Parrocchia Nostra Signora del SS Sacramento e Santi ... · incontrare tutte le persone che vivono...
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Parrocchia Nostra Signora del SS Sacramento e Santi Martiri Canadesi
Diocesi di Roma
Ricordati
di tutto
i l cammino…
Memo r i a , b e n e d i z i o n e e r e n d i m e n t o d i g r a z i e
a c o n c l u s i o n e d e l l a p r i m a t a p p a
d e l P r o g e t t o D i o c e s a n o
“U n a s e t t i m a n a d i a n n i ”
(a cura di P. Flavio Fumagalli)
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La Parrocchia dei Martiri Canadesi: cenni di storia
L’origine della nostra parrocchia risale al 1948, quando la Congregazione dei Padri Sacramentini
decide di costruire qui la nuova sede della Curia Generale e, anche, una chiesa per la adorazione e
l’apostolato eucaristico. L’allora Cardinale Vicario del Papa dà il permesso di costruire la chiesa ma a
condizione che fosse sede di una parrocchia, il cui territorio verrà poi ricavato dalle parrocchie dei SS.
Sette Fondatori e di S. Agnese. Si cominciano i lavori per la costruzione della chiesa su progetto
dell’arch. Apollonj-Ghetti, raccogliendo molti fondi anche in Canada. Per questo motivo, la chiesa viene
dedicata ai “Martiri Canadesi”; in seguito, viene aggiunto il titolo di “Nostra Signora del Santissimo
Sacramento”.
La chiesa comincia ad essere utilizzata nel mese di giugno del 1955; la parrocchia viene istituita il
18 ottobre 1955 e affidata ufficialmente ai Padri Sacramentini. Primo parroco è p. Giovanni Rottoli, a cui
segue nel 1957 p. Paolo Sirio, che guiderà la parrocchia fino al 1976. È lui che accoglie Giovanni XXIII
in visita alla nostra chiesa il 25 marzo 1962: qui il papa prega davanti al SS. Sacramento e rivolge la sua
parola ai fedeli. Il 1° novembre 1962 si ha la consacrazione della chiesa ad opera del Card. Leger,
arcivescovo di Montréal (Canada). La consacrazione avviene mentre si sta celebrando il Concilio
Vaticano II, che si era aperto poche settimane prima e si concluderà l’8 dicembre 1965. Dal febbraio
1965, la nostra chiesa ha un “cardinale titolare”: il primo è il canadese Maurice Roy, al quale
seguiranno altri due cardinali canadesi: Paul Grégoire e Jean-Claude Turcotte. Dal 2016, il cardinale
titolare è Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dhaka, nel Bangladesh.
I primi frutti del Concilio Vaticano II
Il Concilio Vaticano II, che ha segnato profondamente la vita della Chiesa, segna anche la vita della
nostra parrocchia, che è chiamata a promuovere la “partecipazione attiva” dei fedeli soprattutto nelle
celebrazioni liturgiche e nelle attività parrocchiali, anche attraverso i gruppi e le associazioni presenti in
parrocchia. Fra questi, ricordiamo: l’Azione Cattolica, per la educazione alla fede e la testimonianza del
Vangelo nella società; l’Aggregazione del SS. Sacramento, che condivideva la spiritualità dei Padri
Sacramentini soprattutto attraverso la adorazione eucaristica; il Volontariato vincenziano, impegnato
nell’apostolato della carità sull’esempio di S. Vincenzo de’ Paoli; l’Apostolato della preghiera; gli Scout.
Nel 1967 in parrocchia nasce la Legio Mariae, che si proponeva di portare Cristo al mondo di oggi
attraverso l’evangelizzazione, la visita alle famiglie e agli ammalati.
Intanto, già nel 1966, nella nostra parrocchia era cominciata l’esperienza della “Messa dei giovani”:
una Messa domenicale presieduta dal viceparroco p. Guglielmo Amadei, che si celebrava nella grande
cripta della chiesa e che raccoglieva giovani da tutta la città, richiamati dalla possibilità di partecipare
attivamente alla liturgia attraverso la musica, il canto e alcuni gesti particolari. Questa esperienza sarà il
motivo dell’incontro con Kiko Argüello da parte di alcuni giovani e di p. Amadei che, nell’autunno del
1968, porterà all’avvio dell’esperienza del Cammino Neocatecumenale e alla nascita della prima
comunità del Cammino nella nostra parrocchia.
La visita di Giovanni Paolo II
Anno dopo anno, la parrocchia comincia ad assumere una nuova fisionomia, segnata soprattutto dalla
riscoperta della Parola di Dio, dalla centralità della celebrazione eucaristica, dalla partecipazione attiva
dei fedeli alla vita della comunità. Significativa in questo senso è la presenza del Consiglio pastorale, che
viene costituito nell’ottobre 1970, formato dai sacerdoti della parrocchia, dai rappresentanti dei vari
gruppi e da alcuni parrocchiani. In seguito, entrano a farne parte anche le Suore di Villa Paolina, che
spesso ospiteranno nella loro casa le riunioni mensili del Consiglio e, soprattutto con l’opera di Suor
Immacolata, parteciperanno attivamente alla vita della parrocchia. Nel 1976, dopo quasi 20 anni, p. Sirio
conclude il suo incarico di parroco. Gli succede p. Carlo Rota, che però muore pochi mesi dopo. Nel 1977
diviene parroco p. Mansueto Zanchi, che guiderà la parrocchia fino al 1990.
È lui che, la domenica 2 novembre 1980, accoglie Giovanni Paolo II in visita alla parrocchia, nel 25°
anno della sua fondazione. Nell’arco di 5 ore, dalle 16 alle 21, il papa incontra tutte le realtà presenti in
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parrocchia. Subito incontra i ragazzi del catechismo, poi alcuni gruppi parrocchiali, compreso il “gruppo
anziani” che era nato in quegli anni. Quindi, dopo la celebrazione della Messa, incontra il Consiglio
pastorale e altri gruppi parrocchiali, fra i quali il “gruppo famiglie” che, negli anni ‘70, era stato animato
soprattutto da p. Eugenio Astori. Un incontro è riservato anche alle suore che vivevano nel territorio della
parrocchia, appartenenti a sette Istituti diversi. Infine, nella attuale cripta, il papa incontra le comunità del
Cammino Neocatecumenale: almeno 500 persone, insieme con Kiko e con p. Amadei, alle quali rivolge
un lungo discorso “a braccio”.
Una parrocchia “dinamica”
Alla fine del 1980, i gruppi parrocchiali sono all’incirca gli stessi dei primi anni successivi al Concilio
ma, dal punto di vista numerico, gli aderenti al Cammino Neocatecumenale sono cresciuti in misura
considerevole. Non mancano, però, esperienze di collaborazione fra i gruppi: un esempio è la
animazione del “gruppo anziani”, che vedeva coinvolte insieme una comunità del Cammino, la Legio
Mariae e il volontariato vincenziano. Quest’ultimo, a sua volta, collaborava con la Caritas parrocchiale,
che era nata negli anni successivi al Concilio e che, in seguito, si farà carico di tutta l’attività caritativa
della parrocchia, fino ad oggi.
Un altro gruppo numericamente significativo era quello degli Scout, che nel 1979 avevano lasciato la
nostra parrocchia e, quindi, non erano presenti all’incontro con Giovanni Paolo II. Però, agli inizi degli
anni ‘90 si ha la “rinascita” degli Scout in parrocchia e la ripresa graduale delle loro attività educative
che, ad oggi, coinvolgono un centinaio di aderenti. La loro ripartenza in parrocchia avviene grazie a p.
Gianni Giassi, parroco dal 1990 al 2003.
Nella seconda metà degli anni ‘90 anche la nostra parrocchia è impegnata nella “missione cittadina”,
che coinvolge tutte le parrocchie di Roma in preparazione al Grande Giubileo del 2000, con il tentativo di
incontrare tutte le persone che vivono nel territorio della parrocchia, andandole a visitare anzitutto nelle
loro case.
Il 2005 è l’anno del 50° di fondazione della parrocchia, che coincide con l’“anno eucaristico” che si
celebra in tutta la Chiesa. Nella nostra parrocchia, che dal 2003 è guidata da p. Giancarlo Breda, si
organizzano una serie di conferenze sull’Eucaristia, tenute da relatori qualificati. Inoltre, si incrementa il
numero dei fedeli che si preparano a diventare ministri straordinari della comunione, evidenziando anche
così l’importanza del ministero dei laici e della comunione eucaristica con il pane e con il vino.
La nostra parrocchia oggi
Il 2015 vede la chiusura della comunità sacramentina italiana presente in parrocchia e la conseguente
riduzione del numero dei sacerdoti a servizio della parrocchia stessa. È una scelta dolorosa, ma può
essere anche una opportunità per rilanciare ancora di più il ruolo dei fedeli laici che già collaborano
attivamente soprattutto nell’ambito della catechesi e della liturgia, con il coordinamento del parroco che,
dal 2015, è p. Maurizio Zorzi.
Attualmente, sono presenti in parrocchia: l’Agesci (Scout), l’Azione Cattolica, il Cammino
Neocatecumenale, la Caritas, la Legio Mariae. Ad essi possiamo aggiungere il Gruppo del lunedì, nato
una decina di anni fa come gruppo liturgico e che, ora, porta avanti un cammino di formazione e di
preghiera centrato sulla Parola e sull’Eucaristia. Composto da parrocchiani di diversa appartenenza, vuole
essere un piccolo segno di unità: “unità nella diversità”.
Proprio all’interno del Gruppo, aiutati anche dalle testimonianze di p. Giancarlo Breda e p. Eugenio
Astori, si è cominciato a fare questo cammino sulla storia della parrocchia negli ultimi 50 anni, che ora
viene condiviso con tutta la comunità parrocchiale.
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Dalla devozione eucaristica
alla partecipazione all’Eucaristia Sintesi della testimonianza di padre Giancarlo Breda
P. Giancarlo Breda, sacramentino, ordinato sacerdote nel 1970, ha svolto il suo ministero per molti
anni (in periodi diversi) nella nostra parrocchia e l’ha guidata come parroco dal 2003 al 2015. Invitato
dal “Gruppo del lunedì” a rievocare il cammino della parrocchia dalla fine del Concilio Vaticano II
(1965) ad oggi, si è ispirato alla trasformazione che si è avuta nella configurazione interna della nostra
chiesa, proprio per adeguarla alla “nuova” fisionomia di Chiesa, di comunità cristiana, elaborata dal
Concilio.
Il grande cambiamento è stato il passaggio dalla devozione all’Eucaristia alla partecipazione
all’Eucaristia, ossia: dalla preghiera di adorazione davanti all’Eucaristia alla partecipazione attiva alla
Messa, con il coinvolgimento dei fedeli laici nei ministeri liturgici (lettori, animatori, ecc.), fino a quello
di ministri straordinari della comunione. Così, l’ostensorio con il SS. Sacramento che era collocato nel
rosone sotto il baldacchino in fondo alla chiesa, è stato collocato sull’altare, secondo le indicazioni della
Chiesa, a significare il legame essenziale fra celebrazione e adorazione. Anche l’altare, che nella nostra
chiesa era doppio (l’altare della adorazione sotto il baldacchino, l’altare della celebrazione all’ingresso
del presbiterio), prima è diventato unico, poi è stato spostato sempre più verso l’assemblea fino a
raggiungere la posizione attuale, per mettere in evidenza la sua centralità nella assemblea che celebra
l’Eucaristia.
Ma pure la nostra chiesa era una chiesa doppia: la chiesa superiore, destinata esclusivamente alla
adorazione perpetua del SS. Sacramento, giorno e notte; la chiesa inferiore (la cripta), che funzionava
come chiesa parrocchiale con le Messe, i matrimoni, i funerali, ecc. Gradualmente, negli anni successivi
al Concilio, la chiesa superiore è diventata l’unica chiesa, destinata non soltanto alla adorazione ma
anche a tutte le celebrazioni della comunità parrocchiale, cominciando dalle Messe e dai Sacramenti. Ciò
è stato possibile anche per la riscoperta della dimensione “apostolica” nella vita dei PP. Sacramentini che,
pure, faceva parte del carisma della Congregazione così come era stato formulato dal Fondatore, S. Pier
Giuliano Eymard. Riducendo le ore destinate alla adorazione, i PP. Sacramentini hanno potuto esprimere
il loro carisma eucaristico anche in attività apostoliche e, nel caso della nostra chiesa, si sono armonizzate
più facilmente le esigenze della adorazione e quelle della pastorale, ricuperando la chiesa superiore come
unica chiesa della comunità sacramentina e della comunità parrocchiale.
Così, poco per volta, la chiesa inferiore (la cripta) ha perso la sua funzione, tanto che nel 1976 è stata
suddivisa in quattro ambienti distinti per venire incontro alle esigenze di riunione e di celebrazione delle
comunità del Cammino Neocatecumenale, che era cominciato proprio nella nostra parrocchia
nell’autunno del 1968. Il Cammino è un frutto del Concilio Vaticano II, come lo sono altri Movimenti
ecclesiali che si sono rinnovati dopo il Concilio e che sono (o sono stati) presenti nella nostra parrocchia.
Anche attraverso questi Movimenti si poteva esprimere la partecipazione attiva dei laici alla vita della
Chiesa, richiesta dal Concilio nel documento Apostolicam Actuositatem sull’apostolato dei laici,
apostolato che si manifesta nella triplice missione che i fedeli hanno ricevuto con il battesimo: missione
profetica, sacerdotale e regale. Nella nostra parrocchia, questa missione dei laici si è concretizzata
particolarmente nella evangelizzazione, cioè nell’annuncio del Vangelo nei luoghi della vita, del lavoro,
dell’incontro. Ciò si è attuato soprattutto nella seconda metà degli anni ‘90 nel contesto della Missione
cittadina di Roma, in preparazione al Grande Giubileo dell’anno 2000.
Tutto questo scaturisce dalla partecipazione all’Eucaristia, come insegna il Concilio: i fedeli laici
“nutriti dall’attiva partecipazione alla vita liturgica della propria comunità, partecipano con sollecitudine
alle opere apostoliche della medesima [comunità]” (AA 10).
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Il Gruppo Scout si racconta
La presenza dello scoutismo nella parrocchia dei Martiri Canadesi coincide con l’inizio delle attività
pastorali della parrocchia stessa nel 1955, con il primo parroco (p. Giovanni Rottoli) e l’assistente
ecclesiastico scout p. Antonio Monieri. Ai Martiri Canadesi ha sede il Reparto (gli adolescenti) Roma 4
“Canada”, che fa parte del Gruppo Scout Roma 4 della parrocchia di S. Ippolito.
Nel 1960, alcuni Capi decidono di lasciare il Gruppo Scout di S. Ippolito e di fondare un nuovo
Gruppo Scout presso i Martiri Canadesi. Nasce così il Gruppo Roma 42, che ha come assistente
ecclesiastico il sacramentino canadese p. Moise Roy. È un Gruppo piccolo nei numeri ma estremamente
motivato, che richiama l’attenzione di tanti genitori del quartiere. All’interno del Gruppo, vi sono: il
Branco (i piccoli), il Reparto (gli adolescenti), il Clan (i giovani).
Nel 1963, i tre Clan presenti nel territorio (nelle parrocchie di S. Ippolito, S. Francesca Cabrini, Martiri
Canadesi) decidono di dar vita ad un unico Clan, chiamato Roma 85, che ha sede presso i Martiri
Canadesi ed è animato spiritualmente dal sacramentino australiano p. Donald Cave.
Nella seconda metà degli anni sessanta, ai Martiri Canadesi si realizza una particolare esperienza di
incontro tra le varie realtà giovanili presenti in parrocchia (l’Azione Cattolica, il Circolo universitario,
alcuni gruppi di preghiera, gli Scout) che, alla luce del Concilio Vaticano II, volevano attuare una nuova
presenza dei fedeli laici nella Chiesa. Questa “comunità parrocchiale giovanile” ha il suo punto di
riferimento nella Messa dei giovani, in cui si sperimentano forme nuove di “partecipazione” alla
celebrazione eucaristica.
Un momento drammatico per il Gruppo Scout si ha nel 1966. La mattina del 27 aprile, durante
violenti scontri davanti alla facoltà di Lettere della Sapienza, un membro del Clan Scout (Paolo Rossi)
muore mentre cerca di trattenere un suo compagno, che si stava lanciando contro uno studente dello
schieramento opposto. Il Clan vive un momento di grande dolore e di grande consapevolezza, che fa
maturare nei suoi membri il senso della “responsabilità politica”, cioè della necessità di un impegno attivo
come cristiani anche nell’ambito sociale e politico.
Nel 1968 si decide di dar vita a un unico Gruppo Scout, che doveva unire i tre Gruppi del quartiere (S.
Ippolito, S. Francesca, Martiri Canadesi): a questa idea aderiscono il Gruppo di S. Francesca e il Gruppo
dei Martiri Canadesi. Nasce così il Gruppo Roma 85, dando vita ad uno dei più numerosi Gruppi Scout
di Roma, con sede presso i Martiri Canadesi.
Gli anni ‘70 vedono alcune sperimentazioni nel Gruppo Scout dei Canadesi, come le prime esperienze
di coinvolgimento attivo dei ragazzi nella propria educazione e le prime Capo donna in un Gruppo
maschile. Nel frattempo, nello scoutismo italiano comincia il percorso di unificazione fra ramo maschile e
ramo femminile, che giunge al suo compimento nel 1974. In questo anno, infatti, nasce l’AGESCI
(Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani), frutto dell’unione fra ASCI (ramo maschile) e AGI (ramo
femminile).
Per il Gruppo Scout dei Canadesi tutto ciò è la conferma della bontà del cammino di “unificazione”,
che era stato avviato all’interno dello stesso Gruppo già da alcuni anni.
Il 1979 è un anno significativo (e doloroso) per la storia del Gruppo Scout Roma 85. Il Gruppo,
che aveva sede ai Martiri Canadesi, svolgeva il suo servizio educativo nella parrocchia dei Martiri
Canadesi, in quella di S. Francesca Cabrini e nell’Istituto S. Giovanni Evangelista, e contava oltre 200
iscritti. In quell’anno, i Capi del Gruppo – su forti pressioni dell’allora parroco di S. Francesca – decidono
di portare tutte le attività del Gruppo Scout nella sola parrocchia di S. Francesca. Così, nel 1979 gli Scout
lasciano la parrocchia dei Martiri Canadesi.
Ma, pochi anni dopo, gli Scout devono lasciare anche la parrocchia di S. Francesca. Infatti, il parroco
che aveva voluto riunire lì tutte le attività del Gruppo Scout, viene sostituito da un altro parroco, che
decide di aprire la parrocchia a una più grande varietà di Movimenti e Associazioni ecclesiali. Per questo,
proibisce che ci siano ambienti parrocchiali usati soltanto da un Gruppo, come gli Scout. Ciò avviene nel
1986: in questo anno, si chiude la presenza dello scoutismo a S. Francesca Cabrini.
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Subito, però, comincia la ricerca di una nuova sede per il Gruppo: dopo aver bussato a molte porte del
territorio, nello stesso anno 1986 si apre la porta della parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano, il cui
parroco accoglie gli Scout a braccia aperte. Fin dall’inizio, dà loro la possibilità di collaborare con le altre
realtà parrocchiali, in particolare con l’Azione Cattolica, che lì era molto attiva soprattutto nelle attività
con i ragazzi e i giovani.
Intanto, anno dopo anno, il Gruppo Scout si stabilizza e si ingrandisce, finché – durante l’anno
1992/93 – si giunge alla decisione di riaprire l’esperienza dello scoutismo nella parrocchia dei
Martiri Canadesi.
Uno dei Capi Scout, Mauro Del Giudice, che aveva svolto questo ruolo anche ai Canadesi, si incontra
con p. Gianni Giassi, parroco dal 1990, il quale – dopo una breve pausa di riflessione – accetta l’idea di
ricominciare. Si lascia coinvolgere lui stesso insieme a fra Severino Pellizzon, sacramentino, e a un
gruppetto di altri volenterosi.
Sono anni impegnativi, perché l’esperienza Scout deve ripartire da zero (o quasi), ma sono anche anni
entusiasmanti, che vedono la rinascita del Gruppo e il suo pieno inserimento nella parrocchia, con la
presenza nel Consiglio pastorale, l’animazione della Messa domenicale e la partecipazione alla vita della
Chiesa locale.
Nel 2005, con parroco p. Giancarlo Breda (che era stato assistente del Gruppo Scout negli anni ‘70) il
Gruppo celebra il 50° anniversario dello scoutismo ai Martiri Canadesi. Dopo mesi di preparazione,
con l’impegno anche di rintracciare tutti coloro che avevano vissuto l’esperienza Scout in parrocchia, si
ritrovano in tanti nella chiesa gremita e poi a festeggiare in teatro.
Dal 2015, il parroco è p. Maurizio Zorzi. Da quella data ad oggi, il Gruppo Scout ha cercato di vivere
sempre più in comunione con la comunità parrocchiale. La Comunità dei Capi ha occasione di
intervenire nel cammino pastorale della parrocchia attraverso le occasioni d’incontro che la parrocchia
stessa offre, fornendo spunti giudicati utili ed interessanti anche dalla Diocesi.
Tutto questo all’interno di una nuova e forte relazione con la Chiesa – alla quale gli Scout
appartengono – e in particolare con la Chiesa italiana, che ha dedicato il progetto pastorale del decennio
2010-2020 alla questione educativa: realtà, questa, che è proprio la ragion d’essere dello scoutismo.
Padri Sacramentini che hanno camminato con gli Scout
dagli inizi della parrocchia dei Martiri Canadesi ad oggi:
p. Giovanni Rottoli (primo parroco)
p. Antonio Monieri
p. Moise Roy
p. Donald Cave
p. Bert van DeBraken
p. Paolo Sirio (parroco)
p. Eugenio Nuñez
p. Giancarlo Breda (prima assistente Scout, poi parroco)
p. Gianni Giassi (parroco)
fr. Severino Pellizzon
p. Lino Emilio Diez Valladares
p. Adriano Bustreo
p. Agostino Quadrio
p. Claudio Sartorato
p. Gino Dal Cero
p. Andres Taborda
p. Ennio Serrani
p. Maurizio Zorzi (parroco)
p. Alex Moreira
p. Giorgio Ghezzi (sacramentini di S. Claudio)
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Il Cammino Neocatecumenale si racconta
Le prime catechesi e il contesto sociale ed ecclesiale
Kiko Argüello e Carmen Hernández, iniziatori del Cammino Neocatecumenale, giungono nella
parrocchia dei Martiri Canadesi di Roma alla fine dell’estate del 1968. Nel mese di ottobre iniziano le
prime catechesi, tre sere a settimana, al secondo salone della parrocchia. Terminano il 2 novembre dello
stesso anno 1968, con la nascita della prima comunità.
Partecipano alle catechesi decine di giovani e alcuni adulti, molti dei quali frequentavano gruppi allora
attivi nella parrocchia: l’Azione Cattolica, il Circolo universitario, i gruppi del cinema e del teatro, il
“gruppo famiglie”. Molti di loro, inoltre, partecipavano alla “Messa dei giovani”, la celebrazione
domenicale avviata nel 1966 dall’allora viceparroco, padre Guglielmo Amadei, sul modello di quella che
si celebrava nella chiesa dell’Oratorio di S. Filippo Neri, sempre a Roma. La grande cripta della chiesa
dei Martiri Canadesi, dove si celebrava questa Messa, era piena di giovani “sessantottini”, chi più chi
meno impegnati nella politica e nel sociale, alcuni più radicalizzati a sinistra, ma quasi tutti con la voglia
di cambiare il mondo e la Chiesa.
Sono gli anni della contestazione di massa, delle “occupazioni”, dei Movimenti Studenteschi, della
guerra in Vietnam, di Che Guevara e del prete marxista Camilo Torres Restrepo. Ma sono anche gli anni
in cui nella Chiesa fioriscono “dal basso” diverse realtà che cercano di conciliare il cristianesimo e
l’impegno sociale: don Milani, l’Isolotto di don Enzo Mazzi a Firenze, le “comunità di base” di Santa
Maria del Popolo e di San Paolo fuori le Mura a Roma, il movimento dell’Abbè Pierre. Nella Chiesa
iniziano a dare i primi frutti le innovazioni e riforme espresse dal Concilio Vaticano II, concluso nel 1965,
e sembra che la cristianità sia attraversata, almeno in Europa, da una ventata di modernità, trasformazioni
e mutamenti come raramente era avvenuto prima di allora.
In questo contesto sociale ed ecclesiale, Kiko e Carmen iniziano la prima catechesi ai Martiri
Canadesi: una predicazione non animata da posizioni politiche o sociali, ma fondata sull’annuncio del
“kerygma”. Cioè: la buona notizia della risurrezione di Gesù Cristo che dona una vita nuova ed eterna a
ogni uomo, vissuta – come ispirato dalla Vergine Maria allo stesso Kiko – in “comunità cristiane come la
Sacra Famiglia di Nazareth, che vivano in umiltà, semplicità e lode”, dove “l’altro è Cristo”. Dunque, una
nuova pastorale di evangelizzazione, nata sulla scia del Concilio Vaticano II, che mira a vivere in modo
pieno il Vangelo, riscoprendo per tappe la fede e il Battesimo e basandosi su tre cardini: 1) ascolto della
Parola di Dio, 2) celebrazione della Liturgia, 3) comunione tra i fratelli della comunità, che è il frutto
delle prime due.
Sette mesi dopo, il 2 giugno 1969, in parrocchia nascono altre due comunità “gemelle”, frutto della
catechesi di alcuni fratelli della prima comunità. Oggi [gennaio 2019], con le catechesi svolte
ininterrottamente ogni anno dal 1968, sono presenti nella parrocchia 29 comunità neocatecumenali. Di
queste, 8 sono comunità in missione in altre parrocchie di Roma: due in parrocchie vicine ai Canadesi (S.
Angela Merici e SS. Sette Fondatori); tre alla Porta di Roma; due fuori il Grande Raccordo Anulare; una
alla Cecchignola. Nel corso degli anni, sono stati inviati dalle comunità della parrocchia per evangelizzare
in tutto il mondo 80 itineranti e 15 famiglie in missione. Infine, 10 fratelli e 4 sorelle, che hanno seguito il
Cammino nelle comunità dei Martiri Canadesi, hanno risposto alla chiamata alla vita sacerdotale o
religiosa.
Il rapporto con i Padri Sacramentini
e con la pastorale della parrocchia
Ai Martiri Canadesi, il Cammino Neocatecumenale è nato ed è cresciuto in un rapporto di comunione
con i Padri Sacramentini, anzitutto con i parroci che negli anni si sono succeduti alla guida della
parrocchia. Nell’ottobre 1968 – parroco padre Paolo Sirio – fu il viceparroco, padre Guglielmo Amadei, a
voler iniziare le catechesi, dopo aver ascoltato la predicazione di Kiko Argüello nel settembre di
quell’anno in un incontro di pochi giorni a Poggio Catino (Rieti) insieme con alcuni giovani della
parrocchia. Fu sempre padre Amadei, in accordo con il parroco, a prendere l’iniziativa per la seconda
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catechesi della primavera 1969 e a coinvolgere, in queste prime catechesi, i giovani che conosceva e che
già frequentavano la parrocchia.
A inizio 1970, dopo la nascita di altre due comunità, il parroco padre Sirio volle incontrare l’allora
arcivescovo di Madrid Casimiro Morcillo Gonzalez, in visita a Roma. Mons. Morcillo testimoniò che il
Cammino Neocatecumenale era un carisma che veniva da Dio, invitò padre Sirio ad avere fiducia e aprire
la parrocchia a questa nuova realtà, pronosticando che, se lo avesse fatto, non avrebbe avuto più spazi in
parrocchia per ospitare le persone che si sarebbero avvicinate alla Chiesa. Così è stato.
Nei primi anni, ma anche successivamente, i Padri Sacramentini non solo hanno promosso
l’evangelizzazione con le catechesi iniziali, ma hanno consigliato a molti di ascoltarle; alcuni di loro
hanno seguito personalmente il Cammino e molti Padri hanno partecipato con convinzione alla vita
delle comunità, presiedendo le celebrazioni della Parola e dell’Eucaristia o evangelizzando in altre
parrocchie inseriti in équipes di catechisti.
Questo vale soprattutto per i Padri che erano al servizio della parrocchia: i parroci (da p. Paolo Sirio in
poi); i viceparroci e i collaboratori parrocchiali (fra questi, oltre a p. Guglielmo Amadei, possiamo
ricordare: p. Eugenio Astori, p. Vincenzo Cesetti, p. Luigi Colnaghi, p. Venceslao Dal Cero, p. Ferruccio
Dentella, p. Igino Grigoli, p. Enrico Muscio, p. Emanuele Polci, p. Giuseppe Rossi, p. Remo Tassoni, p.
Igino Troiani, p. Giuseppe Vassalli).
I fratelli delle comunità neocatecumenali sono a disposizione per le varie attività pastorali della
parrocchia e sono in queste inseriti. Nel corso di questi 50 anni, singoli e coppie che seguono il Cammino
Neocatecumenale e presbiteri formati nei seminari Redemptoris Mater hanno collaborato con i parroci
come catechisti per il Battesimo, la Prima Comunione, la Cresima, il Post Cresima, la Scrutatio per i
giovani, gli incontri di preparazione al matrimonio, l’assistenza a malati e infermi.
Nuovi spazi liturgici
Nel solco della riforma liturgica inaugurata dal Concilio Vaticano II, il Cammino Neocatecumenale ha
espresso anche nella parrocchia dei Martiri Canadesi nuovi spazi liturgici con una dimensione estetica che
parli all’anima del credente, dalla quale emerga il linguaggio sacramentale della Chiesa tramite segni
sensibili, che fanno presente – da una parte – l’amore di Dio per il suo popolo, dall’altra la centralità
dell’assemblea dei fedeli durante le liturgie.
Per rispondere alla crescente necessità di luoghi in cui ogni comunità potesse singolarmente ascoltare
la Parola di Dio e celebrare l’Eucaristia, e in un momento in cui coloro che frequentavano le Messe
parrocchiali diminuivano la loro partecipazione, a metà anni Settanta i Padri Sacramentini, su proposta di
Kiko Argüello, decisero di frazionare la grande cripta. Sono stati così ricavati tre saloni (la sala
Dormitio Mariae, dove è stata valorizzata la scultura in bronzo a muro dell’assunzione in cielo della
Vergine Maria; la sala San Giuseppe; la sala Canadesi) e una cripta più ridotta, con una moquette verde
che richiama il Salmo 23: “Il Signore è il mio pastore e nulla mi manca. Su prati d’erba fresca mi fa
riposare”. Nella cripta, sullo sfondo a chiudere il presbiterio, è presente un dipinto di Kiko Argüello
raffigurante una Deesis, inserita in una rappresentazione della venuta finale di Gesù Cristo simboleggiato
come un agnello sgozzato al centro del firmamento che si ritira “come un volume che si arrotola” (Ap
6,14).
Al secondo salone superiore (dove è iniziata la storia del Cammino Neocatecumenale ai Martiri
Canadesi, con le prime catechesi di Kiko e Carmen nel 1968) è presente un secondo dipinto di Kiko, a
tutta parete, che riprende la Trinità di Rublev che visita Abramo e Sara alle querce di Mamre.
Le parole di Giovanni Paolo II alle comunità
In occasione della visita alla parrocchia, il 2 novembre 1980, Giovanni Paolo II ha incontrato nella
cripta i fratelli delle undici comunità neocatecumenali di allora, presentate al Santo Padre da padre
Guglielmo Amadei e da Kiko Argüello.
Il Santo Padre ha preso la parola, tenendo un discorso a braccio e dicendo, fra l’altro: “Soprattutto
voglio dirvi che vi voglio bene […] La strada o il cammino di scoprire la fede tramite il Battesimo è la
strada che noi tutti troviamo nell’insegnamento di Cristo, nel Vangelo. […] La vostra strada consiste
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essenzialmente in questo: scoprire il mistero del Battesimo, scoprire il suo pieno contenuto e così scoprire
che cosa vuol dire essere cristiano, credente. Questa scoperta è, possiamo dire, nella linea della tradizione,
ha radici apostoliche, paoline, evangeliche. […] I sacramenti fanno strada allo Spirito Santo che opera
nelle nostre anime, nei nostri cuori, nella nostra umanità, nella nostra personalità; ci costruisce di nuovo,
crea un uomo nuovo”.
“Ecco – ha detto ancora Giovanni Paolo II – questo cammino, cammino della fede, cammino del
Battesimo riscoperto, deve essere un cammino dell’uomo nuovo. […] Scoprendo il Battesimo come
inizio della nostra vita cristiana in tutta la sua profondità, dobbiamo poi scoprirne le conseguenze, passo
per passo, in tutta la nostra vita cristiana. Ecco, dobbiamo fare un cammino, dobbiamo fare un cammino.
[…] In questa nostra epoca abbiamo bisogno di riscoprire una fede radicale, radicalmente compresa,
radicalmente vissuta e radicalmente realizzata. Noi abbiamo bisogno di una tale fede”.
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La “Messa dei giovani” e gli inizi del Cammino Neocatecumenale ai Martiri Canadesi Testimonianza di padre Guglielmo Amadei
Padre Guglielmo, tu sei stato viceparroco nella Parrocchia dei Martiri Canadesi per molti anni,
fin dalle sue origini (1955). E proprio in questa parrocchia le comunità neocatecumenali hanno
avuto, in Italia, il loro punto di fioritura, di sviluppo iniziale. Quali furono le situazioni e gli
avvenimenti che portarono alla nascita di questa esperienza?
Noi stavamo facendo un’esperienza un po’ originale. Si era nel clima nuovo creato dal Vaticano II. Il
Concilio aveva dato un volto nuovo alla liturgia e, dopo che tutte le associazioni tradizionali della
parrocchia erano entrate in crisi, cercai di fare una cosa che radunasse tutti i giovani, cioè una Messa
rinnovata fatta per loro che fu denominata, impropriamente, Messa beat. Così, ogni domenica, un
migliaio di giovani gremiva la cripta dei Martiri Canadesi.
I giovani venivano con una speranza nel cuore e questa era la mia preoccupazione, perché il vento del
Concilio aveva iniziato a soffiare e noi incominciavamo a dare dei piccoli segni, ma non avevamo davanti
a noi né strade né garanzie; eravamo guardati a vista sia in bene che in male da coloro che venivano per
imitarci o per criticarci. E io me ne stavo in mezzo, bersaglio degli uni e degli altri.
Come avvenne l’incontro con Kiko Argüello?
I nostri giovani della Messa beat si erano assunti degli impegni sociali: andavano nelle baracche
dell’estrema periferia di Roma a fare ripetizione ai ragazzi, ad assistere gli ammalati, a pulire. In quegli
anni, anche i giovani credenti volevano essere impegnati nel sociale e i bisogni non mancavano certo
nella cintura di baracche intorno a Roma, che ospitava circa 80.000 persone. In una di queste baracche
abbiamo trovato Kiko. Fuori della sua porta c’era una croce, e questo ci incuriosì.
Entrammo e trovammo un giovane di circa 30 anni, molto magro, vestito malamente come uno zingaro
o un barbone. Parlammo con lui, gli spiegammo l’esperienza di questa “Messa dei giovani”, ed egli
promise di venire a vedere. Kiko era venuto da Madrid con una lettera dell’Arcivescovo Morcillo
indirizzata all’allora Cardinal Vicario Angelo Dell’Acqua, una specie di presentazione. Ma Kiko stava
attendendo i tempi: imparava un po’ la lingua e, anche, cercava una parrocchia che accettasse di iniziare il
Cammino.
La domenica successiva venne alla nostra Messa; alla fine mi si avvicinò e mi disse: «Tu sei sicuro che
quello che stai facendo è valido?». «Certo che è valido», dico io. «Tu pensi che tutta questa gente che
viene alla Messa abbia fede?». «Credo di sì». «Se passata la novità della canzonetta, del giro che fate
intorno all’altare, finisce tutto?». «Ah, spero di no». Cercavo di difendermi da queste domande che mi
sembravano aggressive e mettevano in crisi la nostra iniziativa.
Al termine di quell’estate del 1968, viene uno dei giovani e mi dice: «Noi andiamo con Kiko a fare un
ritiro di alcuni giorni, per parlare un po’ della “Messa dei giovani” e vedere come continuare, come
portare avanti questa iniziativa». Andai anch’io. All’incontro, Kiko tenne una catechesi sulla Chiesa nel
mondo di oggi. E io, sentendo quella catechesi, mi dicevo: “Ma, se questo è vero, deve cambiare il
mondo”, perché mai avevo sentito cose del genere.
Infatti, qualcosa cominciò a cambiare...
Sì. Poco tempo dopo quell’incontro, cominciammo la catechesi in parrocchia. «Però – mi disse Kiko –
non bastano i giovani. C’è bisogno del popolo di Dio: giovani ma anche adulti, sposati». Chiamai allora 5
o 6 coppie del movimento Rinascita e la catechesi partì. Era il mese di ottobre del ‘68 e Kiko,
contemporaneamente, faceva la catechesi anche alla parrocchia del Borghetto Latino, coi poveri, perché
lui pensava di iniziare nelle baracche. Là non è sorto niente; invece, ai Martiri Canadesi, parrocchia di
gente benestante, è nata la prima comunità del Cammino a Roma. Finita la catechesi, Kiko ci diede le
indicazioni per i primi mesi, promettendo di ritornare verso Natale. Ma a Natale non venne. La gente
vedeva che qualcosa era cambiato, vedeva che nella “Messa dei giovani” erano rifluiti altri discorsi, altri
stimoli e molti volevano aggiungersi a noi. In questa situazione io, benché in contrasto con gli altri fratelli
della comunità neocatecumenale che non si sentivano pronti per evangelizzare, dopo la Pasqua cominciai
un’altra catechesi: vennero 150 persone e, inizialmente, la portai avanti da solo. Finalmente arriva Kiko,
vede la situazione e ci propone di designare dei catechisti per affiancarmi. E così si fece la catechesi con
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molta inesperienza, con molta paura, ma tanta era la forza e l’entusiasmo di quei momenti che dalla nostra
predicazione di inesperti nacquero due comunità nuove. Qualche tempo dopo, altre tre parrocchie di
Roma chiesero il Cammino e l’esperienza si allargò, con l’impegno dei fratelli che assumevano il compito
della evangelizzazione.
Le comunità neocatecumenali incarnano un certo cammino di vita cristiana. Qual è la sua
specificità e originalità?
Il nostro mondo si dibatte in una grave crisi di secolarizzazione, di scristianizzazione. Anche dentro la
Chiesa i cristiani vanno a Messa, però non esprimono sempre la loro fede nella vita. Di fronte a questa
situazione il Signore ha ispirato questo Cammino, che è innanzitutto una predicazione rivolta ai lontani
per riportarli nel seno della Chiesa. I fratelli «danno ragione della loro speranza» e così i lontani vengono
attratti. Inserendosi in questo cammino, cominciano a riprendere contatto con la Chiesa, a stimare i suoi
pastori, a obbedire al Papa, eccetera.
Tu credi che i Padri Sacramentini abbiano un servizio da rendere anche nella formazione di
comunità di questo genere?
Certo! Il termine «neocatecumenato» non viene dal nostro Fondatore e forse questo fa difficoltà; però,
in questo cammino possiamo trovare il perno intorno al quale ruota tutta la nostra vita: l’Eucaristia
globale, celebrata, annunciata e pregata. Io ho potuto sperimentare che se non c’è l’Eucaristia è
impossibile vivere.
a cura di p. Vittore Boccardi (da “Il Cenacolo”, febbraio 1986)
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Le parole dei Papi alla nostra parrocchia
Giovanni XXIII: cercate di imitare Cristo! Entrando in questa nuova chiesa parrocchiale, si avverte che tutto vi parla del sacrificio cruento dei
Santi Martiri Canadesi, questi fedelissimi del Cristo, i quali hanno dato la loro vita per la suprema
testimonianza del Vangelo. Certo, è sommamente significativo erigere un nuovo tempio in Roma in onore
di Martiri, e non delle antiche età ma di epoca a noi più vicina: sono infatti del secolo XVII.
È bello che le memorie dei Santi più recenti si uniscano a quelle dei Santi antichi. Ciò significa che la
Chiesa rimane sempre identica nell’adempimento della sua soprannaturale, eccelsa missione. La Chiesa è
sempre in perfetta maturità, anzi in perenne giovinezza ed entusiastica vitalità di fronte ai suoi compiti.
Guardando il passato, il presente e l’avvenire troviamo sempre aperta la sorgente del Sangue di Cristo e,
sotto il Sangue di Cristo, migliaia e migliaia di anime che hanno accolto e vivono il suo messaggio, si
compenetrano della sua grazia, vogliono agire, vogliono imitare Cristo, coronando spesso tale opera con
la immolazione suprema.
Tutti noi, se vogliamo arricchirci dei veri beni della vita, in cammino verso l’eternità beata, dobbiamo
accettare ed assecondare sempre i voleri del Signore, cercare di riprodurre in noi la sua vita e far
fruttificare il suo insegnamento, essere pronti a versare anche il nostro sangue per Lui. È nostro dovere
pregare perché le tribolazioni e le persecuzioni si allontanino; ma, soprattutto, dobbiamo implorare la
grazia di essere e di rimanere ad ogni costo fedeli.
(25 marzo 1962)
Giovanni Paolo II: cercate di vedere e far vedere Cristo! Soffermiamoci sull’affermazione che Zaccheo “cercava di vedere Gesù” (Lc 19,5). È una frase molto
importante che dobbiamo riferire a ciascuno di noi qui presenti - anzi, indirettamente ad ogni uomo.
Voglio io vedere Cristo? Faccio tutto per poterlo vedere? Questo problema, dopo duemila anni, è attuale
come allora, quando Gesù attraversava le città e i villaggi della sua terra. È il problema attuale per ognuno
di noi personalmente: voglio? voglio veramente? O, forse, piuttosto evito l’incontro con lui? Preferisco
non vederlo e preferisco che egli non mi veda? E se già lo vedo in qualche modo, allora preferisco
vederlo da lontano non avvicinandomi troppo, non spingendomi davanti ai suoi occhi per non scorgere
troppo, per non dover accettare tutta la verità che è in lui, che proviene da lui, Cristo?
Questa è una dimensione del problema, che nascondono in sé le parole dell’odierno vangelo su
Zaccheo. Ma c’è ancora un’altra dimensione sociale. Essa ha molte cerchie, ma io voglio mettere questa
dimensione nella cerchia concreta della vostra parrocchia. Infatti la parrocchia, e cioè una viva comunità
cristiana, esiste perché Gesù Cristo sia costantemente visto sulle vie dei singoli uomini, delle persone,
delle famiglie, degli ambienti, della società. E questa vostra parrocchia, dedicata ai Martiri Canadesi, fa di
tutto perché il più grande numero di uomini “voglia vedere Cristo Gesù”, così come Zaccheo? E poi: che
cosa potrebbe fare di più a questo scopo?
Zaccheo non si è lasciato confondere né turbare. Non si è spaventato che l’accoglienza di Cristo nella
propria casa potesse minacciare, per esempio, la sua carriera professionale o rendere difficili alcune
azioni, connesse con la sua attività di capo dei pubblicani. Egli accoglie Cristo nella sua casa e dice:
“Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte
tanto” (Lc 19,8).
A questo punto diventa chiaro che non soltanto Zaccheo “ha visto Cristo” ma, contemporaneamente,
Cristo ne ha scrutato il cuore e la coscienza; lo ha radiografato fino in fondo. Ed ecco, si compie ciò che
costituisce il frutto proprio del “vedere” Cristo, dell’incontro con lui nella piena verità: si compie
l’apertura del cuore, si compie la conversione. Si compie l’opera della salvezza. Lo manifesta Gesù
stesso quando dice: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo: il
Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,9-10). Ed è questa una
delle più belle espressioni del Vangelo.
(2 novembre 1980)
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Preghiera per la parrocchia
Signore,
ti ringraziamo per i doni che ci hai fatto
per mezzo della vita e della missione
della nostra parrocchia.
In questa comunità abbiamo ricevuto
tante volte l’Eucaristia,
la Parola, il dono dello Spirito
e il perdono dei peccati!
Qui siamo stati educati nella vita di fede,
abbiamo maturato la capacità di amare,
siamo stati aiutati a vivere la nostra vocazione.
Dona, o Signore,
alla nostra parrocchia la grazia di rinnovarsi
per svolgere, anche oggi, la sua missione
nella fedeltà a Te e all’uomo.
O Maria, guidaci Tu
ad essere assidui all’ascolto della Parola,
perseveranti nella preghiera,
uniti nell’Assemblea Eucaristica,
ferventi nella comunione
e nella carità verso il prossimo,
gioiosi testimoni di Cristo nel mondo
e coraggiosi annunciatori dei valori del Vangelo.
Benedici, o Madre,
tutte le parrocchie del mondo,
perché continuino ad essere fuochi d’amore,
fari di luce, comunità di vita,
sorgenti di comunione e di speranza.
Amen.