dalla gen-tile consorte, l’osteria venne in seguito condotta dai coniugi Maria e Vittorio che ne hanno mantenuto le tradizioni fino alla chiusura definitiva.

Il bar “Sport” di Gino Boschet era il ritrovo di tutti gli spor-tivi, in particolare dei tifosi della Mezzomo, l’attuale Feltrese.

Il bar “Scalet” era gestito dal Professor Tarcisio, cono-sciutissimo e stimato non solo per l’arguzia delle sue battute ma anche per la sua grande disponibilità verso tutte le varie Associazioni d’Arma.

Molto note (e spassose) erano poi le “trovate” di Nino Pivetta, il quale gestiva una tipica trattoria in via Valderoa di fronte al cinema Excelsior di Mice De Biasi.

E dove oggi si trova “Lollo” (Benetton) esisteva allora una birreria con balera gestita da meridionali. In via Garibaldi e Viale Stazione vi erano alcuni rinomati alberghi: il Feltre, il Tre Corone, il Cavallino e il Doriguzzi; di questi solo l’ultimo è stato completamente rinnovato, mentre gli altri sono stati trasformati in appartamenti e negozi.

Ogni albergo aveva ovviamente al suo interno un bar molto frequentato; lo stesso dicasi per l’albergo alla “Stella”, oggi sede della Cassa di Risparmio, e per la trattoria al “Cappello”.

Lungo le antiche mura della città vi erano; “il Cacciatore” vicino a Porta Pusterla; il “Giardinetto”, da Benetti, con annesso giardino; alla “Grotta”, da Bepi e Maria Casot; alla “Campana”, trattoria locanda e bar delle sorelle Barbante; il caffè della famiglia di Florinda Massocco.

Risalendo poi la splendida via Mezzaterra si incontrava la “Casa del Fascio”, in stile liberty con tavoli in marmo e supporti in ferro battuto, e una colonna portante (ancora esi-stente) nel centro.

A fianco della chiesetta di S. Giovanni (la chiesetta degli Alpini) vi era la locanda “Al Paradiso”, la cui insegna ancor oggi si distingue abbastanza nitidamente.

Un po’ più in su, nel palazzo Cambruzzi (ora Riva) esisteva una mescita vino.

Dove ora c’è l’ambulatorio del Dr. De Rosa la siora Maria Padovan gestiva un’osteria con attigua bottega in cui vendeva di tutto, dalla legna ai mobili, vino, aghi e quant’altro.

E ancora più su, in via Luzzo, vi era un’osteria appalto - coloniali di “Barba Coco”. In più un’insegna di vendita vino sulla casa ove abitava la maestra Pasa.

Da via Mezzaterra a via Beccherie si trovava l’osteria da “Sandi” con la seguente insegna: “vendita vini meridionali e birra”.

Poco dopo, infine, “Da Piero Masocco”, con assaggi e ven-dita (esportazione) di vini.

In piazzetta Filippo De Boni era famosa la distilleria di grappa della famiglia Rasi, con imbottigliamento e vendita al pubblico. L’odierno bar “900” ha visto succedersi nel tempo i seguenti gestori: Toni Mattiello, Bepi Curto, Lincetto, Fiore (che lo trasformò in enoteca) e Cartoccio, figlio di Buby, ex sagrestano del Duomo e “scarper”.

Oggi il “900” è un piccolo, elegante ristorante gestito dalla signora Maria.

In piazza Vittorio Emanuele era arcinoto il bar Teatro delle sorelle “Ortighe”, “arteluse”, alle quali subentrò poi una famiglia Veneziana composta da padre, madre e figlia, e la cui specialità fu, manco a dirlo, il pesce.

In seguito fu gestito dalla moglie di Noelio, dalla Anna e dalla signora Carretta, gran bella donna con una figlia che, a sua volta, “fea mancar el fià”.

Tra i due accessi di Port’Oria si poteva entrare, negli anni trenta, al “Belvedere”, che aveva un singolare ballatoio sul borgo ed era gestito dalla famiglia Lunardi.

In via Semeda vi era l’osteria dei Tonda con locanda, sala da ballo e giardino.

In Tortesen esisteva l’osteria (con generi di monopolio) da “Scarambol”.

In via Duomo (ora via Roma) dal 1889 e per 84 anni rimase aperta un’osteria gestita prima da Isolina e Piero, poi da Elisa e Pasquale e ultimamente da Angelina e Aldo, tutti apparte-nenti alla famiglia Barioli.

Vicino alle poste vecchie vi era l’osteria “Pezza”, mentre in via Garibaldi (ex via S. Avvocato) si trovava la trattoria “Aurora”, dalla Gigia Grassa, in cui alle dieci del mattino i clienti abituali erano soliti degustare il lesso di prima cottura con senape e cren. L’attuale proprietario (Sisto) lo ha oggi ingrandito e migliorato.

Nella stessa via si poteva frequentare l’osteria di Lillo Aspodello, alla quale si accedeva a lato di un grande portone tuttora esistente.

E dove ora lavora la Signora Guadagnin si trovava un’o-steria condotta da Laura da Villaga che si distingueva per la bella voce di cui era dotata.

Ancora in via Roma era famosa la trattoria “Vaporetto”, con specialità “baccalà alla feltrina”, di Vittorino Peloso.

All’inizio del quartiere del borgo vi era il caffè più rino-mato della zona, denominato scherzosamente “la banca del borgo” per via della clientela assai ben fornita di quattrini che lo frequentava (i Baglioni, l’avvocato Bianco, Jet Pedina, il maresciallo Pagnucco e tanti altri ...).

Chiudo, sperando di avervi dato tutte le informazioni di come eravamo, scusandomi se ne ho dimenticato più d’una.

Zampa

Page 18: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

18 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

UN MESSAGGIO DALL’ADUNATAGiugno 1998, p. 2

Un amico alpino ci ha dato questa emblematica foto, scat-tata tra le pieghe (e gli... immancabili fumi) dell’Adunata Nazionale di Padova.

Carica d’ironia ci sembra lanciare - ben oltre il Nordest - un messaggio perfettamente in linea con le tradizioni alpine, sempre improntate al buon senso, all’accettazione, al benevo-lo quieto vivere.

E il pittoresco contrasto con la scritta murale, lungi dal costituire terribile polemica, diventa una simpatica provo-cazione, che ci fa meditare sul senso più profondo di quanto sta sotto alle apparenze e costituisce realtà problematica, ma imprescindibile del nostro tempo.

È proprio vero che il cappello alpino fa tutti fratelli...

Ermanno Geronazzo

VOGLIO PARLARE ANCORA DI ALPINI !Giugno 2002, pp. 4-5

Si chiamano alpini, ma sarebbe più giusto definirli “soldati di montagna”; anche negli altri Stati sono quelli che hanno il peculiare compito di operare, di addestrarsi, in una parola di vivere in montagna.

Personalmente sono d’accordo con chi afferma che tutte le persone sane di corpo (e di mente), tutti i giovani fisicamente normali, possono essere addestrati ad operare in montagna. Vorrei però porre un distinguo ai nostri lettori: un ragazzo di Padola di Comelico, ad esempio, abituato a percorrere in lungo e in largo i sentieri dell’Aiarnola, per addestrarsi in montagna, troverà sicuramente minor difficoltà di un altro, magari anche più dotato fisicamente, che ha trascorso l’infanzia e la fan-ciullezza a Lecce. E con ciò, sia ben chiaro, senza nulla voler togliere alle capacità del giovane di Lecce, che potrà diventare sicuramente un ottimo soldato, forse anche un bravo alpino. Ho voluto solo fare un esempio.

Qualcuno potrà obiettare che può essere valido il detto: alpini non si nasce, ma si diventa. Secondo me, però, le cose non stanno proprio così. Durante la mia ormai lunga vita (è proprio il caso di affibbiarle l’aggettivo lunga),ho conosciuto in montagna persone di ogni origine o, meglio, di ogni estra-zione, che sapevano camminare lungo sentieri difficili, per molte ore, con passo cadenzato e sicuro. Fra queste persone c’erano anche Veneziani, Triestini, Romagnoli, ecc., gente cioè che aveva scelto la vita di montagna perché affascinata dalla stessa. Come peraltro esistono persone che, originarie da zone montuose, sentono l’attrattiva del mare e non si voltano neppure indietro a guardare i monti.

La questione, secondo me, è un’altra. Viene infatti da chiedersi se c’è motivo, ora come ora, di addestrare truppe per farle operare in montagna. Qualche alto ufficiale alpi-no, magari anche mio amico, leggendo queste “stramberie”, sicuramente arriccerà il naso...! Ma non importa. Io voglio continuare imperterrito il mio discorso, perché è un pezzo che lo tengo dentro. Gli alpini di cui voglio parlare, sono i figli dei monti, quelli che provengono (meglio dire provenivano)

da valli sperdute e remote, lontani dai rumori. Sono i giovani che hanno trascorso la loro giovinezza fra i pascoli e i boschi, che hanno vissuto lunghi inverni nella neve, che poco sanno di agi e ricchezze. E la montagna, per chi non lo sapesse, è come una fata che desidera essere amata e adorata...! Le piacciono di più le persone che sanno apprezzarla, che sanno accostarsi ad essa con entusiasmo e fervore. Non tollera gli altri. La monta-gna è amica dei veri montanari; degli altri molti ne accoglie, ma molti anche ne allontana. Essa vuole prudenza, resistenza, spirito di adattamento. E sono tutte queste le doti che dovrebbe avere l’alpino, reclutato esclusivamente, o quasi, fra i monta-nari. E preciso: montanari, cioè abitatori delle montagne, non necessariamente delle Alpi. E, come sappiamo, le montagne esistono in ogni regione d’Italia.

La questione, allora, non è soltanto tecnica: insegnare ad operare in montagna. A mio modesto avviso è soprattutto morale: insegnare a saper affrontare le avversità che la mon-tagna presenta, per far diventare uomini. Intendo dire uomini di carattere, quel carattere che si acquisisce, poco a poco, con il sacrificio e con la fatica...! Ricordo con nostalgia la mia vecchia Compagnia, che era come un piccolo mondo a sé, dove aleggiava su tutto e su tutti uno spirito di bene intesa autonomia, e tutti i componenti erano vincolati da un legame profondo di solidarietà: dallo “sconcio” al capitano...!

E allora nascono spontanee alcune domande che voglio “but-tar là”, per le quali vorrei delle risposte da alpini, veci e boce, ma anche da uomini politici e di governo. Eccole:

“Perché per il passato si è fatto di tutto per abolire il servizio militare di leva?”

“Secondo voi, i soldati del giorno d’oggi, ben retribuiti, in [p. 4] | particolare gli alpini, possono sentire lo spirito di corpo come lo sentivamo noi, allora?”

Il progresso frenetico, del quale nessuno può fare a meno, “è compatibile con un’Associazione che continua ad afferma-re che bisogna salvaguardare i valori, se questi valori ora non esistono più?” “E, se esistono, sono completamente mutati?” Ditemi pure

Page 19: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 19

pessimista, ma io ho dei grossi dubbi sul futuro della nostra Associazione, se non si tornerà alla leva obbligatoria.

I politici devono capire che non servono solo gli addestra-menti e le manovre, non servono soltanto le “missioni di pace”, ma servono uomini ai quali poter dare disposizioni. Non servono gli interventi delle “mammine” che mettono il bastone fra le ruote ai comandanti, serve invece educare le persone ad avere carattere e non solo denaro. La vita militare deve essere una scuola obbligatoria, almeno per un anno. E non un “optional”: se mi piace la faccio, altrimenti ritorno a casa dalla mamma...! In questo modo non si diventa uomini. Questo è il mio punto di vista.

Per rinfrescare le idee a qualcuno, riporto qui di seguito alcuni degli scopi della nostra Associazione:

a) tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difen-derne le caratteristiche, illustrarne le gesta e le glorie;

b) rafforzare tra gli Alpini di qualsiasi grado e condizione i vincoli di fratellanza nati dall’adempimento del comune dove-re verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza, gli interessi e l’assistenza.

Io credo che i futuri Governi dovranno considerare con maggior attenzione questi problemi e cercare soprattutto di

risolverli. È giusto avere dei diritti, ma è altrettanto giusto adempiere a certi doveri. I Governi dovranno non temere l’impopolarità, se vorranno che la società futura abbia ad essere fatta da uomini e non da persone evolute, tecnicamente preparate, ma sostanzialmente “smidollate”, amanti del “dio denaro”, ma con pochi ideali.

Attendo commenti, soprattutto se negativi. [p. 5]

William Faccini

Anche il 2007 sta dunque per andare in archivio. È stato un anno complesso e di grande impegno per la nostra Associazione. La Sezione di Feltre e i suoi alpini sono stati impegnati in numerose attivi-tà, a cominciare dal rinnovo degli organi associativi sezio-nali, e il tradizionale augu-rio natalizio che il Presidente Renzo Centa esprime in que-sto stesso numero del giorna-le tratteggia il carattere e la dimensione degli sforzi fatti.

Il 2008 si avvicina carico della suggestione che deriva dall’avanzare del nuovo con la presenza di qualche oppor-tunità da cogliere e con qualche preoccupazione da annotare sull’agenda.

Sul conto delle opportunità significative dobbiamo mette-re in primo luogo il rafforzamento dell’assetto partecipativo e democratico della Sezione che la celebrazione dell’assem-blea annuale fra qualche mese ci consentirà di fare. Si tratta di un momento importante, in qualche modo è il momento della raccolta dei frutti dell’attività già svolta e quello della semina per i successivi 12 mesi, al quale è necessario prepa-rarsi per bene allo scopo di rinvigorire questo evento sotto ogni profilo: innanzitutto sotto quella della presenza affin-ché sia massiccia, ma anche sotto il profilo della proposta e del dibattito sui contenuti riguardanti il merito dell’azione associativa.

È inutile dire che altra grande opportunità che richiede impegno capillare per auscultare e mobilitare nuove e vec-chie voci nel territorio e rendere più cospicuo il peso volon-taristico e sociale dei nostri Gruppi è quello dell’adesione ovvero del tesseramento all’ANA che confidiamo porti ad un aumento totale degli iscritti nelle due categorie dei soci

alpini e degli amici degli alpini. [p. 1]Mi sembra infine di segnalare una questione che deve

renderci almeno vigili e prudenti: è quella della disgrega-zione del territorio. Nel panorama pubblico, per esempio, si profila una riforma delle Comunità montane che rischia anche nel Feltrino di separare porzioni di territorio dal resto, compromettendo così l’unità operativa nei confronti di alcune politiche, segnata-mente di quelle territoriali e della montagna ma anche nel campo della protezione civile, alle quale anche l’ANA è sempre stata molto sensibile. Non può nemmeno essere sottaciuto - a meno che non vogliamo usare i meccanismi della rimozione psicologica - che nella nostra realtà comprensoriale ci sono propensioni all’allon-tanamento dagli inveterati riferimenti storici e territoriali, corroborate da una formale, chiara e poderosa volontà popolare, le quali obiettivamente allargano il solco fra le stesse comunità locali, e non ultimo, fra l’essere feltrini e il “desnotarse” dalla feltrinità.

Giustamente, l’ANA - sia a livello di Sezione che di Gruppi - non ha preso e sono convinto non prenderà posi-zione su tale tema perché l’essere alpini supera ogni divi-sione, ma francamente nel nostro intimo di uomini respon-sabili e comunque senza voler dare qualsivoglia giudizio ma tenendo conto della nostra etica civica che prevede e ci ha abituato ad un senso di appartenenza, non possiamo rima-nere a cuor leggero di fronte a tale fenomeno che ci induce almeno ad iscriverlo per memoria fra le preoccupazioni di tipo personale per le implicazioni cui può dare.

Le asperità non mancano, ma a dir il vero nemmeno di numerosi segni di ottimismo è sprovvisto il nostro zaino.

Allora tiriamo diritto valorizzando una delle nostre migliori qualità e dunque ancora una volta mettiamo la spe-ranza sul cappello.

Giampaolo Sasso

METTIAMO LA SPERANZA SUL CAPPELLODicembre 2007, p. 1

Page 20: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

20 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

La Caserma Zannettelli…Settembre 2008, p. 1

E, come prevedibile, la Caserma Zannettelli è pratica-mente dismessa!

Una robusta catena posta sulla porta carraia, rende ancora più visibile la, per noi amara, decisione.

Sottolineato che gli alpini sono anche cittadini eviden-ziamo come da queste colon-ne, sia sempre emersa la preoccupazione per il futuro di questa storica, importan-te struttura, collocata su una vasta area di sicuro e rilevan-

te interesse economico.Gli organi di informazione hanno più volte evidenziato la

disparità di trattamento esistente tra le regioni a statuto spe-ciale, e quelle “normali” come il Veneto.

Alle prime i trasferimenti delle aree dismesse dall’esercito sono stati e lo saranno a titolo gratuito.

Per la nostra regione ciò non è già previsto, con evidenti aggravi in termini di tempo ed impiego di rilevanti risorse economiche.

La vicenda della caserma Fantuzzi di Belluno è emblemati-ca. Fin d’ora, per il riutilizzo della Zannettelli si stanno facen-do, da parte di amministratori locali e non, varie ipotesi, come

se l’acquisizione del bene al patrimonio regionale/comunale fosse scontata e già avvenuta.

A titolo di esempio: uffici comunali, parcheggi, sede della protezione civile, del corpo forestale, di associazioni di cate-goria, cittadella dei servizi e/o degli studi.

Qualcuno probabilmente pensa già, ad una redditizia spe-culazione immobiliare.

Riteniamo peraltro che non tutti siano a conoscenza dell’esatta superficie, cubatura, e dei servizi oggi esistenti e funzionanti all’interno dell’area militare; sono dati che, cessato il segreto militare, dovrebbero essere portati a cono-scenza della cittadinanza. Nel depauperamento di istituzioni (Diocesi, Tribunale…) che ha già colpito la città di Feltre, non vorremmo che la caserma venisse destinata a centro di prima accoglienza degli immigrati.

Gli amministratori locali, giustamente, convocano nume-rose riunioni, a livello di frazioni, consultano categorie, per sentire l’esigenze e l’opinione dei cittadini sui più svariati problemi. Si auspica che altrettanto si faccia su questo delica-to argomento, investendo del problema anche le associazioni di volontariato. Questo [per] dare un futuro il più condiviso possibile a questo bene che è parte importante della vita citta-dina. Tutto ciò nell’auspicio che la pubblica amministrazione possa poter utilizzare tale patrimonio per nobili scopi, riqua-lificandolo al servizio dei cittadini.

Carlor

L’anno 2009 è iniziato sotto la preoccupazione delle grandi nevicate, tant’è che la squadra alpinistica è dovuta intervenire in modo massiccio a Colle Santa Lucia, Auronzo, Falcade. Ci hanno spediti anche a Milano: questa è stata un esperienza a dir poco negativa, tant’è che ci siamo portati a casa anche una multa per transito in zona a traffico limitato sprovvisti di ecopass (eravamo scortati dai V.V U.U di Milano).

* * * * *In ogni modo gli impegni continuano, rifiutato l’invito

alla partecipazione, nella zona di Lucca ad una simulazione, di catastrofe sismica, organizzata dall’omonima Provincia, si danno inizio ai preparativi per una grande esercitazio-ne Regionale di disastro sismico, organizzata dal Centro Coordinamento Volontariato delle Comunità Montana Feltrina nelle zone dei Comuni di Seren, Fonzaso con “Tsunami” al lago del Corlo interessante l’abitato di Rocca. L’esercitazione prevedeva l’intervento delle Forze dell’Ordine e dei Vigili del Fuoco, pochi giorni prima della data fatidica va tutto a carte quarantotto per la rinuncia alla partecipazione dei Vigili del Fuoco, e della Prefettura per motivi noti solo a loro.

* * * * *Neanche qualcuno fosse Nostradamus per proporre 2 eser-

citazioni a carattere sismico in un cosi breve lasso di tempo. Purtroppo nelle prime ore del 6 aprile si è fatto sul serio in Abruzzo nella zona dell’Aquila, ormai tutti sono informati dei fatti perché i media hanno ampiamente illustrato la triste vicenda. Comunque il giorno 6 verso le 6.30 allarme genera-le, preparativi “ipo naja zaino in spalla e viveri per tre gior-ni”, radunare i volontari,preparare i mezzi, caricare masseri-|[p. 1]zie, materiali, brande, tende, motoseghe, picconi, pale ecc. ecc. ore 15.45/16.00 pronti a muovere.

Contrordine bloccare la partenza, non riporto i mugugni e le colorite espressioni dei pronti a partire, e si attende. Giorno 7 prime ore del mattino comunicato: la Sezione A.N.A. Feltre parte per il 2° turno dal 13 al 19 aprile destinazione il Campo di San Demetrio ne’ Vestini, circa una ventina di chilometri a

Con l’Abruzzo nel CuoreGiugno 2009, pp. 1-3

Un trionfo, la sfilata incan-ta la città intera, Latina mai così bella.

A leggere i titoli dei giornali locali di lunedì 11 maggio 2009 sembrava che gli alpini avessero fatto qualche cosa di assolutamente eccezionale.

Per uno che ha partecipato a 38 adunate nazionali, quest’ul-tima è stata vista come ben riuscita, ma paragonabile a tante altre. E allora perché quei titoli cubitali? Ci viene spiegato che quello offerto è stato uno spettacolo indimen-ticabile, che ha toccato i cuori, che ha risvegliato sentimenti sopiti, che talvolta abbiamo vergogna o pudore di dimo-strare.

Diciamo, con una punta di orgoglio, che se Latina ci ha accolto con entusiasmo, al pari anche gli alpini hanno ben accolto i visitatori ed i cit-tadini di Latina. Questo stare

insieme, questa “aggregazio-ne” è stata ritenuta “il regalo più significativo” che le oltre 300.000 penne nere hanno saputo donare nelle tre gior-nate di festa popolare, facendo diventare il capoluogo, città alpina nei sentimenti e nelle emozioni. Una “simbiosi” che ha creato un clima di amicizia e condivisione. Infatti, l’or-ganizzazione, dei primi due giorni, non metteva in dispar-te la voglia di brindare, di cantare, e stare assieme, anzi. Il tutto si è poi, trasformato come sempre è accaduto, in una ordinatissima sfilata, che ha stupito ed affascinato i pre-senti.

LA SFILATA - TUTTI AL PASSO SOTTO IL SOLE COCENTE -

Le stime ufficiali indicano in 300.000 gli alpini presenti di cui 60.000 hanno sfilato,

ANNO XXIX - N. 2 - GIUGNO 2009 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 Spedizione in abbonamento postale - Pubbl. inf. 50%

PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA

BELLUNOTAXE PERCUE

TASSA RISCOSSA

L’82L’82L’82aaa ADUNATA DI LATINA ADUNATA DI LATINA ADUNATA DI LATINA

segue a pag. 2

segue a pag. 2

La sfilata di Latina: in primo piano il presidente sezionale cav. Renzo Centa con accanto il Vessillo portato da Pietro Pagnussat.In secondo piano si notano, da sinistra, il segretario sezionale Dino Tonin, il vice presidente Carlo Rossi, ed il vice presidente vicario Gianni De Bacco; segue il consiglio direttivo sezionale.

L’anno 2009 è iniziato sotto la preoccupazione delle grandi nevicate, tant’è che la squadra alpinistica è dovuta intervenire in modo massiccio a Colle Santa Lucia, Auronzo, Falcade. Ci hanno spedi-ti anche a Milano: questa è stata un esperienza a dir poco negativa, tant’è che ci siamo portati a casa anche una multa per transito in zona a traffico limitato sprovvisti di ecopass, (eravamo scortati dai V.V U.U di Milano).

* * * * *In ogni modo gli impegni

continuano, rifiutato l’invi-to alla partecipazione, nella zona di Lucca ad una simu-lazione, di catastrofe sismi-ca, organizzata dall’omonima Provincia, si danno inizio ai preparativi per una grande esercitazione Regionale di disastro sismico, organizza-ta dal Centro Coordinamento Volontariato delle Comunità Montana Feltrina nelle zone dei Comuni di Seren, Fonzaso

con “Tsunami” al lago del Corlo interessante l’abitato di Rocca. L’esercitazione preve-deva l’intervento delle Forze dell’Ordine e dei Vigili del Fuoco, pochi giorni prima della data fatidica va tutto a carte quarantotto per la rinuncia alla partecipazione dei Vigili del Fuoco, e della Prefettura per motivi noti solo a loro.

* * * * *Neanche qualcuno fosse

Nostradamus per proporre 2 esercitazioni a carattere sismi-co in un cosi breve lasso di tempo. Purtroppo nelle prime ore del 6 aprile si è fatto sul serio in Abruzzo nella zona dell’Aquila, ormai tutti sono informati dei fatti perchè i media hanno ampiamente illustrato la triste vicenda. Comunque il giorno 6 verso le 6.30 allarme generale, pre-parativi ”tipo naja zaino in spalla e viveri per tre giorni”, radunare i volontari prepara-re i mezzi, caricare masseri-

Con l’Abruzzo nel Cuore

Il disastro.

Page 21: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 21

Sud dell’Aquila, poi i turni si susseguono tutti a scavalco di una settimana e continueranno fino verso la fine di settembre.

* * * * *Nonostante l’imprevisto impegno”Abruzzo” nei giorni 18 e

19 Aprile si è svolta, in Comune di Feltre la classica esercita-zione Sezionale annuale denominata Feltre 2009.

Ottima l’affluenza dei volontari, da encomio la squadra Alpinistica, che ha lavorato nella zona di Vignui tutto il sabato e domenica fino alle 13.00, di questa esercitazione ne parleremo in un prossimo numero di Alpini…Sempre!

Ora torniamo all’Abruzzo finora la nostra Sezione ha tur-nato, quasi un centinaio di volontari.

Vista dai partecipanti la situazione è realmente triste spe-cialmente nei primi turni. Ora si sta normalizzando, la vita delle tendopoli intendiamoci, non quella normale di tutti giorni.

Le impressioni personali riferite dai vari capisquadra sono molteplici ma tutte puntano sulla nascosta disperazione di chi si è visto, in un attimo, privare della propria abitazione, certamente costruitasi con i sacrifici di una vita.

Spiccano fra le impressioni riportate, la spensieratezza dei giochi dei bambini che per loro fortuna riescono a scordare l’evento catastrofico, la solidarietà dimostrata da tutti, serva ad esempio quella di | [p. 2] un gruppo d’extracomunitari, probabilmente Indiani, che vivono e lavorano in Italia.

Con una ventina di furgoni hanno recapitato al Campo di Fossa un’enorme quantità del più svariato materiale, dal vestiario alle derrate alimentari ai giochi per bambini e som-mamente bravi, perché, da una colletta eseguita presso la

loro Comunità, hanno raccolto e recapitato presso la sede del Campo la somma di 9.000,00 euro: penso non ci siano parole per elogiarli.

Altre impressioni la vita dei volontari: sveglia, alzaban-diera, colazione, ricevimento degli incarichi, lavoro, lavoro, ancora tanto lavoro, cena e branda. Il giorno successivo si ricomincia.

Tutto questo con la consapevolezza di compiere un sacro-santo dovere di solidarietà (e non solo perché fanno parte della famiglia Alpina!).

Tutti riferiscono dello stress del viaggio dovuto a 11/12 ore di Land - Rover, ai massacranti turni di lavoro in media 12/13 ore giornaliere, ma tutti quelli che ci sono stati vorrebbero ritornare, perché sono consapevoli della necessità ed utilità della loro opera.

Termino riportando letteralmente alcune frasi che un responsabile del Nucleo Volontari Alpini della Valsugana ha scritto al Presidente Centa riferendosi al Campo di Sassa Scalo.

“Soltanto con una grande motivazione, a cui si deve aggiungere una salda preparazione, anche a livello psicologi-co, si è potuto portare a termine questo impegno veramente importante sia in termini di numero di pasti preparati, 1600 a pranzo e 1500 a cena, che a livello di supporto umano e psicologico agli sfollati. E si che (i feltrini, n.d.a.) erano in pochi, ma sicuramente, visti i risultati tutti molto validi e generosi”. (Giorgio Paternolli). [p. 3]

Ezio D’Alberto Respons. PC A.N.A. Feltre

2 Alpini… Sempre!

Adunata di Latina - Continua da pag. 1 Con l’Abruzzo nel cuore - Continua da pag. 1

impeccabili, da via Isonzo a Piazzale Canturan.

Ad aprire il corteo l’incede-re cadenzato della fanfara del 2° Reggimento Alpini, con in testa la gloriosa bandiera di guerra; poi la parata degli uffi-ciali e sottufficiali delle truppe alpine in servizio, e quindi, fra scroscianti applausi gli alpini, esuli in patria, di Zara, Fiume e Pola.

A seguire gli alpini delle sezioni estere, dall’Au-stralia al Canadà, dal Perù alla Norvegia, alla vicina Svizzera.

I 60.000 alpini che hanno attraversato la città hanno evi-denziato, dopo i giorni di festa e goliardia, che il corpo degli alpini significa: solidarietà, altruismo, senso del dovere e amor di Patria.

SFILANO 102 ANNIIn questi valori anche Latina

si è riconosciuta ed ha ricam-biato con l’affetto e l’abbrac-cio della gente comune. Lo dimostra l’ovazione con cui è stato accolto, il Reduce della guerra di Abissinia, Cristiano Dal Pozzo, sez. di Asiago, che con i suoi 102 anni è stato il “Vecio” di questa adunata, e che il Presidente Nazionale ha abbracciato calorosamente.

LA SEZIONE ABRUZZIParticolare commozione e

suggestione ha suscitato il pas-saggio della sezione Abruzzi, cui la gente lungo l’intera sfi-lata, dai balconi delle case e dei palazzi ha lanciato fiori. Da condividere ed apprezzare totalmente il gesto con cui il presidente nazionale Corrado Perona, lasciato da parte il pro-

La marea verde delle penne nere feltrine.

tocollo, è sceso dalle tribune e ha sfilato accanto al vessillo sezionale. Riteniamo che con questo gesto, che non ha pre-cedenti, volesse abbracciare, a nome di noi tutti, non solo gli alpini, ma tutto l’Abruzzo. Ha dato così testimonianza di affetto, solidarietà e vicinanza per l’immane tragedia che ha colpito questi nostri fratelli. Bravo Presidente, hai volato alto al pari dell’aquila che, ad ali spiegate, sormontava il pluridecorato vessillo della gloriosa sezione.

LE SEZIONE DI FELTRELa nostra sezione è stata

magnifica, anche grazie all’ap-porto della Commissione Manifestazioni cui va il nostro plauso. Ben 680 le penne nere che hanno sfilato dietro il nostro glorioso vessillo, scor-tato dal presidente cav. Renzo Centa. Tanti anche i sindaci del comprensorio feltrino, che hanno ricevuto dagli spettatori ripetuti applausi.

I Feltrini indossavano la maglia verde con lo stemma sezionale; hanno creato una meravigliosa massa verde che ha impressionato per possanza e visibilità. Il percorso, ampio, pianeggiante, diritto e la splen-dida giornata di caldo sole - abbiamo sfilato dalle 12,15 alle 13,30 - erano perfetti per far risaltare gli striscioni, la banda, i colori e le emozioni dei presenti. Al termine, nel riavvolgere gli striscioni, nel sistemare i gagliardetti, com-pare un po’ di malinconia, ma anche di orgoglio per esserci stati; con l’auspicio di non mancare nel 2010 a Bergamo.

Carlor

zie, materiali, brande, tende, motoseghe, picconi, pale ecc.ecc. ore 15.45/16.00 pronti a muovere.

Contrordine bloccare la par-tenza, non riporto i mugugni e le colorite espressioni dei pronti a partire, e si attende.Giorno 7 prime ore del mattino comunicato: la Sezione A.N.A.

Feltre parte per il 2° turno dal 13 al 19 aprile destinazione il Campo di San Demetrio ne’ Vestini, circa una ventina di kilometri a Sud dell’Aquila, poi i turni si susseguono tutti a scavalco di una settimana e continueranno fino verso la fine di settembre.

* * * * *Nonostante l’imprevisto

impegno”Abruzzo” nei giorni 18 e 19 Aprile si è svolta, in Comune di Feltre la classica esercitazione Sezionale annua-le denominata Feltre 2009.

Ottima l’affluenza dei volon-tari, da encomio la squadra Alpinistica, che ha lavorato nella zona di Vignui tutto il

sabato e domenica fino alle 13.00, di questa esercitazione ne parleremo in un prossimo numero di Alpini…Sempre!

Ora torniamo all’Abruzzo finora la nostra Sezione ha turnato, quasi un centinaio di volontari.

Vista dai partecipanti la situazione è realmente triste

specialmente nei primi turni. Ora si stà normalizzando, la vita delle tendopoli intendia-moci, non quella normale di tutti giorni.

Le impressioni personali riferite dai vari capisquadra sono molteplici ma tutte punta-no sulla nascosta disperazione di chi si è visto, in un attimo, privare della propria abitazio-ne, certamente costruitasi con i sacrifici di una vita.

Spiccano fra le impressioni riportate, la spensieratezza dei giochi dei bambini che per loro fortuna riescono a scor-dare l’evento catastrofico, la solidarietà dimostrata da tutti, serva ad esempio quella di

Case e vie disastrate.

Tendopoli allestita dalla Protezione Civile.

2 Alpini… Sempre!

Adunata di Latina - Continua da pag. 1 Con l’Abruzzo nel cuore - Continua da pag. 1

impeccabili, da via Isonzo a Piazzale Canturan.

Ad aprire il corteo l’incede-re cadenzato della fanfara del 2° Reggimento Alpini, con in testa la gloriosa bandiera di guerra; poi la parata degli uffi-ciali e sottufficiali delle truppe alpine in servizio, e quindi, fra scroscianti applausi gli alpini, esuli in patria, di Zara, Fiume e Pola.

A seguire gli alpini delle sezioni estere, dall’Au-stralia al Canadà, dal Perù alla Norvegia, alla vicina Svizzera.

I 60.000 alpini che hanno attraversato la città hanno evi-denziato, dopo i giorni di festa e goliardia, che il corpo degli alpini significa: solidarietà, altruismo, senso del dovere e amor di Patria.

SFILANO 102 ANNIIn questi valori anche Latina

si è riconosciuta ed ha ricam-biato con l’affetto e l’abbrac-cio della gente comune. Lo dimostra l’ovazione con cui è stato accolto, il Reduce della guerra di Abissinia, Cristiano Dal Pozzo, sez. di Asiago, che con i suoi 102 anni è stato il “Vecio” di questa adunata, e che il Presidente Nazionale ha abbracciato calorosamente.

LA SEZIONE ABRUZZIParticolare commozione e

suggestione ha suscitato il pas-saggio della sezione Abruzzi, cui la gente lungo l’intera sfi-lata, dai balconi delle case e dei palazzi ha lanciato fiori. Da condividere ed apprezzare totalmente il gesto con cui il presidente nazionale Corrado Perona, lasciato da parte il pro-

La marea verde delle penne nere feltrine.

tocollo, è sceso dalle tribune e ha sfilato accanto al vessillo sezionale. Riteniamo che con questo gesto, che non ha pre-cedenti, volesse abbracciare, a nome di noi tutti, non solo gli alpini, ma tutto l’Abruzzo. Ha dato così testimonianza di affetto, solidarietà e vicinanza per l’immane tragedia che ha colpito questi nostri fratelli. Bravo Presidente, hai volato alto al pari dell’aquila che, ad ali spiegate, sormontava il pluridecorato vessillo della gloriosa sezione.

LE SEZIONE DI FELTRELa nostra sezione è stata

magnifica, anche grazie all’ap-porto della Commissione Manifestazioni cui va il nostro plauso. Ben 680 le penne nere che hanno sfilato dietro il nostro glorioso vessillo, scor-tato dal presidente cav. Renzo Centa. Tanti anche i sindaci del comprensorio feltrino, che hanno ricevuto dagli spettatori ripetuti applausi.

I Feltrini indossavano la maglia verde con lo stemma sezionale; hanno creato una meravigliosa massa verde che ha impressionato per possanza e visibilità. Il percorso, ampio, pianeggiante, diritto e la splen-dida giornata di caldo sole - abbiamo sfilato dalle 12,15 alle 13,30 - erano perfetti per far risaltare gli striscioni, la banda, i colori e le emozioni dei presenti. Al termine, nel riavvolgere gli striscioni, nel sistemare i gagliardetti, com-pare un po’ di malinconia, ma anche di orgoglio per esserci stati; con l’auspicio di non mancare nel 2010 a Bergamo.

Carlor

zie, materiali, brande, tende, motoseghe, picconi, pale ecc.ecc. ore 15.45/16.00 pronti a muovere.

Contrordine bloccare la par-tenza, non riporto i mugugni e le colorite espressioni dei pronti a partire, e si attende.Giorno 7 prime ore del mattino comunicato: la Sezione A.N.A.

Feltre parte per il 2° turno dal 13 al 19 aprile destinazione il Campo di San Demetrio ne’ Vestini, circa una ventina di kilometri a Sud dell’Aquila, poi i turni si susseguono tutti a scavalco di una settimana e continueranno fino verso la fine di settembre.

* * * * *Nonostante l’imprevisto

impegno”Abruzzo” nei giorni 18 e 19 Aprile si è svolta, in Comune di Feltre la classica esercitazione Sezionale annua-le denominata Feltre 2009.

Ottima l’affluenza dei volon-tari, da encomio la squadra Alpinistica, che ha lavorato nella zona di Vignui tutto il

sabato e domenica fino alle 13.00, di questa esercitazione ne parleremo in un prossimo numero di Alpini…Sempre!

Ora torniamo all’Abruzzo finora la nostra Sezione ha turnato, quasi un centinaio di volontari.

Vista dai partecipanti la situazione è realmente triste

specialmente nei primi turni. Ora si stà normalizzando, la vita delle tendopoli intendia-moci, non quella normale di tutti giorni.

Le impressioni personali riferite dai vari capisquadra sono molteplici ma tutte punta-no sulla nascosta disperazione di chi si è visto, in un attimo, privare della propria abitazio-ne, certamente costruitasi con i sacrifici di una vita.

Spiccano fra le impressioni riportate, la spensieratezza dei giochi dei bambini che per loro fortuna riescono a scor-dare l’evento catastrofico, la solidarietà dimostrata da tutti, serva ad esempio quella di

Case e vie disastrate.

Tendopoli allestita dalla Protezione Civile.

Alpini… Sempre! 3

Primi aiuti: smistamento pacchi dono. Il “riposo” in tenda.

Al lavoro. Una squadra, quella di Sovramonte, a rappresentare tutti quelli che hanno lavorato per l’Abruzzo.

Preparazione rancio.

Momento di relax.

un gruppo d’extracomunita-ri, probabilmente Indiani che, vivono e lavorano in Italia.

Con una ventina di furgoni hanno recapitato al Campo di Fossa un’enorme quantità del più svariato materiale, dal vestiario alle derrate alimen-tari ai giochi per bambini e sommamente bravi, perché, da una colletta eseguita pres-so la loro Comunità hanno raccolto e recapitato presso la sede del Campo la somma di 9.000,00 euro: penso non ci siano parole per elogiarli.

Altre impressioni la vita dei volontari: sveglia, alzaban-diera, colazione, ricevimento degli incarichi, lavoro, lavoro, ancora tanto lavoro cena e branda. Il giorno successivo si ricomincia.

Tutto questo con la consape-volezza di compiere un sacro-santo dovere di solidarietà, (e non solo perché fanno parte della famiglia Alpina!).

Tutti riferiscono dello stress del viaggio dovuto a 11/12 ore di Land - Rover, ai massacranti turni di lavoro in media 12/13

ore giornaliere, ma tutti quelli che ci sono stati vorrebbero ritornare, perché sono con-sapevoli della necessità ed utilità della loro opera.

Termino riportando let-teralmente alcune frasi che un responsabile del Nucleo Volontari Alpini della Valsugana ha scritto al Presidente Centa riferendosi al Campo di Sassa Scalo.

”Soltanto con una grande motivazione, a cui si deve aggiungere una salda prepa-razione, anche a livello psi-cologico, si è potuto porta-re a termine questo impegno veramente importante sia in termini di numero di pasti preparati, 1600 a pranzo e 1500 a cena, che a livello di supporto umano e psicologico agli sfollati. E si che (i feltri-ni. n.d.a.) erano in pochi, ma sicuramente, visti i risultati tutti molto validi e generosi”. (Giorgio Paternolli)

Ezio D’Alberto Respons. PC A.N.A. Feltre

Alpini… Sempre! 3

Primi aiuti: smistamento pacchi dono. Il “riposo” in tenda.

Al lavoro. Una squadra, quella di Sovramonte, a rappresentare tutti quelli che hanno lavorato per l’Abruzzo.

Preparazione rancio.

Momento di relax.

un gruppo d’extracomunita-ri, probabilmente Indiani che, vivono e lavorano in Italia.

Con una ventina di furgoni hanno recapitato al Campo di Fossa un’enorme quantità del più svariato materiale, dal vestiario alle derrate alimen-tari ai giochi per bambini e sommamente bravi, perché, da una colletta eseguita pres-so la loro Comunità hanno raccolto e recapitato presso la sede del Campo la somma di 9.000,00 euro: penso non ci siano parole per elogiarli.

Altre impressioni la vita dei volontari: sveglia, alzaban-diera, colazione, ricevimento degli incarichi, lavoro, lavoro, ancora tanto lavoro cena e branda. Il giorno successivo si ricomincia.

Tutto questo con la consape-volezza di compiere un sacro-santo dovere di solidarietà, (e non solo perché fanno parte della famiglia Alpina!).

Tutti riferiscono dello stress del viaggio dovuto a 11/12 ore di Land - Rover, ai massacranti turni di lavoro in media 12/13

ore giornaliere, ma tutti quelli che ci sono stati vorrebbero ritornare, perché sono con-sapevoli della necessità ed utilità della loro opera.

Termino riportando let-teralmente alcune frasi che un responsabile del Nucleo Volontari Alpini della Valsugana ha scritto al Presidente Centa riferendosi al Campo di Sassa Scalo.

”Soltanto con una grande motivazione, a cui si deve aggiungere una salda prepa-razione, anche a livello psi-cologico, si è potuto porta-re a termine questo impegno veramente importante sia in termini di numero di pasti preparati, 1600 a pranzo e 1500 a cena, che a livello di supporto umano e psicologico agli sfollati. E si che (i feltri-ni. n.d.a.) erano in pochi, ma sicuramente, visti i risultati tutti molto validi e generosi”. (Giorgio Paternolli)

Ezio D’Alberto Respons. PC A.N.A. Feltre

Page 22: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

22 Alpini… Sempre! - N. 4/2019

MORTI QUATTRO ALPINI DEL BTG. “FELTRE” IN AFGHANISTANDicembre 2010, p. 10

ANCORA ALPINI CADUTI IN AFGHANISTAN Marzo 2011, p. 5

Il 9 ottobre, è destino, si conferma una data di lutti per la provincia di Belluno, dopo il Vajont nel ’63 un altro dramma-tico evento sarà ricordato in questa triste data.

Lo scorso 9 ottobre un’operazione di scorta ad un convo-glio di circa settanta automezzi si è purtroppo trasformata in tragedia nella desolata provincia afgana di Farah. Un mezzo Lince della Brigata “Julia” è saltato su un ordigno, provo-cando la morte di quattro alpini e il ferimento di un quinto. In questo caso ad essere colpito è il Battaglione “Feltre” del 7° Reggimento Alpini. Le quattro vittime facevano infatti parte della 66ª compagnia del Reparto che porta il nome della nostra città. Sono morti il primo caporal maggiore Gianmarco Manca, 32 anni di Alghero; il primo caporal maggiore Francesco Vannozzi, 26 anni di Vicopisano (PI); il primo caporal maggiore Sebastiano Ville, 27 anni di Siracusa e il caporal maggiore Marco Pedone, 23 anni di Lecce. L’azione di combattimento e non attentato, come ha voluto sottoli-neare il colonnello Paolo Sfarra comandante del Settimo, si è sviluppata a seguito di un attacco portato al convoglio da parte di un consistente gruppo armato talebano. Nel corso della battaglia l’automezzo militare su cui viaggiavano le vittime è esploso per essere entrato a contatto probabilmente con un ordigno a pressione. Martedì 12 ottobre, nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, si sono svolti i funerali di Stato alla presenza delle più alte autorità civili e militari

nazionali e della nostra provincia. Lo stesso giorno alle 18, in duomo a Belluno, il vescovo Giuseppe Andrich ha cele-brato una partecipata S. Messa a suffragio dei quattro Alpini Caduti.

In queste righe vogliamo ricordare anche il tenente Alessandro Romani, di 36 anni, deceduto nel corso di uno scontro a fuoco il 17 settembre, sempre nei pressi di Farah. L’ufficiale apparteneva al 9° Reggimento d’assalto “Col Moschin”.

In queste ultime settimane si valuta sempre più attenta-mente l’ipotesi di un prossimo ritiro delle forze ISAF dal territorio afgano, anche da parte delle altre nazioni che con l’Italia compongono questo contingente. A questo proposito sta aumentando il numero degli addestratori militari inviati, per dar modo alla polizia e all’esercito locali di svolgere in proprio un adeguato controllo del territorio.

Noi auguriamo alla nazione afgana di trovare presto all’in-terno delle sue diverse etnie e religioni un punto di equilibrio e di convivenza, in cui non sia più necessaria la presenza militare straniera per garantire alla popolazione quelle condi-zioni di pace, che Gianmarco, Francesco, Sebastiano, Marco, Alessandro e tutti gli altri Caduti, non solo italiani, hanno cercato di dare, anche se con il fucile in mano.

R.C.

10 Alpini… Sempre!

MORTI QUATTRO ALPINI DEL BTG. “FELTRE” IN AFGHANISTAN

Il 9 ottobre, è destino, si conferma una data di lutti per la provincia di Belluno, dopo il Vajont nel’63 un altro dramma-tico evento sarà ricordato in questa triste data.

Lo scorso 9 ottobre un’ operazione di scorta ad un convo-glio di circa settanta automezzi si è purtroppo trasformata in tragedia nella desolata provincia afgana di Farah. Un mezzo Lince della Brigata “Julia” è saltato su un ordigno, provocan-do la morte di quattro alpini e il ferimento di un quinto. In questo caso ad essere colpito è il Battaglione “Feltre” del 7° Reggimento Alpini. Le quattro vittime facevano infatti parte della 66^ compagnia del Reparto che porta il nome della nostra città. Sono morti il primo caporal maggiore Gianmarco Manca, 32 anni di Alghero; il primo caporal maggiore Francesco Vannozzi, 26 anni di Vicopisano (PI); il primo caporal maggiore Sebastiano Ville, 27 anni di Siracusa e il caporal maggiore Marco Pedone, 23 anni di Lecce. L’azione di combattimento e non attentato, come ha voluto sottolineare il colonnello Paolo Sfarra comandante del Settimo, si è svilup-pata a seguito di un attacco portato al convoglio da parte di un consistente gruppo armato talebano. Nel corso della battaglia l’automezzo militare su cui viaggiavano le vittime è esploso per essere entrato a contatto probabilmente con un ordigno a pressione. Martedì 12 ottobre, nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, si sono svolti i funerali di Stato alla

presenza delle più alte autorità civili e militari nazionali e della nostra provincia. Lo stesso giorno alle 18, in duomo a Belluno, il vescovo Giuseppe Andrich ha celebrato una parte-cipata S.Messa a suffragio dei quattro Alpini Caduti.

In queste righe vogliamo ricordare anche il tenente Alessandro Romani, di 36 anni, deceduto nel corso di uno scontro a fuoco il 17 settembre, sempre nei pressi di Farah. L’ufficiale apparteneva al 9° Reggimento d’assalto “Col Moschin”.

In queste ultime settimane si valuta sempre più attenta-mente l’ipotesi di un prossimo ritiro delle forze ISAF dal territorio afgano, anche da parte delle altre nazioni che con l’Italia compongono questo contingente. A questo proposito sta aumentando il numero degli addestratori militari inviati, per dar modo alla polizia e all’esercito locali di svolgere in proprio un adeguato controllo del territorio.

Noi auguriamo alla nazione afgana di trovare presto all’in-terno delle sue diverse etnie e religioni un punto di equilibrio e di convivenza, in cui non sia più necessaria la presenza militare straniera per garantire alla popolazione quelle condi-zioni di pace, che Gianmarco, Francesco, Sebastiano, Marco, Alessandro e tutti gli altri Caduti, non solo italiani, hanno cercato di dare, anche se con il fucile in mano.

R.C.

Il primo caporal maggiore Francesco Vannozzi.

Il primo caporal maggiore Sebastiano Ville.

Il primo caporal maggiore Gianmarco Manca.

Il caporal maggiore Marco Pedone.

Lo scorso mese di giugno lungo il tracciato dell’Alta Via n.8 (Alta Via “degli Eroi”), sono stati rinvenuti alcuni resti ossei portati alla luce dal lavoro di scavo di alcuni animali selvatici sul versante erboso del Monte Fontanasecca.

Scattate alcune foto ed inquadrata la posizione dei resti, è stato prontamente segnalato il rinvenimento alle autorità competenti che, una volta concordate modalità e tempistiche, si sono attivate per il recupero.

L’operazione, condizionata dalla natura del terreno e dalla posizione del monte, si è svolta in due fasi: nella prima (17 giugno) sono stati recuperati buona parte dei resti senza poter tuttavia concludere lo scavo a causa delle avverse condizioni meteorologiche; nella seconda (19 agosto) si è completato lo scavo.

I resti umani rinvenuti, per buona parte danneggiati dal tempo e dagli eventi, sono stati ritrovati in maniera pressoché completa seppure privi di alcun genere di divisa, elmetto o

INUMATI NELL’OSSARIO DI CIMA GRAPPA I RESTI DI UN CADUTO DELLA GRANDE GUERRA

La solenne cerimonia della sepoltura nell’Ossario di Cima Grappa dei resti del Caduto.

Non ha fine la lunga scia di morti sofferta dal contingente italiano della missione ISAF in Afghanistan. Nell’ultimo giorno del 2010 è caduto, colpito da un cecchino, il caporal maggiore Matteo Miotto del 7° Rgt. Alpini. Era originario di Thiene, dove abitava con la famiglia. Aveva solo 24 anni. Il tragico evento è accaduto mentre Matteo era in servizio di guardia in una base avanzata nel distretto di Gulistan, nell’ovest dell’Afghanistan.

Questo ennesimo lutto ha suscitato una particolare emozione nell’opinione pubblica per il spirito con cui Matteo viveva la sua professione militare e soprattutto la sua esperienza in terra afgana.

Aveva in progetto, una volta terminata la missione, di visitare le scuole della sua zona per raccontare agli studenti l’esperienza che aveva vissuto e che avrebbe probabilmente ripetuto se il destino non avesse così presto posto fine alla sua esistenza. Era molto legato al nonno, scomparso da un po’, tanto da aveva portato con sé in missione il suo vecchio tricolore ancora con lo scudo sabaudo. In una lettera spedita dall’Afghanistan scriveva:”Mi ricordo quando il nonno mi parlava della guerra e mi diceva: - Brutta cosa bocia, beato te che non la vedrai mai - Ed invece eccomi qua nella valle

Alpini… Sempre! 5

Non ha fine la lunga scia di morti sofferta dal contingente italiano della missione ISAF in Afghanistan. Nell’ultimo giorno del 2010 è caduto, colpito da un cecchino, il caporal

maggiore Matteo Miotto del 7° Rgt. Alpini. Era originario di Thiene, dove abitava con la famiglia. Aveva solo 24 anni. Il tragico evento è accaduto mentre Matteo era in servi-zio di guardia in una base avanzata nel distretto di Gulistan, nell’ovest dell’Afghanistan. Questo ennesimo lutto ha suscitato una particolare emozione nell’opinione pubblica per il spirito con cui Matteo viveva la sua professione militare e soprattut-to la sua esperienza in terra afgana.

Aveva in progetto, una volta terminata la missione, di visitare le scuole della sua zona per raccontare agli studenti l’esperienza che aveva vissuto e che avrebbe probabilmente ripetuto se il destino non avesse così presto posto fine alla sua esistenza. Era molto legato al nonno, scomparso da un po’, tanto da aveva portato con sé in mis-sione il suo vecchio tricolore ancora con lo scudo sabaudo. In una lettera spedita dall’Afghanistan scriveva:”Mi ricordo quando il nonno mi parlava della guerra e mi diceva: –Brutta cosa bocia, beato te che non la vedrai mai- Ed invece eccomi qua nella valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi ti direi:-visto nonno che te te si sbaià!”. Oltre al dramma vissuto dalla famiglia è da segnalare anche il grande dolore che la notizia della morte di Matteo ha generato in tutti i suoi commilitoni, sia tra quelli che erano con lui in missione, sia tra quelli rimasti alla caser-ma “Salsa” a Belluno. Tutti lo ricordano per la profonda fede nei suoi ideali alpini e per la sue indubbie capacità sportive, soprattutto nel campo scialpinistico.

Pochi giorni dopo la morte di Matteo Miotto, un altro lutto ha purtroppo aumentato il numero dei nostri caduti in Afghanistan. Il caporal maggiore Luca Sanna, 32 anni, di Oristano è stato ucciso da un terrorista travestito con la divisa dell’esercito afgano. Nello stesso agguato è rimasto grave-mente ferito un altro alpino, Luca Barisonzi.

Il caporal maggiore luca Sanna faceva parte dell’8° Rgt. Alpini di

stanza a Cividale ed era alla sua terza missione in Afghanistan.Mentre il giornale sta andando in stampa, ci giunge pur-

troppo la notizia della morte di un altro militare italiano. Si tratta del capitano Massimo Ranzani del 5° Rgt. Alpini di Vipiteno, ucciso dallo scoppio di un ordigno al passaggio del veicolo Lince che lo trasportava insieme ad altri quattro alpini, rimasti feriti nel tragico episodio.

Vogliamo sperare che questa lunga scia di lutti abbia presto termine e che il sacrificio di tanti giovani militari trovi significato in un avvenire pacifico e democratico dello sfortunato Paese asiatico.

Con la morte di questi tre alpi-ni sono 37 i militari italiani che hanno perso la vita dal 2004, anno in cui ha avuto inizio la presenza del contingente italiano in terra afgana.

Il 2010 è risultato l’anno più tra-gico con 13 soldati uccisi.

R.C.

ANCORA ALPINI CADUTI IN AFGHANISTAN

Matteo Miotto.

Luca Sanna.

Massimo Ranzani.

Il 18 febbraio la Bandiera di guerra del 7° Reggimento è tornata a casa. Il Reparto completerà il rientro nei prossimi giorni, dopo aver concluso il proprio servizio nell’ambito della missione di pace in Afghanistan. Con la Bandiera idealmente sono tornati anche i cinque Alpini che in questi mesi hanno perso la vita: Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville, Marco Pedone e Matteo Miotto. Il comandante, col. Paolo Sfarra, nel breve discorso rivolto alle autorità e al pubblico presente ha ricordato il grande dolore per la morte dei cinque militari, ma ha anche voluto sottolineare il significato del servizio svolto e dei progetti condotti a termine con il sostegno delle tante donazioni ricevute, non solo dal bellunese ma anche dal resto del Triveneto, e che hanno consentito di fornire delle condizioni di vita migliori alla popolazione civile locale. Questi atti di generosità hanno fatto sentire vicine ai militari le genti delle nostre montagne.

Nelle prossime settimane rientreranno anche le ultime aliquote del Reparto.

RIENTRA ALLA “SALSA” LA BANDIERA DEL 7° REGGIMENTO

La Bandiera del 7° Rgt. Alpini.

Page 23: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Alpini… Sempre! - N. 4/2019 23

È l’indirizzo del sito web della Sezione A.N.A. di Feltre.Nel moderno e veloce mondo dell’informazione un sito

web rappresenta una nuova forma, più rapida e diretta della carta stampata, di comunicare.

Tramite un sito web è infatti possibile divulgare informa-zioni in tempo pressoché reale ad un potenziale bacino di utenti che conta ormai quasi 2 miliardi di persone in ogni angolo della Terra.

È fin troppo evidente che un sito come il nostro coinvolge un numero molto piccolo di tale potenziale bacino, ma non va sottovalutato che dal 15 dicembre 2008, giorno della sua inaugurazione ad oggi, il nostro sito è stato visitato da 13.500 utenti, che hanno visionato complessivamente quasi 45.000 pagine.

Un dato su tutti è rappresentato dal numero di Nazioni di residenza dei visitatori. Considerando i soli Paesi dai quali provengono contatti per più di 50 pagine, le Nazioni di pro-venienza dei contatti con il nostro sito sono 20.

Fra queste gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Russia, la Germania, la Francia, l’Ungheria e la Romania, ma anche Paesi del Sud America come l’Argentina ed il Brasile, o la Cina.

Se consideriamo i contatti con più di 20 pagine visionate, le Nazioni salgono a una trentina comprendendo la Spagna, la Grecia, l’Irlanda, la Polonia, la Svezia, il Lussemburgo e l’Australia.

Due note curiose sono rappresentate dall’alto numero di contatti provenienti dalla Repubblica Ceca e, da qualche mese a questa parte, dal Belize, un piccolo Stato del Centro America fra Messico e Guatemala che raggiunge circa 80 pagine visita-te al mese. Pochi i contatti dalla vicina Austria.

Interessante è anche sapere che l’85 % dei visitatori del sito

si sofferma fino a 30 secondi, il 10% dai 30 secondi ai 15 minuti ed il 5% oltre i 15 minuti.

Mediamente ogni visitatore si sofferma su non più di tre pagine a contatto e questo è il dato che si pone come obiettivo di miglioramento per il prossimo futuro.

Capire il perché di questo dato in questo momento è abba-stanza facile.

Le pagine più visitate sono infatti quelle relative alla com-posizione dell’organico del Consiglio di Sezione, quella delle fotografie e quella del periodico “Alpini… Sempre!”.

Il sito presenta però una serie di nuove pagine in costruzio-ne, che andranno riempite di contenuti.

Due nuovissime sezioni sono state espressamente dedicate ai Gruppi. Pochi Gruppi dispongono già di un proprio sito o di una pagina su un sito di appoggio; è il caso ad esempio del Gruppo Monte Cauriol di Feltre, del Gruppo Monte Miesna di Cellarda, dei Gruppi di Arsiè, di Arten e di Villabruna.

La sezione del sito dedicata ai Gruppi è stata pertanto inte-grata da una sottosezione, in fase di elaborazione, che con-terrà le informazioni principali dei 40 Gruppi della Sezione A.N.A. di Feltre. Questa sottosezione conterrà una scheda per ogni Gruppo composta da una fotografia, dall’organico del Consiglio di Gruppo e dall’indirizzo.

Una seconda sezione è stata attivata in questi giorni ed è stata denominata “Dai Gruppi”. Anche questa sezione vuole essere un ausilio per i Gruppi che non dispongono di un pro-prio sito e potrà essere utilizzata per informare rapidamente soci ed amici in merito alle principali attività in programma.

Il sito è in crescita, è utile la collaborazione di tutti per migliorarlo ma soprattutto per dare una bella immagine della sezione A.N.A. di Feltre.

Stefano Mariech

Informazioni sul nostro sito: http://ana-feltre.webnode.com/Giugno 2010, p. 9

del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi ti direi:-visto nonno che te te si sbaià!”. Oltre al dramma vissuto dalla famiglia è da segnalare anche il grande dolore che la notizia della morte di Matteo ha generato in tutti i suoi commilitoni, sia tra quelli che erano con lui in mis-sione, sia tra quelli rimasti alla caserma “Salsa” a Belluno. Tutti lo ricordano per la profonda fede nei suoi ideali alpini e per la sue indubbie capacità sportive, soprattutto nel campo scialpinistico.

Pochi giorni dopo la morte di Matteo Miotto, un altro lutto ha purtroppo aumentato il numero dei nostri caduti in Afghanistan. Il caporal mag-giore Luca Sanna, 32 anni, di Oristano è stato ucciso da un terrorista travestito con la divisa dell’esercito afgano. Nello stesso agguato è rima-sto grave-mente ferito un altro alpino, Luca Barisonzi. Il caporal maggiore luca Sanna faceva parte dell’8° Rgt. Alpini di stanza a Cividale ed

era alla sua terza missione in Afghanistan.

Mentre il giornale sta andan-do in stampa, ci giunge pur-troppo la notizia della morte di un altro militare italiano. Si tratta del capitano Massimo Ranzani del 5° Rgt. Alpini di Vipiteno, ucciso dallo scoppio di un ordigno al passaggio del veicolo Lince che lo traspor-tava insieme ad altri quattro alpini, rimasti feriti nel tragico episodio.

Vogliamo sperare che questa lunga scia di lutti abbia pre-sto termine e che il sacrificio di tanti giovani militari trovi significato in un avvenire pacifico e democratico dello sfor-tunato Paese asiatico.

Con la morte di questi tre alpini sono 37 i militari italiani che hanno perso la vita dal 2004, anno in cui ha avuto inizio la presenza del contingente italiano in terra afgana.

Il 2010 è risultato l’anno più tragico con 13 soldati uccisi.R.C.

Alpini… Sempre! 5

Non ha fine la lunga scia di morti sofferta dal contingente italiano della missione ISAF in Afghanistan. Nell’ultimo giorno del 2010 è caduto, colpito da un cecchino, il caporal

maggiore Matteo Miotto del 7° Rgt. Alpini. Era originario di Thiene, dove abitava con la famiglia. Aveva solo 24 anni. Il tragico evento è accaduto mentre Matteo era in servi-zio di guardia in una base avanzata nel distretto di Gulistan, nell’ovest dell’Afghanistan. Questo ennesimo lutto ha suscitato una particolare emozione nell’opinione pubblica per il spirito con cui Matteo viveva la sua professione militare e soprattut-to la sua esperienza in terra afgana.

Aveva in progetto, una volta terminata la missione, di visitare le scuole della sua zona per raccontare agli studenti l’esperienza che aveva vissuto e che avrebbe probabilmente ripetuto se il destino non avesse così presto posto fine alla sua esistenza. Era molto legato al nonno, scomparso da un po’, tanto da aveva portato con sé in mis-sione il suo vecchio tricolore ancora con lo scudo sabaudo. In una lettera spedita dall’Afghanistan scriveva:”Mi ricordo quando il nonno mi parlava della guerra e mi diceva: –Brutta cosa bocia, beato te che non la vedrai mai- Ed invece eccomi qua nella valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi ti direi:-visto nonno che te te si sbaià!”. Oltre al dramma vissuto dalla famiglia è da segnalare anche il grande dolore che la notizia della morte di Matteo ha generato in tutti i suoi commilitoni, sia tra quelli che erano con lui in missione, sia tra quelli rimasti alla caser-ma “Salsa” a Belluno. Tutti lo ricordano per la profonda fede nei suoi ideali alpini e per la sue indubbie capacità sportive, soprattutto nel campo scialpinistico.

Pochi giorni dopo la morte di Matteo Miotto, un altro lutto ha purtroppo aumentato il numero dei nostri caduti in Afghanistan. Il caporal maggiore Luca Sanna, 32 anni, di Oristano è stato ucciso da un terrorista travestito con la divisa dell’esercito afgano. Nello stesso agguato è rimasto grave-mente ferito un altro alpino, Luca Barisonzi.

Il caporal maggiore luca Sanna faceva parte dell’8° Rgt. Alpini di

stanza a Cividale ed era alla sua terza missione in Afghanistan.Mentre il giornale sta andando in stampa, ci giunge pur-

troppo la notizia della morte di un altro militare italiano. Si tratta del capitano Massimo Ranzani del 5° Rgt. Alpini di Vipiteno, ucciso dallo scoppio di un ordigno al passaggio del veicolo Lince che lo trasportava insieme ad altri quattro alpini, rimasti feriti nel tragico episodio.

Vogliamo sperare che questa lunga scia di lutti abbia presto termine e che il sacrificio di tanti giovani militari trovi significato in un avvenire pacifico e democratico dello sfortunato Paese asiatico.

Con la morte di questi tre alpi-ni sono 37 i militari italiani che hanno perso la vita dal 2004, anno in cui ha avuto inizio la presenza del contingente italiano in terra afgana.

Il 2010 è risultato l’anno più tra-gico con 13 soldati uccisi.

R.C.

ANCORA ALPINI CADUTI IN AFGHANISTAN

Matteo Miotto.

Luca Sanna.

Massimo Ranzani.

Il 18 febbraio la Bandiera di guerra del 7° Reggimento è tornata a casa. Il Reparto completerà il rientro nei prossimi giorni, dopo aver concluso il proprio servizio nell’ambito della missione di pace in Afghanistan. Con la Bandiera idealmente sono tornati anche i cinque Alpini che in questi mesi hanno perso la vita: Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville, Marco Pedone e Matteo Miotto. Il comandante, col. Paolo Sfarra, nel breve discorso rivolto alle autorità e al pubblico presente ha ricordato il grande dolore per la morte dei cinque militari, ma ha anche voluto sottolineare il significato del servizio svolto e dei progetti condotti a termine con il sostegno delle tante donazioni ricevute, non solo dal bellunese ma anche dal resto del Triveneto, e che hanno consentito di fornire delle condizioni di vita migliori alla popolazione civile locale. Questi atti di generosità hanno fatto sentire vicine ai militari le genti delle nostre montagne.

Nelle prossime settimane rientreranno anche le ultime aliquote del Reparto.

RIENTRA ALLA “SALSA” LA BANDIERA DEL 7° REGGIMENTO

La Bandiera del 7° Rgt. Alpini.

Alpini… Sempre! 5

Non ha fine la lunga scia di morti sofferta dal contingente italiano della missione ISAF in Afghanistan. Nell’ultimo giorno del 2010 è caduto, colpito da un cecchino, il caporal

maggiore Matteo Miotto del 7° Rgt. Alpini. Era originario di Thiene, dove abitava con la famiglia. Aveva solo 24 anni. Il tragico evento è accaduto mentre Matteo era in servi-zio di guardia in una base avanzata nel distretto di Gulistan, nell’ovest dell’Afghanistan. Questo ennesimo lutto ha suscitato una particolare emozione nell’opinione pubblica per il spirito con cui Matteo viveva la sua professione militare e soprattut-to la sua esperienza in terra afgana.

Aveva in progetto, una volta terminata la missione, di visitare le scuole della sua zona per raccontare agli studenti l’esperienza che aveva vissuto e che avrebbe probabilmente ripetuto se il destino non avesse così presto posto fine alla sua esistenza. Era molto legato al nonno, scomparso da un po’, tanto da aveva portato con sé in mis-sione il suo vecchio tricolore ancora con lo scudo sabaudo. In una lettera spedita dall’Afghanistan scriveva:”Mi ricordo quando il nonno mi parlava della guerra e mi diceva: –Brutta cosa bocia, beato te che non la vedrai mai- Ed invece eccomi qua nella valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi ti direi:-visto nonno che te te si sbaià!”. Oltre al dramma vissuto dalla famiglia è da segnalare anche il grande dolore che la notizia della morte di Matteo ha generato in tutti i suoi commilitoni, sia tra quelli che erano con lui in missione, sia tra quelli rimasti alla caser-ma “Salsa” a Belluno. Tutti lo ricordano per la profonda fede nei suoi ideali alpini e per la sue indubbie capacità sportive, soprattutto nel campo scialpinistico.

Pochi giorni dopo la morte di Matteo Miotto, un altro lutto ha purtroppo aumentato il numero dei nostri caduti in Afghanistan. Il caporal maggiore Luca Sanna, 32 anni, di Oristano è stato ucciso da un terrorista travestito con la divisa dell’esercito afgano. Nello stesso agguato è rimasto grave-mente ferito un altro alpino, Luca Barisonzi.

Il caporal maggiore luca Sanna faceva parte dell’8° Rgt. Alpini di

stanza a Cividale ed era alla sua terza missione in Afghanistan.Mentre il giornale sta andando in stampa, ci giunge pur-

troppo la notizia della morte di un altro militare italiano. Si tratta del capitano Massimo Ranzani del 5° Rgt. Alpini di Vipiteno, ucciso dallo scoppio di un ordigno al passaggio del veicolo Lince che lo trasportava insieme ad altri quattro alpini, rimasti feriti nel tragico episodio.

Vogliamo sperare che questa lunga scia di lutti abbia presto termine e che il sacrificio di tanti giovani militari trovi significato in un avvenire pacifico e democratico dello sfortunato Paese asiatico.

Con la morte di questi tre alpi-ni sono 37 i militari italiani che hanno perso la vita dal 2004, anno in cui ha avuto inizio la presenza del contingente italiano in terra afgana.

Il 2010 è risultato l’anno più tra-gico con 13 soldati uccisi.

R.C.

ANCORA ALPINI CADUTI IN AFGHANISTAN

Matteo Miotto.

Luca Sanna.

Massimo Ranzani.

Il 18 febbraio la Bandiera di guerra del 7° Reggimento è tornata a casa. Il Reparto completerà il rientro nei prossimi giorni, dopo aver concluso il proprio servizio nell’ambito della missione di pace in Afghanistan. Con la Bandiera idealmente sono tornati anche i cinque Alpini che in questi mesi hanno perso la vita: Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville, Marco Pedone e Matteo Miotto. Il comandante, col. Paolo Sfarra, nel breve discorso rivolto alle autorità e al pubblico presente ha ricordato il grande dolore per la morte dei cinque militari, ma ha anche voluto sottolineare il significato del servizio svolto e dei progetti condotti a termine con il sostegno delle tante donazioni ricevute, non solo dal bellunese ma anche dal resto del Triveneto, e che hanno consentito di fornire delle condizioni di vita migliori alla popolazione civile locale. Questi atti di generosità hanno fatto sentire vicine ai militari le genti delle nostre montagne.

Nelle prossime settimane rientreranno anche le ultime aliquote del Reparto.

RIENTRA ALLA “SALSA” LA BANDIERA DEL 7° REGGIMENTO

La Bandiera del 7° Rgt. Alpini.

Page 24: PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE … · 2019. 12. 12. · periodico informativo riservato ai soci della sezione di feltre dell’a.n.a. in caso di mancato recapito

Raccolta completa 1979 - 2017 In un unico DVD

tutti i numeri informato .pdf

Alp

ini..

.Sem

pre!

Rac

colta

com

plet

a 19

79 -

2017

NUMERO SPECIALE

ANNO XXXVII - N. 4 - DICEMBRE 2016 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05

Pubbl. inf. 50%

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/BL

BELLUNOTAXE PERÇUETASSA RISCOSSA

PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI

DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFAAuguri di Buone Feste

Raccolta completa 1979 - 2017 In un unico DVD

tutti i numeri informato .pdf

Alp

ini..

.Sem

pre!

Rac

colta

com

plet

a 19

79 -

2017