PENNA LIBERA TUTTI – giornale del carcere di Pesaro n.3 del 16/12/2012

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Redazione della Casa Circondariale di Villa Fastiggi - Str. di Fontesecco, 88 - 61122 Pesaro (PU) - Numero 3 del 16 dicembre 2012 CONTATTI [email protected] - tel 0721/64052 fax 0721/69453 P amico il nuovo enna libera tutti N ell’era della comunicazione mediatica, tiene sempre banco una antica, ma sempre attuale, “comunicazione” non-mediatica: quella del Presepe. Anche un gruppetto di detenuti del carcere di Pesaro ha allestito il Presepe per comunicare a tutti l’evento più straordinario della storia: l’Incarnazione di Dio. Dietro le sbarre ci sono cuori che pulsano. Neppure le sbarre possono impedire il calore della presenza del Dio che entra nei cuori per salvare e redimere, per “scaldare” quei cuori relegati dentro quelle inferriate. Da cappellano (e da francescano!) vorrei immedesimarmi in quella fede e in quell’ardente amore per il Mistero natalizio che spinse San Francesco a “rappresentare” il Natale con la meravigliosa intuizione del Presepe. Riguardo al Natale, tanti detenuti vivono l’“attesa”. Un’attesa non precisata, forse un po’ confusa; c’è attesa che arrivi qualche buona notizia che possa riaccendere speranze concrete. Speranze di riabbracciare qualche famigliare lontano. Speranze di liberazione e speranze di qualcosa di nuovo… Il mio auspicio è che tutta questa attesa possa incontrare la stessa che viveva il popolo ebreo: quella del Messia, il vero Liberatore dei cuori, Colui che ora libera dalle afflizioni provocate dal vizio, dagli errori, dalle fragilità, dagli incidenti di percorso… E’ diventato luogo comune dire che a Natale diventiamo tutti un po’ più buoni (se fosse vero sarebbe già molto!). Giovanni Battista ci chiede di più, ci chiede di cambiare vita. Lo chiede ai detenuti, lo chiede a tutti noi quando dice, citando Isaia, “preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Mi viene alla mente il pensiero che Benedetto XVI ha rivolto ai detenuti di Rebibbia circa un anno fa: «Cari amici, il Natale del Signore riaccende di speranza e di amore il vostro cuore. La nascita del Signore Gesù ci ricorda la sua missione di portare la salvezza a tutti gli uomini, nessuno escluso. La sua salvezza non si impone, ma ci raggiunge attraverso gli atti di amore, di misericordia e di perdono che noi stessi sappiamo realizzare. Il Bambino di Betlemme sarà felice quando tutti gli uomini torneranno a Dio con cuore rinnovato». Nelle occasioni dei colloqui individuali con i detenuti si parte quasi sempre da bisogni o necessità materiali. Poi si spazia fino a raggiungere il discorso strettamente religioso. Qui debbo dire che trovo sempre un buon interesse e gradimento. Tutti o quasi tutti gli interlocutori sono fieri di dichiararsi credenti, di pregare, di avere fiducia in Dio. Questo solitamente apre le porte ad un dialogo amichevole e costruttivo che non risolve, certo, i molteplici problemi del detenuto, ma può diventare un “appoggio” umano e spirituale, anch’esso necessario. Prego perché tutti, indistintamente tutti, possano cogliere il messaggio vero del Natale: Dio è in mezzo a noi! Padre Enrico Bonfigli– cappellano Casa Circondariale di Villa Fastiggi Una festa capace di rinnovare i cuori Evasioni di Natale EDITORIALE Un regalo sotto l’albero di cartone Caro Babbo Natale, a distanza di 28 anni ti chiederai perché ti scrivo. Vedi, quando avevo 5 anni la fatina dei denti, dopo aver deposto un molare sotto il cuscino, non mi portò il soldino. Poi, a distanza di qualche mese, arrivò il tanto atteso Natale e io fiducioso aspettavo che tu mi portassi la pista per le macchinine. Invece trovai solo 10 mila lire, al che pensai ad una tua svista. Inoltre ero stato un po’ birichino, quindi ti diedi qualche attenuante. Poi però iniziai a comportarmi bene, speranzoso nella Befana, e come di consuetudine appesi la mia calza e… indovina? Solo carbone! Rimasi profondamente deluso e decisi di non scriverti più. Ora però il rancore è passato, quindi per questo Natale vorrei chiederti un piccolo, umile regalino: vorrei tanto trovare sotto l’alberello, che ho faticosamente costruito con cartoni di scarto nella mia umida cella, il permesso del carissimo magistrato per la detenzione domiciliare. È vero che sono al gabbio per un definitivo del 2007, però posso definirmi un detenuto modello quindi ti prometto che verrei fino in Lapponia ad incartare regali per i bimbi, ovviamente in affidamento al lavoro... Grazie e sempre VIVA BABBO NATALE. Emi

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Redazione della Casa Circondariale di Villa Fastiggi - Str. di Fontesecco, 88 - 61122 Pesaro (PU) - Numero 3 del 16 dicembre 2012CONTATTI [email protected] - tel 0721/64052 fax 0721/69453

P amicoil nuovo• •

enna libera tutti

Nell’era della comunicazione mediatica, tiene sempre banco una antica, ma sempre attuale, “comunicazione” non-mediatica: quella del Presepe. Anche un gruppetto di detenuti del carcere di Pesaro ha allestito il Presepe per

comunicare a tutti l’evento più straordinario della storia: l’Incarnazione di Dio. Dietro le sbarre ci sono cuori che pulsano. Neppure le sbarre possono impedire il calore della presenza del Dio che entra nei cuori per salvare e redimere, per “scaldare” quei cuori relegati dentro quelle inferriate.Da cappellano (e da francescano!) vorrei immedesimarmi in quella fede e in quell’ardente amore per il Mistero natalizio che spinse San Francesco a “rappresentare” il Natale con la meravigliosa intuizione del Presepe.Riguardo al Natale, tanti detenuti vivono l’“attesa”. Un’attesa non precisata, forse un po’ confusa; c’è attesa che arrivi qualche buona notizia che possa riaccendere speranze concrete. Speranze di riabbracciare qualche famigliare lontano. Speranze di liberazione e speranze di qualcosa di nuovo…Il mio auspicio è che tutta questa attesa possa incontrare la stessa che viveva il popolo ebreo: quella del Messia, il vero Liberatore dei cuori, Colui che ora libera dalle afflizioni provocate dal vizio, dagli errori, dalle fragilità, dagli incidenti di percorso… E’ diventato luogo comune dire che a Natale diventiamo tutti un po’ più buoni (se fosse vero sarebbe già molto!). Giovanni Battista ci chiede di più, ci chiede

di cambiare vita. Lo chiede ai detenuti, lo chiede a tutti noi quando dice, citando Isaia, “preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Mi viene alla mente il pensiero che Benedetto XVI ha rivolto ai detenuti di Rebibbia circa un anno fa: «Cari amici, il Natale del Signore riaccende di speranza e di amore il vostro cuore. La nascita del Signore Gesù ci ricorda la sua missione di portare la salvezza a tutti gli uomini, nessuno escluso. La sua salvezza non si impone, ma ci raggiunge attraverso gli atti di amore, di misericordia e di perdono che noi stessi sappiamo realizzare. Il Bambino di Betlemme sarà felice quando tutti gli uomini torneranno a Dio con cuore rinnovato». Nelle occasioni dei colloqui individuali con i detenuti si parte quasi sempre da bisogni o necessità materiali. Poi si spazia fino a raggiungere il discorso strettamente religioso. Qui debbo dire che trovo sempre un buon interesse e gradimento. Tutti o quasi tutti gli interlocutori sono fieri di dichiararsi credenti, di pregare, di avere fiducia in Dio. Questo solitamente apre le porte ad un dialogo amichevole e costruttivo che non risolve, certo, i molteplici problemi del detenuto, ma può diventare un “appoggio” umano e spirituale, anch’esso necessario.Prego perché tutti, indistintamente tutti, possano cogliere il messaggio vero del Natale: Dio è in mezzo a noi!

Padre Enrico Bonfigli– cappellano Casa Circondariale di Villa Fastiggi

Una festa capace di rinnovare i cuori

Evasionidi Natale

EditorialE

Un regalo sotto l’albero di cartone Caro Babbo Natale,a distanza di 28 anni ti chiederai perché ti scrivo. Vedi, quando avevo 5 anni la fatina dei denti, dopo aver deposto un molare sotto il cuscino, non mi portò il soldino. Poi, a distanza di qualche mese, arrivò il tanto atteso Natale e io fiducioso aspettavo che tu mi portassi la pista per le macchinine. Invece trovai solo 10 mila lire, al che pensai ad una tua svista. Inoltre ero stato un po’ birichino, quindi ti diedi qualche attenuante. Poi però iniziai a comportarmi bene, speranzoso nella Befana, e come di consuetudine appesi la mia calza e… indovina? Solo carbone!Rimasi profondamente deluso e decisi di non scriverti più. Ora però il rancore è passato, quindi per questo Natale vorrei chiederti un piccolo, umile regalino: vorrei tanto trovare sotto l’alberello, che ho faticosamente costruito con cartoni di scarto nella mia umida cella, il permesso del carissimo magistrato per la detenzione domiciliare. È vero che sono al gabbio per un definitivo del 2007, però posso definirmi un detenuto modello quindi ti prometto che verrei fino in Lapponia ad incartare regali per i bimbi, ovviamente in affidamento al lavoro...Grazie e sempre VIVA BABBO NATALE.

Emi

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Dopo che Benedetto XVI ha scritto nel suo ultimo libro che il bue e l’asinello non erano presenti nella

grotta della Natività, in quanto i vangeli non ne parlano, cari lettori è scoppiato il finimondo.Per prima cosa la Fornero ha esodato su-bito i due poveri animali, costringendo tra l’altro l’INPS a rivedere i conti per ca-pire se riusciranno a rimanere dentro la spending review. Gli animalisti, capeggiati dall’On. Brambilla, e l’amico degli animali Edoardo Stoppa han-no subito proclamato uno sciopero davanti a Montecitorio e l’On. Pecorella, sentitosi chiamato in cau-sa, ha subito presentato in parlamento un’interrogazione per salvare il presepe.Il dibattito ha portato in evidenza pa-recchie irregolarità nell’allestimento del presepe, come le mancate certificazioni ISO per gli artigiani e quelle sanitarie per i fornai e i pastori. Addirittura il sapone usato dalle povere lavandaie contiene agenti chimici non conformi alle diretti-ve comunitarie. Ma non è finita qui per-

ché, appena appresa la notizia, la procu-ra nazionale ha aperto un fascicolo sui Re Magi, indagati per traffico illegale di monili, merce contraffatta e maltratta-mento di animali esotici.Monti in una nota si è dichiarato estra-neo al taglio dei due simpatici quadrupe-di precisando che non rientrano nelle de-trazioni rese possibili dalla legge di stabi-lità. A questo punto le domande degli ita-

liani sono molteplici, ovvero: il pescivendolo, il fabbro, il falegname dovranno pagare la tassa per occupazio-ne di suolo pubblico?

E a quanti metri potranno sostare dalla mangiatoia? E’ mai esistito un laghetto con i cigni nei pressi di Betlemme? E la neve, se mai ha nevicato in Palestina nel corso della storia, deve essere naturale o sparata con l’asciugacapelli? La grotta e le capanne che verranno collocate nel tradizionale plastico natalizio andranno ad aumentare il costo dell’IMU? Se sì in che misura?Speriamo che non salti in mente a nes-suno di indire le primarie del presepe

per decidere chi ha diritto a rimanere e chi deve andar-sene a casa. C’è un altro problema e c’era da aspettarselo. Gli artigiani di Na-poli, famosissimi in tutto il mondo per la creazione di statuine, si sono subito lamentati del possibile taglio del bue e l’asinello, chiamando in causa la Camus-so, perché ne hanno i magazzini pieni e avranno una perdita di esercizio.Ma la nota positiva in tutto ciò è che il

Papa in verità ha detto sì che i ruminanti forse non dovrebbero essere dove li pone la tradizione, ma possono restare.Parole sante e rassicuranti, vista l’aria che tira, ci tranquillizzano e ci danno la garanzia che la tradizione non verrà rot-tamata. Tagliateci tutto, ma non il pre-sepe.

Alessandro

Quando ero bambino, aspettavo con an-sia il periodo natalizio, primo perché c’erano le vacanze a scuola e poi per-

ché c’era tutta quella preparazione alle fe-ste che vedeva la città trasformarsi e riem-pirsi di luci. Anche nella mia famiglia c’è sempre stato questo rispetto alle tradizioni. Ricordo che con mio padre andavamo alla

ricerca dell’albero da quei venditori “ambulanti” che magicamente appariva-

no agli angoli delle strade solo in quel periodo e che vendevano di tutto, dall’al-

bero appunto, a t u t t o quello che serviva per adornare e abbellire la casa. Si respirava nell’aria quella magia che oggi pur-troppo, forse per colpa di questa crisi economica, si sta perdendo, ma anche perché i giovani d’oggi, forse se ne fregano delle tradi-zioni che fanno parte della nostra storia. Come dicevo, c’era questa grande attenzione ai particolari: le lampadine intermittenti sui bal-coni delle case, l’albero che doveva essere decorato con un criterio ben preciso, con attenta disposizione dei colori; e poi si preparava il presepe, che era quello che richiedeva maggior attenzione nella disposizione dei vari personaggi. Oggi, se si chiede ad un bambino cosa i Re Magi portassero in dono e a chi, difficilmente si riceve una risposta, proprio perché c’è questa noncuranza nel rispettare le nostre tradizioni. A parer mio bisognerebbe ristabilire quei valori che si stanno perdendo. Ricordo che la preparazione della letteri-na a Babbo Natale si iniziava a scuola e ci si scrivevano tutte le richieste possibili e immaginabili. Oggi, invece, a distanza di anni e lontano da tutti quelli che sono i miei affetti, pur mantenendo vive in me quelle belle tradizioni natalizie, scrivo a Babbo Natale e gli chiedo di essere più presente con tutti quei bambini che non cono-scono l’importanza della sua esistenza, ma più che altro mi sento di scriverlo ai loro genitori, che forse sottovalutano l’importanza di queste belle abitudini. Vorrei dirgli che festeggiare il Natale insieme alla propria famiglia ha un valore inestimabile, più di qualsiasi re-galo, che forse per comodità i loro genitori lo avranno acquistato su internet con l’aiuto della tecnologia che oggi sminuisce tutti i contatti e le relazioni umane. Anche se la situazione è quella che è, basta poco per essere felici e questo naturalmente lo posso dire adesso che ho capito l’importanza e il valore delle distanze che ci possono essere tra me e la mia famiglia e tutti i miei affetti in questo particolare periodo. Voglio comunque augurare un Felice e Sereno Buon Natale a Tutti.

Spartaco

Lettera a Babbo Natale

16 dicembre 201212 P enna libera tutti

Imu e primarie per le statuine del presepe

Cucina galeotta

Rigatoni con la carota

Da Poggioreale a Villa Fastiggi

Si dice che ogni carcere è uguale ad un altro, ma per me non è cosi. Quando fui arrestato mi portarono nel carcere di “Poggioreale” e a

seguito di una mia richiesta di trasferimento, oggi mi ritrovo nel carcere di “Villa Fastiggi”, dove ho notato una grande differenza delle regole interne e anche un’altra mentalità rispetto all’approccio che hanno gli agenti di polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti.Nel carcere di Napoli alle otto del mattino obbligatoriamente ti dovevi alzare dal letto e farti trovare in piedi davanti alla porta della cella, perché passava “la conta”. Poi alle dieci si poteva scendere all’aria e potevi restarci fino alle undici. Questo

succedeva anche nel pomeriggio dalle tredici alle quattordici. Molte volte io non uscivo dalla cella proprio perché, visto il sovraffollamento, sembrava di stare al mercato. Ricordo bene che lo scorso inverno abbiamo dovuto protestare perché mancava l’acqua calda e non ci era permesso di fare la doccia più di due volte alla settimana. Riuscite ad immaginare gli odori quando si sta in otto-dieci persone in una cella?Qui a Pesaro ho sentito dire da altri detenuti che non si sta bene, ma evidentemente lo dice chi non ha avuto la sfortuna di “provare” altri carceri peggiori. Certo non possiamo dire che tutto funzioni a meraviglia, ma di sicuro non ci si può lamentare. Anche qui ci sono delle difficoltà, ma comunque mi sento di dire che, rispetto a dove stavo prima, adesso sto molto meglio e grazie all’aiuto che sto ricevendo dagli operatori (educatrici e psicologhe) sento anche di poter finalmente cambiare. Il mio “nuovo” pensiero positivo è anche il frutto di questo cambiamento, in quanto a “Poggioreale” il programma di rieducazione non c’era e gli argomenti di conversazione tra noi detenuti, purtroppo, erano sempre gli stessi, ovvero quelli di tornare a delinquere, proprio come mi è già successo in passato. Sono arrivato a Pesaro da circa un anno e inizialmente non condividevo i modi di fare né tanto meno le mentalità diverse da quelle che conoscevo in “questi ambienti”, ma devo dire che, grazie al percorso che sto facendo e ai vari corsi che sto frequentando, oggi capisco che il mio modo di pensare era sbagliato. Ho 29 anni e ho sempre vissuto

a “Scampia” (quartiere di Napoli) dove delinquere era la regola, semplicemente perché non avevo altre alternative, in quanto anche le mie vecchie amicizie facevano lo stesso per sopravvivere in quel quartiere. Purtroppo, in quei posti, si è molto limitati e

le risorse per venirne fuori sono pochissime. Credo fermamente che, conoscendo questa nuova realtà, dove per ottenere qualcosa di buono si deve lavorare, io possa farcela a venirne fuori con dei nuovi principi e valori diversi da quelli che avevo conosciuto fin ora.

Alfonso

Questa ricetta non è solamente per chi ha problemi di vista ma per tutti quelli che amano la buona cucina. Andremo a prendere una cipolla media, la taglieremo in parti sottili, poi prenderemo sette carote - e le frulleremo -, tre salsicce di maiale, due foglie di alloro, della maggiorana e due barattoli di pelati da 500g. Prendiamo una bella padella grande e ci versiamo un filo d’olio d’oliva per poi aggiungere la cipolla e la carota, lasciandole soffriggere lentamente. Nel frattempo spelliamo le salsicce che verseremo dentro quando le avremo tagliuzzate per bene. Lasciamo il tutto rosolare per bene aggiungendo pepe o peperoncino, a seconda dei nostri gusti. Senza bruciare il tutto, mi raccomando, dopo circa tre o quattro minuti aggiungiamo i pelati insieme a due foglie di alloro, mescolando con cura. Lasciamo cuocere per circa 30 minuti a fuoco lento. Dopo di che andiamo ad assaggiare e aggiustiamo di sale e peperoncino, se necessario. Poi versiamo la maggiorana e spegniamo la fiamma. Mettiamo l’acqua a bollire, aggiungendo un pugno di sale, e “buttiamo la pasta”: 500g di rigatoni possono

bastare, se non abbiamo troppa fame. Scoliamo al dente e condiamo con il nostro sugo alle carote e maggiorana. Impiattiamo e aggiungiamo una bella nevicata di parmigiano grattugiato, a seconda dei gusti, su ogni piatto. Non mi resta che augurarvi buon appetito e alla prossima.

Ingredienti per 4/5 persone:Tre salsicceUna cipollaSette caroteDue foglie d’alloroMaggiorana q.b.Olio d’olivaDue barattoli di pelati da 500g500g di rigatoniPepe e peperoncino a piacereParmigiano grattugiato

Spartaco

La Fornero ha esodato il bue e l’asinello. I Re Magi in-dagati per traffico illegale

Ho sempre vissuto nel quartiere napoletano di

Scampia, dove delinquere era la regola

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In festa per la “Mamma di S. Vittore”

Vi sarete accorti da ciò che scrissi nelle puntate precedenti del per-ché io abbia messo alla mia ru-

brica il sottotitolo ironico di “preten-ziosa”. Trattare problemi difficili su un giornale non è il massimo per voler es-sere letti e capiti da tutti e soprattut-to avere la pretesa di riuscire a farlo in poco spazio e con un linguaggio sem-plice! Beh, l’altra volta abbiamo parla-to dei problemi che in un carcere ren-dono quasi estranee due categorie di persone: da un lato i detenuti e dall’al-tro il personale soprattutto ecclesia-stico ma anche quello degli educatori. Un problema che è stato spiegato nei suoi aspetti più fondamentali come scontro fra soggettivismo e relativi-smo da un lato, e vari tipi di assoluti-smo ed oggettivismo, culturale o na-turale, dall’altro.Cercando di chiarire un po’ le cose a chi non è avvezzo alla filosofia, un ta-

volo è sempre un tavolo da qualsiasi punto di vista lo si guardi. Ciò dovreb-be valere anche per le varie situazio-ni. Nella Grecia antica c’erano “canoni” precisi, ossia regole di origine divina, anche per l’estetica, ecc... Se ci si potes-se riferire per le proprie valutazioni ad una Verità unica, oggettiva e asso-luta, ci si avvicinerebbe alla base del Cristianesimo. Anzi, accennando al-la questione dei processi giudiziari si può dire che proprio su questo punto ci fu il primo scontro fra le due men-talità opposte, durante l’interrogato-rio fatto dal Procuratore dell’antica Roma Ponzio Pilato a Gesù. Vi basterà rileggerne l’episodio evangelico nel-le parti del dialogo sulla verità, senza che io qui allunghi “il brodo” riprodu-cendolo.Non si usa ancora oggi dire frasi come: “quel tizio non ha senso estetico, men-tre quell’altro sì”? Che senso avrebbero

simili frasi se la bellezza non fosse un valore oggettivo, cioè non dipendente dai punti di vista? Eppure oggi si di-ce che “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”, frase che impli-citamente ammette l’esistenza di un Bello oggettivo, così come di un Bene, di una Verità, e quindi, alla fine, di un Dio che racchiude in sé tutte queste qualità, ma subito dopo la nega affer-mando l’importanza dei diversi punti di vista!Eppure il Natale che si sta avvicinando è proprio la commemorazione della manifestazione nel mondo di questa Verità unica.Basterebbe notare che, come prima della festa di Ognissanti abbiamo im-parato dalla tradizione pagana a fe-steggiare Halloween, ed in occasio-ne dell’Epifania ci immaginiamo doni da parte di una specie di strega buo-na (contraddizione di termini per la

mentalità non soggettivista, dato che la strega può essere solo cattiva), così a Natale abbiamo imparato ad abbuf-farci di cibo e a spendere e spandere, crisi economica permettendo, fino a stordirci di materialità, cercando di trasformare il più possibile in qual-cosa di materiale ed eccessivo questa che avrebbe dovuto rimanere una fe-sta spirituale, e non basta certo anda-re solo a Messa per viverla. Non credia-te che in carcere sia diverso.La mentalità antica direbbe che og-gettivamente “il diavolo ci ha messo la coda”, quella soggettivista e relativista ci suggerirebbe: vivi e lascia vivere, co-sa te ne importa?! Che ognuno la pen-si come vuole, tutti i punti di vista so-no validi. E allora Buon Natale a tutti e non mancate di farmi sapere il vostro parere, come vi chiedo sempre alla fi-ne di ogni puntata.

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16 dicembre 2012 13 P enna libera tutti

Dov’è il libero arbitrio? Mol-ti individui sono bombardati da notizie, immagini e fil-

mati appositamente montati per indurre chi li guarda o li legge a credere a ciò che viene propina-to. I programmi televisivi come talk show, reality show etc… sono formulati per far produrre emozioni a chi li segue. Sicco-me il cervello umano reagisce a queste emozioni producendo en-dorfine, il fisico e la mente si abituano e si crea una sorta di dipendenza. Diventa impossibile farne a meno. Anche lo sport fa questo effetto, ed ecco spiegata la popolarità del calcio.Gli effetti simil benefici provoca-ti da queste culture mediatiche però provocano, a loro volta, in-coscienti lobotomie tanto gra-vi da non far più comprendere quale sia la reale situazione.Ci sembra di avere tutto sotto controllo ma … TELEIPNOSI?Occhi aperti!

Gianni Fioravanti

Il mio primo Natale dietro le sbarrePur non avendo titoli di studio né-

capacità di impostare un articolo, nel mio piccolo tento di scrivere

qualcosa all’interno della nostra re-dazione giornalistica, dove sono sta-to da poco inserito. Ho 41 anni e ho dedicato la maggior parte della mia vita al lavoro e alla famiglia, che so-no per me i due elementi di base per un percorso di vera felicità e sod-disfazione. Purtrop-po negli ultimi tem-pi la mia situazione è cambiata e, come si usa dire, sono passato dalle stel-le alle stalle. Mi so-no lasciato andare e ho conosciuto il rovescio della medaglia, facendomi coinvolgere nel mondo della droga.Con questo non voglio soffermarmi sul come, quando e perché della mia vicenda, ma vorrei parlare degli af-fetti che il mio reato ha allontana-to da me. Sono sempre stato un cre-dente, anche se non ero molto pra-ticante. L’avvicinarsi del Natale è uno

dei pochi periodi dell’anno che mi fa star bene e unito con la mia famiglia: mia moglie e i nostri 5 figli. Sì, una famiglia numerosa con tanti problemi da affrontare, ma pur sempre unita specialmente durante queste festività. L’ansia di non passare con la mia fa-miglia il primo Natale della mia vita è molto più grossa della pena che mi verrà inflitta. E’ vero, se sbagli ne pa-

ghi le conseguenze. Ma quanto è difficile farle pagare ai pro-pri familiari, che in-consapevolmente si ritrovano a passare il Natale senza il pa-

dre e il proprio marito. Si sente parlare di pene alternati-ve (qui sembra quasi un’utopia) per quei pochi che ne usufruiscono, o perché hanno avuto un giudice che quella mattina era di umore buono o un difensore di un certo spesso-re che purtroppo non tutti si posso-no permettere. Forse mi sbaglio, ma penso che un individuo che si debba

riabilitare ha meno chance di farlo so-lo e rinchiuso in una cella. Se le istituzioni hanno altre possibili-tà alternative al car-cere, perché vengo-no usate solo in mi-nima quantità? Non sarebbe meglio che un paese come il nostro abbia pregiu-dicati che si vogliono reinserire nella socie-tà in modo onesto (perché hanno segui-to un percorso giu-sto), piuttosto che ri-trovarsi con persone che come gli apro-no la cella tornano a delinquere? Spero che durante questo mio triste Natale, che passerò dietro le sbarre e lonta-no dai miei cari, si faccia qualcosa di positivo per l’alternatività delle pe-ne e che anche qualche altro padre

di famiglia possa aiutare a scartare il pacco più bello, il suo amore e la sua presenza col proprio figlio. Un sincero augurio di un sereno e felice Natale a tutti.

Elio 71

Condizionamento mediatico

è rara, per i detenuti del carcere, la possibilità di incontrarsi tra sezioni diverse per un evento importante. E

per quanto riguarda la S. Messa festiva, escluso Natale e Pasqua, è piuttosto improbabile.Ma la scorsa domenica 25 novembre una ricorrenza molto importante per tutti gli operatori del carcere di Pesaro, di qua e di là dalle sbarre, ci ha riuniti nella celebrazione di una S. Messa speciale, dedicata alla Beata Enrichetta Alfieri alla quale da quest’anno è stato intitolato un giorno sul calendario: il 23 novembre, anniversario della sua morte avvenuta nel 1951.Il cappellano P. Enrico Bonfigli, Suor Paola della Congregazione “Suore della Carità” alla quale anche Suor Enrichetta apparteneva, i diaconi e i volontari della Casa Circondariale di Villa Fastiggi, con il permesso della Direzione, hanno voluto ricordare la Beata come testimone e figura centrale per i detenuti e i loro assistenti. Ella, infatti, nata nel 1891 a Borgo Vercelli,

entrò tra le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret nel 1911 e all’età di 28 anni fu colpita da una grave malattia che la costrinse all’immobilità e ad intense sofferenze per quattro anni. Poi, alcuni mesi dopo un pellegrinaggio a Lourdes, miracolosamente guarì, e per evitare la lunga fila di curiosi che la cercavano, venne inviata dalla Superiora nel carcere di San Vittore a Milano dove già operavano le Suore della Carità, passando dall’attività di maestra che svolgeva prima della malattia, al servizio di assistente materiale e spirituale dei detenuti in un periodo storico tragico, quello della guerra e della resistenza (1943-1945) in cui ella si fece portatrice di ascolto e di aiuto concreto per chi aveva veramente bisogno di lei: prigionieri comuni e politici, ebrei condannati ai campi di concentramento o alla morte. E per questa sua attività finì essa stessa in carcere e poi inviata in un campo di internamento. La celebrazione del 25 novembre è stata preceduta da una piccola preparazione dei

detenuti da parte dei catechisti sulla vita e le opere della “Mamma di San Vittore” e la visione di un documentario in DVD. L’animazione dei canti e della musica è stata curata dai volontari della Parrocchia di S Pietro in Calibano e da alcuni detenuti che si sono prestati anche alla proclamazione della Parola e all’ornamento dell’altare. Al termine sono stati benedetti due quadri, uno più grande per la sezione maschile ed uno più piccolo per la sezione femminile, raffiguranti il viso sorridente di Suor Enrichetta ed è stato consegnato a ciascun partecipante un piccolo opuscolo che ne racconta in breve la storia.Al termine di questa giornata, grazie all’esempio di questa religiosa, desideriamo avere uno sguardo ampio sulla realtà della sofferenza, per essere capaci di vedere le cose da angolazioni diverse e di abbracciare tutte le persone; ciò ci permetterà di essere più inclini al perdono e al desiderio di riscatto per ogni uomo.

Maria Pia e Francesca, catechiste

Auguro a tutti di scartare il pacco più bello: l’amore alla

presenza del proprio figlio

Martedì 25 dicembre ore 9.30

Celebrazione dell’Eucarestia nel Carcere di

Villa Fastiggi – Pesaro. Presiede

l’Arcivescovo mons. Piero Coccia

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16 dicembre 2012 P enna libera tutti14

Nonostante tutto, anche quest’anno è arrivato il santo Natale. Sembra stra-no, ma anche in questi posti meno

adatti alla nascita di una nuova vita av-viene il miracolo della nascita di Gesù. Nel periodo natalizio tutto si trasfor-ma anche qui dentro e noi viviamo la lontananza dai nostri cari come un enorme peso e altrettanta colpa per il fatto di essere qui. Nonostante le sofferenze ognuno di noi cerca nel suo piccolo di crearsi quell’angolo dove, con l’immaginazione e po-co più, allestisce il piccolo pre-sepe o l’albero di Natale. E’ bel-lo osservare la grazia e la cura che viene impiegata nell’attesa del momento. E’ come se la notte della vigilia venisse donato un anestetico per il nostro cuore già dolorante e sofferente, che lo è ancora di più in questo periodo. Già

mi vedo lì davanti a quel piatto unico e fumante (almeno questo ce lo possiamo permettere), in compagnia di altri com-pagni di sventura, che si parla di tutto tranne che dell’argomento tabù del mo-mento: il santo Natale.Ogni detenuto, se parla, lo fa in mo-do sorridente e tranquillo e usa la propria corazza esterna come pro-tezione di quell’organo così vitale,ì quanto unico, delicato quanto ro-busto, sanguinante,ì quanto sof-ferente, il cuore. Il Natale è il momento in cui ognuno di noi si propone buoni propositi che, co-

me al solito, diverranno solo ricordi. Credo che alla fine sia sempre meravi-glioso e non possa essere offuscato da

una grata alla finestra o un cancello alla porta.

Leonardo Basiricò

Un laureando in carcereFra le tante attività che vengono proposte al-

le persone detenute, c’è anche quella di fre-quentare la scuola elementare e media infe-

riore. Per coloro che sono in possesso di un di-ploma superiore è possibile inoltre iscriversi al-l’università.Il prossimo 20 dicembre nel carcere di Villa Fastiggi verrà discussa la tesi di laurea di G.G. (della Sezione Protetti), iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino. La dissertazione avver-rà nella Casa Circondariale alla presenza di set-te professori e delle autorità competenti.Per non lasciarsi assorbire dalla noia e dal di-

sfattismo, studiare o scegliere le attività proposte potrebbe rappresentare un deterrente per non fi-nire nell’ozio. Fermo restando che le responsa-bilità rimangono soggettive e “lagnarsi” di conti-nuo non giova né alla società civile né tantome-no all’interessato. La commiserazione o, peggio, l’autocommiserazione, non permettono di elevar-si e riscattarsi. La volontà di mettersi in discus-sione invece crea vantaggio a coloro che si im-pegnano nel ricercare opportunità volte alla cre-scita personale. È un aspetto positivo e non può che farci commuovere un laureando in carcere.

Francesco Rinaldi

Riceviamo e pubblichiamo una lettera giunta ad uno dei nostri redattori e inviata da suo “padre adottivo”. Ci piace pensare che “Penna Libera

Tutti” abbia contribuito in parte a scrivere questa bella pagina di umanità e ci riempie di gioia sapere che Emi, proprio in questi giorni, è tornato in libertà e potrà trascorrere un sereno Natale insieme ai suoi cari.

L’amore di un padre“Caro Emi,grazie per le tue parole. E’ vero mio padre è stata una gran persona come dici tu nella lettera. Con i suoi silenzi, con il suo comportamento e soprattutto con la sua bontà d’animo mi ha insegnato ad essere quello che sono oggi. Infatti per tutto questo gli sono stato vicino tutti i giorni e quando lui mi chiese: “Perché stai sempre qui? Non devi lavorare?” , io gli ho risposto “Babbo io sto qui perché me lo hai insegnato tu, mi hai insegnato a voler bene”. Questo è ciò che ho ridato a lui, almeno così spero. Ora ho un gran vuoto e non riesco ad essere ancora molto lucido, ma spero di riprendere la mia quotidianità,

anche se so che non sarà più come prima. Anche il pensiero di rivederti presto mi aiuta a sperare ed andare avanti. So benissimo che anche tu stai affrontando un momento molto duro, ma stai dimostrando di essere molto forte. Poi la tua sensibilità artistica ti fa disegnare e scrivere cose che non tutti riescono ad esprimere, ma solo chi ha nobiltà d’animo può farlo. Ti faccio i miei complimenti, anche se questo tuo lato lo conoscevo già. Tu mi scrivi che mi vuoi bene, io ti rispondo che te ne ho sempre voluto, anche se non sempre sono e siamo riusciti a goderne. Questa triste esperienza mi ha insegnato

una cosa, se mai ce ne fosse stato bisogno: la famiglia e gli affetti sono la cosa più importante nella vita. Ora ti lascio, ringraziandoti per aver ricordato ed onorato la memoria di mio padre. E’ sera, un altro giorno è passato e presto ci rivedremo e quando ti abbraccerò ti dirò “TI VOGLIO BENE”. Con affetto.

Fabri

Caro Fabri,non ho mai realmente avuto modo di dirti quanto tu sia importante per me. Hai ridato gioia a mia madre e di riflesso a chi le stava accanto. In principio ho faticato ad accettarti ma tu non ti sei mai arreso. Non credo che chi metta al mondo un figlio sia per forza genitore. Anche se non anagraficamente, se io penso ad un padre, io penso a te. Con affetto.

EMI *****

Non siamo perfettiCara redazione di “Penna Libera Tutti”, scrivo in riferimento

all’articolo firmato da Edlir Alla sul numero di novembre, dove si legge: “Conoscere i miei errori di pensiero e di comportamento che mi condizionavano la vita e mi impedivano di vivere bene.”. Quanto è vero! Se dessimo tutti l’attenzione che merita a questa frase, staremmo veramente bene tutti,. Si fanno degli errori così consolidati nelle nostre abitudini di cui non abbiamo nessuna consapevolezza. Conosciamoci per migliorarci e per amarci e per stare finalmente bene con noi e quindi con gli altri. “Conoscere le proprie emozioni e imparare a gestirle”: sì, tutte le emozioni positive e negative, soprattutto quelle negative non nascondiamole, portiamole in superficie e prendiamone coscienza. Solo se conosciamo ogni parte di noi possiamo cambiare e stare bene. Non siamo perfetti; riconosciamolo con umiltà e costruttività.

Micaela De Giorgi*****

Un aiuto alla mia coscienzaGentile redazione, vi scrivo solo per esprimere il mio ringraziamento a tutti coloro che, a vario titolo, collaborano a questa splendida iniziativa editoriale e di grande valore culturale. Per anni ho sentito parlare del carcere della mia città solo attraverso il filtro della stampa, che se ne occupa solo in determinate circostanze, senza mai raccontare la quotidianità di chi vive dietro le sbarre. Mai i giornali del nostro territorio hanno mostrato di voler davvero aiutare la gente a comprendere la realtà carceraria. Con voi ho scoperto il desiderio di riscatto e la voglia di rialzarsi dopo un fallimento e l’errore. Iniziative come la vostra servono a superare davvero lo stereotipo del detenuto inutile per la società e aiutano ad interrogarsi sulla propria esistenza.

Giovanna Giombini

Lettere in redazionePer scrivere alla redazione della Casa Circondariale di Pesaro indirizzare una e-mail a [email protected] oppure scrivere a Redazione di Penna Libera Tutti c/o Casa Circondariale di Pesaro – Str. Fontesecco 88 – 61122 Pesaro (PU)

“Il loro Natale” racconta la vita dei familiari dei detenuti nel car-cere di Poggioreale. Il regista-produttore Gaetano Di Vaio, tra i fondatori della società di produzione Figli del Bronx, nato e

cresciuto in uno dei quartieri popolari in cui vivono le protagoni-ste, dà voce a Maddalena e Mariarca, Titina e Stefania, donne che ogni giorno combattono per andare avanti, occupandosi da sole della casa e dei figli, ma soprattutto dedicando la vita ai parenti carcerati, sempre presenti anche se lontani. “Il loro Natale”, pre-sentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2010, è un docu-mentario lucido ed emozionante sull’inferno del carcere, raccontato dall’esterno, ovvero da una prospettiva particolare che restituisce intatto il dramma di questa disperata condizione umana.

La notte della Vigilia

Il Natale in questi tempi di crisi ribadisce come la TV sia la droga della nazione. Lo spirito natalizio, già da fine novembre, ci viene evidenziato dagli spot che “ven-

dono” il Natale come occasione di lucro per “spremere” economicamente le già tartassate masse. Il Natale per-de così di intensità emotiva ed in questi momenti gli spot riescono a vincere addirittura la laicità dello stato, a vincere la crisi con il mezzo televisivo omogeneamen-te schierato a mascherare il vero spirito di rinascita del-l’amore, rappresentato dalla nascita del bambin Gesù, e di vittoria dell’amore sull’odio… Peccato che tutto questo si riduca in un jingle ed in uno spot.

Toni D’Alessandro

Tv droga del Natale

PESARO - Sabato 22 dicembre alle ore 10, presso il Teatro della Casa Circondariale di Villa Fastiggi in Strada Fontesecco 88, an-drà in scena lo spettacolo teatrale dal ti-tolo “Un clown alla corte dello Zar”, dalla biografia di Giacomo Cireni, in arte “Giaco-mino”. L’allestimento è della Compagnia “Lo Spacco”, della Casa Circondariale di Pesa-ro, in collaborazione con il Teatro Aenig-ma. “San Pietroburgo - scrisse Cireni (Mi-lano, 1884-1956) - al principio del XX se-colo era una meravigliosa città. Intendo di-re che la vita vi era facile, la gente cordia-

le, la polizia abbastanza bonaria con il po-vero clown che talvolta si lasciava scappa-re un lazzo un po’ troppo pungente. I let-terati, i musicisti, i pittori, i grossi nomi del teatro imperiale trascorrevano la notte nel-le bettole, insieme con i facchini, le prosti-tute d’infimo rango. In queste bettole entra-vamo anche noi, per scaldarci alla fine del-lo spettacolo. L’intellighenzia ci faceva subi-to posto al suo tavolo: voleva che ‘l’uomo volante’, il cavallerizzo, il pagliaccio raccon-tassero la loro storia”.

Un clown alla corte dello Zar