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5 PARTE PRIMA Il secondo Ottocento 1) Dal positivismo al verismo Dal punto di vista letterario gli anni del secondo Ottocento rappre- sentano un periodo di crisi. Si sviluppa una scuola manzoniana, ma di modesta levatura, mentre l’isolata lezione leopardiana non trova seguaci; mancano figure di spicco in grado di orientare e caratterizzare questa fase storico-culturale. In alcuni scrittori è percepibile il prevalere di un sentimentalismo languido e flebile, un riproporsi fiacco di temi e moduli che in precedenza avevano avuto risonanze più profonde. L’avvento dell’industria libraria e gli avvenimenti politico-sociali cambiano la funzione del poeta e il suo rapporto con il pubblico. Alla figura del poeta romantico, che si era sentito espressione di una voce collettiva, portatore di un messaggio indirizzato all’universalità degli uomini, subentra quella del poeta moderno, il quale ha una coscienza del proprio ruolo molto più inquieta e vive con disagio i fenomeni che vede attorno a sé: l’ascesa della borghesia, l’ampliamento del pub- blico dei lettori, l’avanzare del proletariato, il progresso tecnologico e industriale. Nella seconda metà del secolo la cultura filosofica egemone è il Positivismo (A anche Glossario), i cui aspetti salienti sono la reazione agli esiti irrazionalistici a cui era giunto il Romanticismo e la ripresa di alcune istanze dell’Illuminismo, come la fiducia nella ragione e nella scienza, la volontà di estendere il metodo sperimentale, tipico delle scienze naturali, ad altri campi del sapere, la fondazione di nuove discipline (ad esempio la sociologia); esso deve al francese Auguste Comte il nome e l’esposizione teorica. In Italia la dottrina positivista si diffonde ampiamente tra la borghesia laica dopo il raggiungimento dell’Unità. Tra le maggiori figure di pensa- tori in questo periodo vanno ricordati Andrea Angiulli (1837-1890) e soprattutto Roberto Ardigò (1828-1920), che scrive numerosi volumi nei quali illustra aspetti e problemi dell’evoluzionismo filosofico.

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PARTE PRIMAIl secondo Ottocento

1) Dal positivismo al verismo

Dal punto di vista letterario gli anni del secondo Ottocento rappre-sentano un periodo di crisi. Si sviluppa una scuola manzoniana, ma di modesta levatura, mentre l’isolata lezione leopardiana non trova seguaci; mancano figure di spicco in grado di orientare e caratterizzare questa fase storico-culturale. In alcuni scrittori è percepibile il prevalere di un sentimentalismo languido e flebile, un riproporsi fiacco di temi e moduli che in precedenza avevano avuto risonanze più profonde.

L’avvento dell’industria libraria e gli avvenimenti politico-sociali cambiano la funzione del poeta e il suo rapporto con il pubblico. Alla figura del poeta romantico, che si era sentito espressione di una voce collettiva, portatore di un messaggio indirizzato all’universalità degli uomini, subentra quella del poeta moderno, il quale ha una coscienza del proprio ruolo molto più inquieta e vive con disagio i fenomeni che vede attorno a sé: l’ascesa della borghesia, l’ampliamento del pub-blico dei lettori, l’avanzare del proletariato, il progresso tecnologico e industriale.

Nella seconda metà del secolo la cultura filosofica egemone è il Positivismo ( anche Glossario), i cui aspetti salienti sono la reazione agli esiti irrazionalistici a cui era giunto il Romanticismo e la ripresa di alcune istanze dell’Illuminismo, come la fiducia nella ragione e nella scienza, la volontà di estendere il metodo sperimentale, tipico delle scienze naturali, ad altri campi del sapere, la fondazione di nuove discipline (ad esempio la sociologia); esso deve al francese Auguste Comte il nome e l’esposizione teorica.

In Italia la dottrina positivista si diffonde ampiamente tra la borghesia laica dopo il raggiungimento dell’Unità. Tra le maggiori figure di pensa-tori in questo periodo vanno ricordati Andrea Angiulli (1837-1890) e soprattutto Roberto Ardigò (1828-1920), che scrive numerosi volumi nei quali illustra aspetti e problemi dell’evoluzionismo filosofico.

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La Scapigliatura ( anche Glossario; il termine è usato per la prima volta da Cletto Arrighi, 1830-1906, nel romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio, del 1862), estrema propaggine del Romanticismo, è la corren-te letteraria che domina il panorama italiano nei primi anni dell’Unità nazionale: indica una schiera di giovani anticonformisti, avversi a ogni forma di vita borghese, ribelli, insofferenti, bohémien. Il movimento ruota attorno al gruppo di letterati milanesi di cui fanno parte Arrigo (1842-1918) e Camillo Boito (1836-1914), Emilio Praga (1839-1875), Igino Ugo Tarchetti (1839-1869), Carlo Dossi (1849-1910), e successivamente attorno al gruppo piemontese che annovera Giovanni Faldella (1846-1928), Giovanni Camerana (1845-1905), Giuseppe Giacosa (1847-1906), Roberto Sacchetti (1847-1881). Alle radici della Scapigliatura si pongono la delusione per gli esiti del Risorgimento, un contraddittorio rapporto con l’industrializzazione e l’opposizione alla mentalità borghese. Sul piano letterario i temi prevalenti sono l’abnorme e il patologico, il patetico e l’orroroso, l’onirico e il fantastico, l’ironia e l’umorismo acre.

In Francia, sulla scia del Positivismo, si sviluppa il Naturalismo ( anche Glossario): Honoré de Balzac, Gustave Flaubert e i fratelli Edmond e Jules Goncourt sono gli esponenti di punta; ma, certo, Émile Zola, con la teoria del roman experimental ne è il caposcuola. Il metodo scientifico viene trasferito alla letteratura, che si caratterizza come una scienza capace di cooperare allo sviluppo sociale e culturale. Ulteriore novità è il canone dell’impersonalità della narrazione, che liqui-da la formula del narratore onnisciente dominante nel primo Ottocento.

Il Verismo ( anche Glossario) italiano si muove nell’ambito della medesima cultura scientista del Naturalismo francese: si accetta la concezione deterministica dell’agire umano, respingendo quella metafisica e moralistica tradizionale. L’oggetto della letteratura, affer-ma Giovanni Verga ( I grandi autori) nella Prefazione alla novella L’amante di Gramigna, sono i «documenti umani», cioè fatti veri, storici; e l’analisi di tali documenti deve essere condotta con «scrupolo scien-tifico»; il romanzo trionferà, dice, quando «la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, e l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé». È la dottrina dell’impersonalità, secondo la quale l’autore nell’analisi della realtà deve evitare accuratamente di inserire e manifestare il suo

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punto di vista. Ma alla visione negativa della realtà sociale, comune ai naturalisti francesi, non si accompagna nei veristi una fiducia nella scienza come efficace strumento per l’emancipazione dell’uomo e per la soluzione di problemi, che appaiono quasi fatalisticamente legati a dati oggettivi e perenni della natura umana e della società.

Tra il 1880 e il 1886 un gruppo di letterati francesi, facenti capo a Paul Verlaine, anima la vita culturale e letteraria parigina, dando vita al cosiddetto Decadentismo ( anche Glossario), di cui era stato precursore Charles Baudelaire. Il termine designa un’intera fase storico-culturale europea che si estende fino al primo decennio del No-vecento. Il movimento nasce come reazione al Positivismo-Naturalismo, riprendendo molte delle esperienze di segno irrazionalistico, spiritualistico, soggettivistico del moto romantico. La realtà vera non è più quella che appare, ma quella che si cela dietro le apparenze; un rinnovato senso del mistero avvolge la natura e l’uomo. Il linguaggio della realtà e della natura è misterioso, oscuramente simbolico, e l’essere umano lo deve interpre-tare e svelare. Al poeta è affidato il compito di farsi “veggente”, cioè di svelare l’enigma della vita. Fare della propria esistenza un’opera d’ar-te, vivere nel culto esasperato della bellezza, o totalmente in funzione dell’arte diviene un credo per molti letterati. È la genesi dell’Este-tismo ( anche Glossario), che ha in per-sonaggi come Dorian Gray di Oscar Wilde e Andrea Sperelli di Gabriele D’Annunzio ( Parte Quarta, I grandi autori) gli esempi più celebri. Della letteratura e dell’arte si evidenzia la sostanziale autonomia: non più subordinate a qualsivoglia fine pratico, ma poesia e arte per sé stesse. Eccezione a questa ten-denza è la concezione dannunziana del letterato trascinatore di folle e politicamente impegnato; ma sotto questo atteggiamento c’è anche una sorta di onnipotenza, che ha radici nel superomismo di Nietzsche,

Friedrich Nietzsche: (1844-1900) è uno dei più grandi filosofi tedeschi e dell’intero panorama mondiale. Nel pe-riodo maturo dell’evoluzione del suo pensiero individua in impulsi e interessi egoistici il fondamento delle idee e dei valori più alti, concependo la verità come il configurarsi di rapporti di forze. Nell’ultima fase dello sviluppo della sua filosofia emergono i concetti di volontà di potenza e di ni-chilismo. Nella sua opera più nota, Così parlò Zarathustra (1883-1885), il pensatore annuncia profeticamente la «morte di Dio» e l’avvento del «superuomo», che accetta integralmente l’irrazionalità della vita e si pone al di là del bene e del male.

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nella teoria cioè di un uomo superiore, con le capacità per dominare la realtà e le masse.

Dopo l’unificazione nazionale si discutono diverse tesi formulate sulla questione della lingua nel primo Ottocento, in particolare quella manzoniana. È Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907) che dirime, sul piano teorico, la questione. Egli sostiene che per affrontare il problema bisogna analizzarne le cause, che consistono nella divisione politica, nella scarsa diffusione della cultura, nel formalismo e nella retorica. Non il fiorentino del popolo, come aveva proposto Manzoni, ma il patrimonio di esperienze linguistiche e culturali comuni a tutta Italia, deve costituire, per Ascoli, la base per lo sviluppo di una lingua uni-taria, che si sarebbe avuta quando anche i ceti subalterni avrebbero partecipato a momenti di vita collettiva e attinto alle fonti della cultura. Tra le condizioni che favoriscono l’unificazione linguistica si possono ricordare: l’incremento della scolarizzazione; l’unificazione ammini-strativa e la diffusione della burocrazia; il servizio militare che porta al nord i giovani meridionali e al sud i settentrionali; la stampa a diffu-sione nazionale; l’urbanizzazione, l’industrializzazione e la migrazione interna, che cooperano nel permettere a masse di ceto e provenienza geografica diversi di comunicare tra loro.

2) I generi letterari e gli autori minori

Il romanzo sociale

Nella seconda metà dell’Ottocento il romanzo storico entra in crisi sia per il tramonto degli ideali risorgimentali sia per la progressiva dis-soluzione dei tradizionali registri narrativi. A poco a poco si affermano nuovi generi attraverso i quali gli scrittori approfondiscono gli aspetti psicologici dei loro personaggi, o effettuano indagini relative ai flussi di coscienza, ai contrasti tra sentimento e ragione, ai tormenti esistenziali. Un esempio è il romanzo sociale, che nasce in concomitanza con lo sviluppo delle scienze antropologiche, mediche ed economiche. Sicché diviene indispensabile, anche nella letteratura, che il narratore non

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si fermi semplicemente a ritrarre il mondo così com’è, cioè nei suoi aspetti reali, ma si ponga lo scopo della denuncia, assumendo magari i metodi delle scienze. Questo genere ha il suo momento migliore nella narrativa degli scapigliati democratici, con i quali si presta a essere un’acuminata arma di polemica e di contestazione. Tra coloro che scrivono specificatamente romanzi sociali è opportuno ricordare autori quali Cletto Arrighi, Achille Bizzoni (1841-1904), Cesare Tronconi (1842-1890) e Paolo Valera (1850-1926).

Il romanzo d’appendice nel secondo Ottocento diviene la più diffusa merce di consumo. Quasi tutti i quotidiani e i periodici pub-blicano romanzi a puntate, bozzetti, novelle, racconti, e sostengono una narrativa d’appendice al femminile, in cui le scrittrici si rivolgono direttamente alle donne per inculcare loro i valori della famiglia e della maternità: è il caso di Anna Radius Zuccari (1846-1918), nota come Neera, e di Maria Antonietta Torriani (1846-1920) o Marchesa Colombi. Ma è soprattutto vero che la pubblicistica attira la gran parte degli autori italiani rimasti famosi, come Edmondo De Amicis (1846-1908), Carlo Collodi (1826-1890), Matilde Serao (1856-1927), Luigi Capuana (1839-1915), Giovanni Verga, Antonio Fogazzaro (1842-1911) ed Emilio De Marchi (1851-1901), per i quali i giornali sono il mezzo più celere per diffondere il loro pensiero, le loro poetiche e le loro riflessioni critiche.

Il romanzo regionale documenta, invece, particolari condizioni sociali degradate, tradizioni e costumi locali, modi di pensare e di vivere propri di un determinato ambiente. La narrativa regionale è implicitamente sollecitata dalle pregresse differenze sociali, econo-miche e politiche che lo Stato unitario non è riuscito a eliminare. Tra gli autori da ricordare ci sono Renato Fucini (1843-1921), Achille Giovanni Cagna (1847-1931), Nicola Misasi (1850-1923), Remigio Zena (1850-1917) ed Emilio De Marchi. In particolare di quest’ultimo si ricorda il Demetrio Pianelli (1890), che mostra persistenti venature tardo-romantiche e scapigliate.

Nell’ambito della narrativa per ragazzi si distinguono Collodi e De Amicis, rispettivamente con Le avventure di Pinocchio (1883) e Cuore (1886). Il testo di Collodi, che penetra capillarmente nelle scuole

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e nelle famiglie, contribuisce con la sua vivacità espressiva a dare un solido sostegno alla formazione della lingua nazionale; Cuore è invece legato alla qualità del suo messaggio pedagogico e alla sua concezione della vita associata.

3 ) La poesia da Carducci e D’Annunzio

Il panorama della produzione lirica attorno alla metà del secolo è assai variegato, ma nel contempo privo di grandi personalità, ad eccezione di Carducci: ciò che risulta evidente sul piano tematico è l’enfatizzazione sentimentale, la compiaciuta predilezione per storie di amori infelici, per le facili effusioni suggerite dagli spettacoli naturali o dalla meditazione sulla condizione umana, che si concretizza sul piano formale in una versificazione facile e corriva. Tra le figure più rappresentative di questo periodo abbiamo Giovanni Prati (1814-1884) e Aleardo Aleardi (1812-1878), i quali accolgono le suggestioni del Romanticismo europeo: del primo, la cui attività letteraria è piuttosto eterogenea, rammentiamo i Canti per il popolo e ballate (1843), la no-vella in versi Edmenegarda (1841), i poemi Rodolfo (1853), Armando (1868), le raccolte Psiche (1876) e Iside (1878); del secondo, dotato di una disciplina formale maggiore rispetto a Prati, citiamo Il Monte Cir-cello (1856), Le antiche città italiane marinare e commercianti (1856), Poesie complete (1863).

Il poeta per antonomasia del secondo Ottocento è, però, senza ombra di dubbio Giosue Carducci (1835-1907). Nato a Valdicastello in provincia di Lucca, fin dalle prime prove letterarie manifesta un’in-discutibile tensione verso l’impegno etico e sociale. Il Romanticismo, secondo l’ottica carducciana, è destinato a essere presto superato, poiché il poeta moderno deve rendersi indipendente dalle mode e dalle esigenze del tempo e perseguire una propria ricerca capace di elevarsi al di sopra della storia per assurgere all’eternità della grande poesia. La sua battaglia antiromantica è pienamente giustificata dagli esiti di una cultura che va esaurendo la potente carica ideologica con cui si era rivelata a inizio secolo. Come rimedio a questa degenera-

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zione egli propone allora un ritorno ai classici, che si sostanzia di una fortissima carica polemica destinata a tradursi immediatamente in impegno civile, che trova riscontro, alle soglie dell’Unità d’Italia, negli autori risorgimentali. Carducci esorta all’eroismo e alla passione patriottica ed è particolarmente attratto da quei momenti della storia universale in cui queste forze si evidenziano in tutta la loro irruenza; ma la rievocazione della storia antica tocca i momenti più intensi e delicati quando muove da una malinconica consapevolezza che quel passato non tornerà mai più.

Cresciuto a contatto con una natura ancora semiselvaggia come quella della Maremma, il poeta porta sempre nell’animo l’impronta sana e vigorosa di quel mondo. La dolcezza di quelle atmosfere campestri ritorna in tanta parte della sua produzione, facendo da contraltare sen-timentale e malinconico alla passione civile; in liriche come Davanti San Guido tale afflato intimistico tocca uno dei vertici più commoventi.

Alcuni fattori della posizione ideologica carducciana subiscono un sensibile mutamento nei decenni successivi all’Unità d’Italia: l’entu-siasmo democratico e l’atteggiamento ribellistico (che toccano il loro culmine nel polemico Inno a Satana del 1863, vibrante apologia della ragione, del progresso e del pensiero laico) lasciano il passo a posizioni indubbiamente più moderate, per approdare infine all’accettazione convinta della monarchia di Umberto I.

La varietà dei temi e dei sentimenti, la presenza niente affatto re-torica del dolore, della morte, della forza e della fragilità, sono i moti più sottili e inquietanti dell’animo umano, espressi nella sua vastissima produzione, nella quale si toccano i momenti più delicati e moder-namente nostalgici della poesia italiana della seconda metà del XIX secolo. Tra le opere maggiori possiamo indicare le raccolte poetiche Juvenilia (1860; sia i contenuti che le scelte metriche rivelano l’imitazio-ne dei classici amati dal poeta in gioventù, da Dante e Petrarca a Monti e Foscolo), Levia Gravia (1868; già il titolo, di derivazione ovidiana, indica la compresenza di liriche di impegno politico-civile e altre più leggere), Giambi ed Epodi (1882; si inserisce nella fase democratica e giacobina dell’autore), Rime nuove (1887; le poesie di questa raccolta, tra le più belle composte da Carducci, spaziano dai motivi più intimistici

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e sentimentali a quelli più civilmente impegnati e polemici, e i temi trattati sono le memorie autobiografiche e le grandi memorie storiche; celeberrima è la lirica San Martino), Odi barbare (1877; 1882; 1889; ricorrono gli stessi motivi ampiamente presenti nelle Rime nuove, con alternanza di ricordi interiori, sottili e nostalgici moti dell’animo, sogni di evasione in un passato nazionale mitico e lontano. Nella raccolta il poeta sperimenta l’applicazione della metrica latina e greca nella lingua italiana, il che spiega la definizione di «barbare» data alle odi), Rime e ritmi (1899; orientato verso la monarchia e le posizioni di Crispi, Car-ducci propone un’immagine falsamente eroica e positiva dell’Italia); la raccolta di articoli critici Confessioni e battaglie (1882; 1883; 1884; l’autore è anche un critico militante e interviene polemicamente nel dibattito culturale del tempo); l’Epistolario (postumo; 1938; nel quale si scopre un Carducci diverso dal poeta “ufficiale”, che ripercorre le tappe principali della sua vita in uno straordinario esempio di autoanalisi).

Il classicismo di Carducci, che intende la classicità come età di vitalistico rapporto con la vita, come laica razionalità da cui nascono gli atteggiamenti anticristiani, favorisce una florida produzione poetica rappresentata da Giacomo Zanella (1820-1888), che nei suoi compo-nimenti affronta problemi di notevole interesse, come il rapporto fra scienza e fede; Pietro Cossa (1830-1881); Domenico Gnoli (1838-1915), che a Carducci si riferisce definendolo «poeta d’Italia tutelare»; Enrico Nencioni (1837-1896), che nelle sue poesie non è scevro da novità simboliste; Giuseppe Chiarini (1833-1908), del quale ricordiamo alcuni componimenti collegati alle disgrazie familiari che lo colpirono; Severino Ferrari (1856-1905), che in alcune sue liriche coniuga l’amore per la terra romagnola con suggestioni mitologiche.

Negli ultimi anni del XIX secolo si afferma la poesia simbolista grazie ad autori come Gabriele D’Annunzio e Giovanni Pascoli ( Parte Quarta, I grandi autori), che hanno una funzione essenziale nella sprovincializzazione della cultura letteraria italiana e nel rinnovamento linguistico-stilistico.

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4) Giovanni Verga

La vita

1840 Nasce a Catania.

1851-1857 Frequenta la scuola di Antonio Abate, patriota di idee mazziniane, giornalista e poeta. Nel 1857 termina il suo primo romanzo, Amore e patria, ambientato negli anni della Rivoluzione americana e rimasto inedito.

1858 Si iscrive alla facoltà di legge presso l’Università di Catania; compone il romanzo I carbonari della montagna, ambientato nella Calabria del primo Ottocento.

1865 Soggiorna per due mesi a Firenze, dove ha l’occasione di fare vita mondana; scrive il romanzo Una peccatrice.

1869 Torna nuovamente a Firenze ed è accolto nei salotti letterari più importanti della città.

1871 A Milano viene pubblicato il suo nuovo romanzo Storia di una capinera.

1872 Si trasferisce a Milano, rimanendovi per circa vent’anni.

1873 Scrive il romanzo Eva.

1874 Pubblica il bozzetto Nedda, una novella ambientata nel mondo rurale della Sicilia.

1875 È dato alle stampe il romanzo Tigre reale; compone il romanzo Eros.

1880 Pubblica la raccolta di novelle Vita dei campi.

1881 Sono editi I Malavoglia.

1883 Pubblica le Novelle rusticane.

1884 Viene rappresentato con grande successo a Torino il dramma Cavalleria rusticana.

1888 Esce il romanzo Mastro-don Gesualdo.

1893 Si trasferisce definitivamente a Catania.

1920 Diviene senatore.

1922 Muore a Catania.

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Il profilo letterario e le opere

La personalità umana e artistica di Giovanni Verga appare com-plessa e variamente articolata. Emigrante della cultura nell’Italia post-risorgimentale, l’autore è animato da una profonda inquietudine e da una volontà di ribellione, i cui obiettivi ben presto si concretizzeranno nella società borghese e aristocratica delle grandi città. Egli avverte fin dall’inizio il bisogno di sprovincializzare la sua produzione e di confrontarsi con la classe intellettuale dell’“altra” Italia.

Verga approda al Nord fiducioso che la sua parola possa trovare un pubblico attento e partecipe, ma si rende subito conto, soprattutto a Mila-no, che la società cittadina è pervasa da valori del tutto differenti da quelli che egli aveva immaginato. Lo scrittore siciliano è dunque animato da un vivace spirito di confronto, anche se non abbandona mai la chiusa ritrosìa dell’isolano che ha poca fiducia nel mondo esterno. In questo ambiente acquisisce lo spirito di ribellione degli scapigliati ( Il contesto culturale); pertanto i suoi romanzi mondani recano il segno di una protesta contro un sistema economico e una classe sociale che rappresenta, tuttavia, lo stesso pubblico colto al quale egli deve rivolgersi. È la ricerca del «vero», il bisogno di essere narratore di cose e di fatti, che muove Verga nell’intento di rappresentare la realtà nell’immediatezza della visione oggettiva. Sotto la spinta dell’amico Luigi Capuana e dopo la lettura dei naturalisti francesi, in primo luogo Zola, l’autore matura il suo approdo alla narrazione verista: il «vero», nucleo fondamentale della nuova visione artistica, è già presente in lui. Da scrittore verista egli è un positivista, ma privo della carica entusiastica di costruzione che anima i letterati francesi e parte di quelli italiani: per lui la realtà è immobile, dominata dalla legge del più forte, una fiumana che lascia inesorabilmente per strada i più deboli. Nella lotta per la sopravvivenza gli interessi eco-nomici prevalgono in tutte le relazioni umane. Il pessimismo domina la sua visione dell’esistenza: la società è una faccia esterna dentro la quale operano i princìpi immutabili dei processi naturali; perciò ogni speranza di riforma o di progresso si rivela impossibile.

La produzione di Verga si divide sostanzialmente in due periodi fondamentali: la prima fase, in cui si dedica alla stesura di romanzi

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«mondani», influenzato dal clima culturale fiorentino e milanese; e la fase veristico-regionalistica, che vede protagonista delle sue opere il mondo dei «vinti», di coloro cioè che sono costretti a soccombere di fronte all’inesorabilità del progresso.

L’opera, di carattere storico-patriottico, è ambientata in Calabria all’epoca del regno di Gioacchino Murat.

La protagonista della vicenda, che si ispira alla Signora delle camelie di A. Dumas, inaugura la galleria dei personaggi verghiani che in nome dell’amore suggellano il senso della propria vita.

Se appare senz’altro importante il tema sociale della monacazione forzata, il vero nucleo centrale del romanzo è il dramma intimo e privato della giovane protagonista.

Il romanzo, il primo della cosiddetta «produzione milanese», reca chiari i segni della polemica scapigliata contro una società dominata dall’amore per il denaro e dal raggiungimento dell’utile.

Il protagonista, dedito al lusso e alla mondanità, è simbolo di un’incompiuta maturità psicologica, capace di affermarsi soltanto attraverso gesti e azioni eclatanti.

L’osservazione del reale subentra per la prima volta alla volontà di scandalizzare dei precedenti romanzi.

Con l’attenzione rivolta al mondo degli umili, le cui vicende diventano la vera voce narrante, queste novelle segnano l’approdo al Verismo.

Al centro del romanzo, il primo del «ciclo dei vinti», ci sono le vicissitudini di una piccola comunità di pescatori siciliani ( I Malavoglia).

I carbonari della montagna (1861)

Una peccatrice (1866)

Storia di una capinera (1871)

Eva (1873)

Eros (1874)

Tigre reale (1875)

Vita dei campi (1880)

I Malavoglia (1881)

Romanzo

Romanzo

Romanzo

Romanzo

Romanzo

Romanzo

Raccolta di novelle

Romanzo

TAVOLA SINOTTICA DELLE OPERE

Titolo e data di Genere Contenuti pubblicazione

(segue)

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I Malavoglia Primo dei cinque romanzi che dovevano costituire il «ciclo dei vinti», I Malavoglia sono un’opera corale, nella quale la famiglia Toscano si presenta come un gruppo guidato dal vecchio padron ’Ntoni, la cui vita si svolge intorno alla «casa del nespolo», centro vitale degli affetti familiari, e alla vecchia barca Provvidenza, che naufragherà tragicamente.

Le tematiche I temi centrali del romanzo sono la ricerca dell’arric-chimento e del benessere, che spinge i protagonisti a cercare le strade del miglioramento; ma alla base della loro azione vi sono anche valori come la sacralità del lavoro, l’unità della famiglia, l’onestà, il rispetto della parola data, il dolore che nasce dalla vergogna. Inevitabilmente le vicende del racconto coincidono con quelle storiche: la battaglia di Lissa, l’Unità d’Italia, la Destra al potere. Alessi è il vero eroe positivo di tutto il libro perché simboleggia la tenacia nel riscattare la casa del nespolo dopo il tracollo economico. Intorno a lui si ricostruisce la “religione” della famiglia e il senso onesto della fatica, che consente di rinnovare la «roba», la proprietà, l’unico bene che permette una

Titolo e data di Genere Contenuti pubblicazione

Il marito di Elena (1882)

Novelle rusticane (1883)

Cavalleria rusticana (1884)

Mastro-don Gesualdo(1889)

Romanzo

Raccolta di novelle

Dramma

Romanzo

Nei due personaggi principali Verga contrappone altrettanti mondi: quello corrotto della città, dominata dal lusso e dalle passioni, e quello campagnolo, che crede nell’onestà e nel lavoro.

In queste novelle emergono tematiche come l’analisi della realtà borghese e della piccola nobiltà di campa-gna, il contrasto fra le classi sociali e il passaggio da un ceto all’altro.

Il testo teatrale punta sul personaggio di Santuzza, di cui viene accentuato l’intimo dramma passionale e il desiderio di vendetta.

Secondo romanzo del «ciclo dei vinti», narra dell’ascesa sociale di un muratore e della sua triste fine ( Mastro-don Gesualdo).

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precisa collocazione sociale. Emblematica è poi la figura del giovane ’Ntoni che, dopo la morte del nonno, dovrebbe rappresentare l’anello di congiunzione tra vecchio e nuovo. Ma ormai anche lui è costretto a soccombere alle leggi ferree della vita, che nessuno può infrangere, e la sua partenza segna metaforicamente la fine del romanzo.

Lo stile Calatosi nella mente e nelle azioni dei personaggi, l’autore non giudica più, non descrive, ma ascolta e registra la loro vita proiet-tandola lungo un ordito linguistico veramente innovativo, nello sforzo di far parlare uomini e cose con il loro linguaggio, con il loro sistema di pensieri. La narrazione dei fatti avviene, dunque, attraverso l’uso del discorso indiretto libero ( Parte Prima, Tecniche di lettura, Il testo narrativo: il narratore), a conferma che lo scrittore si limita solo a registrare ciò che dicono e fanno i protagonisti. Nel complesso il romanzo ha un andamento epico e i suoi personaggi assomigliano agli eroi delle tragedie greche per la loro capacità di ergersi contro le avversità con coraggio e ostinazione. Tutta l’azione del libro si svolge in un paese fisso in una remota immobilità temporale, dove il convulso procedere delle situazioni non smuove la staticità della storia; il mare è l’emblema di questa condizione temporale, e con il suo rumore scandisce la vita del villaggio, fondendosi con gli altri simboli fonici che contrassegnano le vicende dei paesani.

Mastro-don Gesualdo Il secondo romanzo del «ciclo dei vinti» cono-sce una lunga gestazione, che occupa uno spazio di circa dieci anni, con una sorta di prova generale rappresentata dalla novella La roba, il cui protagonista è un’anticipazione della personalità di Gesualdo Motta, «mastro» perché maestro muratore e «don» perché si è meritato quel titolo di rispetto in virtù della ricchezza che ha accumulato e della scalata sociale che a essa si accompagna. Rispetto ai Malavoglia, il contesto sociale in cui la vicenda si svolge è più complesso, perché più elevato è il gioco degli interessi economici, lontani come siamo dal semplice mondo dei pescatori. Storicamente l’aristocrazia nobiliare ha esaurito la sua funzione, mentre una nuova classe sociale ne prende il posto: è quella della borghesia imprenditoriale, di cui Gesualdo è un validissimo rappresentante.

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Le tematiche Il principio darwiniano dell’evoluzione e della lotta per la sopravvivenza, l’aspirazione al possesso della «roba» e l’ambizione sociale sono i temi centrali del romanzo.

Altri motivi dominanti sono il bisogno dell’unità familiare, il senso etico del lavoro, la patriarcalità. Lo scontro tra opposti interessi e tra appartenenti a classi sociali diverse si agita sullo sfondo della narra-zione, ma tutto il gioco delle relazioni, della corsa agli appalti e al profitto è visto, attraverso l’ottica del narratore, come un’immensa e inutile rappresentazione da cui emergeranno unici vincitori la logica del guadagno e la lotta dell’uomo contro l’uomo.

Lo stile All’interno del romanzo l’autore utilizza due tipologie nar-rative, quella descrittiva e quella dialogica, che conferiscono all’azione un alternarsi di pause e ritmi che sostengono il racconto. Il ricorso a forme di interpunzione che sottolineano una pausa, come i due punti o il punto e virgola, assicura fluidità ai perio di. Notevole anche l’uso dei puntini sospensivi, che conferma la concitazione generale e il senso di attesa e di impotenza di fronte a un evento non controllabile. Il lessico, infine, appare diversamente articolato: predominano voci dell’uso gergale e quotidiano, ma frequente è anche il contrasto tra termini poetici e parole più aspre nel suono e nel significato, al fine di rendere «vera» la narrazione. Spesso, come nei Malavoglia, lo scrittore fa uso del discorso indiretto libero.

PARTE SECONDAIl primo Novecento

Il contesto storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Il periodo compreso tra l’ultimo scorcio dell’Ottocento e il primo venten-nio del Novecento vede lo scenario internazionale trasformarsi radical-mente in seguito allo sviluppo incontrollato del capitalismo. I profondimutamenti nell’economia mondiale condizionano sia le politiche internedei vari Stati sia i reciproci rapporti tra uno Stato e l’altro. Il coloniali-smo prima, l’imperialismo poi concorreranno in breve a scatenare il pri-mo conflitto di dimensioni mondiali della storia umana. L’Italia non neresterà esclusa.

TAVOLA CRONOLOGICA DEGLI EVENTI

1882 L’Italia sottoscrive la Triplice Alleanza che la vede schierata al fianco del-l’Austria e della Germania.1887 La Destra storica prende il potere con l’elezione al governo di FrancescoCrispi.1892 Viene fondato a Genova il PSI.1896 Con la sconfitta di Adua fallisce l’impresa coloniale italiana in Africa. Cri-spi si dimette.1898 Agitazioni popolari. A Milano il generale Bava Beccaris ordina di far fuocosulla folla dei dimostranti.1900 Re Umberto I viene assassinato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci.1903 Giovanni Giolitti è nominato Primo Ministro.1911-12 Impresa libica: l’Italia dichiara guerra alla Turchia per il possesso co-loniale della Libia. Il 18 ottobre 1912 la vittoria italiana è sancita dalla pace diLosanna.1912 Il governo introduce il suffragio universale maschile.

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1913 Giolitti stipula il patto Gentiloni attraverso il quale si guadagna alle elezioniil voto dei cattolici in cambio della promessa di non adottare provvedimenti anti-clericali (è l’inizio del «trasformismo» politico).1914 Giolitti si dimette cedendo il passo al Ministero Salandra. Scoppia la pri-ma guerra mondiale, ma il nostro paese, mentre si infuoca la polemica tra neu-tralisti e interventisti, si dichiara neutrale.1915 Con un clamoroso voltafaccia l’Italia firma il patto di Londra, e si impegnaa combattere al fianco della Triplice Intesa (→ L’evento). Il 24 maggio dichiaraguerra all’Austria.1916 Mentre si svolgono le battaglie sull’Isonzo, l’Italia dichiara guerra anchealla Germania.1917 Dopo la battaglia di Vittorio Veneto, l’Austria chiede l’armistizio.1918 La prima guerra mondiale è finita: si apre la Conferenza di pace a Parigi.L’Italia ottiene i territori irredenti (Trentino e Friuli Venezia Giulia), eccezion fat-ta per Fiume, riscattata con la forza da Gabriele D’Annunzio al capo di pochiuomini (la città, annessa all’Italia nel 1924, verrà riunita al territorio della exJugoslavia nel 1947).

La società Mentre il secolo XIX si chiude all’insegna delle riven-dicazioni sociali da parte delle masse proletarie contro i soprusi deicapitalisti, il primo decennio del XX secolo passa alla storia come laBelle époque: le significative trasformazioni in campo industriale etecnologico consentono la nascita della cosiddetta «società di massa»,caratterizzata da fenomeni come il considerevole aumento della pro-duzione e dei consumi, la burocratizzazione degli organi statali, ilprogressivo diffondersi della scolarizzazione, l’allargamento della ba-se elettorale. L’Italia, almeno in apparenza, gode di un periodo dibenessere (sviluppo delle industrie elettriche, meccaniche e siderur-giche, invenzione del motore a scoppio, della radio, del cinemato-grafo), in realtà limitato alle sole classi agiate e minato dall’aggravar-si dei disagi e delle agitazioni popolari (scioperi, emigrazione, sotto-sviluppo del Mezzogiorno).

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La prima guerra mondiale

Tra le cause remote dello scoppio della prima guerra mondiale vanno consi-derati i vari irredentismi (l’Italia, ad esempio, pretendeva la restituzione dal-l’Austria del Trentino e del Friuli), tra quelle più immediate, oltre all’assassiniodell’erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando e di sua moglie So-fia da parte di un nazionalista bosniaco, le velleità imperialistiche degli Statieuropei, generate dall’enorme sviluppo industriale e capitalistico verificatositra Ottocento e Novecento in concomitanza con la cosiddetta «seconda rivo-luzione industriale». È l’età delle imprese coloniali: i paesi più avanzati si dan-no alla conquista di nuovi territori (Asia, Africa, America centrale) alla ricercadi risorse e materie prime. Il complesso sistema delle coalizioni (Triplice Al-leanza: Italia, Germania, Austria; Triplice Intesa: Francia, Inghilterra, Russia) ela comparsa sulla scena mondiale di una super-potenza come l’America fannoil resto. Dalla guerra l’Impero austro-ungarico uscirà del tutto smembrato e lamappa dell’Europa sarà in gran parte ridisegnata. Ma i futuri equilibri inter-nazionali risulteranno condizionati anche dagli eventi verificatisi, nel frat-tempo, in Russia: la Rivoluzione d’ottobre (1917), infatti, pone fine al regimezarista, sancendo la nascita dell’URSS con a capo il bolscevico Nikolaj Lenin. Èil primo Stato comunista.

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L’evento

Il contesto culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Durante l’ultimo Ottocento la cultura vive un momento di crisi e di pro-fondo smarrimento in seguito allo sgretolarsi delle certezze alimentate dalPositivismo. Il movimento culturale e letterario che esprime il malessereesistenziale di quest’epoca, in cui a primeggiare sono gli elementi irrazio-nali e istintivi del pensiero, è il Decadentismo (sviluppatosi a partire dal-l’ultimo ventennio del XIX secolo prima in Francia e poi in tutta Europa).“Decadenti” o meglio “eredi” del Decadentismo possono ritenersi GabrieleD’Annunzio e Giovanni Pascoli. In più campi del sapere, intanto, a rappre-sentare l’unico punto di riferimento possibile è paradossalmente la relati-vità: così, ad esempio, nelle scienze naturali con la «teoria della relatività»dello scienziato tedesco Albert Einstein (1879-1955), o in quelle umanecon la scoperta dell’ «inconscio» da parte del medico viennese SigmundFreud. E la relatività trionfa, in un certo senso, anche in ambito letterariocon scrittori del calibro di Luigi Pirandello e Italo Svevo. A partire dal pri-mo decennio del XX secolo, inoltre, si diffondono in tutta Europa le avan-guardie storiche, correnti culturali che si propongono di rompere radical-mente con la tradizione, in virtù di uno sperimentalismo volto a cercareinedite forme di espressione artistica e letteraria. Avanguardie del primoNovecento sono il Surrealismo e il Dadaismo in Francia, l’Espressionismo inGermania, il Futurismo in Italia e in Russia.

La figura dell’intellettuale Nell’era della “società di massa” e dellamercificazione della cultura l’intellettuale vive un momento di profon-do sconcerto, rispondendo agli stimoli del nuovo sistema ora assecon-dandolo, nel rispetto delle leggi del mercato (è il caso, ad esempio, discrittori come Emilio Salgari, autore di numerosissimi romanzi tagliatiper un pubblico medio-basso desideroso solo di intrattenersi piacevol-mente), ora rendendosi attivo strumento di propaganda politico-ideologica attraverso l’esperienza giornalistica o le iniziative editoriali(si pensi agli intellettuali nazionalisti e interventisti come D’Annun-zio, Prezzolini, Papini, Corradini, o a quelli di sinistra come Gobettie Gramsci, impegnati nella difesa dei diritti dei lavoratori).

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Le correnti filosofiche La reazione al Positivismo si configura nel-la ripresa delle teorie di alcuni pensatori del tardo Ottocento, primofra tutti Friedrich Nietzsche (→ Gli autori stranieri), la cui filosofiairrazionalista e negativa è volta a demolire tanto le idee fondate sulprogresso della scienza e sull’etica borghese, quanto l’intero sistemadi valori della tradizione europea e cristiana («Dio è morto» – affermaemblematicamente il filosofo tedesco nella Gaia Scienza). L’ideale diun «superuomo», che con la sua «volontà di potenza» possa fondareuna nuova morale, influenza tanta parte della produzione letterariaeuropea (in Italia Gabriele D’Annunzio).

L’intuizionismo e la riflessione sul tempo sono invece i punticardine della riflessione filosofica del francese Henri Bergson(1859-1941). L’intuizione, strumento conoscitivo estraneo alla ragio-ne, viene considerata l’unica fonte attendibile della conoscenza (ta-le idea influenza i decadenti), mentre il tempo non è più intesoquale successione di istanti quantitativamente omogenei, ma in ter-mini di «durata» qualitativa, diversa in ogni individuo. Bergson eser-cita grande fascino sugli scrittori contemporanei, primo fra tutti ilfrancese Marcel Proust (→ Gli autori stranieri), autore di un’operamonumentale: Alla ricerca del tempo perduto, in cui è il tempo del-la coscienza a scandire la trama del romanzo.

Un cenno particolare merita infine la nascita della psicoanalisi, aopera di Sigmund Freud (1856-1939), sebbene le sue ricerche vada-no ascritte al campo delle scienze umane, piuttosto che all’ambito fi-losofico. Freud sostiene l’esistenza, nella psiche di ogni uomo, diuna particolare dimensione interiore detta «inconscio», la quale, sfug-gendo a ogni controllo, determinerebbe le azioni e i comportamentidell’individuo. In sintesi, la vita cosciente (Io) non sarebbe altro cheuna “razionalizzazione”, in termini di adeguamento alla morale co-mune (Super-Io), di quella inconscia (Es).

Le correnti letterarie Nel corso degli anni Ottanta del secolo XIXun gruppo di intellettuali francesi, con a capo Paul Verlaine (→ Gliautori stranieri), ispirandosi alla poesia di Baudelaire, manifesta ilproprio disagio esistenziale e i propri intenti provocatori verso la

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mentalità e i valori della borghesia, tanto efficacemente interpretatidalla cultura positivista. La nascita del Decadentismo è sancita nel1886 dalla fondazione della rivista «Le Décadent» a opera di AnatoleBaju. Ma i decadenti, anziché sostanziare la propria visione antibor-ghese con un modello sociale alternativo, sembrano piuttosto com-piacersi in un inguaribile scontento, in un senso diffuso di abbando-no e sfiducia. L’unico loro obiettivo è salvare dalla distruzione gene-rale quanto di bello, raffinato ed elegante sopravvive nella società.L’Estetismo si rivela così la nota dominante di questo nuovo movi-mento artistico e soprattutto letterario. Esteti sono, ad esempio, ilfrancese Des Esseintes nel romanzo A ritroso (A rebours) di Joris-Karl Huysmans (→ Gli autori stranieri) e l’inglese Dorian Gray nel li-bro Il ritratto di Dorian Gray (The picture of Dorian Gray) di OscarWilde (→ Gli autori stranieri) o, in Italia, Andrea Sperelli nel Piaceredi Gabriele D’Annunzio (→ I grandi autori).

A ereditare il senso generale di frattura tra l’individuo e la so-cietà borghese espresso dai decadenti è, tra il primo e il secondodecennio del Novecento, il Futurismo, avanguardia storica italia-na. Il Manifesto del Futurismo, pubblicato da Filippo Tommaso Ma-rinetti sul quotidiano parigino «Le Figaro» nel 1909, contiene il sin-golare programma ideologico del movimento: la critica alla tradi-zione e al passato in genere, la lode del progresso tecnologico eindustriale, l’esigenza di rinnovare la società e l’arte, la folle esalta-zione della guerra («sola igiene del mondo»). Il Futurismo crea ecelebra il mito della “modernità”, di un mondo violentementeproiettato verso il futuro, e tanto nell’arte quanto nella letteraturacerca di promuovere innovazioni tematiche e stilistiche capaci direndere tale aspirazione di fondo.

La lingua A partire dall’ultimo Ottocento si assiste a una gradualeitalianizzazione dei dialetti, fenomeno per cui le varie parlate dellapenisola accolgono forme, costrutti e lessico dell’italiano. Negli annia cavallo tra i due secoli i dialetti sono a loro volta coinvolti da unprocesso di regionalizzazione, in seguito al quale in ogni singola re-gione si afferma il dialetto della città più importante. Nel frattempo

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nei centri urbani è sempre più frequente il ricorso alla lingua italia-na; singolare prodotto delle interferenze tra italiano e dialetti è il co-siddetto «italiano popolare», che riceve una forte accelerazione du-rante la prima guerra mondiale, quando al fronte soldati provenientidall’intera penisola, spesso scarsamente alfabetizzati, scrivono ai pro-pri cari e, combattendo fianco a fianco, avvertono la necessità di co-municare attraverso una lingua “comune”.

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I generi letterari e gli autori “minori” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1) La prosa

Le riviste

Le riviste si affermano generalmente come espressione di un par-ticolare programma culturale o schieramento politico-ideologico.

«Il Marzocco» (1896-1932). Fondata a Firenze da Angelo Orvieto,ha come suo principale animatore Gabriele D’Annunzio (→ I grandiautori). Partendo dal rifiuto del Positivismo e della cultura accademi-ca in generale, la rivista si ispira al vitalismo e all’individualismo distampo decadente, e appoggia, a partire dal 1911, la politica nazio-nalista e imperialista.

«Il Regno» (1903-1906). Dal carattere fortemente antidemocraticoe antisocialista, questa testata viene fondata da Enrico Corradini,scrittore fortemente nazionalista.

«Il Leonardo» (1903-1907). Papini e Prezzolini avviano la rivi-sta poco più che ventenni. Di spirito antigiolittiano e nazionalista,ha interessi prevalentemente filosofici e contribuisce, in particola-re, a diffondere il pensiero di Nietzsche (→ Gli autori stranieri),Bergson e James.

«Hermes» (1904-1906). Promossa da un giovanissimo GiuseppeAntonio Borgese, si mostra sensibile al pensiero estetizzante di D’An-nunzio e all’imperante nazionalismo del tempo, ma si interessa pre-minentemente all’arte e alla letteratura (divulga l’estetica crociana).

«La Critica» (1903-1944). Direttamente impegnata nella diffusio-ne dell’idealismo crociano, è la testata cui dà vita a Bari lo stessoBenedetto Croce. Lo studioso abruzzese è un insigne esponenteeuropeo della rinascita dell’Idealismo; tra i suoi scritti più noti iProblemi di estetica (1910), l’Estetica in nuce (1929) e la Poesia(1936), opera quest’ultima in cui riconosce come «poesia» unica-mente l’«espressione del sentimento», definendo «non poesia» o«struttura» tutto quanto contenga implicazioni di altra natura. Croce

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ricopre un posto di enorme rilievo nella storia della critica lettera-ria novecentesca.

«La Voce» (1908-1916). È senza dubbio la rivista più importantedel primo Novecento. Nasce a Firenze per iniziativa di Papini e Prez-zolini. Convinzione di base dei principali collaboratori (tra cui spic-cano i nomi di Salvemini, Slataper, Amendola, Croce, Gentile, Einau-di) è che l’azione culturale debba avere la priorità su quella politica,offrendole precise direttive e contribuendo a promuovere la forma-zione di una nuova classe dirigente. «La Voce» vive quattro fasi chevedono avvicendarsi alla direzione Prezzolini, Papini, ancora Prezzo-lini e Giuseppe De Robertis, che dirigerà «La Voce bianca», di tagliopiù spiccatamente letterario.

«Lacerba» (1913-1915). Venuti in contrasto con «La Voce», Papinie Ardengo Soffici fondano insieme questa nuova testata, che si pro-pone quale strumento di sostegno e di diffusione del Futurismo.

«L’Unità» (1911-1920). Fondata da Salvemini in seguito alla rottu-ra con «La Voce», è l’unica rivista antinazionalista, interessata in parti-colare alla questione meridionale.

Il romanzo

Il Decadentismo segna con differente intensità numerosi ro-manzieri, ma la narrativa di inizio secolo assimila e riconverte velo-cemente le suggestioni decadenti in nuove forme di scrittura. Il ge-nere romanzesco, dopo un’iniziale coesistenza di vecchio e nuovo(tante opere inseriscono in un impianto ancora naturalistico situa-zioni e personaggi ormai “novecenteschi”), rompe definitivamentecon gli schemi della tradizione. Il romanzo del Novecento tende aessere soggettivo: non rappresenta più la realtà, ma descrive ilmondo interiore dei personaggi. È la grande narrativa di Pirandelloe Svevo (→ I grandi autori).

Senz’altro condizionati dalla poetica decadente, ma meritevoli diessere approdati a risultati decisamente originali sono Grazia Deled-da e Federigo Tozzi.

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Assegnataria del premio Nobel nel 1926, Grazia Deledda (1871-1936) muove da canoni veristici per approdare a una piena adesioneal Decadentismo. Così nei suoi romanzi più noti, tra cui La via delmale (1896), Elias Portolu (1903), Canne al vento (1913), MariannaSirca (1915), Cosima (1937), dove l’attenzione minuziosa ai processipsicologici dei personaggi e la visione epica e drammatica ma ancheintuitiva e lirica della vita si innestano sullo sfondo di una Sardegnaselvaggia e magica.

Senese di nascita e autodidatta di formazione, Federigo Tozzi(1883-1920), pressoché ignorato dai contemporanei, è stato note-volmente rivalutato dalla critica più recente e addirittura affianca-to, per gli evidenti meriti della sua produzione, a Pirandello e Sve-vo. Nei romanzi Con gli occhi chiusi (1919), Tre croci (1920), Ilpodere (1921) lo scrittore dà corpo, attraverso i suoi tormentatipersonaggi, alla “malattia” del secolo: l’inettitudine, l’assoluta inca-pacità dell’uomo di relazionarsi in maniera costruttiva agli altri,l’irrimediabile incomunicabilità tra il suo mondo interiore e la real-tà esterna; il tutto sullo sfondo del doloroso contrasto tra una fettad’Italia ancora legata alle tradizioni e il mondo accelerato e ag-gressivo della modernità. Il passo che proponiamo, tratto dal capi-tolo X di Tre croci, descrive efficacemente la condizione di inetti-tudine del protagonista.

[…] istantaneamente Giulio si sentì invadere come da un deliriosenza scampo. Chi lo avrebbe trattenuto perché non andasse in mez-zo alla cognata e alle nipoti gridando? Come avrebbe potuto fare anon buttarsi a capofitto contro il muro? Chi lo poteva tenere, nellastrada, che non corresse per tutta Siena? Bisognava, dunque, che eglisi preparasse a commettere chi sa quale stravaganza, che avrebbefatto effetto a tutti. “Ecco – egli pensava – come un uomo può cam-biarsi! È lo stesso di una malattia, che viene quando non ci si pensané meno!”. Ma egli restava a sedere; e nessuno, vedendolo, avrebbepotuto sospettare di niente.

Nel frattempo, a partire dal primo decennio del Novecento, sidiffonde il gusto per la scrittura diaristica e l’autobiografismo lirico,

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caratterizzati da uno stile decisamente espressionista. Protagonistiprincipali sono “vociani” come Jahier, Serra, Boine e Slataper.

Tra le opere di Piero Jahier (1884-1966) ricordiamo le Risultanzein merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi (1915), Ragazzo(1919), Con me e con gli alpini (1919); il testo più rappresentativo diRenato Serra (1884-1915), invece, è l’Esame di coscienza di un lette-rato (1915), composto prima di partire per il fronte, da dove lo scrit-tore non farà più ritorno; Giovanni Boine (1887-1917) scrive Il pec-cato (1914); Scipio Slataper (1888-1915), infine, è autore del roman-zo autobiografico Il mio carso (1912).

“Epigoni” dell’esperienza vociana possono considerarsi Sibilla Ale-ramo e Giuseppe Antonio Borgese. Sibilla Aleramo (1876-1960),pseudonimo di Rina Faccio, si distingue in particolare per la lotta a fa-vore della causa femminista, rinvenibile sin dal primo dei suoi scritti,Una donna (1906), romanzo autobiografico; nelle righe che seguono,tratte dal capitolo XII, l’autrice denuncia con grande lucidità l’ipocrisiaesistente alla base dei rapporti umani e riflette acutamente sul ruoloattribuito in genere alla figura materna.

Chi osava ammettere una verità e conformarvi la vita? Povera vi-ta, meschina e buia, alla cui conservazione tutti tenevan tanto! Tuttisi accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti comei preti, le vergini come le meretrici, ognuno portava la sua menzo-gna, rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose:quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole, quasi, di fronte allapaurosa grandezza del mostro da atterrare! E incominciai a pensarese alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male so-ciale. Come può un uomo che abbia avuto una buona madre divenircrudele verso i deboli, sleale verso una donna a cui dà il suo amore,tiranno verso i figli? Ma la buona madre non deve essere, come lamia, una semplice creatura di sacrificio, deve essere una donna,una persona umana.

Giuseppe Antonio Borgese (1882-1952), scrittore, saggista ecritico militante, è autore del romanzo Rubè (1921), il cui omonimoprotagonista, un intellettuale piccolo-borghese siciliano, incarna, die-

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tro i riferimenti scopertamente autobiografici, il destino dell’uomocontemporaneo, privo di certezze e continuamente minato nella suaintegrità psicologica. Filippo Rubè, infatti, appare vittima della suastessa cronica incapacità di affrontare la vita: dopo una lunga seriedi fallimenti si ritrova per caso nel mezzo di uno scontro tra fascisti esocialisti, e rimane ucciso.

Tecniche di lettura

Il testo narrativo: tempo, spazio e personaggi

Ogni testo narrativo presenta una struttura-tipo, articolata sostanzialmente incinque momenti:

– situazione iniziale;– complicazione e rottura dell’equilibrio iniziale;– evoluzione della vicenda attraverso un suo miglioramento o peggioramento;– conclusione della vicenda e ricomposizione dell’equilibrio;– situazione finale.

Ogni vicenda, infatti, deve necessariamente partire da una situazione iniziale, ilcui equilibrio si rompe a causa di un evento che spinge i personaggi a entrare inazione. Attraverso la naturale evoluzione della vicenda, che si può svolgere neimodi più diversi e articolati, si giungerà a un’inevitabile ricomposizione dell’e-quilibrio, migliore o peggiore di quello iniziale, ma da quest’ultimo sicuramentedifferente. Tale equilibrio costituirà la situazione finale e cioè la conclusionedella storia.

1. La successione degli eventi

• Fabula e intreccio. Esistono due modi fondamentali per narrare una storia:in base all’ordine naturale degli eventi, cioè riferendo gli eventi secondo l’or-dine in cui si sono verificati nella realtà, oppure in base a un ordine artificia-le, che ne modifica la successione reale, presentando prima gli eventi checronologicamente o logicamente verrebbero dopo. Si distinguono pertantodue diversi piani narrativi: la fabula (o storia), che rispetta l’ordine naturaledegli eventi, e l’intreccio (o narrazione), che invece li dispone secondo lascelta arbitraria dell’autore.

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• I nuclei narrativi. In ogni testo narrativo troviamo una serie di informazio-ni: alcune sono indispensabili per capire lo svolgimento della storia, altre in-vece aggiungono particolari meno importanti, e tuttavia utili a comprenderemeglio determinate situazioni. Le prime costituiscono gli eventi essenziali, lese conde gli eventi accessori. Ogni evento essenziale, in concorso ai relativieventi accessori, forma un nucleo narrativo, cioè una porzione di testo più omeno completa, che sviluppa una parte ben precisa del racconto.

• Le sequenze. Un altro sistema di scomposizione del testo narrativo è attua-bile mediante l’individuazione di sequenze, che sono dei segmenti di testo,inferiori rispetto ai nuclei narrativi per estensione e complessità, forniti disenso logico compiuto. Le sequenze cambiano quando entra in scena unnuovo personaggio o c’è una variazione di tempo e di luogo.

2. Tempo e spazio

Nell’economia (ordine che regola la disposizione delle varie parti) di un testonarrativo grande importanza assume la dimensione temporale: gli eventi nar-rati si collocheranno naturalmente in una determinata epoca storica (il tempodella storia) e la narrazione stessa si sno derà in un certo arco di tempo (la du-rata della storia). È chiaro che la durata narrativa degli eventi narrati (corri-spondente grosso modo al tempo necessario per la lettura del testo) non coin-cide quasi mai con la loro durata reale, cioè quella che essi avrebbero se acca-dessero real mente (fatta eccezione per le sequenze dialogate o scene nelle qua-li durata narrativa e durata reale coincidono).Il narratore, la voce che racconta gli avvenimenti (→ Tecniche di lettura, pag.109), per ovvie ragioni narrative, contrae o altera il tempo reale e per farlo siavvale di un ampio numero di espedienti tecnici, riconducibili a quattro tipolo-gie fondamentali:

• il sommario: periodi più o meno lunghi vengono sintetizzati in poche righe;

• l’ellissi: interi periodi di tempo, anche molto lunghi, vengono del tutto igno-rati (in tal caso, si potranno trovare espressioni come «l’anno successivo...»,«dieci anni dopo...», «terminato l’esilio...» ecc.);

• l’analisi: periodi di tempo perlopiù molto brevi vengono dilatati, abbraccian-do un tempo narrativo più ampio di quello reale;

• la digressione: la narrazione s’interrompe per dare modo al narratore di sof-fermarsi sulla descrizione dei personaggi, dei luoghi o del contesto storicodella vicenda.

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Il narratore, inoltre, potrà interrompere il racconto dei fatti per narrare qualcosache è accaduto prima (analessi o flash-back) oppure per anticipare quanto av-verrà in seguito (prolessi).

La scelta dei luoghi in cui inserire le idee e le azioni dei personaggi di un testonarrativo non è casuale; essa piuttosto è il frutto di una precisa scelta funzionaleall’economia generale della narrazione: un luogo ha una funzione narrativa quan-do non funge da semplice sfondo alla vicenda ma interagisce con essa oppure unafunzione simbolica se viene utilizzato per esprimere un’idea o un concetto in rela-zione alla situazione narrativa e ai personaggi. Gli stessi luoghi intervengono spes-so in funzione della caratterizzazione psicologica di questi ultimi, riflettendone unmodo d’essere o rappresentandone una particolare situazione emotiva.

3. I personaggi: ruolo, funzione e caratteristiche

Ogni testo narrativo presenta generalmente un vero e proprio sistema di perso-naggi, all’interno del quale ognuno di essi ricopre un determinato ruolo, più omeno importante. A seconda del ruolo, i personaggi di un testo narrativo si di-stinguono in:

• personaggi principali, che svolgono un ruolo centrale nella vicenda e suiquali si concentra maggiormente l’attenzione;

• personaggi secondari, che hanno un ruolo di secondo piano e quindi unarilevanza minore rispetto ai personaggi principali, ma talvolta possono inci-dere sensibilmente sulla situazione o sul comportamento di questi ultimi;

• comparse, che servono solo a definire un ambiente o una situazione e nonincidono mini mamente sullo sviluppo della vicenda narrata.

Oltre ad avere un ruolo, i personaggi ricoprono, nell’ambito della vicenda narra-ta, anche una specifica funzione,, in base alla quale si possono riconoscere:

• il protagonista (o eroe o soggetto): il personaggio principale, che si pone alcentro della narrazione anche quando non compare direttamente in scena.Gli eventi che lo riguar dano prendono avvio dalla rottura dell’equilibrio ini-ziale in cui vive, a causa di un mutamen to esterno oppure di un suo bisognoo desiderio;

• l’antagonista: il personaggio che contrasta il protagonista e gli si opponeconcre tamente o sul piano psicologico. Spesso è l’artefice della rottura del-l’equilibrio iniziale, ma può comparire anche a vicenda iniziata: in ogni caso,è sempre il motore dello sviluppo dell’azione;

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• l’oggetto: il personaggio che incarna, talvolta inconsapevolmente, lo sco-po dell’impegno o del desiderio del protagonista, contrastato in ciò dal-l’antagonista;

• l’aiutante: il personaggio che assiste, aiuta e protegge il protagonista, soste-nendolo nella realizzazione delle sue imprese;

• l’oppositore: il personaggio che di solito è l’aiutante dell’antagonista e vi siunisce nel ten tativo di ostacolare il protagonista. L’oppositore, tuttavia, puòagire di sua iniziativa e addi rittura schierarsi dalla parte di quest’ultimo;

• il destinatore: il personaggio che propone al protagonista lo scopo da con-seguire (si pensi, nelle fiabe, al re che spinge l’eroe a compiere un’impresa incambio di un premio);

• il destinatario: è il personaggio in cui si materializza l’oggetto del conten-dere tra protago nista e antagonista (nella stessa fiaba potrebbe essere laprincipessa che il re concede in moglie all’eroe, se questi avrà realizzato lapropria impresa).

Un ultimo modo di classificare i personaggi è quello di distinguerli tra perso-naggi statici e dinamici.

• I personaggi statici sono quelli che nel corso della storia non subisconomutamenti di alcun tipo, né fisici, né psicologici, né di condizione sociale.

• I personaggi dinamici sono quelli che si modificano o dal punto di vista fi-sico o dal punto di vista psicologico o ancora passano da uno stato sociale aun altro.

2) La poesia

Negli anni presi in esame la produzione lirica appare forte-mente influenzata dal Decadentismo. A cavallo tra i due secoli è lapoesia di Gabriele D’Annunzio (→ I grandi autori), con i suoi tonialtisonanti e declamatori, a costituire un imprescindibile punto diriferimento, ma il Novecento si apre all’insegna della radicale rot-tura con la linea dannunziana, espressa da Crepuscolarismo e Fu-turismo, sebbene entrambe le tendenze siano ancora collocabilinel solco della sensibilità decadente.

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Il Futurismo Nel Manifesto tecnico della letteratura futurista(1910) Filippo Tommaso Marinetti suggerisce di rompere ogni lega-me con le forme poetiche tradizionali, inaugurando la formula delle«parole in libertà», disposte nel cosiddetto «verso libero» (→ Tecnichedi lettura, pag. 35) senza vincoli di sorta, «senza alcun ordine con-venzionale, senza fili sintattici e senza le soste forzate della punteg-giatura». I futuristi mostrano una particolare predilezione per l’analo-gia, che consente di associare immagini apparentemente estranee elontane creando suggestive corrispondenze; ricorrono, infine, a unavera e propria “rivoluzione tipografica”: attraverso l’utilizzo di diffe-renti caratteri intendono evidenziare alcune parole rispetto ad altre odispongono le parole stesse in modo da riprodurre visivamente leimmagini descritte. Vero e proprio maestro di tali espedienti è Guil-laume Apollinaire (→ Gli autori stranieri), autore della nota raccol-ta Calligrammi (Calligrammes, 1918). Tra i poeti futuristi ricordiamoFilippo Tommaso Marinetti (1876-1944), autore della raccoltaZang Tumb Tumb (1914), definita «poema parolibero»; Aldo Palaz-zeschi (1885-1974), pseudonimo di Aldo Giurlani, che pubblica lafamosa raccolta di poesie dal titolo L’incendiario (1910) per poi dis-taccarsi decisamente dal Futurismo; Corrado Govoni (1884-1965), lacui adesione alla poetica futurista è evidente in raccolte come Poesieelettriche (1911), Inaugurazione della primavera (1915) e Rarefazio-ni e parole in libertà (1915).

Il Crepuscolarismo La definizione di quella che nella poesia ita-liana del primo Novecento costituisce una tendenza più che unavera e propria scuola o teoria viene coniata da Giuseppe AntonioBorgese in un famoso articolo pubblicato nel 1910 sulla rivista «LaStampa», in cui il noto critico recensiva le liriche di alcuni giovanipoeti, tra cui Marino Moretti. I crepuscolari elaborano una poesiadal tono particolarmente dimesso e nostalgico, che prende le mos-se dalle piccole cose, dai sentimenti che nascono nel quotidiano,da un costante rimpianto per il tempo andato e dallo struggimento,venato di sottile ironia, che scaturisce dall’impossibilità di poterlorivivere. Il linguaggio riflette il carattere essenzialmente languido e

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malinconico della poesia crepuscolare,per cui, anche nel generale ricorso alverso libero, il dettato poetico assumespesso un andamento prosastico e collo-quiale (emblematico il frequente ricorsoagli enjambement), risultando talvoltapiatto e ripetitivo. Poeti crepuscolari so-no Gozzano, Moretti e Corazzini.

Partendo da un’iniziale adesione al modello dannunziano (La viadel rifugio, 1907), Guido Gozzano (1883-1916), il maggiore e più for-tunato rappresentante del Crepuscolarismo, con le liriche della raccol-ta Colloqui (1911), in cui ricostruisce la sua esperienza autobiografica,riesce ad approdare, mediante l’azione corrosiva dell’ironia, a risultatidecisamente originali. Particolarmente nota è la poesia L’amica dinonna Speranza, che proietta l’autore nella dimensione dei ricordi, inun ambiente piccolo-borghese ormai lontano, dove le «buone cose dipessimo gusto» ispirano attrazione e al contempo ripulsa.

Come si evince dalle raccolte Poesie scritte col lapis (1910) e Poe-sie di tutti i giorni (1911), la produzione lirica di Marino Moretti(1885-1979), sempre pervasa da una sottile ma pregnante ironia, siincentra sul ricordo del passato e sulla descrizione della vita quoti-diana, spesso caratterizzata da ansia e insoddisfazione. Lo stile sipresenta fortemente prosastico, teso quasi a “mimetizzare” i modidel parlato e ad annullare la forma poetica.

Morto giovanissimo di tubercolosi, Sergio Corazzini (1886-1907)è autore della raccolta Piccolo libro inutile (1906), contenente Deso-lazione del povero poeta sentimentale, poesia-simbolo del Crepusco-larismo ed emblematico esempio di anti-dannunzianesimo. Ne pro-poniamo qui di seguito i versi (1-5) più noti.

Perché tu mi dici poeta?Io non sono un poeta.Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.Vedi: non ho che lagrime da offrire al Silenzio.Perché tu mi dici: poeta?

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Enjambement: il termineproviene dal francese en-jamber (oltrepassare incampo altrui); l’enjambe-ment o spezzatura si realizzaquando la fine di un versonon coincide con la fine diuna frase, che pertanto con-tinua nel verso successivo.

Altre esperienze Del tutto personali e quindi non riconducibili anessun movimento in particolare sono i risultati della ricerca poeticadi autori come Campana, Rebora e Sbarbaro.

Dino Campana (1885-1932), personaggio dalle tormentate vi-cende esistenziali, dovute a una cronica instabilità mentale, pubblicanel 1914 i Canti orfici, in cui perviene a un lirismo assolutamentenuovo, tutto proteso a voler riacquistare certe antiche valenze magi-co-incantatorie. Qui di seguito proponiamo alcuni versi (1-9 e 21-26)della lirica La Chimera.

Non so se tra rocce il tuo pallidoviso m’apparve, o sorrisodi lontananze ignotefosti, la china eburnea fronte fulgente e giovinesuora de la Gioconda:o delle primaverespente, per i tuoi mitici pallorio Regina o Regina adolescente[…] Non so se la fiamma pallidafu dei capelli il viventesegno del suo pallore,non so se fu un dolce vapore,dolce sul mio dolore,sorriso di un volto notturno.

Clemente Rebora (1885-1957), autore di raccolte come Fram-menti lirici (1913) e Canti anonimi (1922), ricorrendo a un linguaggiodalle tinte fortemente espressionistiche, intende manifestare quell’an-sia di ricerca della verità che connota anche la sua intensa esperienzaautobiografica.

Camillo Sbarbaro (1888-1967), in Pianissimo (1914) e nelle prosepoetiche Trucioli (1920), propone una poesia dal tono dimesso, fattodi un linguaggio scarno e disadorno, limitato all’essenziale, il tutto asostenere una concezione fondamentalmente pessimistica della vita e

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L’appunto

Lo stile di Campana sfuggea ogni definizione. Si os-servino questi versi. La tec-nica compositiva è origina-lissima: la sintassi franta ele ripetizioni creano un rit-mo quasi febbrile, che tut-tavia evoca, grazie alle nu-merose rime e assonanzeinterne, una suggestivamusicalità.I versi disegnano immaginiimpalpabili che ora si an-nunciano in guizzi improv-visi di forme e di colori orasi sottraggono alla menterapita del lettore.

un’intima sofferenza esistenziale che, riflesse talvolta nell’aspro pae-saggio ligure, anticipano la poesia di Eugenio Montale (→ Parte Secon-da, I grandi autori).

3) Il teatro

Gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecen-to non costituiscono per il teatro italiano un’epoca particolarmentefelice. I generi più praticati sono il teatro borghese (detto boulevar-dier), quello dialettale (napoletano e siciliano in primis con autoricome Eduardo Scarpetta e Luigi Pirandello → I grandi autori) e ilteatro di poesia, i cui testi sono generalmente scritti in versi o in unaprosa lirica e declamatoria (è innanzitutto il teatro di Gabriele D’An-nunzio → I grandi autori).

Interessanti novità, specie in relazione alle innovazioni tecnichee scenografiche, provengono intanto da futuristi come Filippo Tom-maso Marinetti, autore del manifesto Teatro di Varietà (1913); altraconseguenza della carica innovatrice espressa dall’avanguardia italia-na è la comparsa di una nuova figura di attore, la cui arte trae origi-ne dall’incontro tra il teatro di cultura e quello di varietà (emblemati-ci al riguardo i nomi di Raffaele Viviani, Ettore Petrolini e Anto-nio De Curtis, in arte Totò). Gli anni del primo conflitto mondialevedono infine affermarsi il teatro grottesco.

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I grandi autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1) Giovanni Pascoli

11855 Nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre.1862 Viene mandato a studiare nel collegio Raffaello di Urbino, dove

rimane fino al 1871.1867 Il 10 agosto il padre, Ruggero, viene assassinato mentre sta tor-

nando a casa in calesse da Cesena. Seguito nel 1868 dalla perditadella madre, questo è il primo grande lutto che colpisce il poeta.

1872-73 Porta a compimento gli studi liceali, frequentando le scuole pri-ma a Rimini e poi a Firenze. Vince una borsa di studio, sostenen-do l’esame davanti a una commissione di cui fa parte anche Gio-sue Carducci, e si iscrive alla facoltà di lettere di Bologna.

1879 Viene arrestato per aver partecipato a una manifestazione di ispi-razione anarchica: rimane in carcere da settembre a dicembre.

1882 Si laurea discutendo una tesi sul poeta greco Alceo. Nel mese diottobre ottiene la cattedra di greco e latino al liceo di Matera.

1883 Viene trasferito al liceo di Massa; qui va ad abitare con le sorelleIda e Maria (l’amata Mariù).

1887 Sempre insieme con le due sorelle va a vivere a Livorno, dove ri-mane fino al 1895.

1891 Pubblica la sua prima raccolta di poesie: Myricae. Compone il poe-metto in latino Veianus, con il quale ottiene la vittoria al concorsodi poesia in latino indetto dall’Accademia di Amsterdam (a cui inseguito parteciperà spesso, ogni volta con grande successo).

1895 Pubblica l’antologia di letteratura latina Lyra. Va a vivere assiemea Mariù (Ida, nel frattempo, si è sposata) a Castelvecchio di Bar-ga. Collabora alla rivista «Il Convito».

1896 Inizia a collaborare alla rivista «Il Marzocco», su cui pubblicherà,in questo stesso anno, lo scritto in prosa Il fanciullino. Viene no-minato professore di letteratura latina all’Università di Messina.Pubblica un’altra antologia di letteratura latina, Epos.

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La vita

11897-1902 Pubblica i Poemetti, i volumi di studi danteschi Minerva oscura,Sotto il velame, Mirabile visione, e le antologie di letteratura ita-liana Sul limitare e Fior da fiore.

1903 Lascia l’Università di Messina per proseguire la carriera accademi-ca a Pisa. Pubblica i Canti di Castelvecchio e Miei pensieri di variaumanità.

1904-1905 Vengono dati alle stampe i Poemi conviviali, i Primi poemetti eOdi e inni.

1906 Ottiene la cattedra di letteratura italiana all’Università di Bologna,ricoperta in precedenza da Carducci. Pubblica Pensieri e discorsi.

1909 Dà alle stampe i Nuovi poemetti e le Canzoni di Re Enzio.1911 Pubblica i Poemi italici. Pronuncia nel teatro di Barga il discorso

La grande Proletaria si è mossa.1912 Muore a Bologna il 6 aprile.

Il profilo letterario

L’esperienza poetica pascoliana si inscrive con tratti originalissi-mi nel panorama del Decadentismo europeo e segna in manieraindelebile la poesia italiana, dispiegandole orizzonti del tuttosconosciuti mediante determinanti innovazioni contenutistiche elinguistiche.

La realtà come mistero La poetica di Pascoli affonda le radici inuna visione profondamente pessimistica della vita, in cui si riflette ladissoluzione della fiducia, propria del Positivismo, in una conoscen-za in grado di spiegare compiutamente la realtà e di garantire unprogresso continuativo del genere umano. Il mondo circostante ap-pare all’autore un “magma” misterioso e indecifrabile, nel quale l’uo-mo è costretto a muoversi, dovendo fare i conti anche con l’egoismoe la malvagità dei propri simili.

La poetica del fanciullino In questa realtà imperscrutabile e doloro-sa la poesia si propone come strumento, unico e insostituibile, per pe-

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netrare a fondo nelle cose e instaurare con esse un rapporto e un dia-logo profondi e autentici. Tale è il nucleo essenziale della poetica delfanciullino ideata da Pascoli (→ Il fanciullino), una poetica decadente,dal momento che la poesia è considerata un atto intuitivo e irraziona-le, e simbolista, in quanto assume il dato reale nelle sue valenze na-scoste e misteriose. Tuttavia, l’avvicinamento di Pascoli alla letteraturaeuropea decadente avviene secondo linee personali e spontanee, sen-za una puntuale partecipazione ai suoi presupposti teorici e senza ilcondizionamento di influenze straniere. D’altra parte, a differenza del-le poetiche decadenti (→ Gli autori stranieri), lo scrittore attribuisce allapoesia un’imprescindibile finalità di edificazione morale.

Uno stile innovativo Nella ricerca di una comunicazione istintivaed emozionale con il mondo circostante, Pascoli giunge a rinnovarein maniera profonda il linguaggio poetico italiano: la parola si fa al-lusiva e impalpabile mediante una ricchissima trama di suoni e unasintassi dal ritmo lento e frammentato.

Le opere

Animato da un vivido sperimentalismo, Pascoli dà vita a una pro-duzione letteraria ampia e variegata, che spazia dalla poesia liricae intimista al poemetto storico-erudito, dai componimenti in lati-no al discorso retorico in prosa.

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Titolo e data di pubblicazione

Myricae (1891)

Il fanciullino (1897)

Poemetti, in seguito divisi in Primipoemetti e Nuovi poemetti (1897e rispettivamente 1904 e 1909)

Genere*

Raccolta poetica

Saggio

Raccolte poetiche

Contenuti

Le liriche sono incentrate sulla descrizionedi paesaggi naturali, in cui il poeta proietta ipropri stati d’animo (→ Myricae).

Viene esposta la poetica del “fanciullino”(→ Il fanciullino).

I componimenti esaltano la sana e genuinavita dei campi in opposizione alla negativitàdella società contemporanea (→ Poemetti).

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Titolo e data di pubblicazione

Canti di Castelvecchio (1903)

Poemi conviviali (1904)

Odi e inni (1906)

Canzoni di re Enzio (1909)

Poemi italici (1911)

La grande Proletaria si èmossa (1911)

Poemi del Risorgimento(1913, postumi)

Carmina (1915, postumi)

Genere

Raccolta poetica

Raccolta poetica

Raccolta poetica

Raccolta poetica

Raccolta poetica

Discorso

Raccolta poetica

Raccolta poetica

Contenuti

Il poeta si abbandona alla contemplazionedella natura di Castelvecchio (→ Canti diCastelvecchio).

Il poeta rievoca personaggi ed episodi delmondo greco e orientale, creando atmosfe-re preziose e raffinate.

Vengono cantati in toni retoricamente altiso-nanti eventi della storia contemporanea.

Calandosi con gusto erudito nell’epocamedievale, l’autore ricostruisce le vicendedi re Enzio, figlio di Federico II, sconfittodai bolognesi a Fossalta e tenuto prigionie-ro fino alla morte.

Vengono celebrate grandi personalità del-l’arte e della letteratura.

L’autore esalta l’impresa in Libia, giustifi-cando l’espansionismo coloniale: l’Italia, la«grande Proletaria», da sempre sfruttatadagli altri potenti Stati, ha il pieno diritto dicercare un proprio riscatto.

Con fervente spirito patriottico vengonocantati personaggi ed episodi del Risorgi-mento italiano.

I componimenti, scritti in un latino vivo esuggestivo, mettono in scena fatti e perso-naggi della Roma antica.

* Dato il fenomeno di “disintegrazione” dei generi letterari tradizionali, che si verifica tra la fine dell’Ottocento e gliinizi del Novecento, spesso si è imposta la necessità di adottare formule di carattere non specifico.

Myricae Dopo la prima pubblicazione, la raccolta viene più volte ri-proposta con nuovi componimenti fino all’edizione definitiva del 1911.

Il titolo deriva da un verso della IV Bucolica di Virgilio e significa«tamerici»; attraverso il riferimento a questi umili arbusti Pascoli indi-ca immediatamente la materia e i caratteri dei suoi versi: l’ambienta-zione campestre e la natura semplice, celebrate con un linguaggiolontano dai toni oratori e altisonanti.

Le tematiche I componimenti si configurano infatti per la mag-gior parte come piccoli quadretti impressionistici in cui dominano ipaesaggi naturali. Tuttavia la rappresentazione della natura non hanulla di realistico, ma si carica di significati simbolici, animandosidelle emozioni, degli stati d’animo e dei ricordi del poeta.

Tra le liriche più famose della raccolta si ricordino Arano, l’As-siuolo, Lavandare, Novembre, X agosto, Il lampo e Il tuono.

Lo stile I componimenti sono ingenere molto brevi e caratterizzati daun’ampia gamma di schemi metrici(→ Tecniche di lettura, pag. 83). Se daun lato il lessico botanico e zoologi-

co specialistico aderisce concretamente alla realtà rappresentata,dall’altro la fitta trama di suoni, ottenuta mediante allitterazioni,onomatopee, iterazioni, dà vita ad atmosfere indefinite ed evane-scenti. Molto innovativa risulta la sintassi, frammentata e prevalente-mente paratattica. Qui di seguito propo-niamo la breve lirica Il tuono.

E nella notte nera come il nulla,a un tratto, col fragor d’arduo dirupoche frana, il tuono rimbombò di schianto:rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,e poi vanì. Soave allora un cantos’udì di madre, e il moto di una culla.

Il fanciullino Lo scritto in prosa Il fan-ciullino compare per la prima volta sullarivista «Il Marzocco» nel 1897 e in seguitoviene pubblicato, in una versione più am-pia, nel 1903 e poi nel 1907.

Le tematiche L’autore delinea la suapoetica, ricorrendo all’immagine di un«fanciullino», che vive nell’animo di ogni

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Allitterazione: è una figura retoricadel suono, consistente nella ripetizio-ne di uno o più fonemi uguali.Onomatopea: consiste nella ripro-duzione di un rumore o di un suono.

L’appunto

Il breve componimento offreun esempio emblematico delcarattere simbolico e allusivodel linguaggio pascoliano,che si avvale soprattutto diuna fitta e pregnante tramafonetica. La prevalenza deisuoni aspri e cupi, l’allittera-zione martellante della r, l’im-piego quasi ossessivo deipredicati e l’iterazione di rim-bombò riproducono il rumoreterrificante del tuono e, altempo stesso, comunicanol’angoscia da esso suscitatanell’animo del poeta. L’unicaconsolazione nella notte neraè il tenero canto della madreche culla il suo bambino,“spiraglio” introdotto stilisti-camente dalla pausa rappre-sentata dall’aggettivo Soave.

persona e guarda e interpreta il reale con l’entusiasmo, la sinceritàe l’ingenuità tipici dell’età infantile e non di quella adulta, coglien-do il senso vero che si cela dietro ogni aspetto del mondo. Il poe-ta, per Pascoli, è «il fanciullino eterno, che vede tutto con meravi-glia, tutto come la prima volta…» ed è capace di cogliere «cose chesfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione» e di scoprire nellarealtà che lo circonda «le somiglianze e relazioni più ingegnose».La poesia appare dunque un atto prerazionale in grado di esplora-re il mistero della vita e di scorgerne i significati autentici. Essa ri-sponde anche a un fine edificante: il fanciullino, infatti, nel suocandore infantile, può infondere nel cuore degli uomini bontà ealtruismo.

Lo stile Grande esempio di “prosa simbolista”, Il fanciullino sicaratterizza per uno stile ricco di immagini e analogie, basato suuna sintassi frammentata e costruito con notevole attenzione agliaspetti fonici.

Poemetti Pubblicati per la prima volta nel 1897, i Poemetti (arric-chiti nel tempo) vengono divisi in Primi poemetti, dati alle stampenel 1904, e Nuovi poemetti, usciti nel 1909.

Le tematiche e lo stile Il poeta privilegia, ancora una volta,l’ambientazione campestre, ma ai brevi “quadretti” di Myricae sosti-tuisce componimenti di carattere più disteso e narrativo, in cui (perla maggior parte) vengono raccontate le vicende di un’umile famigliacontadina di Barga. I Poemetti, che risultano caratterizzati da un lin-guaggio composito e sperimentale, sono ispirati a una più scopertaideologia rispetto alla precedente raccolta: l’ideale della semplice egenuina vita dell’Italia contadina si oppone al male che caratterizzala società contemporanea.

Canti di Castelvecchio La raccolta esce per la prima volta nel1903 e si arricchisce nel tempo fino all’edizione definitiva del 1912.

Le tematiche Posti dallo stesso Pascoli idealmente sulla lineadi Myricae, i Canti di Castelvecchio propongono al lettore un’im-mersione tutta lirica ed emozionale nel mondo della campagna,

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che rivive con i suoi colori e i suoi suoni. In tal modo, ha ampiospazio quella “poetica delle piccole cose” destinata a esercitarenotevole influenza sulla poesia italiana successiva (basti pensareal Crepuscolarismo → I generi letterari e gli autori “minori”). Ri-tornano dunque i grandi temi della lirica pascoliana: i paesaggi diCastelvecchio si caricano di significatisimbolici e si animano degli stati d’ani-mo, delle ansie e delle memorie delpoeta. Particolare valenza simbolica han-no immagini come il nido e la siepe,talmente frequenti nei versi di Pascoli daassumere ciascuna il valore di vero eproprio topos. Tra i componimenti diquesta raccolta si ricordino La mia sera,Nebbia, La cavalla storna e Il gelsominonotturno.

Lo stile Nei Canti di Castelvecchio giunge a piena maturazione illinguaggio sperimentale e simbolico pascoliano, caratterizzato da untessuto fonetico ricchissimo, da una sintassi piana e frammentata eda numerose analogie. Nei versi presentati di seguito, ad esempio,posti a chiusura della nota lirica La mia sera, la fitta trama di figureretoriche (onomatopea, allitterazione e sinestesia) crea e fissa nellamemoria un ritmo di dolce e suggestiva melodicità.

Don... Don... E mi dicono, Dormi!Mi cantano, Dormi! sussurrano,Dormi! bisbigliano, Dormi!Là, voci di tenebra azzurra...Mi sembrano canti di culla,che fanno ch’io torni com’era...Sentivo mia madre... poi nulla...sul far della sera.

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Il nido e la siepe: il nido èl’emblema del tepore e del-l’intimità familiari (atroce-mente distrutti nella vita delpoeta) e la siepe è il confineche separa e protegge lospazio privato della famigliae della casa dalle minaccedel mondo esterno.Topos: (in greco «luogo»,«luogo comune») tematica oimmagine letteraria ricorrente.

Tecniche di lettura

Il testo poetico: gli elementi costitutivi

Comprendere un testo poetico significa innanzitutto prendere atto della suanatura polisemica, per cui in ogni poesia sarà sempre riscontrabile un significa-to di base oggettivamente valido; al di là di esso, tuttavia, ogni lettore potràscovarvi tanti altri significati, diversi a seconda della propria cultura, dei proprisentimenti, del proprio modo di pensare.Le ragioni di tale polisemia risiedono nel carattere specifico del linguaggio poe-tico: un linguaggio assolutamente “fuori della norma”. Pertanto, risulta estre-mamente facile distinguere un testo poetico da un altro che non lo è: non è ilcontenuto a fare la differenza, ma la forma in base alla quale esso viene pla-smato. Partendo dalla lingua comune, il poeta sfrutta le parole sia sul piano delsignificato sia su quello del significante e, attraverso una serie di elementi tec-nici e stilistici, dà corpo a una dimensione espressiva iconsueta e immediata-mente distinguibile da ogni altra.Per cogliere integralmente il valore di una poesia, dunque, il lettore dovrà analiz-zare il suo linguaggio poetico, prendendone in esame gli aspetti più importanti.

1. I campi semantici e le parole-chiave

Le parole che compongono una lingua non vivono “scucite”, anzi si richiamanol’una all’altra: o perché hanno in comune il significato (i sinonimi), o perchéhanno in comune la forma, ma non il significato (gli omonimi), o perché sonoin opposizione (i contrari), o per associazione di idee ecc.Tale rete di relazione fra le parole crea un campo semantico, in cui ogni parolapuò introdurre altre relazioni e, quindi, un altro campo.La parola attorno a cui ruota un campo semantico si chiama parola-chiave. Neitesti poetici la parola-chiave è quella che racchiude l’argomento stesso della poe-sia: individuare la parola-chiave significa, perciò, capire il significato della poesia.

2. Il verso

Il carattere distintivo di ogni testo poetico è costituito dal fatto, immediata-mente visibile, di essere composto in versi.I versi non sono tutti uguali: possono essere lunghi come nelle poesie-raccontodi Cesare Pavese (→ Parte Terza, I grandi autori) oppure brevi come nelle lirichedell’Allegria di Giuseppe Ungaretti (→ I grandi autori).

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Il verso, inoltre, non marca solo una diversità di tipo visivo rispetto ai testi inprosa, ma costituisce anche l’unità di base del ritmo di una poesia. Esso è costi-tuito dalla successione armonica e alternata di sillabe toniche e sillabe atone. Lesillabe delle parole di un verso, infatti, non vengono pronunciate tutte con lastessa intensità: alcune sono pronunciate con più forza e assumono un partico-lare rilievo. Bisogna fare attenzione, d’altro canto, a non confondere l’accentotonico della parola con l’accento ritmico del verso. L’accento tonico interessa lasillaba singola su cui la voce, nel pronunciarla, batte con maggior forza; l’ac-cento ritmico (o ictus) si ricava, invece, dalla combinazione di più parole. Neconsegue che sillabe fornite di accento grammaticale non hanno l’accento rit-mico e sono considerate, da un punto di vista metrico, atone.In base all’accento dell’ultima parola, i versi si dicono:

• piani, se terminano con una parola piana cioè accentata sulla penultima sil-laba (ad esempio: sospìro);

• sdruccioli, se terminano con una parola sdrucciola cioè accentata sulla ter-zultima sillaba (ad esempio: piràmidi);

• tronchi, se terminano con una parola tronca cioè accentata sull’ultima silla-ba (ad esempio: starà).

Per contare il numero delle sillabe che costituiscono un verso vanno presi inconsiderazione i gruppi vocalici, tenendo presente che:

• il dittongo è costituito da due vocali, una forte (a - e - o) e una debole (i - u)non accentate (e viceversa) oppure da due deboli, la prima delle quali nonaccentata; il dittongo si pronuncia con un’unica emissione di voce e vale unasola sillaba (ia, ie, io; ai, ei, oi; ua, ue, uo; au, eu, ou; iu, ui);

• il trittongo è formato da tre vocali, una sola delle quali è una vocale forte, evale anch’esso una sillaba;

• lo iato è l’insieme di due vocali forti o di una vocale debole accentata e unaforte (e viceversa) oppure di due vocali deboli di cui la prima accentata (ea,ae, eo, ao, oe, oa, ìu, ùi, e le stesse dei dittonghi con la debole accentata).

Contare esattamente le sillabe non è tuttavia sufficiente a individuare in ma-niera corretta la tipologia del verso; per farlo bisogna prendere in considerazio-ne anche le figure metriche o poetiche:

• la sinalefe si verifica quando la vocale finale di una parola e quella inizialedella parola seguente si fondono in una sola sillaba;

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• la dialefe, contrariamente alla sinalefe, avviene quando la vocale finale diuna parola e quella iniziale della parola seguente non si fondono, ma forma-no sillabe a sé;

• la dieresi si ha quando due vocali, che dovrebbero costituire dittongo, rap-presentano due sillabe diverse (si segnala con due punti posti sulla vocaledebole del dittongo);

• la sineresi, al contrario della dieresi, è il fenomeno per cui due vocali all’in-terno di una parola non costituiscono iato e valgono una sillaba;

• la tmesi si verifica quando una parola viene tagliata a metà solitamente trala fine di un verso e l’inizio di quello successivo.

In base al numero delle sillabe, i versi italiani possono essere ricondotti a duegrandi categorie: i versi parisillabi (bisillabo, quaternario, senario, ottonario,decasillabo), dove l’ultimo accento ritmico cade su posizione dispari, e i versiimparisillabi (quinario, settenario, novenario, endecasillabo), dove l’ultimo ac-cento ritmico cade su posizione pari.A queste tipologie di base sono inoltre da aggiungere i cosiddetti versi doppi,formati da due versi fondamentali uniti in uno solo (doppio quinario, doppiosenario o dodecasillabo, doppio settenario, doppio ottonario).I versi sciolti sono versi legati ad altri presenti nella strofa soltanto dalla lun-ghezza predeterminata (senari, settenari, endecasillabi ecc.), ma sciolti da qual-siasi legame di rima.I poeti del Novecento prediligono invece il verso libero, non organizzato in unnumero fisso di sillabe né tanto meno vincolato a particolari schemi di rime, equindi non riconducibile a una tipologia precisa.

3. Il ritmo

Il ritmo, altro elemento fondamentale del testo poetico, non è prodotto a caso,ma è il risultato di scelte precise. Esso è determinato in primo luogo dalle cesu-re, cioè dalle pause che in punti precisi interrompono i versi.La pausa più evidente è detta pausa ritmica primaria e coincide con la fine diogni verso; pausa più debole di quella primaria, ma non per questo meno im-portante ai fini del ritmo, è quella che divide il verso in due parti, dette emisti-chi. Questo tipo di cesura interessa solo i versi più lunghi (dall’ottonario in su) ecoincide di solito con la fine di una parola.

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Quando la pausa ritmica di fine verso non corrisponde a una pausa logical’enjambement si verifica: in questo caso la frase non termina alla fine delverso, ma continua al verso successivo. L’enjambement riduce al minimo lapausa ritmica primaria: unendo insieme due versi consecutivi, crea un’intensafluidità ritmica e pone in forte rilievo i termini che coinvolge.Gli aspetti ritmici di un testo poetico sono rafforzati e amplificati dalla rima,identità di suono di due o più parole a partire dall’ultima sillaba accentata. A se-conda delle parole coinvolte, la rima si dice perfetta quando interessa paroleidentiche a partire dall’accento tonico (amòre / dolòre), imperfetta quando ledesinenze non sono identiche (cupo / muto), equivoca se riguarda parole chehanno lo stesso suono – sono cioè omofone – ma diverso significato (sole / sole).

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Test di verifica

1. Giovanni Pascoli:❏ a) nasce a San Mauro di Romagna nel 1862 e muore a Bolo-

gna nel 1911❏ b) nasce a Castelvecchio nel 1855 e muore a Bologna nel 1912❏ c) nasce a San Mauro di Romagna nel 1855 e muore a Firen-

ze nel 1912❏ d) nasce a San Mauro di Romagna nel 1855 e muore a Bolo-

gna nel 1912❏ e) nasce a Castelvecchio nel 1862 e muore a Bologna nel 1911

2. Perché la poetica del fanciullino può essere considerata una poetica deca-dente e simbolista?❏ a) Perché concepisce la poesia come atto intuitivo e irrazio-

nale e scorge negli elementi della realtà una valenza na-scosta e misteriosa

❏ b) Perché aderisce appieno ai presupposti ideologici del De-cadentismo europeo

❏ c) Perché concepisce la poesia come atto intuitivo in grado ditrasmettere agli uomini messaggi positivi ed educativi

❏ d) Perché coglie negli elementi del reale dei significati riposti❏ e) Perché segna la fine delle certezze del Positivismo

3. Nei Poemi conviviali vengono cantati:❏ a) personaggi ed episodi del Risorgimento❏ b) le eroiche gesta di re Enzio❏ c) personaggi ed episodi del mondo greco e orientale❏ d) i grandi personaggi dell’arte italiana❏ e) eventi della storia contemporanea

4. Quale significato assume la scelta da parte del poeta del titolo Myricae?❏ a) È espressione della volontà del poeta di aderire al genere

bucolico

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Test

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❏ b) Esprime il desiderio di celebrare la cultura classica, in par-ticolare Virgilio

❏ c) Comunica la predilezione di Pascoli per l’ambientazionecampestre e la volontà di proporre una poesia semplice

❏ d) Indica semplicemente l’amore nutrito da Pascoli per le pic-cole cose

❏ e) È segno evidente della tensione allo sperimentalismo delpoeta, che scelse questo titolo per evidenziare immediata-mente l’innovazione apportata dai suoi versi nell’ambitodella tradizione italiana

5. Quale, tra i seguenti componimenti, appartiene ai Canti di Castelvecchio?❏ a) Italy❏ b) Novembre❏ c) X Agosto❏ d) Lavandare❏ e) Nebbia

Soluzioni e commenti

1. Risposta: d). Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il31 dicembre del 1855 da Ruggero e Caterina Allocatelli Vincenzi;muore a Bologna il 6 aprile del 1912.

2. Risposta: a). Secondo Pascoli la vera poesia è voce di un fanciul-lino che vive in ogni persona e guarda alla realtà con l’entusia-smo, lo stupore, l’ingenuità tipici appunto dei bambini e non de-gli adulti. La poesia appare dunque una forma di espressioneprerazionale e prelogica in grado di scorgere il volto autenticodel reale.

3. Risposta: c). Nei Poemi conviviali, pubblicati, a partire dal 1895,sulla rivista romana «Il Convito» e poi raccolti in volume nel 1904,Pascoli rievoca episodi e personaggi del mondo antico greco eorientale, dando vita ad atmosfere raffinate e preziose.

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4. Risposta: c). Il termine myricae, tratto da un verso della IV Buco-lica di Virgilio, significa «tamerici». Con il riferimento a questiumili arbusti il poeta vuole indicare la predilezione per l’ambien-tazione campestre e il carattere semplice dei suoi versi.

5. Risposta: e). In Nebbia, uno dei componimenti più celebri deiCanti di Castelvecchio, il poeta invoca la nebbia affinché nascon-da le «cose lontane», i drammatici ricordi delle tragedie familiari,e gli permetta di scorgere soltanto l’ambiente rassicurante dellasua casa e dell’orto.

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