P. Vergerio (1498-1565) e il «Caso Spiera» (1548) · Nato a Cittadella1 all'inizio del...

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STUDI DI TEOLOGIA

Rivista teologica semestrale edita a cura dello ISTITUTO DI FORMAZIONE EVANGELICA E DOCUMENTAZIONE

---··------------------------------- .

Anno X/l N' 19 I' Semestt·e 1998

Direi/Ore responsamle Prof. Pietro Bolognesi

Amminislrazione !.F. E. D. C.P 756 1-:15100 Padova

Abbonamento annuo L. 22.000 - Sostenitore L. 35.000- Estero L. 35.000. l versamenti vanno effettuati sul CC P N' 10867356 intestato a !feci, C. P. 756, Padova. Gli abbonamenti non disdetti entro il 31 dicembre si intendono tacitamente rinnovati. La rivista esce a febbraio e a ottobre. Spedizione in abbonamento postale C. 27 art. 2 L. 549/95 Fil Padova- semestrale. Pe1· corrispondenza con la redazione: Sdt, Via J. della Quercia 81, 35134 Padova.

SOMMARIO

Prefazione

ARTICOLI

''Pier Paolo Vergerio (1498-1565) e il «Caso Spiera» (1548) Daniele Walker . . . . . . . . . .. ....... . . . . . .. ..... .. .. . ... .. . . pag.

DOCUMENTAZIONE

"' L'isloria del Spiera pag.

7

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SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE pag. 85

LISTA DEI LIBRI RICEVUTI pag. 102

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Prefazione

Quest'anno ricone il 500° anniversario della nascita di Pier Paolo V erge­rio (1498-1565), un personaggio che segnò non solo la storia del nostro paese, ma anche quella di altri e che uno storico come Church non esita a considerare, sotto l'aspetto polemico, il vero successore di Lutero. Il suo lungo itinerario di ricerca che lo vide giurista, nunzio e poi vescovo e che lo portò poi ad abbracciare la fede riformata, rimane emblematico di altri italiani del tempo.

Il «caso Spiera» costituisce un'altro anniversario, il450° (1548). Del suo «caso» si parlò a lungo nel Cinquecento suscitando, come mostra il saggio che segue, molti importanti intenogativi. Come tale può ancora far riflettere chi ha a cuore l'estensione del regno di Dio anche nel nostro tempo.

L'idea di un'adesione integrale e senza ambivalenze al Dio della Scrittura non appare particolarmente consono al pensiero debole che caratterizza la postmodernità, ma la vicenda di Spiera può forse ancora offrire qualche spunto di riflessione a chi continua a dichiarare di credere nei valori del Dio rivelato, ma non sembra sempre impegnato a sostenere tali valori.

La duplice riconenza, 500° e 450°, merita attenzione e la nostra rivista ritiene che ciò vada ricordato. Non si tratta di fare ricerca storica pura e semplice, ma di riconoscere un legame e porsi certi interrogativi. Non solo perché la ricerca neutrale non esiste, ma anche perché la fede cristiana è cosa troppo seria per accontentarsi di una lettura delle sue vicende ponendosene a distanza. Gli evangelici sanno di collocarsi in una tradi­zione che ha avuto in tutti i tempi i suoi testimoni ed i suoi martiri e tra questi Yergerio e Spiera, rivestono una vera importanza.

PB.

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Il prof Daniele Walker insegna a Reggio Emilia dove è anche anziano di una Chiesa cristiana evangelica. E' collaboratore di Studi di teologia, di cui si ricorderà tra l'altro "La confessione di fede battista del I689", pubblicata nel 300o anniversario della stessa.

N.B . L' autore desidera ringraziare i seguenti colleghi ed amici per il loro prezioso aiuto nella realizzazione della presente ricerca (scusandosi di eventuali omissioni) : Mauro Bertani, Penny Carter, Cesarino Ruini, Carla Saccani, Eva Zimrner.

ABBREVIAZ IONI

ASV

Comba ( 1 872)

Comba ( 1 897)

Comba, Processo

Ferrai, Processo

HFS

Historia

Archivio di Stato, Venezia.

Emilio Comba, Francesco Spiera, episodio della Riforma religiosa in Italia, Roma e Firenze, Clau­diana, 1872.

Emilio Comba, l nostri protestanti, II: Durante la Riforma nel Veneto e nel! '!stria, Firenze, Claudia­na, 1 897, pp. 259-295, 397-476.

Emilio Comba, Il processo di Pier Paolo Vergerio, «Rivista cristiana», I ( 1 873), pp. 299-3 1 1 , 345-354, 366-368.

Luigi Alberto FerTai, Il processo di Pier Paolo Vergerio, «Archivio storico italiano», XV ( 1 884 ), pp. 20 1 -220, 333-344; XVI ( 1 885), pp. 25-46, 153- 1 69.

Celio Secondo Curione (a cura di), Francisci Spie­me qui quod susceptam seme l evangelicae verita­tis professione m abnegasset damnassetque in hor­rendam incidit desperationem historia, a quatuor summis viris, summafide conscripta: cum clariss. viro rum praefationibus. Caelii S. C & lo. Ca/vini, & Petri Pauli Vergerii Apologia: in quibus multa hoc tempore scitu digna gravissime tractantur. Accessit quoque; Martini Borrhai, de usu, quem Spierai tum exemplum, tum doctrina afferat, iudi­cium . . . . , Basileae, [Pietro Perna] , 1 550 (Le cita­zioni nel testo sono tratte dalla ristampa del 1 608).

Pier Paolo Vergerio, La Historia di M. Francesco Spiera, il quale per havere in varii modi negata la conosciuta verità dell'Evangelio, cascò in una mi-

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Il catalogo de libri

DEI

o. c.

Ronchini, Lettere

VD 16

sera desperatione. Quanto questo esempio sia in questi tempi utile & necessario, ogni pio & pru­dente huomo potrà considerare . . . , [Poschiavo, Dolfin Landolfi] 1 55 1 .

Pier Paolo Vergerio, Il catalogo de libri, li quali nuovamente nel mese di Maggio nell'anno presen­te MDXLVIIII sono stati condannati & scomuni­cati per heretici da M. Giovan Della Casa legato di Vinetia & d'alcuni frati. E' aggiunto sopra il medesimo catalogo un iudicio & discorso del Ver­gerio . . . , [Ziirich, Christoph Froschauer] 1 549.

Dizionario biografico degli italiani, Roma, Trec­cani, 1 960 -.

Giovanni Calvino, Ioannis Calvini opera quae supersunt omnia, a cura di G. Baum, E. Cunitz e E. Reuss, Braunschweig, C.A. Schwetschke et filium, 1 863- 1 900.

Amadio Ronchini (a cura di), Lettere d 'uomini illustri conservati in Parma nel R. Archivio dello Stato, Parma, Reale Tipografia, 1 853 . 1

Verzeichnis der im deutschen Sprachbereich er­schienenen Drucke des XVI Jahrhunderts.

Studi di teologia X (1998) 7-56

PIER PAOLO VERGERIO (1498-1565) E IL «CASO SPIERA» (1548)

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Daniele W alker

Introduzione

Per quale motivo riprendere in esame il caso Spiera, un episodio della vita religiosa del Cinquecento in apparenza piuttosto insignificante? Non è possibile ignorare che l 'esperienza di Spiera suscitò allora ed in seguito enorme attenzione sia in Italia che all'estero, spingendo numerosi scrittori a versare fiumi d ' inchiostro per divulgare e commentare la vicenda. Come spiegare questo successo pubblicistico?

Scopo del presente articolo è riesaminare la vicenda esplorando i motivi del l ' interesse suscitato. In primo luogo, si tenterà di col locarla nel suo contesto originale per comprendere i contorni precisi de !l 'esperienza dell 'avvocato di Cittadella. Poi si passerà a considerare come la vicenda fu vista, accolta, interpretata dai primi testimoni e come da essi fu inserita nel dibattito sul nicodemismo in corso nel Cinquecento. In seguito, si cercherà di analizzare la relazione tra questa vicenda e la fuga del vescovo di Capodistria, Pier Paolo Vergerio. Da ultimo, si considereranno gli echi successivi dell 'episodio e il suo mutarsi da vicenda personale in simbolo universale.

LA VICENDA DI FRANCESCO SPIERA Nato a Cittadella 1 all ' inizio del Cinquecento, avvocato di professione, intorno ai quarant' anni Spiera cominciò ad interessarsi di teologia. Il l 5 novembre 1 547, insieme al nipote Girolamo Facio, venne denunciato al

1Sull'ambiente cittadi no in quel periodo, vedere: Com ba ( 1872), pp. 5-12; E. Zille, Gli eretici a Ciuadella nel Cinquecento. Cittadella, Rebellato, 1971, pp. 70 sgg.

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8 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

Tribunale dell' Inquisizione di Venezia per idee luterane2• Fu accusato di opinioni eterodosse riguardo al Sacramento dell 'Eucarestia, al rito della messa, ai suffragi dei morti, all ' intercessione dei santi, alla confessione auricolare, all' autorità del Pontefice e dei prelati nonché al valore delle opere. Inoltre, fu accusato di aver frequentato Pietro Cittadella3 e di aver tradotto liberamente il Pater Noster4• Il 9 dicembre 1 547 la deposizione dei cinque sacerdoti firmatari della denuncia fu inviata al tribunale dal vescovo di Vicenza5 ed i l 1 7 dicembre fu presentata contro i due un'ulte­riore denuncia per comportamento irreligioso6• Le deposizioni dei firma­tari delle denuncie furono raccolte nei giorni 20-22 aprile davanti al podestà Angelo Baroccio e al Re v. Grandis de Zanardo 7• Le accuse furo�o più o meno confermate dai testimoni ; curiosa la testimonianza finale ai Bel trame detto Chorazina Fattorino: «Io ho sentito dire da di v erse persone che dicono li detti Messeri Franz.o et Hier.mo esser lutherani et credo molti di loro non sapieno cosa sia lutherani . . . »8•

Il 1 3 maggio arrivò l 'ordine di comparizione davanti al Tribunale dell ' Inquisizione ed il 24 dello stesso mese Spiera subì il primo di tre interrogatori in cui respinse ogni addebito attribuendo le accuse fatte contro di lui alla persecuzione di «adversari et inimici». Tuttavia, ammise di possedere una B ibbia, di aver visto «el benefitio de Cristo et la doctrina nova et vecchia et . . . altri libri moderni», di aver nutrito qualche dubbio sul Purgatorio rimettendosi comunque «all ' opinione che tiene la Santa

2Gli atti processuali sono conservati in: ASV, San t 'Uffizio, Processi, B. 6, fase. Spiera-Facio,

154 7. Sul processo a Spiera vedere inoltre: Com ba ( 1872) la cui appendice contiene una parte degli atti relativi al processo; E. Zille, op. ci t., pp. 74-90; G. De Leva, Degli eretici di Cittadella, Venezia, Grimalda, 1873, pp. 27-40. Sul Tribunale dell'Inquisizione a Venezia vedere: A. Santosuosso, The Moderate 1nquisitor - Giovanni Della Casa's Venetian Nunciature, 1544-1559, «Studi veneziani» n.s. 2 ( 1978), pp. 119-210; cfr. pp. 187 sgg; A. Del Col, Organizzazione, composizione e giurisdizione dei tribunali dell 'Inquisizione romana nella repubblica di Venezia ( 1500-1550), <<Critica storica>>, xxv ( 1988), pp. 244-294.

3Pietro Speciale (o Cittadella) fu condannato dal Tribunale dell'Inquisizione nel 1543. Sulla

sua vicenda vedere: E. Zille, op. cit., pp. 37-64; G. De Leva, op. cit., pp. 10-27. 4L'intera denuncia è riportata da Zille, op. cit., pp. 75-76 n. 15 e da Comba (1872), doc. l,

pp. 96-98.

5 ASV, Sant'Uffizio, Processi, B. 6, fase. Spiera-Facio, lettera del vescovo di Vicenza al tribunale (9 dicembre 1547). La deposizione è datata 28 novembre 1547.

6ASV, Sant'U.ffizio, Processi, B. 6, fase. Spiera-Facio, sabato 17 dicembre 1547; Comba ( 1872), doc 6, pp. 100-10 l . �ASV, Sant'Ujjizio, Processi, B. 6, fase. Spiera-Facio, deposizioni: 20-22 aprile 1548.

Loc. ctt., c. l 9r.

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madre giesia» se qualche pensiero da lui espresso non fosse stato com­pletamente secondo i suoi insegnamentt Anche nella seconda deposizio­ne si mantenne più o meno sulla stessa linea difensiva, ma confermò di aver tradotto il Pater noster in volgare «perché mi par che quelli che non sanno latino, dicano mille parole confuse» 1 0. Nella terza deposizione negò di aver tenuto un 'opinione diversa da quella della Chiesa riguardo ali' as­soluzione sacerdotale e, poiché non aveva ancora esposto la sua difesa, il tribunale gli concesse altri otto giorni per prepararla. Dopo solo cinque giorni si presentò spontaneamente e, ammettendo di aver dubitato di diversi insegnamenti della Chiesa (eucaristia, confessione auricolare, autorità papale), chiese clemenza gettandosi «nel suo grembo pregandola e supplicando la insieme con le Signori e vostre benignissime che mi voglia perdonar, ha vendo sempre consideration al mio stato, alla mia povera familglia, et alle grave inimicitie che ho per la persecutione delli mei adversarii, quali mi perseguitano perché ho voluto sustentar l ' honor mio et di una mia figlia che è cosa notoria . . . » 11•

Dalla lettura degli atti processuali non è facile comprendere fino a che punto le affermazioni rispecchino le opinioni pers'onali di Spiera. La sua successiva dichiarazione di essersi risolto «di voler dissimulare» potrebbe spiegare sia la sua insistenza nel volersi rimettere in tutto al l' insegnamen­to della Santa madre Chiesa, che la sua tendenza a rispondere con «non mi ricordo haverlo detto» e il suo affermare di «aver parlato et pro et contro per haver inteso diverse opinioni» 12• Tuttavia, altre dichiarazioni

9 ASV, Sant'Uffizio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, 24 maggio 1548, prima deposi­zione Spiera; Com ba ( 1872), doc. 15, pp. Il O-l 13. Sulla diffusione di tali l ibri a Venezia vedere: S. Cavazza, Libri in volgare e propaganda eterodossa: Venezia 1543-1547, in A. Prosperi e A. Biondi (a cura di), Libri, idee e sentimenti religiosi nel Cinquecento italiano, Ferrara, !SA- Modena, Panini, 1987, P�· 9-28. .

0ASV, Sant'Uffizio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, seconda deposizione Spiera; Com ba ( 1872), doc. 15, pp. 113-115. (La deposizione non è datata, ma probabilmente ebbe luogo il l" giugno 1548).

1 1 <<io qualche volta sono stato dubio che non li sia nel! 'Ostia consecrata realmente el vero corpo e sangue di Jesù Cristo . . . l'è vero che io son stato nel dubio che la confessione non fusse necessaria alla salute . . . . . . . et sopra la quarta obbietione concernente de auctoritate papoe, rispose: anche de questo ne son stato dubio nel modo che io ho detto di sopra>>. ASV, Sant'Uffizio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, 12 giugno 1548; Comba (1872), doc. 17, pp. 118-120. Il manoscritto reca la data del 12 luglio, ma si tratta senz'altro di una svista.

1 2ASV, Sant 'Uffizio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, prima deposizione Spiera; Comba (1872), doc. 15, pp. Il 0-113.

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1 0 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

appaiono più sincere. Per esempio, pur affermando di non ricordare di aver ripreso la moglie per aver invocato la Vergine, ammette di hver esortato «che si chiami el Padre Eterno mediante el suo dulcissimo Figliuolo come via che mi par carissima» 13 . Inoltre, nella seconda depo­sizione, afferma: «lo ho creduto et credo che el fedel Cristiano si salva per il merito di Jesù Cristo, el qual cristiano essendo fedele, fa le opere da cristiano, usando maxime la carità pel prossimo, et che le opere nostre sono coronate da Dio come doni sui . . . . Io ho detto che le opere nostre come de peccatori non meritano se non fusse el merito de Cristo» 14. Il fatto che la sua strategia difensiva sia consistita più che altro in un'am­missione di colpa con richiesta di clemenza fa pensare che il desiderio di «conservare la moglie, i figliuoli, la roba e la vita» abbia pesato molto sulla sua decisione di abiurare.

Il 26 giugno, nella cappella di S. Teodoro nella Chiesa di S. Marco, in una seduta solenne, presente il legato apostolico Giovanni Della Casa, Spiera recitò l ' atto di abiura: «Voluntariamente et l iberamente con il core et con la bocca confesso haver gravemente errato . . . » 15. Il giorno stesso ricevette l'assoluzione, ma gli furono comminate una serie di pene pecuniarie, oltre all ' imposizione di «far cantar solennemente una messa ad honor et reverentia del Corpus Domini» e un'altra per i defunti e di «domandare perdonanza a tutti quelli che per lui si fossero scandalezza­ti» 16 . Il nipote di Spiera, Girolamo Facio, fu meno fortunato: oltre alle altre pene e agli obblighi inflittigli, venne condannato ad un anno di carcere.

Il resto della vicenda di Spiera fu raccontato da Vergerio e dagli altri testimoni della sua lenta agonia. Mettendo a tacere la propria coscienza, il l o luglio fece il secondo atto di abiura in chiesa a Cittadella� «astante una grande multitudine di popolo, in pergola alta voce» 1 7, ma subito dopo «si sentì percosso dalla man di Dio; sentì che gli furono tolti i doni dello

131bid. l 14ASV, Sam'U.Ifizio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, seconda deposizione Spiera;

Com ba (1872), doc. 15, pp. 114-115. 15

ASV, Sant'U.Ifizio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, atto di abiura, 26 giugno 1548; Comba (1872), doc. 19, p. 122.

1 6ASV, Sant'U.Ifìzio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio, atto di assoluzione, 26 giugno 1548; Com ba ( 1872), doc. 20, p. 127.

17 ASV, Sant'U.Ifìzio, Processi, B. 6, processo S piera-Facio,lettera del 3 lugl io, 1548; Com ba ( 1872), doc. 23, p. 130.

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Spirito, la confidenza e la speranza nel Signore, e sentì un orrore e ispavento wandissimo nell ' animo, una confusione e una desperazione totale . . . »g. A partire da quel momento, le sue condizioni di salute si deteriorarono rapidamente. Alla ricerca di cure migliori, i famigliari lo portarono a Padova dove alloggiò, per diversi mesi, in casa di un parente, Giacopo Nardini . All' inizio di dicembre i figli lo riportarono a Cittadella dove morì circa venti giorni dopo (27 dicembre 1548). Le testimonianze pubblicate da Vergerio ed altri furono scritte nella maggior parte dei casi prima del decesso di Spiera di cui, perciò, ignoravano le precise circo­stanze 1 9. Sugli ultimi giorni di vita abbiamo invece le testimonianze di due sacerdoti di Cittadella, Zuane Ancilloto e Francesco degli Ambrosi, che non furono offerte spontaneamente, ma su richiesta degli inquisitori i quali desideravano sfruttare la vicenda per il suo valore monitorio20 . Nella sua testimonianza, degli Ambrosi, uno dei firmatari della prima denuncia contro Spiera, afferma che «parlava aie volte fuora di senno». Alla domanda se avesse voluto confessarsi, una volta aveva risposto che era confessato e comunicato e un' altra dava segno di non essere «in cervello»; precisa, però, di non ricordare di averlo mai sentito dire «qualche parole contra la fede» . «Quatro over sei giorni avanti le feste de natale» l ' Ancilloto, trovando Spiera «gravato di grave infermità, zava­riante molto et dicente varie, diverse pazzie et alle volte biastemante», gli chiede «Se era confessato e comunicato». Spiera risponde di sì e la moglie ed i figli confermano. I momenti di lucidità si alternano a momenti di pazzia: «Spesse volte diceva: "Signor Dio, ti prego me perdoni li mei peccati", et poi tornava a dire matierie et pazzie». Infine, quando l' Ancil-

1 8 Historia, c. 6v.

19Cfr. Historia, c. 13r-v; HFS, pp. 62, 96, 195. 20« . .. desideriamo che ne debiate dar diligente informatione di quello che vi ha detto e

ragionato, in che modo è morto, et se l'ha havuto i sacramenti ecclesiastici, et dopo l'abiuratione vissuto, perché l' intention nostra et de Ili Clarissimi Deputati è che se l u i h avesse detto over ratto cosa che non fosse da cristiano de far quelle dimostrationi che il S ignor Dio ne insegnerà per augumento della fede cristiana, a esempio de ognuno che tenesse nuda opinione .. . » (ASV, Smu 'Ujji'zio. Processi. B. 6, processo Spiera-Facio. lettera al S ig. Arciprete di Cittadella, Venezia, 3 gennaio 1549: Com ba 1872, p. 133).

21 ASV, Sant'UJjizio, Processi, B. 6, testimonianze scritte eli pre' Francesco degli Ambrosi e di pre' Zuane Ancilloto, Cittadella, 9 gennaio 1549: Comba (1872), doc. 27, pp. 1 34-136. La testimonianza di pre' Anci lloto è molto più dettagliata: questi precisa in una postil la di aver l'orni lo

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'l 12 D . Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

loto gli propone la sacra unzione «cum il capo abnueva, mostrando non la voler, et così non contentarlo, non li fu data . . . » 2 1 •

IL CASO SPIERA: INTERPRETAZIONI

A prima vista, la vicenda di Francesco Spiera non sembra particolarmente eccezionale. Non fu certamente l ' unico eretico nella storia di Cittadella a comparire davanti al Tribunale dell ' Inquisizione. Pochi anni prima era stato condannato Pietro Speciale22, amico di Sfiera, e nel1562 fu condan­nato e giustiziato il frate Bartolomeo Fonzio2 che aveva trascorso i suoi ultimi anni di libertà in quella città. Come tanti altri Spiera scelse di abiurare per evitare una pena maggiore; ma ciò che rese il suo caso singolare, consacrandolo alla storia, fu la sua esperienza successiva: lo stato di prostrazione in cui cadde subito dopo la seconda abiura ed il fatto che i testimoni della sua agonia, personaggi noti del mondo universitario patavino, divulgarono resoconti estremamente dettagliati del caso dando ad esso una rilevanza intemazionale24•

Le testimonianze oculari e le prime interpretazioni

Come si presentava lo Spiera agli occhi dei primi testimoni oculari? Le loro descrizioni mettono in risalto uno stato di deperimento fisico - an(;he per il fatto che non mangiava né dormiva25 - e fanno pensare ad un uomo gravemente ammalato e vicino alla morte. Ma qual era la precisa natura della malattia che lo affliggeva? Anche i luminari della medicina chiamati a visitarlo ebbero difficoltà a formulare una chiara diagnosi ipotizzando una condizione vagamente psicosomatica26:

le informazioni perché l 'Arciprete di Cittadella gliela aveva imposto «per haver habuto lettere dal R .mo Auditor del Rever."'0 Monsignor Legato . . . » (Ibid.).

22Generalmente conosciuto come Pietro Cittadella. 23Cfr. G. De Leva, op. cit, pp. 50-98; E. Zille, op. cit., pp. 14 1 -22 1 . 24

Vergerio i n particolare, a più riprese, mette i n rilievo sia il numero che la qualità dei visitatori (Hisroria cc. 9v, 1 6r-v, 19r; HFS, p. 2 1 ) . Cfr. le deposizioni di Bernardino Scardeone e di Giacopo Nardini, 5 -6 gennaio 1549 (ASV, Sant' Uffizio, Processi, B. 3; Ferrai , Processo, pp. 39-43 ) .

25 <<lacet in lecto, totus aridus & confectus: corpus suis functionibus non utitur: nullum prorsus potest cibum capere, sed (ut antea scripsi) vi, aut ovum, aut iusculum infunditur. Non excernit alvus: non somnum capi t ipse. In su m ma, nihil ilio infelicius, in rerum natura aut videri, aut cogitari posse, existimo» ( Vergerio) HFS, p. 42. Cfr. pp. 20, 57.

26<<Tres periti Medici, di eius aegritudine inter se contulerunt . . . qui nullam aliam rationem

invenire potuerunt . . . » (Vergerio) HFS, p. 2 1 .

Studi di teologia X ( 1998) 7-56 13

. . . è verosimile che la mente di questo uomo, troppo vivamente e profondamente conscia di quanto gli era successo, abbia cagi?nat� con l ' impetuosità e la potenza del pensiero un perturbamento d1 tutti i suoi sensi, in modo da irritare gli umori maligni che abbondano nel corpo umano. A causa di siffatta irritazione, un certo alito o vapore sarebbe salito alle sedi della fantasia e della ragione, e avrebbe fatto velo al suo giudizio. Il rimedio insieme più utile e comodo, per ora, sarebbe di purgarlo con emollienti . . . 27 • Ma il malato respinge decisa­mente la cura proposta: «Meschini, quanto siete in errore! Pensate forse che questo male sia tale da essere sconfitto da medicine o mezzi umani? Credetemi, il rimedio è da cercare altrove . . . per questo tipo [di malattia] il medico è Cristo; l ' antidoto, la parola del Vangelo»28•

Una seconda ipotesi condivisa da alcuni testimoni era che fosse affetto da una qualche forma di pazzia. Come racconta Vergerio nella Historia: «Si è poi cercato e ragionato se questo fosse forse un umor malinconico, il quale possa naturalmente venire per qualche immagina­zione fissa . . . »29• Ma non tutti furono convinti. Gelous racconta di un nipote che, dopo aver rimproverato aspramente Spiera per il fatto di rifiutare il cibo fingendosi pazzo, si sente rispondere: «Sei padrone di interpretar la cosa come meglio t ' aggrada; ma, se vuoi credermi, sappi che, in questa tragedia, non sono tanto un attore, bensì la materi� _

e l ' argomento. Volesse Iddio che, simulata o no, questa fosse, come tu d�c1, una pazzia!»30• Se certi suoi atteggiamenti facevano pensare alla pazzia ­il rifiuto del cibo e il desiderio della morte- in altri momenti non sembrava affatto pazzo. Era capace di prendere parte alle discussioni tra gli astanti

27 « . . . verisimile tamen esse, hominis mentem, n imis alta & gravi facti sui cognitione, ita omnes sensus, vi & magnitudine cognitationis perturbasse; ut humores etiam noxios, quorum in humanis corporibus magna copia esset, commoverit: ex qua quidem concitationem, quasi spiritus quidam & fumi, ad phantasiae et rationis sedes redundarent, qui bus judiciwn obrueretur, nihique in praesentia melius, aut commodius sibi videri; guam ut intestina, pharmac1s qu1busdam nullonbus lenirentur .. . » (Scotus) HFS, p. 1 3 1 .

28 <<0 miseri, in quanto errore versamini! Putatisne, h une morbum eiusmodi esse: qui phar­macis, aut ope h umana superari possit? Credi te mihi, aliunde petenda est medicina . . . in hoc genere medicus Christus est; vox Evangeli i, antidotum» (Gelous) HFS, p. 168.

29 Historia, c. li v. 30

«Tibi licet rem interpretari quamcunque in partem velis. Ego certum habeo, s i quam mihi fidem tribuis: me huius tragoediae non tantum repraesentatorem esse scenicum, ... sed etiam materiam atque argumentum. Utinam haec phrenesis esset, si ve assimulata, sive vera!» (Gelous), HFS, pp. 187- 1 88 . Cfr. Historia, c. 1 2 r-v.

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14 D . Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera» .

prov?�ate dalla sua condizione; essi rimanevano colpiti dalla forza e dalla gravit

_a del suo parlare, e nell ' esortarli ad una vita cristiana più coerente,

appariva estremamente saggio3 1 :

Non conobbi giammai avvocato tanto esperto nell' arte sua da avere c?s� fel�cemente pronti alla mente tutti gli argomenti della difesa. Non Sl �msciva a proporre o addurre ragioni, per quanto si voglia appro­pnate e� op�ortune al bisogno, ch' egli non sapesse confutarle, elu­derle, sc10g

_herle, con ogni prontezza ed intelligenza. Sovente pensa­

vo dentro d1 me che, prima di cadere infermo, non fosse mai stato così perspi�ace nel disc�rnimento delle dottrine né si appieno eserditato nell� d�spute teolo�I

,che. Certo era in grado di genetrare nei contrasti

dell amma molto pm profondamente di prima 2•

. Se si s.cartava l_' ipotesi �ella pazzia, rimaneva quella che Spiera fosse m q�alche modo n�demom�to. Vergerio parla del la possibilità di «un fas

_cmament� del Diavolo, Il quale abbia persuaso a questa anima che

Cnsto la abbia abbandonata della sua grazia» 33 . Un visitatore, il sacerdote Bernardo Scardeone34, «aveva portato il çosiddetto libro degli esorcismi per esorci�zarlo ne� caso �osse affetto da qualche demone. Ma egli, scuotendo Il capo, diceva d1 essere convinto di essere stato abbandonato ?a Di? �n potestà dei derr

_wni poiché li sentiva realmente intorno a sé. E,

m venta, non erano quelli che possono essere scacciati con la recita delle litanie o di tre salmi»35 . E' Spiera stesso ad affermare di essere indemo-

3\H" . o .

. . _tstona,

_ cc. l r-v, 1 4r. <<Incredibile est profecto ( id quod tu m a multis dicebatur) quanta

fult homtms m1sen m d1cendo vehementia & gravitas» (Scotus) HFS, p. 1 48 . Cfr. Yergerio: << ... haec dtcete, �fn quast furens stt, & msamens; sed magna cum gravitate, atque constantia» (HFS, p. 56).

. . <<Nullum vtdt causarum patronum, tam artis suae peri tu m; cui omnes loci defensionis tanta

fehc!!ate succurrerent. Nihil potuit adeo apte proponi, nihil tam accommodate ad ferri: quod non ili e, vel refelleret arguttsstme, vel eluderet c

_allidissime, vel dissolvere! promptissime. Saepe intra

metpsum cogttavt: eu m nequaquam fUJsse tta perspicacem, in iudicio dogmatum; ita porro exercita­tum m dtsputattombus theologtcts, cum sanus esset. Credo equide m illum in certami ne animae longe plus vtd

3�re; guam antea v1dent» (Gelous) HFS, p. 1 91 .

Historia, cc. Il v- 1 2r. 34C

. d" o· N · · ugmo t tacopo ardm1 (ASY, Sant ' Ujfizio, Processi, B. 3, deposizione di Bernardino

Scarde��e, 5 gennaio 1 549; Ferrai, Processo, p. 40).

. . «ls hbrum attulerat Exorctsm�rum, ut vocant, ut eum, tanquam daemone aliquo affectum,

adturaret. Sed tpse, caput concuttens, dtcebat: si bi quidem persuasum esse, se a Deo in daemonum potestate� permtssum, quos etiam revera circum se sentire!: verum eos daemonas, non esse ex i is , qut htanns recttatts, aut tnbus psalmts expelh possent» (Vergerio) HFS, pp. 50-51 .

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 15

niato, giustificando in questo modo il fatto di essersi messo a ruggire come

un leone durante la lettura del Vangelo; è da notare comunque che egli

considera la presenza dei demoni non tanto la causa della sua disperazio­

ne, quanto il segno di essere stato abbandonato da Dio, la prova del suo

status di reprobo36•

Interpretazioni teologiche

Quando un certo De Negri, studente a Padova, fu inteiTogato riguardo ai

suoi contatti con Vergerio, riportò quanto aveva saputo dallo stesso su

Spiera: « . . . detto vescovo disse che uno Francesco da Cittadella era stato

fatto abiurare de heresia, et si come haveva detto cum la bocha cose et

haveva promesso con il core, per il che li era venuto una infermitade

grande» . Secondo questa testimonianza, Vergerio era del parere che

«bisogneria far congregare una quantità di theologhi per far cognoscir la

infirmità de costui . . . ; el voleva inferire che costui era infirmato per haver

rinegato Cristo»37 . Non fu facile dare una spiegazione fisiologica o

psicologica convincente per l a condizione di Spiera e la maggior parte dei

suoi co"nsolatori giunse alla conclusione che doveva trattarsi in primo

luogo di una malattia dell ' anima. Tuttavia, non tutti erano concordi su

come interpretare teologicamente la sua disperazione. L' unico a non a vere

dubbi era Spiera stesso che si considerava dannato per aver negato «Cristo

e la conosciuta verità» . Gelous racconta come si fece di tutto per incorag­

giarlo a sperare di Dio, ma, sebbene non mancassero segni di una profonda

disperazione, si rifiuta di pronunciarsi sul suo destino finale dichiarando

la propria ignoranza riguardo alle circostanze precise della morte3x.

36,,Recte dicis, inquit, me a daemone possideri: atque hoc signum est, quo me ex repudiatis

a Deo esse scio, quoniam me Deus in Satanae potestatem dereliquit>> (Vergerio) HFS, p. 27; cfr. p.

41. 37

ASV, Sant'U.ffizio, Processi, B . 3, deposizione del 17 dicembre 1 548; Ferrai, Processo.

doc. IX]fP· 1 61-162.. . . . . . . .. . .

· <<An vero htc Franctscus Sptera de statu tusttttae decedtsset, an hdem excusstsset, an

amisisset dona Spiritus S., an esse! reiectus a Deo; etsi apparebant magna signa desperationis,tamen

nobis temere pronunciandum non est. ... Nec fui t propterea ponendum studium consolandi: non debuit •

in nobis languescere diligentia cohortandi, confinnandi, excitandi illum in spem. Certe mors

confi nnare videtur, illum de justitiae gradu corruisse: si verum est, quod plerique dicut, illum

mortuum esse in contumacia, & in ilio odio Dei amarissimo. Sed modum martis certe cognosccre

non potu i » (Gelous) HFS, p. 1 95.

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1 6 D . Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

Dai vari resoconti, Vergerio emerge come il principale consolatore di Spiera con argomentazioni a volte piuttosto erasmiane sull' immensità della misericordia di Dio39• Tuttavia, nella sua lettera «a Fra Zenobio», Vergerio espone le proprie perplessità sul caso ricorrendo ad un artificio letterario; racconta infatti la vicenda di un mercante che rinnega la fede per non perdere la vita tra i Turchi a Costantinopoli. In particolare, chiede al «teologo del Cardinal di Mantoa» di esprimere il proprio parere su quattro testi biblici che gli «fan dubitare di colui che ha negato, se esso potrà più tornare ad una vera penitenza che sia vera e riavere la grazia del Signore e la propiziazione di Gesù Cristo da lui rifiutata», giungendo infine alla conclusione che «chi ha la cognizione della verità e pecca, negando Gesù Cristo per mediatore, no! può più aver per mediatore»40• Pur essendo arrivato a questa posizione attraverso la lettura dei testi citati, Vergerio sembra esitare di fronte alla conclusione logica, che, cioè, i l peccato del rinnegamento è il peccato contro lo Spirito Santo con cui il peccatore si autoesclude dal numero degli eletti.

Tra gli altri scrittori che, pur non avendo assistito all ' agonia di Spiera, si sentirono autorizzati ad analizzare il caso, il più deciso fu certamente Calvino. Nella sua prefazione al contributo di Enrico Scoto alla raccolta di testimonianze curata da Celio Secondo Curione, Calvino ostenta gran­de sicurezza nell ' offrire un'analisi teologica della vicenda che considera un esempio del giudizio di Dio a cui sarebbe grave non prestare attenzio­ne. Spiera viene chiaramente etichettato come reprobo: «Quest'uomo leggero, a quanto pare, e ostentatamente ambizioso, s'era messo a filoso­fare da profano nella scuola di Cristo». Aveva poi dissimulato e «siccome i malvagi non cessano mai di peccare, è caduto in molteplici trappole, si è avvolto con i molti lacci della disperazione finché, come le !belve

39Historia, c. l9r: <<Abbiam detto che la misericordia di Dio è infinitissimamente maggiore, che non sono tutti i nostri peccati e che esso vuole che tutti si salvino». Cfr. i discorsi di Vergerio riportati da Nardini nella suà deposizione (ASV, Sant 'Uffizio, Processi, B . 3; Ferrai, Processo, pp. 40-43).

40Historia cc. 30v, 3 2r. Secondo A. Jacobson Schutte, «Ii conflitto percepito fra l'immensità della misericordia di Dio, la certezza d eli' elezione e l'impeccabilità dei redenti (la tesi che non potessero peccare o che se lo avessero fatto, sarebbero stati giustificati) da un lato ed i brani citati da Spiera dall'altro fa intuire la difficoltà di conciliare la 'dolce' tesi benedettina o 'pelagiana' della salvezza con la più severa tesi 'augustiniana'>>. (A. Jacobson Schutte, Pier Paolo Vergerio: the Making o f an Italian Reformer, Travaux d'Humanisme et Renaissance, 1 94, Genève, 1 977; tr. it. Pier Paolo Vergerio e la Riforma a Venezia, 1498-1549, Roma, i l Veltro, l 988, p. 385 n. l 26).

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intrappolate lottano invano, si è strangolato da solo con i deliri della speculazione» 41 • In un altro scritto, Calvino considera Spiera un uomo piuttosto superficiale concludendo che se fosse stato veramente timorato di Dio avrebbe professato la sua fede fino alla morte42• Borrhaus, nel suo «giudizio» posto alla fine del volume curato da Curione, non è invece così categorico; parlando di «Scintille di fede che trasparivano nella stessa disperazione», non osa pronunciarsi sul destino finale di Spiera"3.

La tesi del giudizio divino a fine di avvertimento

Successivamente altri cercarono di dare alla vicenda una spiegazione teologica soddisfacente. Pietro Martire Vermigli, in un excursus sulla dottrina della predestinazione, afferma perentoriamente che «nessuno può trovare nella Scrittura evidenza sicura della propria dannazione». Se è vero che Dio a volte la rivela per mezzo di un giudizio segreto, «non è possibile farne una regola generale». A questo punto, quasi pe: fornire un esempio, prende in esame il caso di Spiera. Convinto che la d1speraz10ne di Spiera non potesse derivare dalla conoscenza della Scrittura, giunge alla conclusione che non era stato Dio a mettere l' idea della perdizione nella testa di Spiera, ma forse il Diavolo di cui era diventato schiavo per il fatto di aver rinunciato alla pietà e che lo aveva spinto in uno stato di

l d . . 44 comp eta 1speraz10ne .

41 <<Nam quum homo ventosus (ut appare!) et ambitiosae ostentationi deditus, profanum in

morem philosophari voluerit in Christi schola . . . [ . . . ] · . . . (sicuti al iud ex ali o peccare non cessant

reprobi) in multiplices foveas de lapsus est, ac multis se desperationis laqueis implicuit, donec deliris

speculationibus non secus ac belluae, dum plagis irretitae frustra luctantur, se 1psum m1ser strangu­

laret>>, (G. Calvino, Praefatio in /ibellum de Francisco Spiera, HFS, pp. 100-1 02; O. C.. IX, coli.

856-858). 42,,Qn peut voir et iuger que c'est homme là estoit fort plein ambition et outrecuidance. Or

pour se fair valoir il n'estoit que trop hardi: quand il est menacé, il renonce tout pour sauver sa v1e.

Ce pendent pourcouvrir sa honte il se iette en des speculations erronees, qu'il est predestiné à estre

damné. Si un homme affectant de se monstrer, fait pour quelque temps du grand zelateur, et pllls

quand ce vient au combat il se reti re et est vaincu: s'ensuite il qu'un ho m me craignant Di eu ne doyve

faire protestation de sa foy en simplicité iusqu'à la mort?>> (Réponse à un certa in Holandois, O. C.,

IX, col. 622). 43

,<Quod ad personam attinet: Spieram, cum mul tis piis homin ibus, libenter Dei i udicio

permisero: de signis in Praesentia, vel desperationis impiae; ve! de occultis igniculis fidei, in ipsa

desperatione subemicantibus, nihil pronunciaro>> ( Borrhaus) HFS, p. 242. 44Vanum autem est, quod aiunt, multos posse in suspicionem venire de reprobatione sua.

Nam ex sacris l i teris nemo potest argumenta efficacia coll igere reprobationis suae. Quod si Deus aliquando veli t eam secreto quodam iudicio revelare, id non potest tra h i ad communem regulam.

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Tra i contemporanei è impossibile trovare un inquadramento teologi­co univoco della vicenda di Spiera: la sua disperazione finale era da considerarsi un chiaro segno di non essere mai stato uno degli eletti, oppure, senza mettere in discussione la sua elezione, si trattava di un giudizio di Dio causato dalla sua abiura che lo aveva reso uno spettacolo di agonia spirituale e fisica come ammonizione agli altri? Se mancava un consenso sullo status finale di Spiera (salvato o dannato), è possibile notare un maggiore consenso sul fatto che la sua disperazione fu permessa da Dio come esempio, come avvertimento per gli altri. Su questo punto Vermigli è più sicuro: «Suppongo che questo sia avvenuto per incutere timore agli altri . . . . Per mezzo di una dispensazione singolare ed insolita, Dio ha voluto, tramite quest'uomo, allontanare con la paura altri da una simile malvagità e impietà». Ma aggiunge subito che «questo non accade solitamente, per quanto è possibile cogliere da altre esperienze personali . . . » 45. l

Quasi tutti quelli che sposarono questa tesi sottolinearono la singola­rità del fenomeno. Dal momento che non era facilmente inquadrabile da un punto di vista teologico, si trattava di un evento eccezionale voluto da Dio per l ' ammonizione di quanti erano tentati a seguire le orme di Spiera. Vergerio racconta la sua esperienza personale: «Infatti, ogni volta che andavo da lui, imparavo molte cose e più utili di quelle che s ' insegnano nelle nostre scuole», e non riusciva a capire perché gli altri studiosi non lasciassero tutte le loro lezioni per venire a vedere questo evento46. Ma,

Nostra quidem tempestate accidit, ut quidam in Italia Franciscus Spiera intime sentire! hoc malum si bi a Deo esse irrogatum. Sed id ego ad aliorum terrorem factum arbitrar. ls cum ab initio veritatem Evangelicam novisset, & non obscure professus esset, adductus Venetias ad legatum Pontificium eam publice abiuravi!. Perculsus deinde gravi vulnere conscientie, persuasi! sibi se peccasse in Spiri tu m sanctum. Qua ex re in stenti bus i i l i vel eximiis atque religiosis viris, qui adhortabantur ut de Christo ac illius morte bonam spem haberet. Di cere vero solebat haec recte quidem alliis proponi, at sibi nihil piane conducere, quod certo certius videret se peccasse in Spiritum sanctum: nullum damnationis remedium superesse, itaque in hac desperatione constitutus obiit. Voluit porro Deus in hoc homine, singulari quadam & inusitata dispensatione, alios absterrere ab huiusmodi scelere & impietate. Verumtamen istud neque frequenter evenit, ut ex historiis colligitur, & nullus poterit ex Sacris literis hanc desperationem cernere. Atque non Deus isti Spierae, sed fortasse diabolus hoc suggessit, cuius rnancipium erat abnegata pietate, quo in desperationern extrernam illum adigeret. (Loci Communes D. P erri Martyris Vermi/ii, Fiorentini . . . , Tiguri excudebat Christophorus Froscho­verus, Anno MD LXXX, Classis Tertia, Locus Primus: De Praedestinatione, cc. 238v-239r).

45/bid. 46«Nam quoties ad eum ventitabam, multum discebam; ac multo magis, & utilius, quam in

Studi di teologia X ( l 998) 7-56 1 9

oltre ad imparare a livello personale, quelli che conobbero Spiera e divulgarono l 'episodio erano convinti, come seri ve il Vergerio nella Historia, che la sua esperienza rappresentasse un esempio concreto del giudizio di Dio sui rinnegatori: «Alcuni altri tenevano (e di questa opinione son io) che questo sia un giudicio di Dio, che a questi tempi , ne' quali molto voglion far il cristiano in parole e non sono in fatti , mette questo spettacolo davanti gli occhi nostri e il fa portar di terra in terra, acciò che sia ben veduto e considerato e si sappia certo che esso castiga i rinnegatori»47 . Per Curione si tratta di uno spettacolo voluto da Dio «al· fine di ammonire, con la sventura di un solo uomo, tutti i mortali a non farsi mai gioco di lui . . . ». Allo stesso tempo l 'esempio di Spiera sarebbe servito ad indune i fedeli a rimanere saldi nella fede, «cosicché, anche se trascinati davanti ai tribunali dei Farisei, non defezionino per nessuna ragione dal culto sincero di Cristo»48• Sia Calvino che Curione insistono nel sottolineare il valore di questo s ingolare giL1dizio di Dio che dovrebbe fare riflettere tutti. D'altronde i discorsi dello stesso Spiera, riportati dai suoi consolatori, sono pieni di interpretazioni della sua condizione in chiave monitoria. Parlando delle sofferenze dei reprobi che vivono le stesse pene dei dannati e, pur invidiando gli eletti, non possono tornare indietro, Spiera afferma: «Dio vi ha mostrato in me una tale cosa, prima che io me ne vada colà [= all ' inferno], affinché io sia d'esempio per voi» 49. Per comprendere il perché di quest' anal isi è necessario collocare il caso Spiera nel suo contesto storico e soprattutto comprendere l ' importanza che assunse nel dibattito sul nicodemismo.

IL CASO SPIERA E IL DIBATTITO SUL NICODEMISMO

La vicenda di Spiera avvenne in un momento molto delicato per le fortune della Riforma in Italia. La sua ricerca religiosa, come quella di molti suoi

scholis nostris>>. <<Reliqui studiosi mihi stupere, & a mente alieni videntur; qui ornnes lectiones non intermittant, ut hoc spectaculurn spectatum veniant» (Vergerio) H FS, pp. 53, 36.

47 Historiu, c. l 2r. Cfr. Il catalogo de libri, c. [ E6]r·v.

48,, .. . ut in unius hominis calamitale cunctos rnonales seme] admonerel, se nequaquam pro ludo habere . . . [ . . . ] Quod cum ita esset: veritus Satan, ne hoc tam illustri, raro el horribili exemplo, plerique territi, et adrnoniti, constantiarn tu m fidei, lurn innocentiae reti nere t, mordicusque servarent; ita ut etiam, si ad Pharisaeorum tribunalia traherentur. nulla ratione a sincero Christi cui tu descisce­rent» (Curione) HFS, pp. 2, 3-4.

49<<Deus in me vobis rem talem ostendit, antequarn eu descendam, ut sim vobis exemplo» (HFS, p. 36; cfr. pp. 30-3 l , 55).

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contemporanei, fu molto complessa comprendendo interrogativi perso­nali, fattori locali, stimoli provenienti dalla lettura di libri protestanti e da idee circolanti a quel tempo sull ' elezione, la fede e la salvezza. L'enfasi sulla salvezza non per opere ma unicamente per i meriti di Cristo portava alcuni a . distanziarsi dalla vita sacramentale della Chiesa, ma non a rifiutarla completamente. Molti speravano che per mezzo di un concilio ecumenico sarebbe stato possibile ricomporre i dissidi e riconoscere come dottrina ufficiale della Chiesa le sottolineature del protestantesimo, tutta­via dopo il fallimento del colloquio di Ratisbona ( 154 1 ) e l ' istaurazione del l ' Inquisizione romana ( 1 542), queste speranze iniziarono a venire meno. In questi anni ebbe inizio un profondo cambiamento nel clima politico-religioso che si respirava in Italia. Mentre alcuni avvertivano questo mutamento (entro il settembre 1 542 sia Vermigli che Ochino sarebbero fuggiti all 'estero), altri non si resero conto che ormai le regole del gioco erano cambiate. In uno scenario che diventava sempre meno tollerante, gli eterodossi dovevano scegliere tra opzioni poco allettanti. Secondo il racconto di Vergerio, Spiera aveva ben presente quali fossero le possibilità davanti a lui : la confessione sincera, « . . . qualche volta esso pensava di voler dire apertamente la sua opinione e non l' asconder niente . . . »; la fuga, « . . . e qualche volta pensava di non si voler mettere a questo pericolo, ma di andar più presto fuor del paese e lasciar patria, roba e figliuoli» ; la dissimulazione, «Ed infine, dopo lunga battaglia, si risolse di voler dissimular e tener salda la sua opinione nel cuore in secreto, e con la bocca dire un'altra cosa in tutto e per tutto come avesse voluto il legato. E così fece» 5°.

Il dibattito sulla dissimulazione e sulla liceità della fuga

Spiera morì alla fine del 1 548 . L'anno seguente fu pubblicata la versione latina di una serie di scritti di Calvino sul tema del nicodemismo51 che comprendeva l' Excuse à Messieurs les Nicodémites ( 1 544) in cui il

l

50Historia, c. 5v 51 Una definizione recente del nicodemismo lo considera come una tendenza a non <<trarre

tutte le debite conseguenze sul piano dottrinale ed ecclesiologico della fiducia nell ' esclusivo valore salvifico della grazia . . . >> (M. Firpo, Riforma protestante ed eresia nell'Italia del Cinquecento, Bari, Laterza, 1 993, p. 1 3 1 ). E' da notare che l 'uso del termine nella storiografia contemporanea differisce alquanto dal suo significato originale. Mentre Canti mori lo usava per tutti quel l i che rivendicavano

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 2 1

termine veniva usato per la prima volta52• La pubblicazione d i questo testo (tradotto in italiano e pubblicato a Ginevra nel 1 553)53 alimentò notevol­mente il dibattito intorno alla dissimulazione, la fuga ed il martirio, che assumevano un' importanza sempre crescente anche a causa dell' evolu­zione del contesto politico-religioso in Italia. Sempre nel 1 549 uscì l' Esortatione alli dispersi per Italia di Giulio Della Rovere di cui uscirà una seconda edizione nel 1 552 con un significativo cambiamento di titolo: Esortatione al martirio. Si tratta di una forte polemica contro la tentazione nicodemitica. Già nella prima edizione si trova un diretto riferimento a Spiera: «Specchiatevi nel severo giudicio di quello rinegatore di Padova morto disperato»54• L'autore non consiglia la fuga ma ammette che «è più tollerabile de la rinegatione, benché la non sia lodevole ne ' l cospetto di Dio, né de la Chiesa . . . . pertanto io dico che la Chiesa deve tol lerare la fuga, compassionarla et consolar gli afflitti per non dare loro occasione di rinegare. Ma non per questo la fuga è di precetto come dice Atanasio, né meno è un'opera lodevole, come la maggior parte dei nostri si persuade et crede» 55• Ai pastori o ministri la fuga non è permessa a costo del martirio per lo scandalo che porterebbe presso i deboli. E' chiaro che per Della Rovere la scelta migliore è quella di «testimoniare ed affrontare il marti­rio, come dimostra il caso del martire Fanino» a cui è dedicato il terzo

i l diritto di dissimulare, Calvino, che lo coniò, se ne serviva per descrivere soltanto i criptoriformati << . . . gente ... che non traduce all 'esterno il suo interno affrancamento dalle cerimonie papistiche e partecipa al culto cattolico». Per Calvino si tratta <<del simulatore injlrmus . . . visto come colui che dopo aver conquistato nella sua interiorità una posizione evangelica rischia, per timidezza, sensualità, leggerezza, di redire ad vomitum del papismo» (A. Biondi, La giustificazione della simulazione nel Cinquecento, in Eresia e riforma nell'Italia del Cinquecento, Mise. l , Firenze - Chicago, Sansoni-Newbe'J.{ Lib�ary, _1 974, pp .

. 56-57). . . .

De vztandzs superstuwmbus, Genevae, 1 549. Per d pnmo uso del termtne vedere: O.C., VI, coli. 596sgg.

53Nel 1 550 era già pronta una prima traduzione italiana, che però non vide mai la luce (U. Rozzo, L' «Esortazione al marririo» di Giulio da Milano, in A. Pastore, (a cura di) Riforma e società

nei Grigioni, Valtellina e Va/chiavenna tra '500 e '600, M ilano, Franco Angeli, 1 99 1 , pp. 63-88, cfr. pp. 83-86). Una traduzione meno completa fu pubblicata a Basilea nel 1 55 1 . Sulle traduzioni italiane di De vitandis superstitionibus vedere: R . Peter - J-F. Gi lmont, Bibliotheca Calviniana. Les oeu vres

de Jean Calvin publiées au XVI' siècle, Genève, Droz, 1 99 1 , I, pp. 375-377, 424-426, 474-476. 54Esortatione alli dispersi per Italia, 1 549, c . B 2v, citato in U. Rozzo, L '«Esorrazione al

martirio» . . . , art. ci t., p. 69. 55Esortatione al martirio, 1 552, pp. 8 1 , 82-83, citato in U. Rozzo, L' «Esorwzione al

martirio» ... , art. cit. , p. 77.

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,i i l l

22 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e i l «Caso Spiera»

scritto dell ' Esortationi6 Il racconto del martirio di Panino Panini da Faenza ( 1 550) sembra quasi offerto per controbilanciare l ' esempio nega-tivo di Spiera. ·

Quando la traduzione italiana del De Vitandis Superstitionibus uscì nel 1 553 , l'anonimo traduttore aggiunse una prefazione in cui esprimeva la propria opinione. Pur concordando con Della Rovere sulla reale situa­zione delle chiese protestanti italiane, sostiene che l ' unica opzione pos­sibile è la fuga, intesa come trasferimento in un paese dove si è liberi di praticare la fede, evitando così il rischio costante della dissimulazione e peggio ancora, del l 'abiura. Entra invece in polemica con Della Rover� sulla questione del l 'esortazione al martirio: «Così l ' esortare i Christiani al martirio, come a cosa più degna e senza comparatione più eccellente per illustrar la gloria di Dio, è cosa ben fatta, ma dannare intanto la fuga per cosa mala e biasimevole, essendo ella sì necessaria a coloro che non sono atti a star forti e costanti al martirio, è cosa in verità troppo strana e fuor di ragione» 57

• E' possibile che il riferimento ad un anonimo pastore non in grado di «Stare fermo» davanti alla persecuzione sia un accenno proprio a Della Rovere, il quale «incarcerato e processato dal nunzio Andreasi , il 1 5 gennaio 1 542 fu costretto ad una pubblica abiura; condan­nato ad un anno di carcere, poté uscirne, dopo che aveva già scontato la pena, solo con la fuga verso la metà del febbraio 1 543»58.

Il contributo principale di Vergerio al dibattito si trova in una delle opere pubblicate poco dopo la sua partenza dali ' Italia: i Dodici trattate !li. Si tratta di uno scritto molto personale, quasi un tentativo di giustificare

56Ibid. 57 De/fuggir le superstitioni che ripugnano a la vera e sincera confession de /a fede. Opera

utilissima per questi tempi, ne la quale si contiene: Il modo di go ve marsi tra gl'infedeli e idolatri. Segue poi un 'Escusatione de l 'Autore a i Nicodemiti, che si dogliono de la sua troppa rigidezza. E più, un suo Consiglio, e due Epistole à due suoi amici sopra le medesime materie. Composte già da M. Gio. Ca/. in lingua latina e tradotte nuovamente ne la volgare Italiana. Sono poi aggiunti quattro Sermoni del medesimo autore, ultimamente mandati in luce in lingua Francese, e di quella tradotti ne l 'Italiana, s. l. 1 553, p. lX.

58 0p. cit., pp. l 0- 1 1 . Cfr. U. Rozzo, L ' «Esortazione al martirio» . . . cit. p. 87; Id., Sugli scritti di Giulio da Milano, <<Bollettino del la Società di studi valdesi», n. 1 34 ( 1 973), pp. 7 1 , 84. Per altri punti di vista sulla questione vedere: D. Cantimori, Spigolatura per la storia del nicodemismo italiano, in Ginevra e L 'Italia, Firenze, Sansoni, 1 959, pp. 1 89- 1 90; Id., Prospettive di swria ereticale italiana del Cinquecento, Bari, Laterza, 1 960, p. 5 1 ; A. Rotondò, Atteggiamenti della vita morale italiana del Cinquecento: La pratica nicodemitica, «Rivista storica italiana», LXXIX ( 1 967), pp. 99 l - l 030; cfr. p. l 022, n . l 06.

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 23

la decisione di lasciare l ' Italia, che si fonda sull ' esempio norma ti v o di Cristo e degli apostoli lasciando da parte le argomentazioni squisitamente teologiche usate nel dibattito. I due trattatelli che in particolare affrontano la questione sono il quarto ed il quinto, intitolati: «Che Gesù Cristo fuggiva e si nascondeva da' Farisei» e «Che gli Apostoli medesimamente solevano fuggire e andare a predicare in altre terre quando sentivano le persecuzioni»59. Additando alcuni episodi riportati nel Vangelo di Gio­vanni, Vergerio fa notare che in diverse occasioni Gesù era «fuggito» dai suoi persecutori o da quelli che volevano farlo re per poter continuare la sua missione. Nell ' altro scritto, in base ad una lettura degli Atti degli Apostoli, Vergerio sostiene che gli apostoli , in ubbidienza al comanda­mento di Cristo: «Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra» (Matteo 1 0,23), erano soliti fuggire dai luoghi di persecuzione per portare la B uona Novella altrove e giunge così alla conclusione che «ci dobbiamo partire ancora noi» rifiutando i falsi consigli offerti dai «sa vii del mondo e certi tiepidi» 60• In questa appassionata apologia della fuga in tempo di persecuzione, Vergerio adduce anche la propria espe­rienza schierandosi decisamente contro chi esorta al martirio: «E Dio è quello che insegna, che gli eletti suoi scampino i pericoli (come ha insegnato a me) fino che per speciale rivelazione non vengano a conoscer che sia venuta la loro ora» 6 1

• La pubblicazione dei vari resoconti della morte disperata di Spiera

avvenne in questo contesto e la sua larga ed immediata diffusione non trova una spiegazione adeguata se non nella sua importanza in relazione al dibattito intorno al nicodemismo e alla liceità della fuga. E' chiaro che

59P.P.Vergerio, Dodici trattate/li di M. Pietro Pau/o Vergerio Vescovo di Capodi.l'tria,}illti poco avanti il suo partire d'Italia, [Base l, Giacomo Parco] l 550, cc. F8v-l5v; editi anche da Emilio Comba, Trattate/li di P.P. Vergerio, B ibl ioteca della Riforma italiana, l - l i , Roma e Firenze, Claudiana, 1 883. Antologia di brani tratti dai Dodici trattate/li in C. Primavera, Da vescovo cattolico a vesco�g di Cristo. La vicenda di Pier Paolo Vergerio, <<Lux bibl ica>>, Vlll ( 1 997), pp. 1 - 1 27.

Dodici trattate/Li, cc. 14v, l5r-v. 6 1 Dodici trattate/li, c. H3v. Anche Pietro Martire Vermigli pubblicò diversi scritti sul tema

della fuga, distinguendosi per la sua moderazione: « . . . se gli interventi di Calvino, secondo il suo carattere , furono carichi di sarcasmo, la perorazione del Vermigli fu sempre alimentata, secondo il suo stesso detto, di pietate et charitate>>. Lungi dal l 'esaltare i l martirio cruento, Vermigli vede nella fuga <<Un atto di fede, un rimettersi completamente nelle mani di Dio, nella guida dello Spirito SantO» (L. Santini, La tesi de/La}i1ga nella persecuzione nella teologia di P. M. Vermigli, «Bollettino della Società di studi valdesi>> , n . l 08 ( 1 960), pp. 39, 43 e 46).

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24 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso $piera»

in molti casi questi scritti ebbero come motivazione l ' avvertimento contro il pericolo della dissimulazione, ma i commenti sul significato della sua disperazione non sono tutti concordi, come risulta dall' analisi dei vari contributi contenuti nella raccolta di Curione. Anche se Calvino ritiene che tante nazioni abbiano qualcosa da imparare dalla vicenda, è tuttavia del parere che ne abbiano principalmente bisogno gli italiani: «Imparino dal suo esempio gl' italiani, così avvezzi a farsi giuoco di Dio, quale grave castigo egli faccia scontare ai suoi derisori . . . non ch' io pensi che l 'esem­pio dello Spiera sia destinato esclusivamente ad essi, ma in effetti Dio ha fatto avvenire dinanzi agli occhi loro questo spettacolo perché, a scuoterli, occorrono tragici avvenimenti di questo genere» 62

. La sua prefazione contiene altri riferimenti poco lusinghieri per gli italiani, ma l 'enfasi principale è sulla necessità d ' imparare dai giudizi di Dio, di cogliere il loro significato di avvertimento. Nello stesso volume troviamo pareri meno drastici e, per certi aspetti, contrapposti a quello di Calvino. Anche Curione è d ' accordo sulla necessità di prestare attenzione ai giudizi di Dio; precisa tuttavia che «non solo in Italia c 'è Satana, non solo in Italia c ' è l 'Anticristo, non solo in Italia c ' è l ' autore di ogni scelleratezza, empietà e male, il Papato; ma non bisogna dubitare che dovunque ci sono gli uomini impastati della stessa argilla e dello stesso fango, ispirati dallo stesso veleno, trascinati dagli stessi desideri, lì ci siano Satana, l ' Anticri­sto ed il Papato» 63

• La sua insistenza sul significato universale dell 'agonia di Spiera costituisce, almeno in parte, una polemica contro chi vuole localizzare il male della dissimulazione soprattutto in Italia. La posizione personale di Curione riguardo al nicodemismo è stata oggetto di un certo dibattito - come pure la sua precisa collocazione confessionale '4• In un

62<<Hinc discant l tali , qui bus nimium fami l iare est cum Deo ludere, quam seriam a maiestatis suae i l lusori bus ultionem reposcat [ . . . ] non quia ad eos solos pertineat exemplum, sed quia mirabili Dei providentia hoc spectaculum eorum oculis propius fuerit admotum: quia nisi tragico motu expergefieri nequeunt» (G. Calvino, Praefatio in libellum de Francisco Spiera, HFS, pp. 99- 1 00; O. C., IX, col . 856).

6\<Nam non in sola Italia est Satana; non in sola Italia est Antichristus; non in sola Italia est omnium scelerum, omnjs impietatis & malorum auctor, Papatus, sed ubicumque sunt homines, quoniam ex eadem argi l la & Iuta facti, & eodem afflati veneno, iisdem cupiditatibus ducuntur. !bi Satanam, ibi Antichristum, i bi Papatum esse, dubitari non debet>> (Curione) HFS, p. 3.

64Ginzburg vede in Curione un sostenitore della liceità della simulazione, mentre Biondi lo presenta come antinicodemita (C. Ginzburg, Il nicodemismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell'Europa del '500, Torino, EinaÙdi, 1 970, pp. 1 89- 1 90; A. Biondi, La giustificazione della simulazione, art ci t., p. 38). Sulle posizioni di Curioni vedere anche A. Biondi, art. Celio Secondo

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 25

recente articolo che analizza in particolare le Quatro lettere christiane ( 1 552) , Mario Turchetti mette in rilievo che, sebbene Curione non esiti a condannare la dissimulazione, mostra altresì una grande comprensione verso quelli che «hanno si pocca fede e cognition di Dio, che non ardiscono palesemente dispregiar queste impietà ed abusi» prospettando la possibilità di un graduale ravvedimento e crescita nella fede per diventare «finalmente huomini perfetti come debbono essere, e discepoli di Christo». In altre parole, la pratica nicodemitica può essere tollerata soltanto se deriva da una mancanza di conoscenza e rappresenta una fase passeggera 65

Gli interventi di Gribaldi e di Borrhaus non rivelano molto riguardo al loro atteggiamento verso il nicodemismo. Tuttavia, sulla base del contributo, piuttosto sfuggente, di Borrhaus al l ' edizione francese del Proscaerus6 di Musculus, Ginzburg sostiene che egli fosse «prob­abilmente incline . . . al nicodemismo», e la vicenda successiva di Gribaldi , con le accuse di opinioni antitrinitarie, fanno pensare che la sua posizione, già nel 1550, si discostasse alquanto da quella di Calvino67•

Altre reazioni contemporanee

Il caso Spiera divenne ben presto un fatto pubblico, attirando analisi e commenti da varie parti d'Europa. Non tutti erano d' accordo sul fatto che •

la triste vicenda di Spiera rappresentasse un'ammonizione divina contro i l peccato della dissimulazione. Per alcuni si trattava di un episodio che metteva invece in risalto le pericolose conseguenze pratiche della dottrina della predestinazione e questi non esitarono ad additare Spiera come

Curione in DB1, XXXI, pp. 443-449; A. Rotondò, Studi e ricerche di storia ereticale iraliww del Cinquecento, Torino, Giappichel l i , 1 974, pp. 59-60; S . Caponetto, Aonio Paleario e la Riforma protestante in Toscana, Torino, Claudiana, 1 979, pp. l 09- 1 1 O.

65C. S. Curione, Qua tro lettere christane, 1 552, pp. 47-48, citato in M. Turehetti, Nota sulla religiosircì di Celio Secondo Curione ( 1503- 1569) in relazione al <<Nicodemismo>>, in A. Prosperi e A. Biondi (a cura di) , op. ci t., pp. l 09- 1 1 5; cfr. p. 1 1 3.

66 Proscaerus, liceatne homini Clzrisriano, evangelica e doctrinae gnaro, papisricis supersri­tionibus ac.fàlsis cultibus externa societate communicare, dialogi quatuor, Eu(ychio Myone autore, Basi leae, 1 549. Cfr. l ' aceenno a quest'opera nel la Hisroria, c. 4r.

67C. Ginzburg, Il nicodemismo . . . , cit . , p. 1 88. Sulla vita di Gribaldi vedere: F. Ruffini, Il GiureconsulTO chierese M alleo Gribaldi Mofa e Calvino, in <<Rivista di Storia del dirillo italianO>>, l ( 1 928) fase. 2, pp. 205-269; fase. 3, pp. 4 1 8-432.

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vittima della dottrina protestante, una prova schiacciante della sua falsi­tà6s .

Il primo commento di questo tipo è contenuto n eU' Epistola di Giorgio Siculo pubblicata a Bologna nel 1 55069 che scrive contro «quelle mortifere & mendaci lettere, che per suggestione di esso astuto & maligno spirito sono già state scritte, stampate & fuora mandate di la disperatione, & rabiosa morte del miserabile Francesco Spiera da Cittadella, il quale, operante in eo Diabolo in sua, & di altrui desperatione infernale, ha temeriamente & mendacemente incolpato la gratia, & divina bontà della impenitentia & dannatione delli increduli, & ostinati peccatori, & etiam ha impudicamente denegato, & sprezzato el fidel patto della clementia, & misericordia di sua divina Maestà»70. In sostanza, Siculo ha due critiche da muovere contro Francesco Spiera ed i suoi «mendaci maestri». In primo luogo, rimprovera ai protestanti di volere «con la falsa dottrina lor de predestinattione negare espressamente essa divina misericordia, essa divina clemenza, & pietà, essa divina bontà, & charità paterna versÒ qual si voglia impio, & peccatore, pur che tornare voglia alla cordial penitenza, & obedienza del suo santo Evangelio. Negano la divina gratia non essere generale. Negano la christiana redentione non essere stata da esso divino padre ordinata, & proposta in salute di tutto il mondo . . . » 7 1 • In secondo

68Cfr. la lettera di B usdrago al Sig. Arciprete di Cittadella, Venezia, 3 gennaio 1 549; (ASV, Sant ' U,�izio, Processi, B. 6, processo Spiera-Facio); Comba ( 1 872), doc. 26, p. 1 33 .

9 Epistola d i Giorgio Siculo servo fedele di Jesù Christo alli cittadini d i Riva di Trento contra il mendatio di Francesco Spiera et falsa dottrina de ' protestanti, Bologna, Anselmo Giaccarelli, 1 550. Nella prefazione alla Historia, Vergerio definisce l ' Epistola un «Carnale e pelagiano libro, non solo inetto» (c. 2v). Sulla figura di Siculo vedere: D. Cantimori, Eretici itaiani del Cinquecento. Ricerche storiche, Firenze, Sansoni, 1 939 (rist. an. i vi 1 967), pp. 57-70; C. Ginzburg, Due note sul profetismo cinquecentesco, <<Rivista storica italiana», LXXVIII ( l 966), pp. 1 84-227; Id. , ll nicode­mismo . . . , ci t . , pp. 1 70- 1 8 1 ; C. Ginzburg e A. Prosperi, Le due redazioni del «Beneficio di Cristo», i n Eresia e riforma nell 'Italia del Cinquecento . . . , cit . , pp. 1 87-203; A. Rotondò, Per la storia dell'eresia a Bologna nel se.colo XVI, «Rinascimento», s. II , a. Xl l l , 1 962, pp. 1 25 - 1 26, 1 4 1 - 1 43 , 1 53- 1 54; A. Prosperi, Opere inedite e sconosciute d i Giorgio Siculo, <<La B ibliofilia», LXXXVII ( 1 985), pp. 1 37- 1 57. Id., Un gruppo ereticale itala-spagnolo: la setta di Giorgio Siculo, <<Critica storica>> XIX ( 1 982), pp. 335-35 1 ; Id., Ricerche sul Siculo ed i suoi seguaci, in R. Pozzi e A. Prosperi (a cura di), Studi in onore di A rmando Saiua dei suoi allievi pisani, Pisa, Gardini, 1 989, pp. 35-7 1 .

70Epistola. c . l r-v. Le <<mortifere e mendaci lettere» sono quelle scritte da V erge rio da Padova nell'autunno del 1 548 e tradotte e pubblicate da Curione nel 1 549.

7 1 Epistola c. 5 1 r. Successivamente S iculo sviluppò la sua polemica contro la dottrina della predestinazione in un'altra opera che non fa riferimento alla vicenda di Spiera e che fu scritta, secondo

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 27

luogo, si oppone strenuamente all ' idea che la dissimulazione sia da considerarsi un peccato grave.

Studi recenti sulla figura di Siculo hanno evidenziato sia l ' eterodossi a della sua dottrina che l ' influenza rilevante da lui esercitata dentro e fuori il proprio ordine religioso. In armonia con un più largo concetto della salvezza, Siculo esortava i suoi lettori a partecipare esteriormente alle cerimonie della Chiesa cattolica - anche se false ed illecite - per carità verso i fratelli più deboli e senza paura di commettere peccato . Per Siculo si trattava di una strategia provvisoria in attesa di un imminente rinnova­mento della Chiesa ad opera del Concilio: «Si che non negano Christo come mendacemente ha detto Francesco Spiera, & soi mendaci maestri , quelli i quali propter infirmosfratres, et etiam per non essere alloro lecito altrimente provedere, et difinire, consentino con gli altri infermi fratelli a quelli culti che alloro non paresseno leciti, nè veri. Nè manco negano Christo coloro e' quali accettano e confessano pubblicamente le cose, & ordini che tiene la Romana Chiesa, sin tanto che altramente se gli provvederà et se determinarà legitimamente dalli suoi ordinari»72 • In pratica, Siculo fa una difesa esplicita della dissimulazione . Secondo lui è possibile vivere la nuova fede nella vecchia Chiesa accettando forme rituali e cultuali ritenute false quando la situazione contingente lo impo­ne73. Egli stesso praticava una forma di dissimulazione in quanto affidava

l'autore, <<per poter più facilmente resistere & convincere ogni altra sin i stra & mendace openione ue

predestinatori contro ogni giustizia e grati a del santo Evangelio di lesu Christo . . . » (Esposi tione di Georgia Sicolo servo fedele di le su Christo nel nono, decimo & undecinw capo della Epistola di San Paolo alli Romani, B ologna, per Anselmo Giaccarello, 1 550, c. 2r; cfr. l 5 r, 1 7 v, 1 8v, 22v) . Secondo

Siculo <<lutti ugualmente siamo stati dalla gratia e divina volontà descritti nel libro della vita per la

redenti o ne di lesu Christo manifestamente lo testi fica quella divina Scrittura che elice: 'Qui pecca veri t

mihi, clelebo eum de libro meo'. Da qual divino libro saremo cassi noi adulti, secondo ci testificano

le divine scritture, non per il peccato del nostro padre Adamo, né per mancamento della divina gratia,

ma per nostra propria impenitenza, incredulità et per gli attuali peccati, i quali senza divino t imore

commettiamo contro la sua divina volontà. (c. 1 5r-v; cfr. 2 1 v). Per le critiche di Calvino vedere: O. C. , VIII, coli. 255 sgg.

72Epistola c. 49r-v. 73vergerio fa riferimento a questo aspetto della dottrina d i S iculo ne ll' opera : A <JUegli

Venerabili Padri Domenicani che difendono il Rosario per coso buona, [ Basilea.J, 1 550, cc. 2H P-30r: <<Giorgio Siculo ... dice ch iaro in un par di luochi che li Christian i debbeno star patienti et consent i re agli errori et alle idolatrie, et non aprire bocca, né far parola in contrario, fin tanto che non s ia !'atto

il Concilio». Inoltre denuncia le opinioni eterodosse del monaco benedettino. (Citato in S. Cavazza,

Pier Paolo Vergerio nei Grigioni e in Valtellina (l 549-1553): attività editoriale e polemica religiosa,

in A. Pastore (a cura di), op. cit., p. 49).

Page 16: P. Vergerio (1498-1565) e il «Caso Spiera» (1548) · Nato a Cittadella1 all'inizio del Cinquecento, avvocato di professione, intorno ai quarant'anni Spiera cominciò ad interessarsi

' l l 28 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

soltanto una parte della sua dottrina ai suoi scritti pubblicati, riservando �i soli iniziati . un nucleo segreto � nettamente eterodosso esposto ib un libro m':lloscntto non pervenutoc1 perché distrutto dagli inquisitori che persegmtarono la «setta georgiana» per almeno vent' anni dopo la morte del suo fondatore74•

Gli aspetti non proprio ortodossi della sua polemica antiprotestante non sfuggirono agli inquisitori. Oltre ad esaltare la misercordia di Dio e l ' elezione universale alla salvezza, difendere il concetto di un libero arbitrio e rifiutare la distinzione tra eletti e reprobi, il Siculo rivendicava a sé una illuminazione o ispirazione particolare: « . . . tutti quelli, i quali con .b�ona mente, & senza contentione le gerano la presente Epistola con o gru fidelta & prudenza l ' accettarano, & gl' obedirano come opera divina, & n�n humana; trovandola tutta piena di superna scienza, & divina ?ott�ma, & .non terrena ne h umana» 75 • A sostegno dei suoi ragionamenti, Il Siculo ncorre ad ampie citazioni bibliche, ma poi afferma che i protestanti errano perché non sono fondati «Sopra la vera intelligentia delle divine Scritture»76; di conseguenza «alli pii non può accadere ciò che è accaduto a Francesco Spiera» 77• Arrestato all ' inizio del Aprile 1 55 1 prima abiurò, poi ritrattò e fu impiccato come eretico impenitente il 2i maggio 1 55 1 78•

Come valutare la portata delle critiche di Siculo contro i «mendaci �aestri» di Francesco Spiera? Sono semplicemente le esternazioni di un Isolato ��nac? visionario oppure rappresentano una posizione largamen­t� c�ndlVlsa mtorno alla m�tà del Ci.nquecento? Secondo Ginzburg, l Epzstola rappresenta la pnma pubblica formulazione in Italia della «.dottrina della liceità della simulazione religiosa» e giunge alla conclu­siOne che nel 1 550 «il nicodernismo è ancora un movimento, non una scappatoia privata, come diventerà di lì a poco»79• Se è legittimo consi­derare il nicodernismo non solo una semplice tentazione per qualche

MA P . U .

. l . . . rospen, n gruppo erettca .e . . . , ca., pp. 340-34 l . E' stato possibile ricostruire la dpttrina

d1 S1culo dalle dichiarazioni dei suoi discepoli come, ad esempio, l ' abiura di Don Antonio da B6zzolo riportat�5

da Ginzburg, Due note . . . , c it . , pp. 2 1 2-2 1 7. Epistola, c. l l 9v. ��Epistola, c. 5v; cfr. cc. ?v, 66r. Epistola, c. 56r.

78B . Fontana, Re nata di Fran cia, duchessa di Ferrara, Roma, Forzani e C., l 889- 1 899, vol. Il, pp. 2

7�9, 422, Appendice: doc. 2; vol. III, pp. l 86- 1 87.

C. G1nzburg, !l tucodemtsmo . . . , CII., pp. 1 73- 1 73 . Cfr. D. Canti mori, Ererici . . . , cit. , p. 70.

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 29

individuo ma parte di una strategia più ampia che avrebbe di fatto i��edit,o l ' i staurarsi ?el�a Riforma in Italia, allora diventa più compren­Sibile l urgenza e l 'msistenza della polemica antinicodemitica di cui divenne parte integrante il caso Spiera.

Nel 1 552, Patrick Cockburn (Patricius Cochburnus), umanista scoz­zese residente ad Orleans, pubblicò un trattato dedicato al problema del peccato contro lo Spirito Santo in cui prende in esame la vicenda di Spiera avvenuta due anni prima80. L'autore è d' accordo sul fatto che si tratti di un caso orribile di cui nessun uomo può leggere senza inorridire, un esempio del giudizio rigoroso di Dio il cui scopo è quello di ammonire gli. u��ni8 1: .Infatti, il tragico caso di Spiera vuole incutere timore agli amrm mdunti, ma allo stesso tempo mostrare la consolazione che provie­ne dal Vangelo82• Ciò che invece contesta ai testimoni de li' agonia di Spiera è che, sebbene essi ripetano con diligenza le parole blasfeme di Spiera, non fanno tuttavia menzione delle parole che furono rivolte a consolazione del poveretto. Questo errore è simile ali ' eresia novaziana che nega la possibilità della penitenza ai lapsi83 • Siccome in queste testimonianze non viene dato sufficiente rilievo alle argomentazioni che dovevano consolare il grande dolore e togliere il giogo della disperazione a Spiera, è impossibile che i lettori trovino da sé le opinioni contrarie e si liberino dal male della disperazione che li affliggerebbe se avessero abiurato84• Cockburn si impegna a dimostrare che tutti in qualche maniera siamo blasfemi o abbiamo negato Cristo; non ci sarebbe quindi nessuna speranza di salvezza se fosse impossibile rialzarsi una volta caduti. Ma il Signore è capace di rialzare e sostenere coloro che sono caduti85. «Tutto ciò convince a sufficienza che il misero Spiera ha aggiunto oltracrgio ad oltraggio ; egli, infatti, dopo essere stato blasfemo contro lo Spiri t; di Dio

80Patricius Cochburnus (Patrick Cockburn), De vulgari sacra e Scriprurae phrasi, liber duo: quorum prior de peccato in spiri rum san ctum ( quod alias ad morte m et i rremissibilem vocwll) tractat: posteri or vero di.fficillùnos quosque et obscurissimos utruisque instrumenti locos, lwctenus a multis male intellectos, et peius adhuc in tetpretatos, summa eu m diligentia et fidelitate explicat. Authore Patri cio Cochburno, Scoto, Parisiis ex officina Roberti Massel l in, l 552. Le citazioni sono de l l a seconda edizione ( 1 558). Sulla figura d i Cockburn vedere: J . Durkan, The Cultuml Backgrotind, in Essays on the Scollish Reformation, (a cura di Davi d McRoberts) Glasgow Burns 1 962 p 3 l 4

8 1 ' , , ' . - .

De vulgari sacrae Scripturae p/v-asi . . . ci t . , c. 20r-v. 820p. ci t., cc. 20v-2 1 r. 830p. cit., c. 2 l v. 84 Op. cit., c. 22r. 850p. cir., cc. 22v-23r.

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30 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

a causa della sua falsa opinione, ha osato affermare (cosa ancora più abominevole) che lo Spirito Santo è crudele, implacabile ed inesorabile, e per questo si è avvicinato ancora di più alla vendetta e alla perdizione» 86

A questo proposto Cockburn esprime la propria riconoscenza per la pubblicazione in lingua italiana di un testo che sottolinea l ' immensità della misericordia divina; si tratta della Concio de immensa Dei Miseri­cordia di Erasmo, che apparve nel 1 542 sotto il nome di Marsilio Andreasi87 •

·

Evidentemente Cockburn non fu l 'unico a criticare l ' approccio dei consolatori di Spiera. Nella seconda parte della sua prefazione alla Historia Francisci Spierae (Caelius Sec. Curio, Lectoribus Christianis) , Curione difende l ' operato dei primi testimoni nei confronti delle critiche di un lettore anonimo dell 'Epistola di Gribaldi che accusa i consolatori di Spiera di non aver capito la vera origine della sua malattia e di non aver somministrato la giusta medicina. Segue un'accorata difesa della dottrina dell ' elezione contro l ' accusa che si tratta di un prodotto dello stoicismo e conclude mettendo in rilievo il carattere eccezionale del caso, nonché il suo valore come avvertimento: «0 fratelli , non crediate che gli uomini misericordiosi non abbiano fatto quanto era in loro potere per consolare Spiera per alleviargli la malattia. Ma Dio lo ha voluto punire in maniera esemplare per dimostrare che questa dottrina e questa religione, che il mondo perseguita e condanna, è la stessa che Cristo, Figlio di Dio, ha confermato con la sua morte e con il suo sangue»88• l

IL CASO SPIERA E LA VICENDA PERSONALE DI VERGERIO

Oltre a godere di una vasta diffusione in Italia e all 'estero, il caso Spiera s ' intreccia con la vicenda di Pier Paolo Vergerio, vescovo di Capodistria,

86,,Haec satis arguunt miserum Sphieram, contumeliam contumeliae addidisse, qui cum sua opinione in spiritum dei fuerit blasphemus, eundem crudelem, implacabilem, inexorabilem, ausus sit affinnare, quoque magis COntumeiiOSUS, eo vindictae propinquior & exitio factUS>> (op. cit., C. 24r).

87Trattato di voto et utilissimo della divina misericordia raccolta da diverse autorità delle

scriuure sacre, et da altri tra/lati d'alcuni catholici dottori di latino in volgare, per frate Marsi/io Andreasio Mantovano dell 'ordine carmelitano d 'osservanza, In Brescia per Ludovico Britannico, MD XLII. Sulla pubblicazione di questo testo di Erasmo in italiano vedere: S . Sei del Menchi, Erasmo in Italia 1520- /580, Torino, Bollati Boringhieri, 1 987, p. 1 64.

88 «Quamobrem, Fra tres, ne existimate, quicquam Spierae, ve l ad eu m consolandum; vel ad eius levandum morbum; quod a piis hominibus praestari possit, defuisse: sed Deum hoc exemplum

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passato alla Riforma nel 1 549. Nato a Capodistria alla fine del 1 597 o all ' inizio del 1 598 da una famiglia nobile che discendeva dal suo omoni­mo antenato, studiò a Padova addottorandosi in diritto ci vile nel 1 524. Sposò Diana Contarini nel 1 526 ma la perdette un anno dopo. Lavorò come procuratore ed assunse altri incarichi prima di seguire l ' esempio del fratello Giovanni intraprendendo la carriera ecclesiastica. Nel 1 533 Cle­mente VII lo inviò in Germania come nunzio apostolico. Dopo essere stato nominato vescovo di Capodistria nel I 536, lavorò alla preparazione del Concilio sotto Paolo III. Condivise l 'opinione di Contarini che fosse necessaria una franca discussione con i luterani per restaurare l 'unità della Chiesa e lo accompagnò alla dietà di Worms ( 1 54 1 ) dove espose il suo pensiero con l 'orazione: De unitate et pace Ecclesiae ( 1 54 1 )89. Nell' estate del 1 54 1 tornò nella sua diocesi dove diede inizio ad una seria opera di riforma della vita religiosa in conformità con le convinzioni degli «Spiri­tuali» incontrando una dura opposizione che lo costrinse ad allontanarsi dalla diocesi nel 1 545 e ad essere sottoposto ad una indagine da parte dei

. . · 90 sum supenon . Il processo a Vergerio ebbe inizio dalla denuncia di cinque frati di

Capodistria ( 1 3 dicembre 1 544 t. I fattori a lui contrari possono essere brevemente elencati: l ' opposizione di alcuni religiosi e laici alla sua strategia di riforma, le rivalità tra le famiglie di Capodistria, i nemici a Roma (soprattutto Antonio Elio, segretario di Paolo III), l ' atteggiamento di Vergerio stesso verso il Concilio e la riforma della Chiesa nonché l ' accusa di aver diffuso voci su scandali nella famiglia del papa e nella

statuere voluisse; ut declararet, han c doctrinam & religionem, qua m Mundus persequitur & clamnat, eam ipsam esse, quam Christus Dei Filius morte & Sangui ne suo confirmavit . . . » (Curione) HFS, p. 1 6. Ver�erio sembra fare un accenno al medesimo scritto nella Historia (cc. 2v-3r) .

9 Petrus Pau/w; Vergerius episcopus ad orawres principum Germaniae qui Vomwtiae convenerunt. De unita/e et pace ecclesiae. Venetiis, 1 542.

90Sulla carriera di Vergerio prima del caso Spiera vedere: A. Jacobson Schutte, Pier Pau/o Vergerio e la Riforma a Venezia . . . , op. ci t . . pp. 1 3 -336.

9 1 ASV, Sant ' Ujjìzio, B. 2, c. 43. Ripubblicata in Comba, Processo. pp. 30 1 -303. Sul processo a Yergerio vedere: Ferrai, Processo; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in 1talien W/l die Mille des /6. Jahrhunderts, Quellen und Forschungen aus dem Gebeit der Geschicht, 1 3 , Paclerborn. Ferdinancl Schoningh, 1 9 1 O, pp. l 03- 1 54, 283-290; A. Jacobson Schutte, op. ci t., pp. 337-387: L. Campana, Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi, «Studi storici», XVII ( l \108), pp. 1 7 1 - 198, 247-264; A. Santosuosso, Religion <<lnore veneto» and the Trial of Pier Paolo V ergerlo, in J .C. McLelland (a cura di), Peter Martyr Vermigli cmd 1talian Reform, Waterloo. Wil fred Laurier University Press, 1 980, pp. 43-5 1 .

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corte papale. Vergerio sarebbe dovuto andare a Roma per chiedere per­dono ai piedi del papa ma, essendosi rifiutato, lasciò Venezia e si rifugiò a Mantova sotto la protezione del cardinale Ercole Gonzaga92. Nel gen­naio 1 546 si recò a Trento dove fallì nel tentativo di essere ammesso al Concilio, ma attraverso l ' intercessione del legato ottenne di essere pro­cessato a Venezia e che né il papa né la sua famiglia (i Farnese) avrebbero tenuto conto dei discorsi scandalistid3; in seguito, però, egli si sarebbe dovuto recare a Roma di persona per la conclusione del processo presso la Santa Sede. Dopo una lunga serie di udienze, nell' agosto 1 5471 una trascrizione dei procedimenti fu inviata alla Santa Sede, che per circa undici mesi non si pronunciò sul caso94.

Dopo diversi spostamenti nell ' Italia settentrionale, diffidato nuova­mente dal recarsi a Capodistria, nel 1 548 Vergerio si stabilì a Padova95. Abitò inizialmente nel quartiere del Vanzo, ma in seguito per diciotto ducati mensili prese in affitto una casa in Via S. Leonardo in contrada Savonarola. In questo periodo frequentò l ' università in abito episcopale per udire le lezioni di Matteo Gribaldi, per conversare con gli studenti -italiani e stranieri - e per in vi tarli in casa sua a leggere le lettere di S. Paolo con il commento di Melantone96• Fu in questi mesi che Vergerio venne a contatto con Spiera il quale alloggiava presso un parente, Giacopo Nar-

92G. Buschbell, op. cit., p. l 06. A Vergerio era stato vietato di ritornare nella sua diocesi di Capodistria (Lettera del Cardinale Farnese a Della Casa, 3 marzo l 545, - L. Campana, art. ci t., pp. l 74- 1 75) . I l carteggio tra i due getta molta luce sui retroscena del processo a Vergerio.

93 A. Santosuosso, Religion «more . . . ci t., p. 46. F. Hubert, Vergerios publizistische Thtitigkeit nebst einer bibliographischen Obersicht, Gi:ittingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1 893, pp. 244-252. Della Casa a Farnese, 21 maggio 1 547 (L. Campana, art. ci t., p. 1 97). Secondo Ferrai, l 'accanimento della Curia romana contro Vergerio in questo periodo mirava soprattutto alla sua esclusione dal Concilio (Ferrai, Processo, p. 26). I l nome di Vergerio infatti non compare sulla lista di vescovi venezia�

4i a cui Della Casa aveva ordinato di recarsi al Concilio (Ronchini, Lettere, p. 1 45n.) . Della Casa a Farnese, 6 agosto 1 547, (Ronchm1, Lettere, pp. 202-203) . <<In Roma i l

processo, vedendo che le prove di accusa non erano sufficienti, fu posto a dormire; e i l Vergerio fu lasciato

9�n pace fino al luglio del l 'anno successivo . . . >> (L. Campana, art. cii., p. 1 98) . Della Casa a Farnese, 28 luglio 1 548 (L. Campana, art. ci t . , p. 248).

96ASV, Sant ' Uffizio, Processi, B. 3, deposizione di Peregrino Spadari - 4 gennaio 1 549; B . 5, Rota a Della Casa, 1 9 dicembre 1 548; Ferrai, Processo, pp. 3 3 , 38 n.2, doc. VIII, p . 1 60. Della Casa a Farnese, 22 dicembre 1 548, (L. Campana, art. cit., p. 252). Dalla lettura delle deposizioni raccolte dal vescovo suffraganeo di Padova tra i l 1 7 dicembre 1 548 e i l 9 gennaio 1 549 risulta che Vergerio parlava apertamente contro il culto dei santi e della Madonna, i l l ibero arbitrio e il cel ibato dei sacerdoti. Quasi tutti i testimoni erano consapevoli del fatto che Vergerio teneva «Cattivo nome, zoè di fede contraria alla nostra>>, ma non ritenevano che avesse detto o fatto qualcosa di eretico al capezzale di Spiera (ASV, Sant 'Uffizio, Processi, B. 3 ; Ferrai, Processo, pp. 38-43, 1 6 1 - 1 62).

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dini, nella stessa via. Dalla testimonianza di quest' ultimo si evince che uno dei più assidui visitatori di Spiera fosse il vescovo di Capodistria. Profondamente colpito dallo stato di prostrazione in cui era caduto Spiera, Vergerio faceva di tutto per stargli vicino e incoraggiarlo a ritrovare la fede perduta. Secondo Nardini, Ver�erio faceva visita «al giorno due e tre volte, maxime la matina et la sera» 7• La deposizione di Nardini fornisce un'ulteriore testimonianza dell ' impegno di Vergerio nei confronti di Spiera per cercare di convincerlo dell ' immensità del perdono di Dio: « .. . "m. Francesco, levève de questa fantasia et habiè questa fede ferma che Cristo perdona a nui, et non è sì grande offexa che Cristo non la rimetta, ricognoscendosi, tornando a lui " ; et sopra questo allegava molti detti de lo Evangelio et de Sancti, et diceva cum tanta vehementia che il vegniva le lacrime, et anche queli che erano presenti piangevano»9K.

La condotta di Vergerio al capezzale di Spiera non fu gradita alle autorità - civili ed ecclesiastiche - che fecero pressione sul legato Del la Casa perché il processo a suo carico fosse ripreso in quanto diventava sempre più evidente che egli non aveva alcuna intenzione di recarsi a Roma99. A partire dal 1 7 dicembre 1548, il vescovo suffraganeo si mise ad interrogare diverse persone che avevano incontrato Vergerio a Padova: De Negri, Peregrino Spadari, Giovanni Battista Pancetta, Bernardino Scardeone e Giacopo Nardini. Parallelamente, nell'estate del 1 548, era iniziata una nuova inchiesta in !stria ad opera di Annibale Grisoni da cui emersero ulteriori accuse contro il vescovo, mentre dalla Santa Sede continuavano ad arrivare pressanti richieste perché Vergerio si recasse a R l . . d . 100 orna senza u tenore m ug10 .

Ormai la rete si stringeva intorno a Vergerio che si rendeva conto di non poter più contare sul l ' appoggio della Serenissima Repubblica. Il 22 dicembre da Roma furono spediti due brevi al legato Della Casa: il primo

97 Loc. cii., deposizione di O iacopo Nardi n i - 6 gennaio 1 549; Ferrai, Processo, p. 4 1 . 98Ibid. 99Cfr. le lettere di Rota a Della Casa ( 1 9 dicembre 1 548) e Busdrago a Rota del (29 dicembre

1 548), ASV, Sani 'Uffizio, Processi, B. 5, B. 6; Ferrai, Processo, pp. 36, 1 60 (doc. V l l l) ; Comba ( 1 872), &f.· 1 32- 1 33 (doc. 25) ; L. Campana, art. cii., pp. 247-250; Ronchini , Lettere, pp. 250-25 1 .

1 Farnese a Della Casa, 1 4 luglio e 1 5 settembre 1 548, (L. Campana, art. cit., pp. 248-249). Quando morì Giovanni Vergerio, fratello di Pier Paolo e vescovo di Pola agli inizi di agosto 1 548, si diceva che tra le sue spoglie fossero stati trovati alcuni scritti compromettenti per i l vescovo di Capodistria (Della Casa a Farnese, 1 2 gennaio 1 549 - L. Campana, arr. cii., p. 254). Antonio Elio, nemico di Vergerio, fu subito nominato come suo successore ( 1 8 agosto 1 548).

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lo autorizzava a comandare al vescovo, con la minaccia delle pene canoniche, di comparire a Roma; in caso di esito negativo, il secondo breve gli conferi va l ' autorità di catturare il vescovo e consegnarlo per la custodia a Girolamo Capodiferro, cardinale di S. Giorgio, legato in Romagna10 1 • A questo punto Vergerio si rese irreperibile temendo, e non senza ragione, di cadere in qualche trappola1 02; non per questo rimase inattivo, anzi fece di tutto per mandare a monte il nuovo processo in tentato contro di lui 1 03• Il legato Della Casa era riluttante ad applicare i poteri a lui conferiti dai due brevi e sperava che Vergerio acconsentisse volonta­riamente a recarsi a Roma. Spinto però dalle pressioni provenienti sia da Roma che dalla S ignoria di Venezia, dovette agire in maniera più decisa 1 04• Il 1 9 gennaio 1 549 il Consiglio dei Dieci concesse al nunzio le forze necessarie per trarre in arresto i l vescovo e l' 8 febbraio promise di estradarlo a Roma105 • Ma nel frattempo Vergerio si era già allontanato e, alla fine di febbraio, si diceva che si trovasse a Trieste - fuori del territorio veneziano - mentre a Venezia l ' Ambasciatore di Francia continuava ad intervenire in suo favore 1 06• Il 1 6 febbraio 1549, a Pordenone, egli trasferì tutte le sue proprietà ai pronipoti ed il l o maggio attraversava le Alpi passando nella Repubblica retica. Il 3 luglio fu privato della carica di vescovo107 ed i1 2 1 agosto fu nominato come nuovo vescovo di Capodistria Tommaso Stella108 •

1 0 1 Farnese a Della Casa, 22 dicembre 1 548 (L. Campana, art. ci t., p. 252). Per il testo dei brevi datati 1 1 / 1 2/ 1 548, vedere: B. Fontana (a cura di), Documenti vaticani inediti contro l 'eresia . Iute rana in Italia, <<Archivio della R. Società di storia patria», XV ( 1 892), pp. 406-408 nn. l 06- 1 08.

1 02<<Non è possibile che io ritrovi quel benedetto Vescovo Vergerio, i l quale è qui, ma incognito. Ho nondimeno, ragionando con l' Ambasciator di Francia, che me lo suoi raccomandare assai spesso, operato con destrezza che S.S. lo meni un giorno a casa mia. Il quale mi ha promesso di farlo, ma dice intendere che il Vescovo è amalato di podagre>> (Della Casa a Farnese, 5 gennmo 1 549 - Ronchini, Lettere, p. 257). l

1 0\<Mons.or Vergerio va per Vinegia incognito, subvertendo hora questo, hor quel gentil­huomo, acciò sforzino Mons.or Legato et nostri i l l .mi S .ri a sepell ire un nuovo processo formato contra lui et contra quegli altri Lutherani che sono nell ' lstria . . . >> - Celso a Farnese, 1 2 gennaio 1 549 (Ronchi n i, Lettere, p. 263).

· 1 04Della Casa a Farnese, 22 dicembre 1 548; Farnese a Della Casa, 19 gennaio 1 549; Della

Casa a Farnese, 26 gennaio 1 549 (L. Campana, art. cii. , pp. 252, 255-256). 1 05 A. Del Col, l tribunali dell 'Inquisizione . . . , ci t., p. 269. ASV, Consiglio dei Dieci, Comune,

reg. 1 8, cc. 1 97v , 205r. 106Della Casa a Farnese, 23 febbraio e 1 3 aprile 1 549 (L. Campana, art. ci t., pp. 256-258). 107Farnese a Della Casa, 6 luglio 1 549 (Campana, art. cit., p. 260), ma la decisione era già

stata presa in aprile - Farnese a Della Casa, 1 3 Aprile 1 549 (L. Campana, art. cit., p. 258 n . 2). 108Farnese a Della Casa, 24 agosto 1 549 (L. Campana, art. cit. , pp. 26 1 -262).

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La fuga di Vergerio

Vergerio è stato spesso accusato di aver abbandonato il proprio paese, rinunciando alle sue responsabilità di vescovo, piuttosto che rimanere e rischiare il martirio. In questa sede, si prenderanno in esame alcuni possibili fattori che lo avrebbero indotto a rompere con la Chiesa romana cercando soprattutto di fornire una risposta alla domanda: quale peso ebbe l ' incontro con Spiera nella decisione di lasciare l ' Italia per aderire aper­tamente alla Riforma?

Per giungere ad una valutazione corretta dei vari elementi in gioco, è innanzi tutto necessario ascoltare la voce di Vergerio e cercare di capire lo sviluppo del suo pensiero negli anni precedenti la fuga. In primo luogo, è fondamentale esaminare le spiegazioni offerte da Vergerio in seguito alla fuga, la prima delle quali si trova ne Il Catalogo de libri la cui lettera dedicatoria è datata «alli III di luglio nel XLVIII!» - due mesi dopo il suo arrivo in Svizzera. In questo brano Vergerio parla non solo dell' importan­za generale dello «spettacolo» di Spiera, ma anche del suo ruolo strategico per la propria vicenda:

Nel bel mezzo di una città di Padoa, città fiorente, città di studio, dove vi erano più di mille scolari, il S ignore ha voluto dare questo spetta­colo rarissimo; io lo ho veduto più di quindici volte in grande util ità e beneficio dell' anima mia e gli ho sentito dire cose stupende . . . . E io per me affermo di non aver mai veduto né sentito la più spaventosa . cosa, né la più fruttuosa ali ' anima mia. E sia benedetto il mio Signore il quale, vedendomi in travaglio e persecuzione de' Farisei, acciò che la mia carne e sensualità non si avesse a piegare e pensar di aver a far con loro qualche accordo e impiastro e negazione in suo disonore, non solo mi accrebbe lo spirito e mi rivelò quanto sarebbe stata la felicità dell ' anima mia se, sprezzate tutte le dignità, tutte le mitre e ricchezze del mondo, io fossi stato saldo a confessar la sua dottrina nella purità e nettezza che la dè esser confessata, ma non contento di avermilo fatto vedere descritto in molti luoghi delle Scritture, mi ha voluto far vedere in fatti , per isperienza quanto egli abbia a male e si carrocci quando altri va a negare quella verità che esso per rarissimo favore gli avea manifestato. Confesso in sua gloria che, essendo io con varii partiti stato invitato d ' andar a Roma e dire che io laudava come vere e apostoliche tutte le sue ordinazioni, istituzioni, riti, toleranze, che facilmente la carne la quale ama gli onori del mondo e

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teme le infamie e i disagi mi avrebbe potuto ingannare e persuadere di andarvi e far qualche dissimulazione e accordo, se il celeste mio Padre non avesse avuto cura di me e, specialmente, se non mi avesse per sua gran carità fatto vedere e udire Francesco Spiera . . . .

E io, consigliato dal mio Signore, fregai i piedi all ' uscio scotendo loro la polvere e voltai le spalle e !asciatili nella lor rabbie e condennazio­ne, venni via in l uogo dove io posso liberamente confessare Cristo e la verità 109•

Una seconda spiegazione dei motivi della sua scelta viene riportata da Borrhaus nel suo contributo alla Historia Francisci Spierae. Si tratta di una testimonianza abbastanza a caldo visto che l ' opera fu pubblicata nel 1 550:

Quali siano stati i discorsi del disperato Spiera, che aveva smarrito ogni consolazione, e di quanto aiuto sia stato a coloro che l ' Ìscolta­rono, me lo riferì Pier Paolo Vergerio, vescovo di Capodtstria e testimone oculare della vicenda, con queste parole: «lo, Borrhaus, non sarei in questo momento a Basilea se non avessi visto Spiera» . E mentre dicevo che volevo capire cosa significasse con queste parole, egli rispose in questo modo: «L'anno precedente il papa, ora con minacce e ora con lusinghe, mi invitava a recarmi a Roma e quivi a vivere in pieno accordo con i suoi decreti , dopo aver nascosto il Vangelo. Così, turbato un po' dalle tante promesse e un po' dalle minacce, mentre pensavo come evitare la perdita dei miei beni e della mia primitiva dignità, il Padre celeste si prese cura di me a tempo debito con la stessa bontà con cui va alla ricerca dei suoi eletti, affinché Satana, da cui ero violentemente tentato, non vincesse la mia debolezza e mi propose di contemplare il caso di Francesco Spiera, affinché tramite la sua orrenda disperazione fosse rafforzata la mia speranza contro la carne, contro il mondo, contro il Diavolo principe del mondo. Infatti, avendo visto e sentito Spiera lottare sì orribilmente

109 Il catalogo de libri, li quali nuovamente nel mese di maggio n eli ' anno presente M DXLVJIII sono stati condannati & scomunicati per heretici da Giovan Della Casa legato di Venetia & iudicio & discorso del Vergerio, [ZUrich, Christoph Froschauer] 1 549, cc. [E6]v-[E8]v. Anche nella HFS, Yergerio afferma più volte di essere rimasto molto colpito dalla d isperazione di Spiera: <<Equidem lotus contremisco, & horreo, eu m ea cogitO>>. << . . . hoc unum cogito; nec quicquam praeterea cogitare possum, ab eo die, quo primum eum vidi , & perterrefactus sum» (pp. 28, 36).

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col giudizio di Dio, cioè con il peccato, con la morte e con l ' inferno, fui talmente colpito e atterrito che immediatamente si dileguò ogni pensiero di andare dal papa per venerar lo e dissimulare la verità, dopo aver vinto l ' astuto nemico con le armi della speranza e della fede, che Spiera era stato costretto a perdere tramite la perfidia e la disperazio­ne . . . .

Così pian piano crebbe in me l ' amore di Dio e diminuirono i l timore degli avversari e le preoccupazioni del mondo: non molto tempo dopo aver visto Spiera, lasciato l 'episcopato, la patria, gli amici e i miei averi, me ne andai dal! ' Italia per poter più liberamente confessare Cristo re degli Inferi , della Ten·a e del Cielo, che prima avevo deturpato con una falsa dottrina e con una vita non migliore, prestando opera all ' avversario di Lui , che, com' è noto, elevandosi al di sopra di Dio, si è arrogato, già da molti secoli, una potestà pari a Cristo» . Vergerio confessava di aver tratto utilità dal misero stato di Spiera1 10 •

Una seconda pista d ' indagine è rappresentata dall' analisi dello svi-luppo del pensiero di Vergerio sia nel periodo antecedente la fuga che subito dopo. Le dichiarazioni retrospettive di Vergerio rivelano una

1 1 0<<Quae desperantis, omnique consolatione destituii, Spierae vox, quantum audientibus profuerit; mihi his verbis P . Paulus Yergerius, lustinopolitanus Episcopus, huius historiae oculatus testis, indicavit: "Ego, Borrhae, inquit hoc tempore Basileae non essem, si Spieram non vidissem. A t cum ego dicerem, cupere me intel l igere, quidnam istis verbis vellet, in hunc modum respondit: Superiori anno pontifex partim minis terrebat me, parti m blandimentis inv itabat, ut Romam profici­scerer, et i bi celato evangelio a decretis suis min ime dissentiens viverem. l taque tantis tu m promissis, tu m minis commotus eu m , ne omnium fortunarum mearum pristinaeque dignitatis iacturam facerem, pontifici obsequi medi tarer, coelestis pater in tempo re pro sua, qua electos suos prosequilur, boni tate mei curam gerens, Franciscum Spieram, ne Sathan, a quo acriter tentabar, meam vinceret in­

firmitatem, contemplandum mihi proposuit, cuius horrib i l i desperatione spem meam adversus carnem, mundum et principem mundi diabolum confirmarem. Nam conspecto auditoque Spiera eu m dei iudicio, hoc est cum peccato, morte et inferno gravissime colluctante adeo vehementer perculsus atque perterrefactus fui, ut stati m omnis de adeundo adorandoque pontefice et dissimulanda veritate

ex animo cogitatio exciderit, vieto versuto hoste fidei et spei armis, qui perfidia et desperatione Spieram perdere conatus fuerat. . . . Sic igitur paulatim dei amor in me crevit, et mundi studium

adversari ique metus decrevit, ut non multo post visum Spieram, relicto episcopatu, patria, amicis,

opibusque meis, Italia discesserim, quo possem l iberius Christum inferorum, terrestrium et supero­rum regem profiteri, quem antea falsa doctrina et vita non meliore deturparam, adversario i l l ius navata opera, quem supra dei nume n elatum pare m in omnia Christo potestatem mult is iam saeculis arroganter s i bi sumpsisse constat" . Tantam uti l i tatem, ex Spierae misero sta tu percepisse se P. Paulus Yergerius confessus est>> (Borrhaus, HFS, pp. 232-234).

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«conversione» graduale alle posizioni protestanti. A suo dire, il compor­tamento prima della fuga non fu nicodemitico perché non aveva ancora capito bene «le verità cristiane». La fuga segnò il momento di massima illuminazione e fu, di conseguenza, un atto di coerenza con la sua nuova comprensione della realtà. Ad esempio, scrivendo nel 1556 del pertodo in cui cercava di riformare la sua diocesi ( 1 55 1 - 1 544), Vergerio sostiene «che in quel tempo io era ancor mera Papaista cieco, e ballordo, io non intendevo dico niente delle verità cristiane, nè havea pur un scintilletta di Spirito, e di rigeneratione. Solamente io vedea alcune cosaccie enormi, le quali ognuno, che non fosse stato stupido havrebbe con la prudenza humana saputo medesimamente dire che stavano male» 1 1 1 . Nella lettera introduttiva ai Dodici trattatelli, «Vergerio a' fratelli d' Italia - Di Basilea, a primo di Gennaro, M.D.L.», presentando alcuni suoi scritti, Vergerio descrive un processo di illuminazione in tre tappe:

Or io son appunto uno di quegli che essendo stato cieco degli occhi dell ' anima, credo più che ne sia mai stato alcuno altro al mondo, la bontà e misericordia divina ne ha avuto compassione e, se non in un subito, almeno un poco a poco si è degnata di aprirmeli e farmi vedere e saper fare differenza e discernere quale sia la verità e quale il vero e legittimo culto e onore che io li debbo secondo la Scrittura e secondo la sua volontà, e quale sia la superstizione, la idolatria, lo inganno introdotto . . . . Adunque a poco a poco egli è andato sanando la cecità e la miseria mia, e tuttavia io sento che egli la sana . . . .

1 1 1 Recrattatione del Vergerio,Tiibingen, 1 556, c. B4r, (citato in A . Jacobson Schutte, op. ci t., pp. 285-286, n. 3 l ). Cfr. Hiszoria, c . 43r. Nella sua presentazione de Le otto difesioni datata l ' gennaio 1 550, Curione afferma che si tratta di materiale risalente a quattro anni prima quando, secondo Yergerio stesso, egl i «avea ancora poco lume e poca cognizione della Verità e non sapeva parlare delle cose di Dio, con quella mondi ci e che bisognava . . . >> (Le otto difesioni del Vergerio vescovo di Capodistria. Nelle quali e notata & scoperta una particella delle tante superstitioni d'italia & della grande ignorantia & ingiustitia de prencipi, de sacerdoti, scribi & Farisei, [Base!, Giacomo Parco] 1 550, c. A2v). Nella sua conClusione a Le otto difesioni, Curione mette in risalto sia il processo di graduale i l luminazione che l ' importanza determinante del l ' incontro con Spiera: «E poi sentendo crescere in sé di ora in ora lo Spirito e il lume che gli faceva accorgere, che il Signore avendo cura di lui prendeva tutti questi mezzi straffinarlo a dispetto della carne, che lo avrebbe voluto consigliar a starsene fuor delle abbominazioni, per servirsi di lui altrove. E tutto ad un tempo, avendo �on gli occh1 suoi veduto nella persona di Francesco Spiera (a questo fine i l Signore lo avea condotto a Padoa) la pena orribilissima de quegli che dissimulano la religione, che niegano la conosciuta verità e che contrastano contra la vocazione e volontà di Dio, si risolse di ciedere alle furie Papistice e lasciar che facciassero la rabbia che aveano di privarlo. E se ne venne in qua>> (op. cit., cc. [l]6v-7r).

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In seguito, egli distingue un primo stadio di guarigione dalla cecità: « . . . quando prima io cominciai aprire questi occhi ed essere alla condi­zione di colui il quale non poteva ben discernere . . . », un secondo stadio in cui «cominciai a vedere un poco meglio che fu (per grazia di Dio) nel l 'anno passato quando io ebbi alle spalle le persecuzioni de Farisei . . . » e un terzo stadio in cui «fuggito dalle insidie e rabbie di coloro, io mi sia ritirato in questi luoghi e in queste fortezze e rocche secure dove si è ridotto Cristo col suo Evangeli o» 1 1 2•

Dalla testimonianza di Vergerio in seguito alla fuga spiccano tre elementi: egli afferma di essere stato oggetto di un processo graduale d ' illuminazione che lo portò ad una valutazione diversa della sua situa­zione, di essere stato colpito dalla vista di Spiera al punto di abbandonare l ' idea di recarsi a Roma e infine di essere fuggito dall ' Italia per essere libero di confessare Cristo e la sua verità. Secondo i suoi accusatori, però, l 'evoluzione del suo pensiero non era stata così graduale e lo considera­vano già «luterano» molto prima della sua partenza. Ciò emerge molto chiaramente dalla corrispondenza con un suo vecchio amico, Girolamo Muzio, il quale, in seguito ad alcune informazioni ricevute dagli opposi­tori di Vergerio, si era convinto che il vescovo condividesse le opinioni degli eretici. «Apparentemente con il pretesto di salvare l ' anima del vescovo, ma chiaramente con l ' intenzione di rendere sicura la sua con­danna ed espulsione, Muzio riprese la sua corrispondenza con Vergerio nel marzo del 1 548» 1 1 3 . In questo carteggio unilaterale (le lettere di Vergerio sono soltanto riassunte), Muzio cerca di confutare le posizioni eretiche che, secondo lui, il vescovo avrebbe assunto sul papato, le Scritture e la tradizione, il libero arbitrio e la predestinazione, i sacramenti ed il culto dei santi, rimproverando Vergerio perché esitava a dichiararsi apertamente luterano 1 1 4. Nel 1 5 5 1 , Vergerio ormai in esilio, rispose alle

1 1 2 Dodici trattate/li, cc. A3r-A4v. Siccome Vergerio poco dopo afferma nei Dodici traTiatelli di iniziare <<dalle medie», è probabile che gli scritti corrispondenti al primo periodo - <<già tre o quattro anni» - siano Le otto difesioni. Cfr. Curione nella sua presentazione de Le otto difesioni, c. A2v.

1 1 3 A. Jacobson Schutte, op. ci t., p. 353. Risultano poco convincenti le affermazioni di Paschini secondo cui <<Muzio non aveva ancora nessun motivo persona le di rancore contro i l Yergerio>> e «scrisse sempre con decoro e con commossa serenità d'animo>> (P . Paschini , Pier Paolo Vergerio il giovane e la sua apostasia: Wl episodio delle lotte religiose nel Cinquecento, Roma. Scuola npografica Pio X, 1 925, pp. 1 34, 1 40). . . . . . .

«E ogni g10rno cresce la mal a voce d1 vot. E vo1 sapete e Intendete che s1ete 1 11 ma la opi-

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Vergeriane spiegando che il «piccolo lampo di lume della verità» che Dio gli aveva concesso nel 1 548 non era stato sufficiente per far?tl i capire che doveva lasciare la sua posizione di privilegio nella chiesa 15

• In pratica Vergerio afferma che l ' attacco di Muzio non lo spinse a palesare le sue convinzioni protestanti perché non ancora ben definite; in quel momento egli lo considerava semplicemente come una conferma di essere in quanto eletto perseguitato ingiustamente dai «carnali».

La Repubblica veneta e le speranze di riforma

Una terza pista d ' indagine prende in considerazione il contesto storico generale e la situazione specifica della Repubblica veneta, di cui Vergerio era cittadino, alla ricerca di una risposta alla domanda: fino a che punto la scelta di Vergerio fu dettata da un graduale processo di illuminazione e dall' incontro fortuito con Spiera e fino a che punto fu la conseguenza inevitabile in seguito a mutamenti politici ed ecclesiastici nella Repub­blica veneta?

Rispetto agli altri stati italiani, Venezia aveva una posizione partico­lare in quanto aveva sempre vantato la sua indipendenza e lottato contro le ingerenze sia dell ' impero che della Santa Sede. Inoltre, essendo geo­graficamente vicina ai paesi protestanti, facilmente c ircolavano le opere di Lutero, Calvino, Erasmo e Valdés. Nel 1 545, mentre era rifugiato presso il cardinale Ercole Gonzaga a Mantova, Vergerio aveva indirizzato una lettera al neo eletto doge Francesco Donà congratulandosi con lui per

nione, e ve ne state e tacete quasi come la cosa a voi non tocchi. E vi pare che questo sia atto da cristiano? e che sia atto da cattolico? Saper che siete tenuto eretico e non volere chiarirne i l mondo? e non ve ne voler giustificare? Voi avete pur lingua da sapere esprimere i vostri concetti. Voi pur avete penna da potergli spiegare in carte. E perché non si odono dalla vostra bocca, e non si veggono nelle vostre scritture se non parole, e sentenze, che accrescono questa sinistra opinione, la quale ho detto, che si ha di voi. Non basta dire: " lo sono cattolico", ma è di mestiere rispondendo alle cose che vi sono apposte, farne dimostrazione, o condannando di malsana dottrina coloro che vi danno tale imputatione o mostrando che false sono quelle accusa o disdicendovi>> (Muzio a Vergerio, 26 ottobre 1 548 - Le Vergeriane del Mutio lustinopolitano, In Vinegia appresso Gabriel Giolito de Ferrari e Fratell i , 1 550, c. l l 4r-v). Quando pubblicò la corrispondenza, Muzio incluse molte altre lettere (cinque alla città di Capodistria, sette ad Ottonello Vida ecc.) per rafforzare la propria posizione. 1 1 5/l Vergerio a Papa Giulio Terzo, che ha approvato un libro del Mutio, intitulato Le Vergeriane, [Base!, Giacomo Parco 1 55 1 ] , pp. 64-65, (ci tato in A. Jacobson Schutte, op. ci t., p. 358 n . 88).

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l a sua elezione ed esortandolo ad adoperarsi per l a riforma della Chiesa nello stato:

. . . adunque non si dorma, Principe eccellentissimo, questa è materia tale, per la quale vostra Serenità medesima dovrebbe per mia fe ' in persona propria, non solo per suoi oratori, andare d ' intorno, andar dai pontefici, dai imperatori, dai re, andar nel concilio medesimo, et ivi esshortar, pregar, supplicar ogn 'uno, che per l ' amor di Dio si spogli d 'ogni passione et d' ogni interesse, et attenda alla emendati o ne et instauratione della Chiesa, alla salute et securezza di popoli, alla gloria di Dio 1 1 6

Verso la fine della lettera, Vergerio avverte il doge che «Se lascierete stare le materie di religione ne' termini che hoggidì sono così guaste et corrotte, et non procurarete che siano sanate e emendate, la vostra Republica . . . venirà a reputar che tutto sia buono quello che il sapientis­simo et piissimo principe Donato non harrà pensato di far corregger; et . questi abusi, et queste superstitioni andaranno ne i posteri come confer­mati et comprobati tacitamente dalla vostra auttorità, et saranno loro peste et roina delle anime, come sono delle nostre» 1 1 7

Vergerio non era l ' unico a sperare che Venezia si facesse promotrice di una riforma religiosa iniziando dai propri territori; esistono simili appelli indirizzati al governo della Serenissjma ad opera di Filippo Melantone e Mattia Flacio Illirico 1

18 . Negli anni quaranta alcuni guarda-

1 1 6Lettera al Doge Francesco Donà. Padova, B ibl ioteca Universitaria, M s. 1 656, cc. 8 1 r-93v , Venezia, 1 545, edito da Aldo Stella, L 'orazione di Pier Paolo Vergerio al doge Francesco Donà sulla Riforma della Chiesa ( 1545) in «Atti del l' Istituto veneto di scienze. lettere ed arti>>, 1 28 ( l 969- 1 970), pp. 1 -39; cfr. p. 38. Sul la diffusione delle aspirazioni espresse nella lettera vedere: A. Del Col, Lucio Paolo Rosello e la vita religiosa veneziana verso la metà del secolo XVI, «Rivista di storia della Chiesa in Italia>>, XXXI I ( 1 978), pp. 422-459, cfr. pp. 430-433 .

1 1 7 A. Stella, art. ci t., p. 39. Anche dopo la fuga, V erge rio non abbandonò completamente la speranza che la Repubblica si facesse pro motrice di una riforma della Chiesa. Cfr. /l catalogo de libri c. [E 6]r: «E meglio farebbero le loro eccellenze, se elle medesime facessero nella lor Repubblica un concilio e una reformazione delle loro chiese. E spero nel S ignore che un giorno si svegl iaranno a far un'of.era tanto bella e gloriosa>>.

1 1 G. Cozzi, l rapporti tra Stato e Chiesa, in G. Gullino (a cura di), La Chiesa di Venezia trct riforma cauolica e riforma protestante, Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1 990, pp. 1 1 -36; cfr. 27-33. Mattia Flacio I l l irico fece un tale appello in una lettera datata 26 giugno 1 570, indirizzata alla Serenissima Signoria, alla quale allegò una copia della sua Christiana adhortatio in cui protesta per il trattamento riservato a Francesco Spiera e Baldo Lupatino: <<Misit Deus hoc tempore visitationis & i l lustrandae Religionis suae, cum aliis omnibus genti bus suos quosdam doc1ores & monitores: tu m

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vano a Venezia come ad una potenziale Ginevra d ' Italia, credendo che «il risentimento antipontificio di un certo patriziato, combinandosi con i l tradizionale orientamento antiasburgico e antimperiale» 1 19, avrebbe fatto sì che i l governo veneziano prendesse in considerazione le nuove idee religiose. Ma nella seconda metà degli anni quaranta, dopo la morte di Contarini nel 1 542, i l clima stava già cambiando e gli eventi del 1 547 segnarono l ' inizio del tramonto di queste speranze: l 'approvazione del decreto tridentino sulla giustificazione (gennaio 1 547), la sconfitta della lega di S malcalda a Mi.ihlberg (aprile 1 547) e l ' istituzione a Venezia (aprile 1 547) della «magistratura dei Tre savi sopra l 'eresia, con il compito di affiancare (e sorvegliare) i l tribunale ecclesiastico in un ormai ineludibile impegno per la salvaguardia della fede cattolica dalle insidie di un dissenso rel igioso via via più consapevole e agguerrito . . . » 1f0•

L' ultima fase del processo a Vergerio ebbe luogo in questo contesto. Durante le prime due fasi , le autorità veneziane avevano avuto buoni motivi di opportunità politica per favorire Vergerio come cittadino veneto; a causa di ciò egl i poteva sentirsi abbastanza sicuro entro i confini territo�ial� della Repu.bblica. Questo fatto spiega la sua strenua opposizio­ne all ' mvJto a recarsi a Roma per riconciliarsi con il papa 1 2 1 . Nel 1 548,

etiam vestris i llustribus Dominationibus inter alios, duos nequaque obscuros Jegatos, aut verbi voluntatisque suae praedicatores: nempe Franciscum Spieram, & R. virum fratrem Baldum Lupeti­num, c1vem & cognatum, veritatisque praeceptorem meum. Quorum prior, cum esset clarus vir, celebnsque causidicus, tu m & ingenio, tu m facundia, tu m & eruditione multos alios praestantes viros longe anteiret, veritatemque sincerioris religionis agnouisset, & confessus fuisset, & Antichristi errores damnasset, ac multos de veritate edocuisset: tandem istic a Ponteficio legato, minis vio­Jenttaque coactus est agnitum Christi Evangelion contra conscientiam damnare, & abnegare. ( Chri­stialw adhortatio . . . s . I . , s .d . , pp. 42-43). La lettera, a cui è al legato il volume, è conservata in ASV, Sant 'Ui[izio, B. 1 62 .

1 9S. Seidel Menchi, Protestantesimo a Venezia, in G. Gul l ino (a cura di ), op. cit., p. 1 43 . «<n una forma o nell 'altra, la speranza d i un intervento diretto o indiretto della Repubblica a favore dei protestanti era dura a morire>>. (OJ7. ci t. p. 1 44)

1 20 ' .

M. Firpo, op. ci t., p. 27.

. . 1 2 1 S. Seidel Menchi contesta la tesi secondo la quale <<la condanna del Vergerio sarebbe stata

effetto non della sua dottrina, ma della sua fuga: se egli fosse andato a Roma e, come il Nacchianti [vescovo di Chioggia], avesse fatto atto di sottomissione, an c h 'egli sarebbe stato assolto», sostenendo che la dif�erenza tra i due sta nel fatto che mentre Nacchianti credeva nella giustificazione per sola fede, non fece molto p�r palesare la sua opinione né per riformare la sua diocesi purgando la di pratiche superstiziose. Vergeno mvece diffondeva l iberamente le sue opinioni e s ' impegnava a fondo in un'opera di riforma della pietà nella sua diocesi. Il dissenso privato poteva essere tollerato ma non quello pubblico - specialmente se propagato tra il «popolo» e non solo tra i «dotti». «Quasi' tutti i

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 43

però, la Signoria stava lentamente allentando - per motivi più politici che teologici - la sua tradizionale opposizione ali ' ingerenza papale cosicché si verificò una maggiore convergenza con la politica della Santa Sede. Inoltre il comportamento pubblico di Vergerio sembrava essere causa di disordine sociale nel territorio veneto sia a Venezia che in Istria 1 22. Tutti questi fattori ebbero un peso notevole sulla fase finale del suo processo e fu in questo contesto che Vergerio fece la conoscenza di Francesco Spiera.

Il caso Spiera e la fuga di Vergerio nella storiografia moderna

L'analisi delle motivazioni della fuga di Vergerio non può prescindere, ovviamente, da una valutazione complessiva della sua figura intorno alla quale non è mai esistito un vero consenso. In parte, è possibile attribuire tale controversia alla polemica religiosa tra protestanti e cattolici . Dal punto di vista protestante Vergerio poteva essere considerato una grande conquista ( il primo vescovo a passare alla Riforma) anche in considera­zione del la sua attività polemica successiva 123• Dal punto di vista catto l ico invece, la sua fuga rappresentava la prova schiacciante della fondatezza delle accuse di eresia che fino alla fine aveva cercato di respingere 1 24.

La storiografia moderna ha spesso messo in risalto i lati negativi del

rappresentanti del cosiddetto evangelismo italiano si muovevano in circuit i ch ius i . Al Vergerio fu

forse fatale l ' aver creato un circuito aperto?» (S. Sei del Menchi, Erasmo in italia . . . , ci t . , pp. 68-7 1 ).

1 22«Ragionando io in Collegio sopra la Provincia d ' l stria quanto alle heresie, fu molto ben

caricato et incolpato i l Vescovo, dicendo i l Principe che, per quanto s i diceva, S .S .ria era principio

et fomento etc. , et che mio offitio era di provederci . l o narrai a S . Sub.tà le di l igenze fatte et i l processo

formato et mandato a Roma, el come S. S . tà voleva che venisse a Roma et S.S.r ia no 'l voleva fare.

A che S. Ser.tà mi replicò che io procedessi con interdetti etc., et che non mi mancheria modo di

convertirlo et correggerlo. Veda hora V.S. J l l .ma se la vuoi farmi dar facultà di farli comandamento

in forma sub poenis et censuri.1·, che 'l venga a Roma in termino, et, non venendo, procedere etc.»

(Della Casa a Farnese, 17 novembre 1 548 - Ronchini , Lettere, pp. 25 1 -254). Vergerio fu anche

associato ad un bruciamento di l ibri eretici che ebbe luogo a Venezia nel luglio del 1 548 (L. Campana.

art. cii., �f· 247-248). 1 Cfr. le varie opere di Emilio Comba tendenti ·a ricuperare Vergerio come uno de <d noslri

protestanti»: E. Com ba, FrancescoSpiera, episodio della Rij(mna religiosa in Italia. Roma e Firenze,

Claudiana, 1 872; Id., Il processo di Pier Paolo Vergerio, «Riv ista cristiana», l ( 1 873), pp. 299-3 1 1 .

345-354, 366-368; Id., I nostri protestanti, I l : Durante la Riforma nel Ve11eto e nell 'lstria, Firenze,

Claudiana, 1 897, pp. 259-295, 397-476. 1 24La monografia di Pio Paschini su Vergerio, pur essendo ben documentata, risente forte­

mente di questa polemica (P. Paschini , op. ci t., pp. 3, 1 56- 1 57). Altrove Paschini desc rive V erger io

come «Un uomo avido di onori e soldi . . . », Unwnesimo e Chiesa llell 'ltalia del primo Cinquecento,

«L'Arcadia», 2, 1 9 1 8, p. 1 40 (citato in A. Jacobson Schutte, op. ci t., p. 1 5 ) .

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carat�ere di Vergerio. In Eretici Italiani del Cinquecento, Cantimori lo definisce «un dissimulatore e una mente più politica che religiosa» 1 25 e, in Prospettive di storia ereticale italiana del Cinquecento, sostiene che la fuga di Vergerio fece scandalo tra i riformatori d ' oltralpe perché, seguen­do le linee guida di Ginevra, come vescovo avrebbe dovuto rimanere nella sua diocesi lavorando per l 'attuazione dei princìpi della Riforma - anche a rischio di perdere la vita. Secondo questa interpretazione, la sua grande attività pubblicistica intorno al caso Spiera serviva in realtà come giusti­ficazione della propria fuga e Cantimori esprime il parere che Calvino nella sua prefazione «mostra di aver capito bene che non si tratta soltanto di un racconto edificante per convincere i riformati in terra di persecuzio­ne ad insistere nella propria fede, ma che c 'è un altro elemento: la giustificazione del Vergerio, il rifiuto di lottare nel paese, l ' abbandono dell ' opera riformatrice» 1 26 • Neppure Church fu particolarmente tenero con Vergerio attribuendogli «una specie di astigmatismo etico» ; tuttavia, riconosce nell ' incontro con Soiera il fattore determinante nella sua deci-.

d" R J 2t swne 1 rompere con orna . Alcune opere più recenti hanno i n qualche modo riabilitato la figura

di Vergerio 128• An ne J acobson Schutte, convinta della validità dell' analisi psicologica nella ricostruzione di episodi storici, è disposta a dare mag­giore credito alle sue affermazioni. Partendo dal presupposto di un Vergerio le cui idee religiose rimasero sostanzialmente all ' interno dei confini del cosiddetto «evangelismo», Schutte vede nel suo i ncontro con Spiera un momento di i lluminazione e di decisione:

Ciò che Spiera stava soffrendo gli rivelava una possibilità cqe non aveva mai preso in considerazione prima. Chiaramente una pèrsona che credeva di essere eletta per la salvezza avrebbe potuto crollare sotto il peso della persecuzione, rinunciare alle sue credenze e subire un� atroce punizione in questa vita e nell ' aldilà . . . Quando incontrò Francesco Spiera, si rese conto che aveva cercato di giungere ad un

1 25D. Canti mori, Eretici . . . , c i t . , p. 1 57 .

1260. Canti mori, Prospettive . . . c i t . , p. 40. 1 27

F.C. Church, l riformatori italiani, trad. i t., Milano, Il Saggiatore, 1 967, (orig. 1 932), I , p. 285; cfr.J§P· 225, 269.

1 Cfr., soprattutto, la biografia di A. Jacobson Schutte e i l <<romanzo» storico di Fulvio Tomizza, Il male viene dal Nord: Il romanzo del vescovo Vergerio, Milano, Mondadori, 1 984.

r

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compromesso: servire Dio in questa nuova vocazione ed allo stesso tempo cercare di ottenere la riabilitazione come membro della gerar­chia cattolica romana129•

In una lunga recensione de !l ' opera, Andrea Del Col critica la ricostru­zione psicologica offerta da Schutte, osservando che «la trasposizione in campo storico di un concetto religioso come quello di vocazione . . . rischia di dare troppo peso ad una visione personalistica, troppo strettamente legata alla vicenda individuale e soggettiva del protagonista . . . » 1 30• Del Col crede che sarebbe giusto porre maggiore enfasi sulla maturazione delle idee di Vergerio nel corso degli anni e ritiene che i cambiamenti più significativi risalgano, in realtà, agli anni 1 544- 1 545: «Vergerio non s ' impegnò negli sforzi di riforma solo in diocesi, ma dal l 545 circa anche nella repubblica veneta . . . . Lo scopo finale era una riforma pubblicamente realizzata . . . » 1 3 1 • Inoltre, mettendo in rilievo l ' inadeguatezza del termine «evangelismo», si mostra scettico verso il concetto di un Vergerio, secon­do le proprie intenzioni, riformatore cattolico. In merito alla difficoltà di identificare «un criterio discriminante tra ortodossia ed eterodossia», Del Col osserva che «definire il Vergerio in un modo o nell ' al tro è inoltre complicato dalla constatazione che egli aveva ogni interesse a mostrarsi pubblicamente cattolico prima della fuga e protestante dopo» 1 32 • In gene­rale, ritiene che sia necessaria «una maggior chiarezza terminologica e metodologica» oltreché «lo spostamento da una indagine biografico-in­teriore alla biografia come indagine rivelatrice di una società, dove non sono tanto e principalmente messe a fuoco le crisi spirituali, quanto i loro riflessi e risvolti nella vita sociale, la loro funzione storica» 1 33 • Rispon-

1 29 Op. cit., pp. 368, 372. Commentando gli scritti del periodo antecedente la fuga di Vergerio , Schutte fa di tutto per opporsi al l ' idea di un Vergerio filoprotestante: <<Come sto cercando di

dimostrare, tutto prova che si considerò un cattolico romano fino a poco prima della sua partenza dal l ' Italia>> (op. cir., p. 330 n. 43 ; cfr. pp. 232-234, 309, 338) .

1 30 A. Del Col, Recensione a An ne Jacobson Schutte, Pier Paolo Vergerio: the Making (!{an 1ralian Re(ormer, <<Rivista storica ital iana>>, XCII ( 1 980), pp. 520-528, cfr. pp. 523-524.

13 A rt. ci r . , pp. 524-525. Cfr. A. Del Col, Lucio Paolo Rosello e la vita religiosa veneziana verso la metà del secolo XVI, ci t., pp. 43 1 -432. 1 3 2Art. cit., p. 527. Cfr. l ' accusa di muoversi su due piani dist inti presente nel la denuncia del 1 3 dicembre 1 544: « . . . predicando in occulto alli suoi aderenti, et alcuni parent i , negando il

purgatorio, despreciando alcuni sacramenti ecclesiastici ... et ol tre a questo ha pubbl icamente predicato nel domo di questa città esser vana la intercessione de Ili santi . . . > > (ASV. San t ' Ujji"zio, B. 2, c. 43; Comba, Processo, p. 302).

1 33A rr. cit. , pp. 527-528.

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dendo alle critiche di Del Col nella prefazione alla traduzione italiana del suo libro, Schutte ammette che «la consapevole accettazione da parte di Vergerio dei principi protestanti avvenne prima e fu più netta e decisa di quanto io affermassi», ma respinge nettamente l ' accusa di una eccessiva «psicologizzazione» tendente a rimuovere Vergerio dal suo contesto storico; accusa, che secondo lei , deriverebbe da «una certa riluttanza, da parte di molti studiosi italiani, a considerare la biografia un genere storico» 1 34

Altrove, Del Col offre una propria ricostruzione del processo a Vergerio e del contesto in cui maturò la decisione di fuggire mettendo in rilievo il significato dei mutamenti politici e religiosi . In particolare, sottolinea l ' importanza del cambiamento di atteggiamento da parte del Consiglio dei Dieci che, allarmato dalle notizie di eresia provenienti dal l ' Istria, intervenne concedendo l ' impiego della forza per l' artesto del vescovo e giunge alla conclusione che «la fuga di Pier Paolo non fu tanto allora il risultato della conversione interiore al letto dello Spiera, quanto della conversione dei Dieci, che mutarono il loro abituale rifiuto di consegnare alla Santa Sede sudditi veneti» 135 • Anche Santosuosso sotto­linea i l valore della svolta in seno al Consiglio dei Dieci da lui attribuita soprattutto al fatto che, a causa del suo comportamento, Vergerio era diventato «una seccatura, un inconveniente e una minaccia per lo stato veneto». Tuttavia, Santosuosso ritiene che i l cambiamento del clima politico-religioso spieghi soltanto in parte la scelta di Vergerio e rimarca l ' importanza della sua crisi esistenziale e religiosa che lo portò ad «in­frangere tutte le regole tribali, religiose e politiche della repubblica» inimicandosi i potenti e mettendo in imbarazzo le autorità venete 1 36 •

Il problema di come interpretare le dichiarazioni di V erge rio in seguito alla fuga viene affrontato anche da Silvano Cavazza che riscontra in Vergerio un profondo cambiamento di opinione «sul comportamento dell ' avvocato di Cittadella» citando il suo commento sul caso ne Il Catalogo de libri; in esso «dimostrava di saltare a piè pari tutte le

1 340p. cit. , p. 9. 1 35 A. Del Col, l tribunali dell 'inquisizione . . . , ci t . , p. 269. 1 36

A. Santosuosso, Religion. «more veneto» . . . , c i t., pp. 50-5 1 . Cfr. Id. The Moderate lnqui-sitor . . . , ci t., pp. 1 72- I 84. L'analisi di Santosuosso in realtà non si discosta molto da quella già offerta da Ferrai nel I 884 (Ferrai, Processo, pp. 37-38, 44).

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speculazioni teologiche sul peccato contro lo Spirito Santo e sulla mise­ricordia divina . . . per giungere alla condanna senza appello di ogni abiura o simulazione» 137• Dietro il cambiamento di posizione rispetto alle lettere del 1 548, egli ipotizza la lettura degli scritti di Calvino contro i nicodemiti , ripubblicati in latino nel 1 549, e «la scelta compiuta di prendere la via dell 'esilio piuttosto che sottomettersi alla Chiesa romana, sia pur dissi­mulando le proprie reali convinzioni» 1 38• Secondo questa linea interpre­tativa, la Historia scritta in italiano avrebbe avuto una funzione correttiva rispetto alla Historia Francisci Spierae curata da Curione e che Vergerio in quel momento non approvava pienamente. A favore di questa ipotesi Cavazza adduce la decisione di ripubblicare parte della raccolta a Ti.ibin­gen nel l 558 che comprendeva soltanto i propri scritti, quelli di Scrimger (Henricus Scotus) e di Calvino. Inoltre, mette in rilievo le prime incrina­ture nei rapporti tra Vergerio e Cm-ione avvenute nell 'estate del 1 550 1 ]� . Cavazza vede nella Historia un adattamento della «Storia alla si tuazione che si stava profilando nella sua vecchia diocesi di Capodistria, dove ormai le abiure e i ritorni al cattolicesimo erano all' ordine del giorno» 140 •

Nella sua recente rilettura del caso Spiera, Overell mette in risalto come fin dal i ' inizio l ' esempio di Spiera fu «sfruttato» come deterrente per chi fosse tentato di apostatare, tuttavia la sua esplorazione de l ! ' uso propagandistico dell 'episodio l o porta poi a mettere in discussione l ' at­tendibilità dei primi testimoni che egli accusa di aver strumenta l izzato i fatti a sostegno dell' antinicodemismo calviniano 1 4 1 • Seguendo la logica della sua tesi, arriva ad affermare che è possibile che tutti i resoconti derivino da un' unica fonte: le lettere di Vergerio, modificate con il senno

1 37S . Cavazza, art. cit., p. 46. Cavazza sostiene che il brano ne· // Catalogo de libri da lui citato si trova in «una sede tanto poco ovvia da sfuggire completamente agli studios i ••, ignorando che fu citato da Comba nel 1 897 (l nostri protestanti . . . , ci l . I I , pp. 288-29 1 ) . 1 38s. Cavazza, art. ci t., pp. 46-47.

1 39S. Cavazza, art. cit., pp. 45-47. Sui primi dissidi tra Curione e Yergerio vedere: F.C. Church, op. cit., l, pp. 280-28 1 ; A. Jacobson Schutte, op. ci t., p. 4 1 5 n. l O. Secondo Ca v azza. è possibile che proprio a causa delle divergenze di opinione <<i' Hisroria di M. Francesco Spiera venne pubblicata a Poschiavo e non a Basilea, in ritardo rispetto agli altri libri sul!' argomento e condannata ad una circolazione l imi tata>> (art. ci t., p . 47).

140S . Cavazza, art. cit., pp. 47-48. 1 4 1 M . A. Overell, The Exploiration of Francesco Spiera, <<S ixteenth Century Journal».

XXVI/3 ( 1 995), pp. 6 1 9-637. I n realtà, Overell non fa altro che sviluppare la tesi già enunciata da Paschini nel 1 925: <<S icchè dalle smanie d i un disgraziato maniaco, i l Vergerio cavava un post hoc ergo propter hoc buono per la polemica» (P. Paschini , op. ci t . , p. 1 47).

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' '

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di poi o addirittura scritte dopo la morte di Spiera. Vergerio, che aveva forti motivi personali per indicare la miseria di Spiera quale1 fattore decisivo per la sua scelta di non nascondere le sue convinzioni protestanti, viene definito «uno dei biografi meno attendibili» e indicato come regista principale dell ' opera di strumentalizzazione 142. L'analisi di Overell pren­de spunto da altre ricerche sull' impatto del caso Spiera nel mondo anglosassone, ma la sua originalità risiede nel fatto che tenta di dimostrare che questa strumentalizzazione sarebbe iniziata ancora prima che Spiera morisse 143. Tuttavia, alcune parti della sua ricostruzione non risultano particolarmente convincenti, soprattutto laddove, in mancanza d' indizi espliciti, tenta un' analisi psicologica delle motivazioni occulte di Verge­rio. Di conseguenza Overell è costretto a leggere molto tra le righe giungendo a conclusioni piuttosto azzardate sulla base di fonti di cui, in precedenza, aveva messo in dubbio l ' attendibilità.

DA EPISODIO ITALIANO A SIMBOLO UNIVERSALE

Come si è già visto, nel Cinquecento la storia dell ' agonia di Spiera ebbe una straordinaria diffusione soprattutto a causa del suo valore di ammo­nimento contro la tentazione della dissimulazione. I primi scrittori si sentirono in obbligo di divulgarla il più largamente possibile144 anche per combattere una specie di «campagna di disinformazione» che, a loro dire, era stata messa in piedi per negare la sua attendibilità. Ciò spiegherebbe la loro insistenza sulla veridicità del racconto145 . Vent' anni dopo l 'episo­dio, gli esuli italiani in terra protestante continuavano a scrivere ai loro compatrioti esortandoli a raggiungerE e, per convincerli a fare questo passo, a volte si servivano dell 'esempio negativo di Spiera. Nella prefa-

1 42M . A . Overell, art. cit., p p . 624, 628-629. 1 43M . Macdonald, «The Fearefull Estate of Francis Spiera»: Narrative, ldentity and Emotion

in Early Mode m England, <dournal of British Studies>> 3 1 ( 1 992) pp. 32-6 1 ; J. Stachniewski, The

Persecutory Jmagination: English Puritanism and the Literature of Religious despai[' Oxford,

Clarendon Press, 1 99 1 , pp. 37-39, 229-230, 300-30 l . 1 44Scrivendo al vescovo suffraganeo Rota alla fine del 1 548, Vergerio fa notare che i l caso

<<è cosa notoria a tutto lo studio e si può dire oggimai a tutto il mondo, perciò che una gran parte de

scolari che l 'han veduto l ' hanno scritta ne' paesi loro» (Historia, c. 1 6v; cfr. c. 1 7r).

I 4\ . . . qui spargerent, Spierae historiam veram non esse, eo modo, quo i l l is epistolis, quas

ego ex Italico in Latinum converti sermone m, fuerat perscripta» (Curione, HFS, p. 4). Tuttavia, nella

sua prefazione Curione si rallegra del fatto che i n soli tre mesi la storia aveva fatto i l giro dell' Europa

(<<Orbis Christiani») - HFS, p. 1 8 ; cfr. I/ catalogo de libri, c. [E7]r.

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 49

zione anonima al Trattato della vera Chiesa Cattolica e della necessità di vivere in essa . . . ( 1 573) di Vermigli, si polemizza con chi teorizza o pratica il nicodemismo: «[Satana] . . . ci combatte non meno con l ' astuzia che con la forza, cercando principalmente di persuaderei che noi possiamo col cuore servire a Dio, sebbene di fuori col corpo idolatriamo e mostria­mo il contrario, volendo parer buoni Papisti, il che veramente non è altro che un voler darci ad intendere, che possiamo servire a due signori . . . » 1 46 .

Scrivendo nello stesso periodo contro «la pratica di quanti ancora a giorni nostri sono stati cossì fermi nel papato con questo vano pretesto di voler risanare gl ' infermi», Alessandro Trissino oppone l ' esempio negativo di quelli «che hanno alla fine perduti se stessi, cioè la vita e, forse, l ' anima loro come sono stati l ' infelicissimo Francesco Spiera, Pietro Carnesecchi e molti altri» 147 .

Curione insistette fin dall' inizio sul fatto che Spiera non era stato dato come insegnamento soltanto all ' Italia, ma è improbabile che prevedesse come questa storia sarebbe stata usata lontano dall' Italia e molti secoli dopo. Infatti, il racconto raccapricciante della fine di Spiera ebbe la sua fortuna maggiore al di fuori dell ' Italia, soprattutto nel mondo angJosas­sone 148. Facendo notare come la prima versione della storia fosse apparsa in inglese già nel 1 550, John Tedeschi osserva che «un conto puramente aritmetico di edizioni assegnerebbe al Petrarca un posto nella letteratura inglese di qualche gradino al di sotto di quello occupato da Francesco S

. 1 49 p1era» . E' possibile trovare evidenza dell ' immediata diffusione della vicenda

146Trattato della vera Chiesa Cattolica e della necessità di vivere in esso, dell'eccellente teologo M. Pietro Martire Vermigli fiorentino, s . I . , 1 573, pp. 5-6, ristampato nella Biblioteca della Riforma italiana. Raccolta di scritti evangelici del secolo XVI, IV, Roma-Firenze, Claudiana, 1 884, pp. 75- 1 64; cfr. p. 78. Cfr. D. Canti mori, Spigolatura per la storia del nicodemismo italiano, in op. cit. , p. 1 89, n. 1 3 .

147 Ragionamento della necessità di ritirarsi a vivere nella Chiesa visibile di Gesù Cristo, lasciando il papesimo, d 'Alessandro Trissino a fratelli d 'Italia, ( 1 572), edito da A. Ol iv ieri, Alessandro Trissino e il movimento calvinista vicentino nel Cinquecento, «Riv ista di storia del l a Chiesa i n Italia», XXI ( 1 967), pp . 54- 1 1 7 ; cfr. p. 92 e i l commento a p. 72.

148Hubert, nel portare a termine la scheda bibliografica relativa al caso Spiera, si rendeva

conto di quanto fosse incompleta, affermando che «sicuramente esistono ulteriori edizioni anche in

altre l i ngue. Sarebbe auspicabile che si venisse a conoscere la quantità dei resoconti del caso Spiera affinché si potesse vedere quanto questo evento abbia commosso la sua epoca e quelle successive» (F. Hubert, op. ci t., p. 268).

149J. Tedeschi, The Cultura/ Contributions of !talian Protestanr Reformers in the Lwe Renaissance, in A. Prosperi e A. Biondi (a cura di), op. ci t. , p. 93 e n. 1 26.

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in Inghiterra nei commenti di due riformatori inglesi arsi nel 1 555: Hugh Latimer e John Bradford. Latimer, in una predica sul «Padre nostro», cita Spiera come esempio di chi ha commesso il peccato contro lo Spirito Santo, ma aggiunge subito dopo: «Ma vi mostrerò un rimedio per il peccato contro lo Spirito Santo. Se chiedete la remissione dei peccati nel nome di Cristo, allora vi assicuro che non peccate contro lo Spirito Santo. Poiché gratia exsuperat supra peccatum; la misericordia di Dio supera di gran lunga i nostri peccati» 150• John Bradford, nella preghiera che conclu­de la sua Esortazione ai fratelli in Inghilterra scritta dal carcere nel 1 553, fa riferimento al caso Spiera: «Che non corrano precipitosamente verso la perdizione, inciampando sui peccati dai quali non c 'è possibilità di ristabilimento al punto che tu "rinnega loro davanti al Padre" rendendo " la loro condizione ultima peggiore della prima", come è accaduto alla moglie di Lo t, a Giuda Iscariota, a Francesco Spiera e a tanti altri . . . » 15 1 •

Scrivendo verso la fine del Cinquecento, William Perkins coqtesta i l giudizio comune che vedeva in Spiera un reprobo. Perkins non accetta la testimonianza di Spiera stesso perché proviene da uomo instabile, né considera probante le sua disperazione dal momento che altri hanno provato Una disperazione tanto profonda quanto quella di Spiera ma sono stati ristabiliti con l ' aiuto del ministero della Parola. Egli crede che sia meglio sospendere il giudizio - «perché chi sa se ha disperato totalmente e definitivamente» - e biasima quelli che hanno pubblicato per primo «il libro» 152• In altri commenti sul caso, Perkins fa notare che nel lamentarsi della durezza del proprio cuore, Spiera dimostrava di non essere comple­tamente privo di ogni bene1 53 e sostiene di non trovare niente di eccezio­nale nell 'esperienza di Spiera: «La nostra nazione può offrire molti altri casi . . . i quali per mezzo della misericordia di Dio hanno ricevuto

1 50The Works of Hugh Latimer, a cura di George Elwes Corri e, Cambridge, Parker Society,

1 844-45, I, p. 425. 1 5 1

Exhoration t o the Brethern in England ( 1 553) in John Bradford, Writings, a cura di Aubrey Townsend, Cambridge, Parker Society, 1 848- 1 853, I, pp. 432-433.

1 52William Perkins, The Workes of that Famous and Worthy Minister of Christ in the University o/Cambridge, Mr William Perkins, London, 1 626-3 1 , I, p. 290. Non è chiaro a quale libro Perkins si riferisca: la Historia Francisci Spierae oppure A Notable and Marvailous Epistle. Anche altrove farla sempre di un libro al s ingolare (op. cit., III, p. 407).

530p. cit., I, p. 378.

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 5 1

conforto. Perciò, anche in questo caso, la carità cristiana ci impone di pensare e di dire la cosa migliore» 154•

Uno dei fattori che favorì la diffusione del l ' episodio nel mondo anglosassone fu l ' inclusione del caso Spiera nel Martirologio inglese di John Foxe155 • Naturalmente non era possibile considerare Spiera un martire protestante, ma Foxe incluse alcuni brevi accenni alla vicenda come esempio negativo in contrapposizione alle migliaia di episodi di costanza nella persecuzione e nella sofferenza 1 56• Attraverso i l Martirolo­gio inglese di Foxe, Spiera entrò a fare parte della coscienza protestante inglese e si trasformò in simbolo di riprobazione. Considerata l 'enorme diffusione dell' opera di Foxe, sarebbe difficile esagerare l ' importanza che ebbe questo veicolo ai fini della penetrazione della vicenda nel mondo anglossassone.

La sua grandissima circolazione ed il suo impatto sul l ' immaainario collettivo del protestantesimo anglossassone hanno destato notev�le in­teresse in anni recenti . Nella sua indagine sull'eco del caso Spiera nel mondo anglosassone, Michael MacDonald fornjsce una lunaa serie di . b citazioni che rivelano come nella coscienza protestante inglese il nome di Spiera, spesso associato a quelli della moglie di Lot e di Giuda, diventò ben presto simbolo di apostasia. MacDonald offre un 'analisi della fun­zione sociologica e psicologica del l ' episodio e spiega come fu adattato alle esigenze del momento: «Per generazioni di protestanti inglesi, parti ­colarmente nel sedicesimo e diciasettesimo secolo, Spiera rappresentava un avvertimento spaventoso contro la tentazione di abbandonare i rigori del settarismo e del dissenso religioso per conformarsi ad un'ortodossia oppressiva. La sua sofferenza e la sua morte erano l ' epitome dell ' agonia estrema che l ' ira di Dio riversava su quelli che voltavano le spal le al la verità e così rappresentavano una specie di antidoto psicologico alla sofferenza sperimentata dalle minoranze religiose perseguitate» 157•

MacDonald individua cinque periodi in cui le minoranze protestanti furono perseguitate in qualche misura dalla Chiesa Cattolica o dalla

1 540p. cit., IIJ, p. 407.

1 55 John Foxe, Acts and Monuments, 1 563; generalmente conosciuto come The Book of Martyrs.

1 56John Foxe, The Acts and Monwnents of John Foxe, 4 ed iz . (a cura di Josiah Pratt), London, 1 887, VI, p. 42 1 ; VII, p. 2 1 9.

1 57M . MacDonald, art. cit., p. 35 .

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Chiesa d ' Inghilterra e trova in ogni periodo un rinnovato interesse per l 'esperienza di Spiera - testimoniato dalla pubblicazione di nuove edizioni - sebbene il preciso significato del suo esempio potesse cambiare radical­m·ente a seconda del mutato contesto. Mentre in Italia l ' applicazione più immediata era quella del nicodemismo, in Inghilterra, tranne per il breve regno di Maria Tudor, il nicodemismo in senso stretto non rappresentò mai una reale tentazione; semmai la necessità di agire secondo coscienza poteva essere riferita anche alla tentazione di rinunciare alle proprie convinzioni puritane per conformarsi alla forma di religione imposta dalla chiesa nazionale. L'opera che ebbe più successo ed i l maggior numero di edizioni fu A Relation of the Fearfull Estate of Francis Spira in the yeare 1548 di Nathanial Bacon pubblicata per la prima volta nel 1 638 1 58• Come fonte Bacon si servì della collezione di testimonianze e commenti curata da Celio Secondo Curione, ma nel suo testo ci sono anche delle aggiunte che crearono ulteriore confusione riguardo a quello che Spiera effettiva­mente fece e disse. Sembra che la motivazione originale della sua pub­blicazione fosse quella di scoraggiare qualsiasi cedimento a scendere a compromessi in relazione alle innovazioni ecclesiastiche introdotte da Carlo I .

Nel Settecento, l ' episodio fu usato come arma contro la tentazione a rinunciare alla fede per abbracciare qualche forma di deismo o ateismo e apparvero molte opere con il titolo: Il secondo Spiera che raccontavano la morte disperata di atei ed increduli . Sempre nel Settecento, fu usato come esempio per eccellenza del fenomeno della disperazione religiosa. A differenza però del caso di Spiera, non si trattava della disperazione del reprobo, ma di quella del peccatore che si rende conto della gravità del proprio peccato. In questo senso veniva considerata una condizione preparatoria alla conversione. MacDonald precisa che la disperazione che i puritani ed i metodisti associavano al nome di Spiera non è da confondere con la desperatio medievale, né con l ' acedia 1 59•

Oltre a Bacon e Foxe, un altro autore contribuì a dare ali' episodio una

158MacDonald fa notare che ne uscirono almeno dieci edizioni prima del 1 800, mentre l 'u ltima edizione risalirebbe al 1 845. Trattasi di traduzione ed adattamento delle testimonianze contenute in Historia Francisci Spierae circolante in manoscritto prima del 1 638 (op. cit., pp. 34, 40). Robert Bo1ton commenta favorevolmente la precisione della traduzione di Bacon in /nstructions for a Rif:ht Comforting [ of] A.fflicted Consciences, 2nd ed., London, 1 635, p. 1 8 .

59M. MacDonald, art. cit., pp. 59 sg.

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 53

diffusione sempre più vasta e duratura, John Bunyan . Nelle sue opere si trovano diversi cenni all 'esperienza di Spiera sempre considerata come esempio negativo, avvertimento, qualcosa da evitare a tutti i costi. Il riferimento a Spiera che probabilmente ebbe il maggiore impatto sulla coscienza protestante per diversi secoli fu quello contenuto nella sua autobiografia Grace Abounding t o the Chief ofSinners - la lettura preferita di generazioni di evangelici 160• Bunyan racconta che in un periodo di crisi spirituale gli capitò tra le mani il libro di Bacon:

A quel tempo, mi imbattei nella terribile storia di quell' infelice mortale, Francis Spira; e i l libro che ne trattava fu per i l mio spirito tormentato come il sale strofinato su una ferita fresca. Ogni frase di quella storia, ogni lamento di quell ' uomo, con tutto il resto delle sue azioni e dei suoi dolori, come le sue lacrime, le sue preghiere, il suo stridor di denti, il suo torcersi le mani, i suoi contorcimenti e struggi­menti sotto quella possente mano che Dio teneva su di lui, erano come coltelli e pugnali nella mia anima. Specialmente questa sua frase mi terrorizzava: «l' uomo conosce l ' inizio del peccato, ma chi può ! imi­tarne i confini?» 16 1 • E' da notare che la frase di Spiera che terrorizzava Bunyan in realtà non compare nella versione originale; è un'interpo­lazione di Bacon 162•

Soltanto nell ' Ottocento si può parlare di un calo d' interesse per l ' episodio nel mondo anglossassone anche se nel 1 863 Charles Haddon Spurgeon poteva ancora citare il nome di Spiera in un sermone intitolato Il tradimento senza temere di parlare di una figura sconosciuta ai suoi ascoltatori 1 63•

LA Hl STORIA DI M. FRANCESCO SPIERA

Nelle varie testimonianze sul caso Spiera esistono numerosi riferimenti

1 60M . MacDonald, art. ci t., pp. 49-50. 1 6 1 John Bunyan, Grace Abounding to the Chief of Sinners, 1 666, # 1 63 (tr. it. Graz.ia che

abbonda al maggior peccatore, a cura di Alfonso Prandi e Mari sa Castino, Fossano, Ed. Esperienze,

1 970, p. 90). Per altri riferimenti a Spiera vedere: The Miscellaneous Works of Jo/711 Bunyan, V, a cura di Graham Midgely, O x ford, Clarendon, 1 986, pp. 58, 1 5 1 , ! 73 ; Id., lX, a cura di Richard L. Greaves, O x ford, Clarendon, 1 986, p. 1 67 .

1 62M . A . Overell, art. c i t., p. 635. 163C.H. Spurgeon, <<The Betrayai>>, Metropolitan Tabernac/e Pulpit, 15 febbraio, 1 863, pp.

85-96; cfr. p. 96.

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al fatto che molti testimorù oculari avevano scritto e pubblicato le loro impressioni ed interpretazioni dell' agonia di Spiera164• Tuttavia non risulta facile documentare con precisione la sequenza cronologica delle pubbli­cazioni. La prima testimonianza a vedere la luce fu probabilmente quella di Gribaldi pubblicata nel 1 549 1 65 e ci sono buoni motivi per ritenere che nello stesso anno sarebbe uscita la traduzione latina delle sei lettere di Vergerio inviate da Padova nel novembre 1 548166• Nel 1 550 fu pubblicato a Ginevra lo scritto di Enrico Scoto con prefazione di Calvino datata 9

dicembre 1 549167• In seguito, questi scritti furono ripubblicati di nuovo

1 64Vedere le deposizioni di Giacopo Nardini e di Bernardino Scardeone (ASV, Sant 'Uffizio, Processi, B. 3; Ferrai, Processo, pp. 40-43). Nella H i storia, Vergerio fa riferimento agl i scritti di Gribaldi, Gelous, Scotus, Calvino," Cellario (Borrhaus) e Celio (Curione) e parla di traduzioni in francese e tedesco (c. 2v). In seguito parla di «diverse lettere» e anche di «quattro lunghe/pistole latine scritte di tutto questo caso di l igentemente» (cc. 1 3r, 1 6v); cfr. Il catalogo de libri, . [E7]r. Probabi lmente diversi resoconti circolarono in manoscritto prima di essere pubblicati (cfr. i com­menti di Nardini - Ferrai, Processo, pp. 42-43) . Nella corrispondenza di Calvino tra il 20 giugno 1 549 e i l 3 gennaio 1 550 ci sono diversi riferimenti a scritti sul caso, sebbene risulti difficile giungere ad un' identificazione precisa (O. C. XIII, lettere nn. 1 209, 1 222, 1 24 1 , 1 333 e 1 336).

1 65Matteo Ori baldi, Historia de quodam quem hostes EvangelU in Italia coegerunt abijcere agnitam veritatem . . . s. I . , 1 549. La stessa opera apparve sotto il titolo: Epistola . . . de tremendo divini iudicii exemplo super eum, qui hominum metu pulsus, Christum et cognitam veritatem abnegat e come tale fu inclusa nella Historia Francisci Spierae ( 1 550). Nella sua prefazione, Curione afferma che la lettera di Ori baldi (datata 5 dicembre 1 548) era già stata pubblicata in vari luogi della Germania (HFS, p. 1 2) . Il VD !6, VII, pp. 1 62- 1 63 (G 3299-G 3305) elenca diverse edizioni in latino e tedesco pubblicate a Basilea, M agdeburgo e Wittenberg nel 1 549 (quella di Magdeburgo con una prefazione di Mattia Flacio I l lirico); cfr. Cavazza, art. cit. , p. 45 . Una traduzione inglese uscì l ' anno seguente: Matteo Gribaldi, A notable and marvailous epistle of the famous Doctor Mathewe Gribalde, professar of the law in the universitie of Padua: concerning the terrible iudgement of .Jod , upon hym thatfor feare ofmen denyeth Christ and the knowen veritie: wyth a Preface of Doctor Calvine. Translated out of latin intoo English by E. A. [Edward Aglionby] Worcester, 1 550. Una nuova edizione uscì a Londra probabilmente nel 1 570 (The Natio1wl Union Catalog, Vol. 2 1 8, pp. 224-225).

1 66Francisci Spierae Civitatulani horrendus casus, qui ob negatam in iudicio, cognitam Evangelii veritatem, in misera m incidit desperationem : Quod exemplum, quam sii his temporibus utile omnibus, et necessarium, ne mine m cordatum late re potest. s. l . , n. a. Secondo Ca v azza la loro pubbl icazione ebbe luogo <<Al l ' inizio del 1 549, a Basilea>> (art. cit., p. 35). Questa ipotesi si basa su quanto scritto da Vergerio nella prefazione a Il Catalogo de libri, datata 3 luglio 1 549, dove, però, Vergerio parla di cinque lettere: <<Ma tra le altre cose [Curione] ha tradotto in latino le cinque lettere che in materia del disperato di Padova io dettai in volgare ad un mio nipoti no che le scriveva e vi ha aggiunto una prefazione e certe glosselle . . . » (Il catalogo de libri, cc. E3r, cfr. [E7]r, [E8]r, [E9]r; cfr. Historia, c . 3r e F. Hubert, op. cii., p. 265). Sempre nel 1 549, uscì una traduzione tedesca pubblicata a Basilea ( VD 1 6, XXI, p. 1 1 4; H ubert, op. cit., p. 267).

1 67Henricus Scrimger, Exemplum memorabile desperationis in Franciscus Spiera propter abiuratamfidei confessionem. Cumpraefatione D. loannis Ca/vini, Genevae per Ioannem Gerardum,

Studi di teologia X ( 1 998) 7-56 55

insieme ad altri due scritti (di Borrhaus e Gelous) nella raccolta a cura di Curione intitolata: Francisci Spierae qui quod susceptam semel evange­licae veritatis professionem abnegasset damnassetque in horrendam incidit desperationem historia . . . , Basileae, 1 550 168

La _Hist?rfa di fV!· Francesco Spiera, pur essendo composta in gran

parte di scntti datati 1 548, fu stampata soltanto nel 1 55 1 dal tipografo Landolfi a Poschiavo 169• L'opera, lunga 46 cc., comprende sei scritti : una prefazione «V erge rio a' Fratelli» datata il 15 aprile 1 55 1 da Vicosograno (2r-4r), «L'Historia del Spiera» datata il 7 dicembre 1 548 (5r- 1 3 v) 1 , una lettera «Al suffraganeo di Padoa il Rota» datata il 23 dicembre 1 548 ( 1 3 v-25r) 1 7 1 , una lettera «A Fra Zenobio Theologo del Cardinal di Man­toa» (25v-33v) 172, una «Letera di M. Ottonello Vida di due rinegatori di P o la» (33v-40r) e «Di un'altro rinegatore» ( 40r-46r) 1 73 •

1 550. Sul la figura di Scrimger (o Scrymgeour) vedere Dictionary of National Biography. London, Smith, El der & Co., 1 909, vol. XVII, pp. ! 088- l 089.

1 68Sul la pubblicazione di questa edizione, vedere: L. Peri n i , Note e documenti su Pietro Penw libraio·f�ografo a Basilea, <<Nuova rivista storica», L ( 1 966), pp. 1 5 1 - 1 52.

S . Cavazza, art. cit. , pp. 45-48, 6 1 -62. 1 70Edita anche da Emilio Cornba, Trallatelli di P.P. Vergerio e sua Storia di Francesco

Spiera, 1�jbl ioteca del la R iforma italiana, II , Roma e Firenze, Claudiana, 1 883, pp. 1 1 2- t 22.

Secondo Cunone, la lettera a Rota, che egli chiama <<Apologia», fu tradotta prima in tedesco poi in latino (H FS, p. 7). Nel 1 549 apparve una traduzione tedesca del l 'Apologia di V eroe rio e del la lettera di Gribaldi ( Hubert, op. cii. pp. 267; VD 16, vol. 2 1 , p. 1 1 4). Nelle varie edizi�ni e traduzioni la data di questa lettera varia notevolmente (cfr. Hubert, op. cii., pp. 266-267). Secondo Ferrai , la lettera non fu firmata, ma questa supposizione si fonda sul la lettera di Busdrago a Rota del 29 dicembre 1 549 in cui si parla dei contatti tra Vergerio e Spiera e si cerca d ' identificare l ' autore di �<una composizione novamente fatta sopra el ragionamento de Francesco Spiera» (ASV, Sanr 'Ul fizw, Processi, B .6; Comba, ( 1 872), pp. 1 32- 1 33) . Secondo Vergerio, invece, Della Casa <<fece con quel suo Auditor Busdrago inquisizione di l igente per trovare l ' autore delle cinque lettere parendo a lu i che fossero eretiche marci e . . . » (Il Catalogo de libri, c. [E8]r). Le valutazioni della lettera a Rota sono estremamente diverse. De Leva sembra mettere in dubbio che Vergerio l ' abbia effettivamente inviata a Rota dicendo che <<ha tutta l ' aria di un eroismo religioso e morale a buon mercato» (De Leva, op. ci t., pp. 42-43). Hubert, invece, è dell 'avviso che rappresenti una lettera scritta con il fuoco (<<Mit Feuer ist sein Scheidebrief . . . » - F. Hubert, op. cir. , p. 1 7) , mentre Hauser la defin isce <da ritrattazione di Yergerio» (<<Widerruf Vergerii» - A. Hauser, Pietro Paolo VergeriosprotesiLintisclie Zeit, TUbingen, University of TUbingen, 1 980, p. 8 1 ) .

1 720ttonello Vida, cugino di Vergerio, racconta brevemente la vicenda di Spiera sottoline­ando la sua importanza come avvertimento contro la tentazione di rinnegare l a verità. In seuuito, narra i n chiave monitoria la triste vicenda di due rinnegatori di Pota puniti da Dio per la loro inf;deltà confrontati con altri cinque rimasti saldi nella fede nonostante le persecuzioni.

1 73Q . . ' . . uesto scntto e quasi mteramente una diatriba contro il nuovo vescovo di Capodistria,

Tommaso Stella, e contro tutti i rinnegatori, ma contiene anche un appello alla fedeltà diretto a quelli che non si s i sono ancora macchiati del peccato della rinnegazione.

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56 D. Walker, Pier Paolo Vergerio ( 1498-1565) e il «Caso Spiera»

In questo numero della rivista vengono ripubblicati i primi quattro scritti. Nella trascrizione si è seguito un criterio tendenzialmente conser­vativo, mantenendo in genere la grafia originaria con le seguenti eccezio­ni: sono sciolte tacitamente tutte le abbreviazioni; si distingue u da v; si scrive con z la t e la tt prima di i seguita da vocale. Si sopprime l 'h etimologica; la congiunzione et è resa con e (ed davanti a vocale); le consonanti scempie e doppie sono state conformate all' ortografia corren­te, così pure l ' uso degli accenti, degli apostrofi e delle maiuscole. La punteggiatura è stata completamente normalizzata secondo le convenzio­ni attuali . Vengono lasciate inalterate le grafie di nomi propri (eventual­mente suggerendo lezioni corrette tra parentesi quadre). Per quanto riguarda l ' accettabilità di grafie desuete nell 'uso antiquato di certe parole, ci si è attenuti ai criteri indicati dal Dizionario di ortografia e pronunzia, a cura di Bruno Migliorini, Carlo Tagliavini e Piero Fiorelli, Roma, ERI, 1 969.

LA HIST O: RlA D I OM9 FRA N (�ESC() § J_il 'i 1t< D ll\ ·rr )Q' r(iì 'V jt; w ··r:: n ' 'C; ·�'!) <1... _ C.d."'-• .1 'il. � Ji. ffiJ..v �� l"'J\. L.dl.:, Il. J[,, ,,,'!.o. bau�rc .in va:rfij �·nodi ID.\�gata, l(]( rfOliU!I

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VERGERIO A' FRATELLI

Quando una è veramente opera di Dio, ella suo l fare in diverse condizioni di persone due effetti del tutto contrarii, risuscitare fuor del sonn}) e della morte del mondo a vivere e riposare in Cristo, e insieme consolare le anime degli eletti, e suole esacerbare, confondere e rovinare quelle de' reprobi . Così disse il giusto Simeone, che Cristo era posto in risurrezione e in rovina di molti, e in segno al quale si dovea contraddire da' carnali. E il medesimo affermò Paolo, che Cristo ad alcuni era odore di vita in vita, ad alcuni altri odore di morte in morte. Or per questa cagione possiamo esser sicuri che l ' istoria del Spiera è stata verissima opera di Dio, perciò che ella ha vivificato e fatto stare in cervello e attenti molti pii, e ha come ammazzato, disordinato e fatto entrar in rabbia · molti reprobi . Gli pii subito che la ebber intesa andaron cercando! di vederla, ne incominciarono a ragionare per ispargerla bene in gloria di Dio, e alcuni d 'essi si posero a descriverla, come il Gribaldo, il Geloo e il Scoto, e alcuni altri a fame sopra prefazioni e giudicii, e istampargli come Calvino, Cellario e Celio, e non solo nella latina è stata scritta, ma nella tedesca e nella francese, di maniera che tutta Europa ne è piena. E dall' altra parte gl' impii, subito che ne sentirno il primo odore, non solo si pensaron di andarlo a vedere, ma fuggirno da quel spettacolo dandogli varie calunnie, e oltre a ciò odiarono e fieramente perseguitarono quegli che ne parlavano o scriveano; così fece il Rota e il B arges in Padoa, così il legato Della Casa col suo auditore Busdrago in Vinezia. E infine si è anche ritrovato un Don Georgio Siculo, il quale contro tutta questa istoria e dottrina ha voluto scrivere in l ingua italiana un lungo, ma carnale e pelagiano libro, non solo inetto. E si è anche ritrovato che nella latina vi ha scritto sopra un certo suo giudicio, dicendo imlpiamente che il Spiera ebbe il cervello intricato nella opinione de[gli ] Stoici quanto alla elezione di Dio, e che i consolatori non intesero questa fonte del male. Insomma il Diavolo si è in molti modi sforzato di calunniarla e levarle il credito, adunque ella fu senza dubbio opera di Dio, e grande e istupenda opera e, tale essendo stata, il Signore mi muove a doverla divulgare e farla

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intendere ancora più che ella non è in consolazione de' fratelli e confu-sione de[gli] ipocriti e farisei. E certo stava male che, essendo stampata · in tante altre lingue, ella non fosse anche nella nostra italiana. Qui non saran le cinque che già vedeste, ma una lettera e una apologia, nelle quali, essendo io ancora in Padoa, ricolsi tutta la somma del fatto e a tempo che [3v] ancora quell ' infelice vivea, siccome molti ne posson far fede, che infino allora ne vidono copia, statene pur sicuri che questa che io vi do a leggere sia la pura pura verità, e fremano pure i papisti quanto vogliono, che ella sta pur così, e ne chiamo Iddio, autore e padrel della verità, in testimonio. [3v] Vi ho aggiunto tre altri o poco più fogli, ne' quali qualche cosa leggerete che molto a questa materia de ' rinnegatori si appartiene, come potrete vedere. E pare a me, per quello che ogni dì della nostra Italia intendo, che ora molto a tempo questo libretto andrà a torno, portando nuova e certificando la gente dell' ira e delle minacce di Dio verso i rinneganti, perciò che vi è gran numero di quei che fan professione de cristiani regenerati, ma alcuni d' essi si lascian ogni tratto condurre a fare le abiurazioni e negazioni , alcuni dissimulano e s ' infingono di non conoscer Cristo e ne' culti falsi e illeciti si van pure con varie scuse contaminando, e alcuni altri non tengono quella onesta vita, che al decoro di quegli che fan professione di esser in numero de' figliuoli di Dio si converrebbe. Adunque tutti questi, specchiandosi in questo orrendo caso, potran vedere con quali modi i l giusto Iddio se ne sia incominciato a vendicare. Deh apran gl i occhi ! Deh apran gli l occhi (che per parte di Cristo protesto della certissima dannazion [4r l loro, se non si emendano) e veggano e considerino bene quanto importi il negare i doni celesti, e la grazia, fare ingiuria al lo Spirito Santo e conculcare, sprezzare e vituperare la verità e il figliuol di Dio, che è loro stato manifestato ! Insieme con questo vorrei che leggessero un trattare li o del Calvino, il quale mostra con quanta diligenza l ' uomo cristiano si dee guardare da' culti falsi e in quanto pericolo dell' anima stanno quei che ad essi acconsentono, e uno del Muscolo intitolato Proscero, che la istessa materia tratta. State nel Signore e ringraziatelo de ' doni, i quali si vede . che egli dà a tante persone in questa bella età, ma che troppo brutta ed infelice sarà stata per quegli che non avranno costantemente, puramente e con onesta vita questa divina dottrina e professione onorato. Fratel l i , pregate per me.

Di Vicosoprano a XV. d 'Aprile nel MDLJ.

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L ' ISTORIA DEL SPIERA

Già sei o sette anni un cittadino di una terra che è qui vicina a Padoa, chiamata Cittadella, il cui nome è M. Francesco Spiera e soleva esser il primo avvocato di quel luogo, cominciò a leggere con diligenza molti libri vecchi e nuovi di teologia e avea grandissimo piacere di quella lezione e dottrina, ed insegnava ogni dì molte cose alla moglie e a[gli] undici figliuoli, che esso ha, ed eziandio a' parenti ed agli amici, ed a cui il voleva ascoltare senza rispetto, e mostrava di essere molto infocato. Or costui fu accusato a Vinezia di aver dette delle parole, le quali erano contra la dottrina e l ' autorità della Chiesa romana, e furono esaminati alcuni testimonii contra di lui, e brievemente fu citato davanti il legato Della Casa. Dice adunque questo povero M. Franlcesco che, essendo stato chimpato, gli entrarono diversi pensieri in capo e che sentiva uno spirito, che nel cuore gli diceva: «Se tu sarai domandato, di ' fuori liberamente quello che a te pare che sia la verità, non temer nulla e lascia far a Dio, che ti difenderà contra ogni potenza. E guardati di non rispondere contra conscienza e di non negar la verità che tu hai con!)sciuta, per v o l erti conservare la moglie, i figliuoli, la roba e la vita, perché Dio ti castigherà» . Adunque, mosso da questa ispirazione, qualche volta esso pensava di voler dire apertamente la sua opinione e non l ' asconder niente, e qualche volta pensava di non si voler mettere a questo pericolo, ma di andar più presto fuor del paese e lasciar patria, roba e figliuoli. Ed infine, dopo lunga battaglia, si risolse di voler dissimular e tener salda la sua opinione nel cuore in secreto, e con la bocca dire un'altra cosa in tutto e per tutto come avesse voluto il legato. E così fece. Egli se n' andò volontariamente e disse simil parole: «Vostra Signoria non guardi che qualche! volta io abbia ragionato e insegnato alcuna cosa contro quello che tiene la vostra santa Chiesa romana, conosco aver fatto male e non farò mai più, e prometto e mi obbligo di aver a tenere tutte quelle opinioni per vere e per cattoliche che

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voi mi direte che io tenga, e di tenere per false e per eretiche quelle che da alcuni anni in qua io avea cominciato a credere che fosser buone e cattoliche». Questa confessione ed abiurazione fu accettata e scritta da notari e confermata con la sottoscrizione della mano propria di M . Francesco, e gli fu comandato che avesse a tornare a Cittadella e che in un giorno di festa a ora di messa montasse in un pulpito e dicesse che esso riconosceva per tristi tutte le opinioni che poco prima esso soleva tenere ed insegnare, e che confessava per vere tutte quelle che tiene la Chiesa di Roma. Adunque esso si partì da Vinezia per andare a far que�t? eff�tto, e di�� esso che, andando verso Cittadella un' altra volta lo Spmto gh commcto ragionar di dentro! e dire: «Francesco, tu hai scritto la lettera a.v�n�o.fatto [6v) la prima abiurazione, manca mo far la seconda e che tu metti ti stgtllo e la confermi. Non [lo) far, Francesco; tu sei in libertà, tu puoi andar dove tu vuoi, il mondo è grande; stima più l ' onor di Dio, che le comodità del mondo; non negar Cristo, che esso non neghi te». E nonostante questa ammonizione, esso pure, avendo l ' occhio a volersi conservare le como-dità mondane, andò in pergolo e, nel cospetto forse di due mila persone che vi erano, disse quello che gli era stato comandato, sentendo sempre che la conscienza non consentiva, ma anzi gagliardamente contrastava e lo accusava. Fatto l 'officio, l ' infelice uomo tornò a casa e subito si sentì percosso dalla man di Dio; sentì che gli furono tolti i doni dello Spirito, la confidenza e la speranza nel Signore, e sentì un orrore e ispavento grandissimo n eli' animo, una confusione e una desp�r�zione totale, ed � cui il volea consolare, rispondeva con molta gravtta: «11 fatto mto e

[ 7rl spazzato, sento in me la sentenza della! eterna dannazione, son malad�tto in eterno nel numero di reprobi , perché ho negato Cristo e la conoscwta verità». Questo fu già sei mesi, e il misero d' allora in qua sempre è andato peggiorando, tanto che i figliuoli l ' hanno condott� in Padoa vici�o alla chiesa di Santo Antonio del fuoco e di S. Lonardo, m casa dt M. Gtacopo Nardino, e l' han posto in mano dei medici per provare pur se potessero trovar rimedio a quella malattia. Ma non ci è ordine; vi è stato il Frizzi­milega, il Crassis e il bell'Achate [=Bellocato) , e non l ' hanno potuto aiutare. Onde i poveri figliuoli l' hanno posto l' altro dì in una carretta e se l ' hanno portato a Cittadella. lo l 'ho veduto parecchie volte. E' uomo di circa cinquant'anni, di buonissimo aspetto, parla molto sensatamente e

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mostra di esser dotto e ben esercitato nella Scri ttura e (per quello che intendo) è assai accomodato di facultà. Non mangia già più di un mese e dice che non è possibile che possa mettersi cosa alcuna nella bocca. Si è fatto ogni esperienza peri farlo mangiare di volontà, e non ci è sesto. Non dorme se non tanto poco, che appena potrebbe esser manco. Ma quando pare a' figliuoli , essi il ligano ben stretto e per forza con un crucciato grande gli apron la bocca e gli infondono qualche brodo e qualche ovo, e di questo vive. Ha una complessione tanto forte e robusta che, essendo tenuto a questo modo, credo che esso viverà ancora un pezzo. E di questo il pover uomo si rammarica tra l ' altre cose e dice: «Così come agli eletti tutto coopera in bene, fino gli inimici, fino i peccati, così a' reprobi tutto in male e in tormento; ecco che fino i figliuoli mi danno ogni giorno il martirio e mi tengono per forza in questa vita, dalla quale tanto bramo di uscire». Ed essendo domandato se adunque esso si pensa, quando morirà, di aver a truovar riposo, rispose: «Troverò tormenti e crucciati orribilis­simi, ma gli merito, e bisognerà andarvi, perché ho fatto il peccato che è in Spirito Santo, che è il peccato a morte». Or sarebbe lungo a recitare tutto quelllo che esso ha detto e che con le orecchie mie io ho sentito da costui, ma scriverò solamente qualche cosa più notabile. Per averlo a consolare sono stati usati con lui molti luoghi della Scrittura, perciò che vi sono state molte persone di conto, prelati, dottori, scolari e altri gentiluomini, i quali si sono faticati, ma a tutti esso ha dato risposta, concludendo insomma che esso non poteva accettare la consolazione loro, perciò che provava in sé che Dio lo aveva privatl> della fede e che non poteva più confidarsi in lui e sperar misericordia alcuna. E diceva: «Desidero di poter riavere e ricuperare i doni che mi sono stati tolti, ma non è in mia l ibertà di potergli ricuperare; Dio me gli ha tolti in pena del peccato e in esempio vostro, e so e sento che non me gli vuoi restituire, e già mi ha dannato e già sento le pene dell ' inferno». E quando gli era detto che la misericordia di Dio è infinita e che in Cristo erano stati puniti tutti gli suoi peccati e che riguardasse in quel propiziatiorio e in quel sacrificio, non inl sé medesimo, esso rispondeva: «Queste sono parole da dire agli eletti, essi si allegreranno e consoleranno sentendole, dove a me elle sono confusione, rovina, tormento, danno e veramente odore di morte» . E soggiunse: «A me tutte le cose, tutte quante ne sono al mondo, sono moleste e contrarie, non ce ne è più alcuna in mio favore, tutte concorrono ad aiutar la mia dannazione». E qui esclamava: «Hor-

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rendum est incidere in manus Dei viventis» 1 • E non credeste che queste parole fosser dette in quel modo che fanno i pazzi e furiosi, ma sedata­mente con sospiri gravi e parecchie volte con lagrime, le quali commo­veano fino nelle viscere e facevano pianger anche noi che eravamo presenti. E certo egli è uno stranissimo spettacolo. Mi pareva vedere (ed esso diceva che li pareva di essere) un uomo legato mani e piedi in catene fortissime, e che uno il chiamasse e dicesse: «Vieni qua, ti priego, slegati da quei ferri» ; e che colui rispondesse: «Purtroppo il desiderio, ma come vuoi tu che io possa venire, avendol queste catene attorno?» ; e tuttavia piangesse e si crucciasse di non potervi andare. Così appunto questo sventurato desidererebbe di poter sperare e di potersi confidare nella misericordia di Dio, ma sente di esser indurato e di non potere e, se con la bocca chiama aiuto e invoca il nome di Dio, egli dice che col cuore noi può invocare e che anzi sente che il suo cuore lo ha in odio e lo bestemmia. E perché il vescovo Vergerio, che il soleva visitare più spesso degli altri, un giorno con con molta istanza, efficaccia e dolcezza il pregava e scongiurava che si consolasse e che sperasse nella clemenza di Dio, esso gli disse: «lo credo che voi pensate che io abbia piacere di starmi su questa durezza e che ella sia una mia ostinazione volontaria, ed io vi dico che è tanto il desiderio ch' io avrei che Dio mi guardasse un poco poco e intenerendomi il cuore che ora è di sasso, mi facesse sentire che mi perdona che, per un gocciolino di questa consolazione, totTei di patto di star poi diece mila e diece mila anni nel lle pene de li' inferno, perché questi arebbon pur fine qualche volta, e non aranno mai fine quei tormenti che io aspetto dovendo morire in questa desperazione, come so certo che io ho da morire per il grandissimo peccato della negazione». E soggiunse : «Il mio è un caso orrendo e mai più ne fu un tale», e ammoniva tutti gli circostanti, che erano qualche volta venticinque e trenta, che lo avvertis­sero bene e imparassero da lui di quanta importanza sia il negare la conosciuta verità. E qui meglio del mondo sapeva allegar contra di sé, prima quel luogo in S. Matteo: Qui negaverit me coram hominibus, negabo et ego eum co ram Patre meo2. E quel di Paolo agli Ebrei, al sesto: Impossibile est eos qui semel sunt illuminati, si prolapsi sw1t, rurswn

1 Ebrei l 0,3 1 .

2Matteo l 0,33.

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renovari ad penitentiam3• E agli Ebrei, al x: Voluntarie peccantibus post acceptam notitiam veritatis, iam non relinquitur hostia pro peccato4• E quel di S . Pietro, al secondo della seconda: Melius fuisset non cognovisse

[l Or] viam iustitiae, quam post agnitionem retrorsum converltt Insomma, io non ho mai sentito avvocato alcuno, il quale avesse così bene in pronto i testi per difesa di qualche suo reo, come costui avea quei della Scrittura contra di sé. E diceva il meschino: «Questo è il giudicio di Dio, che noi medesimi conosciamo e confessiamo a tutti che è giustissima la sentenza che esso pronunzia contra di noi» . Quello poi che a me molto piacque di udire fu che costui, con una gravità maravigliosa un par di volte che l 'ho sentito io, si pose a dire alli circostanti parole simili: «0 fratelli, non ve la fate così dolcetta, non crediate che lo esser cristiano sia una cosuccia leggier[a] e che consista in esser battezzato e andare a sollazzo, e in legger un poco dell ' Evangelio, e tener una certa via mescolata e intricata la quale partecipi un poco di questo, un poco di quello. Chi vuole esser cristiano -disse - bisogna che si pensi di esser una cosa robusta e salda, una cosa netta e schietta, semplice e aperta, bisogna che molto bene accompagni la

[l Ov] vita e sia onesto e sia sincero e uomo da bene nel l cospetto di Dio e degli uomini». E qui allegava quello di S. Pietro: Satagitefratres per bona opera certam facere vocationem vestram6, e laudava quella epistola di Pietro grandemente, e poi sospirava e accusava se stesso dicendo di aver bene avuto cognizione dello Evangelio, di aver ben saputo che Dio ne dona la vita eterna per il Figliuol diletto, ma di non aver poi fatto vita confoqne e convenevole a quella cognizione. E tra l ' altre cose molto si doleva de' peccati, che esso avea fatto con l 'esercizio dell ' avvocateria, anche dopo che egli si avea voluto impacciare con i libri di teologia, ed esclamava: «0 avvocati, o avvocati ! - e poi diceva - non crediate che Cristo e la verità si neghi ad un modo solo quando l 'uomo, o volontariamente o eziandio per paura davanti un tribunale, risponde contra di quello che esso conosce esser vero; ma si nega Cristo e la verità, quando noi la conosciamo e si andiamo coprendo e mantellando e si sforziamo di fare che non si sappia

[11 r] che Dio ce l ' abbia rivelata, el si niega la verità quando noi consentiamo in alcun modo a qualche culto fatto a Dio contra la sua parola, e quando

3Ebrei 6,4-6. 4Ebrei l 0,26. 511 Pietro 2,2 1 . 611 Pietro l , l O.

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noi non abbiamo costumi e innocenza di vita simili alla professione che facciam de cristiani». Così diceva e poi soggiungeva: «Qui peccaverit in uno, factus est omnium reus» 7• E dichiarando questo luogo diceva: «Io poverello ho creduto, d 'alcuni anni in qua, che gli miei peccati non mi fossero imputati e che stessero tutti coperti sotto la innocenza di Cristo, e così è in vero di peccati di coloro che in verità sono nel numero degli eletti , ma dopo che ho commesso il peccato della negazione e che Dio m'ha fatto con la sua ira conoscere che gli son in disgrazia, vedo che è come rotto un alto aggere, il quale teneva che una gran fiumara non mi si roversciasse addosso, ed essendo mo rotto, mi è venuto a torno un diluvio de peccati che mi sommergono». E diceva: «Pensate come io stia, vedendomi in un abisso de peccati e di offese che ho fatto a Dio e non avendo più (perché l 'ho negato e noni posso più averlo) Cristo per mediatore e per avvocato [llv] che mi plachi l ' ira del Padre ! Di qui nascono i miei spaventi, le mie confusioni, le mie desperazioni e la mia morte eterna». A me non bastarebbe l ' animo di scrivere in tre settimane tutte le cose che ho sentito dalla bocca di questo infelicissimo, perché son stato a vederlo vicino a venti volte e sempre ha detto roba assai ed a me pareva che parlasse con un gran sentimento e, a dirvi il vero, mi ha forte commosso e isbigottito. Ho sentito anche che in sua presenza sono stati disputati alcuni begli articoli, se è da pensar che costui abbia mai gustato in verità i doni dello Spirito Santo e se uno che invero gli abbia gustati può tornar indrieto e perdergli. E una volta, sentendo il disperato parlar di questi due punti, disse: «luditia Dei abissus» 8. Si è poi cercato e ragionato se questo fosse forse un umor malinconico, il quale possa naturalmente venire per qualche immaginazione fissa, o se forse questa fosse una illusione e un fascinamento del Diavolo, il qualle abbia persuaso a questa anima che [12r] Cristo la abbia abbandonata della sua grazia. E qui ho inteso a dire che questo Diavolo ha più possanza che io non pensava e fa che le povere persone carnali si lascian vincer da molte strane fantasie e inganni. Alcuni altri tenevano (e di questa opinione son io) che questo sia un giudicio di Dio, che a questi tempi, ne' quali molto voglion far il cristiano in parole e non sono in fatti, mette questo spettacolo davanti gli occhi nostri e il fa portar di terra in terra, acciò che sia ben veduto e considerato e si sappia

7Giacomo 2, 1 0. 8Salmo 36,6.

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certo che esso castiga i tinnegatori. Ed in questo proposito fu un giorno uno di quegli che attedeva all' infermo che, essendo corrucciato con lui perché avea fatto un gran contrasto per non si lasciar pascere, disse : «Voi siete un matto frenetico di vostra volontà e ostinazione maledetta e volete poi dire che Dio vi ha tolto la fede». Ed esso rispose: «Fratello, prendila come tu vuoi, ché in ogni via tu vedrai la giustizia e l ' ira d' Iddio sopra di

[12v] me; io per me so di non esseri frenetico, ma so che son privo di quegli instromenti con i quali si può apprender la misericordia di Dio e sperare in essa, e so che già son dannato con Cain e Iuda. Ma se pur tu vuoi dire che da poco in qua io sii diventato frenetico e matto di assai savio che tu sai che io soleva essere, anche questo è giudicio di Dio, il quale pure per il peccato della negazione mia vergognosissima mi ha tolto l ' intelletto». E qui fece un poco di bravo discorso e disse: «Questo è il proprio della carne il voler calunniare le vendette e opere di Dio e interpretar le secondo il suo goffo discorso». E toccò una parola di un certo filosofo, e volle dir il Peretto, il quale già circa vent' anni scrisse un libretto ereticissimo, dove voleva pruovare che tutti i miracoli che Cristo avea fatto erano tali che anche naturalmente si arebbon potuti fare. E concluse che l 'uomo, animale invero, non può conoscere e gustare i secreti e le mirabili opere di Dio né sa conoscere e confessare la sua potenza e il suo giusto giudicio, ma vuole

[13r] attribuilre ogni cosa alle cause naturali. E disse: «Volesse Dio che ql).esta mia fosse una pazzia e frenesia e total alienazione di mente, ché almeno sarebbe da sperare qualche cosa de' fatti miei, ma conosco bene io con grandissimo mio danno (così no l conoscessi io) che ella non è pazzia e so purtroppo che male è il mio» e sospirava e piangeva caldamente. E dico che, se lo aveste veduto, vi sareste incantato, come anche noi . Ma si può veder ancora, chi vuol andare fino a Cittadella, che è poco lungi . Questo che ho scritto è vero tutto (chiamo Dio in testimonio) ed è stato veduto e sentito da dugento persone litterate e da bene, le quali vi posson far fede di tutto questo e di molto più. E so che sono state scritte diverse lettere dì questo caso in qua e in là, e chi ha scritto quelle cose che ha sentito dire un giorno, chi un altro, chi con uno chi con un altro ordine. Insomma, V.S. non dubiti niente che la non stia così come ho detto, e che non vi sia molto più che non ho scritto o, se avendomi domandato che io

[13v] le scrilva quello che ne so, ancora le parrà difficile a credere che così sia, io la priego che prenda fatica di andar fino a Cittadella e il vegga e gli parli

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e si �hiarisc�. E sempre che ella vi vuole andare, mi faccia motto, che io verro con lei molto volentieri. Mi raccomando a Vostra Signoria.

Di Padoa a 7 di decembre nel 1548.

AL SUFFRAGANEO DI PADOA IL ROTA

Io �ento che lo spirito del Signore è quello che mi stimola e mi sforza a scnv�re a V. S. e gl.i voglio obbedire, non gli posso resister, e priego quella che Sia contenta di legger con pazienza e carità. Essendo io nel mese di nov�mbr� qui in Padoa, do�e io era venuto a porre alcuni miei nepoti a s�udw, mi fu detto che nella !Stessa contrada dove io stava di san Lonardo VI era un uomo desperato e Dio mi pose in cuore di andarlo a visitalre e cons�lare, ed essendovi andato, trovai un M. Francesco Spiera da Citta-[14r]

?ella Il quale era nel letto, ed avendomi posto a ragionare con lui vidi che m effetto egli �ra disperato e si teneva per rei)J:obo, per d�nnato e maledetto da D10 e non poteva ricevere consolazione alcuna. Di molte a�tre cose esso parlava sensatame?te e. dottamente; non mostrava già d esser .uon� plebeo, ma quando SI vemva con lui sul punto di aver a sperare m DIO e confidarsi in Dio, l ' infelice non parlava più da savio, ma da un .g�an pazz?. E s�nza dubbio io tengo che sian pazzi, malinconici, frenetiCI e peggio .q�ei che n�n spera?o nella misericordia del Signor, com� fac��a c�stm, Il quale diceva chiaro che non poteva più sperare e c�nf1d�s1 m DIO e ch.e egli era .certo di esser dannato e che già sentiva i DimonH attorno. Io mi spaventai da queste parole, massimamente senten-?o che er�n dette con gravità e molte volte con calde lagrime. E avendo IO voluto �n tendere ond.e era in lui venuta una così fiera e orribile opinione e persuasi Ione, esso mi narrò tutta l' istoria, eh� già sei mesi fu accusato [14v] come luterano e ch.e �ece una solenne ntrattazwne e che a lui pareva di a�,

er fatto un grandi�Simo male avendola fatta e che perciò Dio lo aveva g1a condennato e pnvato della fede e della speranza; così disse. Monsi­gnore, questa a me parve una orribil cosa e, dopo che io l ' ebbi consolato u� pezz� con quelle parole che piacque al Signore di pormi in bocca, io nu tornai a casa tutto pieno di compassione e così, peccatore come io sono,

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feci orazione per lui e mi posi a studiare e cercare alcuni luoghi d�l la Scrittura con li quali nel seguente giorno io l ' avessi potuto consolare, se fosse piaciuto a Dio. Tornai nel seguente, dissi tutto quello che io seppi, il pregai, il scongiurai che non volesse stare in quella sua ostinazione e durezza diabolica e diffidarsi della grandissima misericordia del S ignor Dio, che è così dolce e pietoso. E m'accorsi di non far frutto; esso rispondeva confessando che la misericordia di Dio era in vero grandissima,

[15r] che ella non era peri lui né per gli altri reprobi e che esso non bramava altro che poter sperare di aver la remissione de suoi peccati, ma che non poteva sperare . Quanto più io il vidi indurato, tanto me ne venne compas­sione e con più ardore mi posi a pregare per lui e con più diligenza a studiare e pensar quello che negli altri giorni io gli avessi a dire. Questa prima parte, di esser andato a consolare una simil persona, non penso già che V.S. possa né in me né in altri riprendere. Se siamo obbligati tutti, specialmente i pastori delle chiese, di andar a visitare gli infermi, di pascere i poveri e sovvenirgli nelle necessità corporali, e chi manca di questo officio manca al comandamento che Gesù Cristo ci ha fatto così efficacemente, io dico che molto più noi siam obbligati di andar a consolare e sovvenire quei che noi intendiamo che patiscono delle spiri­tuali necessità e sono così alienati da Dio e desperati come quello infelice. Né bisogna guardar se per una o per un'altra cagione l ' uomo è intrato in

[15v] quella miseria, sia per qualle si voglia, noi l ' abbiamo a sovvenire quanto è in noi. E state sicuro che se gli Apostoli s' avesser potuto accorgere che Giuda traditor di Cristo fosse caduto in tanta desperazione, essi gli sarebbero stati attorno e avrebbero usato ogni diligenza per consolarlo e riducerlo a confidarsi nella misericordia del Signore. Adunque non si può riprendere che io sia stato alla visitazione di quel povero uomo e che io abbia con lui usato l ' officio di carità. E se ella dicesse: «Io non riprendo che tu l ' abbia visitato, se egli è in

quello stato che tu di ' , e se invero esso è disperato e se è vero che dicesse quelle parole che si dicono che egli disse, ma penso che questa sia stata una tua finzione e immaginazione fatta con disegno per far danno e pregiudizio alla Sedia romana». Signore, se ella è finzione e falsità, V.S. ha una gran ragione di fare ogni cattivo giudicio de fatti miei e se io l 'ho finta mi chiamo reo, colpevole e degno d'ogni aspro castigo fino di perdere

[16r] la testa. Ma velnite alla pruova, la S. V. non ha inteso a dire che questa cosa sia avvenuta già cento anni, né là oltre dove abita il Prete !anni, o in

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Anglia, o in Scozia, ma che in Padoa l ' altro giorno, negli occhi vostri e di tutto un studio così fiorente. E poi questo Francesco Spiera ancor è vi v o ed è qui vicino a Cittadella e parla chiaro e, tuttavia, dice di quelle cose istesse che diceva già un mese. Mandate a vedere e chiaritevene; così porta il dovere: V.S. non può mancare, se ella dubita che la cosa sia finta. E se anche ella vuole che io gli nomini una dozzina d 'uomini di conto che l 'han veduto e sentito, io son contento. Vi è stato Monsignor Vescovo Arriva-bene, il Fonzio, Maestro Giuliano da Colle, Pre ' Bernardin Scardoneo [ =Scardeone] , il Dottor Gribaldo che legge la sera in ragion civile , gli eccellentissimi medici Frizzimilega e Crassis, M. Sigismondo Geloo Transilvano, il Magnifico M. Aloise Soranzo, M. Iseppo di Verona scolar di Capodistria, M. Henrico Scozzese, M. Giovanni Sozomeno Cipriota. Questi sonol dodici di diverse nazioni, ma con questi ve ne sono stati più [16v] di trecento o quattrocento, a venticinque e trenta alla volta; è cosa notoria a tutto lo studio e si può dire oggimai a tutto il mondo, perciò che una gran parte de scolari che l 'han veduto l ' hanno scritta ne' paesi loro. E ne ho veduto io finora quattro lunghe epistole latine scritte di tutto questo caso diligentemente. Adunque è notorio che egli è così e non si può dubitare che questa sia finzione e perdonatemi che egli è una calunnia a dirlo. E dirò più che V.S. interroghi M. Giacopo Nardino, in casa del quale stava il desperato, che ella troverà che io lo esortai che egli venisse a trovarla e le facesse intendere questo caso, acciò che, tenendo ella il luogo che ella tiene in questa città, potesse fare de quegli officii che le fossero parsi convenevoli, e sarei venuto io medesimo a farglielo intendere, se io non m'avessi fidato che M. Giacopo il dovesse fare, sì come andai subito dal clarissimo M. Bernardo Navagier dignissimo Podestà e glielo dissi, e sua Magnilficenza, che è piena di carità, mi esortò che io non mancassi di [l 7 r] visitar ogni dì quello infelice e di aiutarlo in quello che io avessi potuto. Non vi nomino persone morte o vero che siano mille miglia discoste, vedete in un tratto se la sta così. Forse la dirà: «Se tu non hai finto tutte quelle cose, le quali si veggono scritte in alcune lettere che con questa materia vanno attorno, almeno tu ne hai finto una parte». E io rispondo: «Le lettere che vanno attorno sono di diversi autori: quale veniziano, quale ongaro, quale scozzese, quale piemontese, quale d' altra parte d 'Italia, e ogni uom di questi afferma di aver sentito con le sue orecchie ciò che egli ha scritto e sotto le epistole mette il suo nome proprio. Adunque, come si può dire che io sia colui che

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le abbia finte? Chiamategli a voi e vedrete ciò che vi sapranno dire. E qui voglio domandare perché avendone scritto e parlato e essendone stato alla visita del disperato tante e tante persone, si mormora, si ha per male, si minaccia a me solo e a niuno altro. Sial fatta la volontà di Dio; esso vuol me per adesso nelle afflizioni, di me si vuoi servire e poi si servirà degli altri quando a lui piacerà. Ma fate così, se non volete da per voi informarvi , se le cose contenute nelle lettere latine e volgari di quel povero Spiera sono vere, date a me la pruova che io mi obbligo di provarle tutte con due o tre dozzine de testirnonii maggiori di ogni eccezione e fare anche conoscere che quel meschino ha detto tre volte più roba che non è stata scritta. Monsignor V.S ., udendo questo che io dico è obbligata o rimuoversi di opinione che quella sia stata finzione o andar da sé cercando o dare a me la pruova e, se ella è giusta, non può mancare ad una di queste tre cose». Ella dirà: «Quando tutto ciò fosse vero, non era tempo di palesare e divulgare questo fatto e andare adesso mettendo scrupoli nelle menti delle persone». Ed io rispondo che, se si teneva questa divulgazione, bisognava comandare a' figliuoli del desperato che essi nol conducessero in quelsto gran teatro di Padoa, prima nel convento del Santo, dove egli stette quindici giorni negli occhi di cui il volea vedere, perciò che alcuni lo avevano per ispiritato e ogni dì i l mettevano sotto l ' arca del vostro S . Antonio e poi in casa di M. Giacopo Nardino vicin a S. Lonardo, o vero bisognava ordinare che egli non fosse visitato né da tanti medici, né da tanta altra gente. Ma ne dirò un'altra, che V.S . col suo aver mostrato dispiacenza di questo fatto il viene ad avere più divulgato che alcun altro, e quanto più ella ne mostrerà tanto più le persone ne andranno ragionando e divisando per quale cagione possiate aver per male che di questo disperato si par�i . Oltre a ciò ella mi potrebbe dire (anzi intendo che ella lo ha detto) che noi, ragionando in presenza di tante persone col disperato, siano [=siamo] venuti a presupporre ch'esso abbia fatto male a far quella abiurazion e ritrattazion, che ciò ritorna in disonor grande dal [=del] legato Della Casal che il fe' ritrattar. A ciò non posso risponder tutto quel che ho in animo, ma solamente dico che questo è come chi dicesse: «Non andare a consolare uno che si è desperato per aver fatto tre o quattro omicidii , perciò che tu verrai a presupporre che egli abbia fatto bene a far que' mali». Dico io che per niun rispetto si doveva rimanere di andarlo a consolare, anzi si doveva

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lasciare tutte le altre cose per andar a far questa, perciò che questa era appunto la pecorella centesima smarrita e già fino nella bocca del lupo e Cristo ci insegna che si lascino le novantanove per andar a cercare la salute di quella una. In somma, per qualunque occasione e qualunque condizione di peccato potesse nascer una così orribile desperazione, come è questa del Spiera, se egli avesse ben fatti tutti que' mali che fecero Cain, Giuda e tutti i maggiori peccatori che siano mai stati, perciò non si doveva e non si dè restar di andarlo a consolar. Se si consolano con tanta diligenza quegli che sono condennati ad esser tanagliati e squartati, acciòl che, se il corpo [19r] ha da patire, sia salva l ' anima, perché non si dovea consolar costui il quale voi, dopo la sua negazione, avevate rimesso e restituito alla patria, alli beni e a tutti gli onori? Qui V. S. potrebbe toccar un altro passo e dire: «Orsù, so n contento, costui dovea esser visitato; ma quali ragionamenti avete voi fatti a quel letto?» A quel letto, quando si è ragionato, non vi erano mai manco di otto o dieci persone e molte fiate ne erano venticinque e trenta. V. S. s ' informi e troverà che gli ragionamenti sono stati tutti pii e, per grazia di Dio che ce gli insegnava, sicuri e buoni e secondo quella dottrina che da Cristo in qua ha tenuto e tiene con una continua successione tutta la santa Chiesa cattolica e apostolica. Abbiam detto che la misericordia di Dio è infinitis­simamente maggiore, che non sono tutti i nostri peccati e che esso vuole che tutti si salvino. Abbiam detto che colui faceva ingiuria a questa misericordia e al sangue sparso di Gesù Cristo se volea credere che il suo peccalto non gli potesse essere perdonato . Lo svegliavamo spesse fiate [ 1 9v] che alzasse l ' occhio della mente nel nostro propizia torio, nel nostro dolce fratello, dolce avvocato, dolce mediator e Signor Gesù Cristo benedetto, che in lui avrebbe trovato gastigati gli suoi peccati, lui trovato avrebbe che interpella e priega il Padre, lui che se interpone e non lascia che siamo dannati. Gli abbiamo detto che anche Iob e anche Da v id si avevano doluto di aver sentito le tentazioni della desperazione e che in fine sentirono la speranza, la pace e la consolazione della coscienza, e che perciò avesse a sperare che il medesimo dovesse avvenire a lui. Gli abbiamo detto che le promesse di Dio sono chiare quando dice: Eripiam eum et glorificabo eum. E che, quando la Scrittura dice che il S ignor conduce al ! ' inferno e cava fuor dell' inferno, se intende che lascia cadere nelle tentazioni e desperazioni e poi ci cavi. Gli abbiam fatto fare orazione spesse fiate e una orazione che è appropriatissima alla sua miseria, nella qualel egli [20r]

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invocava il Padre celeste e a lui domandava le sue necessità, la fede, la grazia, la remissione de peccati, la liberazion delle tentazioni e di tutti i mali. E noi inginocchiati e molte volte con molte lagrime pregavamo insieme con lui. Gli abbiam detto che non consentisse alle suggestioni del Diavolo mendace, il quale gli volea dare ad intendere che Dio lo aveva condannato e che era de' reprobi e che, contra di lui, stesse forte sotto lo scudo della fede, armato della parola di Dio. Questo è come uno epitome delle lettere che sono state scritte; e che cosa è qui detto che non sia propria dottrina di Gesù Cristo e della Chiesa cattolica? L' abbiam forse noi voluto consolare e aiutare con qualche incantesimo, con qualche superstizione e impietà o con qualche luogo tolto fuor di libri de' pagani? Oltra di ciò, al suo letto si è molto ragionato sulla intelligenza di molti bei testi del nuovo e vecchio Testamento e sempre il fine nostro è stato di esaltare la misericordia di Dio e farla

[20v] maggiore dii tutte le nostre iniquità e di guadagnar quella povera anima, se fosse piaciuto al Signore. E qui V.S . n ' ascolti un' altra: quando uno entra in qualche umore malin­conico e si persuade di esser morto, o di avere un naso che pesi venticinque libbre, o di esser diventato una botte, come se ne trovano di questi tali . Dicono i medici che bisogna secondare quell'umore e consentire che è morto, che ha quel naso grandissimo, che è diventato una botte. Dico, adunque, che se noi, volendo andar destri senza irritare l ' umor del Spiera, gli avessimo qualche volta voluto dire delle cosaccie, delle inezie e delle falsità per fargli un buon inganno e tirarlo a sperare e confidarsi in Dio. Se, dico, avessimo usato questi artifici, V.S . non ci dovrebbe avere avuto a male, ma comportarci ogni cosa. Ma dico che non abbiamo voluto usar falsità, eresie e inganni, perciò che noi non lo abbiam per malinconicb né per pazzo.

[2lr] Adunque, qui dirà V.S . : «Per quale lol avete voi?». Io per me l 'ho per un uom desperato, il quale perciò desideri di poter ritornare a Dio e non possa. E l 'ho per uno spettacolo raro e orrendo, e per tale che andrei da qua in Galizia per vederlo e sentirlo, se io non l ' avessi veduto e sentito. Mi par vedere, quando veggo lui, un uom vivo che sia nell ' inferno e non ho sentito mai le più ferventi, più affettuose e più calde ammonizioni di quelle che uscivano dalla sua bocca, massimamente quando si metteva a dire che, se noi vogliamo esser cristiani, si abbiamo a sforzare di tenere una vita da uomini da bene, monda e innocente e far le opere degne di questo nome

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cristiano; e spesso avea in bocca quello di Pietro: Satagitefratres per bona opera certam facere vocationem vestram9• E diceva che il voler far profession di cristiano è maggior impresa e manifattura che altri non pensa e che altro vi voleva che aver il battesimo e far qualche cosuccia e operuccia esterna e andar a sollazzo. Ma vi bisognava una continua fatica con tutto! l ' impeto degli animi e degli affetti nostri e un continuo desiderio [2 lv] e ardore della gloria di Dio e una costanza grande in mantenere la pura verità in ogni luogo e non aver paura delle facce de imperatori , de papi, de legati e inquisitori, né de prigioni, né della morte. E confesso io che, se bene io sapeva tutte queste cose, che nondimeno mi so n commosso con molti altri fin dentro delle viscere a sentirle, perciò che io vedeva che erano dette con grande efficacia da uno che si vedeva che sentiva pena e tormento grandissimo per non le aver osservate quando esso avea potuto. Ma voglio finire e vi dico alla leale che, se io ho da patir travaglio per questo conto (come sento sussurrare che mi si minaccia), io il patirò molto volentieri, sia fatta la volontà del mio Signor Dio. Venghino via quante tribulazioni e afflizioni possono venire, che io non le temo, ma al legra­mente le abbraccio, perciò che saranno per aver fatto bene per conto di aver obbedito a Gesù Cristo, per andar! a visitare e consolare gli afflitti, [22r] per magnificare la misericordia di Dio e lodare il suo santo nome. Se per questo conto voi rni vorrete far imprigionare e se mi voleste anche fare abbruciare, ne sarò molto allegro; fatelo se il Signore vel concede. Io so che il sangue sparso de' fedeli e le ceneri de' corpi loro sono solite di far crescere la sementa dell 'Evangelio e la gloria di Dio, non altrimente che le dolci piogge o rugiade o le ceneri e il letame gittato per i campi soglia fare abbondantemente crescere il formento che vi si semina. Piacesse a Dio che dovesse toccare apunto al mio sangue e alla mia cenere a far ingrassare e irrigare la seminazione che per mano di tanti suoi operarii egli va facendo nella bella età nostra. Almeno quando la frequenza del popolo mi avesse a vedere che io fossi condotto legato dove mi fosse apparecchiato un bel fuoco grande, egli non direbbe: «Costui viene abbruciato perché è stato un scellerato e pieno de vizii orribili, perché è stato un prelato ozioso, delizioso e negligenlte, ma perché egli ha avuto [22v] lume di poter conoscere il vero dal falso, perché ha atteso a fare alcuna cosa di quelle che debbe fare un buon pastore di anime, perché ha voluto

9II Pietro l , l O.

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andare a provare se avesse potuto riconducere a Cristo l ' anima d'un infelice disperato e perché a molta gente egli ha voluto palesare e far noto l ' esempio terribilissimo che al Signore è piaciuto di voler mostrare in colui». Io non voglio tentar Dio, non sento che egli al presente mi voglia in quel fuoco, ma che prima si voglia di me servire in altro. Ma dico bene che alcuna fiata mi nasce un ardore nell ' anima, il quale mi fa nascere una gran voglia di venire a battere alla porta della camera vostra e del legato di Vi ne zia e dire: «Su, eccomi qua, saziatevi, dove sono queste prigioni? Dove è questo fuoco? Su abbruciatemi per Cristo, perché son stato a consolare lo Spiera, perché ho divulgato quello che Dio ha voluto che si divulghi, cioè, che egli non vuole che si nieghi, si dissimuli e s ' impiastri la conosciuta verità e colmincia severissimamente a gastigare gli rinnega­tori e dissimulatori. E pensate che non la perdonerà a quei che vogliono usare minacce e crudeltà e con queste inducere le persone a far le rinnegazioni in mero disonore e vituperio della dottrina, della croce e del sangue di Gesù Cristo». Questo dico: mi vien molte fiate voglia di venirvi a dire sulla faccia e tanto è lontano'che io senta nel l ' animo rammarico e travaglio di patire le vostre persecuzioni per questo conto che, anz,, io n 'ho una grandissima allegrezza, perciò che io sento che il mio celeste Padre, facendomi patire per l 'Evangelio, mi fa conforme al Figliuol diletto. Voglio ben confessare che, avendo io nelle prime mie persecuzioni patito assai, io duramente le comportava e ne avea vergogna, con ciò sia che quegli che m'erano stati opposti erano certi articoli goffi e che non avean niente dello spirituale. M' imputavan che io avessi detto male di un personaggio grande, cioè del signor Pietro Aloise e di quell' orri lbilissima ribalderia che egli fece col vescovo di Fano e che le leggende di S. Georgio e di S. Cristoforo non eran vere e simili inezie. Almanco le moderne sono imputazioni tali che un uom da bene se ne può allegrare e gloriare nel Signore. Queste sono gravi, spirituali, sante e onorevoli, e come l 'Europa le venghi a sapere (come facilmente la potrà in pochi giorni essendo i l caso così grande e già fatto così illustre e nella bocca di tanta gente), io son sicuro che di certo gli novanta terranno dalla mia e mi avran compas­sione e rinforzeranno i lor prieghi a Dio per me, veggendomi patire per Gesù Cristo e per la verità. Monsignore, su questo fine metto mano ad una comparazione che io soglio

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usare quando voglio dipingere i casi miei. A me pare di esser alla condizione di una nave, la quale ha finito il viaggio ed è vicina al porto. Ma ecco che i marinari veggono che in Levante sorge un nembo spaven-toso e uno in Ostro e l ' altro in Tramontana e un quarto anche in Ponenlte; [24r] veggono che il mare s ' ingonfia e che tutto l ' aere si oscura. E qui essi travagliano, abbassando le antenne e stringendo le vele, acconciando le ancore e le gomene, sopra tutto tenendo l 'occhio fisso dove arde la lampade e dimostra la Tramontana e secondo quella reggendosi. E quando han fatto tutti quei rimedii e quelle provisioni che possono, essi si consolano dicendo fra se stessi: «E, quando pure alcun di questi nembi riesca con tanto impeto che sospinga la nave in terra, noi sappiam notare e, se tutto si perderà, almeno salvarem la vita e questo ci basta. Se qui patiamo un poco di disagio e se perdiamo un poco di roba, ne abbiam molto più in casa nostra, dove potrem riposare e godersela» . Io son uno de' marinari, i l quale ho già quasi finito il viaggio del la vita mia e son vicino al porto della salute; sento mo' di nembi e di romori da tre o quattro bande in un tratto che mi minacciano. So che in questa occasion i primi miei persecutori, cioè il legato Della Casa col suo auditori [24v] Busdrago, arrabbia e travaglia contra di me da una banda, M. Antonio Elio, che è a Roma, dali ' altra, i vostri teologi e metafisici dalla terza e altri da altri canti ; tutto il papato è ora in romore per mio conto e io fo quel poco che io posso e mi vado ricogliendo e difendendo con quei modi e con quelle armi che io so. Sopra tutto tengo l 'occhio fisso dove arde la eterna luce di Gesù Cristo, speranza mia, e con quella mi vado reggendo e consolando. E poi dico fra me stesso: «E quando io non possa più resistere a tanti assalti, se io perderò quel poco che io ho al mondo, se mi sarà tolta la vita, son sicuro che non mi sarà tolta l ' anima e che incompa­rabilmente sono maggiori i beni, gli onori, gli riposi e tesori che io aspetto in cielo e mi sono acquistati per Cristo, che non sono questi qua giù, che la carne stima tanto; anzi questi sono baie, fumi e inezie» . E quando ho detto queste cose fra me stesso, alzo il cuore e la fede e dico così: «Padre celeste, tu mi hai manifestato Gesù Cristo, tu mi hai legalto e fatto tuo, [25r] governami tu come cosa tua, compiaciti e fa di me quel che è la tua volontà, tu dico, governami e ammazza bene in me le tante reliquie della carne e della prudenza umana, perciò che io sento che questa ti è nimica mortale e molte volte mi vuoi persuadere a far certi impiastri, i quali io veggo che sono contra il tuo onore. Accrescimi Io spirito, fa che questo

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vin�a e che questa traditora carne e prudenza del mondo crepi e abbia pazienza, com� spero �he ella avrà e che, infine di così lungo contrasto, a te solo ne v erra la giona e l' onore, per Gesù Cristo Signor nostro.

Di Padoa a XXIII. di decembre M .D .XLVIII.

Vergerio

A FRA ZENOBIO, TEOLOGO DEL

CARDINAL DI MANTOA

Pe� il .mercante intendiate M. Francesco Spiera, per i Turchi gli scribi e fanse1 persecutori dell' Evangelio, ma l' autore, essendo ancor in lltalia quando �gli questa cosa scrisse, si coperse sotto questi nomi di Turchi e mercanti.

Perché io c� no sco che voi siete dotto e valente teologo, vi propongo questo passo, che mtenderete, sul quale desidero grandemente che mi diciate la vostra �pi�ione. N?n ha molto tempo che uno, il qual era infedele e contramss1mo a Cnsto (egli era uno di più duri e ostina ti Ebrei che fosse i� Italia), v.e�ne in cognizione della verità cristiana e, preso il battesimo, v�v�a ?a cnstlano; non dico come soglion viver certi, i quali sono cristiani d1pm.tl e non �anno, non gustano e non intendono niente di quello che c�nv1ene al cnstiano, ma era cristiano rigenerato e gustava i doni di Dio e !�tendeva che la salute nostra ci viene! dalle mani di Dio per solo Gesù Cnsto. Per sua disgrazia costui andò a Costantinopoli e fu accusato d' aver detto alla presenza d' alcuni Turchi che la religione di Macometto era falsa e false erano le sue dottrine e che quella bestia, aiutata da certe occasioni diaboliche con astuzie e fraudi, avea persuaso alla gente pazza di farsi adorar per Dio; e disse che, invero, non v'era altro Dio che il nostro Dio il quale ci ha fatto salvi per Gesù Cristo, e che altra dottrina non era buona: se non quella sola che egli ha insegnato. Or, essendo costui condotto davanti que' tribunali turcheschi e temendo d' aver a perdere non solo la

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mercanzia e la ricchezza che si trovava avere in quelle parti, ma di essere impalato, confessò, come vogliono i Turchi, che Macometto fosse di più che non era Cristo e disse che la remissione de' peccati si poteva molto ben ottener con certe opere per mezzo di Macometto e che tutte le sue invenzioni erano buone e salutifere. E, per esser più creduto, v' aggiunse un solenne giuramento,! che così egli credeva e crederà sempre, e promise [26v] che mai direbbe male della religione turchesca, ma che l ' avrebbe per buona e per vera. Costui il fece per paura che egli ebbe di perder la vita; è vero che nel cuor suo esso allora sentiva il contrario e tuttavia credeva che Macometto con quella sua setta fosse un inganno e che la religione di Gesù Cristo fosse sola la vera e la buona, ma non ebbe ardire di confessarla dove era il pericolo così grande. Vi dimando, adunque, se questo povero mercante può sperare che Dio gli abbia ad aver misericordia, avendo fatto una negazione di questa sorte. So che la misericordia di Dio è infinita, ma truovo quattro tra gli altri testi della Scrittura che m'hanno fatto entrare in qualche dubbio. Vi priego che mi chiarite, perché mi son risoluto d ' aver a stare a tutto quello che voi mi direte. I l primo testo è in S. Matteo, al x, dove Cristo insegna che il cristiano stia costante a confessare la verità evangelica che una volta egli ha aplpresa, e dice: «Confessatela pur arditamente e non temiate quegli [27r] che possono ammazzare il corpo e non possono ammazzare l ' anima, ma temiate colui il qual può mandarvi l' anima e il corpo nel fuoco sempiter-no» 1 0• E poco appresso dice: «Omnis qui confitebitur me co ram ho mini-bus, confitebor et ego eum co ram patre meo qui in coelis est. Qui autem negaverit me (e qui sarà il punto) coram hominibus, negabo et ego eum co ram patre me o qui in coelis est» 1 1

• Questo è un testo molto chiaro. Cristo promette ogni bene a cui [=chi] sta saldo nella confessione della dottrina che esso ha col suo spirito rivelato per vera e minaccia grandemente a cui [=chi] vorrà negare quello che egli conosce esser vero. E non dice: «Chi negherà col cuore», non la restringe tanto, ma dice: «Chi la negherà nella presenza degli uomini», volendo dire anche con la bocca sola. E queste parole, Negabo et ego eum coram patre meo, credo io che vogliano dire così: «Tutta la speranza e tutto il bene che può avere l ' uomo nato dai lombi d'Adamo,! onde ci viene la corruzione e la tanta facilità di peccare e pecca [27v]

1 0Matteo 1 0,26-28. 1 1 Matteo 1 0,32-33.

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[28r]

[28v]

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ogni giorno, è in Gesù Cristo, il quale interpelli per noi e ci sia avvocato davanti al Padre e li dica che esso non vuole che li peccati ci siano imputati né che siamo noi gastigati per quelli, perché basta bene che esso ne sia stato gastigato in su la croce». Questo è, dico, tutta la consolazione e tutta la confidenza che dè aver il peccatore in Gesù Cristo che ci placa il Padre e non altrove mai. Adunque, quando Cristo dice: «lo negherò davanti mio Padre colui che m'avrà negato davanti gli uomini», vuoi dire: «Io non interp�l lerò �iù lui, non sarò �uo avv.ocat?,. ma acc�satore e. giudice severp, e vorro che SI tenga conto mmuto di tutti 1 peccati che egh ha fatto in vita sua, anche di quelli che io m' avea dimenticato dopo che io gli avea dato la cognizione della verità, per gastigarlo molto bene di tutti insieme, perché in me, dice Cristo, sono stati puniti i peccati degli eletti che mi confessano, sebbene dovessero perder padre, madre, moglie, figliuoli, facultà, vita,! e non i peccati de' reprobi che mi rinnegano per mediatore e propiziatore e alla mia gloria antepongono le comodità mondane». Adunque aspetto risposta prima a questo testo e ponderate bene quello che precede e quello che segue e vedrete di non poter qui distinguere e dire: «Altro è se volontariamente uno avrà negato, altro se sforzatamente: chi è sf?rzato, Dio perdona perché la carne si -sbigottisce ed è paurosa e fragi le». Questo, dico, non mi potete rispondere, il testo nol comporta perché esso (vedete! bene) a punto parla di quei che, avendo a confessar Cristo, vanno a pericolo di perdere i parenti , la roba, la vita e se sarà negato chi, facendo più stima di queste cose che della gloria di Dio, sforzatamen­te, il nega adunque molto più colui che volontariamente il negasse 12• L'altro testo è nell ' epistola agli Ebrei, al vi capitolo, e dice così: «Impos­sibile est eos, qui seme l sunt illuminati, gustaveruntque donum celeste, et participes facti sunt Spiritus sancti, et gustaverunt bonum verbum Dei, virt�tesque saelculi venturi, et prolapsi sunt, rursum renovari ad poeni­tenttam, rursum crucifigentes sibimetipsisfilium Dei et ludibrio exponen­tes» � 3• Questo mi p�� anche grandissimo testo e da far tremar le persone che mtendono la venta, quando andasser dove sono quei pericoli di averla a negare. Il dice pur chiaro che è impossibile che possano più pentirsi

1 2Sebbene la sintassi di questo periodo non sia molto chiara al punto che sembra lecito ipotizzare un

errore tlpografJco, li senso generale rimane abbastanza chiaro: Vergerio non vuoi ammettere che il timore di perdere8arenti, roba o la vita possa attenuare in alcun modo la responsabilità di chi rinnega la fede.

Ebrei 6,4-6.

Pier Paolo Vergerio, L'istoria del Spiera 79

(perché i l Signor lieva loro la possanza) quei che, essendo una volta stati illuminati, e hanno gustato i doni celesti, che è la fede, la grazia e la rigenerazione, e già sono fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e già hanno sentito in loro la virtù e l 'efficacia che apporta la speranza d' avere a possedere i l regno eterno di Cristo e, avendo questi principii, sono ricascati e un'altra fiata hanno posto in croce il Figliuolo di Dio e l 'hanno avuto per un ludibrio. Questo è negarlo, questo è crucifiggerlo e farne il peggio che si può e non se gli può far peggio che

negarlo. Starò ad aspettar che mi date risposta anche a questo; è pur Paolo

che! dice chiaro: «Impossibile est renovari ad poenitentiam», e non mi [29r]

dite che sia impossibile, quanto a noi e alle forze nostre, perché io so

questo che, senza l ' aiuto di Dio, non possiam tornar a penitenza, né del peccato della negazion né d' alcun altro, per picciolo che egli si sia. E non

accadeva che un S . Paolo ce l' avesse detto con parole così pregnanti e

terribili e, però, credo io che qui voglia dir altro. Udite il terzo, che è pur in S. Paolo agli Ebrei, al x: « Voluntarie peccan-

tibus nobis post acceptam notitiam veritatis, iam non relinquitur hostia

pro peccatis, sed terribilis quaedam expectatio iuditii, et ignis emulatio,

quae consumptura est adversarios. Irritam quisfaciens legem Moisi, sine

ulla miseriatione duobus ve l tribus testi bus moritur: quanto magis putatis

deteriora mereri supplicia, qui Filium Dei conculcaverit, et sanguin.em

testamenti pollutum duxerit, in quo sanctificatus est, et spiritui gratiae

contumeliamfecerit» 14• Anche questo è chiaro. Egli ha detto poco a dietro:

«Teneamus spei nostrae confessioneml indeclinabilem» 15 , e qui dice : [29v]

«Perché se, dopo che abbiamo ricevuto la notizia della verità, volontaria­

mente peccheremo (rifiutando e negandolo, che così vedrete che il testo

vuoi dire), non c 'è più ostia, non c'è più sacrificio e rimedio a questi

peccati» . Cristo non vien ad esser morto per quei che abbiano negato la

virtù e l ' operazione che fa la sua morte ne' credenti (e così so che

Crisostomo e altri dottori l ' interpretano) , ma dopo un tale peccato bisogna

star in una aspettazione terribile e spaventosa del giudicio di Dio e d' un

fuoco che farà le sue vendette e consumerà gli avversarii . Se colui che fa

irrita e sprezza la legge di Mosè ha da morire senza alcuna remissione e

compassione, quanto peggiori supplicii meriterà colui che conculca e

1 4Ebrei l 0,26-29.

1 5Ebrei l 0,23.

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[30r]

[30v]

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80 Studi di teologia X ( 1 998) 58-83

sprezza il Figliuol di Dio e contamina e imbratta il sangue di quel testamento e patto, nel quale egli fu santificato e fa ingiuria allo Spirito della grazia, pugnando per malizia contra la verità intesa. E ricordi vi che, proponendovi il caso, ho detto che colui a Colstantinopoli gustava i doni celesti e, però, ponderate ben queste parole di Paolo, le quali parlano a punto d'uno che già abbia gustata e intesa la verità. Il quarto e ultimo testo è nella seconda di S. Pietro, al 2, e dice così: «Si enim refugientes coinquinationes mundi in cognitione domini nostri Iesu Christi, his rursum implicati superantur, facta sunt eis posteriora deterio­ra prioribus. Melius enimfuerat illis non cognovisse viam veritas, quam post agnitionem retrorsum converti ab eo, quod illis traditum est, sancto mandato. Sed contigit ei illud veri proverbii: Canis reversus ad suum vomitum, et Sus lota ad volutabrum luti» 1 6• Anche questo a me pare molto chiaro, il dirò in volgare, acciò che vediate anche se io l ' intendo e mi possiate insegnare, se vedrete che in vero io non l ' intenda. Se, essendo noi venuti in cognizione del nostro Signor e Salvator Gesù Cristo, avremo fuggito le coinquinazioni e i peccati del mondo e che un'altra fiata si lasciamo intricare e superare da queste abominazioni, le cose l nostre future diventeranno peggiori che non erano prima che noi avessimo la cognizio­ne; e vuoi dire ciascuno di noi traboccherà in molto maggior cecità e infedeltà che non eravamo prima, e meglio sarebbe stato a non aver conosciuto la verità che, dopo la cognizione, ritirarsi da quello che ci è stato insegnato con la santa parola di Dio, ma occorre quello che è nel vero proverbio: «Il cane ritornato al vomito e una porca lavata ritorna a rivoltarsi nel fango». Dico che questi quattro testi mi danno qualche impaccio e mi fan dubit<tre di colui che ha negato, se esso potrà più tornare ad una penitenza che sia vera e riavere la grazia del Signore e la propiziazione di Gesù Cristo da lui rifiutata. E se la può avere, a che proposito sono state scritte queste parole? In · qual caso si potranno intendere? Se direte: «Quando uno persevera in quella negazione fin in fine della vita», chi non sa, dirò io, se persevera, che sarebbe meglio a non avere mai conosciuto quella verità? E che sarà l dannato? A me pare che i testi parlino chiaro di cui [=chi] nega e sopravvive. E se direte che si abbiano ad intendere di quelli che negano e stanno saldi e pertinaci sulla negazione per qualche tempo, o negano due

1 611 Pietro 2,20-22.

Pier Paolo Vergerio, L'istoria del Spiera 8 1

o tre volte, risponderò che i testi noi dicono e non esprimono pertinacia, né più una che due o tre negazioni ; adunque si debbono intendere d'una sola. Se mi darete l ' esempio di S . Pietro, il quale negò e fu restituito alla grazia, tanto più vi domanderò che cosa adunque ha voluto dire lo Spirito Santo in questo testi? Perché parlano il contrario a quello che noi leggiamo che fu concesso a Pietro e contrario a quello che qualche storia dice che a qualche altro martire fu concesso. Vuoi tu adunque - direte - che un peccatore non debba più esser ricevuto a penitenza? E mi direte che questa fu l 'opinione de' Novaziani, i quali negarono la penitenza a' lapsi. lo non niego la penitenza, absit, ma dico, se un povero peccatore che cade ne' peccati d' incontinenza, d ' ira, d' avarizia e simili per fragilità e si va levando l e grida verso il Signore: «Dimitte nobis», e sta in continua pugna [3lv] dello spirito e d�lla carne e pur sempre ha l ' occhio e la speranza al nostro mediatore Cristo, che sotto la sua innocenza copra i nostri peccati, son sicuro che questo tale possa tornare a penitenza, se facesse bene infiniti e enormi peccati, e di costui è scritto: «Quotiescumque ingemuerit peccator omnium iniquitatum eius non recordabor amplius» 1 7• Ma mi pare che questo peccato del quale io parlo sia un'altra faccenda; questo è un tagliar al primo tratto la radice e negare il primo principio, Gesù Cristo, il qual ci è dato per mediatore e riconciliatore. Tenete bene a memoria che vi ho detto che colui a Costantinopoli, contra quello che esso credeva essere verissimo, ha detto che si può avere la remissione de' peccati da quell' ani-male di Macometto e con i modi che esso ha trovato e, però, dico che egli viene ad aver negato a punto i l propiziatore e l ' avvocato e, però, non sarà maraviglia se costui non potrà tornar a penitenza, perché! Cristo negato [32r] lo avrà abbandonato e negato in cielo davanti il Padre, gli avrà tolto i doni dello Spirito con li quali si può far il ritorno, vedendo che esso gli ha concultati e vituperati. Non sapete se Cristo disse: «Quel servo che sa la volontà del padrone e non fa secondo quella volontà sarà molto ben battuto» 1 8• Darò un esempio: chi va a violare una chiesa, rubando o facendovi dentro qualche omicidio, non può (secondo le leggi umane) esser salvo in chiesa, che la giustizia lo andrà a cavar fuori e farai morire. Così, né più né meno, chi ha la cognizione della verità e pecca, negando

1 7Si tratta di una citazione estemporanea nella quale sono confluiti elementi diversi, uno dei quali proveniente da Ebrei l 0, 1 7 .

1 8Luca 1 2,47.

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[32v]

[33r]

[33v]

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Gesù Cristo per mediatore, nol può più aver per mediatore. Questo, come a me pare, è quel peccato che San Giovanni dice che è peccato a morte. Adunque direte: «Tu pensi che chi una volta ha avuto la cognizione e in effetto ha gustato la vera dottrina cristiana possa !asciarla e torn1ll'e indrieto?». Rispondo che, contra quello che per altri testi avrei creduto, questi quattro mi dicono di sì e mi fanno tremare e mil ricordo di quello che dice Paolo: «Qui stat videat ne cadat» 1 9, e non fo altro che pregar il Signore che mi tenga la mano addosso e mi preservi. Direte: «Sono stati degli altri, i quali sappiamo che in Turchia hanno rinnegato per paura, e si e veduto che poi sono tornati a penitenza e sono vissuti e morti da buoni cristiani». Rispondo due cose: tale può aver negato, il quale avanti la negazione non credeva niente e non aveva impresse nel cuore le verità e le dottrine che esso negava, e così gli fu facil cosa negare e tanto è restato cristiano e in grazia di Dio dopo la negazione come egli era avanti. Non credo già io che si possa dire che io abbia perduto o gittato via una gioia, se non ho mai avuto gioia, Dico poi che se pur è vero che colui il quale in Turchia ha rinnegato intendeva e gustava la verità cristiana, voi avrete una gran difficoltà a certificarmi che dopo egli sia tornato ad una penitenza vera e sia vivuto e morto da buon cristiano, Dio sa come là su non si può così facilmente per gli attil esterni far giudicio che sia sicuro, ne vediamo molte esperienze ogni dì. Voglio anche dire che io so che quel primo testo di S. Paolo, che io vi ho addotto da certi espositori, viene inteso di alcuni, i quali dicevano che in Cristo vi erano molti battesimi e, però, andavano rifiutandone uno con speranza d' aversi a salvare con un altro. La qual esposizione a me non soddisfa e mi pare che giuochino ad indovinare e sia strascinata e violentata e da voi n 'aspetto una che sia migliore. E conoscendovi dotto e bene esercitato nella Scrittura, io spero che in questo articolo mi darete risposta e risoluzion tale che m' acqueterà, benché vorrò che vediate poi un solo foglio che ho scritto sopra questo passo, dove io mi riduco a considerar la cosa sui princìpii dell' elezione o reprobazione fatta di noi a eterno, come vedrete. Vi dico bene che, se io fossi (che Dio mi guardi) in colui che ha fatto quella infelice negazione, mi parrebbe d ' averne una gran caparra e starei dì e notte in ispavento, tremando di paura di noni mi veder cascare addosso l 'esecuzione di quella orri�ile

19! Corinzi l O, 1 2 .

Pier Paolo Vergerio, L 'istoria del Spiera

sentenza che Cristo pronunziò contra di coloro che così vergognosamente il negano; dalla quale Dio ci pt:eservi per sua clemenza e misericordia; non ci sottraendo lo Spirito. Voglio ben dir al presente questa parola, che con grandissima diligenza e maggior che in tutte le altre azioni usar si possa: ogni uomo si abbia a guardare di negare Cristo e la conosciuta verità, e chi, per sua gran disgrazia si ha lasciato conducere a far le negazioni e abiurazioni pubbliche o private (che tanto è) , gridi al Signore con voci altissime, cavate dal profondo del cuore e pieno d' amare lacrime: «Misericordia! Misericordia !» , perciò che egli è in un grandissimo ed estremo pericolo .

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Studi di teologia X ( 1 998) 85- 1 0 1 85

Segnalazioni bibliografiche

de Turckheim Geoffroy (sous dir), En compagnie de beaucoup d 'autres . . .

Guide théologique du protestanti­sme contemporain, Paris, Les Ber­gers et !es Mages 1 997, pp. 352.

Una prima parte presenta la diversi­tà del protestantesimo (luterani, rifor­mati , evangelici e battist i , pente­costalismo) ; una seconda delinea la vocazione e le convinzioni del prote­stantesimo; una terza tenta di fornire dei punti di riferimento su molte que­stioni al!' ordine del giorno: denaro, arte, battesimo, B ibbia, catechesi, di­vorzio, eutanasia, femminismo, New Age, ecumenismo, ecc.

Sembra che lo scopo sia quello di disboscare qualche pista per favorire un maggior discernimento sulle que­stioni trattate. Si tratta sicuramente di una buona intenzione. In realtà non si ha l ' impressione di un reale contributo alla chiarificazione. Gli esponenti del­le "chiese storiche" declamano la di­versità e si mostrano estremamente sensibili a chi penserebbe diversamen­te da loro, ma si guardano poi bene dal dare la parola ad esponenti del mondo evangelicale. Hanno la tendenza ad assorbire al proprio interno gli altri snaturandone spesso la specificità.

Appaiono così formalmente molto aperti , mentre in realtà sono intolleran­ti verso chi non accetta la loro idea di tolleranza.

L' opera risponde così solo in parte alle attese. Per poter giungere ad una presentazione più soddisfacente biso­gnerà attendere un' opera con un im­pianto più adeguato in cui la com­ponente evengelicale sia realmente rappresentata a livello progettuale .

A ugusto Monti

W.D. Davies - D.C. Allison Jr., The Gospel according to Saint Matthew (ICC), voi III, Edinburgh, T & T Clark 1 997; pp. 789.

·

Con questo volume giunge a com­pimento un' altra importante impresa della serie International Criticai Com­mentaries. Essa va a prendere il posto de !l 'ormai datato commento di Alle n non più rispondente alle esigenze at­tuali visto che risale al 1 907.

Anche il numero delle pagine di quest' ultimo indica l ' ampiezza e la te­nacia del lavoro svolto. Più di duemila pagine nei tre volumi di questo com­mentario sul primo Evangelo ! Non è cosa da poco e conferma il " ritorno di Matteo" .

La struttura del commento ricalca

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quella tradizionale. Commento esege­tico delle varie pericopi con bibliog­rafia conclusiva per ogni sezione. Gli Autori mostrano maggiore sensibilità per l ' accento morale dell'Evangelo, quanto alla sua teologia rimangono perplessi.

La convinzione di fondo è che "la contraddzione sia endemica ad ogni situazione messianica" e che come tale sia superfluo cercare un senso teologi­co vicino alle categorie del lettore mo­derno. Qualcuno potrebbe chiedere i l perché dell' ordine che l' Evangelo mo­stra, ma gli Autori rimangono distanti da simili preoccupazioni e si limitano ad offrire l ' analisi minuziosa del testo con molti spunti utili sul piano filolo­gico.

Paolo Mori

Alphonse Maillot, Le parabole di Ge­sù, Alba (Cn), Edizioni San Paolo, 1 997, pp. 240.

L' A., francese, espone una trentina di parabole bibliche e le commenta in un libro scorrevole alla lettura, dato che si tratta della raccolta di sue predi­cazioni. La sua posizione di protestan­te liberale si evidenzia fin dall ' inizio del libro; infatti ne si prende atto leg­gendo una serie di affermazioni che intaccano alcuni valori biblici ed evan­gelici fra i quali l ' ispirazione della Scrittura, la verità come autorivelazio­ne di Dio e Ia chiesa.

In certi passaggi lo stesso trattamen­to è riservato anche alla divinità di Cristo, alla grazia salvifica, ecc. Va comunque riconosciuto al Maillot lo stimolo fornito attraverso alcune sue

Segna/azioni bibliografiche

intuizioni ed immagini applicative per la vita cristiana su cui il lettore è chia­mato a riflettere. Fra le varie esortazio­ni di tipo pastorale che propone, penso in particolare a quando coglie e descri­ve il riferimento al progresso ed alla storia della salvezza (cfr. il cap. X " I vignaiuol i" , p . 56). Sotto questo aspet­to, l ' A. si discosta da J. Jeremias la cui opera è stata pubblicata in italiano con lo stesso titolo presso la Paideia di Brescia nel 1 975 .

Davanti alle numerose e d interes­santi sollecitazioni esortative presenti nel testo, ritengo tuttavia necessario sottolineare il problema di carattere epistemologico ed ermeneutico che la lettura solleva. Infatti, l ' impeto pare­netico del Maillot predicatore è minato dal fatto che egli trascura princìpi bi­blici certamente non secondari . Penso a quando' l' autore arri va a eone! udere che la chiesa del S ignore sarà giudica­ta da Dio non tanto in base alle " inten­zioni" quanto in riferimento ai suoi "atti" . Non è difficile capire come, par­tendo da questa premessa, egli possa giungere a giustificare i "mP.zzi" (di per sè condannabil i) se usati in vista di un buon "fine" (cfr. p. 1 73) . Come si può trovare riscontro a questi "princì­pi" nelle affermazioni del Maestr9 ?

Di fronte alle perplessità che il lesto di Maillot non aiuta a risolvere, è au­spicabile che accanto alla letteratura sulle parabole già esistente siano mes­si a disposizione del lettore italiano anche studi evangelici seri come ad esempio il libro di Simon J. Kistema­ker, The Parables of Jesus, Grand Ra­pids (Mi), B aker Book House 1 9947.

Sergio D 'Ascenzo

Studi di teologia X ( 1 998) 85- 1 O l

Michael Green, La seconda epistola di Pietro e l 'epistola di Giuda, Roma, GBU 1 997, pp. 279.

Questo commentario si propone di aiutare il lettore non specialista a co­gliere la ricchezza del messaggio bi­blico con tutte le implicazioni che ne derivano.

L' A. dedica quasi un terzo del libro alle questioni introduttive analizzando con chiarezza e ordine le varie ipotesi critiche relative all ' autenticità, alla pa­ternità e alla collocazione delle lettere nel canone biblico. L' A. si muove con sicurezza ali ' interno della letteratura cristiana dei primi secoli e fornisce gli elementi necessari per prendere posi­zione su questa parte del NT così facil­mente denigrata e dimenticata.

Il taglio del commento è più esege­tico che omiletico e tiene conto di tutte le questioni critiche esistenti, in questo caso considerevoli, pur non diventan­do mai squisitamente tecnico. La strut­t u r a d e l c o m m e n t a r i o è q u e l l o classico: i l brano biblico e quindi il relativo commento.

Per l ' A. i l messaggio di queste due epistole ha una rilevanza fondamenta­le per i nostri giorni: in effetti il per­missivismo sessuale, la tolleranza del falso insegnamento, uno stile di vita intriso di speranza cristiana sono im­portanti oggi come lo erano allora per­ché testimoniano lo stato di salute delle chiese rispetto ali' insegnamento neotestamentario.

Complessivamente un commento sano e di agevole lettura che merita la nostra attenzione.

Luigi Dalla Pozza

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U. Zwingli, Scritti pastorali, a cura di Ermanno Genre e Fulvio Ferrario, Torino, Claudiana 1 996, pp. 269.

Dopo undici anni, la collana "testi della Rifotma" edita dalla Claudiana, si arricchisce di un secondo volume sugli scritti di Zwingli . E mentre la prima selezione era dedicata agli scrit­ti "teologici e politici" la seconda, molto opportunamente, viene dedicata agli " seri tti pastorali " . Dei ci nque scritti che compongono !' opera infatti, tre sono la rielaborazione di altrettante predicazioni. In questo modo la figura e l ' opera di Zwingli predicatore e pa­store, viene rivisitata nella dimensione che maggiormente caratterizza i Rifor­matori e che forse, par varie ragioni, non è sempre sufficientemente sottoli­neata. E noto infatti che fu proprio Zwingli, fin dal l 5 1 9 ad inaugurare quella "lectio continua " che fu caratte­ristica peculiare delle predicazioni ri­formate.

n primo scritto "Il pastore" , è tratto dal sermone pronunciato da Zwingli durante la seconda disputa di Zurigo. Uno scritto di battaglia dove Zwingli stabilisce il metro di misura per distin­guere il vero dal falso pastore. Questo metro, questo criterio è uno soltanto: il "Sola Scriptura" . Lo scritto è sostan­zialmente diviso in due parti. Nella prima parte Zwingli si sofferma sul ruolo del pastore prendendo spunto dall 'esempio di Cristo stesso, il buon pastore. Nella seconda parte, il Rifor­matore si scaglia, con tono polemico, contro i falsi pastori che intendono depredare i veri cristiani e che si rico-

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noscono a causa della loro malvagità ed infedeltà alla Parola di Dio

Nel secondo scritto "Replica contro Geronimo Emser, assertore del canone della messa" Zwingli difende la Rifor­ma su cinque punti essenziali: il con­cetto di chiesa, l ' intercessione dei santi, il concetto di merito, la questio­ne della messa e i l purgatorio. Anche in questo caso Zwingli resta ancorato al metro della Scrittura con l 'afferma­zione basilare "è la Parola di Dio che costituisce la Chiesa" (pp. 1 16, 1 1 8, 1 19) .

Nel terzo scritto, " lettera a Matteo Alzer", buon amico di Lutero e predi­catore riformato, della Germania me­ridionale, scopriamo uno Zwingli diplomatico alla ricerca di consensi, in opposizione a Lutero, sulla sua inter­pretazione simbolica della Cena del Signore.

Gli ultimi due scritti sono le due predicazioni tenute da Zwingli a Berna durante la disputa del 1 528. Nella pri­ma vengono elencati e commentati gli articoli del Credo Apostolico con par­ticolare riferimento ali ' Ascensione che offre a Zwingli lo spunto di parten­za per la sua concezione simbolica della Cena del Signore. Nella seconda, il Riformatore esorta i cittadini bernesi a mantenere i risultati fin qui acquisiti. Partendo dall 'esempio della perseve­ranza di Cristo, Zwingli esorta i suoi fratelli a non sentirsi appagati da quan­to fin qui realizzato ma a continuare l 'opera della Riforma senza paura, ma anche senza facili trionfalismi.

Nella lettura dei testi si scopre la profonda conoscenza della Scrittura posseduta da Zwingli che, unita ad una

Segna/azioni bibliografiche

acuta capacità esegetica, permette al Riformatore di esprimere un pensiero teologico ben fondato e solido capace di sfidare e sconfiggere tutta la conso­lidata teologia del suo tempo.

Gioele Corradini

Mariano Di Gangi, Peter Martyr Ver­migli 1499- 1562. Renaissance Man, Reformation Master, Lanham, Uni­versity Press of America, 1 993, pp. 2 1 9 .

Gli ul timi tre decenni hanno cono­sciuto un sensibile incremento d' inte­resse per la figura e l 'opera di Pietro Martire Vermigli. Numerosi studiosi ( A n d e rs o n , D o n n e l l y, K i n g d o n , McLelland, McNair, Santini, solo per citarne alcuni) hanno dedicato al Ri­formatore italiano una serie ragguar­devole di monografie che hanno fatto emergere il suo contributo fondamen­tale alla storia della Riforma e della teologia riformata. Tra le numerose iniziative intraprese, è da segnalare \a pubblicazione in inglese dei suoi scrit­ti che, iniziata nel 1 994, conta ormai quattro volumi.

Una eco di tale rinascita degli studi vermigliani si è riverberata anche in Italia con la traduzione d eli' opera fon­damentale di Philip McNair, Pietro Martire Vermigli in Italia (Napoli, Edizioni Centro Biblico 1 97 1 ) . Questo fermento promettente è tuttora vivo e c 'è da augurarsi che l ' avvicinarsi del v· centenario della nascita di Vermigli funga da catalizzatore in vista di un suo ulteriore consolidamento anche tra gli evangelici italiani.

Di Gangi appartiene a quella schiera

Studi di teologia X ( 1 998) 85- 1 O l

di studiosi cui va riconosciuto il merito di aver innescato questa riscoperta tan­to necessaria quanto doverosa. Questo libro può essere considerato una suc­cinta biografia del Vermigli in cui ven­g o n o n arrati g l i a n n i d e l l a s u a formazione fiorentina prima e padova­na poi, l ' incontro con il circolo valde­siano a Napoli, il periodo lucchese a San Frediano, l 'esilio che lo porterà a Strasburgo, Oxford e Zurigo, la sua attività accademica, i rapporti con i Riformatori di vari paesi ed il suo ruo­lo determinante nel promuovere la Ri­forma in Europa.

Le varie tappe della vicenda perso­nale del Riformatore sono per Di Gan­g i u n ' occasione per fornire u n a introduzione a l pensiero vermigliano basata sui suoi commentari a numerosi libri della Scrittura, sugli scritti dottri­nali e sul vasto epistolario. Dalla bio­grafia di Di Gangi traspare l ' impo­nente statura di Vermigli nel panorama cinquecentesco della Riforma, lo spes­sore biblico e pratico della sua teolo­gia, il respiro umanistico della sua cultura, il rigore accademico e l 'afflato pastorale del suo i n segnamento, l 'aspetto irenico della sua personalità e la profondità dei legami che intrat­tenne in particolare con Bucero, Cal­vino, Cranmer e Bullinger.

Di Gangi unisce al ricorso scrupolo­so alle fonti un certo pathos narrativo che, fatta salva la solidità d' imposta­zione dell' opera, rende la lettura av­vincente e coinvolgente. Forse non c 'è miglior modo per avvicinarsi a Pietro Martire Vermigli.

Leonardo De Chirico

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Seong-Hak Kim, Miche l de l 'Hopital ­The Vision of a Reformist Chancel­lor during the French Religious Wars, Kirksville, Sixteenth Century Journal Pubi. 1 997, pp. 2 1 6.

M. W. Konnert, Civic Agendas and Religious Passion. C h a l o n - sur­Marne during the French Wars of Religion, 1 560- 1 594, id., id, 1 997 , pp. 1 82.

Q u e s t i due tes t i s i c o l l ocano nell'ambito dell' indagine- st01ica sulla Francia del XVI' secolo. Un periodo di notevoli sconvolgimenti sociali e religiosi.

La ricerca di Kim è una biografia su quel l ' interessante personaggio che ri­sponde al nome di Miche! de l ' Hopital ( 1 507- 1 573). Da taluni considerato un avvocato della tolleranza religiosa, il cancelliere viene presentato invece come un politico pragmatico interes­sato solo all 'autorità del re. Se egli accettò la coesistenza del cattolicesi­mo e del protestantesimo, lo fece solo dopo avere invano tentato di trovare un impossibile compromesso confes­sionale.

La sua tolleranza verso quella che egli considerava un'eresia si giustifi­cava solo per evitare l ' incombente anarchia civile. La concordia era un modo per salvaguardare l ' unità del re­gno, ma il massacro della notte di San Bartolomeo avrebbe segnato il fal li­mento della sua politica.

Lo studio spazza via alcuni luoghi comuni se non veri e prop1i miti, e fornisce una messa a fuoco utile su un periodo che avrebbe avuto importanti ripercussioni anche altrove.

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Konnert prende invece in esame la situazione di una città a prevalenza cattolica, Chalon-sur-Marne. Gli abi­tanti di questa città erano votati ad ubbidire al re "con le loro vite, coi loro corpi e coi propri beni" .

Lo studio dei comportamenti e delle scelte politiche di una città come que­sta offre un interessante spaccato della realtà in cui si confrontarono le ideo­logie del tempo con le loro conseguen­ze politiche, economiche e religiose. Esso contribuisce ad i l luminare le strutture di potere nel periodo delle guerre di religione e permette di con­siderare lo stesso Editto di Nantes co­me un'estensione alla Francia intera della tolleranza che si era sperimentata a Chalon.

Trattandosi di tesi per il dottorato di ricerca offrono un' importante e utile documentazione sul periodo in esame.

Luca Piccini

B rian G. Armstrong, Bibliographia Molinaei, Genève, Droz 1 997, clvii-564.

Pierre Du Moulin ( 1 568- 1 658) non è molto noto in Italia, ma questa bibli­ografia può dare un' idea della sua im­portanza: più di milleduecento opere in più di dieci lingue. Difficile trovare teologi riformati, al di fuori di Calvino e Beza, che abbiamo avuto un così ampio successo editoriale.

Pierre Du Moulin è stato un uomo totalmente impegnato nei confronti di quello che lui riteneva essere la chia­mata di Dio. Per questa causa ha sacri­ficato ogni cosa con una passione totale. Dopo che il tempio di Charen-

Segna/azioni bibliografiche

ton ( 1 622) frequentato da molti nobili dell ' epoca e dove lui è stato pastore è stato distrutto su incitazione dei catto­lici romani scrive un trattato di conso­lazione: "Perché Dio mi è testimone quanto le vostre afflizioni mi consumi­no, quanto provochino sospiri ad ogni ora, quanto la vita sia amara da quando mi sono separato da voi . Mi è infatti impossibile porre la mano altrove che su questa piaga e pensare ad altro che alla vostra afflizione. E' questa tristez­za che mi ha indotto a scrivere questo trattato di consolazioni scritte con la­crime e interrotte da sospiri al punto è stato questo turbamento e impedimen­to che mi ha incitato a scrivere . "

Du Moulin vive intensamente i l tra­vaglio del popolo riformato svii uppan­do uno spirito combattivo anche se pieno di rigore teologico. Basta pensa­re che ha dovuto passare attraverso diversi attentati e ha dovuto muoversi con una guardia del corpo. L' A. forni­sce qui una bibliografia delle opere di Du Moulin che permette di vedeie la varietà dei fronti su cui il Nostro è stato impegnato. Rimaniamo in attesa della pubblicazione della biografia sulla quale sta l 'A. lavorando da circa venti anni .

Luca Piccini

R.A. Muller - J .L. Thompson (edd), Biblica[ lnterpretation in the Era of the Reformation, Grand Rapids -Cambridge, Eerdmans 1 996, pp. 35 1 .

U n Festschrift è sempre un' occasio­ne per fare il punto su qualche questio­ne e questa serie di Essays Presented

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to Davi d C. Steinmetz in Honor of His Sixtieth Birthday non sfugge alla rego­la. La questione riguarda la continuità o meno della Riforma col periodo pre­cedente per quanto attiene al tipo di esegesi .

Dopo una prima parte contenente alcuni saggi sull' interpretazione bibli­ca nel periodo della Riforma partendo dal punto d'osservazione della visione medievale (R. A. Muller, K. Froehlich, J .B . Payne), segue una seconda sul periodo iniziale della Riforma. L' ap­proccio di Lutero al Salmo 1 16 (K. Hagen), l ' esegesi «cattolica» di B . Hubmaier a Matteo 1 6, 1 8-20 (C.M. Leth), l' impatto della retorica su Me­lantone (T.J. Wengert), lo sforzo di armonizzazione portato avanti da B u­cero a proposito della cronologia di Giovanni 5-7 (I. Backus), l ' interpreta­zione zwingliana di Giovanni 6,63 (W.P. Stephens). La terza parte esami­na gli elementi di continuità e cambia­mento nel periodo i ntermedio : i l terreno della certezza in Calvino (S .E. Schreiner), l ' interpretazione di Gio­vanni 8 da parte di Musculus (C.S. Farmer), confronto tra B ul linger e Cal­vino sulla lettera ai Romani (J .E. Kok), il metodo allegorico in Vermigli (J .L. Thompson), le similitudini sull ' inter­pretazione del riposo di Esodo 20,8- 1 1 tra Ursinus, Calvino, Vermigli, Bullin­ger e Melantone (L.D. Bierma), Osea 1 -3 in Zanchi (1 .L. Farthing), la cristo­logia dei Salmi 8, 22, 1 10 in Selnecker (R. Kolb).

Il volume contiene anche una bibli­ografia degli scritti di David C. Stein­metz, come pure un bilancio da parte dei Curatori sul senso dell 'esegesi nel

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periodo della Riforma. La prospettiva critica si sarebbe affermata solo in se­guito in certi ambienti e non può essere in nessun modo collegata al lavoro dei Riformatori .

Un testo utile su diversi punti per­ché illustra la continuità creativa tra Medio evo e Riforma su li ' interpreta­zione del testo biblico.

Gioele Betti

William Edgar, La carte protestante. Les réformés francophones et l ' es­sor de la modernité ( 1 8 1 5- 1 848), Genève, Labor et Fides 1 997, pp. 3 84.

L'opera di Edgar si distingue per la ricchezza d�l contenuto, la chiarezza e il tono del l 'esposizione. Suo oggetto è l ' apologetica dei riformati francesi e svizzeri nell ' epoca della restaurazio­ne, che inizia col Congresso di Vi enna protraendosi fino alla metà del secolo.

L' analisi, che rientra in un tema più ampio particolarmente caro al l ' A . (=come l 'Evangelo debba rivolgersi al mondo moderno e come questo si ri­volga all'Evangelo), ha tre obiettivi : indagare sul tipo d'apologetica an al iz­zando i testi, valutare è stata percepita la modernità (la cultura, la politica, l ' economia, il progresso scientifico e tecnologico), sottolineare i punti di forza e le debolezze di questa apologe­tica.

L'opera si articola in tre sezioni. Nella prima si analizzano il concetto di modernità e di restaurazione. Nella seconda si individuano le pecul i arità dell' apologetica, l 'ambito sociale in cui si è sviluppata e che ha portato alla

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nascita delle società missionarie, delle opere sociali (orfanotrofi, asili, scuo­le . . ), delle scuole domenicali. Quindi si analizzano i caratteri dell' apologeti­ca del periodo della restaurazione for­temente i nfluenzato dal dualismo kantiano.

Nella terza l 'A. distingue quattro tendenze in seno al protestantesimo francofono della prima metà dell' Ot­tocento: la SCl.IOia ortodossa del Risve­glio (Haldane, Bost, Merle d' Aubigné, Monod, Gaussen) ; quella di Alexandre Vinet i cui esponenti furono influenza­ti dal pensiero tedesco, inglese e scoz­zese; quella "pre-liberale" rappre­sentata da un numero limitato di teolo­gi (Samuel Vincent e Athanase Coque­rei) animati da ottimismo nei confronti del mondo circostante e influenzati dal pensiero romantico (es. nel considera­re la natura eone un grande orgnaismo autonomo dotato di anima, nel vedere in Gesù. solo un ideale dell ' umanità, nella fiducia nelle potenzialità dello spirito umano e nel progresso dell 'u­manità), cui si unisce un rifiuto della ortodossia dogmatica in relazione alla teopneustia, alla predestinazione, al peccato originale e alla concezione tradizionale dell 'espiazione di Cristo.

La quarta tendenza è costituita da un gruppo eterogeneo di protestanti non teologi interessati alle questioni reli­giose la cui apologetica si è manifesta­ta in diversi ambiti (Madame de Stael, Benj amin Constant, Simon de Si­smondi, François Guizot).

Punti comuni a tutte queste tenden­ze sono : l ' autonomia della ragione umana, l ' indipendenza della scienza sperimentale, l ' accettazione dell' idea

Segna/azioni bibliografiche

di secolarizzazione, il rifiuto del dog­matismo.

L'opera si conclude con un capitolo di sintesi e di valutazione globale e con un'utilissima sezione sulle fonti apo­logetiche, bibliografiche e gli indici. Uno studio quindi, quello di Edaar, ben documentato e di sicuro arricchi­mento.

Alberto Guerra

S. Ferguson, The Holy Spirit, Leice­ster, Inter-Varsity Press 1 996, pp. 288.

Ch. Sherlock, The Doctrine of Huma­nity, Leicester, lnter-Varsity Press 1 996, pp. 303.

La ser ie Contours of Christian Theology si arricchisce di altri due pre­ziosi volumi, sulla pneumatologia e sull ' antropologia.

Cominciamo col testo di Ferguson. Se si confronta questo con molti altri più alla moda, si nota uno stridente contrasto. Le ragioni sono molteplici, ma quella che salta maggiormente agli occhi è l 'accento sulla storia biblica anziché sulla storia del tale o del talal­tro. Mentre la prima alimenta una vi­sione, la seconda produce spesso esaltati o frustrati. L'inserimento della dottrina dello Spirito in una cornice la più ampia possibile arricchisce enor­memente la comprensione del ruolo dello Spirito.

L' A. rileva con efficacia anche le distinzioni tra antico e nuovo patto, tra aspetti testuali e teologici, tra esegesi accademica e applicazione. Non c ' è pagina che non attiri per l a sua att<:jn­zione a tutti gli aspetti della ricerca teologica. Non è solo un testo sulla

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pneumatologia, ma per certi versi an­che sulla soteriologia. I giudizi sono sempre biblicamente e teologicamente orientati in modo da offrire un quadro compatto.

La critica dell' idea di profezia so­stenuta da Grudem è, per esempio, di una chiarezza e signorilità ammirevoli (pp. 2 1 4-22 1 ). Un interrogativo po­trebbe essere sollevato sulla formula­zione usata per descrivere il rapporto di Cristo col peccato (p. l 05), forse non del tutto chiara, ma in genere si respira l 'aria di un ministero dottorale e pastorale di altissimo livello. Le sue osservazioni critiche non sono solo in­serite in una prospettiva sana, ma mo­strano anche che sa di che cosa sta parlando. Tutto ciò fa di quest'opera la più interessante attualmente esistente sull'argomento.

L'opera di Sherlock appare più con­venzionale rispetto alla precedente e meno solida per quel che concerne le fonti. Non si tratta di un demerito, ma di un'osservazione formale. L'A. dedi­ca una prima parte al tema dell ' imma­gine di Dio (nella creazione, nella redenzione e nell ' ambito del pensie­ro); la seconda alla vita umana (nella società, nella creazione, nella cultura); la terza alla persona (nella sua unicità, nell 'essere donna, nell'essere uomo). Si conclude con due appendici sulla trasmissione del peccato e sull' uso del linguaggio inclusivo.

Due opere da meditare con attenzio­ne e che potranno contribuire ad forni­re e lement i di or ientamento s u questioni in cui spesso, anche tra evan­gelici, domina un forte qualunquismo.

Pietro Bolognesi

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William K. Kay & Pau! C. Weaver, Pastoral Care and counselling. A Manual, Carlisle, Paternoster 1 997 , pp. 200.

Geoff Walters, Why do christians find it hard t o grieve ?, Carlisle, Paterno­ster 1 997, pp. 203 .

La consulenza pastorale non cono­sce tregua e non passa molto che appa­iono opere più o meno importanti sul l 'argomento. Segno questo, non so­lo di un reale bisogno, ma forse anche di un ancoraggio non ancora piena­mente raggiunto.

La prima opera qui presentata è un tipico manuale introduttivo alla mate­ria. Essa contiene una prima sezione sul Ministerio che tocca le varie que­stioni legate alla chiamata pastorale e alle esigenze che essa pone; una se­conda sezione sulla consulenza vera e propria in cui si toccano le varie situa­zioni pratiche. Mentre due appendici forniscono suggerimenti sulla celebra­zione dei matrimoni e su quella dei funerali.

Un libro semplice e senza grosse pretese che non può sostituire altri l ibri sull ' argomento, ma che può forse es­sere una lettura preliminare per libri più impegnativi.

Il libro di Walters cerca di tracciare le linee di una teologia del dolore o del l u tto. Dopo aver infatti registrato quanto sia difficile affrontare il tema del cordoglio, l 'A . colloca l' argomen­to in una cornice più ampia per fornire poi alcuni suggerimenti utili . Il tema è importante e ci sarebbe forse da appro­fondire.

Roberto Manzi

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AA.VV. , Esprit et vie, Cléon d 'An­dran, Excelsis - Edifac 1 997, pp. 1 90.

AA.VV., La spiritualité et les chrétiens évangeliques, voi l , Cléon d'An­dran, Excelsis - Edifac 1 997, pp.

. 1 65 .

Durante i l Congresso teologico del­la Facoltà libera di teologia evangelica (Vaux-sur-Seine, aprile 1 997) sono stati presentati due nuovi testi entram­bi composti da diversi autori, in mag­gioranza professori della Facoltà o suoi ex-studenti, ma non solo.

Esprit et vie è una raccolta di articoli su diversi terni edita in omaggio a Sa­muel Bénétreau, professore di NT fino al 1 994, un segno di gratitudine per la sua atti vi tà professorale. L'eterogenei­tà degli articoli rende impossibile, in questa sede, una loro presentazione dettagliata.

La spritualité et les chrétiens évan­geliques riassume le conclusioni del Convegno teologico svoltosi alla Fa­coltà nel 1 996 insieme alla riflessione che si è avuta in diverse chiese france­si . Dopo aver preso coscienza dell' in­teresse da parte del mondo con­temporaneo, e di conseguenza della chiesa, per la spiritualità in senso lato, gli autori analizzano il fenomeno delle diverse spiritualità evangeliche.

·

Per spiritualità s'intende qui la mo­dalità soggetti va con cui si vive la pro­pria fede ed il significato da attribuire ai suoi diversi aspetti. Ogni capitolo ne esamina uno: meditazione personale, rapporto corpo/spirito, musica come espressione della spiritualità, prospet­tive storiche sulla spiritualità, forme

Segna/azioni bibliografiche

diverse di organizzazione del culto, rapporto tra spiritualità e teologia, per finire con una tipologia delle spiritua­lità evangeliche che ovviamente cam­biano secondo le denominazioni. Il testo propone una riflessione profonda e densa senza però assumere un lin­guaggio teologico eccessivamente tecnico e complicato.

Stefano Molino

Pietro B olognesi, Liberi di credere. Il credo apostolico, Marchirolo (Va), Editrice Uomini Nuovi, 1 997, pp. 1 44.

Al tempo della Riforma il Credo apostolico era considerato un compen­dio della fede evangelica e usato come strumento per la predicazione e per l ' istruzione biblica. Nell'evangelismo contemporaneo invece è triste consta­tare che, con qualche rara eccezione, spesso ne si ignora persino I' esistenza.

Quest'ultimo libro di B o1ogqesi è un' occasione preziosa per colmare certe lacune preoccupanti e per ap­prezzare il valore del "Credo" quale carta orientativa della fede cristiana. Nato sul prolungamento di una serie di predicazioni, esso conserva l ' impianto orniletico e si presenta come una trac­cia per la meditazione personale e co-munitaria.

·

La motivazione che soggiace alla riflessione non deve essere ridotta ad un esercizio di rivisitazione storica o ad una descrizione di un oggetto d'an­tiquariato teologico. Il "Credo" impo­ne un respiro e un'ambizione molto più vaste. Nelle parole dell 'Autore, "la vita di una persona è nel suo credo.

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Non esiste alcuna possibilità di sottrar­si a un qualche credo. Ma se il credere è centrale, diventa importante quel che si crede" .

Attraverso i l commento alle diverse

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Tommaso Stenico (a cura di), Il Con­cilio Vaticano 11. Carisma e profe­zia, R o m a, L i brer ia Edi tri ce Vaticana 1 997, pp. 484

affermazioni del "Credo", Bolognesi E' opinione diffusa che il Conci lio invita il lettore a valorizzarne il conte- Vaticano II ( 1 962- 1 965) sia stato nuto biblico, la profondità dottrinale, l ' evento più significativo del la storia le implicazioni pastorali e le opzioni di recente del cattolicesimo e, più in ge-fondo che Io animano e verso cui inco- nerale, tra i più importanti del nostro raggia. secolo. L'attuale papa lo ha più volte

La premessa che anima lo sforzo è definito un "evento provvidenziale" che "in un mondo che è il più delle con cui la chiesa cattolica ha aggior-volte dominato da schegge di sapere in nato la consapevolezza sia della pro-contrasto le une con le altre il Credo pria identità sia della propria missione offre una implacatura unitaria utile per nel mondo contemporaneo. Le ce le-una vera integrazione" . Per ribadire la brazioni per il trentesimo anniversario valenza complessiva del Credo, altro- del Vaticano II hanno prodotto un no-ve si afferma che in esso "sono sugge- tevole fermento in ambito cattolico; riti criteri organici e chiari per scelte nel dibattito apertosi all ' inizio degli che onorino il Dio rivelato" . Di fronte anni Novanta, ci si è interrogati in alle attese che queste affermazioni su- particolare su l la portata teologica scitano, la lettura del volume non de- dell ' insegnamento conci l iare, sul la ri-l ude affatto, anzi avvince, sfida, cezione dei suoi singoli impulsi nei rinfranca e smuove. vari strati del tessuto ecc lesiale e

Per i predicatori in particolare, il sull' incidenza complessiva che esso libro si fa apprezzare anche per la ha avuto nella vita della chiesa. Facen-struttura omiletica solida ed efficace · do anch'esso il punto della situazione con cui i vari articoli del Credo sono · alla luce dei trent' anni trascorsi, que-stati esposti. Chissà che altri non siano sto libro può essere considerato un incoraggiati a cimentarsi nell' impresa contributo non proprio tempestivo ma di predicare una serie di sermoni sul certamente utile e qualificato a tale Credo. riflessione.

In ogni caso, è bello constatare L' intento del curatore è di "offrire quanto un documento della chiesa an- una panoramica a tutto campo del ma-tica, valorizzato dai riformatori e pa- gistero della grande assise ecumenica trimonio inestimabile degli evangelici e ricercare lo sviluppo successivo i m -

d'ogni tempo, continui a dar voce fe- presso dall ' insegnamento dei Pontefi-dele ed autorevole alla fede nel Dio ci Romani " (p. 477) al l ' interno di un della Scrittura. quadro interpretati va in cui il Conci l io

Leonardo De Chirico è visto insieme come "carisma" e "pro­fezia" . Per raggiungere tale abbietti v o,

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tutti i sedici documenti approvati in sede conciliare vengono introdotti e commentati in altrettante conversazio­ni che Stenico intrattiene con alcuni esponenti della Curia e del magistero nonchè esperti delle varie materie (ve­scovi, membri di alcuni Pontifici Con­sigli, professori di Facoltà cattoliche). AI lettore viene pertanto offerta una sorta di bilancio autorevole anche se provvisorio sul significato storico-ec­clesiale del Concilio formulato secon­do una prospettiva vicina agli attuali orientamenti del Vaticano. Nonostante tutta la sua aura di quasi-ufficialità e pur non mancando toni a volte ecces­sivamente celebrativi, nel libro trova spazio anche il lamento di p. Ignace de la Potterie per il quale la costituzione Dei Verbum, nel suo sforzo di coniu­gare in una logica tutta cattolica la legittimità della critica biblica alla ri­cerca del senso teologico ed ecclesiale della rivelazione scritturale, "è rimasta più o meno lettera morta" (p. 297). Lo stesso curatore, pensando forse alle ambiguità interpretative cui si presta­no i documenti ecclesiologici più im­portanti quali la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes, scrive che " in questi anni non sono mancati tentativi di fuga in avanti o reticenti rallentamenti" (p. 478).

Nel rilevare una certa onestà critica e autocritica che peraltro non pregiu­dica la visione "provvidenzialista" del Concilio, si deve altresì registrare una persistente indisponibilità a discutere a fondo gli spunti critici sul Vaticano II che sono stati presentati da teologi come David Wells in America o da Vittorio Subilia in Italia e che riguar-

Segna/azioni bibliografiche

dano I ' impianto essenziale, la struttura portante della teologia cattolica. Infat­ti, la tesi della "giustapposizione" di teologie tra loro contrapposte operata dal Concilio viene sì ricordata (p. 1 1 3) ma per essere subito liquidata evocan­do il desiderio dei padri conciliari d 'essere guidati dallo Spirito "verso tutt ' intera la verità" .

Leonardo D e Chirico

V. Ramachandra, Gods t ha t fa il. Mo­dern Idolatry and christian rnission, Carlisle, Paternoster 1 996, pp. 226.

Il libro riguarda la testimonianza cristiana in un mondo che registra una sempre maggiore radicalizzazione del conflitto tra fede cristiana e fede mo­derna. L'A. ritiene che la testimonian­za implichi sempre un confronto con gli idoli del tempo e riflette quindi sul processo della loro formazione � del loro impatto sulla realtà attuale. Lo smarrimento delle coordinate, insieme alla frammentazione del sapere, mani­festa una grande pochezza anche se rivestita di grande prestigio. Persino la scienza, rimasuglio di miti ormai supe­rati, appare fortemente condizionata da interessi economici e militari.

Che fare davanti a ciò? L'A. ritiene che molta parte dell ' annuncio cristia­no moderno non si discosti molto dal "pensiero postitivo" e che molti evan­gelisti somigliano a guru moderni . Dio appare così "gettonato" in funzione utilitaristica. L' A. indica la croce come sconfitta delle ideologie.

Un libro interessante per una seria testimonianza nel mondo moderno.

Paolo Mori

Studi di teologia X ( 1 998) 85- 1 0 l

Williarn Edgar, Reasons of the Heart. Recovering christian persuasion. Grand Rapids, Baker 1 996, pp. l 26.

Le ragioni del cuore, ovvero un'ap­plicazione chiara del metodo apologe­tico di Cornelius Van Ti!, da parte di un apologeta che nella Facoltà di We­strninster a Filadelfia occupa la catte­dra che fu del grande apologeta riformato.

Pur nella diversità del linguaggio, spogliato di ogni sapore filosofico e quindi accessabilissimo a chiunque, l 'approccio, così come i presupposti che ne stanno alla base, sono decisa­mente vantiliani. Dunque non biso­gnerà lasciarsi fuorviare dal titolo perché non si vuole legittimare alcuna scissione tra il cuore e la ragione, nè lasciar intendere una impossibilità di fondo da parte della fede di poter ren­dere conto della propria ragionevolez­za. Ma si tratta di riflettere sul fatto che in ultima analisi ciò che regge la visio­ne che ci siamo fatti della realtà e di noi stessi, così come il nostro ragiona­re sulle questioni ultime, sono ricon­ducibili infine alle ragioni profonde del cuore di ognuno di noi. Non solo di chi si dice credente, ma di tutti co­loro che pure vorrebbero rivestire le proprie ragioni del cuore di una veste di razionalità e oggettività che le ren­derebbero più presentabili ed accetta­bili agli altri .

Si tratterà di una lettura utile per quanti si prefiggono una difesa consa­pevole della propria fede cristiana che non si muova secondo criteri propri nè assumendo quelli altrui, ma che ha fatto propri quelli della Scrittura, nella

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certezza che la loro idea della Scrittura debba determinare altresì la difesa. Un' apologetica cristiana che muove da presupposti diversi costituisce di per sè una negazione di ciò che intende affermare !

Matteo Clemente

Francis A. Schaeffer, L'inquinamento e la morte dell 'uomo. Ecologia e pensiero cristiano, March irolo, EUN 1 997, pp. 80.

Leggere Schaeffer è sempre piace­vole e stimolante e questo volumetto su di un tema attuale e difficile costi­tuisce un significativo quanto necessa­rio contributo evangelicale ad un dibattito che non ci ha visti sempre attenti e propositi vi. Colpa certamente di una cattiva quanto parziale applica­zione delle Scritture che così sembra­no prestare il fianco d ' accu sa di uomini come Lynn White Jr., il quale addossa al cristianesimo la responsa­bilità di quella cultura del disimpegno verso . l a tu tela e la sal vaguardia del! ' ambiente.

L' analisi di Schaeffer è lucida, con­vincente e lineare. Essa muove da una realtà di fatto negativa per poi esami­nare una serie di risposte ritenute ina­d e g u a t e d al i ' A . : d a l l a v i s i o n e panteista a quella platonica dualistica riscontrabile purtroppo anche in am­biti cristiani.

L' A. individua nel cristianesimo ri ­formato una risposta adeguata al pro­blema ecologico in quanto rappresenta un' applicazione coerente e concreta delle dottrine bibliche della creazione, della caduta e della redenzione. Il cri-

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stianesimo, e in concreto il singolo credente e la chiesa tutta, costituisco­no per la società una sorta di "impianto modello" di quella guarigione sostan­ziale - anche se parziale sino alla piena redenzione al ritorno di Cristo - di tutte le alienazioni prodotte dal peccato dell' uomo, non solo in sè e nei suoi rapporti con Dio e con i suoi simili, ma anche nella natura in sè e nel rapporto dell' uomo con essa. Ciò comporta la possibilità per l ' uomo " redento" di esercitare il dominio conferitogli da Dio senza generare distruzione, attra­verso un uso sano ed equilibrato delle risorse naturali , senza quello sfrutta­mento e quel deturpamento paesaggi­stico che quasi sempre ne derivano.

Questo significherà dover intra­prendere scelte coraggiose e costose in termini economici e temporali per evi­tare l' avidità e la fretta che sono soven­te al l ' o ri g i n e di c o mportamenti deprecabili. Significherà altresì nega­re all ' uomo il diritto di violare la terra rendendo la sterile per suggerire un' ap­plicazione della scienza e delle tecno­logie che mirino veramente al ripri­stino delle cose nel loro stato primiero. L'A. lancia bordate salutari al cristia­nesimo biblico, ma anche sfide da rac­cogliere, dal momento che lo rendono consapevole della sua chiamata sulla base dell' opera di Cristo (p. 47) .

Due note finali : lo scritto tradisce i l suo tempo, ma conserva la freschezza e la pregnanza di una cosa appena nata! Dispiace infine rilevare gli scarni riferimenti bibliografici, a danno di quanti amano andare alle fonti per ul­teriori approfondimenti.

Matteo Clemente

Segnalazioni bibliografiche

Jean Brun, A ttesa di verità. Il destino della filosofia nella modernità, Ro­ma, Città Nuova Editrice, 1 996, pp. 272.

Negli ultimi decenni si sono molti­plicate le analisi sulle strutture fonda­mentali della modernità e sul loro vero o presunto stato di crisi che carattrriz­za il nostro secolo. L'opera di Brun si colloca sulla scia di tale riflessione ruotando però intorno alla categoria di verità.

Per Brun, per tentare di capire la modernità si deve fare i conti prima di tutto con il modo in cui essa ha affron­tato la questione della verità. Brun ri­corda che la modernità ha proclamato la "disintegrazione della verità" decre­tandone la "morte " . Tale sentenza ha comunque comportato non la dismis­sione bensì la proliferazione di verità; inoltre, l ' esigenza di libertà che sog­giaceva a tale movimento ha invece prodotto una schiavitù opprimente. L'uomo è stato ridotto al rango di "adoratore di verità senza Verità" e di "servo di una verità che lo frantuma" (p. 55) . La risultante della "morte" del­la verità è stato un vero e proprio "olo­causto antologico " . Indicative i n questo senso sono l e pagine che l ' Au­tore dedica alla "metafisica" dell'evo­luzionismo (pp. 1 59- 1 83) o quelle devastanti sui risvolti inquietanti della civiltà tecnologica che risentono della critica di Heidegger e di Jacques Ellul alla società occidentale.

Per Brun la deriva della modernità trova le sue origini nel progetto satani­co del "sarete come dèi" del giardino d'Eden (pp. 55-69). Di fronte allf ri-

Studi di teologia X ( 1 998) 85- 1 O l

proposizione moderna della tentazio­ne del serpente antico, !" ' io sono la verità" di Gesù si pone in assoluta contrapposizione anche se appare l ' unica possibilità di essere liberati dalle chimere della verità che prescin­de programmaticamente da Dio. L' ar­ticolazione di questa diagnosi e di questa prognosi lasciano trasparire l 'opzione protestante ed evangelica del filosofo francese.

Comunque, la tesi secondo la quale il deficit della modernità si ponga sul piano veritativo è senz'altro stimolan­te e in controtendenza rispetto alle pi­ste interpretative più battute. Brun, con il suo linguaggio denso e la sua cultura enciclopedica, propone una ri­flessione che merita attenzione anche da chi utilizza ipotesi di ricerca più legate ali ' analisi sociologica e storica.

Leonardo De Chirico

Herman Dooyeweerd, Christian Phi­losophy and the Meaning of History (The Collected Works of H.D.) B l , Lewiston , Edwin Mellen Press 1 996, pp. l 24;

Id., Essays in Legai, Social, and Poli­tica/ Philosophy, id . , pp. 169.

Ecco una segnalazione che non mancherà di rallegrare gli estimatori di un filosofo che ha illustrato quanto possa essere fecondo il pensiero rifor­mato anche nel XX' secolo. Esso non si accontenta di trasmettere la fede una volta per sempre tramandata ai santi, ma cerca anche di scoprirne le impli­cazioni nel mutare delle situazioni e delle varie esigenze.

Studi di teologia è stata l ' unica rivi­sta italiana che ha celebrato il centena-

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rio di questo pensatore con un numero pa1ticolare [N' 12, 1 994] e la cosa è ricordata anche nel l vol. di questa collana [p. 1 06], ma si capisce che in altri paesi ci sono state altre iniziative e che la scuola dooyoweerdiana va avanti.

La pubblicazione .della traduzione inglese de \ l ' opera del nostro filosofo si colloca proprio in questa cornice e servirà forse a farne conoscere il pen­siero ad un pubblico più vasto di quello olandese. L'opera sarà suddi visa in tre sezioni per presentare un approccio complessivo alla scienza e alla cultura da un punto di vista veramente cristia­no senza farsi illusioni sul la neutralità del sapere. Così, anche se si possono fare osservazioni critiche ali ' opera di Dooyeweerd, il suo lavoro è enorme­mente importate.

Il primo volume in questione offre una buona introduzione a Dooyewe­erd con un capitolo sulla filosofia cri­stiana, sul senso della storia, sulle tendenze presenti nella storia, sui pe­ricoli di un disarmo intellettuale del cristianesimo scritturale nei confronti della scienza. Al termine si trova uno schizzo biografico di Dooyeweerd so­brio e utile nel medesimo tempo.

Il secondo volume contiene saggi sulla filosofia del diritto, sulla sociolo­

g i a e su l la fi losofi a pol i t i c a . In

q u e st ' ul t ima sezione, i l c ap i tolo sulr idea cristiana dello Stato rende · giustizia ad un testo peraltro pubblica­to anche in Italia in forma ridotta in

francese (Notes et documents, 1 994) che dà l ' impressione di una sostanzia­le omogeneità tra il personal i smo cat­tolico e la filosofia riformata di cui

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Dooyeweerd è il principale esponente. Il testo inglese offre una lettura più adeguata del pensiero dooyoweerdia­no.

Ciascun volume contiene un glossa­rio insieme ed uno schema delle diver­s e s fe r e m o d a l i u t i l i z za t e d a Dooyeweerd che aiutano ad entrare meglio nella sua filosofia. S i tratta in realtà di un'opera che non basta scor­rere superficialmente per redigere qualche sbrigativo saggio, ma di un testo da leggere e rileggere per poter essere veramente assimilato.

Auguriamo al Centro che si occupa di questa impegnativa impresa di pro­gredire per mettere a disposizione di un più largo pubblico questo impor­tante contributo alla storia del pensiero cristiano nel campo filosofico.

Marco Ricci

S. Ferrari - G.B. Varnier (a cura di), Le minoranze religiose in Italia, Cini­sello Balsamo, Mi., San Paolo 1 997, pp. 207.

Il fenomeno religioso acquista sem­pre più valenze. Esse non riguardano solo l 'aspetto teologico vero e proprio, ma anche quello sociologico, informa­tivo e giuridico. Quest 'ultimo in parti­colare rappresenta una delle questioni più complesse anche per il legislatore che si vede confrontato a una sempre più grande varietà ed è certo che anche il disegno di legge sulla libertà religio­sa attualmente allo studio delle forze politiche appare fortemente inadegua­to.

Questo libro ha il merito di illustrare i vari movimenti religiosi oggi esisten-

Segna/azioni bibliografiche

ti in Italia tenendo conto dei risvolti giuridici. Le comunità ebraiche, gli or­todossi e le chiese orientali, gli evan­gelici (luterani , battisti, mennoniti, apostolici, chiese di Cristo, chiese dei fratelli), i valdesi e metodisti, i grtjppi d ' i spirazione cristiana (avventisti , pentecostali-ADI, mormoni, testimoni di G e o v a , c h i e s a m i l l e n ar i s t a ) , l 'Islam, i nuovi movimenti religiosi (scienza cristiana, società teosofica, società antroposofica, chiesa giurisda­vidica, chiesa di scientologia, chiesa dell' unificazione, bambini di Dio, Sii­va mind contro!, vita universale, new age, sri aurobindo, sathya sai baba, swami prabhupada e hare krishna, me­ditazione trascendentale, movimento bhagwan shree raj neesh, ananda mar­ga, unione buddista italiana, nichiren shoshu e soka gakkai, oomoto e mahi­kari, bahaismo, neusufismo, neosufi­smo, gruppi esoterici, movimenti ufologici, culti satanici).

Questo semplice elenco dà l ' idea della varietà e della complessità delle questioni sul tappeto. Esse sono assai più numerose di quel che si pensa e lo stesso ordine in cui sono presentati i raggruppamenti potrebbe già dare luo­go a tante osservazioni sul metodo e sul contenuto dell ' indagine.

Gli autori dei vari contributi hanno in genere fatto del loro meglio anche se in diversi punti si possono indivi­duare le fonti, non sempre pienamente attendibili, cui si sono ispirati. Il libro è scritto in forma piana e divulgativa e può essere d 'aiuto per un primo orien­tamento per chi si addentra in quelsto capo.

Paolo Mori

Studi di teologia X ( 1 998) 85- 10 1

T. Longman III & D.G. Reid, God is a Warrior, Carlisle, Patemoster 1 995 , pp. 224.

L' idea di guerra costituisce, per il nostro tempo, un'idea inaccettabile, una di quelle che scuote la coscienza e la fa reagire molto profondamente an­che per coloro che si dichiarano cri­stiani. Figuriamoci cosa può accadere quando si pensa al Dio guerriero ! An­che i credenti piccoli borghesi provano un certo pudore.

Questo testo, pubblicato nella serie «Studi di teologia biblica de li ' AT», non esita a indicare nel Divino guer­riero un motivo biblico centrale. Un motivo che è stato studiato, tra gli altri, da von Rad, ma che ha il suo fonda­mento nella Scrittura (Es 1 5 ; Gs 5 , ecc.) e che i pacifisti non sono riusciti a rimuovere. Il tema non si trova solo nell ' AT, ma anche nel NT e offre una pista di riflessione particolarmente ric­ca, perché permette di cogliere impor­tanti collegamenti all ' i nterno della rivelazione.

La battaglia del Signore, nei suoi vari risvolti terrestri e cosmici (c. 5), ha nella croce di Cristo la sua straordi­naria soluzione, perché là è stata scon­fitta la potenza del nemico. Un libro molto ricco su un tema su cui si sento­no talvolta affermazioni molto povere.

Paolo Ricci

AA.VV. , Christianity and Democracy in South Africa. Christian Responsi­bility for Politica! Reflection and Service, Potchefstroom, Institute for Reformational Studies 1 996.

Come tutti sanno, il Sud Africa ha

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conosciuto negli ultimi anni dei cam­biamenti impressionanti che hanno trasformato quella che era la nazione dell 'apartheid nel paese della riconci­liazione politica e dell ' integrazione culturale. In questo processo tuttora in corso, il Sud Africa è stato spesso de­finito un laboratorio socio-politico, ossia un luogo di elaborazione di mo­delli sociali in cui la diversità dei suoi cittadini sia concepita come risorsa da valorizzare.

In questo clima di grande fermento anche se non privo di gravi difficoltà, gl i evangelici si stanno interrogando sulla specificità del loro contributo nella costruzione del nuovo Sud Afri­ca. II volume che presentiamo racco­g l i e g l i a t t i d i u n c o n v e g n o internazionale organizzato dali' Uni­versità di Potchefstroom nel 1 996 e che ha avuto per tema proprio la re­sponsabilità cristiana di fronte agli scenari attuali. Non stupisce che siano questi ambienti riformati a promuove­re una riflessione di tale livel lo e respi­ro ; Potchefstroom è anch' esso un laboratorio intellettuale fecondo e pro­duttivo in cui la confessione della fede nell 'unico e vero Dio della Scrittura costituisce il fondamento del ! ' interes­se e dell ' impegno cristiano in ogni campo. Senza voler entrare nel merito delle questioni sollevate dal i ibro e che riguardano la situazione locale, è co­munque tonificante leggere questa eco poli fonica di riflessione evangelica sul senso di ciò che sta accadendo nella vita di un paese e sull 'apporto che una visione del mondo cristiana può dare per il bene della società.

Leonardo De Chirico

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Lista dei libri ricevuti

J.D. Bangs, Church Art and A rchitecture in the Lo w Countries before l 566, Kirksville, Sixteenth Century Journal Pubi. 1 997, pp. 244.

P. Barnett, The second Epistle to the Corinthians (NICNT), Grand Rapids, Eerdmans 1 997, pp. 662.

2 F.F. Bruce, La lettera di Paolo ai Romani, Roma, GBU 1 997 , pp. 364. P. Castellina, Il mio credo. Una dichiarazione di fede evangelica riformata,

Stampa, s.e. 1 997, pp. 46. ·

B . Gillièron, De Qumriìn à l 'Evangile. Les manuscrits de la mer Morte et !es origines chrétiennes, Poliez-le-Grand, du Moulin 1 997, pp. 97.

W.K. Kay & P. C. Weaver, Pastoral Care and Counselling. A Manual, Carlisle, Paternoster 1 997, pp. 200.

G. Keith, H ate d Without a cause ? A survey of an ti semi tism, Carlisle, Paternoster 1 997, pp. 30 1 .

Seong-Hak Kim, Miche! de l 'Hopital - The. Vision of a Reformist Chancellor during the French Religious Wars, Kirksville, Sixteenth Century Joumal Pubi . 1 997, pp. 2 1 6.

R. P. Martin , A guide t o the Puritans, Edinburgh, B anner of Truth 1 997, pp. 532. G. Meilaender, Bioethics. A primer for Christians, Carlisle, Paternoster 1 997 , pp.

1 20. A. Moda (a cura di), Sant 'A gostino, Soliloqui e confessioni (Classici delle

religioni), Torino, UTET 1 997, pp. 773 . R.A. Muller - J .L. Thompson (edd), Biblica[ Interpretation in the Era of the

Reformation, Grand Rapids, Eerdmans 1 996, pp. 35 1 . J. Polkinghorne, Quark, caos e cristianesimo. Domande a scienza e fede, Torino,

Claudiana 1 997, pp. l 07. D. Porter (ed), The Word on the Box, Carlisle, Paternoster 1 997, pp. 1 09. V. Ramachandra, Gods thatfail. Modero ldolatry and Christian Mission, Carli­

sle, Paternoster 1 996, pp. 226. P. Ricoeur, Testimonianza parola e rivelazione, a cura di Francesco Franco,

Roma, Dehoniane 1 997, pp. 1 60. G. Walters, Why do christians Find it Hard to Grieve?, Carlisle, Solway 1 997,

w. 2m . . . . . . 2 J. White, Scacco Matto! Le gime e le lotte della v1ta cnstwna, Roma, GBU 1 997,

, pp. 242.

Serie complete Sono ancora disponibili alcune collezioni complete della nuova serie di Studi di teologia. Si tratta dei numeri 1 - 1 8 (relativi agli anni 1 989- 1 997) che possono essere richiesti alla libreria usuale o direttamente all ' amministrazione di Sdt.

l. L'evangelizzazione riconsiderata Contributi di: J. Terino, P. Bolognesi, J .I . Packer, A. Schluchter, G. Freri ;

Documentazione; Segnalazioni bibliografiche.

2. La confessione di fede battista del 1689 Contributi di : D. Walker; Documentazione: La confessione di fede ballista del

1 689; Note al testo della confessione; Segnalazioni bibl iografiche.

3. Elementi di missiologia Contributi di : R.D. Recker, J. Blandenier, D. Herm, P. Finch, G. Corradini;

Documentazione; Segnalazioni bibliografiche.

4. Fondamentalisti ed evangelici Contributi di: J . Oldfield, G. Platone, G. Piccirillo, P. Finch, L Sa1tori, J .

Terino, P. Bolognesi ; Documentazione; Rassegne; Segnalazioni bibliografiche.

S. Fondamenta per l'etica Contributi di: J . Murray, J. Douma, C. Wright, P. Bolognesi; Documentazione;

Rassegne; Segnalazioni bibliografiche.

6. La salvezza ieri e oggi Contributi di: P. Bolognesi, B. Corsani, P. Castellina, R. Bauckham, J . I . Packer;

Documentazione; Studi critici ; Segnalazioni bibliografiche.

7. Etica e medicina Contributi di : G. Ferrari, P. Finch, N.M. de S. Cameron, C. Everett Koop;

Recensioni : A. Schiano, A. Forghieri; Segnalazioni bibliografiche.

8. Ecumenismo e pluralismo Contributi di : M. Clemente, P. B olognesi, A. Ramirez, J . Frame, H.R. Jones;

P. Castellina; Documentazione: Tesine su pluralismo e unicità della fede in Cristo; Seleziom; di riviste teologiche evangeliche; Studi critici: G. Bore l l i , P. Angeleri; Segnalazioni bibliografiche.

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l Il .' ;l

9. Bibbia e scuola Contributi di : C. Grottoli, P. B olognesi, L. Goldoni, G. Long, C. Van Til ;

Segnalazioni bibliografiche.

10. La sfida delle religioni Contributi di: C. Wright, H. B locher, H.M. Conn, C .G. Moucarry, J. Terino;

Documentazione: Piccolo glossario islamico; Segnalazioni bibliografiche.

11. La predicazione biblica Contributi di: Hywel R. Jones, G. Borelli, D. Macleod, P. B olognesi, La

Documentazione: Quetionario per predicatori e ascoltatori; Tracce di predica­zioni; Cronaca; Segnalazioni bibliografiche.

12. H. Dooyeweerd 1894-1977 Contributi di: J .D. Dengerink, H. Dooyeweerd; Documentazione: Materiale

bibliografico relativo a H. Dooyeweerd.

13. C. Van Til 1895-1987 Contributi di: W. Edgar, C. Van Ti!; Studi critici : M. Clemente, P. Bolognesi ;

Documentazione: Materiale bibliografico su C. Van Ti!; Segnalazioni bibliog­rafiche.

14. Dio e Cesare Contributi di P. B olognesi, G. Rizza; Documentazione: Tesine riassuntive,

Questionario, D. Amedeo; Studi critici: P. Colombo; Segnalazioni bibliog­rafiche.

15. Prospettive cristiane sull'arte 1 Contributi di C .G. Seerveld, H.R. Rookrnaaker, W. Edgar; Studi critici : R .

Montanari; Segnalazioni bibliografiche.

16. La malattia secondo la Bibbia Contributi di H. Blocher, L.C. Sgro, W. Egar, P. Finch; Documetazione: Il

vocabolario della guarigione nel NT; Malattia e meditazione; Nota: Vademecum per visite agli ammalati ;Segnalazioni bibliogafiche.

17. Modernità e postmodernità Contributi di L. De Chirico, K.J. Vanhoozer; Note; Studi critici ; Segnalazioni

bibliografiche. 18. Pensare il cattolicesimo

Contributi di G. Conte, M. Roberts; Documentazione; Rassegne; Schede; Segnalazioni bibliografiche.

Finito di stampare nel mese di dicembre 1 997 presso la CLEUP

"Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova" 351 22 Padova, Via G. Prati 1 9 - tel. 049/650261

L'IFE D Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione

con sede a Padova, svolge diverse att iv ità volte alla promozione di una coscienza specificatamente evangel ica operando a vari l i vel l i :

gestisce B ibl ioteca Archivio

fornisce Consulenza pastorale

Consulenza bibliografica Consulenza bioetica

organizza Giornate teologiche - Convegni d i studio - Seminari - Conferenze

Corso di formazione teologica

pubblica Ifednews

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