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Facoltà di Medicina e Chirurgia
Tesi di Dottorato di Ricerca in Neurochirurgia
LA NEUROCHIRURGIA ENDOSCOPICA NAVIGATA
STUDIO PROSPETTICO SU CASI CLINICI CON L’IMPIEGO SIMULTANEO DI
NEURONAVIGATORE ED ENDOSCOPIO
Autore: dott. di Norcia Valerio Relatore: prof. Delfini Roberto
Corso di Studi 2008-2011
Indice generale
Capitolo 1:Introduzione ...………………………………………………….... pag. 3
Capitolo 2:Cenni storici...……………………………………..…….…..…… pag. 14
Capitolo 3:Materiali e metodi...……………………………………………..…. pag. 21
Capitolo 4:Risultati e discussione ...……………………………...…………..... pag. 55
Capitolo 5:Conclusioni ...……………………………………………………..... pag. 67
Bibliografia: …………………………………………...…………pag. 69
Ringraziamenti:………………………………………...…..………pag. 72
2
Capitolo 1:
Introduzione
È sempre stata una sfida per i neurochirurghi doversi
confrontare con la volontà di rimuovere più tumore possibile ed al
contempo risparmiare il normale tessuto cerebrale. Inoltre, l’esatta
individuazioni di piccole lesioni cerebrali, soprattutto se sottocorticali
e profondamente localizzate nelle aree encefaliche, rappresenta
un’altra difficoltà che da sempre affligge la neurochirurgia: le
informazioni ottenute con le immagini radiologiche bidimensionali
debbono essere rapportate allo spazio tridimensionale dell’encefalo.
I sistemi di neuro-navigazione giocano un ruolo importante nella
risoluzione di questi problemi.
La neuro-navigazione computerizzata è stata
progressivamente impiegata nella microchirurgia cerebrale per
minimizzare l’estensione delle craniotomie, per localizzare
precisamente piccole lesioni e per rilevare intra-operatoriamente
l’esatta estensione della resezione tumorale in prossimità di aree
eloquenti dell’encefalo (1) (2).
Antesignana della neuro-navigazione, la chirurgia
stereotassica ha recentemente trovato applicazione anche nella
chirurgia neuro-endoscopica (3) (4). Rispetto alla classica metodica
stereotassica basata su montature rigide (“frame-based”), però, le
metodiche senza supporti rigidi (“frameless”) permettono movimenti
a mano libera dell’endoscopio, contemporaneamente al controllo in
tempo reale della posizione della punta dello strumento e della
traiettoria dell’approccio.
L’idea alla base della neuro-navigazione è, infatti, quella di
sovrapporre gli strumenti chirurgici alle immagini radiologiche del
paziente ed utilizzare la loro relativa posizione per guidare il vero
intervento. Tale idea si sviluppò gradualmente già dalle prime fasi
d’impiego delle metodiche stereotassiche (frame-based) per il
calcolo di predefiniti bersagli all’interno di uno spazio tridimensionale
(5). Con lo sviluppo di tecniche d’imaging sempre più dettagliate, la
neurochirurgia stereotassica è ora largamente diffusa per il
trattamento di lesioni piccole e profondamente localizzate (6). D’altro
canto, però, la montatura e l’arco stereotassico sono ingombranti
(Figura 1) e possono interferire con l’esposizione chirurgica e
l’approccio; inoltre, questi sistemi non provvedono ad un feedback
4
intraoperatorio nei riguardi delle strutture anatomiche rinvenute nel
campo chirurgico.
Figura 1: Tipico casco impiegato per le metodiche stereotassiche. Si noti l’ingombro del costrutto e la pressoché totale impossibilità a procedere a manovre differenti da quelle pianificate pre-operatoriamente.
Diversi studi in campo ingegneristico e biomedico sono stati
condotti per lo sviluppo di metodiche stereotassiche senza
montature (“frameless”), arrivando alla realizzazione di sistemi di
5
neuro-navigazione basati su impulsi ultrasonici (7), su bracci
meccanici articolati (8), su sistemi ottici a ricezione infrarossa (9) e
su campi elettromagnetici (10).
Tipicamente un sistema di neuro-navigazione (Figura 2)
consta:
di uno strumento per il tracciamento che rileva la
posizione del paziente e dello strumentario chirurgico,
di uno schermo che mostra le immagini radiologiche ed
altre informazioni utili per la navigazione,
di una struttura principale che contiene il computer ed
altri componenti elettronici,
di accessori necessari per la navigazione quali le sonde
e i supporti di riferimento.
6
Figura 2: Sequenza di neuronavigazione. Passo 1: acquisizione delle immagini. Passo 2: importazione delle immagini e pianificazione chirurgica. Passo 3: registrazione della posizione del capo del paziente e collimazione con le immagini pre-operatorie. Passo 4: navigazione dello strumentario chirurgico con riferimento alle immagini importate.
La prima fase della navigazione consiste nell’acquisizione
delle immagini radiologiche da impiegare durante l’intervento: in
questo stadio spetta al chirurgo decidere quale tipo di immagine
impiegare (TC e/o RMN), quali sequenze impiegare (solitamente per
quanto riguarda la risonanza T1 con mezzo di contrasto e/o T2) e se
applicare o meno alla pelle del paziente speciali marcatori che
possono aiutare nella fase di registrazione (detti fiducials).
La seconda fase è rappresentata dalla pianificazione
chirurgica: il sistema di navigazione acquisisce le immagini del
7
paziente (le quali debbono soddisfare alcuni requisiti tecnici per
essere lette dal computer) per costruire un modello tridimensionale
di riferimento della testa del paziente. Durante questo stadio
possono essere addizionate altre immagini complementari allo
studio già importato che a questo punto viene detto “di riferimento”:
si pratica cioè il processo di “merging” durante il quale, grazie ad un
algoritmo informatico, si possono sovrapporre a vari livelli e sfruttare
contemporaneamente immagini provenienti da studi diversi (ad
esempio immagini TC “fuse” con immagini di risonanza), provenienti
dalla stesso studio, ma con sequenze diverse (T1 con Ga + T2) od
anche sovrapporre immagini anatomiche ad indagini funzionali.
Infine, sempre in questo momento è possibile tracciare una
traiettoria chirurgica (utile soprattutto nel caso di biopsie ago-guidate
o di posizionamento di shunt) stabilendo un punto d’entrata sulla
superficie della cute ed un bersaglio all’interno della scatola cranica.
La fase successiva è detta di registrazione: si procede cioè ad
accoppiare lo spazio (e quindi le dimensioni, la posizione,
l’orientamento, ecc.…) virtuale, creato dal computer, collo spazio
reale che occupa la testa del paziente sul tavolo operatorio.
L’ultima fase è quella ovviamente della navigazione
intraoperatoria: dopo la registrazione lo strumento di rilevamento è
in grado di accertare la posizione dello strumento chirurgico nello
8
spazio reale e di rapportarlo visivamente nello spazio virtuale delle
immagini elaborate nella fase precedente. Uno strumento virtuale è
quindi rappresentato graficamente sulle immagini radiologiche
mimando in tempo reale la posizione e l’orientamento della sua
controparte reale nello spazio del paziente.
Da tutto ciò ne consegue che il più importante parametro
relativo alla neuro-navigazione è l’accuratezza, ossia il valore
dell’errore di accoppiamento fra immagini radiologiche ed anatomia
del paziente al momento dell’intervento.
La chirurgia cerebrale endoscopio-assistita si è sviluppata nel
tentativo di ridurre la morbilità associata ad alcune procedure (11).
Benché la maggior parte delle casistiche di chirurgia endoscopica
riportate in letteratura indichino bassi tassi di complicanza (12) (13),
alcune hanno riferito, invece, tassi elevati, fino ad oltre il 20% (14)
(15). Per questo motivo negli anni si è assistito ad un incremento
dell’impiego combinato dell’endoscopia e della navigazione: per
aiutare nell’orientamento, nella traiettoria dell’approccio, nella
localizzazione del bersaglio ed in generale per ridurre le
complicanze correlate alla chirurgia. I primi sistemi si avvalevano di
metodiche stereotassiche basate su sistemi rigidi (16):
sfortunatamente i supporti stereotassici sono ingombranti e spesso
9
limitano la manovrabilità dell’endoscopio (Figura 3). Inoltre, cosa
ancora più importante, questi sistemi non offrono al chirurgo un
feedback visivo momento per momento durante l’intervento, ma
stabiliscono esclusivamente una traiettoria secondo delle coordinate
pre-calcolate (17).
Figura 3: Primi tentativi di impiego della neuro-endoscopia in associazione con sistemi di coordinate rigidi (frame-based). Oltre a generare un rilevante ingombro spaziale e, di conseguenza, a limitare notevolmente la manovrabilità intraoperatoria, la metodica stereotassica applicata all’endoscopia definiva solo un sistema di coordinate prefissate, senza un vero feedback intraoperatorio.
10
Per sopperire a tale limitazioni, più recentemente si è assistito
alla diffusione dei sistemi neuro-navigati, soprattutto su base ottica
(18) (19). Entrambe le metodiche, però, necessitano di un fissaggio
rigido del capo, che in alcune categorie di pazienti, come ad
esempio quella pediatrica, è associato ad alto rischio di lacerazione
cutanea e perforazione della scatola cranica.
Nel tentativo di rendere la chirurgia endoscopica sempre più
confortevole, efficace e sicura, varie metodiche di neuro-
navigazione sono state infatti elaborate: si sono avvicendati sistemi
stereotassici, ottici ad infrarossi passivi ed attivi, ultrasonografici e
più recentemente elettromagnetici. Le caratteristiche che comunque
una neuro-navigazione deve soddisfare sono l’accuratezza, la non
invasività e la visualizzazione in tempo reale delle strutture
anatomiche non direttamente osservabili. Tutte le precedenti
metodiche soddisfacevano tali prerogative, ma quella più recente,
l’elettromagnetica, aggiunge alcuni vantaggi che non vanno
trascurati, specialmente nel caso di chirurgia pediatrica ed
endoscopica:
impiego di frame di riferimento che si applicano sulla
cute con semplici adesivi;
11
nessuna necessità di fissare rigidamente il cranio e di
conseguenza diviene possibile non solo mobilizzarlo,
anche dopo la registrazione, ma vengono anche
azzerate tutte le complicanze correlate all’impiego della
testiera di Mayfield;
la linea di visuale fra emettitore del segnale e ricevente
non deve più essere necessariamente sgombera,
determinando molta più libertà di movimento nel
contesto dell’assetto della sala operatoria;
le sonde impiegate per questo tipo di navigazione sono
leggerissime e possono essere inserite nel canale di
lavoro dell’endoscopio senza aumento di peso
percettibile, risolvendo il problema generato
dall’ingombro spaziale delle montature nelle metodiche
su base ottica;
le dimensioni ridotte delle sonde ne permettono
l’inserimento all’interno di cateteri ventricolari,
12
rendendo, quindi, navigabili anche le procedure di shunt
ventricolare;
teoricamente l’accuratezza potrebbe considerarsi
maggiore in questa modalità, in quanto il software
traccia la punta reale della sonda e non la punta virtuale
come nei precedenti sistemi;
il normale strumentario chirurgico ed elettrofisiologico
intraoperatorio non genera alcun tipo di interferenza
elettromagnetica, per cui la principale obiezione, che
veniva posta a questa modalità durante le sue prime
fasi di sviluppo, è oggi del tutto superata.
Obiettivo di questo studio prospettico è l’analisi dei
costi/benefici dell’impiego simultaneo del neuro-navigatore e
dell’endoscopio in un gruppo di pazienti affetti da diverse patologie
intracraniche, trattabili chirurgicamente per via endoscopica. In
particolare è interesse di questo lavoro verificare quali metodiche di
neuro-navigazione siano più adatte ai differenti tipi di chirurgia
endoscopica e descrivere in dettaglio le differenti procedure
impiegate, la preparazione peri-operatoria ed il layout di sala.
13
Capitolo 2:
Cenni storici
Sin dagli arbori della moderna neurochirurgia, verso la fine del
diciannovesimo secolo, il succedersi dei progressi in questa
disciplina è stato strettamente connesso alla comprensione
tridimensionale ed alla capacità di localizzazione all’interno della
scatola cranica. La conoscenza delle relazioni spaziali delle lesioni
nel cranio e lo sviluppo di approcci, sempre meno invasivi, hanno
contribuito pesantemente alla riduzione della mortalità e morbilità
correlata alle pratiche neurochirurgiche.
In merito alla localizzazione, le domande che da sempre il
chirurgo si pone sono:
1. Dove sono localizzate le lesioni o le aree funzionali
all’interno della scatola cranica?
2. Come possono essere rinvenute e riconosciute durante
la procedura chirurgica?
La risposta alla prima domanda è stata possibile grazie allo
sviluppo delle moderne tecniche di neuro-imaging, quali TC e RMN,
mentre la risposta alla seconda è più complessa ed ha avuto
un’evoluzione di più lunga durata.
Agli inizi del ventesimo secolo la diagnosi e la localizzazione
della lesione era possibile quasi esclusivamente grazie
all’interpretazione dei segni e sintomi neurologici, senza la
possibilità di riferirsi ad immagini radiologiche.
La prima tecnica di imaging, descritta da Dandy nel 1918 (20),
è stata la ventricolografia: grazie all’aria prima, ed al mezzo di
contrasto più tardi, iniettata direttamente nei ventricoli è stato
possibile la diretta visualizzazione del sistema ventricolare alla
radiografia del cranio. Lesioni in stretta vicinanza con i ventricoli
potevano essere localizzate a seconda della forma o della
dislocazione che i ventricoli stessi assumevano.
Successivamente nel 1927 Egas Moniz introdusse
l’angiografia cerebrale: la localizzazione delle lesioni intracerebrali
poteva avvenire sia direttamente, nel caso di malformazioni a
diversa vascolarizzazione, che indirettamente, osservando il
depiazzamento dei vasi sanguinei nei diversi lobi. La diretta
visualizzazione dell’encefalo è stata possibile solo a seguito
15
dell’introduzione della tomografia computerizzata (TC) nel 1973 da
parte di Hounsfield (21).
La tecnica di localizzazione intraoperatoria, incluso la
posizione della craniotomia, è da sempre stata basata sulla
conoscenza di specifici punti di riferimento del cranio, come le
suture, protuberanze, avvallamenti, ecc.…, e sull’esperienza ed
abilità del neurochirurgo nell’elaborare un orientamento
tridimensionale. Dopo aver aperto la scatola cranica, altri riferimenti
erano rappresentati da diverse strutture anatomiche, quali nervi,
vasi e specifici reperi ossei. Questo metodo di localizzazione
“anatomica” era ed è ancora considerata il “golden standard” sia
dell’era pre che post TC/RMN. I micro-neurochirurghi impiegano
queste informazioni anatomiche dettagliate per una più corretta
identificazione e programmazione di alcuni complessi approcci (11).
Parallelamente alla localizzazione anatomica, sin dagli arbori
della neurochirurgia, si era sviluppato l’interesse a definire in
anticipo le strutture anatomiche e patologiche impiegando strumenti
meccanici. Lo scopo di quest’ultimi era di stabilire un approccio
preciso al bersaglio e di provvedere ad informazioni oggettive,
indipendentemente dalle attitudini chirurgiche individuali. La tecnica
stereotassica, infatti, era basata su un sistema rigido di coordinate,
dove il bersaglio e la traiettoria erano calcolate a tavolino sulla base
16
delle informazioni ottenute dagli esami di imaging (usualmente la
TC). Comunque i neurochirurghi si sentono più a loro agio quando
possono identificare direttamente i reperi anatomici, piuttosto che
seguire le informazioni stereotassiche. La ragione di ciò non sta solo
nel desiderio di voler conoscere ogni successivo passaggio in base
alla continua evoluzione della situazione intraoperatoria, ma anche
nel fatto che i chirurghi credono più in ciò che possono vedere,
piuttosto che in ciò che un computer riesce visualizzare. Le tecniche
robotiche e quelle stereotassiche hanno portato i neurochirurghi ad
adattare alcune procedure operatorie alla rigidità delle montature
stereotassiche, le quali funzionano con estrema accuratezza, ma
con scarsissima adattabilità e maneggevolezza (22).
Nonostante ciò la chirurgia stereotassica è stata usata per
decadi: se ne trovano tracce già nel 1908, quando Horsley e Clark
per primi descrissero degli interventi in stereotassia su animali (23),
mentre, circa quarant’anni dopo, Spiegel ne introdusse l’impiego
nella pratica clinica (24). Negli anni successivi, l’avvento della TC
prima e della RMN poi ha favorito ovviamente la larga diffusione
delle metodiche stereotassiche.
Negli ultimi vent’anni, però, si è assistito alla graduale
introduzione della neuro-navigazione ed al contemporaneo
spiazzamento da parte di quest’ultima ai danni della chirurgia
17
stereotassica. Le ragioni di tale evoluzione sono facilmente
deducibili da quanto detto precedentemente: si tratta, infatti, di
preferire un sistema veloce, meno invasivo, che offre maggiore
manovrabilità intraoperatoria, oltre a garantire un feedback visivo
immediato sul sito chirurgico, ad un altro rigido e basato unicamente
su un sistema di coordinate cartesiane non direttamente verificabili
in sala operatoria.
Vari sistemi di navigazione si sono avvicendati, quindi, nel
corso degli anni. Barnett e colleghi hanno riferito in merito
all’impiego di sistemi di navigazione con ultrasuoni e ne descrissero
i risultati in una casistica di 48 procedure (25): il problema con
questa tecnica, però, è l’interferenza fra i rumori ultrasonici e le
correnti che si generano in sala operatoria (26).
Un sistema stereotassico frameless ottico con una
localizzazione in tempo reale dei movimenti del capo è stato
descritto da Ryan (26): in questo caso l’impiego di un esame di
risonanza o TAC con i fiducials non è stata necessario. La
registrazione è invece proceduta facendo combaciare direttamente
in sala operatoria la superficie cutanea con le immagini di risonanza
tramite uno specifico algoritmo informatico. Una montatura dinamica
fornita di LED è stata poi applicata al capo del paziente così da
rendere non necessario il fissaggio al tavolo operatorio.
18
In alternativa ai sistemi con LED, oggi i sistemi con
funzionamento su base ottica sfruttano la riflessione passiva di
lampi di luce infrarossa (Figura 10).
Il concetto d’impiegare un campo elettromagnetico come
mezzo di riferimento per riconoscere l’anatomia e gli strumenti
chirurgici è stato introdotto nel 1991 (27), ma ha necessitato di molto
tempo prima di un’applicazione su larga scala, poiché il sistema era
suscettibile d’interferenze elettromagnetiche con gli usuali
equipaggiamenti di sala operatoria. Questo problema era
considerato di grande impatto, in quanto causava distorsioni e
conseguentemente alterazioni dell’accuratezza molto gravi, anche
perché il sistema non era in grado di riconoscere tali anomalie e non
interrompeva la procedura, come avviene, invece, in altri tipi di
neuro-navigazione in cui al riscontro di un’irregolarità la procedura
viene arrestata automaticamente. Tale ostacolo è stato superato in
epoca recente coll’impiego di generatori di campi magnetici a bassa
intensità (Figura 4), che non subiscono l’influsso di componenti
metallici ed elettrici impiegati nelle sale operatorie standard.
19
Figura 4: Sistema di navigazione elettromagnetica. Un generatore a bobina (nero) avvolge il capo del paziente con un campo magnetico cubico a bassa energia, mentre un modulo di riferimento (bianco), applicato sulla pelle con semplice materiale adesivo, serve da ricevente per trasmettere la posizione della testa al computer.
20
Capitolo 3:
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto su 19 pazienti ricoverati e trattati
chirurgicamente presso l’azienda ospedaliera S. Camillo-Forlanini di
Roma, Dipartimento di Neurochirurgia “Lancisi”, in un periodo di
circa 2 anni (2010-2011).
Il gruppo (Tabella 1) comprende pazienti affetti da patologie
eterogenee in cui l’impiego della chirurgia endoscopio-assistita è
consolidato ed universalmente accettato. In particolare sono stati
così suddivisi: 10 pazienti affetti da patologie del basi-cranio
approcciati per via trans-sfenoidale trans-nasale (di cui 7 adenomi
ipofisari, 2 cordomi del clivus e 1 meningioma del dorsum sellae), 7
pazienti affetti da patologie intraventricolari (di cui 5 cisti colloidi, 1
meningioma intraventricolare e 1 idrocefalo multiloculato) e 2
pazienti affetti da patologie intraparenchimali trattati con biopsie
endoscopio-assistite (gliomi intraparenchimali).
n° pz età sesso patologia2 endoscopia1 71 M adenoma ipofisario transfenoidale2 63 M cordoma clivus transfenoidale3 54 F cisti colloide ventricolare4 57 F glioma occipitale parenchimale5 33 M cordoma clivus transfenoidale6 65 F cisti colloide ventricolare7 46 F adenoma ipofisario transfenoidale8 58 F adenoma ipofisario transfenoidale9 76 M adenoma ipofisario transfenoidale
10 47 M cisti colloide ventricolare11 54 M meningioma dorsum sellae transfenoidale12 65 M adenoma ipofisario transfenoidale13 55 M cisti colloide ventricolare14 72 M adenoma ipofisario transfenoidale15 48 F meningioma intraventricolare ventricolare16 16 M idrocefalo multiloculato ventricolare17 32 F cisti colloide ventricolare18 42 M glioma frontale parenchimale19 64 M adenoma ipofisario transfenoidale
Tabella 1: Composizione del gruppo di studio. Sono indicati oltre ai dati epidemiologici anche la natura della lesione e la modalità endoscopica adottata.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un esame radiologico
pre-operatorio da poter importare nel software di navigazione: 10
pazienti studiati con RMN T1 Ga, 5 con RMN T2, 3 con esame di
fusione fra RMN T1 Ga + TC e 1 con esame di fusione fra RMN T1
Ga + RMN T2. Il dispositivo di neuronavigazione impiegato è stato
in tutte le procedure un Medtronic StealthStation® S7™ System
(Figura 5), utilizzando una strumentazione di tipo ottico in 5 casi e di
tipo magnetico nei restanti 14.
22
Figura 5: Medtronic StealthStation S7 System. Sono visibili dall’alto in basso la telecamera per la modalità ottica, la stazione di pianificazione computerizzata, il complesso telecamera-braccio-computer ed infine il monitor rimovibile per la visuale intraoperatoria.
Il macchinario utilizza un algoritmo d’accoppiamento per
registrale l’anatomia del paziente sulla superficie della pelle 3D
generata automaticamente dalle immagini radiologiche acquisite
23
(TC o RMN). L’accoppiamento delle due superfici cutanee (reale del
paziente e virtuale del modello ricreato dal computer) si ottiene
procedendo alla registrazione punto per punto in continua dello
scalpo (Figura 17 e Figura 25), rendendo non più necessario
l’impiego dei fiducials. I tempi di questa fase di preparazione si sono
dimostrati estremamente brevi andando da un massimo di 12 minuti
ad un minimo di 7 (valore medio circa 10 minuti).
L’armamentario endoscopico impiegato è stato un Karl Storz
per ipofisi nel caso degli approcci trans-sfenoidali ed un Karl Storz
Decq con ottiche a 0° e 30° per le procedure intraventricolari ed
intraparenchimali.
Le procedure di preparazione del paziente e del layout
chirurgico in camera operatoria differiscono a seconda del tipo di
intervento che è stato eseguito: abbiamo, infatti, impiegato, oltre
ovviamente a due tipi di endoscopio diversi, anche due modalità di
navigazione dissimili, a seconda che ci trovassimo di fronte ad una
chirurgia endoscopica trans-sfenoidale o trans-ventricolare. Per tale
motivo la successiva descrizione delle procedure si avvarrà di alcuni
casi clinici esemplificativi.
24
Caso 1 (paziente n° 5 Tabella 1)
Paziente maschio di 33 anni affetto da disturbi del visus e
della motilità oculare. La RMN pre-operatoria (Figura 6) mostra una
lesione parzialmente calcifica a carico della sella turcica e del terzo
superiore del clivus. Una TC con mezzo di contrasto della giunzione
cranio-vertebrale viene acquisita secondo gli standard della neuro-
navigazione, affinché il sistema correli queste informazioni con la
posizione della testa del paziente.
25
Figura 6: studio RMN pre-operatorio. In alto le sequenze T1 e T1 con m.d.c. lungo il piano assiale mostrano la compressione sul tronco encefalico da parte della lesione e la disomogenea captazione del Gadolinio a causa della presenza delle calcificazioni. In basso i tagli sagittale e coronale in T1 con Ga confermano l’estensione ed i limiti dalla patologia.
In sala operatoria, in posizione supina, il capo è fissato al
tavolo operatorio mediante testiera di Mayfield in atteggiamento
neutro; le narici adeguatamente preparate anche con soluzione
adrenilata.
Una navigazione di tipo ottico è predisposta: il monitor del
navigatore è posto dietro la testa del paziente, affiancato al monitor
26
dell’endoscopio, in modo tale che gli operatori possano avere una
visione contemporanea delle immagini provenienti dall’endoscopio e
dal navigatore in ogni momento dell’intervento (Figura 7). Il corpo
del navigatore, contenente il computer, il braccio e la telecamera ad
infrarossi, è posto a sinistra del paziente insieme al ventilatore
meccanico ed al resto dell’equipaggiamento anestesiologico. Il
motivo per cui la telecamera ad infrarossi non è stata posta nella
sua abituale posizione, ai piedi del paziente, è dovuto al fatto che,
negli interventi trans-sfenoidali, i chirurghi si posizionano ai fianchi
del paziente, dando le spalle ai piedi di quest’ultimo e ciò
comporterebbe una copertura della linea di visuale fra telecamera e
ricevente, posta al capo del paziente (Figura 8). Il fluoroscopio
intraoperatorio può essere inserito come ulteriore supporto per una
conferma intraoperatoria durante l’approccio (Figura 7): benché tale
strumento venisse usato spesso nelle prime procedure, per
consuetudine radicata nei chirurghi operatori, la sua presenza è
andata via via rarefacendosi nel corso tempo fino alla sua completa
scomparsa.
27
Figura 7: Layout di sala operatoria. Il monitor del navigatore e quello dell’endoscopio sono affiancati alla testa del paziente, l’equipaggiamento anestesiologico a sinistra e lo schermo del fluoroscopio intraoperatorio all’estrema destra. Il braccio a “C” di quest’ultimo può essere posto intorno al capo del paziente senza che ciò ostacoli la navigazione.
Nessun fiducials è stato impiegato, per cui si procede alla
registrazione della superficie cutanea direttamente mediante il
software “surface tracking” (Figura 17 e Figura 25), che permette la
rilevazione automatica della testa del paziente mediante il continuo
sfioramento della cute con un’apposita sonda. Al termine della
procedura le verifiche automatica e manuale confermano l’elevata
28
accuratezza della registrazione; pertanto si è proceduto alla
preparazione del campo operatorio ed alla copertura sterile.
Figura 8: Layout intra-operatorio. Si noti la presenza della telecamera in alto a destra, posta in quella posizione per individuare la ricevente alla testa del paziente, in modo da non essere intralciata dagli operatori e dalla strumentista. I due monitor sono invece posti alla testa del paziente per essere sempre sotto la continua visuale degli operatori.
Sull’asta dell’endoscopio per ipofisi viene montato il supporto
per la registrazione del navigatore (Figura 9): la punta dell’asta è,
quindi, impiegata come uno strumento di navigazione e rileva la sua
esatta posizione quando il chirurgo guarda le immagini radiologiche.
Alla stessa maniera gli strumenti chirurgici, i dissettori e le curette
29
possono essere registrate e calibrate, il che assicura il controllo da
parte del chirurgo sulla posizione di tutti gli strumenti durante le
manovre.
Figura 9: Endoscopio con frame di registrazione per la navigazione montato (freccia rossa). Grazie a questi supporti rimovibili, è possibile far riconoscere al navigatore in modalità ottica qualunque tipo di strumento, rendendolo di fatto navigabile.
L’endoscopio è introdotto nella narice di sinistra; i turbinati
medio, inferiore ed il setto nasale sono individuati. Si procede quindi
30
alla rimozione del turbinato medio per l’esposizione dell’ostio
sfenoidale. Anche la porzione posteriore del setto nasale è
asportata per esporre l’intera parete anteriore del seno sfenoidale.
Le stesse manovre sono condotte controlateralmente, ma il
turbinato medio è stato solamente lateralizzato. A questo punto
l’intervento continua sfruttando entrambe le narici. Si raggiunge
l'ostio sfenoidale destro, per poi confezionare un lembo di mucosa
del setto nasale peduncolato e lo si ribalta verso il rinofaringe. Si
asportano i turbinati medi bilateralmente e si procede ad un’ampia
sfenoidotomia anteriore fino ad esporre il pavimento sellare ed il
clivus. Con un aspiratore ad ultrasuoni per osso si asporta il clivus
fino a raggiungere una massa calcifica che infiltra l'osso clivale, solo
in pochi punti friabile ed aspirabile, e che raggiunge la dura del
tronco encefalico posteriormente ed i due seni cavernosi latero-
superiormente.
La rimozione chirurgica della massa procede di pari passo con
il controllo dei limiti della lesione e delle strutture anatomiche vicine
mediante il monitor di neuro-navigazione accoppiato a quello di
endoscopia (Figura 10).
31
Figura 10: Visuale simultanea di endoscopia e navigazione. Appare immediatamente evidente il vantaggio, in termini di sicurezza e rapidità, che si ottiene dalla possibilità offerta ai due operatori di poter visualizzare in continua i due tipi d’informazione. Le tre luci sferiche, che è possibile osservare in questa foto, in prossimità delle mani degli operatori sono le sfere ricoperte di materiale riflettente poste sul piattino di riferimento che intercettano e riflettono i segnali infrarossi provenienti dalla telecamera del neuro-navigatore per indicare al computer l’effettiva posizione del capo del paziente (sistema ottico).
L’asportazione raggiunge il piano durale in tutte le direzioni,
venendo confermata, non solo dall’esplorazione visiva delle cisterne
della base, ma anche dal controllo di navigazione (Figura 11).
L’esame istologico identifica la lesione come un cordoma.
32
Figura 11: Controllo intraoperatorio di navigazione. Il navigatore, mediante le immagini TC pre-caricate, conferma la profondità raggiunta e la correttezza della traiettoria rivelandosi di grande ausilio nelle fasi di controllo d’estensione della patologia residua.
Dopo un periodo di alcuni giorni trascorso in terapia intensiva
post-chirurgica, il paziente è stato inviato in riabilitazione, per
tornare clinicamente indenne ad un follow-up ambulatoriale circa 4
mesi dopo, portando in visione una RMN encefalo che conferma la
risoluzione del quadro radiologico (Figura 12).
33
Figura 12: RMN post-operatoria. Controllo clinico-radiologico a circa quattro mesi di distanza dall’intervento.
Caso 2 (paziente n° 13 Tabella 1)
Paziente maschio di 55 anni giunto al pronto soccorso per
cefalea improvvisa e disorientamento. Esegue una TC encefalo in
urgenza e successivamente un’integrazione diagnostica con RMN
encefalo che evidenziano la presenza di una cisti colloide del terzo
ventricolo, associata ad un quadro di modesto idrocefalo
triventricolare (Figura 13).
34
Figura 13: Studio d’immagini pre-operatorio. In alto a sinistra una TC senza mezzo di contrasto mostra la tipica immagine di una cisti colloide iperdensa sul tetto del terzo ventricolo. In alto a destra una RMN assiale con contrasto conferma il sospetto diagnostico e l’assenza di captazione del Gadolinio. In basso un taglio assiale (sinistra) ed uno sagittale (destra) secondo sequenze T2 pesate.
La scelta chirurgica, come nostra consuetudine, è stato un
approccio sovra-orbitario endoscopico (Figura 14 e Figura 15): viene
così garantita una traiettoria chirurgica tale da permettere
un’asportazione completa della cisti colloide grazie al controllo
diretto sulla sua base d’impianto, che è posta sulla tela coroidea, a
ridosso del tetto del terzo ventricolo. Il classico approccio tramite il
burr hole pre-coronale (Kocher’s point), infatti, genera una visuale
35
endoscopica dall’alto, impedendo la possibilità di asportare
completamente la capsula della cisti. Come d’altronde riportato in
letteratura, l’asportazione endoscopica, benché meno invasiva e con
risultati a breve termine molto soddisfacenti, è afflitta da una
maggiore incidenza di residuo cistico post-chirurgico e, quindi, da un
più alto tasso di recidiva e re-intervento (28).
Figura 14: Approccio sovra-orbitario endoscopico. Grazie alla traiettoria chirurgica tangenziale al tetto del terzo ventricolo, è possibile un controllo completo sulla cisti colloide.
Una navigazione di tipo elettromagnetico viene organizzata
sulla base delle immagini di risonanza acquisite e registrate
mediante un’apposita strumentazione.
In posizione supina, la testa viene collocata su una ciambella
di gel in atteggiamento neutro: è, infatti, evitato il fissaggio della
36
testa permettendo al chirurgo di muovere il capo del paziente, così
da ottenere il miglior angolo di visuale.
Figura 15: Posizione della testa del paziente. Il capo è poggiato libero senza l’impiego della Mayfield (“pin-less”) ed è registrato dalla bobina del modulo AXIEM del navigatore (freccia rossa), che lo avvolge con un campo magnetico a bassa intensità. Sulla cute della bozza frontale è disegnata la linea d’incisione cutanea dell’approccio, ripercorrendo il solco di una ruga.
Ciò è possibile proprio grazie alla peculiarità dello strumentario
a disposizione del navigatore magnetico (Figura 16). Esso è
composto da un generatore a bobina (Figura 4 e Figura 15), per
avvolgere il capo del paziente con un campo magnetico cubico a
37
bassa energia, un modulo di riferimento, applicato sulla pelle del
capo del paziente (Figura 4 e Figura 16) con l’aiuto di strisce
adesive trasparenti, per identificarne la posizione all’interno del
campo generato, ed infine una sonda per la navigazione.
Figura 16: Strumentario magnetico. A: sonda per la registrazione e navigazione. B: modulo di riferimento (ricevente del campo magnetico) che viene applicato al capo del paziente.
Ogni punto all’interno del campo ha un unico valore di forza
del campo stesso, così da poter essere individuato in base a tale
valore: il modulo di riferimento, applicato alla cute del paziente, può
così identificare ogni singolo punto del campo. A questo punto il
sistema calcola la posizione della sonda rapportandola alla
posizione del modulo di riferimento all’interno del campo magnetico.
38
Una volta anestetizzato il paziente, viene applicato il modulo di
riferimento alla cute, lontano dal sito chirurgico, ma vicino al
generatore e si procede con la registrazione in analogia a quanto
descritto precedentemente col sistema ottico, quindi senza l’impiego
di fiducials e sfruttando il software di tracciamento automatico
cutaneo (Figura 17 e Figura 25).
Figura 17: Registrazione per la navigazione magnetica. La procedura avviene automaticamente con lo sfioramento della cute mediante la sonda. È visibile in alto al centro il generatore di campo magnetico.
Una volta che le verifiche per l’accuratezza del sistema hanno
dato esito positivo, si passa alla disinfezione cutanea ed alla
39
copertura del paziente. In questa fase della procedura viene anche
stabilita la traiettoria chirurgica per il raggiungimento del ventricolo,
una volta stabilito punto d’ingresso e bersaglio (Figura 18).
Figura 18: Planning della traiettoria. Una volta stabiliti punto d’ingresso e bersaglio profondo, la traiettoria al terzo ventricolo è tracciata ed è impiegabile nello stadio successivo per il programma di auto-guida.
Il monitor del navigatore e quello dell’endoscopio sono posti
affiancati l’uno all’altro ai piedi del paziente, in modo da consentire
una visuale contemporanea ai chirurghi operatori, mentre
l’equipaggiamento anestesiologico è posto a sinistra (Figura 19).
40
Figura 19: Layout intra-operatorio. I monitor per l’endoscopio ed il navigatore sono posti ai piedi del paziente sulla destra, mentre il chirurgo operatore è alla testa, avendo una visione contemporanea dei due schermi. Si noti la sonda elettromagnetica in sede nel canale di lavoro dell’endoscopio (freccia rossa).
Un foro di trapano in regione fronto-polare viene eseguito a
destra e la dura coagulata ed incisa. Mediante un software fornito
(Autopilot program) si può procedere alla navigazione del catetere
“peel-away”, facendovi scorrere dentro la sonda magnetica (Figura
20), per la creazione del canale d’ingresso dell’endoscopio al terzo
ventricolo. Con questo programma si ottiene una valutazione
dell’allineamento fra la traiettoria programmata e quella risultante
dall’attuale manovra di cateterizzazione del ventricolo, garantendo
una minor possibilità di scorretta inserzione (Stealth guidance).41
Figura 20: Autopilot software. Valutazione da parte del navigatore dell’allineamento fra traiettoria desiderata e quella che si sta ottenendo con l’attuale procedura. L’errore che ne risulta può essere usato per valutare eventuali modificazioni di direzione durante la procedura stessa.
Raggiunto il ventricolo, lo stiletto del navigatore viene rimosso
e all’interno del “peel-away” viene fatto transitare l’endoscopio Decq-
Storz.
Il vantaggio della sonda magnetica sta nel fatto di essere
praticamente priva di peso, estremamente sottile e flessibile, tanto
da poterla far procedere all’interno di strumenti piccoli come i
cateteri ventricolari e i canali di lavoro dell’endoscopio (Figura 19 e
Figura 21).
42
Figura 21: Sonda elettromagnetica. Le esigue dimensioni della sonda ne permettono il facile scivolamento nel canale di lavoro dell’endoscopio, rendendolo di fatto direttamente navigabile.
Una volta inserito lo stiletto nell’endoscopio, la visualizzazione
dei due sistemi diviene simultanea. Durante tutta la procedura non si
sono verificate interferenze fra il campo elettromagnetico generato
dal sistema ed il normale armamentario chirurgico e si è potuto
contare costantemente sulla conferma, con le immagini di
risonanza, di ciò che si stava osservando con l’endoscopio. Non è
stato impiegato alcun braccio rigido per l’endoscopia, poiché i
chirurghi operatori erano in due, uno impegnato al sostegno ed alla
manovra dell’endoscopio e l’altro all’utilizzo degli strumenti passanti
per i canali di lavoro. Veniva, quindi, individuato il forame di Monro
destro, ostruito da una voluminosa cisti colloide la cui sottile capsula
43
è stata perforata; si procedeva all’aspirazione con cannule della
colloide, di consistenza vitrea, ed all’asportazione, dopo sua
frammentazione, di un nucleo calcifico. Infine, la capsula è stata
coagulata ed asportata totalmente. Il paziente non ha necessitato di
terapia intensiva ed è stato dimesso in quinta giornata. Una TC
encefalo immediatamente post-operatoria ed una RMN encefalo,
eseguita durante il follow-up a circa tre mesi di distanza (Figura 22),
hanno documentato l’asportazione totale della cisti colloide; il
paziente è rimasto neurologicamente indenne (Figura 23).
Figura 22: Studio radiologico post-operatorio. Una TC encefalo, in alto a sinistra, e una RMN encefalo, nelle restanti immagini, mostrano la completa asportazione della lesione.
44
Figura 23: Il paziente al controllo a tre mesi di distanza dall’intervento. Oltre all’assenza di sequele neurologiche, è evidente la scarsissima visibilità della cicatrice chirurgica in regione frontale destra.
Caso 3 (paziente n° 16 Tabella 1)
Paziente maschio di 16 anni, operato già più volte per
idrocefalo ed una dilatazione degli spazi di Virchow-Robin
mesencefalici. Giunge di nuovo alla nostra attenzione per tremori
involontari, aggressività e paresi ingravescente del terzo nervo
cranico di destra. All’esame RMN (Figura 24) si evidenzia aumento
45
volumetrico della ciste mesencefalica già nota, per cui si organizza
un intervento di fenestrazione della stessa per via endoscopica
trans-ventricolare.
Figura 24: RMN pre-operatoria. Il quadro idrocefalico è assolutamente modesto, mentre sono evidenti le dimensioni della ciste mesencefalica, che depiazza il talamo destro sovrastante e sembra essere separato da una sottile parete dal pavimento del terzo ventricolo.
Dopo il posizionamento al letto operatorio senza fissaggio con
la testiera di Mayfield, onde permettere la mobilizzazione del capo,
si procede alla registrazione del paziente sulle immagini di
46
risonanza impostate nel navigatore in modalità magnetica (AXIEM).
Come di consueto i fiducials non sono stati impiegati, per cui si
registra tramite la procedura “surface tracking” (Figura 17 e Figura
25), già precedentemente descritta.
Figura 25: Surface Tracking. La linea verde continua sul modello 3D del volto indica il percorso disegnato con la sonda di registrazione sulla cute del paziente. In base alla direzione ed all’orientamento di questa linea, il software è in grado di appurare la morfologia di quella zona del cranio e di accoppiarla alle immagini di risonanza contenute nel navigatore, determinando la registrazione dell’anatomia del paziente, senza l’impiego dei fiducials.
I monitor del navigatore e dell’endoscopio vengono posti ai
piedi del paziente sulla destra, mentre a sinistra viene allestito
l’equipaggiamento anestesiologico (Figura 26). Infine i chirurghi si
47
dispongono alla testa del paziente con la strumentista alla loro
destra.
Figura 26: Layout di sala operatoria. I monitor del navigatore e dell’endoscopio sono posti affiancati ai piedi del paziente per permetterne la visione diretta e simultanea da parte dei chirurghi.
Il bersaglio ed il punto d’ingresso vengono impostati nel
navigatore in modo da creare la traiettoria migliore per l’accesso
48
chirurgico, evitando di danneggiare strutture cerebrali importanti
come il fornice o le aree corticali eloquenti.
A questo punto la testa del paziente viene preparata e coperta
sterilmente. Dopo la riapertura della cicatrice cutanea e del foro
craniotomico, la guida dell’endoscopio (“peel-away”) viene inserita
con all’interno la sonda della navigazione, in modo da poterne
seguire il tragitto sul neuro-navigatore e sovrapporlo a quello ideale
pre-registrato (Stealth guidance) (Figura 20). Una volta ottenuto
l’accesso al ventricolo la sonda viene rimossa, inserita nel canale di
lavoro dell’endoscopio Decq e quest’ultimo viene fatto procedere nel
tragitto ottenuto, tenendone la punta sempre sotto controllo di
navigazione. A questo punto la visione endoscopica e quella di
navigazione sono simultanee ed è possibile verificare le immagini
endoscopiche sull’anatomia di risonanza (Figura 27). Come in
questo caso, ciò si rivela di grande ausilio in occasione di lesioni
cistiche che mancano di chiari punti di riferimento anatomici, come
gli idrocefali multiloculati, le cisti intraparenchimali, il cavum veli
interpositi ed il quarto ventricolo escluso.
Ottenuto l’accesso al forame di Monro, si individua la
terzoventricolostomia pregressa, pervia e funzionante, e,
posteriormente ai corpi mammillari, la cupola della cisti. Si procede
alla coagulazione e perforazione della cavità principale e di
49
numerose multiloculazioni, sino a marsupializzarla ampiamente
nelle cavità ventricolari e nella cisterna pre-pontina.
Figura 27: Layout intra-operatorio. La visione simultanea di navigatore ed endoscopio aiuta a velocizzare i tempi della chirurgia dissolvendo istantaneamente i dubbi relativi a strutture anatomiche non ben riconoscibili. Ovviamente, di conseguenza, ne guadagna ampiamente anche la sicurezza della procedura.
50
Al termine della procedura il paziente è stato trasferito nel
reparto di degenza ordinaria, dal quale è stato dimesso in terza
giornata post-operatoria. Ad un follow-up di circa tre mesi, una RMN
ha dimostrato la riduzione volumetrica delle cavità pseudo-cistiche
mesencefaliche (Figura 28) a cui è corrisposta una remissione
pressoché completa della sintomatologia pre-operatoria.
Figura 28: RMN post-operatoria a tre mesi di distanza. È possibile apprezzare una marcata riduzione volumetrica delle cisti mesencefaliche note.
51
Caso 4 (paziente n° 18 Tabella 1)
Paziente maschio di 42 anni giunto al nostro pronto soccorso
per cefalea farmaco-resistente ed episodio di disorientamento
spazio-temporale. Una TC encefalo ed una successiva RMN
evidenziano una lesione ipointensa in T1, iperintensa in T2 (Figura
29), a carico del polo frontale destro, senza segni di enhancing post-
contrastigrafico e nelle immediate adiacenze di un seno frontale
afflitto da un importante processo sinusitico. Il paziente si
presentava afebbrile e senza segni meningei, pertanto una RMN
con spettroscopia è stata organizzata nel tentativo di sciogliere il
dubbio diagnostico fra cerebrite e glioma di basso grado. Tale
esame ha avuto un esito incerto, per cui è stato programmato un
intervento di biopsia cerebrale. In questa occasione abbiamo
impiegato l’uso combinato del neuro-navigatore e dell’endoscopio.
La navigazione è stata eseguita utilizzando la modalità
elettromagnetica (Figura 29).
52
Figura 29: Navigazione intraoperatoria. È possibile apprezzare le caratteristiche radiologiche in risonanza della lesione e la sua esatta collocazione tridimensionale nell’immagine 3D in basso a destra.
La testa è stata posta su un supporto con gel in silicone,
senza essere fissata cruentemente, e sulla sua superfice è stato
applicato lo strumento di riferimento della navigazione con l’ausilio di
alcuni adesivi trasparenti. Dopo la registrazione del paziente, è stata
impostata la traiettoria ottimale ed il bersaglio della biopsia; quindi si
è proceduto alla preparazione ed alla copertura sterile del campo
operatorio. Un foro craniotomico è stato eseguito assecondando le
informazioni ottenute dallo studio della traiettoria di navigazione;
incisa la dura si è fatto procedere il “peel-away” dell’endoscopio
sotto controllo di navigazione (Stealth guidance) fino a raggiungere il
bersaglio prefissato. Dopo aver rimosso il mandrino della guaina, il
53
chirurgo raccoglie dei campioni di tessuto con delle forbici rette
avvalendosi del controllo diretto dell’endoscopio Decq. I campioni
vengono prelevati dal punto immediatamente di fronte alla lesione e
dall’interno della stessa; durante tutta la procedura, è stato possibile
confermale la posizione della punta della guaina sulle immagini di
navigazione. Il principale vantaggio di questa metodica, infatti,
rispetto alla biopsia stereotassica, è la possibilità di eseguirla sotto
diretto controllo visivo. All’interno dei ventricoli, la presenza di reperi
anatomici facilmente riconoscibili (plesso corioideo, forame di
Monro, corpi mammillari, ecc.…) rendono possibile un orientamento
immediato con la visione diretta, ma nel contesto del parenchima
cerebrale tali reperi sono del tutto assenti e la neuro-navigazione
rivela tutta la sua utilità. Impiegando congiuntamente l’endoscopio,
la craniotomia necessaria sarà inevitabilmente più piccola e l’effetto
di brain shifting conseguente alla piccola apertura durale sarà
trascurabile. Inoltre, l’operatore avrà sempre il duplice controllo
(diretto visivo, sulla sede del campionamento, e indiretto, riferito
sulle immagini di risonanza) della sede chirurgica. L’esame
istologico sul campione ha confermato la natura gliale della lesione
per cui un intervento di asportazione totale mediante craniotomia è
stato successivamente organizzato.
54
Capitolo 4:
Risultati e discussione
La neuro-navigazione ha il potenziale di incrementare
l’accuratezza, la sicurezza ed in definitiva la percentuale di riuscita
di ogni procedura neurochirurgica, inclusi gli interventi di derivazione
liquorale, nei quali un corretto posizionamento del catetere
prossimale rappresenta il più alto fattore di rischio di
malfunzionamento a distanza di tempo.
La neuro-navigazione è molto utile per la progettazione
dell’approccio chirurgico: le incisioni cutanee e le craniotomie sono
più piccole rispetto a quelle condotte senza l’impiego di questo
sistema. Si rivela, inoltre, particolarmente efficace nel trattamento
delle lesioni del basicranio: in questa regione, infatti, la dislocazione
delle strutture anatomiche (shift) è trascurabile e non diminuisce
l’accuratezza della procedura.
Permette, inoltre, i movimenti dell’endoscopio a mano libera
contemporaneamente al controllo istante per istante della posizione
e della traiettoria dello strumento.
Un tempo aggiuntivo di circa 10 minuti è stato calcolato per la
registrazione del paziente al tavolo operatorio, di conseguenza si
può asserire che l’impatto sulla durata complessiva dell’intervento
sia pressoché nullo. Inoltre, se si considera che nella chirurgia
endoscopica delle lesioni cistiche, come negli idrocefali
multicompartimentali, l’assenza di reperi anatomici chiari può
condurre ad indecisioni e quindi ad allungamenti dei tempi chirurgici,
si può asserire che la neuro-navigazione può accorciare i tempi
operatori. In aggiunta, la navigazione aiuta anche a determinare la
traiettoria d’approccio ottimale per raggiungere le basi d’impianto
delle lesioni neoformate od il punto preferibile di fenestrazione in
caso di cistoventricolostomia. Essa, infatti, svolge ruoli diversi nelle
varie fasi della chirurgia endoscopica: nella fase iniziale viene
impiegata per calcolare il punto d’ingresso dell’approccio e la
traiettoria al ventricolo, mentre in una seconda fase, successiva
all’esplorazione visiva del ventricolo, viene impiegata per localizzare
e confermare strutture e lesioni di dubbia interpretazione (cisti
intraparenchimali, sepimentazioni in idrocefali complessi, conferma
del punto di fenestrazione, ecc.…) (18).
56
Il sistema di neuro-navigazione StealthStation Axiem
navigation system (Medtronic, Inc.), impiegato in tutte le procedure
di questo studio, permette l’uso di due differenti modalità di
navigazione: una ottica e l’altra elettromagnetica. Quest’ultima, di
più recente introduzione e non ancora estesamente diffusa,
presenta alcuni innegabili vantaggi, rispetto alla più classica
modalità ottica, che vale la pena sottolineare.
La modalità elettromagnetica (Axiem) di questo macchinario
utilizza un trasmettitore a bobina per avvolgere il capo del paziente
con un campo magnetico cubico a bassa energia (Figura 4), un
volume spaziale in cui la localizzazione e l’orientamento del
puntatore possono essere ridefiniti digitalmente. Un modulo di
riferimento applicato sulla pelle del capo del paziente identifica la
posizione anatomica all’interno del campo generato (Figura 4) .
Facendo ciò si supera la necessità di fissare il capo, cosa
imprescindibile nei sistemi ottici, in cui il modulo di riferimento non
può essere posto sulla testa del paziente (sia per motivi di
ingombro, che per necessità collegate alla linea di visuale libera con
il sistema di puntamento), ma deve essere assicurato fermamente
alla testiera di Mayfield, a sua volta connessa con dei puntali al
tavolato cranico. In questo modo si ottiene l’evidente vantaggio di
57
poter muovere il capo durante la procedura, oltre alla minore
invasività di tutta la procedura.
I sistemi di navigazione basati su montature, bracci robotici, od
anche quelli frameless a tracciamento ottico, hanno delle limitazioni
d’impiego a causa dell’ingombro e dell’impacciamento che generano
nei movimenti degli strumenti nel campo chirurgico. In più, il ruolo
della neuro-navigazione nei bambini è stato fortemente
dimensionato dalla necessità di procedere al fissaggio rigido del
capo nel caso di metodiche ottiche di precedente generazione.
Infine le stesse limitazioni della chirurgia pediatrica, si possono
ritrovare anche nella chirurgia da sveglio (“awake surgery”) e nelle
procedure di posizionamento di shunt ventricolari, relegando
l’impiego della neuro-navigazione a casi ben selezionati.
La tecnologia elettromagnetica sormonta molti di questi
ostacoli:
le piccole dimensioni del sensore di riferimento
consentono di attaccarlo direttamente al capo del
paziente, permettendo liberi movimenti del capo durante
l’atto chirurgico senza che ne risenta l’accuratezza della
registrazione o che si verifichino interferenze col campo
operatorio;
58
una linea di visuale libera fra sistema di puntamento e
sonda non è più necessaria, conseguendone una più
comoda gestibilità intraoperatoria;
strumenti flessibili possono essere tracciati in tempo
reale in profondità e possono essere adattati
agevolmente ad strumenti chirurgici (come ad esempio
endoscopio e cateteri di drenaggio);
non è più necessario fissare la testa al tavolo operatorio,
risultando un enorme vantaggio in caso di chirurgia
pediatrica ed “awake”.
La caratteristica principale di questa tecnologia
elettromagnetica sta nel fatto che il sensore è estremamente
piccolo, essendo costituito da una spirale di rame di 1-3 mm e può
essere applicato alla cute del paziente semplicemente con materiali
adesivi. Per contro, i sistemi ottici ad infrarossi, sia attivi che passivi,
richiedono diversi emettitori/riflettori separati da svariati centimetri
per ottenere un’accuratezza comparabile.
Preoccupazioni a riguardo la stabilità e l’accuratezza dei
sistemi elettromagnetici, in una stanza operatoria attrezzata, ne
59
hanno inizialmente limitato la diffusione, in quanto i materiali
ferromagnetici potrebbero teoricamente distorcere il campo di
riferimento e limitarne la precisione. In condizioni sperimentali lo
Stealth System ha dimostrato una misura di riferimento di 0,1 mm
quando non distorto e una media di deviazione di 0,21 – 0,56 mm in
occasione di distorsioni ferromagnetiche (29). Nella pratica clinica,
comparazioni dirette fra sistemi ottici ed elettromagnetici non hanno
mostrato differenze nell’accuratezza ottenuta (30).
Gli strumenti tracciati da questo sistema non necessitano né di
una visuale libera rispetto alla trasmittente, né di continui
orientamenti verso la trasmittente come accadeva nei sistemi ottici.
In caso di chirurgia da sveglio, l’assenza di un fissaggio
cruento del capo ha ridotto notevolmente l’uso di sedazione
impiegata e lo strumentario non interferisce con l’impiego di
metodiche elettrofisiologiche come la corticografia o la stimolazione
corticale o anche la registrazione dei potenziali evocati somato-
sensitivi (31).
Gli svantaggi di questa metodica sono: i più alti costi di
gestione, visto che impiega kit di sonde e riceventi monouso, a
differenza del sistema ottico in cui quasi tutto il materiale è
sterilizzabile, e l’impossibilità di registrare e, quindi navigare,
strumenti diversi da quelli presenti nel kit monouso in dotazione.
60
Anche durante il nostro studio, nel caso di neuro-endoscopia
guidata elettromagneticamente, alcuni di questi vantaggi sono stati
evidenti. Anzitutto la scomparsa dell’obbligo di fissaggio cruento
della testa ha permesso non solo di annullare le complicanze
collegate a questa manovra (ad esempio l’ematoma epidurale
iatrogeno), ma anche di mobilizzare il capo durante l’atto chirurgico,
cosa particolarmente utile in caso di endoscopia ventricolare. Inoltre
l’assenza della necessità di una linea di visuale libera fra
trasmittente e sonda ha reso la navigazione più continua e libera da
limiti prefissati nei movimenti sul campo operatorio. Ancora, nei
sistemi ottici per poter navigare l’endoscopio bisogna agganciare
uno strumento di rilevamento (Figura 9), che genera un ingombro
spaziale aggiuntivo; per contro la sonda elettromagnetica è quasi
priva di peso, e può essere inserita nel canale di lavoro
dell’endoscopio (Figura 21), dando una visuale in tempo reale della
punta dell’endoscopio direttamente sulle immagini radiologiche.
Questa metodica è stata posta al centro dell’attenzione di
alcune recentissime pubblicazioni inerenti il trattamento
dell’idrocefalo multiloculato (19) (32). Anche nel nostro caso
(paziente n° 16 Tabella 1) si è dimostrata particolarmente utile
perché, una volta raggiunto con l’endoscopio il sistema ventricolare,
è particolarmente difficile orientarsi in un’anatomia completamente
61
sovvertita ed, inoltre, spesso i punti per effettuare le fenestrazioni
sono particolarmente piccoli. È proprio in questa fase che la neuro-
navigazione si rende utile, se non indispensabile nell’integrazione
con la chirurgia endoscopica intraventricolare.
I vantaggi sono poi anche specifici per un tipo di procedura
rispetto ad un’altra, come già anticipato nel capitolo precedente.
Ad esempio in caso di chirurgia endoscopica trans-sfenoidale,
la possibilità di fondere le immagini TC con quelle di risonanza
rappresenta una grande miglioria che rende superfluo l’impiego del
fluoroscopio intraoperatorio, semplificando ed abbreviando l’atto
chirurgico. L’endoscopio, registrato sul neuro-navigatore, guida il
chirurgo nell’identificazione dell’anatomia nasale nei casi in cui
questa sia stata, ad esempio, distorta da precedenti chirurgie. In
particolare, la navigazione si rileva utile nei confronti del setto del
seno sfenoidale che, anche se identificato lungo la linea mediana
quando il rostrum è rimosso, nella maggior parte dei casi poi
conduce più lateralmente ad un impianto in prossimità della
prominenza carotidea, con conseguente rischio di lesione
dell’arteria. Infatti, il sistema di navigazione calibra il focus del
microscopio, la punta dell’endoscopio e lo strumentario chirurgico,
permettendo all’operatore di conoscere, in ogni istante, l’esatta
posizione degli strumenti e delle strutture anatomiche a rischio di
62
danneggiamento, sia durante l’approccio, sia durante l’asportazione
tumorale (33).
Nel contesto della chirurgia endoscopica trans-ventricolare, la
neuro-navigazione si è rilevata utile in quanto ha permesso la
determinazione di una più precisa traiettoria chirurgica e di un
ottimale punto d’entrata al fine di evitare strutture anatomiche
importanti. Benché, una volta arrivati al ventricolo, l’orientamento
venga garantito dal riconoscimento delle strutture anatomiche, la
navigazione si rivela ancor più utile nel confortare tale orientamento,
specialmente nei casi di difficile visualizzazione, come nelle
anatomie distorte o nei ventricoli ristretti (34). La guida delle
immagini è fondamentale in presenza di cisti intraparenchimali od
idrocefali multicompartimentali, perché il sistema di navigazione
aiuta a direzionarsi all’interno delle concamerazioni cistiche ed ad
individuare l’ottimale sede di fenestrazione. Storicamente l’idrocefalo
multicompartimentale è stato trattato con uno o più cateteri
ventricolari od intracistici possibilmente associato alla fenestrazione
della ciste (35) (36). La principale difficoltà con l’endoscopia negli
idrocefali multiloculati è l’anatomia distorta causata delle precedenti
emorragie, infezioni o malformazioni anatomiche connatali. Alla
base di queste difficoltà sta il razionale per l’impiego della neuro-
navigazione associata all’endoscopia. La possibilità di ottenere una
63
traiettoria chirurgica con maggiore precisione e sicurezza è già
valutabile pre-operatoriamente con l’impiego di questo strumento.
Durante l’intervento l’identificazione del corretto sito per la
fenestrazione si rileva spesso difficile e può allungare i tempi
operatori, oltre ad aumentare i rischi per il paziente. Le pareti
cistiche possono pur apparire sottili all’esame di risonanza, ma alla
visione diretta endoscopica, sovente appaiono spesse e non
trasparenti, mimando completamente ependima e parenchima sano.
In questa fase il navigatore rileva tutta la sua utilità, mostrando
direttamente sulle immagini proiettate dal monitor, quali strutture si
stanno osservando e cos’è possibile rinvenire oltre. È evidente che
le poche decine di minuti impiegate far eseguire una risonanza per
la navigazione ed i brevissimi tempi della registrazione
immediatamente pre-operatoria, si dimostrino realmente ben
investiti ed in grado di velocizzare i tempi intraoperatori, sciogliendo
i dubbi anatomici.
Nei casi di terzoventricolostomia, la navigazione è di solito
considerata superflua (37), ma in presenza di un pavimento del
terzo ventricolo spesso e non traslucente, questa metodica può
garantire una maggiore sicurezza in merito al punto di esecuzione
della stomia. (38).
64
Un limite non ancora risolto della navigazione è il brain
shifting, cioè la modificazione della posizione delle strutture cerebrali
che avviene a seguito di determinati eventi intra-operatori (come
deliquorazioni, asportazioni di grosse masse tumorali, brain
swelling, ecc. …). Ciò si dimostra più pronunciato nel caso di
perforazione di grosse cavità a contenuto liquido. Il brain shifting
può essere la maggior determinate di perdita d’accuratezza della
neuro-navigazione durante la procedura endoscopica: alcune
precauzioni possono essere adottate per attenuare tale effetto
indesiderato, quali la continua irrigazione per mantenere il grado di
tensione delle cavità a contenuto liquido ed il posizionamento del
burr hole d’ingresso nel punto più alto per ridurre l’entità della
deliquorazione. Inoltre, è noto come la distorsione cerebrale durante
il brain shifting raramente affligga le strutture della linea mediana
(39) e quest’ultime sono sovente i reperi impiegati in chirurgia
endoscopica. Nel nostro caso abbiamo attenuato questa difficoltà
impiegando una continua irrigazione durante la procedura,
garantendo così, almeno in parte, il mantenimento dell’anatomia
della ciste e di parte del sistema ventricolare.
In definitiva, abbiamo rivelato diversi vantaggi nell’accoppiare
la modalità ottica all’endoscopia trans-sfenoidale, perché
l’endoscopio non ha canali di lavoro in cui inserire la sonda
65
elettromagnetica e perché in questi casi la testa può/deve rimanere
fissa. L’impiego di supporti rimovibili forniti con la strumentazione
(Figura 9) permette la registrazione ed il riconoscimento in modalità
ottica di qualunque tipo di strumento, compreso l’endoscopio stesso,
rendendolo di fatto navigabile.
Per contro, abbiamo impiegato la modalità elettromagnetica in
caso di endoscopia trans-ventricolare e trans-parenchimale, perché
questa permette di muovere il capo e perché lo stiletto-sonda può
essere fatto passare nel canale di lavoro di cui è fornito questo
particolare endoscopio. Al momento della verifica dell’accuratezza
ottenuta non abbiamo rilevato alcun tipo di anomalia conseguente a
distorsione da materiali ferromagnetici presenti, risultando una
precisione ottimale della registrazione. Nei casi di impiego di esami
intraoperatori neurofisiologici, non si sono verificate interferenze fra i
due sistemi.
Tutte le procedure hanno avuto dei tempi di esecuzione
sensibilmente ridotti rispetto a quanto previsto e l’estrema
accuratezza e compatibilità dei due presidi accoppiati (endoscopio e
neuro-navigatore) hanno reso gli atti chirurgici più sicuri ed afflitti da
una bassissimo tasso di morbilità.
66
Capitolo 5:
Conclusioni
L’impiego combinato di endoscopia e neuro-navigazione si
conferma essere particolarmente utile in termini di sicurezza
ottenuta e velocizzazione dei tempi intraoperatori. Da questo studio
si comprende come sia necessario integrare più spesso le due
metodiche per garantire una chirurgia sempre più mininvasiva e
sicura.
Inoltre, i vantaggi dimostrati dalla modalità di navigazione
elettromagnetica ne fanno prospettare un più largo impiego, non
solo nella chirurgia endoscopica, ma anche in occasione di pratiche
chirurgiche più routinarie come, ad esempio, il posizionamento di
shunt ventricolari. In particolare per quanto riguarda la neuro-
endoscopia, pare particolarmente attraente la possibilità di muovere
il capo del paziente (manovra spesso usata in questo tipo di
chirurgia) e di registrare lo strumento senza l’impiego d’ingombranti
moduli sonda da attaccare all’endoscopio stesso. Le dimensioni
dello stiletto-sonda sono tali da permetterne il passaggio all’interno
del canale di lavoro dell’endoscopio, ottenendo così una
registrazione continua dello strumento.
Notevoli vantaggi vengono poi ottenuti anche nel campo della
chirurgia da sveglio: data la scomparsa della necessità di fissare la
testa del paziente, si ottiene automaticamente un maggior confort
per quest’ultimo e una netta riduzione dell’entità della sedazione.
La fusione delle immagini di risonanza pre-operatoria con
quelle ottenute intra-operatoriamente dall’ultrasonografia
rappresenta probabilmente il futuro di questa metodica per annullare
l’effetto negativo del brain shifting e di altre modificazioni durante
l’atto chirurgico. L’uso dell’ecografia intraoperatoria da sola non è,
comunque, comunemente accettato per la scarsa risoluzione delle
immagini ottenibili (40).
68
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Ringraziamenti
Si ringrazia il prof. Alberto Delitala, primario neurochirurgo
dell’azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma, per aver
messo a disposizione le strutture ed i mezzi necessari alla stesura di
questo lavoro.
Si ringrazia, inoltre, tutto lo staff del dipartimento di
neurochirurgia “Lancisi” del San Camillo; in particolare un
riconoscimento particolare va al dott. Andra Brunori ed al dott.
Agazio Menniti per l’indispensabile assistenza e la cortese
collaborazione durante le procedure chirurgiche.