Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

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PARTITA TRIPLA la Biennale Fabio Fontana, 5ªE P ortare dei diciottenni senza alcuna preparazio- ne in materia ad una mostra d'arte contemporanea: qual- cuno aveva storto il naso. La migliore risposta è stata l‟istantanea di un gruppetto di bambini della scuola ma- terna tutti rapiti dalle parole della loro guida davanti alle tele del Tintoretto. Non im- porta l'età, non importa l'e- strazione sociale, né il livello di istruzione, l'arte ha un messaggio e uno spunto di riflessione per tutti; a chiun- que procura delle impressio- ni. Queste sono le nostre. Erika De Filippo, 5ªH S upero l‟ingresso della 54ª Biennale di Venezia, faccio il primo passo sentendo la ghiaia dei Giardini sotto i miei piedi, osservo la piantina e inizio a interrogarmi sulle motivazioni che hanno spinto la curatrice, Beatrice Curiger, a scegliere, per questa edizio- ne, il titolo “ILLUMInazioni”, termine che gioca sulla com- binazione dei concetti di luce e di Nazione. Con questa do- manda costante nella mia mente, inizio la mia visita, sempre più motivata dal desi- derio di soddisfare la mia curiosità. Michela Trapattoni , 5ªH E ro consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, per me, cogliere ciò che ciascun autore ha voluto trasmettere con le proprie opere, alla 54ª mostra della biennale di Venezia. Come ci ha spiegato il professore Paramatti, noi italiani abbiamo sem- pre concepito l‟arte come la ricerca del bello e del perfetto, ri- scontrando molta difficoltà a separarci da questa idea. Essa non era presente nelle opere della Biennale, in quanto era caratteriz- zata dall‟arte contemporanea (dal 1945 in poi), che ha trovato semplicemente il suo valore nel proprio linguaggio. La curatrice della mostra quest‟anno era Beatrice Curiger la quale ha scelto il titolo “ILLUMInazioni”, esaltando il tema della luce (“illumi”) e della nazione. Premetto che le istallazioni che mi sono piaciute di più erano quelle con cui noi visitatori abbiamo potuto interagire, e diventa- re quindi parte dell‟opera. Quando la mattina del 26 ottobre siamo arrivati alla biennale, ci siamo divisi in gruppi e con la cartina dei giardini in mano, io e le mie compagne abbiamo ini- ziato a visitare i padiglioni suggeriti dagli insegnanti. E IN AUSFLUG NACH V ENEDIG Cristina Tresoldi , 4ªH A lle zwei Jahre ist Venedig der Schauplatz für Zeitgenössische Kunst. Die Biennale von Venedig zieht Künstler, Kritiker und Besucher in die Lagunenstadt, um hier eine der wichti- gsten Kunstausstellungen der Welt zu besuchen. Vom 4. Juni bis zum 27. November 2011 öffnet die 54. Internationale Kunstausstel- lung ihre Türen. Dieses Jahr steht die Biennale unter dem Motto ILLUMInazioni und wie gewohnt findet sie in den Räumli- chkeiten des "Arsenale" und der "Giardini" von Venedig statt. Die Giardini sind der Standort der ver- schiedenen Länder-Pavillions, in denen sich insgesamt 28 verschiedene Länder ausdrücken. Die Biennale ist riesig und es gibt viel zu entdecken, über 87 Pavillons zu sehen. Am Freitag 4. November sind wir nach Venedig gefahren. Giusy Carbone, 4ªH Wir sind mit der Klasse 4^B, 4^I und 4^M dort gewesen. Wir haben um 6:30 Uhr Treviglio verlassen und die Reise hat vier Stunden gedauert. Das Wetter war nicht gut, weil es geregnet hat. Wir sind mit einer Fähre gefahren, dann sind wir in Venedig angekommen. Während des Vor- mittags haben wir viele Pavillons von Deu- tschland, von den USA, Frankreich, Spa- nien, England, von der Turkei und Asien besucht. Sie waren sehr interessant und um 12.30 Uhr habe ich ein Brot mit mei- nen Freundinnen gegessen. Während des Nachmittags haben wir den italienischen Pavillon mit unserer Lehrerin M. Igini be- sucht. Der Pavillon war sehr gross und hatte viele Bilder von ca. zweihundert Künstlern. Es gab auch viele deutsche Touristen. Wir haben zahbreiche Geschen- ke gekauft und um 6:00 Uhr sind wir nach Treviglio zurück gefahren. Es hat immer noch geregnet. Wir sind um 10 Uhr in Treviglio angekommen. Ich denke, Vene- dig ist eine schöne Stadt und dieser Au- sflug ist ausgezeichnet gewesen! Chiara Sangalli , 4ªH Ich denke, dass die zeitgenössische Kunst schwer zu verstehen ist aber wir haben uns sehr gefreut, diese schöne Angele- genheit bekommen zu haben. Valentina Testa, 4ªH Diese Erfahrung war sehr interessant, weil Kunst die Gesellschaft wiederspiegelt und wir können die Wirklichkeit, die uns um- gibt, besser verstehen.

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L'inserto di Partita Tripla sulla mostra d'arte contemporanea di Venezia, che alcune classi dell'ITC Oberdan hanno visitato nei mesi di ottobre e novembre 2011.

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Page 1: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

PARTITA TRIPLA

la Biennale Fabio Fontana, 5ªE

P ortare dei diciottenni senza alcuna preparazio-

ne in materia ad una mostra d'arte contemporanea: qual-cuno aveva storto il naso. La migliore risposta è stata l‟istantanea di un gruppetto

di bambini della scuola ma-terna tutti rapiti dalle parole della loro guida davanti alle tele del Tintoretto. Non im-porta l'età, non importa l'e-strazione sociale, né il livello di istruzione, l'arte ha un messaggio e uno spunto di riflessione per tutti; a chiun-que procura delle impressio-ni. Queste sono le nostre.

Erika De Filippo, 5ªH

S upero l‟ingresso della 54ª Biennale di Venezia, faccio

il primo passo sentendo la ghiaia dei Giardini sotto i miei piedi, osservo la piantina e inizio a interrogarmi sulle motivazioni che hanno spinto

la curatrice, Beatrice Curiger, a scegliere, per questa edizio-ne, il titolo “ILLUMInazioni”, termine che gioca sulla com-binazione dei concetti di luce e di Nazione. Con questa do-manda costante nella mia mente, inizio la mia visita, sempre più motivata dal desi-derio di soddisfare la mia curiosità.

Michela Trapattoni, 5ªH

E ro consapevole del fatto che sarebbe stato difficile, per me, cogliere ciò che ciascun autore ha voluto trasmettere con le

proprie opere, alla 54ª mostra della biennale di Venezia. Come ci ha spiegato il professore Paramatti, noi italiani abbiamo sem-pre concepito l‟arte come la ricerca del bello e del perfetto, ri-scontrando molta difficoltà a separarci da questa idea. Essa non era presente nelle opere della Biennale, in quanto era caratteriz-

zata dall‟arte contemporanea (dal 1945 in poi), che ha trovato semplicemente il suo valore nel proprio linguaggio. La curatrice della mostra quest‟anno era Beatrice Curiger la quale ha scelto il titolo “ILLUMInazioni”, esaltando il tema della luce (“illumi”) e della nazione. Premetto che le istallazioni che mi sono piaciute di più erano quelle con cui noi visitatori abbiamo potuto interagire, e diventa-re quindi parte dell‟opera. Quando la mattina del 26 ottobre siamo arrivati alla biennale, ci siamo divisi in gruppi e con la cartina dei giardini in mano, io e le mie compagne abbiamo ini-ziato a visitare i padiglioni suggeriti dagli insegnanti.

EIN AUSFLUG NACH VENEDIG Cristina Tresoldi, 4ªH

A lle zwei Jahre ist Venedig der

Schauplatz für Zeitgenössische Kunst. Die Biennale von Venedig

zieht Künstler, Kritiker und Besucher in die Lagunenstadt, um hier eine der wichti-gsten Kunstausstellungen der Welt zu besuchen. Vom 4. Juni bis zum 27. November 2011 öffnet die 54. Internationale Kunstausstel-lung ihre Türen. Dieses Jahr steht die Biennale unter dem Motto ILLUMInazioni und wie gewohnt findet sie in den Räumli-chkeiten des "Arsenale" und der "Giardini" von Venedig statt. Die Giardini sind der Standort der ver-schiedenen Länder-Pavillions, in denen sich insgesamt 28 verschiedene Länder

ausdrücken. Die Biennale ist riesig und es gibt viel zu entdecken, über 87 Pavillons zu sehen. Am Freitag 4. November sind wir nach Venedig gefahren.

Giusy Carbone, 4ªH Wir sind mit der Klasse 4^B, 4^I und 4^M dort gewesen. Wir haben um 6:30 Uhr Treviglio verlassen und die Reise hat vier Stunden gedauert. Das Wetter war nicht gut, weil es geregnet hat. Wir sind mit einer Fähre gefahren, dann sind wir in Venedig angekommen. Während des Vor-mittags haben wir viele Pavillons von Deu-tschland, von den USA, Frankreich, Spa-nien, England, von der Turkei und Asien besucht. Sie waren sehr interessant und um 12.30 Uhr habe ich ein Brot mit mei-

nen Freundinnen gegessen. Während des Nachmittags haben wir den italienischen Pavillon mit unserer Lehrerin M. Igini be-

sucht. Der Pavillon war sehr gross und hatte viele Bilder von ca. zweihundert Künstlern. Es gab auch viele deutsche Touristen. Wir haben zahbreiche Geschen-ke gekauft und um 6:00 Uhr sind wir nach Treviglio zurück gefahren. Es hat immer noch geregnet. Wir sind um 10 Uhr in Treviglio angekommen. Ich denke, Vene-dig ist eine schöne Stadt und dieser Au-sflug ist ausgezeichnet gewesen!

Chiara Sangalli, 4ªH Ich denke, dass die zeitgenössische Kunst schwer zu verstehen ist aber wir haben uns sehr gefreut, diese schöne Angele-genheit bekommen zu haben.

Valentina Testa, 4ªH Diese Erfahrung war sehr interessant, weil Kunst die Gesellschaft wiederspiegelt und wir können die Wirklichkeit, die uns um-gibt, besser verstehen.

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la Biennale La mostra pagina II

Classe 4ªI

T utto il mondo si raccoglie sul Lido di Venezia in occasione della 54ª e-sposizione della Biennale, intitolata

“ILLUMInazioni”. Questo prestigioso evento culturale offre a tutte le nazioni la possibilità di raccon-tarsi mediante l‟arte contemporanea, ca-ratterizzata da tecniche e linguaggi quali la videoarte, la fotografia, la musica ma anche la pittura e la scultura. L‟origine del nome deriva dalla cadenza biennale dell‟evento, dislocato tra i Giardini napole-onici e l‟Arsenale. Ad ognuna delle 89 nazioni partecipanti è stato assegnato un padiglione nel quale poter esporre libera-mente le proprie opere con lo scopo di comunicare e trasmettere le proprie idee e pensieri. Tuttavia, questa tipologia di mostra, può risultare poco comprensibile per chi, come noi giovani, non ha ancora maturato a pieno la propria sensibilità e non possiede ancora le chiavi adatte a decodificare i messaggi che l‟arte contemporanea rac-chiude in sé. Molte, infatti, sono le opere che possono apparire all‟impatto incom-

prensibili come, a nostro avviso quelle proposte dal padiglione greco, giapponese e svizzero.

Quello greco, palesemente semplice e poco articolato, non è riuscito a suscitare in noi emozioni, se non indifferenza. Il padiglione giapponese, al contrario, presentava un‟atmosfera confusa, conferi-

ta da pareti concave sulle quali erano proiettate immagini in continuo movimen-to, che suscitavano nel visitatore un senso di disorientamento. Infine, quello svizzero, carico di elementi, non permetteva alle idee del visitatore di evolversi, in quanto le diverse composizio-ni venivano contrapposte non chiaramen-te. Senza alcuna linea guida da seguire, è risultato a noi impossibile comprendere il significato celato dietro ciascuna di queste opere. Speranza, coraggio, libertà, cultura, bel-lezza eterna, chi l‟avrebbe mai detto che tutti questi valori fossero racchiusi all‟interno di queste stesse esposizioni? Spinti dalla curiosità di andare oltre all‟effimera apparenza, ci è sorto sponta-neo informarci, ricercando notizie a ri-guardo. Diohandi, artista del padiglione greco, porta agli occhi del mondo intero la crisi del suo Paese, presentando il suo sempli-ce allestimento costituito da una passerel-la sull‟acqua che porta ad una parete illu-minata, attraverso un percorso a “L”, un sottofondo pesante conferito dal continuo suono di una sirena assordante. Egli mo-stra così, la speranza e il coraggio di una nazione che è consapevole della sua si-tuazione e che vuole a tutti i costi risolle-varsi.

Le immagini nel padiglione giapponese, dipinte a mano dalla Tabaimo e proiettate in quell‟ambiente, richiamavano il celebre proverbio: “La rana nel pozzo non può immaginare l‟o-ceano ma cono-sce l‟altezza del cielo”che rap-

presenta l‟ottu-sità della cultura del Giappone rinchiusa nella propria isola. Nel padiglione svizzero l‟ele-mento onnipre-sente era il cri-stallo che, a discapito della moda, della ricchezza, della

guerra e delle tecnologia, rap-presenta un

qualcosa di perenne e indistruttibile. Tho-mas Hirschorn usa il cristallo come meta-fora dell‟arte che, con le sue diverse sfac-cettature riesce a mostrare una realtà universale al di là delle superficialità pas-seggere. “ILLUMInazioni” fa sorgere nuove forme di collaborazione tra gli artisti, spiega la direttrice Bice Curiger: “ In un epoca in cui la tecnologia della difesa dei confini è diventata un‟attività fiorente ma ambigua, parlare di nazioni implica parlare di fron-tiere. Se si ripone fiducia nell‟arte questa può ravvivare l‟orizzonte al di là della pa-

ralizzante attività quotidiana”. Arabo, inglese, tedesco, coreano, giappo-nese, si annullano per dare spazio ad un unico linguaggio universale che supera ogni confine, insinuandosi nella parte più recondita del nostro animo.

SSSPERANZAPERANZAPERANZA, , , CORAGGIOCORAGGIOCORAGGIO, , , LI-LI-LI-

BERTÀBERTÀBERTÀ, , , CULTURACULTURACULTURA, , , BELLEZ-BELLEZ-BELLEZ-

ZAZAZA ETERNAETERNAETERNA: : : III VALORIVALORIVALORI RAC-RAC-RAC-

CHIUSICHIUSICHIUSI INININ QUESTEQUESTEQUESTE OPEREOPEREOPERE...

«L«L«LAAA RANARANARANA NELNELNEL POZZOPOZZOPOZZO NONNONNON

PUÒPUÒPUÒ IMMAGINAREIMMAGINAREIMMAGINARE LLL‟‟‟OCEANOOCEANOOCEANO

MAMAMA CONOSCECONOSCECONOSCE LLL‟‟‟ALTEZZAALTEZZAALTEZZA DELDELDEL

CIELOCIELOCIELO»»»

Sopra, due installazioni del padiglione sviz-zero. Sotto, il padiglione greco.

ILLUMINAZIONI : MESSAGGIO UNIVERSALE

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la Biennale Padiglione tedesco pagina III

Mateusz Luczkowiak, 5ªE

U n‟opera che mi ha fatto riflettere e con la quale mi sono emoziona-to, è stata quella del padiglione

tedesco. Christopher Schilingensief mette in scena le opere di una vita passata a lottare contro il cancro. Dopo aver letto la spiegazione dell‟opera mi sono posto subi-to delle domande. Una persona che sa di morire, come passa gli ultimi momenti

della propria vita? È meglio morire in un momento già stabilito (a causa di una grave malattia incurabile) o in un momen-to inaspettato? Se mi trovassi in una si-tuazione simile, prenderei la vita come viene e cercherei di fare le cose che ho sempre voluto fare come ad esempio il bungee jumping. Secondo me morire per il cancro (quindi in un momento già stabi-lito) da una parte per le persone che ti stanno vicine è meglio, perché gli ultimi momenti della vita vengono apprezzati di più. Con una morte improvvisa (come ad

esempio un incidente), non si può nem-meno salutare le persone care, in quanto non si può prevederlo. Mi viene in mente la morte di mio padre, del tutto inaspettata, e piuttosto avrei preferito che fosse malato e morto come mio nonno (per il cancro, ma con tutta la famiglia vicina). Secondo me l‟artista con quest‟opera voleva trasmetterci che ha creduto fino alla fine che potesse sconfig-gere il cancro, ed è per questo motivo che mi è piaciuto il padiglione della Germania.

Maria Chiara Maffi, 5ªH

S costo appena la tenda di velluto ros-so e sono avvolta nel buio, ma non totale perché alcune sfere che pen-

dono dal soffitto riflettono una luce calda come la fiamma di una candela. Mi trovo all'interno di una chiesa dove sacro e profano si mischiano, dove non c'è casualità, dove tutto ha un senso.

Davanti a me posso osservare un altare rivisitato con a sinistra un letto di ospeda-le e a destra una decina di radiografie in bianco e nero, con frequenti macchie ros-se sulla gabbia toracica. Mi riesce facile intuire la ragione di quelle

“macchie rosse”, l'autore tedesco: Chri-stoph Schlingensief è morto nel 2010 di un tumore. Sono rapita dai frequenti video che ven-gono proiettati sulle pareti, sono scene a volte macabre: una crocifissione per ope-ra di nani, una morte e una nascita, una sorta di ciclo della vita. Durante la visione di questo padiglione un

ticchettio condiziona il mio battito e l'an-goscia sale quando realizzo che si tratta

di un metronomo: uno strumento uti-lizzato per scandire il tempo. Mi chiedo che cosa può rappresentare questo ticchettio per un malato terminale. Ogni rintocco è un secondo di vita che passa, un passo verso la “direzione opposta”, verso il

distacco dalla vita terrena. Tuttavia la speranza

è rappresentata dalla nascita di un nuovo individuo dopo la morte di un altro.

Elena Danelli, 5ªE

U n altro padiglione che ho trovato

interessante e che mi ha molto colpita è stato quello della Germa-

nia. L‟autore Schilingensief ha voluto rappre-sentare in una chiesa, con l‟ausilio di vide-o e immagini, lo sviluppo della malattia che lo ha accompagnato negli ultimi anni della sua vita. Schilingensief è morto a causa di un tumore ai polmoni, infatti, nella sua opera mostra dei filmati che documentano il deperimento che questa malattia comporta. Una cosa che mi ha molto colpito è stata

l‟immagine in croce di un malato con le sonde di ospedale. Secondo me l‟autore ha voluto spiegarci come la sua malattia sia associabile alla passione di Cristo e quanto sia devastante interiormente. In classe, nelle lezioni seguenti all‟uscita didattica, abbiamo parlato molto di quest‟opera in quanto ha toccato gli animi di molti. Ci sono diversi modi per affronta-re una malattia come questa, il primo secondo alcuni è lasciarsi andare e non combattere, aspettando la propria fine, il secondo è, come ha suggerito un mio compagno, «affrontarla di petto» per vin-cere la malattia o, anche nella sconfitta, perdere e morire senza avere rimpianti.

È È È MEGLIOMEGLIOMEGLIO MORIREMORIREMORIRE INININ UNUNUN MO-MO-MO-

MENTOMENTOMENTO GIÀGIÀGIÀ STABILITOSTABILITOSTABILITO OOO INININ

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Page 4: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

la Biennale Padiglione francese pagina IIII

Cristian Colombi, 4ªM

N ei giardini ci sono gli alberi, gli uccelli, la passeggiata, la luce, ad un certo punto un rumore che

aumenta sempre di più, fino a diventare terribile, tutto vibra, entri nel padiglione, al centro una mega struttura di travi me-talliche dove un rullo scorre, tante imma-gini di neonati. Scorre il tempo, scorrono le immagini,

persone scelte a caso, dimenticate, sosti-tuite; in un istante si blocca tutto, le orec-chie riposano, un bambino viene proietta-to, non si sa chi è, non si sa perché lui, anche qui è il caso, quello più assoluto, come avviene nel concepimento, il mo-mento giusto e sei te, un momento dopo e sei un altro, la nostra vita non è che possibilità, destino. A destra una stanza, a sinistra un‟altra, due grandi tabelloni raffigurano l‟uno il numero delle nascite e l‟altro quello dei decessi, le cifre aumentano ogni istante,

ogni secondo, a mezzanotte tutto si azze-ra; in un giorno migliaia di esistenze can-cellate e subito sostituite. Più avanti un‟altra stanza, sulla parete uno schermo diviso in tre orizzontalmen-te, le immagini di fronte, occhi e naso, bocca e mento, di bambini, anziani scor-rono e si alternano ad alta velocità, con un bottone puoi fermarle, unmilionedue-centomila combinazioni, una possibilità su diecimilatrecento di riunire le tre parti di uno stesso volto, chi ci riesce guadagna l‟opera. È difficile, è quasi impossibile, ma

tutto è possibile se regna il caso, il desti-no.

In questa stanza un computer decide ogni casualità, come un immenso Dio, forse la

tecnologia, ormai, ci scorre nelle vene, decide lei ogni aspetto della nostra vita, affianca il caso, il destino, le possibilità, la nostra esistenza non è altro che una pic-cola comparsa nell‟immensità dell‟Universo. Questo è il senso che Boltanski attribuisce alla vita, questo è quello che vuole farci capire attraverso l‟installazione.

Fabio Fontana, 5ªE

I l padiglione che mi ha lasciato il ricordo più vivido, forse perché quello con il

messaggio più immediato, è stato quello francese. Il tema principale

dell‟installazione che ospitava è senz'altro il caso. Il caso come forza che muove le cose e ne decide le sorti. Il caso che go-verna le regole della vita e della morte, che decide chi vive, come vive e chi muo-re. Tutta l'opera, con la sua dicotomia tra nati e morti, ci ricorda l'ineluttabilità del ciclo della vita, pienamente espresso dal collage dei visi di neonati e anziani. La sensazione che lascia l'opera è quella di un destino già scritto e generato dalla casualità.

Silvia Fortini, 5ªD

Q uest‟installazione si basa sul caso, sulla probabilità, e sul destino, tanto è vero che l‟opera è intito-

lata “Chance” che in francese significa appunto: caso, probabilità. Inoltre vi è un'altra metafora, infatti con la suddivisione dello schermo in tre ban-de, l‟artista ci vuole far comprendere i che nostri visi sono come dei puzzle fatti di parti che vengono dai volti dei nostri antenati. Tutte queste persone si sono miscelate per creare un individuo unico. Infine possiamo attribuire un significato

anche ai display riguardanti il numero delle nascite e dei decessi, infatti si può notare che il tabellone che riporta il nu-mero delle nascite supera quello dei de-cessi si può concludere che è la vita che supera la morte.

Cristina Tresoldi, 4ªH

C hance fa riflettere sulla vita, sul destino, sul caso, sulla possibilità, temi molto legati alla nostra esi-

stenza umana e all'artista. Il computer di questa struttura è come se assumesse il ruolo di una forza superiore “Dio”, che fa di noi quello che vuole. Boltanski vuole inoltre far rivivere attraverso la sua crea-

zione tutti gli individui cancellati dalla Shoah. Le sale laterali hanno il compito di far ragionare sulla prospettiva di vita più lon-geva e sul benessere raggiunto durante gli anni; per questo, ogni giorno, il nume-ro delle nascite, riportato dai contatori, è più alto di quello delle morti. Infatti abbia-mo superato, alcune settimane fa, la cifra di sette miliardi di persone al mondo.

LA VITA CHE OSCILLA FRA IL CASO E IL DESTINO

UUUNNN BAMBINOBAMBINOBAMBINO VIENEVIENEVIENE PROIET-PROIET-PROIET-

TATOTATOTATO, , , NONNONNON SISISI SASASA PERCHÉPERCHÉPERCHÉ LUILUILUI, , ,

ANCHEANCHEANCHE QUIQUIQUI ÈÈÈ ILILIL CASOCASOCASO, , , CO-CO-CO-

MEMEME NELNELNEL CONCEPIMENTOCONCEPIMENTOCONCEPIMENTO...

SSSIII PUÒPUÒPUÒ CONCLUDERECONCLUDERECONCLUDERE CHECHECHE

LALALA VITAVITAVITA SUPERASUPERASUPERA LALALA MORTEMORTEMORTE...

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la Biennale Padiglione statunitense pagina V

Vittorio Barone, 5ªH

I l padiglione degli Stati Uniti mi è pia-ciuto. Mi ha colpito subito dall‟esterno: il nome della nazione inscritto nel tim-

pano della costruzione neoclassica, che è la copia perfetta di un tempio classico, dava al visitatore un senso di grande im-portanza. Gli artisti statunitensi vogliono farci pervenire l‟idea, o meglio l‟ossessio-ne della società americana per la cura dell‟aspetto fisico esteriore. L‟esempio più eclatante è la statua del Congresso posta su un lettino solare. Ne sono prova anche la riproduzione dei sedili d‟aereo di prima classe che rappresentano il benessere, ben sottolineato dall‟organo che “incorpora” un Bancomat, e la ricchezza.

Erika De Filippo, 5ªH

U n carro armato rovesciato mi dà il benvenuto

al padiglione degli Stati Uniti; rido, quasi tra me, pensando a come la gloria della potenza militare, l‟orgoglio ame-ricano, venga così facil-

mente sfatata. Appena entrata, un‟altra forte critica trapela dalla ri-produzione della statua posta sulla cupola del parlamento americano,

La Statua del Congresso, stesa su un letti-no solare. Come non percepire l‟ironia fatta sullo stereotipo dell‟uomo ossessio-nato dalla forma fisica? La critica verso la nostra società continua con l‟opera suc-cessiva: un vero bancomat inserito in un organo, capace di emettere delle melodie

quasi gloriose nel momento in cui lo si utilizza. Potrei definirla una profanazione della “sacralità del consumo” dell‟uomo occidentale. Inutile negarlo, siamo schiavi del successo, della gloria, del consumis-mo, dell‟apparenza.

Giancarla Bertoni, 5ªD

T he American Pavilion in the Gar-dens of tne 54th Venice Biennale is signed by Jennifer Allora (an

American woman) and Guillermo Cal-zadilla (a Cuban man). They live and work in Puerto Rico and they sign the pavilion with the Indianapolis Museum of Art. Out of this pavilion there is a real tank on which there is in perfect balance, one of those treadmills used for jogging in the house. This is used at regular intervals by

an athlete, who, after having climbed on the tank, starts running as soon as the tracks are set in motion. Upon entering the pavilion, there is a bronze reproduction of the historical Armed Freedom (Statue of Liberty) lying on a sunbed like a black pearl in an oys-ter. I think that the authors want to use this image as a symbol of the care of the body which is an essential aspect of American culture. On the right and the left sides there are two white spaces in which are lying two first class seats used on American planes; here experienced gymnasts perform in choreography already prepared. In another room on the right is located a very big organ that contains a common ATM: if you insert your ATM card to make a standard operation, it begins a melody that resonates throughout the pavilion. I think that this is a clear provocation against money. There is also a room on the left; it is very

large and dispersive. Here we can watch a dual-channel video (dedicated to the Puerto Rican island Vieques, a protector-ate with a USA base until 2003) that ex-tends around a pole. The pole could be read as a gymnastics pole or as a flag-stick. In my opinion fitness and sport are seen by the authors as American obsessions and it is easy for us to think that these themes are obvious. The United States is a Country exasperated by physical per-formance, where every single form of

acrobatics may become a way to excel in everything. “That‟s America!”.

IIINUTILENUTILENUTILE NEGARLONEGARLONEGARLO: : : SIAMOSIAMOSIAMO

SCHIAVISCHIAVISCHIAVI DELDELDEL SUCCESSOSUCCESSOSUCCESSO, , , DELLADELLADELLA

GLORIAGLORIAGLORIA, , , DELDELDEL CONSUMISMOCONSUMISMOCONSUMISMO...

IIINNN SCENASCENASCENA LLL‟‟‟OSSESSIONEOSSESSIONEOSSESSIONE AME-AME-AME-

RICANARICANARICANA PERPERPER LLL‟‟‟ASPETTOASPETTOASPETTO FISICOFISICOFISICO...

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la Biennale Padiglione danese pagina VI

Valeria Giussani, 4ªB

L' esposizione danese esamina la libertà di parola, una questione fondamentale nelle discussioni

pubbliche dei giorni nostri. Si tratta infatti di un tema complesso, contestabile e sog-gettivo. La mostra mira a sottolineare il problema e punta sul fatto che “i confini non possono essere facilmente delimitati". Il padiglione, curato da Katerina Gregors,

ospita una mostra collettiva di artisti inter-nazionali; soltanto due su diciotto, infatti, sono danesi, gli altri vengono da Cina, Palestina, Iran, Grecia, Germania e molte altre parti del mondo. I concetti di libertà di parola e di espres-sione sono così globali probabilmente perché gli argomenti che essi racchiudono sono molto vasti: dalla politica, alla cultu-ra fino a tematiche sociali e personali. Hanno anche una grande influenza su altre aree con le quali sono messi in rela-zione, come la libertà di stampa, la censu-

ra, il copyright, la privatizzazione della conoscenza.

La Danimarca gode di una consolidata reputazione per quanto concerne la libertà di parola e libertà di stampa. La mostra si propone di mettere in evi-denza alcune delle caratteristiche tipiche del tema sottolineando il fatto che la liber-tà di parola non può essere esercitata in forma schematica e che i suoi confini non possono essere facilmente limitati. Molto importante è anche la libertà di espressione che si ricollega all'espressione artistica e al modo in cui abitiamo e occu-piamo lo spazio pubblico, ambito nel qua-le assistiamo ad una pianificazione sem-pre più in aumento. Il tema trattato riguarda anche l'essenza della pratica nelle arti visive che sostan-zialmente dipende da condizioni di libertà. Gli artisti contemporanei operano a partire dal presupposto che loro stessi possano svolgere le loro opere in autonomia; ma fino a che punto possono spingersi? Speech Matters raggruppa 18 artisti inter-nazionali provenienti anche da paesi in cui la libertà di parola viene tutt'ora messa in discussione, come Cina e Iran; ma anche artisti la cui opera ha sempre riguardato questo tema. Persone di generazioni diffe-renti che operano con tecniche diverse: da fotografie, pitture ed installazioni a fumetti e animazioni. Il significato di “libertà di parola” in que-

sto ambito non si riferisce solo alla parola detta, ma anche a questioni che riguardano la libertà dell'espres-sione artistica. La mostra si concentra su molte aree di ricerca: la parola repressa di persone o comunità che non hanno voce per esprimerla o che sono emarginate; la censura; la soppres-sione delle informa-zioni; e, infine, il discorso libero o rivoluzionario e la sfera pubblica. L'artista tedesco Thomas Lilipper ha idea-to una struttura aperta costruita nel giar-dino privato del padiglione Danese; que-sto progetto è stato creato usando preva-lentemente legno e materiali di recupero provenienti dalla scorsa edizione della Biennale. La struttura ospita lo Speakers' Corner, una galleria aperta con un podio pubblico che si estende verso la facciata principale dello stand. Stelios Faitakis (Grecia) ha realizzato la facciata del padiglione con un grandioso murale denominato Imposition Symphony che si suddivide in sei capitoli il cui princi-pale filo narrativo si spiega attraverso sei episodi tutti relativi alla libertà di parola, di espressione e censura, da una prospet-

tiva sia storica che contemporanea. Merita particolare attenzione il video di Han Hoogerbrugge che mette in evidenza, con un ritmo incalzante e coinvolgente, dichiarazioni e domande sul tema della libertà di parola - amplificate e quadrupli-cate da quattro diversi volti - e l'impossi-bilità di risolvere in concreto ed in manie-

ra univoca il problema della libertà di pa-rola, perché come lo stesso autore conclu-de "Freedom is just chaos with better lighting". Libertà di parola: un tema particolarmente significativo per i giorni nostri. Questo è il motivo per cui ho apprezzato molto il padiglione Danese, nella sua sem-plice lettura e comprensione. Oltre alle diverse ed innovative tecniche presenti nel padiglione, sono stata parti-colarmente stupita da come il tema sia un problema così diffuso in tanti paesi del mondo e, a mio parere, parecchio sotto-valutato. Altresì la trattazione del problema dell'e-spressione propria è stata rappresentata in svariati modi dai 18 artisti presenti, soggettivamente quanto oggettivamente,

in modo tale da poter lasciare libera inter-pretazione al fruitore di riflettere sull'argo-mento.

Laura Riva, 5ªE

N el padiglione della Danimarca, gli artisti hanno deciso di affrontare un tema di attualità sulla libertà

di parola esponendo delle opere raffigu-ranti i volti di persone famose, come Ber-lusconi, Martin Luther King o papa Bene-detto XVI, che rappresentano oggi i punti di riferimento dei media e attraverso i quali le persone possono riconoscersi ma che molto spesso sono oggetto di frain-tendimenti. Secondo me, quindi, gli artisti hanno voluto sottolineare l‟importanza, avuta anche nella storia, di potersi espri-mere ma denunciare allo stesso tempo l‟uso negativo delle parole che viene fatto sempre più spesso. Questo padiglione vuole anche ricordare che la libertà di

parola non è ancora, in molti paesi, una realtà tanto scontata come per noi.

S P E E C H M A T T E R S

“F“F“FREEDOMREEDOMREEDOM ISISIS JUSTJUSTJUST CHAOSCHAOSCHAOS

WITHWITHWITH BETTERBETTERBETTER LIGHTINGLIGHTINGLIGHTING"""

IIILLL PADIGLIONEPADIGLIONEPADIGLIONE DANESEDANESEDANESE CICICI RI-RI-RI-

CORDACORDACORDA CHECHECHE INININ TANTITANTITANTI PAESIPAESIPAESI

LALALA LIBERTÀLIBERTÀLIBERTÀ DIDIDI PAROLAPAROLAPAROLA NONNONNON ÈÈÈ

SCONTATASCONTATASCONTATA COMECOMECOME DADADA NOINOINOI...

Page 7: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

la Biennale Padiglione italiano pagina VII

L’ITALIA CROCIFISSA Jessica Pilenga, 5ªH

L' opera secondo me più significati-va dell'Arsenale è l'Italia crocifissa

davanti a un leggìo sul quale è appoggiata la Costituzione in diverse lin-gue, la crocifissione dell'Italia al momento non mi ha portato a pensare nulla, ma riflettendoci sono giunta alla conclusione che chiaramente è una rappresentazione perfetta della situazione in cui ci troviamo in questo momento, sopraffatti dalla crisi, senza lavoro né futuro per i giovani: una fotografia della precarietà del Paese. L'at-mosfera che la circonda riporta alla mente un funerale, piuttosto che una semplice messa. L'artista è riuscito in modo efficace con questa semplice immagine a dipinge-

re il presente, qualcosa di difficile da spie-gare con le parole.

THIS IS NOT A GAME Greta Ziliati, 4ªH

V enezia, Arsenale, padiglione italia-no. Un padiglione in cui domina il caos, in cui cerchi di concentrarti

su un'opera e, involontariamente, ti ritrovi ad osservare quelle circostanti. Tuttavia, sul muro esterno del padiglione,

un'opera attira l'attenzione: uno squarcio si apre nel muro, come se fosse stato fatto da un colpo di cannone, a lato, in

rosso, compare la scritta “THIS IS NOT A GAME”. Impossibile non rimanerne affascina-ti, impossibile non essere travolti dai pensieri. No, non è un gioco, eppure sembra quasi che la violenza sia oggi l'unica risposta a qualunque proble-ma, sembra sia so-cialmente accettabi-le. L'odio viene ricam-biato con altro odio e sono secoli che risuonano nell'aria più “boom” che risa-te. Non è un gioco, non si vince un premio,

si vince un paese distrutto anche se vittorioso. Ne vale dav-vero la pena?

FACCE DI MAFIOSI Simone Bonfanti, 5ªD

O n 26th October 2011, I visited 54th Biennale in Venice, which is called ILLUMInazioni.

The show is developed in three main spa-ces: Padiglione Centrale, Giardini di Vene-zia and Arsenale. My favorite work at the 54th Biennale di Venezia is the Matteo Messina Denaro‟s portrait. It was made by Flavia Mantovan. This work is contained in Mafia‟s museum (Italian Pavillion), a museum where it’s

possible to know, to understand and to reflect on the evidence, documents and memoirs about the rapport and “war” between the Italian State and Mafia. Flavia Mantovan uses overlaps and color combinations with enamels and acrylics color. The main tool that Flavia uses is spatula.

Through this technique the artist produ-ces extraordinary brightness of work. In my opionion, when I visited the Mafia‟s museum, I lived a beautiful experience because I knew Mafia‟s birth and evolu-tion. My favourite work is Matteo Messina Denaro‟s portrait because when I saw it, immediately I understand Matteo‟s featu-res. A exhibitionist, ambitious, corrupt man and a passion for the style.

Today, Matteo Messina Denaro is the new stereotype of Mafia‟s Boss and he‟s a the most wanted!

L ’ARTE NON È COSA NOSTRA

NNNONONON ÈÈÈ UNUNUN GIOCOGIOCOGIOCO, , , NONNONNON SISISI

VINCEVINCEVINCE UNUNUN PREMIOPREMIOPREMIO, , , SISISI VINCEVINCEVINCE

UNUNUN PAESEPAESEPAESE DISTRUTTODISTRUTTODISTRUTTO ANCHEANCHEANCHE

SESESE VITTORIOSOVITTORIOSOVITTORIOSO...

L‟IL‟IL‟ITALIATALIATALIA CROCIFISSACROCIFISSACROCIFISSA ÈÈÈ LALALA

FOTOGRAFIAFOTOGRAFIAFOTOGRAFIA DELLADELLADELLA

PRECARIETÀPRECARIETÀPRECARIETÀ DELDELDEL PPPAESEAESEAESE...

TTTODAYODAYODAY, M, M, MATTEOATTEOATTEO MMMESSINAESSINAESSINA

DDDEEENNNAAARRROOO ISISIS THETHETHE NEWNEWNEW STEREO-STEREO-STEREO-

TYPETYPETYPE OFOFOF MMMAFIAAFIAAFIA‟‟‟SSS BBBOSSOSSOSS...

Page 8: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

la Biennale Padiglione israeliano pagina VIII

Erika De Filippo, 5ªH

P roseguo, e un velo melanconico di rassegnazione mi avvolge quando osservo l‟opera dell‟artista israeliana

Sigalit Landau “Salt Crystal Fishing Net”. Una rete da pesca appesantita dal sale cristallizzato, è appesa a un‟asta. La ferti-lità e la vita, rappresentate dalla rete, vengono “soffocate” dal sale sterile, dalla morte. Una condizione quasi imposta, un destino al quale israeliani e palestinesi sono relegati, sembra essere l‟allusione. “Laces”, il video che mostra il tavolo delle trattative sotto il quale una bambina allac-cia tra loro le stringhe degli uomini seduti, simboleggia la forte richiesta di stabilire delle interazioni e di trovare una soluzione al problema. Tuttavia, il risultato è l‟abbandono, l‟inettitudine, è il fallimento: gli uomini lasciano il tavolo, sfilandosi le scarpe e le calze, senza aver raggiunto una conclusione. L‟acqua che scorre nei tubi che attraversano tutto il padiglione sembra voler evocare la voglia di far scor-rere la vita, i sentimenti, la conoscenza, la libertà. “One man‟s floor is another man‟s feeling” è la variazione del modo di dire “One man‟s floor is another man‟s cei-ling”: il pavimento non è mai solo un pavi-mento, è quasi sempre il soffitto di un uomo, sono sentimenti, è una realtà. Sia-mo davvero costretti a questa corrispon-denza di “chi sta in alto e chi sta in bas-so?”, siamo davvero così segregati nella condizione d‟impotenza?

Brenda Regonesi, 4ªH

D urante la visita alla Biennale di Venezia, nell'area denominata “i Giardini”, ho avuto l'occasione di

ammirare una grande installazione poetica

creata dall'artista Sigolit Landau e situata in un padiglione entrato a far parte della mostra solo da quest'anno, quello dello stato di Israele. L'opera “One man's Floor is another man's Feelings” è stata ideata su due livelli, con-giunti tra loro da una rampa di scale e da

una fitta rete di tubi. Il pavimento della scala è un'enorme spiaggia, in cui un gruppo di ragazzi scava solchi, delimitando i propri confini. Ciò simboleggia la tendenza dell'uomo a cer-care spazi sempre più grandi e a non ac-contentarsi mai. La sabbia ci riporta all'idea del mare, dell'acqua, con all'interno delle tubature metalliche che attraversano il padiglione israeliano, come il sistema circolatorio attraverso il corpo umano.

Il mare diventa poi, nella

parte superiore dell'istal-lazione, ghiaccio che vie-ne sciolto dal sale presen-te nell'acqua marina e incrostato su un paio di scarponi. Nello stesso tempo dun-que, il padiglione accoglie al suo interno un deserto, simbolo di siccità e fatica e l'acqua simbolo di vita, il tutto metafora di impor-tanti questioni esistenzia-li, sociali e politiche. Scopo della Biennale 2011 è infatti quello di

“illuminare” gli uomini sulle problematiche che affliggono la società attuale e le

“nazioni”; pertanto io credo che il padi-glione israeliano sia specchio fedele del clima di crisi che sta dilagando nel mondo.

Valentina Ambrosini, 5ªH

N el padiglione d'Israele l'opera che mi ha particolarmente colpito è stata l'installazione finale: una

serie di computer disposti su un tavolo in maniera circolare che trasmettevano la scena di una discussione politica vista da piú punti di vista, i protagonisti erano degli uomini seduti ad un tavolo e sotto di

essi si intravedeva una bambina che ten-tava di allacciare i lacci delle scarpe dei protagonisti, i quali, a turno, si alzavano lasciando sotto il tavolo le loro scarpe. L'artista Sigalit Landor ha voluto comuni-care, attraverso la figura della bambina, la volontà di arrivare ad elaborare un punto di vista comune, voleva inoltre che i pro-tagonisti arrivassero ad un accordo. Penso che l'artista non poteva trovare modo migliore per farci pervenire il suo messag-gio di pace. Vedere questi uomini che dopo alcuni minuti si alzavano, lasciando le proprie scarpe mi ha trasmesso un sen-so di desolazione in quanto risultava evi-dente che non erano arrivati ad un accor-do. Questa “immagine” mi ha portato a riflettere su varie questioni, su come gli uomini a volte non riescano a trovare un punto in comune per risolvere situazioni di conflitto e tendano invece a mettere in primo piano se stessi e i propri interessi. Potremmo fare numerosi esempi per far comprendere agli altri queste situazioni. Come è possibile che l'uomo non riesca, molte volte, a far prevalere il bene della collettività? Penso che questa tendenza faccia parte della natura dell'essere uma-no.

ONE MAN'S FLOOR IS ANOTHER MAN'S FEELINGS

UUUNANANA CONDIZIONECONDIZIONECONDIZIONE QUASIQUASIQUASI IM-IM-IM-

POSTAPOSTAPOSTA, , , UNUNUN DESTINODESTINODESTINO ALALAL QUALEQUALEQUALE

ISRAELIANIISRAELIANIISRAELIANI EEE PALESTINESIPALESTINESIPALESTINESI SO-SO-SO-

NONONO RELEGATIRELEGATIRELEGATI...

CCCOMEOMEOME ÈÈÈ POSSIBILEPOSSIBILEPOSSIBILE CHECHECHE LLL'''UO-UO-UO-

MOMOMO NONNONNON RIESCARIESCARIESCA, , , MOLTEMOLTEMOLTE VOL-VOL-VOL-

TETETE, , , AAA FARFARFAR PREVALEREPREVALEREPREVALERE ILILIL BENEBENEBENE

DELLADELLADELLA COLLETTIVITÀCOLLETTIVITÀCOLLETTIVITÀ???

Page 9: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

Marta Dominelli, 4ªB

I l padiglione che mi è rimasto maggior-mente impresso dopo la visita alla Bi-ennale di Venezia, è quello coreano

realizzato dall‟artista Lee Yongbaek che da decenni esprime la propria poetica attra-verso i nuovi media, presentando un in-sieme di lavori basati sull‟effetto sorpresa. I suoi pezzi coprono temi come la religio-ne, la politica e la filosofia, mostrando i vari aspetti della società contemporanea: l‟identità, l‟esistenzialismo e l‟artificio.

Nella sala principale del padiglione la serie Angel-Soldier (Soldato-Angelo) è un pro-getto che comprende un video, fotografie e installazioni. Tra sgargianti fiori artificiali si intravedono soldati in uniformi mimeti-che che riprendono motivi floreali simili. È spettacolare come, entrata nel padiglione, io sia stata attratta dai colori sgargianti dei fiori e non mi sia accorta della presen-za dei soldati dietro di essi. La performan-ce è ulteriormente sviluppata con fotogra-fie e oggetti: appesi su una parete all‟interno della sala e sul tetto del padi-glione, si trovano infatti le uniformi vario-pinte dei soldati. Un più stretto sguardo rivela dettagli su ogni cerotto, compresi i nomi degli eroi e le icone della tecnologia come il logo di Internet Explorer. Un‟altra opera interessante è il quadro colorato Plastic Fish in cui pesci reali cat-turano pesci-esca di plastica; in questo modo i primi finiranno a loro volta cattu-rati secondo la legge universale del ciclo della vita. All‟interno della sala spiccano, per la loro grandezza, due complessi scultorei: Pieta: Self-death e Pieta: Self-hatred. Entrambi

sono composti da due figure di cui una è il calco dell‟altra. Il primo riproduce sim-bolicamente l‟immagine della madonna che regge il figlio morto e il secondo rap-presenta due esseri che lottano tra loro. Ho ammirato il modo in cui l‟artista, utiliz-zando delle figure molto semplici, sia riu-scito a rappresentare due valori molto forti. Nella sala più piccola si trova Broken Mir-ror, un‟installazione di specchi e schermi piatti collegati a un computer.

All‟improvviso si sente un rumore di spari e gli specchi si frantumano, generando un fantastico effetto sorpresa che mi ha spa-ventata e stupita allo stesso tempo.

Gabriele Perilli, 5ªD

U n pugno che si ferma e uno sguardo sprezzante, un volto che si gira per non vedere e le braccia

distese a terra a indicare che non si difen-derà neanche. Così Lee Yongbaek ci mostra uno dei volti della pietà, di quella pietà che ha caratte-rizzato l‟arte europea del Rinascimento, da Michelangelo a un più recente Van Gogh, di quella pietà che mostra la Ma-donna con in braccio Gesù Cristo, immagi-ne rappresentata anche dallo stesso arti-sta coreano.

Ma questa installazione chiamata “Pieta: Self-Hatred” mostra la pietà che ha un

vincitore sullo sconfitto, di quella pietà che non ci sarebbe stata nel caso oppo-sto, nel caso in cui il perdente fosse stato il vincitore e viceversa. Una pietà che mostra la potenza e l‟onnipotenza del vincitore nel deciderne le sorti, deciderne un‟ulteriore umiliazione. Ma il pugno non infierisce ancora sull‟avversario, è fermo: il sapersi fermare di fronte alla vittoria, di fronte a vicende a noi favorevoli, per non peggiorare quello che sarà in futuro. Un richiamo al mondo di oggi? Più che altro il perfetto contrario, una rappresen-tazione che viaggia nel senso opposto al mondo, di quel mondo che non si ferma di fronte a nulla neanche alla pietà, per-ché chi ha pietà non è forte e uno sconfit-to che non è stato umiliato non può esse-re chiamato sconfitto.

Maddalena Lanzini, 4ªI

U na delle esposizioni che non la-scerà sicuramente insoddisfatto o indifferente il visitatore è quella

coreana, organizzata e gestita dall‟artista Lee Youngbaek, nato nel 1966 in Corea. La sua opera a mio parere più bella e significativa è “Angel-Soldier”, una foto-grafia raffigurante moltissimi fiori dai colo-ri sgargianti, tra i quali si intravedono dei soldati armati di fucile, pronti a sparare. Il messaggio di Lee Youngbaek riguarda il fatto che, dietro ad una apparenza pia-cevole e colorata, si nasconde una realtà impressionante, cruda e spaventosa, sem-pre in agguato, pronta ad uccidere e ad

infrangere ogni speranza ed illusione.

THE LOVE IS GONE BUT THE SCAR WILL HEAL

LLLAAA PIETÀPIETÀPIETÀ DOPODOPODOPO LALALA VITTORIAVITTORIAVITTORIA, , ,

PERPERPER NONNONNON PEGGIORAREPEGGIORAREPEGGIORARE QUEL-QUEL-QUEL-

LOLOLO CHECHECHE SARÀSARÀSARÀ INININ FUTUROFUTUROFUTURO...

Sopra, l’installazione “Angel-Soldier”. Qui sotto, “Pieta: Self-Hatred”.

la Biennale Padiglione sudcoreano pagina IX

Page 10: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

Ilaria Castellazzi, 5ªD

G oing into a room with the walls completely plasticine-covered could drive the visitors to think

that it‟s a joke. With this effect, which generates a bit of confusion, the artist Norma Jeane attracts the audience‟s at-tention. At the 54th Biennale in Venice, the artist Norma Jeane presents an unusual installa-tion, if we can use this term talking about modern art. When the Biennale opened (4th June 2011) the work of art was com-posed of a room with white walls, with three plasticine-cubes (red, black and white) in the middle of the floor. A notice at the entrance of the room in-forms the visitor that he/she will take part in the work of art, because he/she is al-

lowed to take the plasticine, to model it, to attach it on the wall, to write some messages, to take it home. So, whoever enters this room can express himself/herself in different ways and he/she is invited to leave a sign of his/her own pas-sage, whatever it was. When we arrived there, after about four months, the room was so different from

the “original”: walls covered with graffiti, plasticine in the corners, love (but not only love) messages in a lot of languages. A real mutation through the contribution of thousands of visitors who expressed their thoughts on the wall, as I did.

So, who‟s afraid of free expression? Who enters this room without leaving a sign of himself/herself? The invitation to express ourselves is stronger than any provoca-tion and the message of this work of art appears clear.

Carried out in the Egyptian flag colours (red, white and black) the installation makes you think about what happened (and is happening today too) in “Tahrir Square”, about young people who protest because they hope to have a place in their country‟s future. The title, which isn‟t simply a provocation, reflects the Egyptian government‟s behaviour, be-cause, at the first signs of protest, they closed down the Internet and the most important communication channels used by young people, the social networks. Did they behave in this way because they were “afraid of free expression”?

Alessandra Grieco, 4ªD

L' installazione che ho scelto è inti-tolata “Who‟s afraid of Free E-xpression?” e si può trovare all'in-

terno del Padiglione Centrale. Norma Jeane, autore di quest‟opera, è un artista anonimo o un gruppo di artisti, il cui nome è riferito al vero nome di Marylin Monroe (Norma Jeane Baker). In ogni Biennale non manca la stanza in cui ogni

persona può lasciare il suo segno, negli anni passati ci sono stati muri di polistiro-lo, muri riempiti di post it, e quest'anno l'artista ha deciso di far lasciare il proprio segno con il pongo lasciandoci a disposi-zione i tre diversi colori della bandiera egiziana (rosso, nero e bianco) proprio perché l‟installazione si riferisce ad una donna che protesta contro l‟atteg-giamento delle autorità del Cairo verso Twitter. Questa stanza dà la possibilità a tutti di lasciare un segno di sé e allo stesso tem-

po, guardando il muro, fa pensare al per-ché le persone prima di noi abbiano lasciato proprio quelle scritte o quei disegni. Secondo me questa installazio-ne è stata molto apprezzata, la stanza era la più affollata che abbiamo visto e credo che questo sia dovuto soprattutto al fatto che, a differenza delle altre (ad esclusione di poche), non bisognava solo guardare, ma bisognava “contribuire” alla

creazione dell'opera, diventando artisti per qualche minuto, senza regole e senza limiti.

CHI HA PAURA DELLA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE?

TTTHEHEHE INVITATIONINVITATIONINVITATION TOTOTO EXPRESSEXPRESSEXPRESS

OURSELVESOURSELVESOURSELVES ISISIS STRONGERSTRONGERSTRONGER

THANTHANTHAN ANYANYANY PROVOCATIONPROVOCATIONPROVOCATION...

TTTHARIRHARIRHARIR SQUARESQUARESQUARE‟‟‟SSS PEOPLEPEOPLEPEOPLE HO-HO-HO-

PEPEPE TOTOTO HAVEHAVEHAVE AAA PLACEPLACEPLACE INININ THEIRTHEIRTHEIR

COUNTRYCOUNTRYCOUNTRY‟‟‟SSS FUTUREFUTUREFUTURE...

BBBISOGNAISOGNAISOGNA “““CONTRIBUIRECONTRIBUIRECONTRIBUIRE” ” ” ALALAL---

LLL‟‟‟OPERAOPERAOPERA DIVENTANDODIVENTANDODIVENTANDO ARTISTIARTISTIARTISTI

PERPERPER QUALCHEQUALCHEQUALCHE MINUTOMINUTOMINUTO, , , SENZASENZASENZA

REGOLEREGOLEREGOLE EEE SENZASENZASENZA LIMITILIMITILIMITI...

la Biennale Padiglione centrale pagina X

Page 11: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

la Biennale Arsenale pagina XI

THE CLOCK Fabio Fontana, 5ªE

U n'altra installazione che mi ha colpito particolarmente – e non solo me, visto che è stata insigni-

ta con il Leone d'Oro – è stata The Clock di Christian Marclay: una stanza con alcu-ne poltrone e un grande schermo sul qua-le vengono proiettate per ventiquattro ore

una serie di scene di film che hanno fatto la storia del cinema in cui compare un orologio o vi è comunque un riferimento all'ora. Quello che più stupisce è che l'ora-rio che appare nel video è quello che se-gna anche il nostro orologio da polso. È strano l'effetto che fa quest'opera. Appe-na si comincia a seguire le immagini proiettate, si resta affascinati dal mix di scene e film, anche grazie all'abilità di Marclay di legare una situazione all'altra, rendendo più morbidi possibile i continui salti di epoca, luogo, contesto e perso-

naggi. Che forse sono la forza dell'opera: trovare un nuovo spunto ogni minuto che passa. Quando l'attrazione esercitata dall'opera comincia a scemare, il visitatore realizza di aver passato gli ultimi istanti della propria vita a osservare il tempo che scorre, che inesorabilmente scorre. E gli prende quasi un senso di ansia e una necessità fisiologica di usufruire in modo migliore del proprio tempo a disposizione. E, nello stesso momento, lo invade la sensazione di essere intrappolato su un treno che viaggia sul proprio binario pre-definito senza poterlo fermare per pren-dersi una pausa o senza poter cambiare direzione. Un treno che è destinato ad arrivare ad un capolinea in cui tutto fini-sce.

Erika De Filippo, 5ªH

T he Clock (nell‟Arsenale), dell‟inglese Christian Marclay, è un film di 24 ore composto da brevi sequenze

estrapolate da più film, nelle quali i prota-gonisti interagiscono con il tempo, andan-

do così a ricostruire ogni minuto e ogni ora di un giorno. Guardo il mio cellulare, sono le 15.43, e, nel video, vedo un atto-re leggere le ore 15.43 dal proprio orolo-gio da polso. Rimango impressionata ma non posso non vederci anche un qualcosa d‟inquietante in questo capolavoro. Mania-cale è il volere dell‟uomo di tenere sotto controllo ogni secondo: “il tempo è dena-ro”, è successo, è l‟arrivare prima per schiacciare l‟altro. Ossessionante è il desi-derio dell‟uomo di voler dominare il tem-po, di voler batter quelle lancette dell‟orologio che segnano lo scorrere della vita, che, inevitabilmente, ci conducono alla morte. “Memento mori”: questo è ciò che inquieta. Siamo schiavi del tempo che siamo noi a creare, così come siamo schiavi del tempo che è la natura ad im-porci.

UNTITLED Claudio Brolis, 4ªD

Q uando si visita la Biennale di Ve-nezia, lo strumento che possiamo utilizzare per comprendere al me-

glio le opere d‟arte esposte, è quello di fingersi critici d‟arte al fine di poter sce-gliere il lavoro artistico che più ci ha colpi-to. Con questo spirito ho osservato ed analiz-zato le molte opere presenti in questa importante mostra internazionale e tra tutto ciò che ho potuto vedere un merita-to 10 e lode lo attribuirei all‟Untitled di Urs Fischer, artista svizzero di grande rilievo, conosciuto soprattutto negli USA per le sue opere molto estroverse. La Biennale, a causa della grande quantità di artisti presenti, deve articolarsi in due luoghi: nei giardini di Venezia e nell‟Arsenale. È proprio in quest‟ultimo che troviamo le opere degli artisti contem-

poranei, con esposi-zioni stravaganti e

surreali, tra cui il capolavoro di Fi-scher. L‟opera, sopranno-minata “Le Candele di Urs Fischer”, è formata da tre co-struzioni antropo-morfiche in cera di diverso significato: - un‟identica rap-presentazione de Il ratto delle Sabine

del grande Giambo-logna;

- una riproduzione di un uomo, Rudi, co-nosciuto come Rudolf Stingel, amico dell‟artista; - un‟effimera presentazione di una sedia, successivamente riconosciuta come la vera sedia che l‟artista utilizzava nel suo studio. Dal primo giorno in cui è stata esposta l‟opera, le tre rappresentazioni sono state accese da una piccola fiamma che fa ri-durre l‟intera opera poco a poco, come se l‟artista volesse farci intuire che d‟innanzi ad un‟opera d‟arte come Il ratto delle Sa-

bine, la sua opera ha un valore limitato e per questo l‟artista stesso deve mettersi da parte lasciando che il suo lavoro si distrugga lentamente. La scelta di attribuire a quest‟opera il massimo punteggio è dovuta allo stupore che l‟artista è riuscito a trasmettermi nell‟osservarla. È stata determinante la sensazione che ho provato nell‟osservare un‟opera d‟arte di tale entità spegnersi lentamente fino a scomparire. Si potrebbe addirittura attribuire un signi-ficato più drammatico, kafkiano all‟opera: sin dall‟inizio sappiamo che tutto quello che viene creato è condannato a disper-dersi nel tempo in modo lento e visibile. Essendo la Biennale una mostra d‟arte monumentale, Fischer ha dovuto adattarsi cercando di creare con la sua magia un‟opera surreale che fosse all‟altezza di emozionare colui che la guarda, facendo-gli provare un‟esperienza unica e meravi-gliosa. La Biennale credo possieda proprio questa capacità di impressionare e illuminare le menti, nutrendole non solo di bellezza artistica, ma anche innovandole con un‟arte nuova e suggestiva.

O R O L O G I E C A N D E L E

SSSIAMOIAMOIAMO SCHIAVISCHIAVISCHIAVI DELDELDEL TEMPOTEMPOTEMPO

CHECHECHE SIAMOSIAMOSIAMO NOINOINOI AAA CREARECREARECREARE...

Page 12: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

la Biennale Altri padiglioni pagina XII

PADIGLIONE CENTRALE Federica Vista, 5ªD

L‟ installazione che ho deciso di ap-profondire è “Turisti” di Maurizio Cattelan. Questa consiste in 2 mila

piccioni impagliati sparsi per i Giardini della Biennale e sulle travi del Padiglione Centrale. Molti dicono che l‟opera di quest‟anno è nata dalla mancanza di fan-

tasia dell‟autore poiché ha ripreso un‟installazione già utilizzata in passato, mirando a sottolineare i lati più patetici ed imbarazzanti della nostra società e del mondo dell‟arte. Io non sono un‟esperta in materia di arte, posso dire però che se dovessi ipotizzare il perché della sua arti-stica ripetizione direi che Cattelan ha volu-to sottolineare come, a distanza di tempo, in fondo non sia cambiato nulla. Che si tratti invece di mancanza di ispirazione non posso escluderlo con certezza, però mi sembra strano che ad un artista man-

chi un‟idea “forte” che impressioni il pub-blico. Io ho apprezzato l‟opera “Turisti”: non sarà un‟idea originale ma viste le reazioni, soprattutto dei naturalisti, penso che abbia colto nel segno, perché ormai lo spirito che detta l‟arte, o almeno parte di essa, è quello di stupire, suscitare forti reazioni, positive o negative non importa. Io personalmente sono stata molto sugge-stionata da questa installazione e penso che sia anche questo l‟obiettivo di un arti-sta: far sì che la sua opera lasci il segno in una persona. L‟opera “Turisti” è al tem-po stesso macabra e divertente: macabra perché la sensazione di avere sopra la

testa animali veri, morti e imbalsamati, che ti spiano è spaventosa; e divertente perché la prima reazione che ho avuto appena entrata nella stanza dove c‟è la maggior concentrazione di piccioni è stato un sogghigno improvviso dovuto allo stu-pore di vedere piccioni imbalsamati. È

un‟installazione singolare a mio parere, ovviamente ha fatto molto scalpore tra gli animalisti, ma io penso, un po‟ cinica-mente che non ci sia poi molta differenza tra un piccione e uno scarafaggio se non

nella grandezza e nel colore. Lo stupore che ha suscitato questa opera aiuterà il mondo a non dimenticare questo autore così crudo e singolare con tanta leggerezza.

PADIGLIONE VENEZIA Chiara Bramati, 4ªD

L‟ opera Mariverticali è stata realizzata per Louis Vuitton da Fabrizio Plessi

ed era collocata nel Padiglione Venezia ai Giardini della Bien-nale in occasione della 54ª E-sposizione Internazionale d‟Arte della Biennale di Venezia. Con quest‟opera, Plessi propone una nuova visione della sua flotta digitale. L‟opera infatti consiste in sei imbarcazioni in acciaio nero che

risaltano dall‟oscurità creata nella stanza, mentre sui video schermi contenuti da ciascuno di queste imbarcazioni, sono rappresentate delle correnti simboliche di mari accompa-gnati da suoni.

L‟opera non passa inosservata non solo per le dimensioni delle barche, ma anche per l‟atmosfera creata nella stanza. Il buio che ti circonda, la luce dei display conte-nuti nelle barche che si riflette sul muro e il suono della corrente ti coinvolgono e riescono persino a mettere un po‟ di in-quietudine. Con un minimo di immagina-zione, sembra proprio di essere sul lungo-mare. È un‟opera che possono apprezzare tutti, anche se non conoscono il motivo ispira-tore che ha portato l‟autore a realizzarla. Il Padiglione Venezia, diversamente da altri padiglioni, ospita soltanto questa installazione e grazie all‟atmosfera che circonda queste barche, riesce a catturare l‟attenzione di tutti i visitatori. Penso che la scelta di collocare questa installazione nel Padiglione Venezia non sia stata casuale, visto che Venezia è fa-mosa per le sue gondole nei canali.

PADIGLIONE GIAPPONESE Claudia Carlessi, 4ªD

P adiglione nazionale giapponese in una stanza che racchiude insieme claustrofobia, il pozzo, e spazi aper-

P ICCIONI , MARI VERTICALI , CIELI E POZZI ,

PPPICCIONIICCIONIICCIONI IMBALSAMATIIMBALSAMATIIMBALSAMATI: : :

UNUNUN‟‟‟IDEAIDEAIDEA MACABRAMACABRAMACABRA MAMAMA

DIVERTENTEDIVERTENTEDIVERTENTE...

UUUNANANA FLOTTAFLOTTAFLOTTA DIGITALEDIGITALEDIGITALE DIDIDI BAR-BAR-BAR-

CHECHECHE: : : SEMBRASEMBRASEMBRA DIDIDI ESSEREESSEREESSERE DAV-DAV-DAV-

VEROVEROVERO SULSULSUL LUNGOMARELUNGOMARELUNGOMARE...

In alto le barche dell’installazione “Mariverti-cali” nel Padiglione Venezia, qui sotto i pic-cioni imbalsamati di Maurizio Cattelan.

Page 13: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

la Biennale Altri padiglioni pagina XIII

ti, l‟altezza del cielo. Inoltre una serie di specchi fa da contorno a un video che vede protagonista l‟evoluzione di una cel-lula, questo come metafora della crescita della stessa artista e contemporaneamen-te della continua innovazione nella società giapponese. Questo padiglione mi ha colpito molto perché mi sembrava di essere dentro a un sogno dove i confini non esistevano, le immagini erano molto particolari e astrat-te e questo aumentava la fantasia della mente e inoltre gli specchi davano un effetto migliore.

Jessica Pilenga, 5ªH

È stato interessante anche il Padiglio-ne del Giappone perché le immagini in movimento mi trasportavano in un

mondo diverso e il cambiare delle immagi-ni cambiava il mio modo di sentirmi. Guardando nel pozzo vedevo il cielo, e guardando il cielo vedevo la lava o le ca-se, tutto accompagnato da un cambio nel

colore della luce. C'era uno stravolgimen-to della realtà.

PADIGLIONE SPAGNOLO Angela Iannaccone, 4ªI

T hey had talked a lot about the Spanish pavilion before they ar-rived. When the students visited it,

they saw a big stage where there was written the theme chosen by the artist Dora Garcia: 'The Inadequate'. There, they found a lot of objects, such as draw-ings, books, poems, photos, scattered around. They left shortly afterwards but were disappointed and perplexed. After some hours, they listened to sounds from the pavilion. One man shouted meaning-less words, another man spoke of past and current events, a woman whispered the descriptions of all the tourists in the pavilion and another woman asked per-sonal questions. They were actors en-gaged by the artists to animate the works, and were all a part of the perform-ance. The disappointment of the students

changed to curiosity and then to wonder. Garcia was able to involve all the people present and to communicate her thoughts without words. She transmitted her idea of 'The Inadequate' by both fascinating and disturbing the individuals in the audi-ence. Thanks to Garcia, and to all her fellow artists, some future accountants

have been able to study the evolution of art, allowing themselves to drift between their emotions and feelings. They have omitted the reason for one day, just so people can understand modern art and perceive the mind of the artist.

PADIGLIONE CROATO Michela Trapattoni, 5ªH

N el padiglione della Croazia sono rimasta sbalordita in un primo momento, in quanto bisognava

guardare all‟interno di una scatolina nella quale vedevi te stessa, ripresa da dietro. La mia prima reazione è stata quella di girarmi per vedere dove era la telecamera che mi riprendeva, e proprio in quel mo-mento mi sono resa conto che le persone che nel filmino passavano dietro di me, in realtà non c‟erano. Erano personaggi me-no nitidi ed erano coloro che erano passa-ti qualche secondo prima, infatti in alcuni momenti io ero rappresentata in due posti diversi. È stata un‟esperienza un po‟ stra-

na, perché non capita tutti i giorni di ve-dersi “doppia”, sembrava quasi ci fossero tanti fantasmi o spiriti che girassero nella stanza.

PADIGLIONE GRECO Maty Niang, 4ªH

Q uest'anno alla Biennale di Venezia, una installazione che è riuscita pienamente a rispecchiare la si-

tuazione del suo Paese è quella della Gre-cia. Una porta si apre su una stanza abbastan-za buia, una passerella a forma di “L” attraversa la stanza ricoperta d'acqua, alta più o meno 20 cm. Di fronte alla por-ta di entrata è posizionato un pannello, illuminato da una luce bianca, alto quanto la stanza, poi una seconda porta, alla fine della passerella, conduce all'uscita. La stanza buia è simbolo del momento di oscurità che affligge la Nazione; l'acqua sta ad indicare quanto si stia ancora “in alto mare” con i progetti per uscire dal

baratro; infine il pannello con la luce bian-ca suggerisce che comunque “la speranza è l'ultima a morire!”. Così l'artista è riuscito a rappresentare in modo semplice e sobrio lo stato di profon-da crisi in cui si trova la Grecia, e a noi osservatori non rimane niente da interpre-tare: il messaggio è chiaro!

INADEGUATI, SCATOLINE E STANZE ALLAGATE

SHESHESHE TRANSMITTEDTRANSMITTEDTRANSMITTED HERHERHER IDEAIDEAIDEA

OFOFOF „T„T„THEHEHE IIINADEQUATENADEQUATENADEQUATE' ' ' BYBYBY

BOTHBOTHBOTH FASCINATINGFASCINATINGFASCINATING ANDANDAND DI-DI-DI-

STURBINGSTURBINGSTURBING HERHERHER AUDIENCEAUDIENCEAUDIENCE...

LALALA LUCELUCELUCE BIANCABIANCABIANCA SUGGERI-SUGGERI-SUGGERI-

SCESCESCE CHECHECHE LALALA SPERANZASPERANZASPERANZA ÈÈÈ

LLL'''ULTIMAULTIMAULTIMA AAA MORIREMORIREMORIRE...

Sopra, oggetti visti nel Padiglione spagnolo, qui sotto il monitor nel padiglione croato.

Page 14: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

pagina +1 PARTITA TRIPLA Ultime dall’oberdan

di Ilaria Castellazzi, 5ªD, Silvia Fortini, 5ªD, e Melody Jacobs, 5ªD (cooperativa “Blue & Green Economy” della classe 5ªD)

S abato 28 Maggio, presso il teatro Filodrammatici di Treviglio, ha avuto luogo una manifestazione un po‟

particolare. Dopo diversi mesi di lavoro e di preparazione, infatti, la Cooperativa

“Blue & Green Economy”, insieme con l‟associazione MondoAlegre, ha organizza-to l‟emozionante concerto-lezione con il gruppo “SinAfrica”. Si tratta dell‟evento finale realizzato a chiusura del secondo anno di tutoraggio che l‟associazione MondoAlegre ha effet-tuato con questa classe, la quale in questi ultimi due anni ha realizzato un percorso entrando così nel mondo della cooperazio-ne e del Commercio Equo e Solidale. Molti sono stati gli ostacoli che il CDA della Cooperativa “Blue & Green Eco-nomy” ha dovuto affrontare (e molti an-

che i “vizi di procedura”, come qualcuno ha voluto sottolineare…) per la realizza-zione di questo evento, ma sono stati brillantemente superati grazie a tanto impegno e lavoro di squadra e, col rag-giungimento di uno degli obiettivi d‟impresa prefissati a inizio anno, la sod-disfazione è stata davvero grandissima. Dopo essersi riunito per la prima volta nel 1990, il gruppo dei SinAfrica si costituisce ufficialmente nel 1993 come ensemble musicale e teatrale formato da artisti afri-cani, sei musicisti e cinque ballerine, tutti

provenienti dal West-Africa (Senegal, Ca-merun e Costa d‟Avorio). In risposta alla crescente curiosità da par-te del pubblico di ogni età, e vista la ne-cessità di diffondere la cultura e le tradi-zioni dei propri paesi di origine, questi giovani musicisti hanno messo in atto un programma di sensibilizzazione partendo dalle scuole, per educare gli adolescenti come noi ad apprezzare la cultura e le tradizioni che l‟Africa è in grado di offrirci. Lo strumento utilizzato per “aprire la porta della storia” (creare, cioè, un collegamen-

to tra la nostra cultura e la cultura africa-na, per meglio analizzare e far compren-cc

dere le problematiche che le caratterizza-no) è la musica, veicolo universale di e-mozioni, in grado di avvicinare ideologie differenti e favorirne l‟integrazione. Nonostante tutti questi sforzi, ci sono ancora diverse persone che non conosco-no (o non vogliono conoscere) questa realtà. Come ha spiegato Ibrahim (il leader del gruppo) durante il concerto, l‟unico modo per raggiungere la pace nel mondo è fare in modo che le diverse culture si conosca-no ed entrino in contatto tra di loro, an-che grazie alla musica. Tra i brani proposti, uno in particolare è nato con l‟intento di richiamare alla pace: “Edibe”. Composta durante il periodo della colonizzazione, questa canzone parla delle condizioni dei giovani soldati africani, re-

clutati per combattere guerre nei paesi occidentali senza sapere il perché di que- cc

sti conflitti e soprattutto senza sapere se rivedranno la propria casa. Da questo inno di pace ha avuto origine la canzone “Waka Waka”, resa celebre dalla popstar Shakira.

Durante il concerto, costituito essenzial-mente da percussioni e canti ispirati al ricco patrimonio culturale dell'africa nera, il pubblico ha avuto la possibilità di intera-gire con gli artisti sul palco (perché, come ricordato dai musicisti, caratteristica fon-damentale della musica africana è il coin-volgimento delle persone per farle entrare “all‟interno” della musica stessa), regalan-do a tutti delle performance MOLTO esila-ranti! Con la speranza che questa manifestazio-ne abbia trasmesso del valore aggiunto a

tutti coloro che hanno partecipato, non ci resta che dire: WELCOME TO AFRICA!

Allacciate la cintura, vi aspetta un’atmosfera a base di travolgenti ritmi

africani!

Alcune foto dell’evento.

Page 15: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

Ultime dall’oberdan PARTITA TRIPLA pagina +2

di Cristiana Algieri, ex 5ªB

È andato in pensione due anni fa, ma è come se non se ne fosse mai an-dato.

Di chi sto parlando? Ma del Prof. Grazioli naturalmente o se preferite di “Gigi”. Gigi, un uomo di cui esser fieri di aver come amico e di aver avuto come prof. Io, ovviamente, essendo stata una sua alunna non posso che parlarne in positivo ma vi assicuro che tutto quello che vi dirò ha del vero. Gigi Grazioli è un ottimo professore, un amico sincero, un eccellente scrittore, ma soprattutto, una persona meravigliosa che vale la pena conoscere e magari spender-ci un po‟ di tempo perché da lui si può imparare veramente tanto. Ed è proprio per tutte queste sue doti che martedì 24 febbraio, la nostra scuola ha voluto fargli un omaggio in occasione dell‟uscita del suo ultimo libro “Tempesta”. Ci siamo riuniti nel conventino dove il Prof. Bruno e la Prof.ssa Gazzola, con la collaborazione di alcuni alunni, avevano preparato una sorta di “recitazione” del primo capitolo del libro. Mi è capitato di intravedere il Prof. Grazio-li durante la rappresentazione e, osser-vando le espressioni del suo viso, credo proprio che le sia piaciuta, o perlomeno lo

ha fatto credere ;). Dopo un piccolo buffet, Gigi Grazioli, su richiesta di tutti noi, ha fatto il suo tanto atteso e desiderato discorso che ci ha permesso ancora una volta di ascoltare la

cc

sua voce appassionante e affascinante. Ha parlato un po‟ del libro, dalla trama e di come fosse strutturato. Da buon prof di lettere ci ha esortato a non abban-donare mai la lettura, di leggere tutti i libri che possiamo perché solo grazie ad essi noi saremo in grado di formare le nostre coscienze e di sce-

gliere cosa fare del nostro futuro. Ha parlato anche dell‟importanza delle emo-zioni e di come sia impor-tante lasciarle agire senza bloccarle perché non c‟è

nulla di più bello che sentire le farfalle nello stomaco o di avvertire quelle piccole paure quando magari stiamo perdendo una persona a noi cara che non vogliamo assolutamente lasciar andare. Infine ha dato a tutti quelli che avranno l‟esame di maturità un “in bocca al lupo”.

Dopo averci rapito con le sue belle parole e con i suoi consigli di vita, l‟ultima cosa che volevamo era di ritornare a scuola ma, ahimè, abbiamo dovuto. Questo incontro con il Prof. Grazioli è sta-to davvero molto costruttivo per tutti noi ed è stato bellissimo vedere come questo prof sia così tanto amato e dai suoi colle-ghi e dai suoi ex alunni e anche da alunni a cui non ha mai insegnato. Un vero feno-meno! Parlando a nome di tutta la classe 5ªB, posso dire che siamo fieri di averlo avuto

anche solo per un anno come nostro prof di lettere perché abbiamo imparato molto da lui e lo ricorderemo per sempre.

Volontà, preparazione, serietà e fiducia in se stessi:

requisiti che oggi non bastano più.

Dall’alto: il Prof. Luigi Grazioli con il Prof. Alessandro Marchetti, lo scrittore con la

sua ex alunna Beatrice Parolini dell’ex 5ªB, un momento della recitazione.

Page 16: Partita Tripla - Speciale Biennale 2011

Ultime dall’oberdan pagina +3 PARTITA TRIPLA

della Classe 5ªH Nel corso dell'anno scolastico 2010-2011, la classe 4ªH (oggi 5ªH) del corso Erica ha aderito all'invito del FAI, “Adotta una frazione” ed ha dedicato una parte dell'anno scolastico alla ricerca di notizie sulla storia di una frazione di Treviglio, la “Geromina”, frazione nata come villaggio industriale tessile sul finire dell'800. Il progetto ha visto coinvolte diverse disci-pline tra cui, storia, italiano, storia dell'ar-te e le tre lingue straniere. Lo scopo del progetto era quello di produrre una bro-chure pieghevole che contenesse le noti-zie storiche più importanti della Frazione e di tradurlo poi in inglese, francese e tede-sco. Lo scorso 9 ottobre il progetto si è concluso con la presenza sul luogo della Geromina degli alunni di 5ªH che hanno illustrato ai cittadini convenuti gli aspetti più significativi del lavoro e li hanno ac-compagnati sui luoghi di nascita del villag-gio industriale.

L a frazione Geromina, inserita nel

Parco della Gera D‟Adda, deriva

dalla deurbanizzazione della città di

Treviglio successiva al XVI secolo.

Per le origini del nome ci sono tre ipotesi:

1. toponimo di un Fundus (terreno) di

origine monastica, con cappella dedicata a

San Gerolamo;

2. da Gerolamina, figlia prediletta o mo-

glie di Marzio, primo imprenditore della

Geromina;

3. da “cava di sabbia” in spagnolo, dove

“gera” sta per sabbia e “mina” per cava.

L‟importanza della frazione risale

all‟imprenditore Marzio che, verso la fine

dell‟Ottocento, sfruttando la presenza

della ferrovia e dell‟energia elettrica otte-

nuta dallo sfruttamento della roggia Vi-

gnola, aveva impiantato un importante

lanificio nella Geromina impiegando fino a

150 operai. Nel 1898 subentrò Gerolamo

Antonio Fabris che fondò un villaggio in-

dustriale, secondo il modello del sociali-

smo utopistico. Sotto il successivo pro-

prietario Ercole Brusadelli gli operai impie-

gati arrivarono ad essere mille, in preva-

lenza donne. Alla fine degli anni „30 nac-

que una piccola comunità parrocchiale.

Successivamente subentrò la ditta Mani-

fatture Toscane Riunite, annessa, nel

1952, alla società Cotonificio Fhurter che

però si sciolse nel corso del XX secolo

quando l‟attività della filatura della seta si

ridusse notevolmente fino a tramontare

definitivamente con il boom delle sete ar­

tificiali. Nel tempo la frazione ha subito

un‟importante evoluzione a causa

dell‟ampliamento urbanistico. Oggi il nu-

mero di unità abitative è elevato; gli abi-

tanti ammontano a 3 mila circa. Le fabbri-

che sono state riadattate e ospitano ora

laboratori di mobili d‟arte e uno stabili-

mento oleotecnico.

DA VEDERE. Venne real izzata

dall‟imprenditore Gerolamo Fabris una

cooperativa alimentare per gli operai agli

inizi del „900 (1). Lo stile dell’edificio ri-

chiama un liberty eclettico. Oggi le vetrate

colorate sono state sostituite.

La Geromina è attraversata dalla “ciclovia

dei laghi del sud” (2) che collega i tipici

paesaggi agricoli lombardi. Affiancando i

corsi dell‟Adda e del Naviglio martesano.

La ciclabile tocca le cittadine di Treviglio,

Romano di Lombardia, Caravaggio, Fara

Gera d‟Adda, Bariano e Cortenuova colle-

gandosi all‟area metrpolitana milanese. Il

tempo di percorrenza totale è di 4 o 5 ore

e la lunghezza totale è di circa 42 km.

Villa Campagnola (3) commissionata nel

1930 da Ercole Brusadelli con ampi archi

sulla facciata nelle quali tra il 1943 e 1945

risiedettero gli amici milanesi dell‟impren-

ditore rifugiatisi alla Geromina.

UN ARTISTA TREVIGLIESE ALLA GE-

ROMINA. Trento Longaretti, nato a Tre-

viglio nel 1916, compie i suoi primi studi a

Milano. Le sue opere non possono essere

considerate né classiche né di impostazio-

ne astrattista o simbolica ma si collocano

tra queste

due ten-

denze. I

personaggi

da lui raffi-

gurati so-

no sempre

inseriti in

una di-

mensione

mai total-

m e n t e

realista, ma neanche eccessivamente sur-

reale. Sono uomini e donne con bambini,

figure inquiete, strane, girovaghi, musici-

sti di strada, vecchi e madri, parte di

un‟umanità sofferente, retaggio di ricordi,

del paese d‟infanzia. Su tutto domina un

sentimento di malinconia.

Vetrata (4) realizzata tra il 1975 e il 1980

da Trento Longaretti nella chiesa del San-

to Nome di Maria sita nella frazione. La

vetrata rappresenta l‟assunzione della

Vergine. Nella chiesa si trovano altre sei

vetrate, alcune finanziate dalla comunità,

altre dalla BCC. Nella chiesa si può ammirare l‟altare con il sacrificio di Melchisede realizzato su lami-na d‟oro da Giulio Carminati negli anni „50, dono della BCC, gli intarsi raffiguranti la Madonna delle Lacrime e il buon pasto-re realizzato da Franco Bussini su disegno di Giacomo Belloni, e una Madonna linea di fattura moderna opera di un artista ignoto con sullo sfondo un affresco di Mombrini Battista. Dietro l‟altare troviamo

un crocifisso del „600 dono del cardinal Martini.

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