PERCHÉ IL VINO ITALIANO NON VA IN BORSA? - … · controllante che è socio industriale, nel caso...

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tre bicchieri IL SETTIMANALE ECONOMICO DEL GAMBERO ROSSO anno 5 - n. 28 - 10 luglio 2014 TAPPI A corona? Il no del Consorzio dell'Asti, ma c'è chi lo usa. A breve il nuovo disciplinare INVESTIMENTI Borsa? No grazie. Perché le cantine italiane snobbano i mercati azionari pag.2 SPAGNA Troppo vino: spunta la proposta di bloccare 4 mln hl. Ed è subito polemica VETI La Russia dopo lo stop alla vendita di vino on line. Quali le misure Ue più paradossali? pag.5 pag. 10 pag.12 HI TECH Arriva il drone delle vigne. Mentre la contraffazione si combatte con un'app pag.4 PERCHÉ IL VINO ITALIANO NON VA IN BORSA?

Transcript of PERCHÉ IL VINO ITALIANO NON VA IN BORSA? - … · controllante che è socio industriale, nel caso...

trebicchieriIL SETTIMANALE ECONOMICO DEL GAMBERO ROSSO

anno 5 - n. 28 - 10 luglio 2014

TAPPIA corona? Il no del Consorzio dell'Asti, ma c'è chi lo usa. A breve il nuovo disciplinare

INVESTIMENTIBorsa? No grazie. Perché le cantine italiane snobbano i mercati azionaripag.2

SPAGNA Troppo vino:spunta la proposta di bloccare 4 mln hl. Ed è subitopolemica

VETILa Russia dopo lo stop alla vendita di vino on line. Quali le misure Ue più paradossali? pag.5 pag.10 pag.12

HI TECH Arriva il drone delle vigne. Mentre la contraffazione si combatte con un'app pag.4

PERCHÉ IL VINO ITALIANO NON VA IN BORSA?

Gli indici internazionali suggerirebbero una quotazione, ma il tessuto imprenditoriale italiano ha forti remore. Giv, Antinori, Zonin: "Ecco perchè non ci interessa". E se arrivassero gli stranieri a fare acquisti come nella moda?

a cura di Gianluca Atzeni

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Quell'antico e radicato tabu della Borsa...

PEr molti, sE non pEr tutti, un vEro E proprio tabu. La quotazione sul mercato azionario resta una scelta ancora lontana dagli orizzonti e dalle

prospettive di investimento delle aziende vitivinicole ita-liane. Nonostante molte di esse, a guardare i bilanci, ap-paiano in grado di operare il fatidico passo, c'è qualcosa che funge da freno, che non convince fino in fondo. E che non fa scoccare la scintilla. Nel resto del mondo, dalla Spagna al Nord America, dal Cile alla Francia, le società vinicole quotate sono 46, fanno grandi numeri e benefi-ciano di un generale trend positivo che da gennaio 2001 a marzo 2014, ha rilevato Mediobanca, ha visto crescere l'indice complessivo vinicolo del 225,7%, nettamente al di sopra della media delle Borse mondiali, a +61,8%. Va detto che non è andata bene per tutti i singoli Paesi (come Cina, Cile e Australia), ma l'elemento che colpisce è la latitanza delle società a passaporto italiano, nonostante le buone performance in termini di competitività. "In Italia il rapporto coi mercati finanziari è tradizionalmente trascurabile", scrive l'Ufficio Studi Mediobanca nella consueta Indagi-ne sul settore, ricordando che chi si misura coi merca-ti lo fa in modo indiretto, attraverso la quotazione della controllante che è socio industriale, nel caso di Campari,

o investitore finanziario (nel caso di UnipolSai, Allianz con San Felice e Generali con Geneagricola). In maniera indiretta è in borsa anche Santa Margherita attraverso il Gruppo Zignago; dieci anni fa, si parlò di ingresso a Piaz-za Affari del più grande gruppo vinicolo italiano, il Giv; e nel 2007/08 tastò il terreno della quotazione anche la piemontese Giordano Vini. Casi sporadici.

ma quali sono i motivi di quEsta rEsistEnza? man-canza di coraggio, scarsa convenienza? A giudizio di Stefano Cordero di Montezemolo, economista e docente di finanza strategica presso le Università di Fi-renze e di Palermo, che nel 2005 assieme a Medioban-ca pose le basi per la creazione dell'indice delle società vinicole quotate, "la situazione da allora a oggi non è muta-ta. Rispetto al vino, gli investitori concepiscono le imprese come aziende dal basso profilo di rischio; la proprietà resta una sorta di bene intangibile e la struttura patrimoniale, di stampo familiare, non li avvicina. Alla finanza, infatti, non interessa comprare terre e immobili perché si è visto che la rivalutazione di questi beni è opinabile. Per entrare in borsa, mancano inoltre precisi piani di crescita industriale, che dovrebbero basarsi sulla separazione del patrimonio agricolo fondiario da quello legato al prodotto trasfor-mato". Per Davide Gaeta, docente di marketing agro-alimentare all'Università di Verona, uno dei motivi

INVESTIMENTI12

si lega alla struttura familiare delle imprese del vino: "C'è una forte matrice culturale rurale, meno propensa a gestire il capitale in maniera condivisa; altra ragione è il nanismo delle imprese del vino e anche quello della stessa Piazza Affari che, se confrontata con altre borse internazionali, non appare ideale per raccogliere capitali. Oltre alla redditività bassa del settore, pesa una mentalità imprenditoriale che in Italia, paese di risparmia-tori, è meno sviluppata di altre realtà. Si pensi, ad esempio, alla borsa di Wall Street dove la formula del venture capital è quella più utilizzata". Anche Augusto Marinelli, docente or-dinario di economia agraria all'Università di Firenze, pone l'accento sulla peculiare forma mentis italiana: "Siamo molto bravi a produrre, ma meno nella fase commerciale.

C'è una mentalità padronale e aziendale e non imprenditoriale che intende misurarsi coi mercati finanziari. È comprensibile che an-dando in borsa ci si giochi in qualche modo il patrimonio. Inoltre, non dimentichiamo che ogni grande azienda ha il suo marchio con cui andare alla conquista del mondo, ognuno con il proprio canale privilegiato".

qual è la posizionE di alcuni importanti top sEllEr italiani? Il gruppo Giv, col suo vice presidente Rolando Chiossi, è molto chiaro: "Effettivamente dieci anni fa si parlò di un nostro interesse a quotarci, ma a seguito del riassetto avvenuto nel Gruppo nel 2008/09, con la fusione fra Riunite e Civ e la presa di controllo di Giv spa al 100% da parte della coop unificata, tale

ipotesi è venuta meno. Nel nuovo piano triennale, l'attenzione è su sviluppo ed efficienza. La Borsa è ipotesi esclusa". Sulla stessa linea la Casa vinicola Zonin, altro grande player veneto che nella classifica Mediobanca vanta il maggiore sviluppo delle vendite 2008-2012 (+66,9%): "Al momento escludiamo una quotazione. La nostra strategia è quella di espander-ci, acquisendo tenute, consolidare e svi-luppare i brand" spiega il finan-

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PERCHÉ IL MERCATO DELLE AZIONI NON ATTRAE: 5 MOTIVI PER NON QUOTARSI Il brand di monte aziende italiane è così forte da non richiedere la pubblicità legata alla Borsa In Italia il rapporto tra valore di Borsa e Pil è il più basso tra i Paesi occidentali Le imprese italiane sono più piccole rispetto ai competitor del vino. Questo rende la quotazione proporzionalmente più onerosa Le grandi italiane sono cooperative (azionariato diffuso) e questo complica operazioni di aumento di capitale, rendendo inutile l'offerta pubblica di vendita. Inoltre, i margini bassi legati alla specificità delle coop mal si conciliano con un mercato azionario che lavora sui dividendi L'elevata componente immobiliare di molte aziende italiane non interessa la Borsa. Occorrerebbe lo scorporo delle attività commerciali.

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LA REDDITIVITÀ DEL VINO IN ITALIA

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Redditività del vino

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Redditività del vino

(in %, 2008-2012)

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Sette italiane sopra i 150mln di €

(fatturato 2012)

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cial controller Michele Zonin, che individua alcuni fattori chiave, tra cui quello affettivo: "Quotarsi provocherebbe una rivoluzione amministrativa in azienda; poi le grandi imprese ita-liane sono in mano alle famiglie e spogliarsi di una percentuale di quo-te per darle al mercato è difficile; c'è anche un mercato che non coglie la logica dei tempi lunghi del settore; e c'è un assottigliarsi della redditivi-tà, che però vanta un alto valore patrimoniale, spesso non considerato dalle banche. In conclusione, per andare in Borsa ci deve essere un mo-tivo valido". Renzo Cotarella, a.d. di Antinori, sottolinea la non opportunità di una quotazione: "Un'ipotesi del genere è antitetica per un'azienda orientata alla qualità come Antinori, nel senso che i tempi lunghi e le performance non immediate del mondo del vino contrastano con la richiesta di performance trimestrali del mercato azionario. Imprese come la nostra devono talvolta saper rinunciare a fatturare se il vino non è valido. Come fai, poi, a spiegare al mercato che per quell'anno non potrai vendere il tuo prodotto di punta? C'è poi l'aspetto redditività: la gran parte delle imprese italiane ha un patri-monio troppo alto rispetto ai volumi venduti. E per andare in Borsa un'azienda deve possedere una spiccata azione commerciale, con pochi legami sugli asset patrimoniali, ossia vigneti e cantine. Antinori, su 150 milioni di fatturato, ha un ebitda del 40%, ma per raggiungere questo risultato sono stati investiti centinaia di milioni".

in conclusionE, quali sono i possibili scEnari, dal momento che anche i fondi di investimento stentano ad entrare in maniera decisa nei capitali del vino? "Serve accorpare" dice Gaeta "creando gruppi di imprese sotto un'unica anima di controllo, con forte trasparenza. Occorre fare delle holding e conferirgli i marchi. Il modello è Constellation Brands. E soprattutto, visto che il marchio Italia è forte all'este-ro lascerei stare Piazza Affari per scegliere gli Usa". Per Ste-fano Cordero di Montezemolo potrebbe essere buona: "Grazie agli imbottigliatori, che dovrebbero crescere approvvigio-nandosi di materia prima di qualità ed essere incentivati secondo principi di fornitura, nel senso che le aziende che a loro vendono il prodotto andrebbero sostenute in un piano di trasformazione da confezionatrici a fornitrici. Sul mercato dovrebbero, quindi, operare imprese commercialmente forti, sostenute da altre che ga-rantiscono la materia prima. E questa visione, questa linea di tendenza, dovrebbe essere alla base di un progetto ministeriale. Visione che ho colto in altri Paesi, come Australia, Usa, Cile. In Italia, invece, ci sono tante aziende artigianali ma senza una struttura in grado di portarle sul mercato. Il rischio è che accada come nella moda, coi grandi marchi stranieri a fare campagna acquisti in caso di crisi. E potremmo ritrovarci impreparati".

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INVESTIMENTI14

Un pasto senza vinoè come un giorno senza smartphone......e l’App Vini d’Italia del Gambero Rosso

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LA STRUTTURA PROPRIETARIA DELLE PRINCIPALI AZIENDE ESTERE QUOTATELa struttura è concentrata. Due le public company: le australiane Treasury Wine Estates e Australian Vintage. Le quattro francesi e la tedesca Sektkellerei Schloss Wachenheim sono a controllo familiare (discendenti dei fondatori), con quote sopra 70% per Lanson-BCC e Vranken-Pommery Monopole. In Viña Concha y Toro (51,3%), Constellation Brands (50% dei diritti di voto) e nella canadese Andrew Peller (35,2%) i primi azionisti sono ancora famiglie e persone fisiche. La cilena Viñas Santa Rita è controllata con una quota superiore all'80% da una conglomerata quotata, la Compañía Electro Metalúrgica. Nell'altra cilena, Viña San Pedro Tarapacá, il controllo è riferibile a una joint-venture tra Heineken e famiglia Luksic. Una multinazionale è anche nella sudafricana Distell Group: è il colosso SABMiller che col 29% si affianca alla quota di controllo riconducibile alla holding Remgro-Capevin Investment, col 57,7%. Infine, la famiglia Reina (Illva Saronno) detiene il 33% della Yantai Changyu Group che controlla il 50,4% della Yantai Changyu Pioneer Wine. (fonte Ufficio Studi Mediobanca - Indagine sul settore vinicolo 2014)

LE PRIME 22 SOCIETA' MONDIALI PER FATTURATO (2012)

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Sette italiane sopra i 150mln di €

(fatturato 2012)

2.1191.980

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RASSEGNA WEB affaritaliani.it Data Pubblicazione: 20/04/2014

Vini italiani Ferdinando Giordano alla conquista di Scandinavia e Usa Domenica, 20 aprile 2014 - 22:35:00

Continua la campagna di conquista dei mercati internazionali da parte della Ferdinando Giordano Spa,

l’azienda vinicola che ha fatto della vendita diretta il fulcro del suo successo: dopo i recenti successi in

Francia e Belgio, la cantina varca nuove frontiere e si apre a nuovi mercati in Scandinavia e Stati Uniti.

Sul fronte europeo è pronta la campagna export sui paesi scandinavi, Norvegia, Svezia e Finlandia. La

Scandinavia rappresenta un mercato vitale, con percentuali di crescita importanti nel consumo del vino, che

sta vivendo un interessante cambio generazionale. In questi Paesi, infatti, i giovani consumatori si stanno

avvicinando sempre più al vino ed alla sua cultura, in una modalità sempre più simile a quella dei Paesi

produttori storici, come Italia e Francia.

Giordano, leader in Italia nella vendita diretta del vino, si è introdotto in quest’area partendo dalla Norvegia,

dove la prima etichetta introdotta - un Primitivo di Manduria che Giordano produce nella cantina di sua

proprietà a Torricella (Taranto) - ha riscosso un grande successo.

Il mercato del vino nella penisola scandinava è un mercato particolare, regolamentato e gestito dal

Monopolio centrale, che introduce un numero chiuso di prodotti alcolici che possono essere venduti

rigorosamente nei negozi autorizzati.

RASSEGNA WEB affaritaliani.it Data Pubblicazione: 20/04/2014

Per rispondere alle nuove tendenze di gusto ed al crescente interesse degli scandinavi nei confronti del vino

italiano, Giordano introdurrà nuove referenze tailor-made per questi mercati, tra cui il Fascino Passo, un vino

prodotto da Uve NegroAmaro di Puglia. La previsione di vendita delle etichette Giordano in Svezia, Norvegia

e Finlandia per il 2014 è di circa 120 mila bottiglie con l’obiettivo di un ulteriore sviluppo negli anni

successivi.

Anche negli Stati Uniti - dove l’azienda è approdata nel 2013 vendendo i suoi prodotti in California, Texas ed

Illinois - il 2014 sarà l’anno della conquista di nuovi mercati, come il Minnesota e il Nevada, due stati

particolarmente interessanti perché la loro popolazione ha registrato tassi di aumento del consumo di vino

tra i più alti degli Stati Uniti.

“L’export – commenta Simon Pietro Felice, ad di Giordano Spa - ha rappresentato quest’anno il 49% del

nostro fatturato, con una crescita di due punti percentuali rispetto allo scorso anno. L’export rappresenta per

noi, come per molte aziende italiane, una chiave di crescita molto importante”.

La famiglia Giordano produce vini fin dal 1900 e affonda le sue radici nelle Langhe, cuore dell’eccellenza

vinicola piemontese. Nel 1956 l’azienda decise di vendere i propri vini esclusivamente col sistema della

vendita diretta, senza intermediari. Grazie a questa intuizione, da piccola realtà contadina, dopo oltre cento

anni di storia e quattro generazioni, pur conservando sempre la sua matrice famigliare, l'azienda è salita ai

vertici nazionali del settore e figura oggi tra le prime aziende vinicole (secondo il ranking Mediobanca) con

un fatturato di 101 milioni di euro (nel 2013). Oggi l’Azienda conta oltre 3 milioni di consumatori in Italia e nel

mondo.

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Lo leggo dopo

Il vino italiano batte la crisi: crescono fatturato e addettiDal 2008 l'occupazione registra un +2,7%, mentre in Italia è esplosa la disoccupazione. Vola l'export. Surclassato il rendimento delle Borse: l'indice vinicolo elaborato da Mediobanca è aumentato del 225,7% contro il 61,8% dei listini

di GIULIANO BALESTRERI

MILANO - Il vino batte la Borsa. Di più: il vino batte l'industria manifatturiera. E ancora: il vino supera il settore alimentare e delle bevande in particolare. Risultati che valgono sia in termini di reddittività che occupazionali. Insomma, la crisi che dal 2008 ha travolto il Vecchio continente continua a mietere vittime in tutti i comparti, ma pare lasciare indenne i produttori di vino italiani. Con Vinitaly alle porte, domenica l'inaugurazione ufficiale alla Fiera di Verona, è tempo di bilanci. A tirare le somme di un settore che resta fiore all'occhiello di un Paese appena uscito dalla recessione è Mediobanca secondo cui il 2013 si è chiuso con un aumento del fatturato del 4,8% a 5,6 miliardi di euro (+7,7% l'aumento l'anno prima). Una progressione trainata ancora una volta dall'estero (+7,7%) a

dimostrazione che in tutto il mondo, Europa e Nord America in testa, piace "bere italiano". L'INFOGRAFICA. L'industria. Per dare un idea del fenomeno vino "made in Italy" basti pensare che lo scorso anno l'industria manifatturiera è rimasta sostanzialmente invariata (-0,3%) così come gli alimentari (+0,3%). Un discorso che va di pari passo con la dimensione

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(03 aprile 2014) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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occupazionale del comparto vinicolo: mentre la disoccupazione in Italia è esplosa dal 6,8% del 2008 al 12,2% dello

scorso anno, il settore ha aumentato gli addetti del 2,7%. La Borsa. Numeri che giustificano l'attenzione degli investitori verso le società del settore quotate in Borsa. Da gennaio 2001 a marzo di quest'anno l'indice del settore vinicolo elaborato da Mediobanca è cresciuto del 225,7% contro il 61,8% della Borse mondiali. Le performance però non sono uguali per tutti: se gli Usa e la Francia volano, Australia, Cina e Cile registrano rendimenti negativi, mentre l'Italia resta ancora alla finestra non avendo alcuna società del settore quotata. Un dato che - secondo Piazzetta Cuccia - andrà aggiornato "se la crescita dei produttori italiani continuerà a seguire i trendi positivi descritti". Chi vince. Le bollicine made in Italy hanno chiuso un anno da record con un aumento delle vendite all'estero del 10,3% confermando il sorpasso ai danni dello champagne. Tra le cantine, invece, la maglia rosa va a Cantine Riunite-Giv con 534 milioni di fatturato (+4,2%) che valgono anche la settima piazza a livello mondiale. Sul podio anche Caviro (327 milioni, +15,2%) e Campari (228 milioni, 15,8%). Sul fronte della solidità dai bilanci vincono invece il Veneto e la Toscana con in testa Masi Agricola, Casa Vinicola Botter e Antinori. La produzione. L'Italia si conferma anche nel 2013 il principale produttore di vino al mondo con 44,9 milioni di ettolitri contro i 44,1 milioni della Francia e i 40 della Spagna. La produzione italiana lo scorso anno è salita rispetto ai 43,8 milioni di ettolitri del 2012, pari al 17% del totale mondiale e al 30% della Ue: il valore della produzione nostrana è stimato a 9,1 miliardi di euro.

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Vino, l'Italia sorpassa la Francia è il primo produttore al mondo 11 giugno 2011

Il vino italiano piace all'estero Un mercato da 4,4 miliardi 25 marzo 2012

Annata record per il vino italiano Le esportazioni superano i 4 miliardi 19 febbraio 2012

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� Giovedì, 03 Aprile 2014 18:19

Report Mediobanca. Vino: attese prudenti ma positive per il 2014 �A cura di Gianluca Atzeni

Cantine Riunite-Giv, Caviro e Campari wines sul podio per fatturato. La migliore performance complessiva per

Masi Agricola. Gli indici internazionali di borsa continuano a crescere: investire nel vino è un buon affare.

Cresce il fatturato italiano nel 2013 (+4,8%) in controtendenza con il settore alimentare (+0,3%) e manifatturiero

(-0,3%). L'export assume un ruolo sempre più rilevante (+7,7%), mentre l’indice di Borsa mondiale del settore

vinicolo da gennaio 2001 è cresciuto del 225,7%. Prudenti ma comunque positive le attese per il 2014, con il

92% dei produttori che confida di non ridurre le vendite, anche se cala la quota degli ottimisti (solo l’8% prevede

una crescita superiore al 10%). I dati emergono dall'indagine Mediobanca sul settore vinicolo (111 società con

più di 25 milioni di fatturato), presentata oggi a Milano. Da notare come il settore vino italiano nell’insieme registri

una fiducia ma senza gli exploit del 2011 e 2012 quando gli ottimisti sfioravano il 40%. Chi non teme di perdere

vendite sono i produttori di spumanti.

I top seller Al vertice della graduatoria 2013 dei fatturati Cantine Riunite-GIV con 534 milioni di euro e un miglioramento del

4,2% sul 2012. La piazza d’onore spetta a Caviro con 327 milioni e un incremento del +15,2% rispetto allo scorso

anno. Terzo gradino del podio per la divisione vini della Campari (228 milioni, +15,8%); segue la Antinori a 166

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(+5,5% sul 2012) che si colloca in quarta posizione (sesta nel 2012) scalzando la cooperativa Mezzacorona

quinta a 163 milioni (+1,7%); la F.lli Martini scende dalla quinta alla sesta posizione con vendite a 159 milioni

(+0,5%) mentre guadagna la settima posizione la Casa Vinicola Zonin a 154 milioni (+9,9%) superando la

cooperativa Cavit ottava a 153 milioni (-0,1% sul 2012); chiudono la top ten la Casa Vinicola Botter, nona

(guadagna tre posti) grazie a una sorprendente crescita delle vendite (+30%), e la Enoitalia che, pur cresciuta del

13,2%, cede una posizione ed è decima. Il record di crescita spetta alla veneta Contri Spumanti che nel 2013 ha

fatto registrare un incremento del 31,3% rispetto al 2012.

Dove si è venduto di più

Nel 2013 il 51% delle bottiglie che hanno varcato i confini nazionali sono state assorbite dall’UE con un

incremento delle vendite del 9,2% rispetto al 2012. Il Nord America si conferma la seconda piazza per il vino

italiano assorbendo il 32,7% dell’export con una crescita del 3,9% sull'anno precedente. Marginale il contributo

dell’America Latina (1,4%) mentre il resto del mondo (Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non UE) è al 10,6%

(in crescita del 14,9%). Se si guarda alla capacità di competere all’estero la palma d’oro va alla Casa Vinicola

Botter Carlo & C. che realizza il 94,8% del proprio fatturato al di fuori dei confini italiani, seguita dalla Ruffino

(93,2%), dalla Masi Agricola (91,2%) e dalla Fratelli Martini Secondo Luigi (90%). La più grande azienda italiana,

Cantine Riunite-GIV, è settima a livello mondiale (preceduta dalla cinese Yantai).

Masi Agricola migliore performance, poi Botter e Antinori In base alla forza dei loro bilanci e della redditività (anno di riferimento il 2012), la classifica vede in testa la

veneta Masi Agricola, seguita dalla Casa Vinicola Botter, anch’essa veneta, e dalla toscana Antinori. Il Gruppo

Cevico è la migliore cooperativa (quarta), davanti alle attività del Gruppo Santa Margherita. Le due regioni con le

migliori performance sono Veneto e Toscana che riescono a piazzare nei primi dieci posti rispettivamente cinque

e tre società.

I titoli vinicoli crescono più della media delle borse mondiali Guardando agli indici di borsa, rileva Mediobanca, investire nel vino sembra essere stato un ottimo affare per chi

ha saputo scegliere i produttori e i paesi giusti. L'indice da gennaio 2001 a marzo 2014 è cresciuto del 225,7%,

dato ben al di sopra delle borse mondiali che hanno segnato un più modesto progresso del 61,8%. Le migliori

performance dei titoli vinicoli al netto delle dinamiche delle borse nazionali sono segnate dal Nord America

(+349,9%) e dalla Francia (+103,4%). Male Australia -33,6%, Cile -38,2% e Cina -68,6%. Nel mondo, sono 46 le

società produttrici di vino quotate in Borsa. Nessuna ha passaporto italiano. "Tuttavia se la crescita dei produttori

italiani continuerà a seguire i trend positivi fin qui descritti" osserva Mediobanca "c’è da scommettere che presto

anche questo dato andrà aggiornato".

L’indagine completa sul sito www.mbres.it

a cura di Gianluca Atzeni

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