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S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 5 S&C (Ita) n.18, Ottobre-Dicembre 2016, pp. 5-8 Il marchese Luigi Monticelli Obizzi, fondatore e primo presidente della Federazione Atletica Italiana (da cui traggono origine la FIJLKAM e la FIPE), è un personag- gio davvero interessante e merita tutta la nostra at- tenzione. Ne esamineremo dunque le migliori prestazioni sportive, i prestigiosi incarichi ricoperti e gli infelici anni del tramonto. Nasce a Crema il 6 luglio 1863. Giovanissimo, il marche- se pratica con successo nuoto, ginnastica, scherma e canottaggio. Comincia a esercitarsi con i pesi a 20 anni, mentre compie gli studi navali a Genova (è promosso capitano di lungo corso), e nel 1885, trasferitosi a Mi- lano, entra alla S.G.M. Forza e Coraggio. Durante i suoi frequenti viaggi all’estero si esercita anche nel pugila- to e nella boxe francese (savate). Nel 1890, con alcuni pesisti provenienti – come lui – dalla Forza e Coraggio, fonda il Club Atletico Milanese, con sede in via Madda- lena (presso piazza Missori). Non esistendo ancora una Federazione italiana, Monticelli iscrive il CAM a quella tedesca. Il 5-6 aprile 1896, «cedendo alle insistenze degli amici», il marchese partecipa e si classifica 2° al concorso inter- nazionale di Amsterdam (organizzato dall’Amsterdam- sche Athleten Club Hollandia) dietro il tedesco Johannes Schneider, che pesa 42 chili più di lui. Monticelli distende 100 kg, slancia 110 kg e, nella prova di resistenza, di- stende 75 kg per 9 volte. «Le prime competizioni in Italia si devono al suo mece- natismo e al suo esempio», afferma La Gazzetta dello Sport. Per iniziativa dell’infaticabile marchese il 2 maggio 1897, presso la Società degli Artisti e Patriottica in via Giuseppe Verdi 4 (dove il CAM ha trasferito la sede), si Livio Toschi LIVIO TOSCHI architetto, sinteressa anche dimpianti sportivi e di storia dello sport. È consulente storico e artistico della Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali, della Federazione Italiana Pesistica, della Federazione Sammarinese di Judo, è direttore artistico del Museo degli Sport di Combattimento a Ostia Lido. Membro dellAccademia Olimpica Nazionale e della Società Italiana di Storia dello Sport, ha scritto 16 libri e innumerevoli articoli, e ha inoltre organizzato svariate mostre sullo sport nellarte. l marchese LUIGI MONTICELLI OBIZZI Ricordiamo il Fondatore a 70 anni dalla scomparsa I Fig. 1 Il marchese Luigi Monticelli Obizzi (1863-1946) Fig. 2 Medaglia del Club Atletico Milanese, fon- dato da Luigi Monticelli Obizzi nel 1890

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Il marchese Luigi Monticelli Obizzi, fondatore e primo presidente della Federazione Atletica Italiana (da cui traggono origine la FIJLKAM e la FIPE), è un personag-gio davvero interessante e merita tutta la nostra at-tenzione. Ne esamineremo dunque le migliori prestazioni sportive, i prestigiosi incarichi ricoperti e gli infelici anni del tramonto.

Nasce a Crema il 6 luglio 1863. Giovanissimo, il marche-se pratica con successo nuoto, ginnastica, scherma e canottaggio. Comincia a esercitarsi con i pesi a 20 anni, mentre compie gli studi navali a Genova (è promosso capitano di lungo corso), e nel 1885, trasferitosi a Mi-lano, entra alla S.G.M. Forza e Coraggio. Durante i suoi frequenti viaggi all’estero si esercita anche nel pugila-to e nella boxe francese (savate). Nel 1890, con alcuni pesisti provenienti – come lui – dalla Forza e Coraggio, fonda il Club Atletico Milanese, con sede in via Madda-lena (presso piazza Missori). Non esistendo ancora una Federazione italiana, Monticelli iscrive il CAM a quella tedesca.Il 5-6 aprile 1896, «cedendo alle insistenze degli amici», il marchese partecipa e si classifica 2° al concorso inter-nazionale di Amsterdam (organizzato dall’Amsterdam-sche Athleten Club Hollandia) dietro il tedesco Johannes Schneider, che pesa 42 chili più di lui. Monticelli distende 100 kg, slancia 110 kg e, nella prova di resistenza, di-stende 75 kg per 9 volte.

«Le prime competizioni in Italia si devono al suo mece-natismo e al suo esempio», afferma La Gazzetta dello Sport. Per iniziativa dell’infaticabile marchese il 2 maggio 1897, presso la Società degli Artisti e Patriottica in via Giuseppe Verdi 4 (dove il CAM ha trasferito la sede), si

Livio Toschi

LIVIO TOSCHIarchitetto, s’interessa anche d’impianti sportivi e di storia dello sport.È consulente storico e artistico della Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali, della Federazione Italiana Pesistica, della Federazione Sammarinese di Judo, è direttore artistico del Museo degli Sport di Combattimento a Ostia Lido. Membro dell’Accademia Olimpica Nazionale e della Società Italiana di Storia dello Sport, ha scritto 16 libri e innumerevoli articoli, e ha inoltre organizzato svariate mostre sullo sport nell’arte.

l marchese LUIGI MONTICELLI OBIZZIRicordiamo il Fondatore a 70 anni dalla scomparsa

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Fig. 1 Il marchese Luigi Monticelli Obizzi (1863-1946)

Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 5

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5-8Il marchese Luigi Monticelli

Fig. 2 Medaglia del Club Atletico Milanese, fon-dato da Luigi Monticelli Obizzi nel 1890

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1. LE BASI E LA STRUTTURA GENERALEIl progetto Club Italia Youth (C.I.Y) prende vita sotto forma embrionale nel 2013 da un proget-to pilota esposto nella prima riunione della Dire-zione Tecnica Nazionale (D.T.R.), in cui la Federa-zione Pesistica dava la possibilità alle regioni che aderivano al progetto di creare raduni regionali o interregionali per motivare i giovani più talentuo-si e combattere la perdita di atleti promettenti, sfruttando un budget messo a disposizione della regione esclusivamente per progetti aventi per obiettivo l’attività giovanile.

La partecipazione delle regioni a questo tipo di progetti è stata via via più corposa ed ha consen-tito di mettere in evidenza un numero consisten-te ed interessante di atleti e ha reso necessario trovare una formula da applicare al territorio ed alle diverse realtà, che si è poi evoluta nel proget-to Nazionale C.I.Y. che esponiamo di seguito.

L’obiettivo principale del nuovo progetto (dedicato alle fasce di età che vanno dai 13 ai 17 anni) è essenzialmente quello di qualificare gli atleti più promettenti del vivaio nazionale, predisponendo loro un percorso univoco sotto il profilo:

• educativo: considerata la delicata fascia d’età con cui si lavora, questo aspetto riveste infatti una notevole rilevanza. Naturalmente, rientrano qui tutte le istruzioni per una civile

convivenza, ma anche tutte le nozioni del vi-vere insieme all’interno di un raduno sportivo che si spera sia per molti di loro lo stile di vita che li attenderà nel prossimo futuro;

• tecnico: garantendo, cioè, ai ragazzi che ac-cedono al progetto le basi posturali e tecni-che su cui costruire le prestazioni future. È importante far acquisire nozioni teoriche e pratiche con un linguaggio uniforme in ogni occasione di incontro e di raduno;

• cultura del lavoro: ovvero, far capire ai ra-gazzi che solamente attraverso il lavoro co-stante si possono raggiungere gli obiettivi prefissati; che non serve scoraggiarsi per una delusione oppure esaltarsi per un suc-cesso, ma che occorre sempre impegnarsi a lavorare per raggiungere l’obiettivo succes-sivo;

• monitoraggio attento, seguendo i ragazzi nel loro percorso di crescita e testandoli in ogni appuntamento. A tal proposito, si è ritenu-to utile creare uno staff dedicato proprio alla somministrazione e all’analisi dei test anato-mo-funzionali e di affidare invece al gruppo de-gli allenatori la supervisione dei test tecnici.

Questo delicato passaggio, da locale a centraliz-zato, ha naturalmente impegnato molto la nostra Federazione sotto il profilo sia amministrativo sia tecnico–organizzativo.

MARCO DI MARZIOEx atleta azzurro, 11 volte campione italiano assoluto. Tecnico FIPE di 4° Livello europeo, Docente FIPE, Coordinatore Tecnico Nazionale del Progetto Club Italia Youth.

CARLO VARALDAPhD in Scienze dello Sport, dell’Esercizio Fisico e dell’ErgonomiaCoordinatore Area Formazione FIPE: Strength Academy e NSCAPreparatore FisicoEsperto in Valutazione FunzionaleCertifi cato CSCS *D & CPT*D

ROGETTO CLUB ITALIA YOUTH

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Marco di Marzio, Carlo Varalda

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INTRODUZIONELa frequenza cardiaca è da sempre una rispo-sta fisiologica dovuta ad una frequenza di sti-moli del sistema cardiovascolare durante le fasi della giornata. La Frequenza cardiaca si misura in battiti al minuto ed è un indicatore dell’inten-sità dello sforzo. Nel corso degli anni, l’analisi delle variazioni della frequenza cardiaca è stata oggetto di numerosi studi ed ha nella maggior parte dei casi offerto una ampia base di lette-ratura scientifica che risulterebbe particolar-mente utile nello sport.

LA FREQUENZA O LE FREQUENZE CARDIACHE?Nel corso del secolo scorso, era prassi comu-ne identificare per ogni individuo una frequenza cardiaca massima di riferimento che lo accom-pagnava durante tutta la sua vita. La formu-la nota 220-età era infatti una delle più note pratiche di valutazione della massima frequen-za cardiaca per ogni individuo e, da questa, si

definivano le varie “zone” di allenamento, nor-malizzate come percentuale (%) della frequen-za cardiaca. Seppur ancora utilizzata in campo medico, con recenti variazioni, e nonostante la presenza nelle linee guida internazionali per la prescrizione dell’esercizio fisico, questa mo-dalità di individuazione della frequenza cardia-ca massima è, nello sport competitivo, sempre meno utilizzata (1) (2).Le variazioni della frequenza cardiaca, infatti, sono state studiate in maniera intensiva e le sue variazioni sono fortemente connesse non solo al sesso o a fattori individuali, come l’umo-re, lo stress e l’età, ma bensì a fattori esterni come la temperatura, l’umidità, lo stato di idra-tazione. Questi fattori non sono peraltro esau-stivi nello spiegare perché due persone dello stesso sesso ed età possono avere frequenze cardiache anche sensibilmente differenti (3).

Considerare, quindi, “la frequenza cardiaca massima” quale strumento di lavoro per sta-

GIANMARIO MIGLIACCIODottore di ricerca in Sport Science, direttore scientifico Sport Science Lab (UK)

Migliaccio Gian Mario (1), Omeri Massimo (2), Marco Cosso (1), Padulo Johnny (3-4)1: Sp ort Science L ab ( L ondon, U K ) , 2: F IS F ederazione Italiana Sch erma ,

3 : eCamp us U niversity ( Italy) , 4 : F aculty of K inesiolog y , U niversity of Sp lit ( Croatia) .

requenza e Variabilità cardiaca nello Sport: quando, come e perché usarle?

FMASSIMO OMERIDottore in Scienze motorieTecnico di IV° Livello CONIMaestro di scherma Fis\Coni

MARCO COSSODottore in Scienze Motorie e SportivePreparatore fisico

JOHNNY PADULODottore di ricerca in Sport Science, ricercatore presso Università eCampus (Italia)

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Gli Autori hanno una considerevole esperienza nel settore della preparazione fisica e mentale di pesisti di livello nazionale, internazionale e olimpi-co, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Si trat-ta di uomini e donne, atleti di livello junior, senior e master (veterani). Anche se vi possono essere differenze nella stesura del programma correlate all’età, al sesso o (occasionalmente) alle caratte-ristiche individuali, tutti i programmi di allenamen-to per questi gruppi seguono le stesse caratteri-stiche di base.

Ad esempio, prendiamo in considerazione un pe-sista di sesso maschile, ben allenato, di livello moderatamente avanzato (non di élite) (94 kg, 300 kg di sollevamento totale). Viene messo in atto un programma di valutazione/monitoraggio in modo che possano essere registrati i progressi dell’allenamento muscolare. Il test iniziale indica che tale atleta possiede un talento sufficiente

per progredire verso competizioni internazionali e il suo obiettivo a medio termine è di competere nei Commonwealth Games. In collaborazione con il suo allenatore, l’atleta costruisce un programma a lungo termine progettato per produrre un tota-le (325 kg) che farà ottenere all’atleta la qualifi-cazione per i Commonwealth Games. Nella figura 1, viene presentato uno schema generale del pro-gramma a lungo termine.

Nelle tabelle 1 e 1b, viene invece presentato un esempio di mesociclo di 12 settimane, indicativo della fase di preparazione. In questo modello gene-rale, il primo blocco (4 settimane) è dedicato all’al-lenamento forza-resistenza ad alto volume pro-dotto da un maggior numero di ripetizioni per serie (10 ripetizioni per ciascuna serie). Benché volumi/ripetizioni così elevati non siano eseguiti spesso dai pesisti, riteniamo che questa fase di volume elevato sia importante per numerosi motivi:

STRAPPO E SLANCIO | PESISTICA PARALIMPICA | KETTLEBELL | ALLENAMENTO IN SOSPENSIONE | ESERCIZI IN SALA PESI | LA RIATLETIZZAZIONE | VALUTAZIONE E ALLENAMENTO NELLE MALATTIE METABOLICHE | STRUMENTI PER IL DEFATICAMENTO |

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MICHAEL H. STONE è attualmente Direttore del Laboratorio di Scienze motorie e sportive alla East Tennessee State University.

KYLE PIERCE è professore al Dipartimento di chinesiologia e Scienze della Salute e Direttore e Allenatore del Weightlifting Development Center a LSU Shreveport.

WILLIAM A. SANDS è capo di Sports Biomechanics and Engineering per il Comitato olimpico statunitense.

MARGARET E. STONE è attualmente allenatore di atletica leggera alla East Tennessee State University.

ollevamento pesi: la stesura del programma

S SECONDA PARTE

(Orig. Weightlifting: A brief Overview, Strength and Conditioning Journal 2006,

Volume 28, Numero 1, pp. 50-66))

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CENNI DI EPIDEMIOLOGIALa preparazione atletica oggi persegue un du-plice obiettivo, ossia tentare di incrementare i livelli di performance dei singoli calciatori e ri-durre per ciascun atleta il rischio di infortunio.La possibilità di poter contare su un modello di studio relativo agli aspetti preventivi ha con-tribuito alla raccolta di numerose informazioni di tipo epidemiologico in grado di sostenere le scelte metodologiche adottate dai singoli staff.Nell’ambito di un’attenta gestione dei carichi di allenamento e nell’ottica di una puntuale se-lezione delle esercitazioni, è evidente come gli aspetti preventivi possano riferirsi unicamente alla traumatologia da non contatto.Le lesioni da non contatto ai muscoli ischiocru-rali o hamstring, sono frequenti in sport come il calcio, nel cui modello prestativo sono presenti sprint, accelerazioni, cambi di direzione e tiri.In letteratura, l’alto numero di infortuni agli hamstring è stato ed è tuttora ampiamente studiato e documentato: nel calcio, infatti, le lesioni a tale distretto risultano 2,5 volte più frequenti rispetto a quelle che interessano i capi muscolari del quadricipite (Bisciotti, 2013; Hawkins et al., 2000).Analisi epidemiologiche ancora più recenti han-no messo in risalto come gli insulti muscolari

al distretto degli hamstring abbia assunto un trend negativo negli ultimi anni, con un incre-mento statisticamente significativo nelle ultime stagioni sportive (Ekstrand et al., 2016). Ed evidenziano ancora una volta come il rischio di lesione sia notevolmente più alto in gara piutto-sto che in allenamento (Ekstrand et al., 2016).Le gestualità che espongono al rischio infortu-nio potrebbero essere rappresentate dai movi-menti ad alte velocità richiesti dal gioco: gli ar-resti improvvisi, le ripartenze, i repentini cambi di direzione e le azioni tecnico-specifiche ad alta velocità (Bisciotti, 2013; Verral at al., 2003; Woods et al., 2004; Brooks et al., 2006; Gabbe et al., 2006; Hawkins et al., 2001; Orchard & Seward, 2002). Tali lesioni hanno anche un’alta percentuale di recidiva, tanto che un terzo degli infortuni può ripresentarsi entro due settima-ne dal primo evento lesivo (Orchard & Seward, 2002), senza considerare che tale rischio resta alto per circa un anno laddove, spesso, la gravi-tà della seconda lesione è maggiore della prima (Gabbe et al., 2006; Warren et al., 2010).Si possono ottenere maggiori indicazioni se si scompongono le fasi imposte all’arto inferiore dalla gestualità di corsa veloce: la maggior par-te delle lesioni si verifica durante la fase tardiva di oscillazione dell’arto libero, anche se la ricer-

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INTRODUZIONEGli esercizi di pesistica, compresi lo strap-po (snatch), lo slancio (clean and jerk) e le loro varianti, sono in uso già da tempo. Numerosi studi hanno esaminato come tale tipo di esercizi possa contribuire a migliorare la capacità di salto verticale (1, 5, 8). Capacità che si ritiene essere un indicatore fondamentale per misurare la prestazione degli atleti in molti sport e che è ampiamente utilizzata nei protocol-li per testare la potenza (4, 9). Esistono analogie importanti tra il sollevamento pesi e i movimenti del salto verticale e nel modo in cui essi si correlano con la forza, la po-tenza e le capacità atletiche (1, 5). Quan-

do vengono eseguiti in modo corretto, lo strappo, lo slancio e gli esercizi correlati assomigliano agli schemi di movimento del salto verticale (4, 8) in quanto sono com-posti da veloci movimenti esplosivi. Queste somiglianze sono importanti poiché sia i movimenti del sollevamento pesi olimpico che il salto verticale sono specifici di molte abilità atletiche (6, 10).Una forma relativamente nuova per mi-gliorare il condizionamento atletico è l’al-lenamento con il kettlebell. Si ritiene che quest’ultimo offra quasi tutti gli stessi benefici del sollevamento pesi. Tuttavia esistono poche ricerche su tale tipo di al-lenamento. Per quanto ne sappiamo, esi-

(Orig. E� ects Of Weightlifting Vs. Kettlebell Training On Vertical Jump, Strength, And Body Composition, Journal of Strength and Conditioning Research, Vol. 26, n.5, May 2012, pp. 1199-1202)

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ffetti del sollevamento pesi e dell’allenamento con il kettlebell sul salto verticale, la forza e la composizione corporea

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Intraprendiamo un percorso che ci farà scoprire le caratteristiche e le potenzialità di un attrezzo avanzato per l’allenamento efficiente ed efficace rivolto a una vasta gamma di persone, dalle più sportive alle sedentarie.In questo percorso, impareremo ad utilizzare l’u-nità FIPE AinS Training, uno strumento che con-sente di eseguire un enorme numero di esercizi per allenare diverse qualità e capacità fisiche. Inoltre apprenderemo nozioni riguardanti l’allena-mento funzionale (termine molto di moda e spesso abusato) e come tutti gli esercizi eseguiti con il FIPE AinS Training rientrino in questa particolare metodologia.

1. COME NASCE AINS?

Le Origini moderneL’attrezzatura e il programma di allenamento sono stati sviluppati da Randy Hetrick, un ex ap-partenente ai Navy Seals, durante gli anni ‘90 e

la commercializzazione è iniziata nel 2005. Nello stesso periodo, Kurt Dasbach, un ex giocatore di calcio cileno, scoprì una tecnica di allenamento inca basata su cinghie e progettò uno strumento molto simile, chiamandolo Inkaflexx.

2. UN NUOVO MODO DI ALLENARSI

L’allenamento in sospensione (AinS training) offre ai praticanti molti vantaggi in confronto a un pro-tocollo di allenamento convenzionale basato sull’u-tilizzo delle tradizionali tecniche di muscolazione.

3. PANORAMICA SULL’ALLENAMENTO IN SOSPENSIONE

I concetti dell’allenamento in sospensione sono ap-plicati da centinaia di anni con varie metodologie. Era già praticato nelle legioni romane e gli antichi acrobati cinesi ne furono i primi maestri ricono-sciuti. Le unità di combattimento del diciannove-

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MIRCO FERRARITecnico 3° livello FIPEResponsabile Nazionale AinS FIPEPreparatore Fisico Squadre Nazionali Nuoto Sincronizza-to FINEsperto in Riatletiz-zazione e recupero degli sportivi

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Inquadra il QR-code per vedere i videodegli eserciziproposti in questo articolo.

OVVERO, COME RENDERE L’ALLENAMENTO FUNZIONALE

AL MOVIMENTO

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Il lavoro che presentiamo in questo numero di S&C. Per una Scienza del movimento dell’uomo ha il merito – grande! – di attribuire a quel complesso di attività che van-no sotto la denominazione emblematica di resistance training (ovvero, che si avval-gono di resistenze aggiunte via via al movimento, secondo una strategia articolata e volta per volta adattata) un ruolo, affatto trascurabile, relativamente ai benefi ci tangibili e comprovati, indotti dall’esercizio fi sico per alcuni dei fattori di rischio asso-ciati alle complicanze del diabete. Pure se non esistono ancora pareri univoci e perciò anche consolidati circa la facile, agevole somministrazione degli esercizi di forza a soggetti portatori di questa malat-tia metabolica, con adeguata aderenza degli stessi alla proposta terapeutica (chè di proposta terapeutica, non v’è dubbio, si tratta!), vi è da riferire che la letteratura più recente ed autorevole illustra assai bene i vantaggi che comporta l’integrazione

del lavoro di muscolazione con quello cosiddetto aerobico. D’altra parte, sarebbe diffi cile sostenere che laddove non sussistano controindicazioni alla pratica di esercizi di potenziamento muscolare, questi ultimi non possano, vantaggiosamente, essere associati alla stimolazione aerobica nei soggetti portatori di diabete di tipo 2, potenziandone, nel tempo, i già comprovati benefi ci.

Senza, ovviamente, trascurare l’importanza che la combinazione delle due differenti sollecitazioni, quella muscolare periferica e quello aerobica, indiscutibilmente assume come importante elemento di prevenzione di base, per il miglioramento che induce del livello complessivo di fi tness del soggetto.

Buona lettura.

Giampietro AlbertiDipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie

Università degli Studi di Milano

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INTRODUZIONEIn Italia e all’estero, nell’ambito della letteratu-ra scientifica, nel corso degli anni, diversi studi 2,3,9 hanno definito l’incidenza e l’entità del danno biologico correlato alla pratica dello sport in ge-nerale e degli “sport da combattimento”6 in par-ticolare. Nell’ambito della medicina allopatica, gli studi di Agel et al nel 2007, elaborando i dati raccolti dalla stagione agonistica 1988–1989 alla stagione agonistica 2003–2004 dalla Na-tional Collegiate Athletic Association (NCAA), in ordine al programma di sorveglianza del danno correlato alla pratica sportiva, hanno dimostra-to che è possibile individuare fattori di rischio modificabili, per definire opportune strategie di prevenzione degli infortuni.

Da alcuni anni ormai, l’osteopatia ha iniziato a fornire il proprio contributo allo sport d’élite: diversi1 sono, infatti, i professionisti al seguito di atleti, impegnati in discipline estremamente differenti tra loro per modelli e caratteristiche prestazionali. Il dr M. Manassero osteopata della nazionale italiana di golf10 e il dr. C. Civitil-lo, propositore di un punto di vista osteopatico riguardo agli sport motoristici e fondatore del progetto GIOSBE - gruppo di ricerca scientifi-

co dedicato all’Osteopatia in ambito sportivo11, sono solo alcuni esempi al riguardo.Malgrado le suddette collaborazioni e malgra-do risulti da più parti riconosciuto un beneficio dall’approccio osteopatico e, più in generale, dalla terapia manuale nell’ambito sportivo, ben poco si rileva nella letteratura scientifica, sia in riferimento al reale carattere preventivo8, sia in riferimento alla correlazione trattamento oste-opatico - miglioramento della performance12, 7,21.Brumm nel 2013 ha evidenziato come il trat-tamento manipolativo osteopatico (OMT), indi-rizzato alla riduzione della disfunzione somatica a carico di specifiche regioni anatomiche, fosse correlato con una significativa riduzione delle fratture da stress in giovani atleti praticanti la disciplina sportiva della corsa cross–country.

Brolinson et al (JAOA 2012) hanno sottopo-sto a trattamento osteopatico preventivo una squadra di giocatori di football nel corso di due consecutive stagioni agonistiche. Nella circo-stanza, gli autori hanno rilevato effettivamente una positiva correlazione tra OMT e performan-ce, tuttavia sottolineano - nel medesimo studio - una scarsa associazione tra i due fattori, da attribuire presumibilmente, come rileva lo stes-

Bruscolotti Marco*1,3 DO-DPhEd, Lo Voi Giacomo1 DO-PT, Boussemart Marjorie1 DO, Di Miceli Giacoma1 DO-DPhEd, Bisegna Cristiano1 DO-PT, Colusso Luca3 DLS, Adragna Vito1,2 DO-PT

1CSOT Research Dep artment, Centro Studi di Osteop atia Tradizionale, Rome ( IT)2INOS Research Dep artment, International Netw ork of Osteop ath ic Sch ool, Palermo ( IT)

3 National Center “ F iamme Oro” , Polizia di Stato - Roma ( IT)* Corresp onding auth or

“Osteopatia, Prevenzione, Performance”

MARCO BRUSCOLOTTIDiplomato Osteopatia (DO), I.S.E.F., Laureato in Scienze Motorie (DPhEd). È membro collaboratore del Dipartimento Ricerca del CSOT, libero professionista in Roma, collaboratore con qualifi ca di tecnico della Federazione Italiana Pentathlon Moderno, collaboratore con qualifi ca di tecnico della Federazione Italiana Triathlon, collaboratore del Centro Nazionale Fiamme Oro – Polizia di Stato.

La disfunzione somatica negli atleti d’élite praticanti la disciplina sportiva della lotta.

GIACOMO LO VOIDiploma Osteopatia (DO), Fisioterapista (PT).È a capo del CSOT Scuola Italiana di Osteopatia e partner fondatore di INOS.

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Nei numerosi articoli pubblicati su S&C. Per una Scienza del movimento dell’uomo, abbiamo sempre scritto dell’importanza di una corretta prepara-zione dei programmi di attività fisica (AF) dedicati alle popolazioni con necessità speciali, altresì de-finiti nel complesso come Attività Fisica Adattata (AFA). Abbiamo sottolineato che il giusto equili-brio tra evidenze scientifiche e personalizzazio-ne dell’esercizio è la migliore via da seguire per traslare nella pratica quotidiana i risultati della ricerca e perseguire il benessere delle persone. Sino ad ora abbiamo condiviso i risultati finali di alcuni dei nostri lavori, facendo solo brevi cenni all’attività di analisi della letteratura scientifica. In realtà, questa parte assorbe moltissime ener-gie e rappresenta la solida base su cui fondare la struttura dell’intero studio. In questo articolo, vi presentiamo parte di una revisione della lettera-tura relativa ad Attività Fisica (AF) e cancro (CA), preludio ad una prossima ricerca, invitandovi ad

utilizzare queste informazioni e a fare un altro passo sul ponte che unisce la teoria alla pratica.Nelle ultime due decadi, è aumentato l’interesse sui possibili benefici della pratica dell’attività fisi-ca per il controllo del cancro. In particolare, sono state indagate sia le relazioni dell’AF con l’etio-logia (prevenzione primaria) che con la patologia conclamata (prevenzione terziaria). In prevenzione primaria, ci sono buone evidenze che dimostrano che l’AF riduce del 20-25% il rischio di CA al colon nei maschi e nelle femmine più attivi rispetto a quelli meno attivi.1-3 Esistono anche evidenze di un probabile effetto protettivo dell’AF sul CA al seno1,2,4-6 e sul CA all’endometrio1-7, con una ri-duzione del rischio compresa tra il 20 e il 30%. Evidenze preliminari suggeriscono anche un pos-sibile effetto protettivo associato all’AF sul CA della prostata8, dei polmoni1 e delle ovaie.9 Seb-bene le evidenze per molti altri tipi di CA siano ad oggi limitate, è chiaro che potrebbero comunque

Contatti

La National Strength and Conditioning Association (NSCA) viene fondata nel 1978 con il nome di National Strength Coaches Association da un gruppo di allenatori della forza accomunati dal desiderio di creare una rete professionale, collaborare e uni icare la professione. Oggi la NSCA si compone di 28.000 professionisti del settore e di circa 40.000 Tecnici certi icati NSCA. LaLa NSCA è riconosciuta come l'autorità a livello mondiale in tema di allenamento e con-dizionamento della forza. La missione è sostenere e divulgare conoscenze basate sulla ricerca e diffondere le applicazioni pratiche che ne derivano, al ine di migliorare la pre-stazione atletica e la forma isica. La NSCA pubblica due delle maggiori riviste internazionali in tema di forza e condizio-namento: Strength and Conditioning Journal (SCJ) e Journal of Strength and Conditio-ning Research (JSCR). Queste ed altre pubblicazioni della NSCA fungono da anello di congiunzione tra le conoscenze acquisite presso i laboratori di ricerca scienti ica appli-cata allo sport e ciò che viene insegnato dai professionisti del itness, colmando così il di-vario tra teoria e pratica.

Le Certiiicazioni NSCA

Certiiied Strength and Conditioning Specialist (CSCS). Il programma CSCS (Specialista nell'allenamento e condizionamento della forza) è stato creato nel 1985 per quali icare coloro che sono in possesso delle conoscenze e delle abilità necessarie per attuare programmi di allenamento della forza ef icaci e sicuri per gli atleti in un con-testo di squadra, al ine di migliorare la prestazione atletica. I Tecnici CSCS sono in grado di svolgere test speci ici a seconda della disciplina sportiva, realizzare program-mi ef icaci di allenamento della forza e fornire indicazioni in materia di alimentazione e prevenzione degli infortuni.

NSCA-Certiiied Personal Trainer (NSCA-CPT). A fronte della costante crescita del settore del itness, la NSCA ha messo a punto uno speci ico percorso di certi icazione di personal training, dando vita al programma NSCA-CPT nel 1993. Gli NSCA-Certi ied Personal Trainer (NSCA-CPT) sono professionisti della salute e della forma isica che, utilizzando un approccio individualizzato, valutano, motivano, educano e allenano i clienti mediante programmi di allenamento ef icaci, sulla base delle loro speci iche esi-genze per il raggiungimento dei loro obiettivi personali.

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PUBBLICATO

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Luca Marin, Matteo Vandoni, Erwan Codrons, Luca Correale, Massimiliano Febbi, Sara Ottobrini

ttività fi sica e differenti tipi di cancro.

Una rassegna degli studi

LUCA MARINDottore Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie,Dottore in Fisioterapia;Direttore tecnico del LAMA, Università di Pavia; Professore a contratto presso il Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università di Pavia, Docente e Tecnico FIPE.

A

ERWAN CODRONS Psicologo, assegnista di ricerca del dipartimento di sanità pubblica, medicina sperimentale e forense.LAMA-CRIAMSUniversità degli Studi di Pavia.

MATTEO VANDONIRicercatore presso ilDipartimento diSanità Pubblica,MedicinaSperimentale eForense (Universitàdi Pavia).LAMA-CRIAMSUniversità degli Studi di Pavia.

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GiocosaMenteIN QUES TO NUMERO:

“GIOCARTE”: QUANDO UN’OPERA D’ARTE

DIVENTA GIOCO PSICOMOTORIO

Antonio Mazzoni, Maria Pia Albanese

MARIA PIA ALBANESEPsicologa Clinica, Psicoterapeuta ITA ed EATA, didatta di teorie e tecniche del colloquio clinico e di psicologia generale e dell’età evolutiva presso la scuola di specializzazione post universitaria IAF di Pescara, esperta in EMDR per l’intervento sul trauma, insegnante di scuola dell’infanzia, ex dirigente ASL 1 di Trieste, referente per l’albo degli psicologi di Roma e della regione Lazio della psicologia dello sport in età evolutiva, coautrice di fiabe motorie.

ANTONIO MAZZONI Insegnante di educazione fi sica presso nidi, scuole dell’infanzia e primarie, psicomotricista, esperto CONI e docente della Scuola dello Sport del CONI Lazio, collaboratore del CIP, Comitato Italiano Paraolimpico, formatore della FGIC, tecnico di primo livello FIDAL, tutor del progetto Alfabetizzazione motoria e Sport di classe del CONI Lazio, autore di Fiabe Motorie. Docente al master di psicomotricità presso il Consorzio Humanitas e Università Lumsa di Roma.

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SOMMARIO“GiocArte” è un’esperienza, è divertimento, è gio-co inventato, è nei sogni e nelle richieste di ogni bambino incontrato. Il gioco e l’arte danno vita ad un percorso psico-motorio pratico e metodologico, utile a perseguire uno sviluppo psico-fisico globale ed armonioso: il “giocArte”. La fantasia motoria che il bambino esprime durante il “giocArte” rappresenta quell’u-nità di psiche e soma che privilegia tanto il tono ed il movimento quanto la creatività e la capacità di problem solving usati per esprimere le proprie emozioni e le proprie immagini interne profonde. Il lavoro presentato, inoltre, punterà a sottolineare l’importanza del “cosa” della proposta psicomoto-ria che trova in “giocArte” il suo riferimento con-tenutistico e, specialmente del “come”.

A supporto dell’aspetto procedurale, è parso in-teressante paragonare l’insegnamento all’inter-pretazione del testo letterario, così per come Umberto Eco l’ha intesa: “A partire dagli anni Set-tanta la semiotica non parla più di segno, ma di testo. L’interesse si sposta sulla generazione dei testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di “svolta testuale”. Un testo, nella sua superficie lin-guistica, è una catena di artifici espressivi che de-vono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è dunque incompleto, in primo luogo perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del destinatario. Ma un testo è incompleto anche perché è sempre intessuto di un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto…” (2001).

L’ipotesi “della cooperazione interpretativa del testo”, dunque, sottolinea l’incompletezza del testo, senza l’intervento di un lettore che, con la sua attività interpretativa, riempia di senso gli “spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente intessuto. Il testo non solo non comunica nulla senza l’intervento di un destinatario competente in grado di comprenderlo, ma non è neppure in grado di significare alcunché in assenza di un in-terprete competente. Il significato non è una pro-prietà intrinseca del testo, ma si situa tra il testo e le sue interpretazioni possibili. In altri termini, un testo viene emesso per qualcuno che lo attua-lizzi. “Il testo è dunque intessuto di spazi bianchi, di interstizi da riempire, un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare” (U. Eco, 2001).“GiocArte” è un “testo” redatto dall’insegnante, creato per i bambini, che tiene conto del loro livel-lo di sviluppo e che viene realizzato, interpretato, letto, scoperto con le loro chiavi di lettura. Il bam-bino stesso, protagonista del suo percorso, in un clima di reciprocità relazionale ed educativa crea e continua: “Bambini ecco a Voi…, C’era una vol-ta…; è come se…; Fammi vedere come…; Inventa un po’…; Quante cose può fare… ecc. ecc.” ciò che l’adulto gli propone.A livello metodologico, essa deve esplicitarsi, par-tendo dal presupposto che tutto può essere ap-preso se adeguatamente insegnato. L’intuizione che gioco e arte siano intrinsecamente psicomo-tori definisce la cornice teorico-applicativa che in “giocArte” nasce e si realizza, dando via ad un per-corso con finalità didattico-espressivo-relazionali, quindi, psicomotorie, valido tanto nella scuola che in qualsiasi contesto educativo (ludoteche, pale-stre, centri riabilitativi, laboratori museali, etc.).

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Uno degli aspetti più importanti e inerenti alle problematiche del controllo motorio, e quindi an-che dell’apprendimento, è quello legato ai fenome-ni che riguardano il feedback. Per feedback, s’intende l’insieme delle informazio-ni che il soggetto che esegue un movimento ha la possibilità di ricevere ed elaborare e che gli per-mettono di controllare il movimento ed eseguirlo con maggiore efficacia.

Si possono distinguere due tipi di feedback: • feedback intrinseco, che è quello riferito alle

informazioni derivanti dal sistema sensoriale di chi esegue il movimento. Esso è quindi re-lativo alle informazioni conseguenti al proprio movimento, che il soggetto è in grado di rice-vere ed elaborare grazie ai propri analizzatori: visivo, tattile, acustico e vestibolare;

• feedback estrinseco, che è quello riferito alle informazioni che provengono da fonti esterne a chi esegue il movimento, come ad esempio l’allenatore (informazioni verbali e non verbali) o la visione di un video. Gli analizzatori utiliz-zati sono solamente quello acustico e visivo.

Il feedback estrinseco ha, quindi, bisogno di es-sere in qualche modo “tradotto” in un linguaggio motorio, nel senso che le informazioni visive ed acustiche debbono integrarsi con quelle vestibola-ri e propriocettive del feedback intrinseco.

Da qui la necessità da parte dell’istruttore o dell’allenatore di far riferire i propri feedback esterni a quelli interni dell’allievo e di trovare quin-

di gesti e parole che facilitino tale comunicazione, mettendo l’allievo in grado di collegare le istruzio-ni verbali dell’allenatore con le proprie sensazioni motorie. Il feedback estrinseco si può suddividere ulterior-mente in due tipi: • feedback sul risultato, che informa il soggetto

se il proprio movimento ha raggiunto l’obiet-tivo prefissato;

• feedback sulla prestazione, relativo alle moda-lità di esecuzione del movimento.

L’allenatore può, quindi, informare l’allievo sul raggiungimento o meno degli obiettivi mediante il feedback sul risultato (ad esempio: “il lancio era basso”), oppure informarlo sulle caratteristiche del movimento che hanno prodotto quel risultato (ad esempio: “devi tenere più alto il gomito per lanciare più alto”).

Secondo Magill (1980), il feedback estrinseco dell’allenatore svolge sempre una duplice funzio-ne:

1) la funzione informativa: riguarda quanto già si è detto circa le informazioni che l’allenatore rende disponibili per l’allievo, affinché questi possa col-legarle alle proprie informazioni interne per meglio controllare i propri movimenti e raggiungere livelli di efficacia del gesto sempre maggiori.

2) la funzione di rinforzo, invece, riguarda l’effetto che qualsiasi feedback dell’allenatore produce sul-la sfera emotiva dell’allievo.

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Monica Paliaga

MONICA PALIAGAPsicologa con Master di specializzazione in Psicologia dello Sport presso la Società Italiana Psicologia dello Sport e Certificazione Internazionale “ Inner Game” con Tim Gallewey nell’ambito del Coaching Sportivo.

L RUOLO DEL FEEDBACK NELL’APPRENDIMENTO DELL’ATLETA

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