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Introduzione al libro di Giona Il libro di Giona è sorprendente e intrigante per diversi motivi. Alcune osservazioni preliminari In primo luogo, esso si presenta come un racconto, mentre gli altri libri profetici contengono molti oracoli. In Giona, invece, l’elemento narrativo è predominan- te, come del resto avvenne agli inizi del profetismo, al tempo di Elia ed Eliseo, dei quali si parla nei libri dei Re. In secondo luogo, Giona nel libro parla pochissimo, a differenza di quello che normalmente fa il profeta, che si potrebbe definire l’uomo della parola. Il profeta infatti è colui che ascolta la parola che Dio gli rivolge, la assimila, la fa sua (Eze- chiele per descrivere questo processo usa l’immagine del rotolo da mangiare 1 ) e poi la annuncia. Giona invece sembra rifiutare la parola di Dio e certamente disobbedisce al suo comando, almeno nella prima metà del libro. Infine, si potrebbe ancora menzionare il fatto che la storia raccontata nel libro è fittizia. Anche se nella storia d’Israele è esistito un profeta chiamato «Giona, figlio di Amittai» (2Re 14,25), non ci sono rapporti tra questo profeta dell’VIII secolo a.C. e il nostro libro, che vide la luce in un’epoca molto più recente, sicuramente post-esilica. Anche la città di Ninive è storicamente esistita e ri- chiamava tristi ricordi alla mente di un israelita dell’Antico Testamento, come vedremo, tuttavia nel tempo in cui il libro di Giona vide la luce, essa non esisteva sicuramente più. Tutto nel libro, poi, evoca un mondo di fiaba, nel quale tutto è “grande”: il pesce, la tempesta, la città, il vento, ecc. La storia raccontata asso- miglia dunque più a una parabola che a una narrazione storica, ma allora come mai questo testo è stato inserito all’interno del libro dei Dodici profeti? Gli altri “capitoli”, per così dire, di questo libro (Osea, Michea, Amos, Abdia stesso, ecc.) sono collegati a una storia reale e a personaggi veramente esistiti, mentre Giona no. Per questo motivo gli specialisti si sono sforzati di spiegare il motivo per cui questo libro sia stato inserito nel corpo profetico e non, ad esempio, collocato nel gruppo di testi come Tobia, Ester, Giuditta, ecc., che sono narrazioni inventate, paragonabili alle moderne fiction. Attenzione, però! La storia è inventata, ma 1 «Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: “Figlio dell’uomo, nutrisci il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele» (Ez 3,2-3). La stessa immagine verrà ripresa nel libro dell’Apocalisse (10,8-11). INTRODUZIONE AL LIBRO DI GIONA Donatella Scaiola

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Il libro di Giona è sorprendente e intrigante per diversi motivi.

Alcuneosservazionipreliminari

In primo luogo, esso si presenta come un racconto, mentre gli altri libri profetici contengono molti oracoli. In Giona, invece, l’elemento narrativo è predominan-te, come del resto avvenne agli inizi del profetismo, al tempo di Elia ed Eliseo, dei quali si parla nei libri dei Re.

In secondo luogo, Giona nel libro parla pochissimo, a differenza di quello che normalmente fa il profeta, che si potrebbe definire l’uomo della parola. Il profeta infatti è colui che ascolta la parola che Dio gli rivolge, la assimila, la fa sua (Eze-chiele per descrivere questo processo usa l’immagine del rotolo da mangiare1) e poi la annuncia. Giona invece sembra rifiutare la parola di Dio e certamente disobbedisce al suo comando, almeno nella prima metà del libro.

Infine, si potrebbe ancora menzionare il fatto che la storia raccontata nel libro è fittizia. Anche se nella storia d’Israele è esistito un profeta chiamato «Giona, figlio di Amittai» (2Re 14,25), non ci sono rapporti tra questo profeta dell’VIII secolo a.C. e il nostro libro, che vide la luce in un’epoca molto più recente, sicuramente post-esilica. Anche la città di Ninive è storicamente esistita e ri-chiamava tristi ricordi alla mente di un israelita dell’Antico Testamento, come vedremo, tuttavia nel tempo in cui il libro di Giona vide la luce, essa non esisteva sicuramente più. Tutto nel libro, poi, evoca un mondo di fiaba, nel quale tutto è “grande”: il pesce, la tempesta, la città, il vento, ecc. La storia raccontata asso-miglia dunque più a una parabola che a una narrazione storica, ma allora come mai questo testo è stato inserito all’interno del libro dei Dodici profeti? Gli altri “capitoli”, per così dire, di questo libro (Osea, Michea, Amos, Abdia stesso, ecc.) sono collegati a una storia reale e a personaggi veramente esistiti, mentre Giona no.

Per questo motivo gli specialisti si sono sforzati di spiegare il motivo per cui questo libro sia stato inserito nel corpo profetico e non, ad esempio, collocato nel gruppo di testi come Tobia, Ester, Giuditta, ecc., che sono narrazioni inventate, paragonabili alle moderne fiction. Attenzione, però! La storia è inventata, ma

1 «Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: “Figlio dell’uomo, nutrisci il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele» (Ez 3,2-3). La stessa immagine verrà ripresa nel libro dell’Apocalisse (10,8-11).

INTRODUZIONE AL LIBRO DI GIONADonatella Scaiola

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la posta in gioco, cioè il suo messaggio teologico, è molto seria. Si entra nella narrazione, la si apprezza per i motivi che vedremo tra breve, si sorride, data la marcata ironia che pervade il racconto, e poi ci si trova confrontati con un pro-blema teologico molto serio che ci chiama in causa direttamente soprattutto alla fine del libro, nel quale troviamo una domanda: «Ti sembra giusto?»2.

La strutturadel libro

Il libro di Giona, per quanto breve, presenta una struttura molto accurata. Come praticamente tutti gli autori fanno notare, esso si articola in due parti parallele, i cc. 1-2 e 3-4. Queste due parti cominciano con due frasi identiche: «Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: “Alzati, va’ a Ninive la grande città”» (1,1-2a; 3,1-2a3). Le due parti sono inoltre caratterizzate da un’unità di luogo: la prima parte si svolge sul mare (1-2), la seconda a Ninive (3-4). Al loro interno, poi, queste due parti si snodano in maniera analoga: esse iniziano con un’introduzione nella quale si dice che il profeta viene mandato da Dio e si ripor-tano le reazioni opposte di Giona, il quale prima fugge, poi decide di obbedire al Signore. In ognuna delle due parti, poi, Giona si confronta con dei pagani, i marinai e il loro comandante nella prima parte, Ninive e il suo re nella seconda. In entrambi i casi, inoltre, i pagani riconoscono Dio grazie al profeta: da una par-te, i marinai si allontanano dall’idolatria per convertirsi al Signore, Dio di Giona (1,4-16); dall’altra, i niniviti con il loro re credono al profeta e si convertono dalla loro violenza (3,3b-10). Infine in entrambe le parti Giona si confronta con Dio nella preghiera. Nella prima parte Giona eleva un Salmo al Signore (2,1-11), nella seconda, egli discute con Dio in maniera polemica (4,2-3). A queste due preghiere Dio risponde con segni concreti: egli manda il pesce nel c. 2 e il ricino (o qualunque altra pianta sia) nel c. 4.

Degno di nota il fatto che Dio chiami Giona nella prima parte e che confermi poi la sua elezione nella seconda. Nonostante la disobbedienza del profeta e la sua fuga, per il momento ancora senza motivo, Dio resta fedele al suo progetto e non si rivolge ad altri personaggi, magari più disponibili e docili del suo riottoso interlocutore.

Queste osservazioni permettono di apprezzare la trama narrativa di questo li-bretto, ma ci costringono anche a mettere in discussione l’idea, spesso ribadita all’interno di studi e commentari del libro, che il tema fondamentale di Giona sia la conversione dei pagani o la missione universale, una sorta di prefigurazione della missione ad gentes di cui parla il Nuovo Testamento. Il tema della con-versione è sicuramente centrale nel racconto, ma si tratta di quella del profeta, non di quella dei pagani. Essi infatti, appena sentono Giona parlare, quasi suo malgrado, gli credono e cambiano vita, sia che si tratti dei marinai sulla nave nella prima parte, che dei niniviti nella seconda. Molto più impegno deve invece dedicare il Signore al suo profeta, al quale egli parla più volte, manda dei segni (il pesce, il ricino), rivolge domande che spesso rimangono senza risposta, ecc. Tutto nel libro obbedisce al Signore: le forze della natura (la tempesta, il ven-

2 Cf. in questo fascicolo l’articolo di L. Mazzinghi, «Giona e la pianta di ricino (Giona 4)», alle pp. 29-32.3 L’unica differenza è che in 3,1 si legge «una seconda volta».

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to), gli animali (il pesce, il verme), le piante (il ricino), gli uomini, pagani, per giunta! Solo Giona oppone resistenza fino alla fine e la conclusione aperta del libro4 lascia ancora in sospeso il lettore, il quale non sa se Dio riuscirà o meno a spuntarla col suo profeta, il quale, proprio perché conosce Dio, lo teme!

Il salmodiGiona (2,3-10)

Questa preghiera è stata spesso considerata un’inserzione che non appartiene al corpo originale del libro5. I principali argomenti addotti a sostegno di tale ipotesi si possono così sintetizzare: in primo luogo, la preghiera sembra essere poco in-serita nel contesto in cui si trova. Ad esempio, non si fa cenno alla situazione in cui Giona si trova, cioè nel ventre del pesce. Sembra anche fuori posto un testo poetico all’interno di un racconto. Inoltre molti autori ritengono strano che Gio-na elevi una preghiera di ringraziamento in questo momento, quando egli non è stato ancora salvato. La figura di Giona che emerge da questa preghiera sembra oltretutto essere diversa da quella che compare nel resto del libro. Giona nel c. 2 sembra infatti felice di vivere, contento del Signore, che ringrazia con trasporto, mentre altrove egli appare ribelle e aggressivo nei confronti di Dio, oltre che un po’ gretto e francamente meschino.

Altri autori, al contrario, ritengono che questa preghiera si integri molto bene nel contesto sia perché spesso nei salmi di lamento si ha anche una parte di lode6, sia perché l’alternanza tra parte poetica e testo narrativo è comune all’interno dei libri profetici7. È vero che a prima vista la figura di Giona che appare in questa preghiera sembra diversa da quella del resto del libro, ma si può notare che anche in questo capitolo il profeta appare sostanzialmente preoccupato di se stesso, come appunto avviene anche altrove. Se è vero poi che Giona comincia un itinerario di conversione, o perlomeno si rivolge al Signore, si vedrà in segui-to che il cammino che egli deve fare in questo senso è ancora piuttosto lungo e dagli esiti incerti.

Interessante la figura del pesce che incornicia il capitolo (2,1-2.11), che può ave-re un significato ambivalente. Da una parte, infatti, esso viene generalmente assi-milato al Leviathan, il mostro marino che abita negli abissi; dall’altra, però, esso impedisce a Giona di annegare nel mare, per cui svolge nei suoi confronti anche un ruolo protettivo. Inoltre, Giona, stando al suo interno, comincia a pregare, in qualche modo inizia il suo cammino verso Dio, il che spiega come mai il pesce poi lo vomiti sulla terra asciutta, cioè gli permette in qualche modo di rinascere

4 Solo un altro libro dell’Antico Testamento termina con una domanda, Nahum, che recita: «Non c’è rimedio per la tua ferita, incurabile è la tua piaga. Chiunque sentirà tue notizie batterà le mani. Perché, su chi non si è riversata senza tregua la tua crudeltà?» (3,19). Si noti che anche il libro di Nahum si riferisce a Ninive e che nella traduzione greca dei Settanta Giona e Nahum sono libri con-tigui. Questo non è certo avvenuto per caso e obbliga il lettore a confrontarsi con due diversi punti di vista a proposito di Ninive e di quello che essa rappresenta.5 Cf. in questo fascicolo l’articolo di L. Mazzinghi, «Dal ventre del pesce (Giona 2)», alle pp. 20-23.6 Si pensi al celebre Sal 22 («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») che nei vv. 23-32 contiene una preghiera di lode.7 Tra molti esempi possibili, citiamo il caso di Ger 1,4-19, il racconto della vocazione di Geremia, nella quale si alternano parti narrative e altre più poetiche.

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a nuova vita. Non a caso Giona accetterà di andare a Ninive, contrariamente a quanto era avvenuto all’inizio del libro.

Per questi motivi, oltre che per la simmetria tra le due parti del libro, personal-mente consideriamo questo testo parte integrante del libro. Se questo è vero, è interessante il fatto che Giona s’identifichi con il suo popolo, rivolgendo a Dio una preghiera che è un collage di versetti salmici, che egli comunque assembla in modo originale.

Quandoè stato scritto il libro?

Giona sembra incarnare il particolarismo che caratterizza l’epoca post-esilica (o almeno una parte di essa). Il ritorno dall’esilio non si era rivelato l’esperien-za meravigliosa che alcuni profeti, come il Secondo-Isaia, avevano predetto. Al contrario, i rimpatriati si erano trovati ad affrontare una serie di problemi molto seri, per cui matura in alcuni ambienti una mentalità esclusivista, che fa deside-rare la vendetta di Dio sui pagani. Per uscire da problemi reali, allora, si inven-tano soluzioni illusorie, caratterizzate dalla chiusura nei confronti del diverso e dall’affermazione della propria identità intesa in senso etnico. Espressione di questo spirito integralista è, ad esempio, il progetto di rimandare a casa le donne straniere che alcuni all’interno del popolo avevano sposato. Ricordiamo solo alcuni passi:

In quel giorno si lesse in presenza del popolo il libro di Mosè e vi si trovò scritto che l’Ammonita e il Moabita non dovevano mai entrare nella comunità di Dio, perché non erano venuti incontro agli Israeliti con il pane e l’acqua e perché, contro di loro, avevano pagato Balaam per maledirli, sebbene il nostro Dio avesse mutato la maledizione in benedizione. Quando ebbero udito la legge, separarono da Israele tutti gli stranieri (Ne 13,1-3).

Allora il sacerdote Esdra si levò e disse loro: «Voi avete commesso un atto di in-fedeltà, sposando donne straniere: così avete accresciuto la colpevolezza d’Israele. Ma ora rendete lode al Signore, Dio dei vostri padri, e fate la sua volontà, sepa-randovi dalle popolazioni del paese e dalle donne straniere» (Esd 10,10-11).

Per reagire a tale spirito fu scritto Giona, nel quale la penitenza pronta e univer-sale di Ninive e del suo re si contrappone all’impenitenza di Ioiakim, il quale, dopo aver ascoltato la parola che il Signore aveva rivolto al popolo tramite il profeta Geremia, stracciò col temperino il rotolo sul quale essa era scritta (Ger 36). La pronta risposta di Ninive contrasta dunque in maniera stridente con la reazione di Gerusalemme, sorda alla voce dei profeti.

Conclusione

Il libro di Giona mette dunque in crisi un certo modo di concepire il rapporto con Dio, erroneamente considerato solo “nostro”, che può serpeggiare talora anche tra noi, e invita i credenti di tutti i tempi a riconoscere di essere a volte preceduti nell’incontro con Dio da altri, lontani e pagani, i quali invece accolgono pron-tamente la «lieta novella» e non solo in modo teorico, ma facendo anche scelte concrete. Drammaticamente ironico il fatto che Giona conosca bene il suo Dio e che proprio per questo fugga da lui, avvertendo come minacciosa la sua prossi-

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mità con i suoi nemici. Il libro ci fa sorridere, ma solo fino a quando non ci ren-diamo conto che ci sta fotografando e che non possiamo sfuggire alla domanda finale: «Ti sembra giusto?». Dalla risposta che noi diamo a questo interrogativo scaturiranno gesti di conversione, che i lontani hanno già fatto, oppure un’ulte-riore, inevitabile fuga.

BiBliografia su gioNaL. Alonso Schökel - J.L. Sicre Diaz, I profeti, Borla, Roma 1989,

1145-1174. Il commento di un grande esegeta.C. Bedini - A. Bigarelli (edd.), Il viaggio di Giona. Targum, Midrash,

commento di Rashi, Città Nuova, Roma 1999. Interessante testo che riporta il testo del Targum, del Midrash e del commento di Rashi a Giona, come recita il sottotitolo, con le loro rispettive introduzioni, nonché una presentazione dell’esegesi ebraica.

E. Bickerman, Quattro libri stravaganti della Bibbia, Pàtron Editore, Bologna 1979.

A. Chieregatti, Giona. Lettura spirituale, EDB, Bologna 1992. Lettura spirituale.

A. Facey, Giona. Profeta riluttante, Dio misericordioso, EDB, Bologna 1997 (or. Jonah Reluctant prophet, Merciful God, The Bible Reading Fellowship, London 1996). Ottimo testo da usare nei gruppi biblici.

R. Gradara, «Che fai, dormi?». Evangelizzazione e testimonianza nel libro di Giona, Ed. Solidarietà, Rimini 1997. Lettura spirituale.

Libro di Giona. Testo originale ebraico con la traduzione a fronte nella stessa pagina; commenti esplicativi tratti dal Talmud e dalla tradizione rabbinica, Edizioni DLI, Milano 1996. Da usare con un pizzico di buon senso!

V. Mora, Le signe de Jonas, Cerf, Paris 1983. Il testo è in francese e questo costituisce un impedimento, però è interessante perché il libro è dedicato alla presentazione della figura di Giona nel Nuovo Testamento.

R. Mandirola, Giona, un Dio senza confini, EDB, Bologna 1999. Esempio di lettura pastorale.

A. Niccacci - M. Pazzini - R. Tardiello, Il libro di Giona, Analisi del testo ebraico e del racconto, Franciscan Printing Press, Gerusalemme 2004. Ottima analisi del testo, anche da un punto di vista narrativo.

G. Sgarbi (ed.), Giona, EDB, Bologna 2004. Il libro riporta varie traduzioni di Giona: quella in italiano (vecchia traduzione CEI), poi il testo ebraico, greco, siriaco, latino nonché il Targum Jonathan. Il commento è in realtà un’antologia patristica. Vengono riportati estratti da Cirillo di Alessandria, Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro, Gerolamo, ecc.

H.W. Wolff, Studi sul libro di Giona, Paideia, Brescia 1982 (or. Studien zum Jonabuch, Neukirchen-Vluyn 19752). Uno dei migliori studi esi-stenti, che concede grande spazio all’analisi narrativa; non commenta però Gio 2.

Donatella Scaiola - Luca Mazzinghi