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otoneurologia2000

Serie editoriale:CLINICAL CASE

MANAGEMENT

Aggiornamento periodico:

OTONEUROLOGIA 2000

Settembre-Dicembre 2003 / n.15

Coordinamento Scientifico:

Dr. Giorgio Guidetti

Dipartimento di PatologiaNeuropsicosensorialedell’Università di Modenae Reggio EmiliaSezione di ClinicaOtorinolaringoiatricaModulo di Vestibologiae Rieducazione vestibolarePoliclinico di Modenae-mail: [email protected]

Coordinamento editoriale:Mediserve

© 2003 MEDISERVE S.r.l

Milano - Firenze - Napoli

otoneurologia2000Settembre-Dicembre 2003 / n.15

SOMMARIO

1. Attuali acquisizioni sulla sindrome da

compressione del nervo cocleovestibolare . . . 1

D.A. Giuliano

2. La deiscenza del canale semicircolare

superiore: una nuova entità clinica . . . . . . . . . 12

N. Civiero

3. La “fisiologia” dell’acufene . . . . . . . . . . . . . . . 20

L. Manzari

4. Posturologia: dalla dinamica non lineare

alla transdisciplinarietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

F. Scoppa

OTONEUROLOGIA

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Introduzione

La sindrome da compressione del nervococleovestibolare (SCNC) può essere defi-nita come quell’affezione della sfera oto-neurologica i cui sintomi derivano dall’a-zione compressiva esercitata da uno o piùvasi sanguiferi sulle fibre dell’ottavo paiodi nervi cranici.

Il concetto in base al quale la disfunzione diun dato nervo cranico possa essere indottadalla compressione pulsante di un vaso san-guifero dilatato, a decorso tortuoso o dislo-cato in posizione abnorme, non è nuovo.Infatti, già nella prima metà degli anniTrenta, Dandy aveva riconosciuto tale mec-canismo fisiopatologico quale causa prin-cipale di nevralgia del trigemino.

Ulteriori studi, condotti nei decenni suc-cessivi da Gardner, Sava, Jannetta, Mol-ler e Bertrand, individuarono nel cosid-detto “conflitto neurovascolare” uno deifondamentali fattori eziologici di ungruppo eterogeneo di patologie che inclu-deva lo spasmo del facciale, la nevralgiadel glosso-faringeo, l’ipertensione essen-ziale, la vertigine posizionale invalidante.Quest’ultima era un’entità nosologica,identificata da Moller, contrassegnata dal-l’insorgenza improvvisa di vertigini ogget-tive di notevole intensità, associate apalesi manifestazioni neurovegetative,elicitate dall’assunzione di una specifica

posizione del soma rispetto al campo gra-vitazionale, alla cui remissione seguivauna condizione pressoché continua diinstabilità posturale e disorientamentospaziale.

L’esperienza maturata in seguito permise diappurare che le manifestazioni cliniche oto-neurologiche ascrivibili al conflitto neuro-vascolare non solo erano passibili di varia-zione da individuo a individuo, ma si accom-pagnavano sovente a disturbi di chiaramatrice cocleare.

Fu così coniata la definizione di SCNC al finedi accogliere in tale accezione tutti i sintomicocleari e vestibolari indotti dalla com-pressione dell’ottavo paio di nervi cranici,indipendentemente dalle modalità di insor-genza e di presentazione clinica.

Anatomia

Come è noto, il nervo cocleovestibolarederiva dalla confluenza di due tronchi ner-vosi: il nervo cocleare ed il nervo vestibolare.Il nervo cocleare sorge dal ganglio spiraledel Corti e si porta nel ponte, dove contraesinapsi con i neuroni dei nuclei cocleari dor-sale e ventrale (Figura 1).Il nervo vestibolare, invece, emerge dal gan-glio dello Scarpa e raggiunge il bulbo, dovesi distribuisce nei nuclei grigi del complessovestibolare bulbare (Figura 2).

ATTUALI ACQUISIZIONISULLA SINDROME DA COMPRESSIONEDEL NERVO COCLEOVESTIBOLAREDavide Antonio Giuliano

Dipartimento di Medicina Sperimentale - Università degli Studi di PalermoE-mail: [email protected]

otoneurologia 2000 | numero 15 | settembre-dicembre 2003

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Figura 1. Origine del nervo cocleare dal ganglio spirale del Corti e via sensoriale acustica (mod. da: Rossi, 1994).

Entrambi i nervi presentano anche fibre effe-renti. Il nervo vestibolare può essere ulte-riormente suddiviso in due componenti: unabranca superiore, che innerva le cresteampollari dei canali semicircolari superiore

e laterale, la macula acustica dell’utricolo ela parte anterosuperiore del sacculo, ed unabranca inferiore, destinata alla cresta ampol-lare del canale semicircolare posteriore ealla parte rimanente del sacculo.

1 = Organo del Corti; 2 = Ganglio del Corti; 3 = Nervo cocleare; 4 = Nucleo cocleare dorsale;5 = Nucleo cocleare ventrale; 6 = Corpo Restiforme; 7 = Complesso olivare superiore;8 = Fibre del Lemnisco Laterale; 9 = Nucleo del Lemnisco Laterale; 10 = Tubercoli quadrigemini inferiori;11 = Corpi genicolati mediali; 12 = Area acustica primaria; 13 e 14 = Aree acustiche associative

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Attuali acquisizioni sulla sindrome da compressione del nervo cocleovestibolare 5

Il nervo cocleovestibolare, insieme al nervofacciale, decorre nel condotto uditivo interno,ovvero in un condotto osseo, scavato nelcontesto della rocca petrosa del temporale,la cui estremità mediale si apre nell’angolo

pontocerebellare mentre l’estremità lateraleè chiusa da una sottile lamina ossea deno-minata lamina cribrosa.La lamina cribrosa è suddivisa da due cre-ste ossee, cresta falciforme e “Bill’s bar”, in

Figura 2. Origine del nervo vestibolare dal ganglio dello Scarpa e via sensoriale vestibolare (mod. da: Rossi, 1994).

1 = Labirinto posteriore; 2 = Nervo vestibolare; 3 = Ganglio dello Scarpa;4 = Nucleo vestibolare superiore di Bechterew; 5 = Nucleo vestibolare mediale di Schwalbe;6 = Nucleo vestibolare laterale di Deiters; 7 = Nucleo vestibolare inferiore di Roller;8 = Nucleo dell’Abducente; 8’ = Nervo Abducente; 9 = Nucleo del Trocleare; 9’ = Nervo Trocleare;

10 = Nucleo dell’Oculomotore Comune; 10’ = Nervo Oculomotore Comune; 11 = Fascicolo Longitudinale Mediale;12 = Fascio Vestibolo-Spinale; 13 = Nucleo di origine delle fibre della radice spinale del nervo accessorio;14 = Midollo Spinale; 15 = Branca afferente del nervo spinale; 16 = Branca efferente del nervo spinale

8’

8’

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quattro quadranti contenenti tanti piccoli foriattraverso i quali passano le fibre nervosedel settimo e ottavo paio di nervi cranici.In particolare, il nervo facciale occupa il qua-drante anterosuperiore, il nervo coclearequello anteroinferiore, mentre il nervo vesti-bolare, con le sue due branche, occupa iquadranti posteriori (Figura 3).La compressione vascolare del nervococleovestibolare può verificarsi general-mente in corrispondenza della zona diemergenza delle radici nervose dal troncodell’encefalo (REZ: Root Entry Zone), doveil nervo risulta essere molto sensibile allostimolo irritativo cronico legato all’iper-pulsatilità vascolare, per via del trapassodel rivestimento mielinico dalla conforma-zione intranevrassiale a quella extrane-vrassiale, o in prossimità del condotto udi-

tivo interno, dove possono dislocarsi ansevascolari a decorso anomalo originatesi datronchi arteriosi endocranici.L’effetto compressivo esercitato dalla for-mazione vascolare su quella nervosa puòessere “diretto”, se dovuto alla presenza diuna sacca aneurismatica del vaso princi-pale, o “indiretto”, se imputabile ad un’ab-norme dislocazione delle anse del vaso affe-rente.I vasi maggiormente implicati nella pato-genesi della SCNC sono rappresentati dairami del circolo vertebrobasilare, quali l’ar-teria cerebellare anteroinferiore (AICA), l’ar-teria cerebellare posteroinferiore (PICA) etalora il tronco dell’arteria basilare o l’ar-teria vertebrale, nonché da alcuni ramivenosi ectasici afferenti ai seni venosi delladura madre (Figura 4).

Figura 3. Schema anatomico del fondo del meato acustico interno (mod. da: Dufour, 1984).

Nervo facciale Anteriore

Posteriore

Superiore Inferiore

Crestaverticale(Bill’s bar)

Nervovestibolaresuperiore

Crestaorizzontale

Nervo cocleare

Nervovestibolareinferiore

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Attuali acquisizioni sulla sindrome da compressione del nervo cocleovestibolare 7

L’AICA, in particolare, in circa il 26% degliesseri umani, emette delle anse che si por-tano a ridosso del condotto uditivo interno,dove entrano in intimo contatto con il pac-chetto acustico-facciale (Figura 5).Abnormi anse vascolari possono anche ori-ginarsi da un’arteria vertebrale notevol-mente allungata.Il coinvolgimento della PICA e del troncodella basilare nella genesi della SCNC,invece, si verifica prevalentemente in casodi degenerazione aneurismatica delle paretidel vaso.

Fisiopatologia e clinica

L’ipotesi attualmente più accreditata, inmerito al meccanismo fisiopatologico cheinduce la disfunzione del nervo in corso diconflitto neurovascolare, ritiene che la com-pressione pulsante cronica del nervo daparte di uno o più vasi sanguiferi sia ingrado di esercitare uno stimolo irritativosubcontinuo sulle fibre nervose, al qualeseguirebbe il graduale instaurarsi di unareazione proliferativa delle guaine mielini-che e del neurilemma delle stesse.

Figura 4. Vasi arteriosi preposti all’irrorazione della base dell’encefalo. A destra sono stati asportati l’apice dellobo temporale, l’emisfero cerebellare ed il nervo ottico. Le definizioni in rosso indicano i vasi maggiormenteimplicati nella genesi della SCNC.

a. cerebelli inferior anterior

a. cerebelli inferior posterior

medullaspinalis

a. vertebralis

n. accessorius

n. hypoglossus n. abducens

a. cerebelli superior

a. cerebri posterior

substantia perforataposterior

a. chorioidea

lobus temporalis

insula

a. cerebri media

area subcallosa a. cerebri anterior

a. communicans anterior

a. spinalis anterior

a. basilaris

aa. cerebri ant.bulbus olfactorius

tractus olfactorius chiasma opticum

n. opticus

a. carotidis interna

a. communicans posterior

n. oculomotorius

a. cerebri posterior

a. cerebelli superiorn. trigeminus

a. labyrinthin. facialis

n. vestibulocochlearis n. glossopharyngeus

n. vagus

plexus chorioideus ventriculi IV

hemisphaerium cerebelli

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L’esito ultimo di tale processo consisterebbein una sorta di degenerazione fibrotica delleguaine di rivestimento degli assoni neuronali,i quali verrebbero compressi e stirati con con-seguente alterazione della trasmissione degliimpulsi nervosi da essi veicolati. La sintoma-tologia della SCNC, come dimostrano gli studidi Jannetta, è passibile di variazioni subordi-nate alla sede e all’entità della compressione.

In genere i disturbi di natura cocleare

sono rappresentati da:

a. Acufeni, solitamente continui, a tim-bro grave o acuto, talora pulsanti.

b. Ipoacusia neurosensoriale, ad esordioingravescente, la quale,nella maggiorparte dei casi, interessa prevalente-mente le frequenze acute, poiché lefibre che si dipartono dal giro basaledella coclea, preposto alla recezione ditali frequenze,sono le più esterne delnervo e quindi le prime a risentire deglieffetti compressivi.

I segni di compromissione vestibolare,

invece, consistono prevalentemente in:

a. Crisi vertiginose oggettive ricorrenti,talora ad insorgenza improvvisa, asso-ciate a manifestazioni neurovegetative,la cui durata varia da pochi minuti adalcune ore.

b. Instabilità posturale, spesso evidenteal momento della remissione della crisivertiginosa, riferita dal paziente comesensazione di “barcollamento” o di“sprofondamento nel vuoto”.

c. Intolleranza al movimento, intesa comeinsicurezza all’inizio della marcia o del-l’esecuzione di un movimento chemodifica la posizione del soma nelcampo gravitazionale.

I disturbi vestibolari possono presentarsivariamente associati tra loro e non sempresi accompagnano a segni di disfunzionecocleare.

Figura 5. Immagine in sezione della regione del condotto uditivo interno di una paziente affetta da SCNC. Si notil’abnorme dislocazione delle anse dell’AICA in prossimità del condotto uditivo interno.

Ramo superiore delnervo vestibolare

Ansa dellaAICA

Condottouditivo interno

AICADura madre

Nervo facciale

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Attuali acquisizioni sulla sindrome da compressione del nervo cocleovestibolare 9

A volte, il quadro clinico della SCNC si mani-festa in concomitanza con uno spasmo delfacciale o, probabilmente a causa di reclu-tamento di altre strutture nervose, connevralgia del trigemino.

Diagnosi

In fase di esordio, l’inquadramento diagno-stico della SCNC offre evidenti difficoltà.Infatti, non esistono segni patognomonici ditale affezione e, a volte, la sua presentazioneclinica è facilmente assimilabile a quella dialtre più comuni patologie otoneurologiche,quali neuroniti vestibolari; labirintopatievascolari, tossiche o virali; malattia diMénière o neurinoma dell’acustico.Pertanto, visto lo scarso supporto fornitodai reperti clinico-anamnestici, è opportunobasare l’iter diagnostico sull’esecuzione dialcuni specifici esami strumentali.

Tra di essi, l’esame audiometrico tonaleliminare, lo studio del riflesso stapedialecon test di Metz e di Anderson e l’elettroni-stagmografia sono poco dirimenti, inquanto non sono in grado di fornire repertialtamente suggestivi per SCNC.

Di maggiore ausilio risulta essere, invece, lavalutazione dei potenziali evocati del troncoencefalico (Audiometry brainstem response,ABR), poiché essa permette di suffragare l’i-potesi di disfunzione di una o più compo-nenti della via sensoriale acustica.Secondo Moller, l’esame ABR fornirebbeaddirittura dei criteri diagnostici di grandeausilio per il riconoscimento della malattia(Tabella 1).In realtà, studi condotti recentemente hannodimostrato la scarsa validità dei criteri diMoller, anche se è doveroso riconoscere chel’aumento della latenza interpicco tra la I ela III onda è un reperto di pressoché costanteriscontro nei pazienti affetti da SCNC.

La diagnosi di certezza è, comunque, tut-tora affidata alle indagini radiologiche.Se l’angiografia, palesando la presenzadi vasi ectasici o allungati, consente diporre solo una diagnosi presuntiva, larisonanza magnetica nucleare (RMN) o,meglio ancora, l’angio-RMN, garantendol’isocronicità di visualizzazione delle strut-ture nervose e vascolari endocraniche,consente di identificare con assoluta cer-tezza l’esistenza del conflitto neurova-scolare a carico dell’ottavo paio di nervicranici (Figura 6 A, B).

Intervallo I-III onda ≥ 0,2 msec

Intervallo I-III onda ≥ 0,16 msec in caso di onda II assente

Ampiezza dell’onda II < 33% del lato opposto

Intervallo III-V onda del lato non patologico ≥ 0,2 msec

Intervallo III-V onda del lato non patologico ≥ 0,16 msec in caso di onda II assente

Intervallo I-III onda > 2,3 msec

Intervallo III-V onda del lato non patologico > 2,2 msec

TABELLA 1. Criteri ABR per la diagnosi di SCNC (Moller)

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La somministrazione di benzodiazepine, ista-minosimili, fenotiazine, benzamidi sostituite,anticolinergici, antidopaminergici ed alfa-adrenolitici, per periodi più o meno prolun-gati di tempo, può indurre solamente laremissione temporanea dei disturbi.

Attualmente, le opzioni chirurgiche sonosostanzialmente due:1. La neurectomia vestibolare, consistente

nella sezione del nervo vestibolare pervia craniotomica sotto-occipitale.

2. La decompressione microvascolare, laquale prevede la dissezione e l’allon-tanamento dei vasi che esercitanoazione compressiva sul nervo cocleo-vestibolare.

L’esperienza maturata negli ultimi decenniha dimostrato che la sezione del nervo vesti-bolare determina la risoluzione completadelle crisi vertiginose ricorrenti, ma non haalcuna influenza sull’instabilità posturale ol’intolleranza al movimento.La decompressione microvascolare, invece,a volte, ha arrecato un significativo benefi-cio al paziente anche se, ancora oggi, nonè possibile stabilire se questo sia da attri-buire alla cessazione degli effetti irritativiespletati dai vasi comprimenti sulle fibrenervose, alla parziale denervazione subitadal nervo cocleovestibolare come esito deltrauma chirurgico, o semplicemente ad unvero e proprio “effetto placebo”.

Bibliografia

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Figure 6. Immagini RMN di pazienti affetti da SCNC. Sinoti nelle scansioni trasversale (A) e coronale (B) la pre-senza di un’ansa vascolare (freccia) dovuta ad anomaloallungamento dell’arteria vertebrale destra, con mar-cata impronta sul tronco dell’encefalo in corrispon-denza dell’ingresso dell’ottavo paio di nervi cranici(testa di freccia).

A

B

Terapia

L’approccio terapeutico alla SCNC è preva-lentemente chirurgico.Infatti, finora, i trattamenti farmacologicihanno consentito il conseguimento di risul-tati del tutto trascurabili.

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Attuali acquisizioni sulla sindrome da compressione del nervo cocleovestibolare 11

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LA DEISCENZA DEL CANALE SEMICIRCOLARESUPERIORE: UNA NUOVA ENTITÀ CLINICANicola Civiero

Clinica San Camillo - BresciaE-mail: [email protected]

otoneurologia 2000 | numero 15 | settembre-dicembre 2003

Introduzione

Studi sperimentali condotti, all’inizio delsecolo scorso, da Tullio (1) e Huizinga (2)confermano la stretta relazione esistentetra movimenti nistagmici e variazioni dipressione nell’orecchio interno (3).

L’osservazione del movimento oculare con-seguente a stimoli uditivi intensi, in piccionidapprima sottoposti a lesione canalare epoi a deafferentazione farmacologica dellabirinto, permette di confermare la validitàdelle leggi di Ewald e di approfondire criti-camente la fisiologia del vestibolo (4).

Nel corso del tempo, alla iniziale osserva-zione delle lesioni osteomielitiche tipichedelle fasi avanzate della malattia sifilitica (5),si affianca lo studio di altre patologie ingrado di scatenare sintomi e segni clinicicoerenti con lo stesso meccanismo patoge-netico – fistola perilinfatica (6), malforma-zioni congenite (7), traumi cranici (8), malat-tia di Lyme (9), colesteatoma erosivo (10),malattia di Menière (11) – fino a giungere,in anni recenti, all’identificazione di unanuova entità nosologica, definita “Deiscenzadel Canale Semicircolare Superiore”, notaanche some Sindrome di Minor, dove l’in-terruzione o la riduzione drastica di spessoredella superficie ossea danno origine al mec-canismo responsabile di sintomi clinicispesso invalidanti.

Meccanismo patogenetico

L’associazione costante tra pressione e ver-tigine rotatoria trova la sua spiegazionenelle alterazioni dinamiche dei flussi endo-linfatici prodotte dalla “finestra labirintica”(la terza dopo quella ovale e rotonda) chepatologicamente si struttura sulla superfi-cie ossea del canale semicircolare superiore(Figure 1-3).Pressioni positive esercitate lungo il canaleuditivo esterno – manovre di Valsalva osuoni ad alta intensità – provocando unmovimento elastico della parete canalarecompromessa, generano moti ampullifu-ghi, con conseguente deflessione eccitato-ria della cupola (vedi Figura 3A).Il risultato è un movimento oculare verti-cale con componente torsionale lenta direttaverso il lato opposto a quello stimolato(Figura 4). L’opposto si ottiene invece conpressioni negative o manovre di Valsalva aglottide chiusa, piuttosto che compressionevenosa giugulare (vedi Figura 3B).Un pattern vestibolare simile si ritrovaanche in patologie come la fistola perilin-fatica e la disfunzione otolitica maculo-utri-colare, anche se la divergenza tra l’orienta-mento del piano canalare e il vettore nistag-mico, l’asimmetria del movimento ocularenella componente verticale e il riflesso ditilt laterale del capo allo stimolo sonoro,piuttosto che la lenta torsione sul perno ver-ticale, ne sottolineano la differenza.

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La deiscenza del canale semicircolare superiore: una nuova entità clinica 13

Figura 2. Struttura dell’orecchio interno.

Nervovestibolare

Nervoauricolare

Membranatettoria

Canalevestibolare

Canale cocleare (scala media)

Cellulesensorialidell’epitelioesternoMembrana

basale

Cellulesensorialidell’epiteliointerno

Canaletimpanico(scala tympani)

Gangliospirale

Finestrarotonda

Finestraovale

Canale semicircolaresuperiore

Coclea

Figura 1. Il labirinto osseo dell’orecchio interno.

Canali semicircolari

Utricolo esacculo vestibolari

Nervovestibolare

Coclea

Canalisemicircolari

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Figura 3. Disegno schematico del comportamento della deiscenza del canale semicircolare superiore, a seguitodelle variazioni di pressione nell’orecchio medio e interno. A: una pressione POSITIVA esercitata lungo il con-dotto uditivo esterno, o per mezzo di un impulso sonoro o di una manovra di Valsalva, provoca un’espansionedella compagine membranosa con conseguente moto endolinfatico ampullifugo ed eccitazione del nervo vesti-bolare; B: una pressione negativa esercitata con l’impiego di click di rarefazione o per mezzo di una manovra diValsalva a glottide chiusa, il moto endolinfatico risulta opposto al precedente con conseguente riduzione delfiring del nervo (da Minor LB, e coll., Acta Otolaryngol Head and Neck Surg 1998, modificata).

Ampolladel canalesemicircolaresuperiore

Meatoacustico interno

Sistemadel fluidocerebrale spinaleAcquedotto

cocleareDottoendolinfatico

Tuba di Eustachio

Finestrarotonda

Canaleuditivoesterno

DeiscenzaDeiscenza

Figura 4. Movimenti oculari indotti dalla stimolazione individuale dei canali semicircolari. Nel caso di stimola-zione del canale semicircolare superiore, la fase lenta è diretta in senso contrario rispetto al lato di stimolazione(da Minor LB et al. Acta Otolaryngol Head and Neck Surg 1998, modificata).

Canale orizzontale destro

Canale superiore destro

Canale posteriore destro

A B

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La deiscenza del canale semicircolare superiore: una nuova entità clinica 15

Sintomi

Nel 94% dei casi studiati da Minor nel corsodel 2000 (12), i sintomi maggiormente ripor-tati sono stati la vertigine rotatoria e l’o-scillopsia, scatenati da una stimolazionesonora intensa. La percentuale diminuiscesensibilmente (47%) se l’evento scatenanteè una variazione della pressione intracra-nica o delle cavità dell’orecchio interno.In accordo con Brantberg e coll. (13), nessunodei pazienti ha riferito l’insorgenza di vertiginioggettive in assenza degli stimoli menzionati.Ma il sintomo decisamente invalidante risultaessere la condizione di insicurezza e l’instabi-lità deambulatoria che accompagna il 76%della popolazione valutata da Minor.Ipoacusia e acufeni a tonalità elevata di tipocontinuo o pulsante accompagnano spessoquadri audiometrici che vanno dalla mode-sta ipoacusia di conduzione (con air-bonegap di 5-10 dB), fino alla sordità neurosen-soriale zonale (di solito 2-3 frequenze) dimedia gravità lateralizzata all’orecchioaffetto. Recentemente, in alcuni pazienti lasoglia di conduzione ossea alle basse fre-quenze risulta migliore di 5-10 dB rispettoallo 0 assoluto (12) (con air-bone gap com-plessivo dai 5 ai 15 dB).La timpanometria e la reflessometria sta-pediale risultano invece normali in tutti ipazienti studiati.Bradicardia e ipotensione conseguenti allastimolazione sonoro-pressoria, fanno dacorollario ai sintomi labirintici appena descrittiper via della stretta relazione che il vestibolointrattiene con il sistema cardiovascolaredeputato al controllo ortostatico (14).

Segni clinici

Uno stimolo sonoro perpetuato per 10-20secondi ad un’intensità compresa tra i 70 ei 110 dB, nella scala frequenziale 0.125-6 KHz(15), provoca un nistagmo verticale con com-ponente rotatoria, la cui fase lenta è direttaverso il lato opposto a quello stimolato.

In alcuni casi, l’impiego di impulsi sonori diminor intensità genera nistagmi puramenteorizzontali con fase lenta consensuale ai pre-cedenti. Alcune scosse di nistagmo sponta-neo senza rilevanza patologica sono stateosservate in alcuni pazienti e non incluse trale caratteristiche peculiari della sindrome dadeiscenza del canale semicircolare superiore.Sebbene questi fenomeni siano osservabilicon semplici lenti di Frenzel, è solo con lavideo-oculoscopia ad infrarossi che si rag-giunge un grado elevato di affidabilità dia-gnostica e non solo perché in assenza diriferimenti visivi il sistema vestibolo-ocu-lomotore è libero di esprimersi senza inter-ferenze, ma perché è anche possibile effet-tuare test di soppressione visiva attraversol’impiego dei led luminosi incorporati nel-l’apparecchiatura indossata dal paziente.A tale proposito, si può così notare una sop-pressione completa del movimento oculare,eccetto nelle fasi di on/off-set dell’impulsosonoro (12), dove persiste per pochi istantila sola componente torsionale (Figura 5).

Figura 5. Orientamento spaziale del globo oculare regi-strato con la tecnica di scleral search coil: l’accensionedel LED (freccia grande) provoca un movimento tor-sionale di modesta entità, che si inverte allo spegni-mento dello stesso (freccia piccola). Si noti per tuttala durata del test l’assenza della componente verti-cale (V) e orizzontale (H) (da Minor LB, et al. Acta Oto-laryngol Head and Neck Surg 1998, modificata).

LED on

500 Hz 110dB 11s

TVH

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otoneurologia 200016

L’orientamento finale del vettore nistagmicoviene determinato impiegando i dati otte-nuti dalle rilevazioni videonistagmografi-che e dalle misurazioni tridimensionali delmovimento oculare fornite dalla metodicanota come Magnetic Field Search-Coil.Non essendo gli impulsi rotoacceleratori ingrado di evocare una risposta vestibolo-ocu-lomotoria nei pazienti affetti da deiscenzadel canale semicircolare superiore, la rile-vazione elettronistagmografica non forni-sce dati particolarmente utili per la diagnosi,eccetto nel caso in cui l’ampiezza dellalesione sia superiore ai 5 millimetri.In questo caso si conferma una riduzione delgain del riflesso vestibolo-oculomotorio sca-tenato da movimenti angolari, quandoseguono il piano anatomico del canalestesso (15).

Potenziali miogenetici (VEMP’s)

Un capitolo a parte meritano i potenziali mio-genici (VEMP) scatenati da stimoli acusticidel labirinto. La contrazione dei muscoli ster-nocleidomastoidei è alla base del riflessovestibolo-collico, che nei soggetti normali èscatenato da click di rarefazione con inten-sità maggiore agli 85 dB o da tapping dellasuperficie cranica con risposte di ampiezzamaggiore per forza e velocità di contrazione.Nei pazienti affetti da deiscenza del canalesemicircolare superiore, questa sogliaappare notevolmente abbassata sino a rag-giungere i 70 dB (16). In alcuni casi la con-trazione muscolare è stata registrata pervalori di intensità (espressa in dB HL) minoredi 0 quando lo stimolo è stato condotto pervia ossea, espressione indiretta dell’aumentopatologico della sensibilità del recettore labi-rintico e cocleare indotto dalla deiscenza.

Valutazione neuroradiologica

La tomografia computerizzata dell’osso tem-porale contribuisce in modo determinante

alla diagnosi, nei pazienti che presentanosegni e sintomi soggettivi di deiscenza delcanale semicircolare superiore. La metodicaimpiegata prevede la realizzazione di scan-sioni coronali di spessore non superiore agli0.1 millimetri rispetto ai tradizionali 0.5/1 mmusati nello screening delle rocche (Figura 6).Tale raffinatezza è giustificata dal fatto chesezioni di spessore maggiore anche solo di0.1-0.2 mm possono generare serie diffi-coltà nella discriminazione tra sempliceassottigliamento osseo della teca canalaree deiscenza pura (12, 17).

Terapia

Non tutti i pazienti affetti da deiscenza delcanale semicircolare superiore necessitanodi trattamento chirurgico.

Figura 6. TC in proiezione coronale dell’osso tempo-rale destro. La freccia indica la deiscenza del canalesemicircolare superiore. Quale reperto secondario sipuò apprezzare una protesi stapediale (da StreubellSO, et al. 2001, modificata).

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La deiscenza del canale semicircolare superiore: una nuova entità clinica 17

Ad esempio, nel 58% dei casi studiati daMinor (12) è stato sufficiente raccomandareai pazienti di evitare le condizioni che sonopiù facilmente causa dei disturbi.Per i rimanenti (eccetto un caso in cui l’ap-proccio operatorio si è limitato all’applica-zione di drenaggi trans-timpanici per il ripri-stino della pressione nell’orecchio medio)il trattamento chirurgico è risultato più com-plesso dovendo prevedere un accesso all’a-rea attraverso la fossa media.

Due sono state le tecniche adottate per ilripristino della parete deiscente: il resurfa-cing e il plugging del canale (Figura 7).In entrambi i casi, il dominio sui sintomidebilitanti è stato completo con una prefe-renza per la prima metodica, se non altroper il rispetto della fisiologia canalare.

Tuttavia, a distanza di tempo si può assi-stere ad una progressiva perdita della reflet-tività labirintica omolaterale alla lesione ein qualche caso ad un’ipoacusia neuro-sensoriale di modesta entità.Un accesso trans-mastoideo simile a quelloimpiegato per il plugging del canale semi-circolare posteriore nel caso di vertigineparossistica posizionale invalidante (18) èstato proposto come alternativa alle tecni-che operatorie precedenti, anche se il fol-low-up piuttosto limitato impedisce di for-mulare conclusioni definitive.Il risultato operatorio, oltre che dal rapportofornito dal paziente, può essere valutatooggettivamente attraverso lo studio deiVEMP che rivelano una normalizzazionedella soglia di attivazione in tutti i casi trat-tati chirurgicamente (Figura 8).

Figura 7. Descrizione grafica della deiscenza del canale semicircolare superiore e delle principali tecniche ope-ratorie mirate al dominio sintomatologico. A: deiscenza ossea che domina sulla componente membranosa dellabirinto; B: occlusione del canale semicircolare superiore ad opera di polvere d’osso e lamina fasciale; C: rico-stituzione della parete canalare per mezzo di un innesto osseo protetto da lamine fasciali (da Minor LB, et al.,Acta Otolaryngol Head and Neck Surg 1998, modificata).

OSSO

A

B

C

DEISCENZA

CANALE

Innesto osseo

Innesto osseo

Lamina fasciale

Lamina fasciale

Occlusione

CANALE INTEGRO

CANALE COMPRESSO

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otoneurologia 200018

Conclusioni

Da questo lavoro emergono alcune impli-cazioni. 1. Si conferma la validità della prima legge

di Ewald, che si esprime come piena con-cordanza tra l’orientamento spaziale delcanale semicircolare superiore e il pianodi movimento oculare durante l’eccessonistagmico.

2. L’osservazione semeiologica del nistagmorisulta essere ancora l’arma per eccellenzanell’identificazione del canale semicirco-lare affetto dalla patologia, sebbene l’in-dagine tomografica computerizzata possaricostruire visivamente le caratteristicheanatomiche della lesione ossea, e lo stu-dio dei potenziali miogenici arricchisca dicontenuti la diagnosi.

3. L’osservazione corretta del movimentooculare dovrebbe avvenire in assenza difissazione; e questo è possibile unica-mente attraverso l’impiego della video-oculoscopia ad infrarosso.

4. Pazienti con lesioni ossee superiori a 5millimetri presentano di fatto, anche inperiodi di quiescenza, un deficit perife-rico di lato, il cui meccanismo sembraimputabile alla compressione della por-zione membranosa del labirinto ad operadella dura madre, con conseguente osta-colo al normale deflusso dell’endolinfa.Informazioni ulteriori a questo proposito,potranno emergere solo dai follow-up,che attualmente risultano troppo breviper fornire dati definitivi, specialmenteriguardo al trattamento chirurgico.

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100 dB

95 dB

90 dB

85 dB

h23

p 12

5 ms50 µV

100 dB

95 dB

90 dB

85 dB

p 13

5 ms

50 µVA B

h23

Figura 8. Tracciati VEMP in paziente sottoposto a plugging del canale semicircolare superiore. A: il tracciatorivela un’abnorme sensibilità del vestibolo agli stimoli sonori; B: a seguito dell’intervento chirurgico, gli stessiappaiono normalizzati (da Brantberg K, et al. Acta Otolaryngol 2001, modificata).

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LA “FISIOLOGIA” DELL’ACUFENELeonardo Manzari

Specialista ORL, Socio A.I.O.L.P - Cassino (FR)E-mail: [email protected]

otoneurologia 2000 | numero 15 | settembre-dicembre 2003

Introduzione

L’acufene (dal greco ακουσισ: cosa udita eϕαινειν: apparire) è una sensazione uditivareale la cui origine non ha riscontro in unasorgente sonora proveniente dall’ambienteesterno.Vengono definiti acufeni oggettivi quelli cheavendo origine al di fuori dell’orecchio, pos-sono essere percepiti anche dall’esamina-tore; i soggettivi sono invece percepiti esclu-sivamente dal soggetto che si sta valutando.Statisticamente, l’1% degli acufeni è rap-presentato dagli oggettivi, mentre il restanteè costituito dai soggettivi.

Gli acufeni oggettivi sono per lo più deirumori di origine vascolare, tubarica,muscolare e articolare trasmessi al recet-tore uditivo per via ossea, e quindi in gradodi stimolarlo fisiologicamente.Sono in effetti rumori che il soggettoavverte con carattere pulsante e tonalitàgrave.Gli acufeni soggettivi sono invece perce-zione sonora in assenza di stimolazione,appunto, fisiologica dei recettori cocleari.Sono in effetti provocati dall’attivazioneabnorme di un tratto delle vie acustiche,hanno per lo più tonalità acuta e sonoquasi sempre (93%) accompagnati daipoacusia. L’acufene è una sensazionesonora che può risolversi spontanea-mente: acufene acuto; oppure persisterenel tempo: acufene cronico.

Il sintomo “acufene” è clinicamente diffi-cile da classificare, difficile da riferire a sicuricriteri etiopatogenetici e risente sicuramentedi fattori emotivi e dello stato psichico delpaziente.Nella fattispecie, risulta manifesto come larisposta da parte del soggetto dal punto divista “emotivo” risulti spesso esagerata,anche in relazione all’intensità dell’acufenedeterminata con metodiche acufenometri-che. Notevoli limitazioni per il ricercatore eper il clinico attualmente risiedono nella dif-ficoltà, se non nell’impossibilità, di ottenereuna misurazione oggettiva affidabile.Una registrazione di acufeni soggettivi sottoforma di otoemissioni acustiche si può otte-nere, infatti, solo nel 4% dei casi.Si possono così ben comprendere qualisiano le difficoltà nel monitoraggio dell’e-voluzione del sintomo, sia essa spontaneache farmacologica, ma anche nel costruireprotocolli di ricerca e di gestione dellerisorse terapeutiche.

L’8° paio di nervi cranici possiede all’incirca30.000 fibre, ciascuna delle quali esplicaun’attività elettrica quasi continua, in sim-biosi con quella delle altre fibre che costi-tuiscono la corteccia uditiva detta anchememoria uditiva.La coclea, parte integrante dell’orecchiointerno, adegua le onde sonore che ricevein questo pattern elettrico, in maniera con-tinua e in effetti la coclea è un “luogo” dovesorprendentemente c’è rumore continuo!

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La “fisiologia” dell’Acufene 21

Tuttavia, tale attività meccanica ed elettricasvolta dalle sue 17.000 hair cells è monito-rabile mediante le otoemissioni acustiche.La maggior parte di quello che noi sentiamogiornalmente è una sequenza di suonidiversi, come, ad esempio: parole e musica.Durante la prima infanzia, le nuove espe-rienze sonore sono stoccate nella memoriauditiva in una crescente sete di informazioneda parte della corteccia uditiva.Più tardi esordisce un processo continuo dicomparazione tra i modelli mnesici e quelliche provengono dall’orecchio.

Di volta in volta, il modello uditivo che pro-viene dall’orecchio è comparato con ilmodello corrispondente presente nella“memoria uditiva”.In tal modo noi abbiamo coscienza del-l’udito e riconosciamo il suono. In buonasostanza, comparando queste esperienzetra loro, comincia una sorta di processodi valutazione. Un’altra parte del cervello,invece, differente dall’iniziale centro del-l’udito, è coinvolto nella comprensione diquello che noi sentiamo ed è altresì coin-volta nell’interpretazione del linguaggio.In altre parole, se noi sentiamo parlareuno straniero, udiamo il suono delle sueparole ma non ne comprendiamo il signi-ficato.

Suono: che significato rivestenella nostra vita?

Il suono è di enorme importanza nel moni-toraggio del nostro comportamento. Udireper gli animali (che vivono in costante peri-colo di vita temendo gli attacchi dei preda-tori) costituisce una peculiarità specifica emolto raffinata.La peculiarità degli animali di sviluppare unraffinato sistema uditivo, dal quale dipendein larga misura come detto la loro esistenza,contribuisce alla sopravvivenza della spe-cie. Questi segnali di paura producono ele-vati livelli di stress, determinando come rea-

zione la messa in moto di comportamentiatti ad evitare gli attacchi, il cosiddetto“riflesso di sopravvivenza”.Ebbene noi ci comportiamo allo stessomodo degli animali se, durante una pas-seggiata, udiamo all’improvviso il clacsondi un grosso camion.Immediatamente, anche senza vederlo,provvediamo a raggiungere il primo mar-ciapiede.

Molti suoni, possono essere identificaticome segnali di pericolo; altri, di contro,possono evocare un sentimento di sicu-rezza e/o piacere.Noi sperimentiamo queste sensazioniogni giorno, con i suoni che ci allarmanoo con quelli che ci procurano sensazionipiacevoli, come la musica o il suono dellanatura. Molti suoni, naturalmente, ci rie-vocano forti emozioni di un tipo o di unaltro.

Riflessi condizionati

Allorquando un suono riveste per noi unsignificato critico oppure speciale, come ilpianto di un bambino di notte, oppure ilrumore di passi nella nostra camera da letto,oppure il suono della pronuncia del nostronome, noi mettiamo in atto una serie dirisposte automatiche, anche se il livellosonoro di quello che udiamo è molto basso.Non c’è bisogno in realtà che quello che noiudiamo sia un segnale di lunga durata, larisposta è la stessa per tutta la durata dellanostra esistenza.Durante il sonno, invece, la parte “cosciente”del nostro cervello è “staccata” in manieratale, da non permetterci di sentire, di vedereo provocare alcunché.Tuttavia, la madre, anche se è nel sonno piùprofondo, può accorrere al capezzale delneonato che piange disperato (in effetti, èciò che vuole il piccolo!).Questo sta a significare che in realtà ella haudito il pianto del figlio.

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otoneurologia 200022

Dunque un piccolo campione di suoni, sedi grande importanza per la nostra esi-stenza, può essere trasportato da fibreche occupano un livello subconscio neipercorsi del suono verso la corteccia udi-tiva, tra il recettore periferico (l’orecchio)e il cervello (corteccia uditiva). Le rispo-ste condizionate stimolano altresì l’atti-vità “al di sotto” della corteccia uditiva,laddove esiste un gran numero di con-nessioni tra l’orecchio e il sistema limbicoche, come sappiamo, riveste una grandeimportanza nel determinare il livello dicoscienza dell’apprendimento e dell’e-motività.

È chiaro altresì, come risulti attivato ancheil sistema nervoso autonomo che mira acondizionare le risposte del corpo, prepa-randolo ad ogni eventualità!Significa, perciò, che vengono messi inmoto tutta una serie di risposte involonta-rie – tensione della muscolatura, aumentodel battito cardiaco e della frequenza respi-ratoria, sudorazione, ecc. – che rappresen-tano l’esatto opposto di un comportamentoche si tiene in una vita di relazione.

Infatti, gran parte della nostra attività quo-tidiana prevede un adattarsi continuo aduna serie sempre diversa di risposte con-dizionate o comportamenti appresi come,ad esempio, leggere, scrivere, guidare lamacchina…In tal modo, ogni singolo suono che noiudiamo e di cui comprendiamo il signifi-cato, come se fosse contrassegnato daun’etichetta, può modificare di volta involta il nostro comportamento, a secondadi come ci sentiamo e del contesto in cuisentiamo e percepiamo questi suoni.

Il significato dell’acufene

Nel 1953 Heller e Bergman dimostrarono unsemplice e classico esperimento. Essi riuni-rono 80 individui che non presentavano acu-

feni né oggettivi né tantomeno soggettivi(erano tutti dipendenti universitari). Succes-sivamente li invitarono ad entrare, uno allavolta, in una stanza acusticamente isolata percinque minuti, chiedendo loro di riferire dieventuali suoni che avessero percepito. I sog-getti subito pensarono di essere sottopostiad un test audiometrico, ma in effetti speri-mentarono cinque minuti di assoluto silen-zio. Il 93% dei soggetti riportò di aver perce-pito rumori e suoni ronzanti, pulsanti e sus-surrati nella testa o nelle orecchie, allo stessomodo dei soggetti sofferenti di acufeni.

Questo semplice esperimento dimostracome ognuno dei soggetti non sofferentidi acufeni potesse in realtà avere unasorta di background di attività elettricapresente in ogni singolo neurone del pat-tern uditivo come un suono. Quantunquemolte aree della corteccia uditiva possanoessere più attive rispetto ad altre, ognineurone contribuirà in qualche modo allapercezione definitiva dell’acufene. Que-sti segnali elettrici non sono in realtà l’e-videnza di una lesione, ma rappresentanoun’attività che definiremo compensato-ria, che interviene in ogni momento nellacorteccia uditiva di ognuno di noi.

Il compenso può intervenire come unarisposta alle variazioni nel nostro ambientesonoro (ad es. il silenzio) fino alla situazionedi perdita uditiva che rientra in un normaleprocesso di invecchiamento del nostro orga-nismo (ad es. presbiacusia) o all’esposizionead una forte sorgente sonora fonte dirumore. È suggestivo pensare che i “suoni”(acufeni) prodotti da questa attività com-pensatoria altro non siano che la “musicadel cervello”.Studi che coinvolgono gruppi di soggettiche abbiano sperimentato un acufene per-sistente hanno dimostrato come circa l’85%degli stessi non trovano il sintomo disabi-litante, disturbante nelle attività quotidianeo potenzialmente fonte di un disturboansioso. La ragione di ciò in realtà non è

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molto chiara, dal momento che la qualità ol’intensità dell’acufene è differente da sog-getto a soggetto!Le differenze principali consistono nel fattoche i pazienti descrivono l’acufene come unfastidio, lo percepiscono e lo valutano comeuna minaccia oppure una “seccatura”, piut-tosto che qualcosa di poco conto o di nes-suna conseguenza. In questa condizione,l’acufene è classificato come un segnale dipericolo, correlato con una pessima espe-rienza (classico condizionamento di Pavlov)o con pensieri negativi circa il significato ela proiezione futura del sintomo acufene.E in effetti, il paziente si comporta come l’a-nimale che si allarma per un rumore pro-vocato dal passo di un predatore che si avvi-cina. Egli associa a quel rumore e alla suapercezione la propria sopravvivenza; cosìcoloro i quali considerano e ritengono l’a-cufene un pericolo oppure un segnale dipericolo sono incapaci di fare qualunquecosa, se non di rimanere ad ascoltarlo!

L’acufene non è altro cheun riflesso condizionato

In caso di acufene persistente, il pazientemette in atto una risposta condizionata:proprio come la risposta condizionata cheè relativa alla parte del cervello deputataalle reazioni di livello subconscio e auto-matiche. Quello che possiamo pensareriguardo l’acufene è assolutamente irri-levante, ai fini della risposta che si pro-duce. È la reazione del soggetto all’acu-fene che provoca disagio, non l’acufenein quanto tale. La severità dell’acufene èdeterminata dal livello al quale vengonoprodotte sensazioni spiacevoli (sistemalimbico) e da quello al quale la tensioneemotiva si accresce (sistema nervosoautonomo). L’intensità e la qualità delsuono udito sono irrilevanti!

Quando compare l’acufene esso è un nuovosegnale, non esiste memoria, e non ci sono

modelli mnesici per classificarlo. Ogninuova esperienza produce una “risposta diorientamento”, quando siamo costretti aporvi attenzione, fino a che il nuovo segnalenon venga classificato e decodificato. Fin-tanto che non sia stata effettuata una giu-sta valutazione di ciò che l’acufene rappre-senta, quest’ultimo sarà visto con grandesospetto.Molti pazienti presentano come risultato diquesto meccanismo di orientamento unblando fastidio, ma è necessario per pro-muovere la necessità di richiesta d’aiuto.Una tipica risposta ansiosa è “potrà peg-giorare?” oppure “che cosa accade serimane per sempre?”.Per molti pazienti l’acufene è poco minac-cioso. Alcuni invece temono che l’acufene signifi-chi in qualche modo l’esordio di una gravemalattia. Altri ancora sono convinti che l’a-cufene rappresenti un danno permanenteper l’orecchio interno, piuttosto che unatemporanea messa a riposo di un’attività.Ci sono infine pazienti che sono preoccu-pati circa la possibilità di poter sviluppareun tumore cerebrale, un ictus cerebri oppurequalche seria malattia mentale (“mi faràdiventare matto!!!”). Molti pazienti invecegiungono all’osservazione riferendo chetemono che l’acufene divenga più intenso,oppure che continui per sempre e che nonpossa essere curato. Insomma, il concettoche l’acufene stia invadendo il proprio dirittoal silenzio costituisce una minaccia propriocome quello che accade agli animali chesubiscono l’invasione del proprio territorio.Si ha spesso paura che l’acufene continueràad interferire con la pace e la quiete, chepossa interferire con la concentrazione sulposto di lavoro, con il proprio tempo liberoe con la capacità di addormentarsi la sera.Sfortunatamente, queste paure possonoessere amplificate da una consulenza spe-cialistica o dalle credenze ampliamente dif-fuse tra i pazienti. Molti medici e/o altrefigure professionali purtroppo ancora “sen-tenziano” che non ci sono rimedi contro l’a-

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Acufene come stato fobico

In alcuni pazienti, che sono terrorizzati dal-l’aver sperimentato la percezione del sin-tomo acufene, si evidenzia un vero e pro-prio stato fobico molto simile alla arac-nofobia oppure alla paura per gli spaziangusti o alla paura del volo…Tale stato fobico influenza anche le capacitàlavorative del soggetto.

Con tali presupposti teorici si è impostodi recente il trattamento desensibilizzantedella Tinnitus Retraining Therapy (TRT)(Figura 1). In realtà il paziente viene por-tato ad affrontare l’oggetto che incutetimore, imparando prima a tollerarlo e poiad accettarlo, come se fosse un fenomenodel tutto normale che non può e non devein nessun modo minacciarlo.

cufene e che esso, quando insorge, pur-troppo accompagnerà il paziente per tuttala vita. Altri pazienti invece temono che l’a-cufene non abbia altro significato se nonche il proprio udito stia diminuendo.

L’acufene può essere la conseguenza diuna grave perdita dell’udito, ma puòanche coesistere con una buona capacitàuditiva. In ogni caso, la qualità di tratta-mento dell’acufene dipende, non tantoparadossalmente, dalle modificazionistrutturali che possono o non possonointervenire.

Attualmente, molti pazienti che lamentanoacufeni sono molto insoddisfatti circa le tera-pie loro proposte, riferiscono carenze tera-peutiche oppure lamentano risposte insuffi-cienti dopo una consulenza specialistica!

Figura 1. Il trattamento desensibilizzante della Tinnitus Retraining Therapy (TRT) può intervenire a vario livellonel determinismo del circolo vizioso che si instaura in pazienti con acufene (adatt. da Sirimanna e Stephens, 1992).

Disagio, doloree stress

Il circolo vizioso dell’acufene e livelli di interferenza della TRT

Insonnia

Stanchezza

Stress

AcufeneEccessivaattività fisicae mentale

Peggioramentodell’acufene

PAZIENTECON

ACUFENEIntolleranzae ansia

Terapia delrilassamento

Tensione

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La “fisiologia” dell’Acufene 25

Fino ad oggi l’approccio terapeutico al sog-getto con acufeni è stato affrontato spessoin modo separato da otoiatri, audiologi, pro-tesisti, medici di base, psichiatri e altri spe-cialisti, con esiti giudicati come detto dai

pazienti insoddisfacenti, ma riconosciuti talianche dalla classe medica.Data l’eterogeineità della patogenesi (Tabella1 e 2) sarebbe ingenuo e semplicistico ricer-care una terapia che possa essere efficace

Acufene soggettivo

CAUSE RICONOSCIUTE DI ACUFENE SOGGETTIVO

TABELLA 1. Cause di acufene soggettivo

Congenite: atresia del CUE , malattie genetiche

Infettive: otiteesterna, versamento endotimpanico

Neoplastiche benigne: colesteatoma, tumori APC, ecc

Cause otologiche di varia natura: esposizione al rumore, MdM, fistola perilinfatica

Internistiche: anemia, ipertiroidismo, iperlipidemia, deficit Zn, ecc.

Cause vascolari

Turbe neurologiche: SM, emicrania, epilessia, etc.

Traumi diretti e indiretti dell’orecchio e del cranio

Neoplastiche maligne: orecchio e cranio

(adatt. da Seidman e Jacobson 1996)

Acufene oggettivo

CAUSE RICONOSCIUTE DI ACUFENE OGGETTIVO

TABELLA 2. Cause di acufene oggettivo

Neoplasie orecchio medio

Ipertensione

Arteriosclerosi

Aneurisma, loop vascolari

Disordini cranio mandibolari?

Cervicoartrosi?

Mioclono palatale

Ipertensione intracranica benigna

Mioclono dell’orecchio medio

(adatt. da Seidman e Jacobson,1996).

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nella maggior parte dei casi. Tale terapia anostro avviso va semplificata e adattata alsingolo paziente. Da quanto detto finora, unaterapia troppo aggressiva ma anche una sot-tovalutazione dei problemi presentati dalpaziente possono imprigionare quest’ultimoin un circolo vizioso (vedi Figura 1) e, alla

fine, renderlo un malato cronico con tutti iproblemi che ne conseguono. Concludendo,nel ricordare i numerosi farmaci utilizzatinelle varie terapie farmacologiche proposte(Tabella 3), vorremmo sottolineare il ruolosvolto dal SNC nel meccanismo di “adatta-mento” al sintomo acufene proprio per il

otoneurologia 200026

Simpaticolitici 6 acetossi-timoxil-etil-amina

Calcio-Antagonisti Nimodipina - Flunarizina - Cinnarizina

Ginkgo-Biloba

Eparansolfato

Ciclandelato

Colinergici

DMSO

Acido nicotinico

Antistaminici Terfenadina

Agonisti istaminici Betaistina

Anestetici locali Lidocaina - Tocainide

Anticonvulsivanti Carbamazepina - Fenitoina - Acidi ammino ossacetico

Ipnotici e sedativi (benzodiazepine) Alprazolam

Agonisti del GABA Baclofene

Agonisti glutaminergici Acido glutammico

Antidepressivi (triciclici) Memantina - Nortriptilina - Trimipramina

Diuretici osmotici Glicerolo - Mannitolo

Prostagladine sintetiche Misoprostol

FANS Azapropazone - Aspirina

Terapia sostitutiva Zinco - Vitamina B12

Omeopatia D60

Nootropi Piracetam

(adatt. da Ottaviani et al. 2000)

TABELLA 3. Farmacoterapia dell’acufene

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La “fisiologia” dell’Acufene 27

ruolo di “compensatore” che esso gioca. Atal fine, l’azione di farmaci nootropi (ad es.piracetam) che abbiano attività facilitante imeccanismi di plasticità e di adattamentoneuronale, sarà senz’altro di ausilio nellapersonalizzazione della terapia.A tal proposito, ricordiamo il gruppo deifarmaci neurotrofici ad azione varia: citi-colina, estratto di gingko biloba, glicerofo-sforilserina, liposomi di fosfolipidi, idebe-none, L-acetil-carnitina, oxiracetam, pira-cetam.

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POSTUROLOGIA: DALLA DINAMICA NON LINEAREALLA TRANSDISCIPLINARIETÀFabio Scoppa

Docente di Riabilitazione post-chirurgica, Corso di Laurea in FisioterapiaCoordinatore Scientifico e Didattico, Master in PosturologiaI Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università “La Sapienza” di Romawww.chinesis.org

otoneurologia 2000 | numero 15 | settembre-dicembre 2003

Introduzione

La posturologia, le cui origini vengono fatterisalire da Gagey al 1865 con “L’introductionà l’Etude de la Médecine Expérimentale” diClaude Bernard, vanta ormai una rimarca-bile operatività clinica (1). Lungi dall’averraggiunto una reale maturità scientifica, laposturologia ha comunque messo a fruttoanni di esperienze cliniche e sperimentali,ricavando uno spazio significativo nellamedicina attuale. Durante questo percorsoevolutivo la posturologia è incorsa in erroriepistemologici, concettuali, metodologici.Allo stato attuale della conoscenze è ormaipossibile rilevare tali errori, che potranno danoi essere utilizzati come spunti di riflessione.

Cos’è la postura

Per postura possiamo intendere la posi-zione del corpo nello spazio e la relazionespaziale tra i segmenti scheletrici, il cuifine è il mantenimento dell’equilibrio (fun-zione antigravitaria), sia in condizioni sta-tiche che dinamiche, cui concorrono fat-tori neurofisiologici, biomeccanici, psi-coemotivi e relazionali, legati anche all’e-voluzione della specie (2).

Cos’è la posturologia

La disciplina che si occupa dello studioscientifico e clinico della postura è laposturologia.

La posturologia può essere intesa come lostudio di un sistema dinamico non lineareeffettuato in modo transdisciplinare.

Il sistema tonico posturale

Il controllo posturale è regolato da unsistema complesso paragonabile ad unascatola nera (black box), in quanto le fun-zioni di ingresso e di uscita sono note manon ci è dato di conoscere con precisionei processi e le strutture neuroanatomicheche determinano la relazione input-output.Il sistema tonico posturale può essereinteso come un sistema cibernetico cherappresenti la funzione di questa scatolanera, non potendone conoscere le ope-razioni e le strutture al suo interno.

Il funzionamento di sistemi complessi di que-sto genere è determinato in generale da:a. Caratteristiche dei componenti e dei sot-

tosistemi (es. la soglia di stimolazionedei fusi neuromuscolari, la gamma disensibilità dei recettori articolari, le carat-teristiche del vestibolo).

b. Modalità di interazione tra i componentie quindi struttura delle connessioni(Figura 1) (3,4).

c. Segnali di ingresso a livello delle entratedel sistema (piede, occhio, apparatomuscolo-scheletrico…).

Il sistema che sottende i meccanismi di con-trollo della postura e dell’equilibrio presentaalcune caratteristiche e alcune leggi (5,6,7,8).

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 29

Esso è:

• complesso e circolare, in quanto formatoda differenti sottosistemi non indipendentima interconnessi;

• aperto, in quanto interagisce con l’am-biente;

• causale, cioè necessita di un input per for-nire un output;

• tempo variante, in quanto le sue compo-nenti cambiano valore nel tempo.

Inoltre, i sistemi di questo tipo rispondonoalle leggi che regolano i sistemi complessi:

• Totalità: ogni componente il sistema è instretta interconnessione con gli altri com-ponenti; pertanto una modificazione diuno dei componenti, o sottosistema, com-porta una modificazione di tutto il sistema.Ad esempio, una modificazione dell’in-gresso propriocettivo podalico è in gradodi modificare le forie oculari e l’equilibrio

occlusale, l’attività delle catene muscolariantigravitarie, le coordinate del centro digravità, nonché la precisione e l’economiadel sistema. A questa legge della totalitàconsegue la non sommatività (semplicesomma delle attività dei singoli sottosi-stemi): la funzionalità del sistema tonicoposturale è altro e di più della semplicesomma delle funzioni dei singoli sottosi-stemi, per cui non è possibile ricavareinformazioni sul tutto analizzando soltantouna singola funzione.

• Equifinalità: in un sistema circolare e inter-connesso, ciò che importa non è lo statodei singoli sottosistemi, ma la modalità dicomunicazione e di interazione tra glistessi. Lo stesso risultato funzionale puòessere ottenuto per mezzo di differentimodalità di interazione e di stato dei sin-goli sottosistemi. L’equilibrio posturaleviene mantenuto usando differenti strate-gie sensoriali e motorie in differenti situa-zioni ambientali e in differenti soggetti.

Figura 1. Connessioni a feed-back nel tronco cerebrale e nella corteccia (Scoppa, 1998, mod. da Herman et al.,1985).

RECETTORI

VESTIBOLARI

NUCLEI

VESTIBOLARI

CONTROLLO

OCULO-MOTORIO

Periferia

Tronco cerebrale

Corteccia

CONTROLLO

MOTORIO-SPINALE

PERCEZIONE

RECETTORI

SOMATICI

FORMAZIONE

RETICOLARECERVELLETTO

RECETTORI

VISIVI

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Figura 2. La stabilizzazione dell’arto portante avvienein senso disto-prossimale e ad essa sono essenziali imomenti rotatori su piano orizzontale che avvengonosuccessivamente a livello articolare (Pisani, 1990).

otoneurologia 200030

• Retroazione: per poter funzionare in modoefficiente, il sistema deve essere costante-mente informato sul valore dei suoi outpute dei suoi sottosistemi. In altri termini lestesse uscite del sistema ne rappresentanoanche delle entrate. Gli effettori del sistemaposturale, i muscoli antigravitari, sono altempo stesso recettori che producono uninput propriocettivo per controllarne l’a-deguatezza e l’efficienza, mediante un pro-cesso di reafferentazione (vedi oltre).

• Calibrazione: un sistema è stabile rispettoalle sue variabili (input) se queste si man-tengono entro determinati valori. La leggedella calibrazione esprime la tollerabilitàdel sistema alle variazioni ambientali a allevariazioni di stato dei suoi sottosistemi. Èla calibrazione che ci spiega la variazionesintomatologica intra e interindividualeche spesso si osserva ad apparente paritàdi situazione fisiopatologica.

• Ridondanza: il sistema tonico posturale èun sistema polisensoriale (visivo, pro-

priocettivo, esterocettivo…), in cui le infor-mazioni sensoriali hanno frequentementelo stesso significato informazionale. Ilsistema è efficiente quando è in grado diselezionare, in ogni situazione, la/le infor-

mazione/i sensoriali più idonee a mante-nere l’equilibrio posturale nel modo piùcorretto ed ergonomico.

• Preferenzialità: il sistema tonico postu-rale è un sistema polisensoriale che inte-gra informazioni visive, propriocettive,labirintiche: in ogni individuo, e ancorapiù specificatamente in ogni età dell’in-dividuo, esiste una strategia sensoriale

preferenziale. Ciascun individuo, in situa-zioni analoghe, utilizza questi canali sen-soriali in modo differente. Avremo cosìindividui che utilizzano soprattutto leinformazioni visive, altri quello proprio-cettive, altri quelle labirintiche. È la pre-fenzialità che ci consente di capire la notavariazione sintomatologica interindivi-duale in rapporto con simili condizionifisiopatologiche.

Il controllo posturale si compenetra in alcunisuoi aspetti al controllo motorio, nel sensoche le reazioni statiche antigravitarie sonocomunque una forma di comportamentomotorio.D’altronde, l’intimo rapporto tra tono postu-rale e movimento è documentato dal fattoche non c’è alcun caso di coordinazionemotoria patologica nel quale non si mani-festi contemporaneamente una patologiadel tono e che le strutture nervose implicatesono le stesse (es. cervelletto, nucleo rosso,nucleo pallido).In definitiva, ci si trova così di fronte al pro-blema riguardante le modalità con cui ilsistema nervoso centrale regola un attomotorio, sia esso tonico antigravitario siaesso fasico, oculomotorio o muscolo-sche-letrico.

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 31

Un primo fondamentale aspetto comuneriguarda il processo di controllo dei nume-

rosi gradi di libertà in eccesso, per cui la coor-dinazione motoria è stata definita l’organiz-zazione della controllabilità dell’apparatomotorio (9). Il controllo posturale è un pro-cesso più di “tipo statico”, cioè con limiti dioscillazione molto ristretti, e pertanto la con-trollabilità dei gradi di libertà è molto più fine.

La finezza delle oscillazioni posturali fisio-logiche le pone teoricamente al di sottodella soglia di attivazione dei canali semi-circolari, per cui nel sistema tonico postu-rale più che il vestibolo giocano un ruolodi primo piano l’oculomotricità e l’attivitàdei fusi neuromuscolari, in particolare diquelli plantari. Questa considerazione nondeve lasciar intendere che esista unagerarchia dei recettori del sistema postu-rale. Sicuramente il piede svolge un ruolodi primo piano, in quanto rappresenta l’in-terfaccia del sistema con il suolo e dalquale, ad ogni appoggio, origina l’attiva-zione delle catene cinetiche in sensodisto-prossimale (10) (Figura 2).Detto ciò, un modello teorico che prevedauna classificazione tassonomica dei recet-tori posturali (piede, occhio…) a nostroavviso non può essere accettato (11).Le caratteristiche del sistema (totalità,equifinalità, preferenzialità…) e la sua nonlinearità, da un punto di vista concettuale,escludono un elenco gerarchico delleentrate posturali, cioè una classificazionein recettori primari e recettori secondaridel sistema tonico posturale.

La dinamica non lineare

La postura, nella sua essenza neurofisiolo-gica, non è altro che una modulazione deltono. Tutte le alterazioni e le asimmetrieindotte da uno squilibrio posturale possonoessere riconducibili ad una modificazionedel tono posturale, cui corrisponde unamodificazione degli equilibri biomeccanici.

Ma la sola lettura in chiave neurofisiologicae biomeccanica non può dare una realevisione d’insieme del controllo posturale:“…ridurre l’uomo a semplice gioco mecca-nico è condannarsi a non comprenderenulla di colui che ha difficoltà a mantenersieretto…” (12).Accanto al modello interpretativo neurofi-siologico e a quello biomeccanico, riteniamopertanto necessario affiancare il modellopsicosomatico, essendo la postura intrin-secamente legata alla vita emotiva del sog-getto, al punto da esserne la più autenticaespressione stessa per il mondo esterno(11,13,14,15).Questa chiave di lettura è sostenuta nonsoltanto in ambiente psicologico e psi-chiatrico, ma anche da autorevoli espo-nenti della medicina organicistica e del-l’ortopedia, come testimoniano le paroledi Cailliet (1991): “La postura è, in largamisura, espressione somatica immediatadi emozioni, impulsi, regressioni. Noistiamo in piedi e ci muoviamo come ci sen-tiamo, riflettendo consciamente o incon-sciamente nell’atteggiamento esteriore lanostra condizione interiore, la nostra per-sonalità, l’ambiente stesso in cui viviamo.La postura, insomma, è una vera e propriaforma di linguaggio, una manifestazioneautentica della natura umana e dell’Io indi-viduale” (16).In definitiva, da cosa è condizionato il tonoposturale?Storicamente, la posturologia ha messo inrelazione una serie di input sensoriali conl’output, costituito appunto dall’equilibriotonico posturale (Figura 3).Questa rappresentazione è essenzialmentedi tipo lineare, secondo un modello di tipoassociazionista input-output.I rapporti lineari possono essere rappre-sentati da una linea retta su un grafico e pre-vedono una proporzionalità tra i fattori. Con-trariamente ai sistemi non lineari, che nonpossono essere sommati, i sistemi linearipossono essere scomposti e ricomposti: lecomponenti si sommano.

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otoneurologia 200032

A nostro avviso, questo modello linearedeve essere definitivamente abbandonato,a favore di un modello che tenga conto delleinterazioni neuropsicofisiologiche all’internodi un sistema complesso quale quelloposturale.

La Figura 4 esemplifica questo modellosistemico.In questo tipo di modellistica i fattori psi-coemotivi non sono considerati come unodei recettori primari o secondari del sistemaposturale, ma come il comune denomina-

Figura 4. Il sistema tonico posturale è un sistema di tipo cibernetico basato su complessi meccanismi di feed-back e di feed-forward; i fattori psico-emotivi sono il comune denominatore che condiziona nel suo insiemequesto sistema e che sottende l’atteggiamento posturale del soggetto nella sua globalità.

Fattori psico-emotivi

riadattamento sensoriale

Effettoridel sistemaposturale:

muscoli

outputtonico posturale

reaf

fere

ntaz

ione

COMPUTER CENTRALE

– Programmazione centrale

– Schema corporeoinput sensoriale

Recettori del sistema posturale

• recettore podalico• recettore oculare• apparato stomatognatico• recettore cutaneo• apparato muscolo-scheletrico• eccetera

Figura 3. Il modello associazionista interpreta la postura come la risposta prodotta dal sistema nervoso centralerispetto alle informazioni in entrata.

SNC

BLACK BOXINPUT

Afferenze– visive– podaliche– vestibolari– muscolo-scheletriche, ecc.

OUTPUT

Equilibriotonicoposturale

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 33

tore che sottende e condiziona l’atteggia-mento posturale del soggetto nella sua glo-balità (2,11).Il sistema tonico posturale è un sistema ditipo cibernetico, autoregolato e autoadat-tato, capace di compensi e adattamentianche a distanza, seguendo i principi del-l’equilibrio, dell’economia, del confort.Un sistema cibernetico è un sistema di

flussi di informazioni (17).Come accennato nel paragrafo precedente,questo sistema è formato da sottosistemiinterdipendenti e regolato da servomecca-nismi secondo una modalità olistica: il

valore finale di un sistema dinamico è

diverso e superiore rispetto alla somma

delle sue componenti di base; quindi è altro

e di più della somma delle sue componenti.

Questa complessità non autorizza pertantosemplificazioni e parcellizzazioni arbitrarie:il sistema tonico posturale è un sistemacomplesso, ove ogni modificazione di unadelle sue componenti implica una varia-zione delle altre ed un riadattamento delsistema nel suo insieme, secondo la leggedella totalità.

Pertanto in posturologia non siamo auto-rizzati a mettere in relazione diretta inpute output: il rapporto tra stimolo e rispo-sta si configura di tipo non lineare.Uno degli esempi clinici più eclatanti percapire questo principio ci viene offertodall’auricoloterapia posturale (18). L’au-ricoloterapia posturale è la stimolazionea scopo terapeutico di uno o più puntiauricolari altamente reflessogeni per ilsistema tonico posturale.Un’informazione debole, subliminale, alivello dei punti riflessi auricolari delsistema tonico posturale può dare unarisposta molto importante in termini diriequilibrio posturale e di riprogramma-zione della strategia posturale adottata,assolutamente non proporzionale all’in-tensità dello stimolo somministrato(Figura 5 e 6).

Una piccola informazione può dare unarisposta molto grande, in grado di modifi-care radicalmente la strategia posturale delsoggetto.Ciò avviene non soltanto con l’auricolote-rapia posturale; ad esempio, apponendopiccolissimi elementi di stimolo proprio-cettivo di 1-2 millimetri di spessore a livelloplantare, possiamo assistere ad una impor-tante modificazione degli equilibri posturalinel loro complesso.Per contro, una massiccia stimolazione puònon dare un’altrettanto marcata risposta alivello tonico posturale, oppure non darnealcuna.Questi fenomeni trovano una loro spiega-zione in quanto il sistema posturale è unsistema dinamico non lineare (1,19); lostesso sistema nervoso centrale è unsistema non lineare per eccellenza (20).Nei sistemi non lineari gli effetti non sono

mai proporzionali in modo lineare alle

cause. Il sistema contiene delle interazioniche modificano i rapporti delle proporzioni.L’effetto di una certa causa è così il riflesso

di queste interazioni.In un sistema non lineare, le interazioni

appaiono pertanto più importanti dellecause stesse: da un punto di vista ciberne-tico, la postura può essere intesa come ilfrutto di una serie di interazioni polisenso-riali, il cui fine è il mantenimento della posi-zione eretta antigravitaria nel modo più sta-bile, economico e confortevole. Pertanto nelmalato posturale “è l’integrazione senso-riale di tutte le afferenze che concorrono alcontrollo della postura ortostatica che risultadeficitaria” (12).In altre parole, le interazioni e quindi l’in-tegrazione centrale a livello della “blackbox” appaiono come il grande segreto delsistema posturale: sono le interazionistesse ad essere causative. Alla luce di que-ste considerazioni, sembra opportuno dareavvio ad una riflessione critica e costrut-tiva sul problema dello schema corporeo(21) e dell’integrazione centrale delle affe-rente posturali.

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otoneurologia 200034

STABILOMETRIA AD OCCHI APERTI

A. Prima di auricoloterapia posturale

Figura 5. Esame comparativo alla stabilometria ad occhi aperti prima (A) e dopo (B) trattamento di auricolote-rapia posturale.

RIASSUNTO DELLE GRANDEZZE CALCOLATE

Xmin = 2.18 mm Xmed = 12.38 mm–5.4__20.2 Xmax = 28.5 mm** D.S. = 0.58

Ymin = –35.9 mm Ymed = –26.32 mmYmax = –12.6 mm D.S. = 0.43FFTx = 0.02 Hz FFTy = 0.08 Hz

Lunghezza tot. traccia . . . . . = 288.04 mmVelocità mdia . . . . . . . . . . . = 5.67 mm/sD.S. velocità . . . . . . . . . . . . = 3.63Superficie dell’ellisse 90% . = 355.72 mmq** 0.0__280.0Pendenza asse maggiore . . = 2.07 gradAsse minore . . . . . . . . . . . . = 9.15 mmAsse maggiore . . . . . . . . . . = 12.37 mm

LFSaa = 0.55 LFSba = 0.28LFSac = 0.45 LFSbc = 0.25

I valori indicati con doppio asterisco sono fuori range.Range: Adulti - occhi aperti

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 35

STABILOMETRIA AD OCCHI APERTI

B. Dopo auricoloterapia posturale

segue Figura 5. All’esame stabilometrico ad occhi aperti dopo trattamento di auricoloterapia posturale (B), sievidenzia un netto miglioramento dell’atteggiamento posturale globale, con variazione molto significativa dellecoordinate del centro di pressione, con un recupero sia della precisione (riduzione della superficie) che del con-sumo energetico (riduzione della lunghezza).

RIASSUNTO DELLE GRANDEZZE CALCOLATE

Xmin = 2.95 mm Xmed = 6.45 mmXmax = 12.4 mm D.S. = 0.18Ymin = –56. mm Ymed = –49.18 mmYmax = –42.8 mm D.S. = 0.27FFTx = 0.02 Hz FFTy = 0.08 Hz

Lunghezza tot. traccia . . . . . = 217.07 mmVelocità mdia . . . . . . . . . . . = 4.27 mm/sD.S. velocità . . . . . . . . . . . . = 3.63Superficie dell’ellisse 90% . = 69.47 mmqPendenza asse maggiore . . = 85.69 gradAsse minore . . . . . . . . . . . . = 3.87 mmAsse maggiore . . . . . . . . . . = 5.71 mm

LFSaa = 0.52 LFSba = 0.25LFSac = 0.42 LFSbc = 0.22

I valori indicati con doppio asterisco sono fuori range.Range: Adulti - occhi aperti

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Figura 6. Esame comparativo alla stabilometria ad occhi chiusi prima (A) e dopo (B) trattamento di auricolote-rapia posturale.

STABILOMETRIA AD OCCHI CHIUSI

A. Prima di auricoloterapia posturale

RIASSUNTO DELLE GRANDEZZE CALCOLATE

–22.3__5.9 Xmin = –22.9 mm** Xmed = 8.59 mm–8.1__24.6 Xmax = 50. mm** D.S. = 1.42

Ymin = –59.6 mm Ymed = –37.49 mmYmax = –20. mm D.S. = 0.73FFTx = 0.02 Hz FFTy = 0.04 Hz

Lunghezza tot. traccia . . . . . = 634.54 mmVelocità mdia . . . . . . . . . . . = 12.49 mm/sD.S. velocità . . . . . . . . . . . . = 8.67Superficie dell’ellisse 90% . = 1592.64 mmq** 0.0__426.4Pendenza asse maggiore . . = 15.62 gradAsse minore . . . . . . . . . . . . = 17.16 mmAsse maggiore . . . . . . . . . . = 29.53 mm

LFSaa = 0.45 LFSba = 0.29LFSac = 0.37 LFSbc = 0.29

I valori indicati con doppio asterisco sono fuori range.Range: Adulti - occhi chiusi

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 37

segue Figura 6. Esame stabilometrico ad occhi chiusi dopo trattamento di auricoloterapia posturale (B). Levariazioni della stabilità posturale sono evidenti ad occhi chiusi come ad occhi aperti. Appare evidente che ilpaziente ha adottato una nuova strategia posturale, grazie ad una riprogrammazione a livello centrale.

STABILOMETRIA AD OCCHI CHIUSI

B. Dopo auricoloterapia posturale

RIASSUNTO DELLE GRANDEZZE CALCOLATE

Xmin = 1.31 mm Xmed = 5.11 mmXmax = 8.91 mm D.S. = 0.16Ymin = –59.6 mm Ymed = –48.94 mmYmax = –38.2 mm D.S. = 0.54FFTx = 0.02 Hz FFTy = 0.02 Hz

Lunghezza tot. traccia . . . . . = 241.46 mmVelocità mdia . . . . . . . . . . . = 4.75 mm/sD.S. velocità . . . . . . . . . . . . = 3.20Superficie dell’ellisse 90% . = 127.58 mmqPendenza asse maggiore . . = 89.17 gradAsse minore . . . . . . . . . . . . = 3.51 mmAsse maggiore . . . . . . . . . . = 11.59 mm

LFSaa = 0.55 LFSba = 0.27LFSac = 0.45 LFSbc = 0.23

I valori indicati con doppio asterisco sono fuori range.Range: Adulti - occhi aperti

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otoneurologia 200038

La dipendenza sensibiledalle condizioni iniziali

Nei sistemi dinamici non lineari, basati suqueste interazioni, assistiamo ad un feno-meno chiamato dipendenza sensibile dalle

condizioni iniziali: piccole differenze iningresso possono provocare rapidamentegrandissime differenze in uscita; quindi, da

piccole cause a grandi effetti (22).Questo fenomeno è stato documentato gra-zie allo storico studio “Deterministic Non-periodic Flow” di Lorenz (1963): “Perquanto riguarda questi sistemi con solu-zioni limitate si è riscontrato che le solu-zioni non periodiche sono ordinariamenteinstabili rispetto alle piccole variazioni, per-cui stati iniziali leggermente differenti pos-sono evolversi in stati considerevolmentediversi” (23).L’attinenza con i fenomeni osservati inposturologia è evidente.Una lieve exoforia di un occhio, un minimoprecontatto occlusale, una piccola disfun-zione articolare sono in grado di modificareconsiderevolmente l’equilibrio tonico postu-rale del soggetto.In auricoloterapia posturale una debolis-sima informazione elettrica o elettroma-gnetica dell’ordine di pochi ma a livello diun punto riflesso auricolare è in grado diprodurre grandissimi effetti sull’equilibrioposturale, visibile sia all’esame clinico chestabilimetrico (vedi Figura 5 e 6).La dipendenza sensibile dalle condizioni ini-ziali si traduce in quello che in meteorolo-gia è noto come “effetto farfalla”: “può unbattito di ali di una farfalla in Brasile deter-minare un tornado nel Texas?” (Lorenz,1979) (24).In posturologia questa nozione “piccole

cause-grandi effetti” è di importanza capi-tale. D’altronde, non è forse questo che ciha insegnato Baron con la sua fissazionesulla finezza del controllo posturale, e quindisull’effetto di alcune stimolazioni sul sistemaposturale solo quando queste si manten-gono al di sotto di una certa soglia?

Emblematica, al riguardo, la scoperta diBaron (1955) che una deviazione dell’assevisivo nei pesci e nei topi aveva un effettosul tono posturale solo se questa restavainferiore ai 4°. Valori maggiori di 4° non pro-ducevano tali effetti (25).La dipendenza sensibile dalle condizioni ini-ziali è una nozione che possiamo ritrovarenel folklore: Per colpa di un chiodo si perselo zoccolo;/per colpa di uno zoccolo si perseil cavallo;/per colpa di un cavallo si perse ilcavaliere;/per colpa di un cavaliere si persela battaglia;/per colpa di una battaglia siperse il regno! (26).La dipendenza sensibile dalle condizioni ini-ziali implica limiti evidenti di predizione edi prevedibilità a lungo termine.Già nel 1876 Maxell scriveva: “Quando lostato delle cose è tale che una variazioneinfinitamente piccola dello stato attualealtera soltanto una quantità infinitamentepiccola di quello futuro, lo stato del sistemaa riposo o in movimento si dice stabile. Maquando una variazione infinitamente pic-cola dello stato attuale può causare una dif-ferenza determinata in un arco di tempodeterminato, la condizione del sistema èdetta instabile. È evidente che l’esistenza dicondizioni instabili rende impossibile la pre-visione di avvenimenti futuri se la nostraconoscenza dello stato attuale è solamenteapprossimativa e non esatta”.Il sogno newtoniano sembra non aver postonei sistemi dinamici, come aveva intuitoPoincaré (1908): “Una causa così piccola dasfuggire alla nostra attenzione può deter-minare un effetto considerevole che nonpossiamo ignorare; in una tale situazionenoi diciamo che l’effetto è dovuto al caos.Se noi conoscessimo esattamente le leggidella natura e la situazione dell’universo nelmomento iniziale, potremmo predire esat-tamente la situazione di quello stesso uni-verso in un momento successivo. Maquand’anche le leggi naturali non avesseropiù alcun segreto per noi, potremmo ancoraconoscere la situazione solo in modoapprossimativo. Se una tale conoscenza ci

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 39

permettesse di predire la situazione suc-cessiva con la stessa approssimazione, que-sto è tutto ciò che chiediamo e diremmo cheil fenomeno è stato predetto e che è gover-nato dalle leggi. Ma non sempre è così; puòinfatti accadere che piccole differenze nellecondizioni iniziali producano un erroreenorme in quelle successive. La predizionediventa impossibile…” (27).La difficoltà di prevedere a lungo termine èben chiara se si pensa alla meteorologia:mentre può essere abbastanza attendibileuna previsione atmosferica entro due o tre

giorni, diventa molto difficile fare una pre-visione precisa a lungo termine; quale mete-reologo saprebbe dirci con esattezza chetempo farà un certo giorno, in una certacittà, tra un mese?La nozione di prevedibilità viene cosiabbandonata, ma non lascia il posto alpuro caso.Il caos è ben altro della semplice casualità.L’intuizione di Lorenz è stata quella di iden-tificare una struttura geometrica fine, unanuova sorta di ordine “camuffato da casua-lità” (23) (Figura 7).

Figura 7. L’attrattore di Lorenz: questa immagine magica, che assomiglia alla maschera di un barbagianni o alleali di una farfalla, divenne un emblema per i primi esploratori del caos. Essa rivelava la struttura fine celata in uncorso disordinato di dati.Tradizionalmente i valori mutevoli di una variabile potevano essere visualizzati nella cosid-detta serie temporale (in alto). Per mostrare graficamente i rapporti mutevoli fra tre variabili si richiedeva una tec-nica diversa. In ogni istante nel tempo, le tre variabili fissano la posizione di un punto nello spazio tridimensionale;al mutare del sistema, il movimento del punto rappresenta le variabili che mutano in modo continuo. Poiché ilsistema non si ripete mai in modo esatto, la traiettoria non interseca mai se stessa. Essa disegna invece di conti-nuo nuove spire. Il moto sull’attrattore è astratto, ma dà il senso del moto del sistema reale (Gleick, 1987).

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otoneurologia 200040

Dalla superspecializzazionealla transdisciplinarietà

Alla luce di quanto esposto nei paragrafiprecedenti, possiamo capire quanto sianoinefficaci in posturologia quelle forme diriduzionismo tipiche della medicina mo-derna, in cui l’interesse principale è rivoltoallo studio del sintomo e della malattia. Inquesto contesto la tendenza è stata quelladella superspecializzazione in branche sem-pre più circoscritte del sapere medico, for-temente orientate agli aspetti strutturali eanatomo-patologici.

In un sistema complesso, dove le intera-zioni giocano un ruolo di primaria impor-tanza, questa modalità di indagine super-specialistica ha mostrato tutti i suoi limiti.La superspecializzazione, se da un lato ciha permesso di sapere sempre di più diorgani, apparati e parti del corpo semprepiù piccoli e circoscritti, dall’altra ci hafatto perdere la visione d’insieme, lavisione del “tutto”, la visione olistica.Tale visione olistica può essere concre-tizzata con un approccio transdisciplinare,tipico della moderna posturologia.Il pensiero transdisciplinare si collocanella grande mutazione del nostro tempo;esso rappresenta il ritorno ad un pensierodove il reale ci appare come dei “livelli direaltà” (28).

Un sistema complesso, non lineare, qualeil sistema tonico posturale, non può esserescomposto e i singoli fattori non possonoessere sommati, operazioni possibili invecenei sistemi lineari. Pertanto l’atteggiamento“analitico-sommatorio” tipico delle scienzemediche e biologiche, ossia scomporre eanalizzare i fenomeni dividendoli in costi-tuenti primari, ha messo in evidenza tuttala sua inadeguatezza in questo ambito.Del resto anche approcci pluri-disciplinario inter-disciplinari non si sono rivelati deltutto adeguati.

È necessario dunque intraprendere la viadella conoscenza unitaria attraverso la trans-disciplinarietà.Infatti, rispetto al pensiero scientista e ridu-zionista, la transdisciplinarietà combatte lachiusura di una scienza senza coscienza,attraverso la convergenza delle conoscenzee delle discipline e le interazioni dei saperiche ritrovano la loro unione profonda(Camus, 1995) (29).Di fronte alla complessità del sistema postu-rale, la relazione tra le discipline deve essertale che ciascuno specialista operi unosforzo massimo per muoversi attraverso lediscipline e al di là delle discipline, purbasandosi sulla propria competenza disci-plinare. Le discipline stesse, una volta chesi sono incontrate, non restano più ugualia sé stesse, ma modificano la propria strut-tura: “il reale atto della scoperta non con-siste nello scoprire nuove terre ma nelvedere con occhi nuovi” (Marcel Proust).È la stessa teoria del caos che valica le lineedi demarcazione fra le varie discipline scien-tifiche, essendo una scienza concernentela natura globale dei sistemi: “Il caos poneproblemi che sfidano i modi accettati dilavorare della scienza. Esso avanza tesi fortisul comportamento universale della com-plessità” (26).Anche l’importanza che viene data alla fun-zione piuttosto che al dato anatomo-pato-logico, tipica della posturologia, trova unasua logica nella dinamica non lineare: il caosappare come una scienza di processo anzi-ché di stato, di divenire anziché di essere.

L’approccio olistico

Giova ricordare che “ogni atto medico è ilrisultato di una cascata di decisioni proba-bilistiche prese in una situazione di incer-tezza” (B. Grenier, 1989).Questa affermazione è molto pertinenteanche in posturologia. Se poi teniamo amente quanto detto nei paragrafi precedenticirca la non linearità e l’instabilità del

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 41

sistema posturale, possiamo renderci contodi quanto siano aleatorie alcune posizioniper così dire “integraliste” sull’argomento.A nostro avviso, più che offrire sicurezzeeffimere siamo piuttosto portati a farealcune considerazioni che possono guidarela pratica clinica.Innanzitutto, ribadiamo la necessità di unaposturologia clinica. La valutazione clinicaresta la base fondamentale delle procedurediagnostiche e terapeutiche: “studiare lapostura significa osservarla, la postura èuna scienza di osservazione” (1).In secondo luogo, rileviamo come unsistema non lineare con grandi limiti di pre-dittibilità dovrebbe suggerire un approccioclinico altamente prudente, nel rispetto del“primum non nocere”: “low-tech, high pru-

dence therapeutic approach” (30,31)Il concetto, descritto in ambito odontoia-trico per il trattamento dei disordini tem-poro-mandibolari, può essere esteso a tuttol’ampio ambito della posturologia. In postu-rologia non abbiamo bisogno di alta tec-nologia, ma di un atteggiamento terapeu-tico altamente prudente.

Il sistema tonico posturale, grazie a com-

plessi meccanismi di feed-back e di feed-

forward, è un sistema auto-regolato e

auto-adattato che entro certi limiti può

correggersi da solo.

Su questi principi si basano gli approcciterapeutici minimamente aggressivi eminimamente interventisti, quale l’ap-

proccio olistico.L’approccio olistico privilegia terapieagenti sulla globalità del sistema e sullesue interazioni, rispetto alla semplice cor-rezione localizzata dell’entrata posturale.Esso adotta criteri di prudenza nell’orte-sizzazione, ne monitorizza costantementegli esiti fin dopo lo svezzamento, e la inse-risce in ogni caso in una terapia integrata.

L’approccio olistico utilizza terapie globali,

reflessogene, sistemiche, quali l’auricolo-terapia, la rieducazione posturale, l’osteo-

patia, il trattamento fasciale e connettivale.Tecniche di questo tipo sono inserite in pro-

grammi terapeutici integrati, quali:– Auricoloterapia e Terapia Manuale (32,33).

– Auricoloterapia e Kinesiterapia (18,34).

– Solette propriocettive e Normalizzazionedelle catene muscolari (35).

– Biomeccanica e Bioenergetica (13, 36, 37).

In ogni caso, la posturologia non può esau-

rirsi nello studio e nella correzione delle

entrate posturali.Alcuni squilibri posturali evolvono, dopo larieducazione, in recuperi impressionanti, ilche presuppone una notevole plasticità neu-ronale.Il trattamento posturale cerca di consentiresimili recuperi giocando sulla plasticità neu-ronale e sul fatto che le mappe corticali

vanno incontro a modificazioni secondo

l’uso che viene fatto delle vie sensitive peri-

feriche (38).La terapia posturale non è quindi soltantol’adozione di un bite o di una soletta pro-priocettiva, è molto di più.

• La terapia è una presa di coscienza (il

livello corticale)

La coscienza è la realtà primaria (E. Wigner,premio nobel per la Fisica), è il cuore del-l’essere: come possiamo manipolare ilsistema posturale dimenticandoci di ciò?Stiamo raddrizzando un trave di ferro chenon è più dritto o stiamo interagendo conun essere umano, vivente e cosciente?A nostro avviso la presa di coscienza cor-porea rappresenta un punto fondamentaleda non sottovalutare mai in un lavoro diriprogrammazione posturale (3).

• La terapia è un allenamento (il livello sot-

tocorticale)

I muscoli antigravitari e quelli a fortevalenza protettiva, come i suboccipitali chevigilano sull’integrità del circolo vertebro-basilare, sono a comando sottocorticale.Sono di norma muscoli profondi monoar-

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ticolari responsabili di micromovimentiperlopiù involontari e automatici; è preva-lentemente a questo livello che si hannole reazioni toniche antigravitarie di originesottocorticale.Un’alterazione posturale disfunzionale è ingrado di cambiare l’attività del muscolo:in caso di dolore, di squilibrio posturale,di sindrome disfunzionale i muscoliresponsabili di questi movimenti automa-tici vengono inibiti o il loro timing di atti-vazione viene ritardato.

Nella terapia posturale è pertanto impor-tante prevedere un paziente lavoro direcupero di questi automatismi sotto-corticali per ristabilire il corretto equili-brio tra muscoli agonisti, sinergici e anta-gonisti con preziosi effetti di stabilizza-zione a livello articolare (34,39).

• La terapia è un apprendimento

L’attitudine ad apprendere è una delle piùsingolari caratteristiche della specie umana.L’apprendimento è così profondamenteinsito nell’uomo da sembrare quasi invo-lontario (40).Per apprendimento possiamo intendere“il processo con cui si modifica un’atti-vità, reagendo ad una situazione incon-trata” (41).In questa definizione possiamo indivi-duare tre aspetti inerenti l’apprendimento:la processualità, la modificabilità, la reat-

tività (42).Si ha un apprendimento quando si realizzaun processo; tale processo origina in basealla reazione a delle informazioni o a deglistimoli e comporta una modificazione degliatteggiamenti e dei comportamenti.Il sistema che regola la postura e l’equili-brio può essere inteso come un sistemaaperto di comunicazione e di apprendi-mento. Così come nel corso della vita simodificano e si evolvono le modalità dicomunicare con l’ambiente e di apprenderedall’ambiente, così la preferenzialità sen-

soriale e la ridondanza sensoriale possonomodificarsi ed evolvere grazie a processi diadattamento e di apprendimento.

In ambito terapeutico i processi di appren-dimento possono giocare un ruolo nonindifferente. La relazione tra riabilitazionee apprendimento è tale che, in definitiva,la riabilitazione può essere intesa comeun “processo di apprendimento in con-dizioni patologiche” (43).

Il processo terapeutico può aiutare ilpaziente ad apprendere nuove attitudini ecomportamenti e quindi nuove strutture

cognitive, avvalendosi della capacità di rior-

ganizzare le informazioni per individuare ipercorsi alternativi più adeguati alla suacondizione patologica e di disagio: “Non cisono nella mente umana strutture innateche semplicemente vengono ad esistere:tutte le nostre strutture mentali devonoessere costruite” (44).

• La terapia è un approccio attivo

Il movimento è vita, la vita è movimento.Il movimento nasce con l’uomo e ne carat-terizza tutto il suo percorso fino alla morte.Spesso condizioni patologiche, dolorose,traumatiche comportano una riduzione delmovimento, ma al contempo dobbiamoaver chiaro quante volte una riduzione oassenza di movimento favorisca l’instau-rarsi di una condizione patologica. Ci rife-riamo non solo ai macromovimenti, maanche ai micromovimenti che avvengonoin ogni parte del corpo: cellula, organo, tes-suto, circolazione.La terapia deve mirare al recupero del movi-mento, ed utilizzare il movimento a scopoterapeutico: il movimento come mezzo ecome fine, secondo i principi classici dellacultura riabilitativa.Le tecniche terapeutiche devono mirare siaal recupero dei micromovimenti (terapiamanuale, osteopatia), che dei macromovi-menti (kinesiterapia).

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Posturologia: dalla dinamica non lineare alla transdisciplinarietà 43

Un approccio attivo è testimonianza del-l’importanza attribuita agli aspetti fun-zionali e al movimento. Il concettochiave è che la percezione del dolore

diminuisce quando la funzione fisica

migliora (3).

Un esempio classico è quello del tratta-mento della lombalgia, ove il nucleo cen-trale nella gestione del paziente è passatodal riposo a letto alla riabilitazione e al recu-pero funzionale: un approccio attivo èessenziale per tutti i pazienti, compresicoloro per i quali è indicato l’intervento chi-rurgico.Al riguardo è sempre attuale il messaggiodi Tissot: “Il movimento è spesso in gradodi sostituirsi alle medicine, mentre qualsiasimedicina non potrà mai sostituirsi al movi-mento”.

• La terapia è ristabilire un flusso di ener-

gia

L’uso del termine energia nella medicinaoccidentale evoca facilmente atteggiamentidi scetticismo o di ostracismo.In effetti noi non siamo in grado di definireesattamente cosa sia l’energia; certamentesappiamo che è la capacità che possiede unsistema nel produrre un lavoro, e che ilnostro organismo assorbe energia dal solee dagli alimenti e la mobilizza con il movi-mento e le attività espressive. Un organi-smo sano è un organismo in cui vi è unabuona circolazione di energia.Una persona affetta da depressione si rico-nosce per lo svuotamento energetico checaratterizza l’intero organismo: poca ener-gia nella respirazione, nella mobilità, nel-l’espressività, nella sensorialità.Quando l’energia si concentra e si stabilizzain alcuni distretti corporei si parla di “bloccodi energia” (45,46) o di “ritenzione di ener-gia” (47).Sia che si voglia osservare il fenomeno daun punto di vista psicoemotivo o da unpunto di vista biomeccanico, a livello cor-

poreo un blocco enrgetico corrisponde adun anomalo stato di tensione cronica contendenza alla retrazione dei tessuti ed ine-vitabili ripercussioni a livello microcircola-torio, con predisposizione alla stasi ematicae linfatica locoregionale.A livello psicologico un blocco energeticoè una manifestazione difensiva dell’Ioespressa a livello corporeo, ed è evidenzia-bile mediante un attento esame posturalee psicodiagnostico.Esso può essere trattato a diversi livelli: contecniche manuali, quali l’osteopatia fasciale,che mirano ad una riarmonizzazione mec-canica e ad una ripresa del funzionamentofisiologico; con terapie psico-corporee, qualil’Analisi Bioenergetica, che implicano unlavoro più profondo di presa di coscienzada parte del soggetto delle tensioni a livellocorporeo e dei sottostanti vissuti emotiviche caratterizzano i blocchi energetici (13,1445,46).

• La terapia è una riarmonizzazione dei tes-

suti

Questo aspetto della terapia è intimamentelegato ai precedenti.Il movimento è l’espressione finale di micro-movimenti che avvengono a livello cellu-lare, muscolo-fasciale, articolare.Il processo patologico è innescato o forte-mente favorito nel momento in cui questomovimento viene ridotto, alterato, modifi-cato o interrotto.A questa riduzione di movimento nel corpocorrisponde una modificazione tissutale inparticolare a carico di quella sorta di “mem-brana vivente” che connette e integra ilcorpo intero: il tessuto connettivale.Il tessuto connettivale, che ricopre quasi il70% dei nostri organi e apparati, per la suamodesta estensibilità è sede delle defor-mazioni più tenaci.È a questo livello fasciale che prende corpoil concetto di globalità funzionale, sequen-zialità e consequenzialità, nel senso cheanche una modesta alterazione si ripercuotesull’intera struttura.

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otoneurologia 200044

“L’energia è un’informazione in movi-mento e null’altro”. Questa affermazione,utilizzata da Tricot (47) per spiegare comenei fenomeni di retrazione tissutali sia pre-sente un difetto di comunicazione e unaritenzione di energia, ci permette di col-legarci al paragrafo precedente. La retra-zione crea un fulcro non fisiologico, un“punto fisso” in rapporto al quale si orga-nizza il sistema fasciale, che perturba lameccanica corporea nel suo insieme. Talefulcro retraendosi attrae a sé i tessuti concui è connessa, obbligando l’organismoa creare adattamenti e compensazioni(Figura 8).Si tratta di zone rigide e silenti in quantocaratterizzate da una propriocettività alte-rata e da una diminuzione della coscienza.Queste deformazioni, queste alterazioni,queste rigidità per certi aspetti possonoessere intese come l’espressione di espe-rienze passate, traumi, stress, shock, siadi natura fisica che emotiva.Nel nostro corpo è inscritto il nostro pas-sato: i tessuti hanno una loro memoria.

In particolare il tessuto connettivale rappre-senta una forma di comunicazione per l’or-ganismo, con una sua memoria psico-emo-tiva, morfo-funzionale, metabolica, vascolare.La memoria dei tessuti acquista importanzacon la storicità e quindi con la cronicità deldisturbo. Un’alterazione posturale che si èstrutturata in decenni è di norma inscrittanella memoria dei tessuti in modo moltopiù radicale rispetto ad un disturbo com-parso da pochi mesi.Una riprogrammazione posturale, che con-duca ad un riequilibrio del sistema tonicoposturale senza contemplare un lavoro sullamemoria dei tessuti, troverà inesorabil-mente delle grandi resistenze meccanicheche rallenteranno od ostacoleranno il pro-cesso di recupero funzionale.

• La terapia è un approccio integrato

La logica transdisciplinare si traduce a livellooperativo in un approccio diagnostico eterapeutico integrato. Pensiamo ad uno deisintomi più comunemente presenti in casodi squilibrio posturale: il dolore.

Figura 8. Una zona che trattiene energia retraendosi attrae a sé altri tessuti (Tricot, 2002).

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Il dolore non è solo la percezione di un’af-ferenza nocicettiva; il dolore è un’espe-rienza olistica, altamente personale, cheinveste numerosi sistemi, dai tessuti peri-ferici, al sistema nervoso, agli aspettiemotivi e cognitivi, ai processi di appren-dimento.

La tradizionale teoria della specificità,secondo cui l’intensità del dolore è propor-zionale all’intensità del danno organico,appare del tutto inadeguata per capire que-sto fenomeno.Alla multifattorialità ed alla complessitàdelle interazioni che contraddistinguono ilcontrollo posturale, l’approccio integratotenta di dare una risposta con una terapiamultifattoriale in un’ottica transdisciplinare;esso rappresenta una visione olistica sia

della sofferenza del paziente che della stra-

tegia terapeutica per porvi rimedio (3).

• La terapia è responsabilizzare il paziente

Spesso i pazienti con affezioni cronichevedono il loro problema esclusivamente dinatura organica e richiedono in genere unaterapia antalgica, farmacologica o fisiote-rapica, oppure vedono in un ipotetico inter-vento chirurgico la speranza, spesso tragi-camente delusa, della risoluzione sic et sem-pliciter del loro lungo travaglio.

Di fronte a questo atteggiamento di dere-sponsabilità del paziente, che tende adelegare al farmaco, alla fisioterapia oalla chirurgia le sorti del proprio benes-sere, possiamo porre in essere una presain carico globale della persona ed un pro-cesso di responsabilizzazione individuale.In questo senso, il paziente può esseresollecitato ad abbandonare il proprioatteggiamento di passività e di dipen-denza a favore di un coinvolgimento sem-pre più attivo, responsabile ed autonomonella dialettica terapeutica.

Possiamo responsabilizzare il pazientemediante un lavoro attivo e cosciente sul

proprio corpo, stimolando la capacità dicomprendere il proprio problema e favo-rendo altresì significativi cambiamenti com-portamentali, a cominciare dalle abitudinimotorie e posturali quotidiane e dalle rea-zioni al dolore ed allo stress (3).

• La terapia è una relazione

Ancora una volta, vogliamo sottolineare ilruolo primario della relazione terapeutica

nel processo di recupero e di guarigione.La relazione terapeutica, e quindi il legameprivilegiato di fiducia tra paziente e terapeuta,sono alla base del processo di adesione ecoinvolgimento del paziente nel processoterapeutico. Senza patient’s compliance èmolto difficile fare una buona terapia.In quest’ottica, nel processo terapeuticoentra prepotentemente in gioco il terapeutacome persona, con le sue qualità umane, enon solo con l’adeguatezza delle tecnicheche utilizza, e con le proprie capacità di acco-glienza, accettazione, comprensione esostegno di colui che soffre.

Al riguardo è sempre attuale l’insegna-mento di Balint (1957): il medico come

medicina; non è tanto la terapia che gua-risce, ma il terapeuta, non solo con la suacompetenza tecnica ma piuttosto con lesue qualità umane e la sua energia pro-fusa a favore del processo terapeutico (48).

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OTONEUROLOGIA

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