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Omaggio ai Pink Floyd Virtual Walls La Villa Romana della Farnesina Stefano Casciani parla di luce e architettura Il “mestiere della Luce” Un secolo di energia e di luce a Milano Via Piave 7 - 00187 Roma (RM) - N. 5/2010 - Anno 50 - Bimestrale - ISSN 1828-0560 Gruppo italiaenergia ® LUCE n. 5/2010 Progetto3_Layout 1 07/01/11 15:26 Pagina 1

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Omaggio ai Pink FloydVirtual Walls

La Villa Romana della Farnesina

Stefano Casciani parla di luce e architettura

Il “mestiere della Luce”

Un secolo di energia e di luce a Milano

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The lumen packages are still not high enough

Retail lighting

10 Comments 7 agree /3 disagree

Compact HID lamps are still a better quality light source for spot lighting some of the time

Retail lighting

14 Comments 11 agree /3 disagree

Compact HID lamps are still a better quality light source for spot lighting some of the time

Retail lighting

14 Comments 11 agree /3 disagree

LED systems are still not as efficient as Compact HID systems

Retail lighting

45 Comments 40 agree /5 disagree

There is no sparkle with LEDs

Retail lighting

41 Comments 40 agree /1 disagree

LED luminaires are still too expensive

Retail lighting

31 Comments 30 agree /1 disagree

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Retail lighting

31 Comments 30 agree /1 disagree

The colour rendition is not high enough

Retail lighting

52 Comments 30 agree /22 disagree

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Retail lighting

52 Comments 30 agree /22 disagree

There are no LED standards yet

Retail lighting

60 Comments 50 agree /10 disagree

There are no LED standards yet

Retail lighting

60 Comments 50 agree /10 disagree

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Retail lighting

60 Comments 50 agree /10 disagree

The size of LED luminaires for Retail applications is too large

Retail lighting

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Retail lighting

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Retail lighting

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Omaggio ai Pink FloydVirtual Walls

La Villa Romana della Farnesina

Stefano Casciani parla di luce e architettura

Il “mestiere della Luce”

Un secolo di energia e di luce a Milano

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LUCE fondata da AIDI nel 1962

Direttore responsabileSilvano Oldani

Direttore scientificoPaolo Soardo

Comitato tecnicoSara Capellari, Laura Colombo, Stefania Dalla Torre,

Ruggero Guanella, Paola Iacomussi, Claudio Liberatore,Marco Loro, Chiara Meschia, Eraldo Parma,

Anna Pellegrino, Marco Pollice, Pierangelo Preti, Lorella Primavera, Margherita Suss,

Corrado Terzi, Laura Vismara

Segreteria di direzioneAnna D’Auria

Organo ufficiale diAIDI Associazione Italiana di Illuminazione

Via Monte Rosa 96, 20149 MilanoTel. 02 87390100 - fax 02 87390187

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Direttore editorialeEmanuele Martinelli

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Coordinamento editorialeMauro Bozzola

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RedazioneAntonella Ricci

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PubblicitàArmando Claudi

[email protected] 347 2268908

GraficaAlessandro Tonet

StampaTep, Arti Grafiche

Gli articoli firmati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano nèl’AIDI, nè la redazione del bimestrale, le quali sono disponibili a riconoscereeventuali diritti d’autore per le immagini pubblicate, non avendone avuto lapossibilità in precedenza. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si restitu-iscono. Tutte le pubblicazioni su Luce avvengono senza eventuali protezioni dibrevetti d’invenzione: inoltre i nomi delle merci, coperti da eventuale marchioregistrato, vengono utilizzati senza tenerne conto.

Registrata presso il Registro della Stampa del Tribunaledi Milano al n. 77 del 25/2/1971. ISSN 1828-0560

www.gruppoitaliaenergia.it

Editoriale

La “Luce nelle chiese” in un nuovo libro AIDIdi Silvano Oldani

3

News ed Eventi

Il Piano della luce di Roma 2010-2020di Silvano Oldani

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Terza Pagina

Stefano Cascianiparla di luce e architetturadi Maurizio De Caro

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Progettare con la Luce

La Villa Romanadella Farnesina di Carolina De Camillis

e Riccardo Fibbi

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Luce sulle Regole

“Made in Italy”: un’origine geografica tutta da valutaredi Daniela Mainini

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Innovazione

Effetti fotobiologici sui prodotti di illuminazione Leddi Roberto Inclinati

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Scenari contemporanei

Virtual Walls.Omaggio ai Pink Floyddi Marco Frascarolo

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Un secolo di Energia e di Luce a Milanodi Gianni Ravelli

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Il “mestiere

della Luce”di Susanna Antico

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Bando di gara di “qualità” per l’affidamento dell’incarico di redazionedei “Piani della luce”di Marco Loro

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Sette installazioni alla Triennale per raccontare con la luce un archivio fotograficodi Luca Cipelletti

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Festeggiato Dean Skira con “My light”di Alessia Guadalupi

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Progetto funzionalee scenograficodella luce a Palazzo Barberinidi Adriano Caputo

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Innovazione e tecnologia Led in un Impianto pilota per la Provincia di Bergamo.L’incontro con i progettistidi Mauro Bozzola

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Virtual Walls. Omaggio ai Pink FloidFoto di Michele Bruno

L’immagine dell’AEM nella sua rappresentazione storicadi Biagio Longo

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leLA “LUCE NELLE CHIESE”

IN UN NUOVO LIBRO AIDI

“Il fare ha la priorità sul dire; o meglio, ciò che è realmente detto è ciò che è fatto” scrive L.M.Chauvet, in “Simbolo e sacramento”, per questa ragione, dedichiamo con soddisfazione l’aper-tura di questo numero di LUCE ad una preziosa iniziativa editoriale, un libro, che AIDI havoluto e potuto realizzare a coronamento di un intenso e complesso percorso, finalizzato a la-sciare un segno nel mondo della progettazione della luce negli spazi sacri.Il libro Luce nelle chiese vede la luce dopo i convegni organizzati da AIDI a Roma, Milano eVenezia con il Patrocinio dell'Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici e l'Ufficio Nazionale per l'Edi-lizia di Culto della CEI e delle Diocesi ospitanti Frutto di un lungo lavoro, come scrive il presidente di AIDI, Gianni Drisaldi, nella prefazionedel volume “L’idea di AIDI di organizzare una serie di convegni sul tema della luce nei luoghidi culto era stata accolta con grande interesse dal Presidente e dal Consiglio che mi hannopreceduto, ed è a loro che si deve il merito di aver capito l’importanza dell’iniziativa e la suapiena sintonia con i principi ispiratori dell’associazione che da cinquant’anni è impegnata apromuovere la cultura della luce”, il libro ha visto la partecipazione di biblisti, liturgisti, teologi,storici dell’architettura, progettisti della luce, esperti e docenti con esperienze e sensibilità di-verse, e rappresenta un momento di vivo scambio culturale, di intense e utili riflessioni di naturateologica, scientifica e tecnica al servizio di temi impegnativi e affascinanti per la loro interdi-sciplinarità, ricchezza e valori. L’illuminazione artificiale delle chiese antiche e di quelle mo-derne e contemporanee costituisce un tema affascinante e allo stesso tempo molto impegnativo.Le esigenze liturgiche da una parte e le nuove tecnologie dall’altra pongono ai progettisti grandisfide, che divengono anche preziose opportunità, purché le si sappia cogliere in tutta la lororicchezza e valore. Un luogo di culto, nella rinnovata attenzione posta dalla Riforma del Con-cilio Vaticano II, si caratterizza in primis per le celebrazioni liturgiche che in essa si svolgono,a partire dall’Eucaristia fino ai riti sacramentali, poi per la preghiera privata o personale. Allostesso tempo, c’è da considerare la funzione di contenitore di opere d’arte che una chiesa ine-vitabilmente riveste, come anche il suo frequente prestarsi a eventi culturali consoni alla sa-cralità del luogo. Ne discende che altro è illuminare una chiesa per la liturgia, altro è illuminarlaper la preghiera, altro ancora è creare l’illuminazione adatta all’accoglienza dei turisti o adospitare un concerto o una sacra rappresentazione.Di particolare rilievo nel volume la pubbli-cazione del lavoro svolto dalla Commissione Scientifica, approvato dalla CEI, che ha seguitosempre con interesse e partecipazione i lavori di questo percorso in particolare nelle personedei direttori degli Uffici Nazionali Beni Culturali e Luoghi di Culto, di redazione delle Lineeguida per la progettazione della luce negli spazi liturgici. Le linee guida nel testo sono collocatein conclusione e si offrono quale utile strumento operativo e prima concreta sintesi di tutto illavoro scientifico operato dalla commissione. Libro dunque che riafferma il ruolo e l’impegnodi AIDI quale sede di confronto di esperienze, di ricerca e di pensiero per tutto il sistema dellaluce italiano e internazionale e che è frutto, come scrive la curatrice Donatella Forconi, “diconsiderazioni e di valori condivisi in cui si è costituito, nell’esperienza di ricerca maturata,quel terreno d’incontro e di dialogo sul quale, vicendevolmente, ci si è interrogati, istruiti e,infine, appassionati”. Non è poco in anni di relativismo perché non si auguri a questo libro unlungo viaggio in compagnia di molti lettori altrettanto appassionati di tali valori. Silvano Oldani

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di Maurizio De Caro

STEFANO CASCIANI

PARLA DI LUCE E ARCHITETTURA

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Stefano Casciani, vicedirettore di Domus, non èuomo che gioisca nell’apparire: e in questa inter-vista ciò si intuisce molto bene. Sembra quasi unintellettuale degli anni Cinquanta, con tutto il pe-so e la leggerezza che questa condizione compor-tava: schivo, attento e presente nei luoghi dove lecose accadono. Studioso di design e non solo, in-dagatore dei territori più impervi dell’architetturacontemporanea, da molti anni attraversa le disci-pline del progetto dall’osservatorio privilegiato diDomus. Ideatore e organizzatore di mostre criti-che, autore di un grande numero di saggi sul de-sign (e non solo), stupisce per la sua immutata ca-pacità di stupirsi. Non è poco nella nostra epoca,capace di qualsiasi celebrazione fittizia dell’usua-le e dove lo scontato può diventare frutto di im-probabili talenti istantanei. In queste poche pagi-ne c’è tutto lo spessore di un critico immune allaribalta, ma culturalmente impegnato nella ricercadell’innovazione linguistica interdisciplinare nel-la progettazione.

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Qual è secondo te la funzione primaria di una rivi-sta di architettura?Direi che una rivista di architettura dovrebbe in-nanzitutto parlare di architettura, scriverne e rac-contarne le avventure, le peripezie, le difficoltà, isogni; non dovrebbe essere un oggetto promozio-nale. A mio parere dev’essere fatta non da architet-ti, ma da chi sa raccontare le cose in modo noncomplesso

Quindi sei convinto, come dicono alcuni, che perraccontare in maniera significativa l’architetturabisogna parlare d’altro, o partire da altri mondi: adesempio i letterati hanno scritto molto di architet-tura, sostanzialmente senza mai citarla. Senza mai declamarla. Il problema dell’architettura“parlata” dagli architetti è che la declamano, non laraccontano. Un edificio è già un oggetto di retorica:l’atto compositivo, o progettuale che dir si voglia, èun atto di retorica, perchè le tecnologie sono sem-pre più accessibili, rappresentare l’architettura è di-ventato facilissimo rispetto a un passato in cui nonera proprio così facile, e quindi è diventato un eser-cizio retorico, di commento.

Ti sei occupato molto di architettura ma anche didesign, due modalità molto differenti tra di loro,senza privilegiare l’una o l’altra disciplina. In chemodo secondo te le due discipline si influenzano avicenda, ammesso che sia così? Secondo me l’architettura non influenza più il de-sign da tempo. Io ho sempre cercato di analizzare ildesign, almeno quello italiano, se non altro perchèuna volta c’erano solo gli architetti e qualche artistaun po’ sparuto che faceva design. Superata quella fase il design tende a essere ripetiti-vo, oltretutto essendo una cultura così giovane haun patrimonio abbastanza scarso di riferimenti en-tro cui muoversi. Quindi, almeno finché le nuovetecnologie non faranno dei grossi miracoli, i riferi-menti sono sempre statici, e da qui la tendenza al

revival che si riesce benissimo a leggere anche intanto lavoro di design di oggi.

A proposito di questo, le due discipline non attra-versano un periodo particolarmente favorevole nelnostro paese; c’è la tendenza a riprodurre sistemidesueti e superati, a citare o autocitarsi, e soprat-tutto a cercare il successo facile. Uno dei fenome-ni abbastanza recenti è la modalizzazione: ormaile due discipline assomigliano sempre più alla mo-da e per un certo verso anche al sistema cinemato-grafico, allo star system. Sono fenomeni in deca-denza o secondo te sono ancora in ascesa? Dividerei i due problemi, nel senso che il sistemadella moda o lo star system, che della moda è unavariante essendo la quintessenza del sistema cultu-rale, è un sistema che si è esteso a tutta la produzio-ne culturale in generale, la letteratura, l’arte figura-tiva, il cinema e anche l’architettura. È un sistemacostoso e sprecone, che disperde molte energie.Nel sistema del cinema ci sono i B-movies, nel si-stema dell’architettura questo non è possibile. È unsistema dominante, su cui c’è poco da fare.

Perchè non ci sono occasioni o perchè questo si-stema non funziona, un po’ come il sistema cine-matografico internazionale e quello italiano? Perchè richiede dell’investimento, un investimentoche nello star system viene fatto dalle case cinema-tografiche e dai gruppi che vi stanno dietro. In unpaese povero, poverizzante o poverista come l’Ita-lia oggi questi investimenti non vengono fatti.

Questa rivista si occupa di luce. Secondo te cheimportanza ha la luce nel progetto? Dovrebbe avere una grandissima importanza, nelsenso che in un sistema formale, tipologico, dove ledifferenze si assottigliano, c’è secondo me grandeconfusione tipologica. La ricerca è difficile, quindila prima cosa che si fa è cercare di confondere unpo’ le acque. In un sistema di omologazione, con

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pochi edifici e progettisti eccentrici rispetto a que-sto sistema, almeno l’ambiente della luce per defi-nizione è un ambiente dinamico che si modifica....

Il lavoro del lighting designer è una professione re-cente; molti architetti hanno lavorato quasi esclu-sivamente in questo ambito, soprattutto a Milanoma anche in altre città. Come spesso accade, inuna nazione come la nostra, famosa in tutto ilmondo per la qualità del design, l’impatto della lu-ce sulla città molto spesso non è di grande qualità.Mi piacerebbe che tu facessi un commento su que-sto argomento. Mi ricordo di un viaggio negli Stati Uniti insiemealla signora che produce le mie lampade, nel qualeper mia cultura generale ho fatto un lungo giro in-tervistando tutta una serie di lighting designer, per-sone che lavorano in ambito commerciale su que-sto tema, e mi sono reso conto dell’enorme distan-za che c’è tra paesi come gli Stati Uniti e il nostro.

Usi spesso i termini mercato e fatturato: pensi cheil problema in Italia sia una questione di investi-mento? Ad esempio, la carenza di sensibilità daparte di certe amministrazioni, non di tutte, sul te-ma dell’illuminare la città, dipende esclusivamentedal fatturato o anche da qualcos’altro? Io parlo in termini di fatturato e di mercato per darel’idea delle grandi distanze. In un sistema come quellostatunitense ad esempio esiste una voce in capitoloper il lighting design. In Italia ho paura che quando sipresenta l’occasione, come nel lavoro per le ammini-strazioni pubbliche che sappiamo essere particolar-mente pigre da questo punto di vista, nel migliore deicasi si pensa all’illuminazione come scenografia: bastivedere Milano piuttosto che Torino, ecc.: interventi lo-devoli ma che non scalfiscono il problema di sistema.

Idealmente il rapporto tra il progetto di un’illumi-nazione per gli ambiti privati equivale anche unacerta sensibilità per il mondo esterno. Quali paesi,

se esistono, ti sembrano di particolare sensibilitàdal punto di vista dell’illuminazione pubblica?Sicuramente gli Stati Uniti e la Francia. A livello pub-blico penso che in Francia esistano degli architettiche in collaborazione o meno con altri lighting archi-tect considerano molto accuratamente l’aspetto del-l’edificio. In Italia mi sembra che dopo tanti anni ci siaancora molto da fare, considerato che oggi la città vie-ne vissuta, se non 24 ore, almeno 22 su 24.

Un altro tema interessante legato alla luce è quellodelle facciate dell’architettura, che spesso si modi-ficano secondo la rifrazione luminosa, con partico-lare interesse da parte dell’architetto che vuolemostrare questa “pelle” all’esterno attraverso effet-ti cromatici, quasi scenografici. In quest’ambitocredo che il grattacielo sia uno degli eventi più im-portanti legati al concetto di luminosità all’internodei grandi sistemi urbani. Perchè secondo tequest’attenzione maniacale per la superficie e ilcromatismo?L’aspetto assunto è che l’edificio è un oggetto ar-chitettonico, perchè in qualche modo oggi nelloscenario della città non pianificato gli edifici valgo-no in quanto oggetti e non simboli. Da quel puntodi vista si può leggere l’edificio come una specie digrande lampada, e questo è già un dato. In più peròc’è il fatto che la tecnologia dell’illuminotecnicama anche della costruzione permette effettivamen-te di enfatizzare questo aspetto, e questa tendenzasi sta sviluppando. È una giusta invasione di campoche si concedono gli architetti rispetto a qualcosache in fondo non gli viene chiesto.

Tu hai scritto moltissimi libri. Se dovessi occuparti diluce, tralasciando i vari produttori italiani, di che pe-riodo ti piacerebbe occuparti? Quale periodo ti sem-bra particolarmente stimolante? Mi piacerebbe approfondire questo tema sull’oggi,magari confrontandolo con esperienze del passato,Ottocento o primi Novecento, e periodi difficili carat-

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terizzati dall’elemento propagandistico dell’illumina-zione degli edifici, pensiamo per esempio al Nazismo.

Intanto è cambiato clamorosamente anche il no-stro modo di usufruire della città, come dicevi pri-ma. Tu sei vicedirettore di Domus da molto tempo;qual è il periodo di Domus che ti è sembrato più si-gnificativo in anni in cui le riviste avevano una fun-zione quasi di veicolo rispetto alla produzione del-l’architetto, in qualche modo indirizzavano il gu-sto, l’estetica, il modo di fare design, di fare archi-tettura, addirittura di fare urbanistica? I periodi migliori di Domus sono stati quelli in cuic’era effettivamente una spinta all’innovazione cheaveva bisogno di essere accolta: sicuramente gli an-ni Cinquanta sono stati per Domus un periodo im-portante, nel senso di una modernizzazione anchea rischio: negli anni Trenta per esempio c’era un mi-nimo di supporto anche di tipo propagandistico,ma gli anni Cinquanta erano un periodo di totaleanarchia; da un punto di vista culturale c’era dav-vero tutto da inventare. In quel senso Domus è statauno dei motori. Forse oggi sarebbe il momento diritrovare questo tipo di spinta, soprattutto se si met-tono da parte tutta una serie di luoghi comuni e diautocompiacimenti.

Tu come ti senti, un critico, un architetto, un desi-gner, uno storico, un giornalista, un professore?Me lo chiedo spesso. Diciamo che, come diceva Bru-no Munari, tutti i momenti sono momenti di trasforma-zione, ma per me questo è in particolare un momentoin cui mi chiedo in che direzione andare. L’esperienzadi Domus è stata ed è importante, però in questo mo-mento di grande crisi dell’industria editoriale, forsenon è l’area più importante in cui muoversi.

La crisi del libro, la crisi della rivista, un accessosempre più invasivo e pervasivo alle tecnologie intempo reale e a tutte le informazioni che arrivanodal mondo... ad esempio, la Triennale non ha avuto

più senso come esposizione internazionale proprioperchè probabilmente non serviva più mettere in-sieme cose che in qualche modo sono percepibiliin tutto il mondo in tempo reale. Il problema nasce nel momento in cui per la primavolta nella storia l’architettura diventa un bene diconsumo culturale; premesso che oggi è molto difficilea livello di massa riuscire a influenzare l’architettura, ri-mane però la possibilità, sempre all’interno dello starsystem, che un certo tipo di architettura sia più graditao più popolare di un’altra. Qui però entra in gioco laquestione della comunicazione dell’architettura: oggil’architettura deve decidere a che livello vuole esserecomunicata e a che livello di quantità, perchè oggi c’èun grande interesse, lo dimostrano i quotidiani italianiche sono i più arretrati del mondo occidentale e chequasi per obbligo si sono messi a parlare di architettu-ra, in modo però discutibile. Quindi lavorare oggi nel-l’industria della comunicazione dell’architettura vuoldire fare i conti con questa qualità.

Nell’ultima Biennale di Venezia, diretta da KazuyoSejima, archistar giapponese famosa anche per laleggerezza e per la luminosità con cui tratta le su-perfici attraverso l’architettura, io non ho ben com-preso il significato del titolo della mostra “Peoplemeet in architecture”, perchè dire che la gente sideve incontrare nell’architettura dimostra che c’èuna difficoltà. Non ti sembra che il ragionamentosulla ricerca sulla luce, sulla ricerca sul design,sull’architettura, sia ormai autoreferenziale?Uno dei vantaggi di essere anche uno storico è chein una prospettiva storica io personalmente mi ren-do sempre più conto che quando parlo di designparlo di un arco di trent’anni in cui hanno operatoun centinaio di autori in un raggio di, ad essere ge-nerosi, 20 chilometri dal Duomo di Milano. Quindisecondo me il design di qualità continuerà a ruota-re intorno a dei piccoli cerchi. Ciò detto, il punto èproprio quello che dicevamo prima, cioè che sel’architettura vuole sopravvivere deve allargare la

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sua audience, anche solo di gusto. Da questo puntodi vista la Biennale di Sejima è il classico caso dipremessa giusta e conclusione sbagliata. Sejima halanciato questo tema e poi lo ha subito subappaltatoa una serie di figure che volenti o nolenti rientrano inquel cerchio di autoreferenzialità.

Ritieni, parlando come progettista, che l’architettu-ra nella contemporaneità sia sicuramente qualcosadi completamente fuori dalla percezione normaledel people del titolo della mostra di Sejima? C’è in-somma la necessità che tutto sia “strambo” e quin-di la stramberia a un certo punto diventa normalitàe non si riesce più a percepire questo aspetto?Anche qui secondo me è una nozione di tempo cheva presa in considerazione: com’è cambiato il tem-po o la percezione del tempo in tutti i sensi. Se iofaccio un oggetto e mi è capitato di pensarlo agendoin una ipernicchia, una piccola azienda italiana oamericana con una piccola audience ristretta, nonessendo in un regime di competizione avevo pensa-to a un oggetto durevole come materiali, come qua-lità di realizzazione, ma anche durevole nel tempocome forma. Il difetto del “facciamolo strano” è chedopotutto il repertorio delle forme è limitato. Non dico che bisogna azzerare formalmente l’ar-chitettura, ma bisogna pensare a quale può esserela durata dell’oggetto, perchè gli oggetti funzional-mente deperiscono velocemente, quindi almenoformalmente ed esteticamente potrebbero avereuna durata più lunga. Fare una rivista vuol dire pen-sare di fare un oggetto che rimane, quindi da que-sto punto di vista per me fare una rivista o fare unoggetto non è molto diverso.

Quali sono secondo te le lampade che hanno inci-so nell’immaginario collettivo e rappresentanoqualcosa che va “al di là”, se ci sono?Uno più che un oggetto è una tipologia, la lampadaa bracci, con tutte le sue derivazioni, fino alla Tizioe alla Tolomeo: sono forme di hi-tech concentrato.

A livello più di nicchia, come logica formale e fun-zionale, forse è ancora l’Arco di Castiglioni, cheperaltro qualcuno ha anche ripreso.

A livello di lighting designer, ti sembra che ci siaqualcuno che in qualche modo possa intraprende-re la strada dei vecchi grandi maestri che comun-que non avevano uno specifico progettuale nel-l’ambito del disegno della luce, ad esempio Casti-glioni stesso, Magistretti o Gae Aulenti? Secondo me nel momento in cui i designer hannocominciato a fare veramente tutto, si è un po’ mes-sa in crisi la possibilità di avere un qualche desi-gner specifico. D’altro canto tutti possono disegnare lampade,quindi oggi abbiamo una grande fioritura di oggettiluminosi che però io chiamo “lampadine decora-te”, nel senso che l’idea di luce è secondo me unpo’ carente, che sia alogeno, Led o vecchia incan-descenza.

Cosa pensi del fatto che la luce, migliorando laqualità dell’abitare, migliori la qualità della vita?Credi che un lavoro di progettazione sulla luce inun interno domestico effettivamente possa miglio-rare l’umore e modificare il nostro rapporto colmondo? Se così fosse, l’importanza della luce di-venta determinante, ancora più degli oggetti. Sì, partendo da un livello minimo di sensibilità; peresempio la terrificante invasione della lampada arisparmio energetico secondo me ha causato un ab-bassamento generale della qualità. Io personalmen-te con una brutta luce non riesco a fare quasi nien-te. Di contro, anche riservando all’estetica una par-te minore, rimane comunque il fatto che con unabuona luce si può vivere una casa o un ufficio mol-to più a lungo. La velocità della vita è talmente ac-celerata che la possibilità di poter usufruire delle24 ore rispetto alle 12, alle 15, con dei buoni appa-recchi illuminanti significa vivere un’esperienzapiù profonda e più lunga.

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Apparecchio Philips City Soul con LEDGine

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Illuminazione a prova di futuroIl risparmio energetico ottenibile con i LED è in costante crescita. Con il nostro sistema potrai aggiornare quando vorrai la sola piastra LedGine del tuo apparecchio con una nuova, equipaggiata di un numero inferiore di LED, per ottenere lo stesso risultato illuminotecnico ma con maggio-re risparmio energetico. Basta un semplice e veloce inter-vento di manutenzione, senza attrezzature specifiche!

Soluzione eco-compatibileIn alluminio riciclabile, con chiusura in vetro temprato piano per ridurre l’inquinamento luminoso, gli apparecchi Philips sono costruiti per durare nel tempo e per preservare l’ambiente.

Massimo risparmio energeticoGrazie all’uso del LED è possibile programmare gli appa-recchi in modo da ridurre il flusso luminoso nelle ore centrali della notte, quando il traffico veicolare è molto ridotto e non serve illuminare al 100%.

Qualità della luceCon LedGine è possibile avere tutti i vantaggi dell’illumi-nazione a luce bianca (sicurezza, prevenzione degli inci-denti, miglior comfort visivo, efficienza energetica) e dei LED in un solo apparecchio: 4 diverse ottiche permettono di avere sempre la soluzione ideale per l’applicazione richiesta, inoltre la tecnologia multi-livello garantisce uni-formità e consistenza nel tempo.

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VIRTUAL WALLS.

OMAGGIO AI

Marco Frascarolo - Ricercatore in Fisica Tecnica Ambientale. Università Roma Tre. Coordinatore della Didattica del Master in Lighting Design MLD, Università “Sapienza”

Installazione di luce e suoni per l’ex Mattatoio di Roma, ispirata al concerto Us and Them “agli occhi una vista abbagliante”

PINK FLOYD

A Roma sono attive diverse realtà che operano a li-vello culturale, di ricerca e sperimentazione nel set-tore della luce. Le Facoltà di Architettura delle Uni-versità “Sapienza” e Roma Tre hanno in attivo corsiuniversitari dedicati al progetto della luce; relativa-mente alla formazione superiore, la “Sapienza” ègiunta alla settima edizione del Master di II livello inLighting Design (MLD), mentre Roma Tre ha in attivo un Dottorato di Ricerca in Progetto Urbano Sosteni-

bile, che comprende, tra le discipline trattate ed og-getto di Ricerca da parte dei Dottorandi, l’illumina-zione urbana, vista anche come occasione di incon-tro e socializzazione per i cittadini. Il Dipartimentodi Progettazione e Studio per l’Architettura-DIPSA(Roma Tre) dispone di un laboratorio di acustica e il-luminotecnica e sviluppa ricerche applicate sull’illu-minazione urbana e per i Beni Culturali.Nell’ambito di queste realtà ha operato un gruppo di

di Marco Frascarolo

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ricercatori e professionisti impegnati nella Didatticadel Master MLD e nell’elaborazione di un Manualedi progettazione illuminotecnica (curato da MarcoFrascarolo con il contributo a livello nazionale ed in-ternazionale di oltre 40 autori, ndr) presentato in an-teprima in occasione della prima Festa dell’Architet-tura del Comune di Roma Index Urbis.All’interno del ciclo di convegni inseriti nella vastaprogrammazione di Index Urbis, il settore del lighting

design si è palesato all’interno del convegno “Il siste-ma Luce a livello locale ed a livello globale”. Il con-vegno, promosso da DIPSA e MLD, si è posto l’obiet-tivo di potenziare le sinergie – e comunicarle – tra lerealtà che operano nel settore della luce (con partico-lare riferimento alla realtà di Roma) che confluisconoda molteplici settori disciplinari: architettura, tuteladei Beni Culturali, gestione di servizi ed energia, tea-tro, cinema, televisione, fotografia, arti visive.

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Scenari

Contemporanei

Il Master in Lighting Design MLD, in collaborazionecon Dipsa, e per gli aspetti tecnici ed organizzativi,con Fabertechnica e Lightlab, hanno promosso, pro-gettato e realizzato uno degli eventi collaterali dellakermesse romana sull’architettura. L’evento multimediale che prende il nome di VirtualWalls è un omaggio al luogo, il complesso ex Matta-toio ed alla produzione artistica dei Pink Floyd edutilizza “il muro”, come elemento di relazione tra ledue realtà. L’appuntamento si è articolato nel corso di due sera-te: la prima, una sorta di laboratorio di sperimenta-zione, che ha coinvolto il pubblico presente, un’in-stallazione di luce e suono con cui si è ridisegnato lospazio visivo ed acustico compreso tra i padiglionidel Macro Future di Testaccio e le tettoie che accol-gono le mangiatoie, creando continue sinestesie per-cettive. Frammenti di brani che animeranno la seratasuccessiva con il concerto “Omaggio ai Pink Floyd”,sono stati utilizzati nella ricerca di una nuova dimen-sione spaziale per il Mattatoio.Nella serata successiva, l’omaggio ai Pink Floyd è più

esplicito – ma sempre con un forte attaccamento alluogo – e la luce diventa un elemento espressivo aservizio del concerto nel quale Rita Marcotulli e lasua band reinterpretano in chiave jazz alcuni capi-saldi della produzione della band britannica.

Il luogo – Complesso ex Mattatoio a Testaccio L’area destinata a Città delle Arti è un eccellenteesempio di archeologia industriale, si sviluppa su diun’area di più di 100.000 m2. Gli edifici sono carat-terizzati da murature massicce, recinzioni in ghisa,capriate ed eleganti binari in ferro per il trasportodelle carni, stucchi delle cornici, intonaci degli inter-ni e marmo Bardiglio, elemento distintivo delle zoneadibite alla macellazione.La “pesantezza” costruttiva del luogo è coerente al-l’uso dello stesso, “catena di montaggio”, delegata alciclo di lavorazione delle carni, macabro e strazian-te, come evocano le atmosfere di alcuni brani e rela-tivi video firmati dai Pink Floyd, dove sono le perso-ne a finire nel tritacarne con un ritmo ossessivo e ine-sorabile. La compattezza monolitica dei padiglioni

Proiettore motorizzato in azione.Fiamme dell'inferno – Effetto.

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del Macro dialoga con gli spazi scavati sotto le tetto-ie, che chiedono di essere percorsi per rivelare la pro-pria anima. La luce ed i suoni lambiscono superfici espazi concavi e convessi, come uno scanner otticoche riproduce uno spazio virtuale. Le sequenze lon-gitudinali e trasversali ne evidenziano e negano alter-nativamente le caratteristiche spaziali e modulari.La leggerezza dei mezzi espressivi utilizzati, che dia-logano con la forte solidità materica delle preesisten-ze, dà nuova vita alle vecchie strutture, deformandoin maniera dinamica spazi e prospettive.

Virtual Walls incontra i musicisti di Rita Mar-cotulli, i musicisti incontrano i Pink FloydLa compresenza dell’installazione di luce e del con-certo Us and Them nell’area esterna del Mattatoio

nello spazio compreso tra i Padiglioni del Macro e letettoie contenenti le mangiatoie degli animali, ha sti-molato la relazione tra i lighting designers di VirtualWalls e i musicisti, ideatori del progetto Us andThem, per sperimentare una forma di integrazione tral’idea di racconto in luce dello spazio del Mattatoioe l’idea di reinterpretazione in chiave jazz della mu-sica dei Pink Floyd, in un gioco di rimandi tra i musi-cisti jazz ed i Pink Floyd (Us and Them) e tra i lightingdesigners e i musicisti jazz (nuovamente Us andThem). Ne è nato un lavoro di studio sui Pink Floyd esull’interpretazione di Rita Marcotulli, che ci ha por-tato a diversi confronti con la musicista e PasqualeMinieri, il responsabile tecnico del suono della band.Floriana Cannatelli, Marco Zanzarella e chi scrivehanno lavorato sulle sonorità dei Pink Floyd, con

Ruote dentate – Effetto.

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Scenari

Contemporanei

particolare riferimento ai brani previsti nella perfor-mance live. I pezzi più psichedelici e innovativi(Astronomy Domine, Set the Controls For The HeartOf The Sun) si annodano con quelli di matrice piùfolk-rock (Cirrus Minor, Cryng Song, Goodbye BlueSky) e con quelli del pop più celebrato (Us and Them,Money).I brani sono stati sezionati fino ad arrivare ad isolareframmenti, talvolta unità primarie astratte, che sonodiventati i contributi audio su cui sperimentare i fra-seggi audio-luce nella serata precedente il concerto.Gli stessi, ricomposti nello sviluppo totale previsto peril concerto, hanno definito gli scenari di luce, chehanno avvolto musicisti e pubblico nella serata suc-cessiva. Alcune sequenze audio elementari sono stateriutilizzate all’interno del concerto, per allargare ilfronte sonoro su tutti i 120 metri di sviluppo linearedello spazio percepibile a destra e a sinistra del palco,in alcuni momenti particolarmente significativi dellanarrazione musicale.

I diversi modi di relazionare suono e luce/im-magini utilizzati in Virtual WallsNella storia del sonoro, sono stati proposti diversi mo-di di mettere in relazione il suono al video o più in ge-nerale all’informazione visiva. Il suono può costituire un completamento naturale al-le immagini, oppure aggiungere significati non pre-senti esplicitamente nelle stesse immagini, o, ancora,cambiare le gerarchie delle informazioni già presentinelle immagini, cambiando completamente i poli diattenzione del campo visivo. Il suono può deformarelo spazio, rendendolo più grande o più piccolo, piùcontinuo o più frammentato o semplicemente esaltar-ne le caratteristiche spaziali intrinseche.L’utilizzo del suono, come elemento sonoro, non ne-cessariamente legato all’esperienza musicale in sensostretto, trova le origini nelle sperimentazioni di Scha-effer, compositore e ingegnere francese, che nel 1948da vita ai Cinq études de bruits, in cui registra eventisonori di diversa natura e li inserisce in una struttura

Raggi lunari – Effetto.

Polvere interstellare – Effetto.

Polvere interstellare – Cambio gobo.

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musicale. Lo stesso Schaeffer lavora sulla deconte-stualizzazione del suono, attraverso la sua ripetizio-ne ciclica; la deformazione attraverso la modificadella forma d’onda; la deformazione attraverso mi-scelazione di suoni qualsiasi. Lo scollegamento del suono dalla visione della fonteche lo produce, fenomeno fortemente legato alla dif-fusione dei mezzi per la riproduzione elettroacusticadel suono, definisce la condizione d’ascolto definita“acusmatica” (con riferimento ai discepoli di Pitago-ra, a cui si rivolgeva nascosto da una tenda per evita-re che i gesti e le espressioni del volto potessero in-fluenzare la loro interpretazione dei contenuti delle le-zioni). L’era digitale apre la strada al cosiddetto sam-pling (campionamento), che rappresenta un’accelera-zione nei processi di postproduzione del suono avviatida Schaeffer. Pioniere di questa tecnica è John Cageche nel 1952 realizza la prima composizione dellastoria, Imaginary landscape n. 5, basata sull’utilizzodi frammenti sonori estrapolati da 42 dischi diversi.L’ascolto acusmatico e la tecnica del sampling han-no costituito le fondamenta su cui è stato sviluppatoil lavoro in Virtual Walls. Karlheinz Stockhausen ne-gli anni 60, allo scopo di svincolare l’esperienza mu-sicale da una sequenza temporale ha introdotto ilconcetto di forme-momento, forme costituite dastrutture chiuse in se stesse senza alcuna relazionecon le strutture precedenti e successive. Il lavoro di ricerca di Schaeffer è stato ripreso da Mi-chel Chion nel libro “L’Audiovisione” del 1983. Inquesto testo viene introdotto il concetto di indice so-noro/materico, ovvero la caratteristica del suono chemette in evidenza il modo ed il tipo di materiali concui è stato prodotto: un esempio classico è costituitodal rumore dei passi che identifica il tipo di scarpe edi superficie su cui si cammina. Forme momento e indice sonoro/materico sono duetra i concetti principali su cui si è basata la sperimen-tazione nella serata precedente al concerto. I passi,servivano a segnalare acusticamente il tipo di pavi-mentazione ma anche le caratteristiche dimensionali

dell’area, sicuramente fuori dal comune.Altro concetto fondamentale è l’estensione dello spa-zio sonoro: lo spazio in cui ha luogo una scena vienedilatato virtualmente attraverso l’inserimento di suo-ni provenienti da spazi vicini ma non visibili: adesempio voci o rumori di traffico idealmente prove-nienti da spazi adiacenti; nel nostro caso le paledell’elicottero o le trasmissioni radio dallo spazioastrale. Forse l’esempio più emblematico di una musica crea-ta appositamente per un luogo è costituito da Musicfor Airports di Brian Eno del 1979, un flusso sonoropensato per gli spazi e le relative funzioni dell’aero-porto di Colonia, un fraseggio, articolato su periodiche devono entrare in relazione con gli spazi dilatatidell’aerostazione, in forte contrasto con la compres-sione spaziale tipica del viaggio in aereo. Gli spazi esterni del Mattatoio sono dilatati, se siconsiderano nella loro totalità, ma compressi, se lettiattraverso la loro articolazione modulare e struttura-le. Questa dicotomia è stata raccontata utilizzandofasci di luce e suono, come pennelli che ripercorronogli elementi generatori dello spazio: sequenze di lu-ce e suoni in lenta espansione o pulsazione alternaticon vibrazioni rapide e taglienti. Relativamente allastoria delle tecniche di registrazione è interessante ri-levare che i Pink Floyd già nel brano Summer ’68 in-troducono una tecnica di localizzazione degli stru-menti tale da creare uno spazio sonoro più ampio etrasparente rispetto allo spazio stereofonico stan-dard. In Virtual Walls la forte caratterizzazione sim-metrica dello spazio (60 metri a destra e a sinistra delpalco), acquisisce profondità lavorando sulle rifles-sioni multiple di suoni e luce tra i padiglioni del Ma-cro e le tettoie e sulla forza di “scavo” della luce ne-gli spazi semichiusi definiti dalle tettoie stesse.

I testi e le sonorità dei Pink FloydI testi dei Pink Floyd sono fortemente segnati da alcu-ne esperienze dei componenti del gruppo, presenti opassati, rispetto al momento di composizione dei bra-

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Scenari

Contemporanei

ni ed in particolare da alcuni temi, che sono diventatele parole chiave per l’ideazione degli scenari:

• le visioni psichedeliche legate all’assunzione di sostanze stupefacenti:

• gli orrori della guerra;• le paranoie alienanti della Guerra Fredda;• l’alienazione portata dalla società dei consumi;• la dilatazione dello spazio siderale e l’euforia

delle esplorazioni spaziali;• l’oppressione del successo e delle lusinghe del

denaro, che Roger Waters sentiva come un maci-gno opprimente.

I testi talvolta parlano espressamente di luce, colore,movimento, condizionando esplicitamente le scelteprogettuali. Ma sono le sonorità, cosiddette psiche-deliche, della band che suggeriscono ambientazioniluminose forti, vorticose, talvolta acide e stridenti,talvolta calde e profonde. Questo cambio continuodi suggestioni percettive è perfettamente coerentecon il lavoro di scansione e deformazione spaziale,di cui si è parlato nel precedente paragrafo.

Il sistema tecnologicoIl sistema tecnologico è costituito da apparecchi di il-luminazione e diffusione sonora, come descritto nel-la tabella allegata. Gli apparecchi di illuminazione fanno capo ad unaconsolle tipo SGM Regia2048Live, mentre i diffusoriacustici sono gestiti attraverso il Mixer audio Allen &Heat 48 canali. Tutti i segnali sono raggruppati in 20scenari preimpostati, riportati in un touch screen tipoCrestron – Isys TPS 4000 nella postazione di regia au-dio-luce ubicata di fronte al palco nei pressi del por-tale d’accesso all’area.L’utilizzo del touch screen ha consentito di semplifi-care le azioni di richiamo degli scenari e sincroniz-zarle con la gestione luci e suono ordinaria che avve-niva nella consolle adiacente: ogni tasto riporta unao più parole che rendono estremamente riconoscibi-le il momento di attivazione (es. nome brano-piano,voce, sax, ecc.) in maniera da consentirne il coman-

do da parte dei lighting designers di Virual Walls o daparte del tecnico audio-luci del concerto. Il livello di integrazione parziale dei 2 sistemi di ge-stione è stato individuato in relazione ad alcune cri-ticità: l’impossibilità di effettuare prove tecniche in-sieme allo staff del concerto; la presenza di diversiservice come fornitori di materiale tecnico e servizi;l’impossibilità di reimpostare sincronizzazioni auto-matiche con i brani, a causa dell’improvvisazioneche caratterizza i concerti jazz.

Dotazione Luci N. 18 – AlphaSpot575HPE. Proiettori motorizzatiClaypaky, per lampada HMI575W/GS. Proiettori usatiprevalentemente nei concerti o in tv per seguire dina-micamente una serie di azioni su palco, sono dotati didue ruote complementari cambia colori, di filtri im-magine personalizzabili Gobos, predisposti per l’ef-fetto strobo, sono tra i proiettori il genere più tecnolo-gicamente performante e versatile oggi sulla scena.N. 14 – Source Four-Sagomatore ETC da 750W ad in-candescenza, lente da 26. Sagomatori teatrali a lucefissa sono dedicati ad eseguire un singolo compito,possono eseguire una messa a fuoco sul soggetto, re-golare la grandezza del fascio, portare gelatine cam-biacolore.N. 12 – ParLiteLed. Proiettori a Led Coemar, (12ros-si,12verdi,12blu). Apparecchi a fascio largo fungonoda luci ambiente, essenziali per la loro funzione RGBcambiacolore.N. 20 - Fos 100 Solo Full Color. Barra a Led DTS, (15 Ledfull color da 3W). Apparecchi lineari efficaci per crearelame di luce ad intensità e tonalità di colore variabile.N. 01 – Regia2048Live. Consolle luci a 2048 canalidimmer e spot SGM, DMX-Regia2048. È una Conso-le dedicata al controllo di proiettori convenzionali eintelligenti di qualsiasi tipo. Attraverso le quattrouscite DMX-512 disponibili, è possibile gestire indif-ferentemente, nei tempi e nei modi, qualsiasi appa-recchio disponibile sul mercato, per mezzo di unacompleta libreria in dotazione e sempre aggiornabile.

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N. 02 – Dimmer 612/12. Rack dimmer 2x6canali,12A per canale, P612D SGM (In 2x32A penta, Out12x16A mono, In/Out DMX). Regolatore elettronicoper gestire la potenza assorbita da un gruppo luci. N. 02 – Pannello touch-screen Crestron-Isys TPS4000. Interfaccia per richiamare in maniera rapidaed intuitiva gli scenari luce programmati.N. 02 – Sistema di controllo dual bus Crestron-Pro2.Hardware di gestione deputato al coordinamento esincronizzazione dei segnali luci con i segnali audio.N. 02 – Interfaccia DMX ai mixer luci Crestron-CgDMX. Porta seriale DMX.N. 01 – Compulite Spark 4D. Consolle di gestionedei canali video.

Dotazione SuonoN. 12 - Diffusori Meyer Sound mod. UPJ (apertura50°).N. 12 - Subwoofer Meyer Sound mod 650P.N. 02 - Sistema di gestione amplificatori Galileo 616.N. 01 - Mixer audio Allen & Heat 48 canali per la ge-stione di n. 12 uscite indipendenti.

I brani e gli scenariA titolo di esempio vengono descritti 4 scenari tra i20 progettati, indicando la genesi progettuale e ripor-tando le schede utilizzate come strumento di lavoroutilizzato in fase di confronto con i musicisti ed in fa-se di programmazione della consolle e del touchscreen. Ad ogni scenario è dedicata una foto d’insie-me della realizzazione.

SCENARIO: “ASTRONOMY DOMINE” SEQUENZA 1.3 “TIC TAC”Questa sequenza rappresenta uno dei momenti lumi-nosi più suggestivi dell’intera serata: il ticchettio con-tenuto nel brano viene amplificato a livello visivodalle ruote dentate, che ricoprono interamente i 120metri lineari di muro dei padiglioni del Macro. L’ine-sorabile sequenza di rotazione delle ruote dentate,fatte di sola luce, sulla massa solidamente ancorata a

terra dei muri in mattoni pieni, evidenziano il rappor-to tra virtuale e reale, tra leggerezza e pesantezza,che permeano tutta la genesi di Virtual Walls.

SCENARIO: “CIRRUS MINOR” SEQUENZA 3.1 “RAGGI LUNARI” I proiettori motorizzati fanno ondeggiare una serie dilinee di luce di un bianco livido, che simboleggiano

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Scenari

Contemporanei

i raggi lunari evocati dal testo della canzone. I gobosdei proiettori contemporaneamente traslano in sensoorizzontale e ruotano intorno al proprio asse, crean-do un dolcissimo effetto di tenda che ondeggia.

SCENARIO: “CIRRUS MINOR” SEQUENZA 3.2 “POLVERE INTERSTELLARE” I proiettori a testa mobile generano questa allegoria stel-lare con una serie di minutissimi pianeti, stelle, galassie,piccoli cerchi che danzano descrivendo le loro orbite:anche in questo caso in sintonia con il testo e con la rap-presentazione degli spazi siderali in cui tutto si perde.

SCENARIO: “MONEY” SEQUENZA 5.2 “ASSOLO SAX” Dopo aver ricoperto padiglioni e tettoie, pieni e vuo-ti, con monete dorate tintinnanti, ecco che appaionole fiamme dell’inferno che inghiottono chi si è fattofagocitare dalle lusinghe del successo e del denaro,un evidente nota autobiografica, che Roger Watersutilizza come ispirazione per uno dei brani più notidei Pink Floyd. La scena successiva vedrà la proie-zione di un muro virtuale sui musicisti, unica possi-bilità di salvarsi dalle fiamme, come suggerito dallostesso Waters.

Virtual Walls, Installazione di luce e suoni per il Mattatoio, ispirata al concerto Us and Them. Omaggio ai Pink Floyd a cura di Floriana

Cannatelli, Marco Frascarolo, Corrado Terzi. Promosso da Master di II livello in Lighting Design MLD del Dipartimento di Architettura

DIAR “Sapienza” Università di Roma, in collaborazione con DIPSA Dipartimento di Progettazione e Studio dell’Architettura, Università

degli Studi “Roma TRE”.

Progetto: Floriana Cannatelli, Marco Frascarolo, Corrado Terzi, Marco Zanzarella

Organizzazione: Floriana Cannatelli, Massimiliano Datti, Roberta D’Onofrio, Marco Frascarolo,

Fotografia: Michele Bruno

Grafica: Marco Zanzarella

Ufficio Stampa: Valentina Piscitelli

Musicisti - Us and Them. Omaggio ai Pink Floyd Raiz: voce Rita Marcotulli:

pianoforte e tastiere Matthew Garrison: basso elettrico, electronic sounds

Giovanni Falzone: tromba, effetti Daniele Tittarelli: sassofoni Mark Mondesir: batteria

Supporto tecnico ed organizzativo:

Fabertechnica - TBELightlab

Sponsor: Crestron - Disano illuminazione - Elettrica Morlacco - P.R. Electronic

Partners: Cinelli Grafica & Stampa – iGuzzini – Philips – Threelight - Pocheparole Comunicazione

Spritzone - Zumtobel

Media Partners: InsideArt - RomaUno

Patrocinato da: MiBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, AIDI, APIL,

ASSIL, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, rivista LUCE.

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Ruud Lighting illumina l’imbocco della galleria Monte Veilino.

Ruud Lighting, in collaborazione con Autostrade per l’Italia Spa, ha realizzato la prima galleria completamente illuminata a LED, dall’imbocco

all’uscita. Il 26 luglio, il test di collaudo ha dato il via libera all’apertura della galleria Monte Veilino, confermando Ruud Lighting partner di

Autostrade per l’Italia nell’impresa di modernizzare l’illuminazione della rete viaria. Il prodotto scelto è Ledway Tunnel, la soluzione ideale per

l’illuminazione di gallerie e sottopassaggi, grazie alla sua struttura modulare e alla tecnologia NanoOptic™ per il controllo del flusso luminoso

dei singoli LED. Elevata sensazione di illuminamento, eccellente uniformità e resa cromatica per una corretta lettura dei colori, risparmio ener-

getico, costi di manutenzione quasi azzerati, sono i punti di forza dei sistemi illuminanti all’avanguardia Ruud Lighting.

Cresciamo grazie all’impegno di una grande squadra.

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www.ruudled.netwww.ruudlighting.net

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Gianni Ravelli - Architetto e progettista multimediale

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di Gianni Ravelli

UN SECOLO

DI ENERGIA E DI LUCE

A MILANO

Le iniziative per i cent’anni di AEM nella città di Boccioni e di Carrà, con Londra la prima in Europa ad essere illuminata

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Era il 1910 - come ho scritto sul Corriere della Sera del 10

novembre 2010) quando l’Azienda Elettrica Municipaledi Milano (AEM) nacque. In quell’anno Boccioni, Carrà,Sant’Elia e Russolo firmavano il Manifesto dei pittori fu-turisti; veniva istituita la Soprintendenza ai Monumentidella Lombardia; alcuni imprenditori fondavano l’Ano-nima Lombarda Fabbrica Automobili (Alfa) e si inaugu-rava il Teatro del Popolo dell’Umanitaria. Milano si af-facciava alla modernità, ma guardava alle esigenze deicittadini: in quel 1910 fu istituita l’assicurazione di ma-ternità, il primo passo verso la tutela pubblica della sa-lute. Milano era una città “elettrificata” già dal 1883, laprima dell’Europa continentale, e contemporaneamentea Londra e a New York. Nello stesso anno, il Teatro allaScala aveva inaugurato l’illuminazione elettrica in occa-sione del debutto della “Gioconda”, di Amilcare Pon-chielli. Naturale, dunque, che la prima azienda “pubbli-ca” per l’energia nascesse a Milano. Da allora, quella diAEM è una presenza costante nella vita della nostra cit-tà. La storia di Milano si rispecchia in quella della suaazienda elettrica. Dal primo impianto in Valtellina allasostituzione dei lampioni a gas con lampade elettrichenel 1924, dalla costruzione della grandi dighe alla sceltadel teleriscaldamento, dalla illuminazione della città at-traverso migliaia di punti luce fino alle scelte attuali perun’energia più pulita: AEM rappresenta la Milano mi-gliore, quella che guarda al futuro senza paura. Che,proprio per questo, si quotò in Borsa e, due anni fa, arri-

vò alla fusione con l’Azienda ASM del Comune di Bre-scia, trasformandosi in A2A. AEM ha deciso di festeggia-re i suoi primi cento anni celebrando il simbolo del-l’energia, la luce. In primo luogo, con una bellissimamostra allestita in Triennale, che ripercorre un secolodi attività attraverso centinaia di fotografie dell’archiviostorico, montate dinamicamente, come se la storia diAEM venisse incontro al pubblico. In secondo luogo,con una serie di illuminazioni permanenti fortementevolute dal sindaco e che valorizzano tre monumentisacri di Milano: la Basilica di Sant’Eustorgio, la bra-mantesca chiesa di San Satiro e quella di Sant’Alessan-dro. E - per la seconda edizione di LED Festival, in col-laborazione con l’assessorato all’Arredo Urbano delComune di Milano - alcuni progetti speciali: una torredi luce in piazza Duomo, l’illuminazione della Stazio-ne Centrale e delle vetrate del Duomo. La Stazione, il-luminata da quel maestro della luce che è Alain Guil-hot, si trasformerà in una magica scenografia architet-tonica, alla fine della prospettiva di via Vittor Pisani.Nel caso del Duomo, verrà completato il progetto ini-ziato lo scorso anno e che il mio studio ha avuto il pia-cere di curare: l’illuminazione delle vetrate, dall’inter-no, verrà estesa a tutta la cattedrale, che apparirà comeun’architettura di luce. Non solo durante il periodo natalizio, ma tutti i sabatie le domeniche dell’anno. A2A e il Comune hanno vo-luto rispondere all’appello del Cardinale Tettamanzi.

Scenari

Contemporanei

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Già dai primi incontri per definire ilpiano di iniziative del CentenarioAem, il presidente Giuliano Zucco-li ha sempre raccomandato di sot-tolineare il valore industriale del-l’Azienda Municipale di Milano; gliimpianti, le reti, le sedi, ma soprat-tutto le dighe, i grandi bacini, le ra-mificate opere di presa e condotteforzate, le potenti centrali in caver-na, cuore idroelettrico di tutto il si-stema.Oltre che tecnica, la difficoltà diimmaginare cosa c’è dietro un in-terruttore ogni volta che accendia-mo la luce è anche concettuale: co-sa fa oggi un’azienda come la no-stra? Quali sono le attività di una“multiutility”? Dietro le transazionifinanziarie, dietro la volatilità degliindici di borsa c’è un’anima? C’èqualche rappresentazione diun’idea, di un pensiero capace diraccogliere l’archivio del passatoper andare oltre la breve durata delpresente?Le risposte non sono facili. Le mi-gliori agenzie di naming, di corpo-

di Biagio Longo

LʼIMMAGINE DELLʼAEM

NELLA SUA RAPPRESENTAZIONE

STORICA

1. 2. 3. Foto archivio AEM 1.

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rate identity, impiegano risorse co-spicue per trovare soluzioni chesiano accettabili. Lo sappiamo be-ne noi che stiamo ancora attraver-sando l’esperienza dell’abbandonodi forti marchi identitari che hannoaccompagnato l’immagine di moltidecenni del Novecento per cercaredi accreditare qualcosa di nuovo,che abbia la stessa efficace affidabi-lità. Perciò, quando il CRAEM diFerdinando Poli sposò la propostacondivisa dalla Fondazione Aem diun concorso internazionale, lo fecenon senza una certa cautela ed esi-tazione; e anche una diffidenza,forse giustificata, verso questi og-getti misteriosi chiamati ex libris. Èstato possibile superarla solo graziealla passione entusiasta di GianCarlo Torre e alla paziente dedizio-ne di Emidio Colombo, che trasci-nandoci tutti, passo dopo passo,hanno reso possibile… un vero mi-racolo! Un tale ritorno di rappre-sentazioni, concetti artistici, imma-gini, poteva essere atteso solo daiconoscitori profondi di questomondo artistico; per tutti gli altri eraassolutamente impensabile imma-ginarne l’esito: 484 opere tra xilo-grafie e calcografie realizzate da ar-tisti e amatori di 24 paesi!E l’elemento più straordinario è co-me la rappresentazione dell’Aemche essi ci rimandano coincida coni segni e la ricerca di identità chel’azienda municipale di Milano,negli ultimi decenni, aveva intra-preso; anticipando anche in questo,tra tutte le municipalizzate, quella

ricerca di una marca che oggi appa-re ovvia ma che allora era un’inno-vazione, soprattutto nel settore deipubblici servizi. La rosa di saette incrociate che fu ilmarchio di origine resse fino al do-poguerra. Ma già nei primi anniSessanta, via via che le opere idrau-liche e gli impianti di produzioneimponevano la loro forza, insiemealla consapevolezza dell’eccellen-za del sistema cominciò a crescereil bisogno di rappresentazione, difigurazione allegorica, di espressio-ne simbolica. Si cominciò con l’allegoria del car-ro trionfante del Sole, forza ed ener-gia, luce e calore, scolpita in basso-rilievo al centro dell’immensa salamacchine di Grosio, come RobertoCorona spiega ai tantissimi curiosiin visita, proprio allo sbocco dei600 metri di galleria, nel cuore del-la montagna. È stata una recentemostra1 a riscoprire l’importanza diquest’opera di Giannino Castiglioni(1884-1971), collocandola nel sol-co delle rappresentazioni simboli-che tornate in voga tra fine Otto-cento e primo Novecento. Que-st’ansia di simbologia, che nei pri-mi decenni del secolo aveva trovatocarattere distintivo nelle facciateneoliberty e neogotiche degli im-pianti, adesso (fine anni Sessanta)alimenta, nella sala d’ingresso dellaCentrale di Premadio, l’illustrazio-ne pittorica delle attività industriali,simbolicamente ritratte con la forzadi un cavallo brado o l’opulenza diuna figura femminile che versa ac-

qua da un’inesauribile brocca. Solo più tardi la rappresentazionepassa dagli impianti di valle alla cit-tà. Gli anni Settanta e Ottanta rea-lizzano, con l’acquisizione di variservizi comunali e della distribu-zione del gas, il passaggio da azien-da elettrica ad azienda “energeti-ca”. Ma l’acronimo resta sempreAem, e ormai l’immagine viene af-fidata alla straordinaria sintesi sim-bolica realizzata da Bob Noorda2sul lettering, la A (mitico pantoneblu 280: acqua profonda, mare,cielo, mantello sereno e affidabiledi ogni Madonna…) con un sole sti-lizzato che vi brilla dentro. Pur si-mile ad altri marchi noordiani delperiodo, quello di Aem è geniale:triangolo sacro, occhio del dio So-le, prima che una semplice A ed Msovrapposte: un’architettura, comedice Francesco Dondino, l’amicoritrovato, “destinata a rimanere im-mortale nella storia della comuni-cazione visiva italiana”. La sua dif-fusione attraverso milioni di bollet-

Scenari

Contemporanei

2.

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te ne fa presto un simbolo notissi-mo e anche amato: quando CinzioIaniro3, con l’avallo di Noorda, tro-vò una soluzione stilistica al logolasciato incompleto dal maestro,marchio e logo si adattarono concoerenza ed efficacia al nuovo “sta-tus” di Aem Spa, che divenne ilbrand dell’ultimo decennio, del-l’azienda ormai quotata in Borsa.Ma questa è un’altra storia, che re-sta ancora da raccontare. Pur nellagenialità simbolica, il marchio diNoorda, potente scudo difensivo,non è però sufficiente a salvaguar-dare la reputazione dell’aziendanelle burrascose vicende giudizia-rie del ‘92-’93. Satira crudele e aci-da ironia corrosero sui media l’im-magine aziendale sfregiandone ilsimbolo più significativo: la faccia-ta della sede di Porta Vittoria. Lareazione fu istintiva e immediata:riconquistare affidabilità e fiduciaanche attraverso la trasfigurazioneartistica del Palazzo Aem, il quale,dopo i bombardamenti che lo ave-vano raso al suolo, era stato rico-struito dall’architetto Antonio CassiRamelli con la sua facciata raziona-lista, molto amata dai milanesi, an-che per il garbato addobbo di fio-riere alla finestra, di gerani rossi ederiche, simbolo di trasparenza, ac-curatezza e buon gusto.Una serie fortunata di stampe lito-grafiche accompagnarono anno do-po anno la ricostruzione profondadell’immagine ferita. Fu una com-mittenza chiara: ristabilire nell’ela-borazione artistica della facciata la

profondità e la rispettabilità dellatradizione ambrosiana. A partire daquel segno, quella colonna di sanCristoforo, con il suo basamentobarocco che sin dal Seicento era lì,a propiziare il passaggio delle sta-gioni e delle epoche storiche: alcentro di quello che oggi è LargoAugusto, e che il Magnasco (il Lis-sandrino) già dipingeva come lapiazza delle erbe ambrosiana, cioèil Verziere. Cominciò a cimentarsiper primo con il tema un nostroabilissimo dipendente, AgostinoZaliani, divenuto, per sua intimavocazione artistica, un quotato in-cisore. E subito dopo Giacomo Spa-dari, che l’indimenticabile amicoPrimo Moroni mi aveva fatto co-noscere. L’obiettivo era quello difissare sensazioni e atmosfere cheil nostro occhio coglie, ma spessonon razionalizza, e che solo gli ar-

tisti sanno restituirci. Nacquerocosì due opere: “Largo Augusto” e“Porta Vittoria”.“Largo Augusto” è un’acquaforte;Agostino Zaliani la ricavò da unamatrice di zinco stampata con tor-chio a mano e, mi spiegò, “…la se-de dell’Azienda volevo inquadrarlacontornata, il più possibile, dal cal-do abbraccio antico della città, diquella città che da tanto tempo essaillumina e svela… così il venerandopalazzo Sormani le fa da ala con lesue finestre incorniciate, e la colon-na di Largo Augusto ricorda chedalle volute barocche del passatospesso nasce la diritta fulmineitàdel presente…”. La seconda è inve-ce una serigrafia a sette colori ese-guita su carta Arches. “…L’operada me realizzata – mi disse Spadari– ha cercato di rispondere al desi-derio di creare un’immagine capa-

3.

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ce di rendere efficacemente lo sfor-zo di rinnovamento avviato all’in-terno dell’Aem, per presentare allacittadinanza e alle istituzioni civi-che la voglia di cambiamento…ilrisultato è un’opera ambientatanella notte con particolari di fine-stre e di gerani sui davanzali; in pri-mo piano, con uno stravolgimentoprospettico, è raffigurato l’ingressoilluminato da una luce irradiante…”. Sensibilità e approcci diversi, malo stesso univoco sforzo di comin-ciare a definire l’immagine dellanuova Aem, partendo dal luogo piùconosciuto: la facciata della sededi Porta Vittoria. Un soggetto chenel ’95 la preziosa tecnica di ac-quaforte con copertura dorata diFernando De Filippi, direttoredell’Accademia di Brera, trasformain un’icona di classica sacralità.Milano illuminata dall’Aem: la fac-ciata dell’Aem è al centro di uncannocchiale ideale costituito da-gli elementi simmetrici del basa-mento di San Cristoforo, da cui an-gioli in volo si librano portando laluce dorata alla città. Quest’iconaviene sempre più perfezionata an-che con il lavoro fotografico, fino adiventare la copertina di “Là doveti porta l’energia” (un’insolita guidastorico-architettonica sui luoghidell’Aem disseminati per Milano).Il momento del grande cambia-mento si avvicina: la quotazione inBorsa significa offrire al mercato fi-nanziario e al capitale privato dellequote dell’azienda diventata ormaiSocietà per Azioni. Ma che cosa

viene messo in vendita? Che cosapossono acquistare gli investitori?Ecco che di nuovo arriva in soccor-so il fiume fluente della rappresen-tazione simbolica. Stavolta è il tur-no di Giovanni Sanguinetti, cherealizza un’incisione destinata amostrare in filigrana sulle cartelleazionarie gli asset dell’Aem. È unatto simbolico, solo di comunica-zione. Giacché le azioni non sonopiù titoli stampati come carta mo-neta, e le “cartelle Montedison” so-no già soltanto un ricordo, ormai èl’era della Borsa Telematica, impal-pabile e volatile come ogni transa-zione digitale. Bisogna dare “cor-po” all’azienda, comunicare solidi-tà e sicurezza se si vuole avere la fi-ducia degli investitori grandi e pic-coli. Arriva così il momento del Ca-sco Aem, un’invenzione di FrancoGaffuri che materializza la Aem nelcasco “che ciascuno di noi può-

mettersi in testa”, leit-motiv dellacampagna televisiva per la quota-zione del titolo. Si tratta di ritornarealle emozioni forti, dense di atmo-sfera. E così, Silvano Oldani (cheper me è sempre stato più di un col-laboratore, più di un collega, masoprattutto innamorato dell’Aem,appassionato conoscitore delle suecose, dell’archivio fotografico, del-la quadreria, del suo patrimonio ar-tistico e di archeologia industriale)nelle frequentazioni all’Accademiadi Brera riesce a convincere EmilioTadini a fare un omaggio alla gran-de Aem. Per il lavoro di immagine,non era la prima volta che si intes-sevano relazioni con artisti, dai piùgiovani come Aldo Mondino(chelavorò ad icone Aem per ogni mesedell’anno) o Jonathan Guaitamac-chi (che si immerse per sei mesi nelnero carbone immaginario dellaBovisa, ormai dismessa) ai mostri

Scenari

Contemporanei

Opera di Emilio Tadini.

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sacri come Gabriele Mucchi, pitto-re centenario e straordinario coeta-neo, che non poteva non “segnare”il secolo di Aem!Mai però eravamo riusciti a ottene-re una densità di allegoria e di at-mosfera così piena, solida, materi-ca e allo stesso tempo poetica co-me in questo notturno blu e rosso,con l’immensa luna giallo-arancioa portata di mano, una luce delpresente che illumina il futuro, cheEmilio Tadini con la sua sensibilitàartistica ha creato dopo aver voltolo sguardo – uno sguardo forsepoetico – a quell’edificio così cari-co di storia. Un’opera intensa, mi-rabile, che ci consegnò in Aem unpomeriggio di tanti anni fa conquella semplicità che gli era abitua-le e che accompagnava la sua pre-

stigiosa figura e la sua grande arte.Solo recentemente ho capito lacommozione che davanti a questarappresentazione provano tantivecchi dipendenti, tanti anziani di-rigenti: per essi l’Aem non è statasolo un lavoro ma la vita vissuta o,nel caso di tanti militanti sindacalicome Roberto Locatelli, WalterEsposti, il vecchio Pacciarini, ilcompianto Carmelo Calabrese, eper schiere di altri, l’Aem fu soprat-tutto passione politica e sociale acui dedicarono giorni e innumere-voli notti. E chissà quante volteuscendo la sera tardi da via della Si-gnora guardarono quella luna, so-spirando…. È la magia dell’arte. È la stessa ma-gia di questi ex libris inaspettata-mente pervenuti, a inondarci diemozioni, a scuoterci, attraversol’occhio, il cuore come sanno faresoltanto le immagini di sintesi. Im-magini che, racchiuse in uno spa-zio così limitato, fuoriescono pre-potenti con il loro carico di memo-ria e perciò stesso anche di futuro, eci sommergono come un’onda chearriva da lontano, inattesa, uno tsu-nami emotivo che certo ci travolge,ma che ora che è stato creato, reste-rà e andrà oltre, ancora più lontanonel tempo. Un vero e proprio “colpo di sce-na”, come titola la sua acquafortePietro Paolo Marasco, vincitore delconcorso. La cosa più eccezionaleinfatti è accorgersi di quanto sia se-dimentata nel mondo, con i suoisimboli vitali, l’immagine di

un’azienda che mentre celebra ilsuo secolo di storia, i suoi centoanni di attività, in realtà si è già tra-sformata in qualcos’altro, cam-biando pelle e persino nome! Dabambino (ma a volte mi succedeanche ora) rimanevo a bocca aper-ta quando mi raccontavano chemolte delle stelle che vediamo so-no pura luce, essendo ormai morta,esplosa, la massa che l’ ha genera-ta. Le immagini che con questoconcorso ci hanno raggiunto datante parti del mondo sono l’ultimobagliore di una stella che non c’èpiù, di un nome, Aem, che è cessa-to. Ma la sua luce, la luce che ema-na, per le storie, le sfide, le vite checontiene, continuerà ad accompa-gnarci ancora a lungo.

Yukiko Hayashi (Nihon)

Bercht Angerhofer (Osterreich)

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Scenari

Contemporanei

L’Archivio storico delle immaginidi AEM è straordinario per interes-se, qualità e numero. Una moleimpressionante di documenti cheraccontano la storia dalla Città si-

no alla Valtellina che va a toccareargomenti come l’Ingegneria, l’Ur-banistica, l’Architettura, l’Illumi-notecnica, il Territorio, la Societàed il Costume. Tutte immagini che

oltre ad avere contenuti moltospecifici, hanno anche una note-vole qualità estetica data spessoanche dal fatto che sono stati chia-mati negli anni tra i migliori foto-

SETTE VIDEOINSTALLAZIONI ALLA

TRIENNALE PER RACCONTARE CON

LA LUCE UN ARCHIVIO FOTOGRAFICO

di Luca Cipelletti

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grafi del panorama italiano.Per poter raccontare tutto questoin modo classico sarebbe stato ne-cessario avere uno spazio espositi-vo enorme, col rischio però diavere necessariamente un percor-so suddiviso per blocchi che nonavrebbe potuto dare una visionedi insieme di cosa è stata AEM perla città e per il territorio.Per questa ragione la scelta di unospazio espositivo piccolo ma for-temente caratterizzato come l’Im-pluvium della Triennale ha porta-to, pur mantenendo le sezioni dif-ferenziate per contenuti (e noncronologicamente), a raccoglierela sfida di raccontare un archiviofotografico storico in modo con-temporaneo, con l’obiettivo di vo-ler creare un unico ambiente dovetutte le sfaccettature potessero pri-ma essere colte in un’unica vedutadi insieme e quindi approfonditesingolarmente.Oggi un’immagine può essereesposta con modalità e tecnichemolto diverse: dalla semplicestampa su carta fotografica alla vi-sualizzazione su un monitor o al-la proiezione, che apre oggi unoscenario molto variegato da unpunto di vista tecnologico di rap-presentazione. Per questa ragione si è cercato perogni sezione il linguaggio esposi-tivo più adatto, da quello più tra-dizionale a quello tecnologica-mente più avanzato.Le fotografie dello “Sguardo d’Au-tore”, che contengono scatti di

grandi maestri come Berengo Gar-din, Luigi Ghirri, Gabriele Basilicoe Martin Parr, sono state esposteincorniciate con la stampa origi-nale senza vetro in modo che i sa-gomatori teatrali potessero esalta-re ulteriormente la qualità di que-ste immagini. E sono disposte line-armente sulle uniche pareti dellospazio espositivo.Il resto del volume è invece dedi-cato alle videoinstallazioni, in unadisposizione che cerca voluta-mente di evitare un percorso che,strizzando l’occhio alle nervaturedel soffitto di Muzio, lascia liberoil visitatore di interpretare la mo-stra coadiuvato da una regia di in-sieme che lo accompagna permet-tendogli di soffermarsi dove e co-me crede ma suggerendogli un rit-mo scandito dalla animazionegrafica dell’intera sala e dal tempodi “loop” di tutta la mostra (6 mi-nuti). Cosa che ha permesso dimettere in mostra oltre 500 imma-gini dall’Archivio AEM.Di particolare interesse la sezionedei “Percorsi dell’Energia”, proie-zione dall’alto su un modello checomprende l’area tra la Valtellinae Milano, dove si riconoscono sudue layers separati sia il percorsodell’energia dalle dighe e dallecentrali sino alla Città, sia la cro-nistoria dell’ultimo secolo di atti-vità di AEM (sino alle più recentiattività di A2A). Il plastico è sfaccettato con unamodellazione volutamente astrattadel territorio, dove la proiezione

di luci in 3D ad alta definizioneriesce ad integrarsi con la mappa-tura del territorio ed i contenuti.Come “cappello scenografico”della sala si è poi voluto sperimen-tare una sorta di sistema “Panotti-co” che ha funzione di mettere in-sieme le diverse tematiche dive-nendo quindi motore espositivoche garantisce ritmo ed effetto diinsieme. A livello contenutistico sono statipresi alcuni video storici dell’ar-chivio, tutti girati in rotazione finoanche a 360°. I filmati sono statiquindi “stirati” frame dopo framein un effetto video dinamico chediventa progressivamente una im-magine statica panoramica.La scelta di questo linguaggioespositivo non è solo una sfida percercare di raccontare un archiviofotografico storico in modo con-temporaneo, ma è anche voluta-mente un progetto che cerca diraccontare la storia di AEM vistada un ponte che guarda al futuro,che è quello dei progetti più avan-zati di A2A.

Progetto allestimento,

AR.CH.IT Luca Cipelletti

con Stefano Polli

Collaboratori: Daniele Mastrapasqua,

Francesca Pirovano, Danielle Cohen,

George Vogiatzakis, Danae Athanasou-

la. Andrea Gallo e Nicola Moretti.

Per il sound design Vincenzo Catanza-

ro e Simone Benussi.

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II “MESTIERE DELLA LUCE”di Susanna Antico

Occuparsi d’illuminazione significa osservare lo scenario che sitrasforma e progettare la città visibile. Il Piano della Luce comestrumento per rendere la città notturna a “misura d’uomo”.

Susanna Antico - Studio Susanna Antico Lighting Design

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La luce nello spazio urbano è uno strumento unicoche consente di trasformare il paesaggio notturno. Laluce può nascondere o mettere in mostra perché hapotenzialità evocative ed emotive fortissime. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione nei con-fronti di una giusta illuminazione e quindi verso ilprogetto della luce. Ma, mentre il “mestiere della lu-

ce” in paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, laFrancia, il Belgio ecc. è ormai un’attività con ampioriconoscimento culturale e pubblico, in Italia fatica atrovare il suo posto, anche se è nata da un’esigenzasempre più forte di stare al passo con l’evoluzioneculturale e sociale che stiamo vivendo. Nell’ottica dibenessere, qualità di vita e attenzione all’ambienteche caratterizza questo secolo, l’illuminazione pub-blica assume più di prima un’importanza particolare,è una materia sempre più articolata e decisiva perchécapace di influenzare a livello biologico sia il benes-sere fisico che psicologico dell’uomo. Il concetto diilluminazione pubblica è relativamente recente, an-che se certi edifici come castelli o conventi hannosempre avuto un'illuminazione notturna continua,assicurata mediante torce o bracieri. L'illuminazione pubblica coincide all'inizio, e ancheoggi in gran parte, con l'illuminazione stradale. Lacittà di Parigi nel 1825 è stata la prima – da questo ilsoprannome di Ville Lumière – ad avere un sistemacentralizzato di illuminazione pubblica, ma si tratta-va ancora di lampade a gas. È nel 1878 che avvienela svolta. Thomas Edison progetta la prima lampadinaa incandescenza. L'affermazione su grande scala di questo sistema diilluminazione è dovuta sia alla facilità di impiego, al-la tonalità, alla costanza della luce, sia al rapido pro-gredire dell'industria elettrica che ha consentito diportare ovunque l'energia necessaria. Il primo im-pianto di illuminazione pubblica a incandescenza fumontato a New York nel 1882 e due anni dopo in Eu-ropa, a Milano.La continua evoluzione della tecnologia ha sì per-messo di disporre di una luce migliore nel corso deidecenni, ma da sola non è certo sufficiente: è neces-saria invece una serie di competenze diversificateper riuscire a creare uno scenario che sia completo.L’uomo è il protagonista delle città – piccole o grandimetropoli che siano – e queste devono essere pensa-te, progettate (e illuminate) per lui.Occuparsi d’illuminazione pubblica o più propria-mente urbana/ambientale oggi significa osservare lo

Sul prossimo numero di LUCE verranno trattati in maniera piùapprofondita e tecnica due Piani della Luce progettati dallo StudioSusanna Antico per le città di Mechelen e Anversa entrambe inBelgio, dove il lighting designer viene invitato dagli stessi comunia modellare la luce per rendere affascinante, vivibile e sicura lacittà di notte.

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Scenari

Contemporanei

scenario che si trasforma e progettare interventi diun’importanza spesso decisiva nella costruzione del-la città visibile. All’estero, anche dove non è obbliga-torio, nei testi dei bandi di concorso per i Piani dellaLuce spesso si legge la volontà di trovare un progettoche restituisca un’immagine notturna aderente a quelladiurna o che ne crei una nuova anche totalmente auto-noma, inaspettata, strategica. Un concept che favoriscala vita della città anche dopo il tramonto, incrementan-do la sicurezza ma anche la valorizzazione di edifici eluoghi d’interesse secondo le vocazioni intrinseche edunque specifiche del territorio. Il progetto viene co-struito insieme a studi urbanistici e sociologici legatialla vita quotidiana dell’organismo-città e ai comporta-menti dell’uomo che lo abita. Oggi infatti, sempre di più, si avverte la forte volontàdei cittadini di vivere la propria città anche nelle oreserali fino a notte: non si “scappa” più nelle proprie

abitazioni, ma si decide di restare negli spazi pubblici,nelle piazze, nei centri pedonali. Le amministrazionicomunali non possono fare altro che recepire il mes-saggio degli abitanti, compresi i turisti, e migliorare –spesso modificando radicalmente – l’aspetto notturnodelle loro città. Non ci si limita a una semplice operazione di “miglio-ramento”, piuttosto a un intervento che elevi il livelloqualitativo – e non quantitativo – degli impianti di illu-minazione, pensato per arricchire e non escludere ilvalore del patrimonio sociale, culturale e architettoni-co della città. Ed è proprio in questa fase di nuova co-scienza sociologica o sostenibilità sociale, se si può di-re, che entrano in scena figure decisive con conoscen-ze e capacità molto specifiche. La luce quindi, come un vero e proprio “nuovo mate-riale da costruzione”, permette di creare le premesseper una stretta collaborazione, un tempo impensabile,

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fra architetti, ingegneri, urbanisti e lighting designers. Ilpaesaggista che conosce il territorio, l'urbanista che èin grado di leggere la città, l’architetto che integra l'il-luminazione con l'edificio, e infine il lighting designerche fa da collante fondamentale fra tutti, perché la co-noscenza dell'architettura e della sua integrazione conil tessuto urbano gli permette di organizzare la scenaluminosa tenendo conto delle reazioni istintive del-l'uomo. Questo nuovo atteggiamento delle ammini-strazioni comunali vale sia per l’illuminazione di mo-numenti e piazze, luoghi che spesso identificano il va-lore di una città e che ne determinano l’identità unica,ma anche per l’illuminazione strettamente stradale perla quale il progetto di luce è frutto di valutazioni com-plesse che vanno oltre la scelta della sorgente e la de-finizione di soglie di illuminamento dettate dalle nor-mative. In questo clima di cooperazione, a tutti i pro-fessionisti di riferimento viene richiesta la conoscenza

dell’esigenze di mercato, i livelli tecnologici e qualita-tivi, ma anche un forte senso estetico. In Belgio, comein Francia e in Gran Bretagna, è ormai prassi comuneche il progettista sia una figura intellettualmente pron-ta a gestire, a riconoscere e a decidere per una città,azioni che non si esauriscono certo nel ridimensiona-mento di impianti già esistenti, né nel posizionamentodettato dalla sicurezza, né tantomeno nel mero calco-lo di cd/m2 necessarie per una corretta illuminazionefunzionale. Per questi motivi, colui che redige il Piano della Lucedeve saper affrontare caso per caso ogni città, ricono-scendone il costruito e il rapporto dei cittadini conquesto. Le soluzioni da identificare spaziano da scelteilluminotecniche per i grandi assi stradali a un’analisidella struttura della città e il riconoscimento di caratte-ristiche comuni a diverse aree nelle quali interveniresia dal punto di vista tecnico che estetico.

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Scenari

Contemporanei

Considerando la luce come qualcosa di culturale pri-ma che tecnico, diventa possibile una progettazionecompleta. Comfort visivo, sicurezza pedonale e vei-colare, valorizzazione e scenografia sono le paroled’ordine per riuscire a coniugare le diverse facce del-la stessa città. Trovarsi a progettare per luoghi consi-derati insicuri, pur essendo dotati di elevati livelli diilluminamento, dimostra l’importanza di una correttailluminazione, non di tanta luce: spesso si tratta diluoghi con un’illuminazione decisamente sgradevo-le, motivo che spinge gli abitanti ad evitarli e perquesto diventano insicuri. L’uomo è abituato alla lucedel sole e grazie a questa legge una serie di informazio-ni fondamentali per determinare orientamento e cono-scenza di un luogo. Il progettista della luce è educato afare questo, a dosare la luce artificiale secondo precisegerarchie: illuminare indistintamente tutto equivarreb-be a non illuminare niente. Si deve guidare l’occhio,

mettendo accenti luminosi solo su determinati elemen-ti urbani (che non necessariamente devono essere imonumenti) e a volte questa concezione si scontra conquanto stabilito dalle normative che mirano al contra-rio solo ad una progressiva sostituzione delle sorgentiluminose e ad una riduzione dei consumi energetici. La vera questione è che si sente sempre di più la neces-sità di aggiungere qualcosa a queste normative che al-trimenti rischiano di rimanere strumenti incompleti senon addirittura carenti. Il Piano della Luce in Italia, omeglio il PRIC (Piano Regolatore dell’IlluminazioneComunale) viene definito come strumento di pianifica-zione urbana che va ad integrarsi con altri strumenticome il Piano Regolatore Generale, il Piano Particola-reggiato e i Piani di Recupero, il Piano Urbano del Traf-fico, il Piano del Colore, il Piano del Rumore e il PianoEnergetico. Rispondendo però principalmente ad esi-genze legate alla sicurezza, alla razionalizzazione del-

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le scelte e alla limitazione dell’inquinamento lumino-so risulta, come già accennato sopra limitato, ma so-prattutto limitante per i progettisti illuminotecnici. Obiettivi come il risparmio energetico e l’attenzioneall’inquinamento luminoso sono importanti, ma nonsono sufficienti per riuscire a seguire le trasformazionidell'organismo urbano: si corre il rischio di fare un usobanale di uno strumento che ha potenzialità molto am-pie. Il Lighting Designer in quanto progettista e dunqueprofessionista educato a tener conto di tutti i fattori ingioco, assegna secondo la sua esperienza e valutazio-ne di sintesi il giusto peso ai diversi aspetti. Decidereche le potenze impegnate siano da ridurre, stabilendola mera sostituzione delle sorgenti luminose, rischiasolo di peggiorare la qualità della vita degli abitanti. IlPiano della Luce mira a creare una serie di strumenti eprocedure che consentano di controllare ogni singoloprogetto urbano futuro in modo che venga avvertita

sempre una regìa globale. La conformità sia a caratterefunzionale che architettonico, dei progetti illuminotec-nici che verranno sviluppati negli anni, dovrà attenersialle indicazioni del piano generale che a sua volta saràstato ideato in congruenza con le direttive dei piani ur-banistici vigenti o in via d’elaborazione. Infatti, illumi-nare il singolo monumento, la singola facciata, oppurela singola piazza, comporta una frammentazione del-l’immagine della città, la falsificazione del rapportocompositivo fra lo spazio e l'architettura e una perce-zione sbagliata dei suoi significati. Cercando di respin-gere questo modus operandi in un'ottica generale diottimizzazione degli interventi presenti e futuri, si evi-tano le realizzazioni frazionate ed episodiche e i con-seguenti sprechi di risorse pubbliche. C’è bisogno di una regìa complessiva. Con questo ter-mine si intende la capacità, che appartiene al LightingDesigner, di interpretare cosa e come illuminare, sulla

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Scenari

Contemporanei

base di una conoscenza approfondita delle caratteristi-che urbanistiche, morfologiche, storiche e funzionalidel luogo. La luce quando viene applicata al contestourbano ha due valenze : luce come complemento checomporta la sua applicazione ad altre strutture connes-se, diventando quindi mezzo di rivelazione e di valo-rizzazione; oppure luce come elemento, collegata allacreazione di nuove figure e capace di fornire importan-ti informazioni spaziali anche di notte. Volendo mettere ordine, l’illuminazione prettamentefunzionale è complemento, mentre quella scenografi-ca è elemento, ma è la composizione di questi due ap-procci che forma l’immagine notturna idealizzata perla città. Non bisogna dimenticare che chi progetta de-ve migliorare la qualità della vita, rendere le città piùfruibili. Per questo il lavoro del Lighting Designer co-mincia come ricerca e analisi socio-urbanistica per de-terminare come dovrebbe essere vista una città e comefunziona l’orientamento dei suoi abitanti. Mai comeprima deve prevalere la scala dell’uomo, dell’utente:per muoversi in sicurezza in macchina c’è bisogno dilivelli di illuminamento orizzontali, mentre per l'uomoche percorre la città a piedi sono necessari punti di ri-ferimento verticali. Dove lo scorrimento veicolare ha un andamento velo-ce, sono previsti livelli di illuminamento molto elevatisui piani orizzontali e questa tendenza viene favoritadalla normativa che fissa esclusivamente livelli di illu-minamento minimi e spinge così le amministrazioni adabbondare con la luce, come se più luce fosse sinoni-mo di più sicurezza. Privilegiando invece un’illuminazione stradale di baseleggera e uniforme, in modo che l’occhio non debbacontinuamente adattarsi, è possibile mettere in rilievosolo determinati elementi urbani partendo da livelli diilluminamento decisamente inferiori. Non si ragionapiù per dare il massimo, ma si punta a garantire il mi-nimo e su quello si costruisce il progetto della luce.Ultimamente, il ruolo dell’illuminazione nelle città èdiventato argomento principe di diversi convegni emanifestazioni in Italia: ad esempio a inizio estate la

Festa dell’Architettura a Roma, durante la quale la lu-ce è stata protagonista sia dal punto di vista scenogra-fico che energetico, il convegno “Quale illuminazioneper i centri storici? Il caso di Napoli” - organizzatodall’AIDI insieme con l’Università di Federico II -espressamente dedicato all’illuminazione dei centristorici, in vista del grande progetto di riqualificazionedella città campana, poi a Milano il Festival Interna-zionale della Luce e a Torino la ormai rinomata “Lucid’Artista”, fino a chiudere con Lecce che ha ospitatodue giornate di approfondimento riguardo i Piani dellaLuce e l’uso dei Led. Fra le diverse città europee chehanno affrontato la questione dei Piani della Luce, dicerto Lione rimane il caso esemplare perché ha rag-giunto già una seconda fase, ha fatto scuola, ha per-messo a molti di capire come calibrare meglio il pro-getto e le linee guida. Già negli anni Ottanta con una capacità unica di con-siderare la luce parte integrante dell’urbanistica, è riu-scita a riproporre di notte la forte personalità che la ca-ratterizza di giorno. Qui, il Piano della Luce è sinoni-mo di qualità urbana e architettonica e gli impianti diilluminazione pubblica ricoprono il ruolo di guida estrumento per l’orientamento di tutti coloro che arriva-no in città. I quartieri vengono trattati come entità a sé,enfatizzando il carattere ambientale o quello urbano,quello fluviale; le potenzialità scenografiche di alcuniluoghi vengono incrementate e sono usate comepunti di un percorso per una lettura complessiva deltessuto urbano. Grandi vie d’accesso e prospettivedominanti fanno poi da contorno in uno scenario ar-monico che trasforma la città in un vero e proprio or-ganismo compatto e accogliente.Per concludere questo focus sulla nuova importanzache stanno acquisendo e che dovrebbero continuaread acquisire i Piani della Luce, occorre sottolinearela forte valenza culturale e sociale di questi. Che sitratti di una grande metropoli oppure di una localitàdi montagna, il Piano della Luce, insieme con gli al-tri strumenti urbanistici, è uno strumento fondamen-tale per rendere la città notturna a “misura d’uomo”.

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Lo Studio dell'Architetto e Lighting Designer Susanna Antico, illuminerà Bruges, la Venezia del Nord, e città me-dievale (XIII secolo) meglio conservata del Nord Europa, più visitata del Belgio, patrimonio dell'Umanità dell'Une-sco dal 2000 e Capitale Europea della Cultura nel 2002. Non è la prima prestigiosa vittoria dell'architetto SusannaAntico a livello di concorsi internazionali, ricordiamo infatti solo lo scorso anno il concorso per il Lighting Master-plan di Anversa. Susanna Antico è socia APIL e PLDA e naturalmente AIDI e da molti anni è tra i più conosciuti eapprezzati lighting designer internazionali. Due anni fa la Città di Bruges promosse un bando di concorso per sce-gliere il miglior concept che si adattasse al suo carattere unico: città museo con magnifici edifici tra i quali la splen-dida Cattedrale gotica del Santissimo Salvatore, la Basilica del Sacro Sangue, il Palazzo del Municipio e la bellis-sima piazza del Mercato, senza dimenticare tra le opere d'arte la meraviglia della Madonna con il bambino di Mi-chelangelo nella Chiesa di Nostra Signora. Il concorso si è svolto in due fasi, la prima con candidatura tramite cur-riculum e offerta economica e una successiva in cui i quattro candidati scelti dalla giuria sono stati invitati a pre-sentare una proposta di progetto per la città. Lo studio milanese, ma anche brasiliano e turco per la presenza dicollaboratrici internazionali, in associazione di Imprese con la Tritel N.V. di Gent e Laborelec (Belgio), è riuscitoad aggiudicarsi il primo premio raggiungendo il massimo del punteggio per il concept. Le motivazioni della giurianon lasciano margine di dubbio: lo Studio di Susanna Antico ha convinto tutti ed è riuscito a interpretare l'identitàdi questa storica e incantevole città. La volontà del Comune di Bruges era quella di migliorare l'illuminazione esi-stente, sia degli spazi pubblici che degli edifici, e rivalutare alcuni lati della città con una nuova illuminazione glo-bale e dettagliata. Nel capitolato come ci spiega Susanna Antico "oltre all'ideazione di un concept generale cheaffrontasse tutti gli aspetti e le caratteristiche della città, venivano richieste analisi e proposte per illuminazioni de-dicate e d'atmosfera, sia per strade e piazze che per canali, ponti e parchi". Dando grande attenzione all'immaginedella città, all'equilibrio delle diverse atmosfere romantiche, e all'intreccio delle piccole vie che ricordano i pizzilavorati nei secoli passati, lo Studio di Susanna Antico ha ideato un'illuminazione che non aggiungesse nulla a unacittà già così caratterizzata, ma al contrario riuscisse ad enfatizzare e rivelare nelle ore notturne ciò che già esiste."Ogni edificio o monumento della città di Bruges – prosegue Susanna Antico, con la discrezione e la cortesiache da sempre l'accompagnano e che la rendono una donna e una lighting designer incantevole e autorevole– ha una sua influenza e comporta una diversa atmosfera nella zona direttamente circostante, per questo èstata fatta una ricerca approfondita degli stili architettonici che vi convivono per riuscire a progettare, nellafase esecutiva, un'illuminazione pensata per ognuno, evitando di uniformare la ricchezza architettonica del-la città. Allo stesso tempo è stato fatto uno studio accurato per l'illuminazione dei canali, uno degli elementipiù riconoscibili di Bruges". L'acqua è un prezioso alleato, crea effetti di riflessione e scenografie, per questolo Studio Antico ha pensato di sfruttare le sue potenzialità per l'illuminazione delle aree circostanti. Infine, ilCase Study, ossia l'ideazione di un progetto dettagliato per la Cattedrale di Sint Salvator prossima al restauro.Dopo diversi sopralluoghi è stata ipotizzata un'illuminazione proveniente dall'interno, unita a un perfeziona-mento di quella esterna, in modo da restituire alla notte l'immagine completa dell'intero edificio.Una sfida dunque per lo Studio Susanna Antico, per lei e per i suoi collaboratori, importante. Perché sul pia-no internazionale, perché riguarda una città preziosa per le testimonianze delle sue architetture e della suaarte, perché un piano della luce è qualcosa che richiede grande professionalità, cultura e talento. Importan-te perché le sfide lo sono sempre, come le vittorie, e quella di far vivere la romantica Bruges senza farle per-dere l'incanto del giorno con la luce anche di notte, è stata certamente una difficile sfida. Silvano Oldani

LA LUCE DI BRUGES SARÀ ITALIANA

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LA VILLA ROMANA

DELLA FARNESINA PER VITRUVIO:

“AGLI OCCHI UNA VISTA

ABBAGLIANTE”

Carolina De Camillis e Riccardo Fibbi - Architecture and Lighting Design

di Carolina De Camillis e Riccardo Fibbi

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Così apparivano agli occhi di Vitruvio le pitture parietali della primaetà augustea, nuove ed uniche per la ricchezza e la varietà delle rap-presentazioni fantastiche, rappresentate con colori brillanti e pregiati.In una sezione del Museo Nazionale Romano in Palazzo Massimosono esposte le decorazioni dipinte, a stucco e a mosaico, di unalussuosa villa di epoca augustea, nota come “Villa della Farnesina”,scoperta alla fine dell’Ottocento durante i lavori per la costruzionedegli argini del Tevere. Lo splendore dei manufatti ne impose la ri-mozione, con l’iniziale ricovero presso l’Orto Botanico e successi-vamente nelle Terme di Diocleziano. Le decorazioni, già esposte nellasede di Palazzo Massimo inaugurata nel 1998, sono ora presentatecon un nuovo allestimento che si avvale di un innovativo sistema diilluminazione che ne esalta i colori e i dettagli.

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Progettare

con la Luce

L’impianto planimetrico della Villa, disposto paralle-lamente rispetto al corso del Tevere, si articolava indue corpi simmetrici, collegati da una grande esedracon due corridoi, delimitata verso il fiume da unamuratura di sostruzione ad archi ciechi e semicolon-ne. Del corridoio più interno (F-G) si è conservatagran parte della decorazione pittorica. Le decorazio-ni esposte nel museo provengono dalla parte sud-orientale del complesso che, data la migliore esposi-zione, costituiva presumibilmente l’ala invernale del-la residenza. La parte nord-occidentale, che è stataparzialmente individuata nel giardino del conventodi S. Giacomo in Settimiana, non è stata scavata. Sullimite meridionale della parte scavata, in adiacenzaad una serie di piccoli ambienti forse di servizio, eraun ampio corridoio seminterrato (criptoportico A).

Oltre questo si apriva uno spazio rettangolare a cieloaperto identificabile come un giardino (viridarium L),caratterizzato dalla presenza di un giardino dipintosulle pareti, oltre alla vegetazione reale presente. Sudi esso si affacciavano tre ambienti: due piccole stan-ze simmetriche (cubicula B e D) e una grande sala(triclinio C). Poco sopra si trovava una terza stanza(cubiculum E).

Le decorazioni della Villa: pitture, stucchi,mosaiciIn seguito al contatto con il mondo greco, a partiredal II secolo a.C., si diffuse tra i ceti più elevati lamoda di decorare gli interni delle abitazioni con pit-ture ricche di riferimenti letterari e mitologici. NellaVilla della Farnesina l’apparato decorativo (pitture,

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stucchi, mosaici) è stato ideato secondo un progettounitario di grande raffinatezza e realizzato conestrema maestria tecnica. Le pitture parietali sonocaratterizzate da una tavolozza ricca dei colori piùbrillanti e costosi, con un repertorio figurativo straor-dinariamente vario e fantasioso, con simulazioni il-lusionistiche di strutture architettoniche che inqua-drano scene o elementi decorativi. Le decorazioni in stucco dei soffitti hanno elementiin comune con l’ornato delle pareti dipinte. Degliambienti B, D ed E sono conservati e ricomposti nu-merosi frammenti appartenenti alle volte, che rap-presentano episodi mitologici, paesaggi con archi-tetture prospettiche o piccole figure.I pavimenti a mosaico conservati sono pochissimi eframmentari; dove possibile i frammenti sono stati ri-collocati negli ambienti. La semplicità e la mancan-za di policromia che si osserva nei mosaici dovevaessere in voluto contrasto con la ricchezza delle pit-ture e degli stucchi.

Un nuovo allestimento tra percezione visiva e“luce senza ombre”Le attuali nuove esigenze museali hanno reso indi-spensabile il rinnovamento dell’allestimento degliambienti della Farnesina, con l’obiettivo di aggior-nare i criteri espositivi e i parametri di conservazio-ne dei manufatti, migliorando la fruizione del pub-blico. La diversa natura dei reperti è stata trattatacon appropriati strumenti illuminotecnici, giusti cro-matismi delle superfici verticali, più chiari apparatididascalici, privilegiando la corretta esposizionedelle opere e l’esperienza del visitatore, sia sul pia-no emotivo che su quello didattico, critico ed inter-pretativo. Nella Villa della Farnesina è stata ridisegnata la di-sposizione delle stanze con l’intento di ricreare, perquanto possibile, le suggestioni visive originali. Lacollocazione degli ambienti, degli affreschi e deimosaici segue (per quanto concesso dalla sistema-zione all’interno di uno spazio museale) una se-

quenza verosimile nella ricostruzione della villa ori-ginaria, nell’alternanza tra le decorazioni dei percor-si e degli spazi conclusi e nell’abbinamento tra ledecorazioni parietali ed i mosaici. In particolare si èmantenuta la sequenza percettiva degli affreschi:criptoportico, giardino dipinto, area dei cubicoli B eD e triclinio C, cubicolo E, galleria.Dal lungo affresco del criptoportico, cadenzato dalritmo dell’apparato pittorico (in cui purtroppo le la-cune sono assai più estese delle parti affrescate, mache è volutamente stato ricomposto con i grandivuoti e ridisegnando lo schema dell’impaginazionearchitettonica) si è introdotti alla sala grande in cuisono ricostruiti i due cubicula B e D ed il triclinio C.Qui il posizionamento delle stanze e la sequenzaprospettica e cromatica, con gli scorci attraverso ledoppie aperture dei cubicula verso il triclinio, con-sentono di rivivere un’alternanza di esperienze per-cettive molto simili a quanto avveniva nella distribu-zione planimetrica originale. Per gli involucri dei volumi e per le pareti si è sceltoil colore grigio, cercando di tenere il valore plasticodei volumi nel maggiore silenzio possibile, proprioper non interferire con il cromatismo degli affreschi,soprattutto tenendo conto del delicatissimo rapportoche avrebbe avuto qualsiasi altra scelta con i grandicampi neri del triclinio. Il percorso prosegue versol’adiacente terzo cubicolo E e l’ambulacro internodel corridoio F-G, concludendosi con la sala didatti-ca che presenta una suggestiva ricostruzione tridi-mensionale delle stanze della Villa. L’elemento caratterizzante delle scelte relative ainuovi criteri di allestimento è rappresentato dallamodalità di illuminazione delle opere, che prosegueed approfondisce il percorso di ricerca già attuato inaltre sezioni del museo per le superfici affrescate, at-traverso l’uso di “cieli artificiali” e sistemi di ripro-duzione della luce diurna e del suo variare nell’arcodella giornata. L’emissione perfettamente diffusa determina una“luce senza ombre” che oltre ad essere stata valutata

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Progettare

con la Luce

come la più adatta per la corretta percezione degliaffreschi, diventa essa stessa un elemento geometri-co dello spazio confinato, assumendo la forma disoffitto piano o voltato, lunetta o nastro perimetrale.Tali superfici diffondenti replicano infine la variazio-ne del ciclo della luce diurna, consentendo ai visita-tori di apprezzare la variazione dei colori degli affre-schi come avviene per il mutare della luce durante leore del giorno.

Una sperimentazione per l’illuminazione de-gli affreschiPer l’illuminazione degli ambienti si è utilizzato iltelo termoteso a memoria di forma retroilluminato,con forme e geometrie diverse nei vari spazi, attra-verso il quale come da un “cielo artificiale”, si distri-buisce una luce diffusa “senza ombre”. Il sistema di controllo degli apparecchi installaticonsente di far variare il bianco della luce dai tonipiù caldi ai più freddi, simulando il naturale variaredella luce del giorno in cicli di breve durata. Il visi-tatore potrà, quindi, apprezzare ciò che nell’arco diuna intera giornata è impercettibile, provando inol-tre l’emozione di vedere finalmente i colori degli af-freschi come li ha visti chi li ha dipinti e chi ha ori-ginariamente vissuto quegli spazi.Per il criptoportico è stata introdotta una estesa por-zione lineare piana di telo, a parziale sostituzionedei pannelli modulari del controsoffitto esistente,operando nel contempo il controllo della luce natu-rale, mediante la schermatura delle finestre localiz-zate sul lato opposto rispetto alla parete affrescata. Nel grande triclinio, caratterizzato da pitture di deli-cati paesaggi sovradipinte su fondo nero, originaria-mente coperto a volta, il telo ha ricreato la geome-tria della volta a botte, con la decostruzione dellacadenza delle centine a segnalare l’intervento ‘mo-derno’. In ciascuno dei cubicula sono presenti sia lepareti affrescate che le volte con ampie parti in stuc-co in corrispondenza dell’anticamera, determinandouna maggiore complessità nell’intervento, essendo

necessario far convivere all’interno dello stesso am-biente la luce diffusa per le pareti affrescate e la luceradente per gli stucchi delle volte. In questo caso il“cielo artificiale” è stato limitato alla zona di coper-tura dell’alcova, integrato da nastri luminosi di rac-cordo tra le pareti e le volte. L’uso delle sequenze dinamiche trova ancor piùspettacolari risposte sulla fastosa decorazione pitto-rica, dominata dal rosso del cinabro. Un sistema lineare con sorgenti Led, del tutto nasco-sto alla vista dell’osservatore, completa l’apparato il-luminotecnico, fornendo una componente di lucesemi-radente sugli stucchi della volta, e accentuan-done i rilievi in assenza di riflessi o fenomeni di ab-bagliamento. Negli spazi di collegamento tra gli ambienti rico-struiti, dove sono stati posizionati gli affreschi deipercorsi e gli apparati didattici, si è mantenuto sem-pre il sistema di illuminazione dinamica, ricorrendoall’invenzione di apparati diffusori a forma di “ossodi seppia” che, replicando l’andamento degli affre-schi, producono un morbido effetto luminoso sullesuperfici dipinte.

Dal “light concept” alla realizzazione, tra tec-nica e tecnologiaDurante la fase di studio del progetto di illumina-zione sono state analizzate tutte le problematicheconnesse con la realizzazione del “light concept”,considerando gli aspetti relativi alla percezione eall’apprezzamento visivo, nonché alla conservazio-ne dei reperti.L’elemento caratterizzante del progetto è stato l’usodella luce diffusa attraverso degli elementi apposita-mente progettati, realizzati con teli termotesi traslu-cidi a memoria di forma, coordinati con apparecchidi illuminazione pilotati da un sistema di controllocon centralina di gestione programmata per l’esecu-zione di brevi cicli luminosi (sequenze di 100 se-condi con dynamic white 2700 K- 6500 K) per simu-lare la naturale variazione della temperatura colore

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Progettare

con la Luce

della luce diurna nell’arco della giornata a cui corri-sponde la variazione della percezione cromatica de-gli affreschi. Al di sopra dei teli termotesi, con distanze variabiliin funzione delle singole situazioni geometriche edei vincoli determinati dalla struttura del museo, so-no state installate serie di coppie di plafoniere perlampada fluorescente lineare T16, con o senza riflet-tore, alimentate con reattori elettronici DALI prein-dirizzati. Ciascuna coppia è stata equipaggiata conuna lampada trifosforo da 2700 K e una da 6500 K,nelle potenze da 35W o da 54W. Gli apparecchi diilluminazione sono stati raggruppati in zone, ognu-na delle quali comprende uno o più ambienti. Ogni zona è pilotata da un tastierino locale e da unainterfaccia; tutto il sistema è poi controllato e gestitodalla centralina generale. Nei soli cubicoli, per l’il-luminazione degli stucchi delle volte, il sistema èstato integrato con moduli lineari con sorgenti LEDbianco-neutro (3500K) nelle versioni da n. 28 Led43W, n. 22 Led 30W. La progettazione dell’illuminazione si è basata sulladeterminazione e sul controllo dei principali para-metri e grandezze fotometriche. I livelli di illuminamento massimo ammissibile perle opere esposte sono quelli dei materiali e manufattirelativamente insensibili alla luce. Sono stati stabilitivalori medi di illuminamento fino a 150 lux medi sulpiano verticale, con soglia minima di almeno 30 luxmedi. I livelli di illuminamento effettivi in condizio-ni di esercizio e la loro variazione dinamica sonostati calibrati in funzione degli effetti percettivi escenografici impostati mediante la regolazione deilivelli luminosi e della temperatura di colore. Per quanto riguarda luminanza e contrasto, la sceltadi utilizzare ampie superfici luminose retroillumina-te, con la possibilità di regolare il flusso luminosodelle sorgenti, ha reso trascurabile il problema delleluminanze nel campo visivo, con rapporti tra i diver-si livelli sempre molto equilibrati, e con la totale as-senza di fonti abbaglianti.

La maggior luminanza dei teli retroilluminati rispettoalle superfici pittoriche risulta contenuta quandol’osservatore è posto all’ingresso di ogni ambienteaffrescato, mentre essa risulta prevalentemente fuoridell’angolo visuale durante la fruizione a distanzapiù o meno ravvicinata, a causa dei vincoli espositiviper la sicurezza. Tale equilibrio ha consentito una elevata percezionedei dettagli pittorici, senza gli inconvenienti dovutialle emissioni di luce radente che avrebbero esaltatole irregolarità di alcune porzioni affrescate, pur conlivelli di illuminamento sul piano verticale estrema-mente contenuti, come evidenziato dalle prove pre-liminari effettuate sul campo. Questo risultato è particolarmente apprezzabile an-che nell’ambiente più critico sotto questo specificoparametro, ossia il triclinio C, che con i suoi affre-schi su fondo nero era in precedenza stato caratte-rizzato da difficoltà nella realizzazione dei giustiequilibri delle luminanze e da conseguenti disagi dicarattere percettivo.Infine l’emissione diffusa attraverso i teli retroillumi-nati e il controllo delle posizioni geometriche reci-proche dei diffusori e delle superfici pittoriche hadeterminato la sostanziale assenza di riflessioni spe-culari e di perdite di contrasto per luminanze paras-site. L’assenza di riflessioni speculari si verifica an-che negli spazi di disimpegno, in cui sono esposte lepitture frammentarie del corridoio F-G e del virida-rium L, illuminati dai diffusori ad “osso di seppia”,anche per effetto della bassissima luminanza dellepareti grigie.Con riferimento agli aspetti legati alla conservazionedei reperti, nell’elaborazione della soluzione proget-tuale ci si è attenuti a quanto indicato nell’AllegatoA del Decreto 10.05.2001 “Atto di indirizzo sui cri-teri tecnico-scientifici e sugli standard di funziona-mento e sviluppo dei musei”; in particolare il livellodi illuminamento massimo raccomandato per mate-riali e manufatti moderatamente sensibili alla luce(tra cui le superfici affrescate) è di 150 lux in condi-

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zioni medie di esercizio (categoria di fotosensibilità2 = media). L’Allegato A considera anche i limiti didose di luce annuale (LO), attraverso i valori annualimassimi raccomandati per ciascuna categoria di fo-tosensibilità, espressi in lux per ora/anno; in partico-lare raccomanda per la categoria 2 la soglia di 150lux, con LO=500.000 lux ora/anno come valoremassimo consentito. Pertanto, anche ipotizzando di adottare costante-mente il valore di illuminamento massimo di 150lux, per otto ore giornaliere e 365 giorni di aperturaannuali, si ottiene un valore LO pari a 438.000 luxora/anno, inferiore rispetto alla raccomandazione.Tuttavia tale valore risulta puramente teorico inquanto nella realtà i livelli massimi di illuminamen-to si raggiungono solo per la durata di pochi secon-di a ciclo.Per quanto riguarda la componente UV dell’esposi-zione energetica, le emissioni luminose di lunghez-ze d’onda inferiori ai 400 nm sono filtrate dal telotermoteso installato. Per quanto riguarda l’infrarosso, gli effetti nella si-tuazione specifica sono trascurabili.

CONCLUSIONIL’aggiornamento dei criteri espositivi del Museo Na-zionale Romano in Palazzo Massimo, iniziato dueanni fa, ha come obiettivo la creazione nel percorsodi visita di ambiti autonomi di esperienza, trattandole diverse sezioni come capitoli tematici indipen-denti, legati dallo sviluppo cronologico e tematicodella cultura artistica a Roma. Sono già stati effettuati interventi nelle sale dedicatealla gens Giulio-Claudia e ad alcuni capolavori gre-ci, nella sezione degli affreschi provenienti dallaDomus di Termini, nella ricostruzione del giardinodipinto della Villa di Livia, nella sala del sarcofago diPortonaccio e nella riproposizione degli Aurighi dalSacellum Herculis. Tali interventi hanno consentitodi sperimentare un corretto sistema museografico,

che trova un punto di forza nei criteri e nell’espressi-vità delle soluzioni di allestimento, a cui si affianca-no le scelte illuminotecniche, basate su ricerca e spe-rimentazione di nuovi materiali e applicazione ditecnologie innovative.

Direzione del Museo Nazionale Romano in Palazzo MassimoRita Paris

Direzione tecnica del museo di Palazzo MassimoMauro Petrecca

Progetto di allestimento e light concept Stefano Cacciapaglia, Carlo Celia con Marco Tondo, Anna Marcucci

Progetto graficoMonica Cola, Raffaella Cola

Progetto illuminotecnicoCarolina De Camillis, Riccardo Fibbi

Imprese esecutriciFabrizio Meloni Srl, Tensocielo DPS Italia, Amatucci Srl

Apparecchi di illuminazioneiGuzzini, GE Lighting

Progettare

con la Luce

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PROGETTO FUNZIONALE E

SCENOGRAFICO DELLA LUCE A

PALAZZO BARBERINI A ROMA

di Adriano Caputo

Progettare

con la Luce

Adriano Caputo - Studio Illumina

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La luce è componente rilevante in un luogo di eccezio-nale valore storico e artistico come Palazzo Barberini,tale da assumere in particolari casi un ruolo insostitui-bile per la rilettura formale degli spazi, e nel sottoline-arne in questo caso il valore delle opere e della deco-razione tardomanierista e del primo Barocco.È necessario avvicinarsi a questo edificio comprenden-do le successive stratificazioni e ampliamenti, con latrasformazione nel corso del tempo da luogo di resi-denza a luogo di raccolta di opere d’arte e, in ultimo,di sito culturale e artistico di conservazione, ruolo as-sunto dalla Galleria Nazionale per l’Arte Antica.Uno degli aspetti progettuali dell’intervento è statoproprio la volontà di coniugare la godibilità del beneartistico e architettonico con un progetto dichiarata-mente contemporaneo e possibilmente poco invasivo.L’odierna cultura della luce, destinata a un edificio na-to con funzione di residenza, richiede una particolareattenzione, oltre che alla storia, anche a contenuti cri-tici ed estetici. Vanno ricordati come punti fermi e irri-nunciabili l’orientamento progettuale verso una corret-ta conservazione delle collezioni esposte nella funzio-ne attuale assunta dal palazzo. L’intervento, infine,muovendo da esigenze sul piano storico-conservativo,ha voluto sottolineare alcune peculiari istanze dellapoetica barocca per non snaturarne le atmosfere origi-nali con soluzioni e interpretazioni eccessivamenti di-stanti dal contesto storico e culturale che ha visto na-scere l’edificio.Lo studio della luce ideato nelle sale di Palazzo Barbe-rini ha preso in esame i concetti barocchi “forma-luce”e “forma-colore” che erano, peraltro, al centro del di-battito già ai tempi di Caravaggio, che ne aveva fattol’aspetto più rilevante della sua pittura come strumentodi evocazione. L’originalità della luce barocca consiste nell’uso dellaluce per affermare la pienezza delle forme e dei volu-mi, ma anche per drammatizzare i soggetti ritratti.L’analogia dell’espediente barocco della luce radenteche illumina da “lume nascosto” (sorgente di luce al difuori del campo visivo) è però solo apparente.

Una luce radente pensata per tante opere anche scul-toree del Bernini, per animare le superfici laterali qualila Sala affrescata dal Cortona della volta barberinianain cui il dipinto al centro della composizione è insiemeluce e immagine pittorica, senza che l’occhio dell’os-servatore sia turbato dal contrasto dei toni. La luce,protagonista assoluta del legame tra segno illusorio delCortona e lirico del Bernini, proviene dai sei alti fine-stroni di cui ben quattro sono d’angolo; la luce incidein diagonale le due grandi pareti che diventano con-duttori luminosi e che per un sapiente gioco di rifles-sioni indirette dà corpo e “luce propria” all’affrescocortoniano.Nella Sala dei Marmi (o delle Statue), già sede di rap-presentazioni teatrali, quale la prima eseguita per ilCarnevale del 1632 con il sant’Alessio in cui le scenedovevano essere dello stesso Cortona, grande attenzio-ne è stata data alla caratterizzazione acustica dellestrutture e delle superfici degli elementi presenti, poi-ché l’effetto di assorbimento e diffusione del suono diqueste componenti architettoniche sono un aspetto in-trinsecamente legato alla provenienza della luce natu-rale che piove dall’alto di due finestroni che favorisceun’illuminazione indiretta diffusa e omogenea all’in-terno della sala. Questa luce dall’alto è in funzione dicreare uno spazio come un invaso reso consistente dauna luminosità diffusa, e gela in un solo colpo le zoned’ombra generate dagli elementi architettonici utiliall’acustica. Nella Sala Ovale il binomio Bernini-Borromini, doveconvivono il virtuosismo tecnico ed il tipico modellatovibrato delle membrature architettoniche tratte dallatradizione ellenistico-romana, modella lo spazio conconcretezza stupefacente. Mentre la sorgente lumino-sa resta nascosta, perché intrinseca all’immagine e soloapparentemente esterna, le pareti ricurve si metamor-fizzano in superfici emittenti e trasformano quindiquello che in natura è solo riflettente in radiante. L’ec-cezionalità sta nella capacità di trasformare la materiain luce in una sorta di infusione spazio-temporale for-temente dinamica. Il contrasto tra i due tipi di luce pro-

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duce una fortissima tensione, un effetto architettonicodi altissima qualità.Il progetto complessivo della luce si struttura in veri epropri “effetti” o “artifici”, come per esempio quello al-l’interno di una scena diurna: qui, un fascio di luce so-lare pittorica proietta con intensità e brillantezza unacroce e i suoi tagli su una superficie muraria; oppure,la proiezione di un lucernario in un locale scuro creaun quadrato luminoso nella penombra. Questo non esclude l’uso complementare di luci se-condarie provenienti da altrove. Gli esempi si possonosommariamente classificare in due categorie: effettinaturalisti ed effetti estetizzanti, che risultano general-mente da un livello luminoso più alto del livello me-dio generale di illuminazione prescelto. Questo permette una frattura nella monotonia dellesuperfici e giustifica il suo impiego. L’effetto estetizzante è l’integrazione arbitraria di unpiano di illuminazione parziale di superfici e di for-me variabili nell’insieme di una composizione visiva.Gli effetti veristi ed estetizzanti possono, in certi casi,coniugarsi l’uno apportando il naturalismo e l’altro ilsublime. Il risultato di tale concorso è la poetica del-la luce. L’illuminazione artificiale è stata quindi concepitacome la sintesi del realismo barocco e della poeticadel “verosimile”, tra effetti luminosi estetizzanti ge-nerati da tecnologia a Led che ne esalta la luce pro-pria ed effetti naturalistici dove proiettori speciali tra-spongono una poetica mistica e trascendentale attra-verso l’uso di sorgenti di luce al di fuori del campovisivo, provenienti dall’esterno dei finestroni posti aoriente e che radono in diagonale le pareti che si me-tamorfizzano in conduttori luminosi, nel continuogioco delle pressioni esterno-interno.

Principi progettualiLa proposta progettuale ha indicato le soluzioni daeffettuare quantificando scientificamente i valori del-la luce diurna, e successivamente quelli della luceartificiale con i livelli di illuminamento consigliati.

Malgrado la forte storicizzazione degli ambienti, si èfatto il possibile per studiare delle soluzioni valideper consentire la fruizione delle opere senza alterarela fisio-psicologia ottica dell’osservatore, e soprattut-to per rispettare una corretta lettura dello spazio ar-chitettonico occultando le fonti di illuminazione.In sintesi, gli accorgimenti sono stati adottati secon-do il metodo seguente:• eliminazione delle radiazioni infrarosse (+/- 1°

Celsius)• controllo delle radiazioni visibili (al di sotto di 150

lux per i dipinti a olio e 50 lux per le tempere e gliarazzi che sono di natura organica; per i materiali di natura inorganica 250 lux)

• controllo delle radiazioni ultraviolette (al disotto dei 75 microwatt per lumen)

• diminuzione del tempo di illuminamento•creazione di un ambiente adeguato con la giusta

“temperatura di colore”(3000/4000 gradi Kelvin) eun ottimo Indice di Resa Cromatica

• riduzione o eliminazione di riflessioni e abbaglia-menti

• interazione con le problematiche di umidità relativa, di temperatura e di climatizzazione

• piano di manutenzione delle installazioni tecniche

Progettare

con la Luce

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Il progetto della Luce

Sala Pietro da Cortona: la voltaSul cornicione dei lati lunghi della sala sono stati istal-lati dei proiettori ERCO di piccole dimensioni, model-lo Optec a sorgente Led, alimentati su binari. Il sistemalavora proiettando la luce con lancio frontale con treangolazioni diverse e due gradi diversi di apertura delfascio luminoso, 16° e 29°: l’angolo più basso illuminala fascia subito sopra il cornicione fino a un’altezza dicirca 2.5 metri dalla linea di imposta della volta; il se-condo puntamento parte dalla decorazione con il mo-tivo architettonico del Cortona fino a circa 5 metri e siva a miscelare con l’ultimo punamento, orientato sullagrande specchiatura centrale della volta affrescata. Incirca 6 metri in altezza i valori passano gradualmentedagli 80 a 120 lux senza creare “strappi” alla letturacomplessiva dell’opera, che anzi ha proprio nel puntopiù alto, in corrispondenza della Divina Provvidenza,il maggiore illuminamento, esaltando le intenzioni rap-presentative e simboliche dell’affresco. Per quanto riguarda l’illuminazione delle due volte deilati corti, si è sempre partiti sui lati lunghi installandodei corpi illuminanti collocati su staffe orientabili.Questi proiettori Powercast a sorgente Led ma di poten-za maggiore sono stati raggruppati in batterie di diecielementi e puntati incrociando i fasci dall’esterno versol’interno e a varie altezze fino ad ottenere un “lavaggio”della volta opposta mantenendo gli stessi valori dellavolta del lato lungo. In questa sala è stato installato unsistema intelligente per la gestione dell’illuminazionecon l’impiego di tecnologia DALI, che permette di crea-re delle configurazioni ottimali a seconda dell’uso pre-visto e con la regolazione dell’intensità luminosa. Infi-ne occorre ricordare che le tipologie di apparecchi uti-lizzati per l’illuminazione della volta permettono di sal-vaguardare l’ opera e di ridurre i costi di gestione.

Illuminazione dall’esternoPer realizzare la “poetica del verosimile” è stata collo-cata esternamente una trave “americana” che corre per

tutta la lunghezza del lato corto della sala. Sulla stessasono stati installate quattro differenti batterie di appa-recchi alloggiati su supporti con staffe orientabili. Ognibatteria è composta da due apparecchi di tecnologieall’avanguardia con i riflettori Spherolit per un comfortvisivo efficiente ottenuto da un cilindro di schermatura,posto all interno, che ne migliora la protezione antiab-bagliamento. Il design del sistema presenta distribuzio-ni della luce simmetriche cilindro-paraboloide per l’il-luminazione d’accento, con due differenti gradi diapertura: 33° per “lavare” le pareti e 16° per spingere ilfascio luminoso, quasi ad attraversarne tutta la sala nel-la sua profondità esaltandone in radenza le preziosetrame delle stoffe di San Leucio. L’apparecchio Ercodenominato “Powercast” costituisce una famiglia parti-colarmente versatile, economica e flessibile. Il corpoquadrangolare con grado di protezione IP65 racchiudel’illuminotecnica e gli alimentatori. Il “Powercast” siqualifica come strumento d’illuminazione con installa-zione razionale, di grande resistenza agli agenti atmo-sferici. Il modello utilizzato monta una lampada da250 w con una efficiente lampada ad alogenuri metal-lici. I riflettori Spherolit dei Powercast possono esseresostituiti senza attrezzi, permettendo così di adattare ladistribuzione luminosa all’impiego effettivo.

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Sala dei Marmi e Sala dei Caravaggeschi: illuminazionedelle opere.Per l’illuminazione delle opere pittoriche e dei marmisono stati impiegati proiettori ERCO della serieCantax, montati su due binari paralleli aderenti allecatene esistenti e opportunamente orientati, ovepossibile, sulle diagonali rispetto al piano verticale dailluminare. In tal modo si ottiene una illuminazionecorretta, riducendo al massimo abbagliamenti e riflessiprovenienti dalle tele grazie anche all’impiego dialette paraluce. Su alcune opere si è intervenutiaggiungendo filtri tipo Skintone per esaltarne i caldicromatismi, e in particolar modo gli incarnati deisoggetti rappresentati. Il proiettore Cantax con riflettoreSpherolit impiegato con fonte luminosa ad alogenurimetallici unisce un’avanzata illuminotecnica a undesign dal linguaggio formale preciso ed elegante,costituito da forme geometriche semplici. Laconfigurazione spaziale di queste forme base mutevolidurante l’uso sviluppa un interessante effettoarchitettonico. Dal punto di vista tecnico il “Cantax”rappresenta lo stato più attuale dello sviluppo presso laErco e offre quindi una qualità della luce tale dasoddisfare i massimi requisiti di illuminazione dei musei.Nella Sala dei Caravaggeschi, fermi restando i principidi orientamento dei proiettori per raggiungere un elevatoconfort visivo unito a una corretta illuminazione delleopere, si è provveduto a creare piccole sezioni dibinario con il montaggio di due-tre apparecchi amodulo in modo da limitare al massimo l’impatto visivodel sistema di illuminazione.

Illuminazione dall’esternoEsternamente l’illuminazione artificiale provenientedalle due finestre è ottenuta con proiettori Erco Par-scoop fissati su supporto a pavimento tipo washer. La direzione del flusso luminoso può essere regolatacon precisione graduale sullo stabile giunto articola-to. Gli apparecchi Parscoop sono dotati di un rifletto-re assimmetrico, che riflette la massima distribuzioneluminosa al di sotto dei 25° circa, raggiungendo così

un’uniformità ottimale. Questo tipo di apparecchio èdotato di un robusto corpo in fusione di alluminio. Ilgrado di protezione IP65 garantisce, sia per le lampadeche per i sistemi ottici, un’ottimale protezione da umi-dità e polvere. Anche in questo caso la sorgente lumi-nosa è affidata a una lampada ad alogenuri metallici inquesto caso di 150w di potenza con un flusso luminosodi 2600 lumen.

Sala Ovale; la voltaPer l’illuminazione della volta sono stati impiegati gliapparecchi a lampada fluorescente Erco denominatiTrion. Il design degli apparecchi è volutamente anoni-mo: i Trion, grazie alla loro presenza discreta, si integra-no sia nell’architettura di edifici storici che in ambientimoderni. I washer per soffitto Trion garantiscono un’il-luminazione della volta estremamente uniforme. Me-diante due schermi regolabili si può adattare con preci-sione il cono luminoso alle superfici da illuminare. So-no state previste due configurazioni che creano duedifferenti scenari luminosi della volta: una in cui i 28apparecchi installati sul cornicione sono accesi e un’al-tra in cui se ne accende solo la metà.

Illuminazione dall’esternoDue apparecchi Erco washer della serie Focalfloodpresenti sulle due logge esterne, fissati su supportispeciali e opportunamente orientati, realizzano l’ef-fetto del taglio della luce dall’esterno sulle “guance”

Progettare

con la Luce

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della sala. Questi apparecchi presentano su di un as-se un’ampia distribuzione della luce e sull’altro unaforte focalizzazione. Il Focalflood offre un eccellentecomfort visivo, grazie a un angolo di schermaturache arriva fino a 50°. Un’importante caratteristica èl’antiabbagliamento su su tutti i lati del Focalflood;ciò è reso possibile grazie alla speciale sagomatura ealle superfici dei riflettori. Grazie ai corpi in fusionedi alluminio verniciati a polvere a doppio strato anorma di protezione IP65, questi washer resistononel tempo alle sollecitazioni tipiche degli ambientiesterni. Le superfici lisce riducono al minimo i deposi-ti di sporco.

Sala delle ColonneUn’illuminazione differenziata caratterizza questo am-biente con apparecchi Cantax washer per le pareti late-rali della sala con il riflettore Spherolit flood, e illumi-nazione dedicata all’architettura della fontana con lostesso apparecchio con ottica da 16° e lente sculturache ne esalta il gruppo scultoreo centrale creando pro-fondità rispetto al fondale della fontana. All’internodella vasca, posta sotto il vetro esistente, è stata realiz-zata una speciale struttura in acciaio inox anticorrosio-ne che ospita una piccola batteria composta da 11 mi-niproiettori a Led IP 65, 5 convenientemente puntativerso l’alto in direzione dei getti dell’acqua; i restantisono puntati in verso il basso, a irradiare circolarmentecon il loro flusso la vasca d’acqua sottostante con unsuggestivo effetto di vibrato. La volta affrescata del-l’ambulacro è delicatemente illuminata da apparecchiTrion a sorgente fluorescente posti su speciali supportifissati tra i piedritti strombati delle tre finestre. Conclu-de con pregevole colpo d’occhio il fondale affrescato

dell’ambulacro con l’effetto di luce “naturale” chesembra provenire dalla finestra, ottenuto con due barre aLed sovrapposte sulla verticale montate su staffe regolabi-li e orientabili per ottenere un’illuminazione d’effetto.

Criteri generali di illuminazione e conservazioneadottati nelle sale espositive vecchie e nuove.Nel quadro degli interventi atti a migliorare la fruizio-ne delle opere d’arte si inserisce questo intervento ba-sato su criteri museali di conservazione preventiva e diprotezione delle opere contro gli agenti chimici, fisicie organici di degrado causati dalla luce. Sono stati uti-lizzati tre tipi di illuminazione, qui di seguito riassunti,con tipologie che sono servite alla creazione di un’il-luminazione d’ambiente e d’accento:

• l’illuminazione indiretta (fluorescenti lineari): luce riflessa indirettamente dal soffitto o dalle pareti:

• l’illuminazione diretta (proiettori a Led con ottica 25° e 40° da 10W): luce direzionata direttamente sulle opere;

• l’illuminazione diffusa naturale che si sovrappone naturalmente a quella artificiale:luce uniforme crea ta con l’ausilio di un diffusore (tende traslucide) di-retta o indiretta.

Queste considerazioni di tipo conservativo e di natu-ra critico-formale relative all’inserimento di apparec-chi contemporanei ad alta tecnologia illuminotecni-ca sui cornicioni hanno determinato una progettazio-ne basata sulla massima discrezione e il gradevoleaspetto formale per consentire la fruizione dell’“uni-tà delle arti visive”. Sono state prese in considerazio-ne e studiate in tutte le ultime soluzioni offerte dalmercato in termini di tecnologia, consumi, bassa ma-nutenzione e qualità della luce.

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di Mauro Bozzola

INNOVAZIONE E TECNOLOGIA LED

IN UN IMPIANTO PILOTA

PER LA PROVINCIA DI BERGAMO

L’incontro con i progettisti

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Il Settore Viabilità e Trasporti della Provincia di Berga-mo – dirigente Renato Stilliti e assessore Giuliano Ca-petti – con oltre 130 impianti di pubblica illuminazio-ne e più di 10.000 punti luce gestiti, cui si aggiungonoimpianti speciali in galleria, stazioni di sollevamentoacque e semafori, sperimenta da diversi anni soluzioni

performanti e innovative nel campo dell’illuminazionepubblica: dall’impiego estensivo di sistemi di regola-zione del flusso luminoso al telecontrollo dei parametrid’impianto, alle prove sul campo di apparecchi illumi-nanti e di altre soluzioni (ad esempio pali a sicurezzapassiva), alla messa a punto di linee guida per l’illumi-nazione costantemente aggiornate. Centrale è l’aspettodi una corretta progettazione dell’illuminazione, fina-lizzata a ottimizzare la fase di successiva gestionedell’impianto: gli obiettivi sono il risparmio energetico,l’efficienza gestionale e l’incremento della sicurezzasui 1.400 km di strade in carico. Per LUCE abbiamo incontrato Alberto Battistini e AlainMazzocchi, progettisti dell’impianto di illuminazionedella rotatoria ubicata lungo la S.P. ex S.S. n. 573, al-l’intersezione con la S.P. n. 122 e con la S.P. n. 89 nelterritorio dei comuni di Mornico al Serio e Calcinate(BG). Si tratta di un’ampia rotatoria con raggio internopari a 40 metri, posta sull’asse dell’ex S.S. 573 “Oglie-se” su cui convergono i flussi delle strade provincialida nord e da sud; per aumentare la scorrevolezza deltraffico sono state realizzate delle bretelle che consen-tono la svolta a destra senza passare attraverso la rota-toria per chi proviene da nord in direzione di Bergamoe per chi viene da Mornico in direzione Brescia. L’illu-minazione della rotatoria, degli accessi/uscite e dellebretelle è stata realizzata attraverso due torri-faro da 22m f.t., ciascuna con due piastre da 153 moduli da 9Led alimentati a 350 mA (1652 W), 12 pali equipaggia-ti con 18 moduli da 3 Led alimentati a 700 mA (129W), 12 pali equipaggiati con 16 moduli da 3 Led ali-mentati a 700 mA (115 W), per un totale di 9.536 W in-stallati. Tutte le strutture illuminanti sono state realizza-te dalla ditta Ewo di Cortaccia (BZ), su specifiche tec-niche della Provincia di Bergamo. Come i restanti im-pianti di illuminazione gestiti dalla Provincia, anchequesto impianto è dotato di un avanzato sistema di te-lecontrollo remotamente interfacciato con la centraleoperativa provinciale: il sistema di telecontrollo e ilsoftware gestionale in dotazione sono stati forniti dallaReverberi Enetec di Castelnovo ne’ Monti (RE).

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Progettare

con la Luce

Quali erano le aspettative e gli obiettivi del progetto?L’illuminazione della rotatoria ubicata lungo la S.P. exS.S. n. 573, all’intersezione con la S.P. n. 122 e con laS.P. n. 89 nel territorio dei comuni di Mornico al Serioe Calcinate, era inizialmente prevista di tipo tradizio-nale, con l’impiego di torri-faro e pali di illuminazionecon sorgenti luminose a scarica (sodio alta pressione).L’Amministrazione Provinciale, nell’ambito dellesperimentazioni e innovazioni operate nel campodella pubblica illuminazione, voleva realizzare unimpianto innovativo che prevedesse l’impiego di sor-genti luminose con tecnologia a Led, valutando quan-to di meglio presente sul mercato, con l’obiettivo di:• risparmiare sui costi energetici, a parità di categorieilluminotecniche per rotatoria e relative strade di ac-cesso;• risparmiare sui costi manutentivi, riducendo quindii disservizi dovuti alla cantieristica stradale, a vantag-gio della sicurezza dell’utenza;• aumentare la sicurezza stradale e il comfort visivodell’utenza, attraverso l’impiego di luce bianca a ele-vata resa cromatica e l’ottenimento di valori di unifor-mità superiori ai minimi prescritti dalla normativa, a

vantaggio di una migliore visione periferica e perce-zione degli ostacoli, contenendo altresì l’abbaglia-mento;• rispettare la Legge n. 17/2000 e s.m.i. della RegioneLombardia in riferimento al contenimento dell’inqui-namento luminoso e al risparmio energetico;• ottenere una luce compatibile dal punto di vistaambientale con la presenza di biotipi notturni nellazona di installazione;• ottenere una soluzione architettonica d’arredo, digradevole inserimento estetico.

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Come valutate il potenziale risparmio di una soluzio-ne Led raffrontata con una soluzione tradizionale?Il raffronto della tecnologia a Led con quella tradizio-nale deve essere onesto: troppo spesso ci sentiamo direche con il Led risparmiamo fino all’80%, ma rispetto acosa? Un raffronto serio va fatto tra il meglio della tec-nologia a Led e il meglio della tecnologia tradizionale,perché è insensato paragonare una lampada a vaporidi mercurio, con rendimento di 45 lm/W, con la più ef-ficiente sorgente Led attualmente disponibile, con ren-dimento 120 lm/W. Va poi considerata l’efficienza ef-fettiva dell’apparecchio di illuminazione, che sia nelcaso di un apparecchio tradizionale che di uno contecnologia a Led è inferiore rispetto al rendimento del-la corrispondente sorgente luminosa (a causa dell’effi-cienza elettrica e ottica, della temperatura dell’appa-recchio e di altri fattori). Insomma, per fare un raffrontocorretto occorre anzitutto disporre dei dati tecnici det-tagliati dell’apparecchio in questione: in tal senso puòessere utile la “scheda prodotto per apparecchi di illu-minazione a Led” recentemente messa a punto dall’AI-DI. Il raffronto va poi operato a parità di categorie illu-minotecniche, come individuate per la zona da illumi-nare in seguito all’Analisi dei rischi in ottemperanza al-la Norma UNI 11248: nel caso in questione si è sceltodi operare a parità di categorie illuminotecniche, nonutilizzando il declassamento consentito dalla Norma,quindi si è condotto un raffronto assolutamente pariteti-co. Il risultato è che il risparmio energetico ottenuto conla soluzione a Led impiegata rispetto a quella tradiziona-le inizialmente prevista è pari al 40%, mentre dal puntodi vista manutentivo l’aspettativa di vita delle sorgentiLed e dell’elettronica di alimentazione e controllo è paria 55.000 ore, ossia per circa 12 anni non sarà necessarioeffettuare interventi, se non quelli legati alle verifiche pe-riodiche di routine. Per contro, un impianto tradizionalerealizzato con le modalità in uso alla Provincia di Berga-mo, ossia dotato di regolatore di flusso luminoso abbina-to a sorgenti al sodio alta pressione, consente una dura-ta media delle lampade pari a 30.000 ore, che costitui-sce comunque un buon risultato.

Quali problematiche vedete in una soluzione Led?Le soluzioni a Led per l’illuminazione hanno fatto moltastrada dagli esordi, ma sono in continua evoluzione. Ad og-gi esistono molte differenze tra i diversi apparecchi a Led di-sponibili commercialmente. Le maggiori problematiche ri-scontrabili, raffrontandosi con la tecnologia tradizionale diqualità, sono a nostro avviso quelle indicate di seguito:- la disponibilità di fotometrie che consentano il rag-giungimento di elevati requisiti prestazionali, in parti-colare per rispettare i requisiti illuminotecnici delle ca-tegorie più “gravose” (ME3a e CE2 sono le categoriemaggiormente utilizzate sulle strade in gestione allaProvincia, rispettivamente per strade e rotatorie);- l’efficienza: per quanto sia opinione comune che unapparecchio a Led sia più efficiente in termini di flussoluminoso emesso rispetto a uno tradizionale, questonon è sempre vero, anche se il fattore di utilizzo è in ge-nere maggiore a causa della maggior direzionalità dellesorgenti a Led che ne consente un controllo migliore;- l’effettiva durata di vita dell’apparecchio nel suo com-plesso, che non va confusa con la semplice durata del-la singola sorgente Led, ma deve includere la duratadell’elettronica di controllo e di alimentazione, che èla parte più critica e delicata del sistema: tale durataandrebbe espressa prevedendo al massimo il 20% deiLed totali spenti e un flusso luminoso residuo rispettoall’apparecchio nuovo non inferiore all’80%, alla tem-peratura ambiente di 25°C e per la corrente di alimen-tazione dell’apparecchio stesso;• l’abbagliamento, che frequentemente raggiunge perquesti apparecchi valori da molesti a debilitanti;• la qualità della luce, non sempre all’altezza delleaspettative: non è raro riscontare apparecchi con resecromatiche insufficienti e con un effetto di illuminazio-ne “spettrale”;• la sicurezza fotobiologica, non sempre garantita at-traverso opportuna certificazione, come dovrebbe es-sere invece per una sorgente laser quale è il Led;• la qualità costruttiva non sempre eccellente, riscon-trandosi ad esempio problemi sull’effettiva garanzia didoppio isolamento;

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• la presenza sul mercato di molti “venditori di fumo”,spesso aziende di elettronica senza la necessaria com-petenza illuminotecnica, che spacciano gli apparecchia Led come la panacea per tutti i mali, promettendo ri-sparmi illusori, salvo poi non saper fornire i dati tecnicidi base dei propri apparecchi e magari non conoscereneppure la normativa di settore che regola l’illumina-zione stradale; tali soggetti screditano anche le aziendeche producono apparecchi di qualità, dato che convin-cono amministratori locali, privi delle necessarie com-petenze, a sperimentazioni in campo, spesso con esitidisastrosi dal punto di vista illuminotecnico;• il costo d’acquisto, che per un apparecchio di qualitàprestazionale è praticamente sempre superiore rispettoa un omologo tradizionale; riguardo questo aspetto,viene spesso trascurato nei raffronti economici il fattoche la maggioranza degli apparecchi a Led, sia per co-me sono costruiti che per la continua evoluzione, di fat-to vada smaltito a fine vita (che nel migliore dei casi siattesta sui 12 anni), mentre un apparecchio tradizionaleha una vita attesa anche di 30 anni, provvedendo alsemplice cambio lampade e ausiliari. Riguardo allesuddette problematiche, la Provincia di Bergamo ha

messo a confronto su installazioni stradali tipo apparec-chi illuminanti a Led di case costruttrici primarie, conrisultati molto sorprendenti: esiste una notevole discre-panza tra le efficienze, i parametri di qualità dell’illumi-nazione e le caratteristiche costruttive dei diversi appa-recchi. Queste differenze portano a dire che ad oggi,per categorie illuminotecniche “importanti” (da ME3a –CE2 in avanti) sono ben pochi gli apparecchi a Led con-venientemente adottabili rispetto agli omologhi tradi-zionali, qualora si pesino attraverso una rigorosa analisicosti-benefici il risparmio energetico e manutentivo,l’aspettativa di vita e il costo d’acquisto iniziale.

Cosa caratterizza a vostro giudizio il sistema adottato,e come sono state risolte le problematiche?La scelta del sistema non è stata affatto casuale. Deriva,come anticipato, da esigenze ben delineate di un’am-ministrazione che ha fatto della pubblica illuminazio-ne uno dei suoi punti di forza, per quanto attiene ricer-ca e innovazione. Quindi, da una committenza che haincaricato noi progettisti di indagare a fondo quanto dimeglio potesse offrire il mercato, risolvendo le criticitàe problematiche sopra evidenziate, nell’ottica di rea-

Progettare

con la Luce

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lizzare un impianto di illuminazione a Led effettiva-mente alternativo a un ottimo impianto tradizionale.Ewo si è rivelata fin da subito il partner ideale, quelloche ha saputo concretizzare tutte le aspettative dellacommittenza e dei progettisti. In particolare, l’idea direalizzare torri-faro con tecnologia Led, prendendospunto dalle grandi piastre utilizzate come riflettorinelle torri-faro a luce indiretta per le quali Ewo è nota,trasformandole in “alloggio” per una soluzione modu-lare, con elementi da 3/9 Led ciascuno, adattabile adogni esigenza e “taglia” illuminotecnica. La soluzionerealizzata è la prima in tal senso, che a noi risulti, inambito europeo, considerato che nessun’altra aziendaproduce ad oggi torri-faro con queste altezze che im-pieghino tecnologia illuminante a Led. La stessa solu-zione modulare è stata impiegata per realizzare gli ap-parecchi di illuminazione stradale. In sintesi la sceltadelle strutture illuminanti Ewo ha consentito:• l’impiego della tecnologia a Led maggiormente pre-stazionale ad oggi disponibile, con un’ottima qualitàdella luce, elevati valori di uniformità, assenza di ab-bagliamento, sicurezza fotobiologica certificata, che sitraducono in comfort visivo e miglioramento della si-curezza stradale;• il pieno soddisfacimento degli obiettivi che l’Ammi-nistrazione Provinciale si era posta, in termini di ri-sparmio energetico (40% rispetto ad un impianto tra-dizionale a parità di categorie illuminotecniche) e ma-nutentivo (55.000 ore di vita attesa), oltre che di ri-spetto delle normative e leggi di settore;• una spesa d’acquisto in linea con quella preventiva-bile per l’impiego di una soluzione tradizionale d’ar-redo di qualità, quindi non eccessivamente onerosa;• la possibilità, grazie alla modularità della soluzione,una volta “esaurita” la vita utile di sorgenti a Led edelettronica, di procedere alla sola sostituzione dellestesse, mantenendo tutto il resto, quindi di operareuna sorta di “relamping” a costi contenuti, con paral-lelo aggiornamento all’evoluzione tecnologica che sa-rà nel frattempo intervenuta per i Led e l’elettronica;• la sicurezza insita nel sistema modulare: ciascun

modulo è alimentato indipendentemente dall’altro econtribuisce in modo addizionale all’illuminamentocomplessivo dell’area, mantenendo i valori di unifor-mità richiesti (fotometria “overlay”); questo assicuracontinuità di funzionamento anche in caso di even-tuale disservizio di uno o più moduli;• l’effetto di “segnale cospicuo” per i veicoli in avvici-namento, ottenuto grazie alle piastre a Led di rilevantidimensioni installate sulle torri-faro, in grado di richia-mare l’attenzione dei conducenti in ogni situazione ditraffico, anche in condizioni meteorologiche avverse,facilitando la percezione della “zona di conflitto” rap-presentata dalla rotatoria, sempre a favore della sicu-rezza;• la possibilità di regolare il flusso luminoso nelle orea minor traffico veicolare, ottemperando a quanto pre-scritto dalla Legge Regionale 17/2000 ed indicato dal-la Norma UNI 11248, grazie all’interfacciabilità diret-ta con i regolatori di tensione in dotazione alla Provin-cia di Bergamo (forniti dalla Reverberi Enetec).

Esistono asserzioni da parte di esperti o da parte diesponenti della Provincia di Bergamo che possiamoprendere in considerazione?Come in precedenza riportato, il progetto è stato forte-mente voluto dalla Provincia di Bergamo, che ha po-sto ai progettisti obiettivi chiari, derivanti dalla cospi-cua esperienza già acquisita nel campo dell’illumina-zione pubblica. Noi progettisti, da anni consulentidella Provincia nella progettazione e gestione degliimpianti di pubblica illuminazione, ci siamo fatti in-terpreti delle volontà della committenza, individuan-do dopo un’approfondita ricerca di mercato la dittaEwo, che si è rivelata un partner ideale, all’altezza del-le rilevanti aspettative riposte nel progetto.Completa l’impianto l’avanzato sistema di telecontrol-lo remotamente interfacciato con la centrale operativaprovinciale della Reverberi Enetec. L’impianto realiz-zato corrisponde quindi pienamente agli obiettivi di ot-tenere un impianto “pilota” a Led altamente innovativoe prestazionale.

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“MADE IN ITALY”:

UNʼORIGINE GEOGRAFICA

TUTTA DA VALUTARE

Daniela Mainini - Presidente Centro Studi Anticontraffazione

di Daniela Mainini

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Se molto è stato scritto sul valore del marchio quale fat-tore chiave di successo dell’impresa, ancora da appro-fondire è il concetto del valore del Paese di origine deiprodotti. Parlando di “Made in Italy”ovvero di prodottofatto in Italia, pare di tutta evidenza che la “Marca Pae-se”, ovvero il “Country of Origin effect” sia un’associa-zione cognitiva di livello più astratto rispetto al valoredegli Intangibles, cui lo studio del diritto ci ha abituato. Concetto astratto quanto mutevole nel tempo e colle-gato alla percezione che interagisce e si stratifica suimarchi del Paese d’origine. Se è evidente infatti che Armani, Luxottica e Ferrarisiano marchi noti al mondo come esempi di qualità,creatività e design vero è che, per queste stesseaziende, il valore competitivo è fortemente ancoratoall’immagine dell’Italia nel mondo.Quindi, la notorietà di brand globali quali quelli ac-cennati contribuiscono a creare l’immagine del Pae-se nel mondo così come l’origine geografica costitui-sce valore autonomo dalla marca, riconoscibile nelmercato di origine e in quello di esportazione delprodotto.Il tema appare quanto mai interessante in un’econo-mia globalizzata e non è un caso che mai come negliultimi anni, si assista a un notevole incremento diprocedimenti di falso “Made in Italy” con la conte-stazione di vendita di prodotti industriali con segnimendaci, reato a tutela dell’ordine economico e deiconsumatori da frodi perpetrate ai loro danni. I soggetti attivi del delitto in esame sono gli impren-ditori. In brevi parole e per i non addetti ai lavori: allasocietà che si limita ad acquistare merci prodotte inCina indicando “Made in Italy” sarà contestata la fat-tispecie della falsa indicazione di origine; se sul pro-dotto viene indicata l’origine cinese a marchio Bel-l’Italia, sarà contestata la fallace indicazione, ovverouna dicitura tale da indurre il consumatore a ritenereche trattasi di merce di origine italiana.Ma che cosasi intende, oggi, per prodotto “Made in Italy”? Allacreatività legislativa, imprenditoriale oltre che giuri-sprudenziale per meglio definire il concetto,

mi pare che nessun motto sia più calzante del galile-iano “Misura ciò che è misurabile e rendi misurabileciò che non lo è”. Il legislatore si è infatti mosso neltentativo di trovare un giusto equilibrio tra normativaeuropea, lobby imprenditoriali ed evoluzione giuri-sprudenziale, cercando di definire il quantum di unacerta “italianità” dei prodotti in un’economia ormaisempre più delocalizzata in paesi dove la manodo-pera è ancora a basso costo e dove la legislazioneimpone meno oneri.Ed è curioso che sia la Cassazione penale ad introdur-re il concetto di origine imprenditoriale del prodotto

Castore di Artemide, Arcodi Flos, Costanza diLuceplan.Alcune delle lampade delMade in Italy più copiatedel mondo

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Luce

sulle regole

quale prevalente rispetto all’originegeografica dello stesso e ciò inquanto – a detta della SupremaCorte – la garanzia che la leggeha inteso assicurare al consuma-tore, riguarda “l’origine e la pro-venienza del prodotto non già daun determinato luogo, bensì da undeterminato produttore che ha laresponsabilità giuridica, economicae tecnica del processo di produzione”.È questa l’interpretazione giurispruden-ziale che corre in aiuto agli imprenditori,piuttosto attenti nell’omettere la fase asiatica dellaproduzione ed esaltare design e stile tutti italiani.A fronte dell’interpretazione giurisprudenziale e a di-mostrazione dell’interesse economico legato al temail legislatore italiano a più riprese è intervenuto inmateria, anche in termini più rigorosi rispetto allafonte comunitaria.Basti dare uno sguardo alle norme italiane succedu-tesi nel tempo in materia di “made in” per compren-derne la “tortuosità” applicativa anche per il più spe-cializzato degli osservatori: la Finanziaria del 2004,ha esteso l’ambito di applicazione della norma pena-le alle ipotesi fraudolente di “falsa e fallace indica-zioni di provenienza della merce”; la legge n. 80 del2005 ha introdotto il termine “origine” dopo la pro-venienza; il Codice del Consumo ha previsto l’indi-cazione chiaramente visibile e leggibile del Paesed’origine se situato al di fuori dell’Unione europea(sospeso in attesa dell’emanazione del Decreto inter-ministeriale di attuazione); la legge n. 296 del 2006ha ribadito l’uso fallace o fuorviante di marchi azien-dali ai sensi della disciplina sulle pratiche commer-ciali ingannevoli; la legge n. 99 del 2009 di ferrago-sto ha previsto nel solo caso di utilizzo del marchioitaliano l’obbligo per le aziende italiane di indicarecon precisione il luogo di fabbricazione, obbligo poiabrogato dopo un mese. Da ultimo, la legge n. 166

del 20 novembre2009 ha introdotto il con-cetto del “100 % Made inItaly”, rispetto a un “Made inItaly” facente riferimento a cri-teri comunitari e la legge n. 55del 2010 applicabile dal 1° otto-

bre 2010 (nota come legge Re-guzzoni-Versace) prevede l’appo-

sizione obbligatoria del Made in aisettori tessile, pelletteria, calzaturiero

nel caso di almeno due fasi di lavorazio-ne e la tracciabilità delle restanti. Riassu-

mendo: i consumatori italiani e internazionalisubiscono il fascino del prodotto “Made inItaly”, denominazione di origine che impat-ta inevitabilmente sul prezzo finale. Un’indicazione falsa o fallace è un grave ri-schio per l’imprenditore che può subire, aseguito dei controlli doganali e sul territorio,pesanti sanzioni penali e amministrative. Gli imprenditori italiani, che devono subireun’applicazione normativa più rigorosa ri-spetto ai competitor europei con cui gioca-no importanti sfide commerciali, appaiono piut-tosto creativi nei tentativi di celare la delocalizzazio-ne produttiva. Se il punto di osservazione sull’indicazione d’originedei prodotti deve giustamente rimanere la normativaEuropea, ben venga un dettato chiaro e di cogenteapplicazione per tutti i Paesi capace di evitare le di-sparità tra le regolamentazioni vigenti e che possacostituire valido strumento di serio indirizzo per leaziende italiane che devono poter giocare la partitadi trasparenza della filiera in un’equa competizione.Non è un caso che la Comunità europea abbia fattosapere che boccerà la Reguzzoni-Versace che erastata approvata a larghissima maggioranza in Parla-mento e che oggi trova (casualmente) ben pochi di-fensori.

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BANDO DI GARA DI “QUALITÀ”

PER LʼAFFIDAMENTO

DELLʼINCARICO DI REDAZIONE

DEI “PIANI DELLA LUCE”

Due pronunce del Tribunale Amministrativo Regionale dellaLombardia, Sezione di Brescia, sono intervenute, per la prima voltain Italia, riconoscendo le peculiarità delle procedure di gara perl’affidamento dell’incarico di redazione dei “Piani della luce”.

di Marco Loro

Marco Loro - Studio Legale Loro e Partners

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Prima di illustrare gli effetti che due decisioni deiGiudici Amministrativi svolgono nel settore dell’illu-minazione pubblica, è opportuno, anche se sintetica-mente, esaminare i principi giuridici e giurispruden-ziali nel cui ambito dette decisioni “hanno visto laluce”. In primo luogo, è necessario richiamare la cir-colare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del1° marzo 2007, che titola: “Principi da applicare, daparte delle stazioni appaltanti, nella scelta dei criteridi selezione e di aggiudicazione di un appalto pub-

blico di servizi”. Detta Circolare, infatti, riassume unpercorso tracciato dalla Corte di Giustizia Europea,nonché da numerosi Tribunali Amministrativi italianie mette in risalto la distinzione esistente tra criteri diidoneità, utilizzabili per la selezione dei concorrenti,e criteri di aggiudicazione, utilizzabili per la sceltadell’offerta.In secondo luogo, non certo per importanza, invece,deve essere citata la direttiva 2004/18/CEE, che al-l’articolo 44, comma 1, dispone: “L’aggiudicazione

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Luce

sulle regole

degli appalti avviene in base ai criteri di cui agli arti-coli 53 e 55… previo accertamento dell’idoneità de-gli operatori… effettuato dalle amministrazioni ag-giudicatrici conformemente ai criteri relativi alla ca-pacità economica e finanziaria, alle conoscenze oalle capacità professionali e tecniche di cui agli arti-coli da 47 a 52”.Tali normative, come è dato verificare in modo chia-ro dal loro tenore letterale, affermano una generaledistinzione tra, elementi soggettivi (curriculum), va-lutabili ai fini dell’ammissione dei partecipanti allagara, ed elementi oggettivi (qualità e convenienzadell’offerta, del prodotto, del servizio), valutabili aifini dell’aggiudicazione della gara. Il Consiglio di Stato, con decisione n. 622 del 29aprile 2009, in applicazione di tali principi, ha di-chiarato affetto da vizio di eccesso di potere, quindiillegittimo, l’operato della Pubblica Amministrazioneche, in sede di valutazione delle offerte, non distin-gue tra requisiti soggettivi e requisiti oggettivi ovveroattribuisce al vincitore un rilevante punteggio tecni-co fondato sull’esistenza di certificazioni di qualità esulla capacità tecnica dell’operatore.Così come il principio dal quale discende, anche ladecisione del Consiglio di Stato è condivisibile in li-nea generale, potendosi in tale contesto riconoscerealle qualità soggettive del concorrente il valore di“biglietto di ingresso”, di “titolo” a partecipare allagara, non di qualità del “prodotto” offerto.Il curriculum vitae, in altre parole, nel senso del-l’esperienza pregressa, del possesso di particolaricertificazioni o riconoscimenti e della capacità tecni-ca ed economico-finanziaria dei partecipanti, nonpuò essere utilizzato per valutare in punto tecnicol’offerta presentata in sede di gara.Questo, però, in linea generale, non nell’ipotesi diuna gara indetta per l’affidamento dell’incarico di re-dazione del “Piano della luce”.L’approccio generalista, quando non l’inidonea rap-presentazione delle peculiarità, avevano, in primomomento, fuorviato anche gli stessi Giudici Ammini-

strativi di Brescia, i quali sospendevano l’efficaciadel provvedimento di aggiudicazione nei ricorsiiscritti al n. 992 e al n. 993 del ruolo generale del2009, vale a dire in quegli stessi procedimenti che sisono poi conclusi con l’emanazione delle due sen-tenze citate in epigrafe. L’emanazione di tali provvedimenti cautelari di so-spensione, più in particolare, essendo basata, perlegge, sull’esistenza di due presupposti, vale a dire ilpericulum in mora (pericolo di danno grave ed irre-parabile) e il fumus boni juris (fondatezza dei moti-vi), conduce alla conclusione che i Giudici Ammini-strativi hanno ritenuto illegittimo attribuire punteggitecnici rilevanti (superiori in ipotesi al 50% del tota-le) sulla base dei curriculum vitae.Tale posizione iniziale dei Giudici, però, è anche daricondurre alla circostanza che, per la prima volta,veniva loro richiesto di verificare il criterio generaledi valutazione delle offerte utilizzato in una gara perl’affidamento dell’incarico di redazione del PianoRegolatore per l’Illuminazione Comunale (P.R.I.C.).In precedenza, infatti, le impugnative svolte in taleambito vedevano sotto accusa la conformità dei do-cumenti, la validità dei certificati, la valutazione ed ilpunteggio attribuito a detti documenti o certificati,non essendo mai accaduto, invece, che venisse mes-so in discussione il metodo.Trattasi di protocollo, per così dire, che è sempre sta-to utilizzato generalmente dalle stazioni appaltanti inquanto ritenuto non solo del tutto confacente alle fi-nalità perseguite, ma anche pienamente legittimo.Tale metodo è stato peraltro considerato il più adattoa garantire la qualità del Piano della luce, in quantobasato sull’unico presupposto veramente distintivodelle diverse offerte, che non è appunto il prezzobensì la qualità dei soggetti, ciò in termini di profes-sionalità, esperienza ed organizzazione.Solo ragionando in astratto, pertanto, si potrebbe nel-la fattispecie affermare illegittima l’attribuzione di ri-levante punteggio tecnico (oltre 50%) sulla base delcurriculum vitae, quest’ultimo nel senso come sopra

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prospettato. Ma a tale conclusione non è dato perve-nire se non dopo essersi immersi completamente nel-la realtà del settore, ovvero dopo aver compresoquella peculiarità che rende una gara diversa da tuttele altre, tanto da esonerarla dall’applicazione di unprincipio generale del diritto. Ed è proprio questo che deve riconoscersi al Tribuna-le Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezio-ne di Brescia, laddove con speculari decisioni n. 582e 583 del 4 febbraio 2010 ha, da un lato, legittimatol’operato pregresso della P.A. e, dall’altro, soprattut-to, consegnato ai Comuni, ancora non muniti delPiano della luce, uno strumento per poter operare,come in passato, privilegiando la qualità piuttostoche non il prezzo.Qualora fosse infatti stato impedito alle PubblicheAmministrazioni di attribuire rilevanti punteggi tec-nici, sulla base della professionalità, dell’esperienzae dell’organizzazione del singolo candidato, è evi-dente che la scelta tecnica si sarebbe ridotta ad unamera messa a confronto di prezzi. Questo era il rischio che si è corso nel momento incui si è tentato di applicare regole generali che pre-suppongono l’esistenza di più progetti in concorsotra loro laddove, nella realtà, alcun progetto vienepresentato dai singoli partecipanti alla gara.Il Piano Regolatore per l’Illuminazione Comunale,infatti, è uno strumento tecnico che prevede e disci-plina solo le modalità di intervento nella esecuzionedei futuri progetti e lavori di pubblica illuminazione;la fase progettuale, pertanto, è riferibile solo ad untempo successivo ed eventuale rispetto alla gara in-detta per la scelta del professionista a cui affidare laredazione del Piano stesso.I concorrenti ad una gara per l’affidamento dell’inca-rico di redazione del Piano della luce, infatti, forni-scono elaborati che non sono neppure lontanamenteparagonabili al futuro Piano, posto che presentareelaborati di tale genere vorrebbe dire eseguire l’inca-rico prima ancora di partecipare alla gara.Come si è avuto modo di illustrare, anche da parte di

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autorevole rappresentante del “mondo della luce”, laredazione del Piano della luce si suddivide in quat-tro fasi:1) censimento della pubblica illuminazione presen

te sul territorio comunale;2) classificazione delle aree, dei monumenti o delle

zone che dovranno essere disciplinate in modo particolare sotto il profilo illuminotecnico;

3) definizione dei requisiti illuminotecnici da appli-carsi zona per zona;

4) programmazione e pianificazione degli interventi di adeguamento.

Come si vede, nessuna delle citate attività può essereparagonabile ad un progetto che possa essere messoin concorrenza con altri, neppure l’ultima, posto chela normativa regionale, anche in mancanza di preciselinee guida, come ad esempio avviene in Lombardia,pone ferrei “paletti” all’operato e quindi alla discre-zionalità professionale dei singoli operatori. In ognicaso trattasi di attività che i concorrenti non potrebbe-ro eseguire se non successivamente all’aggiudicazionedella gara stessa.Il merito che deve essere riconosciutoai Giudici Amministrativi di Brescia, ciò stante, è quel-lo di aver correttamente valutato le peculiarità di unagara di appalto per l’affidamento dell’incarico di reda-zione di un P.R.I.C. ed aver sapientemente contempe-rato i principi generali del diritto al caso concreto.La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di af-fermare l’esistenza di una netta ed inderogabile distin-zione tra criteri soggettivi di ammissione, di cui agli ar-ticoli 12-17 del Decreto Legislativo n. 157/1995, e cri-teri oggettivi di aggiudicazione, di cui agli articoli 22-23 dello stesso Decreto (Consiglio di Stato n. 1993 del16 aprile 2003 e n. 1446 del 20 marzo 2006), ma cosìanche ha rilevato che il rischio di commistione nondeve essere enfatizzato sulla base di formulazioniastratte bensì valutato caso per caso in concreto (Con-siglio di Stato n. 10111 del 12 giugno 2009). Inquest’ultima decisione il Consiglio di Stato ha, più inparticolare, evidenziato la necessità di un contempe-ramento di tale principio con le esigenze della Pubbli-

ca Amministrazione che, in determinate ipotesi, po-trebbe ben valutare l’assetto organizzativo-strutturalee quindi le qualità professionali dell’offerente, non insenso avulso bensì quale dato concreto di affidabilitàoggettiva e di garanzia di esecuzione secondo le rego-le dell’arte. Sempre il Consiglio di Stato, con decisione n. 2770del 9 giugno 2008, aveva affermato che quando og-getto del giudizio in sede di gara di appalto è un fa-cere, anziché un progetto o un prodotto, ben posso-no determinate caratteristiche dell’impresa proiettar-si sulla consistenza dell’offerta e quindi costituireelemento di valutazione e non solo di selezione. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombar-dia, Sezione di Brescia, ha saputo ben contemperaretutti i sopra esposti principi. Senza le due citate deci-sioni dei Giudici di Brescia, le Pubbliche Ammini-strazioni si sarebbero quindi trovate in una virtuale,ma non meramente ipotetica, mancanza di presup-posti per decidere sulla base dell’offerta economica-mente più vantaggiosa, con l’effetto di dover appli-care, nel timore di ripercussioni processuali, unametodologia fondata solo sul prezzo più basso, laquale non può essere sinonimo di qualità. Il meccanismo decisionale dell’offerta economica-mente più vantaggiosa, infatti, si fonda sull’esistenzadi una valutazione economica (il prezzo) abbinata aduna valutazione tecnica (la qualità), ma è evidenteche, in mancanza di un oggetto o soggetto da potervalutare sotto il profilo tecnico-qualitativo, l’unicocriterio di selezione rimarrebbe appunto quello delprezzo. In un’epoca in cui il mondo dell’illuminazio-ne manifesta una forte tendenza e determinazioneverso il miglioramento della qualità dei prodotti, del-le prestazioni e della resa in termini di risparmioenergetico, avrebbe costituito un controsenso “affi-dare” l’attuale come la prossima futura tecnologiadel settore nelle mani di soggetti che possono solooffrire costi inferiori, così come inferiori capacità,nella redazione di uno strumento di pianificazionecosì importante come è quello del Piano della luce.

Luce

sulle regole

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Roberto Inclinati - Underwriter Laboratories

Innovazione

Il Led (light-emitting diode) è una sorgente di luce asemiconduttori.Introdotto come un componente elettronico nel 1962,inizialmente emetteva una luce rossa a bassa inten-sità, ma le moderne versioni sono in grado di fornireuna luce con alta luminosità utilizzando tutte le fre-quenze (dall’ultravioletto all’infrarosso).Al pari della tecnologia che continua ad avanzare ra-pidamente anche i Led non vengono più utilizzatisolo come “indicatori” bensì come fonte luminosa etrovano applicazione negli apparecchi di illumina-zione. I Led producono un’alta luminosità che sta di-ventando sempre più brillante e concentrata con ilrischio che anche un breve sguardo può lasciare “sun-spot” nei nostri occhi. Questo effetto“after-image” sulla retina che può per-sistere, in molti casi, per parecchi minuti presenta in-terrogativi circa la sicurezza di queste sorgentiluminose. La luce Led è sicura per gli occhi e la pelle?Quali standard di sicurezza esistono per verificare lasicurezza della luce emessa dai Led? Come fanno iconsumatori ad essere certi sulla sicurezza dei pro-dotti Led?

Sono tutte domande importanti e alcune risposte sipossono trovare nei documenti rilasciati dai comitatiinternazionali che attualmente stanno affrontandoquesto argomento.Tutte le sorgenti luminose sono caratterizzate da uncontenuto di energia distribuita su uno spettro (persemplicità possiamo associarlo all'effetto di coloreprodotto), che possiamo definire come radiazioni ot-tiche. Ora, come avviene per tutte le sorgenti delle varieforme di energia, anche le radiazioni ottiche possonoconcorrere a produrre nel bersaglio effettivamentecolpito (tipicamente pelle e occhi) effetti dannosi inrelazione alla loro natura (radiazione visibile, ultra-violetta-UV) e infrarossa-IR). Effetti identificati cometermici e/o fotochimici. Se, ad esempio, un tessuto biologico è colpito con-temporaneamente da un fascio di radiazione otticacomposta da radiazione infrarossa, visibile e ultravio-letta di uguale intensità, l'effetto termico conseguentel'assorbimento della radiazione sarà prodotto in mi-sura prevalente dalla componente infrarossa, a tale ef-fetto si sommerà l'effetto termico minore prodotto

di Roberto Inclinati

EFFETTI FOTOBIOLOGICI SUI

PRODOTTI DI ILLUMINAZIONE

A LED

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dalla componente visibile e l'effetto termico, spessotrascurabile, prodotto dalla radiazione ultravioletta. Nell'identica situazione espositiva, l'effetto fotochi-mico prevalente, sarà prodotto dalla radiazione ultra-violetta a cui si sommerà eventualmente l'effettofotochimico, spesso trascurabile, prodotto dalla radia-zione visibile e quello praticamente inesistente della

radiazione infrarossa in quanto, nell'ambiente di vitae di lavoro, sono presenti un insieme molto vario dilampade che, in rapporto alla loro specifica utilizza-zione, emettono o possono emettere, oltre a radia-zione visibile e IR, radiazioni UV di intensità nontrascurabile. In questi casi l'esposizione a radiazioni ottiche distri-buite in un ampio intervallo spettrale con compo-nente ultravioletta, visibile e infrarossa di intensitàspesso significativa è in grado di produrre sia effettidi natura fotochimica, sia effetti di natura termica chepossono influenzarsi determinando anche fenomenidi sinergismo. È quindi chiaro che lo scopo primario della sicurezzafotobiologica è proprio quello di proteggere l'utiliz-zatore da potenziali effetti nocivi alla salute delle ra-diazioni ottiche prodotte dagli apparecchi diilluminazione.

IEC/EN 62471Le prove e verifiche di conformità alle prescrizionidella norma IEC 62471 sono richieste da novembre2009 sulle lampade e gli apparecchi di illuminazioneequipaggiati da Led. È opportuno inoltre sottolineareil carattere cogente di tali valutazioni con l’adozionedi una Norma armonizzata per poter garantire il ri-spetto dei requisiti di protezione di sicurezza obbli-gatori imposti dalla Direttiva europea 2006/95/CE,che regola la commercializzazione nel mercato co-munitario di tutti i prodotti elettrici ed elettronici.È stato inoltre pubblicato il Rapporto tecnico IEC PAS62471-2, tra i cui scopi vi è quello di fornire assi-stenza ai produttori di sistemi di illuminazione perl'interpretazione delle informazioni di sicurezza for-nite dai fabbricanti di lampada.L'Organismo internazionale per la protezione dellasalute dalle radiazioni (ICNIRP) prima e gli enti dinormazione tecnica (IEC, CENELEC e CEI) poi, hannodefinito come effettuare la valutazione dei potenzialirischi derivanti dall'esposizione umana alle radiazioniottiche, in particolare della pelle e degli occhi. In pra-tica sono stati introdotti: • i livelli di esposizione (dosimetria) massimi che

presentano un rischio potenziale di lesioni agliocchi e alla pelle per effetto di un eccessivo irrag-giamento;

• le grandezze fisiche di riferimento per determinare gli effetti delle radiazioni ottiche e la metodologia di misura associata, che tiene conto delle modalità di interazione della radiazione ottica con il suo

“bersaglio”, cioè l'occhio, in tutte le sue parti e la pelle.Proprio per le caratteristiche delle sorgenti coinvoltee della loro interazione con il nostro organismo, lemisure che si occupano di misurare il contenuto ener-getico delle sorgenti luminose (tipicamente la potenzairradiata) sono quelle radiometriche. In modo particolare, a fronte delle caratteristiche delsoggetto che subisce la radiazione ottica, le gran-dezze considerate sono l'irradiazione (ossia la densitàdi potenza espressa in W/m2) e la radianza, ossia la

Spectra From Common Sources of Visible Light

Wavelenath (Nanometers)

Rela

tive

En

erg

y

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quantità di energia che fuoriesce da una superficie ri-spetto alla direzione di incidenza sull'ipotetico osser-vatore. Il nostro occhio percepisce proprio la radianzadi una sorgente luminosa. In funzione poi dei livelli diemissione in termini di irradianza e radianza, oppor-tunamente ponderati con funzioni di trasferimento cor-relate alle caratteristiche spettrali della radiazione edella parte che subisce taleradiazione (cornea, retina,cristallino, pelle), le lampade e gli apparecchi di illu-minazione vengono classificati su quattro livelli cheesprimono quattro “gruppi di rischio”. Il Gruppo 0 (oExempt Group) garantisce all'utilizzatore l'assenza dipericolo fotobiologico, il Gruppo 1 un rischio basso ecosì via fino al Gruppo 3, che esprime un rischio altoanche per brevi periodi di esposizione e quindi di fattovieta l'uso di tali sorgenti di illuminazione.

ANSI/IESNA RP 27 La sicurezza fotobiologica associata all’uso di lam-pade ed apparecchi di illuminazione è materia di stu-dio già da molti anni negli USA, tanto che lo standardche definisce metodi, limiti di esposizione e classifi-cazione ed etichettatura degli apparecchi sulla basedei livelli di radiazioni ottiche associati, è alla suaterza edizione (ANSI/IESNA RP-27). Si può quindi tranquillamente affermare che lo stan-dard internazionale prima e quello europeo a seguire(IEC/EN 62471) sono in buona misura “derivati” dal

documento americano. Infatti la genesi e il modelloadottato per la definizione delle prescrizioni è sostan-zialmente identico: i rischi associati, i limiti di espo-sizione in funzione alla distribuzione spettrale delleradiazioni ottiche (UV, luce blu, IR, ecc.), le gran-dezze radiometriche rappresentative (irradianza e ra-dianza) come pure i metodi di misura. Unica differenza degna di nota riguarda la funzionedi ponderazione R (λ) della radianza spettrale inte-grata L(λ) della sorgente luminosa nella regione delvisibile e del vicino IR o IR-A (380 – 1400 nm), asso-ciata alla protezione dalle lesioni termiche della re-tina. In questo caso i valori della funzione R (λ) fissatidalla norma ANSI/IESNA sono rilassati di un ordinedi grandezza per lunghezze d’onda comprese tra 380e 495 nm.

È invece importante sottolineare la presenza nellanorma americana di precise prescrizioni relative alleinformazioni che devono accompagnare gli apparec-chi di illuminazione in merito agli aspetti di sicurezzafotobiologica sulla base della classificazione in“gruppi di rischio” emersa dalle misure effettuate e alfine di fornire all’utilizzatore tutte le informazioni perun uso sicuro di tali sorgenti di illuminazione.Il documento europeo EN 62471 infatti non esprimealcuna prescrizione relativa alle limitazioni di utilizzoe/o requisiti di marcatura o avvertenze destinati al-

Innovazione

Gruppo di rischio Criteri di classificazione

Esente Nessun pericolo fotobiologico

Gruppo 1(rischio basso)

Nessun pericolo fotobiologico con limitazioni nell’uso normale

Gruppo 2 (rischio moderato)

Nessun pericolo dovuto alla reazione di fastidio o di disagiotermico prodotte da sorgenti molto luminose

Gruppo 3 (rischio alto)

Pericolo anche per brevi esposizioni

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l’utilizzatore, rimandando tali requisiti alle relativenorme di prodotto e ad una guida alla marcatura deiprodotti (IEC TR 62471-2).Il documento americano RP-27.03-07 dedica inveceun intero capitolo a tali requisiti con particolare rife-rimento a:• contenuti minimi dell’etichettatura in merito alle

precauzioni da adottare nell’uso ordinario;• identificazione del prodotto (Classe di rischio fo-

tobiologico);• informazioni tecniche di accompagnamento del

prodotto.Nel dettaglio, le informazioni da inserire nell’etichet-tatura, in forma abbreviata o semplificata, devonocomprendere almeno i seguenti elementi:• un’indicazione di avvertimento (signal word);• un riferimento al pericolo potenziale (es. irrita-

zione della pelle, danno agli occhi);• un elenco delle precauzioni da adottare per evitare

tali rischi (es. necessità di schermi protettivi o di

evitare di fissare la sorgente luminosa);• il riferimento alla classe di rischio di appartenenza:

ANSI RG1, ANSI RG2, ANSI RG3 oppure RG-1, RG-2, RG-3.

Il costruttore della lampada deve inoltre fornire (odeve rendere disponibile su richiesta) i dati relativialla distribuzione spettrale su tutta la gamma di lun-ghezze d’onda comprese tra 300 e 800 nm (che siestende tra 200-1400 laddove la sorgente produceemissioni pericolose in quelle bande) nella forma di:1. spettro della potenza radiante, oppure2. radianza spettrale, oppure3. intensità spettrale, oppure4. irradianza spettrale;ed infine, il fattore di conversione potenzaradiante/potenza luminosa. Tali informazioni sono in-fatti essenziali per il fabbricante di apparecchi di il-luminazione al fine di ottimizzare le configurazioninella progettazione e costruzione di adeguate prote-zioni o personalizzazioni estetiche.

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È un progetto tra i più importanti per la Capitale quelloche il Comune di Roma e ACEA hanno presentato loscorso novembre. Un piano che prevede il raddoppiodella capacità produttiva di ACEA da 3.000 a 6.000punti luce all'anno; un programma pluriennale di in-vestimenti pari a oltre 200 milioni di euro e una ridu-zione dei consumi di circa 8mila-10mila t di anidridecarbonica all'anno, entro il 2020.Un forte impegno anche sotto il profilo del raffrontocon le esperienze internazionali, infatti, ACEA, tra imaggiori operatori italiani nei servizi di pubblica utili-tà, gestisce a Roma ben 170 mila punti luce, alimenta-ti da 7.100 chilometri di rete, distribuiti su circa 5.000strade, in un'area di 1.300 chilometri quadrati.Il pro-getto prevede lo sviluppo della tecnologia a Led ed unpiano estensivo di retrofit, che punta alla sostituzionedi 100mila lampade con l'adozione del Led entro il2020 in alcune strade, piazze, giardini, vie consolari,ecc. identificate per il livello di criticità. L'interventoriguarderà circa 3.605 siti – pari a 1.430 chilometri –per i quali è prevista l'installazione di circa 53milapunti luce tra nuovi impianti e lavori di potenziamen-to/completamento di quelli esistenti. Se l'illuminazione pubblica da alcuni anni anche at-traverso le nuove tecnologie rappresenta per i cittadi-ni un aspetto determinante nel qualificare e rivalutaregli spazi delle città e renderli più confortevoli e sicuri"Una corretta illuminazione – ha dichiarato il Diretto-re Illuminazione Pubblica di Acea, l'Ing. Giovanni Vi-varelli – rappresenta un'opportunità per lo sviluppo eper il benessere delle realtà urbane e quando a questosi aggiunge un approccio ecocompatibile, il beneficio

si traduce anche sul piano del contenimento dei costiper le amministrazioni locali che avranno così risorselibere da allocare su altri fronti". Un Piano della luce che oltre a questi prioritariobiettivi, rappresenterà anche un'opportunità di svi-luppo per le aziende d'eccellenza che concorronoalla sostituzione o alla riconversione delle struttureesistenti a Roma. Sono nove le aziende che allo stato attuale sono coin-volte nelle operazioni delle quale sei hanno sede inEuropa, frutto di una selezione condotta sulla base diun benchmark dinamico. A questo proposito l'ing. Vi-varelli ha dichiarato "Anche il meccanismo di selezio-ne dei partners di ACEA rappresenta un fiore all'oc-chiello del progetto; le aziende che concorrono allarealizzazione del piano devono infatti superare unarigorosa selezione che tiene conto sia di criteri quali-tativi sia di criteri economici e grazie a questo ap-proccio è stato possibile ridurre di anno in anno il nu-mero delle imprese coinvolte (nel 2009 erano 24), se-lezionando in questo modo solo le eccellenze". Ri-cordiamo che nel corso del 2009, in particolare nel-l'ambito dei programmi per il piano delle periferiecommissionati dal XVI Dipartimento del Comune diRoma, sono stati progettati e ultimati da ACEA i lavoriper gli impianti con tecnologia Led per 358 punti lucein 16 strade, distribuite in 4 principali zone urbanisti-che. Con il 2010 si è invece inaugurato il piano, cheprevede la realizzazione di 105 progetti per nuovi im-pianti di illuminazione pubblica per un totale di1.267 punti luce (1.120 dei quali su "strade normali"e 165 all'interno di aree verdi). Silvano Oldani

IL PIANO DELLA LUCE DI ROMA

2010-2020

News

ed Eventi

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Un libro per i vent'anni di attività del lighting designer internazionale

In occasione di "Days of Oris", il convegno interna-zionale di architettura che si è tenuto a Zagabria a ot-tobre con il patrocinio del Presidente dellaRepubblica Croata, Ivo Josipović, e la presenza al-l'Auditorium “Lisinski” di prestigiosi nomi dell’archi-tettura internazionale tra cui Paulo David, FranciscoMangado, Hans Gangoly, Guilherme Lassance, Mum-

bai Studio e lo svizzero 66enne di fama mondiale,vincitore del Premio Pritzker 2009, Peter Zumthor -che ha ricevuto l'Oris Nexe Award per l'eccezionalecontributo all'architettura - è stato presentato il libroMy Light, pubblicato in occasione dei vent'anni di at-tività come lighting designer dell’architetto DeanSkira, nato in Bosnia e Herzegovina, vissuto a New

York dal 1986 al 1994, dove ha stu-diato interior design presso il Fa-shion Institute of Technologies,specializzandosi in illuminazionearchitetturale. Tra gli eventi del simposio di duegiorni, la mostra "Paromlin" con ilavori di un concorso internazio-nale di progettazione per l'omo-nima location di Zagabria; lamostra fotografica di Pedro Engelsulla città di Brasilia; proiettati ifilm “Oscar Niemeyer" di FabianoMaciel; "Borderline Architecture",presentato dall'Ungheria alla Bien-nale di Architettura di Venezia e“The Field of Crosses of NikolaBašić“ di Davor Šarić. Dean Skira, dopo il lungo sog-

FESTEGGIATO DEAN SKIRA

CON "MY LIGHT"

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giorno a NY, ritornato nel 1995 in Croazia, fonda Lu-menart d.o.o. lighting design, realizzando numerosiprogetti internazionali, vincitori di premi sia per laprogettazione illuminotecnica sia per l'architettura.Membro IES per il Nord America è presidente dell'as-sociazione croata dell'illuminazione.Nel volume My Light, pubblicato in Italia da LupettiEditori, a cura di Andrija Rusan e Tamara Zamelli, conla prefazione dell’architetto Piero Castiglioni, si trac-cia la storia di Skira e lo stesso lighting designer conun saggio illustra il suo approccio creativo e la suaprassi, esemplificata nelle successive pagine da unaventina di progetti, foto, descrizioni e disegni oltre lalista completa di tutti i suoi lavori. Un capitolo speciale è dedicato alla "House of Light",

la Casa della Luce ovvero la sede Lumenart, il cui edi-ficio – un polo forse unico in Europa per l’informa-zione e la conoscenza del progetto illuminotecnico –ha vinto, nell'edizione 2007/2008 del premio De-dalo-Minosse per la committenza in architettura, ilpremio speciale Caoduro. Il libro include inoltre le testimonianze di collabora-tori e amici, come quella nella prefazione di Piero Ca-stiglioni “… Il ruolo di Dean Skira nel panoramainternazionale dell’illuminazione è sicuramente es-senziale ed è confermato dai premi internazionaliricevuti, mi auguro che in molti paesi possa ripetersila sua esperienza e che molti light designers con lostesso coraggio seguano la sua strada“. Alessia Guadalupi

News

ed Eventi

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Pali Italia S.p.A. Società controllata da Tecnopali Group S.p.A.Strada Pizzolese 46/a 43122 Parma Italy T: +39.0521.608211 F +39.0521.607475 www.tecnopalilighting.it

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