PadreMANZELLA Oggi - Suore del Getsemani · Padre Anno XVII - n.2 Aprile - Maggio - Giugno 2015...

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Sped. in abb. postale Art. 2 comma 20/c - Legge 662/96 filiale di Sassari - Iscrizione al registro Stampa del Tribunale di Sassari n. 348 del 3/3/1998 Padre Anno XVII - n.2 Aprile - Maggio - Giugno 2015 M ANZELLA Oggi

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GRANDE meraviglia e stuporeha suscitato in me un’esperienza

unica vissuta durante il periodo tra-scorso nel riordinamento ed inventa-riazione dell’archivio di PadreManzella. Nonostante le difficoltà chesi incontravano nella lettura degli atti,a causa della minuta scrittura, e nelcomprendere il nesso che univa traloro i vari documenti, l’entusiasmoera forte perché ci si trovava a maneg-giare le carte di una persona eccezio-nale. Avere tra le mani i documentiscritti di pugno da questo sacerdoteci faceva sentire artefici di una grandeavventura.L’entusiasmo ci ha spinto a parlare indiverse occasioni e con diverse per-sone, della figura del sacerdote vin-cenziano. Durante questeconversazioni, non appena si accen-nava all’operato di Padre Manzella, lepersone con le quali si interloquiva,avevano sempre qualcosa da raccon-tare: un aneddoto, un avvenimento,un’esperienza diretta vissuta dai pro-pri genitori, nonni o parenti il cui pro-tagonista era Padre Manzella che avevaoperato del bene ai famigliari. In certicasi erano state direttamente le per-sone con le quali si dialogava ad avereavuto dei favori dal Missionario.

La dichiarazione di grazia ricevuta chesi riporta, è un esempio concreto diquanto detto sopra. Si stava presen-tando il lavoro che si svolgeva con glistudenti universitari di riordinamentodell’archivio, quando ad un tratto la si-gnora che era di fronte, con commo-zione, ha ricordato l’episodiodell’avvenuta improvvisa guarigionesperimentata personalmente quandoera ancora una bambina.Anche per noi è stata unapiacevole sorpresa cono-scere una persona bene-ficiata direttamente dellabontà di Padre Manzella.Si è dovuto insistere nonpoco, comunque, per in-vogliare la signora a met-tere per iscritto la suatestimonianza. Ed unavolta ottenuta, la veridi-cità del contenuto, è stataconvalidata anche dallafirma della sorella. Con grande piacere e conil permesso della direttainteressata, si presenta ladichiarazione della graziaricevuta: “Io sottoscritta Sechi Raf-faela in Serra, nata a Villa-nova Monteleone (SS) il5/12/1937 e residente aSassari…, dichiaroquanto segue: presumi-bilmente nell’ottobre del1943, mentre giocavo allarincorsa nella strada del mio paese,Villanova, con la mia sorella, maggioredi me di tre anni, Giovanna Luigia, in-ciampai in un ciottolo e caddi a terramalamente. Mi rialzarono dolorante,col braccio destro allungato, che lamano sfiorava il pavimento stradale. Il medico condotto Dr. Domenico Bac-

chi, constatò la frattura della clavicola.Il frammento dell’osso, sporgente,aveva eroso la pelle. Procedette all’in-gessatura da tenere per un mese. Miamadre che soleva recarsi alla S. Messaogni giorno, al rientro salutava una si-gnora paralitica, sfollata da Sassari: laquale non vedendola fermarsi a salu-tarla come sempre, la chiamò dal suoletto davanti alla finestra, del piano

terra del palazzo Piras-Casula e chieseil motivo, informata dell’accaduto, conun certo riserbo disse di accompa-gnarmi da lei che mi avrebbe dato unacosa importante.Mia madre mi condusse da lei e un po’esitante disse che mi avrebbe dato inprestito una cosa preziosa da mettere

PADRE MANZELLA Oggi 3

E d i t o r i a l e di Angelo Ammirati

PADRE MANZELLA Oggi 2

PERIODICO DI ATTUALITÀ RELIGIOSAVia Matteotti, 56 - 07100 SASSARITelefono e Fax 079/216060e-mail: [email protected]: [email protected]

Direttore responsabileAngelo AmmiratiResponsabile di redazioneGiuliana MulasRedazionePietro Pigozzi, Maria ScalasAnna Maria FlorisCollaboratoriG. Pinna, P. Pigozzi, A. Ammirati, G. ZichiL. Pintus, E. Piredda, S. PisuA. Mameli, A. Baio, A. NuvoliI.Sarullo, A. Carboni, A. Nuvoli, R. Floris

Progetto Grafico e impaginazioneRoberto [email protected] - www.graf-color.it

Anno XVII - n. 2 Aprile - Maggio - Giugno 2015Sped. in abb. postale Art. 2 comma 20/cLegge 662/96, filiale di Sassari

RegistrazioneIscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Sassari n. 348 del 3/3/1998

Stampa:TAS - Industria Grafica - SassariTel. 079/262236 - 079/262231Finito di stampare il 18 giugno 2015Data di spedizione 20 giugno 2015

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Il Periodico Padre Manzella Oggi, si sostiene anche con la partecipazione di Voi let-tori. Chi desidera contribuire, in allegato troverete il bollettino postale per il rinnovodell’abbonamento. c/c postale n°12206074 - Intestato a: Istituto Suore del Getsema-ni “Periodico Padre Manzella Oggi”.

La segreteria

In copertina:Raffaello Sanzio Evangelista

MS o m m a r i o

Oggi

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3 Editoriale La memoria sempre viva di padre Manzella di prof. Angelo Ammirati

Magistero

5 “Relatio Synodi” L’annunzio del Vangelo alla famiglia

di p. Gianni Pinna osb

Vita Ecclesiale

7 “È morto Santo Manzella di p. Piero Pigozzi cm

10 Giubileo della Misericordiadi mons. Giancarlo Zichi

11 Padre Manzella missionario della Misericordia

di mons. Giancarlo Zichi

Carisma

12 Le sfide della Vita Consacrata: I consigli Evangelici di suor Maria Carmela Tornatore sdg.

Lectio divina

15 “Ricevete lo Spirito Santo di p. Agostino Nuvoli osb

Bioetica

17 L’anima e la confutazione del materialismo

di dott. Salvatore Pisu

Missione ad gentes

20 Contemplativi sulle strade del mondo di suor Leonarda Pintus sdg

22 Nel presente degli ultimi scorgiamo il futuro con Dio di don Emanuele Piredda fidei Donum

Notizie dell’istituto

24 “Ecco io vengo… per fare la tua volontà” Suor Gesuina Muggiri di suor Anna Mameli sdg

25 Rappresentazione vivente della Passione di Cristo di Raffaele Floris

25 Targa in onore di Padre Giovanni Battista Manzella Comune di Suelli

Pianeta carcere

26 “Quella voce inconfondibile” diT.C. detenuto nel carcere di Rebibbia

Cultura e tradizioni sarde

27 “Periodo di penitenza e digiuno della Quaresima”

di Angelo Carboni

Attualità

30 Il Valore della differenza di Angela Baio

32 La fame di giustizia di prof. Isa Sarullo

34 L’altra fame di prof. Isa Sarullo

LA memoria sempre vivadi padre manzella

di Angelo Ammirati

“DECINE E DECINE

DI TESTIMONIANZE SCRITTE

CHE RACCONTANO

DI GUARIGIONI AVVENUTE

O DI FATTI INSPIEGABILI”

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all’interno dell’ingessatura. Mi avvici-nai al letto e mi introdusse all’internodell’ingessatura un piccolissimo sca-polare ricamato. Non disse cosa con-teneva. La notte stessa sognai unsacerdote, che entrò nella mia stanza,aveva il viso radioso e gli occhi celestiintensi. Mi disse: “Bambina sai che laMadonna ti ha guarito? Domani mat-tina dillo a tuo padre”. Appena sveglia, informai mio padre,

che più volte volle sentire come era ilsacerdote sognato. Senza dirmi nienteprese un paio di grosse forbici e, no-nostante l’apprensione di mia madre,che avrebbe voluto far trascorrere igiorni stabiliti dal medico, decisa-mente continuò, sino alla completaapertura del busto di gesso. Appena li-bera, alzai più volte il braccio che nonmi faceva più male, con grande mera-viglia di mia madre e di altri familiaripresenti. Solo mio padre non si erameravigliato, sicuro che il sacerdoteapparsomi in sogno, che lui aveva co-

nosciuto a Sassari e visto più voltequando veniva in paese, era proprio ilsanto Padre Manzella. Riportammo riconoscenti lo scapolareancora per noi, misterioso, e in quellaoccasione la signora Maddalena, aprìlo scapolare e prendendo un altro piùpiccolo che stava all’interno, disse amia madre: “Guardi cosa vede” e miamadre rispose: “Una ciocca di ca-pelli”. Allora lei disse che erano i ca-

pelli di Padre Manzellae raccontò di averliavuti dal Padre pocoprima che morisse di-cendole di tenerli persuo ricordo e che dal-l’Aldilà avrebbe pregatoper lei.In quella occasione rac-contò che a vent’anni,già inferma con le stam-pelle, Padre Manzella ledisse: “Butta i bastoni ecammina” ed avendolei esitato per paura dicadere, si sentì dire chenon avendo avuto fedein quell’istante nonavrebbe mai più cammi-nato.In seguito, dicendo cheera giunta alla fine, ri-consegnò a mia madrela reliquia. In fede Raffaela SechiSerra”.Questo episodio ripor-

tato non è stato l’unico a cui abbiamoassistito. Tante altre persone hannoraccontato fatti analoghi dove PadreManzella è intervenuto per risolveregravi problemi che affliggevano sin-gole persone o intere famiglie. Anche nel suo archivio abbiamo rin-venuto decine e decine di testimo-nianze scritte che raccontano diguarigioni avvenute o di fatti inspie-gabili. Tra i tanti che sono passati trale nostre mani, si riporta la testimo-nianza di un fatto accaduto in un pae-sino della provincia di Sassari. In

occasione di una festa campestre,Padre Manzella con i bambini delpaese si era recato sul monte can-tando i “gosos”. Nel frattempo si sca-tena un violento temporale. Ungenitore tornando a casa, non ve-dendo il figlio piccolo, chiede alla mo-glie dove fosse. A tale richiesta si senterispondere dalla moglie che il figlioera andato con Padre Manzella sulmonte.Il padre preoccupato per la pioggiache a catinelle scendeva dal cielo, simise in cammino per trovare il figlioe farlo riparare sotto un grosso om-brello. Ma la sua meraviglia fu nonpoca quando avvicinatosi al gruppo,scorse Padre Manzella e i ragazzi chenon erano bagnati affatto. Non potéallora non rivolgere al Missionario ladomanda: “Ma come mai i ragazzi elei non siete bagnati?” E per tutta ri-sposta si sentì dire: “Così è piaciuto alSignore”. In un’altra recente occasione, par-lando con un artista, ormai diversa-mente giovane, scultore e pittore diaffermata fama, accennando a PadreManzella, subito riferì che da piccolo,essendo la famiglia molto povera, que-sta riceveva spesso aiuti dal Sacerdotevincenziano.Nel riportare queste testimonianze, sispera di suscitare l’interesse e ripor-tare alla memoria fatti sentiti raccon-tare in famiglia che hanno comeprotagonista nel bene Padre Manzella.Volendo poi, queste testimonianzescritte possono essere inviate alla re-dazione della presente rivista, cheprovvederà a conservarle, costituendoun apposito archivio della Memoria.In tal modo la memoria di Padre Man-zella sarà sempre più viva sino all’av-venimento che tutti noi speriamo. Equando per le strade di Sassari sentivale voci che dicevano sta arrivando ilsanto Manzella, lui ribatteva che se isanti erano come lui, avrebbe perso fi-ducia nei santi.O meraviglia di umiltà. Solo Dio ègrande. Sia fatta la sua volontà. g

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E d i t o r i a l e

RIPRENDIAMO l’esposizionedel testo del documento conclu-

sivo del Sinodo straordinario sulla fa-miglia, tenutosi a Roma dal 5 al 19ottobre ad un annunciare 2014. Sitratta della terza parte, dedicata agliaspetti pastorali. L’annunzio del Vangelo della famigliacostituisce un’ur-genza per la nuovaevangelizzazione. LaChiesa è chiamataad attuarlo con tene-rezza di madre echiarezza di maestra(cf. Gv 3,16-17).Evangelizzare è re-sponsabilità di tuttoil popolo di Dio,ognuno secondo ilproprio ministero ecarisma. Senza la te-stimonianza gioiosadei coniugi e dellefamiglie, chiese domestiche, l’annun-zio, anche se corretto, rischia di es-sere incompreso o di affogare nelmare di parole che caratterizza la no-stra società (cf. Novo MillennioIneunte, 50). I Padri sinodali hannopiù volte sottolineato che le famigliecattoliche, in forza della grazia delsacramento nuziale, sono chiamate

ad essere esse stesse soggetti attividella pastorale familiare.Decisivo sarà porre in risalto il primatodella grazia, e quindi le possibilità chelo Spirito dona nel sacramento. Sitratta di far sperimentare che il Van-gelo della famiglia è gioia che “riempieil cuore e la vita intera”, perché in Cri-sto siamo “liberati dal peccato, dallatristezza, dal vuoto interiore, dall’iso-lamento” (Evangeli Gaudium, 1). [...]Per questo si richiede a tutta la Chiesauna conversione missionaria: è neces-sario non fermarsi ad un annunciomeramente teorico e sganciato daiproblemi reali delle persone. Non vamai dimenticato che la crisi della fedeha comportato una crisi del matrimo-nio e della famiglia e, come conse-guenza, si è interrotta spesso latrasmissione della stessa fede dai ge-

nitori ai figli. Dinanzi a una fede forte,l’imposizione di alcune prospettiveculturali che indeboliscono la famigliae il matrimonio, non ha incidenza. [...]L’annunzio deve far sperimentare cheil vangelo della famiglia è risposta alleattese più profonde della personaumana: alla sua dignità e alla realizza-zione piena nella reciprocità, nella co-

munione e nella fecondità.Non si tratta soltanto di presentareuna normativa, ma di proporre va-lori, rispondendo al bisogno di essi,che si costata oggi anche nei Paesi piùsecolarizzati.

La Parola di Dio è fonte di vita e spi-ritualità per la famiglia. Tutta la pastorale familiare dovrà la-sciarsi modellare interiormente, eformare i membri della Chiesa dome-stica, mediante la lettura orante edecclesiale della Sacra Scrittura. La Pa-rola di Dio, non solo è una buona no-vella per la vita privata delle persone,ma anche un criterio di giudizio euna luce per il discernimento delle di-verse sfide con cui si confrontano iconiugi e le famiglie. […]Il matrimonio cristiano è una voca-

zione che si accoglie con un’adeguatapreparazione in un itinerario di fede,con un discernimento maturo, e nonva considerato solo come una tradi-zione culturale o un’esigenza socialeo giuridica. Pertanto occorre realiz-zare percorsi che accompagnino lapersona e la coppia in modo che, allacomunicazione dei contenuti della

M a g i s t e r o

Sguardo profondo

“Relatio Synodi”:L’annunzio del Vangelo alla famiglia

“IL MATRIMONIO CRISTIANO

È UNA VOCAZIONE

CHE SI ACCOGLIE

CON UN’ADEGUATA

PREPARAZIONE”

di p. Gianni Pinna osb

Speciale Sinodo sulla famiglia

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NEL PERCORSO canonico delriconoscimento della santità di

un Servo di Dio, oggi la Chiesa dàun’importanza fondamentale alla“fama di santità” presso il popolo diDio. Per questo, vogliamo ripercor-rerne alcuni aspetti caratteristici nei ri-guardi di Padre Manzella.Al funerale di San Giovanni Paolo se-condo, tra l’interminabile folla che as-siepava Piazza San Pietro e via dellaConciliazione, comparveanche la scritta “Santo su-bito!”. Quello fu il primoavvio popolare della sua ca-nonizzazione. Qualcosa disimile avvenne anche allamorte del nostro Servo diDio, anche se con modalitàdiversa. Fu apoteosi del suofunerale che si trasformònell’acclamazione popolaredella sua santità: “È mortosanto Manzella!”1. Era lanotizia che passava di boccain bocca fin dal primo mat-tino di quel 23 ottobre1937.Padre Antonio Sategna nescriveva in questi termini su“Libertà” di qualche giornodopo: “Prima ancora che l’alta pa-rola del Pastore della Chiesa Turri-tana lo proclamasse dall’alto delPergamo della sua Primaziale, la

voce unanime di tutto un popolo,senza distinzione di classi e di condi-zioni, aveva già pronunciato il suogiudizio, - che in altri tempi era rico-nosciuto sufficiente dalla Chiesa perla canonizzazione dei suoi santi, -sopra la santità dell’uomo che per-diamo sulla terra, ma che riacqui-stiamo in Cielo”2. Per il primobiografo manzelliano i funerali solennicostituirono già una specie di “cano-nizzazione popolare”, del Servo diDio.Effettivamente, in quel giorno tuttaSassari volle rendergli omaggio. LaCappella della Missione, dove fu espo-sta la salma, divenne come il santuariodella città: “si iniziò quell’incessantepellegrinare delle folle oranti, chedalle prime ore del mattino andòsempre crescendo, così nel pomeriggioe giunse verso sera a formare unamassa compatta e impressionante,una onda travolgente, contenuta e

frenata, più che dai cordoni dellaforza pubblica, da un senso intimo divenerazione e di amore… Così pertutta la giornata e fino a tarda notte

il popolo della città e dell’isola si ac-calcò in viale Italia tanto da richie-dere un importante servizio d’ordineper regolare la circolazione...”3. Il settimanale “Libertà” ne fece questacronaca, col titolo: “Le solenni ono-ranze della Città. Plebiscito di Auto-rità e di popolo. Da tutti i paesi dellaSardegna sono accorsi i pellegrini”. E raccontava: “Tra i primi a compiereil mesto ufficio fu il Podestà di Sas-sari, che con parole commosseespresse ai Missionari il proprio cor-doglio... Tutti gli strati sociali eranorappresentati: intellettuali, dame del-l’aristocrazia, uomini donne del po-polo, schiere e schiere di bimbi, dailindi scolaretti delle elementari aimonelli cenciosi dei quartieri più po-polari, accorrevano attratti da ununico richiamo: rendere omaggio al‘santo’. E quando gli autobus della‘Satas’ o della ‘Scia’ riversarono allastazione dell’Emiciclo Garibaldi i

viaggiatori provenienti dai vari paesidella provincia, altre centinaia dipellegrini si uniscono alla moltitu-dine nereggiante in corso Italia...”.

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fede, si unisca l’esperienza di vita of-ferta dall’intera comunità ecclesiale.Un punto importante richiamato dal

documento, è quello inerente alla for-mazione degli operatori che, nell’am-bito ecclesiale, sono incaricati delsupportare e seguire sia i nubendi, siagli sposi e le famiglie nel loro itinera-rio di vita.È stata ripetutamente richiamata lanecessità di un radicale rinnova-mento della prassi pastorale alla lucedel Vangelo della famiglia, superandole ottiche individualistiche che an-cora la caratterizzano. Per questo si è più volte insistito sulrinnovamento della formazione deipresbiteri, dei diaconi, dei catechistie degli altri operatori pastorali, me-diante un maggiore coinvolgimentodelle stesse famiglie. Si è parimenti sottolineata la neces-sità di una evangelizzazione che de-nunzi con franchezza icondizionamenti culturali, sociali edeconomici, come l’eccessivo spaziodato alla logica del mercato, che im-pediscono un’autentica vita fami-liare, determinando discriminazioni,povertà, esclusioni, violenza. Per que-sto va sviluppato un dialogo e unacooperazione con le strutture sociali,e vanno incoraggiati e sostenuti ilaici che si impegnano, come cri-stiani, in ambito culturale e socio-po-litico.Segue una precisa raccomandazionedi attenzione e supporto sia dei nu-bendi che degli sposi, specialmentenei primi anni della loro vita matrimo-niale. Un particolare interesse vienerivolto a coloro che vivonosituazioni di matrimoniosolo civile o di convi-venza, o comunque noncompletamente “rego-lari”.È importante entrare indialogo pastorale conqueste persone, al finedi evidenziare gli ele-

menti della loro vita che possono con-durre a una maggiore apertura alVangelo del matrimonio nella suapienezza. […]Una sensibilità nuova della pastoraleodierna, consiste nel cogliere gli ele-menti positivi presenti nei matrimonicivili e, fatte le debite differenze, nelleconvivenze. Occorre che nella propo-sta ecclesiale, pur affermando conchiarezza il messaggio cristiano, in-dichiamo anche elementi costruttiviin quelle situazioni che non corri-spondono ancora o non più, ad esso.È stato anche notato che, in moltiPaesi, un “crescente numero di coppieconvivono ‘ad experimentum’, senzaalcun matrimonio né canonico, né ci-vile” …La semplice convivenza èspesso scelta a causa della mentalitàgenerale contraria alle istituzioni eagli impegni definitivi, ma anche perl’attesa di una sicurezza esistenziale(lavoro e salario fisso). […] Tuttequeste situazioni vanno affrontate inmaniera costruttiva, cercando di tra-sformarle in opportunità di camminoverso la pienezza del matrimonio edella famiglia, alla luce del Van-gelo…Quando gli sposi sperimen-tano problemi nelle loro relazioni,devono poter contare sull’aiuto e l’ac-compagnamento della Chiesa. La pa-storale della carità e la misericordia,tendono al recupero delle persone edelle relazioni.Un’attenzioneparticolare è

stata rivolta alle situazioni dei divor-ziati risposati o non risposati, riguardoanche alla prassi sacramentale e alleunioni omosessuali. Si è sostenutal’esigenza di una fondamentale chia-rezza, pur nell’ambito di una piena ca-rità. La riflessione che precedel’assemblea sinodale del 2015, sarà digrande aiuto per i suggerimenti nelledecisioni definitive, utili a puntualiz-zare gli orientamenti più adeguati allapromozione di una visuale e di prassioperative più adatte. Così conclude ildocumento:Le riflessioni proposte, frutto del la-voro sinodale svoltosi in grande li-bertà e in uno stile di reciprocoascolto, intendono porre questioni eindicare prospettive che dovranno es-sere maturate precisate dalla rifles-sione delle Chiese locali, nell’annoche ci separa dall’Assemblea Gene-rale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,prevista per l’ottobre 2015, dedicataalla vocazione e missione della fami-glia nella Chiesa e nel mondo con-temporaneo. Non si tratta didecisioni prese né di prospettive fa-cili. Tuttavia il cammino collegialedei vescovi e il coinvolgimento del-l’intero popolo di Dio sotto l’azionedello Spirito Santo, guardando al mo-dello della Santa Famiglia, potrannoguidarci a trovare vie di verità e dimisericordia per tutti. È l’auspicio

che, sin dall’inizio dei nostri la-vori, Papa Francesco ci ha ri-

volto, invitandoci alcoraggio della fede e all’ac-coglienza umile e onestadella verità nella carità.Un programma di fede e di

preghiera per ciascuno eper tutti insieme: per-ché, da soli, non si va

da nessuna parte! g

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M a g i s t e r o V i t a E c c l e s i a l e

È morto Santo Manzella

“DIO SOLO SA IL GIUDIZIO

CHE EGLI STESSO

HA PRONUNCIATO QUANDO

L’ANIMA ELETTA SI È PRESENTATA

AL DIVINO TRIBUNALE.”

di Pietro Pigozzi, cm.

Casa Missione

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un ‘santo missionario’. Ebbene, dopo37 anni, il successore di Sua Ecc. Mons.Parodi nella Sede Turritana affermache il suo giudizio è stato fedelmenteed eroicamente confermato da unavita di santità. Senza affrettare od an-ticipare il giudizio della Santa Chiesa,noi tuttavia possiamo affermare che ilSignor Manzella è un Santo… Dio solopotrà dare segni esterni di questa san-tità, e la Chiesa ne sarà giudice com-petente”.8E ne dava questa motivazione: “Dio solosa il giudizio che Egli stesso ha pronun-ciato quando l’anima eletta si è presen-tata al Divino Tribunale. Noi abbiamo,tuttavia, indizi sicuri dell’imperscruta-bile giudizio di Dio. Poiché Gesù Cristoha detto: ‘Beati i misericordiosi’... Ora,nessuno ignora che la figura del SignorManzella è marcata e delineata dallacarità e dalla misericordia. Non vi è in-fatti angolo della Sardegna che Egli

non abbia visitato ‘benefaciendo’. Nonvi è anima, che non abbia conosciutola sua bontà. Carità e misericordia spi-rituale e materiale... È con grande esi-tazione che perciò io m’accosterò allabara per impartire l’assoluzione. Conesitazione, noi tutti preghiamo per Lui,poiché, per la fiducia – che diventa cer-tezza – che Egli già goda la gloria deigiusti, vorremmo piuttosto raccoman-darci alla sua intercessione...”.9Così il corteo funebre verso il cimitero

si trasformò piena-mente in corteo trion-fale. Campane a mortosi alternavano con me-lodie festose: “mentrele campane delDuomo suonavano ilrimpianto, le altrecampane invece suo-navano a ‘gloria’ ”10.E l’articolista di Li-bertà puntualizzavaancora: “Nell’atto incui l’urna fu levatadal carro funebretutti fecero ressa in-torno per toccare l’ul-tima volta la reliquiadel santo mentre ripe-tutamente si levava ilgrido di ‘Viva santoManzella!”, seguitodalle acclamazioni entusiastiche dei

presenti”.L’apoteosi della santità dell’umile mis-sionario attende ancora il riconosci-mento canonico della Chiesa, ma quelsingolare funerale della giornata missio-naria del 1937 divenne una corale ac-clamazione della vita santa di PadreManzella, che in altri tempi l’avrebbeportato immediatamente alla ufficialeiscrizione nell’ Albo dei Santi.Per l’iter canonico della sua Causa diBeatificazione, è necessaria una ulte-

riore documentazione di questa ‘famadi santità’ manzelliana giunta fino adoggi. Non presenta per noi alcuna dif-ficoltà; tuttavia, per una maggiore com-pletezza, sarebbe interessante ancheuna raccolta di testimonianze in propo-sito da parte dei suoi numerosi devotidi oggi, rispondendo al quesito: “Perchéoggi continui a rivolgerti con fiduciaa Padre Manzella?”. Dai contributi cheperverranno, aggiungeremo un parti-colare e significativo capitolo alla Causadel Servo di Dio.11

Continueremo ad approfondire questocapitolo anche con ulteriori approfon-dimenti. g

1 Questa espressione viene riportata dal settimanale “Libertà” del29 ottobre 1937 nell’articolo “È morto il santo!”.2 Cfr. Libertà, Anno XXVIII – N.43.3 Cfr. A. Sategna, Il Signor Manzella …, idem, pag.334. 4 Cfr. Commemorazioni in memoria del Signor Manzella Pretedella Missione, I Vol., Stampacolor 1995, p. 21.5 Cfr. Diario, quad. 7, fogli volanti, p.2)6 Cfr. A. Sategna, Il Signor Manzella Prete della Missione, Apostolodella Sardegna, Edizioni Vincenziane, Roma, 1963, p. 335.7 Cfr. “Libertà” del 29 ottobre 1937, articolo ‘Le solenni onoranzedella Città…’.8 Cfr. Commemorazioni …, idem, pag. 17.9 Cfr. “Libertà” del 29 ottobre 1937, articolo Le solenni onoranzedella Città…’.10 Cfr. Diario…, quad. 7, fogli volanti, p.6.11 Si può rispondere, oltre che con lettere personali, anche tramiteposta elettronica alle E-mail di questo periodico, oppure diretta-mente al sottoscritto ([email protected]).

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V i t a E c c l e s i a l e

Il pellegrinaggio massiccio e continuoalla Casa della Missione per venerarnela salma assunse più l’aspetto di invo-cazione al “santo Manzella”, che nondi preghiera in suo suffragio: “questaconvinzione appare nitida e inequi-vocabile nell’ardente desiderio chetutti hanno di portare con sé un ri-cordo del Padre Manzella: un fiore,un’immagine, una corona, resi sacridal contatto col suo corpo venerato.Un insegnante di religione dellescuole medie, al termine della lezioneè circondato dai suoi alunni che lopregano di accompagnarli a ‘salu-tare’ il P. Manzella. Il sacerdote congli occhi pieni di lacrime vede i suoigiovinetti stringersi con entusiasmointorno alla salma per far benedire illoro libri e le loro penne”.Mons. Damiano Filia, vicario generaleturritano, commentava: “Sfilando di-nanzi alla sua salma migliaia e mi-gliaia di persone per l’estremo tributodi pietà e di riconoscenza, lo rivede-vano in un alone di gloria, e come seegli avesse ripreso il cammino di mis-sionario su strade invisibili, tutti glichiedevano benedizione, conforto perla loro pena”4. Il racconto di una suora presente sot-tolinea questo tratto pittoresco: “Espo-sto che fu il cadavere in cappella,tutti, uomini e donne, fanciullid’ambo i sessi andavano a gara a fartoccare corone, fazzoletti, anelli, gio-cattoli, diamanti. Tutto volevano fartoccare dalle mani del Padre. A farequesto ufficio furono quattro suoreda una parte e quattro dall’altra.Non si accudiva più, non sembravapiù una scena di Morte, ma uno spet-tacolo glorioso…”5.

Un corteo funebredall’aspetto trionfale

Lapidaria e incisiva è la descrizioneche Padre A. Sategna fece del corteodalla Casa della Missione alla Catte-drale turritana, nella mattinata dome-

nicale del 24 ottobre: “Il trasportodella salma, che ebbe luogo il mat-tino della domenica, riuscì, nono-stante la fitta pioggia, così imponenteda assumere più l’aspetto di un cor-teo trionfale che non di accompagna-mento funebre. Forse mai Sassariaveva visto un’affluenza di moltitu-dine così spontanea ed una manife-stazione di affetto più travolgente, alvedere l’interminabile sfilata di sa-cerdoti, religiosi, chierici, suore, asso-ciazioni, e la doppia fila, fitta massadi popolo che faceva ala e corteo, ...”6.

In Cattedrale, celebrò la Messa fune-bre il superiore dei missionari P. Vin-

cenzo Mollo, alla presenza dell’arcive-scovo e assistito dai confratelli delledue Case di Sassari, dal capitolo turri-tano e dai rappresentanti delle Diocesisarde: can. Frau per Tempio, can.Deriu per Alghero, can. Manca perBosa, Don Angioni per Ozieri e DonSalis per l’Ogliastra.7La corale del Duomo, diretta dai fra-telli Lai eseguì la Messa da requiemdel Perosi. Prima della benedizione delferetro, “Mons. Arcangelo Mazzottisale il pulpito. Visibilmente impressio-nato si sofferma a scrutare la folla,che, trattenendo a stento le lacrime,attende dalla viva voce del Pastore lagrande verità. ‘Fedeli della città e fe-

deli delle varie parroc-chie della Sardegna,convenuti qui per l’occa-sione, avete tributato etributate un vero plebi-scito di affetto al caroMissionario. Ed attendetecon viva ansia una pa-rola che vi dica che cosail vostro Arcivescovopensi della vita e dellasantità del Signor Man-zella’...”.Così espresse il suo giudi-zio personale: “Quando,or sono 37 anni, sua Ecc.Mons. Parodi – allora Vi-sitatore dei Signori dellaMissione – mandava inSardegna il Signor Man-zella, così scriveva a SuaEcc. Mons. Marongiu –arcivescovo di Sassari:‘Le mando come Diret-tore Spirituale del Semi-nario il Signor Manzella,

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cordia “. Insiste perché “ i confessorisiano un vero segno della misericordiadel padre“, invitandoli a non essere“padroni” del sacramento, ma fedeliservitori del perdono di Dio.La prossima Quaresima dovrà essere vis-suta più intensamente come momentoforte per celebrare e sperimentare la Mi-sericordia di Dio. E per coadiuvare intale tempo liturgico i sacerdoti dioce-sani, Papa Francesco annuncia l’inten-zione di inviare nelle chiese locali iMissionari della Misericordia, perchésiano predicatori convincenti della Mi-

sericordia e della gioia del perdono delSignore. A tale scopo i vescovi vengonoesortati affinché organizzino nelle pro-prie diocesi “missioni al popolo”, du-rante le quali i missionari possanocelebrare il sacramento della riconcilia-zione col mandato concesso dal ponte-fice di perdonare i peccati riservati allaSede Apostolica.Il papa chiede alla Chiesa di non giudi-care e non condannare e di riscoprire leopere di misericordia corporale e spiri-tuale. Al centro della Bolla papale, sitrova la consegna di “spezzare la bar-riera di indifferenza” curando le ferite eaprendo il cuore alle “periferie esisten-ziali” e un forte appello ai criminali e aicorrotti: “Vi chiedo di cambiare vita”.

Infine, il documento pontificio parladella valenza della misericordia per lereligioni ebraica e mussulmana, che laconsiderano uno degli altri punti piùqualificanti di Dio. “Israele” per primoha ricevuto questa rivelazione, che per-mane nella storia come inizio di una ric-chezza incommensurabile da offrireall’intera umanità. “L’Islam”, da partesua, tra i nomi attribuiti al creatore ponequello di Misericordioso e Clemente.Questa invocazione è spesso sulle lab-

bra dei fedeli musulmani. Anch’essi cre-dono “che nessuno può limitare la mi-sericordia divina”. Per questi motivi ilPapa augura che l’Anno Santo possa fa-vorire l’incontro con queste religioni econ le altre nobili tradizioni religiose; cirenda più aperti al dialogo per meglioconoscere e comprenderci; elimini ogniforma di chiusura e di disprezzo edespella ogni forma di violenza e di di-scriminazione. g

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PAPA FRANCESCO il 13 marzo,secondo anniversario della sua ele-

zione, ha annunciato la celebrazione diun Anno Santo straordinario della Mise-ricordia. La Bolla di indizione “Miseri-cordiae vultus” è stata consegnata e lettanella basilica di S. Pietro alla vigilia delladomenica dopo Pasqua, giorno in cui ilsuo predecessore, san Giovanni PaoloII, ha istituito la festa della Divina Mise-ricordia. “Misericordiosi come il Padre”è Il motto del Giubileo, in sintonia colmotto scelto da papa Francesco per ilsuo episcopato: “Miserando atque eli-gendo”. La Divina Misericordia è nel

Dna del papa. Fin dalla sua elezione hapresentato sempre e ovunque il sensodel perdono, della speranza e della cer-tezza che in Dio nostro Padre c’è sempreaccoglienza, tenerezza, ascolto e soprat-tutto perdono misericordioso. Se il papaci ha ancora una volta sorpresi, con l’in-dire un Giubileo straordinario, a solidue anni dalla sua elezione, il tema dalui prescelto per continuare a plasmarela Chiesa universale al senso della Mise-ricordia Divina, invece, può essere con-siderato del tutto scontato.“Abbiamo sempre bisogno di contem-plare il mistero della Misericordia. Èfonte di gioia, di serenità e di pace... Mi-sericordia: è la legge fondamentale cheabita nel cuore di ogni persona quandoguarda con occhi sinceri il fratello cheincontra nel cammino della vita”, scrivePapa Francesco nella bolla di indizione.Significativa la scelta del giorno del-l’apertura della Porta Santa, detta Portadella Misericordia, l’8 dicembre 2015,festa dell’Immacolata Concezione. Que-sta solennità, infatti, “indica il modo di

agire di Dio fin dai pri-mordi della nostra storia.Dopo il peccato di Adamoed Eva, Dio non ha volutolasciare l’umanità sola inbalia del male. Per questoha pensato e voluto Mariasanta e immacolata nel-l’amore, perché diventassela Madre del redentore del-l’uomo”.La data dell’8 dicembre ècarica di significato ancheper la storia recente dellaChiesa, perché in quelgiorno ricorre il cinquante-simo anniversario dellaconclusione del ConcilioEcumenico Vaticano II. “LaChiesa sentiva la responsa-bilità di essere nel mondoil segno vivo dell’amore delPadre”. Del resto questa era

la linea chiaramente indicata da San Gio-vanni XXIII nel discorso di aperturadell’importante assise: “Ora la sposa diCristo preferisce usare la medicina dellamisericordia invece di imbracciare learmi del rigore... Vuole mostrarsi madreamorevolissima di tutti, benigna, pa-ziente, mossa da misericordia e da bontàverso i figli da lei separati”. Sulla stessa direzione, si poneva ancheil beato Paolo VI, quando a conclusionedel Concilio così si esprimeva: “Una cor-rente di affetto e di ammirazione si è ri-versata dal concilio sul mondo umanomoderno... Tutta questa ricchezza dot-trinale si è rivolta in un’unica direzione:servire l’uomo. L’uomo, diciamo, inogni sua condizione, in ogni sua infer-mità, in ogni sua necessità”.L’Anno giubilare si chiuderà il giorno diCristo Re, il 20 novembre 2016. In quelgiorno, scrive papa Francesco,“affide-remo la vita della Chiesa, l’umanità in-tera e il cosmo immenso alla Signoria diCristo, perché effonda la sua misericor-dia come la rugiada del mattino per unaseconda storia da costruire con l’impe-gno di tutti nel prossimo futuro”.“Come desidero - auspica il Papa - chegli anni avvenire siano intrisi di Miseri-cordia per andare incontro ad ogni per-sona portando la bontà e la tenerezzadi Dio!”Affinché ogni Chiesa particolare sia di-rettamente coinvolta a vivere questoAnno giubilare come tempo straordina-rio di Grazia e di rinnovamento spiri-tuale e quale segno visibile dellacomunione di tutta la Chiesa, in cia-scuna chiesa cattedrale si aprirà la Portadella Misericordia e perfino in qualchesantuario con particolare significato,meta di numerosi pellegrini. Specialmente in questo Anno santo stra-ordinario il papa chiede fortemente chevenga posto “di nuovo al centro conconvinzione il sacramento della ricon-ciliazione, perché permette di toccarecon mano la grandezza della miseri-

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Giubileo della Misericordia

“LA CHIESA SENTIVA

LA RESPONSABILITÀ DI ESSERE

NEL MONDO IL SEGNO VIVO

DELL’AMORE DEL PADRE”

di mons. Giancarlo Zichi

Padre Manzella Missionario della Misericordia“Era l’incarnazione di quanto vi è di grande, di nobile; l’incarnazione della bontà,della carità, della misericordia”. È la definizione che mons. Mazzotti diede di lui ilgiorno dei funerali, immagine davvero autentica, magnifica. Mons. Tolu nella commemorazione di p. Manzella nel 1942 disse: “Più che un uomopareva l’angelo del Signore, il portatore di un messaggio di bontà che richiamava adolcezze arcane, intraviste solo nei felici momenti con l’eterno. Chi potrà mai di-menticare quegli occhi di una dolcezza mai veduta, i quali rendevano le più delicatetrasparenze del cielo?”Nella splendida commemorazione tenuta per il trigesimo mons. Damiano Filia disseche “il Signore l’aveva inviato come araldo delle sue misericordie” e lo definì “evan-gelista dei poveri”. Egli amava i poveri come li amava S. Vincenzo. Li vedeva nellaluce, ne parlava con tenerezza. “Lo circondavano e premevano dovunque tutte lemiserie umane, gli straccioni doloranti, spostati di ogni classe, vagabondi che avevanofatto tutti i mestieri, ladruncoli, fanciulli ribelli scappati da casa. Lo premevano pervia, alla porta del Seminario, della Casa della Missione, delle chiese, attorno al con-fessionale. Mai un ‘no’, mai un cenno di noia... Senza stare a vivisezionare la miseria,va egli stesso alla ricerca dei più abbandonati, nei vicoli luridi e meno conosciuti,nei tuguri più sudici. Con lo stesso amore paziente superava le ripugnanze distintive,accanto ai giacigli verminosi, e le lunghe attese di giorno e di notte, con il suo rosario,nell’anticamera, dinanzi alle porte dei morenti senza Dio, sbarrate talvolta dai com-pagni della vita sperperata nelle buie e trame di guerra satanica contro Cristo”.Aveva la passione speciale per il povero. Era solito, infatti, ripetere: “Le persone ric-che, belle, felici, mi lasciano indifferente; per i poveri, i vecchi, gli ammalati sentouna vera passione”. Un’altra sua passione erano i bambini più poveri e abbandonati.Per essi creò gli Asili in vari paesi dell’isola. A Sassari istituì il Rifugio per le BambineAbbandonate; la Casa dei Cronici e Derelitti, la Casa della Divina Provvidenza e altreopere di carità. Non ci sono solo i bisognosi del pane, del vestito, della casa: nonmeno triste è la sorte dei bisognosi dello spirito. P. Manzella si faceva tutto a tutti perportare alle anime la grazia e la pace di Dio. La “pesca a domicilio” era una sua spe-cialità. Miscredenti, nemici irriducibili della Chiesa, peccatori incalliti erano da luiricercati a casa con tutte le astuzie di cui era capace.Fu il missionario per eccellenza che spese tutta la vita per diffondere nell’isola l’amoredel Signore e la sua grande Misericordia. Dedicò insieme ai suoi confratelli diversis-simi anni per catechizzare il popolo durante le Missioni, regolarizzare i matrimonisolo civili, pacificare gli animi degli avversari e sradicare la triste usanza de su corruttuche costringeva le donne colpite da un lutto familiare a non uscire più di casa.Nella relazione sulla missione tenuta ad Ozieri dal 26 dicembre al 9 gennaio 1924in particolare è scritto: “Il Signor Manzella quando era in libertà dalle prediche... sirecava... di casa in casa dove c’era qualche ammalato o chiunque non potesse o vo-lesse venire in chiesa per confessarli oppure per comporre liti... e matrimoni”.Alla luce di queste pur brevi considerazioni la figura di. Manzella è da ricordare inparticolar modo nel prossimo Giubileo straordinario. g

Giubileo della Misericordia

Papa Francesco

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sti ultimi suppone un particolaredono di Dio non concesso a tutti,come Gesù stesso sottolinea per ilcaso del celibato volontario (cfr. Mt19, 10-12). A questa chiamata corri-sponde, peraltro, uno specifico donodello Spirito Santo, affinché la per-sona consacrata possa risponderealla sua vocazione e alla sua mis-sione».3

È Gesù il modello del perfettoconsacrato che ha inauguratoquesto genere di vita e la in-dica come valore assoluto edescatologico, per rivelare atutti la bellezza suprema delRegno di Dio su tutta la re-altà umana. Egli ha sceltoquesta forma di vita per an-nunciare e manifestare di es-sere una cosa sola con ilPadre, la sua intima e unicarelazione vissuta nell’amoree trasmessa ai suoi perché vi-vessero la stessa modalità diappartenenza.Madre Angela ha vissuto la di-mensione sponsale della con-sacrazione con una totalitàdella risposta alla grazia di-vina, espressa nel cosiddettovoto di perfezione in cui si ri-vela l’esclusività e la dedi-zione incondizionata a Diodella vita:

Gesù, ti prego di darmi ciò che Tupuoi ed io, Gesù mio, ti renderò ciòche Tu da me vuoi. Caro sposo del-l’anima mia, Gesù, ti prego per tuagrande misericordia a far sì che Tuoisiano i miei pensieri, Tue le mieazioni, Tuo il mio Cuore con i suoipalpiti ed affetti, sicché io, amatoGesù, operi in Te, per Te e con Te. Deh,rendimi tutta Tua, Gesù, nel tempo eTua nell’eternità.4

Con la sua verginità, Gesù, rivela cheil Padre è il tutto e l’unico suo amore,quello stesso amore con cui ama tutti

e per cui dona la vita; la povertà diceche il Padre è la sua unica ricchezza dariversare su ogni creatura soprattuttola più piccola, la più bisognosa; nel-l’obbedienza al Padre e nell’abban-dono alla sua volontà trova la suarealizzazione.

I discepoli di Gesù proclamano con laprofessione dei consigli evangelici laloro totale appartenenza a Dio con unimpegno che si assumono per tutta lavita; in particolare con il voto di ca-stità la persona si impegna alla conti-nenza perfetta nel celibato, con il votodi povertà all’uso moderato dei beniin dipendenza dai superiori, con ilvoto di obbedienza all’osservanza diuna regola e all’obbedienza ai legittimisuperiori.Ecco come Madre Angela traduce iconsigli evangelici:

O santa povertà dal mondo odiata edisprezzata, da Gesù invece, tanto

amata da volersela a sé sposare.O Santa povertà, dal Caro Gesù a meadditata come la via più breve e fa-cile per arrivare a Lui.O Caro Gesù, diletto sposo, concedimila grazia, che il mio cuore sia vuotodi tutto ed il mio spirito spoglio ditutto.Nell’ordine spirituale, non voglio nédesidero che Lui solo, ed il santo suoamore, lasciando al Suo beneplacitoed all’Amabil suo volere nel conce-

dere ciò che più può avvantag-giarmi o ritenere.Ed in questo santo abbandono,Gesù mi dice che riporre devotutta la mia pace, e perciò for-mare devo la mia ricchezza.5

I consigli evangelici rappresen-tano una grande sfida per la no-stra società contemporaneacaratterizzata da una culturaedonistica e materialista, gover-nata da poteri economici chetendono a scartare sempre più ipoveri e gli emarginati, con cri-teri di valutazione basati esclusi-vamente su produzione edefficienza. In questo contesto lavita consacrata, con i suoi treconsigli evangelici, si proponeveramente come una grandesfida, ma anche come un’auten-tica profezia. Profezia che dice

realmente agli uomini di oggi qual è ilvero bene e la sicura felicità.

«La scelta di questi consigli, infatti,lungi dal costituire un impoveri-mento di valori autenticamenteumani, si propone piuttosto comeuna loro trasfigurazione. I consiglievangelici non vanno consideraticome una negazione dei valori ine-renti alla sessualità, al legittimo de-siderio di disporre di beni materialie di decidere autonomamente di sé.Queste inclinazioni, in quanto fon-date nella natura, sono in se stessebuone…coloro che seguono i consiglievangelici, mentre cercano la santità

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NELLA TRADIZIONE dellaChiesa la professione religiosa

viene considerata come un singolaree fecondo approfondimento dellaconsacrazione battesimale in quanto,per suo mezzo, l’intima unione conCristo, già inaugurata col Battesimo,si sviluppa nel dono di una confor-mazione più compiutamente espressae realizzata, attraverso la professionedei consigli evangelici. Questa ulte-riore consacrazione, tuttavia, rivesteuna sua peculiarità rispetto allaprima, della quale non è una conse-guenza necessaria. In realtà, ogni ri-generato in Cristo è chiamato avivere, con la forza proveniente daldono dello Spirito, la castità corri-spondente al proprio stato di vita,l’obbedienza a Dio e alla Chiesa, unragionevole distacco dai beni mate-riali, perché tutti sono chiamati allasantità, che consiste nella perfezionedella carità.1Proseguiamo il nostro cammino sullaconoscenza della vita consacrata conuna riflessione sui voti o consiglievangelici, come più propriamente lidefinisce l’Esortazione post-sinodale,per indicare e mettere l’accento sul si-gnificato teologico piuttosto che suquello canonico.Il voto è la promessa deliberata e li-bera di un bene possibile e migliorefatta a Dio: la consacrazione religiosaavviene mediante la professione deivoti – all’interno di una celebrazione

liturgica con un suo proprio rito – dicastità, povertà, obbedienza.I consigli evangelici sono innanzi tuttoun dono dello Spirito Santo, una gra-zia divina, non una scelta umana e ne-anche espressione di un idealeumano.Un dono concesso da Dio per sua li-bera scelta ad alcuni, peccatori cometutti, ai quali è stata data la grazia e lamisericordia per abbracciare unaforma di vita che è la stessa in cui il Fi-glio di Dio si è incarnato. Non vi èalcun merito né pretesa di superiorità,né tantomeno parte dall’esigenza odal desiderio dellapersona.Criteri fondamentalinel discernimentovocazionale. I consi-gli evangelici sono,quindi, un donodella SS. Trinità fattoad una creaturaumana debole, fra-gile, incapace di persé di accogliere unaproposta di vita cosìalta senza la forza ela potenza divina chetrasforma il donostesso in una rispo-sta d’amore versoDio e i fratelli. L’aveva capito beneMadre Angela che intutta la sua umiltàesprimeva:

Io non ero che nelnulla e l’Amoroso Si-gnore teneva il suosguardo rivoltoverso di me. Io nonero ancora, ed ilbuon Gesù miamava di già. Io

non ero venuta al Creato e l’AmorosoCreatore aveva per me anticipato ilfrutto di sua Redenzione. O animamia, che eri tu perché fossi l’oggettodi tanto amore e predilezione? 2Si può cogliere qui la differenza con laconsacrazione battesimale e il perchési definisce la vita consacrata nuova especiale consacrazione.«... il battesimo non comporta per sestesso la chiamata al celibato o allaverginità, la rinuncia al possesso deibeni, l’obbedienza ad un superiore,nella forma propria dei consigli evan-gelici. Pertanto la professione di que-

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C a r i s m a C a r i s m a

Le sfide della Vita Consacrata:i consigli evangelici

“IO NON ERO CHE NEL NULLA

E L’AMOROSO SIGNORE

TENEVA IL SUO SGUARDO

RIVOLTO VERSO DI ME”

di Maria Carmela Tornatore, sdg.

SS. Trinità

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NEL GIORNO dopo il sabato,Maria di Magdala si recò al sepol-

cro di buon mattino, quand’era ancorabuio, e vide che la pietra era stata ri-baltata dal sepolcro. La sera di quello stesso giorno, ilprimo dopo il sabato, mentre eranochiuse le porte del luogo dove si tro-vavano i discepoli per timore dei Giu-dei, venne Gesù, si fermò in mezzo aloro e disse: «Pace a voi!». Detto que-sto, mostrò loro le mani e il costato.E i discepoli gioirono al vedere il Si-gnore. Gesù disse loro di nuovo:«Pace a voi! Come il Padre ha man-dato me, anch’io mando voi». Dopoaver detto questo, alitò su di loro edisse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chirimetterete i peccati saranno rimessie a chi non li rimetterete, resterannonon rimessi».Lo Spirito non si vede ma si sente.Nell’evangelista Giovanni non ab-biamo il racconto dell’evento storicodella Pentecoste; eppure è lui che piùdi ogni altro ci parla del suo attore, loSpirito, in quella ricca suggestioned’immagini che lo caratterizza. InoltreGiovanni vede il dono dello Spirito instretta relazione con la sua morte incroce; è qui che, in forma di acqua esangue, scaturisce dalla ferita del co-stato di Gesù, segno concreto del suoamore che si fa dono di vita a tutte lecreature. Illumina la notte del cuore “Caduta la notte”! La “notte” in Gio-vanni non è semplicemente un eventometeorologico che cadenza la giornata

dell’uomo, ma una profonda emo-zione che attraversa il cuore e ne rivelatutta la sua sofferenza e inquietudine.Per cui quando ad esempio Giuda hadeciso di rompere con il suo Maestroe si allontana dalla comunione deisuoi amici, Giovanni annota che “eranotte!” (Gv 13,30). E anche quandoMaria di Magdala si reca al sepolcro dibuon mattino, con il cuore raggelatoe oppresso dal tossico della morte enon ravvivato dalla luce e dalla vita dichi aveva sconfitto la morte conquell’amore che “aveva osato fino allafine”, Giovanni sottolinea che “era an-cora buio” (Gv 20,1). Le “porte spran-gate” della casa in cui sitrovano i discepoli,danno un ulterioretocco della condizioneprecaria in cui versavaquesto piccolo gregge,privato del loro pastoree in preda a lupi rapacie violenti. Consola e conforta lanostra solitudine La cosa che più colpiscenel racconto di Gio-vanni è che proprio inquesta situazione di ter-rore e di ansia paraliz-zante, “giunse Gesùrendendosi presente inmezzo ad essi”, comedel resto aveva pro-messo: “Non vi lasceròabbandonati, torneròcon voi; entro brevetempo il mondo cesseràdi vedermi; voi invecemi vedrete perché io hovita e anche voi l’avrete”(Gv 14,18-19). Gesù,non solo non li rimpro-vera per la fragilità e in-consistenza della lorofiducia nei suoi ri-guardi, ma si rende visi-

bile in mezzo a loro e si fa conosceredonando la sua pace, quella “abbon-danza di vita” per la quale era venutotra noi e che non solo non è stata va-nificata ma è resa più forte per la pas-sione del suo amore. La fonte da cui zampilla la vita Ecco il motivo del gesto successivo daparte di Gesù:” Mostrò loro le mani eil costato”; si fa conoscere come coluiche vive il suo amore fino alla morte.Per cui se finora avevano paura dellamorte inflitta loro dai capi, ora pos-sono toccare con mano che nessunoè in grado di strappare quella vita chelui ha donato a loro. Inoltre il fatto che

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per se stessi, propongono, per cosìdire, una «terapia spirituale» perl’umanità, poiché rifiutano l’idola-tria del creato e rendono in qualchemodo visibile il Dio vivente. La vitaconsacrata, specie nei tempi difficili,è una benedizione per la vita umanae per la stessa vita ecclesiale».6

In questo senso, allora, i tre consiglievangelici vanno capiti e vissuti in ot-tica teologica: la castità come espres-

sione della carità, della donazionetotale a Dio perché castità è viverecome Cristo e per Cristo ricordandoche ciò che fa crescere il Regno di Dionon è il celibato, ma la carità. La vitareligiosa, con la rinuncia al piaceresessuale e alla procreazione, invita icredenti a relativizzare il valore di que-ste realtà e quindi permette loro di vi-verle in libertà, indicando nella carità

e nella gratuità la scelta responsabiledell’amore che si prende cura dell’al-tro, che diventa pazienza, bontà, affa-bilità, perdono, comunione. Povertà è l’annuncio che il Figlioè l’unica ricchezza del consacrato chevive come Gesù, abbandonato total-mente in Dio Padre. La povertà fa esseresemplici, disponibili, solidali, umili enella vita religiosa ricorda all’uomo dioggi che non può centrare la sua vita sulpossesso, sulla competizione, sul risul-

tato economico. Una testimonianza euna sfida che si rende ancora più visibilenell’amore preferenziale per i poveri egli emarginati. 7

L’obbedienza confessa Cristo servoobbediente sino alla morte di croce(Fil 2,8), non comporta tanto la rinun-cia a pensare e a decidere, quanto larinuncia all’autoreferenzialità per una

testimonianza della comunione fra-terna nel dialogo costruttivo con l’au-torità. L’obbedienza nella vita religiosaè una grande sfida in una società indi-vidualista che fa uso distorto della li-bertà a scapito dei deboli - singoli epopoli - che subiscono gravi forme diingiustizia e di violenza, in una societàche non vuole dipendere dalla volontàdi Dio ma seguire i criteri della ra-gione.Il Christus obboediens è modello e ra-gione unica di una vita obbediente erealizzata secondo la volontà salvificadi Dio Padre. Dio dona la salvezza permezzo del Figlio e chi obbedisce allasua volontà partecipa a questa sal-vezza. La persona consacrata rientra inquesta prospettiva in cui l’obbedienzava insieme con la gioia e con un’esi-stenza autenticamente libera. E proba-bilmente è proprio questa la sfida piùimportante. Perché l’obbedienza sia li-bera e gioiosa, infatti, bisogna che siavissuta come sequela di Gesù da uncuore innamorato di lui.Madre Angela fa capire tutto ciò nellasua intima e mistica unione con il Si-gnore:

Che mi accadrà quest’oggi, mio Dio?L’ ignoro: se è la grazia che il vostrocuore mi procura siatene benedetto,o mio dolce ed amabile Gesù; se è lacroce che la vostra volontà mi riserval’accetto, anticipata, perché ho la spe-ranza che vi degnerete di aiutare lamia debolezza e prevenire la mia de-ficienza. Qualunque cosa mi accada,Agnello Divino che togliete i peccatidel mondo, datemi la vostra pace.8 g

(Continua)

1 Giovanni Paolo II, Vita Consecrata, Esortazione Apostolica post-sinodale (25 marzo 1996), 30.2 Marongiu Angela, Scritti spirituali, 1909.3 Giovanni Paolo II, Vita Consecrata…, cit., 30.4 Marongiu Angela, Scritti spirituali, 1908.5 Marongiu Angela, Scritti spirituali, 1910.6 Giovanni Paolo II, Vita Consecrata…, cit., 87.7 Cfr. Giovanni Paolo II, Vita Consecrata…, cit., 90.8 Marongiu Angela, Scritti spirituali, 1909.

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C a r i s m a L e c t i o D i v i n a

Cristo pantocratore monreale

Ricevete lo Spirito (Gv 20, 11.19-23)

“NON VI LASCERÒ

ABBANDONATI,TORNERÒ CON VOI”

di P. Agostino Nuvoli osb.

Maino Pentecostes. Lienzo

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PRIMA DI intraprendere qualsiasitipo di confutazione del materiali-

smo occorre comprendere, prima ditutto, cosa significhi organismo vivente.Solo in seguito si può tentare una criticarigorosa della concezione materialista.Si dicono animati quei corpi nei quali sicompiono le operazioni della vita (im-manenti) in uno dei gradi a noi cono-sciuti (vegetativa, sensitiva, intellettiva).I corpi si dicono animati per via del-l’anima e non in quanto corpi. Se infattii corpi fossero viventi per definizioneogni corpo sarebbe vivente. E questonon si dà in natura. Esistono infatti es-seri animati e esseri inanimati. L’animaè un principio che specifica il corpo nelsenso di corpo vivente. Aristotele defi-niva atto e forma la prima perfezionedell’essere, e potenza la materia propor-zionata a ricevere tale perfezione. Nontutti i corpi infatti possono essere ani-mati. Per essere animato un corpo deveessere fornito di cellula (almeno unacellula negli organismi unicellulari).Queste cellule a loro volta si organiz-zano in organi e in apparati. Nella ter-minologia aristotelica allora l’anima è laprima perfezione (atto) di un corpo na-turale organico. Se l’anima è questoprincipio di vita essa si trova a svolgereuna triplice causalità rispetto al corpo:essa è forma sostanziale del corpo, inquanto la vita si comunica al corpo at-

traverso il suo principio; essa è anchescopo in quanto gli organi e apparati vi-vono non in funzione loro, bensì in fun-zione della vita dell’anima; essa perciòè anche principio motore, dalle funzionipiù infime fino alle più elevate. Parlaredi anima perciò significa parlare diforma e su questo diventa necessario ri-prendere il tentativo di Platone di dimo-strazione della spiritualità dell’anima,così come il tentativo di Aristotele dimostrare la spiritualità dell’intellettoagente, indipendentemente dal fattoche esso possa essere concepito comeunico o come presente in ogni essereumano. Questo significa che diventa ne-cessario prendere in considerazione lapretesa contemporanea di considerarela realtà a partire da una visione mate-rialista che ritiene l’esistenza di realtàimmateriali equivalente a nulla, comediceva Thomas Jefferson uno dei padridegli Stati Uniti d’America: «Parlare diesistenze materiali significa parlare delnulla. Dire che l’anima umana, dio,sono immateriali, significa dire che nonsono nulla, o che non ci sono né dio, néangeli, né l’anima. Se appena provo apensare che siano qualcosa più del nulla[…] precipito nell’abisso senza fondodei sogni e dei fantasmi»1. Perciò partiròdal cercare di definire il concetto di ma-terialismo per poi concentrarmi sullasua possibilità. Per materialismo intendoquella concezione della realtà per cuitutto ciò che esiste o è materia oppureè una proprietà della materia. Badatebene che il materialista non si rifiuta diparlare di menti o di pensieri, semplice-mente sostiene che tutte queste cose sa-rebbero impossibili senza la materia inquanto è convinto che tutto ciò sia ma-teria o proprietà di essa. In secondoluogo occorre rilevare che non si trattapropriamente di una posizione scienti-fica, bensì di una posizione squisita-mente filosofica. Nessuna ricerca

approfondita del mondo materiale puògiungere alla conclusione che il mondoimmateriale non esista, così come unaricerca approfondita sulle alpi non puòcostituire una base sufficiente per il ri-fiuto dell’esistenza del deserto del Sa-hara. Certo se noi abbiamo svolto unaricerca sulle alpi ci potrà apparire pro-blematica l’esistenza di qualcosa di com-pletamente diverso come il Sahara, maessa non potrà avere nessuna implica-zione sulla possibilità dell’esistenza geo-grafica del Sahara. Allo stesso modoqualsiasi persona dotata di sufficientecapacità mentale non fa nessuna faticaa rendersi conto che la nozione di es-sere è distinta dalla nozione di ciò cheè percepibile dai sensi, allo stesso modocon cui non è necessaria l’associazionetra il termine animale e il termine alato.Essere infatti significa semplicementeciò che è e non implica nessuna rela-zione necessaria con i sensi2. Ma cer-chiamo di approfondire meglio laconcezione materialista. Secondo il ma-terialista cosa è il pensiero? Un pensierodeve essere o qualcosa di materiale ouna proprietà della materia. C’è una di-stinzione tra queste due concezioni onon si tratta di una medesima conce-zione espressa in due modi diversi? Unpensiero deve essere qualcosa di mate-riale significa che esso è da assimilareagli impulsi elettrici che provengono

PADRE MANZELLA Oggi 17

anche da risorto rimangono i segnisulle mani e sul costato, ciò significache quei segni del suo amore estremorimangono per sempre e non sarannomai cancellati. Quanto dura la qualitàe la pienezza della sua vita, tanto ri-marranno i segni del suo amore. I di-

scepoli sono ora finalmente liberidalla paura e dalla tristezza, perché illoro cuore è pervaso dalla gioia, comeaveva annunciato prima di lasciarequesto mondo e tornare alla dimora

del Padre: “Voi vi rattristerete, ma lavostra tristezza si trasformerà in gioia;quando io apparirò fra di voi, vi ralle-grerete e la vostra gioia nessuno ve latoglierà” (Gv 16, 20.22). Davvero lemani e il costato sono il simbolo piùeloquente del dolore del parto e delsuo frutto: è di qui che nasce la nuovacreatura! Sbocca nell’oceano delle nostrerelazioni.Questa esperienza di vita che i disce-

poli hanno vissuto con Gesù, non siblocca individualmente nella loro per-sona ma, alla stregua del suo compor-tamento verso di noi dopo aver la vitaricevuta dal Padre, anche noi andiamoverso i fratelli per condividere il donoda lui ricevuto. Quindi la missione che

i discepoli sono chia-mati a vivere nel mondoe nella storia, deve es-sere compiuta come lacompì Gesù; quella pas-sione che lo ha soste-nuto fino alla fine e cheha il suo riferimentoconcreto nelle mani,piedi e costato, rimarràriferimento essenzialeper le strade e sentieriche dovranno percor-rere “piedi” verso i po-

veri, per le opere di servizio chedovranno realizzare “mani” che aiu-tano e sostengono per un cuoreaperto ad accogliere e donare amore“costato” da cui sgorga acqua che dis-seta e sangue che dà vita. Nel seme che muore nasce la spigaMa le sfide più pesanti affiorano pro-prio quando siamo chiamati, non soloa pensare o ammirare estatici il suoamore, ma a viverlo nel mondo. Allorale difficoltà che sorgono dai rifiuti e in-comprensioni, lentamente penetranodentro di noi, annebbiando gli occhie affievolendo la passione del cuore.Gesù pienamente cosciente della labi-lità del tessuto umano non si limita aconsegnare pacchetti dottrinali, osser-vanze giuridiche o prestazioni di atle-tica spirituale, ma infonde nei suoidiscepoli un alito di vita; quel soffio divita con cui Dio trasformò l’uomo inessere vivente. Come il Padre agli inizi,così ora Gesù dona ai suoi discepoli ilsuo alito di vita, il suo Spirito cheporta a pienezza e realizza quel pro-getto della creazione.La parola accolta e vissutaè vita per sempre.La creatura umana perciò non rag-giunge la sua pienezza, fino a quando

Gesù non infonde in essa il suo soffiodi vita. L’uomo raggiunge la sua pie-nezza, la qualità di vita secondo il di-segno di Dio, quando, accogliendolain se stesso, supera la morte fisica: “Inverità, in verità vi dico: se uno osservala mia parola, non vedrà mai la morte”(Gv 8,51). Ricevendo lo Spirito diGesù, quanti credono in Lui godonodi una nuova condizione umana,quella di essere “spirito”; superano lacondizione di “carne”, cioè di debo-lezza e transitorietà, e si donano gene-rosamente agli altri, proprio comeGesù (cfr. Gv 13,34). Nel nostro tempo continuiamola sua storia.I discepoli allora continuano, nelcorso della storia, l’opera Gesù manon per proprio merito o di loro ini-ziativa, ma per il fatto che infondendoin essi il suo Spirito, dispongono diquello stesso potere che lui ha rice-vuto dal Padre. La loro attività, comequella di Gesù, è la manifestazionecon i fatti dell’amore generoso e gra-tuito del Padre:” Dobbiamo compierele opere di colui che mi ha mandatofinché è giorno” (Gv 9,4). La reazione a questa testimonianzasarà simile a quella che avvenne conGesù: alcuni l’accetteranno e darannola propria adesione a lui: altri invecechiuderanno il proprio cuore in un at-teggiamento ostile e rifiutandol’amore diverranno artefici di violenzae morte. Comunque, proprio in que-ste situazioni estreme, la comunitànon s’arroga il compito di giudicare gliuomini, proprio come fece Gesùstesso; non si appella a un’imputa-zione pubblica o giudiziaria, ma sem-plicemente constata e conferma ciòche l’uomo pronuncia su di se col suocomportamento. Compito e impegnodella comunità è quello di far risplen-dere nel mondo l’amore del Padre ecosì rendere presente Gesù; per cui,come lui, essa non caccia fuori nes-suno che gli si avvicini, in base a quel“potere” che si misura dalla sintoniacon Lui per mezzo dello Spirito. g

PADRE MANZELLA Oggi 16

L e c t i o D i v i n a B i o e t i c a

La fonte da cui zampilla la vita

I discepoli continuano l'opera di Gesu

“NELLA TERMINOLOGIA

ARISTOTELICA ALLORA L’ANIMA

È LA PRIMA PERFEZIONE

DI UN CORPO

NATURALE ORGANICO”

di dott. Salvatore Pisu

L’anima e la confutazionedel materialismo

Wolf Von Hoyer Psyche

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l’assurdità di identificare gli impulsi elet-trici con il pensiero fa dire a molti che ilpensiero non è materia ma piuttostoche emerge dalla materia. Ma questocosa significa? Si vuol dire forse che lamateria è una specie di cosa che originail pensiero il quale, però, è qualcosa diimmateriale? Se così fosse la questionematerialista sarebbe tacitamente abban-donata. Ma sorge una domanda: comepotrebbe una specie di cosa materialeessere causa dell’esistenza di una cosaimmateriale?Le cose materiali hanno parti che pos-sono essere riordinate.Per esempio, l’acido solforico e il ramesono entrambi cose materiali: se ver-siamo l’acido nel rame, otteniamo ilrame solfato. Ma questa cosa è tanto ma-teriale come lo sono l’acido solforico eil rame o gli ioni che li compongono.Ma per quanto siano complesse le cosemateriali, esse non potranno produrrenulla di diverso da una cosa materiale.Dunque, se il pensiero è immateriale,non esiste nessuna interazione chepossa portarlo all’esistenza. Perciòquando qualcuno dice che il pensieroemerge dalla materia non potrà mai in-tendere che il materiale è causa dell’esi-stenza dell’immateriale. Allora cosapotrà significare che il pensiero è pro-prietà della materia? Secondo questa

teoria, una volta che un numero elevatodi cellule cerebrali viene stimolato, ilpensiero subentra a queste cellule comeuna proprietà dell’intero gruppo. Ma inquesto caso il termine subentra e privodi significato: come può una cosa mate-riale possedere una proprietà, se questaproprietà non la riguarda già in qualchemodo? Come può perciò una cosa ma-teriale possedere la proprietà del pen-siero “domani sarà una bella giornata”?È invece vero che per ogni pensiero chenoi abbiamo si ha come occorrenza unatrasformazione materiale. Ma al di là diquesto non è possibile fare qualsiasialtro tipo di identificazione tra un pen-siero e un impulso elettrico. Come puòperciò un pensiero essere posseduto dauna cosa materiale come un suo attri-buto? Non esiste tra loro nessuna rela-zione concepibile. Il materialismoperciò è un assurdo: un pensiero nonpuò essere una cosa materiale, né puòessere una proprietà di una cosa mate-riale. L’unica conclusione possibile èche il pensiero come tale è qualcosa diindipendente dalla materia, cioè è qual-cosa di spirituale. Per capire che il pen-siero presuppone determinatecondizioni materiale non abbiamo biso-gno delle scoperte della neurologia. Sericeviamo un colpo violento alla testa,potremmo non essere in grado di ragio-

nare per qualche tempo o per tutto ilresto della vita. Un filosofo aristotelicopotrebbe dire che questo accade perchél’uomo è una unità di mente e corpo.Ma dal momento che il pensiero non èidentico a qualche cosa di materiale eneppure una sua proprietà, ecco che ladipendenza del pensiero dalla materiaè di tipo meramente estrinseco e nonintrinseco alla natura del pensiero cometale. Un palazzo può avere bisogno diessere rinforzato per rimanere saldo, manon esiste nulla, nella nozione di pa-lazzo, implicante un rinforzo per ognicostruzione. Allo stesso modo per ogniessere umano è necessario avere un cer-vello per pensare, ma non esiste nullanella nozione di pensiero che implichiun rinforzo da parte del cervello. Dun-que è possibile che esistano degli esseriche per pensare non dipendono danulla di materiale. Questo esseri sareb-bero molto più semplici degli esseriumani, ma non meno ricchi o perfetti.Essi sarebbero solo meno complessi. Macomplessità e perfezione non sono dueconcetti che vanno di pari passo. Lasemplicità del pensiero è legata alla suaindivisibilità, ma nessuno si sognerebbedi dire che il pensiero e meno perfettodella materia, solo perché la materia èpiù complessa. L’associazione di com-plessità e perfezione può essere vera per

quanto riguarda la materia, infatti lamateria è tanto più perfetta quantopiù è complessa. Ma ciò non è affattovero per le realtà immateriali. Certole possibilità di confutare il materiali-smo sono molteplici, e non tutti pos-sono ritenersi soddisfatti dal miotentativo. Esso potrebbe apparire su-perficiale, ma ho preferito privilegiarela semplicità del discorso rispetto allacomplessità del problema. Certo èche il tentativo di ridurre l’elementospirituale ha sempre prodotto risultatiinsoddisfacenti e, in ultima analisi,contraddittori. g

1 Cit. da R. Dawkins, L’illusione di Dio, Mondadori, Milano,2007, 49. 2 T. Crean, Non di sola Materia. In risposta a «L’illusione diDio» di Richard Dawkins, ESD, Bologna, 29-31.

PADRE MANZELLA Oggi 19

dalla depolarizzazione delle cellule ce-rebrali. Il pensiero è materiale comesono materiali gli impulsi cerebrali.Quando invece si dice che il pensiero èuna proprietà della materia lo si dicenello stesso senso in cui si dice che il co-lore e la forma sono una proprietà dellarosa. Richard Dawkins, che ha scritto“l’illusione di Dio”, non prende esplici-tamente parte per nessuna delle due.Anche se egli stesso ci dice che “i pen-sieri umani […] emergono da correla-zioni straordinariamente complesse traentità fisiche all’interno del cervello”.Non lasciamoci ingannare dai termini edalla loro apparente profondità, comeil termine emergono. Un pensiero è

qualcosa di reale: pensare i geni e qual-cosa di diverso dal non pensarli. Sesiamo materialisti, deve essere o unacosa materiale o una proprietà di unacosa materiale. Quale delle due?Iniziamo a prendere in considerazionee col presumere che il pensiero sia unacosa materiale: è un impulso elettricoall’interno in una cellula del cervello, opiuttosto un sistema di impulsi elettricimolto complesso in un elevato numerodi cellule cerebrali interconnesse tra diloro. Certamente può essere vero chedue cose apparentemente non correlatetra di loro, si rivelino, in seguito, con no-stra immensa sorpresa identiche. Peresempio, possiamo venire a conoscenzadel fatto che un criminale ricercatopossa identificarsi con il nostro vicino.Il criminale e il nostro vicino ci sembra-vano due individui apparentemente di-

versi, e nonostante ciò essi si sono rive-lati in seguito la stessa persona. Oppure,proviamo ad immaginare che al crepu-scolo una persona veda dall’altra partedella campagna una cosa somigliante adun piccolo albero. Egli dispone di al-cune caratteristiche di tale oggetto: ledimensioni e la sua forma. Avvicinan-dosi, però, scopre che non si tratta diun albero ma di un suo caro amico. Duecose che sembravano diverse, la cosascura scorta dall’altra parte della campa-gna e l’amico, finiscono per rivelarsiidentiche. Allo stesso modo è possibileche un pensiero riguardante il climadella terra, per esempio, e un gruppo dicellule cerebrali elettricamente stimo-

late, due cose che sem-brano piuttosto differenti,possano rivelarsi la mede-sima cosa?Tra queste cose esisteperò una differenza fon-damentale. Se il mio vi-cino di casa si rivela unprovetto criminale, possoanche rimanere sorpreso,ma capisco perfettamentecosa significhi identifica-zione. Un criminale do-veva essere per forza un

essere umano, e il mio vicino di casa èun essere umano, perciò c’è una coe-renza nel pensare che esso possa essereun criminale, anche se apparentemente,pensavo fosse una persona rispettabilis-sima. Il sillogismo imperfetto può esserequesto: il criminale è un essere umano,il mio vicino è un essere umano, il miovicino può essere quel criminale. Cosìcome quando confondo il mio vicino dicasa con un albero, capisco molto benecosa significhi identificazione. Io so checi troviamo di fronte ad un oggetto dimedia misura, più alto che largo e se ilmio amico ha una forma molto simile aquella, l’identificazione non provocheràin me alcun turbamento logico o meta-fisico. Nel caso invece dell’identifica-zione del mio pensiero sul clima dellaterra e gli impulsi elettrici del cervello,non è che non dovrei essere sorpreso,

e che non si riesce a dare nessun sensoa una tale dichiarazione. Come è possi-bile che un insieme di impulsi elettricipossano essere il mio pensiero che do-mani la giornata sarà serena? il mio pen-siero riguarda il tempo. Come può unimpulso elettrico riguardare qualcosa?Esso è un impulso elettrico e nient’altro.Per rivelarsi identiche due cose devonoavere almeno qualcosa in comune, qual-che categoria in comune. Il criminale eil mio vicino son entrambi uomini,quindi la loro identificazione era possi-bile. L’oggetto scuro dall’altra partedella campagna e il mio amico sono en-trambi due oggetti materiali di medie di-mensioni e perciò la loro identificazioneera possibile. Ma quale correlazione sipuò trovare tra entità fisiche presenti nelmio cervello, come gli impulsi elettricie un mio pensiero? Certo, il mio pen-siero e le trasformazioni elettriche nelmio cervello sono entrambe realtà. Maquesta non è una categoria, dal mo-mento che non serve per distinguereuna cosa dall’altra, e non ci fornisce nes-sun elemento per comprendere l’affer-mazione secondo cui il mio pensiero èuna correlazione tra cellule elettrica-mente cariche. Se due cose sono ugualianche le loro proprietà devono essereuguali, quindi la metà dell’oggetto scurodovrà coincidere con la metà del mioamico. Perciò i ¾ degli impulsi elettricidovrebbero coincidere con i ¾ del miopensiero. O, ancora, se gli impulsi elet-trici che si trasmettono tra le cellule delmio cervello fossero il mio pensiero, lerelazioni spaziali dei vari impulsi sareb-bero identiche alle relazioni spazialidelle diverse parti del mio pensiero. Mache relazioni spaziali possono esisterein un pensiero come “domani sarà unagiornata di tempo sereno”. O, ancora,gli impulsi elettrici si trasferiscono dauna parte all’atra del cervello, ma cosadire del trasferimento da una parte al-l’altra del pensiero “domani pioverà”. Inbreve, identificare gli impulsi elettrici oqualsiasi altra cosa materiale con il miopensiero si rivela un assurdo logico eperciò metafisico. Per questo motivo

PADRE MANZELLA Oggi 18

B i o e t i c a

L'anima a Dio

Zampa Giacomo. La Presentazione dell’ Anima a Dio

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letto senza alito di vita. La sua supplicaverso di me di continuare a rianimare lamamma e di farle una puntura che la fa-cesse rivivere. La sua non rassegnazionead aver perso sua madre provando a ri-petere lei, con le sue mani piccole e tre-manti, il massaggio cardiaco. Pervocazione noi cristiani siamo chiamatiad una vita di “contemplazione” inmezzo, per, accanto a quelli che nes-suno ama. Se il nostro cuore arde daldesiderio di incontrare Cristo ed è

aperto a questo incontro, allora Lui èpresente in ogni uomo, in ogni istante,in ogni luogo, in ogni situazione, in ogniincontro che diventano per noi misterodi Dio da contemplare, perché Dio è intutti e in tutto, specialmente nella vita

semplice, per molti insignificante e inef-ficace, degli “ultimi” … ultimi per ilmondo, ma primi nel Regno dei Cieli. Il

Vangelo ci invita a condividere la condi-zione dei più poveri, dei dimenticati, dicoloro che nessuno ama, coloro checome Chiesa siamo chiamati a servirecome i nostri “Signori” (P. Manzella).Noi parliamo di povertà, di fame, di mi-seria, è verissimo e tutto questo esiste,ma la vera fame, la vera povertà, la veramiseria è proprio l’abbandono, la con-dizione di non esser amati, di non avernessun che si occupi di noi. Siamo chia-mati ad accogliere le preghiere e le la-crime che il popolo di Dio effonde inogni giorno santo, consapevoli chesiamo poveri uomini di cui Egli, per unmistero a noi incomprensibile, si serveper portare avanti la Sua Opera di Sal-vezza, perché quest’Opera è un divenireche costruiamo insieme a Lui. Mi tor-nano in mente le parole del cardinalLeger, missionario per tanti anni in Ca-merun: “Il problema del terzo mondotroverà una soluzione il giorno in cuiuomini e donne accetteranno di venire

qua non per cambiare le cose ma perperdervi la propria vita”. La nostra mis-sione è quella di spendere la nostra vitasenza far niente di straordinario, accet-tando una vita banale e semplice, di gri-dare il vangelo con la nostra vita insemplicità e umiltà, nella debolezza enella mitezza, come Cristo ci ha inse-gnato. Solo donando noi stessi apri-remo la via ad una trasformazione diquesti paesi, non solo nel senso di unprogresso esteriore, ma prima di tutto

ad una trasformazione daldi dentro, che li aiuti aprendere coscienza chedentro di noi c’è unafame e una sete molto piùgrande di quella mate-riale, sete di felicità, setedi rimanere nel SuoAmore e perché siamostati redenti per viverenella “gioia piena”(1),senza accontentarci di so-pravvivere: “Dio ci è dive-nuto più necessario delpane che mangiamo, del-l’acqua che beviamo, del-

l’aria che respiriamo…che donoquesta vita”. (2) Finalmente a Ihosy.Guardo l’orologio e sorrido pensandoche ci son volute 7 ore di attesa per 4ore e mezzo di viaggio, per 198 kilome-tri. Tutto è dono per coloro che amanoDio. “ Noi siamo stati chiamati qui apatire tutti i loro problemi fino infondo e nella nostra carne, nonostantetutto e tutti, e nonostante me stessa, ead amare questa gente prima di ognialtra cosa con quell’amore che è sem-pre PAZIENTE, BENIGNO... CHE TUTTOSCUSA, TUTTO CREDE, TUTTO SPERA,TUTTO SOPPORTA..(3) Ed è questoamore che farà di noi i testimoni di unRegno che non è di questo mondo, unRegno d’Amore-Follia, irrimediabile fol-lia agli occhi del mondo, ma per noi lasola ragione di vivere e morire.( 4). g1Gv 15,10-112Annalena Tonelli laica missionaria che ha dato la sua vita perl’Africa31 Cor 134Annalena Tonelli

PADRE MANZELLA Oggi 21

NEL MESE di Febbraio ho tra-scorso qualche giorno a Fianaran-

tsoa con suor Angela, la nostra noviziae le due aspiranti. Il giorno della miapartenza da lì arrivai alla stazione deipullman alle 8 accompagnata da suorAngela e speranzosa di partire con laprima linea. Faccio il biglietto e l’autistami dice che il pulmino non è ancoracompleto e quindi bisogna aspettare“un po’”. Qui infatti non si parte ad unorario prestabilito ma solo quando iposti a sedere sono completi, e anchecon qualche passeggero in più. Lascio lìil mio bagaglio e con suor Angela appro-fittiamo di quel po’ di tempo ancoraconcessoci per fare qualche commis-sione nei dintorni. Eravamo sicure cheavremmo avuto a disposizione almenoun’altra ora. Ritorniamo alla stazioneverso le 9.00 e l’autista sorridente ci diceche bisogna aspettare ancora. Scoccanole 10, le 11... alle 11.30 invito suor An-gela a tornare a casa, fiduciosa nelle pa-role dell’autista che ormai mancavapoco. Salgo sul pulmino per sedermiperché nelle nostre stazioni dove le at-tese sono abbastanza lunghe, parados-salmente, mancano le panchine. Subitovengo circondata da tante persone chedesiderano vendermi qualcosa per gua-dagnarsi il loro “riso quotidiano”. In unacittà grande come Fianarantsoa, ricca dipalazzi, fa meraviglia che ci sia ancoratanta povera gente costretta a inventarsiun lavoro per sopravvivere. Mi colpi-

scono gli occhi spenti di un bambino ac-canto alla mamma, uno sguardo cheesprime una povertà molto più grandedi quella materiale. La mamma loprende per mano e poi lo spinge versodi me con la manina allungata e lo inco-raggia a ripetere il solito ritornello: “Mbaomeo vola, marary aho, noana aho”.Dammi dei soldi perchè sono malato eho fame. Non mente quel bambino mala sua è anche fame d’amore, sete deisuoi diritti di bambino: dovrebbe esserea scuola a studiare e giocare con i suoicompagni, invece è per strada a mendi-care. Cerco un approccio con lamamma ma non le interessa perderetempo a chiacchierare con me perchédeve lavorare, e ha già adocchiato unaltro “cliente” per suo figlio.L’autista chiama i passeggeri. Final-mente si parte: son le 15 del pomerig-gio. Mi aspetta un viaggio di almeno 4ore. Nonostante la musica approfitto diquel tempo per raccogliermi in un silen-zio interiore. Ripenso a quel bambino emi tornano in mente i versi dell’innoche preghiamo durante la quaresima:ACCOGLI O DIO PIETOSO LE PRE-GHIERE E LE LACRIME CHE IL TUO PO-POLO EFFONDE IN QUESTO TEMPOSANTO. Nella mia preghiera della sera tipresento Padre buono tanti cari fratellie sorelle che bussano ogni giorno allanostra porta, soprattutto a quella delcuore:Silvia, madre di due gemellini. Nonposso scordare il suo sguardo suppli-chevole accompagnato da un mesto sor-riso, il giorno in cui arrivò in dispensario(dopo aver fatto 20 km a piedi), chie-dendo aiuto per lei e i suoi bambini. Ilparto era stato difficile, era molto stanca,la notte non riusciva a dormire perchédoveva allattare prima l’uno e poi l’altro.Chiedeva di poter aver un po’ di latte inpolvere per almeno uno dei gemelli inmodo che tra una poppata e l’altra leipotesse riposare un po’. La sua richiesta

fu esaudita e dopo una settimana dicure rientrò al suo villaggio riacqui-stando le forze e il suo bellissimo sor-riso. Dopo un mese la notiziaimprovvisa e sconvolgente che nel girodi 24 ore una febbre altissima avevastroncato la sua giovane vita. Dada-mena, un bambino di 12 anni, di soli 15kg, con un grosso pancione, il fiatone elo sguardo apatico, rassegnato alla suamalattia e al fatto di non poter guarire,così gli avevano detto. Ho ancora benimpresso lo sguardo sfuggente e la vocetremante della sua mamma quando ledissi che il giorno dopo sarebbe arrivatodon Emanuele per portare suo figlioall’ospedale, e dargli la speranza di vi-vere ancora. “Io vorrei andare all’ospe-dale con lui ma...”. Il desiderio di salvareil suo bambino entrava in contrasto conl’amore verso gli altri 9 figli che, essendolei vedova, non si sentiva di lasciare. Ri-conoscente a Dio rivedo anche la gioiadi questa donna il giorno che Dada-mena, dopo un mese di cure all’ospe-dale di Sakalalina, è rientrato a Isifotracon qualche kilo in più e i suoi occhionineri che hanno ripreso a brillare. Accoglio Dio pietoso le lacrime di Cristina ver-sate sul petto della mamma riversa sul

PADRE MANZELLA Oggi 20

M i s s i o n e a d G e n t e s

Contemplativisulle strade del mondo

“...MA LA VERA FAME,LA VERA POVERTÀ,

LA VERA MISERIA È PROPRIO

L’ABBANDONO, LA CONDIZIONE

DI NON ESSER AMATI”

di Suor Leonarda Pintus sdg.

M i s s i o n e a d G e n t e s

Contemplativi sulle strade del mondo Rientrando a Isifotra

Sempre sorridenti

Isifotra suor Leonarda Madagascar bimbo bisognoso d’aiuto

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possono salire. Esistono regole nellasocietà umana che rendono compli-cato il far calare giù nel fossato dellescale. Meglio che loro restino lì! Noi lichiamiamo progresso e globalizza-

zione, liberalizzazione del mercato ederegolamentazione finanziaria, li-bertà di esprimere le idee e il proprioingegno, ma per loro non è altro chela stessa colonizzazione che, prima gliha mandati giù e poi ha rimosso lescale. Certamente quella di oggi è unadominazione diversa, ma il risultato èsempre lo stesso.Il “modus operandi” rispetto al pas-sato è più sottile ed elegante, menoevidente per i benpensanti della so-cietà e per questo ancora subdolo ediabolico. Erano e rimangono tutt’oraoppressi per mano di altri: schiavi! AlSud dell’equatore la maggior partedelle persone vive come straniera a

casa sua: espropriata di tutto, anchedel diritto di decidere del proprio fu-turo, senza il quale non c’è identità edignità. Altri dettano le regole, altri im-pongono le scadenze e il modo di mi-

surare il tempo e lastessa esistenza, comese da soli non fosserocapaci. Ma quale colpahanno commesso peressere costretti a vivereai margini dell’esi-stenza, oppressi dallapresunzione e dall’arri-vismo, schiacciati dal-l’ipocrisia? È possibileche Dio veramenteabbia creato tipi diumanità con dignità eintelletto disuguali?

Che tristezza vedere molti cristianiconvinti – tra cuinon mancano preti,suore e vescovi –che si mostranocome instancabilibenefattori del-l’umanità attraversobattaglie per l’ugua-glianza e la frater-nità, e raccoltefondi per i “menofortunati di loro”.Tuttavia non sonodisposti a rinun-ciare ai privilegi ricevuti dallo stessosistema ingiusto che denunciano pub-

blicamente. “Non staforse scritto: la miacasa sarà chiamata casadi preghiera per tuttele nazioni? Voi invecene avete fatto un covodi ladri.” (Mc 11,17).Con tutto ciò, inquanto figlio, non sonoforse erede di questamentalità? Quindi, infondo, anch’io sonocosì. Cosa mi ha spintoqui al sud dell’equa-tore, cosa sono venuto

a fare? Anche se con tutte le buone in-tenzioni, mosso dall’urgenza di realiz-zare (anche l’evangelizzazione)secondo i tempi e i modi proprio delnord dell’equatore, non rischio di im-porre uno stile di pensiero e di vitache non gli appartiene? Voglio vera-mente il loro bene o voglio distribuireil bene secondo me? Desidero che se-guano Te, Gesù, o che seguano me,che mi illudo di averti? Che deve im-partire i tempi della missione: il tic-chettio dell’orologio svizzero fattoarrivare con il container, o il battito delloro cuore e lo scandire della comu-nione reciproca nella quale Tu ti seivoluto identificare? Il pensiero mi con-duce al Getsemani, perché la loro sof-ferenza è la Tua sofferenza.Eri lì, completamente solo. Certo, nonlontano c’erano i discepoli che però

non erano disposti a condividere e vi-vere quel momento con Te. L’angosciae tristezza che provavi erano fruttodella solitudine. Tradito e abbando-nato dalla cerchia più intima, rifiutatoe non riconosciuto dal tuo popolo, tisentivi spaesato, come straniero a casaTua. Ma saldo ed energico ti sei alzatoe hai offerto la tua vita, affinché ilregno di Dio, che è regno di giustiziae pace, fosse edificato in mezzo agliuomini. Un’altra voce si pronuncia,ma questa volta è la suora che michiama ai doveri di presidente dellaliturgia. g

Fidei Donum Madagascar

PADRE MANZELLA Oggi 23

IPRIMI RINTOCCHI arrivanosempre al momento opportuno!

Non credo che Lui abbia quel tono divoce, ma quel tono metallico “scocca”un messaggio che parla da solo: il Si-gnore mi chiama!!! Certo, non sta chia-mando solo me. Sono tre lesequenze di rintocchi che avvi-sano la piccola comunità cri-stiana di Analavoka (così comenegli altri villaggi) ad ogni mo-mento liturgico e comunitario.Oggi è domenica, e come tutte ledomeniche, prete o non prete,c’è l’adorazione eucaristica. Madove sono i preti? Siamo in duee ci dobbiamo fare in tredici!Non sto dicendo che stiamo lavo-rando a più non posso e siamosottoposti a grossi sacrifici, mache tredici è il numero dellechiese cristiane che dobbiamo se-guire, e ventisette è il numerodei villaggi che aspettano una no-stra visita.Era un mese che mancavo da questacomunità, perché con don Francescoci turniamo per essere il più possibilenella vita di ogni singola chiesa. Eccola seconda sequenza, ormai è ora diavviarsi! Il piazzale che divide la casadalla chiesa diventa un luogo di incon-tro, specialmente con i ragazzi dellostudentato. Stanno giocando a baskete come notano la mia presenza si av-vicinano. Vogliono sapere se ci sono

notizie dai loro genitori. Infatti, i no-stri spostamenti sono un’occasioneper molti per inviare lettere, pacchi, oanche per spostarsi di villaggio in vil-laggio per diverse ragioni. Raccontoloro un po’ di cose, ma quando glichiedo come sono andati gli esami difine semestre fuggono come saette. Ilcatechista è pronto a suonare, mentrei chierichetti sono già vestiti; la terzasequenza di rintocchi annuncia che lacelebrazione può avere inizio! Un mo-mento prima di uscire dalla sacristiami viene un “flash”: “Ma che oresono?” Non lo so! Non ho orologio,neanche i chierichetti, forse le suore o

il catechista: ma che importa? Sicura-mente è l’ora giusta. Nessuno qua èmai in ritardo e nessuno è mai in anti-cipo: si arriva sempre al momento op-portuno e si parte sempre quando èconveniente. Devo riconoscere che an-cora non ho assimilato bene questomodo di misurare il tempo.Non è semplice riconoscere e accet-tare che ci siano altri modi di stare epensare, dirigere la propria esistenza,vedere le cose e le relazioni con un’al-

tra logica. Abituato ad avere orologid’ovunque e assillato dallo scorreredelle lancette, ancora non riesco a cre-dere che nessuno mi misuri più conl’orologio in mano. Nella grande sa-vana malgascia è la spinta dell’animoverso l’altro l’ingranaggio dello scor-rere del tempo, e le relazioni interper-sonali sono le lancette che nesegnalano la posizione.Chi l’ha detto che i buoni orologi ven-gono dalla Svizzera? Dopo i riti iniziali,prendo il mio posto in assemblea, da-vanti a Gesù, o forse è Lui che si mettedavanti a me? Comunque non possofar a meno di portare con me tutte le

persone che ho incontrato in questoultimo mese e tutte le situazioni cheho vissuto con loro. Credo che non glidia fastidio, perché non sarei quelloche sono senza di loro. Mi coglie unpo’ d’angoscia nel pensare che nono-stante l’impegno costante nel lavorarela terra con fatica, e un’arguta capacitàper la sopravvivenza, non riescano aduscire da questa misera condizione.Sono come dentro un fossato dalle pa-reti lisce: per quanto si sforzino non

PADRE MANZELLA Oggi 22

M i s s i o n e a d G e n t e s M i s s i o n e a d G e n t e s

Nel presente degli ultimi scorgiamo il futuro con Dio

“ERANO E RIMANGONO

TUTT’ORA OPPRESSI

PER MANO

DI ALTRI: SCHIAVI!”

di Don Emanuele Piredda

Don Emanuele...

Pronti al richiamo del Signore

Bimbi malgasci

Isifotra, strada nazionale

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An c h e q u e -st’anno 2015,

nella parrocchia diSan Pietro Apostolodi Suelli, più notacome sede Vescovi-ledi San Giorgio Ve-scovo, si è svoltanelle strade delpaese, la rappresentazione della passione del Cristo, conpersonaggi viventi. Sotto la direzione coreografica e regiadel mons. Parroco don paolo Putzu e di suor Maria Atzoridelle suore del Getsemani, dell’Istituto per Anziani diSuelli. I personaggi viventi che hanno dato la disponibilità,si sono immedesimati in modo partecipato e coinvolgenteper quanti hanno seguito la passione di Cristo nel percorsodella rappresentazione. Nei momenti più crudi del sacrifi-cio, una sensazione di sofferenza e tristezza, faceva scorrerenell’animo delle persone che seguivano le varie Stazioni, ilritorno indietro di 2000 anni fa, quando il misfatto umano,non riconosceva in Cristo, il Salvatore dell’umanità, comepurtroppo ancora oggi possiamo vedere dalle cronache deimedia. Oltre alla realtà storica rappresentata, ha molto col-pito, la partecipazione di genitori, adulti, uomini e donneche hanno impersonato la parte di Pilato, Caifa, della Ma-donna, del Cireneo, dei soldati romani, e dei Giudei.Hanno partecipato anche i giovani, ragazzi e ragazze chenella parte dei ladroni, delle pie donne, del Cristo, tutti ve-stiti ed in atteggiamenti reali da personaggi storici, con in-dumenti ed oggetti che riproducevano una realtà da noi

non vissuta a suotempo ma rivissutain quei momenti dipassione creati conla viva partecipa-zione anche dallamoltitudine dei fe-deli convenuti.Unvivo ringraziamentoda parte degli orga-nizzatori e che Cri-sto protegga quantidirettamente o indi-rettamente hannopartecipato a questaSanta passione delSalvatore. g

Comune di Suelli (Ca)

Il giorno 22 maggio scorso, l’amministrazione comunale diSuelli ha inaugurato la strada intitolata a Padre GiovanniBattista Manzella. È stata una cerimonia semplice ma moltosuggestiva per la presenza dei bambini della Scuola Maternadi Suelli dove da 66 anni operano le Consorelle della Con-gregazione.Con questo gesto tutta la comunità di Suelli ha voluto di-mostrare la propria gratitudine alle suore che da anni sonoun fondamentale punto di riferimento per tanti bambini,giovani e anziani, essendo una preziosa guida spirituale esociale. Approfittiamo dell’occasione per rinnovare a nome del co-mune e tutta la cittadinanza la gratitudine e i migliori auguridi buon lavoro alle “nostre” suore! g

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SUOR GESUINA MUGGIRI ètornata alla casa del Padre con

Gesù che ha vinto la morte e il pec-cato.L’“Eccomi” cantato dalle consorelleall’inizio della Messa esequiale, pre-sieduta dal vicario mons. Mario Si-mula, è stato l’epilogo di tanti altri“Eccomi” pronunciato in 50 anni divita consacrata. Suor Gesuina ha ser-vito Dio e i fratelli nelle varie opereche l’obbedienza le affidava e che leiportava avanti nell’adesione alla vo-

lontà del Padre con costanza e sem-plicità. Attenta e disponibile nellescuole materne, premurosa tra glianziani a Umbertide (Pe) e a S. An-drea Frius (Ca) e tra le disabili nel-l’Istituto “Madre Angela Marongiu”a Lu Bagnu – Castelsardo. Altret-tanto premurosa, umile e discretanell’Episcopio di Cosenza, dove laComunità, dietro richiesta di mons.Enea Selis, l’aveva destinata per al-cuni anni. Il suo apostolato silen-zioso sgorgava dalla testimonianzadi vita, apprezzata da don Enea,dalla Comunità e dalla Chiesa. Lavita consacrata è un grande dono diDio ed è sempre e dovunque la di-mostrazione dell’amore del Signoree della bellezza della sequela diGesù. “Si è constatato spesso chel’apostolato dei consacrati, coerentiai loro voti, acquista nel mondo unafecondità inesauribile e il mondo fi-nisce con l’intuire che essere obbe-dienti, casti e poveri non è pena e

sacrificio, ma ungrande privilegio”(card. A. Balle-strero).Noi ci crediamo esuor Gesuina ci hacreduto, Dio checi ha chiamatonon ci lascia soli,ci segue, ci ama edeffonde su di noile ricchezze delsuo mistero diamore. I momentidel Getsemani edella Croce nonmancano e nonsono mancati ne-anche a suor Ge-suina; Gesù l’haconformata a Luinella Passione invarie situazioni

della vita, ma lei ha sempre accettatola prova con lo spirito di padre Man-zella e di madre Angela, certa che lostesso Salvatore l’avrebbe confor-mata a Lui nella Risurrezione. Dio,nella sua sapienza infinita, tra tantimodi per preparare le anime all’in-contro con lui e dopo circa un annodi dolorosa malattia, curata e assi-stita amorevolmente all’ospedale ein Comunità, l’ha chiamata a Sénell’ottava di Pasqua, 15 giorni dopole nozze d’oro di Vita Consacrata,alle nozze eterne nel suo Regno diAmore e di Pace. Anche se la fede ela certezza che la morte è il passag-gio alla vera vita, ogni dipartita lasciaun grande vuoto, ma noi osiamosperare che al più presto la nostraConsorella possa godere la visonedel Signore Risorto, della MadonnaSS. alla quale ha sempre affidato lasua vita, la Comunità e la sua cara fa-miglia. Ora ha incontrato i Fondatoripadre Manzella e madre Angela, verimodelli di santità, che lei ha amatoe cercato di imitare nello spirito diadorazione, di riparazione, di caritàe di uniformità alla volontà delPadre.Noi continueremo a pregare per lasua cara anima e a ringraziare ilBuon Dio che ce l’ha donata. g

PADRE MANZELLA Oggi 24

N o t i z i e d e l l ’ I s t i t u t o N o t i z i e d e l l ’ I s t i t u t o

“Ecco io vengo… per fare la tua volontà” (Sl. 39)

“NOI CONTINUEREMO

A PREGARE

PER LA SUA

CARA ANIMA”

di Suor Anna Mameli sdg.

Rappresentazione viventedella Passione di Cristo

“NEI MOMENTI PIÙ CRUDI

DEL SACRIFICIO, UNA SENSA-ZIONE DI SOFFERENZA

E TRISTEZZA”

di Raffaele Floris

Targa in onore di PadreGiovanni Battista Manzella

Suor Gesuina a sinistra

Suelli, parrocchia

Comune di Suelli

Suelli, le suore e le autorità

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PADRE MANZELLA Oggi 27PADRE MANZELLA Oggi 26

P i a n e t a c a r c e r e C u l t u r a e t r a d i z i o n i s a r d e

(Da Avvenire, martedì 7 aprile 2015)

Caro direttore, il Papa ha voluto essereuno di noi, il suo amore e la sua Mise-ricordia sono Cristo. Il carcere non èluogo sconsacrato:«Dove dimora il do-lore il suolo è sacro». Cristo arriva eporta la pace alla disperazione degliuomini che sono al varco del confine,nelle urne del pianto. Arriva e liberagli spiriti legati alle catene. Cristo èuno dei nostri, fatica con noi per ri-scattare il nostro passato e per ripristi-nare i nostri giorni. Lo sentiamocamminare accanto a noi, consola lanostra libertà crocifissa, e a ogni passosentiamo che il giogo diventa più sop-portabile.Lui è stato crocifisso, ma quando vedecrocifissi noi detenuti, diventa Cire-neo, ci aiuta a portare il peso dellacroce e cammina insieme a noi e cirende creature nuove e forti. Così,sulle macerie delle parole e degliascolti, dentro il deserto del carcere,poveri in mezzo ai poveri e tutti nellamiseria, abbiamo sperato ancora. Èproprio dentro questo vivere che ab-biamo capito che è cambiata la nostrastoria e la nostra vita. È in questoluogo che molti di noi hanno trovatol’appuntamento decisivo per l’incon-tro fondamentale con Chi eravamoconvinti di avere incontrato e invecenon conoscevamo a fondo. Crede-vamo di averlo trovato nelle liturgie acui avevamo preso parte, di averlo rag-giunto nei pellegrinaggi che avevamofatto, di esserci accanto in meditazionenei ritiri spirituali, ma oggi possiamodire che l’incontro che veramente ce

lo ho fatto conoscere è accaduto quadentro. In questo luogo, senza cer-carla né aspettarla abbiamo sentito laSua voce: inconfondibile. In questoluogo che tenta di far scomparirel’uomo Lui che ci ha svelato la sua di-mensione essenziale. È disumanovoler annullare l’uomo. Nessuna disu-manità è più grande che far scompa-rire la persona che ognuno di noi è:precisamente questa è la disumanità

del nostro tempo. E lo Stato oggi dàper legge, come mandato al carcere,proprio questa disumanità, mortificaree far sparire l’«io» dei detenuti. Ma un avvenimento che ha la forma diun incontro può salvare. L’incontro fapercepire e scoprire il senso della pro-pria dignità. E siccome la personalitàumana è composta di intelligenza, diaffettività e di libertà, in quell’incontrol’intelligenza si desta in una volontà diverità nuova e l’«io» incomincia a fre-mere di una affezione alla vita, a sé,agli altri, che prima non aveva. Ma l’av-venimento deve essere riconosciutoed è necessario «un “io” che lo ac-

colga», soprattutto se è un «io» morti-ficato qual è quello del detenuto, cheha però un cuore liberamente dispo-nibile ad accoglierlo. Senza cuore,senza che tu abbia cuore, senza che tusia capace di conservare il cuore cheti è stato dato, senza cuore Dio nonpuò far nulla. Essere se stessi è la ri-sorsa più importante per frenare l’in-vadenza del carcere, per salvaguardarela propria coscienza e allontanare il

pericolo che il carcere alimenta,lusingando la sperdutezza dellamemoria.E così, caro direttore, abbiamo ri-conosciuto la Sua voce: l’uomoha questa capacità di riconoscerela “voce buona” che chiama al-l’incontro decisivo. La voce in-confondibile.Possiamo non risponderle e tap-parci l’animo. Ma è impossibile non ricono-scerla. In tanti abbiamo rispostocon il più forte grido di doloreche si potesse emettere, perchémeglio fosse raccolto dal Cielo:abbiamo gridato e ci siamo sen-titi liberi. Abbiamo sentito den-tro la nostra carne il dolore,abbiamo capito che dentro il no-stro dolore c’era anche la soffe-renza degli altri e la sofferenza

Sua. Per questo, direttore, vogliamogridare ancora più forte, vogliamo riu-scire a gridare al posto di chi qua den-tro non ha la capacità o la forza digridare nonostante soffra molto. Vo-gliamo gridare il dolore di chi nonvuol ascoltare e non sa rispondere alla“voce buona”. Soffrire per gli altri èuna grande forma di amore e se gri-diamo il nostro e il loro dolore, libe-riamo la nostra libertà. Giovedì 2aprile 2015 la voce di Papa Francescoera stanca e addolorata ma era “la vocebuona”, noi detenuti l’abbiamo rico-nosciuta subito. Lui era Cristo. Grazie,Francesco. g

DOPO I festeggiamenti trasgressividel carnevale, appendice storica

dei baccanali e saturnalia, culminati conle sfilate e cortei delle maschere tradi-zionali nei vari centri dell’isola, inizia ilperiodo di penitenza e digiuno dellaQuaresima.Il termine ricorda il numero quaranta,che ricorre spesso sia nel Vecchio chenel Nuovo Testamento. Per limitarci aqualche esempio, quaranta giorni dura-rono sia il diluvio universale, sia il sog-giorno di Mosè sul monte Sinai prima diricevere le tavole della legge, quarantaanni impiegò il popolo Ebreo preceden-

temente al raggiungimento della TerraPromessa, dopo la schiavitù in Egitto, lostesso numero di giorni Gesù dimorònel deserto e altrettanti ne impiegò perla predicazione tra gli uomini. In realtà,la Quaresima dura esattamente quarantagiorni solo nel rito Ambrosiano, mentreha quattro giorni in più in quello Ro-mano. Dunque, la durata ha una valenzasimbolica sia per la religione ebraica checristiana. Per i cattolici, inizia il giornodopo il martedì grasso che, in Sardegna,viene chiamato Melcuris de Lisciu. Laparola lisciu deriva da liscia, liscivia, ot-tenuta attraverso la bollitura delle ceneridei ramoscelli d’ulivo e palme della Do-menica delle Palme dell’anno prece-dente; “sa liscia” veniva anche usatacome sapone per rendere la biancheriacandida. Il giorno veniva chiamato“caput jeiunuii”, inizio del digiuno, daipadri della chiesa. Durante la celebra-zione di “su mementomo”, vengonomesse le ceneri sulla fronte dei fedeli.Prima, durante l’imposizione, veniva re-citata la formula latina: Memento Homoquia cinis es, et in cinerem reverteris”,

ora modificato in pulvis. Non credo sianecessario inoltrarci né sulla spiega-zione della caducità della vita, ne sulfatto che torneremo ad esser polvere,dopo che il Creatore ci ha modellati nelfango. Si ritiene più utile soffermarsibrevemente su quanto dice il grandepoeta americano T. S. Eliot in “Merco-ledì delle Ceneri”, parlando del suo per-corso di redenzione: “Dove ritroveremola Parola, dove risuonerà la Parola? Nonqui, che qui il silenzio non basta, nonsul mare o sulle isole, né sopra la terra-ferma, nel deserto o luoghi di pioggia.Per coloro che vanno nella tenebra du-rante il giorno e la notte. Il tempo giustoe il luogo giusto non sono qui, non v’èluogo di grazia per coloro che evitano ilVolto, non v’è tempo di gioire per co-loro che passano in mezzo al rumore enegano la Voce”. Su Barantinu é un pe-riodo da dedicare all’astinenza, peni-tenza e riflessione, soprattutto nei giornidi mercoledì e venerdì. Il digiuno dallacarne è dovuto al fatto che, nell’anti-chità, questa era più costosa del pesce;si ritiene non siano secondari né il mi-racolo della moltiplicazione dei pani edei pesci, né il fatto che i primi cristianisi riconoscessero tra loro attraverso ilsimbolo del pesce, dal termine grecoIchthys, che veniva usato come acrosticoe che indicava Iesous Christos TheouYios Soter, che significa Gesù Cristo Fi-glio di Dio Salvatore. In diverse parti del-l’isola é ancora viva l’espressione: “Sosmales de carrasegare, ‘essin in baran-tinu”, a sottolineare che, dopo l’allegriae baldori del carnevale,inizia il periododi “geunzu e penitescia” quaresimali.Come suggerisce il poeta é tempo dicontemplazione del Volto e di silenzio eascolto della Parola, che si fa Voce. I ritiche precedono la Pasqua, in gran partedella Sardegna, non si discostano dallatradizione e influsso spagnolo, anche seesistono celebrazioni e usanze diverseda paese a paese. In tutti i centri viene

“LA VOCE BUONA”L’ABBIAMO RICONOSCIUTA.

LUI ERA CRISTO

T.C: Detenuto nel carcere di Rebibbia

“Quella voce inconfondibile”

Il Papa a Rebibbia durante la Messa

“Periodo di penitenzae digiuno della Quaresima”

“LA RESURREZIONE SPALANCA

LE PORTE A UNA NUOVA VITA MA,COME SUGGERISCE E CI INVITA

PAPA FRANCESCO, É NECESSARIO

ABBASSARCI CON UMILTÀ”

di Angelo Carboni

L’Addolorata vestita a lutto

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dicatore colto da improvvisa enfasi,gridò: A fora (dae presone) Barabba! Se-deva in prima fila un uomo buono esemplice, conosciuto da tutti come Ba-rabba, a questo grido si svegliò dal son-nellino che lo aveva colto, ebbe unsobbalzo e, lentamente, si avviò versol’uscita, pensando di essere stato ripresoper essersi assopito; il predicatore lofermò prima che lasciasse la chiesa algrido: No fit a bois, compare Barà! DopoS’Iscravascione si andava a Santa Croce“pro su cumbidu”, spuntavano fiaschi divino dai fagotti dei confratelli. Ricordoche accompagnai nonno, un po’ alticcio,a casa, vista la moglie, a giustificazionedella sua debolezza, riuscì solo a dire: AGesu Cristu lu gighiamus in duos, eo,compare Lesporedda, Giuannandria‘Elogu, mastru Laddara e un elenco chenon sembrava finire più. A differenza dialtri centri, in paese “sas chilcas” si svol-gevano di sabato. La gente si riversavanelle vie di Pattada, visitando le chiese,al canto di:”A s’ufisciu, a s’ufisciu, mortuest Gesu Cristu, in sa rughe mazore, emannos e minores, e minores e mannos,e chie est chi l’at mortu? Sos Giudeos etotu ei sos Fariseos. Mortu l’an sos Giu-deos. Seguivano i colpi delle “chigulas ematracas”, per avvisare che la gente an-dasse in chiesa, “a s’ufisciu”, le lodi e ivespri, perché le campane erano silen-ziose. La domenica di Pasqua, primadella messa, un gruppo esce in corteodalla chiesa del Rosario con la statuadell’Addolorata, mentre un altro corteoparte da Santa Sabina col Cristo Risorto,S’Incontru avviene nel centro del paese,le campane non smettonodi suonare sino all’ingressoin parrocchia. Viene distri-buito “su sepulcru” primadella celebrazione. Ho an-cora vivo il ricordo che, du-rante la predica, mio nonnomi prendeva per mano eandavamo alla vicina vignaper sotterrare i germogli di“su sepulcru”. Rientravamoche la predica, allora piut-tosto lunga, era ancora incorso. La Resurrezione spa-lanca le porte a una nuova

vita ma, come suggerisce e ci invita papaFrancesco, é necessario abbassarci conumiltà, e liberarci da ogni fardello percomprendere l’essenza del Mistero. Il lu-nedì di Paschighedda, tutta la famigliaandava alla vigna, come si diceva allora“a bochire su demoniu”. Soltanto qual-che anno fa ho capito cosa intendevamio padre, sassarese “in ciabi”, che,uando vestivamo in maniera estrosa, fineanni ‘60 e primi ‘70, si rivolgeva a noicon l’espressione: Mi pari un babarrotu!La figura non era altro che il portatoredella croce, vestito in abiti tradizionaliche, durante i riti della settimana santa,svolgeva il ruolo di crocifero. Non ri-tengo necessario rifarci alla monumen-tale opera dell’antropologo scozzeseJames Frazer “Il Ramo d’Oro. Studiodella Magia e della Religione” per capirea fondo i legami tra culti pagani e cristia-nesimo. É palese che le rappresentazionisacre prendano l’abbrivio dalle inglesiMyracle, Mystery and Morality Plays, unasorta di teatro ambulante che, durante lefestività religiose, si muoveva per la città,mettendo in scena quadri del Vecchio eNuovo Testamento, famosi i cicli di Yorke Chester. Ancora più antiche, a partiredal X secolo, sono le rappresentazionisacre italiane e spagnole, da queste ul-time derivano le cerimonie sarde. In par-ticolare i riti catalani hanno influenzatoquelli dell’intera isola, come dimostranoi termini desclavamet, goics per gosos,matraca e vari altri. Queste cerimonieraggiunsero il loro apice tra il XV e XVIsecolo, ma l’aspetto che segnò una rivo-luzione fu il passaggio dal latino alle lin-

gue romanze, rendendo le rappresenta-zioni accessibili alla gente comune. Ri-mangono esempi legati al culto dellafertilità pagana come “su sepulcru”, e glielementi del fuoco e acqua. Probabil-mente mi sono dilungato troppo, perciòmi appresto a chiudere con un ulterioreesempio di teatralità religioso-popolare,anche questo avvenuto a Bantine. Era ilgiorno della Pentecoste di molti annifa, il predicatore si era accordato col sa-crestano affinché questi, a un suo se-gnale, liberasse una colomba, simbolodella discesa dello Spirito Santo, da unangolo nascosto della chiesa. Si predi-cava in sardo e il prete si lanciò in unainfervorata e coinvolgente spiega-zione della discesa dello Spirito. A uncerto punto, per segnalare il mo-mento del rilascio, gridò: Bolet S’Ispe-deru Santu, S’Ispideru Santu ‘olet!E sollevò lo sguardo in alto, l’assemblea,partecipe del momento estatico, loseguì, ma niente avvenne. Conoscendo,da buon pastore, il suo gregge, pensòche il sacrestano si fosse addormentatoo che avesse alzato il gomito col vinodella messa, alzò la voce e ripeté la sup-plica altre due volte, con la speranza diun segno. Si sentì una voce tra l’addolo-rato e il mesto:Babbà, s’ispideru santu si l’at manigadus’atu! Con questo curioso, e affatto bla-sfemo, episodio, concludo questa ru-brica, con l’augurio che questerappresentazioni ritornino all’essenzadel loro significato, senza che venganointaccate da aspetti meramente folklori-stici. g

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C u l t u r a e t r a d i z i o n i s a r d e

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celebrata la Via Crucis, ogni venerdì diQuaresima. A Pattada si svolge di notteper le vie del paese; ricordo che da pic-coli andavamo nelle vigne in cerca di“raigas de niberu”, i sostegni di gineproper le viti, per fare “sas acias”, torce chevenivano usate durante le funzioni not-turne sia di “su barantinu che in chidasanta”. L’inizio della Settimana Santa ri-corda l’ingresso di Gesù a Gerusalemmetra la folla festante, che agitava ramid’ulivo e palme in segno di tripudio. IlMessia sapeva che chi lo precedeva e se-guiva, anche tra i suoi discepoli, di lì apoco lo avrebbero tradito. L’asinello sulquale il Signore entrò in città é un sim-bolo d’umiltà e sottomissione. In paese, si iniziava a intrecciare lepalme, nella casa parrocchiale, giorniprima della domenica; stava alla crea-tività di ognuno sbizarrisi nelle formedi S’Ispideru Santu, alas, rughitas emurighessas, chiamate così perchésomiglianti alle more del gelso, men-tre gli ulivi venivano portati da qual-che contadino il sabato prima dellaprocessione. Come nei centri a voca-zione pastorale, a Pattada si é mante-nuta viva l’usanza di dare a parenti eamici “su casu ‘e Pasca”, alcuni met-tevano sopra il formaggio una benau-gurale “foza ‘e almutu”, una fogliad’asfodelo, non so se con lo scopo dicontinuare a inacidirlo; le donne, daquesto, fanno “sas casadinas”, chia-mate “is pardulas” nel meridionedell’isola; alcune preparano anche ipani tradizionali, come “su pane ‘es’ou”. Ufficialmente la settimanaviene aperta il lunedì; sicuramente lapiù nota e caratteristica funzione é LuLunissanti, celebrato a Castelsardo.Contrariamente a quanto avviene nelresto dell’isola, é il lunedì il giorno deimisteri; il corteo parte all’alba dallachiesa di Santa Maria, nel borgo medie-vale, diretta all’abbazia romanica di No-stra Signora di Tergu. Un ruolofondamentale viene attribuito alle con-fraternite, li apustuli e li cantori. Du-rante il pellegrinaggio si alternano i coridi lu miserere, lu stabat e lu Jesu; i can-tori sono composti da la bogi, lu bassu,lu contra e lu falzitu, e hanno rispettiva-

mente come simboli, portati dagli apo-stoli incappucciati, il cranio, lu cabbu dimoltu, poggiato su un vassoio scuro, lustabat rapprentato dal mezzo bustodell’Ecce Homo, e infine la croce per luJesu. Seguono i cantori del miserere glialtri misteri del calice, guanto, colonna,fune e catena, flagelli e corona di spine,mentre il coro dello stabat ha dietro glialtri misteri, della croce, scala, martelloe tenaglia, la spugna, concludono i can-tori dello Jesu. I misteri rappresentanole tappe della Passione. I canti e armonieappartengono alla nota scuola musicaledi Castelsardo. Arrivati a Tergu, nel cor-tile del monastero, si svolge il pranzo co-

munitario e si riprende la via del ritorno,alternando soste e canti, prima di attra-versare, all’imbrunire, sotto la luce dilampade ad olio, le viuzze del borgo deiDoria. I giorni che precedono il GiovedìSanto, solitamente, sono dedicati al-l’adorazione e contemplazione del San-tissimo, in alcuni centri si svolge laprocessione dei misteri, a Bosa il mar-tedì. La messa “in coena Domini” é pres-soché uguale nell’intera isola, vengono

benedetti gli olii, il fuoco, a Pattada si dàfuoco “a su brajeri”, nella piazza davantia Santa Sabina, e con questo si accendeil cero. Si passa poi alla lavanda deipiedi, quando erano ancora in vita leconfraternite di Santa Rughe e de Su Ro-sariu, venivano lavati a sos cufrades, oraai chierichetti.Prima della funzione si provvedeva a si-stemare la croce con il Cristo seicente-sco davanti all’altare “s’incravascione”,ricoperti di un drappo viola, come tuttii santi delle cappelle, l’altare della Trinitàviene chiuso da i lati con lunghi ten-daggi viola, ai piedi dell’imponente sta-tua lignea, le donne sistemano “sossepulcros”, grano fatto crescere su unletto di cotone, e fatto germogliare albuio, altrove chiamato “su ninniri”. Rap-presenta il ciclo di morte e rinascitadelle stagioni.Il Venerdì Santo venivano “presas sascampanas”. Nel tardo pomeriggio usci-vano dalle rispettive chiese le confrater-nite per recarsi alla parrocchia; la chiesadi Santa Croce purtroppo é stata demo-lita tra la fine degli anni ‘50 e primi del‘60, per fare posto a un cinema, oramuseo dimenticato dell’indifferenza diquegli anni. La stessa sorte é stata riser-vata alle chiese di Santa Croce di Bud-dusò e Sedini. Ricordo che il rito de“S’Iscravascione” era particolarmentecommovente, nel senso letterale del ter-mine, perché l’intera assemblea “simuoveva con e insieme” a quei gestisacri. Lo spazio antistante l’altare era oc-cupato dalle due confraternite, io go-devo di un punto d’osservazioneprivilegiato perché a fianco di nonno“cufrade de Santa Rughe”, dai legionariromani e da bambini vestiti da angio-letti, ai lati della croce stavano il sepolcroe L’Addolorata vestita a lutto.Ad alghero vengono chiamati il Sancri-stus, una statua arrivata miracolosa-mente da Alicante, e Nostra Senyora deles set dolors. Le fasi della deposizionevenivano accompagnate da un Predica-tore che, nel passato, si esprimeva insardo. A questo proposito, voglio raccon-tare due aneddoti, a Bantine, frazione diPattada, durante la predica, sul momentoche parlava del processo a Gesù, il pre-

S'Iscravascione

Guido Reni, deposizione di Cristo

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PADRE MANZELLA Oggi 31

A t t u a l i t à

IN GENESI 1, 27 leggiamo: “Diocreò l’uomo a sua immagine; a

immagine di Dio li creò; maschio efemmina li creò”. La differenza tral’uomo e la donna è una differenzaradicale e innata, iscritta nella pro-fondità della coscienza e coinvolgetutti i comportamenti umani.Risale alle origini della vita, iscri-vendo nell’essenzadell’uomo e della donnala complementarietà,nel corpo e nella psico-logia.Papa Francesco, in unarecente udienza delmese di aprile, ha richia-mato la realtà innegabiledi tale differenza e com-plementarietà. La diademaschile – femminile èa ragione la diade origi-naria, primigenia che hapermesso così lo svi-luppo e l’evoluzionedella specie umana,diade foriera di innega-bile ricchezza.Tra uomo e donna esi-stono differenze sostan-ziali a livello psicologicoe a livello neurobiologico. Serie ri-cerche scientifiche hanno dimo-strato che fra maschio e femminaesistono differenze di sensibilità,differenze a livello uditivo e a livello

visivo. Diverso anche il senso diorientamento, diverso il cervellomaschile da quello femminile, maanche riguardo a determinatiaspetti dell’autostima, il maschio ela femmina si valutano in manieradiversa. Non è frutto di opinionipersonali dunque, ma un risultatoscientificamente provato che sin dalmomento del concepimento, le cel-lule maschili si differenziano daquelle femminili, è alla portata ditutti la conoscenza della suddivi-sione in cromosomi XX per la fem-mina e in cromosomi XY per ilmaschio, suddivisione che portacome conseguenza caratteristichepecuniali per ognuno dei due sessi.Da alcuni anni assistiamo invece aldiffondersi di teorie che voglionoomologare i due sessi, portando

pretestuosamente avanti il concettodi “tolleranza”, di parità, di pari op-portunità, in realtà il disegno di taleprogettualità va ben oltre. Di frontead una differenza naturale dei due

sessi, viene contrapposto il con-cetto di “genere”, socialmente e cul-turalmente riscostruito.Il termine usato comunemente èquello di “gender” che costituisce inrealtà un insieme di teorie propostee promosse dagli attivisti gay e dallefemministe radicali. Secondo questateoria, la distinzione tra maschio efemmina non è un dato biologico,ma una costruzione culturale.È un moltiplicarsi progressivamentedi generi, da gay a lesbiche, transes-suali e bisessuali, per arrivare ad unelenco di ben 56 generi. Ma non cisi è fermati alla teoria “gender”, daessa negli anni novanta si è svilup-pata la teoria “Queer”, che tendealla “destabilizzazione identitaria eistituzionale generalizzata, a unasovversione radicale”.

In questo panorama fluttuante, ilgenere viene considerato dunqueprodotto dalla riproduzione sociale,dalla convenzione, esso è mutabile,instabile, fluido e soggettivo.

PADRE MANZELLA Oggi 30

A t t u a l i t à

Ci troviamo di fronte ad una teoriache sta trasformandosi in unanorma politica mondiale, è culturache si diffonde. A livello mondiale,infatti, la parità dei sessi è diventataparte integrante dell’educazione ci-vica. È innegabile che tale ideologiache combatte gli “stereotipi sessisti”a partire dalla scuola materna, ar-riva perfino a integrare la gestionedella scelta dell’orientamento ses-suale nei manuali scolastici, unesempio ci viene dalla Svezia, e pre-cisamente da Stoccolma.Dal 1998 il Governo ha varato unalegge per consentire alle scuole digarantire pari opportunità tra ma-schi e femmine.È nato un asilo “Egalia” che è spe-cializzato sulla neutralità di genere.Non si chiamano più bambini ebambine, ma solo amici.Sono abolite le fiabe classiche, Bian-caneve, Cenerentola, il Principe Az-zurro. Le fiabe care alla nostrainfanzia sono state sostituite danuove fiabe: per esempio è nata lastoria di due maschi di giraffa chesono “ansiosi di adottare un figlio e

ripiegano su un uovo di cocco-drillo”. Il messaggio che viene pro-posto è una nuova formula dicoppia e la naturalezza nel servirsidi una madre surrogata.In questo asilo, inoltre, è favorito loscambio dei ruoli con l’intento di-chiarato di rendere i bambini piùtolleranti, affrancarli dalle discrimi-nazioni di genere, poiché le discri-minazioni di genere sono alla basedell’ineguaglianza.L’orientamento culturale che si staimponendo sta abbracciando variesituazioni concrete:per esempio in organizzazioni, as-sociazioni e imprese, viene richiestodi firmare una carta etica che in-cluda i gender, altrimenti si è emar-ginati; i finanziamenti sull’aiuto allosviluppo sono subordinati all’inte-grazione nei progetti della prospet-tiva dei generi; la partecipazione acomitati di etica presuppone una lo-gica consensuale che non lasciaposto al pluralismo e all’opposi-zione; come genitori, insegnanti,educatori, ci si deve confrontarecon programmi scolastici obbliga-

tori che integrano la “sensibilità digenere”; gruppi politici e partiti chefanno della parità dei sessi una prio-rità nelle decisioni politiche; pro-getti di sviluppo, sanitari, educativiche forzano le adesioni alle prospet-tive di genere. Quella che ci viene richiesta oggi èuna sfida educativa che possa fron-teggiare la grande “bugia dei gen-der”. Si vuole imporre tale cultura,cercando di mettere un bavaglio achi chiede di conservare il diritto dieducare i propri figli secondo prin-cipi e valori, obbedendo ad un’eticache poggia i suoi presupposti suuna verità fondamentale.Educare al femminile ed educare almaschile vuol dire rispetto della di-versità, delle peculiarità di ognuno,il che non preclude l’educazionealla tolleranza e all’accoglienza.È richiesta una presenza attenta ecostante nel mondo culturale, inter-venire superando l’ignoranza, con-servare il coraggio di dire nopubblicamente alle cose alle qualinon possiamo aderire in coscienza,tenere un atteggiamento educativo

e riappropriarsi della ca-pacità di discernimento.“Mi domando se la cosid-detta teoria dei gendernon sia anche una espres-sione di una frustrazionee di una rassegnazione,che mira a cancellare ladifferenza sessuale per-ché non sa più confron-tarsi con essa. Perrisolvere i loro problemidi relazione, l’uomo e ladonna devono parlarsi dipiù, ascoltarsi di più, co-noscersi di più, volersibene di più”.(Papa Francesco) g

“EDUCARE AL FEMMINILE

ED EDUCARE AL MASCHILE

VUOL DIRE RISPETTO

DELLA DIVERSITÀ”

di Angela Baio

Il valore della differenza

Dipinto Palma il Vecchio 1520 -1525. Giacobbe e Rachele

No alla legge...

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svantaggiati. Aspirazione ad una leggeche parla di comprensione, rispetto,incontro. Una legge che troppo spessole norme della convivenza tradisconoe violentano. La giustizia impone alla volontà didare a ciascuno il dovuto, ciò che èsuo. S. Tommaso dice:” perpetua etcostans voluntas jus suum cuique tri-buendi (volontà perpetua e costante direndere a ciascuno il suo diritto).La carità è dono di sé, ci invita a dareciò che è nostro senza attendere ricam-bio, a rinunciare ai nostri diritti nel-l’imitazione di un Dio che regala a tuttiinfinitamente.Stretto dunque il legame tra le duevirtù che Pio XI nell’En. “Divini Redem-ptoris” così sintetizza:” Una pretesa ca-

rità che privasse l’operaio del salario acui ha diritto, non ha nulla della veracarità. L’operaio non deve ricevere a ti-tolo di elemosina ciò che gli spetta inlinea di giustizia...”.La sorgente di questa unità è l’amoreche guarda “pascolare pecore di uno

stesso gregge, rami di uno stessotronco, pietre di una stessa costru-zione”.Se c’è giustizia c’è ordine, se c’è caritàc’è vita.L’unione illumina il mondo. Altrimenti,le tenebre della colpa: quelle che in-ghiottono i corpi di tanti fratelli infondo al mare, che raccolgono la dispe-razione delle solitudini morali e mate-riali, quelle che escludono, usano,sfruttano, negano fiducia, invadono,emarginano, creano disagi, distrug-gono, derubano...Farsi scaldare dalla luce dellamisericordia significa nutrirsidi giustizia e carità. Due parabole sono partico-larmente esemplificatrici:

quella del debitorespietato (Mt 18,23) equella degli operainella vigna (Mt,20).Da esse si evincechiaramente come equanto la giustiziadivina trascendaquella umana tra-sformandola attra-verso l’amore.Diceva don Milani:”La giustizia senza lacarità è incompleta,ma la carità senzala giustizia è falsa”.Non sempre tuttaviaè facile questo armo-nico connubioquando prevalga l’assistenzia-lismo e lo si privilegi conscarsa attenzione alla tuteladei diritti, alla rimozione dellecause dei bisogni, all’erratoorgoglio delle competenze. L’aspirazione alla giustizia è

indipendente da ogni legge, partito oreligione e come scrisse U. Eco “non èmossa dalla fretta…e quella di Dio hasecoli a disposizione”. Eppure spessoprecede quella degli uomini!Tutto nasce dal rispetto per la persona.Da esso deriva quello dei suoi diritti, la

relazione tra le differenze, l’impegnoper ridurre le disuguaglianze, il pro-getto cristiano di condivisione.Non hanno fine i calvari delle ingiusti-zie, non ha limite l’oltraggio al bene co-mune, non ha confine il regnodell’egoismo. Ha molte falle la formazione del cuoredell’uomo. Miope o cieco di Dio, nonvede i bisogni dei fratelli, non capiscela ricchezza della conquista di unuomo nuovo, nudo di violenza e so-prusi, consapevole che l’ingiustizia

non è una fatalità storica, ma è figliadel suo animo che può essere modifi-cato in nome di un mondo più giustoe più umano.Più tollerante. Meno aggressivo. Menoindifferente. Più attento al vero sensodella vita. Ampio abbastanza perchétutto e tutti possano essere contenutie rispettati. Multietnico e multicultu-rale. Capace di confronto e dialogo. Li-bero da schemi mentali. Aperto allafilosofia del “chi sono io per...”. “So-gnare il dolce sogno della pace” (Kant)forse comincia da qui. g

PADRE MANZELLA Oggi 33

A t t u a l i t à

PADRE MANZELLA Oggi 32

A t t u a l i t à

PADRE MANZELLA scrisse:“Iddio nella sua provvidenza pose

nella natura il suo linguaggio... Diedel’istinto della fame, il più imperioso epotente che vi sia, poi dice:” Beatiquelli che han fame e sete della giusti-zia poiché saranno satollati” (Bollet-tino mensile –Aprile 1924).Certo una metafora, una delle tantefrequenti nella Bibbia, espressa, ap-punto, con riferimento a necessità fi-siologiche (fame-sete) indispensabiliper l’uomo. Metafora come aspira-zione di cammino verso la felicità, lapienezza della vita dei fedeli a Dio. Ma soffermiamoci sulla parola “giusti-zia”.

Parola astratta solo nella sua accezionegrammaticale, agli effetti della sua ap-plicazione si traduce in concreto inter-vento divino e umano nei confrontidei più deboli.” Rendere giustizia aglioppressi” leggiamo nel Salmo 146.Rendere giustizia alle vittime sacrifi-cali dell’avidità umana. Come? Asse-condando la volontà di Dio, i suoiprogetti, coltivando la relazione per-sonale con Lui, aspirando al suoregno. Questo per quanto riguarda ilsenso di giustizia divina, la realizza-zione delle promesse, l’aspirazione alcompimento della sua volontà. IlPadre garantisce che la sua relazionesoddisferà ogni esigenza: di santità, diverità, di dignità. Questo è il punto di partenza che tut-tavia chiede alla spiritualità cristiana losforzo di trasferire il sublime di questarelazione nella lucida presa di co-scienza di una irrinunciabile respon-sabilità verso il mondo. Un mondo chei segni dei tempi indicano comechiuso da barriere insormontabili aduna sana semina, impegnato come ènell’ansia dell’indifferente sfrutta-mento. Un mondo in cui si fa grande

fatica a trovare spiragli e occasioni di“giusti” interventi di “sana giustizia”,in una filosofia di vita sorda e cieca audire e vedere “i segnali che Diomanda e che... rompono la dittaturadella consuetudine” (Gesù di Naza-reth, pp115-116).La giustizia ha tanti sinonimi: affetto,speranza, futuro, accoglienza, equili-brio, perdono, legalità... Ma sonopochi quelli che hanno interesse a ca-pire. Troppa assuefazione al mal co-stume reca danno e perpetua violenza.La scelta del male come stile di vita nemortifica l’identità. Un’identità che lavede prima tra le virtù morali nell’am-bito delle attività umane, come la ca-rità si pone prima tra quelle teologichenella lettura soprannaturale. In co-mune esse hanno il destinatario: l’al-tro, il fratello, il Cristo ferito.La giustizia vive di risposte ad un pro-blema morale e la crisi di civiltà chestiamo vivendo rende faticoso il vivere.Gli avvocati della nuova cultura diven-tano sempre più aggressivi e il linguag-gio comune di ieri perde sempre piùparole o ne cambia il significato. Que-sto crea disorientamento e sconfortoanche se, a ben pensare, la verità mo-rale non cambia, né nel tempo nénello spazio, poiché è universale, èlegge naturale che si basa sulla naturaumana che sa conoscere il bene e ilmale. Il “bene” di ieri lo è anche oggie tutto il resto è “menzogna e capito-lazione davanti allo spirito delmondo” ( J. Julien). Kant scriveva inproposito:” agisci in modo da trattarel’umanità, nella tua come nell’altruipersona, sempre come un fine, maicome semplice mezzo”. Allora, nelgrande progetto di una sana convi-venza e convivialità, la giustizia si in-troduce come idea di uguaglianza cheavvicina i livelli della condizione so-ciale degli uomini, accorciando il piùpossibile le differenze tra privilegiati e

“AFFETTO, SPERANZA,FUTURO, ACCOGLIENZA,EQUILIBRIO, PERDONO,

LEGALITÀ...”

di Isa Sarullo

La Fame di Giustizia

La carita - bollettino 1924

San Tommaso

Padre Manzella assorto nella lettura

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PADRE MANZELLA Oggi 35

Te s t i m o n i a n z e

PADRE MANZELLA Oggi 34

Te s t i m o n i a n z e

IO SOTTOSCRITTA Demontis Francesca nata aPorto Torres il 28/03/1947, e qui residente in Vicolo

Monte Agellu 1/A, do la seguente testimonianza deifatti accaduti nell’estate del 1955 di cui fui testimonecon mia madre Serra Maria Antonia e mia sorellaGiovanna e mio fratello Sebastiano che riguarda laguarigione miracolosa di mio fratello Giuliano. Ioall’epoca avevo 8 anni, mia sorella 10, Sebastiano 6,e Giuliano, protagonista della storia, 2 anni.Abitavamo a Porto Torres in Via Azuni, 40, ed era-vamo rimasti orfani da appena 1 anno, perché miopadre morì all’età di 44 anni, e mia madre si trovòsola con quattro figli da crescere.Premetto che mia madre fin da bambina era devotadi Padre Manzella, che ancora vivo era già conside-rato un Santo per le sue opere di bene:L’evangelizzazione, l’umiltà, la carità e la vita spesaal servizio dei più poveri.Mia madre ebbe il privi-legio di conoscerlo per-ché Padre Manzellanella sua missione nellaNurra di Sassari, an-dando verso la Corte, inregione Monte Nurrafece tappa nella casa dimio nonno Serra Pietroe di mia nonna CanuFrancesca, tra lo stuporee la venerazione di tuttii presenti, grandi e pic-coli. E lì pernottò,anche se al mattinoquando uscì, le suoreche lo accompagnavano confidarono ai miei nonniche il letto era intatto come se lui non lo avesseusato. La devozione di mia madre verso Padre Man-zella crebbe ancora di più e raccontava a tutti questoepisodio.Ritornando alla storia di mio fratello Giuliano chenel 1955 aveva 2 anni, improvvisamente cominciòa star male. Aveva febbre alta, convulsioni, la suatesta non reggeva più e ricadeva sul petto e non riu-sciva a controllare i suoi bisogni fisiologici.Dovevamo tenerlo sempre in braccio. Il nostro me-dico di famiglia, il giovane Dottor Nino Puggionivide mio fratellino e si rese subito conto della gravitàdel caso. Disse a mia madre di portarlo immediata-mente a Sassari in Pediatria e le diede una lettera dapresentare al primario. Il sabato mattino presto, miamadre con Giuliano entrarono in Pediatria e il Pri-mario subito fece fare tutte le analisi. Mia madre ci

raccontava che mio fratellino quando prelevavano illiquido dalla schiena, urlava di terrore e di dolore. IlPrimario disse a mia madre che il bambino dovevaessere ricoverato, ma allo stesso tempo cercava ditranquillizzarla, ma lei aveva sentito anche gli altrimedici che parlavano di poliomelite. Ma lei non sa-peva nulla di questa malattia che in quel periodocolpì tanti bambini anche a Porto Torres.Mia madre non voleva saperne di lasciare il bambinoin ospedale dopo l’esperienza fatta con mio padre ela sua disperazione andava contro la salute di suo fi-glio e insistette così tanto che il primario le concesseil permesso di portarlo a casa con la promessa di ri-portarlo il lunedì mattina alle ore 8. Appena uscita da Pediatria mia madre, quasi di corsaandò da Padre Manzella, raccontò tutto ad una suorache la rassicurò dicendole. “Signora, stia tranquilla,preghi e vedrà. Padre Manzella l’aiuterà”. Il giorno

dopo mia madre notaun cambiamento nellecondizioni di mio fratel-lino, ma non si fa illu-sioni. Il lunedì mattinaalle ore 8 è già in Pedia-tria col bambino, equando il primario le vaincontro e lo vede dice“Ma signora, è lo stessobambino di sabato?”Alla conferma di miamadre rimane meravi-gliato. Ripete le analisie dopo tanto aspettaredice alla mamma che il

bambino non ha niente e può portarlo a casa. Lei an-cora incredula rientra da noi e racconta il fatto a tuttidicendo che è stato un miracolo di Padre Manzellaa salvare mio fratello Giuliano.Anche il nostro medico restò meravigliato perché se-condo lui, i sintomi e lo stato del bambino erano tal-mente chiari per pensare alla poliomelite. Miamadre, nonostante la sua gioia e la riconoscenzaverso Padre Manzella non pensò a dare testimo-nianza subito, soprattutto con i documenti, e noi figlieravamo piccoli e non sapevamo niente come biso-gnava fare per ufficializzare l’accaduto.Spero fortemente che, questo, insieme alle altre te-stimonianze serva a dare prova per la beatificazionedel Servo di Dio Padre Manzella.Basterebbe soltanto la testimonianza che ha dato disé con la sua vita dedicata a Dio in tutte le occasioni,obbediente, umile e caritatevole.

Guarigione miracolosa di mio fratello Giuliano

Porto Torres

COME “campanile slanciato all’as-salto del cielo” Padre Manzella ten-

deva con tutto il suo impegno verso lasantità con l’ardore della fede e l’abban-dono alla preghiera. Don Enea Selis ri-corda di lui momenti di tensione asceticaintensa ed estatica, espressioni di pro-fonda intimità con Dio, di vita interiore il-luminata e illuminante nel donototalmente disponibile alla volontà ce-leste e al servizio della carità. Di essaPadre Manzella diceva:” La carità è unamore profondo, sincero, disinteres-sato con il quale si ama il povero peramore di Dio”. Fu detto “artista dellacarità”, quella carità piena di infinita in-ventiva, sempre attenta alle voci deitempi, ricca di spiritualità, di bellezza edi sapienza, nodo indissolubile col Cri-sto, amato con profondo trasporto.Questa energia spirituale Padre Man-zella la chiamava “l’altra fame”. “Atti-rami, noi correremo all’effluvio dei tuoiprofumi” (Ct 1,4). L’uomo sa che bastabussare perché gli venga aperto, bastacercare per trovare, basta chiedere alPadre per ottenere. Attirami, noi corre-remo.Essere attirati per essere impregnatifino alla identificazione più intima delcuore pieno di dolce misericordia, didesideri di calcare le orme del Maestro,di ricevere e dare ristoro. Per non restareindietro nel seguirlo. Per alimentare il de-siderio di Lui con l’olio per la lampadache dà forza al grido di richiamo, all’invo-cazione di una povertà che aspetta di con-dividere il respiro della vita. Ne aspetta latenerezza, l’intensità, la preziosità, la gra-tuità, la gioia. Per sé e per gli altri. Attirami,

noi correremo. E faremo memoria diquanto avuto, conquistati dalle deliziedella comune cena. “…se uno mi apreentrerò da lui, cenerò con lui ed egli conme” (Apocalisse 3,20).Lontano ma sempre presente, severo masempre misericordioso. Ad ogni passo delcammino la paura del suo ritardo, l’ansiadello smarrimento, la fretta dell’abbrac-cio, la commozione dell’incontro. L’op-portunità sempre disponibile: il viso di unfratello, il battito lento di un cuore malato,il disorientamento di un’anima, l’attesadella morte. Attirami, noi correremo. E lecose vuote di vita e di senso si riempi-ranno di meraviglia, di umanità, di perce-zioni scoperte o ritrovate, di confessionidi gratitudine. Ma quando e come que-st’arsura ci prende? Sarà l’ombra dellacroce che pesa sulle coscienze, saranno ifigli mai nati o mai sepolti, sarà il paradisoperduto alla cui porta guardano occhi an-tichi pieni di lacrime, sarà la pace che ha

perso i suoi scudi, saranno i nomi chehanno perso la dolcezza come i colori l’in-tensità, i suoni le vibrazioni, le difese il vi-gore, le campane la forza del richiamo, glialtari la sacralità, la vita il valore…. Saràquesto e altro. Ma non solo per questo ealtro la sua amicizia ci conquista, ci con-forta, ci regala l’attenzione, la sensibilità,

la generosità, la gioia del servizio. È una questione di AMORE. Lasciarsi con-durre per mano. Vivere nei deserti dell’es-senziale, respirare in spazid’innamoramento, intimità, conversione,ascolto, alleanza, accoglienza. Pattid’AMORE. “In quel tempo lo Spirito so-spinse Gesù nel deserto…” (Mc 1,12) So-litudine e silenzio. Preghiera. Lotta.Decisioni. “Gli angeli lo servivano”. IlPadre vicino al Figlio. Sempre una que-stione di AMORE. Il tempo della pro-messa, dell’impegno, della fecondità,della vita nuova. Il tempo per diventare“tutti suoi”. Il momento delle risposte. Al-lora potremo compiutamente magnificareil Signore e aprire in suo nome i sepolcridei dolori e delle vergogne umane. Si ap-pagherà la nostra sete e con S. Agostinopotremo dire:” Tardi ti amai…tu eri den-tro di me e io fuori. Lì ti cercavo…eri conme e non ero con te…mi chiamasti e iltuo grido sfondò la mia sordità; balenasti

e il tuo splendore dissipò la mia ce-cità…gustai e ho fame e sete…sarà vera vita la mia vita, tutta pienadi te…” (Le Confessioni 10,27). Ri-conosciuto Lui, riconosceremo noistessi, supereremo l’analfabetismodell’ignoranza, il rifiuto del farcigrembo per gli altri ed esulteremoanche noi “in Dio Salvatore”. Rifiu-teremo compromessi, sperimente-remo resistenze, impareremocoerenze nello stupore ricono-scente di uno straordinario “amoredi elezione”. Un amore che cichiede il nostro tempo e ci regala ilsuo, un amore che ci conosce dasempre, che interroga l’uomo e lastoria, la vita e la morte a cui dàsenso. Un amore che ci chiamasenza soste o indugi e che vogliamoricordare al nostro cuore con le pa-role di Osea: “Io ti sposerò…miadiletta, …per l’eternità…nella mia

misericordia e ti darò per dote un tesorodi misericordia. Io so bene che tu non miporterai che un tesoro di miserie, ma ioti perdonerò sempre…perché ti ho sceltanon perché eri innocente, ma perché erimiserabile…”.Come potremo mai resistere ad una taledichiarazione d’amore? g

L’altra fame

“LA CARITÀ È UN AMORE

PROFONDO, SINCERO,DISINTERESSATO CON IL QUALE

SI AMA IL POVERO

PER AMORE DI DIO”

di Isa Sarullo

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