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MICHELE D'ANDREA PER UNO ST ElvfMA RI N NO VATO DELLA MARINA MILITARE ,

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MICHELE D'ANDREA

PER UNO STElvfMA RINNOVATO

DELLA MARINA MILITARE,

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Testo. progetto araldico e ricerca storico-iconografica Michele D:Andrea

Grafica vettori aIe Roberto Tronchin e Alexandra Petrochenko De Angelis

Progetto grafico e impaginazione Gianluca Lucchese

Finito di stampare nel febbraio 2012 in Roma

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INDICE

I. LO STEMivlA DELLA. REGIA MARINA 1.1. I limiti del decreto is[icutivo 1.2. Le ambiguità interpre[adve: il cerchio della corona e i suoi ornamenti 1.3. Le ambiguità in[erprecacive: le rorri

lA. Le ambiguità imerprecative: il leone del quarto di Venezia

Il. LO STEtvIMi\ DELLA MARINA ìv\lLlTARE REPUBBLICANA II.1. Il decreto del 1947 e il nuovo disegno II .2. La corona 11.3. Il leone m:uciano

IlA. La croce di Pisa

III. LO STEMMA RINNOVATO III.l. Il metodo III.2. Gli imerventi: la corona III .3 . Gli interventi: il quartO di Venezia

IIIA. Gli imerventi: il quarto di Pisa

IV. COivlPARAZIOl'--1I E STRUMENTI IV,!. Prima e dopo

IV.2. La risoluzione verroriale

TAVOLE l. Stemma della Marina Militare in bianco e nero 2. Stemma della Marina Mili[are a colori 3. Stemma della M:uina Milit:ue pittorico 4. Jack della Marina Militare in bianco e nero

5. Jack della Marina Militare a colori

6. Jack della Marina Militare pirrorico

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L o stemma della Marina Militare i taliana, concesso nel 1941 e modifìcato nel 1947, è una fra le

testimonianze più felici dell'araldica euro­pea ed è, probabilmente, l'emblema di Forza armata che si è radicato maggior­mente nella percezione colleniva del nostro Paese. Si colgono, (Unavia, alcune incongr~enze che, se risolte, potrebbero restituire lo stemma alla sua originaria suggestione, nel solco della più autentica tradizione aral­dica italiana. Le osservazioni svolte in queste pagine si muovono su due piani d'indagine, quello stilistico e quello araldico, talvolta fra loro coincidenti.

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Con il decreto del 20 settembre 1941, la Regia Marina viene dotata di un proprio stemma (fig. 1), di cui si riporta l'annessa descrizione araldica. Le parti in neretto

hanno costituito il terreno d'indagine di questo lavoro.

Inquartato: allO (Marineria Veneta) di rosso al /eone di San Marco con la spada e con il libro degli Evangeli chiuso, quale si usava in tempo di guerra; al 2 0 (Marineri4 Genovese) d'argento a//a croce di rosso; al 3 o (Marineria Amalfitana) d'azzurro alla croce biforcata d'argento; al 4 0 (Marineria Pisana) di rosso alla crocepisana d'argento; sul tutto l'insegna Sabauda affiancata da due fasci Littori d'oro. Lo scudo sarà contornato da un cavo tortic­cio d'oro e sormontato da una coronaformata da un cerchio con motivi alternati di rostri e di ancore romane, cimato di qtJ4ttro torri (tre visibili) merlate alla guelfa, fomcheggiato da dueprore rostrate che sporgono latera/mente, il tutto d'oro.

Il testo è troppo approssimativo per generare un'immagine univoca. Prendiamo il leone mar­ciano: qual è la sua postura? Di che colore ha gli occhi e le unghie? La lingua è visibile? Dove pog­gia l'animale? Qual è il colore del libro dei Vangeli? E come è posizionato il volume, coricato o all'impiedi? L'araldica accribuisce un'importanza fondamen­tale alla descrizione letterale che costituisce, anzi, [' unico strumento in grado di certificare la con­gruità di uno stemma con il deccato normativo. La rappresentazione pittorica, infacci, può essere condizionata dal gusto, dallo stile e perfino dal capriccio degli artisti che, specie nel passato, hanno lasciato tracce evidenti di alterazioni ed arbitrii. Ecco perché un decreto araldico ben facco dovrebbe segnalare con grande precisione, quasi con pedanteria, ogni elemento dell'arma, indicando le partizioni dello scudo, la posizione, la forma, l'orientamento il colore e la struttura dei

1.1_ I LIMITI DEL DECRETO ISTITUTIVO

fig. 1 lo stemmo dello Regio Monno del 1941.

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1.2. LE AN\BIGUITÀ

INTERPRETATIVE: IL CERCHIO DELLA CORONA E I SUOI

ORNAMENTI

fig. 2. LoCOlono dello stemmo de11941.

Il fuso dell'oncOIo, allungato verticalmente, non semblO adenle

0110 lorre (en~ale .

singoli oggetti, i segnali di dignità, gli elemenri accessori ecc. Maggiore è la capacità fotografica del testo, minore è il rischio di ambiguità inrerpretative. Si confronrino, ad esempio, le descrizioni araldiche delle corone degli stemmi della Marina e dell'AISE:

MARINA MILITARE AISE Lo scudo sarà (. .. ) sormontato da una Lo scudo è dmbrato dalla corona ruerita corona formata da. un cerchio ( ... ), ci· d'oro, mUr.lf3 di nero, formata dal cer­maro di quattrO torri (tre visibili) merlate chio, rosso all'interno, con due cordo­alla guelfà, fiancheggiato eh due prore nate di muro sui margini. sosteneme Costrate che sporgono lateralmente, il dodici torri (setle visibai), le tarri di fog· rutro d'om. gia renangolare, merlate di dodici alla

guelfa (quattro merli visibili, due ango­lari), chiuse e finestrate di uno di nero, il fasligio merlato di rrenrasei (diciotto visibili), tre merli fra torre c torre.

Oesuizioni ulolcliche Oconfronto

Nel caso dell'Agenzia, la punrualità della descrizione lascia all'ar­tisra pochi margini di manovra, se non nell' adozione di un'impronta stilistica personale che non altera l'impianro com­plessivo dell' oggetto.

In araldica, la corona è di norma costituita da un cerchio, generalmente d'oro, che sostiene gli elemenri indicativi di dignità (fioroni, perle, globi, raggi ecc.) o di appartenenza (rorri di città o di enri, vele o poppe di navi ecc.) e che può accogliere gemme, cortine di muro o altri segni ornamenrali. Il decreto del 1941 parla, genericamenre, di «cerchio con

motivi alternati di rostri e di ancore romane», non specificandone il numero e neppure se essi debbano essere compresi entro i mar­gini del cerchio stesso. CosI, il disegnatore

dello stemma della Regia Marina ritenne di alzare il fuso dell'ancora fin quasi alla sommità della torre centrale e di porre due rostri in bassorilievo orientati verso l'esterno (fig. 2). Tuttavia, qualunque altra scelta sarebbe stata legittima. Di solito, i cerchi delle corone presenrano, sui margini supe­

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riore e inferiore, le cosiddette cordonate, una sorta di profilo bombato che nella realtà fi­sica corrisponde al rafforza­mento della lastra di metallo ottenuto mediante piegatura o saldatura. Tali elementi possono essere lisci o , come nel caso della figura 3, mo­dellati in forma di fune . Di tali cordonate non vi è traccia nel decreto istitutivo dello stemma, ma l'artista dell'epoca ha deciso di inserirle ugualmente, forse per migliorare l'equilibrio della figura . Ciò ha tuttavia comportato un force arretramento delle ptue rostrate laterali, quasi fossero saldate alla parte poste­riore della corona, e un evidente appiattimento del loro volume (fig. 4) .

Le lacune del decreto hanno condizionato anche l'aspetto delle torri. Il testo è ridono all' osso:

(. .. ) cimato di quamo torri (tre visibili) merlate alla grulfo.

A parte ciò, non sono indicati il numero dei merli, il mate­riale della struttura (in muratura, di legno o di metallo), la forma (quadrata, rettangolare, circolare), la presenza di porte o finestre, l'eventuale fastigio con funzione di raccordo fra torre e torre. Dinanzi ad uno scenario cosi povero di riferimenti, il miniaturi ­sta poteva scegliere fra tre soluzioni. La prima avrebbe attinto al trad izionale modello delle corone civiche, recuperato dal Pre­sidente Cossiga in una prospettiva d'uso militare e oggi adottato, con varianti, da due Forze armate, da Corpi armati dello Stato, da numerosi Enti e Agenzie (fig. 5) . La seconda ipotesi, più suggestiva dal punto di vista storico-icono­

fig 3 lo cordonalo rli muro dellocoronu deyli enli dell'Elerci to.

fig. 4

Il cerchio dellacorolla del 1941con le prore orrerrote epnvedi ·mlumelno.

1.3. LE ,l-·JvIBIGUITÀ INTERPRETATIYE LE TORRI

fig.5. lo corono degli enli dell'EserciTO, deltaonche

"corona (ol'igo ll .

fig 6. lo lorre o caslelleno sulle navi do guerra romane .

. -.:~,

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fig 7.

Una ca lano in metallo sbolzoto e saldato. 5i noli lo posizione

dello torre 011' estrema sinisnu. prolÌ(omenre a lilo del mnrgine

del cerchio.

fig.8. Il confronto con le lorri esterne

dello liguro 7eVidenzia l'errore pro' spellico dello corono del 194 1.

fig. 9.

lo porzione di COlano visibile da un

ossermtore pasto frontalmente .

grafìco e, soprattutto, coerente con i numerosi richiami classici contenuti nella corona, avrebbe riprodotto il castelletto !igneo col­locato a prua delle navi da guerra romane, postazione avanzata e sopraelevata della fanteria di marina (fìg. 6).

La terza opzione, più aderente alla materialità di una vera corona, avrebbe riprodotto una torre rettangolare modesta­mente rilevata, quale si otterrebbe attraverso la piegatura, la cesellatura e la battitura del metallo (fìg. 7). È probabile che il disegnatore dell'epoca abbia optato per quest' ultima soluzione, che avrebbe funzionato se le torri fossero state veramente aggettanti su una cortina di muro, come si vede nella fìgura, così da assegnare al pur modesto

spessore un' effìcace funzione prospettica. Invece, la collocazione delle torri all'interno del cerchio sottrae ad esse ogni percezione di profondità, confe­rendo all'immagine un'indubbia sensazione di piattezza e di dissonanza prospettica (fìg. 8). Il testo del decreto - "cimato di quattro torri (tre visi­

bili)>> - rimanda infatti al tipico modello di corona araldica che innalza sul cerchio quattro mastii fra loro equidistanti posti in posizione Nord, Sud, Est, Ovest, come mostra la fìgura 9. Poiché, per convenzione, il punto di vista di un osservatore è posto frontalmente e un poco in basso, lo sguardo non riesce a cogliere la torre collocata sulla semi por­zione posteriore della corona, che sarà segnalata nella

descrizione araldica come presente ma non visibile. Nella figura lO sono riprodotti diversi tipi di corone, nei quali le esigenze della prospettiva appaiono particolarmente curate. Sebbene con qualche leggera forzatura, il disegno aral­dico è molto attento a rendere l'andamento curvilineo del cerchio, operando su ciascun indicatore di dignità una rotazione sempre più marcata dal centro ai margini: è il caso della corona di marchese (l'ultima della prima riga), i cui fìoroni estremi sono riprodotti addirit ­tura di profìlo pieno.

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- " ~" _____ -r

fig lO. Nellu primo rigo, do sinrstro: corono novole britannico, corono speciale, corono di marchese; nello \e(ondorigo, sempre do sinistro: corono novole britonnico, corono dello forlO ormn to (orabinieri , (Orono del' AISE.

Nella corona del 1941, invece, l'errore prospenico è evidente (figura Il), Se posizionate correttamente, infarti, le torri laterali Fig. J I. avrebbero dovuro assumere una rotazione più accentuata verso Se reoli//oIO in melollo, In corono l'esterno; laconseguente riduzione della loro superficie frontale dal 194 J oppoorebbe come nello fi gura avrebbe favorito la percezione di equidistanza (una torre su ogni o deslro, cooIre tom nel semicerchio pUnto cardinale) , Così conformata, invece, la corona non può anteriore e uno nello porte (etrostante. funzionare, come è dimostrato dalla sua proiezione dall'alto che Si notino inoltre le due prore rastrore. ne dimostra l' improbabile asimmetria (tre torri sul semicerchio piane e fissore 0110 porle posleriore anteriore, una sul posteriore). del ceKhio.

Il decreto del 1941 rimanda genericamente alla tradizione iconografica della Serenissima la definizione dell'immagine del leone alato:

al 10 (Marineria V-neta) di rosso al ~one di San Marco con la spada e con il libro tkgli Evangeli chiuso, qua~ si usava in tempo di guerra ( . .).

La lacunosità del testo ha portato il miniaturista ad alcune approssimazioni (fig. 12), a partire dal libro dei Vangeli poco delineato e fluttuante nel vuoto insieme con le zampe anteriori dell' animale, in contrasto non solo con i principi basilari del­l'araldica - assai artenta, come sappiamo, alle leggi della fisica-,

1.4. LE ,6..MBIGUITÀ INTERPR ET,ùJIVE: IL LEONE DEL QUARTO DI VENEZIA

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fig. 12.

Il leone marciano nello stemmo de11941.

fig . 13. fre esempi di leoni ormoti.

li primo campeggio sullo locc iolo dello lOrre del Mit

niClpio di Valstagna, in provincia di Vicenza,

I secondi due compaiono In dlUppina vali e bandiere

terrestri

fig, 14,

I quani dello stemmo del 194 L

ma con lo stesso patrimonio simbolico vene­ziano che rappresenta il leone alato poggiato saldamente sul mare e sulla terraferma, a signi­ficare gli ambiti del vasto dominio della Serenissima. Autorevoli studi hanno dimostrato che il leone

I alato con spada e libro chiuso non ha mai indi­cato, nell'uso veneto, lo stato di belligeranza o un'appartenenza militare, tanto è vero che tale figura compare sia nella moneta­zione che nell'araldica civile, come si osserva nella fig. 13.

È possibile che l'autore dello stemma, non necessariamente spe­cialista di cose venete, abbia tratto dalle tante immagini di vessilli nei dipinti di battaglie il convincimento dell' esistenza di un codice simbolico di guerra rappresentato alla combinazione libro chiuso (o assente) e spada (fig. 13). Ciò spiegherebbe, come si vedrà in seguito, non solo la scelta del campo di rosso, al posto del tradizionale azzurro dello stemma della città, ma anche l'esplicito riferimento, nel testo del decreto, alla "Marineria Veneta» e non a Venezia. I restanti quarti dell'inquartato (Genova, Amalfi e Pisa) non pre­sentano alcun problema interpretativo, trattandosi di combinazione di elementi geometrici elementari (fig. 14).

Mossi tali rilievi, non si può però tacere il fatto che l'unica raffigurazione disponibile dello stemma della Regia Marina è la miniatura a tempera allegata al decreto. Le contingenze bel­liche non ne permisero, infatti, la collocazione sulla prora delle navi, cosl come stabilivano i provvedimenti attuativi, né si hanno tracce di un suo utilizzo ornamentale in edifici, caserme, oggetti d'arredo ecc. Siamo dunque in presenza di un emblema che è

rimasto, in un certo senso, prigioniero del decreto che lo ha gene­rato: il bozzetto non si è mai trasformato in stemma concreto, tangibile e riproducibile, come sarebbe invece avvenuto nel 1947,

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' adeguamento dello stemma della Marina all'ordi­L namento repubblicano (abolizione dello scudo sa­baudo e dei fasci littOri), non fu oggetto di un de­

cretO modificativo, ma fu implicitamente regolato dal D.lgs. del Capo provvisorio dello StatO 9 novembre 1947 n. 1305, che istituì la bandiera di Forza armata. Purtroppo, anche in questo caso la descrizione dell'emblema è di una sconcertante approssimazione : «Per la Marina mili­tare, la bandiera navale è costituita dal tricolore italiano, ca­ricato, al centro della banda bianca, dall'emblema araldico della Marina militare, rap­presmtante in quattro parti gli stemmi delle Repubbliche marinare (Vmezia, Pisa, Ge­nuva, Amalfi) e sormontata da una corona turrita e rostrata.» (fig. 15). Scompare, addirittura, il ri ­ferimento al cavo torriccio dorato che borda lo scudo. I.:introduzione di una ban­diera significò anche ripensare lo stemma della Marina in ter­mini di riproducibilità, approntando un disegno-matrice de­stinatO ad essere replicatO in grandi numeri. Un modello grafico più che pittorico , tenuto contO delle caratteristiche della stampa su tessutO: linee di contorno marcate, semplifì­cazione delle forme, assenza di ombreggiature, colori netti, ridotta profondità. Sarebbe statO sufficiente ricalcare lo stemma del 1941, modi­ficando dove necessario ma conservando gli elementi meglio riusciti, anzitutto il disegno delle prue rostrate della corona. Cosl non fu, purtroppo, e nel nuovo stemma fu percepibile una diminuzione della qualità artistica complessiva.

11.1. IL DECRETO DEL 1947 E IL NUOVO DISEGNO

Fig. 15. lo bandiera navale dello Morina Mili tare realizzato sullo base del proi/Vedime nto del 194 7.

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Il.2. LA CORONA

Fig. 16. Alcuni inodelli di corone

rOllrole ricovon do pubblicozioni uHicioli di Forzo ormolo. Que llu o

deslrodello Ic<ondo rigo compare nel francobollo

cornrnernoronvodel 150° dello MOlino

Mililore.

11.3. IL LEONE

MARCIANO

Fig. 17. l'oliuole slern mo del

Comune di Venezia e, °destro, lo proposlo di Giorgio Aldnghetti

perlo Morino Mili lore.

Una ricognizione fra le pubblicazioni edite dallo Stato Maggiore della Marina, i siti internet di Forza armata e il merchandising ufficiale ha individuato almeno quanro tipi di corone in uso dal 1947 ad oggi (fig. 16). l modelli più recenti presentano un indizio

prospettico che rivela lo spessore delle torri laterali. Negli altri casi, invece, le torri sono piatte e assumono talvolta un curioso andamento trapezoidale. Lelegante prua rostrata che ornava la corona della Regia Marina e che deno­tava l'ispirazione al gusto liberty di fine '800 si è trasformata prima in una pro­ruberanza poco somigliante alla sezione

anteriore di una nave romana, poi in una prora munita più di remi che di rostro. Anche la forte inclinazione delle prue verso il basso, adottata probabilmente per evidenziare l'andamento curvilineo del cerchio, non sembra aver risolto le incongruenze prospettiche del disegno. In alcuni esemplari, infine, l'interno della corona, l'ancora e i rostri ornamentali (questi ultimi sempre di difficile decifrazione) appaiono colorati di rosso, una scelta arbitraria che contrav­viene sia al decreto del 1941 che alla rinnovazione repubblicana del 1947.

Il quarto di Venezia è stato oggetto di numerosi contributi di riflessione, a partire dall'ottimo saggio dell'Ammiraglio Anto ­nio Severi pubblicato sul numero d i marzo 1991 del "Bollet­tino d'Archivio» dell 'Ufficio Storico della Marina Militare. Anche l'araldista Giorgio Aldrighetti , cui si devono diversi

studi sul leone marciano, sollevò più volte la questione, ripresa anche in una recente di­scussione nel forum del sito WWw.bl!tasom. it. Parte delle osservazioni hanno individuato nella difformità tra il quarto "di Venezia» della Marina e lo stemma della città di Vene­zia uno dei punti deboli del simbolo di Forza

armata. In altre parole, poiché Genova, Pisa e Amalfi sono rap­presentate nelle loro vesti araldiche ufficiali, a maggior ragione ciò dovrebbe avvenire per la repubblica marinara più eminente: campo di azzurro, leone passante o accovacciato (nella tipica po­sizione raccolta detta in mollca), libro aperto (fig. 17),

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Senonché tali critiche non tengono conto di alcuni aspetti pratici. Smaltare di azzurro il campo di Venezia signifi­cherebbe, infatti, diluirlo nell'azzurro del sottostante quarto di Amalfi, sbilan­ciando verso la sinistra di chi guarda l'asserto dello scudo (fig. 17). Invertendo fra loro i quarti di Amalfi e Pisa si ripristinerebbe la simmetria, ma si manderebbe all'aria il criterio gerarchico che aveva determinato, nel 1942, la posizione delle repubbliche nello stemma e aveva assegnato il primo quarto a Venezia, il se­condo a Genova, il terzo ad Amalfi (forse perché più antica) e il quarto a Pisa. Stretto fra ragioni di protocollo e di simmetria, l'araldista del 1941 dovette individuare, per Venezia, un indirizw simbolico alternativo, una variante araldica che rimandasse alla Serenissima senza però utilizzarne lo storico stemma. Si comprende, in tal modo, la scelta del rosso del campo (mutuato e legittimato dalle antiche bandiere), la riduzione in oro di rutte le figure (come nel vessillo del Comune di Venezia, riprodotto nella figura 18), !'in­troduzione della spada (attributo tipico dello stato militare) e il libro chiuso «quale si usava in tempo di guerra», come si volle espressamente riportare nel decreto. Un riferimento che sap­piamo oggi inesatto, ma che appare coerente con la realtà bellica di quegli anni, quando le parole «PAX TlBI MARCE» sarebbero ap­parse non solo stridenti, ma anche inoppor­rune. Detto ciò, resta comunque il farto che il quarto di Venezia (meglio, della «Marine­ria Veneta» ad esso ispirato), quand'anche viziato in origine, si rappresenta cosi da set­tant'anni, un periodo più che sufficiente a sancirne l'uso per consuerudine. Quanto al leone di San Marco, la tradizione iconografia veneziana ne ha consolidato la postura in una forma tipica (fig. 19), che ha costituito il riferi­mento obbligato del lavoro di revisione grafica. Qui l'araldica non traduce soltanto un'identità, ma aggiunge un preciso mes­saggio ideologico e politico. Venezia è la Dominante, detentrice di una duplice potestà rappresentata dalla posizione delle zampe dell'animale alato che poggiano posteriormente sul mare e an­teriormente sulla terraferma, difesa da un castello posro sulla cima di un'altura.

fig. 18. Un mcdelJo di honniero del Comune di Vellezio

fig. 19. la classica roppresenlOlione del sim bolo dello Serenissima: lompe posleriori sul more, zampe olileriori sullo lerraferma, alluro cimara do un forle su cui svenlola unabandiera. Il (Cmpo è d'azzurro e le alITefigure sono «al nOlurale".

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Fig. 20. Cosa resta di tutto questo Il leo ne morciano nell 'attuale stemma? La qualità

delle bandiere del disegno (fig. 20) è medio­navali militari. cre. Il leone - rigido, piatto e

disarmonico - sembra posse­dere una sola ala, presenta una coda poco sinuosa e zampe ap­prossimative terminanti in ar­tigli d'aquila . Umana è la branca che impugna la spada,

a sua volta disegnata con un andamento cuspidale improba­bile; il libro dei Vangeli è privo di nervature e di una minima rilegatura. Ma è il muso a sorprendere. Sebbene il leone ve­neziano presenti spesso dei tratti vagamente antropomorfi, la forma trapezoidale del ceffo, le orecchie cavalline e l'assenza di una criniera voluminosa rimandano più ad una figura chime­rica che a un maestoso felino. E se riconosciamo il mare nei segmenti mistilinei e la terra negli elementi orizzontali, i tre piccoli oggetti ordinati in pi­ramide - variamente interpretati come granate fiammeg­gianti, torri o vegetali - costituiscono ancora oggi un mistero insoluto.

Il.4. Lo stemma di Pisa si blasona "di rosso alla croce a chiave d'argento, LA CROCE DI PISA pomata dello stesso». La città toscana condivide con Tolosa uno

fra simboli araldici più caratteristici: il termine "pomata» o "po­fig. 21. mettata», infatti, indica le

Iii (foce pisa no sfere metalliche saldate alle ele chiavi dello Chiesa estremità delle impugna­

conle wwtterr sticl1e ture, come nelle chiavi della i/llpugna ture pome ttofe. Chiesa (fig. 21).

-r A differenza di q uella di Tolosa, che è traforata, la

croce di Pisa è piena e i pomeni sono dello stesso metallo dei bracci . Non ci dovrebbe essere, dunque, alcuna linea di con­torno che separi i due elementi e, in effetti, lo stemma del

Fig. 22. 1941 ubbidiva a questa regola. Ora, invece, non solo l'uttuole rappresento­ le sferette sono contornate di un pesante bordo, ma

zione del ~mbalo, anche l'interno della croce è attraversato, senza un con le incomprensibili motivo apparente, da linee nere che appesantiscono

nervotureintern e. il simbolo (fig. 22) . 11

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' autore di queste note ha maturato una certa esperienza L nell'araldica militare, potendo annoverare, fra gli altri, lo stendardo presidenziale, gli stemmi dei

Carabinieri, del Reggimento Corazzieri, della Casa Militare della Presidenza della Repubblica, dell'AI SE e dell'AISI, nonché la bandiera colonnella del Batta­glione San Marco, caratterizzata da un leone più fedele all'iconografia veneziana (fig. 23). Fu il primo tentativo di modi­ficare il leone di Marina seguito, nel 2006, dalla figura in mo/ha nell' ovale dei gemelli ufficiali e, lo scorso anno, dal simbolo araldico che compare nella me­daglia celebrativa del 1500 anniversario di Forza armata (fig. 24). A guardar bene, si è trattato di significative tappe di avvi­cinamento ad una revisione generale, at­tuate sempre con la strategia dei piccoli passi che modifica senza stravolgere, che innova senza operare brutali cesure. At­tenta, soprattutto, alle implicazioni di na­tura psicologica, affettiva ed emotiva le­gate ad una bandiera che ha rappresentato, per generazioni di marinai, un simbolo amato e un ideale di vita. Ad esempio, è noto che la frase «PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS" non è un passo evangelico, bensÌ la prima pane del­l'annuncio che l'angelo recò a Marco, for­tunosamente scampato a un naufragio e riparato in terra veneta, che proseguiva con «HIC REQUIESCET CORPUS TUUM", os­sia «qui riposerà il tUO corpo». Ma ciò,

111.1 , IL METODO

Fig. 21

IIlJerso dello bondiera colonnello del Bofloglione Son Marco.

Fig. 24. Igemelli ufficioli di fOlzo armata realizzati nel 2006, che presentano il leone "in molèca" . In hasso. lo stemma nel recto dello meooglio commemorahvo del l SO" dello Marina. Si notino, nel Quarlo di Venezia, lo lolto uiniefO, lo presenzo dell'alo in s8i:ondo piono, lo rappresentazione del more e di un lembo di leno su cui è poggiato il libro.

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111.2. GLI 1i'ITERVEI ITI:

L4 CORONA

fig. 25 . ,~ello (010110 rJe11 9~ I (e del

194 li. le plOre semb ro 110 fuo­riuscire dal retro del cerchi e

nOli sonoiII linen conle 10111

corrispondenti.

fig. 26. fucendo emergere ciascuno torreInterole dallo ploro Iù­

s~arn, quest'ultimoassume lo lunzione e lo ~olun;elria di una

realepOIZlOile di IIa~e .

fig. 27. Nel modello pre paratorio

dello corano si apprezzo lo

ouo~o combinozione celchio-Iorre'pruo lastroto,

oroldicOinente coerente epiù equilihroto

ad avviso di chi scrive, non rileva: in presenza di una conso­lidata rradizione l'errore, se ci fu, deve ritenersi emendato. E Vangelo sia. Anche per questo, gli interventi qui proposti non richiede­ranno l'emanazione di un nuovo decreto concessivo: sarà proprio l'approssimazione descrittiva dei provvedimenti del 1941 e del 1947 a fornire ampi margini di manovra entro le larghe maglie interpretative dei due testi. Le modifiche hanno riguardato l'intera struttura dello stemma, con particolare riguardo alla corona , al quarto di Venezia e alla croce di Pisa.

Il disegno della nuova corona intende ripristinare un corretto equilibrio fra gli elementi costitutivi: la forma, la posizione e la prospettiva delle torri; l'aspetto delle prue rostrate; la rico­struzione del cerchio e degli ornamenti al suo interno. Lerrore più evidente dello stemma del 1941 è la mancanza di raccordo fra le torri e le prore. Queste ultime, infatti, sembrano

emergere dalla parte posteriore del cerchio, quasi si trattasse di bassorilievi (fig. 25), mentre dovrebbero aprirsi alla rridi­mensionalità accogliendo la torre corrispondente, alla stessa stregua del castelletto collocato nella porzione ante­riore delle navi da guerra romane (fig. 26). Traducendo tale ipotesi in una corona araldica, le torri assu­merebbero la forma di paralle1epipedi !ignei emer­

genti dal ponte delle prore restituite, finalmente, alla loro piena volumerria. I modelli in cartoncino realizzati nella fase iniziale

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della ricerca sono, in tal senso, chiarificatori (fig. 27) . Al netto della necessaria sin­tesi grafica, il disegno degli scafi è stato modellato sulle prue bronzee che ornano il basamento delle antenne por­tabandiera del Vittoriano. Il bozzetto originale dell'archi­tetto Giuseppe Sacconi, padre del monumento, ne evidenzia l'eleganza e la suggestione (fig. 28). Il cerchio della corona è stato anch'esso rivisto, eliminando anzitutto le cordonate. L'ancora centrale è stata ridimensio­nata e i rostri hanno assunto le reali sembianze delle appendici in ferro che s'inne­stavano tra l'estremità prodiera della chiglia e la parte inferiore del dritto di prua (fig. 29). Si ri portano alcuni bozzetti prodotti nel corso del lavoro (fig. 30).

fig. 28. lo splendido prua

\(t«aniano del

ViNoriana.

frg. 29 .

Il roslro romano

(00 lo lTiplice

lomatura anlerrare

e il corallCflstl(O

andamento poslenore.

fig. 30.

Studi ebomlTi preparalori nello

(orono.

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111 .3. GLI INTERVENTI:

Il QUARTO DI VENEZIA

fig. 31 Il ieone nimbOlo;n un 'incisione

senecelliesco.

fig. 32 Sludi a bozze lli

del leone.

La suggestione del leone marciano, la sua postura complessa e l'esigenza di dar vita a una figura in grado di esprimere forza ed eleganza, regalità e compostezza hanno richiesto un lavoro lungo e approfondito. Assumendo il gusto araldico italiano quale riferimento stilistico, il simbolo di Venezia è stato inne­stato in una forma grafica in grado di adattarsi alle diverse esigenze della stampa tipografica e su tessuto. Sono occorsi numerosi tentativi per definire uno sguardo che riflettesse un' espressione di composta fierezza, cui hanno fatto

da corollario il rafforzamento delle zampe, ora effettivamente leonine, e una migliore evidenzia­zione della muscolatura. La criniera ha riacquistato il volume naturale, ciuffi di pelo adornano il petto e le zone posteriori degli ani, mentre la coda si svi­luppa in un movimento meno rigido. L'animale reca sul capo il nimbo della santità. nel solco di una costante tradizione pittorica e incisoria (fig. 33) .

Il mare ha aumentato la propria estensione e si mostra ora nel movimento sinuoso di cinque righe di onde che lambiscono un'ampia porzione di terraferma su cui è poggiato il libro chiuso, arricchito da una preziosa rilegatura di cuoio rosso. AI centro del dorso. una crocetta patente d'oro . Anche in questo caso. per completezza documentaria. si pre­sentano alcuni bozzetti della figura leonina (fig. 32).

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La croce pisana è stara ridisegnara eliminando, anziruno, le in­rrusioni grafiche all'inrerno dei bracci che appesanrivano la fi­gura, menrre i pomerri appaiono come se fossero saldari alla srrurcura, senza linee di conrorno.

Si è derto saldari, perché non è iporizzabile immaginare le sfere disgiunre dalla croce, come era sraro proposro qualche rempo fa da uno srudioso che ponava a sosregno taluni esempi icono­grafici (fig. 33) . Basrerebbe ricordare l'anenzione riservara dal­l'araldica alla realrà fisica per dimostrare l'infondarezza di una

resi che appare in conrrasro con la maggior parre delle anriche restimonianze lapidee pisane, le quali confermano l'unione degli

elemenri (fig. 33). Senza conrare, come è sraro sorrolinearo all 'inizio, che per secoli le

rappresenrazioni araldiche sono srare soggerre ad un'ampia Ubenà inrerprerariva dalla quale è obbierrivamenre difficile rrarre elemenri di cenezza. Quanro alla forma, poiché non esisrono norme per definire proporzioni e angoli della croce pisana (o croce parenre, dal francese croix paule derivara da patte, la zampa del­l'oca), si è scelro di conferire all'andamenro dei bracci una più marcara dilarazione. Ciò permerrerà anche al simbolo di occupare uno spazio adeguaro nel campo di rosso , evirando l'effeno «galleggiamenro» e uniformandosi alle dimensioni della vicina croce amalfitana.

111.4. GLI INTERVENTI: IL QUARTO DI PISA

Fig. 31

Un modello di (loce pisono

(on I pometti disgiunti e, 01

di SO llu, esellipi aruldi(i COli

gli elemenri SOlDO Il.

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IV.1 . PRllvlA E DOPO

fig. 34. le colOne oconfronto. 5i nonno l'ondamento

delle 10m c lo formo delle prore roSìrole.

fig. 35 . ro~u ole leone

morciono e, odesrro, lo nuovo pro posto. Si notino le rliverse

pOSlUre dei due ammali.

fig. 36. Il simbolodi Pisa rinuncio

alle nervature inteme e amplifico In fOlma p0­

tante de tbracci .

fig. 37

lo riduzione dello spessore dellobordaluro

corr~poade od uao maggiore ampiezza dei

Simboli araldici.

A I termine del lavoro, si ritiene utile porre a confronto gli elementi dell'attuale stemma di Forza armata con quelli modificati. La verifica consentirà di apprezzare

se e quanto le nuove proposte potranno contribuire a rafforzare ('immagine di un simbolo prezioso, detentore di un singolare patrimonio storico e ideale.

· 1

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Nel 2011, la realizzazione dello sremma della Forza armara Carabinieri inrrodusse per la prima volra la pirrura digirale nella conversione in formaco vercoriale dell'immagine. Ciò ha conferico alle figure una profond irà. una volumerria e una resa esrerica maggiore del rradizionale disegno piano , come fu confermaco successivamenre dallo sremma del-l'AISE (fig. 38).

'l ',\

Emrambi i modelli sono srari realizzari da Roberro Tronchin, uno fra i più valemi grafici che operano in campo araldico, cui è srara affidara la realizzazione del nuovo sremma della Marina Milirare. Nella fase finale del lavoro di vercorializzazione ci si è avvalsi della preziosa collaborazione della designer A1exandra Perrochenko De Angelis. In parricolare, la versione pircorica ben si presra all'urilizzo ripografico e alla riproduzione su superfici rigide, menrre per la srampa su ressuco, la cui rrama provoca un'inevirabile dilui­zione delle linee, sembra preferibile la versione grafica, senza ombreggiarure.

IV.2. LA RISOLUZIONE VETIORIALE

fig. 38. Due ver> Klni piMoriche

di Roberto TrOllchln .

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TAVOLE

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· Mlt are o coloriStemma della Monno I I

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Jackdella Mar ina Mil itare in biamo e nero

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Jock dello Morin o Milit are pittorico