P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE...

6
I SEGNI DI DIO E L’INCOMPRENSIONE DEGLI UOMINI “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?”. (Marco, 8, 18) E’ una giornata gran- diosa e sconsolan- te. Grandiosa per i miracoli di Gesù, in parti- colare la spettacolare mol- tiplicazione di pani e pesci. Un trionfo, avrebbe potuto o dovuto essere. Sconsolante, invece, per l’incomprensione degli uomini, amici o nemici che siano. E’ incredibile che sia succes- so, ma proprio dopo che Gesù con sette pani e pochi pescio- lini ha sfamato quattromila persone si fa avanti qualcu- no che gli chiede “un segno”. Gesù è proprio scoraggiato: “sospirò profondamente” pri- ma di rifiutare altri segni. Certo, questi provocatori sono farisei, quindi malizio- si, ostinati nelle loro opinioni e pregiudizialmente decisi a mettere alla prova Gesù. Ma non è che con i suoi amici discepoli le cose vadano mol- to meglio. Certamente loro non possiedono l’ostilità dei farisei, ma appaiono sempre distratti, affaccendati e pastic- cioni. Anch’essi sono incapaci di cogliere “il segno”operato da Gesù, di comprendere la sua presenza come “segno” di Dio tra di loro. Gesù è addirit- tura costretto a fare per loro una specie di riassunto, una ri- capitolazione di ciò che è acca- duto, come se fossero dei bam- bini: Vi ricordate quanti pani avevate? Quanti pesci? Quante ceste avete avanzato? Eccete- ra. E la desolante conclusione è: E non capite ancora? Fra poco farà a loro quell’al- tra domanda che gli preme, “Ma voi chi dite che io sia?”, e comincerà a parlare della sua passione, suscitando la forte reazione di Pietro, che non vuole accettare un Messia sul- la croce. Insomma, Gesù è solo nell’in- comprensione generale. In ogni tempo gli uomini han- no manifestato il desiderio, il bisogno di avere dei segnali, dal Cielo come dalle persone con cui sono in relazione, ieri come oggi. Ma di solito pre- tendiamo segni che ci piaccia- no, che abbiano il significato che noi ci aspettiamo, che confermino le nostre intuizio- ni e compiano le nostre spe- ranze. I nostri occhi vedono quello che vogliamo vedere e i nostri orecchi comprendono solo quello che noi vorremmo sentire. Siamo costituzional- mente in bilico tra l’ostina- zione dei farisei e la superfi- cialità dei discepoli. Certo, in questa vita non potremmo mai comprendere pienamente il senso di ciò che avviene nel- la storia e nella nostra esisten- za. Possiamo però accettare di rimettere continuamente in discussione la nostra logica confrontandola con le parole e i gesti del Signore. Elisa Franzetti S. Pietro 2012 N. 2 EDITORIALE VII INCONTRO MONDIALE un vero dialogo tra il Papa e le famiglie 1 GIUGNO 2012: Il Papa ar- riva a Milano e incontra i milanesi, cittadinanza, autorità, fedeli e sacerdoti. Si concede un momento di festa, gustando la bellezza della mu- sica in un luogo simbolo della bella musica: la Scala. 2 GIUGNO 2012: Il Papa in- contra al mattino i ragazzi del- la Diocesi di Milano allo stadio Meazza. Alla sera, finalmente incontra anche noi, le famiglie del mondo intero: quelle che arrivano nel parco di Bresso attraversando la strada, quel- le che si sono fatte ore di volo dall’Australia o dal Brasile, la famiglia di S. Felice sul Panaro in rappresentanza di tutti i ter- remotati, ecc. Ci siamo anche noi sul prato di Bresso fin dalle tre del po- meriggio, arrivati in gruppo (con prete e suore al seguito), dopo un breve viaggio in treno e qualche chilometro a piedi da Sesto San Giovanni, seguendo il percorso segnalato coi colori del Papa, giallo e bianco: pa- droni noi delle strade chiuse al traffico, ma aperte a chi va ad incontrare “il dolce Cristo in terra”, come diceva S. Caterina parlando del Papa. Ci si apposta vicino alle tran- senne, lungo un viale da dove si spera debba passare il Papa (poi invece non passerà) e ci si organizza nell’attesa dell’even- to. Tra un panino e una bibita, una conversazione e una lettu- ra c’è tempo per conoscersi, per giocare e divertirsi (o farsi male …), per osservare il variegato mondo delle famiglie che riem- piono il grande prato. Davanti a noi c’è lo spazio riservato alle delegazioni delle famiglie stra- niere che hanno partecipato al Convegno tenutosi nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie. Le vediamo arrivare in gruppo con la bandiera del Paese d’origine, con i tratti ca- ratteristici del popolo a cui ap- partengono, nell’abbigliamento e negli atteggiamenti. Ma tutti sono felici di essere lì: i bambini che giocano a pallone coi papà, le mamme che, tra un figlio e l’altro da tenere a bada, riesco- no anche a confessarsi, i nonni seduti più o meno comodamen- te sui seggiolini portati da casa. E finalmente arriva LUI! Quan- do ce ne accorgiamo, Bene- detto XVI è già seduto sotto la grande cupola, pronto ad ascoltare, lui il “Santo Padre”, i padri e le madri presenti, figli suoi e della Chiesa. Ha inizio così un vero dialogo tra il Papa e le famiglie, fatto di testimonianze concrete, do- mande precise, risposte mai evasive perché dirette al cuore degli uomini. La prima domanda, posta da una bimba vietnamita, intro- duce un clima di tenerezze fa- miliari: “Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua fa- miglia e di quando eri piccolo come me”. Il Papa risponde raccontando come passava le feste in fami- glia: Messa, pranzo, cammina- te, musica. Non infiora la real- tà tacendone i lati negativi: la guerra, la dittatura, la povertà. Ma, dice: “siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei ge- nitori e nei fratelli”. Seguono altre quattro famiglie, ognuna con un quesito forte: la definitività del matrimonio, la crisi economica, la conciliazio- ne lavoro-famiglia, la sofferen- za dei divorziati risposati. Prima di rispondere, il Papa ringrazia sempre: “Cari ami- ci, grazie …” Poi risponde con immagini che colpiscono o con suggerimenti inediti. Varreb- be la pena leggere e rileggere questo testo perché in modo semplice e sintetico il Papa ci mette davanti alle grandi verità sull’uomo che Cristo ci ha por- tato incarnandosi. Così, dopo un’ora intensa tra- scorsa in Sua compagnia, la- sciamo il prato di Bresso con un’immagine che più di altre si è stampata nel cuore. “Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissi- mo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve ve- nire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente “secondo vino” è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare … Solo così nel coinvolgimen- to della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre. Auguri a voi!” Pinuccia Bodini PRIMO PIANO Festa di San Pietro 2012 — PROGRAMMA — Lunedì 25 Giugno Concerto bandistico del Corpo Musicale Gemoniese sul sagrato della chiesa. Mercoledì 27 Giugno Concerto di pianoforte del M. o Leonardo Locatelli, “Il pianista virtuoso”, nella chiesa di S. Pietro. Giovedì 28 Giugno Presentazione degli interventi di restauro degli affreschi di S. Pietro (3° Lotto); Serata con- dotta da don Andrea Straffi, Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Arte Sacra e i Beni Culturali Diocesani. Precede un momento di preghiera in cui la comunità, che ha ospitato don Andrea nell’anno di diaconato (1991/92), intende ricordare i suoi venti anni di Sacerdozio. Venerdì 29 Giugno - Festa di San Pietro Apostolo. S. Messa in San Pietro presieduta dai Sacerdoti del Vicariato. Domenica 1 Luglio - FESTA DI SAN PIETRO Ore 8,30 S. Messa e “Incanto dei canestri” Ore 10,00 S. Messa e “Incanto dei canestri” Ore 18,00 Momento di preghiera a chiusura del cammino

Transcript of P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE...

Page 1: P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE 1parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2012_S.Pietro.pdf · S. Pietro 2012 • N. 2 EditorialE VII INCONTRO MONDIALE

I SEGNI DI DIOE L’INCOMPRENSIONEDEGLI UOMINI“Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?”. (Marco, 8, 18)

E’ una giornata gran-diosa e sconsolan-te. Grandiosa per i

miracoli di Gesù, in parti-colare la spettacolare mol-tiplicazione di pani e pesci. Un trionfo, avrebbe potuto o dovuto essere. Sconsolante, invece, per l’incomprensione degli uomini, amici o nemici che siano.E’ incredibile che sia succes-so, ma proprio dopo che Gesù con sette pani e pochi pescio-lini ha sfamato quattromila persone si fa avanti qualcu-no che gli chiede “un segno”. Gesù è proprio scoraggiato: “sospirò profondamente” pri-ma di rifiutare altri segni.Certo, questi provocatori sono farisei, quindi malizio-si, ostinati nelle loro opinioni e pregiudizialmente decisi a mettere alla prova Gesù.Ma non è che con i suoi amici discepoli le cose vadano mol-to meglio. Certamente loro non possiedono l’ostilità dei farisei, ma appaiono sempre distratti, affaccendati e pastic-cioni. Anch’essi sono incapaci di cogliere “il segno”operato da Gesù, di comprendere la sua presenza come “segno” di Dio tra di loro. Gesù è addirit-tura costretto a fare per loro una specie di riassunto, una ri-capitolazione di ciò che è acca-duto, come se fossero dei bam-bini: Vi ricordate quanti pani avevate? Quanti pesci? Quante

ceste avete avanzato? Eccete-ra. E la desolante conclusione è: E non capite ancora?Fra poco farà a loro quell’al-tra domanda che gli preme, “Ma voi chi dite che io sia?”, e comincerà a parlare della sua passione, suscitando la forte reazione di Pietro, che non vuole accettare un Messia sul-la croce.Insomma, Gesù è solo nell’in-comprensione generale.In ogni tempo gli uomini han-no manifestato il desiderio, il bisogno di avere dei segnali, dal Cielo come dalle persone con cui sono in relazione, ieri come oggi. Ma di solito pre-tendiamo segni che ci piaccia-no, che abbiano il significato che noi ci aspettiamo, che confermino le nostre intuizio-ni e compiano le nostre spe-ranze. I nostri occhi vedono quello che vogliamo vedere e i nostri orecchi comprendono solo quello che noi vorremmo sentire. Siamo costituzional-mente in bilico tra l’ostina-zione dei farisei e la superfi-cialità dei discepoli. Certo, in questa vita non potremmo mai comprendere pienamente il senso di ciò che avviene nel-la storia e nella nostra esisten-za. Possiamo però accettare di rimettere continuamente in discussione la nostra logica confrontandola con le parole e i gesti del Signore.

Elisa Franzetti

S. Pietro 2012 • N. 2

EditorialE

VII INCONTRO MONDIALEun vero dialogo tra il Papa e le famiglie

1 GIUGNO 2012: Il Papa ar-riva a Milano e incontra i milanesi, cittadinanza,

autorità, fedeli e sacerdoti. Si concede un momento di festa, gustando la bellezza della mu-sica in un luogo simbolo della bella musica: la Scala.2 GIUGNO 2012: Il Papa in-contra al mattino i ragazzi del-la Diocesi di Milano allo stadio Meazza. Alla sera, finalmente incontra anche noi, le famiglie del mondo intero: quelle che arrivano nel parco di Bresso attraversando la strada, quel-le che si sono fatte ore di volo dall’Australia o dal Brasile, la famiglia di S. Felice sul Panaro in rappresentanza di tutti i ter-remotati, ecc.

Ci siamo anche noi sul prato di Bresso fin dalle tre del po-meriggio, arrivati in gruppo

(con prete e suore al seguito), dopo un breve viaggio in treno e qualche chilometro a piedi da Sesto San Giovanni, seguendo il percorso segnalato coi colori del Papa, giallo e bianco: pa-droni noi delle strade chiuse al traffico, ma aperte a chi va ad incontrare “il dolce Cristo in terra”, come diceva S. Caterina parlando del Papa.Ci si apposta vicino alle tran-senne, lungo un viale da dove si spera debba passare il Papa (poi invece non passerà) e ci si organizza nell’attesa dell’even-to. Tra un panino e una bibita, una conversazione e una lettu-ra c’è tempo per conoscersi, per giocare e divertirsi (o farsi male …), per osservare il variegato mondo delle famiglie che riem-piono il grande prato. Davanti a noi c’è lo spazio riservato alle delegazioni delle famiglie stra-niere che hanno partecipato al Convegno tenutosi nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie. Le vediamo arrivare in gruppo con la bandiera del Paese d’origine, con i tratti ca-ratteristici del popolo a cui ap-partengono, nell’abbigliamento e negli atteggiamenti. Ma tutti sono felici di essere lì: i bambini che giocano a pallone coi papà, le mamme che, tra un figlio e l’altro da tenere a bada, riesco-no anche a confessarsi, i nonni seduti più o meno comodamen-te sui seggiolini portati da casa.E finalmente arriva LUI! Quan-do ce ne accorgiamo, Bene-detto XVI è già seduto sotto la grande cupola, pronto ad ascoltare, lui il “Santo Padre”, i padri e le madri presenti, figli suoi e della Chiesa.Ha inizio così un vero dialogo tra il Papa e le famiglie, fatto di testimonianze concrete, do-mande precise, risposte mai evasive perché dirette al cuore degli uomini.La prima domanda, posta da

una bimba vietnamita, intro-duce un clima di tenerezze fa-miliari: “Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua fa-miglia e di quando eri piccolo come me”. Il Papa risponde raccontando come passava le feste in fami-glia: Messa, pranzo, cammina-te, musica. Non infiora la real-tà tacendone i lati negativi: la guerra, la dittatura, la povertà. Ma, dice: “siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei ge­nitori e nei fratelli”.Seguono altre quattro famiglie, ognuna con un quesito forte: la definitività del matrimonio, la crisi economica, la conciliazio-ne lavoro-famiglia, la sofferen-za dei divorziati risposati.Prima di rispondere, il Papa ringrazia sempre: “Cari ami­ci, grazie …” Poi risponde con immagini che colpiscono o con suggerimenti inediti. Varreb-be la pena leggere e rileggere questo testo perché in modo semplice e sintetico il Papa ci mette davanti alle grandi verità sull’uomo che Cristo ci ha por-tato incarnandosi.Così, dopo un’ora intensa tra-scorsa in Sua compagnia, la-sciamo il prato di Bresso con un’immagine che più di altre si è stampata nel cuore.“Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissi­mo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve ve­nire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente “secondo vino” è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare … Solo così nel coinvolgimen­to della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre. Auguri a voi!”

Pinuccia Bodini

Primo Piano

Festa di San Pietro 2012— PROGRAMMA —

Lunedì 25 GiugnoConcerto bandistico del Corpo Musicale Gemoniese sul sagrato della chiesa.

Mercoledì 27 GiugnoConcerto di pianoforte del M.o Leonardo Locatelli, “Il pianista virtuoso”, nella chiesa di S. Pietro.

Giovedì 28 GiugnoPresentazione degli interventi di restauro degli affreschi di S. Pietro (3° Lotto); Serata con-dotta da don Andrea Straffi, Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Arte Sacra e i Beni Culturali Diocesani. Precede un momento di preghiera in cui la comunità, che ha ospitato don Andrea nell’anno di diaconato (1991/92), intende ricordare i suoi venti anni di Sacerdozio.Venerdì 29 Giugno - Festa di San Pietro Apostolo.S. Messa in San Pietro presieduta dai Sacerdoti del Vicariato.

Domenica 1 Luglio - FESTA DI SAN PIETROOre 8,30 S. Messa e “Incanto dei canestri”Ore 10,00 S. Messa e “Incanto dei canestri”Ore 18,00 Momento di preghiera a chiusura del cammino

Page 2: P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE 1parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2012_S.Pietro.pdf · S. Pietro 2012 • N. 2 EditorialE VII INCONTRO MONDIALE

La festa patronale è il mo-mento propizio dell’anno per l’incontro e la risco-

perta delle tradizioni che ren-dono visibile la memoria sto-rica della comunità cristiana locale.Questa comunità si articola in vari ministeri che rendono visi-bile la chiesa come Corpo di Cristo, i quali ne rendono possibile la realizza-zione nei suoi vari momenti. Il cuore della festa patronale è il momento del-la riattualizzazione della propria fede nell’ascolto e nell’an-nunzio della Parola, quando la comunità celebra attraverso la partecipazione della Eucarestia i valori fondanti della pro-pria fede; momento che diventa anche l’occasione di rial-lacciare i legami all’interno della co-munità stessa.La figura di San Pietro, discepo-lo scelto da Gesù come fondamento della chiesa e prin-cipe degli apostoli, è modello di straor-dinaria umanità sia per i suoi slanci di generosità che per le sue fragilità seguite da un sincero pentimento che lo rendono tanto vicino a noi.Essa è delineata sia nei Vange-li sia negli Atti degli Apostoli. Nei vangeli Pietro risalta per la proclamazione della fede in Gesù Cristo Messia e figlio di Dio a Cesarea di Filippo, anche se dopo rimane scandalizzato dal mistero della croce che do-vrà affrontare il figlio di Dio. In questa occasione viene redar-guito fortemente da Gesù che

lo invita a rimettersi alla Sua sequela.Nella prima parte degli Atti Pietro si presenta come colon-na e portavoce della chiesa pri-mitiva.A Pentecoste pronuncia sot-to l’azione dello Spirito Santo un vibrante discorso dove con

franchezza dà viva testimonianza del-la resurrezione di Cristo. Inoltre, egli battezza il pagano Cornelio con la sua famiglia rivelando-si come promotore in quanto vicario di Cristo della missio-ne della Chiesa.La figura di Pietro è modello di colo-ro che nella chiesa sono i depositari della Tradizione Apostolica, in par-ticolar modo il Papa che in quanto vescovo di Roma continua la sua missione affidatagli da Cristo nel con-fermare i fratelli nella fede e nella trasmissione inal-terata del deposito di essa nel rispet-to dell’unità, della santità, dell’aposto-licità e della cattoli-

cità della Chiesa. L’esempio di San Pietro ci richiama oggi che la testi-monianza e l’annunzio della Parola risultano credibili se accompagnati da una condot-ta di vita coerente con i valori annunziati. Egli infatti dà testi-monianza con il sacrificio della propria vita all’annunzio del Vangelo riscattando il triplice rinnegamento di Gesù. Questo è il messaggio che la fe-sta patronale deve riproporci.

Salvatore La Sala

Ragazzi e adolescenti estate

Tre quest’anno le proposte per i ragazzi e gli adole-scenti:

1. Pomeriggi di gioco e atti-vità in oratorio da Lunedì 11 Giugno a Domenica 24 Giugno; la seconda parte inizierà Lunedì 27 Agosto per concludersi Martedì 4 Settembre.

2. Un gruppo di adulti e di giovani gestirà la vacanza nella casa di Pianazzo ri-volta ai ragazzi da 3° Ele-mentare a 2° Media nei giorni da Martedì 3 Luglio a Mercoledì 11 Luglio.

3. Adolescenti a Gubbio. Un significativo gruppo di Adolescenti si recherà a Gubbio da Sabato 21 Lu-glio a Martedì 24 Luglio.

FESTA DI S. ROCCOGiovedì 16 Agosto la Comunità vive un momento di religiosità e di festa ricordando il Santo al quale è dedicata la Chiesa Par-rocchiale.

NUOVO NUMERO DEL GIORNALEIl prossimo numero del Gior-nale il “CAMPANILE DI GE-MONIO” uscirà in occasione della festa della Comunità Do-menica 16 Settembre.

Il cammino della nostra comunità

Una scuola di cioccolato

Conoscendo anche solo parzialmente le sue va-riegate imprese, non si

sa mai dove potrebbe condurci la conversazione con lui. Sto parlando di Adriano Frignati, responsabile del Gruppo Alpini di Gemonio, a suo tempo viag-giatore avventuroso e da molti anni instancabile manager dei molteplici bisogni dell’umani-tà. Per questa volta abbiamo stabilito di circoscrivere la no-stra chiacchierata intorno al proget-to che da qualche anno sta portando avanti in quel di Haiti.

Come e perché è nata questa inizia-tiva?E’ nata, come sem-pre, dalle relazio-ni con le persone, in questo caso con un missionario ori-ginario di Abbia-te Guazzone, don Giuseppe Noli. Lui sta a Mar-re Rouge, in una zona lontana duecento chilometri dalla capi-tale, poco toccata dal terremo-to, ma arida e poverissima da sempre. Con lui abbiamo rea-lizzato un centro di avviamen-to al lavoro, dove una ventina di giovani possono addestrar-si nell’apprendimento di un

mestiere. Questa scuola è già terminata e funzionante, ma adesso sta per partire un altro progetto, quello di un centro di aggregazione, dove potranno incontrarsi bambini e giovani di diverse località della zona. E’ un progetto che prevede spazi diversi, anche per l’accoglien-za dei disabili, e che anche per questo motivo sarà intitolato al beato don Carlo Gnocchi.

Come avviene il finanziamen-to dell’opera?Il progetto è nato e cresciuto nell’ambiente degli alpini . E’ stato approvato ufficialmen-te dalla sezione di Varese, che è il canale attraverso il quale i contributi arrivano ad Haiti, un po’ per volta e sempre dopo una verifica del lavoro già fatto.

Naturalmente ci sono offerte di tanti amici, è incredibile come si riesca a creare una rete di re-lazioni, di occasioni impreviste di solidarietà e di speranza.A proposito di finanziamenti, sappiamo che hai un feeling particolare con il cioccolato ...La Lindt da dieci anni ci regala 500 - 700 quintali di cioccolati-ni all’anno. Più della metà ven-gono regalati. Gli altri vengo-

no impegnati nella raccolta dei fondi di cui abbiamo biso-gno. Per il progetto del centro abbiamo predisposto 20.000 sacchetti di cioc-colatini. Anche la scuola è stata co-struita in gran parte grazie ai cioccola-tini. E’ una scuola fatta di cioccolato!

Ma prima ancora che con i cioccolati-ni il progetto di Hai-ti, come gli altri, è stato realizzato gra-

zie alla carica “alpina” di Adria-no, che parlando si entusiasma, si commuove e ti comunica la sua gran voglia di non arren-dersi di fronte alle necessità del mondo. E infatti, per non smen-tirsi, è già al telefono per orga-nizzare un acquisto di parmi-giano nell’Emilia terremotata.

Elisa Franzetti

in ProSPEttiVa

l’intErViSta

il Significato dElla fESta PatronalE

raccolta dei fondi di cui abbiamo bisogno. Per il progetto del centro abbiamo predisposto 20.000 sacchetti di cioccolatini. Anche la scuola è stata costruita in gran parte grazie ai cioccolatini. E’ una scuola fatta di cioccolato!

Ma prima ancora che con i cioccolatini il progetto di Hai

Adriano Frignati tra i ragazzi di Haiti.

Chiesa di S. Rocco,S. Pietro; affresco diG.B. Jemoli, anni ‘30.

ANAGRAFE PARROCCHIALE DELL’ANNO 2011

SPOSI 2011

Ferraresi Maurizio - Guaita Chiara Visconti Giovanni - De Giovannetti Nadia Ferrari Samuele - Draghi Silvia Mantegazza Roberto - Brusa PamelaPozzi Massimiliano - Lopez Guida

BATTEZZATI 2011

Vedani Letizia Zacchero Agatha Pavani Gabriel Curri ElisaMarone DelyaPatruno Emanuele MatteoDelpini Riccardo Amodei Federico Tavella EliaFranchini Gioele Albergo PietroDi Bianco Pontello NicolòDe Felice Lucrezia Riviera Noemi Zolo Cristiano Parisi SaraMorroni Emanuele Snider Alex Sergio Medina Alexander Pianta Mattia

CARITAS PARROCCHIALE

In seguito alla visita pastorale e ad alcuni orientamenti sollecitati dagli organi competenti della Curia di Como, la Caritas Parrocchiale ha subito una ridefinizione al proprio interno sia per quanto riguarda le linee di intervento sia per quanto riguarda i ruoli.

Di fronte a situazioni di difficoltà o a progetti che le istituzioni o i gruppi intendono sviluppare, la Caritas Parrocchiale continua ad essere disponibile per una collaborazione puntuale, riservata, in base alle proprie forze e possibilità ma non intende assumere, in prima persona, nessuna respon-sabilità né gestionale né giuridica.I settori di intervento della Caritas Parrocchiale riguardano:

• Raccolta e distribuzione vestiti• Banco Alimentare• Problematiche familiari

Ognuno di questi settori ha un responsabile.Al Comune e alle diverse istituzioni si chiede che per ogni richiesta di intervento della Caritas Par-rocchiale si faccia riferimento alla Parrocchia.Nella Commissione comunale “Sanità e Servizi Sociali” a rappresentare la Parrocchia è la Signora Martinoia Giovanna.

Page 3: P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE 1parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2012_S.Pietro.pdf · S. Pietro 2012 • N. 2 EditorialE VII INCONTRO MONDIALE

CENTRO DI ASCOLTOCUVEGLIO

relazione sociale anno 2011

Nell’anno 2011, l’evento più rilevante per il Cda di Cu-veglio è stato la prematura scomparsa della coordina-trice Isa Meardi, cara amica e figura di riferimento sul

nostro territorio, per il suo impegno nella carità, non solo nel Cda ma anche nella Caritas parrocchiale. Per dare continuità al Cda si è subito individuata una nuova coordinatrice, Lella Guelfi, che a suo tempo aveva già affiancato Isa Meardi come aiuto coordinatrice, acquisendo famigliarità con questo ruolo.Importante per la storia del nostro Cda è stato quest’anno il cambiamento da Zona Valli Varesine a Vicariato, ciò ha at-tribuito un’identità più autonoma ai due centri di ascolto di Cunardo e Cuveglio, a ciascuno dei quali è stato affidato un diverso sacerdote responsabile.Elemento decisivo per affrontare con successo i cambiamen-ti, è stata la coesione, comunione e rinnovato impegno del gruppo, che seguendo i suggerimenti dati dalla Caritas dio-cesana, ha rafforzato e consolidato il lavoro di equipe, con incontri a scadenza quindicinale, partecipati con entusia-smo e costanza da quasi tutti i volontari. Anche la stesura della relazione sociale è stata fatta con la condivisione di tut-to il gruppo dei volontari, metodologia scelta insieme come più appropriata.

Vicariato di Cittiglio

Gemonio, la visita pastorale

Lo scorso mese di marzo la nostra Parrocchia ha vissuto momenti intensi

di partecipazione in occasione della visita pastorale che il Ve-scovo di Como Monsignor Co-letti ha compiuto nel Vicariato.Ci sono stati l’incontro con il Consiglio Pastorale e le perso-ne che operano in Parrocchia, il saluto alle persone anziane e agli ammalati, la solenne cele-brazione eucaristica per tutta la Comunità, l’incontro con le famiglie del Vicariato e, andan-do a ritroso, al mattino forse il momento più fresco e intenso per la spontaneità e la gioiosa accoglienza, vale a dire il salu-to dei ragazzi e dei catechisti in Chiesa. Il Vescovo ha visitato la Chiesa di San Pietro, ma-nifestando apprezzamento e soddisfazione per l’importante e complessa opera di restauro

del ciclo pittorico.A distanza di due mesi, quali riflessioni e riflessioni si pos-sono trarre dall’esperienza di quella impegnativa giornata? Monsignor Coletti è venuto innanzitutto per confermare la fede della Comunità in Cri-sto e nella Chiesa, secondo la Tradizione,confermata da se-coli, di radicamento della fede nella successione apostolica e ha chiesto con accorate parole, di leggere il Vangelo, di cono-scere la parola di Dio, facendo tesoro di tutte quelle occasioni in cui la Sacra Scrittura viene annunciata e spiegata (omelie, incontri di catechesi, scuola della Parola). Ha ricordato a quanti collaborano nelle atti-vità parrocchiali l’importanza del “fare” in spirito di servizio e gratuità, secondo uno stile che deve permeare l’impegno

degli operatori a vario titolo: dare con gioia, offrire il pro-prio tempo e le personali ca-pacità per l’edificazione della Comunità e la testimonianza che, rimanendo nella fedeltà a

Gesù, si ha il centuplo già ora. Il Vescovo ha inoltre ricordato ai Catechisti che devono con-correre a far conoscere e amare Gesù ai ragazzi a loro affidati.

Maria Teresa Arioli

TIPOLOGIA DEL CAMPIONE SELEZIONATOUtenti italiani e stranieri che hanno avuto almeno un colloquio nell’anno 2011

Nazioni n° %Italia 61 50,00Marocco 35 28,69Tunisia 3 2,46Ecuador 2 1,64Egitto 2 1,64Kossovo 2 1,64Perù 2 1,64Romania 2 1,64Senegal 2 1,64Albania 1 0,82Argentina 1 0,82Brasile 1 0,82Colombia 1 0,82Costa D'Avorio 1 0,82El Salvador 1 0,82Ghana 1 0,82Iraq 1 0,82Nigeria 1 0,82Polonia 1 0,82Sierra Leone 1 0,82TOTALE 122 100,00

Comune n° %Cuveglio 37 30,33Cuvio 17 13,93Azzio 8 6,56Brenta 8 6,56Orino 8 6,56Casalzuigno 7 5,74Rancio 7 5,74Caravate 6 4,92Gemonio 5 4,10Duno 2 1,64Borgomanero 1 0,82Brissago Valtravaglia 1 0,82Castello Cabiaglio 1 0,82Cavona Cuveglio 1 0,82Grantola 1 0,82Laveno Mobmello 1 0,82Masciago 1 0,82Mesenzana 1 0,82Monvalle 1 0,82Piacenza 1 0,82Portovaltravaglia 1 0,82TOTALE 116 100,00

Bisogno n° % sul numero

totale di schede del campione

Lavoro 82 67,2Abitazione 28 22,9Famiglia 13 10,6Povertà 77 63,1Immigrazione 2 1,6Istruzione 5 4,0Problemi particolari 18 14,7

valore %uomini 58 47,5donne 64 52,5Totale 122 100%

valore %minore di 30 13 10,66da 30 a 50 80 65,57da 51 a 65 24 19,67maggiore di 65 5 4,10Totale 122 100%

Mese n° di colloquiGennaio 30Febbraio 41Marzo 48Aprile 38

Maggio 44Giugno 51Luglio 37Agosto 15

Settembre 39Ottobre 44

Novembre 32Dicembre 26TOTALE 445

RIEPILOGO PER:

generemaschi/femmine

fasce d’età

CHI SIAMO E COSA FACCIAMONel Cda di Cuveglio operano 17 volontari, che si alterna-no nelle due mezze giorna-te di apertura, dedicandosi, ciascuno secondo il proprio ruolo, all’accoglienza, all’a-scolto, al segretariato e al co-ordinamento.

Un grazie per il lavoro svolto e la testimonianza data e una preghiera del Signore perché continui

ad accompagnarli nella loro missione.

COLA don GiuseppeNesso 24.12.1945Ordinato il 22.06.1969Vicario a Grandate (1967 - 74),parroco di Visgnola (1974 - 91).Dal 1991 parroco di Cittiglio.Nominato parroco di Pognana Lario nel 2012.

BETTONAGLI don PaoloTirano 12.05.1965Ordinato il 15.06.1991Vicario a Grosio (1991 - 96),parroco a Premadio (1996 - 03).Dal 2003 parroco di Brenta e dal 2011 anche di Caravate.Nominato parroco di Teglio nel 2012.

Page 4: P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE 1parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2012_S.Pietro.pdf · S. Pietro 2012 • N. 2 EditorialE VII INCONTRO MONDIALE

SUI MURIDI GEMONIO… a cura di Gianni Pozzi

UN’ANNUNCIAZIONE

Questa volta segnalo un affresco che poco si nota anche se è sotto gli occhi

di tutti. Passando da via Rocco Cellina, andando verso piazza Diaz – più nota come piazzetta dell’Asilo – sulla destra proprio a filo strada c’è il fabbricato dove ha sede il municipio. Ad ornare l’accesso secondario, quello che immette nel cortile tramite un andito con portone in legno, e contraddistinto dal numero civico 20, un affresco. Nel mezzo dell’arco un bel bal-concino in pietra, spesso ador-no di fiori pendenti che lo in-gentiliscono, ed ai lati, nei due cosiddetti “pennacchi” laterali si può intuire una annunciazio-ne. Lo stato di conservazione è ora pessimo, tanto che in molti punti è illeggibile ma “Malgra­do lo stato di conservazione as­sai mediocre, – ha scritto uno storico dell’arte ormai una de-cina d’anni fa – è intuibile un buon livello pittorico, dal viva­ce descrittivismo le cui radici tardo manieristi che convivono con una più tarda leggiadria ba­rocca, rendendo plausibile una sistemazione verso metà Seicen­to” (citazione da Andrea SPI-RITI, Cultura figurativa in Val­cuvia ­ Azzio, Gemonio, Orino. Ediz. ISAL, 2000). E’ questo dunque un affresco seicente-sco, una delle poche opere d’ar-te di pittura di quel periodo nei nostri paesi dove, se si esclude l’esempio della chiesa del con-vento di Azzio, si preferiva-no le opere di scultura lignea. Ricordo che sono proprio del seicento tutte le varie opere di Bernardino Castelli che ornano le chiese sia di Gemonio che di Cittiglio.

L’annuncio dell’arcangelo Ga-briele a Maria è tema tra i più ricorrenti dell’arte cristiana; l’evento, raccontato dall’evan-gelista san Luca, descrive l’ini-zio della storia della salvezza, ovvero l’Incarnazione del Figlio di Dio, il che spiega perché la scena occupa sin dall’inizio un posto di grande rilievo nell’ico-nografia cristiana. Vi si sono cimentati i più grandi artisti, dall’antichità fino ai giorni no-stri: Antonello da Messina, Be-ato Angelico, Simone Martini, Piero della Francesca, Filippo Lippi, Lorenzo Lotto, Leonar-do, Tiziano, El Greco, Alberto Savinio, ecc. ed anche quell’i-gnoto artista che nel nostro San Pietro ha affrescato l’arco santo. Perché a Gemonio sia stato di-pinto proprio lì su quella casa, abitazione privata (a ritroso nel tempo: Amos, Sacchi-For-zinetti, Valaperta dal 1812, che poi effettuano lavori importan-ti dopo l’acquisto dei fabbricati di proprietà Valassina, Cellina, Todeschini, Brusetta), munici-pio solo a partire dal 1980, non so dire… certo, compatibil-mente con le finanze comunali, meriterebbe un restauro.

LA NOSTRA STORIA

Su argomenti spiacevoli e dolorosi che riguar-dano tutti non è facile

restare indifferenti.Della situazione economi-co-politica preferisco non parlare perché, oltre a non essere questa la giusta sede, facilmente andrei incontro a querele ed incriminazioni.Ma i due terremoti: quello nelle terre emiliane e quello in Vaticano, meritano qual-che riflessione. Le catastrofi naturali suscitano gli eterni interrogativi a sfondo reli-gioso le cui risposte, se sod-disfano teologicamente le più profonde espressioni di fede, restano però incom-prensibili e disperanti per coloro che vengono diretta-mente colpiti.La scossa sismica all’inter-no della Chiesa è invece un qualcosa che provoca un generale disorientamento e una particolare devastante sfiducia tra i fedeli.Come possono reagire a que-sti accadimenti le comunità come la nostra, già in dif-ficoltà nel far recepire alla maggior parte dei giovani i valori di una fede sempre più indebolita dal laicismo e relativismo europeo? Solo una positiva disposizione d’animo può constatare che “Chiesa” è soprattutto quella universale assemblea dei cre-denti, estranei e lontani dalle oscure manovre della curia romana e capaci di ascoltare le consolanti parole di Bene-detto XVI, comprendendone il sofferto isolamento.La storia e la cronaca cam-biano velocemente e, di ri-flesso, sono sempre più le cose che non possiamo pa-droneggiare né capire com-pletamente.Pertanto, oltre alla preghie-ra, il nostro umile impegno dovrebbe essere quello di rafforzare, ove possibile, la reciproca contagiosa bene-volenza durante i quotidiani incontri che la vita di rela-zione ci presenta, al fine di conservare quella preziosa riserva di serenità e di buoni rapporti che quei fatti, appa-rentemente lontani, tentano di frantumare.

Gio Barabino

Storia e Arte locale

SESta Puntata ALLA RICERCA DELLE RADICI … A GEMONIO

Un foglio volan-te (riportato qui a lato) rimasto in

un registro dei battesimi della parrocchia ticinese di Chiasso (Svizzera) ha spinto lo scorso 27 dicem-bre due ricercatori a con-sultare l’archivio della no-stra parrocchia.«Da anni stiamo rico­struendo la genealogia della casata degli Stoppa originaria di Pedrinate, un piccolo comune sopra Chiasso e se fino al 1820 le famiglie sono rimaste nella regione, in seguito hanno si sono spostate, spesso per motivi di lavoro, e di alcuni rami abbiamo perso ogni traccia» afferma Danilo Stoppa che, assieme al fra-tello Mirko hanno potuto spulciare i registri di Gemonio alla ricerca dei loro antenati.«Sapevamo che una famiglia si era spostata a Gemonio» affer-ma Mirko Stoppa. «È stato un colpo di fortuna; mentre con­trollavo alcune registrazioni iscritte nei registri parrocchiali di Chiasso, ho trovato uno scritto con alcune annotazioni, una del parroco di Chiasso e altre di don Luigi Giacometti della chiesa di San Pietro di Gemonio. Sul foglio c’erano le annotazioni relati­ve ai battesimi della famiglia di Paolo Giuseppe Stoppa (nato a Chiasso il 19 gennaio 1812) e di Colomba Vitali di Bellano. Così, se i figli battezzati a Chiasso li avevo scovati senza difficoltà, quelli nati a Gemonio non li avrei mai trovati. Allora, abbiamo contattato il parroco di Gemonio che ci ha indirizzati a Gianni Pozzi il quale, dopo una verifica, ha confermato i dati dei batte­simi» ci dice Mirko Stoppa.Nonostante queste conferme, i due ricercatori hanno consul-tato l’archivio parrocchiale alla ricerca di altre informazioni, trovando però solo piccoli indizi. Ad esempio Ottaviano Ce-sare (nato a Gemonio il 1 giugno 1846), può essere lo stesso Ottavio che nel 1899 è indicato industriale e residente a Dervio (LC), oppure che Giuseppe Stoppa (padre di Ottaviano) è detto «fabbricatore di carta», cioè lavorava in una delle cartiere di Gemonio o di Besozzo. Questo spiegherebbe il trasferimento a Gemonio della famiglia chiassese, ma anche il «legame» tra Ottaviano e Francesco, «commerciante in carta» che trovia-mo poi a Como. Il cognome Stoppa è presente soprattutto in Lombardia, Piemonte e Veneto; la prima attestazione scritta del cognome Stoppa risale al 1213 nelle carte di un notaio che roga un atto di compravendita tra i monasteri di san Giacomo di Menaggio (Como) e alcuni privati. Per contro gli Stoppa da Pedrinate vantano una prima citazione intorno al 1537 con il capostipite «Maffeo da Rovello, Gata Stuppa», cioè Maffeo pro-veniente da Rovello e raccoglitore di stoppa (o lavoratore del cascame di canapa).La ricerca genealogica della casata degli Stoppa da Pedrinate inizia nel 1500, conta 18 generazioni e circa 4.500 individui; tra un paio d’anni sarà pubblicata in un libro.

G. P.

Restauri a S. Pietro: si conclude!

Parlare di restauri oggi, nel contesto della crisi diffusa e generalizzata che stiamo vivendo, può sembrare un po’

folle. Manca un po’ tutto, specialmente le certezze. Eppure, pur nella triste consape-volezza di un patrimonio di fede, storia ed arte che eventi, naturali e non, distruggono ogni giorno in Italia e nel mondo (ultimi, il tragico terremoto della martoriata Emilia Romagna e le quotidiane bombe della Nige-ria), occorre andare avanti. Nei nostri fre-quenti deliri di onnipotenza, forse è bene che cogliamo le occasioni che ci invitano a fer-marci per riflettere, per piangere le vittime

e per recuperare energie e speranze: ma poi bisogna ripartire con motivazioni e certezze più sofferte ma anche più con-sapevoli e determinate. Il lavoro, un bene oggi così prezioso e carente, dipende for-temente dalla nostra capacità di ricomin-ciare, di progettare e di realizzare. Nel suo piccolo, anche la chiesa di S. Pietro riparte, con il suo terzo e, speriamo, ultimo lotto di affreschi da restaurare. Il lavoro riguar-derà l’abside di sinistra, la nicchia a destra dell’ingresso principale, la pulitura degli affreschi strappati, più alcuni dettagli e qualche novità. In particolare: il restauro del crocifisso ligneo del 1600, attualmente posizionato a sinistra dell’ingresso. Non se ne conosce la provenienza ma foto e docu-menti di inizio ‘900 lo danno protagonista di una “cappella del crocifisso” (era esposto sull’altare dell’abside di sinistra, davanti alla Madonna assunta) e, in seguito, ap-peso accanto alla finestra (poi chiusa) che ha decapitato le figure di S. Sebastiano e di altri personaggi in merito ai quali don Andrea Straffi ha formulato un’ipotesi. Se non si interviene subito, il crocifisso è ar-rivato al capolinea. Un’altra novità riguar-derebbe il posizionamento del paliotto/af-fresco strappato che, all’epoca dei restauri

degli anni ’60, copriva gli archetti dell’an-tico altare; tale manufatto andrebbe inse-rito nella teca in vetro dell’altare, sul retro, segnalato da opportuna illuminazione. Si prevede inoltre la rimozione del tabernaco-lo, posto in tempi piuttosto recenti sotto la sinopia di S. Antonio abate e il conseguen-te tamponamento della cavità che si verrà a creare. Il tabernacolo sarà posizionato nella nicchia già esistente nell’abside mag-giore, accanto alla finestrella di S. Giovanni Battista. E’ poi in programma la collocazio-ne di un pannello trasparente, accanto alla nicchia d’ingresso, contenente le principali informazioni riguardanti la chiesa, adozio-ni comprese. Si sono già avviate le pratiche per ottenere le necessarie autorizzazioni, dalla Curia alle Soprintendenze. I lavori di restauro partiranno a luglio e dovrebbe-ro concludersi entro settembre – ottobre, in tempo per poter allestire con calma un nuovo presepe. Nel frattempo, se qualcuno ha ancora il coraggio (o la follia?) di dire “io ci sono”, sappia che, anonimo o dichia-rato, passerà alla storia, almeno a quella eterna del “Padrone di casa”. Di adozioni disponibili ce ne sono ancora e alla fine, si sa, riempiono almeno un pezzetto di cuore.

Enrica Pezzoli

Via Rocco Cellina, 20.

S. Pietro, abside di sinistra.

Page 5: P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE 1parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2012_S.Pietro.pdf · S. Pietro 2012 • N. 2 EditorialE VII INCONTRO MONDIALE

“TIMORE e TREMORE”

Dalla notte del 21 maggio scorso la terra ha comin-ciato a tremare con par-

ticolare intensità e frequenza, colpendo specialmente le zone dell’Emilia tra Modena, Bolo-gna e Ferrara. Le scosse più forti le abbiamo sentite anche noi, come fastidiose oscilla-zioni; ma niente a che vede-re con chi il terremoto lo vive da vicino sulla propria pelle e su quella dei propri cari, oltre che sulle case, sui paesi interi che sono la storia di tutti e di

ciascuno. Si dice che la terra “trema”, ma è un tremore vio-lento che sconvolge la vita delle persone, delle famiglie e di in-tere comunità, cancellando in pochi secondi case, capannoni, monumenti, chiese, vite. E’ un tremore che porta timore, pau-ra e perfino vero e proprio ter-rore. Lo si vede negli sguardi di chi ha vissuto le scosse più forti, di chi ha perso qualcuno dei propri cari sotto le mace-rie, di chi non ha più una casa, un posto di lavoro. E il timore, la paura e il terrore sembrano non avere fine nel susseguirsi delle scosse e nelle immagini dei crolli e delle distruzioni che si riflettono nei pensieri e nelle vite della gente, diventando in qualche modo lo specchio dei loro animi.Accanto a tutto questo, però, anzi, in mezzo a tutto questo, non ci si deve lasciar sfuggire la possibilità di ascoltare le sto-rie di chi è stato per ore sotto le macerie e ne è uscito, di chi non ha esitato a mettere in pe-ricolo la propria vita per assi-curarsi che i propri figli fossero in salvo, di chi spende tempo e mezzi per dare un aiuto. E al-lora nei volti delle persone si riesce anche a vedere qualcosa d’altro al di là del timore. E’ un timore che si fa solidarietà re-ciproca, riscoperta dell’essen-zialità e dei rapporti, speranza di una ricostruzione che è in-teriore prima ancora che delle cose intorno. E’ un timore che lascia spazio alla voglia di ri-prendersi le proprie vite, fatte di una quotidianità autentica e semplice che in queste settima-ne si è persa. Con la stessa in-tensità, il timore diventa anche desiderio di rimettere in piedi la vita di interi paesi e comuni-tà, passando anche attraverso la ricostruzione di monumenti, torri e chiese, pietra su pietra.

Luisella

Credere alla politica

Oggi è diventato difficile credere alla politica (anche se più correttamente dovremmo riferirci al modello attuale di “fare” politica). Infatti ormai ogni giorno ci troviamo di fronte i tanti aspetti negativi di una “gestione” impropria

della politica (malaffari, corruzione, ecc.).Conseguentemente s’innescano “disaffezione e disinteressamento” verso di essa, e portando il ragionamento su un circolo vizioso: “meno persone s’interessano ad essa, maggiori sono i casi negativi… maggiori casi… meno interesse…e così via”.Dobbiamo a questo punto ricordare una prima definizione di “politica” (dal greco πoλιτικoς, politikós) risalente ad Aristotele: è legata al termine “polis”, che in gre-co significa città, la comunità dei cittadini; secondo il filosofo, “politica” significava l’amministrazione della “polis” per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano. Partendo da questo primario significato, si può comprendere quanto oggi è ancor più necessario credere nella politica! Perché se in apparenza, quanto detto, può sembrare un discorso contradditorio, è proprio partendo dalla sopracitata “insofferenza” che possiamo ricominciare a credere “nella” ed “alla” politica.Una politica che deve essere necessariamente nuova; che deve trovare slancio dalle piccole realtà, nei nuovi volti, nelle nuove idee; che obbliga ciascuno di noi a non dare più priorità al proprio interesse personale, ma ad un valore più ampio di bene comu-ne. Certo un percorso non semplice, ma ormai inderogabile! Del resto, troppo spesso in passato e purtroppo ancor di più nell’ultimo periodo, è prevalso l’interesse personale che ha stravolto l’obbiettivo del bene comune. Purtroppo di questa situazione nessuno può sentirsi esente da colpe… perché troppi voti sono stati espressi per esclusivo interesse personale (basti pensare alle scelte in ambito pensionistico nel periodo di “vacche grasse”); perché il disinteresse o, peggio, il rifiuto al voto porta solo a favorire le scelte di alcuni (“non c’è interesse, posso fare quello che è più comodo per me”); perché non m’interessa il bene comune e quindi evito o tento di pagare al minimo le tasse, con la indiretta conseguenza che si alza la pressione fiscale su tutti e pochi si arricchiscono (il concetto che se “tutti pagano il giusto, tutti pagano meno” è vero…); perché dimenticandosi del bene comune, non ci si rende conto dei troppi sprechi che vengono attuati in ambito pubblico; … e l’elenco potrebbe essere ancora lungo.E quindi? Ora che cosa possiamo fare? Ricominciamo in primis ad interessarci della politica; proviamo a ragionare con la nostra testa, senza fermarci esclusivamente a ciò che ci propone (e rifila) la tv; ten-tiamo di riallacciare rapporti e tenere dialoghi; ricominciamo in prima persona ad occuparci del bene comune e della “comunità”. Cominciamo ad essere coscienti che l’individualismo fine a se stesso comporta solo il disgregarsi della comunità, e l’impo-verimento del tessuto sociale.

Ricominciamo quindi a credere nella “vera” politica fatta per il bene di tutti… nell’interesse di tutti!

R.R.

TREMORE”

Grandangolo

rEtroSPEttiVa

il SEgno dEi tEmPi

Dal MONDO MISSIONARIO

Due buone e belle notizie che vengono da lonta-no: una riguarda padre Italo, l’altra la nostra missione diocesana in Perù.

Padre Italo, oltre ai suoi molteplici impegni a soste-gno e in difesa di bambini, giovani, famiglie, donne stuprate dal nemico, ecc., in questi ultimi due anni ha fondato e costruito a Kilomoni in Congo una grande casa destinata all’orientamento e alla formazione vo-cazionale dei giovani. Vocazione che abbraccia tutti gli aspetti della vita umana: familiare, sociale, politi-ca, pastorale, religiosa, sacerdotale e via dicendo. Per una zona del Congo ancora in guerra, una scelta co-raggiosa e, speriamo, profetica.Un grande, insperato successo che ha reso quasi su-bito la casa insufficiente al bisogno: ora padre Italo vuole costruire, a completamento, un salone da 200 posti, da adibire anche a dormitorio. Per questo ci ha scritto per ringraziare dei 10.000 euro recentemen-te ricevuti, frutto della Mostra missionaria, di varie iniziative e dei tanti amici che padre Italo ha nella nostra zona. La lettera, come d’abitudine esposta in fondo alla chiesa, dice fra l’altro: “Come sempre, vi prego di gradire il mio ringraziamento più sentito, ac-compagnato da un ricordo particolare sull’altare del Signore …”. L’anno prossimo padre Italo porterà a casa, in vacanza ( ?! ), quelle che lui chiama scherzando le sue “aride ossa”: avremo così l’occasione di conoscere in modo

diretto la sua attività, i grandi valori/problemi dell’A-frica in cui opera, la sua fede entusiasta e solidale.La seconda notizia riguarda la missione diocesana di Carabayllo in Perù, fondata poco più di un anno fa da don Savio Castelli (ex parroco di Caravate) e don Um-berto Gosparini (ex parroco di Solzago). Dei sacerdoti “fidei donum” si era già scritto anche dalle pagine di questo giornale.La cosa bella è che il giorno di Pentecoste è stato dato l’annuncio che due giovani preti della nostra diocesi sono pronti a partire, ovviamente dopo un periodo di adeguata preparazione, per la missione di Carabayllo. Si tratta di don Ivan Manzoni (vicerettore del semi-nario) e di don Roberto Seregni (vicario di Tirano e quindi vice di don Remo), entrambi di 34 anni.

Mi pare già di sentire l’obiezione: mancano i preti qui, è proprio il caso di mandarli altrove, e giovani, per giunta?! Mi sembra anche che la risposta, non scon-tata, dovrebbe essere questa: sì, è giusto farlo, dal momento che Gesù stesso manda nel mondo la sua Chiesa, piccola e fragile, costituita sostanzialmente da dodici apostoli: non ne fa patrimonio della sua terra e della sua gente. Una Chiesa che manda, che

dona anche il necessario e non solo il superfluo, non può che essere segno di condivisione, di gratuità, di fraternità autentica e solidale. Una Chiesa, insomma, aperta al futuro e alla speranza.

C’è una frase significativa che accompagna i due gio-vani sacerdoti nella loro nuova esperienza: “Amate non i porti, ma il mare aperto”, dove il mare aperto simboleggia, credo, un abbraccio a Cristo e al mondo in modo più approfondito e globale, libero anche dal-le normali sicurezze.Don Savio e don Umberto, già esperti missionari “fi-dei donum” in Argentina, passeranno il testimone ai due confratelli più giovani in continuità e, insieme, in rinnovamento della vocazione missionaria della no-stra diocesi e della Chiesa universale in genere. Il fatto di poter utilizzare un’unica lingua ( contrariamente a quanto succede in Africa, dove la gente parla svariate e per noi difficili lingue locali), faciliterà molto i rap-porti con la gente, favorendo conoscenze, compren-sione, rapporti e collaborazione.Per tutti e quattro i sacerdoti, nonché per i “fidei do-num” in generale, sarà utile e gradita la nostra preghiera.

Enrica Pezzoli

SPaZio miSSioni

Page 6: P Piano VII INCONTRO MONDIALE E L’INCOMPRENSIONE 1parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2012_S.Pietro.pdf · S. Pietro 2012 • N. 2 EditorialE VII INCONTRO MONDIALE

Molti dei cappotti russi distribu-iti ai poveri hanno una piccola

toppa nel pet to o sulla schiena. Una piccola toppa rotonda che chiude il buco attraverso il quale entrò una pallottola e uscì un’anima. Il mio cappotto ha una piccola toppa pro-prio in corrispondenza del cuore. È ben cucita e di panno spesso, ma – dal forellino che essa copre – entra un sottile soffio d’aria gelida anche quan do non c’è vento. E il cuore duole, trafitto da quello spillone di ghiaccio. Giovanni Guareschi

In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima

si lamentava: «Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che la sciarmi spe-gnere». E così accadde. La secon-da disse: «Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere».

E così ac cadde. La terza candela confessò: «Io sono l’amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciar-mi spegnere». All’improvviso nel la stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: «Ho paura del buio». Allora la quarta candela dis-se: «Non piangere. Io resterò acce-sa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza».

Parabola ebraica

Vorrei che le poche persone oneste fossero tutte riunite in

una città. Allora sarei ben felice di lasciare il mio eremo per andare a vivere con loro, se mi volessero accogliere in loro compagnia. Seb-bene, infatti, rifugga la moltitu-dine per la quantità di insolenti e importuni che vi si incontra, non smetto di pensare che il più gran bene della vita è gioire della con-versazione delle persone che si sti-mano. cartesio

Dal 30 maggio al 3 giugno 2012 a Milano si è svolto l’Incontro Mondiale del-

la Famiglia con il Papa Bene-

detto XVI. Alcuni miei amici e colleghi di Milano hanno vis-suto da vicino, con trepidazio-ne e gioia, questo evento, che ha visto la partecipazione di famiglie da tutto il mondo: un momento di incontro, di con-divisione, di accoglienza alla riscoperta e conferma del va-lore della famiglia.Io non ho partecipato diret-tamente a questo evento, l’ho seguito guardando le intervi-ste alla tv e una di queste mi ha particolarmente colpita, facendomi riflettere sul vero significato di amore e di fa-miglia. Lo speaker di uno dei tanti telegiornali che ormai ho l’abitudine di seguire, quasi come un automatismo passan-do da un canale all’altro, fa-ceva una carrellata sui gruppi colorati e festanti che la dome-nica erano in attesa dell’arrivo del Papa, poi ha passato il mi-crofono ad una giovane donna che spingeva un uomo in car-rozzina. La donna, di cui non ricordo neanche il nome, con il sorriso si recava all’incontro con il Santo Padre e ci anda-va accompagnando il marito che purtroppo per una grave malattia degenerativa da alcu-ni anni era in carrozzina. Dal suo volto traspariva serenità, non era una donna arrabbiata

con Dio ed il mondo, come io magari avrei fatto al suo po-sto, per quella “disgrazia” che aveva colpito la sua famiglia e i suoi bambini. Spiegava con dolcezza che aveva affrontato e superato la malattia del ma-rito scoprendo di amarlo an-cora di più dopo quella prova e aveva insegnato ai suoi bam-bini ad amarlo come e più di prima. Il sorriso e la gioia con cui i figli guardavano il padre la ripagavano delle fatiche che doveva affrontare e l’aiuto, la vicinanza e la disponibilità degli amici la sollevavano dai problemi quotidiani. Ho voluto tratteggiare qui questo ritratto di un volto ano-nimo proprio per far capire a tutti che accanto a ciascuno di noi vivono delle persone straordinarie e magari non ce ne accorgiamo. Persone che hanno capito quali sono i veri valori della vita e con il loro modo di vivere, la loro sere-nità e semplicità ci insegnano quale è il vero significato di es-sere cristiano.Queste persone straordinarie sono in mezzo a noi e sta a noi aprire bene gli occhi per rico-noscerle e cogliere il messaggio che con la loro vita ci trasmet-tono.

Monica Campanerut

Rubriche

Georg Ratzinger,Michael Hesemann, MIO FRATELLO IL PAPAEdizioni Piemme, marzo 2012.

La vita di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, raccontata dal fra-tello Georg, che lo stesso pontefice

definisce “un amico, un compagno e un punto di riferimento”. Uniti fin dall’infanzia, i fratelli Georg e Joseph Ratzinger diventarono sacerdoti nella stessa data. Ancora oggi trascorrono insie-me le vacanze e si sentono al telefono quasi ogni giorno.Nel racconto di una vita vissuta presso-ché in simbiosi, Georg – da sempre il confidente più vicino a papa Benedetto XVI – tratteggia il volto del pontefice senza tralasciare i partico-lari più intimi, commoventi e privati: le serate trascorse a suonare il pianoforte e a guardare il Commissario Rex, le passioni giovanili mai ab-bandonate per la lettura, i gatti e le passeggiate nei boschi. Sono rievocati gli anni spensierati dell’infanzia nell’Alta Baviera, l’educazione reli-giosa ricevuta dai genitori e la precoce consape-volezza della fede, ecc.

Maria Gloria RivaIL CANTICO DI MADDALENAEdiz. S.Paolo, 2012

Il libro (con allegato DVD) racconta la vita di Caterina Sordini, nata a

Porto S. Stefano (Grosseto) nel 1770 ed entra-ta, non ancora diciottenne, tra le Francescane di Ischia di Castro (Viterbo) con il nome di suor Maria Maddalena dell’Incarnazione. Il 19 feb-braio 1789, mentre puliva il refettorio, ebbe una visione: vide Gesù Eucaristia circondato dagli angeli adoranti, vestiti con una tunica bianca e scapolare rosso. Il Signore le rivelò di averla scelta per istituire l’opera delle Adoratrici Perpe-tue, le quali giorno e notte avrebbero dovuto of-frire la loro adorazione per riparare le ingratitu-dini degli uomini, chiedendo grazie ed aiuti alla Divina Provvidenza. Sarà la fondatrice di una Famiglia Religiosa unicamente dedita all’ado-razione della SS. Eucaristia. Nel 1807 a Roma fonda il primo Monastero del nuovo Ordine. Oggi nel mondo si contano più di 90 Monasteri tra Europa, America e Africa. Il 3 maggio 2008 è

stata proclamata beata. Il varesino Mauro Cam-piotti ne ha ricavato un film, prodotto dalla sua casa di produzione, Mauca, che ha sede a Vare-se. Le scene sono state girate qualche mese fa anche a Varese, a Caidate e Sumirago ed anche nella vicina Villa Bozzolo di Casalzuigno, men-tre il coro polifonico di Varese ha eseguito parte della colonna sonora del film .

Giuliana Gadola BeltramiIL CAPITANOEdiz.:1946, 1964, 1979, 1999, 2003 e 2011.

E’ la storia di una famiglia, due co-niugi e tre figli, negli anni ‘40, all’i-nizio della lotta partigiana, tra Mi-

lano, le zone del lago d’Orta e infine Megolo, in Val d’Ossola. Due persone, un uomo e una don-na della borghesia milanese, l’architetto Filippo Beltrami, poi capitano nel corso della guerra, e sua moglie Giuliana Gadola, vivono intensa-mente il loro amore e l’amore verso la libertà. Dopo l’8 settembre Filippo Beltrami sceglie, in accordo con la moglie, di fare una scelta di vita. Pur avendo tre figli piccoli, accetta di coman-dare un gruppo di ragazzi e militari sbandati decisi a combattere i tedeschi occupanti e i fa-scisti; Giuliana lo sostiene e lo aiuta, poi torna dai figli piccoli. La storia finisce nel febbraio del 1944, quando, nella battaglia di Megolo, Filippo Beltrami e altri undici partigiani del suo gruppo cadono eroicamente.La guerra che si insinua nel privato, il coin-volgimento della popolazione, l’ascendente del capitano sui suoi uomini, l’ascendente di Giuliana sul comandante sono elementi costi-tuenti della vicenda raccontata nel libro poi nel film che nel 2011 il regista novarese Van-ni Vallino gira sui monti dell’Ossola. Il film è ispirato proprio da questo libro, grazie anche alle testimonianze di quei tre figli “allora pic-coli”, Michele, Luca e Giovanna. Quest’ultima vive da qualche tempo a Gemonio e la sera del 19 aprile scorso era presente, molto emozio-nata, con il regista, nel salone dell’oratorio a presentare il film; la sua testimonianza si può leggere qui a lato.Il libro, IL CAPITANO (ultima edizione) ed il film (GIULIANA E IL CAPITANO) in DVD sono a disposizione dei lettori alla biblioteca di Ge­monio.

Gemonio, Oratorio don Bosco, 19 aprile 2012.

PRESENTAZIONE DI GIOVANNA BELTRAMIAL FILM “GIULIANA E IL CAPITANO”.

Vi ringrazio di essere venuti per conoscere i miei genitori e il loro amore. Un amore di rara qualità, aperto al mondo, in cui ciascuno aiutava l’altro a essere se stesso, a realizzare la pro-pria missione, a dare agli altri il meglio di sé.Questo loro reciproco modo di relazionarsi li ha portati pian piano, e non senza esitazioni, a decidere di entrare nella Resi-stenza e di dare il loro contributo a liberare il Paese dalla nube tetra e minacciosa che lo sovrastava.Il film trae origine da un libro (“Il capitano”) che mia madre ha scritto a Cogne, in Val d’Aosta, dove ci eravamo rifugiati dopo la morte di mio padre. Lì abbiamo passato un anno, dalla primavera del ‘44 alla liberazione, in una baita di montagna un po’ fuori dal paese. Due donne, mia madre e una giovane trentina e tre bambini dai 7 anni ai 7 mesi. Una poesia di mia madre descrive molto bene il suo stato d’animo in quel tempo. Si intitola “La nostra storia”.

Tu m’hai lasciato questo, un bambinello di carne e pelo biondi come il miele.Me lo porto in ispalla sui sentieriin cerca d’uova da una grangia all’altra.

Se gli parlo di te, la nostra storia,chiusa dall’insonnia in una casadove ogni notte mi sgretolo con te, quella storia diventa una leggenda e nell’aria pulita t’incorona.

Immaginiamoci la situazione: la giornata è finita, i bambini hanno fatto i compiti, hanno cenato, sono stati messi a letto sotto alti piumini d’oca. Viene riordinata la cucina, caricata la stufa, stabilite le incombenze per l’indomani, si spegne il par-lottio dei bambini. Resta solo il borbottio dello stufa. Poi cala la notte, quella notte che mia madre non avrebbe mai voluto attraversare, che nessuno di noi vorrebbe attraversare, ma che prima o poi ci tocca.Mia madre mi ha detto diverse volte che senza di noi si sareb-be buttata nelle azioni più rischiose della guerra partigiana a costo della sua vita. Dovendo restare con noi senza impazzire bisognava comunque interrompere la sequenza di quelle notti terribili. Ma come? Mia madre decise allora di scrivere la loro storia, per salvaguardarne la memoria. Le notti si trasformano in momenti di intenso lavoro, in cui mia madre deve per forza prendere le distanze dalla vicenda per riordinare i ricordi, per organizzare il materiale. Ed è la salvezza. Il dolore si trasforma in un atto creativo di grande importanza per se stessa, per noi figli, per mio padre che ritorna a vivere in quelle pagine. La storia si fa leggenda. Il manoscritto, avvolto in tela cerata, viene sepolto sotto un albero, in attesa di tempi migliori. Dis-sotterrato dopo la liberazione, inizia l’iter per essere pubblica-to dalla casa editrice Gentile di Milano, nel febbraio del ‘46.La nostra storia confluisce così nella storia collettiva della Re-sistenza, ma con un taglio particolare: è una donna che scrive, una donna il cui sguardo presta più attenzione alle emozioni, ai sentimenti, alle motivazioni, piuttosto che ai fatti d’arme.Per finire vi invito a riflettere sulla frase del filosofo greco Sofo-cle: “se una cosa è giusta, certo val meglio di una cosa saggia”... sulla quale i miei genitori hanno impostato la loro vita.

ritratto

definisce “un amico, un compagno e un punto

in librEria

Testimonianzedalla Giornata Mondiale della Famiglia

Punti di ViSta