Parvan e le origini deella civilta romena

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Un saggio sulla prospettiva dello storico ed archeologo romeno Vasiel Parvan, fondatore della Scuola Romena di Roma, sulle origini della cultura romena

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  • "L'Eur pa rientale tt Rivista mensile (64 pagine in 8.0 grande)

    Pubblicata a cura dell'" ISTITUTO PER L'EUROPA ORIENTALE"

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    Sommario del 6. 0 numero:

    Il Burgenland (Attilio Tamaro). Rassegna politico-economica:

    Szfuazione del/' Europa politica Orientale (A. O.) - Testo detta convenzione per la neutralizzazione delle isole Aland.

    Notiziario politlco-etonondco - Notiziario QUtt\1tllle - Recenaionl e bi .. bl1ografie.

    Oli Siovacchi (Oiani Stuparich). Wit Stowtz, il Donatello della Polonia (C. jelltnta). Il movJment~ sionista ed il suo XII Congresso (M. Bei/insan).

    Notlziatlo polUico-economlcQ - Notiziario culturale - RecensionI e bi-bliografie.

    Sulle

    VASILE pARVAN - (J -

    , , ,

    origlnl della civilt Romena

    ROMA LIBRERIA DI CULTURA

    Viale Giulio Cesare, 27 1922

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  • BSTRATIO DALLA RIVtsTA .. L'EUROPA ORIENTALE .. II. 4-5.

    Una grande disgrazia dello pirito europeo di pensare in modo rettilineo: la colpa de li antichi Greci, ma noi li abbiamo seguiti senza mai controllarne la geometria spirituale con la esperienza storica dei duemila anni che abbiamo in pitl di loro. La natura si esplica in direzioni e dimensioni molteplici, e nessun fenomen naturale si ripete nell'identico modo. Ancor meno si ripetono i fenomeni spirituali. L'universo materiale e spirituale vive secondo un ritmo ondulatorio vario come le te se vibrazi ni dell'etere, innumerevoli nella diversit della loro larghezza, dell' intensit e della durata.

    La influenza dello pazio geografico sulla evoluzione dell'anima individuale e sociale . , in modo semplicistico, concepita c me assoluta. Si parla di Oriente e di

    ccidenfe, d Nord e di Sud come di realt storichc immutabili. Troppo spesso si dimentica eh';! non da punti ge grafici, ma da grandi focolari spirituali, accesi in-differentemente ad t ad ve t, a Nord o a Sud, si sono sviluppate le civilt storiche finora a noi note, attorno ai vari mari mcditerranei del nostro piccolo globo terrestre.

    Le origini della civilt romena costituisc no appunto lIna di queste smentite al punto di vista esclusivamente geografico, ed lilla conferma del punto di vista delle grandi ondulazioni spirituali su larghissimi spazi terrestri. II 1)01)010 romeno, situato nell Oriente, tra Slavi e Turani, tuttavia, per vi vezza di spirito, per sta-bilita di carattere, per concezione precisa e plastica del mondo e della vita, ben div rso dai suoi vicini, pi ottusi di corpo e di mente, 'irrequieti, violenti, nebu-losi, pronti ad ogni sagerazione del pensiero o del sentimento. La civilt romena, nelle sue forme etnografiche o culturali, costituisce un organismo originale e so-litario ad Est delle Alpi, la cui essenza non si potrebbe spiegare semplicemente col termine di latino , che e anch'esso Lt.tl mero simbolo (mediterraneo, e non latino, abbiamo come concetto sintetico, storico-spirituale), ma richiederebbe una analisi piti approfondita degli elementi componenti e delle sue potenze, per essere seriamente definito.

    Cerchiamo di fare in breve questa analisi storica. Le basi etnografiche del popolo romeno sono, presso a poco, note: elementi

    non romani, ma romanizzati, da tutte le part dell' Impero romano, e costituenti una vera collezione indo-europea (i pochi elementi semiti, riscontrati nelle iscri-zioni, non contano) vengono da Traiano colonizzati in grandissimo numero nel paese saccheggiato e spopolato dei Daci. Ai Daci rimasti nel paese e ai coloni ro-mani che insieme formano la Dacia Romana, si sovrappone la colonizzazione dei liberi Daci, fuggiti dal sud o gi da lungo tempo residenti nei Carpazi settentrio-nali (Daci, Costoboci, Carpi, come altrimenti si chiamano), numerosissimi a Nord della provincia romana, trasportati e stabiliti come nuovi coloni nella antica loro

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  • 4 HIGINI m oLLA IVII I R

    patria dagli Impcratori romani, chc fino alla mct del III ccolo i intitolano ali cora Dacici Maxni.

    Oue to complcss ctnic, con s I11pr pill forte pn:polldcranza dacica " toposto ad una potenti., iJ1la irradiazionc di civilta roll1ana. La Da ia, con ui tata da Traiano in un tcmpo di mas ima lInit e 01110 J I1cita del R l11an imo, dallo Atlantico alla foce ciel Danubio (I) mie c pcrtc nclla cizia Minor rh'clan nel-l'anno 100 d. Cr. una toponi\1lia romana 'ovrappo ta o gill tappo, ta alla toponimia tracica di quella regione), addirittura inondata dalla civilta romana di tutto lo impero in due modi: ol1ol11ico (sfruttamcnto delle yralH.li ricch zzc della Tl"al1-silvania, specialmente di oro 'aIe) militare (collccntraziol1 permal1cnt di trupp roman oltre la guarnigionc ordinaria, per le

  • 6 SULLE ORIGINI D LI. A CI ILT R MEN

    ,

    La vita politica del passato romcno ha 1) sue fondamenta 11 1 pensiero il11p . riale romano del monarca a soluto. Il DOl11l1 (Domlllls), come si hiama jn r -meno il sovrano, " patriarcalment se si vuole, ma certo romanament , il padre della nazione ed il proprietario teorico di tutto il paese. I nobili e i paesani liberi lo riconoscono comc loro supremo giudice, comandant e cap moral (ma non religioso: altro fatto di lafinit). a amministrazione, che veramente ~ ltanto fi -scale, si fa in nomc dci Principe Sovrano e per u cont per'onale. Il t soro dello Stato il tesoro del Principe. La sua ort si chiama J roprio co ': Cflrf~, con questo termine occidentale, Corle,Cour,Collrf, non col terll1in slavo Dvo,., e i suoi nobili comp:lglli si ch1mano llrfeni e Il Il Dvoriallill. La sua elle di giu stizia, Cllrtl!a dI! gilf1ecata, e di regno, i chiamer secondo le regi ni geografi-che: c nosciamo la anlica Curfea de r.(}esl7 che certo ha avuto la sua il11portal17.a anche nel duecento) ma che solo pcr il trec 11to ' riccamente docul11 ntata. 01 i influssi bizantini ch' dalla met del trecent fin ver o la met del quattr ccoto regolano, nel senso ellenistico romano, il Collegio dei Ministri del Principe, nel senso di servizio e dipendenza personale dalla sa l'a persona del Monarca, crea-rono anche da 11 i una nu va aristocrazia di funzioni, accanto alla antica ari t -crazia di propriet fondiaria e di attribuzioni giuridic -guerresche. Questo stato di cose non si verifica anche nella Transilvania. I Magiari, conquistando il paese, lo organizzarono feudalmente. La aristocrazia romena fu costretta, o a passare dalla parte del vincitore o a rassegnarsi alla condizione di suddita dei nobili. Il popolo romeno della Transilvania rimase senza rappresentanti autorevoli presso il sovrano e cadde in un misel'ando stato sociale-economico, sfruttato dai nobili ungheresi, dalle citt sassoni fondate appunto con la intenzione di valorizzare occid ntal-mente questo territorio, e dal clero cattolico di tutte le nazioni, che perseguita-vano la nostra nazione di confessione greca, cio, per gli stranieri, eretica.

    Non sappiamo se il jus Va!aclzicll/ll del quale parlano i documenti polacchi dei sec. XIII e XIV, contenesse anche disposizioni di diritto privato. Basti dire che gli antichi simi capi di villaggi e di territori rurali unitari si chiamavan dall' anti titolo romano, ben noto nella organizzazione del basso impero romano, Gilldici. AncOt'a oggi i distretti della Romania si chiamano jlldete, cio giudicature E dun que molto probabile che non solo i nomi, ma anche numerosi principi e pratiche di diritto romano provinciale (civile, penale. e amministrativo), si siano conservati nella procedura degli antichi giudici popolari romeni, nella stessa gui a che il principe popolare, il Dotnll (dominll ), ha conservato nelle sue funzioni gli antichi caratteri imperiali.

    Di una codificazione propria non si pu parlare che nell'evo moderno, dopo il 1600. La ispirazione fu anche questa volta romana, ma naturalmente per il tra-mite dei Basilica bizantini. .

    Una vita cittadina, il popolo ramen dapprima non 'ebbe. La origine di tutte le citt straniera, ci ungaro-sass ne, fino al quattrocento Invece le antiche Illlndinae, i luoghi e giorni di mercato, fissi, per le singole regioni, si conser-varono fino al tempo n stro. L'antico nome: forulIl o emporllfl'l sparito: per questo concetto, venuta in uso, sotto l'influsso slav , la parola farg, da torg. Questo mercato settimanale, mensile o annual , stabilito- indifferentemente in giorni

    RIGINI DELLA CIVII.T ROMENA 7

    di f sta o di lavoro, 11011 dip nde per affatto dalle citt, e spesso neanche dai villaggi: 111 Il di rado i ticne in Ull grande spazio lber , vicino o sulla strada che conduc ad un villaggio () ad una citt. Ritroviamo \' antica organizzazione 'collomica I 11 provinc r l11al1 , in cui i ferriforia o regiollfs, senza alcuna itt COlli apoluogo, i radullavano p r i lor affari religiosi, ammmistrativi, o

    p r il cambio dei pn dotti e manufatti, in Ull l!iCl! , o fJrcs o ulla villa di un /Jtlgll ' , d v per tradizione i l'a tabilito l' flllporifllll: il qllzqllenna/is terrf-lorii coi suoi curiale (pitt tardi abbiamo il jlldfX o' vecclli cl I villaggi ro lIIeno) aveva anzi l'occa ione di ten r tribunal di giustizia nell ste so Foram.

    e le citt lib re, ap rte, si fondano per l'influsso magiaro germanico, occi-d 'I!lale ) fioris 110 dapprima c Il la collaborazione d i Sa 5,oni d Ila Transilva-nia, dei Polacchi dei J no esi e V neziani trafficanti nel Mar Nero e sul Da-nllbio inferiore (gi dal princil i della vita romena politicamente organizzata nei due r rincipati di Valachia e Moldavia), le citta-forti} le f rtezz ,i a t Ili, paiono avere lIna tradizion ininterr tta dai t I11pi romani. La parola civitas, che gi nel IV ecolo 110n av va piu senso politic -amministrativo (v di I civitates OaLlicae e le varie cil'ifa/es rurali di caratt re etnografico, dell' llIyricul11 e della Tracia), 111a senso militar - trat gico di fortezza, ha in romeno il solo significato di citta-forte. ' III ntre i (Jallor mani an h gli. Italiani conservano s !tanto il sen o civil~ della parola civifas, i Romeni denominano con la parola cefate tutte le fortezze dell' antico territorio dacico, cio' tanto nella Transilvania che nei Prin-cipati. Ed molto int 're 'ante c Ilstatare che 111 ntre il nostro popolo chiamer al l1Iodo slavo, le antiche rovine (dacich romane) /{r a dis te, (da gradist: luogo dov fu un (Tra(!1.t, lilla citt), u r per soltanto celate per indicare una for-t zz< in sen o cont 1l1poranc , cio' la citta-forte dove abita il Principe, o dove alla fronti 'l'a, i vari capifallei del DomJtlll , v gliano alla sicurezta del Paese. E dalla \1loldava eta Ifa Alba (il MOl1castro de' enovesi), alla Cefatfa de Floci nella Valacllia, alla Cefatea de Balta nella TI"ansilvania, l'antica denominazione e l'antic sen o n n lIlutano. A coloro che studiano la nostra toponimia slava non fugga il doppione: celate, senso vivo, gradiste, senso morto.

    Se Cl questi pochi dettagli aggiungiamo che l'abitazione e il vestiario del con-tadino romen 50110 ancor oggi presso a poco gli stessi de' suoi primogenitori, i Daci, quali li v diamo rappre entati sulla Colonna Trajana, si capir perch il popolo r meno co tituisca n Il' Oriente qualcosa di specifico c che nOll pu pa-ragonarsi con gli altri poroli che lo circondano.

    Ma per c mpletare l'aspetto della cultura popolar, eternamente la stessa nel SLIO perp tuo COllS rvativismo tnografico, bisoana ricordare anche i costumi, le f ste i miti, i racconti e le uperstiziolli paesane, antichissime, di questo popolo. Il cult del fuoco (non meno romano che traco-dacico), le Rosalia italiche con le c ril110nie ai s poI cri fati proprio com duemila anni fa, tutto il culto dei morti col pervirrililllll che i pu leggere in Apuleio di Madaura come se fa se la de-scrizione di un pril'eghill popolare romeno, tutta la terminologia ed i concetti della vita pa toral ed agricola, sono latini, cioe provinciali romani. E se per caso

    i i Vll le valere dei motivi ornamentali dell'arte popolare rom na, per dimostrare lilla id ntit di cultura, quindi una dip nclenza nostra dagli Slavi e dai Magiari,

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    8 SULLE ORI JlNI DELLA CIVIL T ROMENA

    si paragonino anche i tessuti e i ricami romeni, nella loro sinf Bia cr matica di squisita distinzione: nero, bianco, or , con punti discreti di rosso, con la colo-razione stridente di verde, giallo, rosso degli altri.

    Ma la civilt etnografica non che la base della civilta clta, creatrice d'idee nuove e forme univer'3almente valevoli.

    Esaminiamo ora perch anche su questo terreno l'Oriente bizantino-slavo non riusci ad impadronirsi della anima romena, e la sua oricntazi ne rimase sempre occidentaJe o propria.

    Gi alla fine del quarto secolo, quanclo le invasioni gotiche divengono insll-perabili per l'esercito de' Cesari d'Oriente, si nota la incro tazione di Bi an'Zio in se stesso, con sempre maggiori legami con l'Asia Minor , della qllale Bi anzio I comincia a divenire un semplice prolunO"amento nell' Eur pa, mentre la p nisola balcanica col suo nuovo c(>ntro culturale in Salonicco, diviene un territorio sempli cemente protetto di re barbari - con pretese imperiali - tipendiati da Costanti-nopoli, o di clienti (con o senza titoli bizantini) dei Ce ari rinchiusi 11 i loro pa-lazzi del Corno d'Oro. Le grandi mura della Citt d'Ori nte divengono allora an -che mura spirituali.

    Cos si spiega perch anche il nostro Cri tianesimo non ' ia di origine bizantina, cQl11e quello de' Goti di Ulfila, o con quello, molto pi tardo, slavo dei alcani, ma di origine latina, trasmesso alla Dacia Traiana dai missionari d li' Illirico la-tino fra il 350 e il 450, e principalmente sotto l'influenza del grande ap tolo di questa regione, il santo vescovo di Remesialla, Niceta, l'amico di Paolino di Nola, il soave poeta dell'Italia cristiana. Non qui il caso di ripetere l'argomentazione di questo problema, gi esposta dodici anni fa in un apposito libro: basti ricor dare la nostra terminologia cristiana d'origine latina, ed anzi caratteristica pro-vinciale-danubiaona; noi diciamo biserica, cio basilica, e 110n ecc/esia, come gli Italiani, i Francesi e gli Spagnuoli, neppure I,yriakn come gli Slavi, i Tedeschi, gli Inglesi, - e cos dicasi per gli altri termini es enziali del cristiane imo.

    Bisanzio dunque si chiude nella sua conca di mistico razionalismo teologi co, di splendore d'arte, di tragico sogno imperiale romano, al di sopra di un mon do che fino agli stessi Cesari divenuto barbaro. Gli Slavi prima, tUl11ultuariamente, (perch la razza slava non ebbe mai il genio politico e sono gli Avari, i Bul-gari, i Magiari, i franchi, i Varegui, cio i Normanni, i Tedeschi, i Finni, i Tar-tari, che hanno dato loro la organizzazione di Stato), poi i Turani (Bulgari nei Balcani, Magiari sul Danubio Pannollico) divengono i veri signori di questi paesi. Le guerre e i ktismata (le fortezze) di Giustiniano, l'illiro romanizzato, non po tcrono mutare il destino di queste contrad , come non lo poterono tutte le stragi cruente fino a quella di Basilio Il, il Bulgardono. Tenaci e prolifici, gli Slavi hanno resistito.

    Naturalmente, la loro cultura nascente subir molto l'influsso, per le vie di terra, di Bisanzio desiderata, aborrita, imitata. Ma i veri legami di Bisanzio col mondo, saranno nell'~vvenire soltanto per la via del mare, come nell'antico tempo, quando i Greci avevano tutto il litorale dell'Egeo, dell'Adriatico, dell'Eusino, ma quasi niente dell'interno illiro-tracico. Lo stesso fenomeno si ripeter ora, in a ltro senso, con altre conseguenze. Avremo la civilt bizantina in Sicilia, in Ravenna,

    I

  • lO SULLE IVILTA ROM 'NA

    primi monumenti caratteristici come arte superiore appaiono in terra ro-mena verso il 1200 (resti di una cattedrale gotica scoperti alcuni anni fa presso l'antico PorolisslIm dei Dacoromani). I secoli XIII XV ompletano sotto tlltti i punti di vista il materiale nec s ario per una analisi degli elementi di cultura creatrice, la sola che dia diritto ad un popolo cii considerar i civile.

    Ma prima, una visione della met del trecento. Ad Argesh, nei Carpazi mc-ridionali, sorge una nuova Corte dei Bassarabi, i Domni a toata tara roma neasca ') , di tutta la terra romena fra i monti, il Danubio ed il mare. Si chiam Curtea de Araesh, con quest antico nome lafinodacico. Una nuova cat-tedrale si innalza, di pura struttura bizantina, come a Costantinopoli, a Salollicc nella Serbiao Pittori che forse avranno lavorat anche alla bella chiesa eh iamata poi la Kahri - Djami nella Bisanzio turca, tanto sono plendidi i loro affreschi, (scoperti due anni fa dai nostri artisti ed archeolo

  • 12 SULLE ORIGINI DELLA CIVILT ROMENA

    all'Austria, nel 1775, alla Russia nel 1812 (quella Bessarabia che s !tanto i CIl1ICI internazionali possono ancora contendere alla Romania, quasi che anche la Venezia italiana dovesse ritornare all' Austria, perch per tanto temp appartenne a q ueI-l'Impero), ma i Turchi furono sempre veri gentilu mini: il notro vaIor guerriero incusse loro sempre rispetto, anche quando nOI1 era pi che Ull ricordo torico, al tempo disgraziato dei Fanarioti, e cos la nostra vita spirituale n Il bbe bisogno di ricominciare nel secolo XIX. E sa c ntinu, sulla traccia di tlntichis ime tradi-zioni. La nostra arte datava da sei ecoli, la 110 tra letteratura, in romeno (non parlo di quella, molto importante, nella lingua liturgica - cOl11e il latino d i ma-giari turanici fino ali inizio del secolo XIX, dei Polacchi slavi), la no tra lette-ratura in romeno aveva gi cinque secoli di vita, la no. tra orgunizzazion in tati nazionali pi di sette secoli.

    E un altro fatto e i te ancora, poco noto agli occidentali. La c scienza della unit nazionale romena e la vita perfettamente unitaria, 110n lo c n0111ica, l anzi politico-guerresca, ma anche int lIettuale, dei tre paesi romeni (Transilvania, Valachia, Moldavia) antica come la stes a st i'iografia romena. l a n tra origin romana forma naturalmente UI1 articolo di credo indiscutibil , 11 n 010 p r noi, ma anche per gli stranieri, come espress quell'ulllallista italiano dell'Ungh ria, il BOllfini. Si s oggi che etnograficamente siamo fra i popoli latini il pill omogeneo: la medesima lingua si parla, senza nessuna cl ifficolt dialettale di compI' I1siolP, Sll un'area grande come la Gran Bretagna o l'Italia. Ma nel campo della cultura su-periore, l'origine della nostra unit contemporan a, unit di pirito e di t nclcllze non meno antica; i nostri Principi sovrani della Valachia della Molclavia eb-bero sempre cura anche della Transil ania. I monasteri fondati (la stessa 111 ~tropolia (arcivescovado) della Transilvania ulla fond1zione ortodossa valacca), la dipendenza religiosa della TransiIvania dalla metropolia valacca di Taro" viste, i libri sacri inviati alle chiese di Transilvania, infine il dominio diretto territorialc che culmina nella unione dei tre Principati nel 1600 sotto Michel il Bravo, la storiografia dei nostri autori, vari come origin l cale, l11a sempre fatta dal punto di vista generale romeno, lo scambio reciproco di notevoli rappresentanti ulturali, fin dai pi antichi tel11pi, per culminare nel tempo del nostro rinascilllcnto, sotto l'influs o di Roma cattolica, coi Romeni della TransiIvallia (a partire dal 1700), la politica nazionale unitaria svoltasi nei tI' pae i ~)i fin dall' illizio dI. ccolo XIX, quando per la prima volta comincia la grand politica cure pea sul principio della nazionalit, - tutto ha c llcorso a questa unit di anil1la che oo"gi e un fe-nomeno unico nell'Ori nte dell'Europa.

    Le idee e le forme della civilt l'Om na hanl10 insomma queste cinqu ongll1l:. un antico fondo daco- romano, piutto to etno(Trafico ed inconsapevole, ma tanto pi profondo appunto per ci; un notevole fondo bizantino, vel1uto generalmente attraverso gli Slavi, perche vicini, pi di noi, ai Bizantini, ed in perpetuo conflitto di interessi con loro, mentre i mas imi nostri conflitti ocl inter si comuni erano o con gli Slavi o con l'Occidente; un fondo occidentale, cio~ latillo-germanico-fiammingo, trasl11ssoci attraver o i Tedeschi, gli Ungheresi, i Sa soni di Transil-vania, i Polacchi, e pi tarcli anche direttamente dal Belgio e da Vienna, da Praga, da Lipsia e da Breslavia; un fondo italiano, pervenuto sia indirettamente, per l a

    I.LE RI INI DELLA CIVILT ROMENA ]3

    Dalmazia, i Ragu ani i Serbi, ia direttamente dai G n ve i, i Veneziani ed altri Italiani velluti da noi come negozianti, viaggiatori, maestri di arti e mestieri, preti, diplomati i ovvero prov niente dai n stri che vennero in Italia a studiare o a trat-tare di relazioni p litich fin dal temp d t nostro Stefano il Grande, nel 400; infine, un fondo mo l rno francese, molto importante ma n n decisivo per la intima truttura delle nostra anima contemporanea, perch valevole da noi, non c me c a francese ma latina, cio romana, e che quindi nulla cambia, ma con-f l'ma la no tra mcntalit latina molto pi antica di questo influsso.

    Esaminiam que te cinque sp cie di riaini, secondo il loro contenuto spi-rituale.

    La 110. tra ori fin daco-romana ci ha dato il corpo e l'anima popolare: il nostro tipo fisico, pi\ magro, piu piccolo e I iu agile di quello degli Slavi; ci ha dato la lingua 'on la sua indole chiara, latina, - i ha dato i costumi, le usanze, le tradizioni della vita materiale: la dimora, il vestiario, le occupazioni pastorali ed afTricole; ci ha dato il10ltr " da una parte il cristianesimo e dall'altra il mito, la leggenda e le up r tizioni primitive, c Il tutta la loro serie pagana di incan-t simi, di rac onti e di altr form della nostra superstizione; ci ha data la nostra fil oria popolar ch ne li aneddoti, nei proverbi, nell massim e negli enigmi ricchissima e sottilissima di pensiero acuto e di ironia; ci ha data infine la tenacia della volont e l' impavido di prezz d I1a morte in guerra, che sono non meno l' mane ch dacich. Di questa redit, una parte controllabile anche dalla sem-plice erudizione, con l'aiuto dei dizionari etimologici, i viaggi e le letture etno-~"rafiche, 011 le indagini t rico-filologiche nei testi e documenti antichi e moderni, coi comI tlti e le tatistichc etnologiche-etnografiche, etc. Un altra parte, all'incontro, 110n documentabile, ma solo intuibile; e per la intuizione storico-etnografica non c'e che il buon (ddio ch da o nega ai mortali questa forma di ingegno. Dalla civilt romana, 11 n dimentichiamolo, ci vengono, tra la vita culturale e la vita popolar, anch le prime tracci e di orO'anizzazione sociale, politica, giuridica, ed al1ll11ini trativa, cio i principi fondamentali della vit pubblica.

    La civilt bizantina non in fondo che un'altra concezione, pi ellenistica-imperiale e meno latina-liberale, del Rornallesimo, ma in OJ11ma anch'essa di svi-lupp romano; essa ha completato quello che la semplice tradizione popolare dac -r l11al1a non poteva fornire: l'organizzazione dello Stato, l'organizzazione della Chi sa nazionale, l'arte religiosa. La trasmissione di qu sti valori storici av-venendo, come gi dissi, non sempre attraverso i Greci stessi (come sar il caso, nello stesso modo che per l'Italia, dopo la definitiva presa di possesso dell' im-per d'Oriente da parte dei Turchi), ma avvenendo pill spesso attraverso gli Slavi, abbiamo avuto monaci ed artisti serbi, termini e costumi slavi, attivi da noi come sul proprio terreno. Ma ~ molto interessante constatare la nostra indiRencienza di spirito gi c n la antichissima testimonianza eli Curtea de Argesh: sugli affreschi troviamo iscrizioni slave accanto alle greche, cio al-tisti slavi e greci che lavorano insieme per lo stesso dOIlZ211S che al di sopra di loro, e nello stesso senso di arte bizantina pura. lo stesso dicasi dello Slavismo letterario che non era che una forma dell' influs o bizantino traverso la Chiesa: le nostre relazioni dirette con Costantin poli essendosi interrotte con la invasione dei Turchi nella penisola Bal-

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  • 14 SULLE ORIGINI DELLA CIVIL T ROM NA

    canica, ed avendo dovuto cessare il buon avvial1l Ilto ael uno cambio ontilluo di idee con Bisanzio stessa, iniziatosi Il Ila Valachia c anco~ pit caratteristico nella Moldavia sotto Alessandro il Buono, nei primi tr decellni del '400, - i 110, tri legami con la chiesa slava di crida diventarono 1l1olto str tti. . quc ta fu una gran disgrazia. Perch , invece dello pirito u1Iiversale roma1lo bizantino li lVell11l1 ) un tel11p accont ntarci del ristretto spirit() slavo, di int re.,si lo . ali di mentalit provinciale. Vero per ch gli Slavi tcssi Bulgari o erbi, caddero sotto i Tur hi gi alla fine del trecento, e definitivamente nel '400, mentre I> Il ) trc lotte di in-dipendenza duravano ancora eroiche in pieno seicento, e noi ristabilim1l1o la l11el1-talit europea nella nostra cultura, tanto per la via cl' riente, dir ttament col mondo ellenico cristiano di tutto il Mediterraneo orientale, dal MOllte Ath s al Monte Sinai, quanto per la via dell'Occidente cattolico, ben h noi stes i orto do si. Se dunque una gran parte delle nostre prime forme di cultura llperior sono bizantine, n011 bisogna contentarsi di questa gen ralit storica, ma e l1ire la caratteristica evoluzione di que te forme in terra romena. fu gi notato da pa recchi storici dell' arte che il bizantino romeno ha l1n uo viluPI o partic Jare, come il bizantino italiano, o come il gotico italiano. ono forme nllove, he nOI] solo nell'ornamentazione, ma anche nella struttura degli edifizi caratterizzano 1111 modo particolare di pensiero creator . Si paragoni, per e . la nuova attedrale di Argesh, eretta nel cinquecento da Neagoe Basarab, e le chiese 111 Idave ciel '500 e del '600, con lo stile tradizionale bizantino, e si vedr facilmente che nOI1 si PlI pi parlare, da noi, di un'arte semplicemcnte bizantina, ma di arte veram I\te romena. Questo sviluppo molto naturale, perch gi dalI inizio, artisti romeni lav rallo insieme con artisti stranieri. La grande fioritura artistica, sia sacra che profana, del seicento valacco, crea una vera scuola di artisti romeni. I monasteri ed i pa-lazzi dei Principi e dei nobili sorgono splelldic\issimi ovunque. Le corti (cllrtil{J) del Brancoveanu presso Bucarest, il suo monastero di Horez nella picco la Vala-chia ne sono indimenticabili testimoni.

    Il carattere generale europeo dell' influsso greco sul no tro paese si afferm un' altra volta nel '700, quando la ripresa dell' influsso bizantino, epigonico, per mezzo dei Principi fanarioti inviati da Costantinopoli a rappresentare fedell11ent l'Alta Porta nei due Principati romeni, sempre ribelli alla proteziol1 ottomana e sempre cospiranti coi cristiani imperiali, sia Germani, sia, allora, Russi dette occasione alla cultura medio e neo-greca di impadronirsi di nuovo clelIa Corte. Ebbene, tutti i nostri nobili, e tutti i discepoli delle scuole greche, fonelate nei Principati, non studiavano materia esclusivamente greca. Tutte le P ilI importanti opere della letteratura italiana, francese, e in generc occidentale, tradotte in neo-greco, erano oggetto di studio e di rif1e~sione per i 110 tri. Si pensi poi che i Principi, i nobili, i preti, i monaci, i letterati, gli scienziati greci, venuti da noi per vivere come nel seno di Abramo, avevano spesso una mentalit europea -.-le idee francesi del '700 trovavano alle nostre corti principesche non di rado la stessa buona accoglienza che in Occidente - la lingua e la letteratura greca compiva dunque la stessa funzione che ebbero nel secolo XIX il francese, e poi il tedesco o l'inglese.

    Passiamo ora alla civilt oecidentale a 110rd e ad est delle Alpi.

    ULI. I JINI DELLA CIVILT R MENA ]5

    Dall' prilll fortezze che sorgono 1lel '200 III nostro suolo, erette dai cavalieri teutol1i i, poi ... Iai cavali ri di S. Giovanni (pi tardi di nuovo dai cavalieri teutonici), contn.> la minaccia cUl11an tartara (poi turca), fino alle macchine cl' ogni specie che nel 'ecoto XIX invasero anch la 110 tra campagna, penetrando ncll'uso dei contadini, tutto quanto v niva lall' vest era ~ nemtesc , tedesco. Avemmo la

    etatell Ne'lIlII/lllll; (la fortezza li 'I Tedesco) ol11e nome schiettamel1te popolare, come og-gi abbiamo la Iwill(l nemtl'asca, il vestito tedesco, pcr chi vestito di-verso dal contadino (che ve tito ancora comc al tempo dei Daci) cio vestito cittadino, bor rhesc. l I11cstieri ed negozi chc dal tempo pitl antico fornivano i ilO tri pae -i dci prodotti manufatti pi complessi, piil vari, pill fini, pill costo i, ddla civilt materiale occid 'l1tale, empre piit avanzata della nostra, hanno im-pre o nella nostra lingua i lor t l'mini, nella nostra arte le loro forme, nella nostra vita e civilt il loro 11l0dell . Bi ogna ricordarsi che le nostre prime lotte pcr la libert avvenllcro Il 1 '200, Il l '300 e nel 400 contro i re ungheresi e po-lacch i che desideravano ad ogni costo fare dei nostri sovrani i loro vassalli. I nostri Principi 11 r non riconobbero mai le pretese ungheresi o polacche, e quando gli altri ebbero la el11plicit di spirito di assalirci Ilei nostri paesi, la confitta mititare dcgli stranieri fu la soluzione decisiva cii questa controversia di

    diritto feudale. Oli Angi ungheresi nella Valachia del '300, i Corvini (romeni rinnegati divenuti r' ullgheresi) nella Moldavia del '400, ebbero ugualmente a dolersi della perfidia valacca che pezzo, nei monti selvaggi clelia nostra frontiera transilvana, le loro armi empr vittoriose su altri campi. Si capisce facilmente quanto grande fu lo scambio di idee e eli forme fra l'Ungheria e la Polonia da una parte, la Valachia e la Moldavia dall' altra. Non parleremo di cose tecniche ilei campo militare (fortezze, armi, metodi di guerra), n in quello della industria min rari a (specialmente del sale di rocca, esercitata da ungheresi colonizzati come lavoratori specializzati da noi). Ci fermeremo un solo momento all'arte. I gioiel-li ri g li refici sassoni Iella Transitvania, Sibiu (Hermannstadt), Brasov (Kron-stadt), Bistrita, lavoravano pei no tri principi e nobili cose sacre e profane, mo-d lIate secondo il nostro gusto. Naturalmente, lo stile ehe prevalse fu nei primi tempi il gotico, poi quello del rinascimento, cos che nelle nostre chiese e nei nostri palazzi si trovavano in grande misura rappresentati gli stili occidentali come caratteristici per le arti minori. Ma 110n solo in questo campo, anche nella architettura avemmo un grande influsso gotico. Lo stile moldavo dei primi secoli l110sl a una sinte i cii elementi costruttivi romeno-bizantini e cl i elementi orna-mentali gotici. Le incorniciature delle porte e delle finestre, lavorate sempre in pietra, sono di linea pura gotica. Vi e, come nelle cattedre di Nicolo d'Apulia -11 Ile quali il gotico e il romano, classico, si univano senza transizione - qualche cosa di aspro, di discordante, e che tuttavia impressiona piacevolmente, in questa unione d l bizantino col gotico. I maestri dell' Ovest che portavano con loro lo stile gotico ebbero poi l'occasione di creare anche lavori di forma pura, come per s. nei palazzi principeschi eretti presso i Monasteri di Trei-Jerarehi e di

    etatuia, n Ila capitale della Moldavia, a Jassy. Ma, come il gotico italiano, il gotico romeno 11011 aveva molta propensione per la linea verticale, e preferiva quella rizzontale, il ritmo sicuro, largo, pesante, che gli era familiare dalle cu-

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  • 16 SULL ORIGINI DELLA CrVIL T ROMENA

    pole e dalle arcate bizantine e dalla linea massiccia delle fortezze romanich . Cc me la moda nella vita dell aristocrazia, come gli stili nell'arte, cosi le forme letterarie dell'Ovest procurarono motivi di ispirazione alla nostra nascente letteratura nazio-nale. Due sono le direzioni nelle quali, fin dal principio, l'Occidente ci fu di grande utilit: la religiosa e la storica la prima attraverso I Ungheria, la se-conda per la stessa via, ma anche piil attraverso la P)I nia. L lotte terribili c le persecuzioni che la riforma luterana, calvinista, hu sita, avevano provocate, ebbero la loro eco fino nella Transilvania. La furibonda attivit di pr paganda cominci, nelle lingue umili dei servi, cio dei Romeni e degli Slavi dell'Uno-h ria. Gli apostoli della riforma traducevano tutti i libri santi e sistematizzavano il nuovo credo anti-cattolico in opuscoli stampati anche in romeno. Noi, come qrfodossi, non eravamo affatto entusiasti della riforma. Ma il servizio res dagli id alisti combattenti stranieri ci fu molto utile. Cominciato il moviment , nella Transil-vania, dagli altri, i nostri lo continuarono nei Principati liberi. Lo slavismo 1110-riva. La nostra lingua risuonava adesso anchc nella chiesa. In quant alla 110 tra letteratura storica, gi da lungo esistente in slavo, per h cOllcepita da monaci, nei monasteri, essa pass allora nelle mani della nostra aristocrazia. l nobili mol-davi, in stretti legami spirituali con la Polonia, dove molti, come giovani, face-vano i loro studi in latino e in polacco, furono q uclJj che cominciarono la seric delle cronache, secondo il modello della clzrollica latina del medio evo occiden tale. La gloriosa serie moldava, che gia col suo primo rappr sentante, il vorni (sarebbe il magister militum romano-bizantino) Gregorio Urechi, sale ad un li-vello artistico, paragonabile ai migliori modelli esteri, continua col geniale Miron Costin, e col suo erudito figlio Nicola Costin, e passando per la apparizi ne del-l'incantevole stile popolare del Niculcea si prosegue fino ai nostri giorni, cOllie una tradizione specificamente moldava.

    Mirone Costin, che scrive contemporaneamente in romeno, in latino e in po-lacco, anche una gloria della Polonia, come poi i nostri Demetrio ed Anti co Cantemir lo saranno della Russia. Le nostre forze spirituali gi nel seicento 11101-davo sono tanto esuberanti che dalla famiglia regnante dei Movila, noi possiamo far dono ai Russi, alla fine del secolo, del grande letterato al cvescov Pietro, organizzatore della chiesa di Kiev, ed ai Polacchi di numerosi Principi che in perpetua lotta coi Turchi restano per sempre nella Polonia e contribuiscono alla gloria del 600 polacco. La storiografia valacca meno brillante, ma non meno erudita, di quella moldava, ha nel suo Costantino Cantacuzino un rappresentante non solo di larga cultura (aveva studiato a Padova), ma anche di importanza europea. Il suo orien-tamento occidentale. Infatti, nella Valachia c' il sacro impero romano di nazione germanica che man mano estendendosi (sopra l'Ungheria abbassata, e, dopo la liberazione dal giogo turco, austriacizzata ) fino nella Transilvania, utilizza tutto il nostro spirito di indipendenza per avere in noi un potente fattore nella guerra per-petua contro i Turchi. Tutti i nostri principi del '500 e del '600 ebbero strette relazioni, oppure gravi conflitti coi Cesari di Vienna. Ma questi Cesari regnavano anche in Italia. La cultura austriaca profondamente penetrata di elementi italiani. Sar dunque straordinario se nella Valachia rrotetta dagli Imperatori romano-germanici troveremo molta italianit nell'arte sacra e profana del seicento e del settecento?

    IVII.TJ ROM NA 17

    Ma la g-rande parte chc l'Italia rappresellt - da s e per s - nelle ongl111 della no tra civilt un altra. Come oggi la nostra gioventll si reca cos1 Ilume-ro a all'c tcro: a f arigi a Roma, in Germania e in Inghilterra, cosi, dal 1700 fino al 1860 circa i nostri accor ero empre piu num rosi a Padova, a Roma e altrove

    l110ltis tmi dalla Transilvallia unita con la Chiesa di Roma, per studiare ileI colleo"io De propaganda fide, ma anche dai Principati, e sellza legame alcuno con la hic a, giuristi, torici, artisti, ti altri. Le traduzioni fatte nel '700 c nell' '800 dali italian in romeno, pro a e poesia, teatro e scienza, sono tante che sar .cr r;t11de fatica, p r lo scienziato ch voglia seguire le relazioni fra la Romania e l'Italia in questi due ecoli, ritrovarle c l10tarle tutte.

    L'influsso francese sulla nostra civilt recentissimo. Trattandosi di origini, non dovrebbe ancora c sere prc_ o in considerazione, perch conviene prima aspet-tarne i ri ultati piLI caratt ' l'i tici e decisivi. Ma siccome la scienza contemporanea romcna costituiscc un tale ri ultato, avendo gi acquistato un posto molto ono-rcvol> 11 l mondo la Francia, per questo lato della nostra civilt, ha il suo merito, va qui ricordata. l'all1icizia franco rom 11a ha le sue basi incrollabili nella pro pagallda faHa in Francia, per .amor nostro, dai grandi scrittori francesi, Edgar Ollin t e Jules Michelct. Quando Napoleone lII, insiemc col Cavour, ci tese la slIa mano fratcrna pcr porre le fondamellta ciel nostro Stato moderno, contro la Rus, ia, dalla quale ci fll resa almeno una parte della B ssarabia rapitaci, c

    Ol1tl'O J'ALI tria, l'il1lp ratnrc ti i Francesi cre un legame che doveva risultare 11011 mcno utile per la Francia che per la Romania. Per le origini della nostra civilt era anche importante in questa amicizia, come ho gia accennato, non l'idea frane se in particolare, ma l'idea neolatina, romana, gcnemle. La nostra amicizia per la Francia 11011 escludeva, ma ri hieeleva l'amicizia c Il l'Italia, tanto piu antica, Ilei nostri legami spirituali, dell' altra sorella.

    Mi sia ora conc sso di chiudere queste considerazioni con la idea generatrice d I presente saggio: la nostra civilt, di origine romana, si afferm e divenne creatrice, sia con l'aiuto di idee e forme bizantine, cio generalmente europee, perch attive fino nella Francia e:rotica, sia con elcmenti occidentali di carattere div l'SO, ma nella loro maggioranza latino ed italiano, prevalenti a causa deJIa coscienza sel11prc viva della nostra origine romana. L'et della nostra civilta, crea-trice di valori storici univcrsali, eli sei secoli. Il carattere della nostra civilt , com quello dell' Unghcria c della Polonia, vcsteuropco. La 110stra mentalit tol-lerante e liberaI - Il n avemmo mai lotte di razza e di religione - anche molto pill serena ed avanzata di quella dei due paesi citati, che hanno avuto, forse per le loro difficolt storiche, ma anche per il carattere della razza, un passato 11011 sempr lodevole nell' oppressione dei popoli che furono loro soggetti.

    Non ho fatto oggi che mettere in luce una serie di problemi storici. Lungi da me il pensiero di aver dato delle soluzioni. Mi auguro soltanto di aver mo-strato l'importanza per la scienza e la civilt italiana di conoscere, per lo studio appunto di scienziati italian i, la nostra civilt romena, rappresentante tenace e feci le dcll'anima latina in Oriente.

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